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Il valore etico ed estetico del packaging

Armani, il valore etico ed estetico del packaging

Persone, Pianeta e Prosperità

Sono questi i tre punti fondamentali su cui si concentrano i valori del Gruppo raccontati in Armani/Values, il nuovo sito lanciato in occasione della giornata mondiale della Terra 2022, sintesi dei valori che da sempre sono alla base delle azioni di stile e delle scelte imprenditoriali di Giorgio Armani. Valori legati alla moda, ma non solo, perché per Armani l’estetica è specchio dell’etica, e la pratica di scelte responsabili si esprime in ogni aspetto: nelle strategie di business, nella struttura aziendale, nella selezione del personale, nella governance, nella realizzazione dei prodotti. E proprio sul nuovo sito, alla voce “Pianeta” trova largo spazio l’approccio di Armani al packaging per le sue tre linee Giorgio Armani, Emporio Armani e Armani Exchange. Il percorso di ricerca e revisione del packaging è cominciato dieci anni fa, nel 2012, portando a sviluppare soluzioni mono-materiali sempre più sostenibili e facilmente riciclabili, utilizzare in maniera efficiente le risorse, impiegare materiali riciclati al 100%, eliminare la plastica monouso, utilizzare carte e cartoni provenienti esclusivamente da foreste gestite responsabilmente e certificate. Anche la riduzione degli imballaggi al minimo indispensabile e la progettazione nel rispetto delle normative internazionali sono al centro di un processo in continua evoluzione e costante aggiornamento. «Penso che uno stilista e imprenditore come me abbia delle responsabilità nei confronti di tutti, e debba essere un esempio e un sostegno. Ho sempre svolto il mio lavoro basandomi su valori autentici e solidi. L’ho fatto disegnando oggetti senza tempo, puri ed essenziali, che nascono dall’idea che meno è meglio, fatti per durare nel tempo. Ho sempre prestato attenzione alle persone e alla comunità, convinto che un’impresa debba restituire, oltre che ricevere, anche al nostro pianeta, di cui dobbiamo avere cura. Penso che la moda possa contribuire al rinnovamento in atto in molti modi, ed è questo il mio impegno. I valori contano e per me sono imperativi, e con questo sito desidero condividere un dovere imprescindibile e programmatico, un invito a costruire, tutti, un sistema più responsabile». — Giorgio Armani

Scatole

La plastica riciclata utilizzata nelle confezioni Emporio Armani Underwear è passata dal 40% del 2018 al 100% nella primavera 2021. Le scatole sono 100% riciclabili. Dal 2021 sono stati eliminati tutti i sigilli dai capi Emporio Armani e i cordini sono stati convertiti da nylon a carta. Carta

Dal 2012 per le linee Giorgio Armani ed Emporio Armani, vengono abbandonate le plastificazioni dalle confezioni e adottate delle carte certificate FSC e dal 2019 il 50% della carta è costituita da rifiuti derivanti da materiali post-consumo e viene prodotta in Italia per un ridotto impatto ambientale sui trasporti. Dal 2017 un packaging profondamente rinnovato ha portato all’utilizzo attuale di carte riciclate al 100% per la linea Armani Exchange.

Shopping bag

Sono Riciclabili al 100% per tutti i brand e confezionate con maniglie realizzate da fili di carta intrecciate con caratteristiche simili al cotone.

L’impegno si estende anche a elementi come custodie per gli occhiali, copriabiti, nastri e grucce, che vedono l’utilizzo di carte certificate, riciclate e riciclabili, tessuti, filati di plastica riciclata e ABS, materiale termoplastico ad alta riciclabilità.

Le storie potenti e meravigliose raccontate da Butterfly Cannon

Indipendente e pluripremiata, Butterfly Cannon è un’agenzia di brand design specializzata in marche che hanno grandi ambizioni e che si rivolgono a clienti altrettanto ambiziosi. Dalla sua sede a Londra collabora con clienti sia locali sia di rilevanza globale, con lo scopo di raccontarne le storie in maniera potente e meravigliosa. Chris Joscelyne, Marketing manager di Butterfly Cannon, ci offre in questa intervista un osservatorio privilegiato su come sta cambiando il mondo del packaging di alta gamma soprattutto per quanto concerne un requisito ormai irrinunciabile: la sostenibilità ambientale e sociale.

di MICHELA PIBIRI Dai drink alla cosmesi, uno degli elementi distintivi di Butterfly Cannon rispetto ad altre grandi agenzie internazionali è la vostra speciale vocazione per i prodotti di fascia alta. Ma il mondo sta cambiando rapidamente sotto i nostri occhi: quindi cos’è, oggi, il lusso?

Basta guardare la pletora di brand del lusso che sono passati dai loghi vecchio stile ed estremamente decorati a logotipi san serif puliti e contemporanei per vedere che il mondo del lusso si è ridefinito, rinvigorito e democratizzato. In un processo accelerato dalla pandemia che tutti abbiamo vissuto, il consumismo indulgente è stato rimpiazzato da consapevolezza e coscienza. Le persone vogliono meno cose e più sostanza. Questo non significa che i consumatori del lusso non stiano ancora cercando forme di rara indulgenza. Vogliono solo che rappresentino qualcosa. “Artigianalità” è un termine abusato e svalutato di

questi tempi, ma in seguito a questo cambiamento c’è stata una (ri)valutazione dell’artigianato e delle abilità necessarie alla creazione di prodotti di lusso, cui corrisponde una consapevolezza di quanto le risorse siano preziose. Il rifesso lo troviamo nell’aumento del design monomateriale e nell’accettazione delle peculiarità e stranezze dei materiali, in particolare di quelli rinnovabili. Basti pensare alla cantina di Champagne Ruinart e alla sua custodia su misura “Second Skin”, realizzata con fibre di legno termoformate 100% riciclabile senza plastica o colla.

Quali sono le grandi sfide della comunicazione di marca oggi, quali sono le richieste più pressanti da parte di vostri clienti e quali risposte offre Butterfly Cannon?

Viviamo in un’epoca di acquisti online, iper-personalizzazione e comunicazione social. Con un sottofondo di sentimento anti-packaging. La sfida più grande per tutti i brand è distinguersi in questo contesto e comunicare ai consumatori in modi coinvolgenti e coerenti con la marca. Pur rispondendo, ovviamente, a criteri di progettazione sostenibile… Una domanda costante e intersettoriale è come implementare il pensiero sostenibile in maniera rilevante per la propria marca. I brand per noi sono importanti quanto le persone, sono significativi e quindi hanno bisogno di riflettere e di guidare ciò che accade sul piano culturale. La sostenibilità adesso è radicata nella nostra cultura e la narrativa dominante è la necessità di agire ora per proteggere il nostro pianeta. I marchi aspirazionali con cui lavoriamo sanno che devono riflettere e persino guidare questo cambiamento. Inoltre, mentre il mondo avanza verso un’esistenza virtuale, è sempre più importante ragionare su come un brand possa comunicare in modo armonioso e potente su tutti i canali.

BUTTERFLY CANNON

Fondata a Londra nel 2010 da Natalie Alexander e Jon Davies, Butterfly Cannon è una brand agency nata con l’ambizione di dedicarsi interamente a produrre le creatività più belle e potenti: belle come una farfalla, potenti come un cannone. Una proposta ben precisa mirata ad attrarre brand aspirazionali: quelle marche per cui vale la pena spendere di più. L’idea ha avuto risonanza e da quei tempi in poi Butterfly Cannon è cresciuta di anno in anno, espandendo i settori in cui opera. Ora che ha fatto ingresso nel suo secondo decennio di vita, l’agenzia lavora con brand dei settori beauty, drink, food, wellness e lifestyle. Oggi il ventaglio di competenze collettive di Butterfly Cannon si estende a sostenibilità, strategia, creazione della marca e dei suoi mondi, identità visiva, linee guida, innovazione, naming, copywriting, packaging, design strutturale, merchandising, digital, motion design, comunicazione esperienziale e campagne. Sempre con un punto fermo: Powerful stories. Beautifully told. www.butterflycannon.com

Butterfly Cannon è un’agenzia focalizzata sulla sostenibilità. Cosa significa essere “conscious designer”?

In qualità di agenzia specializzata in marchi aspirazionali, che crea packaging sostenibili che offrono ancora le esperienze sensoriali, tattili e culturalmente rilevanti attese da consumatori altrettanto aspirazionali, siamo fin troppo consapevoli della complessità della creazione di packaging che “spuntano tutte le caselle”. Il nostro processo Conscious DesignTM nasce come approccio guidato dalla necessità di aiutare noi stessi e i nostri clienti a destreggiarsi nel campo minato del design ecologico, continuando a restituire esperienze di marca distintive. Portato avanti da un team specializzato interno coordinato dal nostro Sustainability manager, Conscious DesignTM fa chiarezza nell’eco-confusione con un semplice processo passo dopo passo. Partendo dal fare chiarezza sullo scopo dei brand, definendo i loro obiettivi di sostenibilità e comprendendo il contesto in cui operano, utilizziamo la nostra Climatic TableTM proprietaria per aiutarli a stabilire su quali aspetti della sostenibilità dovrebbero concentrarsi, ora e in futuro, e sviluppiamo una roadmap e soluzioni di design creativo per aiutarli ad arrivarci. Si va dall’utilizzo di sottoprodotti della catena di approvvigionamento del packaging, fino alla riorganizzazione e ottimizzazione dei portfolio dei pack. Il consiglio che diamo a tutti i nostri clienti è che non è necessario avere la soluzione perfetta prima di agire. Devono trovare il modo in cui possono fare la differenza, essere consapevoli della complessità, fissare obiettivi chiari e creare una tabella di marcia per raggiungerli, anche se questo significa ammettere che si trovano solo all’inizio del viaggio. E non bisogna mai dimenticare il ruolo dei consumatori nell’aiutarli: coinvolgerli non è solo necessario ma, fatto nel giusto modo, è anche un’opportunità per avvicinarli al brand.

Quanto è importante la stampa nel vostro pensiero creativo? Come scegliete le tecniche di stampa e i materiali più adatti ai vostri progetti?

Con il passaggio ai monomateriali e l’allontanamento dagli eccessi della nobilitazione e dallo sfarzo, la stampa è una parte decisamente importante del nostro processo creativo e soddisfa le esigenze sensoriali delle marche aspirazionali con cui lavoriamo. Quando si scelgono tecniche e materiali, non esistono scorciatoie: ogni progetto deve essere considerato individualmente. Ma il minimo comun denominatore fra tutti è la necessità di osservare e comprendere tutti i singoli aspetti del progetto come un insieme olistico: qual è la storia del brand? Cosa sta cercando di comunicare? Qual è lo scopo del design? Qual è l’utilizzo finale, i volumi, i costi, le tirature, gli obiettivi di sostenibilità etc? Ogni scelta determina un effetto a catena che deve essere tenuto in considerazione.

CHRIS JOSCELYNE

Descrivendosi come “pensatore ed esecutore creativo”, Chris ha maturato oltre 19 anni di esperienza nel settore del design lavorando in ruoli multidisciplinari di design, innovazione e gestione, con brand di livello locale e globale. Ha una significativa esperienza nella strategia creativa, nella guida di team, nel mentoring dei talenti e nella comunicazione delle storie dei marchi con idee di design originali realizzate brillantemente. Ha cominciato a lavorare con Butterfly Cannon nel 2013 come Account Director per Moët Hennessy, continuando in seguito con brand come Hennessy, Glenmorangie, CÎROC, RedLeg Rum, Blackwoods Gin, Brugal Rum e Diageo India. Attualmente ricopre il ruolo di Marketing Manager per Butterfly Cannon e usa le sue competenze per diffondere il messaggio di Butterfly Cannon di “Storie potenti, meravigliosamente raccontate” per brand nei settori beauty, drink, food, wellness e lifestyle in generale.

Quali sono gli ingredienti di un design che sia efficace e sorprendente? Puoi raccontarci i progetti più interessanti e innovativi che avete realizzato con l’uso della stampa e materiali particolari?

È impossibile dare una “ricetta” per un grande design, ma tutto quello che facciamo in Butterfly Cannon trova radici nel nostro mantra “Powerful Stories, Beautifully Told”. Tutti noi abbiamo una storia da raccontare. Le connessioni si basano sulla condivisione di storie. E quando sono ben raccontate, le storie portano significato, costruiscono memorie e creano leggende. La storia di un brand non fa eccezione. Una volta che l’hai decifrata, tutto il resto va da sé, come gli esempi che sto per fare dimostrano.

1 . Per la nostra gamma di confezioni regalo per VOYA, un marchio di bellezza eco-bio che utilizza alghe raccolte al largo della costa occidentale dell’Irlanda, abbiamo avvolto la confezione riutilizzabile con una sleeve stampata removibile con l’icona visiva della nostra campagna, una pennellata dipinta a mano che fluttua come un’alga. Per l’etichetta abbiamo scelto di utilizzare la carta Shiro Alga White di Favini, una gamma di carta non patinata, certificata FSC® proveniente da fonti rinnovabili e carbon-neutral che incorpora parti di materia vegetale acquatica infestante, contribuendo opportunamente a proteggere le fragili aree marine.

2 . Creando la nuova marca di spirits botanici TRØVE, “Fanatical about Flavour” è diventata la storia del brand, nato dall’ossessione del maestro distillatore anticonformista di ottenere fino all’ultima goccia di sapore dalle sue combinazioni di frutta e botaniche. Sulla confezione, illustrazioni dipinte a mano ad acquerello di frutta affettata con motivi grafici creano un collage dal gusto esplosivo che non lascia dubbi sull’approccio anticonformista di TRØVE. Il logotipo del brand accentua l’audacia anticonvenzionale attraverso caratteri dal taglio drammatico, vernice tattile e linee in foil oro. In linea con l’ethos naturale ma audace del marchio, abbiamo scelto la carta Fasson rNaturel Blanc per l’etichetta, certificata FSC®, riciclata al 100% e in grado di supportare l’insolita combinazione di finishing che abbiamo progettato.

3 . Lanciandosi per la prima volta nel mondo degli alcolici artigianali locali, Diageo India è venuta da Butterfly Cannon per dare vita a una gamma di liquori indiani di particolare pregio. Abbiamo basato il nostro concept sul Banyan Tree indiano. La sua chioma maestosa e le sue lunghe radici aeree sono la perfetta rappresentazione dello spirito unico dei visionari indiani a cui è dedicata la gamma di prodotti, e ha indirizzato la scelta dei materiali per il packaging esterno: la stampa su sottili impiallacciature di legno ha richiesto test approfonditi per garantire che i motivi grafici ispirati all’arte popolare indiana della marca mantenessero il loro colore vibrante. Il risultato finale è quello di un tubo da whisky standard che si trasforma in qualcosa di disruptive come il brand stesso.

4 . Godawan è il primo whisky single malt artigianale e sostenibile di Diageo nato e coltivato nel Rajasthan, in India. Creando il brand da zero, abbiamo lavorato in team con il cliente per garantire che ci fosse un impegno tangibile sia nei confronti del territorio sia delle persone del Rajasthan: l’uso di ingredienti locali in una distilleria water positive, dando una piattaforma agli artigiani locali e facendo in modo che ogni bottiglia di Godawan contribuisse alla protezione del rarissimo uccello omonimo, l’otarda maggiore indiana. In linea con questo spirito, abbiamo utilizzato il nostro processo Conscious Design™ per individuare materiali sostenibili in linea con le sue credenziali di lusso, come Materica Gesso di Fedrigoni per l’etichetta, uno stock certificato FSC® con una percentuale di carta riciclata. Abbiamo poi abbinato un cartone FSC® di provenienza locale per il packaging secondario e per offrire il giusto equilibrio tra qualità e località.

5 . Con il suo brand di kombucha di lusso REAL, David Begg aveva la missione di sradicare i pregiudizi sui drink analcolici. Viscerale e preziosa, la street art contemporanea è diventata il nostro aggancio, rendendo le etichette vere e proprie tele: il nome e il carattere di ogni referenza si articolano come icone realizzate con un colpo di pennello. REAL è un marchio con qualcosa da dire, quindi abbiamo utilizzato la stampa digitale per lanciare messaggi di attualità, aggiornabili rapidamente, che riflettessero la mentalità attivista del marchio, come #ChampagneReinvented #BreaktheMould #SoberCurious...

Tra i vostri ultimi progetti c’è “Papil”, un nuovo prodotto creato nell’ambito di Make a Mark. Puoi dirci di più su questo progetto e perché la sostenibilità è uno dei suoi punti salienti?

Make a Mark ha invitato una selezione di agenzie di fama mondiale a creare dei concept sui temi della sostenibilità, del lusso o dell’innovazione. Noi abbiamo scelto di fare tutti e tre! Papil è un aperitivo dall’impatto positivo sul benessere. Il suo nome deriva da Papillon, farfalla in francese, ed è ispirato a The Butterfly Effect, ossia l’idea che qualcosa di piccolo come il battito d’ali di una farfalla possa, alla fine, causare un tifone dall’altra parte del mondo. Volevamo che il nostro battito d’ali di farfalla facesse in modo che solo la positività influisca sul mondo. Che sia per il nostro ambiente fisico o per il nostro benessere mentale. È dimostrato che il design ispirato alla natura ha un effetto positivo sul benessere. La bottiglia asimmetrica, sviluppata con una tecnica ingegneristica intelligente che ne assicura la fattibilità commerciale, richiama la fluidità naturale e gli ampi sumatori possono scansionare il codice QR sul tappo per scoprire la provenienza degli ingredienti e fare esperienze di realtà aumentata che migliorano l’umore. Ci auguriamo che Papil spinga i brand a rivalutare ciò che è possibile fare. Quando si progetta in maniera consapevole si possono creare prodotti e marche che soddisfano tutte le aspettative: lusso, sensorialità e sostenibilità.

colpi d’ala di una farfalla. Riecheggia nella fluida scrittura a mano del nostro logo e nel “sorriso” che evidenzia le caratteristiche positive del prodotto. L’etichetta cattura i colori e le trame mutevoli di un’ala di farfalla attraverso un nano-embossing su misura. Per massimizzare il nostro impatto positivo sul pianeta, abbiamo utilizzato il nostro processo Conscious Design™ per individuare i materiali più sostenibili: la bottiglia è plasmata con il Wild Glass di Estal, vetro di scarto post-consumo riciclato al 100%, con belle imperfezioni naturali e una tonalità verde-blu che cambia leggermente da un lotto di produzione all’altro. Troppo bella per essere poi buttata, la bottiglia vive una seconda vita come uno splendido vaso adatto a composizioni floreali naturali. Il tappo è fatto di Sughera, materiale di Labrenta fatto con polvere di sughero riciclata al 100% estratta dagli scarti di produzione e modellata senza utilizzare colla, 100% food safe. L’etichetta è fatta di Fasson MarbleBase di Avery Dennison, prodotta per l’80% da carbonato di calcio per rendere sicuro un sottoprodotto altrimenti dannoso dell’industria del taglio del marmo. Per sperimentare il Butterfly Effect, i conCosa pensi del Metaverso? In che modo il mondo digitale può migliorare l’efficacia dei brand e quali sfide pensi ci riserverà il futuro?

Bella domanda. È troppo presto per dire in modo categorico quale sia il modo migliore per interagire efficacemente con il Metaverso, tuttavia la scena emergente attorno agli NFT – specialmente come tradurre l’arte digitale in esperienze fisiche del mondo reale, come il packaging – genererà opportunità e sfide interessanti. Attualmente con uno dei nostri brand partner globali stiamo collaborando con uno studio di artisti multimediali per creare una gamma di design in edizione limitata. Stiamo parlando di trasformare le loro opere originali in una serie di NFT che prevedano anche gli “extra” che possono essere aggiunti a questo formato, come gli schizzi, le informazioni sul “dietro le quinte” o altre forme di esperienza unica. Sarà senza dubbio uno spazio molto stimolante in cui lavorare. Ma come per qualsiasi altro canale che il brand utilizza per comunicare con i suoi consumatori, per noi il suo cuore sarà ancora tutto incentrato sul mantra “Storie potenti... Splendidamente raccontate”.

FAENZA GROUP SI FA IN DUE

E DÀ VITA A FAENZA PRINTING E FAENZA PACKAGING

FFaenza Group, importante gruppo romagnolo con vocazione internazionale e stabilimenti tra Milano e Faenza, è noto soprattutto per la sua pluriennale esperienza nell’editoria di alta gamma. Ora si fa in due, dando vita alle realtà indipendenti Faenza Printing e Faenza Packaging, con la qualità di sempre e l’attitudine green. Ci racconta tutto il CEO Claudio Rossi.

Competenza tecnica al servizio del pensiero creativo è il vostro motto. Qual è ora il nuovo corso del Gruppo? Con quasi 50 anni di esperienza alle spalle e l’acquisizione, nel tempo, di 8 aziende, abbiamo deciso di separare le principali aree di business dando vita a due anime ben distinte e con due diversi posizionamenti. La prima, quella storica e votata all’internazionalità, prende il nome di Faenza Printing. L’altra, nata da richieste specifiche di un mercato in continua evoluzione, si chiama Faenza Packaging. Il fattore comune delle due nuove identità è l’impegno che abbiamo sempre avuto nei confronti dei clienti: qualità e professionalità restano immutate, con un approccio che potrei definire di vera e propria consulenza che va dal pensiero progettuale alla consegna del lavoro finito.

Che servizi offre e come si posiziona Faenza Printing? Faenza Printing è una realtà dal profilo internazionale affermata nel mondo dell’editoria di alta gamma, che mira a rafforzare questo posizionamento: abbiamo infatti sedi anche a New York, Parigi e Londra. I nostri clienti sono editori molto esigenti, specializzati in settori come arte e fotografia, lifestyle e trend topic magazine, nonché brand che si rivolgono a noi per la realizzazione di cataloghi, coffee table book e altre pubblicazioni di pregio. La competenza di Faenza Printing accompagna i clienti nella scelta delle migliori materie prime e tecniche di stampa e nobilitazione – il parco macchine rappresenta lo stato dell’arte del settore, sia nella stampa tradizionale che digitale – fino ai più piccoli dettagli del finishing che sono in grado di fare la differenza agli occhi degli intenditori, come per esempio la scelta del colore del filo refe. Quali sono invece le peculiarità di Faenza Packaging? Già da 15 anni il Gruppo ha sviluppato il segmento cartotecnico servendosi di tecnologie all’avanguardia e personale specializzato, e ora i tempi sono maturi perché abbia la propria identità indipendente come Faenza Packaging. Il suo tratto distintivo è quello di essere una cartotecnica agile e flessibile, in grado di soddisfare la richiesta di piccole e medie tirature – parliamo di un range che va dai 40 ai 150 mila astucci – sviluppando insieme al cliente prodotti facilmente macchinabili e sostenibili. Il nostro mercato di riferimento è squisitamente italiano, con un posizionamento significativo nel mondo del food, della cosmetica, parafarmaceutica e nutraceutica, sempre alla ricerca di nuove soluzioni. La sostenibilità per voi non è un optional, ma il presupposto di ogni progetto. Faenza Green, marchio registrato, è la summa del nostro approccio olistico alla sostenibilità. Un concetto che riguarda l’intero ciclo di vita del prodotto, che non si limita ai materiali scelti ma si estende ai processi, a partire dalla gestione responsabile dei nostri stabilimenti, fino al fine vita del prodotto. Faenza Green è nei fatti un manuale molto dettagliato improntato sul LCA – Life Cicle Assessment – attraverso il quale offriamo una consulenza personalizzata ed estremamente dettagliata sulle effettive necessità del cliente.

VELASCA

IN VETTA ALLA MODA ARTIGIANALE E SOSTENIBILE

Porta il nome della grande icona architettonica firmata BBPR che dagli anni ‘50 caratterizza la skyline di Milano. Una scelta non casuale, quella di Enrico Casati e Jacopo Sebastio, che nel 2013 sono passati dalla finanza al mondo della moda fondando Velasca: non solo un brand, ma una dichiarazione programmatica di sapienza manifatturiera tutta italiana.

di ACHILLE PEREGO

Prima le scarpe da uomo, poi gli accessori, dai kit per le calzature a cravatte e cinture. Quindi mocassini, stringate e stivali per il mondo femminile ed entro quest’anno anche il lancio della linea total look proponendo, sempre con la stessa formula, anche l’abbigliamento, dalla camiceria alla maglieria, dai capispalla ai pantaloni alle t-shirt.

È un percorso fatto di successi all’insegna del Made in Italy quello di Velasca. Dalle materie prime all’artigianalità della produzione nei distretti come quello marchigiano di Montegranaro per la fattura delle scarpe o il Maceratese, l’Alessandrino e il Veneto per il packaging e gli stampati. Il nome Velasca ricorda la famosa e iconica Torre del capoluogo lombardo. Ed è il marchio dell’azienda fondata nel 2013 a Milano da Enrico Casati e Jacopo Sebastio. Due giovani manager che, con una scelta coraggiosa, hanno deciso di passare dal mondo della finanza a quello della moda con le idee ben chiare in testa. Ovvero portare nel mondo la bellezza e l’unicità del saper fare italiano. Come? Mettendo sul mercato scarpe di alta qualità e rigorosamente di fattura artigianale a prezzi sostenibili, grazie a un innovativo modello di vendita diretta – dagli artigiani ai clienti senza intermediazione – e facendo leva sull’omnicanalità cominciando solo con l’e-commerce e poi costruendo anche una rete di negozi diretti.

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«Tutto è nato da un episodio casuale – esordisce Sebastio, Ceo di Velasca. –. Enrico era a Singapore per lavoro e aveva bisogno di un paio di scarpe eleganti per un evento. Dovendo anch’io partire per l’Asia, ne ho comprate un paio in una boutique di Milano, le ho messe nello zainetto e le ho portate». Quindi? «Quando ci siamo incontrati, pensando a questa inusuale consegna ci siamo detti: perché non fare diventare questo episodio un’attività, facendo sì che le belle calzature artigianali italiane possano essere vendute e distribuite in tutto il mondo, non solo a Singapore?».

Così nel 2013 è nata Velasca dopo aver pensato come e dove produrre le scarpe. Enrico Casati e Jacopo Sebastio hanno girato l’Italia e alla fine hanno scelto il meglio. Quindi gli artigiani di Montegranaro, nel distretto marchigiano delle calzature dove ancora oggi vengono realizzate a mano le circa 100mila paia di scarpe da uomo e, dall’anno scorso, anche da donna, vendute sia con il canale online sia nelle botteghe con dipendenti dell’azienda.

Dai 60mila euro di fatturato realizzati nei primi mesi d’attività si è passati ai 200mila del settembre 2014 e poi è stato un crescendo che, dopo l’inevitabile rallentamento del 2020 dovuto agli effetti della pandemia, ha visto un forte recupero. Con tassi di crescita in questi primi mesi del 2022 dell’80% sul 2021 e del 40% rispetto a gennaio 2020, quando l’emergenza Covid-19 non era ancora scoppiata. Per arrivare quest’anno a un fatturato stimato in 18 milioni di euro rispetto ai 13 del 2021 e agli 8 del 2020. Vendite e ricavi realizzati grazie a 65 dipendenti diretti, la metà nelle botteghe e il resto nel quartier generale di Milano, e a un indotto di circa 900 addetti. Indotto destinato a crescere con il lancio della linea di abbigliamento previsto per l’autunno, replicando la stessa formula vincente: la produzione artigianale. E scegliendo quindi, com’era successo con Montegranaro per le calzature, la tradizione sartoriale napoletana per la camiceria, le cravatte e i pantaloni, quella veneta per giubbotti e capispalla e i distretti marchigiani e dell’Emilia Romagna per la maglieria.

La prima bottega dedicata alle scarpe da donna, così come era stata la prima per le calzature maschili, è stata inaugurata nei mesi scorsi a Milano, in Piazza Giovine Italia. «Non un semplice negozio – ricordano Casati e Sebastio – ma un luogo di incontri, con mobili vintage, pavimento in legno, carta da parati dipinta a mano, porcellane d’epoca, fiori e piante dove scegliere le scarpe sorseggiando una tisana, un caffè o un bicchiere di buon vino, leggere una rivista e toccare con mano le scarpe di Velasca». Sempre per la linea femminile, dopo Milano sono state inaugurate altre due botteghe, a Torino e Roma mentre l’espansione della rete retail vedrà anche il nuovo punto vendita di Brescia per le calzature da uomo. L’obiettivo è arrivare complessivamente a un primo step di 18 botteghe, tra cui quelle all’estero di Parigi, Londra e in Elizabeth Street a New York. Uno spazio inaugurato nell’autunno del 2021 insieme con il rafforzamento nel Sud Italia con il punto vendita di Napoli dopo quello di Palermo, in cui, tra simboli del Made in Italy come una macchina per scrivere Olivetti e un televisore Brionvega, si

può godere del design e dell’artigianalità delle calzature Velasca.

Del resto il rapporto tra Velasca e i suoi artigiani risponde ai valori della sostenibilità perseguita dall’azienda, che significa anche impostare commesse e contratti che non “strozzino” il lavoro artigianale ma lo valorizzino. Un impegno testimoniato dal mettere persino la foto dell’artigiano che ha prodotto le scarpe nella scatola con la quale vengono confezionate e spedite le calzature. E la grande attenzione al tema della sostenibilità, dall’utilizzo di energia green al packaging rispettoso dell’ambiente, è confermato dal fatto che entro il 2022 Velasca diventerà una società benefit, prima tappa per ottenere anche la certificazione B Corp.

Velasca ha fatto un percorso inverso. Prima si è partiti con l’e-commerce, per cui, con il partner FedEx, Velasca è in grado di consegnare le sue scarpe in tutto il mondo entro 3, massimo 5 giorni dall’ordine, e in Italia entro due giorni e addirittura il giorno dopo se l’ordine viene inviato prima delle 11 del mattino. Poi sono arrivati i negozi. «All’inizio – confermano Sebastio e Casati – per offrire al mercato una scarpa da uomo di alta qualità artigianale ma venduta a circa la metà del prezzo della concorrenza nella stessa fascia di prodotto grazie al fatto di non avere intermediazioni, abbiamo operato solo attraverso le vendite online creando una vera e propria community. Una community dalla quale poi sono nati l’esigenza e il desiderio di avere uno spazio dove non solo indossare le calzature Velasca ma vivere anche un momento di incontro particolare. Un momento nel quale condividere il valore del saper fare italiano e delle sue eccellenze per cui abbiamo girato l’Italia coniugando la filosofia Velasca con quella dei territori, dal prosciutto di San Daniele allo zafferano abruzzese o le ceramiche pugliesi». E nei territori, dal Veneto all’Alessandrino fino al Maceratese, sono stati trovati anche i partner per la stampa e per la cartotecnica.

Vendere un brand significa proporre un’esperienza d’acquisto prima ancora che un paio di scarpe seppure di alta qualità. Per questo le calzature Velasca sono imballate in scatole ecosostenibili di cartoncino riciclato all’interno delle quali si trovano anche il sacchetto viaggio per le scarpe, in cotone anch’esso riciclato, una lettera di benvenuto, le congratulazioni dei due fondatori e la foto dell’artigiano che ha realizzato a mano le calzature.

Per rivolgersi ai clienti, vecchi e nuovi e soprattutto giovani, spiega Chiara Bonardi, Head of UX e UI di Velasca, «abbiamo pensato a una comunicazione aspirazionale presentandoci anche sui social come un brand amico che ci mette la faccia». E la faccia, con le foto scattate con le Polaroid, è quella dei testimonial d’eccezione come gli artigiani che realizzano le calzature Velasca mentre il rapporto d’amicizia viene mantenuto e alimentato attraverso una puntuale newsletter. Se un brand giovane nato nell’era digitale non poteva, e non può, che comunicare attraverso i canali online questo non significa che Velasca non ricorra, con successo e soddisfazione, anche al mondo della stampa e della cartotecnica. Con un approccio innovativo. Per esempio, racconta sempre Bonardi,

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«trasformare i disegni che bambini e genitori ci hanno inviato ai tempi dei lockdown in spunti per il packaging delle scatole delle scarpe». Con alcuni di questi disegni, scelti tra centinaia, sono state realizzate quattro linee di scatole in edizione limitata. Innovativa è stata anche la scelta di non stampare le classiche brochure fotografiche o i tradizionali cataloghi di prodotto, ma pensare a un flyer particolare, la “non guida” per le clienti donne. La “non guida”, in versione invernale ed estiva, viene sia spedita con gli ordini online sia a portata di mano nei negozi. Pensata e stampata come un quadernetto ci sono le pagine bianche per gli appunti personali ma anche consigli su come abbinare i look a seconda dei momenti della giornata e persino, per il negozio di Milano, una mappa della città con suggerimenti per lo shopping e il tempo libero, dal ristorante al fiorista.

«Per le scatole delle scarpe fin dall’inizio – aggiunge la responsabile di grafica e design di Velasca – si è pensato che non dovessero essere troppo lussuose ma, rispettando l’ambiente con l’utilizzo di carta riciclata, caratterizzare allo stesso tempo il contenuto e l’immagine del brand. Per questo, con la vendita allora solo attraverso l’e-commerce delle calzature maschili, abbiamo pensato a una specie di confezione regalo. E quindi arricchite da un fiocco le scatole, con la scelta del colore blu lucido, quello istituzionale di Velasca, solo per il co-

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perchio e con il resto in carta avana Kraft riciclata. Una scelta elegante ma allo stesso tempo pulita, ripetuta con la carta Kiwi verde per le scatole della linea di calzature femminili mettendo sulla confezione solo il logo aziendale e la scritta “fatte a mano in Italia”». La stessa scelta grafica e di attenzione all’ambiente è stata utilizzata per l’imballo da e-commerce, ridotto al minimo indispensabile. Una riduzione che vedrà le future spedizioni della nuova linea total look usare le scatole solo per i capispalla e buste di carta rigida per camicie e maglieria. Oltre ad avere ridotto le dimensioni degli imballi, Velasca utilizza un packaging in cartoncino riciclato color avana con stampa blu per le calzature da uomo e bianca per quelle da donna. All’interno i clienti possono trovare la busta contenente la fattura e le istruzioni per l’eventuale reso agevolato dalla presenza di una doppia strip adesiva e con una scritta (“L’attesa è finita”) che caratterizza, chiosa Bonardi, quel che vuole essere Velasca per i suoi clienti: un’azienda (amica) speciale.

MANIFATTURA DEL SEVESO PRESENTA BUKRAM PWR:

L’EVOLUZIONE DELLA TRADIZIONE

CColori carichi di vitalità come il tropical red, il deep blue, il sun yellow, nuance primaverili e di tendenza come il lavender e il turquoise: ecco la nuova collezione di Manifattura del Seveso. Questi colori, così intensi, freschi, dinamici ed eleganti sono stati abbinati al tessuto Bukram: un materiale senz’altro degno di essere considerato un “evergreen”, tradizionale ma sempre di tendenza, caratterizzato da una spalmatura acrilica a base acquosa. Un articolo ecosostenibile con un piacevole effetto opaco e morbido al tatto. Le caratteristiche di questo articolo sono il suo strutturato filato, i suoi colori intensi e le ottime prestazioni di stampa, da quella a caldo alla serigrafica e infine alla stampa offset tradizionale. Adatto a rivestire volumi, astucci, accessori di packaging che vogliono attirare e stupire il cliente. L’allestimento standard è in bobine da 50 e da 25 metri, altezza 78 cm, idoneo quindi anche a “limited edition”. I cataloghi, distinti in Bukram Power #1 e #2, sono più che mai innovativi nell’originale forma giocosa a fisarmonica che permette di scoprire questi colori gradualmente, alla ricerca del giusto look glamour per il proprio pack. Manifattura del Seveso si conferma un’azienda storica al passo con i tempi, con tanta energia e voglia di mettersi in gioco e stupire i suoi clienti.

Di cosa parliamo quando parliamo di marketing box

di ROBERTA RAGONA Al confine tra limited edition e merchandising, le marketing box offrono suggestioni e influenze attraverso scelte di design, tecniche di stampa e materiali, e spesso riproducono fisicamente un’esperienza di per sé immateriale per convincere creator, influencer e professionisti della comunicazione a raccontare al grande pubblico ciò che contiene la scatola. Ne abbiamo parlato con Storytel, Carosello Records, Zetalab e mm studio.

In principio era la swag bag, un semplice assortimento di oggetti promozionali, spesso organizzati intorno a un tema comune, contenuti all’interno della classica borsa di tela. Il fenomeno non è nuovo, ma ha subito una crescita di visibilità negli ultimi anni, dovuta a una serie di cause concomitanti. Da una parte la necessità di superare il concetto di swag bag e andare oltre il generico materiale promozionale, evolvere verso la costruzione di veri e propri piani ragionati che potessero fornire spunti creativi e narrativi per il coinvolgimento di creator e professionisti nelle proprie campagne digital. Insomma: stimolare la curiosità e spingere a interagire creativamente. Dall’altra, l’importanza nelle nostre vite di consumi culturali sempre meno legati ai supporti fisici, come servizi di streaming audio e video, piattaforme di gaming, servizi di ebook, accomunati dalla necessità di dare corpo, letteralmente, alla comunicazione dei propri prodotti. E non ultima, la necessità di portare avanti la comunicazione anche in un periodo – come quello della pandemia – in cui gli eventi dal vivo hanno vissuto una battuta d’arresto. Ma quali sono le particolarità e le sfide delle marketing box rispetto ad altri progetti di comunicazione stampata? Ne abbiamo parlato con Stefano Lionetti, Art director e Partner di Zetalab, agenzia di design e

comunicazione di Milano, Guendalina Gramitto Ricci e Irene Caspani, rispettivamente Label coordinator e Product manager di Carosello Records, storica etichetta musicale indipendente italiana, Viola Marconi, Marketing Manager di Storytel, piattaforma streaming di podcast e audiolibri, e infine Martina Caterina Monselli, founder di mm studio, agenzia di PR e comunicazione.

Tante storie quante sono le box

Innanzitutto, ogni box fa storia a sé, come spiega Stefano Lionetti di Zetalab: «Abbiamo iniziato a lavorare con Einaudi perché cercavano un approccio design-centered: è una realtà con un’identità visiva forte. La particolarità di questo tipo di progetti è che si riparte ogni volta da zero, perché ogni libro fa comunicazione a sé, per autore, linguaggio e tematiche. Si tratta sempre di pochi pezzi, con tirature molto diverse da quelle industriali. Questo fa sì che i costi per singolo pezzo siano più alti, si affrontano gli stessi costi di avviamento di stampa, che però non vengono abbattuti sul numero complessivo di pezzi. Dall’altra parte, però, proprio il lavoro su scala ridotta permette di rendere accessibili lavorazioni che non sarebbero economicamente sostenibili per un packaging destinato a un prodotto generalista, e sfruttare al massimo le possibilità espressive di nobilitazione e cartotecnica».

A volte il lavoro sulle marketing box evolve naturalmente dal lavoro interno di produzione dell’azienda. È il caso di Carosello Records, il cui settore produzione si occupa sia dei gadget per il mercato consumer sia della realizzazione di extra ideati per le attivazioni marketing collegate all’uscita dei dischi. Nota Irene Caspani: «Dal punto di vista della vendita al consumatore finale, negli ultimi anni è esploso il fenomeno dei bundle. Si tratta di un prodotto pensato soprattutto per i fan più appassionati di un artista, in cui al disco fisico in cd o vinile vengono associati una serie di altri prodotti in edizione limitata, dalla semplice t-shirt o felpa a progetti più articolati. Nel caso del disco di Sick Luke, ad esempio, abbiamo realizzato un manga disegnato da Andrea Scanarini. Negli ultimi anni si va sempre di più nella direzione di progetti di questo tipo, che vanno oltre il semplice merchandising ed espandono l’universo del disco, e anche le marketing box seguono questo tipo di pensiero».

Dare corpo all’immateriale, proiettare il fisico nel digitale

L’integrazione tra mondo fisico e mondo digitale è uno dei benefici principali dell’uso dello strumento delle box, e non a caso è uno strumento molto amato per la promozione e comunicazione di piattaforme di streaming sia audio che video. In particolare nel caso di podcast e audiolibri, in cui l’oggetto fisico non esiste. Racconta Viola Marconi: «Quando Storytel è arrivata in Italia nel 2018 avevamo l’esigenza di intercettare un pubblico – in particolare su Instagram – che era quello potenziale degli audiolibri e podcast, un fenomeno relativamente nuovo in quel momento. Avevamo la necessità di raccontare in modo visivo un servizio che viveva esclusivamente sulla piattaforma di streaming, e quindi di trovare un modo di mostrare, letteralmente, le nuove uscite. La box ci ha permesso di dare corpo ai nuovi prodotti, che fosse con una curation di oggetti già esistenti legati all’argomento del podcast o attraverso la realizzazione di stampe in edizione limitata».

Ma in che modo la box e soluzioni come QR code o realtà aumentata fanno dialogare gli oggetti fisici e i contenuti digitali? La scelta dello strumento dipende dalle abitudini di consumo del pubblico, come ricorda Guendalina Gramitto Ricci di Carosello Records: «Il QR code al momento è il modo più semplice di legare il contenuto fisico alle piattaforme, che così possono scegliere il loro canale preferito: non dimentichiamo che la prima piattaforma per l’ascolto della musica in Italia è ancora Youtube. Ci sono altri strumenti interessanti a disposizione, ad esempio i wave code

Marketing box realizzate da mm Studio per innocent e Espressoh

di Spotify, in cui la forma dell’onda sonora del brano è inquadrabile con la fotocamera del telefono e riproduce automaticamente il pezzo scelto. È una tecnologia molto immediata che abbiamo utilizzato per alcune attività in partnership con la piattaforma».

La coesione visiva e concettuale tra l’aspetto online e offline è fondamentale secondo Lionetti: «L’aspetto materico dell’oggetto ha un fascino che per efficacia comunicativa ripaga pienamente lo sforzo. I progetti che funzionano di più sono quelli che hanno una ricaduta su tutti i media a disposizione. Nel 2021 abbiamo realizzato una box per l’ultimo libro di Kazuo Ishiguro, Klara e il sole, che racconta del rapporto tra androidi ed esseri umani ed esplora i limiti della coscienza e dell’identità. La box, dal punto di vista cartotecnico, era costruita come la scatola di un iPad, con un cartone ad alto spessore e coperchio ad alta aderenza, nobilitata interamente con una stampa a caldo dorata cangiante. All’interno era presente un booklet di istruzioni, per richiamare l’esperienza dell’acquisto di un oggetto tecnologico di alta gamma. All’interno era presente un QR code che rimandava a un test per riconoscere gli androidi. L’oggetto fisico è stato inviato a una serie di destinatari selezionati, mentre la parte digitale e ludica della campagna era aperta a tutti, e la box contribuiva all’esperienza di immersione nel mondo del romanzo».

Personalizzazione per oggetti esclusivi

Le tirature limitate e i destinatari selezionati portano con sé come corollario le possibilità della personalizzazione nella comunicazione stampata. Ma quanto è importante, e in che modi può essere messa creativamente al servizio del racconto?

Viola Marconi dice che per Storytel la personalizzazione è l’opportunità per mettere in luce aspetti diversi dello stesso progetto: «In questo la box è uno strumento in qualche modo più flessibile rispetto – per esempio – a un evento stampa. Se nel caso dell’evento i punti chiave della comunicazione tendono ad essere gli stessi per tutti i presenti, nella box si può personalizzare il taglio da dare al contenuto per parlare alla nicchia specifica o alla community a cui ci sta rivolgendo, riuscendo a comunicare in maniera più approfondita aspetti diversi del contenuto che non sarebbe possibile affrontare in maniera così variegata in una comunicazione generalista. Questo permette anche di sperimentare e aprire nuovi canali meno legati ai poli classici dell’industria culturale, abbattendo le barriere geografiche e scoprendo di avere un pubblico affezionato e ricettivo in aree che magari non avremmo raggiunto con il marketing classico».

Come sempre, a guidare tutto è la strategia, dice Stefano Lionetti: «Considerato il numero selezionato dei destinatari, è importante che tutti i materiali trasmettano la sensazione di un oggetto esclusivo: in questo senso il lavoro di personalizzazione della stampa è fondamentale. Nel caso del lancio di Normal People di Sally Rooney ognuno dei destinatari aveva trovato nella box un badge del Trinity College di Dublino – in cui sono ambientati gli eventi del roman-

THE GRAFICAL INSIGHT BOX

The Grafical Insight Box è una vera e propria “Box Experience” creata per far vivere a tutti i partecipanti del Kickoff di Brand Revolution LAB 2022 l’unboxing di una serie di strumenti a disposizione dei creativi delle agenzie che partecipano al laboratorio. Il suo look and feel total black con diversi elementi in giallo riprende fedelmente l’identità visiva e i colori istituzionali dell’azienda di stampa partner, Grafical, che in questo caso si fa vero e proprio brand. Il suo interno è stato progettato su due livelli distinti, separati da una struttura ad alveare che divide concettualmente il contenuto della box e consente una disposizione precisa e funzionale degli elementi alloggiati sul primo dei due strati. Il wow effect è assicurato, all’apertura, dalla disposizione di 3 diversi Cocktail NIO® abbinati a una serie di cubetti di ghiaccio in granito grigio riutilizzabili. Gin Sour per rappresentare equilibrio e visione, Sidecar per trasmettere la vicinanza che Grafical ricerca verso i propri partner e clienti, e infine Old Fashioned per raccontare una storia di stampa e di essenza. La storia è quella di Grafical, essenziale è il modo in cui l’azienda da quasi 40 anni esalta idee e progetti, dando loro forma. «Lo spirito non si inscatola eppure noi di Grafical lo abbiamo fatto, in tre versioni: ciascuna parla di noi e ci rappresenta» così commenta Anna Lonardi, Communication & Marketing manager di Grafical. Nel vano inferiore invece trovano spazio diversi strumenti di lavoro: shopper di contenimento, brochure, bloc notes e penna, campioni ed esempi di prodotti stampati e molto altro. All’interno della box è presente infine un supporto che ha il compito di guidare gli utenti nel percorso e raccontare loro ogni particolare e dettaglio contenuto all’interno di questa Toolbox. www.grafical.it

zo – con nome e foto. Ovviamente la scelta se lavorare con una personalizzazione che passa per la stampa o attraverso lavorazioni artigianali dipende dall’universo narrativo del libro che si sta comunicando. A guidare la scelta del mezzo è sempre il pensiero strategico e di design».

Questione di materiali

Anche la scelta dei materiali punta a sfruttare tutte le possibilità offerte dalla comunicazione stampata. Non solo carta e cartotecnica quindi, ma anche stampa specialistica su tessuto, ceramica, latta e alluminio. Spesso creando partnership con brand con un’esperienza forte nel settore, come nel caso di cui ci racconta Irene Caspani di Carosello Records:

«Per il lancio dell’album di Ghemon “E vissero feriti e contenti” abbiamo realizzato una scatola in alluminio insieme a Leone, storico marchio di caramelle dalle confezioni in latta. Il packaging è stato ridisegnato come una cassetta del pronto soccorso che contenesse medicinali di prima necessità. Lo scarto ironico tra forma del contenitore e contenuto si adattava perfettamente alla poetica dell’artista. In questi casi la scelta del giusto partner tecnico è fondamentale. Nel caso di Diodato per il lancio del singolo “Un’altra estate” abbiamo realizzato un aquilone con un’azienda toscana specializzata. Ogni campagna implica il confronto con aspetti tecnici della comunicazione stampata che non sono quelli con cui abbiamo a che fare nel lavoro quotidiano».

Sostenibilità: ottimizzazione e riuso

Ma quanto è importante la sostenibilità nell’ideare e realizzare queste operazioni? Stefano Lionetti sottolinea come i tempi della comunicazione sono un tema chiave: «C’è un problema da affrontare a monte perché questi progetti possano essere considerati realmente sostenibili, ed è quello delle tempistiche delle campagne. Se da una parte si può lavorare sulla filiera produttiva del produttore, sulla carta e sui processi, dall’altra parte la timeline è quasi sempre dettata dai tempi della comunicazione, per cui anche riducendo l’impatto dei materiali e delle tecniche di stampa c’è un tema di logistica e di spostamenti veloci delle merci che è ineludibile. Una reale sostenibilità è possibile solo con tempi più lunghi per la realizzazione, che spesso però non sono i tempi del marketing».

Il fatto di lavorare quotidianamente con bundle e supporti fisici può essere un vantaggio, come nel caso di Carosello Records. Racconta Guendalina Gramitto Ricci: «Noi lavoriamo spesso sulle box con gli stessi fornitori con cui realizziamo il packaging dei nostri dischi, e questo ci ha permesso di affrontare l’aspetto della sostenibilità all’interno di un discorso produttivo più ampio, permettendoci di ottimizzare il lavoro e l’uso delle materie prime. Al momento siamo concentrati soprattutto sulla riduzione della plastica, e dove la plastica non si può sostituire a lavorare sul resto del packaging prediligendo involucri in carta e cartone da filiera di riciclo, soprattutto in un periodo come quello attuale in cui la scarsità di materie prime e i problemi della supply chain sono una questione ineludibile».

Viola Marconi fa notare come la spinta a concepire queste operazioni in maniera più sostenibile arrivi sia internamente dalle aziende che ne hanno fatto un valore portante, come Storytel, sia dal pubblico a cui ci si rivolge: «Abbiamo notato che sempre più spesso sono i creator stessi a fare caso alla sostenibilità delle campagne in cui vengono coinvolti, ad analizzare in maniera più consapevole la filosofia dietro un’operazione e come questi valori si traducono in scelte di materiali e packaging. Il tassello mancante rimane sempre quello della logistica, ma penso che sia destinato a cambiare anche questo nei prossimi anni, perché sia a livello di aziende che di pubblico c’è maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale dei trasporti e la pressione al cambiamento arriva da entrambi i lati».

Una soluzione può essere quella di pensare a prodotti che possano avere una seconda vita dopo avere

In alto, marketing box di Zetalab per Einaudi

LA “VARIBOX” PER BRL22

Box di Carosello Records per il lancio di “E vissero feriti e contenti” di Ghemon Quando a Varigrafica è stato chiesto di realizzare una box Made in Varigrafica per il Kick-off di Brand Revolution Lab 22, il pensiero è corso subito ai creativi e alle agenzie partecipanti e a cosa l’azienda potesse mostrare di sé per far capire chi è davvero: non una classica tipografia, bensì un organismo che lavora trasversalmente su diversi aspetti e pensieri. L’intento era quello di trasmettere la propria esperienza e i propri valori, così è nata la VariBox – lineare e dai colori che sanno di casa per l’esterno, un’esplosione di effetti e stili differenti per l’interno. L’elegante scatola realizzata in cartotecnica e nobilitata in digitale contiene prodotti e gadget pensati per il marketing interno – dai calendari ai bloc notes, alle matite personalizzate, che Varigrafica ha declinato in modo che ciascun elemento potesse rappresentare un aspetto distintivo dell’azienda: calendario, bloc notes, astuccio contenete matite colorate: divertenti, naturali e sostenibili. Il calendario, realizzato in carta completamente biodegradabile e riciclabile, è caratterizzato da punzonature a secco differenti per ogni mese con una rilegatura alla giapponese; il bloc notes ha una particolare rilegatura punto singer a scomparsa con copertina telata mentre l’astuccio per matite è fustellato e al suo interno troviamo quattro matite che rimandano alla quadricromia base della stampa. Le Schede Optical e Tarocchi sono stampate in digitale su carte pregiate, con nobilitazioni 3D HiLux e HiLux Metal. Le Poesie Calligrafiche sono stampate su Canon Arizona Océ con tecnologia di stampa 3D; infine la box contiene anche due controcover realizzate per PRINTlovers, che dimostrano l’attitudine di Varigrafica a mettersi alla prova ogni volta con una sfida diversa. www.varigrafica.com esaurito il proprio lavoro di comunicazione di brand, ed è la scelta che ha portato avanti mm studio. Spiega Martina Monselli: «Noi abbiamo scelto per box dei brand di cui curiamo la comunicazione un formato di packaging che si chiama Scatola Controversa. Si tratta di un progetto cartotecnico di delivery box realizzato dal Fustellificio Vicentino, azienda specializzata in fustelle americane. La scatola è pensata espressamente per essere rimontata al contrario e diventare un contenitore dall’estetica piacevole. È realizzata in diversi formati tenendo a mente diverse categorie merceologiche e tipi di invio, per ottimizzare lo spazio e minimizzare il volume di spedizione, per cui spediamo solo quello che serve e niente di più, per comunicare davvero l’essenziale».

Il futuro delle marketing box

Ma quali scenari si delineano per i prossimi anni nell’uso di questo canale di marketing, ora che si torna sempre più a un mix di azioni di marketing e eventi in presenza? La chiave secondo Monselli è nell’evoluzione del formato: «È un mezzo di comunicazione che per continuare a funzionare deve evolvere. Bisogna sempre partire da un ragionamento progettuale che guardi al momento contemporaneo: richiede dialogo tra cliente e agenzia, e la disponibilità a provare modalità nuove. Negli ultimi anni l’uso delle box non è tanto aumentato quanto diventato più visibile, essendo uno dei pochi strumenti comunicabili in un momento in cui le attività dal vivo erano pressoché azzerate. Ad esempio è quello che abbiamo fatto col lancio di Espressoh, brand di make up che prende ispirazione dal caffè all’italiana, per cui abbiamo realizzato box con una colazione all’italiana recapitata a domicilio da “barman” in livrea. In qualche modo si è reso necessario alzare sempre più il tiro della comunicazione, per tenere alto il livello di memorabilità in un mercato sempre più saturo. Sicuramente man mano che si tornerà a lavorare dal vivo questo tipo di strumento riinizierà ad essere integrato in un ecosistema di comunicazione più vario, in cui la box sarà uno degli elementi tra diverse opzioni, da usare quando è realmente necessaria e ha valore strategico».

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