divagazioni tipografiche
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divagazioni tipografiche
Lo scopo di questa tesi è fornire al lettore un nuovo punto di vista, una nuova prospettiva alternativa riguardo l’uso della tipografia nei libri. Analizzando romanzi, libri scolastici, tascabili di piccolo formato e altre tipologie di scritti, si cercherà di isolare gli elementi tipografici “standardizzati” e consolidati al nostro occhio, allo scopo di
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stravolgerli e riproporli con nuove prospettive di utilizzo. Verrà studiata la storia della tipografia e il suo percorso attraverso il XX secolo ma, essendo un processo ancora in evoluzione, si cercherà di farne parte e magari diventare una piccola parentesi propositiva. tutto lo spirito della tesi ha alla base un processo di rieducazione dell’occhio alla lettura.
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IN D EX
cap ¢ 6 intro cap & 14 STORIA DELLA Tipografia DEL XX SECOLO cap ¿ 20 JAMES ALLEN LANE E LA LETTURA DEMOCRATICA § cap 34 STANDARD "DE FACTO"
cap ¥ 44 Tipografia SPERIMENTALE cap Ž 78 CONCLUSIONI
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« La tipografia deve trasmettere all’immaginazione, senza perdere nulla per strada, il pensiero o l’immagine che l’autore intendeva»
—THOMAS COBDEN-SANDERSON— Chiunque si accinga a svolgere il lavoro del “tipografo” ha di fronte a se un bell’impegno: anzitutto definiamo questo ruolo con la nuova connotazione portata dal ventesimo secolo che non ha più niente a che fare con chi incide caratteri o chi si occupa di stampare libri ma definisce una figura che incarna il Design, inteso come consapevolezza estetica e coordinamento razionale della produzione. La tipografia non è un’arte nuova e quando ci si confronta con un grande passato ci sono sempre difficoltà che possono essere superate conoscendo bene la storia. Quindi ci si può livellare allo stato dell’arte o cercare di fare qualcosa di diverso: a parer mio, stamparsi a lettere cubitali la citazione qui sopra e attaccarla sul muro di fronte a dove si tiene la propria scrivania, può essere un buon modo di farsi strada. Sono profondamente convinta che per fare questo lavoro ci debba essere la voglia di capire CHI sta scrivendo il testo che abbiamo sotto mano (normalmente scrittore e impaginatore sono due ruoli ben separati) e COSA egli voglia trasmettere ai propri lettori (sensazioni, ambienti, idee...) passando attraverso LE NOSTRE MANI (che devono plasmare e dare forma all’opera). Ci vuole empatia e perspicacia, oltre che la voglia di leggersi i libri che abbiamo sotto mano, prima di iniziare a lavorarci su. Ma facendo un passo alla volta, di cosa stiamo parlando? quella nata con GUTENBERG nel 1450, anche se già presente quattro secoli prima in Cina e Corea
Intesa come procedimento di duplicazione di immagini o testi su di un supporto tramite l’uso di strumenti meccanici: impiega un’immagine in rilievo e ne riproduce una incavata.
«PER STAMPA Tipografica SI INTENDONO RIPRODUZIONI DA SERIE ORIGINALI la prima fu la BIBBIA caratteri mobili in metallo DI CARATTERI COMPoSTI CON CURA A FORMARE PAROLE, RIGHE E PAGINE.» composte una per una, libro per libro —BREVE STORIA DELLA PAROLA STAMPATA, CHAPPELL & BRINGHURST—
La figura del tipografo deve essere quella di un outsider che abbia interesse nel prodotto complessivo e soprattutto verso chi ne usufruirà, inoltre deve sempre cercare di elevare gli standard ed essere spinto dalla necessità di rinnovarsi senza mai abbandonare gli aspetti generatori del suo lavoro. Deve anche sapersi porre i limiti necessari e competenti perché, senza di quelli, l’arte non esisterebbe. E come dice EDWARD JOHNSTON (uno dei responsabili del revival della scrittura formale in Inghilterra) in una lettera del 1903 riferita ai metodi di insegnamento: «Non porre limiti alle tue speranze (che possono contemplare l’eternità), ma poni al tuo lavoro ogni limite necessario.» Ma quali sono gli strumenti del tipografo? A prescindere dalla “macchina” che viene utilizzata per comporre (stampa a caratteri mobili come quella a laser), ci sono degli elementi presenti nella pagina che fanno da indicatori per la lettura. Sto parlando di strumenti chiave che servono a decifrare la pagina, smontandola negli occhi e rimontandola nella mente, per poterla comprendere: è fondamentale sapere come utilizzarli per chiunque faccia questo mestiere. Tutti li conosciamo e sappiamo qual è la loro funzione perché sono presenti da così tanto tempo nel nostro sistema di scrittura e di lettura, che sono stati assimilati al nostro alfabeto. Sono, per esempio, segni di punteggiatura, parentesi, rientranze e a capi, l’uso del grassetto per dare forza o del corsivo per l’enfasi, le note a piè pagina e così via... Come questi segni vengono usati e distribuiti nella pagina è parte dell’impaginazione. Si possono prendere come dati di fatto da utilizzare per come sono predisposti o ci si può giocare liberandosi della noia. Quello che ho voluto fare, con questo progetto, è analizzare questi “STANDARD DE FACTO” e utilizzarli a mio piacimento e necessità in maniera nuova e sperimentale. Certi testi, più di altri, sono adatti a questo tipo di sperimentazione e innovazione e, trovando una logica di fondo legata al senso dell’opera, si può riuscire a rinnovarli in maniera interessante. Sono convinta che ci siano molti più modi di impaginare e gestire i testi di un romanzo classico (come di un qualsiasi altro scritto) che non siano gli stessi utilizzati fin dal’400: del resto la Bibbia di Gutenberg o una rivista disegnata oggi può avere la stessa identica impaginazione e coprire entrambe le esigenze comunicative. É ovvio che, se tali elementi sono talmente radicati da essere usati ancora allo stesso modo dopo mezzo secolo, il motivo c’è ed è anche chiaro: leggere è un processo estremamente complicato, anche se non ce ne rendiamo conto, e l’uomo deve imparare a farlo. Ci sono delle convenzioni internazionali, che sono
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state assunte come standard, che seguono il processo di comprensione dell’alfabeto di pari passo: impariamo in contemporanea c o me leggere la lettera “A” e come usare il punto. Quindi man mano che cominciamo a leggere i libri il nostro cervello impara il significato degli elementi nella pagina: perché il testo è sempre distanziato dal bordo della pagina? Perché il 90% dei testi è scritto in nero? Perché ci sono i numeri in ogni pagina e che cosa sono le note? Tutti questi usi consolidati sono quelli che ci permettono di aprire un libro mai visto o in scritto in una lingua che non conosciamo e avere un’immediata comprensione della pagina: capire dove il testo inizia e dove finisce, qual è l’ordine di lettura, persino di che cosa si tratta (distinguiamo immediatamente un romanzo da un libro di testo, da uno studio scientifico o da un manuale d’uso) e quindi SE CI PUÒ INTERESSARE. Quello che percepiamo sono sensazioni stimolate dalla presenza di questi segni, e sono quelle che ci fanno decidere se acquistare o no un determinato libro. Questo è un processo fondamentale che vale per qualsiasi tipo di prodotto esistente, dalla moda ai prodotti di consumo, dal cibo alla scelta di una casa. Allora chi crea questi oggetti deve sempre riuscire a distinguersi o scatenare emozioni nuove nel fruitore; nel caso della storia del libro chi spiazzò completamente la concorrenza nel ‘900 fu Allen Lane quando lanciò la sua casa editrice di libri paperbacks, la Penguin Books. Non solo portò nel commercio un nuovo formato utile, economico, bello e che si adatta ad ogni esigenza ma intuì che il libro deve essere accattivante per essere comprato e quale migliore strumento delle copertine per farlo. Ed è quasi sempre sull’esterno, sulla presentazione di un oggetto, che ci si focalizza perché è la prima cosa con cui il nostro occhio entra a contatto; nel caso di un libro però, dove è ancora più importante il contenuto e le stimolazioni che ne derivano, trovo che sia fondamentale curare attentamente come sono presentati i testi. Una font troppo piccola o mal disegnata potrebbe affaticare
troppo la lettura o distrarla e una troppo grande spiazzare il lettore, troppi elementi che viaggiano nella pagina senza coerenza potrebbero confondere, un’impaginazione troppo statica potrebbe fare addormentare sul libro e così via... Nonostante siano stati fatti diversi studi scientifici su quale sia il migliore rapporto di grandezza tra le lettere, con o senza grazie, rispetto al formato dato o su come gestire gli spazi bianchi piuttosto che quelli pieni, non è stato possibile trovare delle letti matematiche efficienti al 100%. Alla fine ci si può solo affidare ad un occhio esperto e ben allenato (se si ha della fortuna) che riconosca le proporzioni più adatte e faccia un lavoro che rispecchi il più possibile le intenzioni dello scrittore. Nonostante siano state provate tutte le figure geometriche da inserire nelle pagine come linee di riferimento e pure le proporzioni auree (tutt’ora utilizzate) pare che l’occhio proprio non possa sopportare la staticità data da un’impaginazione “perfetta” (parlando di distribuzione di pesi e angoli di messa a fuoco degli elementi) e quindi statica.
Quindi, ciò che il tipografo ha a disposizione, sono elementi standardizzati dall’uso consolidato che non hanno supporto scientifico, da usare più o meno a proprio piacimento, per esprimere in maniera emozionale ciò che un’altra persona ha scritto. Per questo motivo si trovano principalmente tre tipologie di libri: —quelli fatti male —quelli fatti bene ma noiosi —quelli fatti bene che non fanno scollare gli occhi dal foglio. Voglio concentrarmi sull’ultima tipologia e sperare di trovare almeno qualche trucchetto per fare dei libri così, partendo proprio dalla realizzazione della mia tesi, applicandovi qualche principio.
DICHIARAZIONE DI INTENTI :::::::
14 Ora, quello di cui c’è bisogno è una chiave di lettura: come leggere questo libro? Inoltre c’è bisogno di un po' di storia: cosa è stato fatto prima? Infine, cercherò di educare gli occhi dei lettori al “non convenzionale”.
Partendo proprio dall’ultimo punto sopra elencato, come abbiamo detto l’occhio ha dei sistemi solidi e inconsci per leggere le immagini ma cosa succede quando si presentano delle alterazioni (parlando di cambiamenti minimi)? È importante capire che se sono presenti delle “stranezze” non è un caso e sono volute, bisogna solo saperle leggere. Per esempio, l’uso che farò delle citazioni o delle integrazioni di discorsi, che potrebbero anche stare tra lunghe parentesi, sarà un po' diverso: ci sono infatti delle informazioni importanti in un discorso e ce ne sono altre superficiali, che ritengo giusto il lettore abbia la possibilità di leggere o no. E se ha intenzione di farlo, devono essere subito disponibili e recuperabili alla vista. Ho scelto di inserire per questo motivo dei testi in orizzontale a fianco, o in mezzo, al testo principale. Ci sono due colori per questi testi: BLU per le citazioni e magenta per le note o per cose che devono essere evidenziate. Ho poi deciso di usare nel testo il maiuscolo per sottolineare qualcosa che ritengo IMPoRTANTE (questa non è assolutamente una novità tipografica ma comunque viene poco usato) e, quando sono inserite delle immagini nel testo, è perché sono direttamente collegate col discorso che si sta affrontando. In questo modo, lo spostamento che l’occhio deve fare per trovare l’immagine è minimo e non si perde il riferimento del discorso. Oltre la tesi stessa, il mio progetto include la rivisitazione dei libri che erano più predisposti, applicando delle varianti di senso che hanno lo scopo di facilitare la lettura — oltre che a renderli più invitanti. Del resto, se ogni scrittore ha un proprio stile di scrittura e un proprio pensiero, perché i testi che contengono queste idee devono essere invece tutti uguali? Non vedo logica nel presentare allo stesso modo un’opera di Baricco e una di Joyce, o una di Platone e un romanzo rosa, lo trovo altamente incoerente e sembra che nessuno se ne renda conto. Si può trovare una via di mezzo tra quello che è fondamentale che sia presente in ogni scritto e quello che invece può essere cambiato. Mi sono presa quindi la libertà di ripresentare qualche romanzo, un’opera di Shakespeare
E :: in due lingue (così da potermi confrontare con le opere teatrali che hanno altri schemi di lettura), un libro scolastico di lingua tedesca, un’opera filosofica e un libro sulla storia della tipografia nel ‘900. Per quanto riguarda l’ultimo, si tratta di materiale che ho dovuto leggere per scrivere questa tesi e che ho trovato molto utile e altrettanto complicato per i salti temporali e di luogo, mi sono chiesta se fosse possibile riproporlo in altri modi. Sarà quindi presente nel capitolo successivo sotto forma di cartina temporale e geografica. Per quanto riguarda invece i primi due punti da affrontare — cosa è stato fatto e la nuova chiave di lettura—, sarà fatta un’analisi tecnica (ma neanche troppo) e un elenco dei metodi esistenti e consolidati per poi proporre delle soluzioni alternative. Non posso giudicare se siano soluzioni migliori o peggiori, voglio solo provare che ci possono essere degli altri approcci riguardo l’impaginazione di un libro, di qualunque cosa tratti, senza cadere nel banale.
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STORIA DELLA TIPoGRAFIA DEL xx SECOLO Prima di conoscere lo "stato dell'arte", e di comprenderlo, bisogna conoscere cosa è successo prima, come siamo arrivati a oggi? Chi sono state quelle persone fondamentali, e quegli eventi, che hanno continuamente spinto ad un rinnovamento dell'estetica? E dove si sono svolti i principali cambiamenti? Per fare questo percorso mi sono servita di un libro, scritto da Robin Kinross [pubblicato da Tipografia Alternativa], "Tipografia MODERNA". Il nostro autore traccia un percorso sia storico che geografico, vale a dire che si muove nel tempo come nello spazio: incentrato sul XX secolo, prende in considerazione personaggi ed eventi importanti a partire da fine '700. Siccome parliamo di storia della tipografia prettamente Occidentale ci concentreremo su Inghilterra, Germania, America e Svizzera: non che gli altri paesi non abbiano preso parte ai movimenti del '900 ma, per quanto ci serve, vogliamo tralasciarli. Semplicemente non hanno portato quelle importanti novità che sono state fondamentali per arrivare fino all'estetica odierna ma si sono adattati ai movimenti principali, scegliendo a quali affiancarsi e fo- "‘Design’, that is, both in the sense of an aesthetic awareness and in the sense of mentandone la diffusione. Quello che ricerca Kinross sono quel- rational co-ordination of production. (How le persone che hanno avuto una diver- much these two considerations connected sa presa di coscienza rispetto alle tecni- and overlapped is perhaps the great queche di stampa e rispetto a cosa voleva stion to be addressed to any such movesignificare, quelli che hanno contribui- ment.) The function of design in printing to a un nuovo spirito o quelli che sono might not have changed, but the functiorimasti fedeli alla tradizione. Quelli che nary had: design would now become emhanno dato vita alla figura del Tipo- bodied in the emerging figure of the typografo, inteso come esperto freelancer grapher. This person was no longer the conoscitore della storia della stampa e master printer, but in Britain was typically tecniche ma anche pronto a scavalcar- the educated (or self-educated) amateur, le, se necessario. Parlo di personaggi with an aesthetic sense and a passion for come Bruce Rogers, Edward Johnston, the history of books and printing." Eric Gill, Jan Tschichold e tanti altri. Tutti questi personaggi principalmente seguivano uno dei due movimenti portanti del '900: il Tradizionalismo o il Modernismo.
http://www.eyemagazine.com/blog/ post/type-tuesday40
Most histories of typography, particularly British ones, have been histories of traditional typography that treat Modernism as an aberration. Studies of Modernism, for their part, have tended to isolate it from contemporary traditional typography. This book aims to break down that separation by considering issues other than visual appearance, and by avoiding the ‘bibliophilic nostalgia’ so prevalent in typographic culture. This leads to some interesting reassessments, for example of nineteenth-century typography
Il primo portava avanti i principi della Arts&Crafts di William Morris — propensi all'uso di un'impaginazione più classica e che usasse font graziate —, mentre il secondo, particolarmente vincente in Svizzera e America, proponeva novità e l'uso delle "nuove" (o per meglio dire rinate) font senza grazie. Le scuole d'Arte e Desgin, che nacquero i primi del '900, furono fondamentali per la diffusione nel mondo delle nuove idee dei professori (nonché esperti tipografi) tramite gli studenti, che cominciavano a muoversi tra i paesi. Soprattutto ci furono degli scambi interessanti con l'America (anche a causa della guerra) che portarono a innovazioni, come le nuove tecniche di stampa per fotocomposizione per i giornali, e contaminazioni di idee. La perdita degli ornamenti nelle impaginazioni e il revival della calligrafia, la nascita di nuove regole compositive e l'abbassamento della qualità di stampa (data dalle grandi produzioni di massa), la nascita di grandi case editrici e la messa in ombra delle piccole, la creazioni di nuove font e la perpetuazione di quelle progettate nel '500 francese... tutti questi dualismi permeano questo secolo rendendolo sempre vivo e frenetico. Di questo parla il libro. Di questo ho voluto fare una mappa. Una mappa perché fosse facile da leggere, veloce, che si potesse consultare, che non richieda un grande sforzo di lettura (diciamolo, questo libro non è proprio leggerissimo e snello) e che rispondesse più alle nuove richieste ed esigenze dell'occhio contemporaneo. Ormai ci siamo abituati a vedere i grandi movimenti di mercato rappresentati da soli schemi, piramidi alimentari, storia dello sviluppo delle tecnologie e diffusioni di malattie tutti rappresentati da "mappe infografiche". Forse i nostri occhi non sono più propensi alle letture molto lunghe, forse cambia a seconda delle esigenze, forse abbiamo sempre meno tempo (o almeno quello che ci rimane dopo qualche ora di televisione), insomma è stato necessario cambiare la metodologia di scrittura. La mappa presenta una cartina geografica dove sono centrate le nazioni interessate (USA, UK, DE, CH), sulla quale scorre una linea del tempo che va dall'alto ('800) al basso (fine '900). Delle linee oblique di diverse gradazioni di grigio dividono i paesi e quando sono attraversate da altre linee orizzontali è perché una persona, o un evento, si è mossa portando dei cambiamenti. Ci sono poi tre colori principali per i testi: GIALLO per i dettagli storici, VERDE per date e pubblicazioni importanti, BIANCO per le font che vengono pubblicate. A questo punto non mi resta che augurare una buona lettura — o per meglio dire visione — e rimandare alla lettura del libro se interessati ad un miglior approfondimento.
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Il percorso storico e di evoluzione della Penguin Books è estremamente interessante sotto molteplici aspetti, a prescindere dall’innovazione che ha portato al mondo dell’editoria e soprattutto a quello dei lettori. È possibile tracciare la storia della tipografia del ‘900 seguendo quella di questa peculiare casa editrice: cominciando dai primi usi della grafica editoriale per rendere accattivanti le loro copertine, passando attraverso la collaborazione con uno dei più grandi grafici (e teorici) del secolo, Jan Tschichold, e continuando ad aggiornarsi per stare sempre un passo avanti a tutti e non perdere mai il proprio stile. "La copertina di un libro è un piccolo manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è qualcosa di interessante per lui. Tutte le copertine di tutti i libri dovrebbero avere questo scopo, e non solo questo, ma anche di distinguersi in mezzo a tutte le copertine di libri allineati nella stessa vetrina o in qualunque altra vetrina." Bruno Munari
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james -lane allen
Il clima era diventato propizio all’innovazione negli anni ‘30 grazie allo sviluppo della grafica editoriale, la cui importanza deriva dalla necessità di rendere unico e riconoscibile un libro attraverso la giusta combinazione di immagini (o illustrazioni), caratteri, elementi addizionali e come vengono bilanciati tra loro in equilibrio. La copertina è adesso un potente strumento di vendita e promozione che non passa più attraverso il libraio (che prima sceglieva i testi in base alle richieste del lettore) ma è diretta al compratore. Per noi —abitanti del XXI secolo— è normale avere un’ampia varietà di proposte sul mercato la quale cerca di essere sempre più appetibile ma questo processo è iniziato da un tempo relativamente breve, più o meno da qui.
e la l e ttur a democratica
Il mercato del libro era precedentemente destinato solo a chi aveva il privilegio di permettersi il prezzo, la formazione necessaria per poterlo leggere ed era visto più come uno sforzo fisico, come uno studio, che uno sfizio da concedersi.
Il primo PAPERBACK nasce in realtà nel 1501 grazie ad Aldo Manuzio (tipografo Veneziano) che, dopo essere stato nella biblioteca privata di Bernardo Bembo dove erano presenti esemplari in ottavi, decide di pubblicare il suo “Virgilio” in questo comodo formato proprio con lo scopo di rendere l’opera accessibile a più lettori e diffondere la conoscenza. [http://www.bbc.com/news/ busIness-10794227]
Nel 1935 Allen Lane riesce final“When Allen Lane founded Penguin in 1935 mente a fondare la Penguin Books he had a pretty simple, ma le premesse sono tutte contro but pretty radical idea: la sua riuscita: il bassissimo costo make great literature del paperback (equivalente a un available to everyone at pacchetto di sigarette) implicava an affordable price and un minimo di vendita attorno alle for it to appeal not just 17.000 copie, senza considerare il to the wallet, but to li- fatto che, essendo un prodotto terary taste and the eye, non ancora esistente, non si powith beautifully desi- tevano fare previsioni di alcun gned jackets and style,” genere. Una volta piazzate la prima metà says Mr Makinson. delle copie, Lane propone i suoi li[http://www.bbc.com/news/busI- bri a Woolworths che ne acquista ness-10794227] immediatamente 63.000 —si erano resi conto di quanto potevano diventare competitivi rispetto alle librerie e ai negozi di vendita specializzati comprando un Penguin Books. E l’idea di Lane era proprio che si potesse comprare uno dei suoi libri in ogni angolo della strada [PENGUINCUBATOR], tabaccheria o bar perché la cultura doveva diventare uno svago per tutti ed essere popolare, non elitaria o percepita come un privilegio.
PENGUINCUBATOR: a vending machine for the firm’s books to be installed on train platforms. Stories differ as to whether this machine was ever made, with some reports suggesting at least one machine was installed at Charing Cross Station in London.
Pare che l’idea del pinguini sia venuta alla segretaria di Lane che decide di mandare un suo impiegato, EDWARD YOUNG, allo Zoo di Londra con l’incarico di eseguire molti schizzi. Il logo rimane lo stesso fino al 1946 quando viene rivisitato da Jan Tschichold.
Le cose cominciano a cambiare quando il settore terziario —lavoratore— della Gran Bretagna si ingrandisce e passa sempre più tempo sui mezzi pubblici per andare e tornare dalle fabbriche. È proprio alla stazione di Exeter che a Sir. Allen Lane, di ritorno da un viaggio di lavoro a Devon per incontrare Agatha Christie, viene l’idea che sconvolgerà il mondo dell’editoria da li a breve. Alla ricerca di un passatempo per il suo lungo viaggio, trova solo qualche rivista e delle ristampe di novelle di epoca Vittoriana, ritrovandosi così a fantasticare sull’idea di ripubblicare romanzi, libri d’intrattenimento e di saggistica in formato paperback (tascabile) dal design accattivante e ben fatto. Poco più avanti Lane diventa amministratore delegato presso la Bodley Head ma nonostante ciò la sua proposta non viene accolta dal consiglio di amministrazione e, senza l’investimento del suo capitale privato e di quello dei fratelli, non avrebbe mai potuto dare forma al suo progetto.
La Penguin ebbe anche un grandissimo successo “in trincea” grazie alla sua tascabilità davvero adatta ad ogni tipo di pantalone o divisa. I romanzi erano un grande sfogo per i militari che si ritrovavano alienati dal proprio paese e lontani dalle loro famiglie. La forma stessa dei tascabili e l’uso previsto supponevano anche che fossero rovinati o usati in situazioni poco confortevoli, un altro ingrediente perfetto per il legame con l’esercito britannico. In ultimo nel nel 1942 fu fondato il FORCES BOOK CLUB per supportare le truppe.
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Il 30 luglio 1935 viene lanciato il primo libro, “Ariel” di Andre Maurois e in meno di un anno la Penguin Books diventa una società a sé guadagnando più di 3 milioni di sterline. Comincia quindi a pubblicare nuovi scrittori e nuove collane guadagnandosi subito i diritti delle più famose opere letterarie e di romanzi. Per esempio nell’aprile del ‘37 esce la prima collana dedicata a Shakespeare composta di sei opere, la prima di cui era “La Dodicesima Notte”, e nel maggio nasce la collana PELICAN con “The Intelligent Woman’s Guide to Socialism and Capitalism” di George Bernard Shaw. La Pelican era una collana di saggistica che si occupava di temi di attualità come economia, politica, scienze sociali; ebbe un così grande successo da diventare subito una collana autonoma.
Nel novembre dello stesso anno vengono pubblicate le riviste Penguin e il primo numero della collana PENGUIN SOCIALS che vendette 100.000 copie in pochissime settimane —venivano particolarmente apprezzate per la contemporaneità dei temi che affrontavano e per la velocità delle loro uscite, ogni 4 settimane—. La Seconda Guerra Mondiale e i tumulti che ne derivano in realtà non mettono in difficoltà la casa editrice ma la spronano ad un lavoro veloce e pronto, attuale e ben fatto: i libri sono uno svago fondamentale (anche per i soldati) per allontanare la mente dalla situazione che permeava l’Europa in quell’oscuro decennio. Escono ancora altre collane come la PENGUIN SPECIALS con “German puts the clock back” di Mowrer, la KING PENGUIN con “British Birds on Lake, River, and Stream” e la PENGUIN NEW WRITING. Nel dicembre del 1941 esce il primo volume della PUFFIN, “War on Land” di James Hol-
I Penguin Books a questo punto sono oggetti belli da comprare e collezionare, caratterizzati da una forte immagine propria e distinguibile a cui si aggiunge un buon design — anche se ancora non del tutto coerente e maturo tra i vari libri e collane, sono presenti infatti 12 varianti per le copertine e 11 per i retro—. Il direttore di produzione e responsabile grafico è Edward Young, che si occupa anche del disegno del logo per i Pelican, che cerca di cambiare di continuo il design (che diventa sempre più aggressivo dopo la guerra) per sorprendere sempre il lettore. Alcune collane però vengono gestite, e a volte ideate, da personaggi esterni che entrano momentaneamente a fare parte del team Penguin. La collana degli ILLUSTRATED CLASSICS, della durata di solo 10 numeri, viene diretta da Robert Gibbins con un forte spirito democratico che vuole portare al pubblico dei classici normalmente non reperibili a causa degli alti costi.
[http://www.bbc.com/news/ busIness-10794227]
Not only did the ensuing obscenity trial - which Penguin won - mark a turning point in British censorship laws, but it also led to two million copies of the novel flying off the shelves within six weeks.
land, che diventa presto una casa editrice indipendente e molto proficua ancora oggi. Un anno dopo escono i PENGUINS HANDBOOK con “Soft Fruit Growing” di Raymond Bush a cui seguono i MODERN PAINTERS nel 1942 — di cui si occupa il direttore della National Gallery di Londra, Kenneth Clark, che cura, dirige e idea la collana che porta l’arte moderna in casa di tutti— e nel 1946 i PENGUIN CLASSICS con “l’Odissea”, nella storica traduzione di Emile V. Rieu che fa vendere più di 3 milioni di copie diventando il best-seller fino al 1960 con la pubblicazione di “L’amante di Lady Chatterley” di D. H. Lawrence che viene portato presso la Corte Suprema nel processo (che poi vincerà) contro la pubblicazione integrale dell’opera per oscenità.
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penguin shakespeare series
Le PENGUIN COMPOSITION RULES coprono ogni aspeto della composizione tipografica come: rientranze/ segni di punteggiatura/ sillabazione/ maiuscolo e maiuscoletto/ corsivo/ note e bibliografia/ immagini/ Sono soluzioni inalterabili che producono una pagina perfetta e dettagliata: questa griglia che si crea permette ai designer di sfruttare al meglio i rapporti tra i margini della pagina e gli elementi presenti al suo interno così da avere sempre un layout perfettamente bilanciato. Mette insieme i principi della tipografia assieme a quelli di lettura del libro cambiando, per esempio, i caratteri a seconda del tipo di contenuto e della fittezza dello scrtto, alleggerendo un po' le tonalità cromatiche che distinguevano le collane e studiando nei minimi dettagli l’uso delle font più adatte.
JAN TSCHICHOLD è stato il tipografo portavoce del Modernismo in germania nell’ante-guerra. Quando comincia ad associare il Nazionalsocialismo al movimento artistico e tipografico se ne allontana (si era intanto trasferito in Zvizzera durante il conflitto) per convertirsi al Tradizionalismo definitivamente dopo i suoi anni in Inghilterra dove era stato invitato anche per delle esposizioni all’Albert Museum.
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Lane è però un personaggio molto acuto e avanti coi tempi che capisce la necessità di un cambiamento che costituisca unione tra le collane e novità al tempo stesso: nel 1947 JAN TSCHICHOLD viene chiamato per unirsi alla casa editrice e, pur rimanendovi solo 2 anni,
riesce a sconvolgere e migliorare sia il design dei libri che i designer che li progettavano. Creando le “PENGUIN COMPOSITION RULES” si occupa di Kerning (prima inesistente), rinnova il logo e la disposizione delle copertine uniformandone retro e costa, sostituisce il tipo di carta che prima era grigia (e troppo legata all’ambiente militare) con una color crema (molto più appetibile al lettore) rieducando così il nuovo staff.
Si occupa del rinnovo di molte collane: dai PELICANS ai CLASSICS, della collana dedicata a SHAKESPEARE, dei POETS e dei KINGS. Per quanto riguarda l’ultima collana, ebbe un particolare successo il libro “A Book of Scripts” di Alfred Fairbank che fu nominato dalla NATION BOOK LEAGUE uno dei miglior design del 1949. Tschichold, assieme al suo futuro successore HANS SCHMULLER, usò per la copertina una pagina di un classico della calligrafia e dell’incisione del XVI secolo scritto da Juan de Yçiar —“Arte Subtilissima intitulada Ortographia Practica”— su cui disegnò a mano, in quanto esperto calligrafo, i titoli della copertina e della costa. Nello stesso anno lasciò il posto a Schmuller che migliorò e perfezionò ulteriormente il suo lavoro: nel 1951 riprese anche in mano un vecchio progetto che riguardava l’uso di una griglia verticale nelle copertine, finora infatti non si erano ancora allontanati dal design tripartito e orizzontale. Per la prima volta, nel 1952, i “Collected Plays” di Synge hanno una griglia verticale, perfetta e fresca. Introduce anche l’uso delle illustrazioni che diventeranno sempre più grandi e sperimentali —fino a diventare locandine dei film o marchi studiati apposta per alcuni scrittori. Gli HANDBOOKS estendono le
JOHN CURTIS era appena tornato da un’esperienza di 6 mesi a New York come Publicity Manager. Fu l’Art Director alla Penguin dal 1957 al 1959 e introduce nella casa editrice i nuovi designer che diventeranno fondatori dei maggiori studi grafici in futuro. La Penguin tornerà a rivolgersi a loro nell’ultimo decennio del ‘900, rinnovandosi così ulteriormente.
immagini lungo tutti i bordi lasciando solo una piccola zona centrale tipografica per i titoli: è un’idea assolutamente nuova e decisamente accattivante. Non sono più solo illustrazioni ma diventano fotografie, o fotogrammi di film, grazie alla presenza di JOHN CURTIS che introduce le immagini al vivo e le copertine full color. Liberò per prima la collana BIOGRAHY dalla griglia per un uso più libero di tutti gli elementi, a cui seguì la PELICAN con cui sperimentò nuovi colori e molti tipi diversi di stampe che convivevano assieme.
GERMANO FACETTI aveva fatto la sua gavetta presso lo studio Banfi, Belgiojoso, Peresutti&Rogers (MI) costituito dai futuri fondatori di Domus che lo instradarono ai loro principi di educare il giudizio estetico che lui fece propri. Lavorò poi in diversi ambiti come il teatro, il cinema, la tipografia e ovviamente come illustratore.
Nel 1961 la Penguin Books diventa una società per azioni sconvolgendo la Borsa di Londra con le proprie quote sottoscritte 150 volte la loro disponibilità. Lane, Schmuller e Tony Godwin (nuovo editor capo) sono una squadra vincente che diventa sempre più forte con l’assunzione di GERMANO FACETTI col ruolo di Cover Art Director (che mantiene fino al 1972). Fece si che immagini, illustrazioni, collage, poster e diversi elementi grafici e tipografici convivessero tra loro in un ottimo equilibrio molto affascinante. Riuscì a riunificare le collane creando dei libri talmente belli da diventare quasi una collezione del design del ‘900: per la collana dei GIALLI prese in mano la griglia di ROMEK MARBER che poi adatta anche alle altre collane. Ha un approccio coerente che permette un’ottima leggibilità e quindi riconoscibilità, grazie alla costanza del suo uso. Lavora anche sui colori delle collane che rimangono gli stessi ma più brillanti oppure col solo uso del bianco e nero (come nei MODERN POETS). Assume inoltre dei designer per occuparsi del PELICANS e fa rinascere gli SPECIALS grazie agli argomenti che trattava, dando risposte ai tormentati movimenti socio culturali che caratterizzano il decennio del ‘60.
32 ALAN ALDRIDGE diventerà uno deirappresentanti dello spirito degli anni '60/’70 con uno stile definito CALEIDOSCOPICO, tra i suo lavori puù famosi troviamo: il logo dell’Hard Rock Cafè,“A Quick One”, cover dell’album di The Who (1966), “Chelsea Girls”, poster per il fim di Andy Warhol (1966) e “The Beatles Illustrated Lyrics” (1969) che otterrà un enorme successo.
Nel 1965 ALAN ALDRIDGE è Fiction Art Director —collane di CRIME e FANTASCIENZA— e sa bene che il mezzo per vendere sono le vetrine dei negozi e delle librerie in cui deve accaparrarsi il primo posto. Crea sia copertine di grande successo e dal fortissimo impatto, sia dei flop a causa dell’assegnamento dei lavori agli artisti, talmente liberi di potersi occupare delle copertine che il risultato fu decisamente altalenante. DAVID PELHAM è suo successore due anni dopo proponendo un design molto più minimale che evidenzi il ruolo della costa. L’anno seguente si festeggiano i 50 anni di Allen Lane con la pubblicazione del volume numero 3000: la prima edizione tascabile di “Ulysses” di Joyce, curato da Schmoller. Da li a poco le cose sarebbe cambiate per il direttore amministrativo che si vede costretto a vendere la società.
Nel 1970 lo scenario dell’editoria è cambiato notevolmente e ci sono forti problemi finanziari internazionali, oltre che la nascita di molto competitor per i paperbacks: così, per evitare l’offerta pubblica di acquisto, la Penguin Books viene venduta alla Longman, a sua volta rilevata dalla PEARSON che, per 15 milioni di sterline diventa proprietaria della casa editrice. Per sopravvivere alla crisi di installano delle strategie marketing oriented che prevedono netti tagli al piano editoriale (si dimezzano i titoli), la chiusura di alcune collane e l’abbassamento degli standard qualitativi come il tipo di stampa e il valore della carta. Si doveva puntare tutto sull’immagine della copertina a discapito dei contenuti e sulla pubblicità massiva con la risultante che, uno dopo l’altro, Facetti, Schmuller e Pehlam abbandonano la casa editrice lasciando il posto a PETER MEYER. Le nuove strategie funzionano perché in un solo anno l’utile della società, che prima era in perdita, supera i 5 milioni di sterline. L’idea era quella che si dovesse lavorare intensamente e pubblicizzare appena un 10% delle pubblicazioni, quelli considerati i “titoli forti”, a discapito degli altri e della qualità in generale. Furono abbandonate le Penguin
Composition Rules perché progettate per creare un prodotto troppo costoso e allargate le dimensioni dei libri, così da poter raddoppiare il prezzo di vendita: in questo modo lo scopo di Lane di una democratizzazione della cultura viene abbandonato a favore di una sola logica di sopravvivenza. CHERRIWYN MAGILL è la nuova Art Director che lavora su vari restyling con Hogarth per i New Penguin Shakespeare e Steve Kent per i Classics.: nasce anche la collana degli ORIGINALS e l’anno dopo (nel 1990) viene chiusa la collana degli SPECIALS e successivamente la PELICAN. Queste nuove collezioni non vengono però riconosciute come appartenenti alla casa editrice e quindi non funzionano. La Penguin Books entra nel XXI secolo divisa in due: la PENGUIN PRESS —che si occupa di saggistica integrando i CLASSICS e i REFERENCE— e la PENGUIN GENERAL —che si occupa invece di letteratura, narrativa e saggistica popolare. Il nuovo direttore Due to the arrival of eBo- creativo JOHN HAMILTON ha l’inoks, many prophesied tenzione di riportare la casa edithe death of the printed trice alle vecchie glorie grazie al word, but we see it as an buon design re-innalzando il livelopportunity to turn the lo di produzione: ogni libro però spotlight back on the risulta così forte esteticamente e traditional methods of identitario che non è facile collebook production and to garlo agli altri. Il suo intento quinluxuriate in the craft and di fallisce e diventa direttore solo tactility of the physical della Penguin General, mentre la book and the printed Penguin Press acquisisce prima page. It’s lovely to be PASCAL HUTTON e poi JIM SODdesigning with longevity DART. A questo punto l’impaginain mind as we aim to zione dei volumi è gestita da grancreate objects that will di studi di graphic design esterni con cui nascono ottime be retained and cheri- collaborazioni e vengono rivisitati gli ESSENTIALS, i CLASshed by their readers. SICS e i MODERN CLASSICS e infine i REFERENCE. Nasce in seguito la serie di successo GREAT IDEAS [http://www.printmag.com/article/ —2 milioni di copie— ideata da DAVID PEARinterview-with-david-pearson/] SON che, usando la calligrafia in copertina per riprodurre lo stile dell'epoca dell’opera, viene nominato Designer dell’anno dal Design Museum di Londra. Tutt’ora la Penguin è attiva e sempre all’avanguardia: è stata la prima casa editrice ad avere un sito web e a pubblicare gli e-book, oltre che ad occuparsi di libri scolastici e universitari. Mantiene sempre attivi i Puffin, ancora leader mondiali di libri per bambini, ha ripristinato i Pelican e introduce di continuo nuove collane anche per paesi esteri (l’ultima è per il Brasile).
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CAP
ยง
standard “de facto”
38 Se la lingua è l’insieme delle risorse simboliche che sono parte integrante del costituirsi del tessuto sociale e della rappresentazione individuale di mondi [Antropologia del linguaggio, Alessandro duranti] allora possiamo assumere che “i segni linguistici, intesi sia come rappresentazioni del mondo che come modi di entrare in contatto con esso, non sono mai neutrali” ... E così le lettere, secondo Immanuel Kant, “che rappresentano i suoni linguistici possono esser considerate un esempio di segno arbitrario: non vi è infatti alcuna relazione necessaria fra la forma di una particolare lettera e la qualità del suono o suoni per cui essa sta, come appare chiaro dal fatto che lo stesso suono può essere rappresentato da differenti lettere, o da diversi simboli in diverse tradizioni ortografiche [...] Una lettera perciò rappresenta un suono, e può evocare questo suono a un lettore, in virtù di una convenzione previa creata e accettata da una comunità.
Allo stesso modo allora si può dire che suddetti elementi tipografici vengono usati e accettati come tali solo perché è il significato che viene assegnato loro dalla comunità —parlando di comunità che utilizza il sistema di scrittura latino. Ma se la comunità è disposta ad accettare i nuovi elementi perché ritenuti più adatti allo scopo, non è da escludere che si possano utilizzare liberamente e che vengano compresi da tutti. La lettura si impara crescendo, non è innata, quindi dipende tutto da come viene educato il bambino: se si abitua a determinati sistemi visivi dalla nascita non farà alcuna differenza per lui. Sarà molto più complicato, ma non impossibile, insegnare nuovi metodi all’uomo maturo e già sviluppato, pur essendo vero che l’uomo non smette mai di imparare e il suo cervello ha delle potenzialità grandissime. Molti tipografi hanno scritto manuali sull’uso “corretto” – o forse dovremmo dire “consueto” – degli elementi tipografici e ognuno lo affronta più o meno a proprio modo, chi più come una storia chi come un manuale tecnico ma nessuno osa affermare che la loro sia la metodologia giusta perché non ci possono essere regole monolitiche in questo campo. Una volta che siano soddisfatte le esigenze visive di equilibrio tra gli elementi e comprensività della pagina, perfettamente insegnate dalla teoria della Gestaltung di Arnheim, il resto è frutto di esperienza e sagacità.
prASSI CONSOL I DAT E DALL’USO
Troviamo tra i vari manuali “Stop stealing Sheep” di Erik Spiekermann, “Typographie” di Emil Ruder, “Sei proprio il mio Typo” di Simon Garfield e oltre ai suddetti, sono stati utili in particolar modo al mio percorso: “Gli elementi dello stile tipografico” di Robert Bringhurst (che ho usato come manuale di riferimento da cui ricavare gli “standard”) e l’altro è “Sinsemie” di Luciano Perondi (per l’approccio teorico e innovativo). Partendo dal presupposto che la scrittura non sia solo un modo per assistere l’oralità, vale a dire come unico mezzo di trasposizione su carta senza alcun significato intrinseco, essa parla di nuovi alfabeti e metodi comunicativi, oltre a introdurci alla teoria della sintassi spaziale (Sinsemia appunto). Il problema, dice Perondi, sta nel concepire un solo modo di usare l’alfabeto scritto e limitarne così le infinite possibilità: bisogna superare i pregiudizi per cui la scrittura sarebbe solo rappresentazione del parlato. Pensare che si potrebbe utilizzare l’alfabeto scritto come una lingua nuova comune a tutti: una persona italiana che non parli inglese è comunque in grado di decifrare le lettere che compongono un testo scritto in lingua anglofona, e viceversa. Questo perché le lettere sono le stesse, ciò che cambia è la grammatica e i suoni che vengono assegnati ai grafemi. Perché allora non creare un alfabeto universale che agisca trasversalmente alla lingua parlata? Non aiuterebbe a risolvere problemi di comunicazione universali?
“La scrittura muta con il mondo con cui interagisce e di conseguenza una visione che si limiti a considerare l’alfabeto come compimento di un processo evolutivo e forma più perfezionata di scrittura non aiuta più di tanto a risolvere i problemi comunicativi con cui gli esseri umani si confrontano.” Alessandro Duranti
Quello che bisognerebbe fare è approcciarsi al mondo della scrittura in maniera nuova e rivoluzionaria, lasciandosi alle spalle quello che già è stato assodato in millenni e fare un passo ulteriore: se non fossimo così pigri e bravi ad adagiarci su quello che altri ci hanno preparato questo processo si sarebbe già innescato. Nel mio piccolo, non essendo né una linguista né una studiosa di sistemi di scrittura, voglio applicare questi nuovi punti di vista all’impaginazione grafica. Il libro di Bringhurst invece, di tutt’altro genere, viene introdotto da queste parole: “La tipografia fiorisce come interesse condiviso, e non esistono sentieri tracciati dove non esistano desideri e cammini condivisi. Un tipografo che sia determinato a tracciare nuove strade deve muoversi, come altri viaggiatori solitari, attraverso territori disabitati e controcorrente, superando i luoghi nel silenzio che precede l’alba. Soggetto di questo libro non è la solitudine tipografica, ma le vecchie e ben frequentate strade che percorrono il cuore della tradizione: strade che ciascuno di noi è libero di seguire o meno, di imboccare e lasciare a piacimento, l’importante è sapere che esse ci sono e avere idea di dove conducano. Questa libertà ci è negata se la tradizione viene obliterata o data per morta. L’originalità alberga ovunque, ma essa risulta in gran parte bloccata se il legame con le scoperte viene reciso o si fa troppo opprimente.”
Cerchiamo allora di stilare un elenco pratico o “piano d’azione” su come normalmente ci si approccia a un libro da impaginare.
OBIETTIVO:
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INDURRE AL LETTORE UNO STATO DI CALMA ATTENTA CHE È CONDIZIONE IDEALE E NECESSARIA PER LA LETTURA.
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LEGGERE E COMPRENDERE IL TESTO (tema, stile dello scrittore, sensazione che vengono trasmesse)
ANALIZZARLO E TRACCIARNE UNA MAPPA (è un testo unico e lineare o pieno di interruzioni come titoli, sottotitoli, elenchi o sezioni, giustificare o no?)
COMINCIA L’INTERPRETAZIONE TIPOGRAFICA (si da forma al testo tramite la tipografia)
RAPPPORTARE NEL GIUSTO MODO TESTI A DIDASCALIE, IMMAGINI ED ALTRI ELEMENTI AGGIUNTIVI IN MANIERA COERENTE E LOGICA
SCEGLIERE IL CARATTERE TIPOGRAFICO CORRETTO CHE VALORIZZI E SI ADATTI AL SIGNIFICATO DEL TESTO (ricordarsi di controllare il rapporto di pieni e vuoti tra le parole e le righe, “uniformità di colore”)
DARE FORMA ALLA PAGINA INSERENDO TUTTI GLI ELEMENTI E CONTROLLARE CHE SIANO IN EQUILIBRIO
Bringhurst apre il suo libro con un capitolo che presenta un elenco molto simile a quello sopra riportato, decisamente competente e utile nonché applicabile ad ogni impaginato a prescindere da stile, necessità, formati particolari e così via… Successivamente entra più nel dettaglio occupandosi di specifiche: tra le quali voglio evidenziare quelle che ritengo importanti e che ho volutamente modificato nei miei impaginati per provare il mio punto di vista.
“NON SOFFOCARE LA PAGINA” Questa affermazione senza dubbio è corretta perché lo scopo del tipografo è rendere il testo leggibile e leggero, l’ultima cosa che vogliamo fare è creare disordine allo sguardo del lettore. A meno che il testo non sia un flusso di pensieri come quelli scritti da Joyce, dove un’impaginazione caotica e una font poco pulita farebbero da perfetta cornice. In un caso del genere, trovo che si potrebbe azzardare un po' (sempre rimanendo entro i limiti della leggibilità) e usare una giustificazione con poco respiro nei momenti adatti. E se il nostro protagonista è il Dottor Jekill/Mr. Hyde potremmo usare due impaginazioni completamente diverse a seconda della personalità che ha effettivamente preso il sopravvento.
“Titoli, sottotitoli, citazioni, note al piede, illustrazioni, didascalie e altri elementi di intrusione rispetto al testo creano sincopi e variazioni sul ritmo regolare delle righe spaziate in modo uniforme. […] Ciò significa che la quantità di spazio verticale utilizzata in ogni digressione dal testo principale dovrebbe essere un multiplo esatto dell’interlinea principale.” Questo vuol dire che le variazioni dal testo principale possono e devono esserci ma sempre in maniera misurata e non troppo invadenti per non prendere il sopravvento sul testo stesso. Ci sono però impaginati che richiedono proprio l'opposto: flyer pubblicitari, riviste scandalistiche, libri sul contemporaneo o che riguardano qualche artista, a volte persino testi letterari. Le note possono diventare parte integrante del testo nella colonna principale, le foto possono attraversare testi e pagine, le didascalie possono essere distanti dall’immagine a cui si riferiscono e i sottotitoli possono allontanarsi dal titolo più grande, se riescono a mantenere la loro funzione e non confondersi.
“Le citazioni di versi devono avere un rientro o essere centrate”
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Sono d’accordo che le citazioni si debbano distinguere dal testo principale, ma che per forza debbano avere un rientro o essere centrate non ha alcuna spiegazione logica. Certo funziona molto bene per distinguerle, ma è altrettanto noioso. Con le citazioni si può giocare in tanti modi perché sono un elemento davvero malleabile: possono essere in un altro colore, con un’altra font, con un altro tipo di giustificazione, inserite a lato o orientate in senso opposto rispetto al testo principale. Insomma, a patto che si capisca la loro funzione, il resto è frutto del tipografo.
“Comporre i titoli in modo coerente con lo stile dell’insieme” I titoli sono una delle cose con cui ci si può sbizzarrire di più quindi non mi sentirei di dare troppe restrizioni, basta che siano leggibili e che introducano il testo. Colore, dimensioni e font dipendono dal gusto. Molto spesso il titolo usa una font diversa da quella dei testi e spesso quella stessa font si usa per i sottotitoli ed elementi para-testuali; va detto che alcune font si abbinano meglio di altre e non è un lavoro affatto facile quello di abbinarle. Scegliere quelle simili o quelle diverse? Entrambe con grazie o entrambe senza? E se hanno uno spirito troppo diverso da quello del testo? Questa cosa si impara solo allenando l’occhio, guardando quello che è stato fatto da altri bravi tipografi e anche sapere chi ha disegnato quale font è molto utile, perché la mano è la stessa e le due font lavoreranno molto bene insieme.
“SCEGLIERE LE PROPoRZIONI DI PAGINA E COLONNA CHE ABBIANO I RIFERIMENTI STORICI ADATTI AL PROGETTO”
La scelta della proporzione pagina/colonna è fondamentale e determina il 50% della riuscita estetica di un libro (l’altro 50% è la scelta della font): le colonne devono permettere la lettura che si ricerca. Più veloce e distratta per una colonna alta e stretta come quella dei giornali o più rilassata e attenta con una colonna più larga e proporzionata come quella dei libri di testo o romanzi semplici; tutto questo è possibile se il formato lo permette, ed essendoci formati più o meno standard in circolazione non abbiamo una scelta tanto ampia quanto sembra. Fare riferimento ai riferimenti storici del progetto potrebbe non avere molto significato visto che i formati precedenti all’uniformazione DIN non vengono più usati per motivi pratici e tecnici nonché economici,
e soprattutto si va perdendo la cultura riguardo ai libri antichi. Un mio contemporaneo non so se sarebbe in grado di distinguere un oggetto neoclassico da uno romanico, a meno che non abbia fatto studi nel campo dell’arte.
*** Per quanto riguarda le dimensioni degli stampati, essi sono solo in parte decisi dal tipografo che si deve sempre relazionare con la realtà dei fatti. I formati di carta esistenti sono infatti determinati e standard e quando sono presenti varianti sono in realtà solo derivati del formato principale. È possibile progettare una lettera o un biglietto da visita molto particolare e bello ma se non si inserisce nelle buste da spedire, o nel portafoglio, diventano immediatamente inutili. La maggior parte dei libri che leggiamo sono derivati dal formato A4, il più usato in assoluto soprattutto per il fatto che le stampanti laser ad uso personale stampano al massimo queste dimensioni (197x210 mm). Questa limitazione implicita può essere comunque d’aiuto, poiché avere completa libertà di azione a volte è peggio che non averne affatto. Le proporzioni tra un lato e l’altro sono le stesse nei formati standard per mantenere un rapporto di costanza ed equilibrio, i formati ISO hanno un rapporto di 1:√2 che è quella del lato del quadrato rispetto alla sua diagonale. Questo tipo di rettangolo può essere dimezzato o raddoppiato all’infinito, da qui nascono i formati A0 -A10 dove il primo è il più grande (841x1189 mm) e l’ultimo è il più piccolo e il più piccolo è di soli 26x37mm.
1967
Emil Ruder è l’innovativo pionere della tipografia che scrive “Typographie: Manual of Design”, audace deviazione dalle convenzioni e guida visionaria che impose le regole per una nuova tipografia. Dalla texture, al peso, al colore, alla leggibilità della spaziatura e dei titoli, i 19 capitoli – magnificamente illustrati in bianco e nero, e alcuni in rosso, giallo e blu – vanno a fondo negli studi e negli esperimenti dell’autore. Più di mezzo secolo dopo, attraverso epoche e generazioni, il libro, alla sua sesta edizione, rimane una pietra miliare di innovazione tipografica.
1931
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Quando Eric Gill ha scritto “An Essay on Typography” [ed. it. Sulla tipografia, Sylvestre Bonnard, 2005], probabilmente non si aspettava che sarebbe diventato non solo il manifesto più influente sulla cultura tipografia che sia mai stato scritto, ma anche una riflessione senza tempo sull’arte e sull’uomo nella società industriale. In seguito ha poi dichiarato che il suo obiettivo principale era “descrivere due mondi, quello industriale e quello artigianale, e definirne i limiti”. Gill stesso era un uomo del Rinascimento – scultore, incisore, illustratore e saggista – noto per i suoi famosi caratteri Gill Sans e Perpetua, e disegnò il Joanna appositamente per questo libro. Fu anche un persona dai forti contrasti: un uomo profondamente religioso che produsse tutta una serie di incisioni erotiche.
1994
1993
“The aim of this book is to clarify the language of typography for people who want to communicate more effectively with type. These days people need better ways to communicate to more diverse audiences.” Così Erik Spiekermann, brillante e famoso tipografo contemporaneo, introduce il suo manuale: risulta pratico, tascabile e pronto all’uso. Consultabile alla necessità e pieno di tante piccole curiosità e informazioni utilissime: è esso stesso progettato per essere studiato e per studiare. Quando sono presenti interventi tipografici nel libro il loro modo d’uso è spiegato al momento: davvero consigliato anche per chi è alle prime armi. Purtroppo per chi non sa l’inglese però, non è mai stato tradotto in altre lingue (neanche in quella originale dello scrittore) ed è difficilmente reperibile ormai.
1992
Quandi il tipografo, poeta e traduttore canadese Robert Bringhurst decise di creare “la Bibbia dei tipografi” aveva bene in mente come lo doveva fare. E lo fece. Due decenni più tardi, il suo “The Elements of Typographic Style” [ed. it. Gli elementi dello stile tipografico, Sylvestre Bonnard, 2003] si impone come la più ambiziosa storia della e guida alla tipografia. Jonathan Hoefler e Tobias Frere-Jones, di TypeFoundry , lo hanno definito “il più bel libro mai scritto sulla tipografia”. Dai ritmi alle proporzioni, dai contrappunti ai simboli non alfabetici, il libro si impone come una brillante convergenza di teoria, pratica e storia. È costellato di convincenti consigli pratici, così come di filosofiche intuizioni sul ruolo della tipografia nella comunicazione, nella visual culture e nella società, che lo rendono tanto un manuale quanto una riflessione.
L’uso della tipografia nella comunicazione visiva – spostandosi dalla cultura “a stampa” a quella “a video” – si sta evolvendo rapidamente, e spesso radicalmente. Ciononostante, alcune basi – sia riguardo alla creatività tipografica che all’efficacia visiva – restano essenziali. Questo è ciò che Ellen Lupton indaga nell’edizione 2010 riveduta e ampliata dell’ormai classico “Thinking with Type: A Critical Guide for Designers, Writers, Editors, & Students” [ed. it. Caratteri, testo, gabbia. Guida critica alla progettazione grafica, Zanichelli, 2010], originariamente pubblicato nel 2007 dalla Princeton Architectural Press. Dai più recenti fogli di stile per la stampa e il web, ai fondamentali della scrittura a mano e del giusto accostamento dei caratteri, il libro è un modello visuale di stile tipografico e originalità che indaga a fondo le regole al fine di contravvenirle creativamente.
“Just My Type: A Book About Fonts” di Simon Garfield – pubblicato nel Regno Unito nel 2010 e negli Stati Uniti a settembre di quest’anno – è un libro molteplice: in parte libro di storia, in parte manuale di design, in parte pungente raccolta di gag. Dal carattere che ha contribuito a spianare la strada ad Obama verso la Casa Bianca, alla T del logo dei Beatles, Garfield saltella attraverso 560 anni di storia tipografica, arricchendo il tutto con aneddoti appassionanti e irresistibili, e contagiandoci con la sua incapacità di passare davanti a un segno senza individuarne il tipo di carattere e segnalando alcuni fatti curiosi. Divertente e affascinante, irriverente e giocoso ed estremamente illuminante, il libro è una vera delizia per i nerd appassionati, In un’epoca in cui i media ci propinano costani geek di storia del design,e gli temente notizie sul Medio Oriente, la nostra coamanti della scrittura brillante noscenza di questa regione rimane legata a una e umoristica. riduttiva e limitata rappresentazione. Sappiamo ben poco di cultura araba, della sua ricca e stratificata molteplicità, e ancor meno della sua lingua. “Cultural Connectives” cerca di porre rimedio a questa mancanza, e lo fa attraverso una famiglia di caratteri tipografici disegnati da Rana Abu Rjeily che mette insieme l’alfabeto arabo e quello latino, favorendo così una nuova comprensione della cultura araba. Allo stesso tempo minimaliste e illuminanti, le meravigliose pagine del libro mettono a punto le regole della scrittura araba, la grammatica e la pronuncia in inglese usando l’armonia tipografica come veicolo per una migliore comprensione, da parte di noi occidentali, di questa antica cultura.
2011 2009
“Type: A Visual History of Typefaces and Graphic Styles, Vol. 1,” – dall’editore di sontuosi libri d’arte Taschen – esplora gli esempi più belli e degni di nota di cataloghi di caratteri nella storia dell’editoria, con una particolare attenzione al periodo d’oro dei cataloghi a colori, che va dalla metà del diciannovesimo alla metà del ventesimo secolo. Scelti da una collezione olandese, i magnifici e brillanti esemplari tipografici raccolti nel libro – roman, corsivo, grassetto, semi-grassetto – sono accompagnati da un attento esame delle decorazioni, dei bordi e degli altri tipi di ornamenti. I caratteri vittoriani, con tutta la loro ricchezza e complessità, sono il punto centrale del libro. Con il volume si ottiene un accesso esclusivo alla libreria di immagini on line della Taschen, con oltre mille scansioni ad alta risoluzione di esemplari tipografici scaricabili per uso illimitato.
2013
2010
Marian Bantjes, – di cui dovreste ricordare la splendida mappa del sapere – non è la solita inventrice. Formatasi come graphic designer, con alle spalle una decennale carriera come tipografa e un debole per l’intricata bellezza delle illustrazioni alfabetiche, si definisce una “graphic artist” fieramente autodidatta. Stefan Sagmeister l’ha definita “una delle tipografe più innovative che ci siano oggi” – e non esagerava (talmente innovativa, infatti, che recentemente P. Diddy è stato costretto a scusarsi per la sua sfacciata imitazione). “I Wonder” cattura l’eccezionale talento della Bantjes per il piacere visivo e il fascino concettuale, incrociando logica, bellezza e stranezza in maniera rigorosa e allo stesso tempo mozzafiato.
La “tipografia espressiva” si fa sempre più strada negli ultimi decenni, ed è proprio di questo che si occupa “Only Type” di Tony Brook e Mark Sinclair. Presenta una grande varietà di ciò che è stato fatto nell’ultimo secolo utilizzando immagini rese lettere e tipografia che diventa arte. Si può parlare di “romanticismo tipografico”e si può chiamare “bacio” l’impressione del carattere sul foglio infatti, quando si usavano le stampanti a caratteri mobili, i punzoni lasciavano un caratteristico segno di profondità sulla carta; questa tridimensionalità si è persa con le stampanti laser ma sono stati trovati altri modi per “emozionare” il lettore (e soprattutto il tipografo). “Type is fast becoming the solution of choice for many designers around the world,” dice Brook riferendosi a quanto il filo tra graphic design e tipografia si stia pian piano assottigliando: forse perché è il modo più economico, veloce e sicuramente di impatto per fare della comunicazione visiva? Questo non è ancora chiaro, potrebbe anche essere solo la moda, ma fatto sta che un ritorno all’uso puro dei caratteri c’è e funziona.
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CAP
짜
!!!Tipografi SPERIMENTAL
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A questo punto è ora di parlare un po' di pratica. Come ho precedentemente detto, alcuni libri più di altri si adattavano al mio scopo, poiché il tipo di tipografia a cui mi riferisco io non si può al meglio esemplificare in qualsiasi libro, seppur utile per tutti. Il mio punto di partenza è stato quindi il cercare di rendere la tipografia in modo che rappresentasse al meglio ciò che è scritto nel testo. Per fare ciò io il tipografo deve: 1_ LEGGERE IL LIBRO DA IMPAGINARE 2_ METTERSI D'ACCORDO CON LO SCRITTORE (cosa vuole rappresentare, come lo vuole fare e decidere assieme come agire) 3_ IMPAGINARE IL LIBRO (mettendo assieme prassi consolidate e non)
Sono tre semplici passaggi che tutti i tipografi sanno eppure la maggior parte delle volte il risultato è lo stesso: com’è possibile che un romanzo di Baricco abbia la stessa impaginazione di un libro di Edgar Allan Poe? E come mai un’opera di Shakespeare presentata in due lingue è indecifrabile (o intraducibile)? I libri, compresi quelli di testo, come libri scientifici e letture leggere, devono invogliare alla lettura e aiutare l’occhio. Alcuni hanno bisogno di essere accattivanti (come le riviste per essere comprate) e altri devono invitare a una lettura continua (come i libri di testo scolastici) mentre altri ancora devono semplicemente accompagnare una lettura leggera con delicatezza. Possibile che certe cose vengano dimenticate? O forse è tutto legato a una mera questione economica: costa troppo. Certo con risorse limitate sia di tempo che di denaro tutte queste sottigliezze non sono facilmente soddisfabili ma se a una casa editrice importa della bellezza dei propri prodotti non dovrebbe risparmiarsi per quanto riguarda il libro in se. Investire di più sulla pubblicità per l’uscita del libro o sul libro stesso? Sarebbe bello poter fare almeno un 50 e 50. Eppure i libri più belli e ricercati sono stampati quasi esclusivamente dalle case editrici secondarie, o alternative, che teoricamente hanno meno denaro rispetto alle maggiori cugine internazionali: evidentemente investono in modo differente o hanno altre priorità. Proprio per questo, i libri che ho scelto di usare come esempio pratico sono di scrittori che ritengo innovativi (rispetto all'epoca in cui scrivono) e che sarebbero dispo-
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sti a provare vie alternative: in ordine cronologico Platone, con il suo attualissimo Simposio, William Shakespeare, assolutamente incredibile sotto molteplici punti di vista con l’opera “Macbeth”, R.L. Stevenson, il quale introduce un nuovo stile di scrittura nell ”Incredibile caso del Dottor Jekill e Mr Hyde”, Alessandro Baricco, scrittore italiano decisamente fuori dalle righe nel romanzo “Oceano Mare” e un libro scolastico di letteratura tedesca (Leitfaden durch die Deutsche Literatur) che ritenevo adatto perché avendolo usato per 5 anni ne conoscevo bene i difetti. In realtà potremmo aggiungerne un sesto, “Tipografia moderna” di Robin Kinross, il quale fa un excursus storico e geografico dello sviluppo della tipografia nel ‘900: questo libro ho deciso di riassumerlo completamente, in diversi passaggi, e trasformarlo in una mappa del tempo e geografica che rendesse un po' più facile la comprensione del testo, meno noiosa, e soprattutto visiva. L’immagine vista infatti, spesso è più facile da ricordare rispetto a un lungo testo scritto e sicuramente più facile da rivisitare quando necessario, oltre che presentare solo le informazioni strettamente utili. Questo libro comunque è presentato singolarmente nel capitolo &. “Questo saggio, quindi, ha un qualche obiettivo polemico nella sua preferenza per le argomentazioni. E, nello stesso spirito, assume che il valore stia nella qualità editoriale, nel contenuto di testi e immagini, nella loro accurata trasmissione, e che la nozione di “bellezza” sia meglio lasciarla da parte, o almeno strutturarla alla luce di questi primari obiettivi dello stampare.” Robin Kinross
Possiamo allora cominciare analizzando libro per libro che cosa è stato fatto, cercherò così di spiegare i punti deboli identificati e quali soluzioni ho proposito. A volte sono dei difetti tecnici che creano disturbi a chi osserva, altre volte forse sono più scelte di gusto (ma sempre legate a una logica tecnica), altre ancora sono state pure sperimentazioni. Ovviamente tutto ciò di cui parlo, tutta questa attenzione tipografica ai dettagli, viene sempre messa in pratica in tutta l’impaginazione della tesi; non voglio però palesare dove e lasciare il lettore alla scoperta dei piccoli cambiamenti inseriti qua e la.
PLATONE : IL SIMPoSIO
50 “D’altro canto, nemmeno gli ignoranti amano la sapienza, né desiderano diventare sapienti. Proprio in questo, difatti, l’ignoranza è insopportabile, nel credere da parte di chi non è né bello né eccellente, e neppure saggio, di essere adeguatamente dotato. Chi non ritiene di essere privo, dunque, non desidera ciò di cui non crede di aver bisogno.”
Opera platonica tra le più famose e interpretate, nonché stampate. Quello che rende così complicata l’interpretazione del discorso è che non è affatto lineare ma presenta un’enorme varietà di voci narranti: se ne possono contare circa una decina, quindi non le riassumerò tutte. Ho cercato comunque nella mia impaginazione di organizzarle, di ordinarle, identificando APoLLODORO come il principale narratore (nonostante non abbia partecipato in prima persona al Convivio ma gli sia stato raccontato anni prima da ARISTODEMO). Il livello al pari di Apollodoro è presente nei discorsi diretti con i suoi amici ascoltatori, mentre le altre voci narranti sono organizzate come sub-livelli del narratore. Tutte le opinioni dei partecipanti, e i loro discorsi diretti, sono quindi subordinate ad Apollodoro, ma allo stesso livello tra di loro; quando, anche tra chi dibatte, sono presenti dei discorsi riportati (mi riferisco per esempio a quello di Socrate che cita Diotima) c’è un ulteriore scalo di livello. Proverò a spiegarlo con uno schema, molto più facile da comprendere.
[ARISTODEMO] narra ad [APoLLODORO] narra agli amici discorsi diretti con chi lo interroga [ARISTODEMO] narra di come capita per caso al Simposio riportando i discorsi di [ERISSIMACO, FEDRO, PAUSANIA, ARISTOFANE] espongono la loro opinione discorsi diretti tra i partecipanti [SOCRATE] narra tramite il discorso platonico il discorso di [DIOTIMA] ultimo intervento conclusivo su Eros [ALCIBIADE] interrompe il simposio che si trasforma in una festa [APoLLODORO] conclude il racconto riportando la narrazione al livello zero
[[ La pratica del Simposio, nell’antica Grecia, era
Quello che ho riscontrato quella di sedersi assieme, mangiando e bevendo, nei libri che ho trovato del per poi discutere di un argomento che veniva deSimposio è che non sembra cretato tutti insieme. Nel caso dell’opera di Platone nessuno abbia evidenziato la di parla di EROS: il Dio dell’amore. Rispetto alle altre sue opere scritte in forma di differenza tra i vari livelli di DIALOGO PLATONICO nel Simposio sono presenti narrazione e tantomeno ab- delle diversità, molto interessanti. bia tentato di inserire le fon- La presenza di vari personaggi (maschere), diversi damentali note nella pagina tra loro, serve a riportare e rappresentare le divercorrente. Ormai il concetto di se opinioni e posizioni rispetto al tema trattato. nota a fine libro deve essere La narrazione si sviluppa come un discorso nel superato: solo un lettore ve- discorso, principalmente, ma ci sono anche delle ramente interessato e curioso varianti di discorso diretto e dialogo platonico andrà a leggersi ogni volta la classico — quando parla Socrate, il più eminente tra i filosofi nonché suo maestro. nota scritta 50 o 100 pagine SCENA INIZIALE: narrazione indiretta. Apollodoro più avanti e comunque non narra della riunione a un suo amico ciò che gli era so se lo farà fino a fine lettura stato precedentemente narrato da Aristodemo. senza desistere. Soprattutto SIMPoSIO: discorsi diretti tra i presenti. Si svolge in testo complicato e pieno a casa si Agatone e Socrate è tra gli invitati il più di riferimenti non comuni ne sapiente. Dopo la cena viene proposito il tema del contestuali ai nostri tempi le simposio: un elogio del dio EROS. A questo punto note sono fondamentali, do- la narrazione passa attraverso le voci di tutti i parpotutto è un testo filosofico e tecipanti che espongono il proprio punto di vista. Sono presenti quindi diversi narratori, la sensazionon un romanzo rosa. Ho cerne è di essere presenti al banchetto. cato il modo di far convivere CONCLUSIONE: Alcibiade ubriaco interrompe gli le note col testo principale, invitati e trasforma il simposio in una festa.]] mantenendo lo stesso formato Adelphi (Piccola Biblioteca 81) per renderlo commerciabile: ho cambiato ovviamente la font ma per quanto riguarda carta e tipo di stampa lascia la decisione a chi di dovere. Ho inserito le note in maniera decisamente libera ma sempre coerenti tra loro e all’interno della stessa gabbia tipografica: volevo che avessero l’aspetto di una decorazione, un bel guadagno estetico che rompesse la staticità del libro. Per quanto riguarda la scelta della Font ho usato il Cambria (Regular) per i testi e l’Univers (Light Condensed) per le note: il primo è un carattere relativamente nuovo (2004) con grazie e molto leggibile, soprattutto in piccolo, mentre il secondo fu disegnato da Adrian Frutiger nel 1956 — fondamentale per la storia del design svizzero e simbolo del movimento modernista. È ottimo perché presenta una grande varietà di pesi, è leggibile anche in piccolissime dimensioni soprattutto per il fatto di essere senza grazie (ecco perché l’ho usato nelle note), e ha una personalità non troppo invadente (senza essere neutra come quella dell’Helvetica) che lo rende adatto a moltissime pubblicazioni (la mia tesi, per esempio).
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!!shak espe are : macbeth “Come, you spirits
Opera teatrale presentata in forma That tend on mortal thoughts! Unsex me here, di copione in due lingue, inglese (ori- And fill me from the crown to the toe top full ginale) e a fronte traduzione in italia- Of direst cruelty; make thick my blood, no. Impaginazione a una sola colonna Stop up the access and passage to remorse, giustificata a bandiera con presenza di That no compunctious visitings of nature Shake my fell purpose, nor keep peace between note e numeri per indicare la riga delThe effect and it! Come to my woman’s breasts, la scena. Viene usato il maiuscolo per And take my milk for gall, you murdering ministers, titoli e ruoli, il corsivo per le azioni e il Wherever in your sightless substances testo principale è in Roman (o Book) You wait on nature’s mischief! Come, thick night, per le battute. And pall thee in the dunnest smoke of hell, I problemi di questo libro stanno nel That my keen knife see not the wound it makes, come sono state impaginate le due Nor Heaven peep through the blanket of the dark, lingue, visto che hanno differente trat- To cry “Hold, hold!” tamento: per prima cosa la font usata ACT I, SCENE IV per la lingua inglese è uno script che ha la funzione di richiamare forse i tempi dello scrittore, ma risulta troppo nero, fitto e confuso, al contrario della font usata per l’italiano. Passando poi alla gabbia tipografica, la parte inglese è molto libera: ci sono inizi di frase a metà della lunghezza della riga e sembra non esserci una regola per quanto riguarda l’uso degli a capo, che dovrebbe seguire il nome del personaggio che parla. Inoltre le scene non hanno il titolo in forma classica (che lo metta in rilievo e lo isoli dal teso centrale) ma sono solo indicate a inizio pagina con numeri e lettere romane. La traduzione in italiano è molto più semplice e coerente rispetto al testo. Sono distinguibili i titoli delle scene, chi parla e quali sono le azioni che i protagonisti devono compiere. In entrambe le lingue però ci sono dei casi dove azioni o inizi di frase a metà riga non sono armonizzate col resto del testo: sembra che l’interlinea sia stato deliberatamente ignorato per inserirvi degli elementi che però destabilizzano il lettore. Altro motivo di confusione è dato dalla non corrispondenza di vuoti e pieni tra le due pagine: a volte è impossibile capire quali siano le parole corrispondenti, se non sono già conosciute in precedenza, perché si trovano diverse righe più in basso.
Un’ultima incoerenza è data dalle note poste solo nella versione italiana il cui rimando è a fine libro: questo uso delle note è scomodo e non immediato, quindi non offre un aiuto alla comprensione come dovrebbe. Il risultato della [[ Il testo teatrale è un testo letterario destinato doppia pagina di questo libro a essere rappresentato ed è realizzato seconè in sintesi un disordine che do regole particolari. A differenza di un testo non invita affatto alla lettura. narrativo non può essere considerato del tutto autonomo, ma come parte dello spettacolo
Ho proposito due revisioni drammatico. Nella rappresentazione, che dà vita di quest’opera: entrambe pre- al testo teatrale, la vicenda non è raccontata da sentano sulla stessa pagina un narratore, ma i fatti accadono sotto gli occhi entrambe le lingue in stretta degli spettatori come se avvenissero in quel momento e i personaggi comunicano tra loro nello corrispondenza dei testi, così stesso tempo in cui comunicano col pubblico. da rendere più facile la com- Dal punto di vista letterario, gli elementi fondaprensione. Anche le note sono mentali del testo teatrale sono due: le didascalie state inserite nella pagina in (dal greco didascalia, «istruzione») e le battute basso a destra e i titoli non di dialogo. Le didascalie sono, in sostanza, delle sono ripetuti due volte ma ne sintetiche indicazioni che l’autore fornisce sul è presente solo uno centrale. La differenza luogo e il tempo in cui si sviluppa la vicenda o tra le due impaginazioni sta nel fatto che la sul modo in cui i personaggi entrano oppure prima proposta giustifica a destra la tradu- escono dalla scena, si muovono, sono vestiti, parlano. Sul testo sono generalmente stampate zione in italiano — creando solo un piccolo in corsivo o poste tra parentesi se si intervallano spazio tra le due versioni con un bel risul- alle battute. Pur nei riconosciuti limiti di estentato estetico — mentre la seconda giustifi- sione, la lunghezza delle didascalie può variare ca entrambe le lingue a sinistra — questo da poche parole a periodi più lunghi e dettagliati. semplifica la lettura e comprensione ma Colonna portante del testo teatrale sono, invece, sbilancia un po' la pagina. Ho scelto anche le battute di dialogo che occupano la quasi totadue nuove font che fossero più leggibili e lità del testo stesso. Alle parole dei personaggi, coerenti col testo, il CorporateE (Regular) infatti, è affidato lo svolgersi integrale dell’intera per l’inglese e l’Helvetica Neue (Light Con- vicenda: il racconto dei fatti presenti e passati, la delineazione del carattere e dei sentimenti dei densed Obli- singoli personaggi, gli avvenimenti non rappreque) per l’ita- sentati direttamente in scena. ]] liano. Il primo è fantastico per leggibilità e per il disegno in se (opera del Prof. Kurt Weidemann), oltre che presentare moltissimi pesi, mentre il secondo è una rivisitazione più nuova e vivace dell’Helvetica svizzero.
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R.L. STEVENSO JEKILL E MR hY
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È passata ormai una settimana e sto terminando questa dichiarazione sotto l’effetto di quel poco che è rimasto della vecchia polvere. A meno di un miracolo, quindi, questa è l’ultima volta in cui Henry Jekyll può formulare i propri pensieri o vedere la propria faccia (ahimè quanto mutata!) nello specchio. Non posso indugiare troppo nel portare a termine la relazione, perché, se finora è scampata alla distruzione, è stato solo grazie a una grande prudenza e alla fortuna. Se gli spasimi della metamorfosi dovessero cogliermi mentre scrivo, Hyde la farebbe a pezzi. Se invece passerà un certo lasso di tempo dopo che l’avrò riposta, il suo straordinario egoismo e la sua attenzione esclusiva per l’attimo fuggente forse salveranno il mio racconto dai suoi scherzi scimmieschi. In realtà la maledizione che sta per chiudersi su di noi lo ha già distrutto e mutato. Fra mezz’ora, quando avrò riassunto per l’ultima e definitiva volta la sua odiosa identità, so già che me ne starò seduto sulla sedia a piagnucolare e battere i denti, o continuerò, in un parossismo di terrore e di tensione, a camminare avanti e indietro per questa stanza (il mio ultimo rifugio terreno) tendendo l’orecchio a ogni suono minaccioso. Hyde morirà sul patibolo? O troverà il coraggio di por fine alla sua vita all’ultimo momento? Lo sa solo Dio. La cosa non mi interessa. Il vero momento della mia morte è questo; quello che succederà dopo non riguarda me, ma un altro. E così, nel momento stesso in cui depongo la penna e mi accingo a sigillare la mia confessione, metto fine alla vita dell’infelice Henry Jekyll.
Di questo libro sono presenti tante edizioni, e tante sono quelle veramente poco curate, soprattutto le non recentissime: una semplice casella di testo lineare, sempre uguale, con un testo che non finisce mai. Persino le copertine si alternano tra le spettacolari, fatte in collaborazione con bravi illustratori, e quelle fatte quasi per forza. Eppure è un libro così famoso e bello da leggere: Stevenson ha portato una rivoluzione nel testo narrato con quest’opera, scrivendola dal punto di vista dell’investigatore. Ci sono infatti molte voci narranti (e quindi punti di vista riguardo alle vicende) che convivono allo stesso tempo ma nessuna ha la visione completa di cosa succede: ciò vuol dire che solo alla fine, grazie alla dichiarazione del colpevole, scopriamo cosa sia effettivamente successo. Questo tipo di tecnica rende molto divertente l’impaginazione del libro, per cui ho deciso di farlo in modo che, ogni volta che una persona diversa narra le vicende, cambierà la gabbia tipografica o la scelta della font. Sono già stati fatti dei libri in questo modo, ma molto pochi e ormai irreperibili, (per cui non ho potuto prenderne visione) sempre trattando storie con sdoppiamento di personalità. Quindi nel nostro caso abbiamo circa 4 (o 5) voci narranti che ho deciso di trattare diversamente.
ON: YDE
NARRATORE ESTERNO e MR. UTTERSON HASTIE LAYON DOTTOR JEKILL/MR. HYDE
Il narratore esterno non coincide con Mr. Utterson ma segue la storia dal suo punto di vista, quindi gli ho assegnato la stessa impaginazione: la font usata è il Kefa (Regular), che ha una buona scorrevolezza per i testi lunghi (visto che è [[ Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor il più frequente), e l’area di testo compren- Hyde (The Strange Case of Dr. Jekyll and of Mr. de buona parte della pagina stampabile. Hyde), è un romanzo breve dello scrittore scozzeIl secondo narratore, l’amico, presenta il se Robert Louis Stevenson pubblicato nel 1886. suo punto di vista e ciò che sa della storia Ho scelto questo romanzo perché è presente lo tramite una lettera — che contiene a sua sdoppiamento di personalità e diverse situazioni volta una lettera speditagli da Jekill — che narranti: la storia segue i dubbi del Signor Utfa recapitare a Utterson: a lui ho assegna- terson, ed è quindi narrata da lui in prima parte, che indaga su chi sia questo Mr. Hyde che sta to il Calibri (Italic), font senza grazie (così terrorizzando Londra e che in qualche modo è da distinguerlo più facilmente dal primo) e collegato al suo amico Dott. Jekill. sempre ottimo. Un capitolo viene invece narrato in prima perA Jekill/Hyde ho affidato il PT Mono (Re- sona da un amico in comune dei due, prima che gular) per ottenere quell’effetto da “mac- venga ucciso. Quello finale invece è esposto in china da scrivere”; mi sembrava idoneo forma di lettera scritta dal Dottor Jekill che spieper la sua lunga lettera finale che spiega ga l’intero fatto accaduto. tutti gli avvenimenti dal proprio punto di Sono presenti quindi molti discorsi diretti e anvista, quello del colpevole straziato da ciò che sequenze narrate, sia dal narratore principale che dagli stessi protagonisti. ]] che ha fatto l’alter ego che intende porre fine alla propria vita. In questo caso la gabbia tipografica è più stretta per rendere la lettura più veloce e un po' caotica, come l’animo dello scrittore.
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!! A. BARICCO : OCEANO MARE
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Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Potrebbe essere la perfezione - immagine per occhi divini - mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità - verità - ma ancora una volta è il salvifico granello dell’uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore.
Questo romanzo è fantastico per il lavoro che mi sono proposta di fare, ha così tante varianti narrative che assegnando a ognuna una tipografia diversa si potrebbe rimpaginare una biblioteca intera. Baricco conosce il potere dell’impatto estetico dei suoi libri perché già propone delle varianti d’impaginazione che si adattino meglio ai suoi testi. Il lavoro che ho voluto fare col suo libro è più particolare degli altri e di sicuro ha bisogno di una grande complicità con lo scrittore, intanto ne mostro una bozza. Ho scelto di presentare solo la prima metà — era sufficiente — di un capitolo, quello centrale, il più interessante a parer mio e divertente da impaginare. Il testo narra in prima persona le vicende di Savigny, un uomo che viene torturato dal mare ma senza venirne inghiottito, che racconta come sopravvive su una zattera, dopo che la sua nave era affondata, assieme ad altri 146 uomini dell’equipaggio abbandonati al mare. Questo testo è un continuo flusso di coscienza, di pazzia; il protagonista comincia a narrare come se stesse cantando una filastrocca, dove ogni frase ricomincia da capo, e alla fine la storia finisce male.
“La prima cosa è il mio nome, Savigny.
La prima cosa è il mio nome, la seconda è lo sguardo di quelli che ci hanno abbandonato — i loro occhi, in quel momento — li tenevano fissi verso la zattera, non riuscivano a guardare altrove, ma non c’era niente, dentro quegli sguardi, il niente assoluto, né odio né pietà, rimorso, paura, niente. I loro occhi. La prima cosa è il mio nome, la seconda quegli occhi, la terza un pensiero: sto per morire, non morirò.”
Mi sono ispirata ai lavori dei Futuristi, ai loro manifesti e ai loro quadri che giocavano con la tipografia, le parole, gli slogan. Ho lentamente inserito delle varianti, all’inizio solo cromatiche alleggerendo la percentuale di nero, poi ho cambiato i pesi della font, ho cambiato font, l’ho usata un verticale e specchiata, ho cambiato le dimensioni delle lettere. Insomma ho [[ Oceano Mare, di Alessandro Baricco, è un trasformato la pagina nel mare in burrasca. romanzo moderno che presenta molti varianti Quando la narrazione è così caotica e narrative, sicuramente adatte a un po' di speridrammatica è fondamentale che il testo mentazione. aiuti la percezione delle sensazioni ricer- Il narratore è esterno ma le voci del libro sono cate: ho scelto io quali parole mettere in molte di più: il protagonista è il mare e come evidenza rispetto ad altre sebbene questo riesca a cambiare le persone, quindi la storia di lavoro andrebbe fatto in sincronia con lo queste che ne vengono a contatto. Diviso in tre scrittore. È un lavoro estremamente perso- libri (La locanda Almayer, Il ventre del mare, I nale che include la presenza e la sensibilità canti del ritorno) presenta l’umanità che vive col mare, quella che ne viene violentata, e quella che del tipografo, quando normalmente è più poi ne viene trasformata. trasparente e innocua; l’ho fatto perché è Le voci narranti sono quindi multiple: si passa un testo molto caro a me e sentivo di poter- dalla voce esterna ai discorsi diretti, da flussi di lo interpretare, è coscienza con grandi cambi di tensione a lunghi un lavoro che non ricordi mai dimenticati, innumerevoli flashbacks, si può pretende- passando anche per elenchi di quadri come fosse re di fare con ogni un catalogo di una mostra d’arte. libro ed è anche Inoltre lo scrittore è sicuramente disposto a un giusto così, altri- tipo di cornice tipografica nuova perché ci sono momenti di “a capo” non previsti che si infilano menti si scavalca tra le righe, maiuscoli inaspettati, libera disposilo scrittore. zione di testi. ]]
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LIBRO SCOLA DEUTSCHE LITE
74 Astern - schwälende Tage, alte Beschwörung, Bann, die Götter halten die Waage eine zögernde Stunde an.
Ho deciso infine cimentarmi anche coi libri scolastici, in quanto la maggior parte di questi è decisamente trascurata dal punto di vista tipoNoch einmal die goldenen Herden, grafico. Considerando che devono invitare lo studer Himmel, das Licht, der Flor, dente a rimanere concentrato sul testo e devono was brütet das alte Werden aiutare il più possibile alla comprensione, sono unter den sterbenden Flügeln vor? tanti gli accorgimenti che si possono prendere. Come esempio ho usato il mio libro di letteraNoch einmal das Ersehnte, tura tedesca delle scuole superiori — Leitfaden den Rausch, der Rosen Du durch die Deutsche Literatur — perché lo conoder Sommer stand und lehnte scevo molto bene, soprattutto i suoi difetti strutund sah den Schwalben zu, turali. Considerando che i testi presenti sono Noch einmal ein Vermuten, molto complessi e la varietà di esercizi da svolgewo längst Gewissheit wacht: re ho voluto alleggerire il peso della pagine nelDie Schwalben streifen die Fluten le lunghe analisi di libri e riorganizzare le pagine und trinken Fahrt und Nacht. per gli esercizi. Prima di tutto ho ridotto i colori del libro a tre; GOTTFRIED BENN nonostante sia stampato in quadricromia la resa ASTERN estetica è decisamente deludente e non corrisponde alla qualità del livello di insegnamento. Ho scelto due font molto leggibili e tecniche: L’Univers per i testi e il Meta Pro per gli esercizi, entrambi sviluppati da disegnatori tedesco parlanti, quindi che si adattano perfettamente al nostro caso. Ho scelto di lasciare degli spazi per la compilazione dei lunghi esercizi — al posto di costringere lo studente a portare sempre con se un ulteriore quaderno (e quindi peso) — che ho evidenziato riempendolo con righe oblique che delineano la zona. La carta anche deve essere diversa, non lucida ma patinata e opaca per evitare i riflessi mentre si legge e le sbavature della penna. In ultimo non ho inserito le note per le traduzioni perché quelle riportate erano inutili a causa della loro complessità e dunque non chiarivano il concetto. Ritengo molto più efficace inserire un vocabolario a fine libro, completo di tutti i termini che vengano utilizzati lungo il percorso formativo.
ASTICO: ERATUR
Il mondo della pubblicazione scolastica è più complicato di quello delle normali case editrici a causa di strette norme e soprattutto perché è molto “ereditario”. Nel senso che un professore, o un istituto, tende a comprare sempre le stesse collane con cui si è abituato e a optare per un opzione che abbia dei costi abbastanza ritenuti. Inoltre molto spesso i libri vengono revisionati, seppur non in maniera fondamentale o migliorativa, e quindi costringono gli alunni a comprarne di nuovi alimentando il mercato. Tutto questo fortunatamente non vale nel caso dei libri per scuole elementari, o collane specializzate per bambini, dove al contrario vengono fatti molti investimenti. Ci sono infatti diversi designer famosi che si sono dedicati al mondo dei bambini: prendiamo di esempio Bruno Munari. Ha progettato dei libri-giocattolo che, più che essere letti, devono essere guardati, toccati, morsi e stropicciati allo scopo di sviluppare creatività e senso del gioco nel bambino.
[[ MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA DIPARTIMENTO PER L’ISTRUZIONE DIREZIONE GENERALE PER GLI ORDINAMENTI DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE E PER L’AUTONOMIA SCOLASTICA 1/B – CARATTERISTICHE TECNICHE DEI TESTI SCOLASTICI A STAMPA Esse possono essere riassunte nei seguenti termini: ~ indicare la conformità della pubblicazione alle previsioni di cui all’art. 5 della L. 169/2008; ha analoga valenza l’indicazione riportata sul catalogo, sia cartaceo sia off/on-line, prodotto di anno in anno dall’editore. ~produrre gli aggiornamenti eventualmente necessari in fascicolazione separata; ~prevedere l’utilizzo di immagini strettamente funzionali al testo, eventualmente inserite con utilizzo di materiale cartaceo diverso da quello utilizzato per la parte testuale; ~utilizzare materiale cartaceo di costo contenuto; ~utilizzare caratteri a stampa che rendano al possibile agevole la lettura in relazione alle diverse età degli alunni; ~inserire all’interno del testo il risultato di eventuali controlli di qualità e di leggibilità ai quali le case editrici, nell’esercizio della libertà di impresa, sottopongono i propri prodotti, con l’indicazione dell’eventuale soggetto che lo ha rilasciato; ~garantire che il libro di testo suddiviso in volumi destinati ai diversi anni di corso sarà stampato per tutta la durata del corso di studi; ~prevedere, ove necessario, la stampa a 4 colori sia per le illustrazioni che per la copertina. [...] ~Carta: patinata opaca di almeno gr. 80 al mq. ~Formato: non meno di cm. 19,5 per 26. ~Illustrazioni, caratteri e forma di stampa: devono essere utilizzate le migliori tecnologie per assicurare la massima perfezione tecnica e con scelte comunicative idonee a facilitare la migliore fruizione da parte degli alunni in relazione all’età e allo sviluppo del percorso formativo. Per le immagini deve essere prevista una stampa a 4 colori o in bianco e nero, ove possibile. Non è consentito usare il colore nella stampa dei caratteri, a meno che non si debbano porre in risalto segni, parole o concetti o occorra stampare su sottofondi colorati. ~Copertina: obbligatoria per una fascicolazione superiore alle 64 pagine e costituita da cartoncino plastificato di gr. 200 al mq. e a 4 colori. ~Confezione: brossura cucita a filo refe; è ammessa la confezione a punto metallico solo per i volumi fino a 64 pagine. ]]
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CAP
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conclusioni
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"LA FORMA DELLA LETTERATURA È ANCH'ESSA VISUAL DESIGN, E GLI SCRITTORI PIÙ ATTENTI LO HANNO SEMPRE SAPUTO. LA PRIMA EDIZIONE DEI PROMESSI SPOSI, USCITA NEL 1840, ERA RICCAMENTE ILLUSTRATA. MANZONI AVEVA SCENEGGIATO CON GRANDE CURA IL CONTENUTO DI OGNI SINGOLA VIGNETTA, INDICANDO COME E DOVE QUESTE AVREBBERO DOVUTO ESSERE INSERITE, PIANIFICANDO CON CURA IL LAYOUT E L'IMPAGINATO DEL LIBRO. I PROMESSI SPOSI NASCE DUNQUE COME TESTO CON ILLUSTRAZIONI; NELLA MENTE DI MANZONI, I DUE ELEMENTI ERANO PARTI DI UN UNICO DISCORSO. IL FATTO CHE IL LIBRO SIA STATO IN SEGUITO RIPUBBLICATO RIDOTTO SOLO AL TESTO, EVIDENZIA CHE LE IMMAGINI SONO STATE VISSUTE DALLA CULTURA ITALIANA COME TRASTULLI PER L'INFANZIA, RIVELANDO COSÌ UNA COMPLETA INCOMPRENSIONE DI MANZONI, CHE INVECE AVEVA UNA FORTISSIMA SENSIBILITÀ PER IL GUSTO E I LINGUAGGI A LUI CONTEMPORANEI. I PROMESSI SPOSI SENZA FIGURA SONO UN'OPERA A METÀ, FILTRATA SECONDO I DETTAMI DELL'IDEALISMO ACCADEMICO, CHE TRASMETTE UN'IMMAGINE FALSATA DELLE INNOVAZIONI EDITORIALI DELL'OTTOCENTO, UN SECOLO MOLTO PIÙ SPREGIUDICATO E GRAFICO DI QUANTO SI CREDA." —CRITICA PORTATILE AL VISUAL DESIGN, RICCARDO FALCINELLI—
Volendo dunque evitare di ridurre al banale grandi scrittori capaci di pensare oltre il normale orizzonte, con nuovi punti di vista e con uno spirito rivoluzionario, ho voluto proporre delle soluzioni alternative. Le ho chiamate DIVAGAZIONI TIPOGRAFICHE perché sono un po' come delle chiacchiere, delle idee, delle immagini che spronino una reazione nel lettore. Non è tanto quello che ho tentato di fare o come lo abbia realizzato ma è l'idea che sta dietro. L'idea che dovrebbero esserci più sperimentatori con la voglia di giocare come Munari, che si lascino alle spalle i soliti cliché tipografici senza paura di essere criticati. Più artisti che come i Futuristi giochino con le parole, più persone con uno spirito nuovo che escano dagli schemi. L'idea che si debba poter esprimere se stessi senza paura dei pregiudizi. Siamo talmente omologati e assuefatti da quello che propone il mercato da non pensare neanche che possano esistere alternative, e questo è sbagliatissimo. Se dobbiamo continuare a produrre le stesse cose per decenni, centenni e millenni allora l'evoluzione dell'uomo si ferma qua. Il mercato globale ha ucciso tutto? Non voglio dare la colpa alla globalizzazione perché sarebbe sbagliato, la cola è di tutti noi che dopo averla creata ce ne siamo lasciati assorbire interamente. E ci siamo dimenticati degli outsider. Di quelle persone che ogni tanto si fanno sentire e portano avanti la loro personale rivoluzione. E che tanto ammiriamo, perché loro possono e noi no. Credo che ognuno di noi possa fare parte di questa élite e donare il suo apporto posi-
How much do you make? Have you ever contemplated suicide? Are you now or have you ever been...? Are you aware of the fact...? I have here before me.... universal, tyrannical womb-totomb
tivo e creativo al mondo, basta solo saperlo e crederci. Se siamo sempre stati abituati a vedere le stesse cose, allora penseremo e ragioneremo sempre e solo in quell'ottica per cui il "bello" o "buono" o "utile" diventano concetti definiti dall'esterno e non dall'interno, come dovrebbe essere. [[ Fortunatamente ci sono persone come Marshall McLuhan e Quentin Fiore che pubblicano "The Medium is the Massage" (citato qui a destra) nel 1967 o Robert Massin che si dedica alle opere teatrali sfidando tutte le tradizioni con "La cantatrice calva". ]]
Il mio scopo, in sintesi, era quello di ricordare che non ci sono solo strade predefinite e che ognuno può disegnare il proprio percorso, fuori dagli schemi.
*** Per il continuo supporto e per essere fonte di stimolo e di approvazione, ringrazio il mio relatore, la mia famiglia, i miei carissimi amici (in particolar modo Jacopo e Serena) e Lori per la grande pazienza.
bibliografia
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•"Gli elementi dello stile tipografico", R obert Bringhurst, EDIZIONI SYLVESTRE BONNARD, 2005 •"Sinsemie", Luciano Perondi, STAMPA ALTERNATIVA & GRAFFITI, 2012 •"Breve storia della parola stampata", Warren Chappel e R obert Bringhurst, EDIZIONI SYLVESTRE BONNARD, 2004 •"Writing and illuminating and lettering", Edward Johnston, OTTISWOODK. BAM ANTYNE AND CO. LTD., 1917 •"Segni e Simboli", Adrian Frutiger, STAMPA ALTERNATIVA & GRAFFITI, 1996 •"Stop stealing sheep", Erik Spiekermann, ADOBE PRESS, 1993 •"Antropologia del linguaggio", Alessandro Duranti, BOOKLET MILANO, 2002 •"The medium is the massage", Marshall McLuhan e Quentin Fiore, GINGKO PRESS, 2001 •"Guida portatile al visual design", Riccardo Falcinelli, EINAUDI, 2014 •"La tirannia dell'alfabeto", Roy Harris, STAMPA ALTERNATIVA & GRAFFITI, 2003 •"Sei proprio il mio typo", Simon Garfield, ADRIANO SALANI EDITORE, 2012 •"Tipografia moderna", Robin Kinross, STAMPA ALTERNATIVA & GRAFFITI, 2005 •"Simposio", Platone, ADELPHI, 1979 •"Macbeth", William Shakespeare, FELTRINELI, 1997 •"Lo strano caso del Dottor Jekill e del Signor Hyde", R.L. Stevenson, BUR, 1998 •"Oceano Mare", Alessandro Baricco, FELTRINELLI, 2012 •"Leitfaden durch die Deutsche Literatur", Luisa Martinelli Stelzer, BULGARINI, 2010
libri c o ns u ltat i
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