iged.it n°4 2014

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GESTIONE DELLE INFORMAZIONI DIGITALI

Conservazione digitale

Fatturazione elettronica

Regolamento Privacy UE

Una serie di progetti e servizi innovativi per far ripartire il tuo business. Scopri di pi첫 su www.iter.it

Anno XXIII - Quarto trimestre 2014

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LA FATTURAZIONE ELETTRONICA VERSO LA PA Dalla teoria alla pratica. Problemi, criticità e opportunità di business con l’introduzione della fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione e la conservazione sostitutiva.

Milano, 14 aprile 2015 Roma, 5 Maggio 2015 Un importante momento di approfondimento delle tematiche legate all’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione centrale e locale, e della conseguente necessità di conservazione sostitutiva. Non solo teoria, ma un’opportunità pratica per capire come affrontare le criticità e le problematiche quotidiane ottimizzando i propri flussi di lavoro. Da obbligo normativo a opportunità di business?

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La digitalizzazione a norma dei documenti delle imprese e dei professionisti Roma, 25 marzo 2015

SEMINARI PROFESSIONALI ITER

Il corso è pensato per fornire le conoscenze tecnico-normative per l’attivazione e la gestione della digitalizzazione dei processi documentali delle imprese e dei professionisti. Ci sarà inoltre un approfondimento sul valore giuridico e probatorio dei documenti e delle transazioni elettroniche analizzando le norme in merito alla fatturazione elettronica nei rapporti commerciali sia con la pubblica amministrazione che tra privati.

Principi di Conservazione Sostitutiva a norma e Fatturazione Elettronica Milano, 8 - 9 aprile 2015 Il corso fornisce informazioni e conoscenze di base nell’ambito della conservazione sostituiva a norma dei documenti analogici e della conservazione digitale e informazioni e conoscenze nell’ambito della fatturazione elettronica anche quella verso la Pubblica Amministrazione. è prevista la partecipazione alla prima o alla seconda giornata separatamente, oppure a entrambe le giornate.

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PER MAGGIORI INFORMAZIONI E iscrizioni: www.iter.it/seminari

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EDITORIALE

ITER restart Cara Lettrice e Gentile Lettore, Alessandro Manzoni si rivolgeva “ai miei venticinque lettori”, di conseguenza è decisamente esagerato rivolgersi a ben due lettori per iged.it ma - per questa volta - perdonate la presunzione. La parola start è di grande attualità, specialmente se seguita da up, ovvero startup.

Editore ITER srl www.iter.it

Noi di iged.it (e soprattutto dell’editore ITER) preferiamo restart perché pensiamo che in tante imprese italiane - e nelle micro aziende in particolare - ci sia una grande cultura di innovazione, di attenzione al Cliente, di tenacia per una sopravvivenza sempre più difficile se non improbabile. Aziende che devono comunque e assolutamente ripartire, pena la miseria di tutto il Paese.

Direttore Responsabile Domenico Piazza

Confidiamo di essere una di queste e vi anticipiamo come intendiamo ripartire.

A questo numero hanno collaborato: Paolo Aliverti Luca Attias Sergio Augelloni Giancarlo Butti Carlo Camusso Valentina Frediani Michele Melchionda Francesco Pucino Loris Scanferla Responsabile Segreteria di Redazione Sonia Avemari Redazione iged.it Via dei Valtorta 6 20127 Milano TEL: +39 02 099 9891 FAX: +39 02 3929 0580 www.iter.it Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

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Una premessa: ormai “Piccolo è Bello” non è più vero da alcuni anni. Quindi intendiamo ripartire dopo alcuni anni difficilissimi, modificando il nostro modello di proposta al Mercato nel settore della “GED”, dove per molti anni e grazie a tanti amici, Franco Albamonte e Vincenzo Gambetta per primi, siamo stati leader con servizi personalizzati abbinati a un evento e un periodico a date prestabilite. Dopo 25 anni di OMAT (1990 - 2014) quest’anno l’evento diventa OMATforum e si tiene a richiesta, ovvero sulla base delle esigenze di uno o più Sponsor. Analogamente, iged.it sospende le pubblicazioni (abbiamo rifiutato alcuni abbonamenti) restando una testata con 23 anni di uscite ininterrotte, pronta a supportare Operatori e Clienti nelle loro attività di comunicazione e promozione, ma senza un impegno temporale di pubblicazione. Insomma, un logo ben conosciuto nel settore con uscita a richiesta. Quindi grazie per l’attenzione che ci avete dedicato, cara Lettrice e gentile Lettore, e grazie per l’aiuto in questa faticosa ripartenza; contiamo sulla vostra collaborazione abbinata al nostro impegno. Milano, 30 dicembre 2014

Domenico Piazza e la redazione di iged.it

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Benvenuta conservazione digitale

NICOLA SAVINO Digital preservation officer, Articolo a pag. 06

Il nuovo regolamento Privacy UE Loris ScanferlA Marketing Manager SIAV SpA Articolo a pag. 23

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Fatturazione elettronica e PA: prosegue la digitalizzazione del flusso amministrativo

Non si arresta la corsa dei fallimenti in Italia. Nel 2014 fallite 15.605 imprese, +9% in un anno.

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Fabb, artigiani digitali

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Il digitale in azienda

La fuzzy logic

OMATforum. Un’offerta completa, all’insegna della flessibilità.

Luca Attias Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati Corte dei conti Articolo a pag. 37

Italia: tra corruzione e arretratezza digitale

OmniPage Ultimate

Il successo di Fattura24

KODAK, nuovo ScanMate i1180

33 Michele Melchionda Centro Unico dei Servizi - DGSIA della Corte dei conti A pag. 37

La simulazione dinamica a supporto delle decisioni complesse. Un esempio di utilizzo nel settore farmaceutico.

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Benvenuta conservazione digitale Finalmente anche il documento informatico ha le sue regole tecniche e ora si dovrà parlare di conservazione digitale e non più sostitutiva. di Nicola Savino

Le aspettavamo da un po’ e finalmente ci siamo: ecco le Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici del-

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le pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. C’è da esultare: si tratta di un altro passo importantissimo per

il mondo digitale ma soprattutto per chi si occupa di gestione elettronica documentale e di conservazione digitale. Inoltre, da oggi anche un web form, una PEC, un dato elettronico o un tracciato record, sono documenti informatici e non esiste più solo la firma digitale o qual-

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siasi sottoscrizione elettronica per garantire l’immodificabilità di un documento. Si parla finalmente di sistema di sicurezza documentale e il versamento ad un sistema di conservazione è l’unico processo per garantire la conservazione di un documento informatico nel tempo. Il punto focale e di partenza di queste regole è certamente l’articolo 3 del Decreto che qui vi riporto per intero e sul quale invito a fare una lettura molto attenta: Art. 3 Formazione del documento informatico 1. Il documento informatico è formato mediante una delle seguenti principali modalità: a) redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software b) acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico c) registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più basi dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica. 2. Il documento informatico as-

sume la caratteristica di immodificabilità se formato in modo che forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticità nella fase di conservazione. 3. Il documento informatico, identificato in modo univoco e persistente, è memorizzato in un sistema di gestione informatica dei documenti o di conservazione la cui tenuta può anche essere delegata a terzi. 4. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera a), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate da una o più delle seguenti operazioni: a) la sottoscrizione con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata b) l’apposizione di una validazione temporale c) il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa d) la memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee politiche di sicurezza e) il versamento ad un sistema di conservazione 5. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera b), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate dall’operazione di memorizzazione in un sistema di gestione informatica dei documenti che garantisca l’inalterabilità del documento o in un sistema di conservazione. 6. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettere c) e d), le caratteristiche di immodificabilità e di

integrità sono determinate dall’operazione di registrazione dell’esito della medesima operazione e dall’applicazione di misure per la protezione dell’integrità delle basi di dati e per la produzione e conservazione dei log di sistema, ovvero con la produzione di una estrazione statica dei dati e il trasferimento della stessa nel sistema di conservazione. 7. Laddove non sia presente, al documento informatico immodificabile è associato un riferimento temporale. 8. L’evidenza informatica corrispondente al documento informatico immodificabile è prodotta in uno dei formati contenuti nell’allegato 2 del presente decreto in modo da assicurare l’indipendenza dalle piattaforme tecnologiche, l’interoperabilità tra sistemi informatici e la durata nel tempo dei dati in termini di accesso e di leggibilità. Formati diversi possono essere scelti nei casi in cui la natura del documento informatico lo richieda per un utilizzo specifico nel suo contesto tipico. 9. Al documento informatico immodificabile vengono associati i metadati che sono stati generati durante la sua formazione. L’insieme minimo dei metadati, come definiti nell’allegato 5 al presente decreto, è costituito da: a) l’identificativo univoco e persistente b) il riferimento temporale di cui al comma 7 c) l’oggetto d) il soggetto che ha formato il documento e) l’eventuale destinatario f) l’impronta del documento iniged.it

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formatico Eventuali ulteriori metadati sono definiti in funzione del contesto e delle necessità gestionali e conservative. Insomma, sono novità veramente importanti che chiudono il cerchio su quanto ci aspettavamo in tema di conservazione digitale e che portano il documento informatico ad un livello superiore rispetto a quello cartaceo, sia dal punto di vista tecnico, rafforzandone le caratteristiche necessarie e sufficienti che un documento elettronico deve avere, sia dal punto di vista probatorio, riconfermando ancora una volta come soddisfacendo i requisiti minimi, il documento informatico se correttamente conservato, formato ed archiviato, è opponibile a terzi. Diventano allora fondamentali i flussi e i processi di gestione e conservazione documentale e diventa fondamentale il concetto di record management, per il quale, grazie all’applicazione di metodologie e tecnologie, si può garantire opponibilità anche a un singolo dato o a un semplice tracciato record. Ora si tratta di avere un cambiamento culturale e di accettare la natura del documento informatico nelle nostre attività di business di tutti i giorni e per farlo dobbiamo avere coraggio di cambiare e di accettare il nuovo, o meglio ancora l’innovazione. Infatti, fin da piccoli siamo stati abituati a carta e penna, anche se alcune scuole si sono ormai aperte all’uso didattico del tablet. È pur vero, tuttavia, che siamo anche abituati

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al pdf e la tendenza oggi inarrestabile è che non solo il numero di documenti in pdf superino numericamente quelli in cartaceo, ma che, almeno in ambito professionale, li soppiantino del tutto. Non si tratta di stabilire, in questa sede, se sia tutto positivo e non ci siano macchie in questa linea di progresso, ma ci limitiamo qui a prendere atto di un cambiamento inevitabile, adeguandoci ad esso, possibilmente in maniera attiva, anticipando perfino il quadro normativo che via via - è prevedibile - renderà tutto ciò obbligatorio. Perché tutto parte dal concetto di documento. Nel dizionario troviamo scritto: “Ciò che, con la sua stessa esistenza o grazie a quanto reca impresso, scritto, fa conoscere qualcosa o lo fa conoscere meglio”, dunque una testimonianza, una fonte, un veicolo di informazioni. Aggiungiamo a questa, adesso, la definizione

normativa che abbiamo letto e capiamo che non si parla soltanto di pdf o un doc che diano direttamente un’informazione, ma sono documenti tutti quei file che per svelare l’informazione contenuta debbano essere elaborati elettronicamente. Come infatti dimenticare che fino alla relativa risoluzione dell’Agenzia delle Entrate sullo spool di stampa di Giugno 2009, era infatti necessario stampare il documento dal computer e poi scannerizzarlo per reintrodurlo nel computer per potere avere il valore di documento. Ma finalmente abbiamo un’altra via per generare un documento informatico, come ad esempio la registrazione informatica delle informazioni che risultano da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari a disposizione del-

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l’utente, quindi ad esempio la compilazione di un form online e basterà conservare un record e non necessariamente il file pdf generato. Infine, l’ultima modalità ammessa è la generazione o raggruppamento, anche in via automatica, di un insieme di dati o registrazioni provenienti da una o più basi e da uno o più soggetti. Il comma 2 dell’articolo specifica che un documento informatico deve avere la caratteristica di immodificabilità nel tempo, ovvero forma e contenuto non dovranno poter essere alterati durante le fasi di conservazione, tenuta e accesso. La memorizza-

zione avverrà, come aggiunge il comma successivo, in un sistema di gestione informatica dei documenti o di conservazione, la cui tenuta potrà essere anche delegata a terzi. Il vero discrimine che distingue il documento informatico da altri file, dunque, è la sua integrità e inalterabilità nel tempo, che lo renda suscettibile di opponibilità a terzi, di prova, cioè, in caso di contenziosi futuri. I file digitali, sono infatti per propria natura modificabili, mai statici nel tempo, che si tratti di file di testo o di immagini, audio o video. Come si fa, quindi, a garantire nel tempo immodificabi-

lità e integrità di un file digitale? Il comma 4 risponde a questa nostra domanda: sottoscrizione con una firma elettronica qualificata, apposizione di una validazione temporale, trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa, memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino politiche di sicurezza o versamento a un sistema di conservazione. Questo significa, per esempio, che sia possibile avere una fattura elettronica valida anche senza firma digitale: per la verità è già così dalla legge di stabilità.

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Il codice dell’amministrazione digitale, prevede, all’articolo 1-bis, che “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dall’articolo 21”, che richiama a sua volta l’articolo 2702 del codice civile, in cui si definisce l’efficacia della

scrittura privata. Sia nel caso del documento cartaceo che del documento informatico, il contenuto è elemento di prova, salvo il caso in cui la parte interessata riesca a dimostrare che la firma (autografa in un caso e digitale nell’altro) non sia la propria. Il fatto che un documento informatico non costituisca sempre e comunque prova non ci deve far pensare che abbia meno valore del documento cartaceo: anche in quel caso servirà una valu-

tazione delle firme da parte del perito calligrafico e comunque un pronunciamento del giudice. Naturalmente il giudizio non sarà arbitrario, ma dovrà tenere conto di parametri oggettivi di qualità, integrità e immodificabilità, dovrà cioè valutare la firma e il sistema di conservazione. Vediamo più in dettaglio quali sono gli strumenti attuali grazie ai quali possiamo garantire i requisiti minimi di un documento informatico. Affinché sia sottoscritto, datato, autentico e integro, occorreranno firma digitale e marca temporale, usando un formato idoneo per la conservazione. Questo, tuttavia, non significa che un documento digitale quando nasce abbia la necessità di avere anche la marca temporale. Ad esempio, al momento della sua emissione, su una fattura elettronica viene apposta la sola firma digitale: la marca temporale verrà assegnata dal responsabile della conservazione al file di archivio in un secondo tempo, quando appunto le diverse fatture saranno archiviate. Per garantire che il documento sia statico e non modificabile, abbiamo l’impronta, che si basa sull’algoritmo di codifica Sha256, lo stesso usato per la generazione della firma digitale. L’impronta la potremmo definire come il codice fiscale del documento o, se preferiamo, come la sua impronta ‘digitale’, che lo identifica in maniera biunivoca, cioè a quell’impronta corrisponderà un solo documento e a quel

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documento una sola impronta: basterà anche cambiare un solo carattere per avere un codice totalmente differente. Per far sì, infine, che il documento sia esibibile, leggibile nel tempo e interoperabile, quindi leggibile su dispositivi diversi, sarà sufficiente un visualizzatore gratuito e che risponda a standard ben precisi. Un documento può essere analogico, digitale o informatico: vediamo le reciproche differenze. Al contrario di quanto si possa immaginare, la distinzione non si basa sulla materialità o immaterialità del documento, sul fatto che vengano generati da strumenti tradizionali o elettronici, bensì sulla strutturazione dei dati al suo interno. Per documento analogico intendiamo un documento in cui i dati assumono valori continui, come le tracce su carta scritte a mano o al computer (è il caso dei documenti cartacei), come le immagini su pellicole (fotografie, radiografie, microfilm, diapositive ecc.) e come le magnetizzazioni su nastro (cassette e bobine audio e video). Si distinguono in documenti originali e copie: i primi, a loro volta, si differenziano in originali unici e originali non unici. Ad esempio un assegno è un originale unico, qualsiasi duplicato attraverso fotocopiatura o carta copiativa sarebbe comunque una copia, non avrebbe il valore dell’originale. Un originale non unico, invece, è la fattura o un contratto, visto che per ciascuna fattura abbiamo quella che va al ricevente e

quella che resta al trasmittente: entrambi hanno pari valore documentale. Il documento digitale, invece, che si tratti di testo, immagini, tabelle, grafici, filmati, software, contiene dati strutturati, basati non sulla continuità ma sulla discontinuità, riducibili, pertanto, a valori binari. Un documento elettronico è, invece, un documento digitale che risponde ai requisiti che abbiamo visto, risultando perciò giuridicamente rilevante. C’è da chiedersi se un documento digitale possa dar vita indifferentemente a un documento analogico o elettronico. Se il secondo caso è ovvio, il primo sembra un paradosso. Eppure, come abbiamo visto, una fattura in pdf, quindi un documento digitale in senso stretto, è un documento che per legge non ha alcun valore probatorio finché resta sul computer. Se viene firmata digitalmente diventerà un documento elettronico, se viene stampata diverrà un documento analogico, in entrambi i casi con valore giuridico. Allo stesso modo, un documento cartaceo, che a scopo di conservazione sostitutiva venga digitalizzato e poi sottoposto al processo che abbiamo visto prima, potrà dare luogo a un documento elettronico. Se devo gestire dei documenti informatici, cosa devo cambiare nei miei processi quotidiani? Innanzitutto va detto che la conservazione digitale, compresa quella sostitutiva, fa parte della

gestione documentale di dati informatici, è il loro congelamento, la garanzia che abbia valenza probatoria anche in futuro. Ne fa parte o, meglio, è conseguente al processo di gestione, parallelamente al core business, alle relazioni coi clienti, all’intelligence business e così via. Oltre a esserne conseguenza, ne rappresenta anche un molteplice vantaggio, come tutti voi sapete non riassumibile esclusivamente nell’evitare di produrre carta. Genera vero e proprio business, in particolare più competitività e più stabilità dell’azienda. Mediamente, vi ricordo, secondo i calcoli del Politecnico di Milano, si avrebbe una ricaduta economica positiva per le aziende fra 5,5 e 8,5 euro per ciascuna fattura. Ed è solo l’inizio , perché dal 31 marzo la fatturazione elettronica per le PA sarà estesa a tutti gli Enti Locali ed è allora che tutti noi dovremo fare i conti con i documenti informatici. Avanti tutta e che il digitale sia con voi.

NICOLA SAVINO Digital preservation officer, consulente esperto nazionale per la conservazione sostitutiva fatturazione elettronica e le firme elettroniche www.nicolasavino.com iged.it

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Il nuovo regolamento Privacy UE Una breve introduzione ai contenuti più innovativi del nuovo Regolamento UE in materia di protezione dei dati personali. di Giancarlo Butti

Il nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali è in fase di discussione ormai da diverso tempo e non è ancora chiaro quando e se verrà alla luce, almeno nella sua forma attuale. Alcuni dei principi in esso contenuti sono stati nel frattempo recepiti direttamente dalla normativa italiana anche perché lo stesso Regolamento fa sue impostazioni e documenti prodotti ad esempio dal gruppo Articolo 29 (l’organo consultivo indipendente dell’UE per la protezione dei dati personali e della vita privata). Le novità salienti del Regolamento partono dallo stesso strumento legislativo che è stato adottato per predisporre una normativa europea in ambito privacy. La normativa attuale a livello europeo si basa infatti non su un

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Regolamento, ma su una Direttiva. Differenza di non poco conto in quanto un Regolamento ha una efficacia immediata nei vari Stati membri dell’UE, superando eventuali normative nazionali laddove in contrasto con lo stesso. Una direttiva deve invece trovare applicazione negli Stati membri mediante la formulazione di una specifica normativa nazionale. Questo fa sì che nei vari stati membri possano esserci in vigore normative con livelli di protezione diversa. Ad esempio in Italia fino a poco tempo fa la protezione non era limitata alle sole persone fisiche (come accadeva nella maggior parte degli stati), ma era estesa anche alle persone giuridiche ed altre entità. Le variazioni normative introdotte nel tempo per allineare

meglio la normativa italiana a quella degli altri stati ha prodotto una serie di conseguenze negative non previste e ben pochi effetti di semplificazione. Una volta emanato i Controller (Titolari nella normativa italiana attuale) avranno a disposizione 2 anni per adeguarsi e nel contempo non è ancora chiaro come ci si comporterà con tutti i provvedimenti emersi dal Garante per la protezione dei dati personali italiano, che costituiscono una buona parte del corposo insieme di norme che oggi tutelano i dati personali nel nostro Paese. Tornando al nostro Regolamento iniziamo riportando alcuni degli elementi di novità meno evidenti in rapporto alla normativa attuale ed ai relativi impegni (o semplificazioni). IL PERIMETRO

Prima di tutto cambia il perime-

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tro di applicazione della norma, molto più limitato dal punto di vista oggettivo rispetto a quello attuale del Dlgs 196/03, il quale identifica come “dato personale” qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale. La normativa italiana è molto severa e molto estesa; ritiene che sia un dato personale, e quindi come tale tutelato nella normativa: qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile. Come si vede la norma non entra

nel merito di come sono trattati i dati, e quindi si ha un trattamento sia che il dato sia trattato con strumenti tecnici, compresi quelli elettronici o automatizzati, sia che sia trattato in qualunque altro modo. Non è nemmeno richiesto che il dato sia presente in una banca dati, come precisa la definizione di trattamento a) “trattamento”, qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione,

il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati. Questo fa sì che qualunque azione, anche nella vita comune, comporti un qualche trattamento di dati personali, rendendo in tal modo tale norma eccezionalmente pervasiva. A ciò si aggiunge il fatto che la norma deve essere rispettata anche dal comune cittadino per quanto attiene misure di misure di sicurezza e responsabilità civile, mentre si applica per esteso nel caso di diffusione di dati personali (ad esempio la pubblicazione di una iged.it

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foto su un sito web) o alla loro comunicazione sistematica. Il concetto di identificato è intuitivo, quello di identificabile meno; è sufficiente considerare che se è possibile abbinare in qualche modo delle informazioni ad una persona fisica quelli sono dati personali. Il nuovo Regolamento dà una definizione più limitata del dato personale, in quanto per definire il perimetro si deve prendere in considerazione non solo la definizione di dato personale: (2) “dati personali”: qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”); si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un identificativo come il nome, a un numero di identificazione, ai dati relativi all’ubicazione, a un identificativo unico o a uno o più elementi caratteristici dell’identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale,

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o dell’identità di genere di tale persona. Peraltro molto simile al Dlgs 196/03, ma anche il Campo di applicazione materiale del Regolamento: Il presente regolamento si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali, indipendentemente dalla modalità di trattamento, e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi. In particolare, mentre appare chiaro che per quanto attiene i trattamenti automatizzati o parzialmente automatizzati questi rientrano nel perimetro, nel caso di quelli non automatizzati (ad esempio dati trascritti manualmente su un foglio di carta che non sia parte di un archivio) questi non vi rientrano. Non automatizzato apparirebbe anche il comunicare verbalmente a qualcuno dati personali relativi ad una persona fisica, salvo il caso che tale comunicazione

avvenga ad esempio per telefono (cioè strumento automatizzato). Paradossalmente quindi la stessa informazione rientra o meno nel perimetro in funzione dell’uso o meno di uno strumento per trattarla. Una limitazione significativa al livello di protezione concesso ed una retrocessione rispetto all’attuale legislazione italiana. Atro aspetto da considerare riguarda il Campo di applicazione territoriale. La normativa attuale prevede il seguente perimetro: 1. Il presente codice disciplina il trattamento di dati personali, anche detenuti all’estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato. 2. Il presente codice si applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente all’Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche di-

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versi da quelli elettronici, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell’Unione europea. In caso di applicazione del presente codice, il titolare del trattamento designa un proprio rappresentante stabilito nel territorio dello Stato ai fini dell’applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali. Secondo il comma 2 quindi, per i soggetti non stabiliti in Italia, deve comunque avvenire un trattamento in Italia affinché si dia applicazione alla norma. Il Regolamento UE invece amplifica questo concetto; si applica infatti a soggetti che sono stabiliti nell’UE indipendentemente da dove avvenga il trattamento, ovvero: … al trattamento dei dati personali di interessati nell’Unione effettuato da un responsabile del trattamento o da un incaricato del trattamento che non è stabilito nell’Unione, quando le attività di trattamento riguardano: a) l’offerta di beni o la prestazione di servizi ai suddetti interessati nell’Unione, indipendentemente dall’obbligatorietà di un pagamento dell’interessato; oppure b) il controllo di tali interessati. Ed è quindi indipendente dal luogo in cui avvenga in trattamento, che può anche essere esterno all’UE. LA RELAZIONE FRA I SOGGETTI

Le figure individuate dal Regolamento rispecchiano in larga misura quelle del Dlgs 196/03, anche se la normativa italiana ha tradotto in modo un pò anomalo le definizioni originali previste dalla Direttiva del 95 e questo comporterà una notevole confu-

sione in tutti. Per evitare anche noi tale confusione utilizzerò i termini originali di Controller (Responsabile), che corrisponde al Titolare della 196/03 e Processor (Incaricato), che corrisponde al Responsabile della 196/03. Sono inoltre previste, come già in passato la figura del Controller representative (Rappresentante nello Stato di Controller stabilito in un Paese extra UE) e del Joint controller (Cotitolare della 196/03). Quindi non variano tanto le figure coinvolte quanto le relazioni fra le stesse. Mentre attualmente la responsabilità era in capo essenzialmente al Controller, nel nuovo Regolamento anche il Processor viene direttamente responsabilizzato. Infatti in molti articoli il Regolamento cita come destinatari della norma entrambi i soggetti. Le relazioni intercorrenti fra i vari soggetti citati devono esse-

re adeguatamente formalizzate ed in particolare se un Processor non svolge la propria attività secondo quanto specificato contrattualmente con il Controller assume automaticamente la veste di Joint controller. Controller e processor possono essere interpellati entrambi dagli interessati e rispondono ai fini del risarcimento del danno. Inoltre tutte le figure sono comunque passibili delle sanzioni penali (che non possono tuttavia essere definite nel Regolamento in quanto materia del singolo Stato). Il Regolamento affronta anche lo spinoso tema dei sub fornitori, recentemente regolamentato perlomeno per quanto attiene il mondo bancario da parte della Circolare 263 di Banca d’Italia. Il Controller ha moltissimi compiti, fra i quali ad esempio garantire i diritti degli interessati. Non va dimenticato che un ruolo privacy anche nella normativa iged.it

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attuale non è mai esclusivo. Necessariamente qualunque soggetto tratti dati personali (a dire il vero è impossibile che non lo faccia; ad esempio tratta quelli dei propri dipendenti) ed assume quindi la veste di Controller. Può assumere contestualmente e contemporaneamente anche tutti gli altri ruoli, in relazione a trattamenti e soggetti diversi. LA NUOVE FIGURE

Le novità più significative relativamente ai ruoli istituiti dal Regolamento riguardano il Data Protection Officer, figura che dovrà governare, indirizzare, sensibilizzare sul rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali. Tale ruolo ha suscitato notevole

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interesse, in quanto obbligatoria presso gli enti pubblici e presso gli altri Controller che abbiano determinate caratteristiche (tali caratteristiche sono variate nel tempo e non è detto che subiscano ulteriori modifiche). Il ruolo del DPO può essere assegnato a persone con specifici skill e competenze (fra l’altro è richiesta una formazione continua). Tale soggetto dovrà disporre di tutte le risorse utili allo svolgimento del proprio ruolo, che il Controller dovrà adeguatamente garantire e non dovrà occupare posizioni che creino conflitti di interessi nell’ambito della struttura del Controller. Può essere un soggetto esterno o interno alla struttura ed in fun-

zione di ciò viene determinato il periodo minimo di durata dell’incarico. Può operare per un singolo Controller o per un gruppo di Controller. Molto meno nota e citata è la figura del Responsabile della conformità, da individuare fra un membro della Direzione esecutiva del Controller: …membro della direzione esecutiva che sarà responsabile della conformità alle disposizioni del presente regolamento. Tale figura è di introduzione molto recente e non è ancora chiara quale sarà la sua effettiva posizione. GLI ADEMPIMENTI PREVISTI

Moltissimi gli adempimenti pre-

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visti per il Controller; fra questi: • la conservazione della documentazione (il cui contenuto per alcuni aspetti rispecchia quello del DPS) • l’obbligo di notificare la violazione di dati personali (attualmente obbligatorio solo per i servizi di telecomunicazione) • garantire la sicurezza tenendo conto dell’evoluzione tecnica (ma anche dei costi) • effettuare una valutazione dell’impatto del trattamento dei dati personali • effettuare una analisi dei rischi • privacy by design • i soggetti che trattano dati personali devono essere in grado di dimostrare il rispetto del Regolamento; è possibile per tali soggetti richiedere al riguardo una certificazione. Molti di questi obblighi sono

condivisi con il Processor, che quindi è direttamente responsabilizzato dal Regolamento. I DIRITTI DEGLI INTERESSATI

La normativa attuale prevede che l’interessato possa ottenere: • l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati • la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati • l’attestazione che le operazioni precedenti siano state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in

cui tale adempimento si riveli impossibile o comporti un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato. Il Regolamento estende tali diritti introducendo: • il diritto all’oblio ed alla cancellazione, compresi i dati che sono stati pubblicati • il diritto alla portabilità dei dati, che consente all’interessato di richiedere ad un Controller di avere copia dei propri dati in un formato elettronico e strutturato d’uso comune. Già i precedenti diritti sono ad oggi difficili da gestire da parte di un Controller, in particolare per quanto attiene alla capacità di dare istruzione ai soggetti ai quali il Controller ha comunicato i dati dell’interessato. In futuro, con l’estensione di tali diritti sarà ancora più difficile garantire un reale presidio su tali aspetti. LE SANZIONI

Pesantissime le potenziali sanzioni amministrative, che arrivano ad una pena pecuniaria fino a 100 000 000 EUR o fino al 5% del fatturato mondiale annuo nel caso di un’impresa, se superiore.

Giancarlo Butti Auditor e Divulgatore scientifico iged.it

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ITER, Via dei Valtorta 6, 20127 Milano Tel: 02 099 9891 - Fax: 02 3929 0580 www.iter.it - iter@iter.it

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L’informazione a portata di mano. Sempre. Ovunque. Anche questo nuovo libro di Giancarlo Butti è un lavoro che nel mio orizzonte professionale USPWB OPO GSFRVFOUJ SJTDPOUSJ CJCMJPHSBmDJ Ăˆ un pozzo XXL di informazioni, spazia infatti da come creare e gestire documenti di varie modalitĂ , alla ricerca tramite parole chiave o parametri, alla business intelligence, per rituffarsi nell’integrazione con gli ERP, senza dimenticare le normative cogenti, i modelli di fornitura dei servizi informatici e direi ovviamente la sicurezza delle informazioni, il tutto con una dovizia di dettagli e particolari da NFUUFSF JO TFSJB EJGmDPMUĂ‹ JM MFUUPSF JNQSFQBSBUP a tale valanga di informazioni specie se qualche argomento è stato lasciato alle spalle EB RVBMDIF UFNQP

SILVANO ONGETTA, PAST PRESIDENT AIEA

Associazione Italiana Information Systems Auditors

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L’AUTORE

GIANCARLO BUTTI LA BS7799, LA ISO IEC 27001, CRISC, ISM Master di II livello in Gestione aziendale e Sviluppo Organizzativo QSFTTP JM .*1 1PMJUFDOJDP EJ .JMBOP Si occupa di ICT, organizzazione e normativa dai primi anni 80, ricoprendo diversi ruoli: analista di organizzazione, security manager FE BVEJUPS QSFTTP HSVQQJ CBODBSJ Consulente in ambito documentale, sicurezza, privacy‌ QSFTTP B[JFOEF EJ EJWFSTJ TFUUPSJ F EJNFOTJPOJ Ha all’attivo oltre 600 articoli su 20 diverse testate (è stato per anni NFNCSP EFM $PNJUBUP UFDOJDP EFMMB SJWJTUB JHFE JU F GSB MJCSJ F XIJUF QBQFS BMDVOJ EFJ RVBMJ VUJMJ[[BUJ DPNF UFTUJ VOJWFSTJUBSJ Tiene corsi e seminari, è docente presso ITER e ABI Formazione in BNCJUP QSJWBDZ BVEJU *$5 F BVEJU OPSNBUJWP Âľ TPDJP F QSPCPWJSP EJ "*&" XXX BJFB JU F TPDJP EFM $-64*5 XXX DMVTJU JU Partecipa ai gruppi di lavoro di ABI LAB sulla Business Continuity, di ISACA-AIEA su Privacy EU ed è membro del Comitato degli esperti QFS M JOOPWB[JPOF EJ 0."5

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Fatturazione elettronica e PA: prosegue la digitalizzazione del flusso amministrativo di Valentina Frediani

Riflettori puntati sulla seconda fase della fatturazione elettronica, attualmente ai nastri di partenza. Il processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, inaugurato lo scorso 6 giugno 2014 con l’introduzione

dell’obbligo di fattura digitale nei confronti di ministeri, agenzie fiscali ed enti di previdenza ed assistenza sociale censiti nell’elenco Istat, prosegue con il prossimo traguardo - fissato al 31 marzo 2015 - con l’estensio-

ne del raggio d’azione di questo rivoluzionario strumento verso tutte le restanti pubbliche amministrazioni. Per riassumere il contesto normativo, ricordiamo che l’obbligo di fatturazione elettronica nei

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confronti delle PA, introdotto dalla Finanziaria del 2008, stabilisce che la trasmissione delle fatture digitali destinate alla pubblica amministrazione venga eseguita per mezzo del Sistema di Interscambio, vale a dire uno specifico sistema informatico progettato per la “ricezione e successivo inoltro delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie” oltre che per la “gestione dei dati in forma aggregata e dei flussi informativi anche ai fini della loro integrazione nei sistemi di monitoraggio della finanza pubblica”. All’Agenzia delle Entrate è affidato il compito di gestione del Sistema di Interscambio (SdI), con specifico riferimento al coordinamento del sistema informatico della fiscalità, al controllo della gestione tecnica del SdI, alla vigilanza in ordine al trattamento dei dati e delle informazioni, alla gestione dei dati e delle informazioni che percorrono il sistema e all’elaborazione dei flussi informativi finalizzata all’integrazione nei sistemi di monitoraggio della finanza pubblica. L’adozione della fattura elettronica, come si può facilmente intuire, ha contrassegnato una svolta epocale per il management dell’intero flusso amministrativo nell’ambito delle PA, determinando un enorme impulso al processo di digitalizzazione, non solo in ambito pubblico, ma anche privato, dal momento che questa rivoluzione ha coinvolto in prima linea anche tutte le imprese gravitanti - più o meno direttamente - intorno l’orbita delle pubbliche amministrazioni.

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Senza dubbio la netta riduzione dei costi amministrativi, lo snellimento dei passaggi e un sensibile miglioramento nel monitoraggio dell’intero flusso del documento hanno rappresentato vantaggi strategici importanti e non trascurabili. Ricadute estremamente soddisfacenti sulla produttività, determinate sia dalla possibilità di concentrare le risorse su compiti di maggior valore che la migliore tracciabilità dei passaggi finanziari e decisionali -semplificando la gestione di eventuali controversie - rendono presagibile un ulteriore allargamento del perimetro d’azione della fatturazione elettronica. Tornando alla normativa sulla materia, merita poi soffermarsi sulle principali disposizioni

introdotte da Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, datato 17 giugno 2014, recante le “Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto”. Tra le principali novità si rammenta la soppressione e sostituzione del previgente decreto del 23 gennaio 2004, cancellando il termine di 15 giorni per la conservazione delle fatture, con l’obbligo di conformarsi ai termini previsti per i libri e i registri contabili. Vi è altresì l’abrogazione dell’obbligo di comunicazione dell’impronta degli archivi digitali alle agenzie fiscali, dovendo invece il contribuente specificare nella dichiarazione dei redditi la scelta

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di conservare in modalità elettronica i documenti fiscalmente rilevanti. Il decreto prevede inoltre l’introduzione di una modalità semplificata di pagamento dell’imposta di bollo, vale a dire secondo una soluzione unica entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Infine, ricordiamo l’obbligo di rispettare le nuove regole tecniche sulla conservazione dei documenti informatici rilevanti ai fini tributari. Tali aspetti meritano ulteriori chiarimenti, rappresentando questioni di grande interesse per gli addetti ai lavori. Il primo concetto da precisare riguarda la

definizione di fattura elettronica, vale a dire la fattura “emessa e ricevuta in un qualunque formato elettronico”. L’elemento distintivo della fattura elettronica non è, al contrario di quanto molti credono, il formato di emissione quanto piuttosto il mezzo con il quale viene trasmesso e ricevuto dal destinatario. Ciò significa che un documento elettronico trasmesso in formato cartaceo non rappresenta una fattura elettronica. Altra peculiarità riguarda il processo di invio ricezione del documento. L’ art. 21 D.P.R. n. 633/1972 secondo cui “l’utilizzo della fattura elettronica è subordinato all’accettazione da par-

te del destinatario”, conferma la mancanza di uno scambio reciproco, o “simmetrico” che dir si voglia, tra i soggetti coinvolti. La non accettazione della “fattura elettronica” del destinatario non ha ripercussioni sul soggetto emittente, che potrà considerare la fattura emessa e conservarla elettronicamente. Per quanto riguarda i requisiti per considerare valida la fattura elettronica, essi sono riassumibili con l’acronimo I.A.L: integrità del contenuto, vale a dire l’immodificabilità del documento, autenticità dell’origine e leggibilità, ossia formato leggibile su schermo o per mezzo di stampa iged.it

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del documento. In ultima analisi, sul fronte delle modalità di trasmissione, l’Agenzia delle Entrate prevede metodologie differenti quali il sistema di controllo di gestione, la firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente o i sistemi di trasmissione elettronica dei dati. Passando poi ad analizzare gli aspetti della conservazione, le indicazioni ci vengono fornite dal D.P.C.M del 3 dicembre 2013 in cui, attraverso specifiche regole tecniche, sono individuate una serie di novità, prima tra tutte l’introduzione del nuovo concetto di sistema di conservazione, con cui viene identificato l’insieme coordinato di procedure e di attività per uno svolgimento “compliance” dal punto di vista normativo dell’intero processo. Le nuove regole tecniche abrogano l’obbligo di apposizione della marca temporale sui documenti informatici se non per i casi contemplati dal DM 14 giugno 2014, prevedendo invece l’utilizzo di riferimenti temporali da applicare sui pacchetti di archiviazione così da rendere la data di apposizione della marca stessa opponibile a terzi nell’eventualità di contenziosi o in ambito privatistico. L’ultimo punto delle regole tecniche rende obbligatorio la presenza di un manuale di conservazione, vale a dire un articolato documento informatico, redatto e periodicamente aggiornato dal Responsabile della Conservazione in cui vengono descritti nello specifico, anche sul fronte della sicurezza, organizzazione, procedure in uso, architettura del sistema,

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soggetti coinvolti e ruoli. Questi ultimi, ovvero gli attori individuati nel processo dalle nuove regole tecniche, sono vari. Innanzitutto abbiamo la figura del produttore, ovvero colui che ha il compito della creazione dei pacchetti di versamento; poi vi è il Responsabile della Conservazione che coordina e presidia i sistemi informatici finalizzati alla gestione documentale garantendo la validità giuridica nel tempo dei documenti informatici conservati; l’Utente, vale a dire il soggetto autorizzato ad interfacciarsi con i servizi resi disponibili dal sistema per la conservazione dei documenti informatici; infine, la figura del Responsabile per il trattamento dei dati personali, preposto alla protezione dei dati nei database e negli archivi digitali. In tema di fatturazione elettronica per le pubbliche amministrazioni, merita infine un cenno al cosiddetto Split Payment, introdotto dalla famosa Legge di Stabilità 2015 per contrastare e ridurre l’evasione fiscale relativa all’Iva. Si tratta di un vero e proprio sistema anti-evasione attraverso il quale la PA corrisponde l’Iva direttamente all’Erario anziché ai fornitori. Per far questo la pubblica amministrazione suddivide in due parti il compenso, pagando da un lato il prezzo del bene o del servizio al fornitore e, dall’altro, versando l’Iva direttamente allo Stato. In questo modo è arginato il rischio che colui che incassa la fattura non paghi l’imposta allo Stato. Un cambiamento notevole dun-

que nella gestione contabile delle aziende, costrette a distinguere i propri clienti anche in relazione al regime IVA. Determinando un decisivo impatto anche sulla fatturazione elettronica della PA, tale sistema, ha reso necessario una modifica e un aggiornamento dell’intero processo. Il DMEF del 23 gennaio 2015 ha riportato l’ordine, introducendo l’obbligo di segnalazione sulla fattura dell’assoggettamento dell’operazione fatturata al meccanismo dello Split Payment. Per dirla in altre parole, i fornitori della PA sono tenuti, nella regolare emissione della fattura secondo le indicazioni fornite dall’articolo 21 del D.P.R. n.633/1972, alla segnalazione dell’annotazione “scissione dei pagamenti” sul documento stesso. Al fine di ottimizzare e rendere facilmente eseguibili tali prescrizioni lo scorso 2 febbraio l’Agenzia delle Entrate ha provveduto all’adeguamento del Sistema di Interscambio, facendo aggiungere un nuovo valore, ossia il carattere “S”, al fine di identificare e segnalare la scissione dei pagamenti.

Valentina Frediani Avvocato, www.consulentelegaleinformatico.it

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Il digitale in azienda Le nuove frontiere del cloud, tra soluzioni ibride e Social Business. di Loris Scanferla

SIAV, unica azienda italiana presente nel Magic Quadrant di Gartner per l’Enterprise Content Management, con la piattaforma ECM Archiflow, propone nuovi strumenti per le aziende che chiedono collaboration, mobilità e condivisone sicura dei contenuti. Le parole d’ordine sono semplicità d’uso ed efficacia.

Il digitale non è più, e non può più essere, il “futuro” delle imprese. Le aziende che vogliono avere successo ne hanno bisogno oggi, altrimenti rischiano di perdere competitività. Grazie al digitale ormai si gestisce l’e-commerce, si controlla e si influenza la reputazione online, si creano e si fanno evolvere le relazioni di business, si

riescono a captare informazioni fondamentali, e soprattutto ad interpretarle correttamente e a tradurle in decisioni operative; si scambiano documenti, conservandoli in tutta sicurezza; la stessa PA, con la fatturazione elettronica e la PEC, spinge le aziende verso una sempre maggior dimensione digitale. Nel marketing, nelle vendite, nel-

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l’interazione tra azienda e clienti, nei processi amministrativi, nel customer care le aziende devono fare un salto in avanti dotandosi di un nuovo “DNA digitale”, fatto di competenze qualificate, di un’infrastruttura informatica funzionale ai cambiamenti imposti dalla virtualizzazione e dal cloud, e soprattutto di un nuovo modello di collaborazione fra le diverse funzioni. Cooperazione, mobilità, valorizzazione della conoscenza, accesso alle informazioni, ottimizzazione della fase decisionale e analitica, efficienza dei tempi e dei processi aziendali, compliance alla normativa sono alcune “aree d’intervento” in cui le tecnologie digitali possono fare la differenza. La fruizione dei Big Data e l’utilizzo a tutto campo dei contenuti tramite l’enterprise search e l’action alert sono anch’essi argomenti di attualità e non più solo

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temi di discussione. Il punto focale della questione, ciò che è realmente strategico, è come connettere tra loro le tecnologie digitali ed abilitarle ai fini del business. In questo scenario, la SIAV SpA di Padova si colloca come un’azienda che, sin dalla sua fondazione, nel 1990, ha proposto soluzioni innovative e spesso anticipatrici a livello tecnologico, organizzativo e legislativo, contribuendo in maniera determinante allo sviluppo del mercato e delle tecnologie digitali, per le quali è ritenuta il riferimento più autorevole in Italia. Una reputazione costruita investendo essa stessa nell’innovazione tecnologica e facendo tesoro via via dell’esperienza maturata in progetti di gestione digitale di ogni dimensione e complessità, per aziende ed enti. Non a caso SIAV è ancora l’uni-

ca azienda italiana presente nel Magic Quadrant di Gartner per l’Enterprise Content Management, con la piattaforma ECM Archiflow, insieme ad altre 21 aziende selezionate a livello mondiale. Un riconoscimento meritato, basti pensare che rispetto all’evoluzione più avanzata del mercato ECM, che si muove sempre più nella direzione del cloud, delle soluzioni ibride e del Social Business, SIAV sta già fornendo nuovi strumenti. Per le aziende che chiedono collaboration, mobilità e condivisone sicura dei contenuti, con una logica non solo sistemistica, ma soprattutto orientata a garantire semplicità d’uso ed efficacia, ecco BlueDrive, nuovo software di Collaboration e File Sync & Share, con i quali SIAV allarga le potenzialità della sua piattaforma e offre una risposta ancora

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più mirata. BlueDrive è una soluzione in Private cloud che consente di usare, condividere e proteggere i documenti aziendali sin dalla loro creazione. Con BlueDrive, i file sono accessibili in qualunque momento, da PC, tablet o smartphone, con diritti di accesso definiti. Il cloud rappresenta un enorme balzo in avanti per la flessibilità dell’impresa: modulabile e scalabile, consente di ottimizzare le risorse. La nuova frontiera è rappresentata dal cloud ibrido, che consente di scegliere in maniera molto granulare come fruire delle risorse informatiche. La strada intrapresa da molte organizzazioni è infatti quella di tenere in house i sistemi core, e mettere invece in cloud una

quota a parte di altri applicativi, creando appunto ambienti “ibridi”, a volte anche complessi. In questo contesto, BlueDrive può essere lo strumento che consente di avere accesso a tutte le risorse informative aziendali, indipendentemente dall’ambiente (in house, cloud o ibrido), offrendo il massimo supporto alla produttività individuale e alla collaborazione, con il plus di essere integrato in modo del tutto trasparente con la piattaforma ECM Archiflow. L’utente può quindi lavorare in mobilità come se avesse a disposizione le cartelle del suo PC ed archiviare/ricercare i contenuti nel sistema di gestione documentale. Sul fronte della gestione e conservazione digitale dei documenti, l’obiettivo delle soluzioni SIAV è

digitalizzare ottimizzando anche «l’ultimo miglio». Significa, fuor di metafora, produrre la carta solo quando serve, realizzando una gestione digitale completa del ciclo di vita del documento e dei processi, grazie alla firma grafometrica, al contrassegno digitale e alla conservazione a norma; in proposito, SIAV è tra i pochissimi player Italiani ad aver ottenuto la certificazione Agid in qualità di conservatore accreditato. Esperienza a tutto tondo quindi, quella di Siav, che la rende il partner ideale per implementare il digitale in azienda, che richiede non solo a livello informatico e tecnologico, ma anche, e soprattutto, a livello organizzativo, perché l’introduzione di una soluzione ECM comporta sempre un contestuale processo di re-ingegnerizzazione dei processi di business o dei procedimenti dell’ente, oltre che una forte competenza sulla normativa, sulle regole tecniche, sulla materia archivistica.

Loris Scanferla Marketing Manager SIAV SpA iged.it

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La fuzzy logic Cos’è, come funziona e sue applicazioni nella lettura ottica. di Francesco Pucino

La “fuzzy logic”, tradotta letteralmente in “logica sfumata” o “logica sfocata”, sebbene intuita sin dall’antichità, è stata di fatto formalizzata solo negli anni sessanta da Lotfi Zadeh, professore all’università di Berkeley in California. Il nome ne esplicita molto bene la differenziazione con la logica classica in cui sono ammessi soltanto il vero o il falso, due entità che hanno un confine netto e ben distinto: nella logica fuzzy questo confine non è così preciso e visibile, ma appunto sfumato. La logica tradizionale, quella appunto del vero e del falso, manifesta i suoi limiti nei problemi reali, tanto più quanto essi si discostano da quelli puramente matematici. Infatti è immediato dire che è vero che 20 è un numero positivo, ma è meno immediato dire se è vero o falso che la tempera-

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tura dell’acqua a 20 gradi è calda, oppure se è fredda. La logica fuzzy estende quindi la logica classica attribuendo a ciascun fatto simultaneamente un certo grado di verità ed un certo grado di falsità. Per fare un ulteriore esempio, immaginiamo che sul bugiardino di una medicina ci sia scritto che la dose consigliata e tollerabile è tra 1 e 3 milligrammi di principio attivo al giorno. Secondo la logica tradizionale, assumerne 2.99 mg sarebbe tollerabile, mentre assumerne 3.01 mg sarebbe intollerabile. Intuitivamente ci rendiamo però conto che non è proprio così in quanto viene da pensare che magari già se ci avviciniamo al tetto massimo suggerito, il farmaco può farci male, così come se lo superiamo di pochissimo non ci ucciderà. La logica fuzzy ci viene incontro

proprio in queste situazioni di confine, dove la logica tradizionale del vero e del falso mostra i suoi limiti. Possiamo dire che mentre la logica tradizionale valuta un fatto soltanto come “1” (vero) oppure “0” (falso), la logica fuzzy valuta un fatto con un qualsiasi valore compreso in questo intervallo (0-1). Per un esempio classico possiamo riferirci ad un caso da manuale: determinare l’entità della mancia da lasciare al cameriere dopo aver pranzato al ristorante in relazione alla qualità del cibo e del servizio. Dando un voto sia al cibo che al servizio in una scala da 1 a 10, quanto è giusto lasciare di mancia al cameriere scegliendo tra il 5% ed il 20% del conto? Le tre semplici regole che vogliamo segure sono queste: 1. Se il servizio è scarso o il cibo

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Figura 1 – La “fuzzificazione” delle variabili di input ed ouput.

è rancido, allora la mancia è bassa 2. Se il servizio è buono, allora la mancia è media 3. Se il servizio è eccellente o il cibo è delizioso, allora la mancia è generosa Nel definire le regole abbiamo anche automaticamente definito tre variabili: servizio, cibo, mancia. Per ciascuna di esse abbiamo anche definito alcuni stati che le caratterizzano: • cibo: rancido o delizioso • servizio: scarso, buono o eccellente • mancia: bassa, media o generosa Ciò che resta da fare è associare i valori discreti che abbiamo in input e che desideriamo in output ai vari stati, cioè effetture un processo di fuzzificazione. Per effettuare tale associazione ricorriamo ad un “fuzzy set”, ossia ad un grafico cartesiano in cui l’asse verticale, che riporta valora da 0 ad 1, rappresenta il grado di verità relazionato ad un certo valore rappresentato sull’asse

orizzontale, i cui valori sono nel range chiamato universo dei casi o del discorso. Quindi, tornando al nostroesempio, per il servizio e per il cibo potremmo usare un voto da 1 a 10, mentre per la mancia potremmo usare una percentuale tra 5% e 20%. Un esempio di possibili fuzzy set, riferiti al nostro esempio, è quindi quello rappresentato nella figura 1. Ovviamente bisogna utilizzare

grafici di mappatura che riescano ad effettuare in modo quanto più preciso possibile il processo di conversione del valore discusso nel valore fuzzy. Una volta svolta questa fase preparatoria è sufficiente applicare le regole che abbiamo definito per poter ottenere un output fuzzy da cui ricavare il valore di output che cercavamo attraverso un processo di defuzzificazione. In figura 2, figura 3 e figura 4 è schematizzato il processo di va-

Figura 2 – Il processo di valutazione della prima regola: “se il servizio è scarso o il cibo è rancido allora la mancia è bassa”

Figura 3 – Il processo di valutazione della seconda regola: “se il servizio è buono allora la mancia è media”

Figura 4 – Il processo di valutazione della terza regola: “se il servizio è eccellente o il cibo è delizioso allora la mancia è generosa”

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lutazione di ciascuna delle tre regole che abbiamo definito. Nelle figure si vede come i voti attribuiti al servizio ed al cibo vengano fuzzificati e quindi diventino gradi di verità per ciascuno degli stati che abbiamo definito. Quindi il voto 3 dato al “servizio”, ci consente di affermare nel medesimo momento che il grado di verità di “eccellente” è 0, di “buono” è 0.7 ed infine di “scarso” è 0.2; similmente il voto 8 dato al “cibo” ci consente di affermare che il grado di verità di “delizioso” è 0.8, mentre quello di “rancido” è 0. Combinando i gradi di verità così calcolatati possiamo tagliare il grafico del fuzzy set di output in corrispondenza del medesimo grado di verità. In questo caso, essendo combinati in “or”, si prende il valore massimo tra i valori riscontrati per cui, ad esempio, seguendo la prima regola, il massimo tra 0 e 0.3 è 0.3 per cui si taglia in questo punto il fuzzy set di ouput relativo alla mancia “bassa”. I fuzzy set ricalcolati in base ai livelli di verità della mancia “bassa”, “media” e “generosa” vengono a loro volta combinati insieme per poterne stimare il centro di massa la cui proiezione sull’asse orizzontale ci consente di ottenere finalmente il valore discreto di ouput che cercavamo (defuzzificazione): 15%. Una interessante applicazione pratica della fuzzy logic è stata recentemente implementata anche in Recogniform Reader, la soluzione per estrarre dati da moduli e documenti cartacei,

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Figura 5 – La combinazione dei “fuzzy-set” ottenuti attraverso la combinazione delle tre regole e la “defuzzificazione” del risultato.

sviluppata da Recogniform Technologies SpA. Grazie all’approccio fuzzy, è infatti possibile estrarre dati che non si trovano in posizione fissa nel documento, per cui in fase di creazione del template, invece di definire le aree in cui cercarli, si definiscono dei predicati fuzzy: “vicino a...”, “in alto”, “a destra di...”, “in piccolo”, “con formato simile a...”, etc. In questo modo è poi il sistema, grazie al suo motore inferenziale, a valutare le regole ed a capire quali sono i valori di interesse, attribuendo anche, automaticamente, per ciascuno di essi un valore di certezza compreso tra 0 e 1. Dunque la logica fuzzy usata con sistemi esperti consente di realizzare soluzioni intuitive e naturali, con meno regole e più leggibilità e manutenibilità. Inoltre rende i sistemi molto potenti modellando problemi difficili da risolvere utilizzando tecniche tradizionali.

Francesco Pucino Fondatore e CEO di Recogniform Technologies SpA, svolge attività di ricerca nel settore imaging dal 1990

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ger, funzionari e dirigenti hanno partecipato a OMAT con soddisfazione, trovando sempre contenuti di altissimo livello, estremamente aggiornati e qualificati. Oggi OMAT lancia il nuovo progetto OMATforum: una serie di servizi completamente personalizzabili per permettere agli operatori di raggiungere il proprio target di riferimento nel

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Sponsor Uno o più operatori del settore, con eventuale coinvolgimento di partner o rivenditori/distributori. Target A seconda delle esigenze dello Sponsor: Top Manager, Responsabili/Direttori di funzione (Sistemi Informativi, Organizzazione, Amministrazione, Progettazione, Logistica, Marketing, Commerciale... ), Responsabili della Pubblica Amministrazione Centrale o Locale. Modalità di partecipazione • A pagamento

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Partecipanti Da 20/30 a 80/90 persone e oltre, in funzione degli obiettivi e del budget disponibile. A cura dell’Organizzazione Il team di OMAT si occupa direttamente di tutti gli aspetti organizzativi, tra cui: • Definizione dell’agenda dei lavori con lo Sponsor • Definizione di interventi con 1 o 2 relatori istituzionali/super partes da concordare con lo Sponsor iged.it

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Segreteria organizzativa: informazioni varie (logistica, contenuti, ecc.) mediante sito e segreteria Omat - ricevimento delle iscrizioni tramite il sito dedicato Comunicazione dell’evento via direct email marketing e social network Pagina dell’evento nel sito omat con: programma e profili/foto dei relatori - profilo delle aziende sponsor e link ai siti aziendali - eventuale materiale degli sponsor da scaricare; tali informazioni saranno disponibili sul sito fino a 30 giorni dopo il termine dell’evento Ufficio stampa Coffee Break Lista dei partecipanti allo Sponsor

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alcune Tematiche • • •

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Fatturazione Elettronica verso la PA e digitalizzazione dei processi Dalla formazione alla conservazione del documento informatico: aspetti legali, tecnici ed operativi La dematerializzazione come strumento di cost saving, nell’ottica di un’ottimizzazione e innovazione dei processi aziendali. Business Intelligence Firma digitale e firma grafometrica. Il rispetto degli standard di sicurezza europei I Big Data sono “tra le nuvole”: come cambia la gestione delle informazioni in un’azienda 2.0

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La simulazione dinamica a supporto delle decisioni complesse. Un esempio di utilizzo nel settore farmaceutico. Interviste al Prof. Luigi Geppert, docente di Sistemi Dinamici e Strategie d’Impresa dell’Università Cattolica di Milano e al Dott. Mauro Bernuzzi, VP Head of Supply Chain Transformation CoE, GlaxoSmithKline Vaccines. di Sergio Augelloni

In un contesto di mercato sempre più dinamico e sempre meno prevedibile, il processo decisionale del manager si presenta di difficile approccio dal momento che le conseguenze derivanti dalle decisioni critiche sono spesso “nascoste” dalla complessità. In molti casi, tale processo richiede una prospettiva di visione adeguata, accompagnata dal supporto di metodologie e strumenti utilizzabili per rappresentare e misurare la complessità dinamica della realtà e per migliorare e accrescere il livello di comprensione dei fenomeni.

Prof. Geppert, cosa è la simulazione dinamica, perché si ricorre ad essa e per quali tipologie di problemi?

In termini molto semplici, è una tecnica che consente di esplorare gli effetti nel tempo delle decisioni, ossia lo strumento per analizzare in anticipo fatti non ancora successi ma che potrebbero accadere e di studiare gli effetti che tali fatti possono generare nel futuro. La simulazione dinamica, supportata da metodologie di indagine e da appositi software, riproduce nel tempo l’evoluzione di un sistema e i cambiamenti che avvengono ogni qualvolta si prendono delle decisioni. Si ricorre alla simulazione dinamica perché oggi i sistemi fisici e organizzativi sono sempre più complessi ed è quindi difficile prevedere con l’ausilio di strumenti tradizionali gli effetti delle decisioni e/o di eventi interni ed esterni previsti e non previsti.

Sovente questi effetti interagiscono tra loro e con il sistema in modo non lineare, facendo sì che il comportamento dinamico dei sistemi non sia sempre lo stesso nelle stesse condizioni e produca nuove proprietà, spesso ignote o contro intuitive a priori, che si manifestano solo al trascorrere del tempo. Se, per esempio, la domanda di un bene cambia in modo repentino e non previsto dal processo di previsione, gli effetti sulla struttura produttiva e distributiva possono essere molto significativi in termini di allocazione delle risorse materiali, immateriali e finanziarie, ossia stock, forza lavoro, approvvigionamenti, fabbisogno finanziario, ecc.; oppure, nell’ipotesi di un cambiamento organizzativo siiged.it

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gnificativo si possono generare effetti non voluti che abbassano o ritardano il livello di servizio e/o di efficienza ricercati dagli interventi stessi. Studiare queste situazioni in un contesto di complessità non è semplice. Si ricorre alla simulazione dinamica perché aiuta il manager a comprendere i fenomeni contro intuitivi e derivanti da un numero elevato di variabili del problema, e per identificare una configurazione del rischio non assolutamente certa, ma decisamente più chiara. Per quanto riguarda la classe di problemi indirizzati, virtualmente la simulazione dinamica è applicabile a qualunque tipo di problema che presuppone l’evoluzione nel tempo di un sistema. Quindi è applicabile a tutte quelle attività di pianificazione, strategiche e operative, dove si deve cercare di prevedere in modo corretto e sostenibile l’allocazione delle risorse strategiche e operative nel tempo, per tutte

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le aree: produzione, distribuzione, logistica, supply chain management, processi di business, strutture organizzative, project management, dinamiche socio economiche, flussi di traffico, formazione, ecc.

Prof. Geppert, con quali strumenti si può fare praticamente la simulazione? La quasi totalità delle aziende utilizza gli spreadsheet come MS Excel per manipolare dati “off line”, fare grafici, costruire database mirati, costruire rapporti di previsione, esplorare effetti, ecc. e quindi anche per fare simulazione. Tuttavia, quando il problema da affrontare evidenzia complessità dinamiche, ossia il numero di variabili è elevato, le relazioni tra le stesse variabili cambiano nel tempo a fronte di determinati eventi e nuove relazioni e proprietà si manifestano a seguito dei suddetti eventi, lo spreadsheet diventa uno stru-

mento inadeguato perché “statico”. È necessario ricorrere a metodologie e tecniche che “seguono” e “costruiscono” nel tempo l’evoluzione e i cambiamenti di comportamento del sistema e non si basano su relazioni fissate a priori come succede con gli spreadsheet. È quindi necessario utilizzare appropriate metodologie di modellazione del problema e del sistema ad esso correlato; così come tecniche adeguate di simulazione, basate su piattaforme software specialistiche. Le metodologie e tecniche di modellazione e simulazione attualmente più usate sono la System Dynamics, la simulazione ad eventi discreti e l’Agent Based Modelling and Simulation (ABMS). Tra le piattaforme software di implementazione è utile menzionare Anylogic (www.anylogic. com) dal momento che è l’unica, tra quelle disponibili, a poter combinare simultaneamente tutte le tecniche menzionate.

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Dott. Bernuzzi, dove applica la simulazione e quali sono i benefici per la GlaxoSmithKline? Nel mio ruolo, suggerisco a miei colleghi di applicare la simulazione dinamica come approccio sistemico ai problemi, soprattutto per la pianificazione di produzione, distribuzione e supply chain. La necessità di correggere il piano di produzione in tempi brevi per rispettare i cambiamenti della domanda, della capacità produttiva e degli approvvigionamenti fa sì che i planner abbiano bisogno di strumenti di previsione semplici e facili da usare e che, in tempi molto brevi, consentano di valutare gli effetti delle correzioni e la possibilità di mantenere o di cambiare il piano generale di produzione secondo diversi scenari di fattibilità. I tool contenuti nelle piattaforme ERP più diffuse sul mercato e utilizzabili per questo scopo spesso non hanno i requisiti di flessibilità e rapidità richiesti. I benefici per il planner sono evidenti, sia in termini di efficienza, ossia numero di scenari studiati e vagliati nell’unità di tempo, sia in termini di efficacia, ossia identificazione quantitativa dei rischi e dei costi derivanti dall’analisi dettagliata degli effetti della complessità di ogni scenario. I benefici per il business riguardano la scelta dello scenario dove le variabili critiche (per esempio stock out, capacità impianti, forza lavoro, ecc) sono ottimizzate e coerenti con gli obiettivi del singolo caso.

Luigi Geppert

Recentemente abbiamo utilizzato la simulazione dinamica anche a livello strategico per studiare la fattibilità produttiva di un vaccino nel caso di una pandemia influenzale globale. In questo caso la simulazione ci ha consentito di capire in quali condizioni le nostre strategie, basate su diversi fattori critici di successo interni ed esterni, funzionano al meglio in termini di livello di servizio e di costi. In altri termini, a valle della simulazione oggi sappiamo, al possibile verificarsi di una situazione pandemica, come allocare al meglio le risorse strategiche interne ed esterne per massimizzare le dosi di vaccino da produrre e da distribuire in una situazione di costi sostenibili. Inoltre la realizzazione di un progetto basato sulla simulazione consente, in fase di analisi, ai manager coinvolti di modellare i problemi in modo sistemico e secondo prospettive più ampie e proiettate nel tempo, estendendo quindi la loro capacità decisionale e riducendo la possibilità di commettere errori.

Mauro Bernuzzi

Dr. Bernuzzi, in pratica, come si organizza un progetto di simulazione e quali difficoltà si incontrano? Un progetto di simulazione è un progetto come altri. Diciamo che, a grandi linee, si identifica il problema, lo si analizza e poi si implementa il software che ne incapsula i requisiti e contiene le funzionalità di utilizzo. In questo processo, il management solitamente identifica dapprima il problema e poi si rivolge al team di analisi e implementazione. È fondamentale ovviamente coinvolgere degli esperti esterni anche nella fase di analisi. Infatti il problema è circoscritto in un modello che deve essere progettato e successivamente mappato nei dettagli da esperti esterni all’azienda che possiedono le competenze metodologiche di modellazione “fine” del problema. Esistono diverse tecniche sistemiche di modellazione e simulazione come la System Dynamics, la simulazione ad eventi discreti e l’ABMS. In azienda conosciamo gli aspetti generali iged.it

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di queste metodologie mentre il consulente ne conosce anche gli aspetti di dettaglio e di implementazione tecnica. Il consulente raccoglie i requisiti del problema prodotti dal team del progetto e li mappa in un’adeguata struttura sistemica, classificando gli eventi, le strutture dinamiche, le unità elementari, la base dati, ecc. e scegliendo poi le tecniche più opportune per collegarli tra loro. Quando i requisiti del modello sono ben definiti e il team di progetto li ha approvati, si passa all’implementazione software, attività che noi deleghiamo completamente al consulente esterno. Per quanto riguarda le eventuali difficoltà incontrate in azienda nell’introduzione della simulazione sistemica, non ho trovato particolari ostacoli. Naturalmente, per gestire l’eventuale “salto culturale” ho dapprima organizzato appositi workshop formativi e illustrativi per evidenziare sia i vantaggi e i benefici che derivano dall’utilizzo della simulazione sistemica, sia le nozioni generali di guida alla comprensione e alla scelta. Teniamo poi conto del fatto che un progetto di simulazione eseguito con tecniche adeguate richiede più o meno gli stessi sforzi e le stesse attività di definizione dei requisiti e di raccolta dati di un qualunque altro progetto. Il risultato è che mentre in passato eseguivamo le simulazioni solo con gli spreadsheet che, per tutta una classe di problemi semplici, continuiamo ovviamente a utilizzare oggi laddove il problema mostra complessità intrinseche,

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sia a livello strategico che operativo, preferiamo ricorrere alle tecniche di simulazione con applicativi specifici, i cui vantaggi sono stati ben recepiti e assimilati dal management.

Dr. Bernuzzi, come si utilizza poi il simulatore prodotto? Una volta realizzato lo strumento di simulazione, il manager e il suo team lo utilizzano per organizzare degli “esperimenti”, volti a valutare opportune opzioni. Il simulatore è dotato di ben definite leve (variabili di cui si modifica il valore) che rappresentano le ipotesi di partenza di un esperimento di simulazione. A fronte di una determinata configurazione di valori di tali leve, il simulatore nel tempo produce valori e grafici per altrettanti ben definiti indicatori di controllo e di performance, per esempio: livelli di inventario, capacità produttiva, risorse necessarie, strutturate organizzative da implementare, costi da sostenere, ecc. Gli esiti che ne conseguono permettono al management di ragionare sull’esperimento impostato e di valutarne l’effettiva fattibilità. Confrontando i risultati delle analisi di numerosi esperimenti, è più facile e meno rischioso scegliere quello più congeniale agli obiettivi iniziali, tenendo conto che in tempi brevi si possono riprodurre diversi esperimenti. A volte è possibile richiedere al simulatore stesso di ricercare l’esperimento congeniale, ossia quello ottimizzato secondo opportuni vincoli di scelta fissati

a priori dal manager su alcune variabili ritenute critiche. Oppure si può operare in modalità stocastica, ossia dove la stessa configurazione di valori delle leve in input produce “n” insiemi di valori diversi degli indicatori, per “n” esperimenti simulati. In quest’ultimo caso sono quindi utilizzabili metodi di valutazione statistica come, per esempio, il metodo Montecarlo. Al di là dei risultati degli esperimenti, un altro grande beneficio intangibile prodotto dall’approccio descritto è la spinta al ragionamento non lineare, ai fenomeni di ritardo e, più in generale, alla prospettiva sistemica che poco alla volta, progressivamente portano i manager a cambiamenti di paradigma culturali importanti per la gestione di successo di un’azienda moderna e complessa, soprattutto nell’economia globale e in settori caratterizzati da elevata competitività e visione strategica, come nel caso della farmaceutica.

Sergio Augelloni Senior Consultant, Fair Dynamics Consulting

Per gentile concessione della rivista Dirigenti Industria

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Italia: tra corruzione e arretratezza digitale Fattori che intervengono ad ostacolare il processo di digitalizzazione del nostro Paese, relegandolo in una situazione di arretratezza, soprattutto se paragonata a quella degli altri Paesi industrializzati. di Luca Attias & Michele Melchionda

Tanto per cominciare una doverosa premessa: tutti i Paesi industrializzati stanno viaggiando a velocità estremamente sostenuta sull’autostrada della digitalizzazione, ovvero un’infrastruttura moderna, efficace ed altamente efficiente. Il fatto che altre Nazioni siano già in possesso di tali infrastrutture è un dato incontrovertibile, come lo è il fatto che l’Italia non riesce in nessun modo a tenere il passo degli altri Paesi. La civiltà di un Paese si misura anche dal grado di digitalizzazione raggiunto. In Italia il problema non è di ordine economico, o almeno, non lo è quasi mai. Piuttosto biso-

gnerebbe analizzare altri fattori e additarli come cause, o concause. Il primo risiede nelle evidenti carenze di competenza professionale, nell’ambito digitale, da parte di chi detiene in molte organizzazioni le leve del potere decisionale. Il fatto che, troppo spesso, vengano prese decisioni senza avere una conoscenza precipua e profonda dell’argomento è assolutamente deleterio per il Paese, ed è anzi un elemento ulteriormente peggiorativo dello “status quo”. Un secondo fattore che andrebbe analizzato risiede nella mancanza di una strategia unitaria e di una conseguente pianificazione, ovvero nella totale assenza di una sorta di Piano

Regolatore Nazionale del digitale. Tali fattori, congiuntamente, determinano sul nostro territorio una situazione a “macchia di leopardo”, ove piccoli successi a carattere locale si sono anche raggiunti, pochi in verità, ma poi non trovano riscontro sul resto del territorio nazionale, dove la “edificazione” digitale selvaggia regna purtroppo sovrana. Del resto, i problemi che in Italia bloccano qualunque iniziativa sono, comunque, sempre i soliti, che giacciono sul tavolo ancora irrisolti: malcostume, familismo, cultura delle raccomandazioni, interessi personali, lobby, mafie, malaffare, corruzione e chi più ne ha, più ne metta. Tutti que-

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sti fattori determinano un vero e proprio tessuto sociale che tende ad imbrigliare ed immobilizzare l’innovazione ed il progresso, determinando il fallimento di qualunque progetto. In particolare, come è già stato evidenziato più volte, la corruzione è un problema di tipo culturale, che andrebbe affrontato in maniera seria e strutturale già a partire dalla scuola. Le leggi anticorruzione, in questo, possono ben poco! La situazione è critica, ma sarebbe necessario porci degli obiettivi, anche piccoli, e fare del nostro meglio per raggiungerli. A tal riguardo, si suggerisce la visione dell’intervento di Luca Attias presso il convegno “Cambiare x Cambiare”, che si è tenuto a Capri nello scorso mese di ottobre, fruibile su: https://www.youtube.com/ watch?v=xWuRbvgyr3s. Vantaggi dell’adozione del digitale in seno alla Pubblica Amministrazione. La digitalizzazione dell’intero Paese e, nello specifico, della pubblica amministrazione dovrebbe essere percepita da tutti come un’urgente necessità, come un fattore abilitante di impor-

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tanza capitale per il bene della Collettività che ciascuno di noi rappresenta. La digitalizzazione è difatti un elemento in grado di fare la differenza e che permetterebbe alla Pubblica Amministrazione di fare un salto culturale enorme e di poter offrire ai suoi Cittadini, finalmente, dei servizi all’altezza delle loro aspettative. I Paesi che hanno adottato pienamente la soluzione digitale sono stati in grado di crescere sotto il profilo economico, ma anche civile e sociale, aumentando, nel contempo, il benessere degli stessi cittadini. La pubblica amministrazione, pertanto, non verrebbe più avvertita dal Cittadino come un “covo di perditempo”, né come un macchinario burocratico capace solo di “divorare” i soldi pubblici, ma come una reale opportunità, messa a disposizione dell’intera Collettività ai fini di una crescita e di uno sviluppo comuni. Tra l’altro, in quest’ottica, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione contribuirebbe in modo preponderante ad ottenere una maggior trasparenza e chiarezza nei conti pubblici e contribuirebbe, altre-

sì, ad uscire da un situazione di “cane che si morde la coda” (deadlock). Difatti la corruzione e le raccomandazioni possono essere combattute anche, e soprattutto, con l’ausilio dell’informatica, ma la digitalizzazione è ostacolata proprio da questo stesso malcostume e da questa stessa corruzione che vedono nella trasparenza un pericolo per i propri interessi e non certo un’opportunità. Anche a livello dei singoli Dipendenti la digitalizzazione risulterebbe essere un fattore abilitante di primaria importanza. Digitalizzare significa difatti aumentare il proprio sapere, le proprie abilità e le proprie competenze professionali. I Dipendenti della Pubblica Amministrazione sarebbero messi nelle migliori condizioni per poter riconoscere situazioni e contesti professionali, godrebbero cioè pienamente della propria vita lavorativa. Con lo strumento della digitalizzazione verrebbero individuati facilmente i più meritevoli e la Pubblica Amministrazione si ritroverebbe ad agire, forse per la prima volta, in un clima di vera meritocrazia.

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In questo ambito ci fa piacere ricordare tutti quei Dipendenti pubblici che, nel corso degli anni, hanno costituito una vera e propria Community che, in maniera spontanea e libera, quotidianamente porta avanti il proprio impegno civile e sociale per il bene del nostro Paese, dimostrandosi in tal modo il vero cuore pulsante della Pubblica Amministrazione. A tal proposito si suggerisce la visione delle pagine web dedicate a: “Per una Pubblica Amministrazione attenta alle persone”, una sorta di blog spontaneo nato dopo l’ultimo intervento di Luca Attias al Forum PA 2014, visionabile presso: http://saperi.forumpa. it/relazione/attenta-alle-persone. Una proposta per sbloccare il nostro Paese: Creare il Piano Regolatore Nazionale per il settore digitale. Nel settore dell’Information Technology è necessario imparare che non bisogna reinventare la ruota ogni volta che questa serve, bensì utilizzare quanto già inventato e provvedere al riuso. In quest’ottica è necessario disporre, nel campo della digitalizzazione, di uno strumento di pianificazione con il quale regolamentare l’attività di “edificazione digitale” all’interno di ogni Pubblica Amministrazione, impedendo, di fatto, la “edificazione selvaggia”. Così come ogni Comune, utilizzando il piano regolatore generale, disciplina l’utilizzo e la trasformazione del suo territorio e delle relative risorse, allo stesso modo ogni Pubblica Amministrazione

deve dotarsi di uno strumento (il Piano Regolatore Nazionale di digitalizzazione del paese) che contenga indicazioni progettuali precise sulle infrastrutture, sui modelli da seguire e sugli standard da utilizzare. Ma il Piano Regolatore Nazionale di digitalizzazione, da solo, non può essere considerato uno strumento sufficiente. Serve, difatti, un Piano Attuativo, che possa scadenzare obiettivi e tempistiche operative, oltre ad individuarne ex ante gli attuatori. è giunto il momento di pensare in grande e, come già accaduto in questo Paese tra gli anni 50 e gli anni 60 del ‘900, lavorare sulle grandi infrastrutture per far ripartire l’Italia. La similitudine che più rende l’idea è quella con la costruzione dell’autostrada A1, simbolo di un Paese che voleva crescere e progredire, simbolo di audacia, inventiva, collaborazione, metodo e genio. Indichiamo una strada ben definita ai tanti valenti e capaci giovani italiani che attualmente si trovano fuori dal nostro Paese, affinché non debbano più cercare la loro strada fuori dall’Italia. Perché nel nostro Paese non è possibile creare una start-up come nel resto dei Paesi più evoluti? Perché la burocrazia deve soffocare le migliori idee di persone capaci e competenti, potenzialmente in grado di apportare innovazione e fantasia? Tra le grandi infrastrutture, oggi quelle ICT sono da considerare abilitanti e primarie, capaci di condizionare profondamente il potenziale di crescita di una Nazione, soprattutto perché sono

in grado di creare opportunità di lavoro. Non bisogna realizzare progetti digitali costosi ed inutilizzabili, bensì qualcosa di realmente utile per il progresso del Paese. Quando fu costruita l’autostrada A1, nacquero imprese nuove che sfruttarono tale infrastruttura per sviluppare le loro idee, creare lavoro e crescita. L’A1 digitale deve essere l’indicatore del nuovo miracolo italiano. Il nostro Paese ha dato il meglio di sé nei momenti di grande difficoltà, quando i più ci davano per spacciati. Abbiamo sempre avuto bisogno di grandi eventi, perlopiù negativi, per ritrovare unità e stimoli. La crisi economica attuale non ci aiuta, ma bisogna smetterla di lamentarsi e ripartire. Il Piano Regolatore Nazionale per il settore digitale deve contenere gli obiettivi e le tematiche da trattare e sviluppare, con l’indicazione chiara di eventuali vincoli da osservare. Il piano dovrà, altresì, contenere precise indicazioni tecniche sulle infrastrutture ICT da utilizzare, al fine di evitare che ciascun Ente provveda autonomamente ad un “fai da te “digitale. Il Piano dovrà contenere anche precisi modelli attuativi, semplici da seguire. Al contempo dovrà contenere precisi standard da applicare. Potrebbe essere utile, anche ai fini dei controlli anticorruzione, disporre di sistemi omogenei per tutti gli interlocutori pubblici. E a proposito di anticorruzione? Disporre di poche regole, semplici ed attuabili è il miglior iged.it

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modo per combattere il malaffare. Obiettivi chiari e tempi certi: due armi micidiali per il sottobosco della burocrazia più becera, terreno fertile di corruzioni e “manovre poco lecite”. Si intende, a questo punto della dissertazione, proporre l’esperienza maturata presso la Corte dei conti che è impegnata, da svariati anni, nel progetto di consolidamento dei data center della Pubblica Amministrazione. Il progetto deve essere considerato non solo di natura strutturale e tecnologica, o uno dei tanti aspetti della spending review, ma soprattutto una grande occasione di sviluppo per il Paese. Ci sono oltre 10.000 data center complessivamente utilizzati dalla Pubblica Amministrazione italiana: è una cifra spropositata, che non trova giustificazioni di alcun genere. Ogni data center è fonte di spesa, non sempre giustificata, a fronte dei risultati ottenuti. Riorganizzare i data center, ridurli a circa 10 per tutta la Pubblica Amministrazione in 5

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anni, gestiti da poli tecnologici specificatamente attrezzati per farlo, significa abolire drasticamente, e strutturalmente, centri di spesa inutili, talvolta fuori controllo. Il progetto è fattibile (esistono le idee e la tecnologia), l’obiettivo è chiaro (abolire di fatto tutti i data center della Pubblica Amministrazione), i tempi certi (5 anni). Si crea lavoro e si crea risparmio a tutto vantaggio del Paese. E stiamo parlando solo della parte infrastrutturale. Discorsi analoghi possono essere fatti anche sulla componente relativa alle applicazioni. Infatti attualmente il parco software della Pubblica Amministrazione italiana è un infinito dedalo. Abbiamo una “folle” replicazione dei medesimi servizi in tutte le declinazioni possibili; servizi diversi anche fra Amministrazioni simili, rispettando il copione per il quale esisterebbe una fittizia “specificità” per ciascun Ente della Pubblica Amministrazione italiana, specificità solo millantata, che rende inapplicabile

ogni tentativo di uniformare anche ciò che nasce uniforme. Sono nati così, nel tempo, centinaia di modi di protocollare, centinaia di modi di gestire il personale, migliaia di modi di amministrare il patrimonio, una miriade di applicazioni personalizzate, ma straordinariamente simili, che danno vita a diverse migliaia di sistemi applicativi, ciascuno da manutenere, sviluppare, in quasi totale assenza di federazione tra gli stessi. In questo senso il consolidamento dei data center potrebbe essere il primo passo dal quale partire per rendere finalmente omogenei ed integrati i sistemi della Pubblica Amministrazione. Si potrebbe iniziare con un piano attuativo semplice, senza nessun ulteriore indugio, condividendo quelle componenti che è naturale che siano condivise (spazi, strutture attrezzate, impianti, infrastrutture di base, farm, sistemi di collaborazione, posta elettronica, unified communication, ecc.). Si passerebbe, successivamente, alla determinazione di una “collezione” di servizi in cloud, da realizzare seguendo vari modelli (pubblico, privato, ibrido) ad adesione “obbligatoria” per tutte le Pubbliche Amministrazioni. Anche questa volta con tempi certi di attuazione. Protocollo, governo del personale, gestione delle identità digitali, amministrazione del patrimonio, programmazione, gestione budget, gestione degli acquisti, sistemi CRM, ecc.: un vastissimo elenco di servizi da porre in cloud. Ciò creerebbe molteplici opportunità di lavo-

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ro, i cui effetti positivi sarebbero più consistenti di quelli derivanti dai semplici risparmi. Il Piano Regolatore Nazionale di digitalizzazione appare essere l’unica strada percorribile: discutiamo di tempi, modalità di realizzazione e di chi sarà alla guida del processo, ma non è lecito discutere della sua realizzazione. Tra corruzione ed arretratezza digitale: Quale futuro per il nostro Paese? Un paese, nel quale la scuola, la sanità, la giustizia e la previdenza sociale non funzionano, non può definirsi un Paese civile. Oggigiorno viviamo in una società caratterizzata da molteplici cambiamenti e, pertanto, anche gli ambienti della scuola sono più sollecitati e ricchi di stimoli, ma anche più ricchi di contraddizioni. Nella sua stessa gestione è ovvio che si moltiplichino le opportunità, ma anche i rischi. Si ritiene, comunque, che il ruolo della scuola debba rimanere centrale; in questo moderno scenario le sue funzioni educative, a supporto delle famiglie, nonché didattiche, vanno sicuramente ridefinite, ma in nessun modo possiamo lasciare che la scuola abdichi alle tante difficoltà. L’avvento del digitale e la diffusione delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione rappresenta un’ulteriore grande opportunità per il sistema scolastico, forse la più grande, una vera e propria rivoluzione epocale che non possiamo in nessun modo fallire. Del resto qualcosa va fatto ed in tempi brevi. Secondo i dati statistici pubblica-

ti da noti organismi del settore, l’Italia figura molto spesso negli ultimi posti delle graduatorie inerenti i Paesi maggiormente industrializzati. Tanto per citare un esempio, secondo il Censis, che ha da pochi giorni pubblicato il “48° Rapporto sulla situazione sociale del Paese (2014)”, il 19% dei cittadini europei, con età compresa tra i 16 e i 74 anni, non ha mai usato un computer. In Italia a questo valore medio si avvicinano la Provincia autonoma di Bolzano (23%), l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia (28%), nonché la Lombardia (29%). Al sud d’Italia purtroppo la situazione peggiora in modo deciso; il valore più elevato si registra in Campania (48%), ma seguono anche Piemonte ed Umbria (35%) e Lazio (30%). Questi dati si commentano da soli. In Italia le cose che non funzionano sono tante, forse troppe. Fare del qualunquismo sarebbe riduttivo e non porterebbe a nulla di buono, se non ad alimentare inutili polemiche. L’unica via percorribile è quel-

la di rimboccarsi le maniche ed agire, finiamola di “guardarci l’ombelico”. Come asserito in precedenza, dobbiamo porci degli obiettivi, anche piccoli, e fare del nostro meglio per raggiungerli. Piccoli passi mossi con semplicità, umiltà ed entusiasmo, tenendo ben presente nella nostra mente che il periodo delle individualità e dei “grandi eroi” è ormai terminato; dobbiamo imparare a collaborare e a ragionare solo in termini di Collettività. A fronte di quanto asserito fin qui, desideriamo essere ottimisti e pensare che, con il giusto impegno, con la giusta dedizione e costanza gli italiani possano farcela. Non possiamo e non dobbiamo arrenderci. Gradiremmo concludere questo nostro articolo con le parole, famose e quanto mai vere, di Nelson Mandela: “Sembra sempre impossibile finché non viene fatto”. Come non essere d’accordo, pertanto: “SI PUO’ FARE!”.

Luca Attias Dirigente Generale per la Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati - Corte dei conti

Michele Melchionda Dirigente Centro Unico dei Servizi – DGSIA della Corte dei conti

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Non si arresta la corsa dei fallimenti in Italia. Nel 2014 fallite 15.605 imprese, +9% in un anno Nell’anno appena trascorso si sono registrati 62 fallimenti al giorno, più di due ogni ora. Nuovo record negativo nell’ultimo trimestre 2014: 4.502 imprese hanno portato i libri in Tribunale. In sei anni scomparse oltre 75 mila imprese. Lombardia, Lazio e Campania le regioni più colpite. Edilizia e commercio i settori in maggiore sofferenza. L’Analisi dei fallimenti in Italia CRIBIS D&B nel quarto trimestre 2014. Nell’anno appena concluso in Italia hanno portato i libri in Tribunale in media 62 imprese ogni giorno , oltre due ogni ora. Nel 2014 si sono registrati infatti 15.605 fallimenti, un numero in crescita del 9% rispetto al 2013 e del 66% rispetto al 2009, l’anno in cui la crisi economica aveva appena iniziato a condizionare la vita del tessuto industriale italiano. In sei anni si contano complessivamente 75.175 imprese chiuse, in un trend di costante aumento mostrato dalle rileva-

zioni trimestrali. Questo è quanto emerge dall’analisi dei fallimenti in Italia relativa al quarto trimestre 2014 realizzata da CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information. A balzare subito all’occhio è il trend di crescita costante, che mostra l’aumento senza tregua dei fallimenti negli ultimi sei anni, fino a superare i 15 mila casi nel 2014. E il quarto trimestre dell’ultimo anno si è chiuso con un nuovo record di 4.502

fallimenti: nelle rilevazioni trimestrali dal 2009 ad oggi non si era mai registrato un numero così alto. L’analisi dei fallimenti mostra uno scenario ancora molto preoccupante per la situazione economica del Paese - commenta Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS D&B. Il quarto trimestre 2014, dopo anni caratterizzati da un trend di costante peggioramento, registra un nuovo picco, evidenziando tutte le difficoltà che le nostre imprese stanno ancora affrontando. In par-

FALLIMENTI 2009

FALLIMENTI 2010

FALLIMENTI 2011

FALLIMENTI 2012

FALLIMENTI 2013

FALLIMENTI 2014

I TRIMESTRE

2.202

2.825

2.988

3.212

3.637

3.823

II TRIMESTRE

2.391

3.001

3.411

3.109

3.728

4.278

III TRIMESTRE

1.730

2.058

2.205

2.397

2.647

3.002

IV TRIMESTRE

3.060

3.402

3.565

3.745

4.257

4.502

TOTALE

9.383

11.286

12.169

12.463

14.269

15.605

FALLIMENTI IN ITALIA 2009 - 2014. FONTE: CRIBIS D&B

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REGIONE

FALLIMENTI 2014

INCIDENZA SU TOTALE ITALIA

TOTALE FALLIMENTI DA 01/01/2009

LOMBARDIA

3.379

22.1%

16.578

LAZIO

1.721

10.5%

7.717

CAMPANIA

1.315

8.7%

6.135

VENETO

1.313

8.4%

6.879

TOSCANA

1.205

7.3%

5.492

PIEMONTE

1.175

7.5%

5.439

EMILIA ROMAGNA

1.124

7.3%

5.708

SICILIA

894

5.9%

4.185

PUGLIA

762

5.1%

3.553

MARCHE

580

3.4%

2.707

LIGURIA

356

2.3%

1.554

CALABRIA

332

2.1%

1.681

ABRUZZO

323

2.2%

1.711

SARDEGNA

307

1.8%

1.394

UMBRIA

259

1.5%

1.267

FRIULI VENEZIA GIULIA

241

1.6%

1.607

TRENTINO ALTO ADIGE

187

1.3%

893

BASILICATA

68

0.5%

341

MOLISE

47

0.4%

258

VAL D’AOSTA

17

0.1%

76

FALLIMENTI IN ITALIA 2009 - 2014. DETTAGLIO REGIONALE. FONTE: CRIBIS D&B

ticolare, emerge la situazione molto critica del commercio e dell’edilizia: entrambi i settori hanno infatti superato la quota di 4.000 imprese ad aver portato i libri in tribunale nel corso del 2014. Ci sono però anche segnali posi-

tivi - prosegue Preti. Negli ultimi anni infatti le imprese italiane hanno investito molto in procedure e strumenti come quelli messi a disposizione da CRIBIS D&B che consentono di intercettare tempestivamente i segnali di deterioramen-

to dell’affidabilità dei partner, di mantenere sotto controllo la capacità del proprio portafoglio clienti di generare ricavi, di intervenire tempestivamente con azioni di prevenzione e limitazione del rischio e, soprattutto, di fare previsioni sui propri flussi di cassa”. L’analisi territoriale La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del Paese e alla localizzazione dei settori in maggiore sofferenza nei diversi territori. Nel 2014 la Lombardia si conferma la regione d’Italia in cui si registra il maggior numero di fallimenti, con 3.379 casi, pari al 22,1% iged.it

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SETTORE

MACROSETTORE

FALLIMENTI 2014

COSTRUZIONE DI EDIFICI

EDILIZIA

1.899

INSTALLATORI

EDILIZIA

1.309

COMMERCIO INGROSSO BENI DUREVOLI

COMMERCIO INGROSSO

1.197

SERVIZI COMMERCIALI

SERVIZI VARI

957

COMMERCIO INGROSSO BENI NON DUREVOLI

COMMERCIO INGROSSO

868

LOCAZIONE IMMOBILIARE

EDILIZIA

860

RISTORANTI – BAR

COMMERCIO DETTAGLIO

720

INDUSTRIA MANUFATTI IN METALLO

INDUSTRIA, PRODUZIONE

660

TRASPORTI E SERVIZI MERCI SU GOMMA

TRASPORTI, DISTRIBUZIONE

637

ABBIGLIAMENTO E ACCESSORI

COMMERCIO DETTAGLIO

562

VARIE

COMMERCIO DETTAGLIO

421

INDUSTRIE, MACCHINARI INDUSTRIALI E COMPUTER

INDUSTRIA, PRODUZIONE

330

SERVIZI PERSONALI

SERVIZI VARI

266

ALIMENTARI

COMMERCIO DETTAGLIO

248

ARREDAMENTO – ARTICOLI PER LA CASA

COMMERCIO DETTAGLIO

246

ABBIGLIAMENTO E ALTRI PRODOTTI TESSILI

INDUSTRIA, PRODUZIONE

241

INDUSTRIE DEL MOBILE/ACCESSORI PER ARREDI

INDUSTRIA, PRODUZIONE

233

INDUSTRIE ALIMENTARI

INDUSTRIA, PRODUZIONE

232

INDUSTRIE DELLA PIETRA E DEL VETRO

INDUSTRIA, PRODUZIONE

222

INDUSTRIE TIPOGRAFICHE EDITORIALI

INDUSTRIA, PRODUZIONE

210

ALTRI SETTORI TOTALE

3.287 17

15.605

FALLIMENTI IN ITALIA NEL 2014. FONTE: CRIBIS D&B

del totale nazionale. Dal 2009 ad oggi solamente in questa regione si contano 16.578 imprese ad aver portato i libri in tribunale. La seconda regione più colpita è il Lazio, con 1.721 imprese chiuse nel 2014 (incidenza sul totale nazionale del 10,5%), la terza la Campania con 1.315 fallimenti (incidenza dell’8,7%). Nelle prime dieci posizioni, seguono Veneto con 1.313 casi, Toscana con 1.205, Piemonte con 1.175, Emilia Romagna con 1.124, Sicilia con 894, Puglia con 762 e Marche con 580. I settori merceologici I macrosettori più colpiti dai

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fallimenti nel 2014 sono il commercio, in cui si contano oltre 4.200 imprese chiuse, e l’edilizia, con oltre 4 mila casi. In questi due soli settori si concentra oltre metà del totale dei fallimenti registrati in Italia nel corso dell’anno appena trascorso. Entrando nel dettaglio dei microsettori, è la “costruzione di edifici” a far registrare il numero più alto di imprese con i libri in Tribunale (1.899), seguito dagli “installatori” (1.309). Vengono poi il commercio all’ingrosso dei beni durevoli (1.197), i servizi commerciali (957) e il commercio all’ingrosso dei beni non durevoli (868 casi). Nel commercio,

si segnalano anche 720 fallimenti di ristoranti e bar, 562 di negozi di abbigliamenti e accessori, 248 di negozi alimentari, 246 di negozi di arredamento e articoli per la casa. Non è esente dal fenomeno però l’Industria, in particolare quella dei manufatti in metallo (660 fallimenti), dei macchinari industriali e computer (330), del tessile – abbigliamento (241), del mobile – arredo (233). E nemmeno i Trasporti e servizi merci su gomma con 637 imprese fallite nel corso del 2014.

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Fabb, artigiani digitali Dal 2011, giorno dopo giorno, abbiamo seguito le nostre passioni e abbiamo fatto quello che sapevamo fare: costruire oggetti. Con le mani, con le macchine, per non dimenticare l’importanza del lavoro manuale. di Paolo Aliverti

L’immagine della principessa Leila galleggia a mezz’aria. Questa volta non è R2-D2 a proiettarla, ma il mio cellulare. Non è un vero ologramma, ma l’effetto prodotto è molto realistico. Ne ho portato uno alla Maker Faire di Roma e il mio banchetto era affollato di curiosi che cercavano di capire se la medusa che galleggiava sul telefono era reale oppure no. Gli ologrammi sono una delle nostre ultime realizzazioni. li vendiamo come gadget da dieci centimetri, ma possiamo arrivare a strutture fino a tre metri di lato. Possono essere interattive e reagire a quello che accade. Nel 2006 passai alcune settimane in Sardegna. In spiaggia, tra i giochi con mia figlia e un giro con il windsurf, mi leggevo un libro dal titolo “FAB”, scritto da un professore del MIT: Neil Gershenfeld. Il libro parlava di come costruire ogni tipo di oggetti utilizzando macchine a controllo numerico, stampanti 3D, elettronica e software. FAB non è un libro per ingegneri, è la storia di come sono nati

La Digital Fabrication realizza oggetti fisici partendo da modelli digitali. Il caso più noto è quello delle stampanti 3D che possono realizzare un prototipo stratificando materiale plastico o di altro tipo. Altre macchine usate nella digital fabrication sono le laser cutter e le frese CNC.

i FabLab, i laboratori di prototipazione rapida aperti al pubblico. Prima di tornare a Milano richiusi il libro, ma continuai a pensare a quello che avevo trovato in quelle pagine. Nel 2011, deluso dalla vita da impiegato, provai a partecipare ad alcuni bandi per startup: ne vinsi due, presentando assieme a due amici l’idea di creare un laboratorio del genere anche a Milano. Le cose poi non andarono molto bene, ma da allora continuai a lavorare in questo campo e a vedere nascere cose meravigliose, come le stampanti 3D open source, Arduino, la digital fabrication. Abbiamo tenuto corsi su quello

che sapevamo fare e sviluppato progetti per inventori, aziende, startup e artisti. In un paese in cui tutti parlano di crisi, ho visto qualcosa di buono. Dal 2011 incontro persone che hanno idee. Le incontro a pranzo, al parco, mentre mi offrono un caffè. In tanti hanno un progetto e ci lavorano giorno e notte. Anch’io come loro mi trovo a fare orari pazzeschi: ad alzarmi alle cinque del mattino per crollare a notte fonda. Per anni ho lavorato come impiegato dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18... ma per tutto il resto del tempo ero uno startupper o un maker. Pochi

L’ultima frontiera dell’innovazione è Internet delle Cose: la possibilità che oggetti e luoghi hanno di interagire con la Rete, comunicando dati in autonomia e acquisendo una forma di intelligenza primitiva.

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Il Physical Computing è una disciplina che studia, progetta e realizza nuovi metodi di interazione tra uomini e macchine. Utilizzando un design “intelligente” e tecnologie avanzate è possibile interagire con il mondo eliminando tastiere, mouse e schermi.

soldi, ma c’è tanta forza e determinazione. Da pochi mesi, dopo una serie di avvenimenti buoni e cattivi, mi trovo con una società da far funzionare. Ho fatto il salto e mi sono lanciato. Ho trovato un socio, Stefano Brivio, che conosco meglio di mio fratello, compagno di avventure, di concerti ed ex imprenditore. Abbiamo iniziato per gioco, da piccoli, con uno ZX Spectrum e Commodore 64. Amiamo la tecnologia e le novità, nonostante le mille difficoltà quotidiane che una piccola realtà deve affrontare. Fabb nasce nel 2014, ma ci oc-

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cupiamo di digital fabrication e physical computing dal 2011, anno in cui ho portato a Milano l’idea di aprire un fablab, vincendo un premio di Assolombarda e il bando “Imprese Creative 2011”. In questi anni abbiamo realizzato numerosi progetti in cui più tecnologie convergono e si uniscono per creare prodotti innovativi. Abbiamo lavorato con fablab, startup, agenzie creative e inventori, su prototipi e piccole produzioni. Se ve lo state chiedendo... si, siamo dei maker!

Paolo Aliverti Ingegnere delle telecomunicazioni, project manager, artigiano digitale e scrittore

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OmniPage Ultimate Nuance ha da poco rilasciato una versione aggiornata del suo prodotto OmniPage, che va a sostituire le precedenti versioni base e Professional, realizzando così una suite adatta sia al singolo utente, sia all’azienda. di giancarlo butti

Il miglior modo per provare un prodotto è sicuramente quello di utilizzarlo nelle pratica con casi concreti e le circostanze hanno voluto che in questi giorni fossi impegnato nella composizione della variegata documentazione che descrive la mia ultra trentennale carriera lavorativa e l’altrettanto complessa carriera scolastica e formativa. Si tratta, come si può immaginare, di documenti in formati molto diversi fra loro, siano questi elettronici o su sopporto cartaceo. Il mio obiettivo è realizzare un unico documento strutturato in PDF assemblando questa varietà di contributi. Si tratta quindi di acquisire immagini da scanner (ad esempio le copertine dei miei libri), di interpretare il testo riportato nei programmi dei corsi seguiti, di recuperare nei vecchi CD i file dei lavori eseguiti… La disponibilità della suite di Nuance giunge quindi a proposito anche perché non avevo ancora installato sul mio portatile di casa con Windows 7 come

sistema operativo alcun convertitore di file in PDF. Del resto la disponibilità del formato PDF come standard riconosciuto per lo scambio di documenti e la conseguente capacità di molte applicazioni di salvare direttamente in questo formato ha reso questa esigenza meno pressante che nel passato. Va a questo proposito ricordato che la differenza sostanziale fra le comuni applicazioni e la suite Nuance è che queste si limitano a salvare i file “anche” in formato PDF, ma non sono in grado di convertire un file PDF nel

loro formato originale. La suite Nuance è invece in grado di convertire un file Word in PDF, ma anche viceversa, mantenendo la formattazione del testo e l’impaginazione del documento (e questo vale per ognuno dei formati file supportati). Avendo ora l’esigenza di effettuare una elaborazione sui documenti molto più complessa del solito, ho apprezzato notevolmente le possibilità offerte da OmniPage, le quali mi hanno agevolato non poco nel mio lavoro di assemblaggio. La suite nasce per sostituire sia

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la versione base, sia la Professional di OmniPage ed in effetti può essere utilizzata con due diversi approcci: il primo è adatto all’utente singolo e ad operazioni spot, il secondo è più adatto alla impostazione di flussi di lavoro standardizzati, anche batch, tipici di un’azienda strutturata. Il primo approccio è comunque molto utile anche per appren-

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dere facilmente e velocemente come impostare flussi di lavoro complessi, considerando che la quantità dei parametri che si possono settare è notevole e non è facile comprenderne immediatamente il significato se li si affrontano direttamente. Un approccio graduale è quindi consigliabile. Dal punto di vista pratico è sufficiente posizionarsi

su un file (la suite è in grado di gestire numerosissimi formati diversi) e con il tasto destro del mouse avviare il processo di conversione dello stesso in PDF, secondo caratteristiche e qualità selezionate dall’utente (nel caso in cui quelle di default non fossero considerate idonee alla specifica situazione). Selezionando contemporaneamente più file, anche di formato diverso, è possibile combinarli fra loro ad esempio per la realizzazione di un unico documento complessivo in PDF (in realtà sono disponibili anche in questo caso diverse opzioni, quali ad esempio la creazione di un file PDF per ogni documento o la sovrapposizione di più file in un unico documento). Nel caso in cui il file selezionato sia un PDF è invece possibile attivare con il tasto destro OmniPage, il quale propone alcuni flussi di lavoro preimpostati, quali ad esempio la conversione del file in Word, piuttosto che in MP3. Caratteristica particolare della suite è infatti la possibilità di generare un file audio partendo da un testo, in qualunque formato questo sia disponibile inizialmente: file, documento cartaceo, immagine… Non va infatti dimenticato che OminPage nasce come software OCR e quindi una delle sue peculiarità è la capacità di riconoscere il testo, sia questo presente su un documento digitalizzato con uno scanner, ovvero sia la fotografia di quanto riportato su un cartellone o una lavagna. In questo secondo caso la suite

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dispone di funzionalità di correzione dell’immagine al fine di migliorarne non solo la qualità al fine di garantire una maggior “riconoscibilità” da parte del motore OCR, ma anche per permettere di “raddrizzare” testo e immagini che potrebbero apparire distorti se la fotografia non è stata eseguita con la corretta angolazione, come facilmente può capitare quando si usa per la ripresa un cellulare. La qualità della lettura vocale è decisamente buona; una voce femminile interpreta correttamente anche i passi più difficili della nostra lingua. A differenza di quanto avviene con l’OCR che è multilingua (nel senso che un documento con più lingue può essere interpretato correttamente), non sono riuscito a configurare la lettura vocale multilingua. Gli studenti potrebbero agevolarsi notevolmente di questo strumento realizzando file audio dai propri libri per poterli cari-

care ed ascoltare sui loro dispositivi mobili o per poterli leggere grazie al supporto del formato ePub. Altra caratteristica della suite è infatti la possibilità di convertire sia in input, sia in ouput anche questo formato. Con Omnipage è possibile creare flussi di conversione da diversi formati di documento ed immagini, ad altrettanti diversi formati di output. Per chi ha fretta, è anche disponibile LaunchPad; un’applicazione molto veloce ed intuitiva, basato su un’interfaccia grafica tipica dei dispositivi mobili con la quale è possibile impostare rapidamente una serie di processi indicando la tipologia del file di origine, il tipo di elaborazione da eseguire sullo stesso, dove deve essere posizionato il risultato finale. Considerando che l’oggetto principale elaborato dalla suite è il testo, grande importanza viene data alla qualità del riconosci-

mento dello stesso ed alla elaborazione delle immagini iniziali, siano queste acquisiti da scanner o da fotocamera. La suite è ovviamente multilingue e gestisce non solo i caratteri latini, ma anche quelli cinesi, giapponesi, coreani... e dispone di funzionalità di correzione anche manuale dei testi e funzionalità di apprendimento. Nell’impostazione dei processi è infatti possibile predisporre una fase di correzione guidata del testo, utile in fase di configurazione di un nuovo flusso, per poi saltarla completamente quando si è confidenti nella qualità del riconoscimento automatico. è anche possibile archiviare i propri file nel cloud; la suite attiva in fase di installazione grazie al modulo Nuance Cloud Connector una directory virtuale, che successivamente può essere abbinata ad uno dei vari servizi cloud disponibili anche gratuitamente (Dropbox, OneDrive…). Una suite quindi molto ricca, dove il rapporto prezzo prestazione è decisamente favorevole considerando anche che si tratta di un prodotto utilizzabile per gestire flussi di lavoro di molteplici soggetti.

Giancarlo Butti Auditor e Divulgatore scientifico iged.it

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Webmarketing per le PMI Milano, 26 marzo 2015

SEMINARI PROFESSIONALI ITER

Il controllo sull’investimento come presupposto del ritorno sull’investimento di una strategia di webmarketing per imprese di piccole dimensioni. Su questo concetto chiave si articola questo modulo formativo dedicato a PMI che hanno a disposizione budget limitati e che devono quindi massimizzare le performance delle proprie campagne di digital marketing. La possibilità di controllare le performance delle campagne in tempo reale consente di monitorare il consumo del budget in proporzione al ritorno ottenuto e di valutare rapidamente tutte le opzioni strategiche.

Linkedin 4 Business Roma, 9 aprile 2015 In un contesto di mercato in cui Linkedin è leader assoluto nei social network professionali è fondamentale poterlo utilizzare al meglio per fare business e non solo (personal branding, ricercare lavoro, etc). Questo corso mette in grado di capire come approcciare lo strumento strategicamente alla luce delle attuali funzionalità. Si analizzeranno nel dettaglio tutte le funzionalità offerte dallo strumento Linkedin e si indicheranno le linee guida per la strutturazione di strategie..

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PER MAGGIORI INFORMAZIONI E iscrizioni: www.iter.it/seminari

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Il successo di Fattura24 Intervista al fondatore, Carlo Camusso. a cura della redazione

Fattura24 ha recentemente pubblicato il suo nuovo servizio web che permette a PMI e liberi professionisti di gestire sul cloud le proprie fatture. Ne abbiamo approfittato per chiedere qualche informazione in più a Carlo Camusso, fondatore e CEO di Fattura24.

Parlaci di te. Quale percorso ti ha portato a fondare Fattura24? Di base sono un appassionato di programmazione e questo mi ha portato a lavorare nell’informatica già dal periodo universitario. Con una P.IVA in mano, ho iniziato come programmatore e poi ho ricoperto il ruolo di project manager presso diverse aziende di telecomunicazioni, ma era un lavoro che mi andava stretto. è in quel contesto di libero professionista e in cerca di qualche cosa con il quale dare sfogo alla mia passione che è nato Fattura24. Nel 2010 iniziai a lavorare per Ebilling Spa (oggi Doxee Spa), una bellissima azienda di Modena che erogava ed eroga tutt’ora un servizio di document composition utilizzando un software sviluppato internamente. In un mercato costellato di aziende ‘Time & Material’ con le quali avevo avuto a che fare negli anni precedenti, Doxee mi apparve come una mosca bianca e dopo pochi mesi mi trasferii a Modena Fattura24 era già online e negli anni in Doxee, anche se con un enorme seguito, rimase poco più che un progetto amatoriale.

Ma la passione è come l’acqua, e se trova una breccia tende a rompere gli argini. La mia breccia furono gli utenti che continuavano a crescere e a marzo del 2014 decisi di uscire da Doxee per dedicarmi a tempo pieno a Fattura24. Una scelta che in un periodo di crisi apparve azzardata a molti ma che da subito portò i primi frutti: oggi Fattura24 conta quasi 40 mila P.IVA iscritte e ha iniziato a fare le prime assunzioni. Anche se la ragione sociale è piuttosto chiara, ci spiegheresti in che cosa consiste Fattura24? Fattura24 è un portale per la fatturazione sul cloud che aiuta liberi professionisti e piccole e medie imprese a gestire le fatture dei propri progetti, monitorare le spese e controllare la salute generale del proprio business in modo efficace e veloce. I comunicati stampa di Fattura24 fanno riferimento esplicito al mondo cloud. In che modo la “nuvola” incide positivamente sulla vostra attività? Il cloud non incide sulla nostra attività, ma su quella dei nostri clienti. L’utente che decide di iged.it

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A questa domanda devo soprassedere perchè abbiamo in cantiere novità di grande rilievo e ci teniamo all’effetto ‘Wow’

utilizzare Fattura24 per le sue fatture: • sa che non dovrà più preoccuparsi di salvare, archiviare recuperare i propri documenti. • sa che se perde il suo computer, gli si rompe o peggio gli viene rubato, non perderà nulla. • sa che in qualsiasi luogo del mondo e con qualsiasi dispositivo collegato ad Internet potrà accedere ai propri documenti. • sa che in qualsiasi momento può condividere i documenti con il suo commercialista. In Fattura24 i veri beneficiari del cloud sono in definitiva i nostri utenti. Ovviamente anche per noi ci sono grossi vantaggi, non ultimo un business estremamente scalabile.

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Avete osservato correlazioni tra l’andamento del numero di clienti e la crescente diffusione dei servizi cloud in Italia? Sì, certamente. Il successo di un servizio come Fattura24 passa inevitabilmente dalla consapevolezza da parte dei nostri utenti che avere le proprie fatture nel cloud non è un rischio ma un beneficio irrinunciabile. Più il cloud si diffonde e più aumentano gli utenti che abbandonano Office o i classici software di contabilità per passare a noi. Per assurdo i sempre più numerosi competitor con i quali ci confrontiamo non tolgono clienti a Fattura24 ma ci aiutano a far maturare il mercato e a crescere più velocemente. Che tipo di evoluzione prevedete per il vostro servizio?

Qual è la prima ragione in assoluto per cui un professionista o una piccola-media azienda dovrebbero prendere in considerazione il passaggio a Fattura24? Offriamo loro una soluzione fortemente studiata per rendere il processo di fatturazione, e tutto quello che gli orbita intorno, estremamente semplice e di piacevole utilizzo. Le grandi multinazionali non elaborano le fatture con Office e non le spediscono via email al proprio commercialista; al contrario spendono centinaia di migliaia di euro in soluzioni personalizzate per conseguire efficienze e riduzione dei costi. Con Fattura24 offriamo gli stessi risultati anche ai professionisti e alle piccole e medie aziende migliorandone la competitività sul mercato. Un ultimo pensiero per i nostri lettori? Mi auguro che questa intervista venga letta da giovani e meno giovani che vogliano fare impresa e a questi mi sento di rivolgere un incoraggiamento: le scelte più importanti sono figlie di una sana e ponderata incoscienza. Siate quindi incoscienti ma arrivate alle vostre decisioni preparati e sopratutto facendo esperienza in aziende che realmente possono darci un contributo in termini di crescita professionale.

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Nuovo KODAK ScanMate i1180 Kodak Alaris annuncia nuove soluzioni per semplificare e velocizzare la scansione web-based e thin client. A CURA DELLA REDAZIONE

Recenti ricerche mostrano che l’87% delle applicazioni aziendali sono web-based, ma solo il 2% delle imprese utilizzano la tecnologia web per la scansione dei documenti. Per risolvere questo problema, Kodak Alaris ha presentato il terzo modello della serie ScanMate: lo scanner KODAK ScanMate i1180. Questo nuovo scanner consente una facile connessione a sistemi thin client o applicazioni web-based in organizzazioni che gestiscono ambienti Intranet. Unitamente a KODAK ScanMate i1180 è inoltre disponibile il nuovo software KODAK Info Input Solution, una soluzione di acquisizione web-based thin client sicura, in grado di operare sia con il nuovo scanner KODAK che con altri scanner. KODAK Info Input Solution cattura, classifica ed estrae automaticamente le informazioni dai documenti cartacei ed elimina la necessità di costose infrastrutture thick client. Hauke Fast, il responsabile marketing EAMER dei prodotti Kodak Alaris, ha affermato: “Le architetture web-based o thin client consentono alle organizzazioni di accelerare l’adozione di nuove applicazioni aziendali

riducendo al minimo i costi di supporto. Lo scanner ScanMate i1180 esegue tutta l’elaborazione delle immagini localmente all’interno dello scanner. Ciò riduce al minimo la necessità di acquistare e manutenere PC di fascia alta e riduce l’impatto sulle prestazioni di rete causa della congestione del traffico”. Lo scanner KODAK ScanMate i1180 è un pacchetto completo di scansione Come i1150, recentemente presentato, lo scanner ScanMate i1180 viene fornito con il riconoscimento di codici a barre integrato (e supporta nove tipi di codici a barre) e ha un’interfaccia personalizzabile LCD a colori studiata per aiutare gli utenti a identificare rapidamente dove inviare le immagini catturate. Intelligent Document Protection salvaguarda da eventuali inceppamenti così come lo scanner ScanMate i1180 offre la compatibilità TWAIN e ISIS per semplificare l’integrazione con altre applicazioni. ScanMate i1180 include inoltre la funzionalità Smart Touch con un solo pulsante, che permette agli utenti di avviare processi aziendali ed eseguire la scansio-

ne su posizioni predefinite. In grado di elaborare 40 pagine al minuto, con un volume consigliato di fino a 5.000 pagine al giorno, lo scanner ScanMate i1180 viene fornito con una licenza completa per l’EMC Captiva Cloud Toolkit per rendere più semplice agli sviluppatori scrivere applicazioni thin client o per acquisizione su web. è la prima volta che in uno scanner di questa fascia è stato incluso un software di questo tipo per eliminare gratuitamente la necessità di acquistare software intermediari. È sufficiente un PC con basse specifiche per la scansione a piena velocità (come ad esempio un computer Intel Core 2 Duo, 1 GHz, 2 GB di RAM), per rendere il nuovo ScanMate lo strumento ideale per l’utilizzo in ambienti di rete come Citrix, serverclient, desktop remoto ecc. Presentazione del nuovo Kodak Info Input Solution Lo scanner ScanMate i1180 è stato specificamente progettato per funzionare con KODAK Info Input Solution. Studiato principalmente per organizzazioni basate su più sedi, KODAK Info Input Solution è ideale per iged.it

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qualsiasi organizzazione desiderosa di sfruttare gli investimenti in infrastrutture ECM back-end esistenti, applicazioni aziendali o database. Consente di implementare una soluzione di acquisizione standardizzata migliorando la governance interna tra i reparti, la sicurezza e contribuendo a ridurre i costi IT, grazie al fatto che controllo e configurazione vengono gestiti centralmente. KODAK Info Input Solution è ideale per le organizzazioni attive in settori altamente regolamentati dove le richieste di conformità sono molto rigide. La flessibilità di eseguire la scansione come si desidera KODAK Info Input Solution acquisisce, classifica ed estrae automaticamente le informazioni dai documenti cartacei, con lettura di codici a barre, OCR, indicizzazione e annotazione, oltre a consentire la gestione di file drag and drop di documenti elettronici. Il software può essere implementato in due modi:

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1. Modalità batch. Utilizzando un’applicazione lato applet client e server, KODAK Info Input offre una soluzione di scansione distribuita e centralizzata da un browser web, consentendo di importare i documenti in applicazioni ECM e aziendali insieme ad altri sistemi come EMC Captiva, Kofax e IBM FileNet. 2. Modalità transazionale. Con una licenza completa inclusa, la soluzione KODAK Info Input consente agli sviluppatori di utilizzare le API per integrare la funzionalità di scansione direttamente nelle applicazioni aziendali web-based come Sales Force. com, SAP, IBM FileNet e altri. Ad esempio, un ‘pulsante di scansione’ può essere aggiunto alla specifica applicazione in modo che gli utenti non debbano passare da un sistema a un altro quando vogliono acquisire e importare un documento. KODAK Info Input è scritto in

Java ed è sicuro e configurabile con funzionalità di scripting flessibili. La soluzione offre supporto multilingua e funziona con Kodak Asset Management Software per consentire il monitoraggio remoto dell’hardware dello scanner Kodak Alaris e la distribuzione centralizzata degli aggiornamenti software. Prezzo e disponibilità Lo scanner KODAK i1180 è disponibile oggi con un prezzo di listino di € 995,00. Viene fornito con una garanzia di sostituzione dell’unità triennale e gratuita per offrire la massima tranquillità agli utenti per i quali la scansione è parte integrante dei flussi di lavoro elettronici. Lo scanner KODAK i1180 supporta un’ampia gamma di sistemi operativi tra cui Windows, Linux e Apple Macintosh. Il software KODAK Info Input Solution ha una struttura di prezzi e concessione di licenze flessibile e competitiva.

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presenta

DOCUMENTI DIGITALI Nel 2008 veniva pubblicato Dal Documento all’Informazione, volume a più mani con il quale abbiamo cercato di offrire un primo strumento di lavoro per quanti, a diverso titolo, si trovavano alle prese con le problematiche connesse alla gestione della EPDVNFOUB[JPOF BNNJOJTUSBUJWB OFM EJGmDJMF momento della transizione dal cartaceo al digitale. il gradimento incontrato ci ha spinto a ripensare completamente il volume, sia nei contenuti che nella strutturazione logica dei contributi, aprendo ad un confronto con la TJUVB[JPOF EFJ QBFTJ FVSPQFJ MJNJUSPm F QPOFOEP BODIF M BDDFOUP TVMMB GPSNB[JPOF EFMMF mHVSF professionali e sugli strumenti di ricerca delle informazioni.

ROBERTO GUARASCI è professore ordinario di Documentazione presso l’Università della Calabria e Consigliere per l’Innovazione del ministro della Pubblica Amministrazione.

ANTONIETTA FOLINO è ricercatore presso l’Università della Calabria per il settore scienze del libro e del documento.

45,00 €

Per maggiori informazioni e per l’acquisto del volume: ITER Via dei Valtorta 6 20127 Milano (MI) Tel: 02 099 9891 Fax: 02 3929 0580 www.iter.it - iter@iter.it

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