iged.it n°4/10

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GESTIONE DELLE INFORMAZIONI DIGITALI FOCUS Il mercato dell’Enterprise Information

SPECIALI La tavola rotonda di OMAT Roma 2010

APPROFONDIMENTI Il nuovo Codice dell’amministrazione digitale

INTERVISTE Le interviste di iged.it

ISSN 1720-6618

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Anno XIX Quarto trimestre 2010

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EDITORIALE 04-2010

Il 2011 sarà un buon, anzi … ottimo, anno! Editore

ITER srl www.iter.it Direttore Responsabile

Domenico Piazza Direttore Contenuti

Vincenzo Gambetta A questo numero hanno collaborato:

Maurizio Arata, Ernesto Belisario, Donatella Caruso, Stefano Foresti, Vincenzo Gambetta, Luca Giuratrabocchetta, Cristiano Iera, Andrea Lisi, Gianni Penzo Doria, Cristiana Piraino, Francesco Pucino, Sergio Resch, Pierluigi Ridolfi, Gaetano Silipigni, Loris Stucchi, Vito Umberto Vavalli Responsabile segreteria di Redazione

Petra Invernizzi Redazione

iged.it

Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66

iged@iter.it www.iter.it/iged.htm Progetto Grafico

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Ingraph Srl Cabiate (CO)

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. La tiratura di questo numero è di N. 10.000 copie. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

L’Osservatorio sull’Enterprise Information Management in Italia (il mercato di riferimento di iged.it e di OMAT) ne ha stimato in 1.196 Milioni di EURO (+ 5,3%) il fatturato software e servizi del 2010 e ha previsto una crescita, per il 2011, di circa il 5,6%, per poi continuare nello sviluppo, fino almeno al 2015, con un CGR sul 2010 di oltre il 10%. Per il prossimo anno sono anche ipotizzate oltre 35.00 nuove installazioni. Parallelamente Gartner, con la pubblicazione del suo tradizionale Magic Quadrant relativo all’Enterprise Content Management, ha reso nota la propria valutazione della crescita del mercato mondiale del ECM nel 2009 rispetto al 2008 (+ 4,8%), e ne ha previsto un ulteriore sviluppo, fino al 2014, con un CGR 2014/2009 del 10,1%. Per il settore si prevedono, dunque, un certo numero di anni di consistente crescita. In Italia, in aggiunta, vi sono ulteriori elementi che fanno ipotizzare una crescita ancor più marcata. Il 22 dicembre us, ad esempio, il Consiglio dei Ministri ha finalmente approvato importanti modifiche al Codice dell’amministrazione digitale (Cad - decreto legislativo n. 82 del 2005) che individuano un percorso che “obbliga” la realizzazione della digitalizzazione per le attività amministrative e definisce con maggior rigore i diritti di cittadini e imprese per l’uso delle tecnologie nelle comunicazioni con la PA. In coerenza con il Piano e-Gov 2012, la PA dovrebbe, di conseguenza, raggiungere una [quasi] completa digitalizzazione entro i prossimi 3 anni. Per il Ministro R. Brunetta “La sua adozione consentirà [almeno] un’importante riduzione dei costi e un forte recupero di produttività. Si stima una riduzione dei tempi fino all’80% per le pratiche amministrative e, per effetto della dematerializzazione, un risparmio del 90% dei costi della carta (circa 6 milioni di euro annui)”. Tutto ciò per diventare realtà necessita di Decreti, Regole Tecniche, Linee Guida, disposizioni e attività in carico alle amministrazioni, individuate (in circa 20 disposizioni all’interno del Cad) e tempificate in un arco di tempo minimo di tre e massimo di 12 mesi! Assieme a queste incombenze il mercato attende ancora le ormai “mitiche” Regole Tecniche di cui all’articolo 71, prime tra tutte quelle relative alla Conservazione della Memoria Digitale! Non si dimentichino infine le molte, e determinanti ai fini del successo di digitalizzazione, incombenze già assegnate a DigitPA. Atre importanti disposizioni normative, che ci auguriamo non debbano ormai tardare, sono quelle relative alla Fatturazione Elettronica nei confronti della PA e l’approvazione definitiva del Disegno di legge collegato all’ultima Finanziaria, già licenziato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato che, tra l’altro, prevede la conservazione digitale delle cartelle cliniche, la pagella elettronica e l’università digitale (attività amministrative). Vi sono, pertanto, tutte le premesse affinché il 2011, e gli anni successivi, ci portino ancora molte soddisfazioni. È pertanto con il conforto delle precedenti considerazioni che auguriamo ai nostri Lettori un Buon 2011! L’editore e la redazione

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FOCUS

APPROFONDIMENTI

Il 1° Osservatorio sull’Enterprise Information Management di Assinform promette efficienza ad Imprese e PA

Diradare le nebbie attorno al Cloud Computing

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Le soluzioni per gestire e condividere (in formato digitale) i documenti aziendali e le informazioni in essa contenute si affermano sempre più come uno degli strumenti necessari a perseguire efficienza ed innovazione. Questo mercato rappresenta una quota sempre più importante del comparto IT e si prevede che dagli attuali 1,2 Miliardi € possa raggiungere, nel 2015, quota 2 Miliardi APPROFONDIMENTI

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Approvata la riforma del Codice della amministrazione digitale

In attivo nuove norme in materia di firme elettroniche e gestione documentale

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L’impiego delle tecnologie nell’Amministrazione digitale: cosa c’è e cosa manca

VINCENZO GAMBETTA

Direttore contenuti iged.it e Coordinatore dell’Osservatorio Articolo a pagina 06

PIERLUIGI RIDOLFI

Università di Bologna, già Presidente della Commissione interministeriale sulla dematerializzazione Articolo a pagina 18

Il WWF lancia un nuovo formato di documento non stampabil APPROFONDIMENTI

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Dematerializzazione dei documenti e Straight Through Processing: innovazione o trasformazioni per le imprese?

L’innovazione tecnologica, ed in particolare quella che riguarda il trattamento automatico dei dati e la loro trasmissione, sta modificando profondamente le organizzazioni aziendali e le strutture dei mercati, in particolare per quel che concerne i processi transazionali e di trattamento dei documenti

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Dagli atti ai processi di lavoro fino ai flussi documentali. Un percorso per progetti nel mondo del digitale

L’impronta dell’archivio informatico

Un utile sintesi del recente provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate

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Il messo comunale diventerà un cyber-messo dal 2011?

La proposta di ANORC per l’Albo on-line

Digitalizzare in tempo di crisi: stato dell’arte, difficoltà e prospettive in seno alla Pubblica Amministrazione NOTIZIE

Potenzialità e limiti del “fai da te” ESPERIENZE

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Obiettivo dematerializzazione! Il Comune di Gattinara si racconta.

MERCATO

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Il Registro delle Imprese, strumento di legalità, quale strumento di supporto al contrasto della criminalità economica 52

Nasce il genio della Lead Generation

Scoprire quali aziende visitano il proprio sito web? Da oggi è possibile grazie a IPgenius, un servizio tanto semplice quanto innovativo

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INTERVISTE

Considerazioni sulle tecnologie per la gestione di documenti in ambienti enterprise

Cloud computing e social network

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Da Avnet le migliori Tecnologie per la Gestione dei Documenti 28

Le aziende sono pronte ad affrontare i rischi delle nuove tecnologie? NOTIZIE

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Oltre 177,3 miliardi di Euro l’apporto del Cloud all’Europa entro il 2015 SPECIALE OMAT ROMA

Health and public service technology lead di Accenture Italia Articolo a pagina 24

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Intervista a Giovanni Procaccino

GIOVANNI PROCACCINO

NOTIZIE

Lettura ottica

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Avvocato ed esperto di diritto delle nuove tecnologie Articolo a pagina 16

Fattori di spinta, barriere e riflessioni sull’adozione del cloud computing

Forse non sono le nuove tecnologie che possono attivare lo sviluppo di un’efficiente Amministrazione digitale, ma si deve superare l’inerzia della macchina burocratica e l’eccessiva indipendenza delle amministrazioni, centrali e locali, poco motivate a collaborare tra loro

INTERVISTE

ERNESTO BELISARIO

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La Tavola Rotonda del Convegno di Apertura di Omat Roma 2010

Si è svolta all’insegna di efficienza, efficacia ed innovazione grazie alla dematerializzazione e digitalizzazione dei documenti

Tecnologie di trasformazione documentale server-based

La nuvola di Google

L’offerta tecnologia per le aziende della divisione Enterprise di Google

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Enterprise Content Management

La chiave per aiutare le aziende a costruire valore EVENTI

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OMAT ROMA 2010

Breve cronaca dell’edizione romana di OMAT, il principale evento italiano dedicato alla gestione elettronica di documenti e informazioni

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FOCUS

Il 1° Osservatorio sull’Enterprise Information Management di Assinform promette efficienza ad Imprese e PA Le soluzioni per gestire e condividere (in formato digitale) i documenti aziendali e le informazioni in essa contenute si affermano sempre più come uno degli strumenti necessari a perseguire efficienza ed innovazione. Questo mercato rappresenta una quota sempre più importante del comparto IT e si prevede che dagli attuali 1,2 Miliardi € possa raggiungere, nel 2015, quota 2 Miliardi DI VINCENZO GAMBETTA

Il 24 novembre 2010 è stato presentato, a Milano, il 1°Osservatorio EIM (Enterprise Information Management), organizzato da Assinform (l’Associazione delle aziende di informatica aderente a Confindustria) in collaborazione con Sirmi e con il supporto di Cbt, Infocert, Olivetti e Siav. L’obiettivo dell’Osservatorio è analizzare lo stato dell’arte, le opportunità, le sfide e l’evoluzione nel tempo del mercato nazionale del EIM, in particolare, si vuole: - rilevare lo stato delle soluzioni e dei progetti EIM nelle imprese italiane; - analizzare l’offerta nell’area EIM (prodotti, soluzioni e servizi), individuando i modelli di business attuali ed emergenti; - dimensionarne il mercato in Italia; - delinearne gli scenari evolutivi. L’Osservatorio in esame è il primo in Italia ad analizzare sotto tutti i punti di vista il mercato delle più avanzate tecniche di gestione di documenti ed informazioni in formato digitale.

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“Si tratta di elementi di sicuro interesse che Assinform rende disponibili nel solco di un impegno, già ampiamente riconosciuto, di analisi e monitoraggio del settore ICT, e di pronta segnalazione dei trend più interessanti e innovativi. – ha commentato Federico Barilli, Direttore di Assinform - Tutti gli elementi raccolti, danno conto di una componente di mercato non solo molto vivace e di peso crescente, ma essenziale per accrescere l’efficienza nelle aziende e nella PA. Basti pensare che dalla fatturazione elettronica, che è solo una parte dell’EIM, possono venire risparmi per le imprese italiane che Assinform stima in 17 miliardi di euro annui. Questo prima ancora di guardare ai guadagni di efficienza che offrono le soluzioni che consentono l’accesso e la disponibilità delle informazioni giuste in modo automatico, quando servono e lungo tutte le fasi di interi processi.”

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L’Enterprise Information Management è inteso come quell’insieme di soluzioni tecnologiche che consente alle aziende - ed alle organizzazioni in genere – di gestire informazioni e documenti rendendoli accessibili e fruibili in modo condiviso ed integrato all’interno dei processi aziendali. Le soluzioni EIM rappresentano, pertanto, l’evoluzione del tradizionale Electronic (o Enterprise) Document Management e si configurano come piattaforma d’integrazione in grado di supportare il vantaggio competitivo delle aziende, riducendo i costi, aumentando l’efficienza, incrementando la qualità complessiva e inducendo innovazione. Alla visione tradizionale della Gestione Documentale, incentrata sull’archiviazione e gestione documento in formato digitale, l’Enterprise Information Management aggiunge: - l’attenzione alla gestione dei flussi documentali legati ai processi aziendali; - la necessità di trattare tutti i tipi di documento (strutturati e non) e di integrare tutti i tipi di archivi elettronici aziendali (documentali, database, ecc.); - la focalizzazione sull’accessibilità e sull’utilizzo dei documenti e delle informazioni da parte degli utenti, indipendentemente da dove siano conservati; - la necessità di gestire e facilitare l’accesso e l’utilizzo condiviso dei documenti e delle informazioni, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda. In questa accezione, il perimetro che l’Osservatorio ha assegnato all’Enterprise Information Management include, le seguenti aree e le relative soluzioni: - Il Document Management, che a sua volta include le soluzioni e i progetti di: - dematerializzazione, cioè trasformazione degli archivi cartacei in archivi digitali con relativa indicizzazione; - organizzazione, indicizzazione e archiviazione dei documenti già nati in formato digitale; - ricerca di documenti sparsi sulla rete aziendale (Enterprise Search);

Figura 1 – Nello schema sono rapprresentate le applicazioni aziendali e i dati/le informazioni sulle quali si appoggiano e/o che le alimentano nonché il posizionamento dell’Enterprise Information Management. I quattro pilastri alla base dello schema ricordano le quattro aree da tenere sempre in considerazione quando si ha a che fare con informazioni in formato digitale.

- La Conservazione della memoria digitale ed il Records Management, ossia strumenti e applicazioni per la conservazione delle informazioni e dei documenti digitali nel lungo periodo; - L’accesso e utilizzo collaborativo delle informazioni digitali, ossia gli strumenti e le applicazioni che rendono possibile la fruibilità delle informazioni digitali in modo proattivo tra i vari attori interni ed esterni all’azienda; - La gestione dei processi, lungo i quali l’informazione è utilizzata e arricchita, e dei ruoli delle persone che impiegano l’informazione, ossia soluzioni e applicazioni di Workflow Management e di Business Process Management; - Le applicazioni d’integrazione dei contenuti e di data federation, cioè gli strumenti per integrare contenuti che risiedono in differenti repository. Il perimetro definito vuole, dunque, rappresentare la piattaforma in grado di acquisire i documenti e le informazioni in entrata, o generati in seno al’organizzazione stessa, organizzarli e

archiviarli nonché renderli disponibili alle applicazioni, ai processi aziendali e alle persone che di tali informazioni necessitano, siano questi interni od esterni all’organizzazione. Il perimetro dell’EIM, così come definito nell’Osservatorio, non include le applicazioni di Business Intelligence anche se tali applicazioni, saranno in tendenza sempre più integrate con le piattaforme EIM. L’indagine condotta (a metà del 2010) dall’Osservatorio si è basata su 270 aziende/organizzazioni utilizzatrici e 60 aziende fornitrici di piattaforme, soluzioni e servizi EIM. DIMENSIONAMENTO DEL MERCATO

Il mercato, così come definito, è stato valutato nel 2009 in un valore complessivo di 1.136 milioni di euro, con un’ulteriore crescita dei circa 5,3% per il 2010 rispetto all’anno precedente. Si stima, inoltre, che il mercato continuerà la sua crescita (+5,6%) anche nel 2011. La suddivisione per componenti è illustrata in figura 2. iged.it 04.2010

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Figura 2 – Dimensione e andamento del mercato delle soluzioni EIM in Italia 2009-2011 (previsione 2011) per componenti prodotti software e servizi. Valori in milioni € (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Ulteriori valutazioni portano a ipotizzare che il mercato in esame possa raggiungere, nel 2015, i 2 miliardi €. Questi dati portano il Mercato EIM a rappresentare una porzione sempre più rilevante del mercato nazionale Software e Servizi IT: rispettivamente 2009(8,7%), 2010(9,5%),2011(10,2%), 2015(15,5%) LA DOMANDA

Il panel delle 270 aziende (ripartito per dimensione e settore economica vedasi Figure 3 e 4), anche se ricalca solo in parte la ripartizione dell’universo delle aziende italiane, è stato definito in modo da poter disporre, per ogni classe dimensionale e settore economico, di un numero di aziende sufficientemente significativo. Dal panel sono state escluse le aziende con meno di 10 dipendenti. Delle aziende del panel ben 200 (74%) ha già adottato, o prevede di adottare, soluzioni EIM. Anche se l’interesse a soluzioni EIM è crescente ed interessa un numero significativo di aziende bisogna sottolineare che questa tendenza assume aspetti diversi se si considerano le dimensioni aziendali. La propensione all’investimento in soluzioni EIM, infatti, è strettamente legata alle dimensioni aziendali: la propensione è maggiore nelle aziende di più grandi dimensioni (dal 73 al 91%, in funzione delle dimensioni), mentre tra le piccole aziende (10-49 dipendenti) la percentuale di aziende (53%) che non investono in soluzioni EIM è ancora elevata; sintomo di un crescente interesse è comunque da intendersi il 74% di aziende che ha dichiarato propensione all’investimento.. Tutte le aziende intervistate appartenenti ai settori Banche, PAL e PAC risultano aver già investito o prevedono di investire a breve in EIM. È il settore Industria quello che mostra minor propensione all’investimento (63,6%), seguono Servizi (73,8), Distribuzione (69,7%) e Sanità (71%). L’analisi per settore conferma i risultati per dimensione aziendale: sono proprio i settori dove è maggiore la presenza di aziende di piccola dimensione ad avere una propensione più contenuta all’investimento. Come indicano i dati che seguono, il comparto in esame evidenzia una significativa dinamicità. Lo stato attuale dei progetti e degli investimenti nelle aziende che hanno dichiarato investimenti pregressi o previsti, indica che il 78% di queste aziende ha già effettuato investimenti in soluzioni per l’automazione di almeno una delle componenti dell’Enterprise Information Management, mentre un 15% ha attualmente progetti in corso.

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È piuttosto rilevante, inoltre, la percentuale di aziende che ha previsto e pianificato (per il 2010 o il 2011) di effettuare nuovi investimenti (38%) e non trascurabile (20%) è la percentuale di aziende che, pur dichiarando di voler adottare soluzioni EIM, le ha ancora in valutazione. È interessante rilevare come un buon 45% delle aziende che hanno deciso di effettuare nuovi investimenti non ha ancora scelto la soluzione di adottare. Queste aziende assieme a quelle che hanno progetti in valutazione rappresentano una buona opportunità per i fornitori.

Figura 3 – Panel indirizzato dall’indagine, confrontato con l’universo delle organizzazioni italiane per classe di addetti. (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Figura 4 – Ripartizione per settore economico del panel. (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

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Figura 5 – Anno di inizio del primo progetto in ambito EIM. (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Figura 6 – Previsione di andamento della spesa EIM nel 2010 – Aziende che hanno dichiarato di effettuare investimenti. (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Altra analisi degna di attenzione è quella che ha individuato le aziende (del panel) che hanno effettuato il loro primo investimento in soluzioni EIM e quando. Il risultato è illustrato in Figura 5. La maggior parte delle aziende ha investito in soluzioni EIM in anni successivi al 2000. Pur evidenziandosi un “andamento ciclico” della percentuale di nuove aziende che avviano i loro primi progetti EIM, dal confronto con l’andamento dell’economia nel decennio 2000-2010 emerge, però, una sorta di anticiclicità del mercato in esame, che indicherebbe come in tempi di crisi si formi una maggior percezione dei benefici indotti

dalle soluzioni di gestione elettronica di documenti ed informazioni. Altro elemento positivo è l’analisi della media mobile triennale, che indica un andamento crescente di “nuovi entranti”: negli ultimi anni (2005-2010) si vede, infatti, un incremento di circa il 50% di nuove aziende che hanno iniziato ad investire in soluzioni EIM. Con riferimento, infine, alle aziende del panel che dichiarano un investimento in soluzioni EIM nei prossimi due anni, oltre il 50% (Figura 6) prevede un andamento della spesa 2010 in quest’area analogo o maggiore rispetto al 2009.

Come già visto, le aziende del panel con una minor propensione all’investimento in soluzioni di gestione delle informazioni digitali sono quelle di minore dimensione (10-49 dipendenti) in particolare quelle appartenenti ai settori Industria, Distribuzione, Servizi e Sanità. Tuttavia anche in classi dimensionali maggiori è stato rilevato un certo numero di aziende che non investe. Da un’analisi puntuale, le cui conclusioni sono riportate nel rapporto dell’Osservatorio, esse appartengono a nicchie specializzate; alcune di queste aziende dispongono di importanti soluzioni di Cad/Cam e di Publishing che è ipotizzabile suppliscano alle esigenze di gestione dei documenti “tecnici”. È, poi, utile osservare che le aree della cosmesi, in particolare quelle con rilevante attività di ricerca, e della moda possono comunque rappresentare aree di penetrazione futura in quanto inserite in filiere complesse che necessitano di flussi elevati di documenti e informazioni digitali e anche grazie alla presenza di progetti emergenti in aziende capofila o pilota. In relazione alle aziende che non investono i problemi legati alla gestione dei documenti e delle informazioni non hanno ancora raggiunto un “livello di guardia” e, comunque, il budget limitato le porta a soprassedere. Analizzando i problemi, reali o percepiti, relativi alla gestione delle informazioni e dei documenti digitali da parte delle aziende che non investono si è visto che il 70% circa di queste aziende di fatto non percepisce il problema. Il restante 30% dichiara di “vedere” problemi (e oneri relativi) nella gestione dei documenti cartacei e, in misura inferiore, nella gestione di documenti e informazioni già digitali. Quasi inesistente è la percezione di problemi di condivisione dei documenti digitali e alle normative. Per quanto riguarda i freni all’investimento - che rappresentano, per questi ultimi, la reale motivazione del non investimento - oltre il 50% delle aziende non vede alcun freno se non il fatto che non siano presenti in azienda i livelli di criticità che possono indurre all’investimento. L’altro fattore frenante citato è indicato nel budget limitato o nella presenza di altre priorità. iged.it 04.2010

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PROGETTI E SOLUZIONI

Dall’analisi delle aree d’investimento (Progetti) realizzate, o previste, emerge (Figura 7) un peso ancora rilevante delle soluzioni di trasformazione dalla carta al digitale e di organizzazione e indicizzazione dei documenti nati in formato digitale. Lo stato di automazione vede ancora, e lo sarà ancor più nel prossimo futuro, l’importanza dell’esigenza della trasformazione della carta in “entrata” in informazioni elaborabili in grado di alimentare i processi aziendali. In conseguenza a ciò, si evidenzia una presenza già significativa di aziende che hanno adottato, o prevedono di adottare, soluzioni di automazione dei processi (Workflow Management, BPM), siano essi completamente automatizzati (integrati alle applicazioni) o guidati dall’uomo (dove più rilevante è il flusso documentale). Questa è una componente che tende ad aumentare di importanza. L’evoluzione positiva della domanda è rappresentata dalla percentuale, ancora contenuta, ma tuttavia rilevante, di aziende che hanno già adottato o prevedono di adottare soluzioni per l’automazione dei flussi tra aziende (lungo la catena del valore e tra consociate e sedi distaccate) e di supporto alla collaborazione delle attività all’interno di gruppi di lavoro. Osservando, poi le aree in cui le aziende prevedono di investire nei prossimi due anni, si conferma il permanere di investimenti in trasformazione della carta in digitale, in conservazione di lungo periodo, nel facilitare i flussi documentali in rete e nella gestione dei processi alimentati dall’informazione resa elaborabile e utilizzabile. L’evoluzione del comparto, anche se mostra di avere ancora molta strada da percorrere per arrivare a supportare efficacemente tutte le attività aziendali, è indicata anche dal censimento dei documenti oggetto dei progetti previsti che evidenzia un ampliamento dell’uso delle soluzioni EIM in particolare ai documenti di gestione del personale e di supporto alle vendite. Parallelamente si inizia a vedere l’interesse all’impiego di soluzioni EIM da parte di altre funzioni aziendali, pur permanendo preponderante il peso storico delle funzioni amministrativo/contabili, con in testa le funzioni del Personale delle Vendite e dell’Organizzazione.

Figura 7 – Investimenti già effettuati e previsti (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Figura 8 – Tipologia dei documenti gestiti dalle soluzioni adottate e previste (Fonte Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

ESIGENZE E MOTIVAZIONI

Altra analisi condotta dall’Osservatorio indirizza i problemi percepiti dalle aziende nell’affrontare la gestione dei documenti (Figura 9). Se ce ne fosse bisogno, viene ribadito quanto la carta rappresenti tuttora un problema in termini di costi di gestione, risorse impegnate e tempi di reperimento dei documenti; anche il documento già in formato digitale crea, però, problemi in termini di accesso, reperimento e inutili duplicazioni. In termini di motivazioni all’investimento in soluzioni EIM si ribadiscono, qui i due “leitmotiv” dello studio:

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Figura 9- Problemi legati alla gestione delle informazioni e dei documenti - Percentuale sul totale delle aziende con investimenti attuati e/o previsti (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

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Si è, anche, ottenuta una valutazione di tale impatto: oltre il 50% delle aziende intervistate ritiene di aver risolto completamente il problema; le aziende che, invece, affermano di aver risolto solo in parte le criticità iniziali ritengono che questo sia dovuto non tanto alla soluzione adottata quanto al fatto che alcuni processi sono ancora in corso di automazione e/o che al momento sia stata indirizzata solo una parte dei documenti coinvolti.

Figura 10 - Aziende che hanno fornito una valutazione dell’impatto sul business della soluzione adottata (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Un altro indicatore dell’influenza positiva dei progetti EIM sul business aziendale è dato dalla valutazione dell’impatto delle soluzioni adottate in termini di riduzione dei costi, di aumento dell’efficienza e di spinta al processo innovativo: l’86% delle aziende intervistate ha dichiarato il verificarsi un impatto positivo su tutte e tre le componenti (Figura 10). La valutazione, poi, dell’entità (da 1 - minimo a 5 - massimo) dell’impatto sulle tre componenti attribuita dagli intervistati si posiziona tra il 3 e il 4: Innovazione 3,97; Efficienza 3,85; Costi 3,14). Le valutazioni più elevate assegnate al processo di innovazione e al miglioramento dell’efficienza, evidenzia la maggior facilità di valutare l’impatto in queste aree dove la valutazione può derivare de elementi più qualitativi e di percezione soggettiva, mentre in materia di Costi, per valutare il ritorno di un ’investimento, sono necessarie valutazioni più oggettive. Questa evidenza rafforza la convinzione della convenienza di un approccio commerciale, da parte dei fornitori, in grado di valutare il ROI in termini di costi/benefici. LE SOLUZIONI ADOTTATE

Figura 11 - Criteri di scelta dei fornitori di soluzioni in ambito EIM - Percentuale delle aziende con investimenti attuati e/o previsti (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

- l’esigenza non solo di convertire i documenti cartacei in digitale, ma anche la convenienza alla cattura delle informazioni in essi contenuti, non solo ai fini di indicizzazione delle immagini dei documenti, ma soprattutto per facilitare l’automazione delle applicazioni e dei processi aziendali; - l’altro elemento, importante per le aziende, è l’esigenza di mettere ordine alla crescente mole di documenti generati in formato digitale, siano essi in ingresso sia in uscita. In termini di sviluppo è, anche, da sottolineare che, tra i problemi segnalati, l’esigenza di condivisione dei documenti ai fini collaborativi tra gruppi di lavoro, pur non rientrando ancora nella mentalità e nella cultura d’impresa, è percepita in modo sufficiente (30% circa delle aziende del panel); indice questo che l’area comincia ad essere una di quelle che saranno indirizzate dai prossimi investimenti. RITORNI E FRENI ALL’INVESTIMENTO

Dal punto di vista della risoluzione dei problemi relativi alla gestione dei documenti, si è avuta la conferma che tutte le aziende ritengono di aver avuto un impatto positivo nell’adozione di soluzioni EIM.

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Per quanto concerne la modalità di acquisizione della fornitura di soluzioni EIM, quella più diffusa è risultata il ricorso all’acquisto di prodotti software sotto forma di pacchetti applicativi (64% delle aziende), corredati da servizi di installazione, personalizzazione e manutenzione, mentre meno “gettonate” sono risultate le applicazioni sviluppate ad hoc (21% delle aziende), siano esse sviluppate internamente sia da Terze Parti. I pacchetti applicativi sono di fatto la soluzione predominante per le aziende della Pubblica Amministrazione Locale (PAL), mentre prediligono meno questa soluzione le aziende dei settori Finanziario e della Pubblica Amministrazione Centrale (PAC). Le aziende della PAC, dal canto loro, sono quelle che fanno maggiormente ricorso allo sviluppo di software ad hoc. Il ricorso ai servizi di Outsourcing è risultato abbastanza significativo (23% delle aziende del panel), sia si tratti di tutti i progetti di gestione dei documenti (e relative informazioni) digitali sia di singole e specifiche attività. Il settore economico che più degli altri ricorre ai servizi di Outsourcing è quello della Finanza. È da sottolineare, infine, che solo l’8% delle aziende del panel ha già adottato (per alcune componenti della gestione documentale) il modello di Outsourcing on-demand (SaaS o ASP). Emerge ancora una modesta conoscenza e coscienza di questo tipo di soluzione. Non emergono differenze significative nelle tipologie di soluzioni adottate fra le aziende in funzione della loro dimensione.

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LA SCELTA DEI FORNITORI

Nella scelta dei fornitori emerge chiaramente come le aziende richiedano, innanzitutto, competenze sulla tecnologia e comprensione delle specificità di business dell’azienda; in questi termini può intendersi anche la dichiarazione di preferire un fornitore già presente in azienda. Questi primi tre criteri risultano essere i veri “fattori di differenziazione”; gli altri sembrano essere più dei requisiti di base - che tutti i fornitori dovrebbero avere - che non reali criteri su cui basare la scelta tra più fornitori. Chi opera la scelta? Dall’analisi si nota come, anche in questa area, si vadano sempre più affiancando al Responsabile IT le figure di business (Top Management e Direzioni funzionali). È questo un segnale della consapevolezza della forte influenza delle soluzioni EIM sul business model e sui processi “produttivi” aziendali nonché dell’importanza, per il successo del progetto, della “sponsorship” dei responsabili settoriali e funzionali. Il ruolo delle funzioni business nella scelta del fornitore di soluzioni EIM tenderà a crescere.

Figura 12- Classi di fatturato dei fornitori EIM intervistati (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

I FORNITORI

Spostando l’attenzione sull’offerta, già dall’analisi della domanda, emerge una forte frammentazione di fornitori e di soluzioni EIM. I fornitori citati dalle aziende della domanda sono stati: 73 fornitori software e System Integrator e circa 30 fornitori di servizi di Outsourcing. A riprova della forte polverizzazione dell’offerta, 77 dei circa 100 fornitori citati sono presenti in una sola citazione. Altra caratteristica dell’offerta è la compresenza di fornitori di respiro internazionale, quali primari fornitori di piattaforme, e di fornitori nazionali e locali, con un’offerta prevalente di prodotti software per specifiche componenti, siano esse orizzontali o verticali, e dei relativi servizi d’integrazione e personalizzazione. L’analisi sui fornitori è stata condotta su di un panel di circa 60 fornitori (Figura 12) operanti sul mercato italiano in grado di rappresentare le caratteristiche dell’attuale contesto competitivo del mercato delle soluzioni EIM. Una prima evidenza che conferma la forte polverizzazione del settore, è data dalla differenza dei fatturati medi (da 22,2 milioni € per la fascia più alta a 0,3 milioni € per la più bassa) e dalla popolazione di tali fasce (Figura 13). Di questi solo il 23% e concentrato unicamente sul settore in esame, mentre per il 33% questo rappresenta l’attività principale. L’EIM, invece rappresenta un’attività secondaria per il 44. Il confronto tra la percentuale di fornitori appartenenti a ciascuna classe di fatturato EIM e la percentuale del fatturato totale generato da ciascuna classe sul fatturato evidenzia come, alla forte polverizzazione in termini numerici si contrapponga una concentrazione piuttosto rilevante in termini di fatturato generato: da un lato il 15% dei fornitori genera il 68% del fatturato complessivo dall’altro al 72% di fornitori spetta solo il 16% del fatturato. Per quanto concerne l’andamento del mercato nessuno degli operatori intervistati indica fenomeni che possano far pensare ad un 2010 in diminuzione rispetto all’anno precedente la maggior parte (68%), invece, prevede una crescita del fatturato, mentre gli altri (32%) prevedono un andamento stabile.

Figura 13- Fatturato medio dei fornitori del panel per classe dimensionale - (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/ Sirmi)

Figura 14- Classi di fatturato dei fornitori EIM intervistati (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

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Figura 15- Confronto tra Portafoglio dell’offerta nell’area della gestione delle informazioni digitali (risposte multiple) e Area di concentrazione del fatturato - Percentuale aziende fornitrici intervistate - (Fonte: Osservatorio EIM 2010, Assinform/Sirmi)

Dai valori di crescita indicati si può ipotizzare per il 2010 una previsione di crescita del fatturato EIM dell’ordine del 6%. Interessante è, poi, accostare le aree dell’offerta (aree in cui i fornitori dispongono di un prodotto/servizio), con le aree in cui si concentrano i fatturati (ogni singolo fornitore ha indicato una sola area) (Figura 15). Ciò che emerge, ancora una volta, è che, a fronte di un’offerta abbastanza completa, il fatturato si concentra sull’offerta di soluzioni per la gestione del ciclo di vita dei contenuti digitali e per l’indicizzazione e l’archiviazione digitale dei contenuti. Altro indice questo di un mercato ancora in formazione. La ripartizione dei fatturati per classe dimensionale delle aziende clienti (come già rilevato in fase di analisi della domanda), poi, evidenzia come il 63% del fatturato provenga dalle aziende di grandi dimensioni mentre solo il 15% è generato dalle aziende medio-grandi e il 20% da quelle medie; si deve però sottolineare che a fronte di tale suddivisione dei fatturati lo sforzo dei fornitori è concentrato principalmente, ed in modo praticamente uniforme, sulle aziende di medie e grandi dimensioni. Andando, infine, ad analizzare l’attività

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dei fornitori per settore economico indirizzato si nota un particolare affollamento di fornitori sul settore Industria, seguito da Banche e Servizi; i meno presidiati, invece, appaiono i mercati della Pubblica Amministrazione, della Sanità, della Distribuzione, delle TLC e dei Media, sui quali sembra operino fornitori più specializzati sul singolo settore. I professionisti e le associazioni sono stati indicati come mercati di prossimo indirizzo con un’offerta specializzata e a costi più contenuti. ALCUNE CONSIDERAZIONI

La domanda di soluzioni EIM risulta oggi maggiormente concentrata nelle aziende di dimensione grande e mediogrande che mostrano più interesse e sensibilità nel rimuovere le conseguenze di una gestione non efficiente dei documenti (e delle informazioni in essi contenute) e sono in grado di giustificare ed affrontare gli investimenti conseguenti. Nel settore Bancario e Finanziario e nei settori della Pubblica Amministrazione l’esigenza di adempiere a specifiche normative fa aumentare il livello di adozione. È, però, ipotizzabile che si apriranno anche opportunità per lo sviluppo di

un’offerta più adeguata alle aziende di dimensione più contenuta. Con riferimento al grado di sofisticazione delle aree applicative affrontate, l’interesse degli utenti si concentra, ancora, sulla trasformazione dei documenti cartacei in digitale e sull’indicizzazione, organizzazione, archiviazione e gestione dei documenti digitali. La consapevolezza, poi, dell’esigenza di integrare la gestione dei documenti e delle informazioni digitali con i processi aziendali induce le aziende a rivolgersi ad applicazioni di Workflow Management e di Business Process Management, alimentandole magari con informazioni estratte dai documenti convertiti in digitale. Comincia, inoltre, a farsi sensibile l’interesse per investimenti legati alla conservazione della “memoria digitale”; in questo contesto si inseriscono anche le applicazioni che, in linea con la normativa, mirano alla conservazione della documentazione rilevante ai fini sia civilistici sia fiscali. L’accessibilità dei documenti sulla rete aziendale e il supporto alla condivisione delle informazioni rappresentano altre due aree di crescente interesse per gli investimenti in applicazioni EIM; ciò a riprova della consapevolezza della necessità di rendere i documenti sempre più disponibili a livello interpersonale e interfunzionale. Indice di un processo evolutivo che comincia ad interessare tutti i settori aziendali è il crescente ampliamento delle tipologie di utenti delle soluzioni di gestione documentale e delle informazioni digitali: dalle funzioni tradizionali amministrativo/contabili, che rimangono, ancora, predominanti, alle funzioni preposte a processi che interessano i clienti, i fornitori e il personale. Significativo è, infine, il ricorso a servizi di Outsourcing. Di contro i servizi On-demand (o SaaS, o ASP) risultano ancora poco diffusi e spesso adottati per singoli specifici processi. È questo un indice di quanto si sia ancora lontani dalla comprensione dell’utilità di questa modalità di servizio, utilissimo in particolare nel caso di piccole e/o medie imprese. È, pertanto, necessaria un’attività di formazione del mercato da parte dei fornitori che, storicamente, sono sempre stati molto prudenti nei confronti di questa moda-

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lità di accesso alla tecnologia e ai van- o pianificando investimenti, per l’ataggi che essa può offrire. Dal punto di dozione di soluzioni EIM in grado di vista dell’offerta si è purtroppo avuta supportare e rendere più efficienti i conferma della forte polverizzazione loro processi. L’offerta di soluzioni e dei fornitori e del conseguente conte- servizi di dematerializzazione avranno, sto molto frammentato delle soluzioni ancora, un mercato rilevante a fronte applicative e dei servizi professionali del permanere delle criticità legate alla che vengono proposti. gestione dei documenti cartacei, con i Coerentemente con la radiografia della quali si dovrà ancora convivere per un domanda, una maggiore concentra- periodo sufficientemente lungo. zione si osserva nel caso si consideri La diffusione ancora oggi limitata di l’offerta di soluzioni integrate (clienti soluzioni presso le aziende di piccola e di medie e grandi dimensioni) che vede medio-piccola dimensione e l’aumenla presenza preponderante di fornitori tare della consapevolezza della critiinternazionali, oltre ad alcuni qualificati cità legate alla gestione di documenti fornitori nazionali. Si è avuta, pertanto, stanno ponendo le basi per un’offerta Figura Su di un modulo acquisito filtrando con cui sono le caselle anche 7la–conferma, per i fornitori, della il colore di soluzioni con disegnate funzionalità, costimae sul quale èdi stato overlay, dopo il riconoscimento, un modulo vuoto non filtrato presenza un impresso mercato in che si presenta modalità di erogazione e fruizione più è molto piùeagevole effettuare unalegate eventuale o correzione manuale dati. dinamico con opportunità ad verifica adatte alle esigenze e alledei caratteristiche un’offerta che deve essere sempre più di questa fascia di utenza. in grado diè integrarsi con i processi si Non va, infine, dimenticata la necessità, marcatura quindi sufficientemente possa aspettare. Chi ha necessità di aziendali, inmolto particolare nel caso da parte dei fornitori, di azioni - sopratcomplessa, più di quello che di ci utilizzare tale tecnologia può scegliere aziende di grande e medio-grande tutto nei confronti delle PMI, ma non dimensione che stanno investendo, solo - di sensibilizzazione del cliente al

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fine di aumentarne la econsapevolezza prodotti già collaudati pronti all’uso, e l’individuazione tero può realizzare dei una benefici, propria in applimini di impatto positivo sulle attività ae cazione in autonomia ricorrendo sulla competitività aziendale, derivanti SDK, che agevolano e velocizzano dall’adozione di opportunedelsoluzioni non poco la realizzazione proprio EIM. Le evitando opportunità che ilpartire mercato progetto, di dover da offre ee di la doversi necessitàscontrare di coglierle zero conporteproranno, dunque, ad una evoluzione blematiche già egregiamente risolte.del panorama dell’offerta EIM: ai fornitori è, infatti, sempre più richiesta la capacità di svolgere, in maniera continuativa, predominante e sempre meglio, un ruolo consulenziale e di integratore di applicazioni.

FRANCESCO PUCINO

Cofondatore e CEO di Recogniform Technologies SpA, membro IEEE ed AIIM, svolge attività di ricerca nel VINCENZO GAMBETTA settore imaging dal 1990. Direttore contenuti iged.it e Coordinatore dell’Osservatorio

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APPROFONDIMENTI

Approvata la riforma del Codice della amministrazione digitale In attivo nuove norme in materia di firme elettroniche e gestione documentale DI ERNESTO BELISARIO

Il 22 dicembre 2010 il Governo ha finalmente concluso il travagliato iter di revisione del Codice dell’amministrazione digitale (CAD) approvando la bozza di decreto che modifica il testo vigente del D.Lgs. n. 82/2005. Si tratta di un evento positivo, di un passaggio di decisiva importanza per l’innovazione del nostro Paese, cui Amministrazioni, professionisti e cittadini devono guardare con grande attenzione. Il CAD avrebbe dovuto essere la “magna charta” dell’e-government italiano, una pietra miliare, una rivoluzione copernicana; invece è stato sostanzialmente disapplicato, diventando una delle normative meno conosciute e rispettate dell’intero ordinamento giuridico italiano. A ciò si aggiunga la rapidissima evoluzione delle tecnologie che ha determinato che le nuove norme diventassero obsolete senza essere state davvero applicate. Per questo il Governo ha deciso di intervenire: il processo di informatizzazione del settore pubblico e quello di dematerializzazione, che hanno vissuto una fase di stallo, ripartono doverosamente dal CAD e dalla sua rivitalizzazione. Gli obiettivi della riforma voluta dal Ministro Brunetta sono i seguenti: fornire servizi on line che semplifichino le relazioni degli Uffici con cittadini e imprese, assicurare ingenti risparmi alle casse pubbliche, eliminare la carta dagli uffici dematerializzando l’attività amministrativa, premiare le buone prassi. Questi traguardi, da raggiungere pienamente entro il 2012, vengono perseguiti attraverso una rivisita-

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zione delle norme in materia di firma digitale e documento informatico ed enfatizzando maggiormente alcuni obblighi già presenti nel CAD. In particolare, le norme licenziate dal Consiglio dei Ministri prevedono che tutte le Pubbliche Amministrazioni operino secondo una triplice linea di azione: 1) Razionalizzazione organizzativa: le PA dovranno istituire un Ufficio unico responsabile delle attività ICT, inserire la digitalizzazione e l’attuazione del CAD tra gli obiettivi per la valutazione dei risultati, promuovere progetti che valorizzino il patrimonio informativo pubblico, facendo ricorso anche al project financing; 2) Semplificazione dei rapporti con cittadini e imprese: gli Uffici dovranno preferire le comunicazioni telematiche (soprattutto via PEC) a quelle cartacee, consentire sempre pagamenti informatici, richiedere l’uso di moduli e formulari solo se presenti nei rispettivi siti Web; 3) Maggiore attenzione per la sicurezza dei dati e dei sistemi: in considerazione delle nuove disposizioni, le Amministrazioni dovranno – necessariamente – dedicare sempre maggiore attenzione alla sicurezza dei dati e alla privacy dei cittadini (ad esempio, predisponendo piani per garantire la continuità operativa anche in caso di disastri).

anche grande enfasi sulla conservazione documentale e sulla figura del Responsabile; a tal fine viene introdotta la figura dei Conservatori accreditati, soggetti che ottengono da DigitPA il riconoscimento del possesso dei requisiti di sicurezza ed affidabilità “per effettuare il processo e la conservazione dei documenti informatici”.

Tra le “vecchie” norme che non hanno funzionato, possiamo dirlo, ci sono sicuramente quelle in materia di firme elettroniche e documento informatico e il merito del Ministro Brunetta è sicuramente quello di averlo notato e di voler porre rimedio a questa situazione.

Per questo il decreto correttivo inizia proprio con l’aggiornamento delle definizioni, introducendo una distinzione tra “copia informatica” e “duplicato informatico”: quest’ultimo consiste nella produzione di un documento informatico del tutto identico a quello, sempre informatico, da cui è tratto e dal quale, in concreto, non è distinguibile; al contrario, la copia informatica di un documento informatico consiste in un documento informatico che viene tratto da un originale (ovviamente informatico) da cui resta però distinguibile (perché, ad esempio, si utilizza un diverso formato, come nel caso di una copia in formato “.pdf ” di un originale in “.doc”). Dal punto di vista pratico, i duplicati, per la loro indistinguibilità dall’originale, li sostituiscono ad ogni effetto, mentre le copie non fanno venir meno l’obbligo di conservazione dell’originale. Le novelle apportate prevedono anche un incremento delle tipologie delle firme, che passano da tre a quattro: firma elettronica, firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata e firma digitale. L’introduzione della firma elettronica avanzata rappresenta senza dubbio una delle innovazioni più importanti del nuovo CAD; in omaggio alla Direttiva Europea 1999/93/CE, è definita come “l’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico, che consentono l’identificazione del firmatario del documento, che garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, e che sono collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati”.

Tra le molteplici ragioni che hanno sin qui impedito un’applicazione diffusa e soddisfacente del CAD, sia nel settore pubblico sia in quello privato, vi era certamente un’eccessiva complessità del quadro definitorio che ha finito con il produrre lo smarrimento tra i potenziali utilizzatori, oltre ad una diffusa incertezza sulle reali implicazioni giuridiche degli strumenti info-telematici.

Si è ritenuto opportuno tale intervento poiché, in relazione all’evoluzione tecnologica, si vogliono mettere a disposizione dell’utente strumenti più semplici con i quali sottoscrivere documenti informatici con piena validità legale (la diffusione di tali dispositivi potrebbe essere particolarmente importante, ad esempio, nell’ambito di sistemi di home banking). La riforma appena approvata pone

* DLGS 30 Dicembre 2010 n° 235

Vi sono poi ulteriori disposizioni rilevanti, come quelle che prevedono la possibilità di effettuare tutti i pagamenti on line e di comunicare esclusivamente via Posta Elettronica Certificata: si tratta di due snodi cruciali per consentire, come previsto, la totale digitalizzazione dei rapporti tra imprese e Amministrazione: quando queste norme entreranno in vigore, l’unico modo per interagire con la PA e fruire dei suoi servizi sarà quello digitale-telematico. Nelle intenzioni del Governo queste nuove norme dovrebbero garantire risparmi economici (6 milioni di euro solo per i costi della Carta e ben 200 milioni grazie all’abbandono della raccomandata tradizionale) e di tempo (circa l’80% per le pratiche amministrative). Il testo approvato dal Governo è stato pubblicato in data 10.01.11 sulla Gazzetta Ufficiale [Serie generale n° 6 (Suppl. Ordinario n° 8)]* e, da quel momento, il Governo avrà dodici mesi per emanare le necessarie norme attuative. La speranza è che questo termine venga realmente rispettato (al contrario di quanto, troppo spesso, accaduto in passato), in modo da garantire l’effettività delle novità introdotte ed evitare che – ancora una volta – le norme in materia di digitalizzazione restino “sulla carta”.

ERNESTO BELISARIO

Avvocato ed esperto di diritto delle nuove tecnologie

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APPROFONDIMENTI

L’impiego delle tecnologie nell’Amministrazione digitale: cosa c’è e cosa manca Forse non sono le nuove tecnologie che possono attivare lo sviluppo di un’efficiente Amministrazione digitale, ma si deve superare l’inerzia della macchina burocratica e l’eccessiva indipendenza delle amministrazioni, centrali e locali, poco motivate a collaborare tra loro DI PIERLUIGI RIDOLFI

LE NUOVE TECNOLOGIE: NON CREDERE NEI FANTASMI Nel settore pubblico da almeno vent’anni si parla in modo organico di “Amministrazione digitale”. In questo periodo si è fatto non poco: sono nate leggi innovative, applicazioni concrete, soluzioni efficaci. Però è opinione comune che si poteva fare “di più” e soprattutto si poteva fare “prima”, almeno rispetto alle aspettative che si erano create. Insieme a questa modesta valutazione del presente fa riscontro, da un po’ di tempo a questo parte, un grande ottimismo per il futuro: molti sono convinti che la macchina dell’Amministrazione digitale inserirà una marcia in più, appena potrà contare sulle nuove tecnologie. Questo scenario non mi convince. Le tecnologie non hanno alcuna colpa del lento procedere dell’Amministrazione digitale. Infatti, tutto quanto era ragionevolmente disponibile è stato utilizzato dalla pubblica amministrazione: calcolatori centrali di grande potenza, personal computer, reti, VoIP, sistemi operativi avanzati, in quantità e qualità ampiamente sufficienti alle necessità operative. Io credo invece

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che, se colpa c’è, essa sta nell’enorme inerzia della macchina burocratica e all’eccessiva indipendenza delle varie amministrazioni, centrali e locali, poco motivate a collaborare tra loro per una gestione razionale comune delle risorse informatiche, anzi gelosissime delle proprie autonomie. Si pone comunque una domanda: in questo contesto le nuove tecnologie potranno essere utili? Premesso che non si può razionalmente pensare che le tecnologie da sole cambino il modus operandi dello Stato, non è neanche facile individuare con precisione quali siano queste “nuove tecnologie”. Esse si intravedono, ma non si lasciano afferrare tanto facilmente: sono come i fantasmi e, come questi, hanno una forma un po’ confusa. Alcune vengono raggruppate nella formula magica del “2.0” altre si nascondono dietro la “larga banda”; altre ancora si basano sulla “cooperazione applicativa”. Val la pena esaminare, almeno sommariamente, queste tre nuove tecnologie, per capire che cosa da loro non ci si può aspettare di utile per la amministrazione pubblica.

Il Prof. Pierluigi Ridolfi nel corso di un convegno tenutosi in occasione della recente edizione di OMAT Roma

IL WEB “2.0” La sigla “2.0” è nata qualche anno fa in riferimento a Internet., con il significato, modestissimo, che il “2.0” viene dopo l’“1.0”, sigla con la quale si vorrebbero indicare le tecnologie di oggi, diffuse fin dagli anni ’90: navigazione tra pagine statiche, uso dei motori di

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ricerca, posta elettronica tradizionale, interazione con l’utente prevista solo in ambiti limitati. Il Web 2.0 aggiunge delle forti componenti di interattività, come i Blog, i Forum, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter e cose simili, con una diretta partecipazione dell’utente alla creazione e alla modifica del sito. Ma è rigorosamente al Web di oggi che fa riferimento il Codice dell’Amministrazione digitale quando ne stabilisce le caratteristiche funzionali, indicate negli articoli 53 e 54. Gli articoli sono chiari e ancora attuali, tant’è vero che il nuovo CAD, emesso a seguito dell’art. 33 della legge 69/09, ne propone modifiche del tutto marginali e in pratica rivede solo le scadenze temporali. Molte amministrazioni sono già in linea con quanto prescritto, le altre stanno provvedendo: ma non ci sono problemi di tecnologia. Si tratta di “contenuti” utili al cittadino, che hanno tanto più senso quanto più sono completi e aggiornati. Tutto si svolge nell’ambito del web “1.0” e non c’è alcun bisogno delle novità del “2.0”. LA LARGA BANDA Per quanto riguarda la banda larga, si intravede una sola importante applicazione nel campo dell’Amministrazione digitale: il trasferimento di grandi quantità di dati dall’Amministrazione al cittadino-utente e viceversa. Il primo caso potrebbe verificarsi quando si desidera scaricare dal sito materiali voluminosi (ad esempio, filmati o manuali ricchi di immagini); il secondo quando si invia all’Amministrazione un’istanza mediante posta certificata con allegata una vasta documentazione. Con la larga banda si fa prima, ma non si rende possibile ciò che prima era impossibile. I veri problemi sono di tutt’altro tipo, che nulla hanno a che vedere con la larga banda: la disponibilità nel sito di materiale utile al cittadino e l’esistenza di una funzione organizzativa di back-office in grado di trattare la documentazione inviata dal cittadino.

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Dunque, ben venga la larga banda, ma non aspettiamoci dei miracoli a beneficio di una migliore Amministrazione digitale. COOPERAZIONE APPLICATIVA Per individuare il campo di intervento della cooperazione applicativa, occorre prima definire l’interoperabilità. Dati più sistemi A, B, C, … N, connessi in rete, con interoperabilità si intende la possibilità per questi sistemi di scambiarsi delle informazioni. A questo scopo non è necessario che le banche dati abbiano un’identica architettura: occorre solo (si fa per dire!) che le informazioni in uscita verso un altro sistema, o in ingresso provenienti da un altro sistema, siano strutturate in modo predefinito e gestibile. Con cooperazione applicativa si intende la capacità per il sistema A di acquisire, in modo automatico, ai fini delle proprie elaborazioni, alcuni dei dati esistenti sugli altri sistemi B, C, … N. In questo modo, un’applicazione nel corso del suo processo elaborativo può far uso di un’informazione elaborata da un’altra applicazione. Ad esempio, un’applicazione in ambito sanitario può richiedere i dati anagrafici del cittadino al sistema che gestisce l’anagrafe civile del suo comune di residenza. L’interoperabilità è un prerequisito essenziale per la cooperazione applicativa; ma, mentre l’interoperabilità in rete va inquadrata nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività, i cui standard sono universalmente accettati, la cooperazione applicativa dipende dalla struttura degli archivi delle varie amministrazioni, che standard non sono. Finora sono state definiti i principali protocolli di scambio, una specie di “buste” con indirizzo e mittente. Il contenuto delle buste è quello che interessa ai fini dello scambio. Al momento sembra difficile realizzare soluzioni di tipo generale, anche per probabili problemi di privacy e per doverosa selettività nell’accesso. Ben vangano però soluzioni di tipo particolare, se servono a tracciare una strategia futura di tipo generale.

Trovo però stupefacente che una problematica talmente complicata venga banalizzata nel nuovo CAD, che modifica il comma 2 dell’articolo 68 che ora recita in sintesi così: “Le pubbliche amministrazioni nella predisposizione di programmi informatici adottano soluzioni basate su sistemi funzionali che assicurino l’interoperabilità e la cooperazione applicativa”. Fosse facile! SUGGERIMENTI SU COME GESTIRE LE TECNOLOGIE Io credo che, per accelerare la digitalizzazione dello Stato, bisognerebbe concentrarsi sulle tecnologie esistenti, collaudate e sicure, che sono alla base di innumerevoli applicazioni consolidate, come, ad esempio, la firma digitale, la posta elettronica ordinaria e certificata, internet, le reti, l’accesso alle reti, i programmi tipici dei PC e quelli per gestire le grandi banche dati. Dare troppa enfasi alle nuove tecnologie è fuorviante, almeno per ora. A questo proposito mi sembra interessante notare che, mentre nella relazione che accompagna il progetto del nuovo CAD si sostiene che una revisione della norma, che risale a cinque anni fa, è necessaria per l’avvento delle nuove tecnologie, solo una delle numerose variazioni contenute nel testo si riferisce alle nuove tecnologie, all’articolo 68, come sopra citato. Sono nate invece nuove applicazioni interessantissime di servizi al cittadino basati sulla telefonia mobile, che si inseriscono senza problemi nello schema legislativo vigente. Ciò sembrerebbe dimostrare che il CAD, almeno dal punto di vista delle tecnologie, non è affatto obsoleto e va bene così com’è.

PIERLUIGI RIDOLFI

Università di Bologna, già Presidente della Commissione interministeriale sulla dematerializzazione.

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APPROFONDIMENTI

L’impronta dell’archivio informatico Un’utile sintesi del recente provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate DI GAETANO SILIPIGNI

Con il provvedimento del 25 ottobre del Direttore dell’Agenzia delle entrate, attuativo delle disposizioni contenute nel D.M. 23 gennaio 2004, si chiude il cerchio sulla conservazione digitale dei documenti rilevanti ai fini tributari. Il fine è quello di estendere nel tempo la validità dei documenti informatici e di consentire all’Amministrazione finanziaria di conoscere i contribuenti che adottano sistemi di conservazione digitale, nonché i dati relativi ai responsabili della conservazione ed ai soggetti da questi eventualmente delegati ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della deliberazione CNIPA 11/2004. COS’È L’IMPRONTA DELL’ARCHIVIO INFORMATICO?

Prima di addentrarci nell’analisi tecnica del provvedimento è opportuno far chiarezza su cosa sia materialmente un’impronta informatica. Un esempio pratico ne agevolerà la comprensione. Quando firmiamo digitalmente un documento (utilizzando la nostra smart-card o chiavetta usb) viene generata dal software di firma, in maniera del tutto automatica e trasparente per l’utente, quella che tecnicamente viene definita impronta del documento, vale a dire una sintesi del documento stesso che in formato esadecimale è composta da poche decine di caratteri

(un esempio di impronta con ottenuta con l’algoritmo L’SHA-1 potrebbe essere costituita dai seguenti 40 caratteri: “33hg16h450k7hc2g4k6hx87hf122qhjbuiu47gsi”). Questa sequenza di caratteri, ottenuta attraverso l’applicazione di una specifica funzione di calcolo (funzione di hash), garantisce una associazione biunivoca tra l’impronta stessa ed il documento di origine. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Una piccola digressione storica si rende necessaria per inquadrare compiutamente l’argomento. A gettare le basi per la conservazione dei documenti rilevanti ai fini tributari con modalità alternative a quelle cartacee è stato il D.L. 357/1994 che all’articolo 7 introduce il concetto di tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici. Tale disposizione non trovò immediata applicazione in quanto subordinata all’emanazione di un apposito decreto del Ministro delle finanze che vide la luce dieci anni dopo con il D.M. 23 gennaio 2004. Questo ultimo provvedimento, che da il via alla dematerializzazione dei documenti rilevanti ai fini tributari, all’articolo 5 rubricato “Comunicazione alle Agenzie fiscali dell’impronta relativa ai documenti informatici rilevanti ai fini tributa-

ri”, introduce il concetto di impronta dell’archivio informatico. In particolare, viene disposto che, entro il mese successivo alla scadenza dei termini per la presentazione delle dichiarazioni annuali, il soggetto interessato o il responsabile della conservazione, al fine di estendere la validità dei documenti informatici trasmetta all’Agenzia delle entrate l’impronta dell’archivio informatico oggetto della conservazione, la relativa sottoscrizione elettronica e la marca temporale. La stessa Amministrazione finanziaria provvederà a rendere disponibile per via telematica la ricevuta della comunicazione effettuata ed il relativo numero di protocollo. Successivamente, la Finanziaria 2008 (Legge 244/2007) interviene, sull’articolo 7 del D.L. 357/1994, posticipando i termini di tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici di tre mesi rispetto al termine di presentazione delle relative dichiarazioni annuali. Infine, l’ultimo intervento sui termini di presentazione viene apportato dal D.M. 6 marzo 2009 che, modificando l’articolo 5, comma 1, del D.M. 23 gennaio 2004, prevede la “trasmissione dell’impronta dell’archivio informatico” oggetto di conservazione entro il “quarto mese successivo” alla scadenza dei termini per la presentazione delle dichiarazioni annuali e non più, come nel previgente testo, entro il mese successivo. iged.it 04.2010

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SOGGETTI OBBLIGATI E TEMPISTICHE

L’adempimento è a carico del soggetto titolare dei documenti contabili ovvero del responsabile della conservazione o anche del soggetto eventualmente delegato da quest’ultimo. È opportuno ricordare che i compiti del responsabile della conservazione e degli eventuali delegati sono indicati in modo puntuale all’articolo 5 della deliberazione CNIPA 11/2004 (attualmente ancora in vigore). Stando agli attuali termini, i contribuenti che creeranno l’archivio informatico dei documenti relativi al periodo d’imposta 2010 dovranno comunicarne l’impronta entro il 31 gennaio 2012. Qualora il soggetto decida di effettuare un riversamento sostitutivo dei documenti (per i non tecnici il riversamento sostitutivo consiste nel trasferire uno o più documenti conservati digitalmente da un supporto di memorizzazione ad un altro, modificando la rappresentazione informatica del suo contenuto) è obbligatorio comunicare la nuova impronta dell’archivio informatico oggetto di riversamento entro quattro mesi dal completamento del procedimento stesso. COSA FARE PRATICAMENTE

Dal punto di vista operativo, il soggetto titolare dei documenti o il responsabile della conservazione, dovrà generare l’impronta dell’archivio informatico oggetto della conservazione (sul quale è stata apposta la firma digitale e la marca temporale) e redigere una comunicazione, in formato XML (eXtensible Markup Language), da trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate. Ritengo importante precisare che la marca temporale dovrà essere inserita utilizzando la codifica in “base64”. Per poter ottenere la stringa in base64 si possono utilizzare i software gra-

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tuiti disponibili su internet come ad esempio openSSL scaricabile da www. slproweb.com/products/Win32OpenSSL. html. Generata la stringa l’utente dovrà semplicemente copiarla nel tag “Marca Temporale” della comunicazione in formato XML. Tornando alla comunicazione da trasmettere all’Agenzia delle entrate, si riportano di seguito le informazioni che dovrà contenere: - dati della fornitura (anno d’imposta e tipo di comunicazione); - dati del titolare della contabilità (persona fisica/persona giuridica e domicilio fiscale/sede legale); - dati del responsabile della conservazione; - dati dei delegati alla conservazione (tale informazione è facoltativa in quanto potrebbero non essere presenti delegati); - dati dell’intermediario (questo dato deve essere indicato se il soggetto che effettua la trasmissione è diverso dal titolare della contabilità); - dati dell’archivio informatico (devono essere indicati il luogo di conservazione dei documenti, l’impronta generata, la marca temporale, la quantità dei documenti conservati suddivisi per tipologia come specificato nell’Allegato 1 del provvedimento in esame, nonché le date di inizio e fine validità di ogni tipologia di documento dell’archivio). Per procedere alla trasmissione telematica del file è necessario effettuare preventivamente un controllo sulla correttezza formale delle informazioni inserite. Tale controllo può essere effettuato dal menù “Documenti” dell’applicazione Entratel o dalla funzione “Prepara file” dell’applicazione “FileInternet”.

Se la fase di controllo ha esito positivo è prodotto un file telematico che dovrà essere firmato digitalmente prima di essere inviato. In particolare, per gli utenti Entratel tale file è contenuto nella cartella “Entratel\documenti\controllati”, mentre per gli utenti Fisconline nella cartella “Uniconline\invio”. È opportuno ricordare che possono inviare la comunicazione tramite Fisconline solo i soggetti indicati nella comunicazione come “Titolare della contabilità”, pena lo scarto della comunicazione in fase di accettazione. Se il file è correttamente acquisito dall’Agenzia delle entrate, verrà messa a disposizione del soggetto una ricevuta, identificata da un numero di protocollo, comprovante l’avvenuta ricezione del file in oggetto. Qualora il file dovesse essere scartato, il soggetto che ha effettuato la trasmissione è tenuto a riproporre la corretta trasmissione entro i cinque giorni lavorativi successivi alla comunicazione di scarto. Si evidenzia, inoltre, che è consentito sostituire, per una sola volta, il file precedentemente inviato a condizione che la sostituzione avvenga non oltre 30 giorni dal termine di trasmissione dei dati. La sostituzione comporta l’automatico annullamento del file precedentemente inviato, che non potrà più essere ripristinato. Infine, anche per coloro che hanno già conservato i documenti rilevanti ai fini tributari con modalità digitali è previsto che inviino le impronte degli archivi informatici degli anni passati entro il 31 gennaio 2012.

GAETANO SILIPIGNI

Esperto Tributario

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APPROFONDIMENTI

Il messo comunale diventerà un cyber-messo dal 2011? La proposta di ANORC per l’Albo on-line DI ANDREA LISI E GIANNI PENZO DORIA

La legge 18 giugno 2009, n. 69 ha introdotto l’obbligo della pubblicità legale sui siti informatici istituzionali, conosciuta anche come Albo on-line. Il termine previsto era il 1° gennaio 2010, poi prorogato di sei mesi e, infine, posticipato al 1° gennaio 2011. Siamo tuttora il “Paese delle Proroghe”, a fronte di annunci eclatanti. Ma ora, a pochi giorni dall’entrata in vigore (salvo terza proroga), i messi comunali sono pronti a questa riforma dell’amministrazione digitale e a trasformarsi in cyber-messi? I pochi enti che hanno previsto una pagina web dalla quale scaricare i documenti lo hanno fatto in assenza di regole tecniche, con formati di file e procedure inidonei a garantire nel tempo l’autenticità e l’integrità dei documenti pubblicati. Si è trattato, in non pochi casi, di digitale “fai-da-te”, perlopiù improvvisato, anche a causa del pressing che alcune amministrazioni hanno fatto sulle softwarehouse per avere comunque un prodotto per la pubblicazione telematica. Invece, si tratta di una riforma da non sottovalutare, perché nell’albo on-line si intersecano problematiche e normative intersettoriali, come quelle anche di recente riformate su diritto d’accesso, privacy, beni culturali, trasparenza e, appunto, amministrazione digitale. Per questo ANORC, l’associazione che rappresenta a livello nazionale chi si occupa di conservazione digitale dei documenti, ha istituito, già nel marzo scorso, un gruppo di lavoro incaricato di redigere una bozza di DPCM da presentare al ministro Brunetta e contenente le regole tecniche per l’Albo on-line. Si tratta, in buona sostanza, di una class action propositiva, che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone – tra professori universitari, archivisti, diplomatisti, informatici e gius-informatici, esperti di diritto, dipendenti pubblici e operatori del settore – impegnate per

sei mesi nella redazione della bozza e provenienti da regioni, province, comuni, università, aziende sanitarie, camere di commercio, agenzie, ma anche provenienti da associazioni di categoria e da amministrazioni statali, quali il Ministero per i beni e le attività culturali, DigitPA, una Procura Generale e la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri. I punti salienti della riforma sono l’esclusiva pubblicazione per via telematica a partire dalla richiesta, la refertazione attraverso la firma elettronica, la regolamentazione dell’affidamento a terzi (soprattutto per le piccole amministrazioni), l’eliminazione legale dei documenti pubblicati, le modalità per il computo dei giorni di pubblicazione, l’individuazione degli elementi obbligatori come nucleo minimo di registrazione, il rispetto della privacy attraverso il principio di temporaneità e il diritto all’oblio in armonia con quanto previsto dal Garante con la deliberazione 17/2007, il repertorio di emergenza e, infine, l’individuazione di tre precise responsabilità in merito alla redazione del documento, alla sua pubblicazione e alla conservazione affidabile nel tempo. Anzi, proprio quest’ultimo punto – cruciale nell’affrontare e sciogliere i nodi del digitale – sarà la cartina di tornasole per sviluppare la figura del conservatore nelle amministrazioni pubbliche, di recente reintrodotta su pressione di ANORC anche nel nuovo testo in approvazione del CAD. In seguito alla presentazione ufficiale a OMAT 2010 svoltasi a Roma agli inizi di novembre, recentemente si è conclusa la consultazione pubblica nazionale, che ha registrato una partecipazione al di sopra di ogni aspettativa da parte di esperti della materia e volta a dirimere e affinare alcuni nodi normativi e interpretativi. Inoltre, fatto non secondario, il testo è scritto in italiano. Già, perché un team dell’Università

degli Studi di Padova l’ha revisionato in una logica antiburocratese, cioè in un linguaggio semplice e chiaro, cosa alla quale purtroppo non ci ha abituato il legislatore degli ultimi anni. Presso la Procura Generale della Repubblica si è riunito il gruppo nazionale che ha licenziato la bozza da presentare al ministro Brunetta ai primi di dicembre. Insomma, una proposta dal basso, ma autorevole, interdisciplinare e che copre un buco della normativa italiana in materia che, per l’approccio metodologico e per la sua rilevanza tecnica, può dirsi una proposta trasversale di tipo neutro, che qualsiasi governo potrà fare propria. Allo studio di ANORC l’istituzione, già a gennaio 2011, di un gruppo di lavoro incaricato, sulla scorta delle regole tecniche, della redazione delle raccomandazioni per l’implementazione di un software adeguato all’Albo on-line e indipendente da soluzioni tecnologiche. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito di ANORC www.anorc.it.

ANDREA LISI

Avvocato esperto di diritto dell’informatica, Presidente ANORC

GIANNI PENZO DORIA

Dirigente Università di Padova. Coordinatore Commissione AOL in ANORC

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INTERVISTA

Intervista a Giovanni Procaccino Digitalizzare in tempo di crisi: stato dell’arte, difficoltà e prospettive in seno alla Pubblica Amministrazione LA REDAZIONE

In occasione della partecipazione del dott. Giovanni Procaccino, Health and Public Service Technology Lead di Accenture Italia, al Convegno “I Dati Digitali: lo sviluppo del Sistema Paese”, che ha aperto i lavori di OMAT Roma 2010, abbiamo colto l’occasione per conoscere il suo parere sul processo di dematerializzazione in seno alla Pubblica Amministrazione. D: Digitalizzazione in tempo di crisi. Anche alla luce del forte rallentamento della crescita economica, quali sono, secondo lei lo scenario e i trend del mercato? R: Dal punto di vista generale della spesa IT i dati non sono certo confortanti. La spesa IT della PA italiana si colloca in termini comparativi al di sotto della media europea, appena un quinto, per fare un esempio, di quella inglese in rapporto ai rispettivi PIL. Ma anche all’interno della spesa totale IT del nostro paese ripartita per mercati verticali, la PA rappresenta solo il 13% contro circa il 20% al livello mondiale. Non sorprende che le Nazioni Unite collochino nel 2010 l’Italia al 38° posto nello sviluppo dell’eGovernment. Il mercato di cui stiamo parlando, ossia quello della gestione e dell’utilizzo dei contenuti digitali, è la porzione meno penalizzata del più vasto settore dell’Information Technology. Secondo i dati forniti dagli analisti del settore, il mercato (Software e Servizi) dei Contenuti Digitali - inteso nel più ampio senso di Enterprise Information Management - per il 2009, può essere stimato in Italia intorno a 1,1 miliardi di €, con una previsione di crescita, per i due anni successivi, superiore al 5%. Esso rappresenta poco meno del 9% della corrispondente componente IT nazionale, mercato che, nella sua globalità, dopo una diminuzione del 8,7%

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nel 2009, si prevede che nel 2010 sarà ancora in diminuzione, seppur di solo un 2,7%. Pertanto, anche nel 2010, sia pur in mezzo a molte difficoltà, si conferma che il mercato dei Contenuti Digitali risulterà toccato dalla crisi meno degli altri settori. Come ben evidenziato nel convegno odierno, negli ultimi 10 anni la produzione di “Contenuti Digitali” ha preso a crescere in modo impressionante (Università di Berkeley (CA) (2003) – IDC Corporation (2007)): dai 12 Esabyte (miliardi di miliardi di byte) prodotti nel 2002, ai 161 Esabyte del 2006, ai 988 che si prevedono per il 2010. Dunque, la vera sfida di questo secolo è, e sarà, quella di riuscire a gestire e conservare le informazioni digitali. D: In Italia è ormai radicata l’esigenza di un’accelerazione del processo di digitalizzazione dell’amministrazione. Dottor Procaccino, qual è situazione attuale e quali le prospettive future? R: L’espressione “digitalizzare” è ormai abbastanza nota anche ai non addetti ai lavori, dal momento che, termini come digitalizzazione, e-Government, firma digitale e via discorrendo, sono entrati da anni a far parte delle priorità nell’ambito del processo di modernizzazione intrapreso dalla Pubblica Amministrazione. La dematerializzazione dei documenti, dei flussi documentali e degli archivi cartacei è un obiettivo strategico dell’innovazione della Pubblica Amministrazione, che rientra in quello più ampio dell’intero sviluppo del “Sistema Paese” così come delineato dal Piano e-gov 2012. L’evoluzione subita negli ultimi anni dal contesto normativo in tema di informatizzazione della Pubblica Amministrazione, tra cui i provvedimenti sul contenimento di costi e tempi

Giovanni Procaccino

di comunicazione, sul protocollo e gestione informatica documentale, sull’archiviazione e conservazione del documento digitale, rappresentano una testimonianza ulteriore dell’attualità e della rilevanza di questi temi. In questo contesto, stanno crescendo in maniera notevole l’impegno e gli interventi delle Amministrazioni Pubbliche nell’adozione di soluzioni informatizzate che permettano una gestione ottimale dei flussi documentali, con riduzione della produzione, trasmissione, validazione e archiviazione dei documenti in formato cartaceo e conseguente maggiore trasparenza e riduzione dei costi legati alla documentazione cartacea presente nella burocrazia amministrativa. Una vera riflessione va fatta sul “futuro” dell’e-Government, proprio perché immaginare il futuro significa non solo porre in essere le azioni da avviare nell’immediato, ma soprattutto valutare eventuali “correzioni di rotta”. L’unica certezza in nostro possesso è infatti il traguardo da raggiungere. Sono convinto che in questo contesto sia auspicabile immaginare uno scenario evolutivo che segua un’unica direttiva, ma con “passi” intermedi da raggiungere e consolidare man mano. Ma occorre tenere presente la diversa

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velocità con cui si muove la Pubblica Amministrazione, rispetto alla rapidità con la quale si diffondono le nuove tecnologie. Guardiamo ad esempio all’esperienza della firma digitale, per la quale si è passati dalla smart card – chiavetta USB – alla digital signature (server) nell’arco di soli 12 mesi. D: Quali sono, secondo lei, le principali difficoltà che finora hanno rallentato in Italia la digitalizzazione sia da parte della Pubblica Amministrazione, sia da parte delle imprese? R: Oggi, il punto di partenza sono i progetti di e-Government in cui la digitalizzazione è una parte rilevante, pur se in una situazione molto disomogenea. Nella galassia della PA ci sono già alcune eccellenze, che però convivono con molti casi di insuccesso. Fra l’altro, nella maggior parte delle Best Practices, la digitalizzazione ha riguardato i soli processi di back-office, con un impatto pressoché nullo sui cittadini. Il nodo della questione è che per le singole Amministrazioni risulta particolarmente tortuoso affrontare separatamente gli aspetti tecnici e normativi, considerando anche che, spesso, quelle Amministrazioni che hanno avviato i progetti, li hanno sviluppati singolarmente. Convivono quindi molteplici frammenti del “sistema digitale” scarsamente integrati, spesso incoerenti rispetto ad uno scenario procedurale e tecnologico comune e condiviso. È quindi necessario dare nuovo impulso all’evoluzione del concetto di e-Government - che riteniamo tecnologicamente maturo - verso il nuovo e più ampio concetto di e-Governance, nella realizzazione di un insieme di norme di funzionamento operativo, che devono diventare patrimonio e linguaggio comune a tutta la PA. Non si tratta di un nuovo codice, ma di “un’architettura concettuale” (culturale, infrastrutturale, applicativa, procedurale), che consenta alla PA stessa di completare la realizzazione degli obiettivi di e-Government, sia attraverso la condivisione delle esperienze all’avanguardia, sia attraverso l’indispensabile semplificazione delle procedure operative, che ne incentivino al suo interno un radicale cambiamento culturale. Il giusto percorso che consenta di avviare progetti in grado di fornire risultati concreti, è avviare pro-

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grammi che siano ben contestualizzati, con obiettivi definiti ed integrati in un quadro di digitalizzazione generale della PA. Definire ad esempio un programma di valorizzazione e diffusione delle migliori competenze e professionalità. Il tema delle competenze è vitale ed è in questo frangente una risorsa preziosa per la PA. Nel settore privato, queste professionalità sono di fatto presidiate dall’industria della tecnologia e della consulenza. Occorre far sì che la PA valorizzi le eccellenze esistenti al suo interno, creando un vero e proprio circuito di conoscenza che sia facilmente divulgabile ed accessibile da tutte le Amministrazioni, ed occorre che, la stessa PA, guidi e diffonda l’evoluzione digitale anche in termini di specifiche e linea guida tecnologiche, avviando proficuamente un costruttivo confronto con il mercato. Questi profondi cambiamenti a livello di sistema, richiedono infatti competenze diversificate, ma complementari. Per questo i progetti di “digitalizzazione ” devono essere intesi come un unicum, nel quale tutte le forze in campo e gli elementi chiave (CAD, Mail Room, PEC, Sistema di GED, CMD, organizzazione, strumenti abilitanti, persone, logistica, formazione e change management) vengano gestiti e coordinati per il raggiungimento di diversi obiettivi: flessibilità, rapidità, trasparenza, accessibilità, consistenza. D: Accenture, società leader nel settore della consulenza e dei servizi tecnologici, lavora con i principali enti pubblici di tutto il mondo. Quali soluzioni ed iniziative avete sviluppato per la gestione dei documenti digitali, anche grazie alle esperienze internazionali? R: In tema di dematerializzazione, con particolare attenzione alle opportunità offerte dalle soluzioni innovative di workflow e document management, Accenture ha maturato esperienze specifiche grazie alla gestione di programmi complessi e al know-how dei propri professionisti, esperti di tecnologia e organizzazione nelle aree: Business Intelligence, Portal & Content Management, Data Management & Architecture, Workflow e Document Management. Una squadra a disposizione dei clienti con competenze, asset e un network internazionale di relazioni tecniche con partner strategici e leader di mercato.

Accenture, convinta che la digitalizzazione dei documenti e più in generale l’automazione dei processi amministrativi abbiano un’importanza strategica per la modernizzazione nel settore pubblico, offre un’ampia gamma di servizi e soluzioni end to end a supporto dei programmi di innovazione, con l’obiettivo di realizzare amministrazioni “full digital”, che rispondano alle esigenze di rapidità, trasparenza e accessibilità da parte di cittadini e imprese. In ambito pubblico, Accenture sta supportando alcune tra le più importanti amministrazioni pubbliche a livello centrale e locale in Italia e all’estero nella realizzazione di sistemi di gestione elettronica dei documenti e di conservazione sostitutiva. All’estero, in Spagna, è stato sviluppato un centro servizi che offre a diversi enti pubblici una soluzione globale end to end, per la gestione documentale che va dal trasporto fisico dei documenti, all’acquisizione ottica degli stessi, fino alla gestione degli archivi cartacei e informatici. Gli Enti della Previdenza Sociale spagnola si avvalgono di questo centro servizi per la gestione informatica di 700.000 documenti con oltre 14 milioni di immagini digitalizzate. Abbiamo anche collaborato col Department for Work and Pensions, il più grande Ente pubblico in Gran Bretagna con 113 mila dipendenti e circa 20 milioni di utenti, per lo sviluppo e gestione di un’unica infrastruttura di gestione integrata dei servizi documentali, realizzando il primo vero caso europeo di gestione globale dell’outsourcing documentale nella Pubblica Amministrazione. Tra i progetti più rilevanti realizzati in Italia vi sono: L’iniziativa di digitalizzazione dei processi e documenti, realizzata, insieme alla Consip S.p.A., per il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Ragioneria Generale dello Stato e Dipartimento del Tesoro), per semplificare e velocizzare i procedimenti amministrativi di tutti i dipartimenti del Ministero e realizzare l’archiviazione digitale dei documenti, rendendo tutte le informazioni sempre accessibili e immediatamente fruibili attraverso lo sviluppo di una piattaforma tecnologica di workflow management e di un’architettura di conservazione sostitutiva, in modo da realizzare quanto previsto dal Codice dell’Amministrazio-

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ne Digitale. Il SIBAR: Sistema Integrato Base per l’Amministrazione Regionale della Regione Autonoma della Sardegna. Dematerializzazione della documentazione amministrativa e gestione digitale nelle varie fasi di lavoro interne all’Amministrazione, grazie all’adozione di un sofisticato strumento informatico per la gestione dei flussi documentali, integrato con il sistema contabile ed il sistema di gestione del personale. Nell’ambito degli interventi previsti per il conseguimento degli obiettivi del Programma Operativo Regionale

POR Sicilia 2000-2006, orientati alla semplificazione dei procedimenti amministrativi della Pubblica Amministrazione, Accenture ha realizzato per la Regione Siciliana il Sistema Regionale degli Sportelli Unici (SSU), il Sistema Informativo Interno, Controllo, Gestione e Finanziario (SIC), il Sistema Informativo “FIDIWEB” e il Sistema Informativo Regionale per l’automazione del processo di concessione, gestione e monitoraggio dei finanziamenti alle imprese. Accenture sta inoltre supportando il Gruppo Poste Italiane nella realizza-

zione di una piattaforma di Gestione Elettronica Documentale (GED) per l’erogazione del servizio Mail Room ai propri Clienti, sia Privati che Pubbliche Amministrazioni, per la gestione dell’intero ciclo di vita della corrispondenza in entrata e in uscita. Il servizio offerto comprende la gestione delle diverse fasi del processo di dematerializzazione attraverso la presa in carico dei documenti, la protocollazione, la dematerializzazione, l’archiviazione dei dati, la conservazione sostitutiva, l’export del flusso dati, l’archiviazione del cartaceo e il publishing dei documenti.

NOTIZIE DALLE AZIENDE

Da Avnet le migliori Tecnologie per la Gestione dei Documenti LORIS STUCCHI

Avnet Technology Solutions, azienda leader nella Value Added Distribution di prodotti e servizi IT, è il principale distributore Europeo a valore specializzato, tra gli altri, in prodotti e soluzioni per l’elaborazione, la digitalizzazione e la gestione dei documenti. Grazie ad un ampio portafoglio di brand rappresentati che include i marchi e i prodotti leader del mercato e ad un valido supporto di consulenza professionale, Avnet è in grado di soddisfare i crescenti requisiti del settore della gestione delle informazioni attraverso un modello di distribuzione realmente indipendente e di stretta collaborazione con clienti VAR (Value-Added Resellers), ISV (Independent Software Vendors), Centri Servizi di Documentale, System Integrator e Vendors. Il portafoglio di soluzioni di Document Management comprende scanner per tutti i tipi di documenti e formati, software di indicizzazione documenti, software di lettura ottica per dattiloscritto e manoscritto, soluzioni di archiviazione sostitutiva a norma ed archiviazione ad alta disponibilità, gestione del ciclo di vita dei documenti, strumenti di sviluppo per il back-up di

archiviazione (comprese tecnologie di compressione delle immagini) e speciali sottosistemi di visualizzazione. Tra i marchi di scanner distribuiti: Canon, Fujitsu, Kodak, Panasonic e Xerox; le soluzioni di indicizzazione e lettura ottica includono Quick Scan Pro e Captiva di EMC, Kodak, IRIS, Nuance; le piattaforme di Documentale ed Enterprise Content Management trovano invece le offerte di Arxivar, Documentum e FileNet. Avnet è in grado di fornire ai propri business partner non solo prodotti e soluzioni all’avanguardia ma anche un

Avnet Technology Solutions S.r.l. Via Alessandro Manzoni 44 20095 - Cusano Milanino (Mi) Telefono: +39 02 66085.1 Fax: +39 02 66085.444 marketing.italia@avnet.com www.avnet.it

vasto bagaglio di know-how, offrendo formazione on center od on site e servizi di consulenza e manutenzione. I prodotti e le Soluzioni in ambito Documentale rappresentano una parte dell’intero portafoglio di offerta della società. L’organizzazione di marketing e vendita di Avnet Technology Solutions si avvale di divisioni incentrate su segmenti di mercato specifici e di una strategia che consente un eccezionale livello di attenzione verso le esigenze di clienti e fornitori. Nell’anno commerciale 2010, il gruppo ha realizzato con le sue filiali in oltre 70 paesi del mondo, un fatturato annuo di 8,19 miliardi di dollari USA. Avnet Technology Solutions è un’unità operativa di Avnet, Inc. (NYSE:AVT).

LORIS STUCCHI

Business Unit Manager Document Management Technologies Division

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INTERVISTA

Cloud computing e social network Le aziende sono pronte ad affrontare i rischi delle nuove tecnologie? L’evoluzione tecnologica e l’aumento sempre più significativo dell’utilizzo delle soluzioni di virtualizzazione e di cloud computing da parte delle aziende rendono sempre più labili i confini aziendali e conseguentemente richiedono nuove modalità di gestione dei rischi associati all’information and communication technology (ICT). Ne discutiamo con due professionisti di Ernst & Young: Andrea Mariotti, Executive IT Risk & Assurance e Luca Gargiulo, Director e Sub-Area Mediterranean CFO, coi quali commentiamo i risultati della tredicesima Ernst & Young Global Information Security Survey. D: Si parla tanto in questi tempi di virtualizzazione, cloud computing, Web 2.0, ecc. Le aziende come stanno affrontando queste tematiche? Mariotti - L’evoluzione tecnologica ha indubbiamente favorito l’automazione di molti processi aziendali e anche nel settore dell’ICT soluzioni sempre più sofisticate e al tempo stesso flessibili hanno contribuito notevolmente all’ottimizzazione dei processi di gestione dei sistemi informativi aziendali. Considerando anche la situazione macroeconomica che stiamo vivendo, molte aziende si sono spinte nello studio e nell’adozione di nuove soluzioni tecnologiche con l’obiettivo primario e dichiarato di ridurre i costi di gestione dell’ICT. Tuttavia nuove tecnologie implicano anche nuovi rischi da gestire, in particolare quelli legati alla protezione degli asset e delle informazioni aziendali, ma non sempre le scelte aziendali sono effettuate a seguito di un’attenta valutazione dei potenziali rischi cui si va incontro.

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D: Quindi le aziende sono poco orientate alla valutazione dei rischi ICT e non investono molto in queste attività? Gargiulo - In realtà la percezione di un incremento dei rischi legati alle nuove tecnologie c’è ed è molto sentita, in particolare da chi tutti i giorni si trova per propria missione all’interno delle aziende a dover affrontare le continue minacce portate ai sistemi informativi e di comunicazione e a dover tutelare il patrimonio informativo aziendale. Per dare un’idea dell’atmosfera che si respira nelle aziende circa questi temi possiamo citare qualche numero emerso dall’ultima indagine annuale sulla sicurezza informatica di Ernst & Young, giunta oramai alla tredicesima edizione, la Global Information Security Survey. L’indagine ha coinvolto circa 1600 responsabili ICT e di information security a livello mondiale. Ebbene, il 60% degli intervistati ha riconosciuto un aumento del livello di rischio apportato dalle nuove tecnologie, quali il cloud computing, o dall’utilizzo di strumenti dei social networking : tuttavia, meno di un terzo di questi ha avviato un programma di risk management per l’analisi e la gestione dei rischi ad essi correlati. Di buono c’è comunque il fatto che nonostante la continua pressione alla riduzione dei costi, le aziende cercano di mantenere quanto più possibile costanti gli investimenti in sicurezza informatica, anche se la maggior parte degli sforzi e delle iniziative delle funzioni di information security sono indirizzate alla compliance rispetto alle varie normative che impattano l’ICT e alla protezione dell’immagine aziendale, mentre troppo poco tempo (e budget) è destinato all’analisi dei nuovi trend relativi

Luca Gargiulo, Ernst & Young Director e Sub-Area Mediterranean CFO

Andrea Mariotti, Ernst & Young Executive IT Risk & Assurance

all’informatica e alle telecomunicazioni (vedansi in particolare i risultati esposti nella Tavola 1). D: Parliamo di cloud computing: qual è il livello di utilizzo e quali sono i principali rischi associati? Mariotti - Come detto prima, sicuramente da un lato la necessità di ridurre i costi dell’ICT e dall’altro la possibilità di garantire maggior flessibilità e velocità di adozione delle soluzioni a supporto dei prodotti e dei servizi che il business

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Tavola 1 – Importanza della sicurezza nel supportare alcune attività aziendali

Tavola 2 – Principali aree di rischio IT per le aziende

richiede hanno favorito il ricorso all’utilizzo di servizi esternalizzati nella cosiddetta “nuvola”: sempre dalla nostra recente indagine, ormai quasi il 50% delle aziende a livello mondiale ne sta già facendo uso, o ne ha pianificato l’adozione entro i prossimi mesi, e ci aspettiamo che questo numero cresca ancora nel breve periodo, anche se in Italia, in realtà, siamo per il momento indietro, seppur con trend di crescita significativi. In generale i principali servizi attualmente in uso sono riconducibili all’utilizzo di applicazioni su

infrastrutture accessibili da diversi tipi di client (SaaS - Software as a Service) e, tipicamente, le società che utilizzano a tal fine le prestazioni offerte dal cloud computing usufruiscono di servizi dedicati all’azienda che possono offrire maggiori garanzie di sicurezza, affidabilità e governance. Proprio sulla sicurezza dei dati si concentrano le maggiori preoccupazioni di chi in azienda deve affrontare il tema del cloud computing, dal momento che i principali rischi sono collegati alla potenziale perdita di confidenzialità delle informazioni aziendali, così come alla

perdita di visibilità su cosa accade ai dati aziendali e alla fiducia posta nei sistemi di autenticazione definiti dal provider, che potrebbero non essere allineati ai requisiti di sicurezza interni. D: Le aziende come possono affrontare questi rischi? Gargiulo - Indubbiamente le criticità e i rischi legati al cloud computing sono significativi, ma la maggior parte non sono completamente nuovi: le aziende possono riutilizzare le esperienze avute nella gestione degli outsourcer ICT, o iged.it 04.2010

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Tavola 3 – Variazione della spesa rispetto all’anno precedente per la gestione della sicurezza di alcune attività aziendali

nell’adozione di soluzioni di virtualizzazione, per rivedere la strategia aziendale e definire un modello di governance e un approccio operativo all’utilizzo del cloud computing, coinvolgendo la funzione di information security nei processi di valutazione delle soluzioni. Fondamentale risulta infatti l’analisi dei rischi legali, organizzativi e tecnologici, così come degli aspetti di sicurezza causati in particolare dalla localizzazione delle informazioni in ambienti condivisi. È opportuno quindi stabilire degli standard e dei requisiti minimi al fine di permettere all’organizzazione di adottare il cloud computing nel modo più sicuro possibile, e una volta stabilite le regole, spostare l’attenzione sulla verifica del loro rispetto. D: Che rischi intravvedete nel boom di questi ultimi tempi di smartphone, tablet, ecc. e nella loro introduzione nelle realtà aziendali? Mariotti - I device di mobile computing sono sempre più diffusi anche all’interno delle aziende, consentendo alle persone di accedere e distribuire le informazioni in qualunque momento e ovunque si trovino, con modi apparentemente infiniti di connettersi e di interagire con colleghi, clienti e fornitori. L’aumento vertiginoso dell’utilizzo di questi strumenti li espone tuttavia a nuove minacce, nonché al rischio di smarrimenti e furti, comportando quindi per l’azienda la necessità di ripensare alle modalità di protezione

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delle informazioni aziendali, che fino a poco tempo fa erano confinate all’interno delle mura della società. Non a caso i dati della nostra ricerca indicano che la mobilità della forza lavoro è uno dei principali problemi che quotidianamente i responsabili della sicurezza si trovano a dover affrontare, insieme con l’eterna ricerca di budget e di personale adeguato (vedansi in particolare i risultati esposti nella Tavola 2). Il rischio più significativo legato all’utilizzo di questi device per scopi di business è naturalmente rappresentato dalla potenziale perdita o diffusione delle informazioni aziendali, tanto che la gestione e la protezione dei dati aziendali critici è ormai, insieme alla continuità di servizio, all’ordine del giorno dei responsabili ICT e di information security. D: Quali sono le soluzioni per la gestione sicura dei dispositivi mobili? Gargiulo - Le aziende stanno percependo sempre più il rischio derivante dalle nuove tecnologie legate al mobile computing e hanno iniziato ad attivare specifiche progettualità al fine di ridurre il rischio derivante dalla perdita di informazioni. La metà dei partecipanti alla survey Ernst & Young ha pianificato di aumentare le spese nel prossimo anno relativamente a processi e tecnologie di data leakage prevention e identity & access management, così come di rafforzare i programmi di business continuity e disaster recovery. Le

principali azioni sono quindi legate a soluzioni tecnologiche, ma anche alla revisione ed aggiornamento delle policy e delle procedure di sicurezza (vedansi in particolare i risultati esposti nella Tavola 3). Oltre all’adozione di nuove soluzioni tecnologiche e alla reingegnerizzazione dei flussi informativi, le aziende devono anche impegnarsi a rendere consapevoli i dipendenti dei potenziali rischi. Training efficaci e regolari in materia di sicurezza sono infatti un fattore critico di successo per le aziende che cercano di stare al passo con uno scenario in continua evoluzione. D: Il fenomeno dei social network sta ormai dilagando: quali impatti vedete in termini di sicurezza nel loro utilizzo in azienda? Mariotti - Abbiamo ormai a che fare con una nuova generazione di forza lavoro che è cresciuta e vissuta al passo dell’evoluzione tecnologica e di internet, con tutte le possibilità che questi strumenti offrono. Così come trascorrono molto tempo in chat e navigando sui siti di social networking, queste stesse persone hanno forti aspettative sull’uso della tecnologia in azienda e sulla possibilità di creare relazioni e comunità, sia all’interno sia all’esterno dei confini aziendali. Molte società stanno quindi sviluppando infrastrutture ed applicazioni che supportano l’utilizzo dei social media in azienda, limitando per ora la collabo-

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Adlib Software è leader mondiale per i prodotti server-based di conversione documentale, publishing e OCR, avendo introdotto per prima sul mercato un prodotto server per l’automazione documentale di livello enterprise

La Swen vanta oltre 20 anni di esperienza nello sviluppo e nell’integrazione di soluzioni documentali enterprise e nell’integrazione in ambienti complessi e mission-critical Rappresenta il partner ideale per l’ottimizzazione e l’automazione di processi di business complessi, grazie alla conoscenza e alla capacità di sintesi delle più avanzate tecnologie disponibili sul mercato

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razione professionale e lo scambio di informazioni all’interno della intranet aziendale; tuttavia solo una minoranza di aziende ha analizzato gli impatti dell’utilizzo delle tecnologie Web 2.0 in termini di sicurezza del patrimonio informativo aziendale. Man mano che l’uso di tali strumenti diventerà parte dell’ambiente lavorativo, l’attitudine a scambiarsi informazioni personali si trasferirà alle informazioni aziendali, con il rischio di diffusioni non autorizzate di dati riservati attraverso i social media. Certo, si potrebbe limitare l’uso dei social network al solo ambiente di lavoro, ma questa soluzione potrebbe avere un successo limitato, ovvero produrre l’effetto opposto e causare ulteriori comportamenti indesiderati.

È quindi opportuno valutare come fornire l’accesso alle comunità on-line e gli strumenti di collaborazione che la nuova forza lavoro si aspetta, secondo una visione che allinei i requisiti aziendali con la responsabilità personale, al fine di proteggere le informazioni critiche per il business.

Non c’è nulla che debba essere temuto a priori, ma solamente e esattamente studiato e indagato nei suoi molteplici aspetti e nei suoi potenziali impatti.

D: Nulla di insormontabile quindi, il cloud computing e i social network non sono di per sé dei rischi. Gargiulo - Sì, in estrema sintesi, nulla di insuperabile e nulla di per sé rischioso. Come sempre, la gestione corretta e sicura di ogni cambiamento, qualunque esso sia e indipendentemente dalla tipologia di tecnologia abilitante, passa solamente attraverso la profonda conoscenza del fenomeno stesso che è in atto.

Non ci sono tecnologie intrinsecamente insicure, e quindi da bandire, così come non c’è una scelta in termini di tutela della sicurezza aziendale che non debba fare i conti con la responsabilità personale delle risorse umane impiegate, sia che i media di scambio e di utilizzo delle informazioni aziendali siano, per estremo, totalmente cartacee o solamente digitali e addirittura elaborate all’esterno delle mura delle società, come nel caso del cloud computing.

Ci piace molte volte ripetere che i rischi, così come la sicurezza, sono sempre legati al fattore umano.

NOTIZIE

Oltre 177,3 miliardi di Euro l’apporto del Cloud all’Europa entro il 2015 Secondo il report 2011 sul Cloud Dividend (il primo sull’argomento) redatto dal Cebr (Centre for Economics and Business Research), se l’adozione delle tecnologie cloud proseguirà come è attualmente prevedibile, l’impatto economico dell’impiego del Cloud Computing sui cinque principali Paesi europei è valutato sui 177,3 miliardi di Euro entro il 2015, così suddivisi: Francia 37,4, Germania 49,6, Italia 35,1, Spagna 25,2 e Regno Unito 30,0. Il cloud computing rappresenta una nuova modalità d’impiego del IT secondo la quale la tecnologia è resa disponibile alle organizzazioni sotto forma di servizio, quando e come è necessaria e, pertanto, in modalità

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scalabile; ciò consentirà di eliminare le barriere tradizionali all’accesso della tecnologia, di ridurre il time-to-market, di esplorare nuove possibilità di far business e, quindi, la generazione di nuove opportunità di mercato. Il Cebr ritiene che il cloud computing sarà un elemento determinante per la crescita e la competitività per l’intera Europa. L’analisi ha preso in considerazione i tre principali modelli di cloud computing esistenti: il cloud pubblico, controllato da un provider, il cloud privato, controllato all’interno dell’organizzazione, e il cloud ibrido che altro non è che una combinazione dei due precedenti. Secondo il Cebr, €133 miliardi saranno

il contributo del cloud non pubblico (con questo modello le organizzazioni ottengono i vantaggi di scalabilità, dinamicità e modalità self-service/ondemand del cloud, ma ne mantengono il controllo in modo da non compromettere sicurezza e governance). Infine, sempre secondo il Cebr, i vantaggi economici indiretti dell’adozione del cloud origineranno, nei cinque paesi interessati, un incremento del PIL, entro il 2015, per un valore complessivo di 280 miliardi di Euro, mentre l’occupazione diretta ed indiretta che si genererà, sempre nello stesso periodo, potrebbe raggiungere i 2.396.000 di unità.

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SPECIALE OMAT ROMA

La Tavola Rotonda del Convegno di Apertura di Omat Roma 2010 Si è svolta all’insegna di efficienza, efficacia ed innovazione grazie alla dematerializzazione e digitalizzazione dei documenti DI MAURIZIO ARATA

Alla discussione, abilmente condotta dal Dr. Arturo Di Corinto (giornalista), hanno partecipato l’Ing. Paolo Angelucci - Presidente di Assinform, il Dr. Pietro Leo - Executive It Architect & Member of IBM Academy of Technology di IBM Italia, il Prof. Gianni Orlandi - Direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni dell’Università La Sapienza di Roma, il Dr. Giovanni Procaccino - Senior Executive di Accenture ed il Dr. Vito Umberto Vavalli di Swen Adlib Software. Ad aprire il confronto è il Dr. Vavalli. “Una premessa: per il miglioramento della competitività delle imprese si deve agire a livello di Paese. Cosa che sta succedendo, ad esempio, con le migliorie che si stanno apportando al Codice sull’amministrazione digitale. Tutto quello che riguarda il digitale serve alla competitività del Sistema Italia. Il problema è che dobbiamo innovare, ovvero trattare il tema della dematerializzazione e digitalizzazione dei documenti, non solo come aumento di efficienza, ma anche come posizionamento sul mercato. Bisogna quindi indirizzare l’imprenditore, poiché questa è una funzione imprenditoriale, specialmente in un momento in cui queste innovazioni procedono a una velocità pazzesca. Il mercato è oggi molto più aperto e la tecnologia ne ha ridefinito i confini. Il problema ora è che, per analogia, ci si deve rendere conto che l’uomo inventando la barca ha inventato anche il naufragio. Bisogna pertanto essere consapevoli di dove si va con la digitalizzazione. Gli strumenti sono disponibili, le tecnologie abbondantissime, ma forse quello che ancora manca è un focus strategico sulla gestione

documentale, perché il vero problema è come impiego dati e documenti. Con il passaggio dalla tradizio oralis alla nascita del documento si è fatto di quest’ultimo un atto narrante, l’elemento intorno al quale si costruiscono valori, prescrizioni .... Quando dobbiamo comunicare, provare, avvalorare, abbiamo dunque bisogno del documento. Se prima il documento digitale veniva visto come accessorio, oggi diviene indispensabile per la competitività: è un cambiamento di paradigma! Dovremo, inoltre, coabitare con i documenti digitali, elettronici e dematerializzati e con gli altri (cartacei) che non hanno le stesse utilissime caratteristiche, Abbiamo poi bisogno dal mercato di servizi in rete per gestire e rappresentare questi atti narranti, che poi sono prove di un evento accaduto e certificabile. Se un’impresa non vede in questo un valore strategico, la sua quota di mercato verrà presa da qualcun altro, ovvero da un’altra impresa. Lo straight through processing (trasmissione, tramite reti telematiche, di messaggi elettronici standardizzati adottata dagli attori della catena produttiva e finanziaria per accelerare l’elaborazione delle transazioni e migliorarne la qualità) è ciò che ci consentirà di proseguire sulla strada dell’innovazione e dell’evoluzione. Più del 5% dei documenti, ad esempio, si perdono se cartacei. Lo straight processing è capace di contrastare questa entropia naturale. È un fatto culturale, il cambiamento reale è quello che avviene sul mercato, quello che abilita una rivoluzione, una trasformazione. È una nuova struttura di mercato con una idea di business diversa. Paura del documento digitale? Un buco nero? Rimango indietro? Forse sto andando in una direzione sbagliata? In realtà noi sappiamo che si tratta di una miniera di grande valore.” Prosegue il Dr. Pietro Leo di IBM: “Sono d’accordo nell’affrontare i problemi in

maniera sistematica per una maggiore efficienza ed una riduzione di costi, ma per creare questa forma sistemica,” dice “si deve ragionare in termini diversi. Come se stessi su una spiaggia e mi si dicesse: prendi questo secchio, riempilo con l’acqua del mare e poi vuotalo sulla spiaggia. Ho riempito il mio documento, poi l’ho svuotato, ma non ho riflettuto sul fatto che il suo contenuto mi può servire da un’altra parte. Questo per dire che serve l’intelligenza per rendere il documento contenuto attivo. Chi dominerà il contenuto? Dobbiamo spostarci in questa direzione, con strumenti capaci di estrarre valore dai contenuti.” “Quali sono le proposte e le idee di IBM, che ha immaginato un nuovo modo di fare profitti. passando da una logica di vendita di prodotti a una logica di vendita di servizi?” chiede a questo punto Arturo Di Corinto. “Parto da alcuni dati.” risponde Di Leo “Dati ottenuti coinvolgendo aziende sia out performer sia standard. Uno su tre dei capitani di industria interpellati sostiene che il vantaggio competitivo risiede nel gestire informazioni che possono aiutarlo a fare meglio il proprio lavoro. Paradossalmente, uno su due sostiene che con la propria organizzazione non riesce ad accedere, non al documento, bensì al contenuto. Dobbiamo, quindi, passare ad una fase successiva, con strumenti per gestire i contenuti e trarre valore dai dati che accumuliamo”. Di Corinto: “Produzione di valore come processo…” Interviene su questo punto il Dr. Giovanni Procaccino: “Smettiamo di pensare che le informazioni viaggino come viaggia un pezzo di carta. Ieri la proprietà delle informazioni era di una iged.it 04.2010

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Da sinistra a destra: A. Di Corinto, P. Angelucci, P. Leo, G. Orlandi, U. Vavalli e G. Procaccino

sola persona. Oggi l’informazione è accessibile a chi ne ha bisogno, una massa di informazioni si rende disponibile ad una grande massa di persone contemporaneamente. Queste informazioni devono pertanto essere strutturate ed essere fruibili. La tecnologia oggi è molto più avanti, più di quello che le aziende siano state in grado di utilizzare. Il passaggio necessario è quindi un cambiamento di mentalità, di cultura e di alfabetizzazione informatica di impiegati e dipendenti. Vi sono ricerche che dicono che in Italia si cambia telefonino ogni sei mesi: i software sono molto più sofisticati e ci sono sempre telefonini di nuova generazione destinati ad utenti tecnologicamente evoluti. Consideriamo l’impiegato pubblico (che magari è uno degli utenti evoluti di cui sopra) come un signore dell’età della pietra quando il 40% delle famiglie utilizza Internet, e vi sono 3 milioni e mezzo di PC familiari venduti. Dal punto di vista della digitalizzazione, oggi, non si è ancora in grado di offrire dei servizi alle imprese abbastanza semplici da essere fruibili in maniera naturale e nativa per un impiegato, un dirigente, una persona. Ma si può fare!” Interviene ancora Di Corinto chiedendo: “Se i cittadini sono più avanti delle imprese, delle organizzazioni, delle istituzioni … … la colpa di chi è?” “Secondo me la colpa non è da un solo lato: fornitori o pubblica amministrazione.” prosegue Procaccino. “Parliamo di contratti di informatica per i quali nella pubblica amministrazione si è ancora legati ad una concezione di contrattistica degli anni ’70. In aggiunta,

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sono cose che non si possono fare con persone di modesto livello professionale. Richiedono figure professionali che sappiano capire i problemi.” “Le responsabilità di chi sono?” chiede intervenendo il Prof. Orlandi “Certamente per forza di cose parte di esse sono da attribuire ai produttori che vogliono vendere il loro prodotto, perché questo è il business delle aziende. C’è anche, però, la responsabilità delle Pubbliche Amministrazioni e delle imprese, che pensano di utilizzare l’innovazione per far funzionare meglio le loro strutture, ma … mantenendo la vecchia organizzazione. Il problema è proprio questo: capire che è cambiato il paradigma, l’organizzazione. Quando arrivò il personal computer sulle nostre scrivanie, molti di noi lo consideravano come le vecchie macchine per scrivere. Poi si è capito, invece, che offriva molte più potenzialità. Anche qui bisogna fare un salto di qualità; occorre, inoltre e innanzitutto, una cabina di regia a livello governativo, che faccia uno studio sulla situazione attuale dell’innovazione tecnologica e sulle potenzialità che si aprono.” Dal folto pubblico in sala, a questo punto, chiede di poter intervenire la Sig.ra Paola Conti, Dirigente della comunicazione del Comune di Roma, in parziale disaccordo su un punto. “Non sono d’accordo quando si parla di pubbliche amministrazioni che si avvalgono di forniture “a prezzi stracciati” e, di conseguenza, non sono in grado di offrire servizi di qualità. La nostra amministrazione, ad esempio, ha aderito al servizio pubblico di connettività. Da tempo abbiamo varato tutta una serie di

servizi online per il cittadino che abbracciano tutta la filiera, fino al pagamento online. Stiamo poi mettendo a sistema quelle che sono le nostre banche dati. Tutto ciò è stato realizzato con grande sforzo e con l’obiettivo di traghettare dalla carta al digitale. Quindi chiedo di prestare attenzione anche a quanti, nella Pubbliche Amministrazioni, stanno fornendo un lavoro di qualità.” “E sulla competizione fra pubbliche amministrazioni ed imprese di consulenza? …” è il nuovo tema posto da Di Corinto. Interviene qui Paolo Angelucci di Assinform a sostegno del concetto che il fenomeno dell’inhouse vada innanzitutto distinto fra inhouse buono e inhouse cattivo. “L’inhouse buono è quello in cui si decide di avere un’azienda controllata al 100% dall’appaltante che determina quella fase chiarissima di indirizzo e controllo che sappiamo essere vitale. Diverso è l’inhouse cattivo che crea diseconomia attraverso società inefficaci ed inefficienti. L’inhouse buono fa bene a tutti, ci fa bene come società di informatica e fa bene ai cittadini. In Italia abbiamo la grande tendenza di scambiare la forma con la sostanza. Quando vi sono gare con 10 partecipanti e, chiunque siano, tutti e dieci prendono il punteggio massimo, vuol dire che si sta scambiando la forma con la sostanza, così non si va da nessuna parte!” “Dobbiamo cercare nuove forme per avere un maggiore valore.” interviene Pietro Leo di IBM. “Valore da investire sia come PA sia come società private, per poi creare ulteriore valore. Accumulo e poi parto dal contenuto per generare valore. Dove trovo il valore? Il

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valore sta, ad esempio, nel accumulare dati per poi impiegarli per il raggiungimento di un ben individuato obiettivo! Un esempio è un nostro progetto realizzato negli Stati Uniti, consistente nel creare un contenitore di dati per la cura di 5,5 milioni di pazienti: dati chimico fisici, clinici, genomici; dati accumulati non per il solo fine di accumularli, bensì per essere utilizzati estraendoli opportunamente per rivenderli a cliniche o società farmaceutiche, alle quali servono per rendere più efficaci le sperimentazioni dei farmaci. Altro caso è Kraft food che, nel 2005, ha analizzato sui social media, ovvero attraverso un miliardo e mezzo di persone, un proprio prodotto per capire l’esperienza che ne facevano i clienti. Nei social media, nei blog, oggi riesco a trovare valore; anche i comuni, ad esempio, potranno aggregare e trarre profitto da dati acquisiti in questo modo. Un profitto utile ad essere reinvestito, in qualche modo.” “Estrazione di valore dai Social Network quindi …, strategie utili per le imprese e non solo per la PA.” continua Di Corinto, il giornalista moderatore, richiedendo un intervento per delucidazioni sugli strumenti oggi disponibili al Dr. Vincenzo Gambetta, Responsabile scientifico di OMAT e Direttore contenuti di Iged e Iged online. “Stiamo parlando di una piattaforma, detta Enterprise Information Management, che sta diventando una specie di sistema operativo con funzioni al servizio di tutte le applicazioni aziendali, in grado di consentire che le informazioni vengano opportunamente ‘spremute’ e diano quel ‘succo’ che consente all’azienda di trarne vantaggio.” dice Gambetta “Questa piattaforma, che sta cooptando la Business Intelligence, è in grado di dare il massimo delle informazioni utilizzabili, vuoi per l’amministratore delegato, vuoi per l’impiegato, o per l’operaio. Una struttura che sta prendendo piede, diventando un’esigenza di tutte le aziende.” “Il vero problema che stiamo verificando oggi” interviene Paolo Angelucci “è che la maggior parte degli operatori del settore e dei clienti non hanno coscienza del processo. Manca una cultura del processo, dove la dematerializzazione è solo l’anello finale di una catena che sostituisce la carta con l’elettronica. In questo senso la PA ha delle grandi responsabilità. Una PA dove ci sono casi di eccellenza e drammi biblici, una PA a due facce, da una parte amministrazioni che si preoccupano di dematerializzare le informazioni e facilitare il rapporto con il cittadino, dall’altra amministrazioni che ‘incasinano’ la vita alle imprese

in maniera stratosferica con leggi e regolamenti, senza tenere minimamente in conto quanto vadano ad impattare sui sistemi informativi.” “In seno alla PA esiste sicuramente il problema dei tempi di processo che devono essere migliorati; va semplicemente definito un piano di governance; c’è bisogno di qualcuno che guidi e dia le linee guida per realizzare tutto ciò che stiamo dicendo con regole, definizioni semantiche e aspetti architetturali coerenti.” interviene Procaccino. “Riprendendo alcuni temi toccati, ritengo ci sia un problema di ergonomicità” dice a questo punto Vavalli “c’è un problema di massa critica, un problema di regole, di principi, di linee guida che sono poi i criteri su cui si misurano le responsabilità. Il documento non è facile da gestire se non lo gestiamo tutti allo stesso modo. Sappiamo ad esempio che il PDF è utile per la lunga conservazione, è infatti lo standard per la conservazione a lungo termine, scelto anche da ISO e da bibliotecari di mezzo mondo. Nonostante ciò il ciclo di conservazione del documento non è presidiato adeguatamente. L’interoperabilità, poi, che è quella che permette di mettere tutto in filiera, è un tema che non può essere sottovalutato.” Il Prof. Orlandi pone allora il punto su un’esigenza che vede concordi vari soggetti: l’università, la ricerca, le imprese, e la Pubblica Amministrazione: “Siamo di fronte ad uno snodo: o creiamo un’opportunità di sviluppo, di occupazione e di modernizzazione del sistema Paese, oppure perdiamo una volta per tutte l’appuntamento, mentre gli altri vanno avanti. Qual è la direzione che vogliamo prendere? Lo standard deve essere leggero, in grado di reggere l’innovazione tecnologica, un’innovazione che va avanti sempre più rapidamente. L’interoperabilità è, poi, fondamentale soprattutto per la PA in seno alla quale i vari centri e settori devono parlare un linguaggio comune.” “Siamo sicuri che le competenze, le persone, le aziende fornitrici e le decine di migliaia di addetti informatici delle PA debbano offrire solo una risposta di tipo tecnologico?” chiede Leo “ Ricordiamoci che esiste un fenomeno che si chiama Scienza dei Servizi che serve per formare le nuove figure professionali con opportune conoscenze di tecnica, di informatica, di matematica, di economia, …” “Mettere intelligenza nel sistema significa unire progetti, persone e tecnologie.” Continua Procaccino. “Persone che, appunto,

non sono più solo informatici, ma piuttosto persone capaci di usare l’informatica. Più i prodotti standard divengono adattabili, meno c’è bisogno di gestione del cambiamento, meno c’è bisogno di training, più sono nativamente ed intuitivamente usabili dall’utente finale.” “Rimane il fatto che abbiamo un sacco di documenti cartacei che devono essere convertiti, e un sacco di documenti digitali che devono essere reperibili, comprensibili, etc.” sottolinea Di Corinto “Qualcuno dovrà dire in maniera definitiva come devono essere fatti e come devono essere trattati, sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello normativo. Sicuramente c’è un problema di alfabetizzazione.” “Noi abbiamo lavorato con Confindustria sulla definizione degli standard europei, cerchiamo di essere autoctoni, ma poi c’è l’Europa che sta dettando regole molto precise.” ribadisce Angelucci “Rivendico l’obbligo per le PA di farsi carico di questo problema che non è solo italiano. Dobbiamo vedere cosa fa l’Europa. L’uso di internet nelle famiglie…? Il ministro sta intervenendo in questo senso, verso l’obbligatorietà. Altro esempio sono i certificati medici. Un complesso di medici ed imprese dotati di sistemi di controllo in tempo reale, con strumenti adeguati per farlo. Funziona? Sta funzionando in alcuni casi. Per quanto riguarda il problema dell’interoperabilità rischiamo, in particolare con la devolution territoriale, che se non c’è un forte ente centrale che governa le banche dati di carattere nazionale (quindi la banca dati delle persone, del territorio, del catasto, etc.) di avere tanti sistemi frammentati che non parlano fra loro: ad esempio, un cittadino che con la sua bella cartella clinica da Cosenza si sposta a Verona si può trovare di fronte a due sistemi che non si parlano. La vera forza sta in una autorità centrale in grado di governare le banche dati.” Il tempo a disposizione ha costretto ad interrompere qui il dialogo che, comunque, ha fornito spunti, pratici e di riflessione, molto interessanti e anche pratici, se non proprio di buon senso. Questa interessante e produttiva Tavola Rotonda proseguirà a Milano il prossimo 5 aprile.

MAURIZIO ARATA

Giornalista

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APPROFONDIMENTI

Diradare le nebbie attorno al Cloud Computing Fattori di spinta, barriere e riflessioni sull’adozione del cloud computing DI SERGIO RESCH

Il cloud computing suscita sempre più interesse tra le aziende per la sua capacità di velocizzare l’erogazione dei servizi, migliorare la disponibilità dell’infrastruttura ed al tempo stesso offrire un’elasticità che consente di ampliare o contrarre i servizi di pari passo con le variazioni della domanda. Grazie allo sfruttamento delle economie di scala rese possibili da un ambiente cloud, le aziende possono rendere il personale più efficiente ed ottimizzare le risorse IT, ottenendo così un migliore ritorno dell’investi-

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mento. Il cloud computing favorisce la creazione di un’architettura IT orientata ai servizi (SOA) e consente di migliorare le attività di gestione delle informazioni. Con tutti questi vantaggi, il cloud computing può anche essere una strategia per migliorare la percezione che gli utenti hanno dell’IT come funzione sia flessibile sia più reattiva alle esigenze aziendali. Secondo una recente indagine IBM1 condotta su un campione di aziende a livello mondiale, oltre un terzo dei

responsabili IT interpellati ha risposto citando il cloud computing tra le più importanti e lungimiranti iniziative. Il potenziale che offre in termini di trasformazione delle modalità di erogazione dei servizi, inoltre, ha portato un crescente numero di aziende a implementarlo per uno o più applicazioni, mentre molte altre lo stanno prendendo seriamente in esame. Lo studio ha evidenziato quali sono le principali motivazioni a favore dell’adozione del cloud computing: - l’accelerazione del “time to value”,

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ad esempio lo sgravio delle risorse interne, la semplificazione delle attività di aggiornamento o di upgrade dei sistemi, e la scalabilità delle risorse IT a seconda delle esigenze; - la riduzione dei costi mediante risparmi sulle licenze software, risorse hardware, risorse umane, assistenza e manutenzione IT (risparmi tipici del consolidamento); - ulteriore fattore incentivante è anche il miglioramento della disponibilità e dell’affidabilità dei sistemi. Ovviamente l’entità di riduzione dei costi conseguibile dipende da molteplici fattori, come la tipologia dei carichi di lavoro, il metodo di delivery prescelto e l’efficienza dell’infrastruttura che l’ambiente cloud va a sostituire. COME SI REALIZZA UNA ARCHITETTURA DI CLOUD COMPUTING?

I modelli di realizzazione vengono tradizionalmente suddivisi in tre tipologie: - cloud pubblica – le attività/funzioni IT sono fornite “sotto forma di servizio” attraverso Internet, il che permette di accedere a servizi basati sulla tecnologia senza dover conoscere, controllare o avere esperienza con l’infrastruttura tecnologica che li supporta; - cloud privata – attività e funzioni sono fornite “sotto forma di servizio” attraverso l’intranet aziendale. Viene creata dall’azienda per gli utenti interni e la distribuzione di tutti i servizi e di tutte le risorse avviene all’interno del firewall aziendale (anziché su Internet); - cloud ibrida – integra entrambi i metodi di delivery esterno e interno. Norme e policy sono definite dall’azienda in base a criteri come esigenze di sicurezza, criticità e architettura sottostante, pertanto le attività e i task vengono allocati alla cloud esterna o interna a seconda dei casi. QUALE MODELLO SCEGLIERE?

Dallo studio IBM citato le “fluttuazioni della domanda” e i “costi troppo alti del tradizionale modello di delivery IT” sono di solito i “fattori di spinta” a favore della tecnologia cloud sia

Tabella 1: Carichi di lavoro preferenziali per cloud di tipo privato.

pubblica sia privata. I fattori che fanno propendere a favore della cloud pubblica (e a sfavore di quella privata) sono l’elevata standardizzazione e il carattere indipendente e modulare dei carichi di lavoro. Viceversa, i timori circa la privacy dei dati, la conformità ai requisiti normativi e la capacità di mantenere un elevato livello di controllo sull’ambiente si riflettono in una maggiore propensione verso un modello cloud privato rispetto a uno di tipo pubblico. UN CLOUD PER TUTTE LE APPLICAZIONI?

Un altro elemento da considerare è il tipo di carico applicativo idoneo per un ambiente di cloud computing e quale è, per il carico individuato, il modello di delivery più idoneo - pubblico, privato

o ibrido - per poter trarre i maggiori vantaggi da un ambiente cloud. Le tabelle 1 e 2 sono state stilate in ambito di una ricerca IBM di luglio 2009 sul Cloud Computing. Inoltre, se si desidera realizzare un progetto cloud pilota, alcuni carichi di lavoro sono più indicati di altri per via delle proprie caratteristiche (rischio minore e più alto potenziale di rendimento). COME SI REALIZZA UNA INFRASTRUTTURA IT PER IL CLOUD COMPUTING?

Occorre creare un’infrastruttura IT dinamica, con funzionalità di virtualizzazione delle risorse, standardizzazione dei servizi e con “provisioning” automatico delle risorse da cui deriva il maggiore potenziale di riduzione dei iged.it 04.2010

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matica, senza alcun intervento fisico da parte del personale IT; - calcolo di utilizzo delle risorse – Noto anche come “misurazione e fatturazione”, questo processo provvede a monitorare e calcolare l’effettivo utilizzo delle risorse secondo metriche prestabilite, dando poi luogo o a una transazione di addebito interno oppure all’invio di una fattura all’utente della cloud pubblica.

Tabella 2: Carichi di lavoro preferenziali per cloud di tipo pubblico

costi. In particolare, per essere “cloudready”, un’infrastruttura deve disporre delle seguenti caratteristiche e capacità: - essere basata su standard aperti e orientata ai servizi; - disporre di un avanzato livello di virtualizzazione e di gestione automatizzata; - utilizzare componenti e processi standardizzati; - avere un elevato livello di sicurezza e flessibilità; - essere in grado di espandersi facilmente in termini di capacità e prestazioni. In un ambiente cloud, il “service management” ovvero la gestione del servizio è fondamentale per l’automazione delle funzioni di self-service,

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del provisioning e per la gestione degli accessi e della sicurezza a tutti i livelli. Per questa ragione in ottica cloud l’infrastruttura dinamica deve avere: - catalogo dei servizi - La modalità selfservice rappresenta una funzionalità di importanza chiave per la tecnologia cloud. Il catalogo dei servizi è infatti l’interfaccia che permette a utenti/clienti di scegliere, dimensionare e ordinare i servizi desiderati; - logica di provisioning – La funzione di provisioning lavora insieme al catalogo servizi traducendo la richiesta di un servizio da parte di un cliente (per esempio, un ambiente di test avente le caratteristiche “x, y e z”) in una configurazione infrastrutturale specifica, il tutto in maniera auto-

Nell’ambito della offerta IBM la divisione Tivoli ha sviluppato una serie di soluzioni software che indirizzano il tema del “service management” per gli ambienti cloud. Può essere interessante rilevare che il Laboratorio IBM Tivoli di Roma è uno dei centri di eccellenza nello sviluppo software, coordina le attività di altri nove centri IBM sparsi in Europa, Asia e Stati Uniti ed in particolare ha sviluppato le seguenti soluzioni per il cloud: - IBM Cloudburst, un set di hardware, storage, funzionalità di virtualizzazione e networking preintegrato con un sofisticato sistema di gestione del servizio che consente ai clienti di installare rapidamente un ambiente cloud privato e interno all’azienda; - IBM Service Delivery Manager (ISDM), un set di risorse IT virtuali pre-modellate che possono essere attivate, configurate e connesse rapidamente per accelerare l’adozione di un’infrastruttura Cloud ed a ottenerne i relativi vantaggi in tempi rapidi; - IBM Tivoli Service Automation Manager (TSAM), una soluzione che automatizza richieste, distribuzione, monitoraggio e gestione dei servizi di cloud computing. Consente agli utenti di gestire in maniera automatizzata servizi di cloud computing, offrendo anche processi e approvazioni nell’utilizzo delle risorse tracciabili e quindi auditabili. ALCUNI ESEMPI DI SOLUZIONI STORAGE IBM DISEGNATE PER IL CLOUD

Poiché nell’infrastruttura cloud la componente storage è destinata nei prossimi anni a raggiungere il 40% dell’investimento2 negli ultimi anni la IBM ha sviluppato diverse soluzioni in ambito storage che si prestano ad es-

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sere opportunamente considerate nella realizzazione di una infrastruttura IT per il cloud computing e si caratterizzano per consentire una semplificazione della gestione, un miglioramento della continuità operativa ed una riduzione dei costi. Vediamo un paio di esempi. IBM Scale Out Network Attached Storage (SONAS)3: come abbiamo visto una delle caratteristiche di una infrastruttura IT per il cloud è la espandibilità. In ambito storage questo vuol dire essere in grado di aumentare la quantità di informazioni gestite ed il numero di utenti attivi mantenendo prestazioni adeguate e sopratutto ottimizzando i processi di gestione del sistema. In altre parole diventa impossibile per una azienda far crescere le risorse preposte alla gestione con lo stesso ritmo del volume dei dati da gestitire. IBM SONAS risponde proprio a questa esigenza: è possibile definire un ambiente di file serving per la condivisione di oggetti tramite interfacce e protocolli standard di rete in grado di espandersi nella dimensione del numero di utenti supportati mediante aggiunta di nodi di interfaccia verso la rete e/o della quantità di dati gestita con l’aggiunta di moduli storage mantenendo un unico ambiente da gestire fino alla ragguardevole capacità di 14,4 PetaByte. IBM SONAS si differenzia quindi dai sistemi di file serving tradizionali che hanno una capacità limitata e tendono a proliferare senza controllo creando isole di oggetti ognuna delle quali deve essere gestita. Un’altra caratteristica fondamentale di SONAS è la possibilità di realizzare un ambiente storage multi-livello a costi differenziati: in pratica gli oggetti vengono posizionati nel tempo sul livello tecnologico che meglio risponde ai requisiti di gestione. In questo ambito SONAS si caratterizza per fornire una “scalabilità gestionale” ovvero realizzare in modo molto efficiente tutte le attività di gestione anche al forte crescere delle dimensioni dell’ambiente gestito. IBM Information Archive4: questa soluzione utilizza le stesse tecnologie di base impiegate per IBM SONAS e si caratterizza per fornire un repository ottimizzato a livello “cloud” per l’archiviazione a la conservazione a lungo termine delle informazioni soggette a

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normative. In sostanza con IBM IA è possibile definire degli insiemi di oggetti che hanno esigenze di conservazione predefinite e farle gestire in modo automatico mediante “policy” pre-definite dal responsabile della conservazione. IBM IA garantisce la conservazione a norma (non modificabilità e non cancellabilità) fino alla scadenza fornendo funzioni sul fronte della sicurezza come aggiunta di metadati di controllo anch’essi non cancellabili, registrazione del log di accesso al sistema indelebile, sospensione scadenziario per attività di auditing, crittografia, data shredding e repliche degli oggetti locali, per backup, e remote, per disaster protection. Per quanto riguarda la ottimizzazione dei costi di archiviazione si possono utilizzare funzioni come deduplica, compressione, e migrazione automatica degli oggetti su dispositivi a costo inferiore. IBM IA è parte integrante della strategia IBM Smart Archive5, che prevede un ampio supporto per software di archiviazione e gestione dei contenuti IBM e di “Independent Software Vendor”(6). Note: 1

Dispelling the vapor around cloud computing – IBM White Paper – January 2010 2 Market monitor: Cloud computing. – The 451Group 2010 - http://www. the451group.com 3 IBM Scale Out NAS: www.ibm.com/ systems/storage/network/sonas 4 IBM Information Archive: http:// www.ibm.com/systems/storage/disk/ archive/ 5 IBM Smart Archive: http://www.ibm. com/software/data/smart-archive/ 6 IBM IA interoperabilità aggiornata: http://www.ibm.com/systems/storage/ disk/archive/interop.html

SERGIO RESCH

System Storage Platform Advocate – IBM SouthWest Europe

NOTIZIE

Il WWF lancia un nuovo formato di documento non stampabile La filiale tedesca del WWF (World Wildlife Fund For Nature), la nota organizzazione mondiale per la conservazione della natura, ha annunciato il rilascio di un software che consente di convertire documenti in formato .wwf: è questo un file con le caratteristiche del pdf, ma non può essere stampato. L’obbiettivo, abbastanza ovvio, è stato così descritto dal WWF stesso: “L’idea è quella di ridurre al minimo i cumuli di carta sulle scrivanie per proteggere l’ambiente e salvaguardare gli alberi, grazie anche al vostro aiuto: sarete voi stessi a stabilire ciò che non necessita essere stampato e quindi lo salverete in formato WWF”. Tecnicamente, quindi, il formato WWF è molto simile al classico e molto diffuso pdf, ma l’opzione di stampa per i documenti WWF è bloccata. Il software è stato dichiarato in grado di aprire qualsiasi documento (Microsoft Office, Posta elettronica, pagine Web, …) e, quindi, operarne una conversione per ottenere un file con estensione .wwf. Data la grande compatibilità con un pdf, il file può essere letto con un qualunque PDF Reader. Per il momento, il software, che è gratuito, è disponibile soltanto per Mac OS X. La versione per Windows è annunciata per i prossimi mesi.

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APPROFONDIMENTI

Dematerializzazione dei documenti e Straight Through Processing: innovazione o trasformazioni per le imprese? L’innovazione tecnologica, ed in particolare quella che riguarda il trattamento automatico dei dati e la loro trasmissione, sta modificando profondamente le organizzazioni aziendali e le strutture dei mercati, in particolare per quel che concerne i processi transazionali e di trattamento dei documenti DI VITO UMBERTO VAVALLI

DEMATERIALIZZAZIONE DEI DOCUMENTI E STRAIGHT THROUGH PROCESSING

Lo scoppio della “bolla Internet” del 2000 ha dimostrato che da sole le innovazioni tecniche valgono poco. Per abilitare il dispiegarsi di fenomeni “a rete” è indispensabile che l’introduzione di modifiche nei processi proceda con un approccio multidisciplinare. Occorre infatti considerare l’agire simultaneo di più fattori e le loro complesse interazioni (c.d. metodo olistico). Senza evoluzioni di percezioni, di culture, di regole e di modalità nell’affrontare le tematiche della produzione e del consumo, la digital & networks economics non esplica gli effetti di creazione di nuovo valore. L’innovazione tecnologica, ed in particolare quella che riguarda il trattamento automatico dei dati e la loro trasmissione, sta invece ora modificando profondamente le organizzazioni aziendali e le strutture dei mercati, in particolare per quel che concerne i processi transazionali e di trattamento dei documenti. Resta, però, ancora molto da fare sulla consapevolezza del Top Management, che troppo spesso catalogano questo genere di interventi tra i progetti di cut-cost. Ne deriva che il percorso di riorganizzazione dei processi di business e di riconfigurazione delle catene del valore non si avvalgono dell’approccio strategico, che comporterebbe l’accettazione e la gestione degli inevitabili conflitti interfunzionali per conseguire un obiettivo sovraordinato.

Figura 1 – Scenari a Confronto

Il fenomeno di cambiamento dei modi di interagire è divenuto il tratto caratteristico della delicata fase di passaggio da quello che è oramai considerato il “vecchio mondo” al nuovo “mondo digitale”, dal quale emergono anche neobeni. È questa una trasformazione profonda, che tocca le relazioni tra le persone e le organizzazioni, stabilendo nuove categorie di comportamento, giacché introduce dimensioni di rapporto finora mai praticate, modificando i giudizi di convenienza ad una velocità sorprendente, considerato che si tratta di una tendenza antropologico-culturale su scala sistemica. L’essere “connessi” è la norma per la maggior parte della popolazione attiva ed è vitale per le imprese; a queste, segnatamente, si dischiudono inedite opportunità per creare nuovo valore, ma contestualmente si presentano anche iged.it 04.2010

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ripartizioni di funzioni ritagliate sui documenti cartacei e analogici, che persino taluni sedicenti esperti sostengono - in qualificati consessi europei - che la firma digitale è un elemento di freno nella diffusione della fatturazione elettronica. Il morivo di tale errore di prospettiva è che non viene apprezzato quale sia il valore di una scambio telematico che rende immediatamente integrabile il documento in un processo automatico e privo di interventi umani.

Figura 2 – Processi di Office Automation vs Straight Through Processing

nuovi rischi e minacce. La Rete è divenuta essenziale, tanto da determinare insigni studiosi e giuristi nel promuovere la modifica della Carta costituzionale italiana per includere il diritto di accedere ad Internet tra quelli fondamentali.

zionamento sui mercati di approvvigionamento e di sbocco si indirizza invece sui paradigmi di fondo della Digital & Network Economics, incardinati sull’integrazione dei processi e sull’interoperabilità (vedasi Figura 1).

Per le realtà produttive, collegarsi alla Rete vale ben poco se i processi interni e quelli di rapporto con le controparti non sono reinterpretati alla luce dei nuovi paradigmi della dematerializzazione dei documenti e della “modalità passante”, ovvero del cosiddetto Straight Through Processing (o STP).

Si tratta a ben vedere di raccogliere i frutti degli sforzi - in parte già avviati, ma per ora diffusamente incompiuti - di trasformare in valore una dimensione gestionale considerata non differenziante tra concorrenti, che oggi diviene invece fattore-chiave per la competitività: la gestione dei documenti digitali integrata con i cicli di business e di finanza.

Dagli anni ‘90 le imprese stanno investendo nei sistemi ERP, ottenendo risultati apprezzabili e per lo più in linea con le aspettative. Sono giunte sul mercato generazioni di ERP anche per le piccole e persino per le micro imprese.

In effetti, con gli ERP le imprese hanno razionalizzato al loro interno la gestione dei dati, ma solo “dopo” che siano stati acquisiti da transazioni e documenti gestiti secondo regole conformi alle norme e alla procedure richieste da leggi, regolamenti e prassi.

Tuttavia, con queste soluzioni che rappresentano essenzialmente l’evoluzione dei sistemi di rilevazione contabile, siamo di fronte ad innovazioni che - pur migliorandoli - non modificano in modo sostanziale filiere e rapporti commerciali.

Magari pure con raffinati strumenti di office automation, ma niente di più. Le mansioni e i passaggi da un ufficio all’altro restano pervicacemente ancorati a schemi obsoleti e del tutto inadatti a cogliere le potenzialità che da tempo leggi e tecnologie mettono a disposizione (vedasi Figura 2). Tanto sono radicati gli schemi funzionali che nelle mappe mentali riproducono

Oggi lo spostamento in avanti della frontiera dell’efficienza e del posi-

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La dematerializzazione dei documenti, resa possibile da un quadro giuridico ben consolidato, se accompagnata da adeguate infrastrutture materiali e immateriali abilita a interconnettere tra loro tutti i partecipanti di una certa catena del valore e a procedere verso il traguardo dell’End-to-End STP. Ma per ottenere questo risultato occorre trasformare i tradizionali assetti organizzativi e i criteri di conduzione degli affari, puntando a riconfigurare per intero le filiere transazionali interne ed esterne all’azienda: - nell’organizzazione interna - questo passaggio comporta la re-ingegnerizzazione dei processi sulla base di un modello che supera la logica dei “silos informativi” (modello verticale), parcellizzato in autonome aree di responsabilità, per giungere ad ottenere stream di lavorazione (modello orizzontale), nel quale coesistono due sole catene operazionali, compiutamente integrate e tra loro raccordate: la Financial Supply Chain e la Physical Supply Chain (vedasi Figura 3). Con la prima, si gestiscono, dall’anagrafica di controparti e prodotti fino alle riconciliazioni dei partitari, le transazioni, i documenti e i dati necessari a produrre rendiconti e prospetti per gli stakeholder; la seconda si occupa di articolare la concatenazione di informazioni per movimentare merci e prodotti; - nella definizione dei rapporti attivi e passivi con i terzi - diventano fondamentali l’accesso alle infrastrutture di comunicazione, la condivisione

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troparte, finanziari e operativi, per fronteggiare i quali ogni operazione elementare di gestione del documento deve essere resa sicura, anche in termini di successiva comprovabilità erga omnes. Diverso il caso delle medesime operazioni compiute su documenti digitali o digitalizzati, vale a dire documenti elettronici accompagnati da firma elettronica avanzata, per effetto dei quali si innalzano l’accuratezza, la sicurezza, la velocità e le garanzie di compliance. (A dire il vero, la normativa italiana non distingue il valore della firma elettronica da quella di un “sigillo digitale” da apporre a set di dati che rappresentano documenti; sicché adoperare la firma elettronica nei casi di scambio di documenti a fini amministrativi va al di là degli effettivi requisiti funzionali, e aggiunge valori legali superflui.) Figura 3 – Le Filiere dell’impresa

di regole tecniche e di schemi giuridici inclusivi, di ampiezza pari all’estensione delle catene transazionali di cui si compone la trama degli scambi. DAL DOCUMENTO SCRITTO AL DOCUMENTO DIGITALE: IL VALORE DEGLI STANDARD PER L’EBUSINESS

L’invenzione del documento scritto ha segnato il discrimine tra preistoria e storia. Da un lato la possibilità di spostare nel tempo e nello spazio i valori funzionali della parola e degli atti transazionali attivi e passivi, e di aggiungere sul medium sigilli e segni di riconoscimento per garantirne l’origine, l’autenticità, l’integrità del contenuto o la data di emissione, dall’altro norme codificate che assegnavano a taluni documenti specifico rilievo entro una determinata comunità (anche come espressione di sovranità), superano i limiti della traditio oralis e rendono possibile la nascita di Città-Stato, regni, imperi, prima, e di nazioni poi. Dopo 5.200 anni, l’invenzione tecnica e giuridica del documento elettronico e la contemporanea diffusione delle reti e della Rete abilitano l’ulteriore salto verso inedite configurazioni dei modelli socio-produttivi e assetti infrastrutturali, che impongono alle imprese di ripensare come gestire gli eventi e il posizionamento sui mercati. Il documento è uno strumento narrante, l’unico che valga con certezza nei rapporti giuridici che si instaurano tra le controparti di una transazione commerciale, finanziaria o tributaria. Gli accertamenti e i riscontri dell’origine, dell’autenticità, dell’integrità, occorrendo, della non ripudiabilità dell’emissione o dello scambio e della coerenza rispetto gli atti sottostanti, costituiscono seri vincoli alla velocizzazione dei processi e all’integrazione delle operazioni, se svolti sui supporti cartacei. Ad essi si accompagnano rischi di con-

È grazie all’uso del documento digitale e alla predetta diversa configurazione che le imprese dotate di sistemi informativi che incorporano le logiche dello STP e di idonee organizzazioni possono trattare in real/near time e senza soluzione di continuità le transazioni e i documenti che accompagnano i cicli di business e quelli finanziari, mitigando o eliminando i sottostanti rischi. Secondo evidenze approfonditamente analizzate per la prima volta in sede CNEL (preso cui è attivo un apposito Tavolo Nazionale sulla Dematerializzazione e lo STP) e rese pubbliche nel 2005, dal punto di vista economico gli effetti di questa nuova configurazione dei processi genera dall’80 al 95% di riduzione degli oneri di gestione e contiene entro livelli minimi la possibilità di commettere errori. Ne beneficiano la qualità dell’offerta mercantile, la trasparenza verso gli stakeholder e l’esposizione ai rischi. E, cosa di importanza vitale nel contesto italiano, gli schemi di dematerializzazione dei documenti e STP sono stati valutati applicabili a qualsiasi dimensione d’impresa. È, questo, il punto di arrivo verso il quale si muovono oramai interi sistemi produttivi e comunità nazionali per rispondere alle pressioni competitive, talvolta con attivazione di precise politiche industriali che partono dalla scelta degli standard di e-business, argomento questo che risulta in media poco frequentato dalle imprese italiane. Come già evidenziato in un’audizione del CNEL dello scorso anno, oggi gli standard per l’e-business assumono la medesima valenza strategica delle infrastrutture immateriali al pari delle altre tradizionali infrastrutture del sistema economico. A differenza delle infrastrutture materiali, non richiedono significativi investimenti, ma hanno il pregio di rendere gli stessi servigi di quelle nel cui nome si deturpano territori e paesaggi. Con riferimento alla Digital & Network Economics, il know how relativo all’applicazione degli standard, cablato nei sistemi ICT a supporto delle piattaforme aziendali di business, costituisce parte essenziale degli assetti delle comunità più progredite. iged.it 04.2010

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Al pari delle infrastrutture materiali a rete, gli standard per l’e-business rappresentano il raccordo su cui costruire le relazioni digitali tra operatori - nazionali ed esteri - con i quali è basilare per applicare lo STP condividere il complesso di norme tecniche con cui interconnettere i rispettivi sistemi informativi e su cui impostare le filiere di trattamento documentale interne. Peraltro, diversamente - per rimanere nell’esempio - dalle vie di comunicazione, lo standard è parte costitutiva profonda dell’informazione: ne definisce la struttura, il significato, la modalità di trasporto, il valore giuridico; conforma i meccanismi stessi di produzione e validazione di messaggi elettronici e documenti digitali; è embedded nella concatenazione di operazioni che conferiscono il carattere di obbligazione giuridicamente rilevante alla transazione; ne garantisce tracking, tracing e audit-ability; è lo strumento principe mediante cui si gestisce la complessità di un atto di comunicazione che, grazie alla “modalità passante” tra sistemi di trattamento automatico delle informazioni, dà luogo ad immediati effetti legali, patrimoniali, finanziari, economici o produttivi presso altre parti connesse alla Rete. A motivo della natura stessa degli elementi costitutivi di tali standard, per il medesimo insieme coerente di documenti è di fatto economicamente improponibile la convivenza di due differenti standard di e-business. Esistono, come nei centri intermodali, snodi presso cui tradurre da un formato ad un altro messaggi e documenti elettronici; ma questo, oltre ad avere un costo, presenta rischi ed ulteriori complessità e costituisce una evidente sub ottimizzazione di sistema, atteso che la presenza di più formati non nasce da un bisogno, ma da legacy, da carenze conoscitive, da processi decisionali inefficienti o da fallimenti dei meccanismi di funzionamento del mercato. I motivi sono innanzitutto di natura tecnico-applicativa e procedurale. I moderni standard di e-business, basati sull’XML, sono frutto di un sapiente e tecnologicamente avanzato insieme

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di diversi elementi costitutivi tra loro armonizzati. Tra questi, i cosiddetti core components e le code list richiedono il ricorso a predefiniti set di dati pubblici, residenti o raggiungibili via Rete, e costanti allineamenti tra anagrafiche e archivi interni. Nel complesso, ciò determina strutture e meta-strutture di intere piattaforme informatiche che, allo stato delle attuali tecnologie, non possono convivere - se non a costi esorbitanti - con altre strutture e meta-strutture di supporto ai processi di produzione di formazione, emissione/ricezione e trattamento di messaggi e documenti di accompagnamento alle attività di business. Ciascuno standard adotta un data dictionary di componenti biunivoci che rappresenta il riferimento semantico per la corretta interpretazione dei dati; sicché la consistenza del sistema non può che fondarsi su un solo insieme coerente di componenti. Eventuali transcodifiche e traduzioni richiedono il ricorso a sistemi specializzati a ciò espressamente dedicati, senza intaccare la coerenza delle piattaforme per la gestione corrente. Al riguardo, per una trattazione basata su un caso concreto e ben documentato, si rinvia al progetto iSURF che, risolvendo situazioni di interoperabilità semantica tra differenti standard, ha affrontato con successo il tema della sincronizzazione di cicli dell’ordine cross industry, mediante ricorso a OASIS-UBL. Sempre su OASIS-UBL (il solo standard di e-business formalmente riconosciuto da ISO e ITU) è costruito il framework di Business Interface Interoperabiliy (o BII), emesso dal Comité Europèen de Normalisation per garantire la diffusione e il funzionamento dell’eProcurement nelle Pubbliche Amministrazioni dell’Unione Europea (progetto PEPPOL). Il recente lavoro di UN/CEFACT sulla Cross Industry Invoice (CII), versione 2.0, si è dato compito di armonizzare i Core Component Technical Specification (CCTS) e consente ora di avere una semantica armonizzata a cui fare riferimento. Si rafforza pertanto

la solidità di UBL 2.1, che contempla ben 60 documenti standard (dalle anagrafiche alle riconciliazioni) con cui implementare i modelli di business di tutte la imprese. Non a caso l’ENEL, il più grande biller italiano, lo ha scelto, dopo che lo Steering Committee Interassociativo ACMI-AITI-ANDAF e ASSINFORM lo hanno promosso a pieni voti, indicandolo come quello su cui attestarsi (e investire) a livello di Sistema Paese. L’Europa compie le scelte degli standard per l’e-business secondo canoni e iter non dissimili per trasparenza da quelli previsti per le infrastrutture materiali, coinvolgendo e rendendo pienamente partecipi i portatori di legittimi interessi, a beneficio del sistema economico. È uno dei tipici casi a cui fanno riferimento l’OCSE e l’Unione Europea quando indicano la necessità che i Policy Maker seguano precisi metodi di analisi e valutazione di impatto delle norme via via emanate, istituendo iter di confronto con gli stakeholder per verificare le assunzioni a base dell’intervento e comparare le conseguenze delle scelte poste in essere. In Italia, purtroppo, nonostante la formale adesione alle raccomandazioni dei due organismi, siamo assai lontani dell’effettiva applicazione degli schemi in parola, con tutti i rischi strategici che questo comporta. Ed è chiaro che la competitività delle imprese ne potrà risultare danneggiata.

VITO UMBERTO VAVALLI

Presidente SCIC - Steering Committee Interassociativo ACMIAITI-ANDAF ”Corporate Payments & Financial Supply Chain” e Partner Knowledge Works srl

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APPROFONDIMENTI

Lettura ottica Potenzialità e limiti del “fai da te” DI FRANCESCO PUCINO

Un’efficace realizzazione di una soluzione di lettura ottica è sufficientemente complessa, molto più di quello che normalmente ci si aspetta. Chi ha necessità di utilizzare tale tecnologia di solito sceglie prodotti già collaudati e pronti all’uso che minimizzano gli sforzi e massimizzano i vantaggi. I migliori prodotti di lettura ottica sono infatti sufficientemente personalizzabili per poter soddisfare la maggior parte delle esigenze. Tuttavia, per particolari esigenze, può essere necessario realizzare una propria applicazione in autonomia: a tal fine è possibile ricorrere all’uso di specifici SDK (Software Development Kit). Concettualmente un SDK può essere visto come una “scatola nera” in grado di processare le immagini secondo le indicazioni impartite, senza comunque la necessità di conoscere ed approfondire i complessi algoritmi che sono alla base delle sue funzionalità. Praticamente un SDK è costituito da una libreria di funzioni, di solito resa disponibile come DLL o come oggetto COM/ActiveX, dalla sua documentazione d’uso e da alcuni esempi nei diversi linguaggi di programmazione, quali VC++, Visual Basic, Delphi, VC#.NET, etc. Gli SDK dunque agevolano e velocizzano non poco la realizzazione del proprio progetto, evitando di dover partire da zero e di scontrarsi con problematiche già egregiamente risolte.

Ci sono kit di sviluppo che consentono di sviluppare funzionalità di OMR, ICR, OCR, BCR, Deskew, Despeckle, Black Border Removal, Imaging, Form Identification, Form Allignment, Thresholding Dinamico, etc. Vista tale disponibilità di SDK, ad un utente dotato di una infrastruttura IT capace di sviluppare software, conviene dunque acquistare un prodotto finito pronto all’uso o svilupparsene uno in casa? Non sempre è facile avere le idee chiare sulla strada migliore da seguire! Entrambe le possibilità hanno alcuni pro e contro, ma qualche riflessione può aiutare nel fare la giusta scelta. Per certi versi è un poco come prendere la decisione se farsi un abito su misura piuttosto che comprarne uno già fatto. Un abito su misura potrà vestire alla perfezione, meglio di uno già pronto, ma è pur vero che prima che sia stato realizzato non si potrà provarlo ad indossare. Similmente un prodotto finito potrà essere visionato e testato prima di essere acquistato così da verificare se e come soddisfa le proprie esigenze, mentre un prodotto da realizzare su misura, anche se sulla carta rispecchia in partenza i requisiti richiesti, solo dopo averlo realizzato si potrà essere certi di non aver commesso errori progettuali o in fase di realizzazione. Per farsi un abito su misura occorre procurarsi la stoffa, i bottoni, la mac-

china da cucire, gli accessori: per fare in modo che tutto l’occorrente sia di qualità adatta ed in quantità sufficiente è quindi necessario avere una certa dimestichezza con tale attività. Similmente per realizzare un applicativo di lettura ottica occorre procurarsi tutti gli SDK che servono, senza trascurare nulla: ad esempio anche se si devono leggere solo caselle di marcatura non serve soltanto un SDK che sia in grado di discriminare tra caselle piene o vuote, ma serve anche un SDK che sia in grado di gestire l’acquisizione delle immagini, la correzione dello skew, la pulizia, l’allineamento con il template di riferimento e fare tutte quelle altre indispensabili operazioni che si danno per scontate e forse non si notano neanche in una soluzione di lettura ottica pronta all’uso. iged.it 04.2010

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Il costo di un abito già pronto è noto a priori, mentre il costo di un abito su misura è stimabile solo parzialmente a priori sommando il costo dei tessuti, degli accessori e della manodopera: quest’ultima infatti è ipotizzabile su esperienze pregresse, ma è suscettibile di variazioni in base alle capacità del “sarto” ed a fattori contingenti ad esso legati. Similmente una soluzione di lettura ottica pronta all’uso ha un costo conosciuto in partenza, mentre per una da realizzare su misura oltre al costo degli SDK e degli altri strumenti di sviluppo, si dovrà valutare anche il costo delle risorse umane necessarie per realizzarla, che per ovvi motivi potrebbe essere compreso in un intervallo anche molto ampio di tempo. Un’azienda che ha la missione di realizzare abiti su ampia scala può investire in ricerca e può sfruttare competenze ed esperienze diverse per arrivare ad un prodotto finito di qualità elevata e privo di difetti, cosa che invece non può fare un artigiano che realizza un abito su misura pur disponendo di materia prima ed attrezzature valide. Similmente una soluzione di lettura ottica pacchettizzata è presumibilmente frutto di ingenti investimenti che chi deve realizzare una propria soluzione in casa non può permettersi.

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Un abito pronto lo si può indossare da subito, mentre uno realizzato su misura può essere indossato solo dopo una lunga attesa: si devono prendere le misure, si deve imbastire, si deve cucire, si deve rimisurare, si devono fare aggiustamenti, etc.. Similmente una soluzione di lettura ottica pronta all’uso può andare in produzione il giorno dopo averla acquistata, mentre per una soluzione realizzata in casa bisogna aspettare che sia prototipizzata, codificata, sviluppata, testata, corretta, etc. L’ago della bilancia sembrerebbe quindi pendere decisamente per l’utilizzo di soluzioni standard pronte all’uso piuttosto che per soluzione fatte in casa, pur ricorrendo agli SDK. Ma chi dunque può essere interessato a realizzare una propria soluzione da sé ricorrendo agli SDK ? In prima istanza chi ha esigenze particolarissime, per le quali non si riesca a trovare una soluzione di lettura ottica standard pronta all’uso: proprio come se si è molto in sovrappeso, o si hanno braccia più lunghe del normale, o se si è estremamente alti o bassi e non si riesce a trovare un abito standard che vesta in modo adeguato e si ricorre all’abito su misura. In seconda istanza chi desidera realiz-

zare un applicativo per la lettura ottica estremamente verticalizzato da non usare solo internamente, ma distribuire a terzi in grandi numeri, a meno ovviamente di trovare un valido accordo commerciale con un produttore ed agire quindi come rivenditore. Possiamo dunque concludere affermando che solitamente risulta più vantaggioso utilizzare una soluzione di lettura ottica standard pronta all’uso e personalizzabile, piuttosto che svilupparsi una soluzione in casa, pur ricorrendo all’uso di SDK: sebbene infatti gli SDK siano indispensabili e di enorme aiuto, non vi può comunque essere certezza di costi, di tempi e soprattutto di risultato nel realizzare applicativi complessi e completi come quelli inerenti l’estrazione automatica di dati da moduli e documenti.

FRANCESCO PUCINO

CEO di Recogniform Technologies SpA, membro IEEE ed AIIM e svolge attività di ricerca nel settore imaging dal 1990

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ESPERIENZE

Obiettivo dematerializzazione! Il Comune di Gattinara si racconta Dagli atti ai processi di lavoro fino ai flussi documentali. Un percorso per progetti nel mondo del digitale DI DONATELLA CARUSO

Chi ha voglia di fare un tuffo nella dematerializzazione e nel mondo digitale della P.A., lontano, per una volta, dalla pura e semplice teoria, può intraprendere questo viaggio virtuale all’interno del Comune di Gattinara che apre le sue porte ai lettori per renderli partecipi di come dematerializzare non solo si deve, ma si può, di come si può passare dalla teoria alla pratica, dal sogno a realtà. Dematerializzazione, abbandono della carta, uso della PEC, documenti digitali, firma digitale; cosa significhino questi termini è cosa ormai nota ai lettori esperti. Come fare, però, per dare a questi concetti una vita? A Gattinara ci stiamo provando e … progetto dopo progetto, la carta inizia a sparire. Provo a condividere con i lettori una mattina in ufficio: la posta che arriva al protocollo dell’Ente che fine fa? Il funzionario del protocollo la protocolla, la scannerizza, la assegna al mio ufficio e … pochi secondi dopo la posso visionare sul mio PC, sul mio quaderno di lavoro, on line. La posta in arrivo circola in rete e arriva in pochi secondi in tutti gli uffici, i tempi di visualizzazione sono immediati, io posso sapere quali altri funzionari o uffici, insieme a me, sono destinatari di quella comunicazione, ho a disposizione i dati per poter rispondere in modo immediato, posso decidere di tenere in evidenza la pratica per esaminarla in un secondo momento, posso decidere di assegnare alla pratica una scadenza per la risposta, posso decidere di assegnare

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la risposta ad altri miei collaboratori …. Tutto con un click. Tutto comodamente seduta alla mia scrivania. Vi sto parlando del nostro progetto: Protocollo Informatico Digitalizzato e Work Flow Informatico dei Documenti e dei Flussi. Con questo progetto è stato rivisto, dal punto di vista organizzativo, l’intero sistema di protocollazione in arrivo e in partenza nell’ottica della digitalizzazione nel momento in cui si è deciso, a inizio 2010, di scannerizzare e archiviare in modo informatico tutti i documenti in arrivo. RISULTATI E VANTAGGI RAGGIUNTI:

Tutti i documenti in arrivo sono ora scannerizzati, archiviati e consultabili dal protocollo dell’Ente o dal software di gestione e archiviazione documentale. Tutti gli operatori e gli uffici abilitati possono consultare i documenti e visionarli in qualsiasi momento a video senza dover pensare a dove sia stato messo o a chi sia stato consegnato il documento cartaceo. I documenti in arrivo sono consultabili da diversi uffici, nel caso le competenze siano ripartite, in tempo reale e simultaneo senza dover duplicare con inutili copie gli originali. Fin qui non c’è molto di particolarmente innovativo e rivoluzionario. Ciò che sta rivoluzionando il nostro modo di lavorare è l’aver digitalizzato i processi e i work flow dei documenti. Non solo documenti digitalizzati, ma circolazione e distribuzione informati-

ca degli stessi. A regime, la carta non circolerà più; resta traccia e prova certa dell’iter dei documenti in arrivo: quando sono arrivati, a chi è stata assegnata la pratica, quando viene visto e trattato il documento, quando viene evasa la pratica o viene data risposta. Continuando nel nostro viaggio all’interno di un ufficio, provate a pensare per un momento a dove vanno a finire, normalmente, tutti i documenti cartacei che arrivano ogni giorno sulle nostre scrivanie. Gli uffici sono pieni di pile di fogli di carta, gli armadi sono pieni di faldoni, di schedari, di cartelle e cartelline. Se capita, poi, che io non sia in ufficio a dire dove ho messo una pratica o un documento, cosa può succedere? Tutto si ferma e nessuno è in grado di rispondere o dare seguito a una pratica. Questo poteva succedere fino a ieri. Da oggi il nostro sistema digitalizzato ci consente di non fermarci, di essere sempre e in ogni caso in grado di rispondere e di trovare qualsiasi documento. Sto parlando del progetto: Archivio Documentale e Fascicolo Digitale. Con questo progetto, il nostro Ente è organizzato, ora, in modo da avere un archivio documentale informatico, perfettamente ordinato, dove tutti i documenti sono archiviati, catalogati e facilmente reperibili e consultabili: sia quelli in uscita, prodotti dai vari uffici, sia quelli in entrata. Anche i documenti prodotti internamente sono archiviati nell’archivio digitale informatico Olim-

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del documento non c’è. Si trova tutto sempre, subito e in modo veloce. Tutto è sempre a portata di mano (o di tasto), ordinato, organizzato e , se necessario, condiviso.

I punti di interesse del Comune di Gattinara: il Palazzo di Città, l’Enoteca regionale, la Chiesa di San Pietro e Paolo, la Torre delle Castelle, il Vino “Gattinara” e le colline.

po (così lo abbiamo chiamato) e sono, quindi, di facile ricerca e di facile consultazione da parte di qualsiasi operatore autorizzato, del segretario o del sindaco, indipendentemente dall’ufficio che li ha prodotti e senza necessità di sapere dove i documenti cartacei siano stati archiviati, il tutto attraverso un efficace sistema di ricerca. Ancora una volta, questo non ci bastava e così abbiamo deciso di arricchire il tutto con il “Fascicolo Digitale”. Non più faldoni, raccoglitori e cartelline per tenere insieme i documenti di una stessa pratica. Gli armadi si svuotano e i fascicoli digitali si riempiono. Tutti i documenti facenti capo ad una pratica sono ora archiviati nel “fascicolo digitale”, un fascicolo virtuale unico che raccoglie i documenti che fanno capo a una stessa pratica anche se sono prodotti da uffici diversi. Non più duplicazione di fascicoli e faldoni tra uffici. Tutta la storia di una pratica dalla A alla Z è in un unico contenitore. RISULTATI E VANTAGGI OTTENUTI:

“Non esistono i miei documenti e i tuoi documenti”. I documenti sono parte dell’Ente e come tale vanno gestiti. Devono potersi leggere, consultare e visionare anche se il titolare

In una giornata di lavoro, in ufficio, si susseguono tantissime altre incombenze oltre alla gestione dei documenti. Se è diventato così semplice e naturale gestire i flussi documentali in modo informatico, comodamente seduti alla scrivania e senza carta che circola, perché non arrivare allo stesso risultato anche con le altre incombenze? Perché non dematerializzare l’intera scrivania e tutto quanto di solito vi sta sopra? Ecco che nasce, così, l’idea del progetto “Scrivania Digitale” ovvero: L’Agenda Informatizzata. Si tratta di un progetto che prevede l’utilizzo di una scrivania virtuale dalla quale si riesce a gestire qualsiasi cosa. Con il progetto scrivania digitale si è perseguito l’obiettivo: “via le agende dalle scrivanie”! Dopo le determine, i documenti, i work flow, si sta tentando di dematerializzare anche l’agenda attraverso l’utilizzo di una scrivania virtuale divisa in sezioni dalla quale si riescono a gestire gli scadenziari degli appuntamenti e delle pratiche, la gestione delle proprie assenze dal lavoro. Una scrivania mostra sempre in evidenza le pratiche da portare avanti, quelle in corso di formazione, i programmi di lavoro suddivisi nel tempo. Nella scrivania digitale ognuno può trovare un proprio spazio riservato per memorizzare le proprie password (segrete), dalla scrivania digitale si possono inviare post-it e messaggi ai colleghi e riceverne tempestivamente le risposte, tutto online, tutto senza carta. Proseguendo il viaggio, arriviamo al 2010 e alle ultimissime direttive del Ministro Brunetta che vorrebbe a tutti i costi vedere decollare l’utilizzo della PEC. Non vogliamo di certo tirarci indietro di fronte a questa nuova sfida! Ed ecco, così, che nasce l’ultimo dei nostri progetti: l’obiettivo di utilizzo della mail come mezzo di spedizione privilegiata dei documenti e, tutte le volte che è possibile, l’utilizzo della PEC. Sto parlando del progetto: Riduzione Spese Postali. Con questo progetto gli uffici si sono posti l’obiettivo di ridurre il numero di documenti che vengono spediti tramite la posta normale. Il documento, ogni volta che è possibile, è prodotto, ma non viene stampato, viene trasformato in formato .pdf, firmato in modo informatizzato con firma autenticata secondo le norme di legge (D.Lgs. n. 39/93 art.3) o con firma digitale e inviato via mail o via PEC, semplicemente con un “clic”. Non stupitevi se da questo breve racconto emerge una naturale leggerezza nell’approccio del nostro modo di lavorare al digitale. Per noi è stato quasi un gioco da ragazzi. La naturalezza nel rapporto col digitale ci è venuta sicuramente più spontanea dopo 6 anni dal collaudo del nostro primo grande progetto digitale: sto parlando del progetto “Determine Digitali”. Questo progetto è stato il nostro trampolino di lancio e la nostra palestra di allenamento al digitale. iged.it 04.2010

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di sapere a che punto è l’iter di formazione dell’atto e quale attività successiva è richiesta. Documenti digitali, dunque e procedimento totalmente digitale e informatico, dalla A alla Z. Ora, con l’attivazione dell’albo pretorio digitale, dal primo gennaio 2011 potrà sparire anche l’unica copia cartacea che al momento è ancora stampata e pubblicata all’albo e, con l’utilizzo della PEC, anche la trasmissione degli atti tra enti potrà circolare in rete. RISULTATI E VANTAGGI OTTENUTI:

I progetti di digitalizzazione dal 2004 al 2010

Sintesi del sistema di gestione della scrivania digitale

Quando nel 2004 siamo partiti, pochissimi dipendenti pubblici sapevano cosa fosse una firma digitale e pochissimi avrebbero saputo cosa farsene di una Smart Card di firma digitale. Noi ne abbiamo fatto il nostro strumento di lavoro quotidiano. Quale palestra avrebbe potuto essere migliore delle determinazioni digitali, gli atti prodotti in quantità maggiore negli enti locali che vengono assunti quasi giornalmente da tutti gli uffici? L’elemento fortemente innovativo del progetto è consistito nel fatto che, dall’ agosto 2004, nessun atto dirigenziale è stato più redatto in forma cartacea. Non solo: tutte le determinazioni sono prodotte completamente in modo informatico, come documento informatico e sono firmate digitalmente; anche i processi intermedi, necessari alla redazione dell’atto finale, sono monitorati e seguiti attraverso un quaderno di lavoro digitale che permette a ciascun operatore

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Si è realizzato un processo di lavoro di équipe straordinario, coordinato e perfettamente funzionante che ha consentito di ridurre i tempi di lavoro e ovviare alla carenza di risorse umane. Il progetto, risalente al 2004, ha rappresentato una prima attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale e ha anticipato l’attuazione degli attuali obiettivi di e-government: efficienza, digitalizzazione, eliminazione della carta. In numeri: più di 3.700 atti digitali assunti: più di 18.000 firme digitali apposte; 60.000 circa fogli di carta risparmiati. Anche il passaggio nel 2009 al mandato informatico secondo le direttive dell’O.I.L. è stato un passaggio indolore, semplice ed efficace. Si sono realizzati risparmi notevoli in termini di tempo dedicato alla stampa e alla firma dei mandati, risparmio di tempo nelle consegne alla Tesoreria e risparmio di carta e inchiostro nella stampa dei mandati e delle reversali. Mi piace rappresentare i nostri progetti come il risultato della costruzione di un puzzle che è partito da un progetto generale nel quale era ben chiaro sin dall’inizio il risultato finale che si voleva raggiungere e dove l’obiettivo generale è stato spezzettato in tanti tasselli strutturati in modo da intersecarsi e unirsi perfettamente per la creazione del disegno finale. Un ringraziamento doveroso va alla nostra software house, la Siscom spa che ha svolto con noi quel ruolo (fortemente sollecitato anche in occasione dell’ultima edizione di Omat Roma 2010 da parte degli addetti ai lavori nei confronti delle società di ITC), di supporto e collaborazione per la ricerca delle soluzioni ottimali, operative e funzionali. Progettazione, pianificazione e organizzazione sono, infatti, gli elementi indispensabili e vincenti insieme a una dose di buona volontà. Buon digitale a tutti.

DONATELLA CARUSO

Dirigente Comune di Gattinara

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MERCATO

Il Registro delle Imprese, strumento di legalità, quale strumento di supporto al contrasto della criminalità economica

FUNZIONALITÀ DI RI.VISUAL Partendo dalle ricerche sulle imprese (denominazione, codice fiscale o numero REA) oppure dalle ricerche sulle persone (utilizzando cognome e nome o codice fiscale) è possibile accedere alle informazioni in formato grafico delle imprese o delle persone cercate. Per le imprese si possono visualizzare le informazioni sulle persone (amministratori, sindaci, titolari di altre cariche), sui soci e titolari di quote oppure sulle partecipazioni o le unità locali. Oltre alle rappresentazioni grafiche si possono richiedere altri documenti, come la visura, in formato testuale, per acquisire tutte le informazioni di dettaglio. Con riferimento alle persone si possono visualizzare le informazioni relative alle partecipazioni o alle cariche ricoperte. A queste si vanno ad aggiungere le informazioni in formato testuale come la scheda partecipazioni e la scheda cariche.

Esempio di grafico ri.visual

Il sistema economico è uno degli anelli deboli della catena attraverso cui transitano i capitali illegali; per fronteggiare l’economia criminale è, pertanto, utile garantire la trasparenza del mercato, sia tramite regole sia tramite strumenti tecnologici in grado di tenere sotto controllo l’affidabilità e la tracciabilità di informazioni e transazioni. Ecco perché, per disporre di un supporto indispensabile per l’attività di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, è utile, se non necessario, mettere assieme tutte le informazioni disponibili gestite dalle varie amministrazioni pubbliche e incrociarle e analizzate con software intelligenti. In quest’ottica la Camera di Commercio di Reggio Emilia ha presentato, in un incontro con le Pubbliche Amministrazioni, due nuove modalità di consultazione del Registro delle Imprese – l’anagrafe di tutte le imprese italiane - che possono fornire un efficace supporto nella lotta quotidiana alla criminalità economica. Con il primo servizio - ri.visual – si possono “vedere” immediatamente, in formato grafico, le informazioni su un’impresa o su una persona presenti nel Registro delle Imprese. Con il secondo denominato – ri.build – possono essere tenute sotto controllo un insieme di imprese selezionate, attraverso la segnalazione via e-mail di tutte le modifiche che intervengono nel corso della loro “vita”. La scelta della sede per la presentazione dei servizi non è casuale in quanto la Camera di Commercio di Reggio Emilia è tra le prime in Italia ad essersi da tempo impegnata su questo fronte: come è testimoniato anche dal “Protocollo contro la criminalità per la legalità”, sottoscritto da Reggio Emilia con altre Camere ugualmente sensibili al problema.

FUNZIONALITÀ DI RI.BUILD È possibile individuata un’impresa (denominazione, codice fiscale o numero REA) inserirla in una lista che può essere sempre aggiornata. Per ciascuna impresa si possono selezionare le variazioni da tenere sotto controllo: settimanalmente il sistema provvederà a verificare la situazione e, nel caso siano intervenuti eventi di interesse, notificherà , automaticamente, la modifica inviando, se desiderato anche via posta elettronica, il documento che la certifica (la Visura Ordinaria o Storica, l’ultimo Bilancio, l’elenco degli Amministratori, …). Possono essere segnalati eventi quali la nomina di nuovi amministratori, di variazioni di quote societarie, dell’apertura di procedure concorsuali, di deposito del bilancio e di tutte le altre variazioni di cui viene data pubblicità nel Registro Imprese.

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MERCATO

Nasce il genio della Lead Generation Scoprire quali aziende visitano il proprio sito web? Da oggi è possibile grazie a IPgenius, un servizio tanto semplice quanto innovativo LA REDAZIONE

Spesso si sente dire che Internet è un mercato ormai saturo, dominato da pochi grandi colossi, in cui la lotta per emergere si fa ogni giorno più strenua. D’altro canto, i tempi in cui era sufficiente avere un sito web per aumentare la visibilità della propria azienda sono finiti da un pezzo: tutti hanno un sito, e il successo dipende da una serie di fattori non sempre prevedibili al 100%.

acquisti direttamente on line), ma vale ancora di più per i cosiddetti siti-vetrina, cioè quelli in cui l’azienda illustra i propri prodotti e servizi senza offrire la possibilità di finalizzare gli acquisti in modo automatico. In questi casi, la fase commerciale avviene sostanzialmente off line, secondo tecniche di vendita più tradizionali. Inutile dire che la stragrande maggioranza dei siti web aziendali sia costituita da siti-vetrina.

LEAD GENERATION

Quindi, la domanda è: esiste un sistema per scoprire chi visita un sito web? Ovviamente, e fortunatamente, non esiste un metodo per risalire ai dati sensibili delle persone fisiche che navigano in Internet, ma oggi esiste uno strumento innovativo, in grado di fornire informazioni molto interessanti (e potenzialmente molto proficue) per il mondo business.

Lead Generation è un’espressione usata nel marketing che si riferisce all’acquisizione di nuovi contatti commerciali Come se non bastasse, avere un sito molto visitato non significa automaticamente ottenere degli adeguati riscontri commerciali. Certo, la quantità aiuta, ma senza qualità è difficile andare lontano. Per ogni azienda diventa quindi necessario conoscere non solo il numero di visitatori che transitano sul proprio sito ma, possibilmente, avere a disposizione dati più precisi riguardo alla loro tipologia. Solo in questo modo è possibile ottimizzare i contenuti web e impostare strategie commerciali volte a massimizzare i risultati. Il discorso vale per tutti i siti di e-commerce (in cui ogni utente può effettuare i propri

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Si tratta di IPgenius, il nuovo servizio targato ITER che, grazie a un sistema completamente web-based, è in grado di riconoscere gli indirizzi IP dei visitatori di un sito web e indicare a quali aziende corrispondono, fornendo importanti indicazioni per elaborare strategie di marketing efficaci. CHE COS’È IPGENIUS

IPgenius non è altro che un semplice script che deve essere inserito all’interno del codice di ogni pagina web che si desidera monitorare. Non necessita di complicate procedure di installazione né di una conoscenza dei linguaggi di programmazione, ed è subito operativo.

È sufficiente installare il codice di IPgenius nelle pagine del sito che si intende monitorare. Ogni giorno IPgenius invia un’email con i dettagli delle visite del giorno precedente. Cliccando su ciascuna azienda, è possibile visualizzarne l’anagrafica completa.

COME FUNZIONA

La stragrande maggioranza delle aziende naviga su internet tramite un cosiddetto IP statico, un numero registrato e pubblico che le identifica in modo certo. IPgenius contiene un algoritmo che riconosce l’IP statico che sta visitando il sito e lo confronta con un database che associa a ogni IP la relativa ragione sociale. In questo modo, IPgenius può risalire, in modo totalmente legale, all’azienda collegata ad ogni singolo indirizzo IP statico analizzato. Ogni giorno, IPgenius invia

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un’email contenente i dati relativi alle visite del giorno precedente, ossia un elenco di aziende ordinate e complete di anagrafica: ragione sociale, nazione, città, indirizzo, numero di telefono e fax. In ogni momento, l’utente può accedere ad un pannello di controllo online e visualizzare una grande quantità di dati dettagliati. MOLTO PIÙ CHE SEMPLICI ANALYTICS

IPgenius non è uno strumento di analytics: è uno strumento di lead generation. I prodotti di analytics forniscono indicazioni generiche relative al traffico web, ma nessuna tra queste soluzioni (compreso Google Analytics) è in grado di fornire le informazioni che IPgenius ogni giorno consegna nella casella di posta elettronica: dati aggregati e puliti, anagrafiche complete, dettagli delle pagine viste e molto altro ancora.

In ogni momento, l’utente può accedere al proprio pannello di controllo online...

IPgenius costituisce un’importantissima leva commerciale, perché segnala aziende che, avendo visitato il sito web di un’azienda, hanno dimostrato interesse nei confronti della sua attività. In questo modo, è possibile effettuare operazioni di marketing mirate a un target estremamente più proficuo, massimizzando i ritorni. QUANTO COSTA

IPgenius ha un costo estremamente contenuto: solo 1.200 euro all’anno più iva, con pagamento semestrale anticipato. È possibile attivare una prova di 20 giorni per testare il servizio. Il costo del periodo di prova è di 75 euro più iva, che vengono rimborsate in caso di sottoscrizione del servizio annuale. Per attivare la prova è sufficiente contattare l’assistenza tecnica ITER a questi riferimenti: ITER

via Rovetta 18 20127, Milano tel 02.28.31.16.1 - fax 02.28.31.16.66 www.iter.it - iter@iter.it

... e visualizzare in tempo reale i dati che desidera, scegliendo tra un’infinità di utili opzioni, tra cui il numero di visite per IP, i tempi di permanenza sul sito, la simulazione video delle pagine visitate da ciascuna azienda e l’area geografica di provenienza.

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MERCATO

Tecnologie di trasformazione documentale server-based Considerazioni sulle tecnologie per la gestione di documenti in ambienti enterprise DI CRISTIANO IERA

- INTRODUZIONE L’IMPORTANZA DEL DOCUMENTO

Molte delle attività in un’azienda, a prescindere dalle sue dimensioni, sono legate alla generazione, ricezione e manipolazione di documenti. Nella sua accezione cartacea, un documento è un supporto privo di valore intrinseco, utilizzato per memorizzare in modo permanente e irreversibile, ma deteriorabile, informazioni testuali, generalmente non strutturate, ma all’occorrenza riconducibili a dati strutturati o strutturabili.

precedentemente scansiti; i moderni sistemi documentali orientati all’Enterprise Content Management (detti ECM) si propongono invece di gestire anche i contenuti dei documenti, ossia dati e metadati, utilizzando tali informazioni all’abbisogna come variabili di processo per i flussi di lavoro aziendali (applicazioni BPM). WORKFLOW ED ELABORAZIONI SU DOCUMENTI

Così definito, un documento cartaceo è dotato di: - supporto fisico; - dati strutturati o non strutturati (il testo); - segni grafici (firme, evidenziazioni, richiami); - metadati (significati dei segni grafici, posizione del documento, stato di approvazione, ecc).

Affinché un sistema di gestione documentale sia efficace deve almeno possedere tutti i requisiti che non impediscano il trattamento e l’utilizzo dei documenti così come un archivio cartaceo consentirebbe, ma al tempo stesso non deve essere indissolubilmente legato all’adozione di formati proprietari spesso non leggibili a distanza di tempo o con sistemi diversi. In aggiunta a tali requisiti, affinché sia utile come sistema “innovativo”, deve anche consentire l’automazione dei processi aziendali collegati ai documenti trattati.

Un documento digitale, che rappresenti o sostituisca un documento cartaceo, o che sia esso stesso considerabile originale, non può dunque fare a meno delle suddette caratteristiche, in quanto l’introduzione dei documenti digitali non ha modificato drasticamente le modalità di gestione dei documenti nei processi della comunità civile e in particolare nelle aziende. I sistemi cosiddetti di “archiviazione ottica” consentono il salvataggio ed il recupero di immagini di documenti

Quest’ultimo requisito non è però da intendersi come “deve realizzare l’automazione”, piuttosto si può dire che “deve consentire agli applicativi di gestione dei processi aziendali di utilizzare i documenti da esso trattati”. È possibile che il sistema di gestione documentale effettui anche l’automazione dei processi o viceversa, ma nel caso più generale le due funzionalità sono distinte, e l’automazione dei processi aziendali può essere ottenuta con più applicazioni, che possono con-

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dividere in tutto o in parte l’accesso al sistema documentale e/o altre risorse aziendali condivise. Tutto ciò deve essere collocato nelle attuali ed efficienti architetture applicative multilayered, in cui possono esistere più layer di livello applicativo (business logic), più layer di interfaccia utente (ad es. client-server o web-based), più layer dati, sia non strutturati (ad es. messaggistica) sia strutturati (ad es. RDBMS). La necessità, inoltre, di utilizzare piattaforme diverse con differenti tecnologie è una realtà per molte aziende: spesso non si tratta di una scelta, ma di un dato di fatto imposto da fusioni e acquisizioni; anche la necessità di usufruire in modo tempestivo delle ultime evoluzioni tecnologiche, qualora esse presentino opportunità migliori dei sistemi in uso, impone di considerare possibile l’eventualità di dover modificare piattaforme e tecnologie. Una tipica architettura applicativa che risponde bene a tale requisito è quella mostrata in Figura 1: è caratterizzata da un layer intermedio “di servizio” interposto fra i layer applicativi (che interpretano la “business logic” dei processi aziendali) e i layer di storage dei dati e metadati; lo stesso layer di servizio governa (di solito con una logica di incapsulamento, spesso basata su interoperabilità mediante SOAP) le interazioni fra i layer applicativi e altri componenti che forniscono al sistema i servizi necessari per la manipolazione delle entità gestite. Tipici esempi potrebbero essere una risorsa di supercalcolo atta ad effettuare

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- - - - Figura 1

simulazioni finanziarie, o un motore di workflow che regola i flussi documentali e operativi, o un motore di manipolazione documentale che effettui operazioni complesse su documenti. A titolo di esempio, in un sistema così strutturato è possibile sostituire il sistema di storage dei documenti passando da una tecnologia ad una concorrente senza alterare minimamente tutti gli altri componenti del sistema. Il motore di elaborazione documentale è un componente la cui necessità è indiscussa: qualunque sistema che tratti documenti deve possedere funzionalità di acquisizione, conversione,

- rendering e molte altre, ma spesso la reale collocazione di queste funzionalità nell’architettura di sistema non è ben individuata e non si comprende a fondo l’importanza di definirle meglio, anche se è relativamente semplice individuare i principali requisiti funzionali che il componente di elaborazione documentale deve possedere: - manipolazione di documenti visualizzabili nel loro aspetto originale; - estrazione di testo (OCR) da documenti scansiti, o parti specifiche degli stessi, o da immagini in essi presenti; - conversioni di formato da qualun-

- - - -

que tipo di documento trattato in uno o più formati standard; portabilità dei documenti digitali generati o convertiti (formati conformi a standard consolidati); inalterabilità, conservabilità e accessibilità dei formati di documento digitale gestiti; generazione diretta di documenti digitali da parte di applicativi e di operatori; apposizione di firme digitali e marcature temporali; protezione con limitazione di accesso parziale o totale; verifica di formato e di leggibilità di documenti digitali; “tutte le operazioni che si possono fare con la carta”, quali: operazioni “taglia&incolla” su documenti esistenti (stralcio, fascicolazione, estrazione, inserimento, ecc); timbri, filigrane, stampe in overlay, contrassegni, aggiunta di parti dinamiche (indici, header, footer, ecc).

SOLUZIONI CLIENT-BASED O SERVER-BASED

Soprattutto in sistemi “legacy”, o comunque non di ultima generazione, molte delle funzionalità di elaborazione documentale elencate sonorealizza-

Caratteristica

Server-based

Client-based

Costo di acquisto

Centralizzato e controllabile, dipendente da precise politiche di licensing

Apparentemente basso per postazione (nullo per le soluzioni meno “blasonate”), predizione del numero di licenze poco affidabile

Costo di esercizio

Limitato alla manutenzione del sistema centralizzato

Molto elevato a causa della necessità di formare gli utenti all’uso del prodotto e di manutenere l’applicazione

Costo di aggiornamento

Centralizzato e controllabile

Necessità di aggiornare i singoli client

Affidabilità dei risultati

Elevatissima, una volta impostate correttamente le modalità operative e gli script di funzionamento i risultati sono uniformi e garantiti

Poco affidabile a causa dell’interazione con gli utenti

Costo della scalabilità per elevati volumi di documenti

Costi nulli entro la capacità dei server esistenti; in funzione del della tecnologia del prodotto oltre

Non scalabile: un incremento nel volume dei documenti trattati corrisponde a un incremento del lavoro degli operatori

Costo della scalabilità per numero di operatori Interazione con applicativi enterprise

Costi di scalabilità nulli o comunque prevedibili in base al carico di lavoro

Incremento di costo lineare

Supportata

Impossibile

Interazione con utenti

Supportata, con opportune interfacce

Supportata

Conversioni di formato

Supportate (secondo specifiche del prodotto)

Supportate (in genere secondo applicazioni installate sul client)

Tabella 1

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te mediante software “client-based”: con questa locuzione si indicano quelle applicazioni che, installate sul PC di ciascun operatore che necessiti di gestire documenti, soddisfano alcuni dei requisiti indispensabili, generalmente mediante driver di stampa virtuale per la conversione (è comodo, in quanto consente di convertire tutto ciò che si riesce a stampare, indipendentemente dal formato di provenienza) e interfacce utente specializzate per la manipolazione interattiva dei documenti. A prescindere dalla completezza delle varie realizzazioni disponibili sul mercato, la caratteristica che accomuna tutti i prodotti “client-based” è la necessità di interagire con l’operatore per utilizzare tutte le funzionalità del prodotto. Pertanto un prodotto client-based non potrà mai essere utilizzato da un’applicazione di livello enterprise con un’architettura “moderna”, che per motivi di incompatibilità di piattaforma, affidabilità, resilienza, disponibilità, sicurezza e policy generali di amministrazione e manutenzione, è installabile solo su appositi application server, ben isolati e protetti dalle manipolazioni degli utenti. L’alternativa a questo modello di architettura è rappresentata da un prodotto di elaborazione documentale “server-

based”, privo di interfaccia utente (se non per l’amministrazione del sistema), ma utilizzabile da ogni elaboratore da cui sia visibile, quindi sia da client con operatore umano che da server applicativi, direttamente dalle applicazioni ivi residenti. Il vantaggio in termini di flessibilità di utilizzo è innegabile, anche se diventa critica la capacità di supportare molteplici formati di documento ai fini delle funzionalità di conversione, non essendo praticamente possibile installare sul server di elaborazione documentale ogni applicazione in uso per consentire una conversione tramite stampa su dispositivo virtuale. D’altra parte un prodotto server-based consente elaborazioni di tipo massivo e/o ripetitivo senza intervento umano: ciò rende tali soluzioni assolutamente insostituibili in ambienti con elevati volumi di documenti da trattare. Si pensi, ad esempio, di effettuare una scansione con OCR di 1.000.000 di pagine, nelle due ipotesi di effettuare la sola scansione a mezzo operatori e l’OCR mediante server (soluzione server-based) oppure far effettuare scansione e OCR dagli operatori (soluzione client-based): introducendo un

aumento anche molto modesto (per ipotesi riduttiva: 15 secondi a pagina) dei tempi di lavorazione a carico di operatori annulla qualunque altro tipo di vantaggio economico o operativo che si pensi di ottenere con la soluzione client-based, comportando un aggravio di 520 giornate lavorative per la sola operazione OCR in questione. Si possono riassumere i pro e i contro delle soluzioni server-based e clientbased nella Tabella 1. APPLICATIVI E APPLIANCE

Le soluzioni “server-based” non sono tutte uguali: una prima differenziazione si può individuare fra le librerie applicative che, generalmente, sono legate a una soluzione pacchettizzata o personalizzata, entrando così a far parte integrante della stessa, e i server “stand-alone”, ossia non legati ad alcuna applicazione, ma utilizzabili mediante chiamate o eventi da qualunque software presente su altri elaboratori. Una ulteriore differenziazione può essere effettuata fra server stand alone “state-aware” dotati di una estesa logica interna di controllo di flusso e memorizzazione degli stati dei processi, che sono pertanto in grado di eseguire workflow complessi che su documenti multipli, e server “stateless”, che sono

Caratteristica

Soluzione basata su librerie

Appliance (fisica o virtuale)

Costo di immissione in esercizio

Acquisto + sviluppo + test + piattaforma host

Tutto incluso, senza variabilità

Manutenzione

Costi elevati per la presenza di più componenti

Fisso e relativamente poco costoso (usualmente con contratto di garanzia estesa)

Aggiornamento

Molte componenti da aggiornare, possibili conflitti di versioni

Monolitico, eventualmente con sostituzione dell’appliance stessa

Adattabilità all’ambiente operativo aziendale Interfacciamento

Secondo portabilità specifica

Indipendente (è una “black box”)

Ad hoc

Generalmente modalità multiple di interfaccia e protocolli multipli

Utilizzo

Generalmente in modalità sincrona (attende il completamento delle operazioni)

Modalità sincrona e asincrona

Scalabilità

Solo se specificamente previsto

Lineare, aggiungendo altri moduli

Affidabilità

Dipendente dai test sull’implementazione specifica

Stabile e collaudata in molteplici situazioni operative

Disponibilità

Dipendente dalla bontà della piattaforma operativa hardware e software

Altissima, mediante sostituzione dell’appliance rotta con altra identica

Efficienza

Dipendente dal tuning sull’implementazione specifica

Ottimizzata e collaudata in molteplici situazioni operative

Integrazione con altri applicativi

Massima flessibilità (solo se si ha controllo sul codice sorgente)

Buona, se supporta protocolli standard

Tabella 2

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a livelli mission critical. La potenza di elaborazione può essere scalata linearmente aggiungendo altri server alla rete, addirittura senza subire interruzioni: una funzionalità incorporata ripartisce automaticamente il carico di lavoro sui server disponibili. Se un server è occupato o inattivo, le attività vengono indirizzate al primo server disponibile; le attività non ultimate vengono reindirizzate al primo server disponibile per garantirne il completamento. ELABORARE UN DOCUMENTO CON ADLIB EXPRESS

Figura 2

in grado di eseguire gruppi di operazioni in sequenza, ma senza conservare traccia dello stato dei gruppi di operazioni effettuate in precedenza. In pratica un server stateless può essere sostituito da un altro identico senza perdita di informazioni sullo stato dei processi già elaborati. Un server stateless presenta però vantaggi notevoli su un server state-aware qualora sia richiesto un utilizzo di più server in parallelo, sia per motivi di scalabilità delle prestazioni sia per motivi di ridondanza in configurazioni ad alta disponibilità. Un server stateless si presta benissimo ad essere utilizzato come una “appliance fisica” (un elaboratore dedicato, realizzato con la filosofia della “black box” che comunica all’esterno mediante specifici protocolli) o addirittura una “appliance virtuale” (lo stesso tipo di dispositivo, ma realizzato su una macchina virtuale). In Tabella 2 sono riassunte a confronto le caratteristiche salienti di un’appliance rispetto a una soluzione basata su librerie applicative. UNA SOLUZIONE SERVER-BASED PRESTIGIOSA: ADLIB EXPRESS

Adlib Express, prodotto presente da molti anni sul mercato internazionale e ora disponibile anche in Italia nella release 4.10, è un chiaro esempio di soluzione server-based, che nelle configurazioni in alta disponibilità beneficia di un comportamento “da appliance”.

Express soddisfa tutti i requisiti enunciati come necessari per i motori di elaborazione, trasformazione e pubblicazione documentale: supporta l’output negli standard PDF e PDF/A, oltre ad altri standard quali HTML, JPEG, TIFF e TXT, accettando in entrata centinaia di formati di documento, tra cui Office, file d’immagine, e-mail, formati web e grafici come i file CAD. Express ha funzionalità OCR di alta qualità per creare PDF ricercabili. Da un punto di vista della manipolazione dei documenti (publishing) il prodotto offre un accurato controllo sulla formattazione dell’output, disponendo di funzioni di unione, segnalibro, aggiunta di elementi di navigazione quali indici collegati e link, apposizione dell’ora, inserimento di watermark e applicazione di impostazioni di sicurezza ai PDF. Express può pertanto funzionare come motore di elaborazione, trasformazione e publishing documentale in abbinamento a piattaforme ECM o come server indipendente in grado di supportare facilmente più flussi di lavoro e attività di trasformazione provenienti da utenti fisici e applicativi. Nella Figura 2 è visibile uno schema dei tipici flussi di lavoro realizzabili con Adlib Express. Adlib Express è concepito sulla base di un robusto framework modulare che garantisce scalabilità e ridondanza

I documenti da elaborare possono essere presentati al server Express mediante uno dei protocolli all’uopo disponibili: HTTP, SOAP (web services), FTP, SMTP, SMB (watched folders). L’elaborazione da effettuare sui documenti in Adlib Express è regolato dall’esecuzione di particolari script, detti “job ticket”. Si tratta di semplici sequenze di comandi in formato XML inviate al server con uno dei protocolli già citati, che istruiscono il server sulle operazioni da effettuare sui documenti trattati. Un job ticket può contenere un numero qualunque di comandi da eseguire in sequenza. È possibile definire modelli per la creazione rapida di job tickets ed è possibile parametrizzarne il contenuto. Oltre ai comandi diretti per il server Express, un job ticket può contenere due sezioni di codice javascript o vbscript da eseguire prima e dopo dell’elaborazione dei comandi Express. Questa caratteristica, in aggiunta alla possibilità del server Express di utilizzare i metadati dei documenti come parametri di lavoro nei job ticket, rende possibile la realizzazione di workflow autonomi anche piuttosto complessi basati esclusivamente su job ticket, senza l’apporto di ulteriori logiche di controllo esterno.

CRISTIANO IERA

Direttore commerciale di Swen

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MERCATO

La nuvola di Google L’offerta tecnologia per le aziende della divisione Enterprise di Google DI LUCA GIURATRABOCCHETTA

LA STORIA DELLA DIVISIONE ENTERPRISE DI GOOGLE

Come per tutto il resto dell’offerta di Google, anche la proposta della divisione Enterprise ruota intorno al concetto di “trovare facilmente e usare al meglio l’informazione” che, nella proposta per le aziende, va anche oltre il concetto di motore per abbracciare il modello del cloud computing. Per Google, il modello cloud si concretizza nelle Google Apps, che permettono di avere a disposizione l’informazione ovunque ci si trovi e con qualsiasi dispositivo e di arricchire il valore dell’informazione stessa grazie alla collaborazione e al contributo di altre persone. Le soluzioni di Google Enterprise derivano da un’evoluzione della stessa tecnologia offerta sul mercato consumer, potenziata con le funzioni richieste dalle aziende e dalle amministrazioni pubbliche. I fondatori di Google avevano l’obiettivo di organizzare la massa di informazioni che circolano nel mondo, rendendole universalmente accessibili e fruibili. In questo modo è nato il famoso motore. Successivamente, Google ha capito che se voleva raggiungere in pieno l’obiettivo iniziale non poteva limitarsi a organizzare solo le informazioni disponibili su Internet, ma doveva offrire supporto anche nella gestione delle informazioni che risiedono all’interno delle aziende. Oggi, infatti, si può interrogare il Web per sapere in meno di un secondo quanti sono i gradini che portano in cima alla Statua della Libertà, ma poi si perdono

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ore per trovare vecchie presentazioni sulla Intranet od ovunque siano archiviate all’interno dell’azienda. Il nuovo obiettivo di Google - a partire dal 2004 - è stato dunque quello di aiutare gli utenti aziendali a reperire velocemente, sfruttare al meglio e condividere in modo efficiente le informazioni a supporto del loro lavoro, il tutto con la stessa facilità con la quale su Google. it si possono reperire istantaneamente quotazioni azionarie, previsioni del tempo, orari di treni e aerei, ecc. È nata così l’offerta di prodotti della divisione Enterprise di Google. A livello mondiale, sono oltre 1000 le persone in Google che lavorano nell’area Enterprise. In Italia, la divisione Enterprise di Google è pienamente operativa da inizio 2006. PROPOSTA PER IL CLOUD COMPUTING: GOOGLE APPS PREMIER

Offerta su abbonamento a 40 euro per utente l’anno, Google Apps Premier comprende supporto telefonico e via email in italiano 24x7 (non compreso nella versione consumer), mailbox di 25GB (mentre la consumer offre “solo” 7GB), disponibilità di funzionalità per l’amministrazione e l’integrazione con le altre applicazioni (per esempio, l’azienda può continuare a usare Outlook come interfaccia, ma avere la posta in cloud con Gmail), disponibilità del servizio del 99,9% garantita da contratto (esclusiva della versione Premier). Le applicazioni della suite:

Luca Giuratrabocchetta

- il servizio webmail Gmail; - Google Calendar, l’applicazione per la gestione condivisa delle agende; - Google Talk per l’instant messaging, la telefonia voice-over-IP e la video chat, con traduzione istantanea dei messaggi in 42 lingue; - Google Sites per la creazione di un sito web in pochi clic; - Google Docs per lavorare insieme su documenti, presentazioni e fogli elettronici senza necessità di scambio via email delle varie versioni; consente inoltre di vedere a video in tempo reale le modifiche effettuate da altri utenti connessi e di discuter-

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le via chat; - Google Video (solo nella versione Premier), per il caricamento e la condivisione semplice e rapida di video all’interno del dominio aziendale; - la possibilità di impostare l’accesso a servizi, dati e risorse mediante autenticazione forte a due fattori, per la massima sicurezza e protezione delle informazioni aziendali.

Qualche considerazione: - molte delle aziende che passano a Google Apps, almeno inizialmente, lo fanno per la posta e questo viene visto da qualcuno come un segno di debolezza della suite. In realtà la posta è una forza di Google Apps e insieme un punto di ingresso per dare modo alle aziende di capire anche le potenzialità degli altri servizi descritti sopra e, in qualche modo, di abituarsi a un paradigma che rappresenta senz’altro un approccio rivoluzionario, non tanto dal punto di vista della tecnologia, che è facilissima da usare, ma da quello delle modalità operative;

- ovviamente ci vogliono responsabili dei sistemi informativi intelligenti e visionari, che non hanno paura che il cloud rubi loro il posto e che dedicano del tempo a “inventare” decine di applicazioni basate sulla suite cloud ... in altre parole, gente che ha ancora voglia di innovare; - già solo passando alla posta Gmail versione aziendale le aziende risparmiano decine di migliaia di euro perché: eliminano i server di posta e il relativo storage; eliminano la manutenzione dell’hardware; eliminano gli upgrade del software; eliminano la necessità di backup/ disaster recovery perché lo fa Google nei propri data center; possono spostare gli addetti ad attività più funzionali al business (perché la posta è vitale ormai per le aziende, ma ovviamente non genera business). - le dichiarazioni di risparmi da parte degli utenti italiani, a seconda della tipologia del sistema informativo e del numero di dipendenti, vanno dai 30.000 euro l’anno in su; - perché scegliere Google? Perché Google ha inventato il cloud e quindi è più affidabile. Perché Google è un business “in cloud” per definizione (il motore stesso è un’applicazione cloud, fondata su una enorme potenza di calcolo). Perché per tutte le sue caratteristiche, la potenza di calcolo e la sicurezza che Google può garantire attraverso decine e decine di data center sparsi per il mondo oggi non la può garantire nessuno. Un po’ di numeri: - Google Apps Premier è usata oggi da 3 milioni di aziende nel mondo per un totale di oltre 30 milioni di utenti; - tra le aziende italiane che usano Google Apps Premier figurano: Digicamere e Camera di Commercio di Monza, Permasteelisa, Fracarro Radioindustrie, Roberto Cavalli, ASS n.4 Medio Friuli, Nomination. Tra le aziende globali figurano invece: Jaguar Land Rover, Valeo, Rentokil Initial, KLM;

- la principale referenza (per numero di account) citabile a oggi a livello mondiale è Ahold (GDO), con 55.000 dipendenti appena passati ad Apps. La principale referenza italiana è Permasteelisa con 3.000 account. Un annuncio recente: Google presenta un sito per rispondere a domande e perplessità degli utenti in merito a Cloud Computing, Cloud Security e Google Apps. Il Cloud Computing è sicuro? Come gestisce Google i miei dati che viaggiano nella “nuvola” di Internet? Cos’è l’accordo Safe Harbor? Sono sicure le applicazioni web Google Apps? Come fa Google a garantire la sicurezza dei propri centri dati proteggendoli da hacker e altre minacce? Per rispondere a queste e altre domande degli utenti che intendono avvicinarsi al Cloud Computing, Google ha reso disponibile Fidati di Google Apps, un sito dedicato in lingua italiana su Google Apps e Cloud Security. Reperibile al link http://www.google. com/apps/intl/it/trust/index.html, contiene sottosezioni su certificazione, riservatezza e sicurezza dei dati, non-

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ché un link diretto alla Google Apps Status Dashboard (sempre in italiano), dalla quale gli utenti possono vedere in tempo reale lo stato delle applicazioni Google Apps, con notifica e spiegazione di eventuali problemi. Una curiosità: nel sito è anche disponibile un video tour di uno dei famosi “container data centre” di Google: http://www.google.com/apps/intl/ it/trust/security.html

Google Search Appliance

PROPOSTA PER IL SEARCH AZIENDALE: GOOGLE SEARCH APPLIANCE

Google Search Appliance (GSA) è un’appliance hardware/software progettato per offrire agli utenti aziendali la stessa rapidità di reperimento delle informazioni e rilevanza dei risultati consentite dal motore Google. La famiglia di sistemi GSA facilita l’individuazione e il recupero delle informazioni contenute sulla intranet, sui siti web pubblici, nei file server e nei sistemi gestionali e documentali. Una volta collegati alla rete aziendale, questi appliance hardware/software sfruttano il sistema di indicizzazione alla base del successo di Google per organizzare e rintracciare l’enorme quantitativo di dati presenti in azienda. GSA si può usare in due modi: per consentire ai visitatori del sito aziendale di reperire in modo libero da percorsi prefissati qualsiasi contenuto presente sul sito oppure per consentire ai dipendenti di cercare qualsiasi documento presente sulla rete aziendale. Sui loro siti pubblici lo usano: Regione Lazio, Regione Valle d’Aosta, Univer-

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sità di Torino, Provincia di Milano, Comune di Firenze, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Vittoria Assicurazioni, Confindustria, RAI, ICE, Texa. Mentre lo usano per la ricerca sulle loro intranet: Aeronautica Militare, Ansaldo Sistemi Industriali. PROPOSTA PER LA GESTIONE DI DATI GEOREFERENZIATI: GOOGLE MAPS E GOOGLE EARTH VERSIONE ENTERPRISE

Con Google Maps Enterprise, le organizzazioni possono individuare su una mappa la posizione degli utenti, georeferenziare eventi o appuntamenti sul territorio, gestire le sedi decentrate, ecc.. Google Maps Enterprise utilizza l’API di Google Maps, la soluzione per i siti web pubblici gratuiti, aggiungendovi un servizio di assistenza di livello enterprise e la possibilità di integrare le mappe nelle applicazioni intranet.

Con Google Earth Enterprise è invece possibile creare un “globo personale” a partire dai propri dati geospaziali. Gli enti pubblici possono utilizzare la soluzione di Google nei propri data centre, limitandone l’accesso al personale autorizzato e sfruttare al massimo il potenziale dei preesistenti investimenti in dati e tecnologia GIS (geographic information system). Terabyte di dati geospaziali possono essere raggruppati in un unico globo per consentirne l’accesso rapido a supporto di decisioni più tempestive. Google Earth Enterprise può incorporare dati da ESRI, Oracle, MapInfo e altri popolari sistemi.

LUCA GIURATRABOCCHETTA

Country Manager di Google Enterprise Italia

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MERCATO

Enterprise Content Management La chiave per aiutare le aziende a costruire valore DI CRISTIANA PIRAINO

Nel mondo, ogni giorno, un numero imprecisato di knowledge worker “spreca” parte del proprio tempo semplicemente svolgendo il proprio lavoro. Ciò accade quando si ricercano, spesso senza alcun risultato, informazioni necessarie per portare avanti un progetto, sviluppare un piano o magari trovare la soluzione a un problema. Circa il 40% del tempo dei knowledge worker viene impiegato proprio nella ricerca di tali informazioni. Supponiamo di dover sviluppare un sistema di illuminazione degli uffici della nostra azienda. A questo proposito, dobbiamo prendere in considerazione molteplici aspetti: la superficie totale dello spazio, i costi energetici da sostenere quotidianamente o mensilmente, le ore di lavoro impiegate dai dipendenti, e molti altri aspetti. Occorrerà molto tempo per reperire le informazioni necessarie a sviluppare il progetto; per poi scoprire che un collega nel palazzo accanto ha creato una presentazione in Po-

werPoint che contiene proprio le informazioni che stiamo ricercando. Non avendo inserito i contenuti su un server che permetta la loro condivisione, noi ne resteremo all’oscuro. Oppure, nel peggiore dei casi, la settimana prossima questo collega non farà più parte dell’azienda e dunque l’hard disk del suo portatile sarà cancellato con la perdita definitiva di tutti i dati. È un semplice esempio, ma efficace nel rendere perfettamente l’idea. Tutti i dipendenti, a prescindere dal tipo di cultura e lingua, impiegano molte ore nella ricerca delle informazioni. Tutto questo potrebbe cambiare favorendo la condivisione dei contenuti aziendali in modo uniforme; esiste infatti una quantità infinita di informazioni al di fuori dell’azienda e le organizzazioni dovrebbero comprendere come condividerle nel modo più efficace. Tali contenuti devono essere gestiti e il loro ingresso nel mondo del Web 2.0 offre alle aziende un’opportunità per incrementare la produttività. Ad esempio, se tutte le presentazioni in PowerPoint presenti solo nei portatili individuali fossero accessibili alle persone

giuste dell’azienda attraverso un ambiente di condivisione, l’organizzazione sarebbe certamente più efficiente. Invece troppe informazioni e contenuti rimangono “bloccati” nei portatili o in repository senza essere condivisi. E un’informazione che non può essere condivisa perde molto del suo valore. LA CONDIVISIONE COME ELEMENTO FONDAMENTALE È necessario attuare un cambio di mentalità all’interno delle organizzazioni, che non si limiti alla creazione di repository comuni, ma anzi spinga il personale dell’azienda a scegliere livelli più alti di condivisione dei contenuti. Non si tratta di quante informazioni i singoli dipendenti abbiano a disposizione, bensì di come utilizzino dati e contenuti preziosi per supportare la crescita dell’azienda. Le opportunità offerte dai social media aiutano dipen-

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denti, partner e clienti a connettersi tra di loro, a beneficio di tutti. Ad esempio, le aziende che tengono traccia e rispondono a lamentele o a commenti positivi riscuotono più successo. Lo stesso vale per quelle che comunicano con i propri dipendenti, fornendo loro efficaci possibilità di condivisione. I tool dei social media, come ad esempio portali e feed, offrono al personale l’opportunità di connettersi l’un l’altro, così come avviene nel tempo libero su Facebook o Twitter. I Nativi Digitali, i nati cioè dopo il 1980, quando entrano nel mondo del lavoro sono già in grado di utilizzare in modo versatile tutti questi canali. Ma all’inizio di un nuovo rapporto di lavoro sono vittime delle stesse paure che chiunque in qualsiasi epoca ha provato, ovvero non sanno bene cosa sta accadendo attorno. Si ritiene che un nuovo dipendente necessiti dai tre ai sei mesi per essere produttivo, dal momento che, temendo opinioni negative da parte dei propri superiori, tenderà a non porre le necessarie domande che potrebbero consentirgli di lavorare a pieno ritmo e in modo efficace. Un’azienda che dispone di un solido programma di social media, dove le persone possono condividere liberamente le informazioni in un ambiente privo di costrizioni e di gerarchie, permette ai nuovi dipendenti di conoscere rapidamente l’azienda e, di conseguenza, di sentirsi maggiormente a proprio agio. Le aziende che aiutano i dipendenti a documentarsi e informarsi offriranno un’esperienza professionale soddisfacente e saranno ben posizionate per avere successo nel mercato di riferimento. Oltre al mondo del lavoro, anche le università stanno iniziando ad accettare e utilizzare i social media, come forma di “collaborazione avanzata”. Diverse importanti università italiane hanno scelto di proporre ai loro studenti corsi di specializzazione e master incentrati sugli strumenti di comunicazione digitale o social media. Citiamo, ad esempio, l’Università di Pavia che ha creato dal 2009 un Centro di Competenza in Scienze e Tecnologie ed offre il master post universitario internazionale: “Master in Scienza e Tecnologia dei Media” oppure l’Università La Sapienza di Roma che offre corsi per orientare gli studenti sulle strategie dei social media e del marketing su Internet, insistendo sull’importanza di aiutare gli studenti a sviluppare competenze utili per approdare poi nel mondo del lavoro. Ma il focus non sono solo i social media in sé. Il mondo dell’Enterprise 2.0 ha a che fare

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con un insieme di arte e scienza. Quello che tradizionalmente è sempre stato suddiviso - arte da una parte e scienza dall’altra - ora si sta mescolando per costituire una nuova categoria delle arti e scienze creative. Le idee che potranno stimolare future innovazioni non saranno più solo il frutto del settore IT o di quello dell’ingegneria. Facciamo un esempio: presso l’Università di Waterloo, in Canada, è stato appositamente costituito lo Stratford Institute che ha l’obiettivo di individuare modalità per combinare le arti e le scienze, al fine di fornire ai knowledge worker quelle competenze interdisciplinari che possono dare vita a migliori interfacce utenti o insegnare agli studenti di marketing come lanciare una campagna virale che crei grande interesse intorno a un prodotto o a un servizio. Se questi sforzi coinvolgono le future generazioni, le aziende possono, e dovrebbero, trarre vantaggio dagli strumenti del Web 2.0 per aiutare i propri team a comunicare meglio e a condividere le informazioni in modo efficace. Uno dei metodi migliori è sviluppare una sorta di ambiente online che raccolga le idee di tutti i dipendenti, che a loro volta possono così contribuire a realizzare un’idea attraverso i propri commenti. Questo strumento potrebbe incoraggiare la creazione di idee e la loro attuazione, due potenti leve per il cambiamento. Affinché nessuno sia costretto a cercare da solo le risposte senza sapere a quali esperti rivolgersi in azienda o a improvvisare come lavorare, è possibile offrire al personale un metodo per dare vita o completare l’idea che porta alla giusta soluzione. Le aziende possono inoltre servirsi di blog, siti di collaborazione come Wiki, activity feed e chat room. Non è tanto la tecnologia, che nel complesso è intuitiva e non richiede training particolare, l’elemento di cui le aziende necessitano per adottare gli strumenti social. Negli ultimi dieci anni, si è lavorato utilizzando principalmente la combinazione di telefono e e-mail. Da quando è disponibile sul cellulare, l’e-mail è diventata uno strumento di business a tutti gli effetti. Sfortunatamente, non è il più appropriato per una vera e propria collaborazione. Una piattaforma integrata per la comunicazione sociale offre vantaggi significativi, basti pensare a Facebook, e un modo di lavorare nuovo e senza conflitti, molto diverso dall’utilizzo della posta elettronica. Sarà necessario un certo impegno per convincere le aziende ad accogliere la trasparenza e l’apertura che tale piattaforma può garantire. Detto questo, le organizzazioni che impareranno ad evitare

l’utilizzo della posta elettronica per questioni come la gestione di progetti o il supporto clienti, difficilmente torneranno sui propri passi in seguito. UN ESEMPIO CONCRETO Al di là della comunicazione tra dipendenti e della condivisione di idee, alle aziende servono strategie che permettano di gestire al meglio i contenuti in continua crescita. Il software di Enterprise Content Management (ECM), correttamente integrato ad esempio, può aiutare le aziende a gestire le fatture, coordinare e condividere i documenti all’interno dell’azienda stessa. Se i programmi ECM sono indispensabili per la conformità a norme e leggi e per un più efficace flusso lavorativo, sono anche la chiave per aiutare le aziende a costruire una visione vincente. Un’importante compagnia assicurativa, per capire se stava adottando il giusto approccio in termini di rischio nei confronti dei propri clienti assicurati, ha deciso semplicemente di convertire in immagini digitali tutti i documenti dei propri clienti e di inserirli in un motore di work-flow. Controllare nel dettaglio i documenti in formato cartaceo è un processo complicato, ma creare file elettronici rintracciabili rende più facile analizzare ogni cosa senza il rischio di errore e rispondere alla domanda fondamentale: i nostri indennizzi sono appropriati affinché la nostra azienda sopravviva e cresca? Utilizzando gli strumenti giusti e nel modo corretto, l’azienda è stata in grado di prendere i propri dati strutturati (indirizzi e altre informazioni di base) e unirli a informazioni non strutturate, quali possono essere ad esempio i commenti dei clienti, al fine di aiutare gli executive ad ottenere una visione multidimensionale e di offrire così un servizio migliore ai clienti stessi. Allo stesso modo, aiutando i dipendenti a conoscere e gestire meglio i contenuti relativi al loro lavoro, le aziende, in particolare quelle che operano a livello mondiale, non solo vedranno crescere i loro profitti, ma promuoveranno la creazione di un ambiente lavorativo più piacevole.

CRISTIANA PIRAINO

Fields Marketing Manager di Open Text Italia

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EVENTI

OMAT ROMA 2010 Breve cronaca dell’edizione romana di OMAT, il principale evento italiano dedicato alla gestione elettronica di documenti e informazioni DI STEFANO FORESTI

È tempo di bilanci per OMAT, al termine dell’edizione tenutasi a Roma il 10 e 11 novembre. Un’edizione senza dubbio molto positiva, che ha fatto registrare un notevole successo di pubblico in entrambi i giorni della manifestazione. I dati post evento evidenziano infatti un aumento delle presenze dell’8% rispetto a OMAT Roma 2009: un risultato senza dubbio significativo, che dimostra un interesse sempre crescente verso i temi dell’information management e permette di guardare al futuro con fondato ottimismo. Il programma convegnistico si è aperto con la sessione plenaria I dati digitali: lo sviluppo del sistema paese (pubblico e privato), moderata dal giornalista Arturo Di Corinto, che ha ospitato l’intervento di numerose figure di primo piano del mondo istituzionale, accademico e imprenditoriale. Il convegno ha visto la sala gremita lungo tutta la sua durata e ha costituito l’occasione per intavolare un dibattito sull’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in relazione alla crescente richiesta di efficienza e modernizzazione per le imprese e le Pubbliche Amministrazioni. La tavola rotonda finale (vedi articolo di Maurizio Arata pubblicato su questo numero) ha coinvolto un campione rappresentativo di aziende operanti in Italia e ha evidenziato le modalità più efficaci per accelerare i processi di innovazione tramite l’impiego del digitale.

OMAT ROMA 2010 HA FATTO REGISTRARE:

1002 PRESENZE COMPLESSIVE NEI DUE GIORNI 663 PRESENZE SINGOLE 36 ESPOSITORI E SPONSOR 58 RELATORI DI CUI 8 ACCADEMICI, 5 RAPPRESENTANTI ISTITUZIONALI, 19 SPECIALISTI E QUALIFICATI PROFESSIONISTI, 13 BEST PRACTICE E 13 OPERATORI SPECIALIZZATI DEL SETTORE

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POP UP Sul sito www.omat360.it/rm10 sono state pubblicate la videogallery e la photogallery dell’evento, mentre gli atti dei convegni sono disponibili all’indirizzo www.omat360.it/form

Il pomeriggio del primo giorno ha ospitato due sessioni parallele: Documenti cartacei: come usarli e come eliminarli e dal responsabile della conservazione sostitutiva al responsabile della memoria digitale. La prima, moderata dalla dottoressa Flavia Marzano (presidente di Unarete), ha approfondito interessanti best practice di digitalizzazione e dematerializzazione dei documenti, quali quelle messe in atto del Ministero della Salute e dal Comune di Gattinara (vedi articolo di Donatella Caruso). Il dibattito è stato arricchito dall’apporto di aziende di primo piano a livello internazionale. La seconda sessione, organizzata con Anorc – Associazione nazionale per operatori e responsabili della conservazione digitale, è stata moderata dal presidente dell’associazione, Andrea Lisi, e ha dato spazio a diversi operatori del settore terminando con una tavola rotonda particolarmente apprezzata dagli uditori. L’agenda del secondo giorno ha esordito con tre sessioni parallele nel mattino, per poi concludersi con una sessione plenaria il pomeriggio. Il convegno Come conservare i dati digitali nei prossimi…mille anni è stato moderato dal professore dell’Università di Bologna Pierluigi Ridolfi e ha fornito ai partecipanti le linee guida fondamentali per conservare la memoria digitale in assenza di un quadro normativo di riferimento che ancora manca al nostro Paese. In seguito ad un’esposizione dei principali aspetti legislativi in gioco, si è passati all’illustrazione di tre casi reali, in modo da fornire ai partecipanti elementi consolidati in base ai quali agire: il sistema di conservazione a norma del Notariato Italiano, il polo archivistico dell’Emilia-Romagna e il sistema di conservazione della Regione Toscana. In contemporanea si è tenuta la sessione Segnali dal futuro: catturare l’energia dai flussi documentali digitali, sotto la guida di Roberta Raimondi, professoressa presso SDA Bocconi e direttore di Document Management Academy. Il dibattito si è incentrato sulle più recenti evoluzioni dell’Enterprise Content Management, grazie all’apporto di operatori particolarmente qualificati, tra i quali si segnala (per la prima volta ad OMAT) la presenza di Google Enterprise. Numerosi i temi approfonditi, compreso il cloud computing e i relativi rapporti con lo storage.

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Terzo ed ultimo convegno parallelo, La normativa italiana per la gestione dei documenti digitali è stato moderato da Ernesto Belisario, segretario generale dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione e presidente del Circolo Giuristi Telematici. L’obiettivo del convegno (momento di riflessione ormai tradizionale per OMAT) è stato duplice: aggiornare i partecipanti sulle principali novità normative e le prospettive nel breve e medio termine, e ragionare su come rendere produttivo il dialogo tra politici, tecnici e giuristi al fine di ottenere un quadro normativo il più chiaro e coerente possibile, in grado di mantenere la propria validità anche a fronte di eventi tecnologici o situazioni impreviste. Infine, la sessione plenaria in programma nel pomeriggio, Fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva: un’importante leva competitiva per le imprese private e pubbliche, ha concluso nel migliore dei modi i lavori di questa edizione di OMAT. Ormai a pieno titolo uno dei cavalli di battaglia di OMAT, quello della fatturazione elettronica è un tema quanto mai attuale e cruciale per il processo di digitalizzazione del Paese; moderato dal Dottor Vincenzo Gambetta, responsabile scientifico di OMAT, il convegno ha ospitato gli interventi di numerosi esperti in materia, coinvolgendo il pubblico presente in sala fino alla fine della giornata. Nel corso dei due giorni si è registrata una notevole affluenza in area espositiva, animata dalle soluzioni di Abby, Adlib Software, Aminformatica, Avnet, BM&Planeta, Bremp, Canon, CGK Solutions, Epson, IBM, Kodak, Land, Nica, Panasonic, PFU, PSD, Quattroemme, Recogniform Technologies, Softworks 2000 e Swen. “Siamo soddisfatti del trend positivo che OMAT sta facendo segnare da alcuni anni – ha commentato Domenico Piazza, Senior partner di ITER (la società organizzatrice) – e siamo fiduciosi che la manifestazione continuerà a crescere insieme ai principali attori del settore, rafforzando la propria leadership. Per questo, siamo già al lavoro in vista della prossima edizione, che si terrà a Milano il 5 e 6 aprile 2011. Abbiamo in cantiere importanti novità che presto saranno rese note.” L’appuntamento è quindi a Milano il 5 e 6 aprile 2011: tutti gli aggiornamenti sono disponibili sul sito www. omat360.it.

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La ripresa del mercato office è ben visibile. Così come le nuvole del cielo romano di questi giorni non sono riuscite ad intrappolare a lungo il sole, nello stesso modo la folta rappresentanza ad OMAT di operatori del settore e di clienti sono un chiaro sintomo di questa ritrovata fiducia. Le richieste dei visitatori si sono indirizzate, tendenzialmente, su prodotti di piccola taglia, ma allo stesso tempo caratterizzati da una grande velocità, da una estrema affidabilità e robustezza, così come il nostro scanner professionale Canon P-150, che ha riscontrato un grande successo e sono convinto che continuerà a darci grandi soddisfazioni. Davide Baroni, product business developer marketing Canon Italia Spa

L’edizione romana di OMAT ha risposto in pieno alle nostre aspettative. Abbiamo raccolto contatti interessanti nel nostro stand. Il punto di forza di questa manifestazione è l’attività convegnistica, sempre di livello, al passo con i tempi e con un taglio tecnico/culturale che offre sia nuovi spunti di riflessione, sia la possibilità di aggiornamento, aspetto fondamentale per chi gestisce tematiche che riguardano la gestione delle informazioni aziendali. Anita Fabbretti, marketing & communication manager Quattroemme S.p.A.

“OMAT Roma 2010 è stato un utile momento di confronto ed approfondimento delle tematiche e delle tecnologie legate all’acquisizione e dematerializzazione dei documenti cartacei. La presenza e la partecipazione attiva di numerosi operatori del settore, produttori, distributori, rivenditori, centri servizi ed utenti finali hanno determinato il successo di questa edizione di OMAT ed hanno consentito a Kodak una comunicazione efficace in merito alla potenzialità dei propri prodotti e alle nuove tecnologie sviluppate.” Alessandro Vinci, document imaging division/sales/Eastman Kodak Italy

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La recente edizione di OMAT svoltasi a Roma ha testimoniato la netta linea di demarcazione dei due momenti storici del gruppo BM&PLANETA. Non solo servizi ma anche qualificazione dei processi come testimoniato da IMQ e IVECO Finanziaria. Durante la manifestazione partner e clienti hanno testimoniato la validità dei nostri servizi e l’attenzione che i nostri collaboratori hanno nei confronti dei clienti e delle loro problematiche. Ringrazio partner e clienti che hanno evidenziato con interventi diretti la validità delle nostre soluzioni e riconoscendo al nostro gruppo serietà e competenza. Salvatore Esposito, responsabile delle politiche commerciali & marketing BM&Planeta

Per il terzo anno consecutivo AMInformatica ha partecipato ad OMAT Roma 2010 presentando, insieme al partner ABBYY, le ultime novità di Firedoc, la soluzione avanzata per la gestione di ogni tipologia di documento. Durante le due giornate romane all’interno dello stand sono state organizzate sessioni demo di Firedoc e del modulo ABBYY FlexyCapture, da poco integrato al DMS. Valentina Turi, marketing & comunicazione AMInformatica

A Roma, ad OMAT 2010, NICA ha presentato DOCS Suite, un insieme di stazioni di scansione, appositamente progettate per rendere la dematerializzazione fisica dei documenti immediata per tutti gli utenti. Si tratta di una famiglia di prodotti integrati hardware /software che permette la completa dematerializzazione documentale, non invasiva per l’organizzazione, di utilizzo immediato per gli operatori ed adatta a qualsiasi azienda e/o Ente. Nicola Rossi, Nica

OMAT Roma 2010 conferma di essere un’importante vetrina per quanto riguarda le problematiche e soluzioni del mondo della digitalizzazione e gestione documentale. Questa edizione è stata per noi l’occasione per incontrare un pubblico numeroso ed attento in entrambi i giorni. I nostri scanner professionali, che supportano driver standard, utilizzabili e compatibili con i tutti i software in uso presso gli uffici e attualmente in commercio, hanno riscosso grande interesse tra i visitatori presenti al nostro stand. In particolare il modello KV-S5055 grazie a caratteristiche come velocità e precisione è risultato di grande successo. Roberto Meneghetti, national key account Panasonic

STEFANO FORESTI

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