High Rise - Collective Visions

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"L’idea che lo sviluppo di una città passi attraverso la verticalità è un costrutto ideologico tra i più forti del nostro tempo. [...] La riflessione sui profondi mutamenti di Milano, fatta attraverso la fotografia da un gruppo di studenti di architettura, è allora un tentativo di ragionare sulla società che stiamo edificando e che tramanderemo a chi verrà dopo di noi. Tentativo che merita la nostra massima attenzione." Angelo Desole

HIGH RISE

C o l l e c t i v e v i s i o n s edited by Andrea Ferreri

EDIZIONI

POLI.DESIGN

Stefano Marongiu


HIGH RISE Collectivevisions edited by

Andrea Ferreri Stefano Marongiu

with the contribution of

Politecnico di Milano


Cover design by Caterina Battolla Logo Architecture Reporter by Marco Cabiddu ISBN: 978-88-95651-09-5 Š 2014 Edizioni POLI.design Prima edizione: maggio 2014 via Durando 38/A - 20158 Milano Tel. +39.022399.7206 Fax +39.02.2399.5970 segreteria@polidesign.net www.polidesign.net

Tutti i diritti sono riservati; è vietata la riproduzione non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, la memorizzazione elettronica o altro sistema di registrazione.


Contents

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Preface

Saverio Lombardi Vallauri Angelo Desole Cosimo Di Giacomo Marco Biraghi

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Relations

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The reflection: in between spaces

Pietro Molinari Marco Livorno

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Introduction

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Tribute to non verticality

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Map

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Metropolitan Tales

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Buildings’ gender

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Acknowledgements

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A matter of proportions

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No-stop city

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Torre del Parco

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The bridge

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The view from the ground

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Swiss Centre

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Vuoto Verticale

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33rd floor

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Coming soon

Andrea Ferreri Stefano Marongiu

Aurora Destro

Nicola Moretti

Andrea Ferreri Olga Konovalova Olena Bardina Stefano Marongiu Carlotta Pichler Sofia Coutsoucos Stella Porta Paola Rosato

Mattia Marsetti


EDITORIAL STAFF: Editor: Andrea Ferreri Stefano Marongiu Art Direction: Caterina Battolla Text Editor: Paola Rosato Special Contributors: Felix Bielser Marco Menghi Correspondents: Olena Bardina, Sofia Coutsoucos, Aurora Destro, Andrea Ferreri, Olga Konovalova, Marco Livorno, Mattia Marsetti, Stefano Marongiu, Pietro Molinari, Nicola Moretti, Carlotta Pichler, Stella Porta, Paola Rosato.


Preface

Saverio Lombardi Vallauri “Milano senza montagne, salvo Monte Stella, comunque costruito con detriti di architettura bombardata. Milano così piatta che deve costruirsi i rilievi. Milano l’americana, la scorrevole, la modaiola al ritmo delle stagioni autunno/inverno e primavera/estate. Milano narcisa, specchiata nel vetro specchiante. Milano femmina che accoglie nel lavoro, si fa maschio in grattacieli. Milano comunque chiusa, perché le vette sono per pochi. Prima si facevano le chiese, immense, ma tutti entravano. Ora si fanno le torri, ma nessuno entra. Mi piace guardare in alto, mi manca guardare dall’alto.”

“Milano with no mountains, except Monte Stella, built with rubble from bombed architecture. Milano so flat that must build its heights. Milano, the American, the fluent, the fashionable to the rhythm of the autumn/winter and spring/summer seasons. Milano is narcissus, mirrored in mirroring glass. Milano is female welcoming at work, is male shaping itself in skyscrapers. Milano is closed anyway, because the peaks are for few. Once, churches were built, immense, but everyone entered. Now the towers are made, but none enters. I like to look up, I miss watching from above. “

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Angelo Desole L’idea che lo sviluppo di una città passi attraverso la verticalità è un costrutto ideologico tra i più forti del nostro tempo. Si tratta di una precisa scelta urbanistica che propone un’idea di società stratificata e che identifica il potere, economico e politico, come presenza dall’alto; un potere che afferma se stesso attraverso l’aggressività della propria presenza verticale imposta all’intero paesaggio urbano. La visione dall’alto al basso, poter stare ai piani alti e guardare fuori dalla finestra, è quindi sguardo di potere. Di riflesso però lo sguardo dal basso verso l’alto, lo sguardo del passante, ma anche lo sguardo del fotografo che vive dentro la città, può diventare sguardo critico. La riflessione sui profondi mutamenti di Milano, fatta attraverso la fotografia da un gruppo di studenti di architettura, è allora un tentativo di ragionare sulla società che stiamo edificando e che tramanderemo a chi verrà dopo di noi. Tentativo che merita la nostra massima attenzione.

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The idea that the development of a city steps through the verticality is one of the strongest ideological constructs of our time . It is a deliberate planning which promotes the idea of a stratified society, and which identifies the economical and political power as a presence from above; a power which asserts itself through the aggressiveness of its vertical presence that sets the entire urban landscape. The view from the top to the bottom, staying on the top floors and looking out from the window, is a look of power. On the other hand, however, the gaze from the bottom upwards, the eye of the passer-by but also the sight of the photographer who lives in the city, can become a critical eye . The reflection on the deep changes of Milan, made ​​through photography by a group of architecture students, is then an attempt to think about the society that we are building and that we will hand down to those who will come after us. An attempt that deserves our full attention.


Cosimo Di Giacomo Con una passeggiata ho scoperto Milano. Ho avuto poco tempo forse, per riuscire a cogliere ciò che viene definita l’identità dei luoghi, tuttavia sufficiente per dare un senso alle parole troppo spesso utilizzate per definire il capoluogo delle metropoli italiane. Per le strade, spesso con la testa rivolta verso l’alto, mi sono accorto da subito di quanto la città lombarda è in grado di stupire chi, come me, l’ha conosciuta attraversandola alla ricerca, dapprima degli “zoccoli duri” di pietra e mattone, per poi dirigere l’attenzione verso “gli agili” di vetro e acciaio, percorrendo Milano in bicicletta non come un turista, ma come un attento curioso verso la città che svela i suoi emergenti gioielli.

I just discovered Milano walking. Probably I had not enough time to catch what is generally defined the identity of a place. However I had enough time to give sense to the words used frequently to define the “Italian metropolitan capital”. In the street, often raising the head to the sky, I perceived how the city is able to surprise people, as me, who discovered the city starting from the “hard core” of stone and brick, through the “Nimble” of steel and glass, crossing Milan by byke not as a tourist but looking around as a busybody through the city which shows its new “rising jewellery”

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Marco Biraghi Edifici alti, torri, grattacieli Note per una fenomenologia dello sviluppo in altezza milanese La vicenda storica del grattacielo nasce a Chicago nella seconda metà del XIX secolo, dalla necessità di ricostruire la città dopo il famoso incendio del 1871. La tipologia del grattacielo è l’esito della crescita dell’edificio commerciale, e può essere considerata la materializzazione di una questione puramente finanziaria: si tratta di sfruttare una porzione di suolo nel modo maggiore possibile, mettendo in relazione le risorse economiche di chi s’incarica dell’investimento e le tecnologie costruttive che il momento storico consente. A differenza di altre tipologie, il grattacielo non è strettamente connesso a una funzione; si tratta essenzialmente di un contenitore che cerca di inglobare quanta più volumetria possibile. Sotto questo profilo, si può dire che la sua progettazione non è mossa da alcuna ragione ideale. In Europa, durante gli anni ’20 del XX secolo non ci sono sostanzialmente costruzioni la cui tipologia sia riconducibile a quella del grattacielo. È interessante come la cultura architettonica europea recepisce la sua immagine nel celebre concorso per la sede del giornale americano «Chica10

Skyscrapers were born in the second half of the 19th century in Chicago, from the need to rebuild the city after the famous fire of 1871. The typology of the skyscraper is the result of the commercial building’s growth and it can be seen as the materialization of a purely financial issue: to make the most of a portion of soil by relating the economic resources of those who takes care of the investment and the construction technology allowed by the historical moment. Unlike other types, the skyscraper’s shape is not closely related to a function; it is essentially a container that tries to incorporate as much volume as possible. From this point of view, we can say that its design is not motivated by any ideal reason. During the 20s of the twentieth century, in Europe there aren’t buildings whose type is attributable to the skyscraper. It is interesting how his image is aknowledged by the European architectural culture during the famous competition for the headquarters of the American newspaper ‘Chicago Tribune’, attended by many architects from all over the world, including many Euro-


go Tribune», cui partecipano moltissimi architetti da tutto il mondo, e tra loro molti architetti europei, come Walter Gropius, Ludwig Hilberseimer, Adolf Loos. L’idea di produrre un’immagine fortemente suggestiva in realtà serve a mascherare qualcosa, più che a costituirne la sostanza. A partire da questo concorso, infatti, il grattacielo è spesso concepito come un grande schermo per la proiezione di stili ed elementi decorativi, qualcosa che comunque ha il compito di far dimenticare la reale natura del grattacielo. In Italia le prime torri sorgono a partire dagli anni ’50. La Torre Breda di piazza della Repubblica, a Milano, su progetto di Luigi Mattioni, costituisce il primo esempio di grattacielo italiano concepito secondo gli stilemi americani. Alla sua sommità però è presente un volume di forma ellittica, una sorta di villa urbana che rivela una nostalgia “bucolica”: come si trattasse di una villa in cima a una collina, o di un belvedere. Va chiarito tuttavia che edifici alti come la Torre Breda e il Grattacielo Pirelli sono esattamente l’espressione di una società industriale e produttiva, qual era quella milanese di quegli anni. Altra tematica fondamentale legata alla tipologia del grattacielo è quella dello sfruttamento del suolo. L’urbanistica dell’isola di Manhattan è organizzata su una griglia ortogonale, ogni blocco della quale, oltre ad avere dimensioni limitate, presenta costi molto elevati. Da ciò è possibile comprendere la logica di sfruttamento del suolo newyorkese. L’urbanistica di Milano presenta caratteri del tutto diversi: la sua collocazione in mezzo alla pianura non pone limitazioni nell’estensione dei lotti tali da giustificare una competizione così dura ed economicamente gravosa come quella di New York.

pean architects such as Walter Gropius, Ludwig Hilberseimer, Adolf Loos. The idea of producing a strongly evocative and fascinating image actually serves to mask something, rather than to constitute something concrete. In fact, starting from this competition on, the design of the skyscraper is often conceived as a big screen for the projection of styles and decorative elements: something that still has the duty to make people forget the real nature of the skyscraper. In Italy the first towers rise starting from the ‘50s. The Breda Tower of Piazza della Repubblica in Milan, designed by Luigi Mattioni, is the first example of Italian skyscraper designed according to the American style. At its top, however, there is a volume of elliptical shape, a kind of urban villa revealing a “bucolic” nostalgia: as if it was an house on the top of a hill, or a lookout. It should be clarified, however, that high buildings such as the Breda Tower and the Pirelli Tower are just the expression of an industrial and productive society, which was Milan’s society of those years. Another fundamental issue related to the skyscraper typology concerns the soil exploitation. The island of Manhattan is organized on an orthogonal grid, of which each block, not only has a very limited size, but also an high price. According to this it’s possible to understand the logic of land use in New York. The urban character of Milan it’s quite different: its location in the middle of a flat land does not limit the extension of the lots that would justify a so tough and economically burdensome competition as the one in New York. Concerning the residential high-rise buildings, such as those in the ex-Varesine and the Bosco

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Per quanto riguarda i grattacieli a carattere residenziale, come quelli nell’area delle ex-Varesine e il Bosco Verticale, si pone un’altra questione ancora: il prestigio conferito dal lusso e l’auto-rappresentazione del privato che si manifesta nel dominio del territorio dall’alto. La Torre Velasca, elevata a una notorietà internazionale per la sua particolarissima forma, rifiuta la banalità dell’International Style dominante in quel momento: tutta l’attenzione è concentrata nel suo famoso profilo, destinato a entrare permanentemente nello skyline milanese. A riprova di ciò, pur collocandosi nel pieno cuore della città, la Torre Velasca non riveste alcun ruolo nella vita pubblica milanese: né lo spazio prospiciente la piazza Velasca, né quello interno della lobby offrono alcun significativo spazio pubblico. D’altro canto, il corpo verticale del nuovo Palazzo della Regione Lombardia non ha un vero e proprio attacco a terra, ciò che dal punto di vista simbolico lo rende debolissimo; una debolezza ribadita dalla mancanza di una fisionomia particolarmente riconoscibile. Si tratta dell’esatto contrario del grattacielo, che per sua natura deve imperiosamente prendere possesso del suolo e da lì misurare la sua distanza dalla sommità. Il grattacielo, d’altronde, una volta abbandonata la sua unicità, legata alle forze economiche che agiscono al suo interno, è spesso debole come elemento residenziale. Ne è una prova il maxicondominio del racconto di James G. Ballard, High-Rise, in cui si verifica un disastro che non si svolge soltanto al suo interno ma che è letteralmente il prodotto della logica dell’edificio. La Torre Unicredit, di più recente costruzione, è parte di un sistema che crea una piazza su un vuoto che si stacca dal tessuto circostante della

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Verticale, another question arises: the prestige given by luxury and self-representation of the private citizen that manifests itself in the domain of the territory from above. The Torre Velasca, internationally renowned for its unique shape, refuses the banality of the International Style, prevailing at that time: all the attention is focused in his famous profile, intended to enter permanently in Milan’s skyline. As evidence of this, in spite of being in the heart of the city, the Torre Velasca doesn’t play any role in Milan public life: neither the space overlooking the piazza Velasca, nor the lobby interior offers any significant public space. On the other hand, the vertical body of the new Palazzo della Regione Lombardia has not a real basement, that makes the building weak from a symbolic point of view; a weakness confirmed by the lack of a particularly recognizable physiognomy. This is the reverse of the skyscraper, which by its nature it must imperatively take possession of the land, and measure from there its distance from the top. Besides, the skyscraper, once abandoned its uniqueness linked to the economic forces operating in its interior, is often weak as residential element. The proof of this is the maxistorey apartment building of James G. Ballard, High-Rise, in which occurs a disaster that does not take place only inside but that is literally the product of the building logic. The Tower Unicredit, recently built, is part of a system that creates a square on a blank that is detached from the surrounding tissue of the city; an “invented” square, which did not exist before, and that is added to the image of Milan mainly thanks to the pedestrian area which creates new opportunities to socialize. His char-


città; una piazza del tutto “inventata”, che non esisteva prima, e che si aggiunge all’immaginario milanese entrando a farne parte soprattutto grazie all’area pedonale che crea nuove occasioni di socialità. Il suo carattere di torre è accentuato dalla presenza sulla sommità di una terminazione a forma di pinnacolo, reminiscenza forse delle guglie del Duomo o di un capriccio arabeggiante. Questo è uno dei tanti elementi del progetto che non aiutano a comprendere la relazione tra i caratteri morfologici e l’effettiva socialità che quello spazio crea. In fondo, gli ultimi grattacieli costruiti a Milano rispettano ancora la tripartizione classica del palazzo comunale italiano. In questi edifici (ma anche nei tall buildings che sorgevano a Chicago negli ultimi decenni dell’800), la tripartizione era costituita da una fascia di bugnato al pianterreno, da uno sviluppo finestrato più o meno ampio a seconda delle potenzialità finanziarie, e da un attico di coronamento che segnava la fine dell’edificio. Nella nuova sede dell’Unicredit è evidente la medesima partizione: al di sotto dell’alto pinnacolo, grandi e uniformi facciate vetrate, e ancora più giù, una fascia a pianterreno segnata da una pensilina sorretta da pilastri inutilmente inclinati, in cui è presente ancora tutta l’enfasi dell’ingresso monumentale. Tutte queste caratteristiche – che nei grattacieli modernisti, se c’erano, erano ridotte al minimo – fanno collocare la Torre Unicredit all’interno di una fase manierista dell’architettura moderna. In merito al problema di Milano sull’inutilizzo e sull’inefficacia progettuale dei suoi spazi pubblici, la Torre Galfa presenta molte opportunità. Nei pochi giorni in cui è stata occupata dal collettivo Macao, ha dimostrato grandi potenzialità di sfruttamento: una sorta di spazio pubblico su di-

acter is accentuated by the presence of the famous pinnacle shaped construction placed on the top, perhaps reminiscence of the Duomo’s spiers or an arabic whim. This is one of the many project’s elements that do not help understanding the relationship between the morphological characters and the actual social relations that are created by this space. In the end, the last skyscrapers built in Milan still comply with the classical tripartition of the Italian municipal building. In these buildings (but also in the tall buildings that rose in Chicago during the last decades of 1800), the tripartite division was composed by an ashlar strip at ground floor, a windowed portion greater or lesser wide depending on the owner’s financial capability and a penthouse marking the end of the building. The same partition is evident in the new Unicredit’s headquarter: below the high pinnacle, large and uniform glass facades, and further down, a band on the ground floor marked by a cantilever roof supported by pillars needlessly tilted, where still there is the whole emphasis of the monumental entrance. All of these features - which in modernist skyscrapers were reduced to the minimum - place the Unicredit Tower in a mannerist phase of modern architecture. On the Milanese issue of the lack of use and design effectiveness of public spaces, the Galfa Tower introduces many opportunities. During the the few days it was occupied by the collective Macao, it has shown great potential for exploitation: a kind of public space on different levels, as many as his floors, where everyone could correspond to a different situation, as happened in the days of his squatting. Making an economic and imaginative effort, a kind of public square

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versi livelli, tanti quanti sono i suoi piani, in cui a ognuno potrebbe corrispondere una diversa situazione, come è successo di fatto nei giorni della sua occupazione. Facendo uno sforzo economico e immaginativo neppure troppo grande si potrebbe allestire al suo interno una sorta di piazza pubblica su più livelli, secondo l’idea koolhaasiana dello sfruttamento della congestione, incarnato dal progetto per il Downtown Athletic Club di Starrett e Van Vleck del 1930, a New York. Milano non è una città rappresentata tradizionalmente dall’alto: sono pochissime le vedute a volo di uccello di Milano, ovvero le raffigurazioni in cui la città viene pensata concettualmente e praticamente “da fuori”. E allo stesso modo, anche nel corso del Novecento, non sono stati molti gli edifici che hanno offerto “punti archimedici” esterni al sistema. La Torre Branca, all’inizio degli anni trenta, anche se timidamente, nasceva con tale idea, cioè creare un punto di osservazione legato alla città, oltre che alla Triennale e al parco Sempione. Tuttavia osservare dall’alto Milano rimane ancora oggi un privilegio per pochi fortunati. Dunque, qual è l’esigenza di costruire edifici così alti? È un impulso che parte dalla cittadinanza, dalla collettività? Oppure è qualcosa circoscritto ai soli circuiti finanziari e alle esigenze dello sviluppo economico? È interessante riprendere quanto affermato alcuni anni fa sui giornali da Stefano Boeri, secondo il quale Milano dovrebbe dotarsi di una “foresta di Boschi Verticali” da costruire ovunque ci sia spazio disponibile, persino all’interno dei più noti parchi milanesi. Quei “Boschi Verticali”, secondo quanto sostenuto in quell’occasione da Boeri, non avrebbero una ragione speculativa bensì il nobile compito di

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on several levels could be set up inside, according to the idea of the congestion exploitation of Koolhaas, embodied by the Downtown Athletic Club project of Starrett and Van Vleck of 1930 in New York. Milan is a city that traditionally is not depicted from the top: there are very few bird’s eye views of Milan, or rather the representations in which the city is conceptually and practically thought “from the outside”. In the same way, even in the twentieth century, there weren’t many buildings offering “Archimedean points” outside the system. At the beginning of the thirties, the Torre Branca, although timidly, was born with the idea of creating an observation point linked to the city, as well as the Triennale and Parco Sempione. However observing Milan from the top still remains a privilege for a lucky few people. So what is the need of building so tall buildings? It is an impulse that starts from citizens, from the community? Or is it just something limited to the financial circuits and to the economic development needs? It is interesting to resume what was stated in newspapers by Stefano Boeri a few years ago: according to him Milan should have got a “forest of Boschi Verticali” to be built wherever there is available space, even in the most wellknown parks in Milan. Those “Boschi Verticali”, as claimed by Boeri at that time, would not have a speculative reason but the noble task of increasing the flora and fauna biodiversity of Milan. It would still be interesting to see if Boeri was trying to conceal, more or less skillfully, the financial nature of the skyscraper (as he did in the Foresta Verticale built in the Isola district) or he was actually thinking of a kind of


aumentare la biodiversità della flora e della fauna milanese. Sarebbe ancora interessante capire se Boeri stesse cercando di occultare, più o meno abilmente, la natura finanziaria del grattacielo (come ha poi fatto nel Bosco Verticale costruito all’Isola) oppure stesse davvero pensando a una specie di Ville Radieuse lecorbusieriana del XXI secolo. Da queste riflessioni si ritorna al discorso iniziale, in cui l’immagine del grattacielo corrisponde a quella di una “montagna incantata”, una proiezione ideale, un’immagine emozionale oltreché materiale, che nel progetto di Boeri assume la maschera di grande intervento pubblico: non aumentare estensivamente la superficie del verde milanese, quanto piuttosto aumentarne l’altezza e la densità attraverso la sua accumulazione verticale. Il Bosco Verticale può essere considerato come un “cavallo di Troia”: rappresenta una cruda realtà che cerca di ammantarsi di vesti utopiche. Il grattacielo viene così contrabbandato per un rimedio e un simbolo benefico, portatore di valori positivi, “naturalistici”, in contrapposizione all’“altro” tipo di grattacielo, armato di curtain wall, assunto a emblema della sua natura finanziaria. Il tempo stabilirà se queste nuove costruzioni saranno accettate da un punto di vista sociale, e se subiranno quel processo di “appropriazione” dal punto di vista dell’uso che la città fa delle sue forme, secondo l’idea rossiana di una città fatta di forme che possono anche cambiare funzione, ma che permangono proprio nella loro capacità di trasformarsi. Sarà il tempo a dire se questi grattacieli saranno disponibili ad accogliere tali trasformazioni.

Le Corbusier’s Radiant City of the XXI century. From these considerations we return to the initial speech, in which the image of the skyscraper corresponds to the one of a “magic mountain”, an ideal projection, an emotional besides material image, which in the Boeri’s project assumes the mask of a big government intervention: to not increase extensively the surface of the Milanese green areas, but rather increase its height and density through its vertical accumulation. Bosco Vericale can be considered as a “Trojan horse”: it represent an harsh reality that seeks to dess itself in utopian clothes. The skyscraper is then smuggled to a remedy and a symbol of charity, bearer of positive values, “nature”, as opposit to the “other” kind of skyscraper, armed with a curtain wall, taken as a badge of his financial nature. Only time will determine if these new buildings will be accepted from a social point of view, and if they will undergo the process of “appropriation” from the point of view use that the city makes of its forms, according to Aldo Rossi’s idea of a city made of forms that can also change function, but which remain precisely in their ability to transform themselves. Only time will tell whether these skyscrapers will be available to accommodate these changes.

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Introduction

Andrea Ferreri Stefano Marongiu Fotografare una città significa fare scelte tipologiche, storiche, oppure affettive, ma più spesso vuol dire cercare luoghi e creare storie, relazioni anche con luoghi lontani archiviati nella memoria, o addirittura luoghi immaginari. Questi luoghi sono strade, edifici, piazze e scorci, orizzonti, più raramente vedute panoramiche, che alla fine si risolvono in un viaggio, un percorso dentro la città. Il compito del fotografo è di lavorare sulla distanza, di prendere misure, di trovare un equilibrio tra un qui e un là, di riordinare lo spazio, di cercare infine un senso possibile del luogo.

Photographing a city means making typological, historical, or sentimental choices, but more often means create places and stories, create relations also with distant places kept in mind, or even imaginary places. These places are roads, buildings, squares and views, horizons, more rarely panoramic views, that are ultimately resolved on a journey into the city. The task of the photographer is to work on the distance, to take measures, to find a balance between a here and a there, rearranging space, to finally seek a possible sense of the place.1

Gabriele Basilico, Abitare la metropoli 1

Gabriele Basilico, Abitare la metropoli 1 17


Con il suo “Milano. Ritratti di fabbriche” Gabriele Basilico ha testimoniato e raccontato il passaggio del capoluogo lombardo dall’economia industriale a quella post-industriale. E oggi, cosa si può raccontare di una città che si sta trasformando in una metropoli iper-funzionale e che muta forma per ospitare un evento mondiale come Expo 2015? Le trasformazioni della società sono sempre state alla base dei cambiamenti del paesaggio urbano e hanno sempre provocato straordinarie reazioni letterarie e artistiche. […]Da sempre la città è celebrata in rapporto alle sue icone più importanti, molte delle quali intessono una gerarchia visiva se non di grattacieli, di torri e campanili.

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With his Milano. Ritratti di fabbriche Gabriele Basilico has witnessed and reported the passage of the Lombard capital from industrial to post-industrial. And today, what can we tell about a city that is turning into a hyper-functional metropolis, and that changes shape to host an event like the World Expo 2015? The transformation in society have always been the basis of changes in the urban landscape and have always provoked extraordinary literary and artistic reactions. [...] Cities have always been celebrated in relationship with its most important icons, many of which weave a visual hierarchy if not of skyscrapers, towers and steeples.

Graham Clarke, La fotografia. Una storia culturale e visuale 2

Graham Clarke, La fotografia. Una storia culturale e visuale 2

Questo passaggio sta cambiando fortemente l’immagine della città, spostando l’attenzione e lo sguardo su specifiche forme architettoniche che maestosamente s’innalzano dal suolo per scrutare l’orizzonte urbano. “35 mm of Architecture” è il nome di una serie di incontri di fotografia che si è tenuto al Politecnico di Milano durante il primo semestre dell’anno accademico 2013/2014. Si tratta di un progetto coordinato da un gruppo di studenti interessati a riportare l’attenzione sull’architettura del grattacielo e sui recenti cambiamenti che hanno modificato la superficie e l’altimetria della città di Milano. Come strumento di ricerca è stata scelta la fotografia analogica, metodo unico e irripetibile per comporre un racconto in grado

This transition is changing the real image of the city, shifting the attention and the look on specific architectural forms that rise majestically from the ground to scan the city skyline. “35 mm of Architecture” is the name of a series of meetings that took place in photography at the Polytechnic of Milan during the first semester of the academic year 2013/2014. It is a project coordinated by a group of interested students to refocus attention on the architecture of the skyscraper that and the recent changes have altered the surface and the altitude of the city of Milan. As a research tool has been selected analog photography, unique and unrepeatable way to compose a story that reveal the icons of the new city-building vertical


di svelare le icone della nuova città verticale confrontandole con gli edifici-simbolo della sua storia. Le fotografie aprono […] possibilità di comprensione, senza pretese narrative, oggi svuotate di senso ma portatrici pur sempre di significati, anche verso l’identità stessa della fotografia. Nei confronti della progressiva smaterializzazione indotta dal digitale, […] si ribadisce infatti l’identità “forte” della fotografia e la materialità del “fare” fotografico, attraverso la scelta della fotografia analogica. Silvia Paoli, Il senso di un progetto 3 Gli incontri hanno preso forma dalla necessità di ridare valore allo strumento della fotografia all’interno della ricerca di tipo urbanistico e architettonico, dove essa è pensata non come fine, ma come un mezzo per studiare e comprendere le dinamiche relative al trasformarsi della città. Il tema di ricerca è partito dall’identificazione e dalla mappatura delle principali torri e grattacieli di Milano, come il grattacielo Pirelli, la torre Galfa, la torre dei Servizi Tecnici Comunali, la torre Velasca, la torre Branca, il Centro Svizzero, la torre Breda, insieme alle architetture di più recente costruzione, come il complesso di grattacieli di Porta Nuova e il nuovo Palazzo della Regione Lombardia. Agli incontri hanno partecipato professionisti ed esperti invitati dai coordinatori del progetto Stefano Marongiu e Andrea Ferreri. Gli interventi dei fotografi Saverio Lombardi Vallauri, Angelo Desole, Cosimo di Giacomo, Marco Menghi, Giovanni Hänninen e del professor Marco Biraghi hanno

comparing them with the symbol of its History. The photographs open [...] the possibility of understand, without narrative pretending, now emptied of meaning but still meaningful, even to the real identity of the photograph. Towards the progressive dematerialization induced by digital technology, [...] in fact it reaffirms the “strong” identity of the photography and the materiality of the photographic “to do” process, through the choice of analogue photography. Silvia Paoli, Il senso di un progetto 3 The encounters have taken shape by the need to restore the value of photography within the research of town planning and architecture, where it is conceived not as an end but as a tool to study and understand the dynamics of the city’s changes. The research subject started with the identification and mapping of the main towers and skyscrapers in Milano, such as the Pirelli skyscraper, the tower Galfa, the tower of Servizi Tecnici Comunali, the Velasca tower, the tower Branca, the Swiss Center, the tower Breda, together with the architecture of more recent construction, such as the complex of skyscrapers in the Porta Nuova district and the Palazzo della Regione Lombardia. The encounters were attended by professionals and experts invited by the project coordinators Andrea Ferreri and Stefano Marongiu. The interventions of photographers Saverio Lombardi Vallauri, Angelo Desole, Cosimo Di Giacomo, Marco Menghi, Giovanni Hänninen and profes-

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fornito una serie di strumenti utili a esplorare e comprendere temi riguardanti la storia della fotografia e la sua tecnica, la fotografia d’architettura, di archeologia industriale e di reportage, insieme alla storia di alcune architetture e edifici particolarmente rappresentativi della città di Milano. Le tematiche affrontate durante gli incontri e l’accostamento dei differenti punti di vista sull’argomento hanno permesso di ampliare la percezione relativa all’ambiente costruito, offrendo gli strumenti per la formazione di un giudizio critico. L’esperienza collettiva di ricerca, studio e lavoro sul campo si è così tradotta in una mostra che mette a confronto i lavori fotografici degli studenti, rivelando, uno di fianco all’altro, differenti prospettive, sguardi personali e sinceri sui fatti urbani della “città che sale”.

1 Teatro No’hma, Milano 2010. 2 Einaudi, Torino 2009. 3 In “Ex fabrica”. Identità e mutamenti ai confini della metropoli, Silvana Editoriale, Milano 2006.

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sor Marco Biraghi have provided a number of useful tools to explore and understand issues related to the history of photography and its technique, the photograph of architecture, industrial archeology and reportage, along with the history of some particularly representative architectures of the city of Milano. The issues discussed during the encounters and the combination of different points of view on the subject made ​​it possible to broaden the perception related to the built environment, providing tools for the formation of a critical judgment. The collective experience of research, study and work in the field has thus resulted in an exhibition that compares the photographic works of students, revealing, side by side, different perspectives, personal and sincere looks on the urban facts of the “rising city”.


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Map La mappatura degli edifici è stata una guida per il nostro lavoro. La densità dei punti, concentrati maggiormente a nord della città, evidenzia il nuovo piano di sviluppo verticale. Nella mappa satellitare molti di questi edifici non sono presenti: al loro posto sono evidenti i cantieri e i vuoti urbani. Le immagini satellitari risalgono al 2009, anno di completamento delle fondazioni del Palazzo della Regione Lombardia e d’inizio del cantiere del distretto di Porta Nuova. Inoltre, questa mappa è una testimonianza dei cambiamenti in atto.

The map of the buildings has been a guide for our work. The density of the points, mostly concentrated in the north part of the city, highlights the new plan of the vertical development of the city. In the satellite map many of these buildings are not present: in their place are evident buildings site and urban void. Satellite images are dated back to 2009, the year of completion of the foundations of the Palazzo della Regione Lombardia and of the construction’s start of the district of Porta Nuova. Moreover, this map witness the changes taking place.

1 Torre Branca (1933) 2 Centro Svizzero (1952) 3 Torre Breda (1954) 4 Torre Velasca (1958) 5 Torre Galfa (1959) 6 Grattacielo Pirelli (1960) 7 Sede dei Servizi Tecnici Comunali (1966) 8 Torre Garibaldi A-B (1992) 9 Nuova sede Regione Lombardia (2010) 10 Torre Diamante (2012) 11 Headquarter Unicredit (2013) 12 Bosco Verticale (2013) 13 Torre Aria (under construction)

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Buildings’ gender Aurora Destro

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A matter of proportions Nicola Moretti

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No-stop city Andrea Ferreri

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Torre del Parco Olga Konovalova

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The bridge Olena Bardina

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The view from the ground Stefano Marongiu

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Swiss centre Carlotta Pichler

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Vuoto verticale Sofia Coutsoucos

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33rd floor Stella Porta

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Coming soon Paola Rosato

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Relations Pietro Molinari

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The reflection: in between spaces Marco Livorno

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Tribute to non verticality Mattia Marsetti

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Metropolitan Tales

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Buildings’ gender Quando mi è stato chiesto di associare alcune parole al concetto di verticalità ho subito pensato a quello di mascolinità. La gara-sfida tra chi “arriva più in alto” è una costante che ritroviamo nella storia dell’architettura che ha dato forma alle nostre città. Gli edifici sono simboli e quelli verticali sono maschi. Un luogo sacro come una chiesa, ad esempio, è composto da due parti complementari, il campanile, simbolo maschio, e l’invaso della cupola che come un ventre materno accoglie indiscriminatamente i fedeli sotto di sè. Con questo progetto rivolgo il mio sguardo a Isola, il mio quartiere, dove si sono visti crescere molti edifici maschili e pochi spazi in grado di accogliere, sminuendo così, in modo un po’ naïf e rimanendo all’interno della sfera simbolica, questa smania verticale pre-2015.

When I was asked to associate a few words to the concept of verticality, I immediately thought about masculinity. The race-challenge between those who “can go higher” is a constant that we find in the history of architecture that shaped our city. The buildings are symbols and the vertical ones are males. A sacred place like a church, for example, is composed of two complementary parts: the bell tower, a male symbol, and the filling of the dome which like a mother’s womb welcomes the faithful indiscriminately under him. With this project, I turn my sight to Isola, my neighborhood, where “male” buildings are growing more than reception spaces, belittling in this way, naively and remaining within the symbolic sphere, this craze vertical pre-2015.

Aurora Destro

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A matter of proportions Le fotografie rappresentano il tema della verticalità in termini di rapporto tra i grattacieli e l’ambiente costruito esistente. La tipologia edilizia storica milanese è la cosiddetta “casa di ringhiera”: una particolare abitazione alla quale si accede attraverso un balcone percorribile da tutti gli abitanti dello stesso piano. I nuovi edifici, appartenenti al complesso del Bosco Verticale di Stefano Boeri, rappresentano un tipo completamente diverso di edificio residenziale, basato su un’idea originale dei progettisti. Le quattro immagini sono un’esplorazione della dimora storica milanese circondata dai due grattacieli del Bosco Verticale . I segni del tempo, di uso e gli oggetti accumulati sui balconi e nel cortile dagli abitanti, appaiono in contrasto con la forma perfetta dei grattacieli, così profondamente dettagliati e progettati. La prima immagine rappresenta come il progetto del Bosco Verticale si rapporta con la città e parte dei vecchi edifici. La seconda e la terza, sono viste interne delle facciate delle “case di ringhiera” che si affacciano su una delle strade che penetrano il nuovo complesso. L’ultima mostra l’altezza dei nuovi edifici , fuori scala rispetto ai vecchi blocchi . Lo scopo delle immagini non è quello di giudicare i nuovi edifici, ma di dare una dimensione all’entità della trasformazione, confrontando le proporzioni delle case di ringhera con le grandi dimensioni dei nuovi grattacieli .

The photographs represent the theme of verticality in terms of relationship between the skyscrapers and the existing built environment. The typical milanese building type is the so called “casa di ringhiera”: a particular kind of dwelling having the entrance to the apartments through a balcony walkable by all the inhabitants of the same floor. The new buildings, belonging to the complex of Bosco Verticale by Stefano Boeri, represent a completely different kind of residential typology, based on an original idea of the designers. The four pictures are an exploration of the milanese typical dwelling surrounded by the two skyscrapers of Bosco Verticale. The signs of time, of use and the objects accumulated on the balconies and in the courtyard by the inhabitants, appear in contrast with the perfect shape of the skyscrapers, so deeply detailed and designed. The former picture represents how the projects of Bosco Verticale relates with the city and part of the old buildings. The second, as the third, are internal views of the facades of the “case di ringhiera” facing one of the streets that penetrate the whole new complex and the last one shows the height of the new buildings, out of scale if compared to the old blocks. The aim of the pictures is not to judge the new buildings but to give a dimension to the entity of the transformation, comparing typical old proportions to oversized new skyscrapers.

Nicola Moretti

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No-stop city La città è un luogo caratterizzato dal flusso di cose e persone. Possiamo considerarla un’infrastruttura infinita dove il continuo movimento è alla base dei suoi scambi economicoculturali, del suo essere viva. Al tempo stesso la città non muta o meglio, non vuole mutare la sua immagine. Aggrappandosi ad un passato, ad un’ identità fatta di grandi opere e grandi personaggi, si ripropone sempre uguale strizzando l’occhio ai turisti. La città così intesa è un luogo ambiguo, ferma ma in continuo transito. La si attraversa spostandoci da un punto all’altro, da un’attrazione a un’altra spesso perdendone la sua immagine complessiva ma apprezzandone quella transitoria. L’idea di città è più legata ad un viaggio che ad un vivere sedentario.

The city is a place characterized by the flow of things and people. We can consider it as an infinite infrastructure where a continuous movement is the base of its economic and cultural exchanges, of its being alive. At the same time the city does not change or rather, does not want to change her image. Clinging to the past, to an identity made ​​of great deeds and great characters, it shrewdly blinks to the tourists. The city thus understood is an ambiguous place, still but in continuous transit. You cross it moving from one point to another, from one attraction to another often losing his overall image but appreciating his transient feature. The idea of ​​the city is more related to a trip than to a sedentary lifestyle.

La città alta, quella dei grattacieli, è differente. Cerca di staccarsi da questo movimento elevandosi nel cielo, prendendone le distanze quasi con disprezzo. Sotterrando i flussi, scavando il terreno o costruendo ponti, la città alta si sovrappone alla città in transito affermandone la sua indipendenza. Essa segue il mito della verticalità, non più quello della velocità che ha caratterizzato il secondo dopoguerra. Questo cambio di mito oggi genera una città di torri. Un ritorno al medioevo che abbandona la strada alla sua funzione di infrastruttura senza alcun tipo di fascino.

The upper town, the one of the skyscrapers, is different. It tries to break away from this movement rising in the sky, taking the distances with contempt. Burying streams, digging the ground or building bridges, the high city overlaps itself with the city in transit, asserting its independence. It follows the myth of verticality no more than the speed that characterized the post-war period. Today this change of myth generates a city of towers. A return to the Middle Ages that leaves the road to its infrastructure function without any kind of charm.

Andrea Ferreri

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Torre del Parco Nonostante sia costruita nel periodo fascista, Torre Branca non è una costruzione severa, maestosa che opprime l’osservatore. Dalla mia prima visita ho notato un rapporto delicato con il parco intorno. Uno dei nomi di quest’ultima era “Torre del Parco”. Ho trovato la forma di torre Branca simile ad un albero: la base [le radici] è fortemente fissata al suolo, il nucleo [il tronco] collegamento verticale, è incorniciato dalla struttura in acciaio [i rami], assottigliandosi man mano verso l’alto mi ricorda una casa come quella per i bambini in cima all’albero per osservare ciò che sta succedendo intorno in un luogo sicuro, un luogo a noi caro.

Even if it was constructed in the Fascist period, Torre Branca makes quite opposite impression. It is not a majestic construction that rises above the observer. From my first visit to this tower I noticed a delicate relation with the park around it. One of it’s names was “Torre del Parco” (“Park tower”). I found Torre Branca’s shape similar to a tree: the basement [roots] is strongly attached to the ground, the core [trunk] of vertical connection framed by steel structure [branches]. Refining to the top it remembers me a small house like that one for children on the top of the tree to observe what is happening around from a safe place, from a place so dear for us.

Olga Konovalova

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The Bridge Con buona certezza si può affermare che esistono pochi altri edifici milanesi che abbiano generato così forti reazioni da parte del pubblico quanto la Torre Velasca. Si potrebbe immaginare Milano senza di essa? E’ diventata un simbolo unico della città, il ponte con il suo passato medievale, l’architettura post-moderna e il panorama architettonico contemporaneo. E’ fuori dal tempo. E non esisterebbe senza Milano e la sua storia . Attualmente, a causa del restauro in corso della facciata dell’edificio, una gabbia metallica geometrica è stata eretta intorno alla parte inferiore della Torre per sostenerne il ponteggio. Le immagini offrono un insolito punto di vista del grattacielo: l’osservatore si trova faccia a faccia con le finestre della Torre e guarda giù verso Piazza Velasca, e poi si sposta verso la piazza, diventando testimone di un’esperienza temporale unica. Nelle foto in bianco e nero, il cantiere e la struttura verticale si fondono in un insieme astratto. La Torre Velasca è fortemente legata con il passato e il presente di Milano ed è sicuramente difficile immaginarla in qualsiasi altro contesto architettonico.

It could be said that no other building in Milan raised such an intense reaction by the public as the Torre Velasca did. Could you imagine Milan without it? It became a unique symbol of Milan, the bridge from the Medieval past of the city, the post-modern architecture and the contemporary architectural view. It is out of time. And it would not exist without Milan and its history. Currently, due to the ongoing restoration of the building’s facade, a geometrical metal cage was erected around the bottom of the Torre Velasca to support the scaffold. The pictures offer an unusual point of view of the tower: the observer stands face to face to the Torre’s windows and looks down to the Piazza Velasca, and then moves down to the square, becoming witness of a unique temporary experience. In the black and white photos, the yard construction and the vertical structure of the building merge together in an abstract entirety. The Torre Velasca is strongly bonded with the past and present of Milan and it is definitely tough to imagine it standing in any other architectural context.

Olena Bardina

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The view from the ground In particolari tipologie, il piano terra è il fulcro delle attività sociali e, in termini di rappresentanza, l’unica vera interfaccia tra l’edificio e il suo contesto. L’attacco a terra è la via di comunicazione tra la costruzione e l’uomo, il quale, oltre che viverlo, necessita un rapporto con esso. Se un edificio è espressione degli ideali e delle aspirazioni di una comunità, il piano terra diventa il mezzo attraverso il quale questi valori sono trasmessi alla società. Il progetto della città si estende alla porzione di suolo su cui poggiano gli edifici e la questione dello spazio pubblico è strettamente legata alle riflessioni sul progetto del piano terra il quale diventa l’elemento di raccordo per eccellenza tra la struttura urbana e la soluzione architettonica. Il progetto dello spazio pubblico è spesso esito di un compromesso tra investimento privato e azione pubblica, e a Milano, negli ultimi anni, la questione ha raggiunto livelli di criticità non indifferenti, com’è accaduto nell’occupazione della torre Galfa abbandonata da anni. Più che puntare l’obiettivo agli irresistibili vertici del grattacielo e cedere a prospettive dai punti di fuga infiniti, ho preferito concentrare il mio punto di vista alla base dell’edificio. Gli edifici che ho scelto rappresentano tre diverse espressioni della collettività e il loro attacco a terra esprime tre diverse situazioni: l’abbandono, il controllo e l’inaccessibilità.

In particular typologies, the ground level is the heart of social activities and, in terms of representation, the only real interface between the building and its environment. The ground level is the way of communication between the building and the man, who, in addition to live it, needs a relationship with it. If a building is expression of ideals and aspirations for a community, the ground floor becomes the means through which these values ​​are transmitted to the society. The project of the city extends to the portion of land on which rest the buildings and the issue of public space is closely related to the reflections on the design of the ground floor, which becomes for excellence the connecting element between the urban structure and the architectural solution. The design of the public space is often a result of a compromise between private investment and public action, and in Milano, in recent years, this issue has reached high critical levels, as happened in the occupation of the torre Galfa abandoned for years. Rather than point the lens to the irresistible top of the skyscrapers and surrender to perspectives with endless vanishing points, I decided to focus my point of view at the base of the building. The buildings that I have chosen represent three different expressions of the community and their ground level expresses three different situations: abandonment, control and inaccessibility.

Stefano Marongiu

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Swiss Centre L’obiettivo del lavoro è stato provare ad esplorare l’edificio da differenti punti di vista distanti e vicini, capirne le relazioni con il quartiere nel quale sorge e cosa nasconde al suo interno.

The aim of the work was try to explore the building from different points of view as remoteness and proximity, to understand the neighborhood in which it is located and what it hides inside.

[… ] “E dove s’estendeva un altopiano ondeggiante di tetti bassi, cimase, altane, serbatoi d’acqua, balconi, lucernari, tettoie di lamiera, ora s’innalza il sopraelevamento generale d’ogni vano sopraelevabile: spariscono i dislivelli intermedi tra l’infimo suolo stradale e l’eccelso ciclo dei super-attici…” “Ma in questa città verticale, in questa città compressa dove tutti i vuoti tendono a riempirsi e ogni blocco di cemento a compenetrarsi con altri blocchi di cemento, si apre una specie di controcittà, di città negativa, che consiste di fette vuote tra muro e muro, di distanze minime prescritte dal regolamento edilizio tra due costruzioni, tra retro e retro di due costruzioni; è una città di intercapedini, pozzi di luce, canali d’aerazione, passaggi carrabili, piazzole interne, accessi agli scantinati, come una rete di canali secchi su un pianeta d’intonaco e catrame…” (Italo Calvino, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, p.65)

[...] “And where stretched an undulating plateau of low roofs, cornices, roof terraces, water tanks, balconies, skylights, roofing sheet, now stands the general overpass of each compartment overhead: no more gaps the gradients between the road surface and the lowest excelled cycle super-penthouses ... “ “But in this vertical city, in this city where compressed all the gaps tend to fill and each block of cement to penetrate each other with concrete blocks, opens a species of no-city, city negative, which consists of slices empty between wall and wall, distances minimum required by building regulations between two buildings, including the back and back of two buildings; is a city of cavities, shafts of light, air ducts, passages driveways, pitches internal access to the basement, as a network of canals dried on a planet plaster and tar... “

Carlotta Pichler

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Vuoto Verticale Torre Galfa. Trentuno piani vuoti, 26.100 metri quadri nel centro della città di Milano, tra il Grattacielo Pirelli e il nuovo Palazzo della Regione. Dal primo piano in su, è stato rimosso tutto: tubature, mobili, isolante. Si cammina sul puro cemento. Salendo le scale si vedono intorno le terrazze deserte degli uffici, la pista di atterraggio degli elicotteri sul tetto del Palazzo della Regione. Infine l’area di Milano in più veloce trasformazione: nuovi edifici spuntano da Porta Nuova alla stazione di Garibaldi. Recentemente i riflettori sono stati portati su Torre Galfa da un’occupazione di dieci giorni da parte di un gruppo di artisti: la torre è così diventata il posto più grande e più alto mai occupato in Europa. Un evento emblematico, inusuale e rilevante: l’involucro che lo ha accolto -un grattacielo abbandonato- e il suo contesto politico e culturale -la città verso Expo2015- sono altamente connotativi. Un grattacielo degli anni cinquanta, vissuto prima da una compagnia petrolifera, poi da una banca e più tardi comprato dalla famiglia Ligresti, è stato infine abbandonato quindici anni fa. Torre Galfa è ora un simbolo del voler appropriarsi degli spazi verticali, soprattutto in un contesto di speculazione.

Torre Galfa. Thirty-one empty floors -26.100 square meters- in the city centre of Milan, right between Grattacielo Pirelli and the new Palazzo della Regione. From the first floor up, everything has been removed: pipes, furnishings, foam. You walk on rude concrete. Climbing up the stairs you can see the offices’ desert terraces around, the helicopter pad on the roof of the new Palazzo della Regione. Then the fastest transformation area of Milan: the new buildings popping out from Porta Nuova to Garibaldi Station. Recently the spotlight was been turned on Torre Galfa by a ten days occupation by a group of artists: it became the biggest and higher occupied place in Europe. An emblematic, unusual and relevant event: the kind of architecture hosting it -an abandoned skyscraperand its political and cultural context -the city towards Expo2015- are highly connotative. A fifties skyscraper, once lived by an oil company, then by a bank and later bought from Ligresti family, has been finally abandoned fifteen years ago. Torre Galfa is now a symbol of the vertical spaces appropriation will, right in the middle of a speculation context.

Sofia Coutsoucos

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33rd FLOOR Una sequenza che inizia statica, lascia il tempo e lo spazio per immaginare le pareti di un pavimento che già si costruisce di verticalità, di stacchi e di sequenze, e fa da guida alla volontà di scoperta. Queste pareti immaginate sono il punto di partenza per iniziare a percorrere lo spazio chiuso. La struttura interna include, si manifesta al suo apice, con proporzioni che si lasciano attraversare. Il 33° piano del Pirelli è la stanza del cielo, a Milano. La parete è la città, l’arredo è l’urbano. Questo invisibile piano in quota, seziona i grattacieli e si fa calpestare, creando collegamenti diretti, svelando le distanze tra le parti. La densità, la velocità ed il rumore sono tenuti fuori, non appartengono. Il risultato è una visione della città, scandita in un passo da 100 cm, che permette di essere misurata per moduli regolari. Questi nuovi strumenti di proporzione riducono la scala della città e la riportano a quella dell’uomo. Un’ inquadratura direzionata, dal basso verso l’alto, che descrive un esterno dall’interno, che racchiude in un unico sistema concentrico la città, l’edificio e l’uomo.

A sequence that starts static, leaves time and space to imagine the walls of a floor that is built of verticality, of breaks and sequences, and serves as a guide to the will of discovery. These imaginary walls are the starting point to begin to traverse the closed space. The internal structure includes, manifests itself at its peak, with proportions that can be crossed. The 33rd floor of Pirelli is the room of heaven in Milan. The wall is the city, the decor are the urban elements. This invisible plane, dissects the skyscrapers and let you step on it, creating direct links, revealing the distances between the parties. The density, the speed and the noise are kept out, they don’t belong to it. The result is a view of the city, scanned in a 100 cm step, which allows it to be measured with regular modules. These new proportion tools reduce the scale of the city and bring it back to the man’s one. A directed shot, from the bottom upwards, which describes an external space from the inside, which encloses in a single concentric system the city, the building and the man.

Stella Porta

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Coming soon Il maggior cambiamento derivante dai nuovi complessi edilizi, da quelle che sono intese come riqualificazioni e ammodernamenti di grandi quartieri, è il notevole stravolgimento degli stessi. L’impermanenza è intrinseca alla città, ciononostante le grandi trasformazioni provocano disorientamento. Cosa succede, cosa ne sarà di quello che vi era? In una prima fase le implicazioni insite nella modernità (i grandi cantieri, le opere civili) si manifestano in un senso di disagio per i cittadini, quale preludio del ben più grande cambiamento che verrà. Questo momento di passaggio è l’ultimo in cui passato e futuro coesistono, prima che ciò che era venga dimenticato per sempre: è l’ultimo momento della memoria. Ho fotografato la Torre Diamante nel suo contesto odierno, affiancandola non solo agli edifici preesistenti che le fanno da contorno, ma anche ai segnali di pericolo, alle barriere del cantiere, evidenziando il “vecchio” e il “nuovo” in relazione agli abitanti durante questo periodo di transito. In ogni scatto la dimensione umana è esplicita o sottintesa ma sempre presente. Dopotutto “il cambiamento, con tutti i rischi che comporta, è la legge dell’esistenza”.

The biggest change resulting from the new building complexes, which are intended as redevelopment and modernization of large districts, is their remarkable distortion. Impermanence is intrinsic to the city, nevertheless the great transformations produce disorientation. What is happening, what will become of everything that was there? During the first stage the implications inherent in modernity ( large construction projects, civil works ) are manifested in a sense of discomfort for the citizens, as a prelude to the bigger change that will come. This is the last moment of transition in which the past and the future coexist, before what was there will be forgotten forever: this is the last moment of memory. I captured the Diamond Tower in its present context, putting it not only beside the existing constructions which surround it, but also beside the warning signs, the building site’s barriers, highlighting the “old” and the “new” in relation to people during this transitory period. In each shot the human dimension is explicit or implicit but always present. After all, “change, with all the risks that entails, is the law of existence”.

Paola Rosato

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Relations Piazza Gae Aulenti si pone come centro del nuovo quartiere di Porta Nuova, ed è caratterizzata da Canopy, una copertura tecnologica composta in parte da cellule fotovoltaiche. L’intento della struttura Canopy è quello di unire le torri Unicredit sul piano orizzontale, creando tuttavia una rottura sul piano verticale così impedendo la vista degli edifici nonostante la trasparenza e la permeabilità che la membrana esprime. Assumendo la copertura come unico vincolo per le inquadrature, ho deciso di scattare dal basso, protetto da essa, nascosto: la struttura diviene quindi co-protagonista delle immagini, evidenziando le interazioni tra i soggetti rappresentati. Canopy fende lo spazio separando gli edifici dalla piazza. Il progetto fotografico riflette sui conflitti tra copertura, torri e piazza; conflitti e difficoltà che io stesso ho percepito nell’accostarmi ad essa.

Gae Aulenti square represents the center of the new district of Porta Nuova, and is characterized by Canopy a technological cover composed partly of photovoltaic cells. The intent of the Canopy structure is to merge Unicredit towers on the horizontal plane, however creating a break in the vertical plane, preventing the view of the buildings despite the transparency and permeability that the membrane expresses. Assuming coverage as the only constraint for the shots, I decided to shoot from the bottom, protected by it, hidden: the structure then becomes co-star of images highlighting the interactions between the subjects represented. Canopy cleaves the space separating the buildings from the square. These photographs are meant to illustrate the conflicts between architectural coverage, towers and square; conflicts and difficulties that I have received to approach it.

Pietro Molinari

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The reflection: in between space Ho deciso di incentrare le mie fotografie su di un elemento che solitamente viene considerato un disturbo visivo: il riflesso. Generalmente nella fotografia si tende ad evitarlo, poiché comprometterebbe la qualità dell’immagine: a prima vista una foto con un riverbero potrebbe dunque sembrare scartabile e non apprezzabile. La presenza del riflesso acquista la sua dignità diventando simbolo di qualcosa di più profondo, come la proiezione di spazi interni su superfici che affacciano su ambienti esterni. La creazione di questo legame tra il “fuori” e il “dentro” permette di riscattare il suo valore in quanto diventa ponte tra due mondi solitamente separati. Il riflesso, dunque, come una rinata armonia, come una nuova terza dimensione in cui i due mondi si completano a vicenda.

I focused my photographs on an element that is usually considered a visual disturbance/mistake: the reflection. Generally in pictures we try to avoid it, because it compromises the quality of the image: a photo containing a reverberation might look unlikable and disqualified at first sight. The presence of the reflection gains his dignity when it becomes a symbol of something deeper, as the projection of interior spaces on surfaces opening towards outdoor environments. The creation of a link between the “outside” and “inside” allows you to redeem its value as it becomes a bridge between two worlds usually separated. The reflection as a reborn harmony, as a new third dimension in which the two worlds complete each other.

Marco Livorno

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Tribute to non verticality Nessun edificio è scindibile dallo spazio in cui sorge. Forse per questo molti di essi non riescono a rispecchiare dal vivo il prospetto deciso sulla carta se l’assetto del loro contorno è distrazione dal tema della loro architettura. La piazza, per la torre della compagnia Unicredit, è il luogo in cui si congiungono sapientemente gli stili differenti delle strutture che la delimitano. Anzi, la piazza stessa diventa protagonista nel momento in cui il suo piano orizzontale si oppone alle spinte verticali degli edifici che la delimitano. Allora, il piano orizzontale assume la forma di una quinta teatrale per la verticalità: esso è in grado di accentuarla ed esaltarla oppure schiacciarla secondo rapporti di dimensioni complementari. La fotografia imprime tale rapporto sulla pellicola ed in questo ulteriore piano convivono sensazioni di verticale e nonverticale, in un gioco reso sempre nuovo dalla prospettiva. Nella piazza Gae Aulenti, la prospettiva ha il ruolo di creare forme geometriche che si fondono con quelle dei palazzi. L’acqua ha qui un ruolo principale congiungendosi all’architettura e creando una simbiosi nuova ad ogni diversa increspatura della superficie: essa puo’ prolungare le forme con il proprio riflesso e completarne la sinuosità giustapponendo il suo profilo, a volte in perfetta sintonia. L’oscurità della notte è invece la condizione che rende possibile l’isolamento di questa unione dal resto della città senza altri elementi se non quelli della piazza nella sua interezza.

No building can be detached from the space in which it stands. Maybe that’s why many buildings, once finished, fail to reflect the outline decided on paper if the set of their boundaries is a distraction from the issue of their architecture. The square, for the Unicredit company’s tower, is the place in which the different styles of the structures that surround it join each other wisely. Indeed, the square itself becomes the main character when its horizontal plane is opposed to the vertical thrust of the buildings that encircle it. Then, the horizontal plane takes the shape of a theatrical stage for the verticality: it is able to accentuate and enhance it or crush it according to complementary relationship of dimensions. Photography impress this ratio on film and in this additional plan sensations of vertical and non-vertical live together, in an always new game thanks to perspective. In the Gae Aulenti’s square the role of the perspective is to create geometric shapes that blend with those of the palaces. The water here has a major role linking up to the architecture and creating a new symbiosis with each wrinkling of the surface: it can extend the forms with his own reflection and complete the winding juxtaposing its profile, sometimes in perfect harmony. However, the darkness of the night is the condition that makes possible the isolation of this union from the rest of the city with no other elements than those of the square in its entirety.

Mattia Marsetti

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Acknowledgements

Vogliamo ringraziare gli esperti e i docenti che con la loro passione e conoscenza hanno dato le premesse per affrontare il progetto. In particolare vorremmo ringraziare Giovanni Hänninen che con il suo sguardo critico e la sua passione ci ha guidato nella stesura di questo volume. Questo progetto collettivo nasce ed è frutto dell’impegno degli studenti ed autori presenti nel libro. In ultimo ringraziamo il Politecnico di Milano per il supporto logistico ed economico senza il quale tutto ciò non sarebbe stato possibile.

We want to thank the experts and the professors invited that with their passion and knowledge have given us the premises to deal with this project. In particular, we would like to thank Giovanni Hänninen who with his critic look and his passion has led us to the preparation of this book. This collective project is born and it is the result of the commitment of the students and the authors present in the book. We would like to thank the Politecnico di Milano for the logistical and economical support without which this would not have been possible.

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Group founded by

Andrea Ferreri Stefano Marongiu Contact

architectureporter@gmail.com

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