iged.it n°3 2013

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GESTIONE DELLE INFORMAZIONI DIGITALI

Firma grafometrica e privacy

La Fatturazione Elettronica verso la PA

OMAT Roma 2013

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TA L E & I G I D AFE ICA R R T G E A N M A R A F Ozione di G A M cipa FIR la parte con

ISSN 1720-6618

Digitale per l’Italia Agenzia

Anno XXI - Terzo trimestre 2013 LO/0690/2008

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E IGITAL D E N O OLUZI LA RIV TRADA SI FA S

Linea business Linea normativa Linea nuove tecnologie

Roma, 13 - 14 novembre 2013 Ergife Palace Hotel, via Aurelia 619 www.omat360.it/rm13 Le prime adesioni

Omat è un progetto ITER S.r.l. - Via Rovetta, 18 - 20127 Milano (MI) - tel. +39 02 2831161 - fax +39 02 28311666 - www.iter.it 01_05_h.indd 3

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EDITORIALE 03-2013

SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COME È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI Editore

ITER srl www.iter.it Direttore Responsabile

Domenico Piazza A questo numero hanno collaborato:

Fulvio Ananasso, Gianmaria Bellucci, Massimo Bolchini, Paolo Catti, Paolo Coppola, Alessandra Donnini, Irene Facchinetti, Fernanda Faini, Stefano Foresti, Nello Iacono, Daniele Marazzi, Igor Marcolongo, Flavia Marzano, Christian Mondini, Claudia Nasuti, Fosca Nomis, Renzo Provedel, Yuri Simione Responsabile segreteria di Redazione

Petra Invernizzi Redazione

Tomasi di Lampedusa è morto nel 1957, neanche 60 anni fa, ed il suo romanzo, Il Gattopardo, è diventato sempre più famoso; ne traggo spunto per ricordare due passi, che sento particolarmente attuali: «Appartengo ad una generazione disgraziata, a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due» e quello che, rifacendosi alla Sicilia del 1860, dice: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Quanti si sono illusi fino a poco tempo fa che anche questo cambiamento (mi riferisco all’ultima grande crisi tutt’ora in atto in Italia) sarebbe stato passeggero? Penso invece che il cambiamento sarà sempre più forte e costringerà tutti a cambiare, nonostante le resistenze di molti, tanti, troppi che dallo status quo hanno tratto abbondante sostentamento a spese di tanti altri e dell’intero Paese. In questo processo, che sarà a mio avviso più che decennale, la digitalizzazione, la trasparenza e la larga condivisione delle informazioni sarà un elemento importante - vorrei dire fondamentale - per una responsabilità collettiva maggiore e per una democrazia più partecipata. Un esempio semplice ma di larga portata? La dematerializzazione del contrassegno Rca, innovazione avviata in questi giorni che sarà pienamente attiva nel 2015... e tanto ancora resta da fare. Sono fiducioso che un progetto come OMAT360 ( www.omat360.it) che si articola in conferenza, workshop, mostra specializzata, rivista iged.it, libri, catalogo operatori del settore, ecc. possa essere utile in tal senso per molti utenti e per gli stessi operatori.

iged.it

Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66

iged@iter.it www.iter.it/iged.htm Progetto Grafico

housegrafik info@housegrafik.com www.housegrafik.com Stampa

Quindi è con fiducia che do appuntamento a OMAT Roma il 13 e 14 di novembre per approfondire le novità più recenti, tra le quali il possibile ed ampio utilizzo della firma grafometrica, contribuire all’aggiornamento del Manifesto per l’Italia digitale, incontrare alcuni degli operatori più attivi nel settore, partecipare attivamente alla “OMAT community”. E se non è possibile pianificare grandi investimenti, è sicuramente il momento giusto per analizzare le nuove soluzioni e avviare progetti pilota in modo da trarne poi rapidamente i vantaggi che la gestione digitale permette.

Ingraph Srl Seregno (MI)

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. La tiratura di questo numero è di N. 10.000 copie. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

Vantaggi per tutte le diverse organizzazioni private, pubbliche, no profit, associazioni e per tutte le taglie, dalla small alla XXL. In un Paese nel quale il 96% delle organizzazioni sono decisamente small (penso non solo alle micro imprese e agli artigiani, ma anche alle migliaia di Comuni di piccole dimensioni) il processo di rinnovamento deve riguardare tutti. E ad OMAT se ne tiene conto, perché sarebbe un peccato non utilizzare utilmente budget di spesa che l’anno dopo sarebbero inesorabilmente tagliati! Arrivederci all’Hotel Ergife il 13 e 14 novembre per il XXIV° anno di OMAT Domenico Piazza direttore responsabile iged.it

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FERNANDA FAINI

Giurista, Responsabile assistenza giuridica in materia di amministrazione digitale presso Regione Toscana Articolo a pagina 11

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Firma grafometrica e privacy 09

Firma Elettronica Avanzata 11

MASSIMO BOLCHINI

Standard Development Director di GS1 Italy Indicod-Ecr Articolo a pagina 21

Il volto aperto dell’amministrazione pubblica 14

La Fatturazione Elettronica verso la PA 17

Ci vuole più cultura (informatica) 21

A che punto siamo con la scuola digitale FOSCA NOMIS

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Consigliera Comunale a Torino, Lavora presso la società Expo 2015 Articolo a pagina 39

Ogni problema ha già la soluzione, nel mondo

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Esperti in archiviazione e conservazione digitale 47

Innovazione: lamentele, anziani e ...come uscire dalla crisi 49

Liberi di fare business, senza il peso della carta 52

Recogniform FormLocator™ 54

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MICHELE BAROFFIO Sales & Marketing Manager di Kodak Alaris, Document Imaging Articolo a pagina 56

OMAT Roma 2013

Modelli di maturità per il successo delle strategie digitali

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La Mobility come differenziale competitivo e il grado di maturità delle organizzazioni italiane

Nasce Kodak Alaris

Nuance: innovazione stampata a chiare lettere 59

BENEDETTO SANTACROCE

Studio Legale Tributario Santacroce - Procida Fruscione Articolo a pagina 06

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Infrastrutture a banda larga e ultralarga

Momentum Developer Conference

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Le donne e la scienza 43

Good Startups 101

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FIRMA GRAFOMETRICA E PRIVACY DI BENEDETTO SANTACROCE

Il Garante della privacy, con tre provvedimenti ravvicinati nel tempo di cui l’ultimo del 12 settembre 2013 (n. 396) formalizza la sua approvazione per l’utilizzo della firma grafometrica per la sottoscrizione di contratti sia allo sportello, che in mobilità su tablet. Le decisioni del Garante, che si occupa ovviamente di tutelare la riservatezza dei dati che gli operatori acquisiscono dai clienti, costituiscono un ulteriore spinta alla realizzazione di processi di firma normativamente garantiti. La specifica modalità di apposizione della firma, in luogo della firma autografa su carta, ha trovato ampio sviluppo in questi ultimi mesi sia nel mondo dei servizi (banche, assicurazioni, contratti di utenze) che nel mondo dell’industria (gestione automatizzata della consegna delle merci e dei Documenti di trasporto – DDT). La firma grafometrica, quale firma elettronica avanzata, ha trovato le sue regole tecniche di funzionamento nel DPCM del 22 febbraio 2013 e ora, finalmente, trova anche l’approvazione del Garante della privacy. L’ultima autorizzazione del Garante, qui in commento, segue di qualche mese due altri provvedimenti rilasciati in data 31 gennaio 2013 (il numero 36 e 37), provvedimenti con cui alcune banche sono state autorizzate ad identificare i propri clienti tramite l’analisi biometrica

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DR-G1100 e DR-G1130 Scanner Documentali

Scanner documentali ad alta velocità in formato A3, per digitalizzare rapidamente elevati volumi di documenti.

Aumentate la produttività

Design intuitivo per gli operatori

Grazie ad una velocità di acquisizione fino a 260 immagini al minuto in formato A4, potete aumentare la vostra produttività e sfruttare a vostro vantaggio un alimentatore automatico di documenti di grande capacità (500 fogli) che farà risparmiare tempo prezioso agli utenti che necessitano di digitalizzare in modo efficiente i file cartacei. Grazie a un chip dedicato, la velocità non diminuisce nemmeno quando sono attive più funzioni di elaborazione delle immagini, il che si traduce in scansioni di migliore qualità in meno tempo.

Frutto di una progettazione che mette al primo posto le esigenze dell’utente, questi sistemi presentano un percorso carta a U con alimentazione frontale per rendere ancora più pratico il funzionamento. Il design ergonomico, unito alla pratica posizione del pannello di controllo, permette agli utenti di inserire, alimentare e rimuovere i documenti stando comodamente seduti; in questo modo si aumenta al massimo la produttività dei lavori riducendo al minimo la fatica.

Qualità superiore delle immagini ad ogni scansione

Pannello di controllo intuitivo

Il DR-G1130 e il DR-G1100 vengono forniti con un’ampia gamma di funzionalità intelligenti di elaborazione dell’immagine, come la Correzione dell’Inclinazione per raddrizzare i documenti alimentati in posizione angolata. La funzione MultiStream, inoltre, crea immagini doppie per le applicazioni OCR, mentre la funzione di Enfatizzazione dei Caratteri migliora la leggibilità per ottimizzarne il riconoscimento ottico.

Per una maggiore semplicità d’uso, negli scanner sono stati incorporati un pannello di controllo intuitivo, con uno schermo per visualizzare i messaggi in modo chiaro, ed una serie di pulsanti per eseguire lavori di scansione predefiniti. Con lo strumento Job Registration potrete memorizzare fino a 99 lavori di scansione predefiniti.

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della firma apposta su lettori digitali. Nei precedenti documenti, tuttavia, l’apposizione della firma grafometrica costituiva una mera autenticazione forte ai fini dell’utilizzo di un certificato di firma digitale collegata all’utente e da associare al documento. La nuova soluzione si struttura invece garantendo la valida sottoscrizione del documento con la firma grafometrica come soluzione di firma elettronica avanzata, ai sensi e per gli effetti del citato DPCM del 22 febbraio 2013. In linea con tali disposizioni normative e regolamentari, il processo di firma richiede infatti ai promotori finanziari, collaboratori della Banca, di illustrare al cliente le modalità di fruizione del servizio di firma grafometrica, e di rilasciare l’informativa ai sensi dell’articolo 13 del Codice Privacy, così da acquisire il relativo consenso. Il documento in formato elettronico viene sottoposto al cliente, appositamente identificato, che appone la propria firma grafometrica su un dispositivo hardware in grado di acquisire in tempo reale i dati biometrici. Questi dati subiscono un processo di cifratura intermedio basato su una chiave simmetrica e un’ulteriore cifratura tramite la chiave pubblica della Banca proponente, contenuta in un dispositivo di firma digitale in dotazione ai promotori. I dati biometrici cifrati e il tratto grafico della firma sono inseriti negli appositi campi del documento in formato pdf. Il documento informatico sottoscritto viene inviato tramite canali sicuri al sistema documentale della banca e all’archivio del fornitore incaricato della gestione documentale per la relativa conservazione a norma. Il cliente riceve una copia cartacea del documento sottoscritto con firma grafometrica o, in alternativa, il duplicato informatico via posta elettronica. Il Garante ha ritenuto che gli accorgimenti adottati per la gestione dei dati biometrici costituiscono nel

complesso idonee misure di sicurezza a fini privacy. In particolare, i dati biometrici non risiedono neppure temporaneamente sui tablet e, una volta incorporati nel documento, vengono cancellati e sovrascritti. Promotori finanziari, banca proponente e conservatore non possono quindi visualizzare tali informazioni, in quanto i dati biometrici non sono accessibili in chiaro se non nei casi previsti e su espressa richiesta dell’autorità giudiziaria.

to, e cioè l’attivazione su base esclusivamente volontaria e della correlata informativa. Se infine il cliente non intende fornire il consenso al trattamento, oppure lo revoca in un momento successivo, i documenti resteranno sottoscrivibili secondo il processo di firma tradizionale su supporto cartaceo.

A tal fine, l’Autorità ha ritenuto adeguato non solo il fatto che la società deputata all’emissione dei certificati di firma e di cifratura sia un ente certificatore accreditato presso AgID, ma anche che la chiave privata ed il relativo codice di sblocco associati al certificato di sicurezza della banca, utilizzato per la cifratura dei dati biometrici, sono sempre tenuti separati. Il Garante ha tuttavia prescritto e richiesto alcune integrazioni di processo. Innanzitutto l’adozione di misure idonee a ridurre i rischi di installazione abusiva di software o di modificazione della configurazione dei dispositivi in dotazione ai promotori, contrastando così l’azione di eventuali agenti malevoli (malware). Inoltre, deve essere adottato un sistema di gestione dei dispositivi basato su certificazioni digitali e policy di sicurezza per il loro utilizzo sicuro. In particolare, dovranno essere disponibili funzionalità di cancellazione da remoto dei dati (remote wiping) da attivare nei casi di smarrimento o sottrazione dei dispositivi. Infine, la banca deve farsi rilasciare e conservare l’attestato di conformità, di cui alla regola 25 dell’Allegato “B” al Codice privacy, e quindi una descrizione dell’intervento che attesta la conformità alle regole tecniche per la tutela e la garanzia dei dati. Infine, la banca deve osservare effettivamente tutti gli obblighi descritti nel procedimen-

BENEDETTO SANTACROCE

Avvocato, Studio Legale Tributario Santacroce - Procida - Fruscione

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Firma Elettronica Avanzata Potenzialità e miti da sfatare DI IGOR MARCOLONGO

Se esistesse un’equivalente per le soluzioni ICT della “person of the year”, sancita annualmente dalla rivista Time, la firma elettronica avanzata sarebbe indubbiamente il vincitore per l’anno 2013.

potute cogliere alcuni miti, false credenze in ambito FEA, che proveremo a sfatare, per ricollocare il tema della firma avanzata sui corretti binari della conoscenza e dell’analisi del rischio.

Si registra infatti un fiorire di progetti, articoli, convegni dove la FEA è presentata come la killer application, in grado di abbattere il digital divide in tutti i settori e per la firma di tutti i documenti. Dall’osservazione dei comportamenti dei decision maker si sono

La firma grafometrica è una FEA La firma grafometrica è una soluzione tecnologica che può abilitare la FEA. La scelta della tavoletta e del software è cruciale, ma deve essere sempre chiaro che la FEA non è sola tecnologia, bensì il risultato di un processo di firma, all’interno del

quale le componenti di organizzazione, di comportamento, di informativa al firmatario contano molto di più degli aspetti informatici. Alla fine nulla di nuovo: ogni soluzione di dematerializzazione dei documenti ha queste caratteristiche. La FEA costa meno della firma digitale La FEA è un sistema libero senza autorizzazioni preventive, la necessità di CA accreditate, obblighi tecnologici e controlli di un’Autorità.

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scelgono la firma digitale per la sottoscrizione dei contratti di investimento lo fanno dopo l’analisi del rischio. Per contratti con alea la banca preferisce non inserire il rischio ulteriore di dover provare la forma del contratto in giudizio. Per questa esigenza il driver di scelta è allora l’inversione dell’onere di prova del disconoscimento, proprio della firma digitale. La firma elettronica avanzata è uno strumento potente e può dare una spinta notevole ai processi di innovazione del Paese, sia in ambito pubblico che in ambito privato. Non deve mai essere dimenticato tuttavia che la FEA è per l’appunto uno strumento, che deve essere scelto in base ai requisiti di business, alla propensione al rischio e alla coerenza con il processo.

L’assenza di questi vincoli ha ingenerato il mito che la FEA è sempre più conveniente ed economica della firma digitale, quale che sia il contesto di utilizzo. Così si dimentica che i progetti di creazione dei documenti a valore legale devono essere calati correttamente nel contesto di business, di rischio e di user experience. Per un corretto processo di FEA è necessario considerare molti aspetti tra cui l’identificazione del cliente, l’informativa precontrattuale, l’immodificabilità del documento dopo la firma, la corretta associazione della firma al titolare. Inoltre, c’è un’assunzione di responsabilità completamente in capo al soggetto erogatore della soluzione, elemento di per sé costoso. Quando il business è già organizzato per rispettare i requisiti della FEA e assumersi la connessa responsabilità di erogatore, la FEA è una soluzione ottimale. Se tuttavia i requisiti sono elementi non pro-

pri per il business ed è necessario lo sviluppo di procedure nuove, o quando l’erogatore non desidera l’assunzione di responsabilità sul sistema di firma, probabilmente la firma digitale rimane lo strumento più coerente.

L’entusiasmo per le nuove potenzialità che si schiudono non deve far perdere la lucidità necessaria nell’analisi e la scelta della fattispecie di firma più adeguata.

NOTE Articolo 23-ter comma 2

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FEA e FD sono interscambiabili Poiché l’uso della FEA conferisce il valore di forma scritta al documento, si è ingenerato il mito della perfetta sostituibilità della firma digitale con la FEA. Questo non è corretto, in primis per la riserva di utilizzo della sola firma digitale per gli atti aventi a oggetto trasferimenti di diritti su beni immobili, in secondo luogo in quanto il CAD 1 specifica che gli atti amministrativi con rilevanza esterna (delibere, determine…) richiedono la firma digitale e quindi la FEA può essere usata solo per i documenti con rilevanza interna al procedimento. Inoltre, va considerata la propensione al rischio: se alcune banche

IGOR MARCOLONGO

Senior Consultant InfoCert

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Il volto aperto dell’amministrazione pubblica Trasparenza e apertura dei dati nella normativa recente DI FERNANDA FAINI

Il principio di trasparenza ha visto un crescente interesse normativo nei suoi confronti, particolarmente accentuato negli ultimi anni e culminato di recente nel cosiddetto decreto Trasparenza, il d.lgs. 33/2013 che, in attuazione della cosiddetta legge Anticorruzione, legge 190/2012, ha previsto obblighi, caratteristiche e struttura di quella che deve essere l’ “Amministrazione trasparente”. Strumento atto a garantire il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, la trasparenza è principio che caratterizza la fisionomia della pubblica amministrazione già nella legge n. 241 del 1990, come modificata nel 2005, in cui si pone come principio dell’attività amministrativa, accanto ai criteri di economicità, efficacia, imparzialità e pubblicità. Il principio di trasparenza non è solo garanzia di accesso per coloro che ne hanno diritto, ma si configura altresì come accessibilità che prescinde dalla sfera giuridica di determinati soggetti ed è tesa ad assicurare una conoscenza diffusa e generale delle informazioni, attribuendo un potere di controllo democratico a cittadini e imprese sull’operato della pubblica amministrazione, che si coordina all’esigenza di un’amministrazione customer oriented. La natura stessa della trasparenza le ha fatto trovare un forte alleato nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in specifico in Internet e nel web, capaci di rendere iged.it 03.2013

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l’informazione disponibile ad un numero indefinito di soggetti e consultabile in ogni momento da luoghi geografici diversi. Di conseguenza la trasparenza è fortemente presente nel codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 82/2005), ponendosi come finalità principale e caratterizzandone le disposizioni; è stata poi accentuata da successivi interventi normativi, che hanno aumentato le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria sui siti istituzionali, come la legge 69/2009. Un passaggio centrale si è avuto con la c.d. Riforma Brunetta (di cui alla legge delega 15/2009 e al relativo d.lgs. 150/2009) che ha statuito il concetto di total disclosure, accessibilità totale coniugata alla finalità di forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Poi, nel corso degli anni, sono state emanate regole, direttive e linee guida finalizzate a rendere le amministrazioni case di vetro e a definire caratteristiche e contenuti della porta di accesso virtuale costituita dai siti web 1. La stessa profonda modifica al d.lgs. 82/2005 recata dal d.lgs. 235/2010, che ha fatto parlare di nuovo del codice dell’amministrazione digitale, ha inciso sugli strumenti con cui si garantisce la trasparenza, ampliandoli, definendoli e cercando di conferire loro maggiore effettività.

Il percorso è culminato oggi nel cosiddetto decreto trasparenza, il d.lgs. 33/2013 che, in attuazione della legge 190/2012, ha effettuato un corposo riordino degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni previsti da disposizioni che si erano susseguite e a volte sovrapposte nel corso degli anni. Nel riordino, il d.lgs. 33/2013 ha diviso gli obblighi in macro-ambiti relativi all’organizzazione e all’attività delle pubbliche amministrazioni, all’uso delle risorse pubbliche, alle prestazioni offerte e ai servizi erogati e, infine, ai “settori speciali” (contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; attività di pianificazione e governo del territorio; servizio sanitario nazionale etc.). Il decreto ha disposto il principio di pubblicità e il diritto alla conoscibilità di documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria e, ai fini di omogeneità e semplicità di fruizione, ha previsto una specifica sezione del sito web istituzionale, denominata “Amministrazione Trasparente”, in cui tali contenuti devono confluire, dettagliandone organizzazione e struttura (nell’allegato A). Viene quindi conferito volto omogeneo alla trasparenza delle pubbliche amministrazioni con la previsione di contenuti organizzati e strutturati in

una veste grafica comune. Il decreto non si limita a questo. Al fine di assicurare effettività alle disposizioni e permettere un controllo dei cittadini in merito, ha collegato agli obblighi di pubblicazione un nuovo istituto, l’accesso civico. L’accesso civico, previsto nell’art. 5 del d.lgs. 33/2013, consiste nel diritto di chiunque di richiedere documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione, senza nessuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, senza necessità di alcuna motivazione e gratuitamente. Caratteristiche queste che lo differenziano dal diritto di accesso, già normativamente previsto dalla legge 241/1990, che può essere esperito solo in presenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso e deve essere accompagnato da una motivazione. Alla richiesta di accesso civico l’amministrazione è tenuta a provvedere entro 30 giorni e, in caso di ritardo o mancata risposta, si espone a eventuale ricorso da parte del richiedente al titolare di potere sostitutivo o al giudice amministrativo. Oltre all’introduzione dell’accesso civico, a fini di effettività, il decreto Trasparenza prevede meccanismi di vigilanza sull’attuazione delle disposizioni e sanzioni correlate al mancato rispetto di quanto previsto. Il decreto Trasparenza ha quindi definito gli obblighi, la loro durata e i loro confini, con l’espressa possibilità di eliminare aloni di opacità con il ricorso all’accesso civico, con la vigilanza e la sanzione di eventuali inattuazioni. Nel percorso normativo recente sono pertanto aumentati, sono stati resi effettivi e sono stati uniformati gli obblighi di pubblicazione delle amministrazioni, che dovranno riorganizzare i propri processi per garantire un’informazione completa, aggiornata e di qualità, preoccupandosi della trasparenza e della pubblicazione del dato sin dal momento della sua produzione. La trasparenza si amplia nei contenuti e negli obblighi, diventa ordinata,

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effettiva, strutturata, ma non solo. Si sviluppa anche nella sua natura, dal momento che l’evoluzione normativa ha posto attenzione non solo alla crescente quantità dei dati che devono essere pubblicati, quindi al quantum, ma anche al “come” dei dati, agli open data, interessandosi al quomodo della trasparenza. Del resto, nella difficoltà di dare sostegno economico alle imprese, una soluzione diversa per favorire la competitività è sicuramente anche quella di “dare i dati” che formano la “miniera” costituita dal patrimonio informativo pubblico. Così il paradigma che emerge è quello di restituire i dati alla collettività per mezzo degli open data, strumenti di trasparenza e elementi fondanti dell’open government, che permettono il controllo democratico dei cittadini, idoneo ad assicurare maggiore efficienza pubblica e ad allontanare tentativi di corruzione. Inoltre, gli open data consentono all’intelligenza collettiva di farne uso, potendoli trasformare in leve di nuove e inedite potenzialità economiche e sociali. L’approccio di promozione esplicita degli open data è degli ultimissimi anni. Dopo aver inserito la promozione del paradigma dei dati aperti fra gli obiettivi della cabina di regia per l’attuazione dell’Agenda digitale italiana (nell’art. 47 del cosiddetto decreto Semplificazioni), l’art. 18 del d.l. 83/2012, convertito dalla legge 134/2012, rubricato significativamente “Amministrazione aperta” (ora abrogato e confluito nei suoi contenuti nel decreto Trasparenza), ha disposto, corredandola di specifiche responsabilità e sanzioni, la pubblicazione in formato aperto di determinate tipologie di informazioni, particolarmente rilevanti (la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere ad enti pubblici e privati). Di recente, il cosiddetto decreto Crescita 2.0 (d.l. 179/2012 convertito con

modificazioni dalla legge 221/2012) ha introdotto la definizione espressa ed opportuna di open data nelle dimensioni giuridica, tecnologica ed economica 2 e ha posto la regola che la mancanza di espressa adozione di una licenza fa sì che dati e documenti si intendano rilasciati come dati aperti: si parla di open by default. Oggi il d.lgs. 33/2013 si inserisce in questo percorso normativo statuendo il principio per cui i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria devono essere pubblicati in formato aperto e devono essere riutilizzabili, senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e rispettarne l’integrità. La trasparenza si traduce quindi non solo nella necessità di pubblicazione dei dati, nella qualità dei dati pubblicati (cui pone attenzione lo stesso d.lgs. 33/2013), ma anche nel loro formato e nella conseguente loro riutilizzabilità (open data). Il valore dei dati è quindi tanto maggiore quanto più i dati potranno essere utilizzati dall’intelligenza collettiva e potranno essere impiegati in nuovi servizi e inedite soluzioni a vantaggio della collettività. Nel recente quadro normativo la trasparenza si sposa pertanto con l’apertura dei dati, disegnando la fisionomia di amministrazioni caratterizzate dalla parola openness.

lità dei servizi e delle informazioni on line al cittadino”, le relative “Linee guida per i siti web della PA” del 2010, aggiornate nel 2011, la delibera 105/2010 della CiVIT “Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità” e la delibera 2/2012 CiVIT “Linee guida per il miglioramento della predisposizione e l’aggiornamento del Programma triennale per la Trasparenza e Integrità”. Alle Linee Guida sui siti web hanno fatto seguito una serie di Vademecum sull’albo online (2011), su PA e social media (2011), sugli open data (2011), sulla misurazione della qualità dei siti web (2012), etc. 2

I dati di tipo aperto (open data), ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. 82/2005, modificato dal d.l. 179/2012 convertito con modificazioni dalla legge 221/2012, sono i dati che presentano le seguenti caratteristiche: 1) sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato; 2) sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti, sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati; 3) sono resi disponibili gratuitamente attraverso le ICT, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione.

Adesso tocca alle istituzioni cogliere le opportunità offerte dalle disposizioni per acquisire un nuovo volto, che interpreti i nuovi obblighi non come meri adempimenti, ma come preziose direttrici circa la funzione e il ruolo che deve avere il patrimonio informativo pubblico: patrimonio della collettività che viene amministrata, dove i dati possano essere semi atti a far germogliare nuovi servizi e soluzioni inedite, attivando la maggior risorsa del Paese, l’intelligenza collettiva. NOTE 1

Senza pretesa di esaustività, direttiva 8/2009, “Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione per la riduzione dei siti web delle pubbliche amministrazioni e per il miglioramento della qua-

FERNANDA FAINI

Giurista, Responsabile assistenza giuridica in materia di amministrazione digitale presso Regione Toscana

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La Fatturazione Elettronica verso la PA Finalmente è realtà! DI PAOLO CATTI, DANIELE MARAZZI E IRENE FACCHINETTI

Con la pubblicazione della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 è stato introdotto in Italia l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di accettare esclusivamente fatture emesse in formato elettronico dai propri fornitori di beni e/o servizi, respingendo quindi le fatture cartacee senza procedere ad alcun pagamento sino all’invio della fattura elettronica. Dopo oltre cinque anni - con la pubblicazione del secondo Decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 3 aprile 2013 n. 55 - si completa il quadro normativo necessario ad avviare questa importante innovazione.

Nello specifico, l’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA prevede un avvio volontario dal 6 dicembre 2013, cui seguirà un’introduzione graduale e diluita su due anni, al fine di non impattare eccessivamente sui processi sia delle imprese sia delle stesse pubbliche amministrazioni. Le prime amministrazioni pubbliche interessate a questo obbligo saranno alcune PA centrali (Ministeri, le Agenzie fiscali e gli Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale) che saranno obbligate a ricevere solo fatture elettroniche

Figura 1 – La Fatturazione Elettronica verso la PA: i principali numeri del fenomeno

dai propri fornitori dal 6 giugno 2014, mentre dal 6 giugno 2015 l’adesione obbligatoria riguarderà le restanti amministrazioni pubbliche, fatta eccezione per quelle locali, per i fornitori non residenti in Italia, e per i soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni (Dottori commercialisti, CAF, Associazioni sindacali di categoria, ecc.). Per questi ultimi soggetti rimane ancora da decidere quando sarà previsto l’avvio obbligatorio, che sarà stabilito con Decreto da emanarsi entro il 6 dicembre 2013 dal ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il ministero per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione. L’effettiva entrata in vigore dell’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA va letto prima di tutto come uno stimolo che il legislatore vuole dare alle imprese del nostro Paese, storicamente riluttanti - come ben noto, purtroppo - a cogliere le opportunità che si aprirebbero con l’introduzione consapevole delle ICT (Information and Communication Technologies) nelle organizzazioni. Per salvaguardare la competitività “complessiva” del nostro Sistema Paese, infatti, è necessario recuperare produttività e crescere in efficacia, andando a snellire e semplificare, ovunque sia possibile, processi e procedure. In questo contesto, l’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano indaga

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ormai da anni le modalità e gli impatti che possono derivare dall’utilizzo di soluzioni ICT a supporto della Digitalizzazione dei processi, anche con specifico riferimento al tema della Fatturazione Elettronica verso la PA (i risultati completi della Ricerca 2012 sono disponibili su www.osservatori.net). La Pubblica Amministrazione, grazie al suo ruolo di “grande acquirente” di beni e servizi, ricopre un ruolo chiave con riferimento sia al tema specifico della Fatturazione Elettronica sia a quello più ampio della Digitalizzazione del Paese (Figura 1). Come funziona la Fatturazione Elettronica verso la PA La Fatturazione Elettronica con la PA impone ai fornitori che cedono

beni o prestano servizi a questa di trasmettere al Sistema di Interscambio (SdI) - oppure ad altri Hub connessi con lo stesso SdI (“intermediari abilitati”) - esclusivamente Fatture Elettroniche in un formato XML (eXtensible Markup Language), secondo le specifiche tecniche e la struttura sintattica definite da un apposito documento disponibile sul sito www.fatturapa.gov.it. Una volta predisposto il documento Fattura da inviare alla PA in formato elettronico, è necessario apporvi Firma Digitale (o una Firma Elettronica Qualificata) e Riferimento Temporale e, quindi, trasmettere la fattura al sistema deputato a riceverla attraverso uno dei canali definiti dal Legislatore, tra

cui la posta elettronica certificata, i sistemi di trasmissione dati basati su protocollo FTP e i sistemi di trasmissione telematica fruibili con protocollo HTTPS. Dopo aver trasmesso le fatture elettroniche al SdI, il fornitore emittente riceverà due importanti documenti informatici, sempre in formato XML e firmati digitalmente: la “ricevuta di consegna” (attestante che il SdI ha accettato la fattura elettronica e questa è stata ricevuta dalla PA destinataria) e la “notifica di esito accettazione” (attestante che la PA destinataria ha verificato e accettato la fattura elettronica ricevuta). Fornitore e PA dovranno poi conservare le suddette fatture elettroniche, ricevute e

Figura 2 – Il Sistema di Interscambio: lo schema di riferimento

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notifiche in solo formato digitale, secondo le disposizioni normative in tema di conservazione dei documenti rilevanti ai fini fiscali. A sostegno delle imprese obbligate a trasmettere le fatture elettroniche alla PA, il legislatore ha previsto dei servizi di supporto di natura informatica: in particolare, per le PMI abilitate al MEPA (Mercato Elettronico della PA) un servizio gratuito che permetterà di creare, trasmettere e conservare le fatture elettroniche inviate al SdI. Va aggiunta anche la possibile presenza di “intermediari abilitati” (Figura 2), soggetti in grado di supportare le organizzazioni coinvolte nella produzione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche: ne sono un esempio i provider EDI, quelli di servizi di conservazione elettronica, il sistema bancario (tramite il canale CBI), i commercialisti, le associazioni di categoria, le software house che forniscono applicativi gestionali e fiscali.

di efficienza sul processo, ma anche un maggior controllo sui tempi di autorizzazione al pagamento delle fatture. Si stima, in particolare, un recupero di produttività interna quantificabile in circa 800-1.200 Milioni di € l’anno e una riduzione fino al 70% rispetto agli attuali tempi di completamento degli iter autorizzativi. Nell’ipotesi che la Fatturazione Elettronica basata sull’interscambio di flussi di dati strutturati “resa obbligatoria” nei confronti della PA si diffonda poi anche solo nel 20% dei rapporti tra imprese e imprese, il recupero di efficienza conseguibile a livello di Sistema Paese si stima pari a ulteriori 3 Miliardi di €/anno, che vanno a sommarsi al risparmio di 1,6 Miliardi di € precedente, per un incremento di produttività complessivo dell’ordine di circa 5 Miliardi di € annui.

Gli impatti potenziali sulla PA e sul sistema Paese nel suo complesso Una stima dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione indica che, grazie all’introduzione della Fatturazione Elettronica verso la PA si possono ottenere risparmi potenziali diretti pari a oltre 1 Miliardo di € all’anno nella sola PA. Si può, inoltre, ottenere una ricaduta pressoché analoga in termini di risparmi anche sulle imprese fornitori della PA (circa 500 Milioni di €/anno), arrivando complessivamente a risparmi potenziali pari a oltre 1,6 Miliardi di € l’anno.

PAOLO A. CATTI

Nell’ipotesi di accompagnare la ricezione di fatture elettroniche strutturate con un’opportuna revisione delle procedure interne alla PA nella direzione di una digitalizzazione dei Workflow approvativi in grado, tra le altre cose, di garantire anche la certezza della corretta protocollazione - si otterrebbero non solo ulteriori risparmi economici

IRENE FACCHINETTI

DANIELE MARAZZI

Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, School of Management del Politecnico di Milano

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Ci vuole più cultura (informatica) DI PAOLO COPPOLA

È già da qualche anno che vado ripetendo che non c’è più un problema tecnologico, ma il vero problema è culturale. Il ritardo accumulato dal nostro Paese, in termini di competitività, ha molte cause. Sarebbe scorretto e fuorviante semplificare, ma una, assai rilevante, è il digital divide culturale estremamente diffuso all’interno della classe dirigente, politica e non. La “battaglia” per eliminare il fax nelle pubbliche amministrazioni, che ho condotto negli scorsi mesi

insieme a svariati colleghi e amici, ne è un esempio lampante. Per chi non la conoscesse la riassumo brevemente: durante la conversione in legge del decreto del “Fare” (DL 69/2013) avevo presentato alcuni emendamenti relativi al Capo II “Misure per il potenziamento dell’agenda digitale italiana”. Uno di questi aveva l’obiettivo di far in modo che il fax non venisse più usato nelle comunicazioni tra Pubbliche Amministrazioni. Non che io ce l’abbia in particolar modo con i fax ma, semplicemente, è una tecnologia superata, che fa

sprecare carta e tempo. La pervicacia nell’uso del fax da parte di migliaia di dipendenti della Pubblica Amministrazioni è indice di una pigrizia mentale che è uno dei peggiori danni che si possano infliggere alla macchina pubblica. D’altra parte la Legge (art. 47 del DLgs 82/2005 “Codice dell’Amministrazione Digitale”, CAD per gli “amici”) già prevede che “Le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono mediante l’utilizzo della posta elettronica o in cooperazione applicativa.”

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E allora, perché esistono ancora migliaia di fax che viaggiano da un’amministrazione all’altra? Io credo che il motivo sia soprattutto culturale. Il fax lo conoscono, hanno spiegato loro per anni che la “cartina” che esce dal fax può essere usata come prova nel caso venga contestato loro qualcosa, anche se la legge prevede diversamente (ma non c’erano sanzioni nel caso si continuasse ad usare il fax). E allora... Allora il Governo precedente aggiunse la sanzione. Infatti, sempre all’art. 47, si può leggere che “L’inosservanza (...), ferma restando l’eventuale responsabilita’ per danno erariale, comporta responsabilita’ dirigenziale e responsabilita’ disciplinare” che, tradotto dal “burocratese/legalese” vuol dire

“caro dipendente pubblico, se ti ostini a non usare l’email per le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, allora ti becchi richiami, multe e ti faccio anche risarcire i soldi in più che fai indebitamente spedere allo Stato.” Risultato raggiunto? A me, girando per gli uffici pubblici, non sembra proprio. Un po’ perché alcuni non conoscono questa norma del CAD, un po’ perché c’è diffidenza nelle email e nella capacità di recuperare il documento in formato elettronico, un po’ perché scripta manent, un po’ perché nessuno controlla. Cosa c’è che non funziona in questo ragionamento? Semplicemente il mondo è cambiato! Continuare a considerare il fax “più vero”

dell’email, magari certificata, è solo frutto di ignoranza, nel senso che si ignora quello che è possibile fare con la tecnologia. Ricordo le facce sbalordite dei miei studenti ogni volta che, davanti ai loro occhi, prendevo la firma di uno di loro e in pochi minuti mostravo loro come produrre un fax di un documento qualsiasi con quella firma. L’emendamento da me proposto andava a modificare un’altra parte dell’art. 47 del CAD, quella che si occupa della validità delle comunicazioni, aggiungendo “È in ogni caso esclusa la trasmissione di documenti a mezzo fax”. Non più bastone o carota, ma semplicemente l’eliminazione del motivo della “resistenza”. Continuano a usare il fax perché si “fidano” di più? Ed io levo la validità, così non possono più fidarsi. Questa volta ha funzionato? È ancora presto per dirlo, ma sicuramente far passare questa piccola modifica non è stato facile perché ci sono volute un paio di nottate in commissione, ad aspettare che arrivasse il mio turno. Una discussione “accesa” con il Sottosegretario che mi ha bocciato l’emendamento forte della sua convinzione: “l’altro giorno non funzionava l’email al Ministero e allora se non avessimo avuto il fax...” (che per me è come dire che bisogna usare le candele, perché l’altro giorno è andata via la luce). Ancora, un’altra nottata in aula ad aspettare il turno per l’ordine del giorno che avevo preparato dopo la bocciatura dell’emendamento. Altra discussione in aula col Sottosegretario, con seconda bocciatura. Nuove discussioni in commissione al Senato con i miei colleghi a cui avevo passato l’emendamento. Finalmente l’approvazione al Senato. Ulteriore discussione con un mio collega che alla Camera, in terza lettura, aveva presentato un emendamento soppressivo e che alla fine ho convinto a ritirare. E poi, finalmente, l’approvazione! È finita qui? Assolutamente no! Questa esperienza mi ha insegnato

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molte cose sul funzionamento delle massime istituzioni del nostro Paese, ma, soprattutto, mi ha rafforzato nella convinzione che la priorità su cui dobbiamo investire e agire velocemente è la disseminazione culturale.

30% al mese (30.000.000 di euro al mese); la seconda vi rende una monetina da 2 centesimi di euro la prima settimana, 4 centesimi la seconda settimana, 8 centesimi la terza e così via raddoppiando per tutte le 52 settimane dell’anno.

La velocità di questo cambiamento, così difficile da comprendere a livello intuitivo, perché legata alla progressione geometrica, rende fondamentale accelerare il processo di diffusione della cultura digitale nel nostro Paese.

La Pubblica Amministrazione può già da ora diventare estremamente efficiente, ma portare la banda larga, i tablet, il cloud, non servirà a nulla se questa azione non si accompagna ad una profonda rivoluzione culturale, che deve investire prima di tutto i livelli dirigenziali.

Quale investimento scegliereste? Se fate i conti scoprirete che mentre nel primo caso alla fine dell’anno avrete in tasca altri 360.000.000 di euro, che non è per nulla un cattivo investimento (anzi!), con il secondo potreste azzerare il debito pubblico italiano e vi resteranno ancora più di 40.000.000.000.000 di euro! Ecco la bellezza delle progressioni geometriche!

Solo capendo come impostare un nuovo sistema educativo, formativo, del lavoro e industriale, per stare al passo con i cambiamenti che stanno accadendo, potremo essere protagonisti della rivoluzione digitale e vivere con entusiasmo le sfide che ci troveremo davanti!

Certo, non portare la tecnologia all’interno della PA è ancora peggio, ma una delle lezioni più importanti da comprendere è che il digitale trasforma radicalmente il modo di fare le cose. La filosofia del “si è sempre fatto così” è il nemico numero uno della digitalizzazione. D’altra parte quello che sta accadendo, grazie al progresso tecnologico, ha un impatto sulla società che, purtroppo, pochi hanno intuito. Uno dei motivi può dipendere dalla difficoltà che ha la mente umana a comprendere le progressioni geometriche. Il progresso tecnologico, infatti, ha seguito negli ultimi anni un andamento che va sotto il nome di Legge di Moore e che, semplificando, stabilisce che la potenza dei calcolatori raddoppia ogni 18-24 mesi. Non sappiamo per quanti anni sarà ancora valida questa legge. Vi sono alcuni studiosi che pensano che ormai abbiamo raggiunto limiti fisici che non permetteranno di continuare con questo ritmo per molto tempo. Ma, esattamente, cosa vuol dire un raddoppio ogni 18-24 mesi? Permettetemi di fare una piccola parentesi sulle progressioni geometriche con un esempio. Immaginate di aver vinto al superenalotto 100.000.000 di euro e di avere due possibilità di investimento per un anno. La prima rende il

La Legge di Moore ci spiega, dunque, che tra due anni i calcolatori saranno il doppio più potenti di oggi (a spanne, 50% di incremento di prestazioni all’anno per due anni), che è già un ottimo miglioramento, ma se dovesse continuare per vent’anni, di raddoppio in raddoppio, avremo calcolatori mille volte più potenti (5000% di incremento di prestazioni all’anno per venti anni). Magie delle progressioni geometriche! Più si va avanti e più aumenta l’incremento di prestazioni. Capire questa cosa ci fa comprendere quanto velocemente verrà rivoluzionato il lavoro nei prossimi anni. Avere calcolatori sempre più potenti significa che sempre più lavori a basso contenuto di conoscenza verranno automatizzati. Negli ultimi 150 anni il lavoro si è spostato dalla campagna alle fabbriche e dalle fabbriche agli uffici. Nei prossimi anni non solo avremo fabbriche sempre più automatizzate, ma anche gli uffici e i servizi, con il problema che mentre nel passato i lavoratori si spostavano dal primario al secondario e dal secondario al terziario, ora non abbiamo un “quaternario” dove spostare i lavoratori che verranno sostituiti dalle macchine!

PAOLO COPPOLA

Deputato

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A che punto siamo con la scuola digitale DI ALESSANDRA DONNINI

Nella scuola italiana si stanno introducendo strumenti informatici e Internet nei processi burocratici e didattici: queste operazioni sono state chiamate dal MIUR Cl@sse 2.0 e Scuol@ 2.0. Abbiamo cercato di capire a che punto sono questi processi, confrontandoci anche con la realtà europea, e quali prodotti sono disponibili in Italia, dato che stiamo sviluppando un prodotto per il supporto alla didattica nelle scuole (Nota: l’autrice è imprenditrice e partner di

Etcware, azienda che sviluppa http:// agendadidattica.etcware.it). Condividiamo i risultati delle nostre ricerche perché riteniamo possano essere oggetto di riflessione sullo stato della scuola italiana. In Survey of Schools: ICT in Education Benchmarking Access, Use and Attitudes to Technology in Europe’s Schools - Final study report february 2013 (studio commissionato dalla

Comunità Europea, http://ec.europa. eu/digital-agenda/sites/digitalagenda/files/KK-31-13-401-EN-N. pdf) viene fatta una valutazione sulla base di vari fattori che elenchiamo nel seguito, sul grado di digitalizzazione/ informatizzazione dei vari gradi di scuola delle nazioni europee. Nella prima parte dello studio vengono esaminati gli strumenti che supportano il processo, nell’ordine: infrastruttura ICT, LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), banda larga, e i cosiddetti iged.it 03.2013

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Sondaggio europeo: Lavagna Interattiva Multimediale Anche rispetto alla presenza di LIM per numero di studenti l’Italia è nelle ultime posizioni. La figura 2 mostra la situazione sempre riguardo alle scuole medie superiori: rispetto a una media europea di 167 studenti per LIM, l’Italia vede 250 studenti per LIM. Un’altra criticità delle scuole italiane è la banda larga, il nostro posizionamento è mostrato nella figura 3: anche qui l’Italia è agli ultimi posti con il peggior posizionamento rispetto alla mancanza di connettività.

Figura 1

Figura 2

Virtual Learning Environment, ovvero prodotti software che supportano la didattica. La seconda parte dello studio esamina l’atteggiamento dei docenti, degli studenti e della famiglia nei confronti del processo di digitalizzazione. Dallo studio si evince che la presenza di infrastrutture a livello scolastico varia notevolmente da un paese all’altro, la mancanza di tali infrastrutture è un ostacolo reale al processo di digitalizzazione: questo problema è particolarmente sentito in Romania, Turchia, Lettonia e, purtroppo, in Italia. Sondaggio Europeo: Infrastruttura ICT e uso Un primo fattore per la determinazione del grado di digitalizzazione della scuola è la valutazione dell’infrastruttura ICT presente nelle scuole. Dal rapporto si evince che in media in Europa ci sono da 3 a 7 studenti per computer, tablet e netbook. L’Italia è tra gli ultimi posti, con una media di 13 studenti per computer, in buona compagnia con Turchia e Romania. Le posizioni crollano

addirittura nel caso di computer connessi ad Internet. La figura 1 è tratta dallo studio e vede l’Italia al quart’ultimo posto, grade 11 si riferisce agli studenti delle scuole medie superiori (categoria di studenti che viene presa in considerazione anche nei dati riportati successivamente e che in Italia è comunque meno penalizzata rispetto alle scuole elementari e medie inferiori). È doveroso aggiungere che in Italia spesso paga l’iniziativa dei singoli: in alcune scuole sono stati introdotti i tablet, comprati dagli studenti o offerti da vendor tramite i quali veicolano prodotti software. L’approccio più intelligente all’acquisto è stato quello delle scuole che adottano l’ormai famoso bookinprogress (http:// www.bookinprogress.it/): il libro digitale autoprodotto dai docenti che viene “venduto” agli studenti per piccole cifre, pagate all’inizio dell’anno dalle famiglie direttamente alla scuola (l’ordine di grandezza è 60 euro contro i 3/400 euro del costo del corredo dei libri scolastici), le famiglie, con quello che hanno risparmiato del costo dei libri, all’inizio del primo anno comprano i tablet.

Il problema della banda larga in Italia è spinoso non solo per quanto riguarda le scuole: la presenza della banda larga è uno degli strumenti fondamentali per la ripresa dell’economia ed è evidente che siamo in ritardo, infatti si prevede di coprire il 35% della popolazione presente prevalentemente nelle grandi città con una banda a 30mb solo a fine 2015 mentre, come si evince dalla figura 3, le nazioni più avanzate hanno già la banda larga. A questo proposito si ricorda che a fine luglio scorso c’è stata una ridefinizione dei finanziamenti stanziati dal cosiddetto “Decreto del fare” proprio nel caso della banda larga: dai 150 milioni di euro stanziati inizialmente sono stati tolti 20 milioni di euro a favore del finanziamento delle tv locali. Sondaggio europeo: Virtual Learning Environment I VLE si collocano in cima alla pila degli strumenti per la digitalizzazione delle scuole. VLE sta per Virtual Learning Environment: sono i prodotti software di ausilio e supporto alla didattica. È evidente che la presenza dei VLE sia legata alla connettività, e quindi anche alla banda larga. La figura 4 tratta dallo studio citato all’inizio, ci vede anche in questo caso in quint’ultima posizione, ma non poteva essere altrimenti dato lo stato della connettività in Italia in generale, ed in particolare nelle scuole.

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presenta

DOCUMENTI DIGITALI Nel 2008 veniva pubblicato Dal Documento all’Informazione, volume a più mani con il quale abbiamo cercato di offrire un primo strumento di lavoro per quanti, a diverso titolo, si trovavano alle prese con le problematiche connesse alla gestione della documentazione amministrativa nel difficile momento della transizione dal cartaceo al digitale. il gradimento incontrato ci ha spinto a ripensare completamente il volume, sia nei contenuti che nella strutturazione logica dei contributi, aprendo ad un confronto con la situazione dei paesi europei limitrofi e ponendo anche l’accento sulla formazione delle figure professionali e sugli strumenti di ricerca delle informazioni.

ROBERTO GUARASCI è professore ordinario di Documentazione presso l’Università della Calabria e Consigliere per l’Innovazione del ministro della Pubblica Amministrazione.

ANTONIETTA FOLINO è ricercatore presso l’Università della Calabria per il settore scienze del libro e del documento.

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Figura 3

VLE e simili: i prodotti software per la digitalizzazione della scuola in Italia A valle dell’esame dello studio citato abbiamo fatto uno scouting dei prodotti software per la scuola, per capire cosa sta offrendo il mercato italiano e quali aziende/prodotti coprono le pur modeste esigenze attuali. Premesso che, quando si realizza un prodotto software per la scuola è necessario inserire all’interno del prodotto i dati della scuola (organizzazione e studenti), in Italia questo obiettivo si ottiene integrandosi con il SIIS (Sistema Informativo Integrato delle Scuole) del MIUR. Per poter operare in modo integrato con il SIIS è necessario accreditare l’azienda o il soggetto che gestisce il prodotto da integrare. Attualmente sono accreditati circa 100 soggetti, il 10% dei quali sono direttamente scuole che si presuppone usino prodotti creati internamente, oppure open source, il che vuol dire che ci sono circa 90 produttori attualmente attivi sul territorio italiano.

Figura 4

Abbiamo esaminato quei prodotti le cui descrizioni sono disponibili su Internet e, per la maggior parte, abbiamo notato che sono prodotti legati alla gestione del registro elettronico, voti, scrutini, ovvero la parte burocratica dei processi scolastici che coinvolgono gli studenti. Tutti i prodotti sono a pagamento tranne uno, che si chiama Tiche (http://lnx.sinapsi.org/ wordpress/2011/09/18/tiche-il-nuovo-registro-elettronico/). La maggior parte delle soluzioni esaminate non ha una interfaccia specifica per tablet o smart phone, ma in compenso hanno quasi tutti interfaccia web. La maggior parte delle soluzioni esaminate deve essere installata su un server della scuola o dedicato alla scuola. Solo pochissimi offrono il servizio come SAAS (Software As A Service), ovvero in modalità cloud e anche in questi casi non c’è condivisione di informazione fra le scuole. Pochi, per non dire nessuno, hanno focalizzato sulla gestione dei processi legati ai VLE, ed in particolare dei documenti, libri di testo elettronici più

o meno condivisi nella classe: anche questo è un risultato atteso perché l’uso obbligatorio dei libri digitali da parte delle scuole è stato procrastinato, ovviamente su richiesta degli editori, dal ministro Carrozza a Luglio scorso: il passaggio al libro di testo digitale infatti mette a serio rischio un fatturato annuo di 650 milioni di euro. Dall’altra parte, il ministro Carrozza ha scelto di congelare i libri digitali anche perché ha compreso il ritardo infrastrutturale tecnologico della scuola italiana. Soluzioni open (source, data, content) Nessuno dei prodotti esaminati ha progetti e prospettive di pubblicazione di open data. Sui fronti open (source, content) si segnalano invece diverse iniziative, primo fra tutti dobbiamo citare Moodle, un ben noto prodotto open source per la gestione di un VLE. A nostro giudizio è un prodotto complicato da usare, e le scuole che l’hanno adottato lo hanno potuto fare in virtù di un supporto informatico interno capace di installare e gestire il prodotto. Dal punto di vista open content, ovvero contenuti aperti, si segnala il progetto book-in-progress, citato anche sopra. Il progetto in questione è stato iniziato dall’ICT Maiorana di Brindisi, dove i docenti hanno iniziato a scrivere e a pubblicare i libri di testo in formato elettronico. I libri non sono del tutto gratuiti, ma disponibili a un prezzo molto basso: le famiglie per averli devono pagare un contributo alla scuola (circa 60 euro per tutti i libri di una classe, ovvero circa il 15% del costo medio dei libri di carta che deve comprare ogni studente). Una iniziativa open content in italiano molto interessante è http:// www.oilproject.org/, un portale dove chiunque può seguire gratuitamente corsi su svariate materie, ovvero inserire materiale didattico. Il materiale reperibile è multimediale, i corsi sono spesso costituiti da testi e video: sia portale che contenuti sono molto ben fatti. Oilproject esiste già dal 2004, ma è negli ultimi mesi che è arrivata

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la vera e propria svolta social. Sono state censite le comunità di attivismo studentesco e civile in Italia, trovando quasi 800 gruppi. Ora è possibile visitare questi gruppi online, visto che ognuno ha la sua pagina sul sito del progetto.

della banda larga. Ci aspettiamo che gli interessi di pochi (gli editori) non abbiano la meglio sugli interessi degli studenti e delle famiglie, che potrebbero risparmiare nell’acquisto dei libri.

Conclusioni Le informazioni che abbiamo raccolto e sintetizzato in questo articolo ci hanno dato uno spaccato della scuola italiana indietro rispetto alla scuola europea, principalmente a causa di finanziamenti inadeguati dovuti a una errata gestione delle priorità di spesa e ad una mancanza di lungimiranza e di attenzione al settore pubblico: la scuola è il nostro investimento sulle generazioni future e speriamo che, a partire dal governo corrente, si tenga conto di questa considerazione. Ci aspettiamo quindi un potenziamento delle infrastrutture e un accelerazione dei processi di ammodernamento della scuola, ma anche dell’intero paese, con l’introduzione

Una grande iniziativa open content in inglese, che dovrebbe essere tenuta in considerazione anche nell’ottica di aprire le nostre scuole ad altre lingue è http://ed.ted.com/ il sito educational del ben più famoso TED. Su TED Educational sono disponibili molti video interessanti, e spesso anche divertenti, che è possibile usare per creare delle lezioni aggiungendo commenti, temporizzazioni.

ALESSANDRA DONNINI

Imprenditrice e socia di Etcware dove è direttore tecnico

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Ogni problema ha già la soluzione, nel mondo Il nuovo paradigma dell’Open Innovation DI RENZO PROVEDEL

“Ogni problema ha già la soluzione, nel mondo” è una affermazione che può cambiare radicalmente la visione del mondo di chi risolve problemi complessi, di chi innova prodotti e processi, di chi crea un gruppo di lavoro. Questo articolo è indirizzato a imprenditori, manager e a chiunque provi una naturale ansia per il lavoro che lo aspetta, perché considerato complesso e ad alto rischio. Il “credo” che ho appena enunciato può spiegare il nuovo paradigma detto di “Open Innovation” che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo. La storia comincia nell’anno 2000, negli Stati Uniti, ed è un amministratore delegato, appena nominato alla testa di uno dei più prestigiosi gruppi industriali di beni di largo consumo, che lo fa decollare: si tratta di Alan G. Lafley 1, nuovo Presidente e CEO di Procter & Gamble. La società era in gravi difficoltà di bilancio e le azioni avevano perso

il 50% del valore in poche settimane. Lafley rilancia l’immagine e la strategia del Gruppo con una decisione che a prima vista sembra sconcertante: «Nei prossimi cinque anni la nostra azienda genererà il 50% dei nuovi prodotti con l’aiuto del mondo esterno, delle tecnologie e competenze del mondo». L’era dell’Open Innovation era avviata. Cambiamo scenario e guardiamo al grande e complesso progetto di recupero della nave Concordia, Isola del Giglio, Italia. Due dati sulla nave: 114mila tonnellate, 298 metri di lunghezza. A metà settembre 2013, ossia qualche giorno fa, la nave viene ruotata e riportata in linea di galleggiamento in una operazione ingegneristica ed impiantistica mai tentata prima, di enorme complessità ingegneristica. Nella figura 1, la foto del relitto parzialmente emerso 2. “Dopo 19 ore di lavoro, alle 4 del mat-

Fig.1 – Relitto Concordia parzialmente emerso

tino la nave è tornata in asse: una missione mai compiuta prima e costata 600 milioni di euro”. Il Capo della Protezione Civile dice: “Il successo ci ha quasi sorpreso. È stato un lavoro di squadra tra pubblico e privato”: così scrive Repubblica.it 3. Nella figura 2 il cantiere e la nave emersa completamente. E aggiunge: “Si è rialzata lentamente con un’operazione, immaginata da undici persone, che era considerata follia”. Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli li ha chiamati “gli undici uomini d’oro”. Sono stati loro, insieme a una squadra di 500 persone, a riportare in verticale la Costa Concordia. Seicentodieci giorni dopo il naufragio, il gigante è di nuovo dritto. Questo caso mi permette di mettere in luce proprio quei fattori che costituiscono l’ossatura dell’Open Innovation, cioè di un approccio ai problemi diverso dal solito. Quali sono le novità di questo approccio? Ne vedo quattro che possono essere applicate nella nostra vita d’imprenditori, innovatori e risolutori di problemi. Proviamo a esaminarli insieme sul caso del recupero del relitto della nave Concordia. Il primo è la definizione del problema. Nel caso della Concordia, il problema era individuato nell’altissimo rischio di danno ambientale e nell’urgenza di restituire alla popolazione locale il territorio nella sua integrità e bellezza, che fanno dell’Isola del Giglio una straordinaria attrattiva turistica e un bene naturale di tutti. Noi siamo abituati a pensare subito alle soluzioni dei problemi senza dedicare tempo e intelligenza alla loro definizione. La “committenza”, cioè chi ha in mano il problema, dovrebbe migliorare

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Fig.2 – Cantiere e nave emersa la consapevolezza del ruolo e della importanza di una buona esplicitazione del problema stesso; infatti, se capisco e descrivo bene il problema, posso comunicare meglio con chi ha proposte di soluzione, posso motivare meglio gli “altri” a interessarsi al mio problema, posso fissare i “paletti” temporali ed economici della soluzione. È quello che è avvenuto nel caso della Concordia. La Protezione Civile e le altre parti coinvolte non hanno definito la soluzione ma spiegato bene il problema. Ecco che arriva ora il secondo punto chiave: cerchiamo la soluzione e i solutori nel mondo. Qui deve essere chiaro che i talenti per risolvere qualunque tipo di problema non possono trovarsi tutti quanti all’interno di un’azienda, seppure grande (proprio come nel caso della P&G); nemmeno nel caso della Concordia tutti i talenti italiani erano in grado di produrre una soluzione e un progetto “fatto in casa”.

diate dai pirati davanti alla Somalia. Il terzo punto riguarda “la modalità” con cui si lavora per produrre il risultato. Nel caso Concordia, l’elemento di maggiore impatto è stato la squadra. Si può dire cioè che la collaborazione aperta ed efficace che si realizza in una squadra orientata al risultato, efficace nelle relazioni e nelle comunicazioni interne, esprima bene il terzo punto. È utile esaminare la “squadra” internazionale della Concordia: i “magnifici” della Control Room sono undici, e provengono da Italia, UK, Belgio, Germania, Sudafrica. Ci sono due piloti di robot subacquei in grado di fornire ai tecnici le informazioni dal fondo del mare, i progettisti e gli ingegneri informatici che hanno realizzato il sistema di monitoraggio della nave, alcuni ingegneri specializzati nel funzionamento dei martinetti idraulici, alcuni ingegneri elettronici e un’architetta di 29 anni, la tedesca Inken Fruehling, che si occupa dei sistemi di controllo della zavorra della Concordia.

Gli imprenditori e i manager, quindi, debbono accogliere l’idea che i talenti e le soluzioni si cerchino e trovino anche fuori dai cancelli della propria azienda! Nel caso Concordia, avrete notato che il capo delle operazioni è infatti un cinquantaduenne sudafricano, Nick Sloane, con alle spalle esperienze di recupero dalla Nuova Guinea al Messico, chiamato anche ad occuparsi delle petroliere incen-

Il quarto punto riguarda l’esecuzione del progetto. Si può applicare il modello Open Innovation anche a questa fase. Così è stato per la Concordia: il risultato è un consorzio italo-americano, Titan-Micoperi 4 che ha coordinato altri fornitori eccellenti quali Fincantieri, Cimolai, Rosetti, Gas&Heat, Trevi, Fagioli, Nuova Olmec. Anche qui la multi-nazionalità delle aziende dà il senso della ricerca

aperta (“open”) di solutori. Sorge spontanea una domanda: chi mi aiuta a cercare e trovare i solutori nel mondo? La risposta è: il Broker di tecnologie. Il Broker è un nuovo soggetto, nato con il progetto P&G, che nel corso di quest’ultimo decennio ha organizzato una rete di solutori e un processo che inizia con la definizione del problema e termina con l’analisi delle offerte di soluzione. I Broker, nel mondo, sono pochi; ne contiamo una ventina e di questi sono quattro quelli che contano perché sono riusciti a creare una rete mondiale di tantissimi solutori. Essi sono: NineSigma, Innocentive, Yet2com, YourEncore. Prendiamo il caso di NineSigma 5, il leader di mercato: oltre due milioni di solutori in rete, presenza globale su oltre 100 nazioni, migliaia di progetti realizzati, decine di migliaia di soluzioni ricevute. Il paradigma dell’Open Innovation è ora diventato un potente strumento che le aziende possono usare purché diventino consapevoli che il flusso dell’innovazione inizia con la generazione dell’idea e la volontà di realizzarla, e che il primo passo è la definizione del problema e dell’obiettivo. NOTE

1

Alan G.Lafley, Ram Charan, The Game Changer, Crown Business New York, 2008 2 Filmato del recupero. Fonte: repubblica.it: ht t p : / / w w w. r e p u b b l i c a . i t / c r o na ca/2013/09/17/news/costa-concordia_riemerge_giglio-66692027/ 3 Repubblica.it: http://www.repubblica.it/ cronaca/2013/09/17/news/costa-concordia_ riemerge_giglio-66692027/ 4 Consorzio Titan-Micoperi: http://www. micoperi.com/the-removal-of-costa/ 5 NineSigma: www.ninesigma.com

RENZO PROVEDEL

Amministratore delegato, FareImpresa

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Modelli di maturità per il successo delle strategie digitali Esempi per le Smart City e l’Open Government DI NELLO IACONO

Il nodo del knowledge management e il ruolo strategico dei Capability Maturity Model (CMM) Uno dei punti chiave per velocizzare il progresso di un’organizzazione o di una comunità è quello di favorire l’interconnessione tra progetti, competenze, esperienze che operano su aree simili, in modo da consentire a tutti gli attori di beneficiare delle idee e delle buone pratiche presenti. Questo consente all’intera organizzazione/comunità di partecipare ad un ampio processo di continuo raffinamento e miglioramento della propria performance. Questo è alla base del concetto di collaborazione creativa e, più in generale, del knowledge management, inteso come il processo che consente di far diventare patrimonio comune ciò che è necessariamente legato alle competenze, alla creatività e alle esperienze dei singoli. L’enfasi che è sempre più ricorrente, nelle organizzazioni ma anche nelle iniziative governative (vedi ad esempio le misure in materia di Agenda Digitale, il cosiddetto Decreto Crescita 2.0, dove si istituiscono il “catalogo per il riuso dei sistemi e delle applicazioni” e il “catalogo dei dati e delle informazioni”) è quella sulla creazione di “repository” dove raccogliere in modo strutturato e riutilizzabile le buone pratiche. Anche il recente “Manifesto for entrepreneurship and innovation to power growth in Europe” 1 promosso dal “Leaders Club”, enfatizza la raccolta delle buone pratiche come uno dei punti fondamentali da prevedere nelle iniziative governative in tema di digitale: “Fornire una risorsa

dove governi locali e centrali possano condividere i migliori spunti che essi riscontrano per raggiungere un immediato impatto”. L’enfasi sulla condivisione e sulla collaborazione è quindi ben presente, molto meno come tutto questo sia realizzabile in modo efficace e duraturo. Il catalogo in sé non dà valore se non è inserito in un progetto di cambiamento che prevede di definire, implementare e mettere a sistema un processo di knowledge management che consente di utilizzare e migliorare nel tempo le buone pratiche, la “conoscenza creata”. All’interno di una singola organizzazione/comuni-

tà il processo di knowledge management prevede tutte le fasi del ciclo di “creazione della conoscenza” 2 e quindi anche che ci sia una fase specifica in cui la conoscenza creata e condivisa diventa esplicitamente patrimonio organizzativo, attraverso il miglioramento dei processi, la strutturazione di standard, template, linee guida con indicazione delle modalità di applicazione nei diversi contesti 3. Se il contesto in cui però il knowledge management deve realizzarsi è multi-organizzativo/comunitario e in più coinvolge organismi complessi per articolazioni e dimensioni, come possono essere una città,

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una regione o addirittura un Paese, ecco che diventa utile disporre di momenti di razionalizzazione e generalizzazione delle buone pratiche ancora più avanzati, che non solo le generalizzino e le rendano disponibili in modo semplice ed operativo, ma consentano anche a ciascuna organizzazione complessa di effettuare un’autovalutazione del proprio stato e favorendo anche la definizione di un percorso di miglioramento specifico e allo stesso tempo orientato al recepimento “personalizzato” delle buone pratiche. Questa esigenza conduce all’utilizzo dei “capability maturity model”, modelli molto diffusi nelle realtà organizzative (soprattutto nell’ambito dei processi organizzativi, del project management, dell’area ICT) e che si basano su due caratteristiche: • con il concetto di “Capability” identificano alcune dimensioni chiave dell’organizzazione in oggetto rispetto allo specifico ambito e alla specifica area di analisi, e per ciascuno identificano le Aree di Dominio di Conoscenza da considerare, gli elementi chiave che devono essere presenti e la gradualità con cui possono essere acquisiti; • con il concetto di “Maturity” definiscono i diversi livelli di maturità che l’organizzazione raggiunge quando esprime un determinato profilo di “capability” sulle diverse Aree di Dominio di Conoscenza e quindi sulle diverse dimensioni. Come si nota, l’aspetto “capability” è importante perché ottimizza l’utilizzo delle buone pratiche, spostando il focus dalla valutazione e dalla misurazione a quello del miglioramento e delle iniziative da intraprendere. La presenza di un CMM, quindi, non tende ad omologare le scelte di realtà organizzative diverse, ma facilita l’identificazione di un percorso di crescita, la definizione di una strategia, mettendo a frutto le esperienze disponibili, evitando il ripetersi di errori. La disponibilità di un CMM ha un

altro vantaggio, legato all’enfasi che viene posta sulle relazioni tra i diversi elementi chiave di crescita, tra le “dimensioni”: una delle principali ragioni di fallimento dei processi di cambiamento è, infatti, la crescita disarmonica, la sottoconsiderazione di alcune componenti fondamentali. Per meglio esporre la duttilità e allo stesso tempo la potenza dei CMM, credo sia utile una breve disamina di tre recenti modelli di maturità definiti nell’area dell’Agenda Digitale (così come definita dalla Commissione Europea): • il modello di maturità proposto per le Smart City, a cura di IDC; • il modello di maturità per l’Open Government, a cura di Gartner; • il CMM per l’e-Government a cura del governo del Cile. Credo sia da rilevare come il focus delle società di analisi e ricerca come IDC e Gartner naturalmente verta soprattutto sul fronte della maturità e della valutazione, mentre l’esperienza governativa cilena enfatizzi necessariamente l’aspetto della “Capability” e quindi dell’evoluzione su una singola dimensione/area chiave. Tutti e tre tendono però a identificare gli elementi per favorire la definizione di un percorso di miglioramento. D’altro canto, è chiaro che un CMM descrive in termini operativi una strategia e una vision che si presume siano state definite e condivise dalla comunità a cui si rivolge, altrimenti diventa soltanto uno strumento metodologico di intervento. È così per i primi due modelli (che in qualche modo sollecitano anche ad una definizione condivisa dei concetti di Smart City e Open Government), mentre il terzo esempio è basato su una strategia definita a livello Paese. Un modello di maturità per le Smart City Perché un modello di maturità per le Smart City, concetto ancora poco consolidato e in via di evoluzione? Così lo presenta IDC 4: “Molte città sono sicure di quali decisioni prendere

per quanto riguarda tecnologia, operatori e processi per implementare le funzionalità delle smart cities in modo pervasivo in tutta la città. L’ampia gamma di scelte tecnologiche, di tecnologie, di competenze di gestione necessarie rendono difficile dare la priorità all’assegnazione di risorse al progetto. Il nostro Smart City Maturity Model è uno strumento prezioso per aiutare le città a valutare i progressi e adottare tecnologie e pratiche migliori”. Nel rapporto dell’IDC “Business Strategy: IDC Government Insights’ Smart City Maturity Model - Assessment and Action on the Path to Maturity” 5 si identificano questi benefici nell’utilizzo del modello da parte di una città: • iniziare a valutare le proprie competenze e la propria maturità come Smart City; • definire obiettivi di breve e lungo termine, oltre che un piano di miglioramento; • dare un ordine di priorità a tecnologie, partnership, staffing, e altre decisioni correlate agli investimenti; • evidenziare gap di maturità tra dipartimenti, business unit, o tra funzioni e IT. Il modello prevede cinque livelli di maturità: 1. “Ad Hoc”: questo livello corrisponde al tradizionale modus operandi dei governi con un progetto ad hoc, con la collaborazione delle aree per la pianificazione; 2. “Opportunistic”: nelle città che sono a questo livello le implementazioni del progetto “Smart City” si sviluppano con fattiva collaborazione delle diverse articolazioni del governo cittadino. Le principali parti interessate (interne ed esterne all’amministrazione) cominciano ad allinearsi per sviluppare una strategia e un linguaggio comune, abbattendo le barriere di natura burocratica e amministrativa; 3. “Repeatable”: in questo livello, i progetti, gli eventi e i processi iged.it 03.2013

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sono identificati per l’integrazione. Esistono documenti formali che definiscono strategie, processi e gli investimenti tecnologici necessari insieme agli stakeholder. Il focus si sposta dai temi operativi al modello di finanziamento e alla governance; 4. “Managed”: in questo livello sono presenti sistemi formali per i flussi di lavoro e di dati e per la gestione degli asset tecnologici. Emergono degli standard. La gestione delle performance è basata sui risultati ottenuti in termini di cambio culturale, budget, investimenti in IT, struttura di governance; 5. “Optimized”: in questo livello è presente una piattaforma sostenibile di collaborazione per la città. La strategia agile, anche per l’IT e una efficace governance consentono la gestione autonoma dei sistemi nell’ambito di un contest integrato di “sistemi di sistemi” oltre che il miglioramento continuo. La valutazione di IDC è che oggi l’adozione di soluzioni di Smart City è ancora sporadica e che la maggior parte delle città si situa tra il livello 1 e il livello 2 di maturità, soprattutto perché il focus è ancora sulla ricerca e la valutazione di singoli casi, sulle capacità dei vendor e ancora manca la definizione di una visione e di una strategia.

Il modello può quindi essere di supporto proprio per sviluppare con chiarezza la visione di città che si vuole realizzare, un linguaggio comune e un percorso strategico. L’utilità di un modello come questo è proprio quella di favorire la socializzazione dell’idea di Smart City soprattutto verso coloro che sono chiamati ad esserne agenti di cambiamento. Allo stesso tempo, il modello di maturità supporta la “progressione coordinata”, la crescita armonica lungo le diverse dimensioni della Smart City, e l’identificazione di un cruscotto di misure che possono consentire di definire i criteri per il raggiungimento di ciascuna fase di crescita. Un modello di maturità per l’Open Government Un altro interessante modello di maturità nell’area delle strategie del digitale è quello proposto da Gartner rispetto a una roadmap di crescita per l’Open Government 6. Qui (vedi figura 1) sono definiti cinque livelli (Casual, Transparent, Participatory, Collaborative, Engaged) che evidenziano una crescita duplice (e correlata) tra • la diffusione e il consolidamento di una strategia e di un piano

di intervento per l’Open Government; • il coinvolgimento sempre più strutturato, attivo, proattivo e sistemico dei cittadini e dei diversi stakeholder, dove il livello della trasparenza è il primo in cui si possa iniziare a parlare di Open Government, ma lo è ad uno stadio certamente preliminare. Nel modello le dimensioni attraverso le quali si descrivono i livelli (Focus sul Valore, Strategia di canale, Leadership, Focus tecnologico, approccio ai dipendenti sui social media, Focus sul coinvolgimento) sono già “fattori di intervento”, più che aree da sviluppare e direttamente individuano il piano di intervento consigliato. Un CMM per l’E-Government L’ultimo esempio di questa breve rassegna è il Capability Maturity Model definito nell’ambito di un’iniziativa governativa cilena 7. Il modello (vedi figura 2), proprio per enfatizzare l’obiettivo di mettere a fattor comune le buone pratiche applicabili alle diverse organizzazioni pubbliche coinvolte nelle politiche di e-government, approfondisce l’aspetto della capability e dell’articolazione delle diverse dimensioni su cui attuare gli interventi. Le dimensioni identificate sono relative alle quattro tipiche aree organizzative: • la dimensione strategica (che si declina anche in termini di scelte di architettura organizzativa e tecnologica); • la dimensione della governance IT; • la dimensione della gestione dei processi (e quindi anche del funzionamento in termini di servizi forniti); • la dimensione delle persone e dell’organizzazione, con una sottolineatura sugli aspetti del knowledge management e della cultura.

Figura 1- L’Open Government Maturity Model secondo Gartner

Ciascuna dimensione è articolata in più “Aree di Dominio” (Knowledge

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Figura 2 - Il CMM per l’E-Government le dimensioni considerate

Domain Area), per ciascuna delle quali viene definita una scala di robustezza su cinque livelli (ad esempio, per l’Area di Visione Strategica, dalla presenza sporadica ad una diffusione di sistema e gestita attraverso misure e miglioramento continuo). I cinque livelli di maturità sono definiti in modo correlato ai livelli di robustezza raggiunti su ciascuna Area di Dominio. Verso un CMM per ridare slancio all’Agenda Digitale Europea? Questi esempi e l’esperienza delle comunità di organizzazioni complesse spingono pertanto a considerare l’adozione di CMM come facilitatori e velocizzatori dei processi di diffusione delle buone pratiche e di cambiamento. Considerando lo stato di rilevante disomogeneità nell’attuazione delle indicazioni dell’Agenda Digitale Europea da parte dei diversi Paesi, e la difficoltà nel raggiungere i target definiti nello Scoreboard 8 (poiché i target sono definiti a livello europeo, come media delle prestazioni di ciascun Paese), potrebbe essere utile razionalizzare le buone pratiche già presenti in diversi Paesi europei e renderle disponibili attraverso anche la definizione di un percorso di crescita.

Se è vero, infatti, che la competizione tra i Paesi europei è ancora un elemento essenziale che caratterizza la loro vita economica, è anche vero che lo scopo di una strategia che si colloca a livello europeo, come quella espressa dall’Agenda Digitale, ha senso di esistere solo se si presuppone che i fattori di collaborazione debbano prevalere. In un sistema in cui anche nei mercati privati (inerentemente competitivi) una parola chiave diventa “open innovation” e quindi apertura e collaborazione come modalità fondamentale di sviluppo, ecco che la spinta reciproca tra i Paesi Europei in tema di definizione e attuazione della strategia digitale diventa fattore di crescita per l’intero sistema Europa.

bre 2010 4 Vedi http://www.idc-gi.com/getdoc. jsp?containerId=prUS24066713 5 Business Strategy: IDC Government Insights’ Smart City Maturity Model — Assessment and Action on the Path to Maturity” (Document # GI240620) april 2013 6 Vedi la presentazione su http://forges. forumpa .it/assets/Speeches/5018/ k16_dimaio_andrea.pdf 7 Vedi “Capability Maturity Framework for e-Government: A Multi-dimensional Model and Assessing Tool”, di di M.Iribarren et al., su http://www.stanford. edu/~gvaldesu/articles/CapabilityMaturityFrameworkForEgov.pdf 8 vedi http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/scoreboard

Questo significa transitare dall’attuale approccio alla misurazione (focus principale dello Scoreboard), accompagnata da valutazioni e suggerimenti, ad un approccio più organico e strutturato che punta a facilitare il percorso di miglioramento, rendendo bene comune l’esperienza di ciascun Paese. Significa, in altri termini, mettere a sistema il knowledge management, come approccio e come processo operativo, su tutta l’area della strategia digitale dei Paesi Europei, per rendere concretamente un obiettivo comune il raggiungimento dei target dell’Agenda Digitale Europea. Un “Capability Maturity Model” dell’Innovazione Digitale per Paesi e Regioni, promosso dalla Commissione Europea, sarebbe il segnale forte di un cambiamento effettivo delle strategie e dell’interesse a che l’Europa sia davvero permeata dalla rivoluzione digitale. NOTE

1

Vedi http://ec.europa.eu/digital-agenda/ en/news/manifesto-entrepreneurshipand-innovation-power-growth-eu 2 Vedi “The knowledge creating company”, I. Nonaka, H. Takeuchi, Guerini, Milano, 1997 3 Vedi “Knowledge management 2.0”, G.Iacono, in Persone &Conoscenze, otto-

NELLO IACONO

Stati Generali Innovazione

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La Mobility come differenziale competitivo e il grado di maturità delle organizzazioni italiane DI PAOLO A. CATTI, CHRISTIAN MONDINI E CLAUDIA NASUTI

La Mobility rappresenta, sempre più, una leva a disposizione delle organizzazioni per recuperare efficienza ed efficacia nei propri processi di business, oggi più che mai fondamentale per le imprese e considerata a tutti gli effetti un elemento capace di portare differenziali competitivi nei confronti dei concorrenti. La Ricerca 2013 dell’Osservatorio Mobile Device & Business App della School of Management del Politecnico di Milano, che ha coinvolto oltre 200 CIO delle principali imprese italiane, evidenzia come cresca ancora - e in modo significativo - la priorità che

i CIO delle imprese più grandi del nostro Paese riservano alla Mobility. Nonostante la congiuntura economica e le conseguenti forti revisioni nei budget che caratterizzano questi ultimi anni, nel 50% delle aziende del campione i progetti Mobile Business hanno, già dal 2013, una priorità “alta” o “medio-alta”, mentre, per il 2014, la Mobility assurge ad assoluta “top priority” per ben il 66% dei CIO coinvolti nell’analisi. Inoltre le risorse e competenze sviluppate in questi ambiti offrono dei vantaggi competitivi sia di lungo termine (27%) sia di breve-medio (40%).

Nonostante questo, però, circa 3 CIO su 5 valutano come bassa o medio bassa la preparazione all’introduzione “spinta” di soluzioni Mobile a supporto dei processi di business nelle proprie organizzazioni: sono poche quelle aziende che danno un’autovalutazione medio alta (37%) o alta (5%). Un segnale dal quale emerge un ancora limitato grado di “maturità Mobile”. Nel corso degli anni l’Osservatorio ha sviluppato un modello di riferimento per la valutazione del grado di maturità delle strategie Mobile

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a copertura dei processi di business nelle aziende italiane: il Mobility Maturity Model, che considera 4 principali macro-variabili: 1. i processi di business; 2. le Business Apps; 3. i dispositivi mobili; 4. le scelte tecnologiche per supportare le soluzioni Mobile (processi di gestione). All’interno della prima macrovariabile (i “processi di business”) viene considerata, in primo luogo, “l’ampiezza della copertura sui processi di business”, che identifica il grado di diffusione delle tecnologie Mobile sui processi in una specifica organizzazione. Le soluzioni Mobile possono coprire solo poche attività e processi, secondo un approccio “a macchia di leopardo”, oppure possono coprire e integrare sempre più processi fino a supportare l’intera catena del valore. In seguito deve essere valutata “la profondità del supporto fornito al singolo processo”, che riguarda il grado di re-ingegnerizzazione dei processi supportati. L’introduzione di soluzioni Mobile può essere accompagnata da una riprogettazione (più o meno spinta) dei processi, andando da progetti di adozione di singole applicazioni che non cambiano il processo sottostante, fino a complete re-ingegnerizzazioni dei processi, volte ad aumentarne efficienza, efficacia e livello di integrazione. Da ultimo, è necessario analizzare il “grado di mobilità”, che identifica le modalità di sincronizzazione dei dati. Si va dalla Mobilità Operativa (che consente la raccolta dati in mobilità ma non l’invio e la ricezione contestuale dei dati), alla Mobilità Trasmissiva (in cui è presente e altamente sfruttata la possibilità di una connessione “on the go”), fino alla Mobilità Intensiva (ovvero soluzioni always on, pressoché in real time). Nella seconda categoria (le «Business App») viene considerata la “qualità delle App”, che identifica la coerenza dell’applicazione con le esigenze espresse e latenti degli utenti e

del processo di business supportato in termini di funzionalità e usabilità. Un primo livello prevede la presenza di un set base, “essenziale”, di funzionalità, in prevalenza coerenti con le singole attività supportate; una crescente maturità è presente in App dotate di funzionalità fortemente “orientate all’utente” che consentono l’accesso e la registrazione di dati cardine di altri processi tra loro integrati. Infine si considera il “livello di integrazione”, che analizza quanto le App Mobile sono integrate con i sistemi informativi aziendali. Può variare dalla scelta (più o meno consapevole) di adottare App non integrate, all’adozione di Apps solo parzialmente integrate fino ad App completamente integrate (tra App e App e tra App e i Sistemi Informativi). Per quanto riguarda i «dispositivi mobili» vengono considerate “le caratteristiche del Device”, che inquadrano quanto il dispositivo scelto risponde alle specifiche esigenze degli utenti che lo devono utilizzare e alle caratteristiche del processo che supporta. I criteri di scelta possono essere guidati solo da logiche di ottimizzazione nella gestione del parco dispositivi, oppure essere coerenti con le esigenze dell’utente e le necessità del processo. Inoltre, bisogna anche analizzare la “flessibilità multipiattaforma”, che indentifica la possibilità di gestire in modo indipendente dal Sistema Operativo la soluzione Mobile adottata. Può essere assente (perché si preferisce adottare un solo tipo di terminale e un unico Sistema Operativo), limitata (si adottano più terminali ma solo su alcuni le App specifiche vengono integrate coi Sistemi Informativi), oppure estesa (assoluta flessibilità e completo supporto multipiattaforma). Da ultimo si considerano i «processi di gestione», ovvero le scelte tecnologiche per supportare le soluzioni Mobile: queste includono le logiche con cui viene gestito il deployment, l’aggiornamento e la sostituzione di ogni App sui dispositivi (“gestione delle Apps”), il grado di

completezza delle regole di gestione e monitoraggio dello stato di salute e sicurezza del dispositivo (“gestione del Device”), il grado di consapevolezza sulle modalità di gestione della sicurezza dei dati aziendali (“gestione della sicurezza”) e, infine, il livello di ottimizzazione dei volumi di dati scambiati attraverso l’infrastruttura di rete (“gestione della connettività”). La Ricerca 2013 dell’Osservatorio ha evidenziato un aumento del grado di maturità della Mobility nelle imprese, nonostante la strada verso la «Mobile Enterprise» sia ancora lunga. Analizzando il profilo “medio” del campione dei rispondenti alla Survey tramite il Mobility Maturity Model è possibile avere una buona “fotografia” di riferimento della maturità Mobile delle Grandi Imprese del nostro paese. Con riferimento all’asse Processi di Business, emerge un quadro composto ancora da numerose imprese che stanno muovendo, proprio in questi anni, i primi passi nella Mobility. E che prediligono - come chi le ha precedute negli anni scorsi - un approccio alquanto orientato a supportare in mobilità esclusivamente processi molto circoscritti, quasi specifiche attività, se non addirittura task puntuali. Per quanto riguarda l’asse delle Business App, le aziende analizzate hanno un buon livello di integrazione con i Sistemi Informativi, mentre il grado di integrazione tra le diverse App è tendenzialmente ancora limitato. Sul fronte dei Mobile Device, accanto a scelte chiare - spesso univoche sulla piattaforma, si osservano anche le prime serie valutazioni per una strategia chiaramente multipiattaforma, a tutto vantaggio di una maggiore apertura verso il paradigma Bring Your Own Device (BYOD). Infine, sull’asse dei Processi di Gestione si dimostra una diffusa sensibilità verso le tematiche della sicurezza e l’adozione di piattaforme di Mobile Device Management e Enterprise Application Store (EAS). iged.it 03.2013

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Su questo asse osserviamo il livello più alto di maturità: nonostante una bassa maturità sui temi del BYOD, le aziende del campione si sono dimostrate particolarmente mature relativamente alle piattaforme di EAS e Device Management. È possibile osservare una dinamica di crescita sugli assi del modello: i principali atti di moto registrati spingono verso una maggiore copertura dei processi aziendali coinvolti (dimensione Processi di Business), migliorando il livello di integrazione tra le diverse App introdotte in azienda (dimensione Business App). Dalle analisi effettuate emerge come, per raggiungere tutti i benefici che le soluzioni Mobile a supporto dei processi di business possono portare alle aziende, è fondamentale un approccio maturo alla Mobility, che analizzi puntualmente e criticamente ogni asse del Mobility Maturity Model. Solo così sarà possibile ottenere

pienamente i benefici di efficienza (completa digitalizzazione dei processi di business, certificazione delle attività svolte sul campo, ecc.) e di efficacia (maggiore soddisfazione dei clienti e degli utenti, aumento della qualità di processi, aumento di qualità, quantità e tempestività dei dati, ecc.) che caratterizzano questi progetti, governando, al contempo, la complessità che “ontologicamente” queste nuove soluzioni introducono.

PAOLO A. CATTI

CHRISTIAN MONDINI

CLAUDIA NASUTI

Osservatorio ICT&Commercialisti, School of Management Politecnico di Milano

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Infrastrutture a banda larga e ultralarga L’importanza del catasto elettronico DI FULVIO ANANASSO

Sulla base di vari studi sulle prospettive di sviluppo connesse all’introduzione delle reti di nuova generazione - next generation (access) networks (NGN/ NGAN) -, è disponibile un’ampia panoramica sulle principali soluzioni di accesso a banda ultralarga, tenendo conto delle diverse architetture di distribuzione in fibra ottica (sostanzialmente fiber-to-the-exchange, FTTE; fiber-to-the-cabinet, FTTCab; fiber-to-the-building, FTTB; fiberto-the-home, FTTH) e sistemi di accesso - passivi (PON/GPON) e punto-punto (P2P) – V. ad es. Rif. [1]. Sono peraltro indubbi gli effetti (esternalità) positivi della realizzazione di una rete a banda ultralarga sull’economia del Paese, in termini di impatti diretti dell’investimento, del corrispondente effetto sull’occupazione e sull’economia nazionale nel suo complesso. Considerando, ad esempio, un investimento di 13,3 miliardi di euro per una rete FTTH/P2P con copertura del 50% della popolazione, la stima degli effetti complessivi sull’economia porta ad una forchetta (in base alle ipotesi di sviluppo dell’ecosistema di rete) da 66 a 438 miliardi di euro in 10 anni, con un impatto sull’occupazione stimato in oltre 248.100 unità lavorative - V. Tabella 1. D’altro canto, i costi delle opere civili (60-80% del costo complessivo) e i relativi rischi e disagi per la posa dei cavi costituiscono seri ostacoli alla realizza-

Tabella 1. Impatto NGAN sull’economia nazionale

zione di una rete di nuova generazione. La necessità di tutelare il patrimonio storico ed artistico delle città italiane, di minimizzare l’impatto delle opere sulla mobilità dei cittadini, ecc. impongono di limitare le attività di scavo alle aree in cui sono strettamente indispensabili, riutilizzando ovunque sia possibile le infrastrutture già esistenti e installando le reti di nuova generazione in condotti liberi o parzialmente utilizzati. Il sottosuolo delle grandi città è infatti cosparso di tubature per le reti idriche, elettriche, telefoniche, … che in molti casi potrebbero ospitare anche le reti ottiche senza bisogno di nuovi scavi. Ad esempio, le reti di pubblica illuminazione e di teleriscaldamento sarebbero particolarmente adatte ad ospitare reti di nuova generazione, in quanto capillari e spesso dotate di tubazioni sufficientemente ampie e di posa recente. Così come le reti fognarie e idriche - soprattutto per dorsali di backbone. Sebbene il ruolo dello Stato appaia centrale nello sviluppo di norme e policies orientate alla semplificazione amministrativa, è necessario coinvolgere in misura sempre maggiore i diversi livelli di amministrazione e governo locale, oltre che, nel contesto istituzionale, un rafforzamento del ruolo dell’AGCOM. Infatti, l’art. 12 (“Coubicazione e condivisione di elementi della rete e risorse correlate per i fornitori di reti di comunicazione

elettronica”) della direttiva quadro 2009/140/CE del 25/11/2009 recita: “Gli Stati membri provvedono affinché le Autorità nazionali di regolamentazione possano richiedere alle imprese di fornire le informazioni necessarie, su richiesta delle autorità competenti, per consentire … di elaborare un inventario dettagliato della natura, disponibilità e ubicazione geografica delle strutture”. Alcune nazioni nel mondo hanno iniziato ad occuparsi della questione. Negli USA, sulla base del “Recovery Act” (2009), M-Lab (www.measurementlab.net) sta mettendo a punto una piattaforma aperta per la misura della velocità internet, utilizzata da FCC / NTIA nell’ambito del progetto www.broadband.gov. La Nuova Zelanda ha in corso il progetto www. broadbandmap.govt.nz/map, la Danimarca il LER (data base for underground infrastructures, www.ler.dk), la Germania “Infrastructure Atlas” (www. bundesnetzagentur.de), la Svizzera il “Network (geographic) information system”, il Regno Unito “Digital Britain” (http://digitalbritainform.org). In Italia, oltre a www.misurainternet. it dell’AGCOM per la verifica della velocità internet, ci si affida ad alcune iniziative regionali. Ad esempio, la Lombardia ha promulgato apposite norme legislative, e realizzato un “catasto elettronico” a livello comunale (Bergamo, Milano, Monza, Varese). Anche alcune città dell’Emilia Romagna si sono mosse su questa strada (Bologna e Riccione), e va segnalata la gara indetta da Lepida (ente regionale per la pianificazione, sviluppo e gestione delle infrastrutture di telecomunicazione) per la realizzazione dell’inventario delle infrastrutture dell’Emilia Roiged.it 03.2013

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magna, che si propone di integrare in un’unica piattaforma i dati provenienti dai diversi enti territoriali sull’intero territorio regionale (rif.[2]). La gara è stata vinta dai Laboratori Marconi / Italtel, utilizzando il sistema “Invento” dei Marconi Labs, che consente di censire le infrastrutture presenti nel sottosuolo (gasdotti, reti idriche e fognarie, reti per illuminazione pubblica e teleriscaldamento, reti di telecomunicazione), ricondurre i dati disponibili (spesso espressi in formati e sistemi di riferimento diversi) ad un formato conforme agli standard internazionali e di organizzarli in base alle esigenze dell’utente finale, consentendone la consultazione attraverso interfacce web che ne assicurino al contempo la riservatezza nei casi di informazioni sensibili. Telecom Italia immagazzina i dati rilevati da Invento e li rende accessibili agli utenti attraverso la propria offerta cloud (Nuvola Italiana). La mancanza di un dettagliato “inventario elettronico” delle infrastrutture a livello nazionale non consente di disporre di una mappa dettagliata delle reti esistenti nel sottosuolo, ed impedisce al momento una adeguata pianificazione dei lavori di posa della rete in fibra ottica mediante il riutilizzo di condutture esistenti. Sarebbe viceversa opportuno estendere tali esperienze regionali a tutto il territorio nazionale, e di inserire un “inventory mapping” delle infrastrutture fra le priorità strategiche dell’Agenda Digitale. Vale la pena di segnalare al riguardo al-

cune iniziative stimolate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni tra il 2009 e il 2011, miranti alla realizzazione del Registro delle infrastrutture di nuova generazione (RING). Il Progetto RING si proponeva - a valle di una analisi iniziata con il Programma ISBUL (rif. [1]) e continuata in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata (Master IPA) - di fornire uno strumento di supporto alle problematiche connesse alla localizzazione, consistenza, adeguatezza e titolarità delle infrastrutture di rete presenti sul territorio italiano. In particolare, il Registro RING si prefiggeva di essere uno strumento di conoscenza per consentire l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse economiche, limitando i fenomeni di replicazione e sottoutilizzo delle opere già esistenti, nonché per fornire un quadro generale sul digital divide e monitorarne lo stato - V. Figura 1. A seguito di istruttorie presentate al Consiglio AGCOM tra novembre 2009 e luglio 2011, era stata ipotizzata un’attività sperimentale finalizzata alla progettazione e realizzazione di una “demo” software del geo-portale RING - versione prototipale del database. Si ignora se il nuovo Consiglio AGCOM (insediatosi a luglio 2012) abbia dato seguito al progetto. Alcune considerazioni conclusive sull’importanza del broadband wireless, componente non trascurabile della rete di nuova generazione a banda

ultralarga. Si stima che almeno 1 GHz addizionale sia necessario a breve onde soddisfare la domanda di banda larga mobile. Accanto al catasto elettronico delle infrastrutture (RING), è pertanto altrettanto importante il tema dello “spectrum review”, cioè effettuare una rassegna esaustiva della effettiva disponibilità ed utilizzo dello spettro radio per una riorganizzazione dello stesso. I sistemi TV e militari detengono infatti ampie parti dello spettro radio estremamente preziose - per motivi tecnologici e di propagazione del segnale. In taluni periodi di tempo / aree geografiche tali sistemi utilizzano in modo non efficiente le risorse spettrali attribuite. Opportunità interessanti potrebbero pertanto essere offerte dall’impiego di innovative tecnologie e politiche di uso dinamico delle frequenze, identificando bande che potrebbero essere re-attribuite e/o a utilizzo condiviso - ad es. mediante tecnologie e sistemi di cognitive radio, dynamic spectrum allocation (DSA), licensed / authorized shared access (LSA / ASA), …. Riferimenti bibliografici [1] Programma di ricerca AGCOM “Infra-

strutture e servizi a banda larga e ultra larga” (ISBUL) http://www.agcom.it/Default. aspx?message=contenuto&DCId=416 (2008-2010) [2] “Senza catasto delle infrastrutture più lunga (e cara) la via delle Ngan”, Il Corriere delle Comunicazioni, 18 settembre 2013 (http:// www.corrierecomunicazioni.it/tlc/23208_ senza-catasto-delle-infrastrutture-piu-lunga-ecara-la-via-delle-ngan.htm) [3] L.P.G. Hansen, I.C. Østhus: “Online Broadband Test Tool”, Proceedings of NIK, Trondheim (Norway), 2009 [4] W. Lehr, L.W. McKnight: “Wireless Internet access: 3G vs. WiFi?”, Telecom Policy (# 27, 2003).

FULVIO ANANASSO

Figura 1. Possibile interfaccia del registro infrastrutture di nuova generazione (RING)

Stati Generali dell’Innovazione

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Le donne e la scienza L’ Ada Lovelace Day DI FOSCA NOMIS

Il 15 ottobre è un giorno speciale per le donne impegnate nelle scienze, nella tecnologia, nell’ingegneria e nella matematica: è l’Ada Lovelace Day, giorno che ricorda una delle protagoniste di spicco del mondo scientifico, per anni dimenticata dalla narrazione della storia delle scienze e della tecnologia1, e che è

stata recentemente riconosciuta autrice del primo calcolatore analogico e ideatrice del concetto di algoritmo. Perché questa figura ed il fatto di celebrarne il ricordo sono così importanti? Ada Lovelace ha vissuto fra il 1815 e il 1852, e, nonostante sia passato più di secolo, ancora oggi le facoltà

tecnico-scientifiche sono percepite come maschili. Il permanere di stereotipi di genere introiettati e la mancanza di modelli positivi scoraggiano le donne a formarsi competenze ed intraprendere una carriera, soprattutto nell’ambito informatico. Lo studio “Donne e ICT: perché le ragazze non entrano nel mondo della

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tecnologia” dimostra che le studentesse non proseguono gli studi e non si avviano a carriere ICT, nonostante abbiano buone competenze ed interesse per l’informatica. Il 76% delle ragazze dichiarano di essere “interessate o molto interessate all’ICT” ma il tasso di drop out, ovvero di ragazze che nonostante l’interesse per la materia si orientano verso diverse scelte universitarie e professionali, arriva al 61%. Solo il 15% delle ragazze dichiara di essere positivamente decisa a studiare e lavorare nel settore. Le ragazze coinvolte nella ricerca hanno dichiarato in oltre il 50% dei casi di avere un modello di riferimento a cui ispirarsi per le scelte di studio e carriera; di queste il 58% ha indicato una donna, prevalentemente la madre o un insegnante di sesso femminile. Madri e insegnanti però non sono un “buon modello tecnologico”: usano il pc meno degli

uomini e per fare meno cose. Solo il 5% di questi modelli femminili ha dichiarato di avere competenze tecnologiche, questa percentuale fra gli uomini sale al 41%. Dalla ricerca sono emerse alcune peculiarità positive che distinguono il nostro paese dagli altri interessati dalla ricerca. Le madri, pur senza competenze informatiche, sono due volte più interessate degli uomini ad acquisirne, con un dato superiore alla media rispetto a quanto registrato negli altri paesi: un entusiasmo che, anche nei dati generali della ricerca, si è rivelato la chiave per la trasmissione di un immagine positiva dell’ICT fra madri e figlie. Non è la competenza in sé a fare la differenza, quanto l’atteggiamento positivo di madri e insegnanti. Risulta quindi indispensabile fornire alle giovani donne modelli di riferimento, anche attraverso una rilettura

della storia dell’informatica, e figure come quella di Ada Lovelace sono da mettere sotto i riflettori. Nata a Londra nel 1815 da Anne Isabella Milbanke, matematica, e dal poeta George Byron, da subito, malgrado la sua cagionevole salute, si dimostra una “bambina prodigio”. Su iniziativa della madre, molto preoccupata dall’idea che potesse dedicarsi alla poesia come suo padre, ricevette dall’età di 17 anni lezioni di matematica da Mary Somerville, una scienziata autrice di testi utilizzati a Cambridge. Le abilità matematiche di Ada non tardarono ad emergere, e, in seguito all’incontro con Charles Babbage, che la definì “l’Incantatrice dei numeri”, iniziò a studiare i metodi di calcolo realizzabili con la macchina differenziale e la macchina analitica. Nel 1942 Babbage fu inviato per fare un seminario all’Università di Torino sulla sua macchina anali-

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Un’iniziativa: ITER S.r.l. Via Rovetta, 18 - 20127 Milano (MI) tel. +39 02 2831161 - fax +39 02 28311666 www.iter.it

presenta

39,00 € 25/03/2013 15.29.07

DALLA CARTA ALLE NUVOLE

L’informazione a portata di mano. Sempre. Ovunque. Anche questo nuovo libro di Giancarlo Butti è un lavoro che nel mio orizzonte professionale trova non frequenti riscontri bibliografici. È un pozzo XXL di informazioni, spazia infatti da come creare e gestire documenti di varie modalità, alla ricerca tramite parole chiave o parametri, alla business intelligence, per rituffarsi nell’integrazione con gli ERP, senza dimenticare le normative cogenti, i modelli di fornitura dei servizi informatici e direi ovviamente la sicurezza delle informazioni, il tutto con una dovizia di dettagli e particolari da mettere in seria difficoltà il lettore impreparato a tale valanga di informazioni specie se qualche argomento è stato lasciato alle spalle da qualche tempo.

SILVANO ONGETTA, PAST PRESIDENT AIEA

Associazione Italiana Information Systems Auditors

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L’AUTORE

GIANCARLO BUTTI LA BS7799, LA ISO IEC 27001, CRISC, ISM Master di II livello in Gestione aziendale e Sviluppo Organizzativo presso il MIP-Politecnico di Milano. Si occupa di ICT, organizzazione e normativa dai primi anni 80, ricoprendo diversi ruoli: analista di organizzazione, security manager ed auditor presso gruppi bancari. Consulente in ambito documentale, sicurezza, privacy… presso aziende di diversi settori e dimensioni. Ha all’attivo oltre 600 articoli su 20 diverse testate (è stato per anni membro del Comitato tecnico della rivista iged.it) e 17 fra libri e white paper, alcuni dei quali utilizzati come testi universitari. Tiene corsi e seminari, è docente presso ITER e ABI Formazione in ambito privacy, audit ICT e audit normativo. È socio e proboviro di AIEA (www.aiea.it) e socio del CLUSIT (www.clusit.it). Partecipa ai gruppi di lavoro di ABI LAB sulla Business Continuity, di ISACA-AIEA su Privacy EU ed è membro del Comitato degli esperti per l’innovazione di OMAT360.

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tica. Luigi Menabrea, un giovane ingegnere italiano che ebbe poi una brillante carriera politica, scrisse sulla conferenza tenuta da Babbage, e quest’ultimo chiese poi ad Ada di tradurre in inglese alcuni interessanti articoli di Menabrea. Durante i nove mesi occorsi per la traduzione, Ada e Menabrea instaurarono una corrispondenza, in cui egli la spinse ad aggiungere le sue note, assai più lunghe dello stesso articolo. La traduzione divenne un articolo pubblicato nel 1843, dove Ada descriveva la macchina come uno strumento programmabile e, con incredibile lungimiranza, prefigurava il concetto di intelligenza artificiale, spingendosi ad affermare che la macchina analitica sarebbe stata cruciale per il futuro della scienza. Ada inoltre corredò il proprio articolo con un algoritmo per il calcolo dei numeri di Bernoulli, che oggi viene riconosciuto come il primo programma informatico della storia. Nel 1953, più di cento anni dopo la sua morte, furono pubblicate le note di Ada Lovelace sulla macchina analitica di Babbage. La macchina è stata riconosciuta come un primo modello di computer e gli appunti di Ada come una descrizione di un computer e software, per questo motivo è considerata come la prima programmatrice della storia. Da diversi anni, a partire dai paesi anglosassoni, per poi diffondersi nel resto del mondo, viene ricordato l’“Ada Lovelace Day”, riconoscendo così a questa matematica il ruolo di spicco che ha avuto nella storia dell’informatica. Dall’anno scorso questa giornata viene celebrata anche a Torino, la città che fu scenario delle sue avveniristiche intuizioni, proprio per dare rilievo e visibilità alle tante donne impegnate nelle scienze, nella matematica e nella tecnologia, che difficilmente passano agli onori delle cronache con il loro lavoro, e che rappresentano modelli positivi per le giovani donne che devono fare scelte per la propria formazione e per i loro percorsi professionali. Si sono fatti promotori di questa iniziativa un gruppo di giovani, tra l’altro preva-

lentemente uomini, che fanno parte dall’associazione Museo Pimontese dell’Informatica, che hanno anche lanciato, proprio per questa occasione, il contest “Mobile Everything” 2 per le giovani donne che si vogliono cimentare nel campo della scienza e della tecnologia, in ricordo della prima programmatrice della storia.

compiutamente solo rimuovendo gli ostacoli che impediscono alle donne di sviluppare le proprie potenzialità nelle tecnologie informatiche. In una parola rimuovendo il gender gap nell’ICT.

Iniziative come questa meritano attenzione poiché incentivano la riduzione di quel gap di genere dannoso per tutta la società, come sottolineato di recente da Sherley Sandberg, direttore operativo di Facebook, e come ricordato nell’introduzione al Libro Bianco di Viviane Reding, Commissario dell’Unione Europea per l’Information Society e i Media: “L’Europa ha bisogno di più cyberellas, donne dotate delle competenze digitali del futuro, che sono essenziali per assicurare al continente un ruolo importante nel settore ICT di domani”. Per liberare questo fiume di talento si deve dare particolare attenzione alle modalità per incentivare la partecipazione delle donne nel settore, a tal scopo, per la prima volta saranno assegnati dei premi europei alle donne che si sono distinte nel campo digitale nel 2013, ma anche alle aziende che agevolano la partecipazione femminile nel settore. L’iniziativa è dell’associazione Zen Digital Europe con sede a Bruxelles ed è stata appoggiata dalla Commissaria europea per l’Agenda digitale, Neelie Kroes.

1

NOTE Lo studio, commissionato da Cisco a Eun Schoolnet, partnership composta da trentuno ministeri dell’Istruzione dei Paesi europei, ha coinvolto studenti di scuola secondaria superiore, insegnanti e genitori di entrambi i sessi in Italia, Francia, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito, ha evidenziato una sostanziale parità di attitudini e interesse per l’informatica fra i ragazzi e le ragazze. Il numero di ragazze che sceglie di proseguire gli studi nel settore tecnologico è in proporzione elevato, ma la maggior parte di esse in ogni caso non intende avvicinarsi a una carriera nell’ICT. 2

http://www.dschola.it/2013/09/15/5052/

3

CEBR, The Cloud Dividend: The economic benefits of cloud computing to business and the wider EMEA economy. Comparative analysis of the impact on aggregated industry sectors, CEBR, London, UK, February 2011

La crescita e la trasformazione del comparto dei servizi ICT offre grandi opportunità di inserimento per un’offerta qualificata di lavoro, secondo il rapporto CEBR3, benefici economici cumulativi in Europa dell’ordine di 763 miliardi di euro e 2,4 milioni di posti di lavoro, dai quali oltre 150 miliardi di euro e quasi centocinquantamila posti di lavoro per il nostro Paese. La capacità di saturare quantitativamente e qualitativamente la domanda di profili in ambito tecnologico, elemento primario di competitività per i Paesi avanzati, potrà realizzarsi

FOSCA NOMIS

Consigliera Comunale a Torino, Lavora presso la società Expo 2015

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GOOD STARTUPS 101 Tutti a lezione di Social Business DI GIANMARIA BELLUCCI

È partita a settembre l’iniziativa Good Startups 101 (nelle università oltre frontiera il codice 101 rappresenta i corsi di base), un progetto nato dalla collaborazione tra AIESEC (www.aiesec.it) - la più grande associazione studentesca al mondo - e la onlus Plain Ink (www.plainink.org). Obiettivo del progetto è offrire agli studenti universitari un insieme di laboratori e workshop (nello specifico 8 moduli pratici uno alla settimana, per un totale di due mesi) per apprendere le basi del social business e imparare a creare in maniera pratica, semplice ed efficace le loro startup in ambito sociale e/o ambientale. Il percorso formativo è iniziato a settembre negli atenei di Milano, Torino e Venezia, con l’auspicio di diffondersi poi in tutto il resto d’Italia. Ospiti d’eccezione saranno presenti ai laboratori per raccontare le esperienze delle rispettive realtà aziendali e portare testimonianze di grande interesse per gli studenti. Tra le adesioni: Roberto Olivi di BMW Italia, Maria Hermoso di Only the Brave Foundation (fondazione del gruppo di moda OTB che fa capo a Renzo Rosso, fondatore della Diesel) e Paolo Gualdani di Angelab Ventures. Il ricavato dei corsi sarà interamente devoluto a supporto dei progetti di formazione di Plain Ink. Ne abbiamo parlato con Selene Biffi, organizzatrice dell’iniziativa e membro della task force sulle startup innovative, voluta dal Ministro Corrado Passera.

Dalla sua prima startup Youth Action for Change ad oggi: può raccontarci la sua esperienza personale? Da Youth Action for Change a oggi… posso sicuramente dire che sono cambiate molte cose! Ho lanciato la mia prima startup a 22 anni e con solo 150 Euro, in un momento – era il 2005 – dove non solo non si sapeva praticamente nulla sulle startup, ma era ancora più sconosciuta l’idea dell’innovazione sociale. Per molti anni sono stata vista come ‘la ragazzina con le idee bislacche’, dato che il tecnologico applicato al sociale sapeva di fantascienza, ai più. Le cose sono sicuramente molto diverse oggi, un po’ per la pletora di concorsi, premi, corsi ed eventi dedicati agli startupper, un po’ perché la crisi economica che lascia il 40% dei giovani senza occupazione spinge a guardare verso orizzonti differenti. Per questo motivo, l’anno scorso ho accettato con grande entusiasmo di fare la mia parte nella task force sulle startup innovative creata dal Ministro per lo Sviluppo Economico On. Corrado Passera, occupandomi nello specifico delle startup a vocazione sociale, la mia vera passione, e stendendo la parte del rapporto RESTART, Italia ad esso dedicate. Adesso sono a Kabul, ma tornerò presto in Italia per lanciare la mia terza startup, legata alla divulgazione scientifica. E poi, chissà, vediamo un po’ dove ci portano le idee.

un pubblico tra gli 11 e i 15 anni da una parte per cambiare la percezione che si ha circa la scienza, e dall’altra per cercare di colmare un gap che nei prossimi anni vedrà 10,000 posti di lavoro vacanti, in quanto c’è poca preparazione scientifica. Quali sono le altre iniziative di Plain Ink? Plain Ink lavora al momento in tre Paesi: Italia, India e Afghanistan. In Italia ci occupiamo prevalentemente di creare libri per bambini a forte contenuto multiculturale, per aiutare a creare una società più coesa e proporre le opportunità legate all’inclusione sociale fin dalla più tenera età. Oltre ai libri, offriamo anche letture e laboratori sull’interculturalità presso biblioteche e scuole elementari, e corsi online di scrittura creativa. Da settembre partiranno i laboratori sul social business di GOOD Startups 101. In India produciamo invece fumetti educativi gratuiti legati alla

Cosa può dirci a proposito del lancio della sua terza startup? Non posso ancora dire molto circa la nuova startup, solo che è legata alla divulgazione scientifica in chiave pop tramite app, e che si rivolge ad iged.it 03.2013

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SELENE BIFFI

Selene Biffi nasce a Monza (MB) nel 1982. Nel 2005, a ventidue anni, fonda la sua prima startup chiamata Youth Action for Change, un’associazione no-profit per offrire formazione gratuita ai giovani attraverso l’uso delle nuove tecnologie. È stata consulente e speaker per organizzazioni quali ONU, Banca Mondiale, OSCE, Consiglio d’Europa, Microsoft e molti altri. Nel biennio 2007-2009 è stata eletta per coordinare il Major Group on Children and Youth alla Commissione ONU per lo Sviluppo Sostenibile (UN-CSD). Siede nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore (FITS) di Banca Prossima (gruppo Banca Intesa) e ha fatto parte della Task Force per le Startup Innovative del Ministro per lo Sviluppo Economico On. Corrado Passera, curando la parte relativa alle startup a vocazione sociale per il decreto 179/2012 (Decreto Sviluppo). Già Testimonial per il Sociale per il Ministro della Gioventù On. Giorgia Meloni e Ambasciatrice Italiana per l’Anno Europeo del Volontariato voluto dalla Commissione Europea, ha ricevuto oltre 40 premi e fellowship per il suo lavoro. Dal 2009 è Young Global Leader al World Economic Forum e, più recentemente, le vengono assegnati l’Intercultural Innovation Award delle Nazione Unite e il Rolex Awards for Enterprise (Young Laureate). A seguito di un’esperienza lavorativa in Afghanistan, Selene Biffi ha creato Plain Ink, organizzazione no-profit per la promozione dell’alfabetizzazione e dello sviluppo locale in India e Afghanistan attraverso fumetti e altri interventi gratuiti. Nel 2012 si è aggiudicata il premio Rolex Award for Enterpise (www.rolexawards.com) per il progetto Qessa Academy, (www.qessaacademy.org) che consiste nella realizzazione di una scuola a Kabul per conservare la tradizione delle storie e della narrativa popolare Afghana. I suoi contributi - su tecnologie per lo sviluppo, tecnologie per l’istruzione e social innovation sono apparsi su testate come The Washington Post, Fast Company e WIRED. Attualmente scrive di innovazione per il blog Che Futuro! e cura la rubrica “Lezioni da Kabul” per Panorama. salute pubblica, che vengono distribuiti a bambini e comunità di villaggi rurali e bidonville in quattro stati, grazie a partnership con scuole, cliniche e organizzazioni no-profit. I libri e i fumetti si possono sfogliare qui: issuu.com/plaininkbooks A marzo, inoltre, abbiamo aperto la prima scuola per storytellers (cantastorie) d’Afghanistan. L’idea è quella di creare un ponte tra cantastorie anziani e giovani disoccupati, affinché da una parte si riesca a preservare e promuovere il patrimonio culturale intangibile, e dall’altra si possa dare ai ragazzi l’opportunità di imparare un mestiere antico che, anche nel realtà contemporanea, può creare occupa-

zione, sviluppo locale e sussistenza. Video, foto e ulteriori dettagli si trovano qui: www.rolexawards.com/ profiles/young_laureates/selene_biffi Quali consigli darebbe ai ragazzi che vogliono creare una startup? Il consiglio principale che mi sento di dare un po’ a qualsiasi persona che mi scriva – ricevo circa 200 email al giorno – è quello di fare con ciò che si ha a disposizione, iniziare a prescindere da dove si parta. Mi capitano spesso infatti email di ragazzi che vorrebbero fare qualcosa, ma spesso si sentono limitati dalla mancanza di fondi, di supporto e di possibilità. Se in molti casi questi limiti possono essere assolutamente reali,

in altri diventano quasi una scusa per rimandare all’infinito la realizzazione di idee, sogni e progetti. Allora ricordo a tutti che si può, e si deve fare: io ho lanciato la mia prima startup a vocazione sociale a 22 anni e con soli 150 Euro. Se ci sono riuscita io, può davvero riuscirci chiunque; basta solo avere determinazione e voglia di fare.

GIANMARIA BELLUCCI

Marketing communication, ITER

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Esperti in archiviazione e conservazione digitale DI STEFANO PIGLIAPOCO

La digitalizzazione degli archivi, dei documenti e della loro gestione promette forti riduzioni dei costi e aumenti significativi della competitività delle organizzazioni pubbliche e private. Ma, per ottenere benefici reali, non bastano le tecnologie informatiche. Servono nuove figure professionali, che sappiano coniugare le conoscenze tradizionali sugli archivi cartacei con le conoscenze più innovative della creazione, gestione e conservazione della memoria digitale. LA CONSERVAZIONE DEGLI ARCHIVI DIGITALI Gli archivi statali e di enti pubblici, in quanto beni culturali, devono essere conservati nella propria organicità e ordinamento per fini non solo giurico-amministrativi, ma anche culturali. E questo vale anche per la compo-

nente digitale degli archivi formati oggi da pubbliche amministrazioni, imprese e professionisti. Tuttavia, il complesso delle attività da svolgere, i requisiti tecnologici e giuridici da soddisfare, le competenze professionali necessarie per la conservazione della memoria digitale non sono alla portata della maggior parte delle organizzazioni. Da qui l’esigenza di Centri di Conservazione Digitale, cioè strutture dedicate alla conservazione della memoria digitale di più soggetti produttori, dotate di tecnologie avanzate e di personale altamente qualificato. La normativa vigente prevede due figure professionali: il Responsabile del servizio documentario e il Responsabile della conservazione digitale. A entrambe sono richieste conoscenze in materia di archivistica, informatica, organizzazione e diritto.

LA NECESSITÀ DI COMPETENZE CERTIFICATE Lo stesso Ente nazionale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione - Agenzia per l’Italia Digitale - ha ribadito questa necessità di professionisti con competenze certificate, stabilendo che i futuri conservatori digitali accreditati dovranno utilizzare personale in possesso di conoscenze peculiari e documentate. L’accreditamento dei conservatori è di competenza dell’Agenzia per l’Italia Digitale, la quale ha già specificato i requisiti che devono possedere le società interessate, sia pubbliche che private. Tra questi requisiti figura anche la presenza obbligatoria in organico di figure professionali qualificate in materia di gestione documentale e digital preservation. La qualificazione richiesta deve essere dimostrata, ovvero acquisita, anche attraverso processi formativi a livello universitario riconosciuti per questo settore specifico di attività. Inoltre, a livello europeo si sta delineando una nuova figura professionale denominata “digital curator” e il percorso didattico del Master in “formazione, gestione e conseravzione di archivi digitali” dell’Univerrsità di Macerata è già stato rimodulato per assicurare la piena compatibilità con i requisiti che richiesti a livello europeo. ESPERTI NELLA CONSERVAZIONE DELLE FIRME ELETTRONICHE Le firme elettroniche permettono di produrre documenti informatici a rilevanza giuridica e, quindi, sono elementi essenziali nei progetti di digitalizzazione e dematerializzaiged.it 03.2013

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zione. La corretta conoscenza del loro funzionamento e del loro valore è indispensabile sia nella fase della formazione dei documenti sia in quella successiva della loro conservazione. Qual è il valore giuridico che può essere attribuito a un certo tipo di firma elettronica? Come si valuta l’autenticità di un documento informatico? Come si archiviano i documenti informatici sottoscritti con firma grafometrica? Come si conservano le firme grafometriche? Per rispondere a tutte queste domande servono professionisti con conscenze informatiche, archivistiche e giuridiche. OCCHIO ALLE REGOLE INTERNAZIONALI Oggi la parola d’ordine in tutti i settori di studio e di ricerca scientifica è: internazionalizzazione. Questo vuol dire che in ogni settore di attività le metodologie, le soluzioni tecnologiche, i processi formativi devono essere ancorati agli standard di riferimento internazionali e sviluppati in rapporto sinergico con i ricercatori e gli studiosi di altri Paesi.

digitale e l’Associazione nazionale Archivistica italiana, è stato ideato tenendo conto sia delle esigenze imposte dalla normativa vigente in Italia sia dei modelli di conservazione che si stanno affermando a livello internazionale. Alcuni insegnamenti sono dedicati proprio ai principali progetti internazionali di ricerca sulla digital preservation e il records management; allo standard Iso 14721 relativo al modello Oais (Open Archival Information System); all’analisi dei requisiti elaborati a livello internazionale per le strutture di “deposito digitale”. Il Master, quindi, si pone nella prospettiva dell’internazionalizzazione delle conoscenze sulla conservazione di documenti informatici e archivi digitali. I suoi diplomati potranno far valere la loro professionalità sia nel contesto nazionale, applicando quelle regole che oggi sono alla base della cosiddetta “conservazione a norma”, sia in ambito europeo ed internazionale con le conoscenze acquisite sui metodi, standard e soluzioni tecnologiche adottate in ambito internazionale.

FORMAZIONE UNIVERSITARIA QUALIFICANTE Il Master in “Formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato”, attivato dall’Università di Macerata in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia

Il corso prevede, accanto agli insegnamenti dell’archivistica e della diplomatica del documento, l’informatica e l’informatica documentale, il diritto del documento cartaceo e informatico, le tecniche per la riprogettazione dei processi nell’ottica della digitalizzazione dei

documenti e della dematerializzazione dei processi. Non sono trascurati gli aspetti economici e organizzativi. Per favorire il continuo aggiornamento professionale dei diplomati e degli operatori del settore, vengono proposti seminari sugli argomenti più innovativi. L’attività didattica si svolge prevalentemente a distanza, attraverso una piattaforma di e-learning, ma sono previsti anche incontri con i docenti nonché la presentazione di casi pratici e soluzioni tecnologiche da parte degli operatori del settore dell’Electronic Document Management. Il Master offre sbocchi occupazionali sia nelle Pa – che, secondo l’attuale normativa, dovranno attuare la digitalizzazione dei documenti e la dematerializzazione dei procedimenti amministrativi - sia nelle imprese e negli enti privati, interessati alle opportunità offerte dalla fatturazione elettronica e dall’archiviazione ottica dei documenti fiscali. Le iscrizioni alla settima edizione del Master sono aperte fino al 22 novembre. Per ulteriori informazioni, è possibile consultare il sito www.masterarchividigitali.it.

STEFANO PIGLIAPOCO

Docente di Informatica documentale, Università di Macerata, direttore del Master in Formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato

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Innovazione: lamentele, anziani e... come uscire dalla crisi “La vita è un film muto. Contano i gesti, non i fiati” DI FLAVIA MARZANO

Anche oggi voglio iniziare con una poesia, sicuramente meno ludica della precedente, ma sicuramente toccante ed efficace e, in questo contesto, particolarmente appropriata. Mi permetterò (mi perdonino i puristi) di interromperla ogni tanto per darvi la mia chiave di lettura su che cosa intendo per innovazione (si potrebbe fare per ogni parola e ogni riga, ma mi sono limitata ai punti focali). Lentamente muore (Ode alla vita) “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.” Gli imprenditori, quelli veri, lo sanno sulla propria pelle che il cam-

biamento a volte è l’unica vera via di uscita e che il rischio, se pur controllato, porta a grandi innovazioni. “Muore lentamente chi fa della televisione il suo guru.” Non voglio parlare della televisione ma del “guru”... chiunque abbia bisogno di un guru dichiara di non essere in grado di pensare da solo e questo è, diciamo, davvero molto poco innovativo. “Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti”

Sembrerebbe un po’ off-topic ma non lo è affatto secondo me: non c’è innovazione senza passione, senza emozioni, senza sorrisi, senza batticuore davanti a un errore! “Lentamente muore chi non capovolge il tavolo quando è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.” L’infelicità sul lavoro porta infelicità nella vita. L’infelicità nella vita porta infelicità nel lavoro … e il cerchio si chiude. “Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in sé stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante” Già, chi non si lascia aiutare... A volte (quasi sempre) è davvero essenziale fare squadra, lavorare insieme, non reinventare la ruota, non per niente siamo nell’era del web 2.0 e della partecipazione dal basso e della condivisione della conoscenza. Lamentarsi poi a che cosa serve se non si combatte per cambiare la situazione? “Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi iged.it 02.2013

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non fa domande sugli argomenti che non conosce o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.” Per questo mi piace moltissimo quando, in aula all’università o a un convegno, gli studenti e la platea interagiscono con domande e meglio ancora se con affermazioni. Con le domande provo a condividere la mia conoscenza, con le affermazioni, per fortuna, imparo qualcosa. “Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità” (poesia erroneamente attribuita a Pablo Neruda, in realtà l’autrice è Martha Medeiros) Si fa fatica e serve tanta, tantissima pazienza, ma ne sono certa, ne varrà la pena. E non finisce qui. Il 28 febbraio, Massimo Gramellini su La Stampa online ha pubblicato un articolo dal titolo “I grandi vecchi” e ve lo riporto perché davvero è molto illuminante.

“In questi giorni burrascosi ma intrisi finalmente di energia giovane si stagliano come lame di luce i gesti di due anziani. Il primo lo compirà stasera Joseph Ratzinger. L’hobbit del Signore degli Anelli. Con le sue dimissioni rammenta - temo invano - ai mestatori di Curia ubriachi di potere che il vero eroe non è chi conquista un tesoro, ma chi trova il coraggio di gettarlo via. Il secondo gesto lo ha compiuto ieri Napolitano, rifiutandosi di incontrare il capo tedesco della sinistra, la sua stessa parte politica, che aveva definito «clown» Grillo e Berlusconi, dando per estensione dei pagliacci ai milioni di italiani che li hanno appena votati. Ignoro cosa pensi in cuor suo Napolitano di Grillo e Berlusconi, anche se posso immaginarlo. Ma col suo scatto ha voluto difendere qualcosa di più grande, la dignità di un Paese. Un valore ignoto a tanti suoi compatrioti addestrati da millenni di invasioni a tenere curva la schiena. Mio padre, che se fosse vivo gli sarebbe coetaneo, avrebbe fatto la stessa cosa.

popolare, ma contro chi ha sempre solo parlato, promesso, auspicato e mai fatto. La vita è un film muto. Contano i gesti, non i fiati. Gli sguardi stanchi ma fieri di un Papa e di un Presidente a fine carriera non hanno bisogno di troppe spiegazioni. Si impongono con la forza dirompente del’esempio che dona loro quell’autorevolezza senza la quale si vanifica qualsiasi autorità.”

La rottamazione che in tanti invochiamo non chiede la carta di identità. Anziani come Ratzinger, come Napolitano, come l’esercito di nonni che tiene in piedi le famiglie squassate dalla crisi sono figure insostituibili di un presepe sociale sano. Non è contro di loro che è montata la rabbia

Non è una novità, sono ottimista ma evidentemente non sono la sola. Buona lettura.

Non c’è davvero niente da aggiungere se non che a volte gli slogan servono solo a trascinare le masse che hanno bisogno di un guru, ma l’analisi dei fatti, distaccata, onesta e disincantata, aiuta davvero a capire dove siamo, dove vogliamo andare e dove possiamo andare. E l’ultimo regalo che vi faccio è un altro scritto di un altro grande del mondo, Albert Einstein che definisce la crisi come la “più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi”.

FLAVIA MARZANO

Presidente Stati generali dell’innovazione e coordinatrice Comitato esperti per l’innovazione di OMAT360

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Liberi di fare business, senza il peso della carta DI MASSIMO BOLCHINI

I documenti sono importanti nella vita delle imprese, se ne producono ancora quantità enormi. Quando le merci vengono prodotte, quando vengono ordinate, o consegnate, ricevute e poi vendute. E se questi documenti sono ancora in carta, lavorare diventa difficile e oneroso. Con la tecnologia EDI (Electronic Data Interchange) che permette lo scambio elettronico delle informazioni commerciali in formato standard come gli standard internazionali GS1, le imprese si liberano dai documenti in carta: le transazioni, le consegne, le fatturazioni e i pagamenti sono più veloci. Diminuiscono gli errori e aumenta l’efficienza operativa. L’adozione di processi di dematerializzazione, oltre a generare risparmi di spazio e di materiali, consente di liberare ore-uomo lavorate, da dedicare ad attività a maggior valore aggiunto all’interno dell’azienda. Dei 160 miliardi di euro di risparmio ottenibili grazie alla dematerializzazione dei documenti, 60 miliardi riguardano l’intero ciclo dell’ordine (EDI). Secondo i ricercatori del Politecnico di Milano, i costi sono legati essenzialmente ad attività umane a basso valore aggiunto, ma necessarie per gestire tali processi. Questi possono variare, a seconda della tipologia di documento o processo dematerializzato, da pochi euro (1-2 euro per ogni documento avviato alla conservazione sostitutiva, da 4 a 12 euro per ogni fattura elettronica scambiata in forma non strutturata o come flusso strutturato di dati) a parecchi euro (30-80 euro per ogni ciclo dell’ordine completamente dematerializzato e 100 euro per ogni iged.it 03.2013

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fascicolo doganale digitalizzato). Una ricerca condotta da GS1 UK sui primi 15 gruppi britannici nella distribuzione di prodotti di largo consumo, che coprono il 90% del mercato, ha rivelato che l’utilizzo della tecnologia EDI consente un risparmio annuo pari a 650 milioni di sterline (780 milioni di euro) rispetto alle procedure manuali, basate sullo scambio di documenti cartacei per ordini, fatture e avvisi di spedizione. L’EDI può contribuire a ridurre in modo significativo i costi, sostituendo i processi di informazione manuale, che richiedono una forte interazione umana e un notevole dispendio di materiali diversi, quali documenti cartacei, riunioni e fax. Limitando l’uso della carta, le aziende possono ridurre o eliminare i costi relativi a modulistica, spedizioni postali, riproduzione, memorizzazione e spese amministrative generali, quali archiviazione e recupero dei documenti. Sostituire gli scambi cartacei con l’E-

DI consente quindi una riduzione dei costi e offre maggiore valore commerciale e sostenibilità. Euritmo E per dare la possibilità a tutte le imprese di dialogare tra loro, senza carta ovviamente, GS1 Italy | Indicod-Ecr offre Euritmo. Un sistema che sfrutta Internet. Non richiede reti dedicate, solo un computer. Consente lo scambio veloce e sicuro di documenti commerciali e amministrativi: ordine, conferma d’ordine, fattura e avviso di spedizione, note di accredito e addebito. Un ufficio postale in cui ogni utente può depositare nella propria casella personale i messaggi in partenza, che vengono raccolti e smistati nelle mail box dei destinatari da un software dedicato. Chi riceve non deve far altro che prelevarli e importarli nei propri sistemi locali. Destinata a distributori e produttori che operano nel settore del

largo consumo, Euritmo è una soluzione per la comunicazione Business to Business promossa da GS1 Italy | Indicod-Ecr, che ne ha definito le regole. Basata su Internet, compatibile e integrata con l’Edi tradizionale (scambio elettronico di dati), permette l’accesso a profili di utenti differenziati. Le aziende che fanno uso dell’EDI e di Euritmo sono oggi circa 2.600 in ambito industriale e 258 in quello distributivo. Indipendentemente dalle dimensioni, dal livello tecnologico e dalla capacità di investimento, possono comunicare tra loro sfruttando tutti i plus di Internet e riducendo drasticamente costi e margini di errore. La piattaforma Euritmo consente lo scambio di ordini e loro conferme, l’invio di fatture, avvisi di spedizione e la conseguente gestione/tracciabilità delle consegne. Il tutto con la garanzia di accessi protetti, profili personalizzati, riconoscimento reciproco delle parti e crittografia delle informazioni.

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Sincronizzare i dati di prodotto si può: grazie al catalogo elettronico Ogni azienda che produce, vende o compra prodotti possiede almeno un archivio con le informazione anagrafiche sui prodotti. Ad ogni aggiornamento di qualunque frammento di informazione c’è il rischio che l’archivio del partner commerciale non sia più allineato. Il disallineamento delle anagrafiche dei prodotti, tra fornitore e distributore, è all’origine di molti errori e contenziosi tra i partner commerciali in tutti i processi che li coinvolgono: ordini, consegne e fatture.

(GDD), fornisce un ambiente per la sincronizzazione affidabile e continua di dati aggiornati ed accurati. Il risultato è che i partner commerciali possiedono le stesse informazioni nei rispettivi sistemi e qualsiasi aggiornamento fatto al database di una particolare azienda viene inviato immediatamente a tutte le società con cui è in relazione. Sapere che sia fornitore che cliente lavorano su una comune base di dati, e che questi sono accurati ed aggiornati, rende molto più semplice, veloce e meno costoso fare affari insieme.

Garantendo la sincronizzazione delle anagrafiche, il Catalogo elettronico di GS1 Italy | Indicod-Ecr può eliminare questi problemi, abbattendone i costi di gestione e aumentando così l’efficienza delle comunicazioni lungo la supply chain.

Tra l’altro, il Global Registry GS1 ha recentemnete superato la soglia dei nove milioni di item: maggiore il numero di item registrati nel Global Registry GS1, maggiori informazioni le imprese possono scambiarsi in maniera fluida. Il Catalogo elettronico di GS1 Italy | Indicod-Ecr mira a fornire un unico punto di verità per le informazioni di prodotto.

Non solo le aziende di grandi dimensioni, ma anche le medie e piccole, tutti i fornitori della distribuzione, sia GD o DO, potranno facilmente beneficiare dei vantaggi di questo strumento senza particolari difficoltà tecniche e con il pieno supporto del personale Indicod-Ecr.

Benefici • Tra i risultati ottenuti con l’adozione del Catalogo, è stato eliminato l’80% del tempo necessario all’inserimento di un prodotto che costa dai 12 ai 15 minuti per prodotto, con un miglioramento sensibile dell’efficienza complessiva.

Come funziona Il Catalogo elettronico non è altro che un grande database che consente al fornitore di pubblicare le informazioni univoche e standardizzate relative ai prodotti e al distributore di utilizzarle sia nel rapporto con l’azienda sia per i propri flussi informativi e organizzativi interni. Si basa sullo standard GS1 GDSN (Global Data Synchronization Network), ovvero una rete di data pool (archivi di dati) costruita intorno ad un archivio principale gestito da GS1, il Global Registry, che, insieme ad altri sistemi standard, sempre di GS1, come la classificazione dei prodotti Global Product Classification (GPC) o la raccolta di valori comuni Global Data Dictionary

• Una riduzione di 10 giorni del time to market, delle rotture di stock e di merce respinta per errata codifica e una maggiore immediatezza del riordino dai Cedi ai punti vendita. Senza contare che l’allineamento dell’anagrafica dei prodotti ha portato a un miglioramento sui processi Edi.

(Global Data Synchronisation); sulla maggiore definizione e sui meccanismi di automazione ottenuti con la messa a punto delle procedure, il rispetto dei tempi e la condivisione delle informazioni. • Il Catalogo elettronico offre vantaggi anche al sistema delle Pmi italiane che possono trarre i maggiori benefici dalla standardizzazione dei dati. Avendo strutture snelle e normalmente pochi codici referenziati in Gdo, non sono necessarie architetture informatiche complesse e procedure macchinose.

• Grazie al Catalogo, l’allineamento dell’anagrafica dei prodotti ha portato a un miglioramento sui processi EDI. • Il Catalogo inoltre porta con sè maggiori efficienza interna ed efficacia esterna, grazie all’interfunzionalità sviluppata in seguito all’implementazione dei processi GDS

MASSIMO BOLCHINI Standard Development Director di GS1 Italy | Indicod-Ecr

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Recogniform FormLocator™ Una nuova ed originale tecnologia tutta italiana che sposta più avanti le frontiere del data-capture DI FRANCESCO PUCINO

Recogniform Technologies, azienda privata totalmente italiana che da oltre un decennio si occupa di ricerca e sviluppo nel settore della lettura ottica e dell’elaborazione delle immagini, ha presentato una sua nuovissima tecnologia battezzata Recogniform FormLocator™. Come suggerisce il nome stesso, tale tecnologia consente di individuare ed estrarre automaticamente una sotto-area specifica, con layout noto a priori, all’interno di documenti e moduli, con qualsiasi layout, in cui sia contenuta, in qualsiasi posizione essa si trovi. L’estrema flessibilità di questo sistema è che è in grado di fare ciò anche se l’elemento da ricercare risulta ruotato, ingrandito o ridotto rispetto al campione originale che ci si aspetta di trovare! Inoltre, grazie agli innovativi algoritmi realizzati, il sistema può funzionare correttamente anche in presenza di parziale occlusione o parziale cancellazione dell’area da ricercare.

stato apposto in qualsiasi posizione e con qualsiasi orientamento. Ma si pensi anche ai timbri per la segnatura del protocollo che vengono apposti sui documenti in ingresso. Grazie a Recogniform FormLocator™, è possibile riuscire a localizzare ed estrarre l’area dell’immagine che contiene tale timbro, sempre a prescindere dalla posizione e dall’orientamento in cui si trova. Ed ancora, si pensi alle fotocopie di carte d’identità e/o codice fiscale.

Insomma, grazie alla flessibilità della soluzione, gli ambiti di applicazione sono davvero molteplici.

Grazie a Recogniform FormLocator™, è possibile riuscire a localizzare ed estrarre l’area dell’immagine che contiene il solo documento fotocopiato, fronte e retro separatamente, esattamente come se venisse ritagliato a mano.

Sebbene il concetto che sta alla base di questa tecnologia risulti abbastanza semplice, la sua implementazione ha richiesto un notevole sforzo per i ricercatori e gli sviluppatori di Recogniform Technologies.

Ovviamente è sia possibile verificare la sola presenza di un’area con la struttura ricercata, sia, una volta che l’area di interesse sia stata localizzata ed estratta dall’intera immagine, utilizzarla per effettuare qualsiasi operazione di lettura ottica al fine di catturare con la massima accuratezza i dati ivi contenuti.

Per meglio chiarire gli ambiti di applicazione, è conveniente fare degli esempi d’uso concreti. Si pensi alle etichette adesive che vengono incollate sulla corrispondenza inesitata prima che torni al mittente e che riportano il motivo della mancata consegna. Grazie a Recogniform FormLocator™, è possibile riuscire a localizzare ed estrarre l’area dell’immagine che contiene tale adesivo, anche se può essere

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Figura 1 – Esempio d’uso della tecnologia Recogniform FormLocator™: l’etichetta adesiva incollata sulle buste, ubicata in modo casuale

ed orientata in modo sempre diverso, viene automaticamente individuata, normalizzata ed estratta così da poter essere trattata come un normale sotto-modulo, sebbene contenuto all’interno di altro documento.

Infatti è stato necessario inventare ed implementare da zero degli algoritmi originali che potessero funzionare in modo universale su ogni tipo di documento per la ricerca di qualsiasi elemento ivi contenuto. Tale tecnologia è sia disponibile come modulo opzionale per Recogniform Reader, la piattaforma

di lettura ottica per moduli e documenti sia strutturati che non strutturati, sia disponibile come SDK, Software Development Kit, per l’integrazione in applicazioni di terze parti. FRANCESCO PUCINO

CEO di Recogniform Technologies

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OMAT ROMA 2013 Il 13 e 14 novembre a Roma si terrà la nuova edizione di OMAT, l’evento dedicato alla gestione dei contenuti digitali e dei processi aziendali A CURA DELLA REDAZIONE

In seguito al successo dell’edizione milanese tenutasi lo scorso aprile, torna OMAT Roma, la mostra convegno che dal 1990 è punto di ritrovo fondamentale per i protagonisti dell’information management e per tutti coloro che desiderano gestire al meglio il patrimonio di dati e informazioni che ogni azienda crea e modifica ogni giorno. L’appuntamento è per il 13 e 14 novembre presso l’Ergife Palace Hotel in via Aurelia 619, Roma. Il sito internet dell’evento è www.omat360.it/rm13. Sebbene tra mille difficoltà, incomprensioni, pause e contraddizioni, le misure che renderanno l’Italia un paese sempre più smart sono pronte ad entrare in campo. Gli aspetti da chiarire sono ancora molti, ma le opportunità del digitale sono ormai sotto gli occhi di tutti e la capacità tutta italiana di far fronte ai periodi di crisi ci porterà ad uscire anche da questa empasse. Nel corso di OMAT Roma verranno affrontate in modo approfondito le questioni chiave in tema di Italia Digitale e se ne offriranno diverse soluzioni innovative. Il contributo attivo di imprese e pubbliche amministrazioni attente al cambiamento sono gli ingredienti principali di questo nuovo incontro di OMAT, nella convinzione che sia davvero giunto il momento di passare dal dire al fare. Le due giornate di lavoro saranno strutturate in sessioni di conferenza e laboratori, il tutto accompagnato da un’area espositiva. Fari puntati sulle recenti novità normative legate all’impiego della firma grafometrica, che verranno approfondite in sede di conferenza e nel corso di laboratori specializzati. Non solo: tra le numerose tematiche in programma non mancheranno Cloud, Byod, PEC, agenda digitale, fatturazione elettronica, identità digitale, intelligent information management, normative e molto altro ancora. Nel corso della conferenza, i partecipanti avranno la possibilità di scambiare opinioni e condividere conoscenze con relatori qualificati ed esperti del settore IT, mentre all’interno dell’area espositiva potranno entrare in contatto con alcune tra le più innovative realtà industriali di livello internazionale.

COMITATO DEGLI ESPERTI PER L’INNOVAZIONE DI OMAT360 Flavia Marzano coordinatrice, Stati Generali dell’Innovazione Leandro Agrò Global Director UX Publicis Healthware International Giancarlo Butti Auditor e Divulgatore scientifico Paolo Catti School of Management, Politecnico di Milano Claudio Cipollini ReteCamere.it Paola Conti Comune di Roma Sergio Farruggia Geographic Information Consultant Roberto Guarasci Università della Calabria Nello Iacono Stati Generali Innovazione Caterina Lupo Libera Professionista Alessio Pennasilico Security Evangelist Stefano Pigliapoco Università di Macerata Antonella Giulia Pizzaleo Istituto di Informatica e Telematica del CNR Stefano Quintarelli Imprenditore Morena Ragone Giurista, studiosa di diritto della rete e di Open Government Pierluigi Ridolfi Università di Bologna Franco Ruggieri UNINFO presso ETSI – ESI (Electronic Signatures & Infrastructures) Benedetto Santacroce Studio Legale Tributario Santacroce - Procida - Fruscione Teresa Sibilio Responsabile Acquisti Beni e Servizi IT di Consip Michele Vianello Parco Tecnologico VEGA

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Il programma di OMAT Roma 2013 prevede una sessione plenaria di apertura dedicata al tema “Italia digitale: più efficienza, meno sprechi e più opportunità per tutti”, nel corso della quale si svolgerà un dibattito tra operatori, normatori, utenti finali e pubblica amministrazione. Nel pomeriggio si terrà una sessione dedicata alla gestione intelligente e sicura dei dati aziendali affiancata da due laboratori specializzati. Il secondo giorno si aprirà con una sessione di conferenza focalizzata sulle firme e i timbri digitali nel business e due laboratori. Il programma si concluderà con una sessione plenaria organizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano. Infine, nel corso dei due giorni di lavoro verranno presentati e discussi gli aggiornamenti al Manifesto per l’Italia Digitale (www.omat360.it/manifesto-digitale), promosso nel corso dell’edizione milanese di OMAT. La partecipazione a OMAT Roma è gratuita per gli utenti finali previa iscrizione sul sito www.omat360.it/rm13.

Ideato da Benedetto Santacroce e promosso da OMAT, il Manifesto per l’Italia Digitale nasce con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un quadro normativo bloccato da troppo tempo in una situazione di stallo che non agevola l’attività di imprese e amministrazioni. Uno strumento abilitante e indipendente, che si propone di aggregare tutti coloro che considerano l’innovazione un fattore chiave per un Paese più efficiente e competitivo, in Europa e nel mondo. Ad oggi, il Manifesto per l’Italia Digitale è stato sottoscritto da circa 500 firmatari. Il testo completo è disponibile all’indirizzo www.omat360. it/manifesto-digitale.

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NASCE KODAK ALARIS Intervista a Michele Baroffio, Sales & Marketing Manager di Kodak Alaris, Document Imaging DI STEFANO FORESTI

Dalla cessione dei rami di azienda Document Imaging e Personalized Imaging si è costituita Kodak Alaris, società indipendente che raccoglie il testimone di Eastman Kodak e si prefigge di proseguirne l’attività e si pone importanti obiettivi, ma fondati, per il futuro. Ne abbiamo parlato con Michele Baroffio, Sales & Marketing Manager. Qual è il processo che ha portato alla creazione di Kodak Alaris? Il Kodak Pension Plan (KPP) britannico ha completato l’acquisizione dei rami d’azienda Personalized Imaging e Document Imaging da Eastman Kodak Company e ha costituito una nuova azienda, Kodak Alaris, che comprende entrambe le divisioni. La nuova società e il suo nome conservano il patrimonio e l’eredità del marchio Kodak, incarnando allo stesso tempo una maggiore velocità e agilità per soddisfare le esigenze e i cambiamenti del mercato.

Qual è il vostro rapporto con Eastman Kodak? Con l’acquisizione delle divisioni Personalized Imaging e Document Imaging si apre un nuovo capitolo nella storia di Kodak. Eastman Kodak negli Stati Uniti è uscita dal Chapter 11 e mantiene le attività nell’ambito della stampa commerciale e industriale e quelle nel settore cinematografico, quindi si tratta di business diversi. Come cambiano l’organizzazione in Europa/Italia e il supporto ai clienti? Sostanzialmente, nulla cambia rispetto a prima, tanto che il giorno dell’annuncio, tutti i contratti di commercializzazione e distribuzione erano già stati siglati da Kodak Alaris, in pieno spirito di continuità con il passato. Quali sono le peculiarità e gli elementi di novità che questa nuova realtà porta sul mercato? È previsto un ampliamento rispetto all’offerta dell’ex Kodak Imaging? Non ci saranno cambiamenti immediati al nostro portafoglio di prodotti, servizi o copertura geografica a seguito del passaggio di proprietà. Tuttavia, la nuova azienda ha un maggiore potenziale di investimento in questi business, quindi nel tempo continueremo ad adattare i nostri prodotti e servizi per sfruttare le esigenze di mercato e le sue opportunità. Aumenteremo il nostro impegno per lo sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni all’avanguardia. Oggi i clienti si ritrovano quantità enormi di dati da gestire, nelle forme più disparate, dall’email al tweet, e vogliono poterli catturare, collegare, classificare, elaborare. Il focus è catturare le informazioni fondamentali

Michele Baroffio Sales&Marketing manager di Kodak Alaris, Document imaging

per le applicazioni di business in modo tempestivo e non solo sulla carta, ma su ogni tipo di supporto: questa è la direzione in cui andranno le nostre innovazioni e gli investimenti. I nostri clienti potranno beneficiare dell’offerta e del supporto di un’azienda sana, forte e con importanti obiettivi di crescita, sia in termini di business che di innovazione. In particolare, il lancio della serie i3000 è stato accolto molto bene dal mercato, si tratta di scanner con livelli di produttività estremamente alti, ma con un design compatto e dalle dimensioni ridotte.

STEFANO FORESTI

Marketing communication, ITER

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Nuance: innovazione stampata a chiare lettere Massimiliano Ferrero - Regional Sales Manager, Southern Europe di Nuance, ci parla del mercato del Print Management tra presente e futuro DI STEFANO FORESTI

Oggi più che mai, il contenimento dei costi è uno degli aspetti principali nell’economia delle aziende di ogni dimensione. Tra le innumerevoli voci a bilancio, la stampa di documenti rappresenta un dato tanto importante quanto spesso sottovalutato. Non sempre infatti è facile quantificare la reale incidenza dei costi di stampa nel quotidiano e mettere in atto azioni correttive volte a migliorare l’efficienza dei processi di business ed evitare gli sprechi. Chi pensa che la questione riguardi solo le aziende di dimensioni medio-grandi si sbaglia di grosso. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Ferrero, Regional Sales Manager - Southern Europe di Nuance. Dottor Ferrero, come vede il mercato del Print Management in Italia?

Si tratta di un momento estremamente vivace per il mercato italiano. Nel nostro Paese, quasi tutti i progetti di una certa dimensione richiedono soluzioni per la gestione delle stampe, cosa che non accade per esempio in Spagna, Portogallo e Grecia, altri mercato di cui mi occupo. E devo dire che le gare interessanti sono parecchie. In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, l’attenzione verso questi aspetti è naturalmente maggiore. Ci parli dell’offerta Nuance per il settore della stampa intelligente. La gestione delle esigenze di stampa avviene principalmente attraverso 2 prodotti: Equitrac e SafeCom. Equitrac, di cui è stata da poco rilasciata la nuova versione, è una soluzione di

print management nata per consentire alle aziende di ottimizzare il controllo e rendere più flessibile la gestione degli ambienti di stampa. La nuova versione consente di abbattere ulteriormente i costi di stampa grazie ad alcune importanti innovazioni. In particolare, abbiamo aggiunto la possibilità di gestire le stampe senza print server. Fino a poco fa, la stampa partiva dal computer e arrivava ad un print server dove risiedeva fintanto che qualcuno non si avvicinava a una stampante qualsiasi, si identificava o con un badge o con una password e, tramite il cosiddetto Follow you print, dava il via alla stampa del documento. Quindi c’era bisogno di avere un print server dove risiedevano tutte le stampe,

Nuance Communications è il principale fornitore di soluzioni vocali e linguistiche per aziende e privati di tutto il mondo. Le sue tecnologie ed applicazioni e i servizi erogati migliorano l’uso dei prodotti, trasformando la modalità di interazione delle persone con le informazioni e le operazioni di creazione, condivisione e uso dei documenti. Ogni giorno milioni di utenti e migliaia di aziende adoperano le affermate applicazioni di Nuance. Per ulteriori informazioni, visitare il sito web: italy.nuance.com. iged.it 03.2013

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MASSIMILIANO FERRERO Responsabile Sud Europa MFP & OEM Nuance Communications Massimiliano Ferrero è il Responsabile Sud Europa MFP & OEM di Nuance per le divisione Imaging. Ferrero inizia la sua collaborazione con Nuance nel 2011 a seguito dell’acquisizione di Loquendo - società fondata nel 2001 come spinoff del comparto di tecnologie vocali dei laboratori di ricerca di Telecom Italia - in cui ricopre il ruolo dapprima di Responsabile Sviluppo Commerciale Europa meridionale e poi di Responsabile Commerciale EMEA. A quel tempo Ferrero raggiunge obiettivi importanti, consentendo la crescita del mercato Emea del 500% dal 2003 al 2010. La sua carriera è iniziata come area manager di VALMET ROTOMEC (ora Gruppo Bobst) nel settore Converting, e poi come Product Manager in Tyco International Flow Control Azienda operante nel settore del Flow Control (attuatori per valvole). Si è laureato in Ingegneria Elettronica, Indirizzo Automazione, presso il Politecnico di Torino.

il che poteva causare alcuni problemi. Se io ad esempio volevo stampare una presentazione da 10 mb, dovevo mandarla dal mio pc al server, e in seguito la rete doveva sostenere di nuovo il trasferimento dei 10 mb dal print server. E magari mi trovavo in una zona remota, con poca banda e conseguenti criticità. Per risolvere il problema è stata creata la funzionalità I-Queue, che permette di stampare senza dover elaborare processi da server dedicati. Grazie a I-Queue, il documento da stampare continua a risiedere nel pc e viene scaricato soltanto nel momento in cui si dà il comando alla stampante, senza passare dal print server: c’è un traffico diretto tra il pc e la stampante. Questa funzionalità consente di ridurre i costi legati ai server e diminuire del 50% il traffico di stampa in rete. Inoltre, abbiamo creato un repository denominato “archivio dei driver” che permette di archiviare tutti i driver di stampa di ogni singolo dispositivo e output in rete; anziché gestire i singoli driver di stampa di ogni client, la divisione IT deve solo garantire che quelli

archiviati nel repository siano aggiornati; il driver di stampa appropriato viene selezionato in base all’ubicazione e al dispositivo del client, consentendo di stampare i documenti senza dover verificare le stampanti disponibili o se i driver di stampa siano stati caricati su ogni singolo PC. A quali aziende / utenti vi rivolgete? Storicamente ci rivolgiamo a strutture medio grandi, ma con la recente acquisizione di SafeCom abbiamo aperto la porta anche alle piccole realtà. Ad esempio, in Equitrac esiste uno starter pack dal costo estremamente contenuto, pensato per aziende con 25 dipendenti, che consente di ottenere in breve tempo risparmi significativi. I settori di applicazione sono decisamente trasversali, dal momento che prodotti come Equitrac e SafeCom sono indipendenti dal settore merceologico in cui vanno a operare. Qual è la vision di Nuance nel medio/lungo periodo? Il trend è quello di integrare sempre di più le tecnologie disponibili, dal mo-

mento che oggi i consumer si aspettano che tutto interagisca con tutto, proprio come succede a casa nella vita di tutti i giorni. Quindi più riusciremo a creare unione tra tutte le possibili tecnologie, più la nostra offerta sarà congrua con le aspettative dei nostri interlocutori. Inoltre, in questi anni stiamo assistendo all’esplosione del fenomeno Cloud. Nuance è già presente nella nuvola e ci sarà sempre più, con la funzionalità Scan to Cloud e vari sistemi di riconoscimento vocale. Per quanto riguarda la sicurezza dei nostri sistemi, essa è già garantita e in futuro lo sarà sempre di più.

STEFANO FORESTI

Marketing communication, ITER

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Momentum Developer Conference Il punto della tecnologia EMC per la gestione delle informazioni presentato durante l’evento annuale dedicato agli sviluppatori DI YURI SIMIONE

Sono passati più di ventitré anni da quando Howard Shao e John Newton hanno fondato Documentum nel giugno 1990. Documentum è da sempre una delle piattaforme (per molti “la piattaforma”) di Enterprise Content Management di riferimento. L’acquisizione da parte di EMC, a fine 2003, della tecnologia Documentum e della società omonima per

1,7 miliardi di dollari, ha permesso di far evolvere la tecnologia di base e aggiungere dei tasselli fondamentali all’offerta complessiva per la gestione delle informazioni non strutturate. La divisione IIG “Information Intelligence Group” di EMC, che oggi produce la tecnologia Documentum, ha un’offerta completa che

copre tutte le esigenze della gestione delle informazioni non strutturate. L’offerta di software di questa divisione comprende, oltre la piattaforma Documentum, anche Captiva (Intelligent Capture), Document Sciences xPression (Customer Communications), IRM (Information Rights Management), Syncplicity (File Sync and Share).

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Le sessioni di apertura

Anche quest’anno EMC ha organizzato Momentum Developer Conference, la conferenza mondiale dedicata agli sviluppatori di applicazioni basate sulle tecnologie IIG. I lavori si sono svolti a San Ramon, California, San Francisco Bay Area, dal 16 al 19 Settembre. Ventitré anni sono un’enormità nel mondo dell’informatica, ma la

prima sensazione che emerge dalla partecipazione a questa conferenza è che le tecnologie EMC restano attuali e sono più vive che mai. Come per tutti i settori dell’informatica, un elemento su tutti sta indirizzando i cambiamenti e le evoluzioni: il cloud computing. Durante la conferenza, uno dei termini più usati, forse anche abusato, è stato “cloud”, declinato in visione, prospettive e in tecnologie. Information Intelligence Group ha d’altra parte la fortuna di essere una divisione di EMC, una delle società che più investe sulla nuvola

informatica. EMC è una delle poche realtà informatiche che può fornire ai propri clienti “as much cloud as they need”, come affermato durante l’avvio della conferenza. L’evento ha visto la partecipazione di 219 esperti provenienti da tutti i continenti, in rappresentanza di diciannove Stati. I partecipanti sono consulenti specializzati di aziende eterogenee per ambito: dal settore pubblico alle utilities, dalle farmaceutiche/biotecnologie ai servizi finanziari, healthcare, costruzioni, commercio e naturalmente integratori di sistemi. Il primo giorno è stato interamente dedicato alla presentazione dello stato attuale delle tecnologie IIG e alla roadmap per i prossimi anni. Nei successivi tre giorni, i partecipanti hanno dovuto scegliere le sessioni d’interesse, suddivise in quattro percorsi paralleli, per complessivi trentadue eventi. In quattordici di queste sessioni essi hanno potuto provare direttamente la piattaforma Documentum D7, Documentum xCP 2.1, Documentum D2, Documentum Connector for Microsoft SharePoint e Captiva InputAccel. Ciascuno dei partecipanti ha, infatti, avuto a disposizione una macchina virtuale remota (nella nuvola, guarda caso) sulla quale completare delle ben progettate esercitazioni che hanno permesso di valutare in anteprima alcuni punti di forza di futuri rilasci. Ottanta ore complessive di contenuti non sono poche, soprattutto quando si ha la possibilità di accedere in presa diretta alle linee guida delle tecnologie del prossimo futuro da chi le detta e da chi le implementa. Il tutto in un modo molto interattivo e con frequenti momenti di domande-risposte. La conferenza ha inoltre rappresentato l’occasione di confrontarsi direttamente con i servizi professionali di EMC IIG: i partecipanti, infatti, hanno potuto prendere parte a sessioni denominate Genius Lab, durante le quali hanno ricevuto una consulenza specializzata sugli argomenti d’interesse, concordati in precedenza.

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LE SESSIONI DI APERTURA Tra le tante acquisizioni completate da EMC, sul mercato è passata quasi inosservata quella di X-Hive, società olandese che all’epoca contava 25 dipendenti, produttrice dell’omonimo database Xml, poi rinominato xDB in Documentum. Questa tecnologia è una vera gemma, non più tanto nascosta, del paniere di IIG: EMC utilizza questo database in molti dei suoi prodotti hardware e software e naturalmente ha integrato il database XML all’interno dell’architettura Documentum, in aggiunta ai database relazionali supportati. L’allora CEO di X-Hive, Jeroen VanRotterdam, nel frattempo è diventato il Chief Technology Officer di Information Intelligence Group ed è chi detta le linee guida delle tecnologie di IIG. Come l’anno scorso, la sessione di apertura della conferenza è stata tenuta da Jeroen Van Rotterdam. Il primo annuncio ad effetto è stato quello che presentava Documentum Developer Edition. Questa edizione di Documentum è rivolta agli sviluppatori e consta di tre macchine virtuali che conterranno tutto il necessario per iniziare da subito lo sviluppo di applicazioni Documentum. Documentum Developer Edition sarà disponibile al rilascio della versione 7.1 di Documentum, il primo vero aggiornamento della piattaforma di content management, ora giunta alla versione 7.0 e rilasciata a Novembre 2012. Documentum Developer Edition sarà scaricabile dal VMware Virtual Appliance Marketplace. Le macchine virtuali saranno basate sul sistema operativo Linux e database PostgreSQL. Questa è la prima volta che EMC prevede l’utilizzo di un database relazionale open source. È da notare che l’utilizzo di quest’ultimo è considerato ancora come sperimentale e, almeno per l’immediato, non sarà supportato in ambienti di produzione. Secondo alcuni sarà molto interessante verificare le prestazioni di Documentum in combinazione con questo database.

Documentum Developer Edition sarà disponibile in tre edizioni: • Documentum “core”, contenente il motore documentale Documentum Content Server e includerà REST Services, le nuove librerie che permettono di implementare client Documentum con un qualsiasi linguaggio che disponga di librerie Http client come JavaScript, Java, .NET, Python, Ruby, Php; • xCP Developer, contenente tutto lo stack necessario al funzionamento di applicazioni xCP 2.1, quindi, oltre a Documentum Content Server, anche il motore di ricerca fulltext Documentum xPlore e tutti i moduli necessari per l’esecuzione di applicazioni orientate alla gestione dei processi; • D2 Developer, contenente tutto il necessario per lo sviluppo di applicazioni basate sul client D2, versione 4.2. È ragionevole prevedere che Documentum Developer Edition sarà accolto con grande interesse e favore dai clienti e dai system integrator: questa edizione del software fornirà un supporto dirompente alle attività di sviluppo e formazione poiché metterà a disposizione un ambiente di lavoro completo, complesso, ma pronto immediatamente. La strategia di EMC è quella di facilitare lo sviluppo di applicazioni per smartphone e tablet, e REST Services for Documentum ne sono un chiaro esempio: è ora, infatti, possibile invocare i servizi Documentum tramite l’architettura restful che semplifica la creazione di client Documentum, specialmente per dispositivi mobili, utilizzando gli standard XML, JSON, AtomPub. La strategia presentata da Jeroen VanRotterdam prevede anche il rilascio di componenti client volti a facilitare ancor più la creazione di applicazioni per dispositivi mobili, posto che tali applicazioni diventeranno sempre più sofisticate. Ne è un esempio Captiva Mobile Toolkit, un insieme di componenti che EMC presto rilascerà e che permettono di sviluppare applicazioni che abilitano l’acquisizione avanzata di docu-

menti direttamente da un cellulare o da un tablet. Questo toolkit, che sarà disponibile per iOS e Android, permetterà di aggiungere funzionalità di elaborazione delle immagini direttamente nel dispositivo client. L’elaborazione a livello di dispositivo client aumenterà la percentuale del successivo riconoscimento del documento acquisito quando questo sarà inviato ad un server per la successiva classificazione e indicizzazione. In una demo è stata presentata un’applicazione per un cellullare che ha permesso di eseguire, direttamente sul dispositivo, delle operazioni di miglioramento dell’immagine come, ad esempio, il taglio, i controlli sulla luminosità e colore, rotazione, cambio della prospettiva, quelle operazioni che abilitano l’utente finale ad una verifica e, se utile, ad un miglioramento dell’immagine, prima del successivo invio lato server. Esistono naturalmente già molte applicazioni mobili che fanno questo tipo di operazioni: EMC non rilascerà l’ennesima applicazione, bensì metterà a disposizione un insieme di componenti che faciliterà la creazione di nuovi client verticali. Sarà interessante osservare quali saranno le prime applicazioni sviluppate con questo toolkit. Di sicuro quest’ultimo potrà facilitare lo sviluppo di molte applicazioni, per esempio quelle rivolte al cittadino e pensate per dialogare direttamente con la Pubblica Amministrazione, per la cattura e l’invio dei documenti d’identificazione o altra documentazione utile alla gestione di una pratica. Sempre pensando alle pubbliche amministrazioni, con questo toolkit sarà più facile implementare dei client di protocollazione completi e basati su dispositivi mobili: un documento appena catturato, dopo eventuali conversioni e miglioramenti semi-automatici, potrà essere inviato a un server per la protocollazione e contestuale archiviazione. L’annuncio più strategico fatto da Jeroen VanRotterdam è stata la conferma ufficiale dello sviluppo di nuovi prodotti SaaS (Software as a Service) multi-tenancy (la modalità iged.it 03.2013

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che permette di far apparire un’applicazione come se fosse completamente dedicata a un cliente quando nella pratica ne serve molti in parallelo). È la prima volta che EMC ammette pubblicamente che rilascerà una nuova famiglia di prodotti nati e pensati solo per il public cloud. Per l’offerta single-tenant o private cloud (un’intera infrastruttura dedicata per ciascun cliente), EMC ha già un’offerta oramai consolidata e che propone sotto il nome di EMC onDemand. Tale proposta prevede l’implementazione di architetture di tutto il software di IIG, quindi anche di Documentum Content Server, in data center di EMC. Nella precedente edizione della Developer Conference e in altri eventi pubblici, VanRotterdam aveva parlato di NGIS, Next Generation Information Server, come di un’implementazione SaaS, multi-tenancy, di un sistema di content management puramente sperimentale. In questi eventi non era stata fornita una roadmap di NGIS ed era stato esplicitamente spiegato come fosse uno studio che avrebbe potuto fermarsi in qualsiasi momento senza mai diventare un prodotto. Durante la conferenza è stato invece chiarito che questo progetto diventerà finalmente un insieme di servizi disponibili sul cloud. Emerge che EMC utilizzerà per la gestione dei metadati un motore documentale completamente nuovo e basato sul database proprietario xDB. La scelta di non utilizzare il “vecchio” Documentum Content Server dipende probabilmente dal fatto che questo prodotto non è adatto a implementare soluzioni multi-tenancy. Per queste è necessario, infatti, partizionare le informazioni di diversi clienti, almeno a livello logico, condividendo al massimo le risorse per abbattere i costi. Con gli attuali sistemi Documentum, il partizionamento dei dati s’implementa molto facilmente utilizzando un repository dedicato, uno per ciascun cliente. Di certo questa non è una scelta efficace per ottenere una riduzione delle risorse necessarie e dei relativi costi di

gestione. Tale obiettivo si raggiunge invece implementando un servizio unico di gestione dei metadati che utilizzi risorse condivise per più clienti. Con la tecnologia standard Documentum, questo significherebbe utilizzare un unico repository per più clienti. Documentum offre un modello di sicurezza completo e molto efficace che permette di partizionare le informazioni ed ha inoltre una grandissima scalabilità permettendo di gestire anche miliardi di documenti in un unico repository. Alcune informazioni non sono però facilmente partizionabili, si pensi ad esempio a tutti gli oggetti che non sono protetti con permessi di accesso, come la definizione degli utenti o dei gruppi. La logica applicativa aggiuntiva dovrebbe in qualche modo filtrare e fornire tutti e solo gli utenti e i gruppi utilizzati da uno specifico cliente. Per gli stessi motivi sarebbe necessario mettere a disposizione dei nuovi tool di amministrazione. Inoltre Documentum Content Server offre moltissime funzionalità che non sono utilizzate in tutte le implementazioni dei clienti finali. EMC ha deciso di cogliere i benefici di un prodotto completamente nuovo e pensato per il multi-tenancy e non costruito adattando un prodotto esistente. Avrà contato anche la scelta di rilassare il vincolo di garantire una forte compatibilità con il passato, portando a decidere di offrire un insieme di funzionalità diverso rispetto quanto offerto adesso da Documentum Content Server, implementando soltanto tutte quelle funzionalità maggiormente richieste e utilizzate dai clienti Documentum. Tutto questo renderà il prodotto finale meno complesso, aumentandone sicuramente ancor di più la sua scalabilità. Basti pensare che una qualsiasi informazione memorizzata dagli utenti finali in un repository Documentum, oggi porta con sé la possibile scrittura di almeno ottanta metadati, non sempre utilizzati o sfruttati dalle applicazioni. In un precedente evento VanRotterdam aveva discusso di un nuovo modello dati avente una gerarchia costruita

per intero dallo sviluppatore, il quale definiva tutti e soli i metadati strettamente necessari. Un prodotto fornito come SaaS inoltre deve garantire un’altissima disponibilità del servizio ottenibile consentendo l’applicazione di pacth o upgrade “a caldo”, vale a dire senza la necessità di dover spegnere i servizi applicativi. A oggi, l’upgrade di repository Documentum richiede il riavvio dei servizi e soprattutto richiede un approccio progettuale per garantire che, una volta terminata l’attività, tutto funzioni, quanto meno, allo stesso modo delle precedenti versioni installate. Il disservizio di un upgrade standard non è accettabile in un contesto SaaS. Tutti questi motivi giustificano l’implementazione di un motore documentale completamente nuovo. La scelta di un database XML è dettata in parte da fattori economici: sarà utilizzato il database xDB e questo permetterà di evitare l’acquisto di licenze di database proprietari e di offrire ai clienti un servizio a un costo più basso. Ricordate la citata acquisizione di X-Hive da parte di EMC? Anno dopo anno emerge chiaramente il valore dell’acquisizione di questa società. Dal punto di vista tecnico, la scelta di un database XML ha comunque una validità forse ancora più forte del puro calcolo economico. I repository Documentum forniscono una visione dei contenuti orientata agli oggetti: ogni singola informazione è un’istanza di una ben selezionata classe documentale. Si parte da una gerarchia standard di classi documentali che lo sviluppatore può estendere facendo leva sull’ereditarietà. La visione del repository come insieme di oggetti è garantita da Documentum Content Server, il processo che si occupa, tra le moltissime funzionalità, proprio della traduzione delle interrogazioni su di un archivio a oggetti in interrogazioni su di un database relazionale standard. Il cambiamento di requisiti utente impone una riorganizzazione di molte tabelle e

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Personalizzazione del tema del client Documentum D2

quest’operazione, se si hanno milioni o centinaia di milioni di istanze, può avere un fortissimo impatto. Un database XML permette invece di modificare facilmente gli schemi dei contenuti che possono essere quindi adattati ai requisiti, sempre più spesso in continua evoluzione. Inoltre questi permettono di eseguire query su strutture dati complesse che non è sempre possibile organizzare in maniera efficiente in un database relazionale. Un database XML, scritto interamente in Java come nel caso di xDB, può fornire prestazioni nettamente superiori a database relazionali, proprio nella gestione delle informazioni non strutturate. Non a caso, quando si parla di database NoSql, i database XML sono anche definiti come Document Store, proprio perché molto adatti alla gestione dei documenti e delle informazioni non strutturate. Il nuovo motore per la gestione delle informazioni non garantirà la compatibilità con il passato ma

non rompe completamente con il presente: il nuovo motore avrà come possibile client Documentum D2, un’applicazione web-based, in questo momento disponibile per la piattaforma Documentum. Questo sarà possibile perché Documentum D2 non utilizza direttamente le librerie standard, ma colloquia con Documentum tramite un insieme di servizi che lo rendono, o meglio, lo renderanno più indipendente rispetto al motore documentale. Analogamente le applicazioni xCP 2.x e alcuni dei moduli server potranno funzionare nel nuovo ambiente SaaS di EMC. Questa è la visione di un progetto ambizioso, completamente nuovo che, come ha chiarito EMC, potrà subire delle modifiche rispetto a quanto condiviso in questi eventi pubblici. Da queste novità s’intravede un progetto rivolto al futuro, tecnologicamente avanzato, ma che capitalizza tutta l’esperienza accumulata da EMC in più di due decenni di pre-

senza nel mondo della gestione delle informazioni, grazie anche alle sue migliaia d’installazioni nel mondo. ALTRE NOVITÀ Documentum è stata da sempre considerata una piattaforma potente, completa, ma che richiede costi di installazione elevati, per quanto riguarda le competenze necessarie per progettare e installare tutti i componenti di una architettura Documentum standard. Un’attenzione alla riduzione dei costi d’installazione è stata già mostrata da EMC con il rilascio della versione Documentum 7.0 con l’introduzione della nuova tecnologia denominata xMS, xCelerated Management System. Questo prodotto permette di installare architetture Documentum complete, in alta affidabilità, in ambienti virtualizzati, dalle cosiddette blueprint ovvero dei modelli di architetture preconfezionati e modificabili, definiti in formato Xml. Le blueprint si basano su best practice e aiutano a mitigare i costi iged.it 03.2013

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in termini di competenze necessarie per le attività di progettazione. Oggi è già possibile installare un ambiente Documentum completo, in maniera in pratica non supervisionata. Consideriamo per un attimo la piattaforma Documentum xCP, xCelerated Composition Platform. Questa abilita la creazione di nuove applicazioni basate sui processi, componendo e orchestrando l’esecuzione di componenti esistenti e di altri creati ad hoc, limitando al minimo la stesura di codice, il tutto in maniera completamente visuale. È così possibile creare un’applicazione client completa, fruibile via browser, integrata con sistemi esterni tramite l’invocazione di web service e, aspetto fondamentale, facendo leva sulle funzionalità di content management avanzato di Documentum. Si può creare un’applicazione complessa potenzialmente senza scrivere una riga di codice. Questa potente piattaforma richiede almeno dodici moduli server da installare. Se consideriamo che per molti di questi componenti è auspicabile in un ambiente di produzione una installazione in alta affidabilità, duplicando i servizi più importanti su più server, è chiaro che l’implementazione di un’architettura xCP è costosa. Già oggi xMS 1.0 permette un’installazione completa della suite xCP in pochissime ore ma in un’infrastruttura virtualizzata. Alla conferenza è stata presentata quella che sarà la futura versione xMS 1.1. Tale rilascio metterà a disposizione nuove funzionalità tra le quali il deployment delle applicazioni Documentum anche su host fisici, in aggiunta a quella attuale disponibile per i soli host virtualizzati. xMS permetterà quindi di ridurre il tempo di installazione anche in ambienti tradizionali. xMS 1.1 permetterà di installare in alta affidabilità non solo il Documentum Content Server ed il motore di ricerca fulltext Documentum xPlore, come già possibile oggi, ma anche i componenti Business Activity Monitoring (componente per il monitoraggio dei processi) e Content Transformation Services (componente usato per trasformare

documenti da un formato ad un altro, ad esempio dal formato Microsoft Word al formato PDF). Il futuro rilascio di xMS inoltre permetterà di applicare agli ambienti Documentum anche le patch che mensilmente EMC rilascia per risolvere o migliorare la piattaforma, il tutto con la stessa logica e le stesse prerogative che hanno portato all’introduzione di xMS: i sistemisti Documentum sanno come oggi sia costoso applicare le patch, tanto che queste nella pratica vengono applicate solo quando strettamente necessarie per risolvere i problemi bloccanti del proprio ambiente e limitatamente a singoli moduli. xMS 1.1 promette di semplificare questa attività e di estenderla a tutti i moduli della piattaforma. VECCHIE E NUOVE APPLICAZIONI DOCUMENTUM Torniamo a parlare del presente e del futuro, poiché la carriera di Documentum Content Server non è sicuramente terminata e anzi avrà una presenza importante sul mercato per molti anni ancora. Siamo oramai giunti alla versione sette di questo prodotto. EMC non ha aggiornato l’intera suite della piattaforma a quest’ultima versione. Ad esempio Documentum Webtop, il client webbased per le applicazioni di content management è stato aggiornato alla versione 6.7 SP2. Quest’aggiornamento garantisce a Webtop la compatibilità con Documentum Content Server 7. È chiara la posizione di EMC che sta promuovendo un altro client, Documentum D2, come sostituto di Webtop. Per quest’ultimo non sono previsti major upgrade: saranno rilasciati aggiornamenti volti a garantire la compatibilità anche con Documentum 7.1 e, naturalmente, a risolvere i malfunzionamenti di prodotto evidenziati dai clienti. Questa scelta è tecnologicamente condivisibile. Webtop è il passato: utilizza un approccio che prevede tutta la logica applicativa nell’application server. Inoltre questo prodotto richiede costi di personalizzazione elevati. Documentum D2 è il futuro. La logica di

presentazione di Documentum D2 risiede nel browser che utilizza il framework JavaScript Sencha GXT e permette l’invocazione asincrona di metodi remoti tramite JavaScript. D2 è molto configurabile. Gran parte delle personalizzazioni dell’applicazione Webtop e richieste tipicamente dai clienti sono realizzabili in D2 con una semplice attività di configurazione visuale. Molte di queste personalizzazioni (ad esempio, collegamento automatico di un nuovo documento in un folder in funzione, compilazione automatica di particolari metadati, ecc.) richiedono giorni o settimane di sviluppo in Webtop, oltre che successivo tempo per test e rilascio in ambienti di collaudo e produzione. Al contrario in D2 sono già definite un insieme di funzionalità che possono essere attivate in particolari contesti (ad esempio per tutti gli utenti di un gruppo, per una particolare classe documentale). Queste configurazioni sono attivabili tramite una potente applicazione di configurazione, anch’essa fruibile via browser. È chiaro il motivo per cui EMC ha deciso di destinare gran parte degli sforzi allo sviluppo del client D2. Questa scelta ha generato molte preoccupazioni tra i tantissimi clienti che utilizzano applicazioni costruite estendendo o personalizzando Documentum Webtop. La preoccupazione è che presto quest’applicazione sia dismessa e che EMC cessi di fornire il suo supporto. A tale proposito, EMC in occasione di questa conferenza ha fornito un messaggio sicuramente tranquillizzante per tutti i clienti: a metà del 2014 sarà, infatti, rilasciato Webtop 6.8. Se EMC supporterà questo prodotto con i canonici tre anni di supporto base e ulteriori tre anni di supporto esteso, Webtop sarà supportato almeno fino al 2020, tempo sufficiente ad assicurare tranquillità o a pianificare una migrazione verso client tecnologicamente più avanzati. Molte sessioni sono state dedicate alla suite xCP 2.1 e al client D2 versione 4.2. La suite xCP 2.1 sarà rilasciata nel corso del primo trimestre 2014 e permetterà l’utilizzo di classi documentali create nell’ambito di altre applicazioni, ad esempio

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classi documentali create con Documentum Composer. Inoltre fornirà supporto al Single Sign-on, abiliterà il debugging di processi direttamente in xCP Designer ed esporrà funzionalità di content management più estese che permetteranno allo sviluppatore di creare applicazioni più complesse rispetto a quanto l’attuale suite xCP 2.0 permetta oggi di fare. Il client Documentum D2 sarà rilasciato nella versione 4.2 entro fine 2013 e metterà a disposizione nuove funzionalità che sono state provate dai partecipanti durante un percorso formativo e addestrativo che ha evidenziato le potenzialità del futuro rilascio. Tra queste funzionalità hanno destato l’interesse dei partecipanti l’importazione massiva di documenti da file system, miglioramenti nella creazione di nuovi contenuti, il cestino, l’evidenziazione dei termini ricercati nei risultati di una ricerca, le viste dinamiche e miglioramenti e semplificazioni dell’interfaccia utente che riducono il numero di click necessari al completamento delle principali operazioni. D2 4.2 aumenterà la configurabilità anche a livello di grafica, permettendo di creare, sempre visualmente, nuovi temi grafici e stili. L’aspetto più interessante per gli sviluppatori è la possibilità di poter andare oltre la configurazione, quando anche tutti gli automatismi o le funzionalità di base del prodotto non sono sufficienti. In altre sessioni sono state presentate le novità di Captiva 7. Anche in questo caso ci sono molte novità che facilitano il lavoro dello sviluppatore di applicazioni, riducendo al minimo la necessità di stesura del codice e privilegiando sempre più la configurazione rispetto alla personalizzazione del prodotto. Syncplicity è stato un altro termine spesso utilizzato nelle presentazioni. Syncplicity è stata una delle ultime società acquisite da parte di EMC Information Intelligence Group. Questa società ha implementato l’omonimo servizio di backup e sincronizzazione di file, un servizio simile a quelli forniti da DropBox, Google Drive, Microsoft SkyDrive,

Box. Syncplicity abilita l’archiviazione e la sincronizzazione di file tra più computer e più dispositivi mobili e supporta client Windows, Mac OSX, Windows Phone e Windows RT, Android, iOS. Alla conferenza si è parlato dell’integrazione tra Syncplicity e Documentum e di come presto, oltre alla possibilità di condividere un file da Documentum verso Syncplicity, sarà possibile anche il percorso inverso: gli utenti potranno, infatti, modificare i documenti presenti nei propri folder Syncplicity che alla successiva attività di sincronizzazione saranno aggiornati all’interno del repository Documentum. Syncplicity è un servizio che permette di poter utilizzare anche sistemi di storage on-premise: in questa configurazione il cliente finale può utilizzare storage ospitato nei propri data center in alternativa alla soluzione standard che prevede l’utilizzo di storage gestito da EMC. La soluzione on-premise mitiga il timore dei clienti di esporre i propri documenti su di uno storage gestito da un’altra società, EMC appunto. In questo scenario i metadati e le informazioni necessarie all’orchestrazione dei servizi di sincronizzazione sono però pur sempre mantenuti nei server EMC. Non è prevista nella roadmap una soluzione completamente on-premise, cioè che permette di gestire anche i metadati nell’ambito del data center del cliente. È stata però annunciata un’implementazione di sicurezza che sarà disponibile entro la fine del 2013 e che prevede un secondo livello di autenticazione che impedisce a tutti, anche ai dipendenti Syncplicity/ EMC di poter accedere in lettura ai metadati. Nel 2014 sarà invece implementato un altro livello di sicurezza che prevede l’offuscamento dei metadati. Syncplicity è un servizio che favorisce la collaborazione tra utenti dentro e fuori il perimetro aziendale. La collaborazione è un tema molto caro ad EMC che ha ancora a supporto uno dei prodotti leader, almeno fino a qualche anno fa: eRoom. EMC ha rilasciato nel 2009 un prodotto, CenterStage che, almeno nei piani, avrebbe dovuto replicare i successi di

eRoom. Così non è stato e ora CenterStage sembra sia un prodotto che non avrà grandi evoluzioni. Il tema della collaboration è quindi un ambito in cui Information Intelligence Group non ha un’offerta competitiva. Alcune nuove funzionalità di collaborazione saranno aggiunte all’offerta ma nell’immediato non vedremo funzionalità in stile Jive, Yammer o in stile SocialCast. SocialCast è una piattaforma leader e, indirettamente, di proprietà di EMC. SocialCast infatti è una società acquisita da VMware e quest’ultima è per l’ottanta per cento di proprietà di EMC. Una più stretta sinergia tra VMware e Information Intelligence Group potrebbe fornire un’interessante offerta sul fronte della collaborazione. CONCLUSIONI Momentum Developer Conference è stato un evento riuscito e ben organizzato. Ogni system integrator e ogni azienda cliente che utilizzi i software di EMC Information Intelligence Group dovrebbero prendere in considerazione la partecipazione a questo evento in futuro. La conferenza ha evidenziato anche quest’anno una costante e forte capacità d’innovazione da parte di EMC Information Intelligence Group. Proprio in questi giorni le società di ricerca indipendenti Gartner, Forrester Research, Ovum e Frost & Sullivan, hanno rilasciato le proprie valutazioni del mercato del Enterprise Content Management. Tutte queste società hanno posizionato EMC come leader di mercato. Dopo ventitré anni, Documentum è sempre uno dei prodotti di riferimento e quest’anno EMC ha gettato le basi per un futuro altrettanto roseo per i prodotti che verranno.

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SOCIAL MEDIA STRATEGY

Questo seminario è rivolto principalmente alle persone addette al ricevimento e al centralino, il cui lavoro quotidiano comporta responsabilità di relazione, d’iniziativa, di organizzazione e di presa di decisione.

COME REALIZZARE UN PIANO INDUSTRIALE E FINANZIARIO PER L’IMPRESA E LE BANCHE Il seminario illustra come impostare un “Business Plan” da presentare alle Banche per ottenere i crediti necessari, alle migliori condizioni e nel contempo consente all’imprenditore di evidenziare le implicazioni economiche e finanziarie per attuare il proprio programma di sviluppo.

Facebook, MySpace, Linkedin e gli altri Social Media hanno cambiato per sempre il nostro modo di comunicare. Le aziende sono oggi di fronte a un bivio: adeguarsi oppure essere scavalcate dal cambiamento, a vantaggio della concorrenza.

TECNICHE DI PROBLEM SOLVING Le tecniche di problem-solving possono essere applicate quotidianamente per tutti i problemi correnti e creano sistemi e metodi di lavoro che risolvono i problemi già apparsi e riducono l’insorgere di nuovi problemi: questo seminario spiega come fare.

WEBMARKETING Dal SEO/SEM ai web analytics e alle strategie di promozione in rete. Un seminario indispensabile per tutti coloro che vogliono sfruttare al massimo il canale online per studiare il mercato e sviluppare nuovi rapporti commerciali (promozione/pubblicità, distribuzione, vendita, assistenza alla clientela, etc.) tramite il Web.

GESTIONE DEI CONTRASTI E DEI CONFLITTI L’obiettivo del seminario è portare i partecipanti a distinguere tra contrasti e conflitti e aiutarli affinché riescano nei momenti di disaccordo a muoversi alla ricerca della migliore soluzione e non dell’affermazione a priori del proprio punto di vista.

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