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LIONS CLUB Castellammare di Stabia Terme
UN TESORO DA RESTITUIRE ALLA CITTA
I CANNONI BORBONICI a
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cura di Catello Buonocore
Con il patrocinio del Comune di Castellammare di Stabia
Anno sociale 1998-1999 Governatore Sandra Campa Giacon © G. Plaitano & G.Fontana
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Cannone allo stato attuale.
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PRESENTAZIONE
Nella par ricca letteratura sa Castellammare mancava una indagine relativa ai cannoni del Forte borbonico posto._a difesa del porto della C itta, e con questa pubblicazione i LIONS hanno colmato tale lacuna. Indabbiamente la Citta correva il pericolo di smarrire, come gia era capitato, an ’alteri0re testimonianza alel suo passato, e di abbandonare ad ana ben misera sorte qaelle artiglierie, relegandole per sempre allafunzione di bitte da ormeggio sulle banchine del Porto. L’iniziativa a’ei LIONS, di concerto con l’Amministrazione Comunale, contribuisce al rilancio della citta nel circuito storico-turistico cai, il restauro ed il saccessivo posizionamento dei cannoni borbonici, non potranno che dare an positivo contributo. E per questo che all ’Associazione va il nostro plaaso e la nostra ric0noscenza per averci aiutato nel compito a cai siamo stati chiamati. Assessore alla Cultura
Sindaco
Arch. Alfonso Giglio
Prof Catello Polito
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PREMESSA
nostru intenziorze condurre uuo “studio” sul Forte borbonico podifesu del porto di Castellammare, e piu in particolure delle urtiglierie
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esso collocute.
Per fare cio sarebbe s-tuto necessurio: in tanto cousulture validi documenti relativi alla fubbricazione, all ’installzione e al posizionamento delle stesse, ma ancor piu esaminure i singoli pezzi per confrontare i dati documeutali con quelli reuli. Ma, almeno rzell’immediato, il nostro intendimento e piuttosto quello di restituire alla Cittiz di Castellammare un frammento della propria storiu. Che esistarzo delle artiglierie ad ammcarica databilz} tra il XVIII e il XIX secolo, e un dato; che queste siano interrate sulle banchine del porto e relegate all’uso di bitte do ormeggio, e un duto; che si corra il rischio che tali cimeli possano cudere nell’oblio piu completo, e un dato. E probabile invece, che possauo essere quelle che guarrzivano il forte borborzico. A tale couclusiorze, in assenza di prove certe, si puo pervenire almeuo sulla scorta di alcune consideruzioni. Intanto, il numero dei pezzi: sappiamo da documerzti, che il Forte era munito di 15 bocche dafuoco oltre le 2 installate Portocarello e noi riscontriumo la presenza di 24 carmoni sulle banchine; di questi esattameute 18 lumno la caratteristica comune di avere il pomo di culattu piatto e la assenza di rinforzi lungo la canna, merztre altri 6 hunuo caratteristiche dijferenti; in secondo luogo, la datazione: la tipologia delle armi e caratteristicu di quelle fubbricate tra il XVIII e il XIX secolo, periodo in cui il Forte e stato costruito ed armato; per esclusione, inne: si ha notizia che sul litorale esistevano altre batterie costiere (a Portocarello ed allu marina dellafoce del Sarno), mu nessuna di queste pare chefosse munitu di urz cosi eleoato e potente concentrumento di bocche da fuoco, come il Forte del porto. Poche certezze, come si puo rileoare, ma tali dafar ragiorzevolmente supporre come valido il uostro assuuto. 11
Cultura Dott. Catello Buonocore
Resp. Commissione
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Presidente Prof. Maria Amato
CENNI STORICI
Alla fine del XVIII secolo, Ferdinando IV di Borbone dispose la ristrutturazione dei cantieri navali di Castellammare, che in tal modo acquisirono la posizione di maggior Arsenale del Regno delle due Sicilie. A difesa dell’0pera, il Borbone dispose anlthe la costruzione di un Forte, 0 meglib di una "batterie casamattata”, che sostituisse le precedenti fortificazioni di epoca medioevale, ormai obsolete. (2-3)
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Fortificazione di epoca meclioevale prima del restauro.
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E interessante a questo punto evidenziare, dal confronto tra le vecchie e le nuove opere, l’evoluzione delle costruzioni militari nell’arco dei secoli, conseguente all’evoluzione delle armi. ll castello a monte - opera di epoca medioevale - é posto in posizione dominante, ha un profilo che si svolge in senso longitudinale, con mura relativelmente sottili e tali da permettere ai clifensori l’uso di armi che effettuavano tiri parabolici che si affidavano piil che altro alla forza di inerzia del proiettile per
offendere il nemico. ll Forte del molo, invece,
posto al livello del mare ed ha un profilo basso e massiccio, con le bocche da fuoco che - effettuando tiri tesi - affidavano l'offesa non pi alla forza di inerzia ma alla forza propulsiva della carica esplosiva. I1 Forte fu guarnito, tra l’altro, da "15 cannoni in ferro da 33” che all’epoca si ponevano a1l’avanguardia per la loro potenza, e che rendevano la postazione, realmente formidabile. ‘ Dai documenti in nostro possesso non e dato di sapere se ed in quali azioni militari tali batterie abbiano avuto parte, e in assenza di notizie, e lecito ritenere che le artiglierie del forte, tranne che a rari scambi di colpi con navi da corsa che attentavano al naviglio mercantile fin sotto costa, abbiano sparato solo salve di saluto in occasione di cerimonie di particolare importanza. Esiste invece, ampia documentazione su di un avvenimento bellico avvenuto nel porto di Castellammare pochi giorni prima della caduta del Regno. e
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vascello Monarca da parte del Tukory - 13-14 agosto 1860.
La spedizione deiMi11e fu fortuitamente dotata anche di naviglio militare. Infatti il comandante della pirofregata ”Ve10ce”, tradito il giuramento fatto alla Marina Borbonica, consegnb la nave alle forze insurrezioni di Garibaldi. Venute queste in possesso di una nave da guerra, si pensb di impiegarla in un’azi0ne bellica, e si improvvisb un raid nel porto di Castellammare, che avrebbe dovuto portare ad impossessarsi de1\/ascello ”M0narca”- ammiraglia della flotta borbonica - al
momento in fase di ”radd0bb0" nell-’Arsena1e. Su1l’epis0di0, come ho detto esistono ampie notizie, sia di fonte garibaldina che di fonte borb0nica.(4) Siamo nella n0tte' trail 13 e il 14 agosto 1860. La fregata Veloce, ribattezzata ”Tukory”, entra a luci spente nel porto di Castellammare con 1’intent0 di arrembare il Monarca. Imbarca, oltre a11’equipaggi0, anche 3 compagnie di bersaglieri. La nave assalitrice si porta controbordo al vascellode le operazioni hanno appena avuto inizio, quando viene dat01’al1arme alla guarnigione. Breve 10 scontro ed immediata la ritirata degli assalitori, anche a seguito dell’intervento delle artiglierie del Forte che, peri), indipendentemente dal fattore sorpresa, vuoi per la probabile impreparazione degli artiglieri, vuoi per la presenza di naviglio francese e inglese nel porto, non arreca alcun danno alla nave
degli incursori. Fin qui la descrizione de1l’avveniment0. Ma delle nostrearglierie, abbiamo dalle cronache addirittura notizie sul consumo dei materiali nel corso dell’0perazi0ne.
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di consegna del Forte del M010 del 9 settembre 1860 (ASC Castellammare di Stabia). Evidenziato nelle ”0sservazi0ni" il consumo dei proiettili da "33" nella operazione del 14 agosto.
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Il Forte del M010 dal Castello alla fine dello scorso secolo.
Infatti, circa un mese dopo, con l'ingresso dei garibaldini a Castellammare, la guarigione si arrende e consegna le armi in suo possesso alla Gardia Nazionale. E qui, con militaresca precisione, vengono enumerate non solo le armi e Vequipaggiamento, ma anche i materiali usati durante lâ&#x20AC;&#x2122;attacco del 13 agosto precedente. Sappiamo cosi che in quella notte i cannoni del Forte spararono 7 colpi a palla, mentre 2 colpi a mitraglia vennero esplosi da artiglierie di minor calibro. (5) La dovizie di documenti, in questo caso, ci permette unâ&#x20AC;&#x2122;ultima osservazione: di come, cioe, sia stato visto questo episodio dalle due parti contendenti. Rileviamo cosi che, mentre da parte garibaldina si da un risalto sproporzionato ad una operazione che tutto sommato si e risolta in una sconfitta e che solo Yimpreparazione degli assaliti e la presenza di naviglio straniero nel porto ha fatto si che non si trasformasse in un disastro, da parte borbonica questa, come tutta la Campana dei Mille, e stata sottovalutata se non addirittura minimizzata. Le cronache che il 15/ l6 agosto 1860, infatti, riportano lâ&#x20AC;&#x2122;episodi0 di una nave da guerra che si introduce in un porto munito come quello di Castellammare, che tenta di impadronirsi dellammiraglia della Flotta e che solo Yincapacita degli assalitori ed il caso ha vanificato, quasi alla stregua della scorribanda di un gruppo di facinorosi. lnoltre, solo dopo il raid nel porto di Castellammare e ad appena 23 giorni dalla caduta del Regno, con un esercito alle porte della Capitale, le Autorita militari decidono di dichiarare lo stato di assedio nei Forti dislocati lungo il litorale del Golfo.
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Ho detto all’inizio che all’epoca della installazione i cannoni del forte rappresentavano il non plus ultra in fatto di tecnologia bellica. Si trattava infatti di armi della lunghezza di oltre mt. 3, ad anima liscia e capaci di sparare un proiettile di ferro del peso di 33 libbre (pari a Kg. 14,982) alla distanza utile cli circa 800/900 metri. Ma gié all’epoca della resa, quelle artiglierie si potevano considerare superate. Infatti si sperimentavano gié armi con canna rigata che sparavano proiettili di forma ogivale, innovazioni che aumentavano la gittata e la precisione del tiro. Pertanto, anche a seguito della progressiva perdita di importanza dell’Arsenale e del porto, rimasero del tutto negliette. Quando esse abbiamo cessato di essere ”conn0ni” per divenire ”bitte da ormeggio” non sappiamo.'E da ritenere che nel corso di ristrutturazioni avvenute nei cantieri siano state - per la fortuna dei posteri - interrate lungo le banchine. Un ultimo interrogativo. Dal verbale di consegna dei For_ti rileviamo che le artiglierie da "33" erano in numero di 17 di cui 15 nella batteria del M010 e 2 in quella di Portocarello. Quelle oggi esistenti, invece, sono 24. La presenza di 7 cannoni in soprannumero potrebbe essere spiegata proprio con la presenza del ”Monarca” nell’arsenale di Castellammare. Si potrebbe cioé ipotizzare un momentaneo trasferimento dalla nave 3 terra di 7 pezzi per permettere l’esecuzione di lavori previsti. Con cio troverebbe spiegazione anche la differenza tra i 7 cannoni pervenuteci del ”p0mo di culatta” tondo e i 17 con ”pomo di culatta” piatto. E chiaro che solo un esame approfondito ed una comparazione tra i due tipi di armi potrebbe evidenziarne le differenze anche in ordine al calibro e portare alla soluzione del problema. Q
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ll forto del molo dall'altura di Pozzano a meté dell’Ott0cento.
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DATI TECNICI
Riteniamo utile a ques_t0 punto, fornire qualche dettaglio in ordine alla forma, alla terminologia ed al funzionamento di un'arma ad avancarica. Si trattava in effetti di un cilindro aperto d_a un sol lato in Cui distinguiamoi (8) i1 ”p0m0 di culatta”, appendice sporgente dalla parte posteriore dell’arma, per facilitare le operazioni di ”alz0” (inclinazione della canna) per aumentare 0 diminuire la gittata; l’”anel10 di manovra”, foro nel quale veniva passato un canapo per facilitare le operazioni di brandeggio (spostamento de1l’arma in senso orizzontale per provvedere al puntamento), e di alaggio (avanzamento e retrocessione); la "cu1atta", parte posteriore del cannone; la ”canna", con alla estrernité un rinforzo circolare detto ”tulipan0”; A
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Schema di cannone ad avancarica.
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le ”0recchie”, due protuberanze poste sul lato esterno della canna, che permettevano di poggiare il cannone sull’affust0; l’”affust0”, supporto in legno su cui poggiava l’arma; 1' ”anima”, condotto che partendo dalla bocca arrivava fino al fondo della culatta; aveva 10 stesso diametro, meglio ”calibr0", per tutta la lunghezza, mentre all’estern0
aveva un diametro maggiore nella parte posteriore, in quanto nella culatta avveniva l'espl0si0ne della carica ed era quindi il punto in cui il pezzo era maggiormente sollecitato. Quanto al funzionamento, attraverso la bocca si inseriva la carica esplosiva che veniva spinta fino al fondo della canna nella zona della culatta detta appunto "ca-
mera cli scoppio”. Seguiva1’intr0duzi0ne dello ”st0ppacci0”, un feltro che impediva il contatto diretto della carica con il proiettile. Questo veniva introclotto per ultimo e a sua volta spospinto sul fondo della canna. Nelle artiglierie in esame, tra le ultime costruite ad avancarica, e quindi piii perfezionate, si faceva ricorso ad alcuni accorgimenti che ne facilitavano e migli0ravano il funzionamento. Ad esempio, le cariche esplosive erano precqnfezionate e raccolte in ”cart0cci”, tutti cli uguale peso, cosa che assicurava uniformita di spinta al proiettile. I proiettili stessi (ancora di forma sferica) erano di ferro pieno e fusi nello stesso calibro dell’anima, per evitare sobbalzi lungo la corsa, e dispersione di gas. Caricata in tal modo l’arma, si provvedeva all’innesco. Sulla culatta, in corrisponclenza della camera di scoppio, era praticato un foro che metteva in c0municazione la camera stessa con l’estern0. Attraverso tale foro detto ”f0cone” veniva inserita una miccia 0 talvolta direttamente clella polvere da sparo (per tale uso era destinata polvere di grana piii sottile detta all’”inglese"). A questo punto il pezzo era pronto per lo sparoz bastava accenclere la miccia 0 dar fuoco alla polvere nel focone perche si innescasse la carica e, con l’espl0sione conseguente i1 proiettile veniva ‘eiettato. Tutto il pezzo poggiava su una base ”l’affust0”, quasi sempre di legno e fornito di ruote, cosa che da un lato ammortizzava i1 rinculo dell’arma all’att0 dello sparo I e clall altro favoriva la manovra di retrocessione nella fase di caricamento e di avan— zamento nella fase di messa in punteria. ~
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le ”orecchie”, due protuberanze poste sul lato esterno della canna, che permettevano di poggiare il cannone sull’affusto; l’”affusto", supporto in legno su cui poggiava l’arma; l”’anima", condotto che partendo dalla bocca arrivava fino al fondo della culatta; aveva lo stesso diametro, meglio ”calibro", per tutta la lunghezza, mentre all’esterno
aveva un diametro maggiore nella parte posteriore, in quanto nella culatta avveniva l’esplosione della carica ed era quindi il punto in cui il pezzo era maggiormente sollecitato. Quanto al funzionamento, attraverso la bocca siinseriva la carica esplosiva che veniva spinta fino al fondo della canna nella zona della culatta detta appunto ”ca-
mera di scoppio”. Seguiva l’introduzione dello ”stoppaccio”, un feltro che impediva il contatto diretto della carica con il proiettile. Questo veniva introdotto per ultimo e a sua volta spospinto sul fondo della canna. Nelle artiglierie in esame, tra le ultime costruite ad avancarica, e quindi piii perfezionate, si faceva ricorso ad alcuni accorgimenti che ne facilitavano e miglioravano il funzionamento. Ad esempio, le cariche esplosive erano precqnfezionate e raccolte in ”cartocci”, tutti di uguale peso, cosa Che assicurava uniformita di spinta al proiettile. I proiettili stessi (ancora di forma sferica) erano di ferro pieno e fusi nello stesso calibro dell'anima, per evitare sobbalzi lungo la corsa, e dispersione di gas. Caricata in tal modo l’arma, si provvedeva all’innesco. Sulla culatta, in corrispondenza clella camera di scoppio, era praticato un foro che metteva in comunicazione la camera stessa con l’esterno. Attraverso tale foro detto ”focone” veniva inserita una miccia o talvolta clirettamente della polvere da sparo (per tale uso era destinata polvere di grana piii sottile detta all”'inglese"). A questo punto il pezzo era pronto per lo sparo: bastava accenclere la miccia o dar fuoco alla polvere nel focone perche si innescasse la carica e, con l’esplosione conseguente il proiettile veniva ‘eiettato. Tutto il pezzo poggiava su una base ”l’affusto”, quasi sempre cli legno e fornito di ruote, cosa che da un lato ammortizzava il rinculo dell’arma all’atto dello sparo e clall’altro favoriva la manovra di retrocessione nella fase di caricamento e di avan~
zamento nella fase di messa in punteria.
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ASPETTO ECONOMICO
In questa disamina, ho, per completezza, ritenuto di fornire anche un preventivo di massima sui costi delle operazioni occorrenti per il recupero della artiglierie in discorso, e l’ho fatto riferendomi al singolo pezzo. Cio per due motivi: intanto perché se si ritenesse eccessivo i1 costo per il restauro di tutti i cannoni esistenti, si potrebbe provvedere solo per alcuni di essi; in secondo luogo perché trattandosi di cimeli appartenuti ed appartenenti a tutta la comunita stabiese, il riposizionamento anche di singoli pezzi, potrebbe essere sponsorizzato da Enti pubblici 0 privati, scolaresche, Associazioni, etc. che contribuirebbero cosi al recupero di un pezzo della storia della Citta. Secondo le nostre stime, dunque, il costo del restauro di ogni cannone ascenderebbe a E. 8.000.000; ed in tale importo é previsto: estrazione dalle banchine, sostituzione dell’attuale ”bitta" con una colonnina di cemento a richiesta clell’Autorita Portuale; sverniciatura e sabbiatura interna ed esterna del cannone; costmzione di un affusto in cemento imitante il legno e riposizionamento dell’arma nel punto della Citta che l’Amministrazione Comunale ritenesse piti opportuno. Da ultimo, ma solo a titolo esemplificativo, diro che i nostri cannoni potrebbero trovare una degna sistemazione nella Villa Comunale, in corso di restauro, in apposite piazzole da crearsi sull’arenile lungo la passeggiata a mare, oppure lungo il viale dei platani che dalla Cassa Armonica porta a piazza Municipio, o, infine, su una piattaforma circolare conperimetro stellare cla crearsi nella parte pi larga dell’arenile del lungomare. 0
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Come giia detto non intendevamo condurre uno studio sulle artiglierie _del Forte del Molo, anche perché solo talune considerazioni portano a ritenere che i cannoni interrati sulle banchine siano le armi in questione. Il nostro scopo is piuttosto quello di ”solle§/a-fe il problema”: di far si che il maggior numero di persone, specialmente componenti di pubblici organismi e giovani, sappiano che tra le tante cose appartenute alla propria storia che Castella1nmare ha negletto e disperso, vi é una batteria di cannoni da fortezza ad avancarica, rlsalente a 150/200 anni fa che attende solo di essere recuperata e di andare ad
abbellire la Cittii. Noi LIONS siamo pronti, come sempre, a fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno di collaborazione, specialmente da parte della Pubblica Amministrazione che, rendendosi promotrice di un tale restauro, potrebbe ben dire di aver, non solo svolto opera meritoria nei confronti della Citté, ma di aver recuperato cio che altri avevano inconsultamente negletto.
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10 - Cannone
"in batteria”.
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Finito di stampare dalla Nicola Longobardi Editore nel mese di febbraio 1999 per conto del Lions Club Castellammare di Stabia Terme ~
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