Inside Wood'd: Retrospettiva di un'esperienza

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INSIDE WOOD’D: RETROSPETTIVA DI UN’ESPERIENZA

Nuova Accademia di Belle Arti Diploma accademico di 1° livello Media Design & Arti Multimediali Anno Accademico 2014/2015

Referente di tesi: Maresa Lippolis

Stefano Aschieri: Matricola 4475Z



INSIDE WOOD’D: RETROSPETTIVA DI UN’ESPERIENZA


INDICE 06 Brand come Istituzione Sociale 11 Mediatizzazione delle Pratiche di Consumo 17 Il Ruolo della Reputazione 21 Network Society 31 Makers: il Ritorno dei Produttori 36 Il Potere dell’Unicità e della Variabilità

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09 Evoluzione delle Pratiche di Consumo 14 Imprese come Network Sociali 19 Socializzazione della Produzione 24 Impianti di Produzione Condivisi 33 La Coda Lunga delle cose 38 Una Nuova Figura di Artigiano


Introduzione Questa tesi è frutto di una ricerca durata circa sei mesi,

tempo, ogni volta che diffondiamo qualsiasi tipo di

da quando assieme a Maresa Lippolis, coordinatrice del

informazione nel Web, che ricaduta ha sul rapporto che

corso in Media Design & Arti Multimediali alla NABA di

abbiamo con i nostri consumatori? Che aspettativa ha,

Milano, abbiamo definito quale sarebbe stato l’obiettivo

una società sempre aggiornata e interconnessa, nei

di questa ricerca: sistematizzare le conoscenze acquisite

confronti di un’impresa? Quali sono le conseguenze che

negli ultimi tre anni. Da ottobre 2011 ad oggi è cambiato

sistemi digitali provocano sul modo in cui io e Andrea

molto. I miei interessi, le mie opinioni, le aspettative su

conduciamo il lavoro di tutti i giorni?

cosa e quale sarà il mio futuro. Le uniche costanti di questi tre anni sono stati i due impegni quotidiani che affrontavo:

Marshall

McLuhan

aveva

l’ambizioso

obiettivo

di

NABA e Wood’d.

riscrivere la storia della cultura attraverso i media che

Mi sono iscritto al corso di Media Design & Arti Multimediali

mio, sicuramente meno ambizioso, è riflettere sulla mia

dopo un’esperienza accademica all’Istituto Italiano di

esperienza con Wood’d attraverso ciò che studiavo in

fotografia, volevo approfondire le mie conoscenze nel

NABA e, per farlo, ho scomposto le mie esperienze in

campo del video, e diventare un filmmaker. Nel frattempo,

due grandi blocchi, che rappresentano i macro-temi della

appunto, le mie passioni hanno preso dei percorsi non

tesi. Il primo tratta dell’evoluzione di tutti quei processi

aspettati e mi sono trovato affascinato dal Web e da

immateriali che, all’interno di un progetto, tendono alla

tutte le sue applicazioni. Ho incontrato persone che

definizione di quell’insieme di elementi chiamato brand.

attraverso i new media, sia a livello pratico che teorico,

Il secondo tratta dei processi materiali che portano

mi hanno insegnato un nuovo modo di approcciarmi a

alla definizione dell’ambiente in cui i prodotti vengono

quello che mi capitava davanti. Nello stesso periodo con

realizzati. Se dovessi in due righe definire l’argomento,

Andrea, mio fratello, ho fondato Wood’d. Un marchio di

è lo studio di come i new media stanno innovando i

design e oggettistica in legno. Wood’d produce cover e

processi, rivoluzionando i rapporti tra società e brand e

accessori in legno e li vende in negozi di abbigliamento

società e manifattura. Gli autori che più mi hanno aiutato

in tutta Europa, Giappone, Stati Uniti. Quando abbiamo

in questa ricerca, pur posizionandosi su poli distantissimi,

cominciato Andrea si occupava del design e della vendite,

sono Adam Arvidsson e e Chris Anderson. Arvidsson è

io della comunicazione e del marketing, senza sapere in

sociologo e professore all’università statale di Milano, il

cosa tutte queste discipline consistessero davvero. Ora

suo studio si focalizza su Arvidsson sulle nuove forme

da Wood’d lavorano in sei persone, i ruoli sono divisi

di produzione e organizzazione economica che si

meglio e tutto prosegue nel verso giusto.

sono evolute intorno ai nuovi media. Chris Anderson è

Uniti. Quando abbiamo cominciato Andrea si occupava del design e della vendite, io della comunicazione e del marketing, senza sapere in cosa tutte queste discipline consistessero davvero. Ora da Wood’d lavorano in sei

in un determinato periodo storico la caratterizzavano. Il

giornalista ed è stato direttore di Wired US dal 2001 al 2012. Il suo studio si concentra sulle nuove metodologie di produzione e fenomeni del Web applicati al mondo dei bricks and mortars.

persone, i ruoli sono divisi meglio e tutto prosegue nel

Concludo specificando che il discorso sulla produzione

verso giusto.

immateriale non è separato in maniera netta da quello

Ciò che studiavo in NABA innestava dentro di me dei ragionamenti sul rapporto che i new media avevano con le realtà di produzione come Wood’d e sulla manifattura in generale. L’utilizzo di una lasercutter, una specie di fresa

sulla produzione materiale. Uno sfuma nell’altro per poi tornare in sé stesso, esattamente nella maniera in cui le nostre vite si trovano a cavallo tra sistemi. Senza saper dire con esattezza dove ci troviamo in questo momento.

su due assi ma gestita da un computer, che ricadute ha sulle modalità di produzione materiale? e, nello stesso

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PARTE UNO: PRODUZIONE IMMATERIALE

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Brand come istituzione sociale #Brand #Socialità #Identita #Esperienze

Foto: Andreas Gursky

Non è un caso se Adam Arvidsson decide di aprire con una citazione da Breat Eston Ellis Brands: Meaning and value in media culture (2006). Il suo resoconto della vita degli “I’m wearing a lamb’s wool topcoat, a wool

jacket with wool flannel trousers, a cotton shirt, a cashmere V-neck sweater and a silk tie, all from

Armani. Evelyn’s wearing a cotton blouse by Dolce & Gabbana, suede shoes by Yves Saint Laurent, a

stenciled calf skirt by Adrian Landau with a suede

belt by Jill Stuart, Calvin Klein tights, Venetian glass earring by Frances Patiky Stein, and clasped in her

hand is a single white rose that I bought at a Korean deli before Carruthers’ limousine picked me up”. Bret Easton Ellis, American Psycho, 1991

yuppies newyorkesi negli anni 80 è stata probabilmente la prima manifestazione letteraria in cui i brand hanno coperto un ruolo fondamentale. I personaggi vengono definiti dai vestiti che indossano, dalla musica che ascoltano e dai libri che leggono. I brand danno voce ai personaggi, che nel corso della vicenda rimangono anonimi e distanti. Il racconto di Ellis definisce perfettamente il periodo in cui il brand abbandona gli spazi delle imprese per abbracciare quelli della società: “In the Unites States, yuppies, a relatively small but culturally significant elite, had cast off the last remain of the progressive heritage of the 1960s and 1970s, to devote themselves to consumption in the pursuit of the lifesyle and self-realization” (Bonner and du Gay, 1992). La devozione al consumo delle subculture americane degli anni 80 erano finalizzate alla definizione di un ambiente in cui l’individuo potesse costruire la

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propria identità e quella dei suoi simili, socializzando

Ciò a cui nella seconda metà del secolo scorso ci siamo

attorno al brand. Queste pratiche rappresenteranno

trovati di fronte è la diffusione esponenziale di questo

per il Brand Management il nuovo paradigma per la

processo, con la derivante crescita del valore immateriale

costruzione del valore. Anche se il brand ha una lunga

nei mercati finanziari. Se negli anni 80 il valore del brand

storia come ‘istituzione economica’, il ruolo centrale

poteva significare per un’azienda massimo il 20% del

di ciò che Arvidsson chiama ‘The social fabric’ è

proprio valore, nell’era del dot.com può arrivare fino

relativamente nuovo, e si sviluppa a partire dagli anni 80.

60%. Ciò di cui stiamo parlando, la brand value, risiede

“Brands now became something of an omnipresent tool by means of which identity, social relations and shared experience could be constructed. They were

spun into the social fabric as a ubiquitous medium for the construction of a common social world”

nell’attenzione del pubblico, ovvero ciò che gli individui pensano o fanno con un determinano brand, è ciò che risiede nella testa dei consumatori (Keller, 2001). Il compito del management diventa gestire questa esternalizzazione di competenze immateriali e riappropriarsene sotto forma di surplus valore. Per Celia Lury, professoressa

Adam Arvidsson, Brands: Meaning and value in media culture

dell’università di Warwick, il brand funziona da piattaforma che anticipa determinati tipi di azione e competenze. “The brand pre-structures the action; it enters in between consciousness and the act, so to say. What brand owners own is a particular predetermined frame of action,

Ciò che è successo è che negli anni la situazione descritta da Ellis si è espansa esponenzialmente, il brand è diventato uno degli strumenti di socializzazione per eccellenza e il ruolo del Management, ovvero di coloro che gestiscono il brand, è diventato quello di costruire ambienti in cui i consumatori possano socializzare, costruire amicizie e condividere idee attorno a brand come Macintosh e Nike. “I am an international student in Canada. I don’t

have much in my room, besides my eMac sitting on my desk, and, this is just enough. My eMac is the only furniture and decoration I need in my room.

I spend most of my time on my eMac to study and

a particular relation between ‘action and semiosis’, between what consumers do and what their action mean to them”. Per Rob Shields il brand non è niente meno che un ‘bene virtuale’ (virtual good), dove con virtuale intende qualcosa che non ha la tangibilità della vita reale ma che non si possa dire che non ne appartenga. Ciò che Celia Lury ha definito frame of action è quell’abilità del brand di attivare i consumatori, indirizzandoli verso direzioni particolari. Questa è la grande differenza con l’advertising tradizionale che, invece, tendeva a imporre gusti e bisogni ai consumatori. Il brand management che dagli anni 80 a oggi è in funzione lavora con la libertà dei consumatori, they say not You Must but You May (Barry, 2001).

get connected with my friends back home. When the girls come into my room, the first thing they usually say is: ‘wow, you use Apple?’, and they automatically

assume that I am a very cool guy that has a great taste, and things just get better and better…Thank you, my eMac, for making my life so much more colorful and exciting!”

Brand e Informational Capitalism In questo processo di valorizzazione della pubblica comunicazione

dei

consumatori

il

brand

diventa

incarnazione della logica de l’informational capital, ovvero

Chi, Canada, testimonial on Lovemarks, 31 October, 2004

In questo passaggio è implicitamente indicato il primo punto di collasso del sistema. Il consumatore non può più venire considerato come elemento finale e passivo dei processi produttivi, egli è attivo e utilizza i beni brandizzati per la propria costruzione identitaria. Chi è parte di una vasta community che attorno a Macintosh socializza, crea significati e conoscenze. Queste community dagli anni 80 hanno acquistato sempre più valore.

di un capitalismo centrato su una produzione immateriale, composta prevalentemente da informazione (viene anche chiamata digital capitalism o cognitive capitalism). Uno degli aspetti più significativi e già illustrati è la sfumatura di ruoli tra produttore e consumatore, rapporto fondamentale per le teorie della produzione industriale. Come Comaroff e Comaroff (2000) hanno illustrato le imprese non possono più essere considerate come gli unici spazi di produzione del valore. Piuttosto, i processi produttivi ora fanno affidamento ad appropriazione di processi che, fino a poco tempo prima, erano considerati parte del wasteful realm of consumption. In questo contesto, la più

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importante risorsa di valore diventa l’abilità di appropriarsi di un esternalizzazione. “The direct exploitation of labour is becoming less important as a source of profit and the private

exploitation of social knowledge is becoming more important”

Morris Suzuki, Capitalism in the computer age1997 Questo capitalismo informativo ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione di ciò che Maurizio Lazzaretto ha chiamato lavoro immateriale. Ovvero tutti quei processi finalizzati alla produzione di beni intangibili (estetici, emozionali, sociali) o alla riproduzione delle condizioni sociali necessarie al mantenimento di questo sistema.

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Il lavoro immateriale può essere praticato sia da membri interni all’impresa, e quindi essere salariato, oppure da membri esterni, solitamente facenti parte di comunità e gruppi online. L’attivazione del consumatore nei processi è tesa sempre a produrre nuove socialità e lo fa attraverso beni brandizzabili, perché il Brand, dice Arvidsson, rappresenta la pragmatica materializzazione dell’informational capital. Prima di tutto perché il Brand è di suo un oggetto immateriale, composto da informazione. Fa parte e si diffonde nell’ambiente e nella cultura dei media in cui avviene la nostra vita quotidiana. In Brands: Meaning and Value in Media Culture analizza questi aspetti da concetti chiave dell’economia e del management: Consumption, Marketing, e Brand Management.


Evoluzione delle pratiche di consumo #Consumption #SocialStudies #70s #Communities

Negli ultimi trenta anni abbiamo assistito ad una

Sostenere che il consumatore partecipi attivamente

crescita di interesse nei confronti del consumo,

alle pratiche di consumo non è cosa nuova, da più

fino ad allora considerato l’ultima fase dei processi

di trenta anni prodotti e servizi vengono utilizzati per

produttivi. Oggi è uno degli elementi di studio principali

costruire relazioni sociali, identità personali ed esperienze

dei social studies tanto da affermare che un’analisi

condivise. Per Bernard Cova l’utilizzo principali dei beni è

adeguata

debba

finalizzato alla costruzione del contesto stesso in cui questi

partire dai consumatori piuttosto che dai produttori.

verranno fruiti. Questo concetto è valido non soltanto per

del

capitalismo

contemporaneo

“It was only when the Cultural Studies tradition of

the 1970s had established that consumers are not ‘passive dopes’ of mass culture, but that they act,

resist and expertise creativity in their consumer practices, that consumption became an interesting area of study in its own right”

subculture come Gay (Kates, 1998), Cristiani (O’Guinn e Belk, 1989) e salutisti (Thompson and Troester, 2002) ma anche per gente comune il consumo è finalizzato alla produzione di community: ‘ordinary suburban Americans readily form communities around brands like Saab, Bronco or Macintosh’ (Muniz and O’Guinn, 2001). Le community

Adam Arvidsson, Brands: Meaning and value in media culture. 2006

sono investimenti all’interno della società,

mantenute tramite continue relazioni online e offline, caratterizzate da impegno e forte dedizione. Sempre secondo Muniz e O’Guinn ritenere queste pratiche di consumo dei semplici atti compensatori sarebbe riduttivo,

Apple TV Add, The Song

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ciò che emerge da queste pratiche è la creatività e la produttività dei consumatori, tesa a formare genuinamente aggregazioni di conoscenze e sistemi di condivisione. Le origini di queste pratiche, largamente diffuse dagli anni 70 agli anni 90, per poi esplodere nell’epoca del Web, nascono in America agli inizi degli anni 50. Donne appartenenti alla classe operaia cominciano a costruire la propria identità attraverso il rifiuto delle regole e delle mode della casse media di allora. Colori cangianti, accessori stravaganti e gonne corte erano i mezzi con cui le loro identità personali erano costruite (o il loro personal branding, come diremmo oggi). Nello stesso modo i dandy della working class infrangevano le regole dei ceti più agiati camminando per le strade di New York con capelli eccessivamente lunghi, cappelli a tesa larga, camicie con collo alzato, pantaloni stretti, cappotto sotto le ginocchia e un’infinità di accessori attorno al collo. Questo fenomeno è conosciuto come “The great sartorial renunciation”. In qualche modo il comportamento della società nei confronti di prodotti e servizi sembrava essere motivata da questioni politiche, i B-Hoys newyorkesi altro non erano che la reazione ad un invasione sempre maggiore di beni materiali. Il loro comportamento rappresentava una possibilità bottom-up per combattere l’alienazione dalle merci. “For the sub-cultures of the 1970s consumer agency

emerged as a response to lack of clear identity and social position, the becoming contingent on the content of action and sense-making”

Nel corso degli anni queste pratiche si sono evolute, la partecipazione attiva ai processi, oltre che alla costituzione di un ambiente in cui le informazioni potessero circolare e le identità venire definite, ha contribuito alla ridefinizione di intere categorie merceologiche. Le prime ad essere oggetto di questo cambiamento sono quelle di produzione immateriale, come musica e film. L’integrazione e la circolazione delle nuove pratiche di consumo, come ragazzi bianchi che sperimentano tramite tecnologie

Adam Arvidsson, Brands: Meaning and value in media culture

di registrazione con musica nera, hanno fatto rientrare l’industria discografica in quel ‘ecumene globale’ di cui parla Hannerz. L’underground ha prodotto linguaggi e pratiche che sono divenuti importanti per ogni tipo di industria creativa, dalla moda, all’ICT, alla pubblicità (Bertram Niessen,

Dall’underground al mainstream e

ritorno). I risultati di queste pratiche ‘underground’ sono state riappropriate e riutilizzate dal mercato mainstream. I prodotti vengono impiegati in modalità che non erano state pensate dai produttori, offrendo idee che in un secondo tempo verranno reintegrate nel mercato. La causa di questi fenomeni è la mediatizzazione dei beni di consumo e delle socialità. Con la diffusione dei media elettronici prima e dei new media dopo, le modalità in cui ci approcciamo ai prodotti e servizi sono cambiate radicalmente, rendendoci maggiormente attivi e partecipativi. L’industria musicale di quegli anni ne è uscita a testa alta perché ha saputo usare questa mediatizzazione dei prodotti e reincorporarne i risultato in nuove nicchie di mercato fino a prima ignorate.

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Mediatizzzione delle pratiche di consumo #Lifestyle #NewMedia #Branding

The Mini International, by Gestalten

“With television media culture became less

spectacular, and more mundane. Television provided Nulla nella storia ha giocato un impatto più elevato, se si parla di attivazione delle pratiche di consumo, della diffusione dei new media nella società. “New media would quickly render American culture more participatory

a sort of ambience for life; as Marshall McLuhan stressed, television would tend to present new

goods as natural parts of social processes, rather than as attributes of distant personalities, like the movie stars”.

and intimate, and help overcome the distance created by print technology and the ‘acting without reacting’

La televisione cominciò a funzionare come risorsa di

that it fostered” (Arvidsson). La visione di McLuhan

informazione piuttosto che che forma di evasione.

era profetica, aveva riconosciuto nei media elettronici

Ciò che il nuovo ambiente mediatico rese possibile fu

la possibilità di redenzione per quella distanza (acting

una maggiore diffusione di informazioni e conoscenze,

without reacting) tra produttore e consumatore. E così fu,

volte alla sperimentazione e ad un approccio interattivo

con l’impatto dei nuovi media la cultura americana diventò

con il brand, i programmi di cucina stimolarono una

più partecipativa, connessa e informata. Tutte quelle

rapida crescita di interesse verso nuovi stili culinario,

attività che prima erano eseguite solo da elite e gruppi

incoraggiando

avant garde, ora diventano di proprietà del mainstream.

mediatizzazione di queste pratiche aiutò la creazione

Il primo media a giocare un ruolo principale nella

di un ambiente composto da pura informazione,

ristrutturazione di questi processi è stato la televisione.

dove le risorse che da sempre furono ritenute private

l’imitazione

sperimentazione.

La

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cominciarono

pubblico,

per un secondo i colossi come Nike, Apple, Mini e

rappresentando la causa fondante dell’innovazione

a

concentriamoci su piccoli brand, quelli a cui mi devo

delle

relazionare se penso a Wood’d.

consumer

sperimentazione

diventare agencies attiva

delle

di e

dominio

incoraggiando informazioni

una

ricevute.

“A good middle class consumer was no longer simply someone who knew ho to act (or cook, or dress) the right way, but someone who was able to put the generally available resources of a highly mediated consumer culture to use in producing something creative, original, or at least personal” Featherstone, 1991; Firat and Schutz, 1997 Questa produzione di creatività di cui parlano Firat e Schutz è legata alla mediatizzazione delle pratiche di consumo, e la mediatizzazione è legata al concetto di lifestyle, citato più volte anche da Arvidsson. Per Adorno, media culture of advanced capitalism typically creates new “life-styles” to drive consumption of new commodities (Adorno, “Culture Industry Reconsidered” 1991). Il termine lifestyle denota un insieme di interessi,

Best Made Company (http://www.bestmadeco.com) è un brand di lifestyle americano, fondato nel 2009 da Peter Buchanan-smith, who saw a need for a better axe: an evocative tool that played and indispensable role in his life working on cattle farms and paddling and portaging the lakes of Northern Canada. Oggi Best Made Co propone una vastità di categorie merceologiche tra le più ampie. Asce, coltelli, coperte, gilet, kit da campeggio, cartine, bussole ma anche libri, riviste e ristampe di materiale d’archivio. Nessuno di chi compra Best Made spende per un’ascia a $240 perché ne ha bisogno, ma perché ne sposa completamente lo stile di vita. Il brand propone workshop di restauro per camping tools, oppure corsi di sopravvivenza tra e foreste americane. I loro magazine, gratuiti presso il loro monomarca a NY, sono finalizzati alla diffusione dei brand values a cui si ispirano. Quello che Best Made, come anche noi con Wood’d stiamo cercando di costruire è un’infrastruttura nel quale il

comportamenti, opinioni di un individuo, gruppo o cultura.

concetto di lifestyle si possa sviluppare, innestando

Se penso ai brand di successo a cui mi sono relazionato

del 2014 abbiamo organizzato il nostro primo workshop,

in questi anni sono tutti brand di lifestyle. Dimentichiamo

processi di imitazione e sperimentazione. Nel novembre a giugno del 2015 lanceremo il nostro magazine, Paper.

Best Made Co, New York

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Diffondendo i valori in cui stiamo investendo, come la

soggetti che stabiliscono relazioni con le imprese: il

convinzione che costruire un progetto in una maniera

sistema troverà un equilibrio grazie al societing passando

più partecipativa è possibile, e si può trovare in diversi

a una logica partecipativa nella distribuzione del valore

ambienti all’interno della società. Dal design del prodotto

aggiunto da tutti gli stakeholder (Bernard Cova, 2013).

alla cucina, dal turismo al publishing. Ciò che interessa, nello sviluppo di questa tesi, è la consapevolezza che questa valorizzazione di processi immateriali non avvenga solo all’interno dell’impresa, ma sia diffusa nella società. I new media, da 40 anni a questa parte, funzionano da infrastruttura produttiva che permette la creazione e la riproduzione dei contesti in cui avviene l’interazione tra chi produce e chi fruisce. Le nuove pratiche resero il comportamento dei consumatori meno prevedibile. Questo comportò la richiesta di nuove metodologie che

In poche parole, societing contiene la radice di società perché: 1- Non sono più i soli attori tradizionali di mercato - le imprese - ad agire; 2- Tutti possiamo agire sulla società, con azioni che hanno ricadute sul mercato. Le imprese come le comunità e le tribù di consumatori.

potessero produrre nuovi dati sullo stato del consumo e nuove teorie che permettessero la sua analisi. Se il marketing consiste nella gestione dei significati derivanti dal consumo, il management ha lo scopo di assicurare che i processi di produzione dei significati avvengono

Adam Arvidsson e Alex Giordano, Societing Reloaded: Pubblici Produttivi e innovazione sociale

nella giusta direzione, ed entrambi necessitavano di un radicale cambiamento.

Societing e Post-Modern Marketing Agli inizi degli anni 90 Bernard Cova, professore all’EuroMed di Marsiglia, assieme a Olivier Badot dell’ESCP Europe concepiscono il termine Societing, come insegna per chiamare a raccolta tutti coloro che non si riconoscevano nel marketing praticato fino allora. Nello stesso periodo all’università di Warwick (Inghilterra) Stephen Brown, in una conferenza dal titolo Rethinking Marketing, affrontava il grande cambiamento e la discontinuità dell’approccio dominante negli studi di marketing e del comportamento dei consumatori. La domanda che tutti gli studiosi si ponevano era la medesima: “Si può continuare a parlare di marketing quando l’azione (-ing) ricercata si sviluppa nella società e non solo sul mercato?” (Bernard Cova in “Societing Reloaded”, Egea 2013), ovvero l’impresa non è un semplice attore economico che si adatta al mercato, ma un attore sociale incastonato nel contesto sociale. Come sostiene Francesco Morace, presidente del Future Concept Lab, l’impresa, in ogni sua parte, mette nel mercato ma anche nella società un prodotto, un servizio, un brand, un’esperienza. Se l’impiego delle tecniche tradizionali del Marketing prediligono la figura del marketing manager, un approccio più ampio richiede l’attenzione non solo per il punto di vista delle imprese, ma anche per le istanze dei consumatori e di tutti quei

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Imprese come Network Sociali #Networking #OpenSourse #Collaboration

Adam Arvidsson e Alex Giordano, nel capitolo introduttivo

imprenditoriale a una nuova condizione produttiva.

di

situazione

Come successe per la mediatizzazione del consumo,

corporate italiana, riconosco la mancanza di un modello

la diffusione dell’ICT (information and communication

organizzativo e di una filosofia d’impresa capace di

technology) ha permesso una crescita esponenziale

capitalizzare le risorse finora indicate e di dare loro una

nella socializzazione dei processi produttivi. Il Web 2.0

direzione. I processi produttivi si svolgono sempre di più

è un sistema tenuto assieme da utenti quotidianamente

al di fuori delle fabbriche, coinvolgendo consumatori,

attivi, consumatori occupati nell’atto di produrre il

risorse comuni, comunità di innovazione, fornitori,

prodotto della propria fruizione. Ancora prima, il FLOSS

amatori, pubblici della rete. Le imprese diventano sempre

(Free/Libre Open Source Software) era, ed è, un

più aperte, si costituiscono sempre più come network

modello sostenuto dall’azione collaborativa di migliaia

sociali, comportando responsabilità e legami con esso.

di programmatori che assieme realizzano un prodotto

Societing significa costruire nuove relazioni produttive

complesso,

in grado di generare quella legittimità necessaria per il

Android e Linux sono alcuni dei centinaia di esempi si

funzionamento e competitività di un’impresa, ma anche

software opensource di successo, fino ad ora il contesto

accettare l’annullamento della contrapposizione, fino a

a cui meglio la produzione distribuita si è applicata.

Societing

Reloaded,

analizzando

la

poco tempo fa sostanziale, tra consumatore e produttore, così come tra impresa e contesto esterno. Per Arvidsson e Giordano il societing deve essere visto come la risposta

in

maniera

auto-organizzata.

Firefox,

Allo stesso tempo la cultura open si sta ben adattando ai settori di produzione materiale, l’open design è

Bre Pettis, Makerbot

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l’applicazione del sistema distributivo di Linux al mondo

del nostro quotidiano. Molte di queste innovazioni

delle cose reali. Designer, ingegneri, consumatori e amatori

sociali, tra cui alcune importanti innovazioni tecniche, in

collaborano nella produzione di progetti e idee. Il sistema

campo software e manifatturiero soprattutto, hanno la

distribuito nel design è strettamente legato al crollo dei

caratteristica di non essere il prodotto esclusivo di una

prezzi di nuove tecnologie di produzione come laser-

grande azienda, ma il frutto della creatività quotidiana di

cutter, stampanti 3D, controlli numerici e all’emergere di

piccole imprese, pubblici auto-organizzati e consumatori

comunità di makers, disposte a condividere saperi e spazi.

attivi. Le grandi aziende hanno capito le potenzialità di

La convinzione è che ciò cambierà radicalmente il mercato

questa innovazione socializzata, e cercano di catturarla

delle cose semplici, tra 10 anni una stampante 3D costerà

in sistemi di open innovation user-led design, ovvero

come una stampante a getto d’inchiostro oggi, e ognuno

un’innovazione tramite consumer users rather then

si potrà stampare i beni semplici di cui necessita. La

suppliers. Questa può influire sui processi di produzione

questione oggi è estremamente sensibile e conseguenza

materiale in scale di differente valore, dalla semplice

di determinismi tecnologici che tendono a diffondere un

customizzazione ad una riorganizzazione sistematica

eccesso di adorazione o odio per queste tecnologie, ma

dei processi. Questo traslamento delle barriere tra

ciò che non si può ignorare è la questione della produzione

impresa e società sta scombussolando i sistemi, dietro

del sapere, che non è più privilegio delle imprese, e fra

la passività delle strutture economiche e politiche del

poco non lo sarà più nemmeno la produzione materiale.

paese sembra emergere una nuova ondata di creatività

Questo farà pensare che non saranno neanche le imprese

ed energia, particolarmente fra le generazioni più giovani.

a trovare le soluzioni di cui abbiamo bisogno per superare

Queste Generazioni sono cresciute con internet e i

il difficile periodo di transizione che ci aspetta: verranno dal

social media come parte integrante della vita quotidiana

basso, da milioni di piccoli imprenditori, inventori, hacker e

e hanno visto lo sviluppo di nuovi modi di reperire

scienziati-amatori. Qual’è il ruolo dell’impresa in un simile

informazioni, di mettersi in contatto con altri e collaborare.

contesto? Il primo passo è riconoscere la natura sociale e

L’innovazione sociale è vissuta come un nuovo modo di

diffusa dei processi di creazione del valore. Brand come

fare impresa nel senso classico del termine, ovvero di

Arduino, Makerbot, RepRap condividono liberamente

intraprendere un progetto che fa la differenza. Queste

i disegni dei propri prodotti in rete, permettendo alla

generazioni mirano ad un’innovazione socializzata, che

propria community di scaricarli, modificarli, innovarli. In

crea nuovi saperi tecnici e organizzativi ma anche ad

questo modo le imprese si trovano al centro di un circuito

un’innovazione sociale, ossia un approccio pragmatico ai

di innovazione sociale che rende possibile una continua

problemi sociali, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie

evoluzione del prodotto. Inoltre, secondo Chris Anderson,

e nuove forme organizzative, dove l’organizzazione dal

storico direttore di Wired US, le persone nell’epoca della

basso convive con una socialità di rete e dove le stesse

conoscenza distribuita tendono a partecipare ai progetti

relazioni sociali diventano strumenti da mobilizzare

promettenti e quando quei progetti vengono condivisi, si

nell’attività imprenditoriale. Questo sistema per funzionare

mettono in comune automaticamente anche i contributi.

necessità che l’impresa effettui un incontro proficuo con

Quello che le imprese come Arduino ricevono è un

la società, contribuendo al processo di creazione del

feedback, oltre a un supporto sulla comunicazione e

valore e lavorando assieme ai suoi stakeholder per un

marketing. Accumulano inoltre un capitale sociale, una

oggettivo bene comune. Questo rappresenta un crollo

combinazione di reputazione e benevolenza che potranno

fondamentale tra ciò che separa i valori aziendali dai valori

usare a loro favore.

sociali, tra l’etica e l’azione economica. Sondaggi recenti

“Ci troviamo di fronte a una forma di partecipazione

attiva, democratica, volontaria e volenterosa degli stakeholder, in grado di imprimere un nuovo concetto di innovazione nei processi sin qui disegnati”.

Arvidsson e Giordano, Societing Reloaded, 2013 Se guardiamo alle più grandi innovazioni degli ultimi anni notiamo che sono state tutte innovazioni di carattere sociale. Facebook ha cambiato per sempre il modo in cui le persone si relazionano, iPhone ha unito una diversità di servizi in una sola piattaforma, diventando parte integrante

dimostrano che più del 60% dei consumatori in USA ha preso in considerazione di cambiare brand per motivi etici, ed esperienze di boicottaggio di prodotti o servizi da parte di gruppi e famiglie sono sempre più frequenti. Dagli anni 90 ad oggi gli investimenti in cause related marketing sono cresciuti del 500%, ed è ormai diffusa l’idea che un brand debba creare valore per assumere valore. Un sondaggio WWF sul consumo responsabile del 2009 afferma che “allineare i valori del brand con valori rilevanti per i consumatori (…) aumenta la rilevanza del brand, lo differenzia dai concorrenti, offre spunti per le campagne di comunicazione e riduce i rischi di danni alla reputazione”.

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Tecnificio. Stampomatica

Tecnificio. Stampomatica

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Il Ruolo della Reputazione #Reputazione #EthicalEconomy #Valorizzazione

La reputazione, nell’era della conoscenza e della

Ciò che questo comporta è un’ondata di produzione

produzione distribuita, copre un ruolo fondamentale. Da

immateriale da parte di tutti gli stakeholders del valore.

una parte per le aziende, in cui rappresenta la risorsa principale per la costruzione di un ambiente che permetta l’interazione tra le istanze dei consumatori e il brand, dall’altra parte per il pubblico, dove la reputazione è il risultato della valutazione che i membri di un gruppo operano per loro natura. Nell’ethical economy questa valutazione funziona da capitale. Un capitale etico e simbolico che permette agli appartenenti ad una comunità di mobilitare altri individui alla partecipazione di un progetto. La reputazione può anche essere monetizzata, ovvero trasformata nell’elemento cruciale

“In tali circostanze emerge con grande evidenza come ogni pubblico sia una larga associazione di estranei con un interesse in comune. I pubblici creano valore comunicando le loro opzioni riguardo un brand o un’impresa, esercitando un impatto tangibile sul valore economico dell’impresa stessa” Arvidsson e Giordano in Societing Reloaded, 2013

nel determinare l’accesso a opportunità professionali. Nei pubblici produttivi le capacità e il valore economico sono direttamente proporzionali e costituiscono i mattoni

La costruzione di questo ambiente di valorizzazione è una

fondanti dell’ethical economy. Questa reputazione, a

delle questioni più complicate che con Wood’d ci troviamo

livello macro, rappresenta il brand dei pubblici produttivi.

ad affrontare. Non è un qualcosa che costruisci a tavolino

È ciò che li rende appetibili, desiderabili e ne definisce il

e soprattutto non risponde solo delle tue azioni, ma di

loro funzionamento, un brand forte rinforza l’ethos di un

quelle di tutti gli stakeholders. Oltre ad operazioni che

pubblico e rende più semplici la cooperazione e la fiducia,

ormai sono rientrate nelle procedure standard del digital

poiché i membri sentono di avere qualcosa in comune.

marketing, come la creazione di contenuto da parte dei

Progetti come Arduino e Makerbot decidono di pubblicare

consumatori di immagini, video o, più in generale, materiale

i disegni delle proprie schede e prodotti in creative

multimediale, crediamo che una maggiore diffusione delle

commons, in modo da permettere alla community di

conoscenze riguardante i processi possano valorizzare il

svilupparli e miglioragli. Chris Anderson e la sua azienda

lato esperenziale dei nostri prodotti. Quando nell’ottobre

produttrice di droni 3D Robotycs utilizza lo stesso sistema

del 2014 abbiamo cominciato a progettare il Workshop

di condivisione di Arduino, stabilendo una “gerarchia delle

che si sarebbe tenuto il 22 e 23 novembre nei nostri

ricompense” per gli utenti più attivi, e le modalità con cui

laboratori, eravamo agitati. Io e Andrea eravamo i primi

i pubblici motivano le persone è direttamente collegato

ad aver bisogno di una sistematizzazione delle nostre

alle economie di reputazione con cui essi operano.

conoscenze per poterle trasmettere ad altri. E è stato necessario fermarsi e pensare a quali competenze

L’abilità di tutte queste imprese, siano di servizi o di

avevamo acquisito nei tre anni di vita di Wood’d. Il

beni, risiede nella capacità di creare e organizzare

risultato è stato inaspettato, erano molte di più di quelle

un ambiente in cui la comunicazione e lo scambio di

che ci aspettavamo. Il Workshop è stato un successo,

conoscenze, skill e punti di vista possano diffondersi.

il fine che ci eravamo imposti, ovvero che i partecipanti

Ciò significa rendere la conoscenza, i dati e informazioni

riuscissero ad auto-costruirsi un prodotto in appena due

pubblicamente accessibili, significa aprire le porte della

giorni è stato raggiunto (learn the basics of lasercut wood

propria impresa. La valorizzazione della conoscenza

manufacture and transform your ideas into products in

si crea quando questi aspetti della società circolano

two days). Ora il progetto dei workshop è cresciuto, ne

e vengono riprodotti al di fuori delle organizzazioni, in

organizziamo di tre tipi: 1) Manufacturing Workshops; 2)

modo da renderli discutibili, modificali e comunicabili.

Communication Workshops; 3) Kids Workshops.

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L’obiettivo è quello di formattare il sistema in modo di organizzare 5 workshop l’anno, e di stimolare un dialogo che permei sia ambienti online che offline. Per questo è stata creata una piattaforma, insidewoodd.com, che vuole funzionare da contenitore e diffusore di esperienze, mostrando i risultati dei workshop, ma anche mostrare attraverso dei brevi how-to quali sono le competenze base per parteciparvi. Ci sarà una sezione in cui verrà chiesto ad altri di creare e curare contenuti, in modo da avere materiale sempre aggiornato.

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“Inside Wood’d is an open dialogue about branding, digital manufacturing and “making goods” in a

better, more participatory way. It is curated by the people behind Wood’d, Italian lifestyle brand of

wooden accessories. The idea rises from the need of a spreadable knowledge, from the idea that nice projects need to be experienced in order to maximize their meanings”

www.insidewoodd.com


Socializzazione della Produzione #Brand #Customizzazione #Pubblico

Black Lapel. Online Custom Suits and Shirt.

Durante questo processo di valorizzazione, diventa

scaricare i tecnici del proprio arredamento su siti come

fondamentale sfruttare le capacità del pubblico di

opendesk.cc, per poi realizzarlo nel fablab più vicino.

organizzare processi di produzione materiali e immateriali,

L’unica cosa che serve, come piace sottolineare a Chris

coinvolgendo le istanze dei consumatori. È un trend

Anderson, è una connessione ad internet e una carta di

che va diffondendosi sempre di più, in questo modo

credito, che ti permette l’accesso a servizi di produzione

l’impresa si trasforma da entità monolitica, insensibile,

locali. Quello che questa visione dei prossimi anni non

in una comunità produttiva tenuta assieme da un ethos

considera è che varrà comunque la pena comprare

comune. Ma per fare sì che l’azione e condivisione da

prodotti

parte del pubblico funzioni, l’impresa deve godere della

Come LEGO con Digital Designer Cad e Bionicle. Digital

fiducia dei co-produttori, che partecipano a loro spese

Designer CAD ti permette di personalizzare ogni aspetto

alla valorizzazione del processo branded. Cosa deve

dei celebri mattoncini, creando un progetto su schermo

fare un’impresa che vuole stare al passo con questi

che verrà poi caricato su un service che lo trasforma in

cambiamenti? Partire dalla valorizzazione delle sue risorse

un kit personalizzato, spedito direttamente a casa tua.

organizzative. Tra dieci anni strumenti di progettazione e

E se il disegno realizzato ha successo, ovvero se altri

prototipazione desktop permetteranno a ogni genitore di

lo acquistano dalla piattaforma, il disegnatore riceverà

produrre i giocattoli per i propri figli, scaricando il disegno

una percentuale sui ricavi. Lego Bionicle è invece una

online e producendolo con la stampante 3D di casa, che

piattaforma on-line che permette di comunicare interessi,

nel frattempo avrà subito un abbassamento dei costi

gusti estetici e utilizzi per creare idee e innovazione riguardo

importante.Oppure ogni appassionato di design potrà

la linea “Cyber” della casa danese. Stagionalmente queste

brandizzati

che

propongono

innovazione.

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idee vengono reinnestate da parte di Lego nella produzione

tecnologie nella vita quotidiana. “È evidente che ci troviamo

dei propri giochi. Nello stesso tempo, anche se sarà

oggi in un contesto caratterizzato da media sempre

possibile scaricare i disegni del proprio arredamento su

più personal che strutturano e rendono operativa una

piattaforme di open design, varrà comunque la pena

dimensione multilife in cui viviamo contemporaneamente

andare da IKEA, dove tutto è semplificato e offre un flusso

online e offline” (Castells, 1996). La nostra società ha

esperenziale sempre aggiornato. Quello che queste

sempre di più le sembianze di uno schema di rete, e il

imprese mettono in campo è la valorizzazione delle loro

Web 2.0 ha giocato un ruolo fondamentale in questo, fino

risorse immateriali, innestando processi di attivazione

a far cedere quasi totalmente il confine esperenziale tra

da parte di tutti gli stakeholders e puntando su questo

online e offline. In questo ambiente di sperimentazione,

la loro competitività. Molte aziende della moda e del

il pubblico si impossessa degli strumenti per diventare

lusso come Nike, Adidas, New Balance, Louis Vuitton

designer di sé stesso, trovando soluzioni innovative per il

e Burberry lavorano sulla valorizzazione immateriale

miglioramento della propria situazione. Gli unici elementi di

tramite l’implemento di piattaforme Web, che permettono

cui necessita è un assortimento di strumenti e conoscenze

la customizzazione dei loro prodotti. Per alcuni questo

di supporto che lo aiutino a innescare processi innovativi.

cambiamento potrebbe passare per inosservato, per

Gli intermediari sono rivenditori di materie prime che si

altri sembrare una tradizionale strategia marketing,

trasformano in imprese di servizio, aziende che aprono

ma necessita di una totale ristrutturazione dei processi

i cancelli dei propri laboratori per diffondere il proprio

produttivi di un’azienda. La produzione non è un processo

know-how o, più in generale, tutti quegli assemblatori

lineare che ha come punto di arrivo il consumatore. Ma,

dell’economia della conoscenza. I saperi tornano ad

riorganizzatasi attorno a lui, assume le forme e la flessibilità

essere decentralizzati, fuori dalle istituzioni permeando

più vicine al laboratorio artigianale che alla grande industria.

ambienti online e offline.

Ognuno di questi casi è caratterizzato dalla centralità dell’informazione, dovuta alla pervasività delle nuove

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Network Society #Wired #DigitalFabbrication #IOT

La responsabilità di imprese e istituzioni è mantenere questo sistema sostenibile e funzionante valorizzando tutte queste operazioni di crowd-sourcing (da crowd, folla e outsourcing, esternalizzazione di una parte delle proprie attività), ovvero un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, oggetto o idea ad un insieme indefinito di persone non organizzate precedentemente. Questo processo viene facilitato dagli strumenti che internet mette a disposizione e dalla socialità che lo caratterizza. Per Barry Wellman, docente all’Università di Toronto, il capitale partecipativo di queste operazioni è destinato nei prossimi anni a permeare in maniera massiva anche il mondo delle cose reali, utilizzando internet e i social media oltre che come luogo di spontanea nascita di conversazione, anche come strumento per potenziare iniziative offline. “Ecco la storia di vent’anni di innovazione in due frasi: negli ultimi dieci anni abbiamo scoperto

nuovi modi per creare, inventare e lavorare insieme sul web. Nei prossimi dieci anni ciò che abbiamo imparato verra applicato al mondo reali”

Chris Anderson, Makers: il ritorno dei produttori, 2009

Quando si parla di fenomeni web applicati alla vita reale, il lavoro di Anderson risulta perfetto. Con una visione estremamente ottimista, i suoi pensieri non sembrano cadere mai in nessun tipo di determinismo. Per quanto il Web sia meraviglioso, dice Anderson, non si può paragonare al mondo reale. Nè dal punto di vista economico, né per il posto che occupa nella nostra vita. Il commercio on-line rappresenta poco più del 10% della totalità di vendite negli stati uniti, e la rivoluzione digitale è stata rilegata per la maggior parte sugli schermi dei nostri computer. I beni materiali con cui quotidianamente interagiamo, sono prodotti da un’economia manifatturiera in continua evoluzione se non per un aspetto: è sempre relegata negli spazi delle aziende, a causa dei costi necessari per attrezzature e accesso alle conoscenze. Secondo Anderson tutto ciò sta per cambiare.

Chris Anderson

L’innovazione tecnologica nella produzione manifatturiera sta sconvolgendo interi settori. La produzione di oggetti sta diventano digitale, i beni materiali prendono vita come disegni su uno schermo. La storia degli ultimi 50 anni e dei personal computer ci dimostra come un settore, quando diventa digitale, cambia in maniera profonda. E se questo cambiamento, viene dato in mani a molti, il risultato cresce esponenzialmente. Oggi chiunque sia in possesso di un personal computer e di un’idea da realizzare può inviare i suoi file ad un service esterno che produce l’oggetto in qualsiasi quantità. Questo è ciò che significa riorganizzazione dei sistemi produttivi. Nello stesso tempo, con la crescita dell’interesse per le tecnologie di produzione digitale, si è manifestata la nascita di impianti di produzione condivisi, pubblici e privati, attrezzati con macchinari e finalizzati allo scambio di conoscenze ed esperienze. L’aspetto interessante di queste tecnologie è che non sono sospese in dimensioni virtuali senza uno spazio, ma sono fortemente legate ad una dimensione locale e , di conseguenza, alla dimensione sociale ad essa inerente.

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disegni su uno schermo. La storia degli ultimi 50 anni e dei personal computer ci dimostra come un settore, quando diventa digitale, cambia in maniera profonda. E se questo cambiamento, viene dato in mani a molti, il risultato cresce esponenzialmente. Oggi chiunque sia in possesso di un personal computer e di un’idea da realizzare può inviare i suoi file ad un service esterno che produce l’oggetto in qualsiasi quantità. Questo è ciò che significa riorganizzazione dei sistemi produttivi. Nello stesso tempo, con la crescita dell’interesse per le tecnologie di produzione digitale, si è manifestata la nascita di impianti di produzione condivisi, pubblici e privati, attrezzati con macchinari e finalizzati allo scambio di conoscenze ed esperienze. L’aspetto interessante di queste tecnologie è che non sono sospese in dimensioni virtuali senza uno spazio, ma sono fortemente legate ad una dimensione locale e , di conseguenza, alla dimensione sociale ad essa inerente. Questi spazi si stanno moltiplicando molto velocemente, e ne esistono di vari tipi. Dipendentemente dal modello che hanno deciso di perseguire.

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PARTE DUE: PRODUZIONE MATERIALE

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Impianti di produzione condivisi #Fablab #Workshop #Education

Fab House Barcellona

William

J

Mitchell,

professore

del

Massachusetts

Institute of Technology, propose di spostare la ricerca

base comunitaria, senza l’intervento di organizzazioni

sull’innovazione sociale da un contesto virtuale ad uno

o imprese, possiedono strumentazioni (spesso auto-

locale. Un luogo dove designer, ricercatori e utenti

costruite) per lo sviluppo hardware e software, messi a

potessero testare prodotti e servizi tramite sperimentazioni

disposizione dei membri. La loro indipendenza da fonti

collettive. I primi Living Labs comparvero negli stati uniti

istituzionali li rende fortemente politicizzati e legati alle

nel 2006 per poi diffondersi rapidamente. Attualmente

scene hacking e alternative locali. Tra i più famosi ci sono

solo in Europa sono più 250, in Italia nel momento in cui

NYC Resistor a New York, Noisebridge a San Francisco,

scrivo sono più di 30. Questi laboratori non sono quasi mai

C-Base a Berlino e Metalab a Vienna.

dotati di sistemi di fabbricazione o manifattura digitale, il loro obbiettivo è creare un ambiente culturale favorevole all’innovazione. Organizzano workshop, laboratori sul tema dell’open innovation, consumer empowerment e bottom-up culture. Il ruolo dei Living lab è quello di mediatori di conoscenza dei processi di open innovation, e l’interazione è sempre tra l’utente e quelle imprese che sono in grado si sviluppare e distribuire prodotti e servizi nella società.

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Gli Hackerspace o Makerspace sono spazi gestiti su

I Tech-shop sono una catena di spazi for profit fondati

nel 2006 a Menlo Park, California. Lo spazio dispone delle tecnologie necessarie alla digital fabrication (lasercutter, CNC, Stampanti 3D) e di personale specializzato. L’accesso ai laboratori è fornito dietro il pagamento di un iscrizione. Un modello simile è perseguito da Sewing Café, spazi for profit volti ad innovare il settore moda. I macchinari vanno dai laser-cutter alle macchine da cucire a controllo numerico. Anche di questi ne esistono in


tutto il mondo, i principali sono a Boston, Berlino, Parigi

FabLab Charter e che si partecipi con la rete mondiale

e Melbourne.

dei FabLab, condividendo esperienze e conoscenze.

Pur essendo spazi for profit, lo scopo

principale è dato dalla forte collaborazione tra utenti e lo spirito comunitario che si respira.

Un ultimo modello, che stiamo perseguendo con

Il modello che, specialmente in Europa, sta riscuotendo

della conoscenza, organizzando momenti di workshop e

Wood’d, è il brand che si comporta da ambasciatore

più successo è il FabLab (Digital Fabrication o Fabbing

laboratori aperti al pubblico. Quando abbiamo pubblicato

Laboratory). Rispetto agli Hackerspace sono molto più

su eventbrite.com l’application per partecipare al nostro

coordinati e, seppure legati alle esigenze culturali locali,

primo workshop, pensavamo che con fatica avremmo

costruiscono una forte rete tra di loro. Il modello di business

raggiunto i dieci partecipanti. Il nostro laboratorio si trova

è misto, unendo momenti liberi con servizi a pagamento.

ad Arconate, un piccolo paese in una zona industriale

Nati presso il Center for Bits and Atoms, l’ideatore è Neil

a trenta chilometri da Milano, scomodo da raggiungere

Gershenfeld, docente del MIT. I fablab vengono promossi

per il target a cui Wood’d e il workshop si riferisce,

come spazi dove è possibile produrre (quasi) tutto,

ragazzi tra i 20 e i 30 della classe creativa che abita nelle

“How to make (almost) anything”, ma la scommessa sta

grandi città. In meno di tre ore abbiamo raggiunto i dieci

nel ragionare su come sia possibile produrre manufatti

partecipanti, ovvero il numero massimo che ritenevamo

partendo da pura informazione. La logica collaborativa

adeguato per raggiungere gli obiettivi del workshop. Ai

gioca un ruolo fondamentale in questi spazi. Rispetto ai

partecipanti erano richieste competenze base in software

Living Labs le imprese e organizzazioni coprono un ruolo

di progettazione 2D, come CAD o Adobe Illustrator, e noi

minore, e rispetto ai Tech-shop non si limitano ad offrire

assicuravamo che in due giorni di lavoro assieme ognuno

servizi, da questo aspetto si può scorgere l’influenza

sarebbe riuscito a progettare e realizzare la propria idea.

del MIT e del contesto accademico: i FabLab pongono

Il programma era il seguente: la mattina del primo giorno

l’accento sull’apprendimento collaborativo. Dal primo

education sul materiale e sui processi di lavorazione,

FabLab fondato più di dieci anni fa ne sono sorti centinaia,

nel caso specifico legno compensato o multistrato e

da San Paolo a Lima, da Helsinki a Siviglia. Le condizioni

lasercutter. Il pomeriggio era destinato alla progettazione,

per poter utilizzare il marchio FabLab richiedono che sia

ovvero i partecipanti, assieme a noi, potevano decidere

garantito l’accesso libero, che si concordi con i principi

cosa sarebbero andati a costruirsi nel giornata seguente.

Fab House Barcellona

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Molti dei partecipanti decisero di lavorare su delle cover in legno disegnate da loro, perché volevano vivere in prima persona come si svolgeva il lavoro nel nostro laboratorio. Altri partecipanti progettarono delle piccole abat-jour di multistrato tagliato a laser. Il secondo giorno riuscimmo a produrre tutti i progetti dei partecipanti. C’è un progetto in particolare di cui mi sento di parlare. Valentina Ferioli, grafica di Milano, ha progettato una cover utilizzando più essenze di legno intarsiate, formando il lettering di una V, molto attuale e graficamente valido. Attualmente stiamo studiando con Valentina un modo per poter progettare assieme le ventisei lettere dell’alfabeto e venderle sul nostro e-commerce. Riconoscendo la forza di questi strumenti, agli inizi del 2012 l’amministrazione Obama ha lanciato un programma per aprire nei prossimi quattro anni un migliaio di makerspace nelle scuole americane, attrezzati con strumenti di digital fabrication software e hardware. Si tratta di un ritorno dei laboratori di classe, ma questa volta adattati all’era del

delle scuole dei laboratori con tecnologie legate al mondo del digital manufacturing come le frese a

controllo numerico, le macchine per il taglio laser, e diversi tipi di stampanti 3d. Un kit base, cui di volta in

volta le scuole aggiungeranno una serie di macchine legate alla tipologia dei loro corsi. Ad esempio, le

Canossiane di Trento useranno maggiormente le

macchine di taglio laser per lavorare i tessuti, mentre

altre scuole che sono più interessate al tema della robotica investiranno più su Arduino».

Stefano Micelli su Linkiesta.it Lo scopo di Micelli è quello di ribaltare la convinzione per cui nelle scuole il laboratorio debba essere considerato un’attività marginale, innovando due fattori fondamentali. Per definizione i FabLab sono organizzazioni aperte alla famiglia e alla cittadinanza, mentre le scuole sono mondi sconosciuti alle imprese e a chi non ha figli. Fondazione

web.

Nord Est vuole riportare la cittadinanza dentro le scuole.

“The new Makerspace program, developed by Dale

territoriali, investendo sull’innovazione tecnologica e un

Il progetto vuole cambiare faccia al futuro delle economie

Dougherty of MAKE and Dr. Saul Griffith of Otherlab,

will integrate online tools for design and collaboration

with low-cost options for physical workspaces where students may access educational support to gain practical hands-on experience with new technologies

and innovative processes to design and build projects. The program has a goal of reaching 1000

high schools over four years, starting with a pilot program of 10 high schools in California during the 2012-2013 school year.”

Dale Dougherty on makezine.com Secondo Regina Dugan, direttore del DARPA, uno dei problemi più grossi che le nazioni oggi devono affrontare, è il loro rapporto con la manifattura e la loro abilità nel saper fare. L’obiettivo è quello di costruire e insegnare la prossima generazioni di imprenditori designer, fortemente interconnessi e consapevoli ai processi. Proposte simili le stiamo sviluppando anche in Italia. Stefano Micelli, docente di Economia e Gestione delle Imprese e autore di futuro Artigiano, assieme alla Fondazione Nord Est sta lanciando un progetto per dotare di un FabLab una serie di istituti professionali di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.

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«L’idea di fondo è quella di mettere a disposizione

nuovo modello di imprenditorialità e artigianalità.


First Wood’d Workshop

First Wood’d Workshop

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First Wood’d Workshop

First Wood’d Workshop

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Tecnificio. Stampomatica

First Wood’d Workshop

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First Wood’d Workshop

First Wood’d Workshop

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Makers: il Ritorno dei Produttori #Makers #Fabbing #Enterpreneurship

Questa proliferazione di spazi, che democratizzano tecnologie di informazione e manifatturiere, comportano un importante crollo delle barriere che impediscono a chiunque di creare i propri prodotti e servizi, spostando l’attenzione da cambiamento culturale a cambiamento economico. “A mano a mano che l’istinto imprenditoriale si fa strada e gli hobby diventano piccole aziende, il Movimento dei Makers sta iniziando a cambiare l’industria” (Chris Anderson, Makers: il ritorno dei produttori), innovando non solo metodi di produzione, ma anche di distribuzione e finanziamento. Migliaia di progetti di individui singoli o piccole imprese hanno raccolto fondi su siti di crowdfunding. Mentre scrivo su Kickstarter sono stati finanziati 76.783 progetti, raccogliendo 1,463,608,768 di dollari (sul sito è possibile consultare live i dati aggiornati https://www.kickstarter.com/help/ stats). Le maggiori società del mondo del design stanno re-inventando prodotti e servizi per il mercato dei piccoli produttori indipendenti. Autodesk, Adobe, 3D Systems e Google hanno rilasciato software di progettazione gratuiti, insieme a servizi che permettono l’upload immediato del progetto, collegandoli direttamente a dei service di digital manufacturing. Come è successo una generazione fa a IBM, che è passata dai mainframe aziendali ai personal computer, si stanno accorgendo che il futuro sta nella gente normale. Stanno virando dai professionisti alle persone comuni. In Makers Chris Anderson cerca di definire in alcuni punti questa nuova ondata di produttori. Per prima cosa utilizzano strumenti digitali, progettano su computer e in misura sempre maggiore utilizzando dispositivi di fabbricazione desktop. Sono la generazione del Web che si affaccia al mondo delle cose reali, la dimostrazione di quello che l’effetto di rete ci ha insegnato, quando si connettete le persone e le idee, esse crescono.

Queste caratteristiche possono essere descritte in tre punti: 1- Persone che usano strumenti digitali desktop per creare progetti per nuovi prodotti e realizzare prototipi; 2- Una norma culturale che prevede di condividere i progetti e collaborare con gli altri in community online; 3- L’utilizzo di file di progetto standard che consente a chiunque, se lo desidera, di mandare i propri progetti a service di produzione commerciale per essere realizzati in qualsiasi quantità, in modo altrettanto facile a realizzarli sulla propria scrivania. Ciò riduce drasticamente il percorso dall’idea all’imprenditorialità, proprio come il web ha fatto in materia di software, informazione e contenuti. Chris Anderson, Makers: il Ritorno dei Produttori

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Questi sono i punti da cui necessita partire, secondo Anderson, una valida manifattura nazionale. Perché circa un quarto dell’economia statunitense consiste nella produzione di beni materiali, e se si considera anche la loro distribuzione e vendita si parla di circa tre quarti dell’economia. Anche se i nostri rapporti sociali vengono sviluppati online, le nostre esistenze commerciali risiedono nel mondo reale del brick and mortar (malta e mattoni), ed è questo che bisogna innovare. Nella visione descritta da Anderson ogni passaggio della supply chain è controllabile tramite gli strumenti digitali. Una volta che avete creato qualcosa con un programma CAD, potete scegliere la “Stampa Locale” (direttamente sulla vostra CNC) oppure la “Stampa Globale” (mandarlo a un service che possa produrlo in qualsiasi quantità). Unica differenza: la stampa globale genera un addebito sulla tua carta di credito o una fattura. “Questa capacità - produrre “locale o globale” - è un

enorme vantaggio; l’opzione comprime tre secoli di

rivoluzione industriale in un singolo click del mouse. Se Karl Marx fosse tra noi oggi, resterebbe a bocca

aperta. Parliamo di controllo dei mezzi di produzione:

voi oggi potete mettere in funzione fabbriche con

un click del mouse. La distinzione tra imprenditore e appassionato è stata ridotta a un’opzione del software.”

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La Coda Lunga delle Cose #Nicchie #Mercati #Eterogeneità

Kevin Spencer. Mini Designer Chairs

Quando

all’inizio

del

secolo

scorso

internet

ha

Il mass market della cultura si è trasformato in una coda

democratizzato l’editoria, il settore radiotelevisivo e le tele-

lunga di micro-mercati, permettendo l’accesso e la

comunicazioni, la conseguenza è stata un incremento

distribuzione a prodotti di nicchia.

esponenziale della partecipazione e del numero di partecipanti. Nel suo primo libro, La Coda Lunga, Chris Anderson parla proprio di questo, dell’orientamento

Come sempre, la stessa cosa sta accadendo anche alla manifattura, la coda lunga dei bit si sta trasformando nella

culturale verso i prodotti di nicchia nella cultura digitale.

coda lunga delle cose. Internet ha allungato anche le code

“Per quasi tutto il secolo scorso, la sovrabbondanza

ha fatto rivoluzionando la distribuzione. I limiti alla scelta del

e l’eterogeneità che caratterizzavano naturalmente prodotti come la musica registrata, i film e i libri sono state nascoste dalla limitata ‘capacità di supporto’

dei sistemi distributivi tradizionali: punti vendita, canali radiotelevisivi e cineplex. Ma nel momento in cui questi prodotti si sono resi disponibili sui

mercati digitali che offrivano uno spazio espositivo,

dei mercati fisici su cui si vendono i beni di consumo, e lo XX secolo si basavano su tre colli di bottiglia del sistema distributivo. Sul mercato si potevano acquistare solo i prodotti che rispondevano a queste condizioni: 1- Erano abbastanza popolari da giustificarne la fabbricazione; 2Erano abbastanza popolari da giustificarne la tenuta in assortimento da parte dei rivenditori al dettaglio; 3- Erano abbastanza popolari da essere facilmente reperibili per il

per così dire, illimitato, la domanda si è modificata

consumatore.

successo”.

Le capacità del Web di sfruttare la “domanda latente”,

di conseguenza: era finito il monopolio del grande

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ovvero quei prodotti che localmente non sono abbastanza

newyorkesi, producono cioccolato nei loro laboratori di

popolari da giustificarne la distribuzione e tenuta in

Brooklyn e fanno a gara con altri produttori di cioccolato

assortimento nei punti vendita fisici, ha aiutato i produttori

per avere la supply chain più ampia e più etica. Fate

a trovare mercati per articoli che altrimenti non avrebbero

bene a dire che la vostra produzione è “biologica” e

potuto superare il test della produzione tradizionale. Ma la

che praticate il “commercio equo e solidale”, ma partite

più grande innovazione del Web non sta nella più ampia

veramente dai semi? Li acquistate veramente in Ghana? E

possibilità di scelta e distribuzione, ma nella possibilità di

conoscete i nomi dei vostri raccoglitori? Per chi si occupa

produrre articoli che altri possono acquistare. Inizialmente

di queste cose, è difficile battere gli artigiani nella cura

questo significava una produzione amatoriale e immateriale

ossessiva per quello che fanno. Questi prodotti, finalizzati

rappresentata dallo user generated content. Adesso sta

a differenziare i potenziali acquirenti, impongono prezzi

succedendo la stessa cosa con i beni fisici. Le stampanti

più elevati. Ma le persone a cui si rivolgono sono disposte

3D e altri strumenti di prototipazione sono l’equivalente

quasi sempre a pagare di più per il privilegio di essere

di videocamere e strumenti di editing digitale e le aziende

così raffinate. I.Materialize, società di progettazione,

di tutto il mondo si stanno aprendo all’esterno, offrendo

chiama questa caratteristica “il potere dell’unicità”.

il web-based manufacturing come servizio a chiunque abbia un progetto digitale e una carta di credito.

Quando nel 2012, io e Andrea abbiamo cominciato a

Anderson vede in questo fenomeno la rivincita delle

Anderson e le comunità di Makers/Crafters. Abbiamo

idee, che consente ad una nuova categoria di ideatori

avuto la fortuna di essere cresciuti all’interno di una

di entrare nell’industria, trasformando il proprio prototipo

realtà di produzione. L’azienda di famiglia produce articoli

in un prodotto finito, senza doversi costruire un’azienda.

casalinghi in legno dagli anni 60, e lo fa nel più tradizionali

Questo fenomeno associa l’industria al concetto di

dei modi. Frese, trapani a colonna, scontornartici

server farm, rendendo le supply chain indipendenti

producono ogni anno migliaia tra taglieri, mestoli,

dalla dimensione fisica, in grado di servire il piccolo e il

forchette, appendi abiti destinati alla CGO. Questo ci ha

grande imprenditore, l’inventore che lavora in un garage

trasmesso automatizzate delle conoscenze e delle skill sul

e Samsung. Eric Ries, autore di The Lean Startup

materiale, sulle sue complessità e sui metodi di produzioni.

scrive: “Ciò che conta non è più la proprietà dei mezzi di

Ma quando a Gennaio del 2012 abbiamo cominciato a

produzione. È la possibilità di prendere in affitto i mezzi

progettare la nostra collezione di skin per iPhone, i metodi

di produzione. Le catene logistiche aperte rappresentano

di produzione dell’azienda famigliare non rispettavano le

oggi ciò che il web publishing e l’e-commerce hanno

nostre esigenze. Per rendere una linea di produzione delle

rappresentato una decina di anni fa. Il Web, da Amazon

nostre skin economicamente sostenibile avevamo bisogno

a Ebay, ha fatto emergere una coda lunga di domanda di

di produrre migliaia di pezzi. Così abbiamo pensato di

prodotti fisici di nicchia; oggi gli strumenti democratizzati

appoggiarci a servizi esterni di manifattura digitale, che

di produzione stanno facendo emergere anche una coda

con un costo orario fisso ci permetteva il noleggio di una

lunga di offerta.

laser-cutter, in modo da poter produrre le poche decine di

Da una parte la coda lunga di offerta è sempre esistita, dall’altra internet ne ha amplificato la misura. Il mese scorso ho comprato in un mercatino dell’usato una macchina da scrivere che Olivetti non produce più dal 1936, dopo una ricerca nel Web ho trovato tutti i pezzi di ricambio per renderla funzionante su siti superspecializzati, di cui alcuni sono piccole componenti costruite artigianalmente negli ultimi anni, l’ascesa del movimento artigianale su internet ha creato una vasta domanda di articoli ultraspecialistici. Sul Web è facilissimo trovare produttori artigianali di successo, strettamente legati al territorio e ad una produzione locale, ma distribuiti globalmente tramite internet, che in seguito gli ha permesso l’accesso nei grandi department stores e rivenditori al dettaglio. Mast Brothers è un marchio fondato da due fratelli

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pensare a Wood’d, non conoscevamo il lavoro di Chris

pezzi che ci servivano per presentare la nostra collezione al Macef di Milano, il gennaio dello stesso anno. Per tutto il 2012 abbiamo lavorato, noleggiando i mezzi di produzione, e vendendo nel nostro canale di distribuzione principale di allora, negozi di design e oggettistica. Nello stesso tempo servizi online di e-commerce, Blomming per la precisione, ci hanno permesso di rivolgere il nostro prodotto a chiunque avesse una connessione internet, mentre il service a cui ci appoggiavamo ci permetteva di produrre solo i pezzi che vendevamo. In questo modo la nostra struttura era più leggera, dinamica e ci permetteva di non avere magazzino. Sistemi di produzione digitale ci permettevano di lavorare su lotti minori, personalizzati e customizzabili. Senza tutti questi fattori Wood’d non sarebbe riuscita a partire, pur avendo alle spalle una realtà più grossa, su cui appoggiarci e disposta ad aiutarci.


Mast Brothers

Mast Brothers Chocolate

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Il potere dell’Unicità e della Variabilità #Complessità #Desktop #Manufacturing

“In un mondo dominato da commodity che dovrebbero andare bene per tutti, l’unico modo di distinguersi è

creare prodotti che soddisfano bisogni individuali

anziché generali. Le biciclette su misura vanno meglio. Oggi come oggi sono ancora un privilegio dei

ricchi, perché richiedono una lavorazione artigianale.

Ma cosa accadrebbe se si potessero produrre con la manifattura digitale, che non comporta costi aggiuntivi per la diminuzione dei lotti?”

Chris Anderson, Makers: il ritorno dei produttori In maniera sempre maggiore, quando sono i computer a regolare i processi produttivi, differenziare ogni singolo prodotto non significa aumentarne i costi. Il vecchio modello delle costose macchine tradizionali che dovevano fabbricare lo stesso articolo in un gran numero di pezzi per giustificare la spesa di atterraggio sta sparendo sempre di più. Questi prodotti e questo modello di imprenditoria è tendenzialmente ispirato dai bisogni e desideri del consumatore piuttosto che da quelli dell’impresa, e anche se necessitano di un’azienda per essere fabbricati fanno di tutto per essere fedeli alle proprie radici. In Due vie dello sviluppo: produzione di massa e produzione flessibile (1987), Michael Piore e Charles Sabel, professori del MIT, profetizzavano la fine della produzione di massa a favore di sistemi più flessibili. “In condizioni storiche lievemente diverse, le aziende che impiegavano una combinazione di competenze

artigianali e attrezzature flessibili avrebbero potuto avere un ruolo centrale nella vita economica moderna, invece di lasciare il posto, in quasi tutti i

settori dell’industria, a grandi imprese basate sulla produzione di massa. Se avesse prevalso questa linea di produzione artigiana meccanizzata, oggi potremmo

considerare le aziende industriali organizzazioni legate a determinate comunità anziché organizzazioni

indipendenti che, tramite la produzione di massa, sembrano onnipresenti.”

In The Alphabet and the Algorithm (2011) Mario Carpo spiega che la variabilità è sempre stato il tratto distintivo

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dell’artigianalità, ma che oggi in misura molto superiore a quella che si poteva concepire all’epoca delle tecnologie manuali, lo stesso processo di differenziazione si può prestabilire, programmare, e in qualche misura anche progettare. La variabilità può entrare a far parte di una catena automatizzata di progettazione e produzione. Secondo Carpo, la variabilità, che è sempre stata vista come ostacolo negli ambienti meccanici tradizionali, nel nuovo ambiente digitale si è trasformata in uno degli asset più redditizi. La variabilità e la capacità di fabbricare un numero limitato di articoli di alta qualità, dice Carl Bass, CEO di Autodesk, e venderli a prezzi ragionevoli sta sconvolgendo le logiche economiche. Ci potete già vedere il futuro della manifattura americana, dice. Ma, ciò che stampa 3D e altre tecniche digitali non offrono sono le economie di scala, ovvero a costi unitari, fabbricare mille pezzi ha la lo stesso prezzo di fabbricarne uno. È il grande beneficio del digital manufacturing, possiamo scegliere tra standardizzazione e variabilità senza dover tornare al costosissimo lavoro artigianale: con i metodi automatizzati, si possono avere sia la produzione di massa che la customizzazione. Nella produzione di massa, infatti, quasi tutti i costi vanno a coprire l’atterraggio iniziale della macchina. Più complicato è il prodotto, più costa. L’esempio migliore è quello dello stampaggio della plastica, più il prodotto è dettagliato, più costerà lo stampo. Con la fabbricazione digitale è esattamente il contrario. 1- La varietà è gratuita: differenziare e customizzare ogni singolo prodotto non costa più che fabbricarne centinaia identici. 2- La complessità è gratuita: un prodotto estremamente complesso e dettagliato, si può stampare in 3D allo stesso costo di un semplice blocco di plastica. 3- La flessibilità è gratuita: modificare un prodotto dopo l’avvio della produzione equivale a modificare il programma di istruzione, il progetto. La macchina non subisce cambiamenti. Chris Anderson, Makers: il ritorno dei produttori


Di nuovo un’esperienza personale, questo annullamento

Molti dei piccoli lotti hanno scopo promozionale, ovvero

(o quasi) delle economie di scala, per noi risulta

non sono finalizzati alla vendita ma ad aumentare la

fondamentale.

ogni

diffusione del brand nel lifestyle dei consumatori. Nel 2014

sei mesi due collezioni, ognuna composta da circa

abbiamo progettato cover per iPhone per Mercedes,

duecento referenze diverse. Nel 2014, delle due collezioni

Peugeot, Red Bull. Sono tutte produzioni piccole, dai 50 ai

presentate, abbiamo prodotto circa 40.000 pezzi. Il ciclo

400 pezzi, e per noi non hanno significato un significativo

produttivo è costante, in modo da non avere magazzino,

aumento dei costi, ma una modifica delle istruzioni della

rischiando che, a collezione conclusa, ci siano pesanti

macchina. In periodi storici diversi, queste operazioni

rimanenze. Parallelo alla produzione delle due collezioni

avrebbero avuto un costo nettamente maggiore, che su

Wood’d

una struttura leggera come Wood’d, avrebbero influito in

Attualmente

giornalmente

Wood’d

produce

progetta

personalizzazioni

e

customizzazioni. Possono essere dei piccoli lotti o

maniera diversa.

pezzi unici, prevalentemente derivanti dall’e-commerce.

Wood’d: Collaborazioni con Peugeot e Mercedes

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Una Nuova Figura di Artigiano #Crafts #Make #FutroArtigiano

Sean Woolsey, Artist & Furniture Maker.

In un articolo del 2012 pubblicato sul New York Times

all’apertura nei confronti del consumatore necessaria per

intitolato Average is over, Thomas L. Friedman scrive che

un lavoro che sia personalizzato, tipico dell’artigiano. La

“Tutto ciò che è standard è superato”. Gli americani non

tesi di fondo di Sennet, interpretata da Stefano Micelli, è

potranno più pensare di lavorare nella media, ma la loro

che la capacità artigiana di dialogare con il mondo sensibile

competitività sta nell’impegno nel dare qualcosa in più, in

rappresenta una risorsa anche in campo economico. “In

tutto. Per rilanciare la qualità del lavoro, scrive Friedman, è

un’economia popolata da diplomanti e laureati - scrive

fondamentale che “i lavoratori americani si ripensino come

Micelli - senza particolare dimestichezza con i vincoli e le

artigiani, coloro che prima della rivoluzione industriale

opportunità del mondo materiale, la maggior parte dei quali

si impegnavano nella produzione di merci e nell’offerta

inesorabilmente attratta dalla finanza e dalla consulenza,

di servizi con un tratto distintivo che rifletteva il loro

il valore del lavoro artigiano cresce sensibilmente. Va da

orgoglio personale”. Anche il sociologo Richard Sennet

sé che l’accezione di artigiano di cui si parla è quella di

sostiene la necessità della riscoperta dell’uomo artigiano.

chi è in grado di dominare un dialogo tra saperi astratti

In The Craftsmen Sennet riflette sulle caratteristiche

e pratica”.

dell’uomo artigiano senza guardare al passato, non sono i metodi di produzione pre-industrializzati che dobbiamo perseguire, ma la passione per la qualità del lavoro, il desiderio di migliorare nell’esercizio, l’approfondimento delle tecniche.Assieme alla capacità di seguire l’intero processo produttivo per la costruzione di un prodotto,

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Oggi, molte persone che hanno cavalcato l’onda della new economy alla fine degli anni novanta, sono gli stessi che tornano a lavorare con le mani. In Futuro Artigiano Stefano Micelli racconta la storia di Mark Frauenfelder, fondatore della rivista Make. La sua storia nasce nel 2001


quando, dopo aver lasciato il suo lavoro di giornalista presso industry standard, si cimenta in una lunghissima serie di progetto DIY, trasforma il suo giardino in un orto, comincia ad allevare api per fare il miele in casa, si fabbrica da sé una chitarra a partire da una scatola di sigari. L’obiettivo è reimpadronirsi della cultura materiale che ci circonda, “Ora che produco e aggiusto molte delle cose, ho dato un senso più profondo alle connessioni che mi legano agli oggetti con cui convivo”. Oggi, la sua rivista make, è un punto di riferimento per tutti quegli imprenditori e appassionati che vedono nel saper fare in digitale il futuro il futuro della manifattura mondiale. Il successo di make, del blog e del marketplace correlati sono tutti segni di una trasformazione profonda che spinge a ripensare le forme del lavoro e della partecipazione sociale. Secondo Frauenfelder fare le cose significa prima di tutto riappropriarsi di quella delega che, più o meno un secolo fa, abbiamo concesso senza troppi pensieri alle grandi aziende, ed è arrivato il momento della “deprogrammazione”, ovvero un processo liberatorio che permette alle persone di rimpossessarsi della propria cultura materiale per non soccombere alla deriva di un mercato che ci vede semplicemente come consumatori, passivi e incapaci di esprimere progettualità. È ciò che Richard Sennet chiama “materialismo culturale”, la convinzione che, per riappropriarci del mondo che ci

circonda, bisogna approcciarsi attivamente ad esso. “Fare le cose ci rende più consapevoli, cucire bene un vestito o essere in grado ci cucinare un pesce sono attività che ci consentono di immaginare categorie di eleganza e di bontà sempre più

sofisticate. Confrontarci con il nostro mondo

materiale, senza darlo mai per scontato, ci permette di pensare meglio.”

Stefano Micelli, Futuro Artigiano La scelta dell’approfondimento del saper fare e produrre con le proprie mani non è da leggere soltanto come un’opzione difensiva nei confronti della globalizzazione (i lavori che sopravviveranno saranno quelli impossibili da delocalizzare). In un articolo dal nome provocatorio In the Next Industrial Revolution, Atoms are the new Bits Anderson sostiene che il successo dei progetti dei prossimi anni saranno guidati dalla nuova generazione di piccole imprese a cavallo fra l’alta tecnologia e l’artigianato, capaci di fornire prodotti innovativi, altamente personalizzati e a scala limitata. Queste imprese saranno globali perché grazie al Web avranno il controllo della supply chain mondiale, fornitori, componenti e servizi sono a distanza di qualche click.

Klaus Mühlbauer, Hatter and Entrepreneur

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Unfold, Stratigraphic Manufactury

Unfold, Stratigraphic Manufactury

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Minale Maeda, Keystones

Minale Maeda, Keystones

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Conclusione Quando a maggio del 2014 cominciai la fase di ricerca, l’obiettivo nella mia testa era semplice. Mettere su carta ciò che avevo imparato dall’integrazione dei miei studi in NABA con il mio lavoro da Wood’d. Il primo passaggio per questa sistematizzazione delle conoscenza è stato decostruire ciò che stavamo facendo con Wood’d in due macro-aree. Da una parte c’erano tutti quei processi immateriali che, all’interno di un progetto, tendono alla definizione di quell’insieme di elementi chiamato brand. Dall’altra parte c’era la questione manifatturiera, su cui abbiamo sempre puntato molto. Il fatto di essere una piccola realtà di produzione in Italia ci spinge a sperimentare ed innovare i processi, rappresentando nel nostro piccolo quel famoso fenomeno chiamato Made in Italy. Da studente e appassionato di new media ho sempre ricercato le conseguenze che questi avevano sui processi manifatturieri e immateriali che ogni giorno mi trovavo davanti. Il lavoro di Arvidsson, in Brands: meaning and value in media culture (Routledge, 2006) e Societing Reloaded: Pubblici produttivi e innovazione sociale (Egea 2013) l’ho sposato incredibilmente. Mediatizzazione delle pratiche di consumo, economia della conoscenza, economia della reputazione, consumer empowerment rappresentavano il perfetto connubio tra media, brand e società. Questioni che prima non avrei saputo definire in maniera così precisa. Il lavoro di Anderson, il suo modo di scrivere diretto e appassionante, mi ha portato ad una razionalizzazione di aspetti del mio lavoro che pur avendo sotto mano non comprendevo. In Makers: il ritorno dei produttori Anderson descrive in maniera precisa cosa accade quando la manifattura si sposta da ambienti offline e online, cosa succede quando gli strumenti e le conoscenze vengono date in mano a molti. Prima di cominciare questo lavoro ero spaventato, stavo relazionando Wood’d ad autori e a realtà che proponevano un innovazione vera, radicale e bottom-up. La verità, è che hanno funzionato da strumento per razionalizzare quello che stavamo facendo con Wood’d, dove si produceva innovazione e dove avremmo dovuto investire per valorizzare il nostro progetto.

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Bibliografia Parziale - Brands: Meaning and Value in Media Culture, Adam Arvidsson - Brands: The Logos of the Global Economy, Celia Lury - Capitalism in the Computer Age, Morris Suzuki - Culture Industry Reconsidered, Theodor Adorno - Societing Reloaded: Pubblici Produttivi e Innovazione Sociale, Adam Arvidsson e Alex Giordano - Makers: il Ritorno dei Produttori, Chris Anderson - La Coda Lunga: da un mercato di massa ad una massa di mercati, Chris Anderson - Communication Power, Manuel Castells - The Lean Startup, Eric Ries - Futuro Artigiano: l’Innovazione nelle Mani degli Italiani, Stefano Micelli - Le due vie dello sviluppo industriale: Produzione di massa e produzione flessibile, Piore J. Michael e Sabel Charles F. - The Alphabet and the Algorithm, Mario Carpo - The Craftsmen, Richard Sennet

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Sitografia Parziale - http://www.woodd.it - http://www.insidewoodd.it - http://www.bestmadeco.com - http://www.opendesk.cc - http://www.arduino.cc - http://www.thingiverse.com -http://www.blacklapel.com - http://makezine.com - http://www.societing.org - https://www.kickstarter.com/help/stats - http://www.linkiesta.it/micelli-futuro-manifattura-italia - http://makezine.com/2012/01/19/darpa-mentor-award-to-bring-making-to-education/ -

http://makezine.com/2013/05/22/the-difference-between-hackerspaces-makerspaces-

techshops-and-fablabs/ - http://www.nytimes.com/2012/01/25/opinion/friedman-average-is-over.html?_r=0

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INSIDE WOOD’D: RETROSPETTIVA DI UN’ESPERIENZA


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