TESSUTO È ...
La città di Prato, da sempre luogo di sperimentazioni urbane d’eccellenza, è oggi un laboratorio permanente di strategie territoriali che fondano le proprie basi sulla teoria del Landscape Urbanism. L’ibridazione tra ecologia, tecnologia e ambiente antropico e la sostituzione delle logiche ecologiche a quelle urbane mettono al centro le tematiche di re-use, re-cycling e climate change, focalizzando l’indagine sui vuoti della città, sulle porosità e sul loro valore di resilienza nel processo di trasformazione urbana e architettonica. In questo ambito strategico si inserisce l’Area Ex Banci, caratterizzata oggi da 80 anni di storia che raccontano come quella fabbrica e il suo fondatore siano emblemi di una prematura attenzione ai più contemporanei aspetti di una cultura ecologica, sostenibile, resiliente. Il bisogno di creare un forte legame con la natura, un organismo architettonico estroflesso verso la natura stessa, il grande sogno americano del self-made man: queste furono le suggestioni con le quali Walter Banci costruì l’omonimo lanificio tra il 1952 e il 1962, secondo un gioco di similitudini architettoniche che ci ricordano l’architettura contemporanea del maestro Frank Lloyde Wright.
Oggi abbandonata da oltre 40 anni, se ne propone il recupero in un progetto di riqualificazione del paesaggio urbano, che comprenda le permanenze di archeologica industriale e lo spazio aperto limitrofo: una ricucitura della maglia paesaggistica intelaiando l’ordito delle preesistenze territoriali con una nuova trama progettuale di percorsi e paesaggio, nell’ottica della creazione di un nuovo asse ecologico verso la Calvana e un asse di contemporaneità con il Centro Pecci. L’obiettivo è la creazione di un progetto pilota, che possa essere input per diffondersi all’interno della città, tessendo la trama identitaria degli spazi aperti urbani, trasformando quelli abbandonati secondo il principio della resilienza, sostituendo il concetto di produzione di CO2 con quello di produzione di O2, sensibilizzando al tema dei cambiamenti climatici: “Una nuova struttura dello spazio e del tempo”, citando B. Secchi, un nuovo modo di fare Landscape Urbanism, riqualificazione del paesaggio urbano, dove questo diventi cerniera della comunità, luogo dello stare e divenire. Un ordito ed una trama che formano un nuovo tessuto urbano, perché in fondo Tessuto è Prato.
Università degli Studi di Firenze DIDA | Dipartimento di Architettura | Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura Curricula Progettazione dell’Architettura | A.A. 2019-2020 Tessuto è Prato Trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci a Prato Relatore Prof. Arch. Paolo Di Nardo Correlatore Prof. Arch. Tessa Matteini Laureanda Lisa Da Rold
Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
TESSUTO È ...
Indice 00
Premessa
04
01
Tempo di Fabbrica
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06
02
Lettura interpretativa
Il concept Il progetto architettonico Gli spazi interni e le funzioni
9 10 15
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ETFE - Etilene Tetra Fluoro Etilene Esplorazione a tema
07
Gli spazi aperti e le connessioni della città di Prato Lettura interpretativa degli spazi aperti Lettura interpretativa delle connessioni
La città dalle cento ciminiere Esplorazione a tema
03
Trama e ordito
04
CTC
19 21
Il concept La tecnologia del materiale - L’ETFE nel progetto architettonico
24 26
Gli orti nella storia Esplorazione a tema
08
05
Museo del design del tessuto
Ordire una trama / Tramare un ordito L’evoluzione degli orti sociali urbani nell’Età Contemporanea Il progetto degli orti sociali urbani I pergolati vegetali nel sistema orto-giardino Il concetto di parco culturale
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36
72 75 75
80 82
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Fabbrica di biodiversità
85 86 86 87
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Un progetto pilota per Prato 2050 Climate change Le specie di progetto
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44
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Conclusioni
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Prato è Tessuto
Centro Tessuto Contemporaneo Il concept Il progetto architettonico I materiali Il progetto di allestimento
70
L’approfondimento di architettura del paesaggio
Centro Tessuto Contemporaneo L’architettonico Lo spazio pubblico
Innovazione e memoria
63 63 65
Approfondimento tecnologico
Il progetto di masterplan L’idea Il ruolo della declassata e i suoi landmark Il progetto paesaggistico I nuovi percorsi e il progetto architettonico
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Centro Tessuto Contemporaneo
Storia dell’Area Ex Banci a Prato Walter Banci, storia di un imprenditore-sognatore Lanificio Banci, il progetto architettonico-paesaggistico Principi di resilienza
Accesso (BI) direzionale
47 47 49 57
Bibliografia
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Riferimenti
Ringraziamenti Alle mie persone
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Pa
Area campione Tangenziale / Via Casale Fatticci
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Area campione Cavalciotto
2
Area campione Viale Nam Dinh
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strategia 6
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Parco agricolo di cintura
Verde capillare
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PROGETTO Parco San Paolo
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PROGETTO Macrolotto 1
PROGETTO Parco Agriurbano Declassata
Premessa Tessuto e (è) ...
Spunto di riflessione iniziale sulle tematiche progettuali è stato il nuovo Piano Operativo della città di Prato. Il Piano Operativo (PO) è lo strumento di pianificazione urbanistica le cui previsioni hanno una durata di cinque anni e stabilisce nel dettaglio dove, come e quanto intervenire nella trasformazione, valorizzazione e tutela del territorio comunale, partendo dalla visione generale di sviluppo sociale, culturale ed economico. La regione Toscana è stata la prima Regione italiana ad adottare questo modello, con la Legge regionale n. 5 del 1995. Il nuovo Piano Operativo di Prato è stato adottato il 17 Settembre 2018, ai sensi della Legge regionale 65/2014.
Operativo raccoglie l’ibridazione tra ecologia, tecnologia e ambiente antropico, sostituendo le logiche ecologiche a quelle urbane, inserendo la città di Prato al centro delle tematiche attuali di re-use, re-cycling e climate change. Si costituisce così una vera e propria tecnologia della natura, coadiuvata da consulenze specifiche tra le quali quella di Stefano Mancuso sui Green Benefits e di Stefano Boeri sulla Forestazione Urbana. Progettazione intelligente di una città integralmente resiliente, che pone le basi dello sviluppo sull’ecologia, rispondendo alle sfide globali (climate change) e locali (benessere del cittadino), così come richiesto dal Patto di Amsterdam.
“Prato Fabbrica Natura, Il nuovo Piano Operativo”
Eco-logia | Eco-nomia Una nuova sinergia
Il Piano Operativo trova la sua forma comunicativa attraverso la pubblicazione di “Prato Fabbrica Natura, Il nuovo Piano Operativo”, Maggio 2019, a cura di Valerio Barberis e Elisa C. Cattaneo. Nella pubblicazione si racconta come la città di Prato, da sempre luogo di sperimentazioni urbane d’eccellenza (vd. Piano Regolatore, 1993-1996, di Bernardo Secchi), sia oggi un laboratorio permanente di strategie di rilevanza internazionale, dove la pianificazione, affiancata da un percorso partecipativo parallelo, inscrive Prato nella parentesi disciplinare nordamericana del Landscape Urbanism. Del Landscape Urbanism il Piano
Attraverso la cifra ecologica il Piano si configura come un declassamento della pianificazione classica, un’importante inversione del processo urbanistico, dove il concetto di forma sostituisce il concetto di norma e dove l’indagine parte dai vuoti della città, dalle “porosità” ereditate anche dal Secchi, e dal loro valore nel processo di resilienza e trasformazione, sviluppando in parallelo strategie di economia circolare e riuso. Si pacificano quindi i termini Eco-logia ed Eco-nomia, ossia la logica dell’abitare e la sua ottimizzazione delle risorse, che trovano nuovamente, nel nuovo Piano Operativo della città di Prato, un loro equilibro capace di crescere e far crescere la città.
Premessa, Tessuto è ...
I grandi obiettivi strategici Tra i grandi obiettivi strategici si trova il sistema della declassata, ovvero l’arteria centrale di collegamento dell’area vasta, che oggi divide trasversalmente la città in Nord e Sud. Principale obiettivo del Piano è l’interramento della declassata, con creazione di un nuovo spazio pubblico, un parco urbano alla quota della città, dove possa svilupparsi la sinergia tra le scelte urbanistiche e le azioni mirate di marketing territoriale. Ed è proprio in questo obiettivo strategico che si inserisce l’area Ex Banci.
P.01 Illustrazioni grafiche estratte da Piano Operativo di Prato “Ecologia 2, La simbiosi ecologica”
05
“Tutta a Prato va a finire la storia d’Italia e d’Europa: tutta a Prato, in stracci (...) Per anni i pratesi han filato, tessuto, cardato gli stracci di Marengo, di Austerlitz, di Waterloo (...) È questo da tenere a mente: che Prato è città operaia, tutta operaia, la sola in Italia, che sia operaia da capo a piedi.” C. Malaparte, “Maledetti Toscani”, Firenze, 1956
06
Tempo di Fabbrica Storia dell’Area Ex Banci a Prato
Tempo di Fabbrica, storia dell’Area Ex Banci a Prato
Capitolo 01
01
7
8
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Tempo di Fabbrica Storia dell’Area Ex Banci a Prato
1940-2020: 80 anni di storia che raccontano la vita di un uomo e di luogo, entrambi emblemi della storia della città di Prato: abbattimento di frontiere culturali, viaggi oltreoceano, creazione di un sistema produttivo articolato, attenzione ai più contemporanei aspetti di una cultura ecologica e sostenibile, tali sono i temi chiave che caratterizzano la storia dell’Ex Lanificio Banci. Walter Banci Storia di un imprenditore - sognatore Walter Banci, giovane pratese dalle umili origini, dopo aver appreso da solo il mestiere, decise di intraprendere la strada dell’imprenditore tessile, attività prevalente nel territorio pratese. L’inizio della sua attività commerciale risale al 1940, momento critico a causa dell’inizio degli eventi bellici, fatto che lo costrinse a rimandare l’inizio della sua fortuna al 1944. Nel 1949, insieme ad un amico fiorentino, divenne co-fondatore del lanificio pratese “Star”, realizzato a partire da un motore a scoppio prelevato da un’automobile “Fiat 501”. La cooperazione non durò a lungo, in quanto il sentimento di devozione e sacrificio che caratterizzava la persona di Walter Banci non era condiviso con da i suoi collaboratori. Il giovane imprenditore-sognatore decise quindi di continuare per la sua strada e agli inizi degli anni ‘50, con il mercato italiano dell’esportazione che si allargava verso nuove frontiere, l’America e la Russia
sovietica, decise di allontanarsi da casa e di voler girare il mondo, cogliendo il momento favorevole del mercato in cerca di occasioni speciali. Nel 1952 il grande salto, concretizzato grazie ad un primo finanziamenti di EFI Banca di 50 milioni di lire, al quale ne seguirono altri: Walter Banci acquistò i 21 ettari e mezzo di terreno agricolo della Contessa Baciocchi Roselli del Turco di Firenze, che andavano dall’odierna questura fino a dove oggi sorge l’ex Lanificio Banci. Si trattava di un immenso podere agricolo che Walter Banci desiderava non esaurire di costruito, bensì di edificarne solo una ristretta porzione: l’obiettivo era quello di mantenere un sistema vegetativo articolato, formato da vivai e piantagioni in parte visibili ancora oggi. La natura, per Walter Banci, era vista come un’entità da proteggere, conservare, ricreare e con la quale costruire un legame in forte equilibrio. Walter Banci credeva fortemente che un ambiente esterno curato potesse migliorare il lavoro stesso, la produzione in ogni sua fase, la qualità della vita di chi ci avrebbe lavorato, con una visione estremamente evoluta per gli anni in oggetto e che anticipa alcune delle tematiche contemporanee più affrontate. Con gli anni ‘50 arrivò il grande viaggio in America, quando la forte poliedricità che contrastingueva il personaggio di Walter Banci gli permise di rimanere ammaliato da quell’architettura organica che stava prendendo sempre più piede negli Stati Uniti nel Secondo Dopoguerra.
Tempo di Fabbrica, storia dell’Area Ex Banci a Prato
Capitolo 01
1.01 Foto Ex Fabbrica Banci, Settembre 2015 1.02 Walter Banci
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Lanificio Banci Il progetto architettonico-paesaggistico ma ambienti dettati dalla socialità e dal benessere del lavoratore. Tre temi chiave nel ragionamento contemporaneo sulle città italiane. I lavori iniziarono nel 1952 e furono seguiti da i giovani ingegneri Forasassi e Taiti, che interpretarono e fecero loro quell’idea innovativa e per molti all’epoca incomprensibile di Walter Banci. Presero quindi vita le prime costruzioni, disposte sia perpendicolarmente che parallelamente all’attuale Viale Leonardo da Vinci, all’epoca tratto autostradale Firenze-Mare, poi declassato a tangenziale (da qui il termine declassata). L’impianto leggibile oggi è attestabile al 1971, diverso solo in minima parte rispetto all’impianto originario del 1952. Leggendo l’architettura nel dettaglio non si può non porre attenzione sull’utilizzo della pietra alberese, tanto legata al territorio di Prato, che costituisce i terminali in pietra, che stringono tra loro le lunghe pareti vetrate. Queste ultime, fortemente inclinate, evocano l’idea di cascata architettonica, scandite da una ritmica di infissi modulari, ed enfatizzano la proiezione verso l’esterno, verso il paesaggio urbano progettato. Le coperture, realizzate in laterocemento, anch’esse inclinate, con il compluvio centrale. Gli interni progettati per implementare il concetto di pianta libera, con gli appoggi ridotti ai minimi termini per l’epoca, con uno
1.03 Estratto di Catasto Leopoldino
Il bisogno di creare un forte legame con la natura, un organismo architettonico estroflesso verso la natura stessa, il grande sogno americano del self made man, dell’uomo che grazie alla sua volontà avrebbe potuto modificare il proprio destino: queste furono le suggestioni con le quali Walter Banci tornò in Italia e tra il 1952 e il 1962 costruì l’omonimo lanificio. Non una fabbrica classica quindi, ma un oggetto unico nel suo genere: spazi aperti e non luoghi angusti per lavorare, interconnessione all’ambiente esterno, smaterializzazione dei perimetri tramite l’utilizzo del vetro, utilizzo di pietra alberese locale in blocchi. Un gioco di similitudini architettoniche che ci ricordano l’architettura di F. L. Wright. Il progetto del Lanificio Banci prende spunto, infatti, dal progetto del Centro ricerche Union Oil Company che fu costruito a Brea, vicino a Los Angeles (California), progetto di ispirazione Wrightiana. La lungimiranza di Walter Banci, innata e arricchita dall’esperienza americana, fa sì che l’omonimo lanificio costituisca dal punto di vista urbanistico, paesaggistico e architettonico un caso isolato nel panorama pratese e nazionale: non una costruzione in serie, ma uno spiccato episodio architettonico; non un isolato saturo, ma del costruito immerso in un bosco progettato; non una serrata catena di montaggio,
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
1954
2007
1978
2010
Tempo di Fabbrica, storia dell’Area Ex Banci a Prato
1996
2016 Capitolo 01
1.04 Foto aerea - Volo IGM GAI 1954 1.05 Foto aerea - Volo 1978 1.06 Foto aerea - Volo 1996 1.07 Foto aerea - Volo 2007 1.08 Foto aerea - Volo 2010 1.09 Foto aerea - Volo 2016
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1.10 Foto storica interna 1.11 Foto storica interna 1.12 Foto storica esterna 1.13 Foto aerea storica 1.14 Foto attuale Ex Banci
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spazio capace di essere organizzato in funzione della produzione tessile e modificato in futuro a seconda delle esigenze. Un organismo organico, dinamico, all’interno come all’esterno. Walter Banci riteneva, infatti, che il paesaggio avesse un ruolo predominante nell’architettura, con un’ottica prematuramente sociologica rispetto alle condizioni nella quali versava il lavoratore tessile: credeva fermamente che un ambiente curato e sano, immerso nella vegetazione, avrebbe migliorato la qualità della città e della vita di chi lavorava al suo interno. Per questo una grande porzione del lotto fu destinata ad impianti vivaistici, dove furono piantate alcune specie arboree scelte da Banci stesso, che sono andate a creare poi il bosco nel quale è attualmente immersa la parte costruita. Le specie arboree che costituirono il disegno del paesaggio sono il Cedrus Atlantica Glauca, Cedrus Libani, Pinus Pinea, Cupressus Arizonica Gestruema. È interessante leggere nella storia della progettazione del Lanificio Banci, nelle permanenze attuali, come la compenetrazione tra architettura e paesaggio fosse totale e totalmente progettata: la distanza tra i diversi padiglioni è data da tematiche di sicurezza antincendio, onde evitare che un incendio si trasferisse da un padiglione all’altro, e questo fa sì che nella piazza che si crea internamente ai volumi ci sia una commistione tra architettura e paesaggio; per non intaccarla,
Walter Banci progettò dei percorsi interrati, di collegamento tra i vari padiglioni, percorsi da piccoli trasporti elettrici che veicolassero i materiali, un sistema di comunicazione sicuro, riparato che non intaccasse il paesaggio urbano. Si rileva costantemente una sensibilità tipica dei grandi maestri architetti del ‘900 e anche nelle scelte progettuali minori si riscontra il genio di F. L. Wright, modello d’ispirazione costante per Walter Banci, umile figlio di Prato che ha lasciato in eredità alla città un esempio di buona architettura, da preservare e valorizzare.
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Tempo di Fabbrica, storia dell’Area Ex Banci a Prato
Capitolo 01
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1.15 Foto attuale interna ad uno dei padiglioni della Ex Fabbrica Banci 1.16 Foto attuale interna ad uno dei padiglioni della Ex Fabbrica Banci 1.17 Foto attuale esterna ad uno dei padiglioni della Ex Fabbrica Banci
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Principi di resilienza Agli anni ’70 si deve il declino della fortuna che fino a quel momento aveva avuto il Lanificio Banci: lotte sindacali e scioperi politici, a seguito delle rivolte del 1968, costrinsero Walter Banci ad un rientro forzato in Italia. Al suo ritorno trovò una situazione non più sotto controllo e l’azienda fortemente in crisi: di lì a poco l’imprenditore decise quindi di fermare la produzione e chiudere l’azienda. Walter Banci però, da sognatore quale era, cominciò subito a pensare ai passi successivi, al futuro che avrebbe potuto avere quell’area tanto progettata nei minimi dettagli per essere potenzialmente versatile e convertibile, anticipando ancora una volta una tematica fortemente contemporanea, come quella della resilienza. Fu così che iniziò a concretizzare il suo sogno, ovvero quello di creare un network di contatti, di investitori, di stakeholders, che avrebbe fatto sì che si realizzasse un cambio di destinazione d’uso, da fabbrica a grande polo fieristico del tessuto, della moda: riconvertire la fabbrica e spostare la grande esposizione fiorentina “Pitti” a Prato. Gli spazi e la centralità dell’area lo permettevano già allora, in primis per la vicinanza dell’autostrada e delle principali stazioni ferroviarie. A causa di motivi politici, non è stato possibile realizzare, almeno allora, tale grande obiettivo.
Fu così che l’area fu definitivamente abbandonata, per l’impossibilità alla conversione d’uso, e la rumorosa produzione lasciò spazio ad un sacrale silenzio, e il degrado e l’abbandono presero così il sopravvento. Nell’Ex Lanificio Banci ha prese così vita il cosiddetto Terzo Paesaggio, così come fu definito da Gilles Clément, nella pubblicazione “Il manifesto del Terzo Paesaggio” del 2005: “Luoghi abbandonati dall’uomo [...], i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili, le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie.” La pubblicazione di Clèment mostra i meccanismi evolutivi e le connessioni reciproche tra le parti abbandonate, e impone così degli interrogativi sul futuro: “Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato.
Cos’è il Terzo Stato? Tutto. Cosa ha fatto finora? Niente. Cosa aspira a diventare? Qualcosa.” E tale è il principale obiettivo della ricerca progettuale oggetto di tesi: il futuro dell’area Ex Banci.
Tempo di Fabbrica, storia dell’Area Ex Banci a Prato
Capitolo 01
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Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimani delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi seghettature, intagli, svirgole. I. Calvino, “Le città invisibili”, 1972
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Lettura interpretativa Le connessioni e gli spazi aperti della cittĂ di Prato
Lettura interpretativa, gli spazi aperti della cittĂ di Prato
Capitolo 02
02
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Lettura interpretativa Le connessioni e gli spazi aperti della città di Prato
Bernardo Secchi, Architetto, Urbanista e Ingegnere italiano, è stato il padre del Piano Regolatore della città di Prato. Al Professor Secchi Prato deve la creazione del concetto di mixitè, la mescolanza tra edifici industriali e residenziali, elemento che contraddistingue la città, e l’attenzione al concetto di spazio aperto, di area, di porosità, di vuoto. Prato è mixitè, è città-fabbrica, è casa-lavoro, è tessuto: tale identità della città va preservata e rinnovata e fondamentali sono i progetti di recupero degli edifici industriali ormai in disuso e abbandonati; l’obiettivo è quello di preservare tale identità cittadina, trasformando le destinazioni d’uso secondo le esigenze del tempo: da edificio industriale a polo museale, biblioteca, mercato urbano, complesso residenziale, con fondamentale attenzione al sistema degli spazi aperti, del collegamento tra città e architettura. Un esempio di questo indirizzo è costituito dalla recupero di un ex fabbrica tessile posta in Via del Romito trasformata nella Nuova Sede della Camera di Commercio di Prato, ad opera dello studio di architettura MDU. Un intervento rispettoso dell’architettura preesistente, che rappresenta concretamente il tentativo di recuperare pezzi di città attraverso il ri-considerare e ri-progettare il patrimonio esistente. La sfida colta dagli architetti è stata quella di creare una nuova immagine esterna, conservando memoria della preesistenza. La nuova pelle progettata da MDU Architetti si configura in una pannellatura di rete stirata metallica con
finitura anodizzata, che riveste interamente l’edificio, ne esalta la volumetria e richiama con la sua trama l’idea tessile. Infine, attraverso i tre profondi tagli nella massa volumetria si creano spazi aperti ad uso pubblico, in collegamento diretto con la città. Lettura interpretativa degli spazi aperti Visti i buoni modelli esistenti, nell’ambito di progetto di architettura/architettura del paesaggio urbano, si è resa necessaria un’attenta catalogazione degli spazi aperti della città di Prato: un’analisi inter-scalare, data dalla sovrapposizione dei diversi layer che costituiscono la città. L’obiettivo è stato quello di interpretare il sistema degli spazi aperti connessi al tema dell’industria, così forte all’interno della città di Prato (sì veda ancora una volta il concetto di mixitè), indagando la loro evoluzione, connessa allo stato e all’attuale utilizzo degli edifici industriali stessi. Si delinea così un panorama costituito da edifici industriali in uso, in disuso abbandonati e in disuso convertiti. Gli spazi aperti connessi agli edifici industriali in uso si mostrano non modificati nel tempo, con un indice di qualità relativamente basso; gli spazi aperti connessi agli edifici industriali in disuso si mostrano, invece, caratterizzati dal fenomeno della quarta natura, un fenomeno di crescita spontanea di vegetazione connesso ad un periodo di abbandono e degrado, configurandosi con un indice di qualità molto basso; infine, gli spazi aperti
Lettura interpretativa, gli spazi aperti della città di Prato
Capitolo 02
2.01 Vista aerea di Prato 2.02 Prato Città-Fabbrica > Mixitè 2.03 Gli spazi aperti
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connessi agli edifici industriali convertiti si mostrano qualitativamente elevati, con una progettazione dell’architettura sempre connessa alla progettazione del paesaggio urbano, con particolare attenzione alla creazione di verde pubblico, di sistemi permeabili, di percorsi ciclo-pedonali, di sistemi di aggregazione. Tale catalogazione degli spazi aperti con relativa lettura interpretativa è stata estesa al resto della città, in una porzione territoriale, che va dal casello autostradale di Prato-Est al quartiere di San Giusto. Gli spazi aperti sono stati suddivisi in ambiti del paesaggio urbano ed ambiti del paesaggio rurale. Gli ambiti del paesaggio urbano comprendono gli spazi aperti residenziali, gli spazi aperti industriali/post industriali e gli spazi aperti della trama paesaggistica. Gli spazi aperti del paesaggio rurale si articolano, invece, nei serbatoi di naturalità e negli spazi aperti agricoli. Per ognuna di queste categorie, in riferimento alla mappa concettuale planimetrica, si è andati ad interpretare la qualità, secondo parametri quali la densità sul territorio, i collegamenti, l’attrattiva, la cura, l’utilizzo che ne viene fatto, la resilienza, lo diffusione del fenomeno della quarta natura, giungendo infine ad un giudizio qualitativo. Dall’analisi svolta appare chiaro come la tendenza al recupero di ex edifici industriali negli ultimi anni sia in aumento, in particolar modo in aree limitrofe al centro storico, come nel Macrolotto 0, quartiere simbolo del concetto di mixitè, con principi di
allargamento della tendenza anche ad aree più lontane dal centro storico. Il fattore più interessante però riguarda la qualità degli spazi aperti associati a tali interventi di recupero/trasformazione: si riscontra la costante volontà di creare degli spazi aperti fortemente permeabili, ad uso pubblico, con particolare attenzione alla qualità della vita del cittadino. Lettura interpretativa delle connessioni Se gli spazi aperti costituiscono le aree, le porosità e i vuoti, le connessioni costituiscono le linee, i collegamenti, fisici e ideali, all’interno della città. Si è reso quindi necessario una lettura interpretativa delle connessioni della città, con focus sull’area Ex Banci che si pone al centro del sistema-città. Connessioni viarie Prato, terza città del Centro Italia per numero di abitanti, si pone in una posizione di snodo viario importante in Toscana e nel Centro Italia, grazie alla presenza di due accessi autostradali, tre stazioni ferroviarie, un interporto e un importante sistema di viabilità secondaria, pedonale e ciclabile. La città è infatti servita da molteplici sistemi di percorrenza, anche lenti, come un’importante rete di percorsi ciclo-pedonali che negli anni è andato implementandosi e che permette da molte zone di raggiungere il centro storico senza l’impiego di mezzi motorizzati. In questo sistema si inserisce centralmente
Lettura interpretativa, gli spazi aperti della città di Prato
Capitolo 02
2.01 Vista aerea di Prato 2.02 Prato Città-Fabbrica > Mixitè 2.03 Gli spazi aperti
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l’area Ex Banci, a Sud di Viale Leonardo Da Vinci (ex tratto autostradale, ora declassato), con accesso diretto dalla stessa. Tale area dista dal casello autostradale più vicino appena 3 km; una distanza ancora inferiore la separa delle mura cittadine e dalla stazione ferroviaria principale, Prato Centrale. L’area ha attualmente nelle vicinanze un parcheggio a raso con una capacità di 800 posti, che da solo assolverebbe gran parte del carico di posti del nuovo intervento. La creazione di una viabilità secondaria ben studiata permetterebbe con facilità l’integrazione totale dell’area Ex Banci nel sistema viario esistente facilitandone gli accessi e le percorrenze.
visivi importanti, come le principali piazze del centro storico, il Centro Pecci, l’ambito collinare, il Fiume Bisenzio, ed altri punti di vista sopraelevati, come le mura cittadine, i bastioni, il Castello dell’Imperatore e la stessa catena collinare. L’area di progetto si caratterizza invece per i suoi margini, che appaiono chiusi e aperti a seconda della direzione: nella direzione Nord-Sud sono senza dubbio aperti, verso la piana da un lato ed il Monte Calvana dall’altro, mentre nella direzione Est-Ovest appaiono chiusi dove il costruito circostante occlude la visualità intorno all’area di progetto, ad eccezione della direzione verso il Centro Pecci.
Connessioni visuali
Connessioni idrogeologiche
Le connessioni visuali della Città di Prato si articolano secondo un gradiente di visualità, differenziato in aperto, chiuso o filtrato, del quale l’analisi interpretativa analizza la valenza rispetto al progetto: si ha un gradiente di visualità aperta in corrispondenza del Fiume Bisenzio e della catena collinare e montuosa della Calvana, filtrato in corrispondenza della declassata e chiuso in corrispondenza della ferrovia. Altro ambito caratterizzato da gradiente di visualità chiuso è il centro storico, all’interno delle mura cittadine, che occludono la vista dall’esterno verso l’interno e viceversa, articolando però l’area del centro storico come nucleo insediativo con particolare rilevanza visuale. Ci sono poi molti fulcri
Il sistema delle connessioni idrauliche della città si sviluppa su due dimensioni: una prima dimensione visuale e concreta ed una seconda dimensione storica e sotterranea. Rientra nella prima dimensioni fiume Bisenzio, che caratterizza la città con qualità estetiche ed ecologiche molto elevate: il Bisenzio è al centro di un percorso di valorizzazione, il progetto Riversibility, che permetterà una migliore fruizione dello stesso, con l’arricchimento di zone di sosta e di una maggiore sicurezza. La seconda dimensione comprende invece il tessuto delle gore pratesi, ormai interrate al di sotto dello sviluppo della città moderna. Il sistema delle gore, ancora leggibile nel tessuto della città, ha rappresentato la ricchezza
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
di Prato, in quanto punto di partenza per lo sviluppo delle attività industriali tessili. Il connubio tra queste due componenti, quella attualmente visibile e quella della memoria storica, è sinonimo di Prato stessa, poiché corrisponde all’identità della città. Continui progetti hanno il fine di una messa in rete di questi due sistemi, in modo tale da portare avanti un racconto che inizia con lo sviluppo medievale della città di Prato e che necessita di essere raccontato per la memoria futura. Dal punto di vista territoriale geologico emerge il ruolo del Monte Calvana, sfondo di ogni corridoio visuale e cono ottico nella città e principale serbatoio di naturalità del territorio. Connessioni paesaggistiche Le connessioni vegetali rappresentano una grande ricchezza della Città di Prato. Esse si differenziano inter-scalarmente a seconda del tessuto cittadino che viene preso in considerazione: si parte dalla quasi totale assenza di alberature in centro storico, dove il tessuto edificato è molto denso, ad una presenza sempre maggiore dove il tessuto edificato si allarga. Prato è una città che da sempre ha prestato particolare attenzione all’architettura del paesaggio, con uno sguardo sempre rivolto alla Calvana, che fa da padrona e da sfondo negli scorci quotidiani. Negli ultimi anni tale attenzione è sempre cresciuta, fino ad arrivare all’approvazione del recente Piano Operativo, dove il ruolo dell’ecologia
e del landscape urbanism fa da padrone, come dimostra l’esperienza condivisa dal Comune con l’Architetto Stefano Boeri ed il Neurobiologo Stefano Mancuso, che insieme hanno curato e sviluppato un progetto di forestazione urbana, il cui fine è quello di aumentare la ricchezza dell’ecosistema cittadino in modo tale da migliorare la qualità della vita del cittadino, tramite un miglioramento dell’aria con assorbimento di gas nocivi. Tale piano investe la totalità della città e della sua periferia inter-scalarmente, con dimensioni che cambiano a seconda del tessuto urbano: capillarità vegetale, corridoi ecologici, filari alberati, boschi. Scendendo nel dettaglio del territorio limitrofo all’area di progetto, vediamo un aumento della vegetazione arborea in corrispondenza dell’Ex Area Banci. Si tratta in parte di vegetazione spontanea, tale quarta natura, nata dall’abbandono dell’area e comunque a partire dalle specie esistenti di progetto. Troviamo quindi le alberature esistenti predisposte sul fronte principale della Ex Fabbrica, volte a mascherarla, e delle alberature più recenti e spontanee disposte sugli ambiti di margine, di confine dell’area, nate quasi a mascherare il territorio limitrofo e ad aprire la vista verso la Calvana. Al di la di Viale Leonardo Da Vinci troviamo invece dei piccoli alberi da frutto e degli olivi, con una tessitura non fitta e molto spaziata tra di loro. Dal punto di vista della bassa vegetazione l’area appare invece più ricca, sia di specie spontanee che piantate, come si può vedere lungo il percorso della tangenziale di Prato.
Lettura interpretativa, gli spazi aperti della città di Prato
Capitolo 02
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“Prato, la città dalle cento ciminiere”
Ciminiere/Landmark esistenti Ciminiere/Landmark demoliti
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Tessuto è Prato, TESSUTO E(è)... Prato, tramatrama e ordito e ordito per la per riqualificazione la riqualificazione del paesaggio del paesaggio urbano urbano dell’Area dell’Area Ex Banci Ex Banci
Le ciminiere pratesi Esplorazione a tema
Lettura interpretativa, Esplorazione a tema gli spazi aperti della cittĂ di Prato
Capitolo 02
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“Una nuova città a maglie larghe, che prende forma dal disegno degli spazi aperti. Una nuova struttura dello spazio e del tempo.”
B. Secchi, “Prima Lezione di Urbanistica”, Roma-Bari, 2000
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Trama e ordito Il progetto di masterplan
Trama e ordito, il progetto di masterplan
Capitolo 03
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Trama e ordito Il progetto di masterplan
L’idea L’Area Ex Banci si pone in una condizione di unicum, evidentemente diversa per conformazione urbanistica e formale architettonica rispetto a tutto il resto del costruito della città. Un grande spazio aperto, vegetale, permeabile, non saturo di costruito, Trama e ordito, il progetto di masterplan
Capitolo 03
ORDITO
ORDITO ORDITO
ORDITO
ORDITO
TRAMA
ORDITO
dove sono alloggiate solo le permanenze dei padiglioni del lanificio abbandonato, quasi a chiedere rispetto intorno a loro. Tali padiglioni ricalcano l’inclinazione dei 29° rispetto agli assi cardinali, così come fu costruita la prima centuriazione della città di Prato e così com’è il percorso delle gore pratesi, e volgono lo sguardo verso la Calvana, elemento paesaggistico fondamentale, che fa da sfondo alla città. Dall’analisi della città a larga scala emerge come la maglia paesaggistica, costituita dalla vegetazione a terra – prati, parchi, giardini –, dalla vegetazione di penetrazione – verde stradale, di confine – e dall’impianto arboreo necessiti di una ricucitura delle sue componenti primarie: si veda, infatti, come la crescita sia sempre spinta nella direzione NordEst–SudOvest, non a caso nella direzione degli elementi paesaggistici fondamentali, il Bisenzio e la Calvana. Si vuole quindi utilizzare, su quella tela che è la città di Prato, la rete paesaggistica esistente come ordito, che viene cucito insieme ad un’idea, quella di creare una nuova identità vegetale, un nuovo percorso, una rete interscalare che si allaccia continuamente alla città esistente, al fiume e alla collina, un insieme contemporaneo, basato sull’ecologia e sulla condivisione. Una trama e un ordito, quindi, che risponda e si coordini alle esigenze dettate dal Piano Operativo e che dia una risposta maggiormente approfondita su una delle zone di maggior valore della nostra città. Una trama e un ordito, un filo, in memoria di Walter Banci.
ORDITO
Bernardo Secchi disse “Una città a maglie larghe, che prende forma dal disegno degli spazi aperti. Una nuova struttura dello spazio e del tempo […]”: questa citazione del grande architetto, urbanista e ingegnere, che conosceva bene Prato, visto la redazione del Piano Strutturale e del Regolamento urbanistico del 1993-1996, riassume in toto l’idea progettuale e i principi alla base del recente Piano Operativo per la città di Prato. Il Piano Secchi, infatti, aveva al centro il tema ambientale, che oltre strumento di analisi e di conoscenza del territorio, diventa anche tema progettuale: il piano propone, infatti, il riconoscimento dei caratteri specifici delle diverse parti del territorio per ristabilire la continuità del sistema ambientale e per migliorare i collegamenti tra gli spazi interni ed esterni della città. Si viene così a creare uno studio particolareggiato dei luoghi entro i quali la vita urbana si svolge, come strade, piazze, giardini, case, negozi e fabbriche, quindi spazi aperti e costruito. Tali antefatti, uniti alla lettura interpretativa degli spazi aperti e delle connessioni attuali della città di Prato, vanno a costituire l’idea progettuale in merito all’Area Ex Banci.
3.01 Inquadramento, progettare il paesaggio urbano 3.02 Idea progettuale, Prato è “trama e ordito”
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3.03 Stato dei luoghi
3.04 Ricucire il paesaggio urbano
3.05 Ripensare le permanenze
3.06 Nuovo tessuto urbano - Trama + Ordito
Il ruolo della declassata e i suoi landmark Nello specifico del progetto di masterplan il primo grande obiettivo, essenziale alla ricucitura del territorio, è costituito dall’interramento di Viale Leonardo Da Vinci, sposando la direzione del Piano Operativo, che prevede l’interramento quasi totale della declassata, ad eccezione dei punti di svincolo, operazione finalizzata alla creazione di nuovi spazi aperti pubblici, annientando la divisione sostanziale della città tra la parte Nord e la parte Sud. Nel progetto proposto la porzione di Viale Leonardo Da Vinci interrata è costituita da un tratto lungo circa 640 metri, dalla rotatoria della Questura alla rotatoria di Via Fiorentina-Via Valentini. Si andrebbe così a creare una nuova porta di accesso alla città, la porta Est: tale asse di penetrazione, vista la posizione del Centro Pecci, eccellenza italiana, nazionale ed internazionale nel campo dell’arte contemporanea, si configurerebbe come un incubatore di eccellenze contemporanee, un hub lineare di ricerca e sviluppo, rendendo Prato, ancora una volta, “laboratorio permanente”. Il secondo attore di questa direttrice di contemporaneità è l’ex lanificio Banci riconoscibile anche a grande distanza grazie al suo forte elemento di riconoscimento, un landmark della tradizione: la ciminiera. Il patrimonio di archeologia industriale della città-fabbrica (vd. Bernardo Secchi) di Prato permane nonostante molte delle fabbriche che costituirono la fortuna della città non Trama e ordito, il progetto di masterplan
siano più in funzione, alcune demolite, altre abbandonate ed altre ancora riconvertite e trasformate con cambi di destinazione d’uso. La testimonianza, la memoria di questo passato è costituita dalle ciminiere della città, la quale fu definita “La città dalle 100 ciminiere”: oggi 29 quelle ancora visibili, 71 quelle demolite (vd. Esplorazione a tema, pg. 24). Tale testimonianza, che si fonda sulla tradizione tessile pratese fin dal Medioevo, emblema ai pratesi di un passato glorioso e ricco, necessita di essere valorizzata e ripensata, come già è stato fatto nel progetto di ampliamento del Centro Pecci, a cura dell’Architetto Maurice Nio, completato nel 2016: in quel caso il landmark che svetta dalla copertura, “antenna” com’è stato definito dallo stesso progettista, si configura come rivisitazione in chiave contemporanea del concetto di ciminiera, camino che svetta verso il cielo di Prato. Siamo quindi già di fronte ad un intreccio di riferimenti forti che ha ragion d’essere valorizzato ed enfatizzato, quello già presente tra il Centro Pecci e l’ex lanificio Banci, uniti da un messaggio di riconoscibilità, a soli 800 metri di distanza l’uno dall’altro, una riconoscibilità culturale, nella quale questi landmark dovrebbero essere, citando il pensiero di Maurice Nio, “delle sonde che captano i movimenti culturali, alla ricerca continua di nuove correnti e tendenze”, e quindi un grande centro di innovazione dove i soggetti sono il Centro Pecci e l’ex lanificio Banci. Capitolo 03
3.03 Stato dei luoghi 3.04 Ricucire il paesaggio urbano 3.05 Ripensare le permanenze 3.06 Nuovo tessuto urbano - Trama + Ordito 3.07 Declassata 2.0 - Dopo l’interramento 3.08 Landmark - Tradizione e modernità
835 m
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fase di analisi analisi visuale studio dei gradienti di visualità, coni ottici e corridoi visuali della città
censimento specie arboree generale corrispondente all’analisi ecologica della città, ovvero le specie resistenti alle variabili ambientali
censimento specie arboree particolare analisi visiva che ha evidenziato la presenza di aceri, tigli, olmo, frassino e ulivo
fase di progetto compatibilità paesaggistica rispetto alla struttura del paesaggio esistente (visualità) e alle categorie preesistenti
compatibilità ecologica rispetto ai suoli, all’ambiente e all’ecosistema più generale
resilienza > climate change specie con elevati valori di assorbimento di gas nocivi per la bonifica dei suoli inquinati
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Il progetto paesaggistico Il progetto paesaggistico nasce da un processo di analisi, strutturato in tre fasi: lo studio visuale dell’area di progetto inserita nel suo contesto, il censimento delle specie arboree presenti sul territorio e il censimento delle specie presenti nell’area di progetto. L’analisi delle connessioni visuali è stata condotta attraverso lo studio del gradiente di visualità, che a seconda dei casi risulta aperto, filtrato o chiuso. Nell’area di progetto si verifica un gradiente di visualità aperta in corrispondenza del cono ottico verso il Fiume Bisenzio e la Calvana, serbatoi di naturalità della città di Prato, nella direzione nord; un gradiente di visualità filtrato in corrispondenza della declassata, che divide attualmente l’area in due parti; e infine un gradiente di visualità chiuso in corrispondenza dei margini-confini di progetto verso est ed ovest, dove il costruito si fa più denso e meno pregevole. Tale considerazione è input progettuale, secondo la lettura interpretativa del contesto, che spinge naturalmente quindi nella direzione progettuale di enfatizzare come asse ecologico quello in direzione NordEst–SudOvest. Il comune di Prato, al fine della stesura del Piano Operativo, ha operato il censimento delle specie arboree presenti sul territorio, dal quale emerge che le specie più diffuse sono il tiglio, il pino domestico, il platano, il frassino, il bagolaro, il leccio e il pioppo e che tali specie costituiscono il 68,8 % della popolazione arborea esistente. Questi dati
costituiscono l’analisi ecologica della città, ovvero le specie maggiormente presenti sul territorio sono quelle resistenti alle variabili ambientali della zona di analisi, quindi le più importanti da mantenere e da implementare. Conseguentemente allo studio dell’analisi prodotta dal Comune di Prato, si è eseguito un censimento delle specie arboree presente nell’area di progetto, tramite analisi visiva sul posto, dal quale è emerso che le specie presenti sono l’acero, il tiglio, l’olmo, il frassino e l’olivo, alcune di recente piantumazione ed altre più radicate: si tratta quindi di specie arboree rilevanti dal punto di vista ambientale ed ecologico, nella lotta al climate change, dando prova di una buona tendenza già in atto. Sulla base di queste tre analisi è stato stilato il progetto di paesaggio, con la scelta delle specie arboree e arbustive e la loro messa a sistema in strutture e tematismi vegetali. Le specie arboree e arbustive di progetto sono state scelte per associazione alle specie esistenti quindi, per famiglia, per condizioni ambientali (terreno, bisogno di acqua, qualità climatiche), per necessità di manutenzione (minima, essendo il progetto di un’area pubblica tanto estesa) e soprattutto secondo i valori stimati di capacità di abbattimento dei gas nocivi, dovuti alle emissioni dei mezzi veicolari e delle fabbriche. Come specie con particolari caratteristiche di abbattimento di gas inquinanti si riscontrano Acer Platanoides (Acero Riccio), Celtis
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Australis (Bagolaro), Tilia x Vulgaris (Tiglio Europeo), Ulmus Minor (Olmo Minore), Fraxinus Ornus (Frassino Orniello). Il progetto di masterplan, nella sua articolazione in strutture vegetali, si deve all’analisi della visualità dello stato attuale, in virtù dell’incentivazione del cono ottico e della ricucitura con l’area Nord – per estensione con il monte Calvana e il fiume Bisenzio –, e la chiusura verso le aree limitrofe di costruito. Si articolano quindi le strutture vegetali le aree di in margini boscati, ovvero margine/confine est-ovest, dove l’obiettivo è quello di mascherare il contesto poco pregevole, attuando un gradiente di visibilità chiusa, tramite l’utilizzo di specie arboree con chioma folta, altezza differenziata, prevalenza di sempreverdi; le fasce alberate, ovvero le linee di tensione di progetto, assi di direzionalità visuale Nord Est-Sud Ovest, in direzione della Calvana, attuando un gradiente di visibilità filtrata, tramite l’utilizzo di specie caducifoglie ad altezza uniforme, con elevata variazione cromatica; le fasce arbustive, ovvero le linee di separazione visiva e acustica dal traffico urbano, mantenendo un gradiente di visualità aperto verso l’alto, tramite l’utilizzo di bassa vegetazione arbustiva e specie arboree di piccola dimensione; i parcheggi alberati, ovvero le aree di utilizzo con elevata presenza di gas nocivi dati dall’inquinamento dei mezzi veicolari, dove l’obiettivo è l’assorbimento delle emissioni, Trama e ordito, il progetto di masterplan
tramite l’utilizzo di specie arboree con elevati indici di assorbimento di gas nocivi, con altezza uniforme e tale da creare ombreggiatura; le alberature isolate, ovvero gli spazi aperti situati tra le linee di tensione progettuali, dove si verifica un gradiente di visualità aperta, tramite l’utilizzo di specie arboree di dimensioni maggiori. Parallelamente alle strutture vegetali si sviluppano i tematismi vegetali, le attività che si sviluppano all’interno del parco urbano. Si trovano quindi il parco didattico espositivo, di principale pertinenza del Centro Tessuto Contemporaneo, dove si uniscono architettura ed architettura del paesaggio, tessuto ed intrecci vegetali; si trovano poi i percorsi tematici e i percorsi di biodiversità, che differiscono per larghezza e tipologia di percorrenza (pedonale - ciclo/ pedonale), dove è possibile osservare e studiare la biodiversità vegetale delle specie di progetto e la loro variazione cromatica; la strada-parco, che nasce dall’interramento della tangenziale, costituendo così la terza vita della strada, prima autostrada, poi declassata, poi interrata; gli orti sociali urbani condivisi, come simbolo dell’unione tra la memoria e la contemporaneità del luogo, oggetto di un approfondimento di paesaggio, che ripercorra le fasi evolutive nella tradizione del concetto di orto-giardino fino ai giorni della contemporaneità, con particolare attenzione agli usi attuali, in orti didattici, terapeutici, riabilitativi. Capitolo 03
Strutture vegetali
Margini boscati Fasce alberate Fasce arbustive Parcheggi alberati Alberature isolate
Tematismi vegetali
Piazza didattica espositiva Percorsi tematici Percorsi di biodiversità Strada parco Orti sociali urbani condivisi
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
100 m
I percorsi e il progetto architettonico
Calvana
Trama e ordito, il progetto di masterplan
Centro Pecci
Parco Orti sociali
Asse Ecologico
Nel nuovo grande spazio aperto riunificato, i percorsi si inseriscono come attori principali e si configurano seconda una inter-scalarità, dividendosi in ordito e trama. L’ordito del progetto è costituito dalle linee di tensione del progetto, da tutti quei percorsi reali o ideali che provengono dal contesto e si accostano all’area di progetto: l’ordito costituisce, quindi, il prolungamento di questi segni, un’estensione volta ad enfatizzare quell’orditura caratteristica della città ed attraversano quindi in direzione NordEst-SudOvest l’intero lotto di progetto, creando una connessioni lineare tangibile con il resto della città, dalla quale fin’ora l’area è rimasta separata. La trama del progetto è invece costituita dai percorsi principali, quel nastro conduttore del racconto, con l’obiettivo di cucire insieme l’ordito e le diverse aree, assolvendo due compiti: sono quelli che segnano gli accessi, che si riconducono alle arterie principali viabilistiche, ai parcheggi, ma sono anche quelli che tracciano i principali coni ottici, il collegamento con il Centro Pecci e con il monte Calvana, andando a costituire un nuovo asse di contemporaneità e un nuovo ed importante asse ecologico. Tale sistema trova un suo perfetto equilibrio nella sua duplice componente, quella architettonica e quella paesaggistica, che fa perno sulla ciminiera esistente, dalla quale dipartono due strade: quella del parco e quella del Centro Tessuto Contemporaneo.
Asse di Contemporaneità
Ex Banci Piana
3.09 Masterplan di progetto, scala adattata 3.10 Percorsi principali, trama di progetto
Capitolo 03
35
“Niente passa tanto di moda, come la moda.”
B. Munari, “Verbale scritto”, 1982
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CTC Centro Tessuto Contemporaneo
CTC, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 04
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
CTC Centro Tessuto Contemporaneo
Centro Tessuto Contemporaneo, un nome nel quale riecheggiano i riferimenti premessi: “Centro”, come il Centro Pecci, a significare la volontà di essere hub di aggregazione, un nuovo luogo simbolo per la città; “Tessuto”, per la storia di Prato, nella memoria di Walter Banci e dell’omonimo lanificio; “Contemporaneo”, come la città di Prato, come laboratorio permanente di sperimentazione. Tale è il nome che prende il progetto di recupero e trasformazione dell’ex Lanificio Banci. L’architettonico L’idea del Centro Tessuto Contemporaneo si sviluppa in memoria della preesistenza, dell’indirizzo produttivo li presente, andando a proporre un vero e proprio centro di incubazione di eccellenze dell’ambito del design del tessuto contemporaneo. La volontà principale nell’approccio progettuale è quella di conservazione, tutela, ripristino degli elementi di pregio e quindi, viste le condizioni di conservazione degli immobili, si propone il recupero totale dei padiglioni A e C (rif. schema pagina seguente), la demolizione con conseguente ricostruzione in sagoma del padiglione B e il recupero parziale del padiglione D. Il padiglione A, dove in passato avvenivano le operazioni di filatura e cardatura, viene proposto per la realizzazione al suo interno del Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo. La città di Prato, conosciuta nel mondo per la CTC, Centro Tessuto Contemporaneo
sua tradizione tessile, ospita già il pregiato Museo del Tessuto, attualmente situato nell’antica “Cimatoria Campolmi Leopoldo e C.”: si tratta dell’unica fabbrica ottocentesca all’interno delle mura medievali, un monumento di archeologia industriale tessile, finemente ristrutturato con un’ottica di restauro conservativo volto a trasformare un contenitore industriale in un contenitore culturale. L’area museale attualmente si estende per circa 4 000 mq, capacità massima funzionale dell’Ex Cimatoria Campolmi. Si propone, quindi, l’Ex Banci come nuova sede del Museo del Tessuto, in particolare il Padiglione A, garantendo una superficie di allestimento di 15 000 mq. Il Padiglione B, accesso carrabile dell’Ex Banci, dove avvenivano le operazioni di carico/scarico materiali e spedizioni, è quello che versa in condizione di conservazione peggiori e, quindi, il suo stato di conservazione obbliga alla demolizione. Si propone quindi una ricostruzione in sagoma, mantenendo quindi sia l’assetto planimetrico che le altezze del padiglione esistente, proponendolo come padiglione di accesso bi-direzionale, filtro tra il parco e la piazza. Le funzioni proposte sono quelle di accoglienza, book shop, spazi condivisi, servizi ed archivio. Il Nuovo Accesso Bi-Direzionale funge anche da accesso ai percorsi sotterranei, costruiti da Walter Banci per il trasporto della merce da un padiglione all’altro nelle diverse fasi di lavorazione, consentendo così uno sguardo ravvicinato alla memoria nascosta del sito di progetto. Capitolo 04
4.01 Centro Tessuto Contemporaneo 4.02 Keyplan, inquadramento generale
39
BLOCCO A > MUSEO DEL DESIGN DEL TESSUTO
B
CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO CTC
CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO
C
BLOCCO C > DESIGN ATELIER
D
BLOCCO B > ACCESSO
P50 P51 P52 P53 P54 P55 P56 P57 P58 P59 P60
P41 P42 P43 P44 P45 P46 P47 P48 P49
BLOCCO C > DESIGN ATELIER
P30 P31 P32 P33 P34 P35 P36 P37 P38 P39 P40
P21 P22 P23 P24 P25 P26 P27 P28 P29
BLOCCO D > SPAZIO EVENTI
P10
CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO
P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9
P11 P12 P13 P14 P15 P16 P17 P18 P19 P20
N C A
0 5 10 15 20 25 m
I Padiglioni C, dove rispettivamente un tempo venivano effettuate lavorazioni come stracciatura, preparazione stacci e fibre e rifinizione, si trovano attualmente in buono stato di conservazione. Si propone qui la realizzazione di Design Atelier, coworking per artisti nel campo del design del tessuto. Uno spazio quindi versatile e mutevole, a diretto contatto con il Nuovo Museo e l’archivio storico, con la possibilità di esposizioni temporanee e sfilate nello spazio pubblico antistante. Il Padiglione D, un tempo magazzino filati e telai, fu oggetto di ricostruzione parziale negli anni ’70, a causa di un incendio che ne distrusse una porzione di copertura. Si prevede quindi il rifacimento di tale parte, non essendo pregevole come il resto della costruzione storica. Qui si propone uno spazio eventi, caratterizzato da grandi spazi liberi di essere modellati sulla base del contenuto. La spazio pubblico La Nuova Piazza, racchiusa all’interno dei padiglioni, fa perno sulla ciminiera, il landmark della tradizione dell’area. L’attenzione progettuale maggiore è costituita dai percorsi, materiali nel senso di percorrenze e accessi e immateriali nel senso di coni ottici. Come si vede, infatti, fanno centro sulla ciminiera due percorsi: uno trasversale alla piazza, che attraversa il Padiglione di Accesso, e l’altro, inclinato, che attraversa il Nuovo Museo del Design CTC, Centro Tessuto Contemporaneo
del Tessuto Contemporaneo. Il primo enfatizza l’orditura della città e dell’area, con un cono ottico continuo e progressivo sul Monte Calvana, continuo sfondo dell’area, motivando l’osservatore a percorrere il lotto in quella direzione, scavalcando quindi la declassata e giungendo al parco vero e proprio dell’area. Il secondo percorso enfatizza, invece, il rapporto tra il progetto e il Centro Pecci, ricalcando l’asse di collegamento tra l’antica ciminiera della tradizione ed il landmark contemporaneo del Museo Pecci. Tali percorsi, come una vera e propria trama, si intrecciano più e più volte nel lotto di progetto, dando vita a slarghi e soste contemplative e funzionali dell’intera area. Il resto della piazza si configura come compenetrazione tra architettura ed architettura del paesaggio, ricalcando l’idea di commistione tra le due che si vede nella progettazione iniziale dell’area ad opera di Walter Banci: si ritrovano quindi dei corridoi vegetali che proseguono dal parco alla piazza e viceversa, enfatizzando la dimensione nord-sud. La parte di piazza antistante ai due Design Atelier si struttura come un allestimento temporaneo formalizzato sull’idea del patchwork, richiamando ancora una volta l’idea del tessuto: patchwork minerale, con tessiture diverse di pavimentazioni, e patchwork vegetale, con l’utilizzo di specie e matrici differenziate, entrambi capaci di essere trasformati dall’utilizzatore e dai giovani artisti del sito.
A
Museo del Tessuto Contemporaneo
B
Accesso (BI)Direzionale - Accesso alla piazza/al parco
C
Design Atelier - Coworking per artisti
D
Spazio eventi
S
Spazio pubblico attrezzato
4.03 Sezione ambientale, scala adattata 4.04 La piazza del CTC, scala adattata 4.05 Legenda funzionale del CTC
Capitolo 04
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
CTC, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 04
4.06 La piazza del Centro Tessuto Contemporaneo
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“E, se non possono comunicare, questi spazi restano inerti. Però se solo potessero affacciarsi l’uno sull’altro: ci sono così gli elementi per imbastire una storia, con protagonista lo spazio.” F. Lambertucci, “Esplorazioni spaziali”, 2013
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Museo del Design del Tessuto Centro Tessuto Contemporaneo
Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 05
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Museo del Design del Tessuto Centro Tessuto Contemporaneo
All’interno del Centro sorge il Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo: una nuova sede per l’esistente e pregevolissimo Museo del Tessuto della città di Prato, con una superficie d’allestimento di 15 000 mq, sviluppata su tre livelli, dando nuova vita ad uno dei padiglioni della Ex Banci, anche nel suo percorso sotterraneo.
Nasce da qui il concept di un ripristino di movimento, dinamismo, mormorio: una nuova vita in uno spazio che di tessuto ha molto da raccontare, un museo quindi centrato sul tema del design del tessuto contemporaneo, con degli spazi museali dinamici e tessili, in forte connessione al suo contesto di giovane contemporaneità.
Il concept
Il progetto architettonico
Pensando a quello che era il “tempo di fabbrica” degli anni ’50-’60 ci si immagina un ricco insieme di persone, un lavoro simultaneo per fasi di lavorazione, uno continuo scambio di competenze. Ci si immagina, quindi, il movimento: movimento di persone, movimento di balle, pezze, filati, cardati, tessuto. E ci si immagina anche il rumore: rumore dei telai, delle macchine, delle voci delle persone. Questo era ciò che faceva da padrone nel Lanificio Banci. Attraversando oggi quest’area abbandonata, la percezione che si ha è del tutto diversa: si respira l’immobilità, come se il tempo si fosse fermato ai gloriosi anni di boom economico. Tale immobilità ha fatto si che prendesse vita un vero esempio di quarta natura, crescita spontanea vegetativa disuniforme, sintomo dell’abbandono e del degrado degli spazi. Attraversando i grandi “corridoi vegetali” tra un padiglione e l’altro, si percepisce un silenzio quasi sacrale, di rispetto, per ciò che c’era e non c’è più, ma che meriterebbe di essere rispristinato e valorizzato.
Il progetto architettonico si fonda su due principi complementari: da una parte la logica del recupero degli elementi di pregio esistenti, lavorando per consolidamenti strutturali e ripristini di ciò che negli anni è andato distrutto; dall’altra la logica della valorizzazione della contemporaneità. Si noti quindi come esternamente si è deciso di ripristinare le lunghe pareti vetrate, scandite dalla ritmica degli infissi modulari, tenute insieme dai terminali in blocchi di pietra alberese locale consolidati. Tale cortina trasparente viene però interrotta dall’inserimento di un cono ottico materializzato, che sfonda l’edificio da una parte all’altra, costituendo quell’asse di contemporaneità che unisce in termini visuali il Centro Tessuto Contemporaneo con la sua ciminiera al Centro Pecci con la sua “antenna”, la sonda che capta i movimenti culturali. Si costituisce così un legame materiale e immateriale, di percorrenza e visivo, che fa perno sulla contemporaneità. All’interno del padiglione la chiave del recupero sposa sempre di più la chiave
Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 05
5.01 Vista esterna, cono ottico sulla ciminiera 5.02 Keyplan, inquadramento
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movimento
immobilitĂ
rumore
fabbrica
rovina
silenzio sacrale
museomormorio dinamismo
dell’innesto architettonico contemporaneo: si conserva così la struttura principale portante, adeguatamente consolidata, e si vanno ad inserire degli spazi museali contraddistinti da dinamismo e leggerezza, aleatorietà. Si tratta di cubi smussati, che attraverso un modulo generatore si sviluppano in diverse conformazioni adatte ad ogni tipo di esposizione – temporanea, permanente, archivistica, laboratori di conservazione e restauro –. I cubi sono collegati da una passerella continua, un nastro dorato che in alcuni casi li attraversa e in altri si poggia sopra, capace di far comunicare tra loro gli spazi, citando Filippo Lambertucci “E, se non possono comunicare, questi spazi restano inerti; però se solo potessero affacciarsi l’uno sull’altro: ci sono così gli elementi per imbastire una storia, con protagonista lo spazio” (F. L., Esplorazioni spaziali).
in Centro Pecci: si vuole porre l’attenzione sull’importanza della creazione di un asse di contemporaneità, dove tutto ciò che è percorso viene contraddistinto dall’oro, dentro e fuori il Museo. I cubi dell’allestimento museale sono stati pensati, invece, per richiamare l’idea del tessuto come idea madre del contenitore e del contenuto: sono stati progettati mediante l’utilizzo di pellicole ETFE (Etilene Tetra Fluoro Etilene), un polimero del tutto riciclabile che può essere riprodotto in qualsiasi forma e assemblato secondo qualsiasi trama, materiale delle contemporaneità leggero, performante e con una valenza concettuale molto forte. L’ETFE è stato articolato secondo una trama triangolare bottonata, che richiama tessuti pregiati della tradizione, in un’ottica del tutto nuova.
I materiali Il Museo si articola secondo una linea e delle aree: la linea è costituita dall’accesso e dalla passerella, un vero e proprio nastro che si attorciglia su di sé a creare gli appoggi, le scale spiraliformi che ne permettono l’utilizzo; le aree sono costituite invece dagli spazi museali, i cubi smussati. Si è deciso, quindi, di utilizzare un approccio materiale diverso nelle due articolazioni del museo. L’accesso e la passerella sono progettati mediante l’utilizzo di lastre in alluminio anodizzato dal carattere dorato, in forte richiamo al rivestimento che contraddistingue Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
5.03 Concept di progetto
Capitolo 05
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A. Collegamenti verticali - Ascensore B. Collegamenti verticali - Scale 01-08-17. Padiglione Servizi 02-20. Padiglioni Espositivi 21. Auditorium
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Legenda funzionale
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5.04 Planimetria piano terra, scala adattata 5.05 Planimetria priano primo, scala adattata
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5.06 Sezione trasversale AA, scala adattata 5.07 Sezione trasversale BB, scala adattata 5.08 Sezione trasversale CC, scala adattata 5.09 Prospetto longitudinale DD, scala adattata 5.10 Sezione longitudinale EE, scala adattata
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 05
5.11 Vista esterna, Il Museo del Design del Tessuto
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Il progetto di allestimento Il progetto di allestimento museale si basa sulle linee guida dall’attuale allestimento del Museo del Tessuto, nel quale principalmente si trova una divisione tra tessuto tradizionale e tessuto contemporaneo. Nel Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo tale divisione è data dallo spartiacque che si crea per mezzo del cannocchiale di accesso: si ha così una parte riservata al design del tessuto della storia e della tradizione e una parte riservata all’approccio moderno al design del tessuto. Entrambe le ali sono organizzate sulla base di percorsi tematici continui. La parte tradizionale è costituita da una prima area di accesso e accoglienza (servizi, collegamenti verticali), segue la sala “Prato è tessuto”, incentrata sul racconto del tessuto nella storia di Prato, seguita poi dalla “Sala dei tessuti antichi – Nuclei collezionistici”, “Sala dei materiali – Processo di familiarizzazione con i tessuti”, “Area dei processi – Dalla filatura alla nobilitazione”, “Sala ludica – Caffetteria, servizi, collegamenti verticali”, “Sala conservazione e restauro – Memoria per il futuro”, e infine “Laboratorio di conservazione e restauro – Ieri, oggi e domani”. La parte contemporanea si apre sempre con un primo padiglione di accesso e accoglienza (servizi, collegamenti verticali), che dà accesso alla “Sala dei tessuti contemporanei – Il tessuto oggi”, segue l’auditorium per esposizioni e presentazioni, seguito poi da una parte dedicata ai laboratori sperimentali
per tutte le età: “Laboratorio didattico per bambini – Esperienze tattili”,“Laboratorio didattico per ragazzi – Il tessuto di domani”, “Laboratorio didattico per adulti – Tradizione e contemporaneità”, e infine una parte dedicata alle mostre temporanee. L’allestimento si sviluppa quindi su più livelli. A piano terra, con una superficie di sviluppo maggiore, abbiamo circa 6000 mq di superficie libera per l’allestimento, con la possibilità di sfruttare integralmente lo spazio, servendosi anche dello spazio sottostante ai cubi in quota. Al piano primo, dove la superficie di allestimento è minore, l’allestimento si sviluppa all’interno dei cubi in ETFE e nelle aree lungo le passerelle, per un totale di circa 3000 mq di allestimento; questa si configura come la parte più dinamica del Museo, dove gli spazi si affacciano l’uno sull’altro e si intersecano a creare spazi congiunti e condividendo ed ampliando le tematiche. Infine, il percorso museale si sviluppa anche nel piano interrato. I percorsi interrati furono costruiti da Walter Banci per consentire lo spostamento dei materiali senza inficiare i percorsi pavimentati in piazza, così da non interferire con gli altri usi: si propone quindi di recuperare il percorso sotterraneo che diventa a tutti gli effetti parte del percorso museale, anch’esso per un totale di circa 6000 mq. L’idea è quella di un percorso continuo in ognuna delle due ali, senza soluzione di continuità.
Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 05
TRADIZIONALE
CONTEMPORANEO
A
B
MUSEO DEL DESIGN DEL TESSUTO
5.12 Vista interna, percorso museale 5.13 Schema generale di allestimento
57
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Museo del Design del Tessuto, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 05
5.14 Vista interna, allestimento e percorso
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“Lo spazio esiste per come lo vediamo e lo pensiamo.
Senza qualcuno che lo attraversi lo spazio rimane inerte, lo attiviamo dunque con la nostra presenza e con l’esperienza che ne facciamo.”
F. Lambertucci, “Esplorazioni spaziali”, 2013
060
Accesso (BI) direzionale Centro Tessuto Contemporaneo
Accesso (BI) direzionale, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 06
06
61
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Accesso (BI) direzionale Centro Tessuto Contemporaneo
Il padiglione centrale dell’ex lanificio fungeva da accesso carrabile all’area, per il carico e scarico dei materiali e come padiglione di spedizione per il prodotto finito. Si trattava quindi della porta dell’intera area, un centro di smistamento materiali bidirezionale. Attualmente le condizioni di tale padiglione appaiono però fortemente ammalorate e conseguentemente se ne propone quindi la totale demolizione.
nostra presenza e con l’esperienza che ne facciamo”: ad avvalorare la sfera sensoriale e dell’esperienza del luogo, viene proposto l’impiego di un rivestimento in membrana di ETFE che renda il Nuovo Accesso una vera e propria “lanterna urbana”. In questo modo l’edificio si articola in due componenti: il cannocchiale, che fa da attore principale nella scena urbana, e il rivestimento, che fa da attore sulla scena architettonica.
Il concept
Il progetto architettonico
Nell’ottica progettuale del ripristino, conseguentemente alla demolizione, si propone la ricostruzione in sagoma, mantenendo quindi la stessa volumetria dell’edificio esistente. Vista la posizione del padiglione e la memoria storica, si propone nuovamente la funzione di accesso, proponendone però una versione bi-direzionale. Il padiglione funziona infatti da filtro tra la parte Nord e la parte Sud, tra il parco e il Centro Tessuto Contemporaneo. Il concept si basa quindi sul cono ottico materializzato nella figura del cannocchiale materico che incanali e spinga l’utente al movimento bi-direzionale, abbattendo definitivamente la distinzione tra le due aree, dettata nello stato attuale dei luoghi, dalla presenza della tangenziale, unificando l’intera area. Come ha scritto Filippo Lambertucci “Lo spazio esiste per come lo vediamo e lo pensiamo. Senza qualcuno che lo attraversi lo spazio rimane inerte, lo attiviamo dunque con la
Dal punto di vista progettuale è stato quindi pensato un nuovo reticolo strutturale, costituito da travi e pilastri in acciaio, con una maglia strutturale di 7x7 m, costituita da un’orditura principale ed un’orditura secondaria. Nella mezzeria del nuovo padiglione la maglia strutturale si raddoppia, diventando 7x14 m, consentendo l’inserimento del cannocchiale: un cono ottico filtro tra il parco e la piazza. Il cannocchiale si presenta come un imbuto bidirezionale, vero protagonista della scena urbana del progetto, convogliando l’utente all’attraversamento e all’accesso in un nuovo sistema, portatore di informazioni grafiche contenutistiche e direzionali sia a parete che a terra. La pavimentazione si mostra uniforme, senza soluzione di continuità, con quella della piazza, riportando le lastre di pietra alberese in questo ambiente interno/esterno, appunto una zona di filtro, volto ad essere considerato parte integrande del paesaggio urbano.
Accesso (BI) direzionale, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 06
6.01 Vista esterna, accesso (bi)direzionale 6.02 Keyplan, inquadramento
63
Qui troviamo nuovamente l’utilizzo del rivestimento metallico con finitura oro per il cannocchiale del Padiglione di accesso: questo materiale di progetto segna, come visto precedentemente, i percorsi, gli accessi, il filo conduttore del racconto, volto a comunicare al fruitore le possibili direzioni percorribili, garantendo una comunicazione costante sulla posizione e la funzione all’interno dell’intero insieme Parco e Centro. Morfologicamente il padiglione è stato progettato per richiamare la soluzione scatolare di quelli esistenti, ma esteticamente si configura con l’accezione di “lanterna urbana”. Essendo la prima porta di accesso al nuovo progetto, in ambedue le direzioni, si è deciso di rendere l’esperienza sensoriale ed emozionale, costituendo così un segno di riconoscimento anche notturno dell’intera area. È stato così progettato un rivestimento uniforme in macro-moduli triangoli in membrana di ETFE, materiale opaco di giorno e trasparente di notte: è così possibile illuminare dall’interno il padiglione, reso dalla luce immateriale e inconsistente, dove attore diventa il fruitore e non più l’architettura in sé. Ciò garantisce non solo un segno di riconoscibilità nel paesaggio urbano, ma anche un presidio sociale: illuminando il padiglione anche nelle ore notturne, è possibile rendere maggiormente sicura e utilizzabile tutta l’area del Centro Tessuto Contemporaneo, garantendo un’estensione degli orari per le attività di Design Atelier, le attività museali e le attività espositive in sicurezza.
Gli spazi interni e le funzioni
pre
Per quanto concerne il progetto degli spazi interni ci si trova in una condizione di pianta libera, con ingombro degli appoggi minimo, quindi spazi capaci di essere versatili e resilienti a seconda dell’uso. Per quanto riguarda l’aspetto funzionale, il Padiglione di Accesso si articola in due ali. Nell’ala di sinistra troviamo l’accoglienza all’intero complesso del Centro Tessuto Contemporaneo, con il punto informazioni, la biglietteria museale, la prenotazione degli spazi dei Design Atelier (coworking); troviamo poi il principale shop, centro vendita, del Centro Tessuto Contemporaneo, con una parte dedicata alla vendita dei campioni di tessuto e vendita al dettaglio e alle opere dei giovani designers. Nell’ala di destra troviamo invece la parte legata ai servizi per i visitatori e i fruitori e un grande punto ristoro pensato per chi usufruisce degli spazi di coworking, con una piccola ludoteca per bambini come sostegno al lavoro. Gli accessi ad entrambe le ali, designati con macro-scritte a parete, sono situati lungo il cannocchiale di accesso, con una conformazione rientrante rispetto alla parete, ricercando una dimensione di privacy rispetto all’ambito urbano. Dal Padiglione di Accesso è altresì possibile accedere al livello interrato, usufruendo dei percorsi realizzati da Walter Banci negli anni ‘50-’60, potendo osservare la ciminiera da un punto di vista diverso, con la possibilità di girare intorno al suo basamento.
Accesso (BI) direzionale, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 06
s i d io s o c i a l e h 24/7
giorno
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lant erna urbana
6.03 Concept di progetto 6.04 Utilizzo della luce come presidio sociale
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0.00
0.00
7.00
03
G
G
01
1
7.70
AA - Prospetto trasversale architettonico
2
14.40
I
CC - Sezione longitudinale architettonica
I
7.00
H
H
02
3
01
5
10 m
6.05 Planimetria di progetto, piano terra, scala adattata
AA
6.06 Sezione trasversale AA, scala adattata 6.07 Sezione trasversale BB, scala adattata 6.08 Sezione longitudinale CC, scala adattata
+10.00 m | cannocchiale
+7.50 m | copertura
+0.00 m | piano terra
+50.00 m | ciminiera
+10.00 m | copertura
+0.00 m | piano terra
+10.00 m | copertura
+0.00 m | piano terra
I
7.00
H
7.00
G
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F
7.00
E
7.00
D
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C
7.00
B
7.00
A
68
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Accesso (BI) direzionale, Centro Tessuto Contemporaneo
Capitolo 06
6.09 Vista esterna, accesso (bi)direzionale
69
Illustri progetti con l’utilizzo di rivestimento in etfe 01 Monaco Allianz Arena - Herzog & De Meuron - Monaco, 2005 02 Water Cube - PTW Architects - Pechino, 2008 03 Crossrail Place - Foster + Partners - Madrid, 2016 04 Eden Project - Nicholas Grimshaw & Partners - Regno Unito, 2001
01
70
Tessuto è Prato, TESSUTO E(è)... Prato, tramatrama e ordito e ordito per la per riqualificazione la riqualificazione del paesaggio del paesaggio urbano urbano dell’Area dell’Area Ex Banci Ex Banci
ETFE - Etilene Tetra Fluoro Etilene Esplorazione a tema
02
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Innovazione eamemoria, Esplorazione tema approfondimento tecnologico dell’architettura
Capitolo 07
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“Quello dell’architetto è un mestiere d’avventura: un mestiere di frontiera, in bilico fra arte e scienza. Al confine tra innovazione e memoria, (...) mi piace pensare all’architetto come a colui che usa la tecnica per creare un’emozione: un’emozione artistica, per l’appunto.”
R. Piano, “Giornale di bordo”, Firenze, 1999
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Innovazione e memoria Approfondimento tecnologico dell’architettura
Innovazione e memoria, approfondimento tecnologico dell’architettura
Capitolo 07
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Innovazione e memoria Approfondimento tecnologico dell’architettura
“Quello dell’architetto è un mestiere d’avventura: un mestiere di frontiera, in bilico fra arte e scienza. Al confine tra innovazione e memoria, (...) mi piace pensare all’architetto come a colui che usa la tecnica per creare un’emozione: un’emozione artistica, per l’appunto”. Così recita Renzo Piano nel suo “Giornale di bordo” nel 1997, inaugurando una nuova tendenza dell’architettura delle costruzioni, ovvero quella emozionale, sfatando i miti secondo i quali costruttivo non possa essere sinonimo di bello.
quale si innestano i profili in alluminio e le membrane di ETFE, la trama. Ricalcando il pensiero del Maestro Renzo Piano, si vuole creare un’emozione artistica, che contenga in sé i concetti di innovazione e memoria: un materiale innovativo e performante in una forma che richiama la memoria storica degli illustri tessuti pratesi, come tessitura, come trasparenza e opacità, come tattilità, rispecchiando l’interesse di Prato per la sfera ecologica, essendo un materiale riciclabile al 100 %.
Il concept
La tecnologia del materiale
La città di Prato è conosciuta in tutto il mondo per i suoi tessuti, con una lunga storia dall’ambito religioso all’ambito cinematografico: si ricordi infatti che il manto indossato da Sua Santità Giovanni Paolo II per l’apertura della Porta Santa in occasione del grande Giubileo del 2000, era stato tessuto da illustri imprese pratesi, così come anche i costumi del celebre film “Il Gladiatore”. In onore a questo contenuto e al suo nuovo contenitore, Il Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo nell’Area Ex Banci riqualificata, si è deciso di trasformare la tematica del tessuto, dell’ordito e della trama, in chiave contemporanea tecnologica, scegliendo come materiale di rivestimento la membrana di ETFE, per i cubi all’interno dei quali si sviluppa l’allestimento museale. Si definisce così una stratigrafia tecnologica composta da una sottostruttura, l’ordito, sul
RICICLABILE
100 %
INFIAMMABILITÀ
CLASSE B1 TRASLUCENZA
90 %
L’utilizzo dell’ETFE nell’ambito della progettazione architettonica si è molto diffuso, grazie alle caratteristiche di leggerezza, trasparenza ed economicità, rispetto alle soluzioni in vetro, dalle quali si distingue soprattutto grazie alla facilità di lavorazione del film, dando l’opportunità di realizzare forme che con qualsiasi altro materiale sarebbero impossibili o molto costose. Nello specifico l’ETFE (Etilene Tetra Fluoro Etilene) è un polimero, un materiale plastico trasparente progettato per avere un’alta resistenza termica e agli agenti atmosferici, leggerezza del sistema costruttivo, comportamento sismico prestazionale, resistenza ai carichi, ottima resistenza al fuoco, schermatura solare, resistenza termica e acustica e soprattutto è un materiale riciclabile al 100 %, il che lo rende un ottimo attore protagonista nel panorama attuale della progettazione.
Innovazione e memoria, approfondimento tecnologico dell’architettura
ETFE C2H4 POLIMERO
Capitolo 07
RESISTENZA
3/5 KN/m LUCE DIFFUSA
12 % PESO
300/1500 g/mq
COSTO
100 € mq VITA
7.01 Vista di dettaglio, etfe
50-100 ANNI
7.02 ETFE, polimero C2H4
75
7.03 Il concept 7.04 Le caratteristiche tecniche dell’ETFE
I film in ETFE sono riciclabili al 100% e possono essere utilizzati per realizzare prodotti per l’industria quali tubi e valvole senza esigenze estetiche e di trasparenza. Per via della vita utile del film in ETFE (50-100 anni) le quantità di materiale riciclato sono estremamente ridotte e gran parte del materiale riciclato attualmente proviene dagli scarti di lavorazione dei film nuovi. Grazie alla resistenza alla radiazione UV, all’inquinamento e agli agenti meteorologici, il film in ETFE ha una vita utile compresa tra i 50 e i 100 anni, decisamente superiore alle materie plastiche tradizionali. Per quanto riguarda i profili in alluminio, invece, gli impatti ambientali sono mitigati dalla durata del materiale e dalla facilità con cui può essere riciclato senza comprometterne le proprietà di resistenza a trazione.
Innovazione e memoria, approfondimento tecnologico dell’architettura
Capitolo 07
Resistenza agli agenti atmosferici Isolamento acustico Trasmissione luminosa
Gli impatti ambientali dell’ETFE
Resistenza al fuoco
Sulla scorta delle precedenti considerazioni in merito alle innumerevoli qualità di questo materiale, si è deciso di utilizzarlo all’interno del Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo, come rivestimento ai cubi dentro, sopra e sotto ai quasi si sviluppa l’allestimento museale. Questi innesti all’interno del Museo dovevano riassumere le caratteristiche di leggerezza, e quindi trasparenza, aleatorietà, indefinitezza, e di richiamo alla trama tessile. Per questo motivo il rivestimento è stato progettato secondo una maglia composta da triangoli equilateri, che si compongono a formare degli esagoni – richiamando, quindi, il concetto di micro e macro trama tessile. I triangoli smussati sono quindi costituiti da profili in alluminio con sezione tale da permettere di inserire una membrana di ETFE per lato, dove l’aria in pressione viene inserita attraverso delle tubazioni fissate a delle piccole valvole in alluminio, creando l’effetto cuscino che caratterizza i rivestimenti in ETFE. Per agevolare poi il sistema costruttivo, dal lato interno del profilo viene alloggiata una piastra quadrata in acciaio capace di ospitare i sei profili che vi si poggiano, nascosta dai cuscini d’ETFE, dalla quale emerge solo un bottone dorato in leggero aggetto. Il disegno della trama vuole quindi richiamare l’idea di un antico tessuto ricamato bottonato. Come si può vedere dalle sezioni di progetto e dai disegni di dettagli, i cubi sui quali l’ETFE si posa differiscono per tipologia, delle quali
la più interessante è quella in quota. Questa è composta da una struttura principale ed una secondaria in acciaio, sagomate in officina come la forma del cubo smussato, dal lato esterno una sottostruttura necessaria all’alloggiamento del rivestimento in ETFE e dal lato interno la sottostruttura necessaria alla creazione dei cartongessi e rivestimenti interni. Questo sistema poggia su un pilastro scatolare ad albero, che si attacca a terra tramite una piastra di ancoraggio e i tirafondi ben ammorsati, e al cubo tramite un alloggio scatolare in acciaio con piastra di ancoraggio saldata e piastre di irrigidimento al taglio.
Resistenza alle deformazioni
L’ETFE nel progetto architettonico
77
4
2 3
1
6.40
7.20
Legenda tecnica - Sezione tecnologica e dettagli
3.00
01. piastra di ancoraggio . 2000 x 2000 x 15 mm 02. piastra di irrigidimento . sp. 15 mm 03. tirafondi . Ă˜ 30 mm 04. profilo scatolare . 600 x 600 mm 05. alloggio scatolare in acciaio . 640 x 640 x 450 mm 06. piastra di ancoraggio saldata . 90 x 90 x 15 mm 07. rivestimento in membrana di etfe 08. profilo in alluminio -> vd. dettaglio 02 09. sottostruttura in alluminio per rivestimento etfe 10. profilo IPE 300 . 150 x 300 mm 11. piastra di irrigidimento . sp. 15 mm 12. profilo IPE 150. 75 x 150 mm 13. lamiera grecata . 60 mm 14. sottostruttura - lastra metallica . 15 mm 15. barriera al vapore . 2 mm 16. pavimentazione in resina autolivellante . sp. 10 mm 17. profilo a u per rivestimento . 40 x 160 x 80 mm 18. profilo angolare metallico . misure speciali 19. pannello di rivestimento interno . 15 mm 20. profilo a “Câ€? per sottostruttura . 65 x 40 mm
S01
20
7.05 Sezione tecnologica S01, scala adattata 0 10
50
100 cm
19 13 14 15 16
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7.06 Dettaglio D01, scala adattata
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0 5 10
520
20 cm
Gli orti nella storia Esplorazione a tema
Civiltà antica
Paradiso perduto
Giardino-Orto
Orto-Giardino
Epoca romana
Hortus romano
Horti romani
Medioevo Hortus conclusus
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Civiltà antica In origine era il paradiso perduto: un giardino o orto delle delizie in cui l’umanità viveva in pace, a stretto contatto con la divinità. Questa rappresentazione è comune a molti popoli antichi: uno spazio concluso in cui la natura benigna fornisce spontaneamente ogni cibo già commestibile, frutta e verdura, latte e miele; il tutto tra alberi ombrosi, fiori di ogni genere, sorgenti e corsi d’acqua. I giardini più antichi, di cui abbiamo diverse testimonianze, sono quelli risalenti agli egizi (circa 1600-1400 a.C.). Nell’antico Egitto, il giardino era un luogo molto importante, simbolo di vita e il lago era sempre presente in quanto, oltre ad essere una scorta d’acqua, rappresentava l’oceano primordiale. Accanto ai giardini-orti di tradizione orientale, ci sono da sempre anche gli orti-giardini, quelli che in città le famiglie con disponibilità di terra coltivano per l’autoconsumo o per il mercato locale. In questi casi il fine principale è l’utile. Fanno esempio gli orti della Macedonia nel V secolo a.C., dove gli orti-giardino vennero introdotti in palazzi privati.
annesso alla domus. Si tratta di uno spazio strettamente destinato alla produzione di ortaggi, frutta e qualche fiore, che era un’estensione dell’abitazione, una sorta di dispensa a cielo aperto, tutelata dalle stesse divinità che proteggevano la casa, i Lari. L’antico romano amava rappresentarsi come un ancestrale rustico mangiatore di ortaggi e di frutti, considerati i cibi più civilizzati perché prodotti dalla terra più vicina e addomesticata, quella dell’orto, perennemente lavorata e mai ciclicamente lasciata a riposo come quella dei campi. Successivamente il concetto di hortus romano si alterò per mezzo delle influenze orientali. Il piccolo appezzamento di terreno legato alla domus, lasciò allora il posto a sofisticati peristili, micro-paradisi imitativi delle nobili dimore ellenistiche, dando vita ai precursori dei grandi parchi e ville ancora presenti a Roma. Per designare questo nuovo grande spazio urbano, i romani volsero il nome al plurale; si iniziò, quindi, a parlare di “horti”: Horti Luculliani, cui seguirono quelli di Sallustio, di Cesare, di Mecenate e che attirarono le critiche dei conservatori, in virtù del fatto che non venivano coltivati.
Epoca romana
Il Medioevo
La parola latina hortus, dal greco chortos, ha la stessa radice che ha generato la parola giardino (garten, garden, jardin) e che rimanda all’idea di “spazio recintato”. L’originario hortus romano era in effetti un piccolo appezzamento di terreno chiuso e
Nella città medievale, sul retro delle case, sorgevano angusti orti in cui si coltivavano, in ordinati riquadri, erbe aromatiche, generi di prima necessità, a volte anche vigneti e frutteti. L’hortus conclusus (latino, traducibile in italiano come “giardino
Tessuto è Prato, TESSUTO E(è)... CTC, tramaCentro e ordito Tessuto per la riqualificazione Contemporaneo, delRiqualificazione paesaggio urbanoArea dell’Area Ex Banci Ex Banci a Prato
dalla civiltà antica all’età contemporanea
recintato”) è la forma tipica di orto-giardino medievale, legato soprattutto a monasteri e conventi. Come dice il nome stesso si trattava di una zona verde, generalmente di piccole dimensioni, circondata da alte mura, dove i monaci coltivavano, al sicuro da invasioni e scorrerie, piante e alberi per scopi alimentari e medicinali; era anche uno spazio adibito alla lettura, alla preghiera e alla meditazione mentre pressoché sconosciuta era la funzione decorativa. Intorno al 480 a Norcia, in Umbria, nasce San Benedetto, ispiratore della famosa regola “Ora et labora”, che dette inizio all’insediamento dei benedettini: tale evento costituisce un capitolo fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura occidentale. I cosiddetti “monaci neri”, in considerazione del colore della veste che indossavano, favorirono a partire del VI secolo il radicamento di una nuova cultura agraria, attenta alla coltivazione dei campi, all’introduzione di tecniche più avanzate, alla gestione dei corsi d’acqua con la costruzione di mulini, alla cura degli orti, all’insegnamento delle tecniche legate alle attività agricole, formazione del saper fare.
realizzati nel Cinquecento rimangono una delle sue migliori espressioni. Nel 1543 Cosimo fondò a Pisa il primo orto botanico del mondo e due anni dopo, nel 1545, inaugurò il Giardino dei semplici di Firenze. Tra il 1537 e il 1609 fu portata a compimento la rete delle ville medicee che vennero circondate da importanti orti-giardini. Nella Villa di Castello e nella Villa La Petraia si trovano coltivazioni particolari, che erano molto gradite per due motivi: non impedivano la vista dei panorami circostanti e, poiché venivano citate nei trattati di agricoltura di epoca romana, potevano essere prese ad esempio per ricreare gli orti-giardini all’antica. Età Moderna Emblema degli orti-giardini dell’età moderna è il giardino produttivo realizzato per l’approvvigionamento della corte di Versailles, il giardino che circondava la reggia di Re Sole, che non badava a spese: della gestione degli orti, delle serre e dei 12.000 alberi da frutto si occupavano a tempo pieno trenta giardinieri esperti.
Rinascimento
Ville Medicee
Età Moderna
Il giardino di Versailles
Rinascimento Nel Rinascimento si vede l’evoluzione di un nuovo modello di orto-giardino, quello delle ville medicee. Cosimo de’ Medici, diventato Duca di Firenze nel 1537, fu un grande appassionato di botanica e agricoltura, e gli orti e i giardini Ordire una trama/Tramare Esplorazione a tema un ordito, il progetto di architettura del paesaggio Capitolo 08
Età Contemporanea 81
“I nuovi parchi urbani devono basarsi sulla cultura e l’educazione e non più su una utilizzazione estetica e passiva. (...) È la fine del concetto di parco come spazio aperto, sostituito da quello di parco culturale”.
B. Tschumi, “L’invention du Parc de La Villette”, 1984
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Ordire una trama / Tramare un ordito Il progetto di architettura del paesaggio
Ordire una trama/Tramare un ordito, il progetto di architettura del paesaggio Capitolo 08
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Ordire una trama / Tramare un ordito Il progetto di architettura del paesaggio
L’evoluzione degli orti sociali urbani nell’Età Contemporanea Durante il periodo della Rivoluzione Industriale in Europa un elevato numero di lavoratori e le loro famiglie emigrò dalle zone rurali verso le città in cerca di lavoro nelle fabbriche. Vivendo in condizioni economiche precarie, ognuno allestì degli orti in appezzamenti di proprietà varia per alleviare la situazione economica con la coltivazione di frutta e ortaggi. La prima associazione ufficiale di singole persone, famiglie o piccole comunità dedite alla coltivazione di orti urbani fu costituita in Germania nel 1864, dove gli orti urbani prendono il nome di “Schrebergarten”. L’utilità e la diffusione degli orti urbani divenne ancora più importante nella prima metà del XX secolo, durante le due Guerre Mondiali, quando la situazione socio economica era sconvolgente soprattutto dal punto di vista alimentare. Molte città infatti erano isolate dalle zone rurali periferiche cosicché i prodotti agricoli non riuscivano più a raggiungere i mercati cittadini ed erano venduti a prezzi molto alti o al mercato nero. Tra gli anni ’70 e ’80 del XX secolo, periodo caratterizzato da una forte espansione industriale, gli orti urbani si sono sviluppati soprattutto dove era in atto un massiccio processo di inurbamento, connesso a fenomeni di immigrazione di massa. Gli orti urbani fornivano un prodotto che serviva in maniera preponderante all’autoconsumo, ma serviva anche da elemento di identificazione per gli immigrati e dava, inoltre, opportunità
di svago, di impiego del tempo libero, occasioni di ritrovo. A partire dagli anni ’90, il crescente benessere nei paesi industrializzati ha collocato in secondo piano la produttività dell’orto. L’orticoltura urbana si è oggigiorno spesso evoluta svolgendo funzioni estetico ricreative, educative, sociali o terapeutiche in relazione alle mutate condizioni economiche e socio-culturali. I “community gardens” e gli “allotment gardens” dei paesi anglosassoni sono paradigmatici di questa evoluzione. I community gardens sono appezzamenti di terreno che sono curati collettivamente da un gruppo di persone. La maggior parte dei community gardens sono aperti al pubblico per la fruizione di spazi verdi in aree urbane con diverse opportunità di relazioni sociali, ricreazione, formazione, semplice relax e produzione di ortaggi e altre colture a cura diretta degli associati. I piccoli appezzamenti di terreno in ambito urbano adibiti ad orti amatoriali sono una realtà diffusa in tutto il mondo. L’agricoltura sociale comprende una pluralità di esperienze accomunate dalla caratteristica di integrare nell’attività agricola attività di carattere sociosanitario, educativo, di formazione e inserimento lavorativo, di ricreazione, diretti in particolare a fasce di popolazione svantaggiate o a rischio di marginalizzazione. In questo contesto rientrano gli orti a fini educativi, per detenuti, per anziani e terapeutici.
Ordire una trama/Tramare un ordito, il progetto di architettura del paesaggio Capitolo 08
8.01 Vista esterna, il parco e i pergolati vegetali 8.02 Keyplan, inquadramento
85
singolo appezzamento
SUFFICIENTI A PRODURRE FRUTTA E VERDURA
Il progetto degli orti sociali urbani
l’attività passata: divisi secondo una maglia regolatrice danno vita ad un insieme capace di fornire un miglioramento sostanziale alla qualità della vita. Un vero e proprio polmone verde che non sia solo parco (urbano, didattico, conoscitivo), ma un insieme di biodiversità. Tale sistema complesso di orti prevede delle rimesse sociali, delle costruzioni leggere di circa 25 metri quadri l’una da condividere con i vicini, come rimessa per l’attrezzatura, secondo il concept principale del progetto: unione, memoria e futuro della città di Prato. Si crea così un insieme comunitario, al servizio della popolazione pratese.
86
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
20
mq
8.04 Il parco e i pergolati vegetali, scala adattata 8.05 Gli orti e le rimesse a comune, scala adattata
Lo sviluppo degli orti sociali urbani è un fenomeno in continua crescita negli ultimi anni in Italia. L’obiettivo delle amministrazioni è la tutela della biodiversità agricola e la riduzione della produzione di rifiuti, ma non solo. Gli orti sociali urbani costituiscono un’azione possibile e alla portata di tutti contro i problemi climatici, consentono di combattere l’esclusione sociale e la solitudine tipica degli agglomerati urbani, permettendo a gruppi di persone attive di usufruire di un ambiente accogliente e a stretto contatto con la natura. Tale fenomeno è di rilevante importanza anche per lo sviluppo economico della persona e quindi, per estensione, del territorio: basti pensare che sono sufficienti 20 metri quadri di terreno per produrre sufficiente frutta e verdura per una persona per un anno intero. Tali assunti si pongono quindi alla base dell’idea progettuale che fonda le sue radici in un’area da sempre segnata dall’utilizzo agricolo: l’area anteriore alla Ex Banci, separata da Viale Leonardo Da Vinci, è infatti da sempre utilizzata a fine agricolo e ancora oggi permangono degli appezzamenti di terreno. Tali orti sono stati integrati in un insieme più ampio, capace di ospitare fino a 7 ettari di orti sociali urbani che possano unire i cittadini aumentando la socialità e la responsabilità verso il nostro territorio. Gli orti di progetto, ognuno della dimensione minima di 40 metri quadri, seguono le direttrici del territorio e rimembrano
per il fabbisogno annuale di una persona
DIMENSIONE MINIMA
500
mq
20
7 ETTARI
di una singola unità agricola divisa in appezzamenti
CAPACITÀ MASSIMA DIMENSIONALE del lotto di progetto
8.03 Concept di progetto, gli orti sociali a comune
I pergolati vegetali nel sistema degli orti Nell’antichità i pergolati vegetali si trovavano sempre in prossimità di un orto-giardino: per questo si propone nel progetto l’inserimento di un sistema di pergolati vegetali che accompagnino il percorso all’interno del parco. I pergolati, quindi indicano i percorsi principali di collegamento all’interno del parco, ma garantiscono anche un riparo dal sole per chi usufruisce degli appezzamenti di terreno. Si propone un pergolato composto da una struttura a secco, mediante l’utilizzo di travi in legno lamellare, tra due piatti di acciaio, verniciati di bianco. I pergolati si basano su un appoggio in acciaio con micro-regolazione, con tirafondi che costituiscono una fondazione leggera, e sono uniti da tubolari metallici con finitura oro sui quali crescono i rampicanti.
1. terreno compatto 2. strato di ghiaia grossa - 400 mm 3. strato di ghiaia fine - 200 mm 4. strato di sabbia - 100 mm 5. congl. natura con inserti in pietra alberese - 300x1000x40 mm 6. strato di base - 200 mm 7. binder - miscela di leganti - 180 mm 8. tappeto di usura e strato di asfalto drenante colorato - 60 mm 9. appoggio in acciaio con micro regolazione 10. pergolato mod. formato da trave in legno lamellare quadrata - 250x250x5000 mm - tra due piatti di acciaio - sp. 10 mm 11. sistema di smaltimento delle acque 12. cordolo di contenimento in pasta cementizia con faretto led
13. panchina in cemento con seduta lignea attrezzata 14. strato di terra battuta stabilizzata 15. pannello informativo luminoso - orti sociali didattici 16. strato di magrone - 100 mm 17. pavimentazione in blocchi di cemento - 40 mm 18. appoggio in acciaio con micro regolazione 19. trave in legno lamellare sagomata - 300x300x5000 mm 20. assi di legno lamellare 550x5000 mm 21. sottostruttura assi di legno 22. isolante termoacustico in fibre tessili riciclate 100 mm 23. supporto/divisorio pavimentazione interna in legno 24. pavimentazione in assi di legno 25. dispositivo di audio video sorveglianza e infotainment
Il concetto di parco culturale
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Nella Parigi del 1982 Bernard Tschumi realizza Le Parc de la Villete, capolavoro della poetica dei layer, episodio rimasto nella storia dell’architettura poichè a lui si deve l’introduzione del concetto di “parco culturale”: il parco si presenta infatti come un contenitore di attività, con funzioni legate non solo al divertimento ma anche all’educazione, integrando molte attività. Tschumi scrive “I nuovi parchi urbani devono basarsi sulla cultura e l’educazione e non più su una utilizzazione estetica e passiva. (...) È la fine del concetto di parco come spazio aperto, sostituito da quello di parco culturale” (B. T., “L’invention du Parc de la Villette”, 1984). L’obiettivo di questa progettazione sposa questa tendenza, ovvero l’idea di creare un contenitore vegetale, paesaggistico, di interesse culturale, volto ad ospitare ed integrare in sè un nuovo sistema, quello del Centro Tessuto Contemporaneo. Questo è possibile con l’inserimento di tematiche didattiche-culturali, come ad esempio gli orti sociali urbani, che possono diventare didattici, terapeutici, riabilitativi, aree tematiche di approfondimento sulle specie vegetali di progetto anti-inquinamento, percorsi minerali con riutilizzo di materiali del territorio, che raccontano la storia del sito di progetto, aree studio delle tessiture vegetali e minerali. Quindi, un insieme vegetale didattico, incentrato sulla storia dell’area, con sguardo attento al futuro, incentrato sulla tematica delle trame.
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Ordire una trama/Tramare un ordito, il progetto di architettura del paesaggio Capitolo 08
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Ac. Acer Campestre
Pn. Populus Nigra
Ap. Acer Pseudoplatanus
Fa. Fraxinus Angustifolia
Ap. Acer Platanoides
Fo. Fraxinus Ornus
Ca. Celtis Australis
Qi. Quercus Ilex
Cb. Carpinus Betulus
Qr. Quercus Robur
Cc. Corylus Colurna
Um. Ulmus Minor
Pa. Populus Alba
Tv. Tilia x Vulgaris
P5
Mc
Vt
Cm
Fo
Au
Cf
Mc
Ca Cm
Au
Vt Mc
Au
Mc Cm Cs
Au Ac
Cm Mc
Cm
Pn
Vt
Fo
Vt
Ca
Fo
M2
Au
Mc
Vt
Mc
Vt
Cf
Ca
Cm
Lc
Vt
Lc
Vt
Au
M2
Lc
Cf
Mc Cm Cs
Mc
Ca
Vt Cm
Mc Cm Cs
Cf Au
Vt
Struttura arbustiva
Fo
Cb
Cb
Ac
Fo
Fo
Ac
Au. Arbutus Unedo
Cs. Cornus Sanguinea
Ca. Corylus Avellana
Mc. Myrtus Communis
Cf. Cornus Florida
Lc. Ligustrum Vulgare
Cm. Cornus Mas
Vt. Viburnum Tinus
Mc Cm
M2
M1
Um
Fo
Vt Cm
Vt M2
Ac
Mc
M2
Cf
Lc
Cf
Fo
Au
Ca
Cf
Lc
Au
Cm
Vt
Vt
Fo
Fo
Vt
Fo
Vt
Fo
Ac
Ac
Ac
Ac
Ac
Fo
Cc
Cc
Cc
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Ac
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Fo
Cc
Cc
Cc
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Ac
Ac
Ac
Fo
Ac
Ac
Ac
Ac
Cc
Cc
Cc
Fo
Ac
Ac
Ac
Cc
Cc
Cc
Ac
Ac
Ac
Cc
Cc
Cc
Ac
Ac
Ac
Cm. Crataegus Monogyna
Tv Ac Ac Pn
Struttura erbacea M1. Tipo “Nova Flore, M1” M2. Tipo “Nova Flore, M2”
Pn
M3. Tipo “Nova Flore, M3”
Um Ac Ac Pn
c
a
Qi
Struttura arborea
Pa
Um Ap
N
Um
Fa Tv
Um
c
m
Qi
Qp Cb
Fo
Ac
Tv
Ca Pn Ac Fo
P1. Congl. natura misto con inserti in pietra alberese P2. Profilo di rifinitura in alluminio anodiz. - 150 mm P3. Asfalto colorato drenante per pista ciclabile P4. Terra battuta stabilizzata
Pn Um
Struttura minerale
P5. Asfalto carrabile drenante P4
Ac
P5
P6
P6. Autobloccante drenante grigliato
P3 P2
Pn P1
c
m
Tv
Pn Fo
0
10
20
50 m
8.06 Sezione ambientale, scala adattata 8.07 Dettaglio del paesaggio, scala adattata
90 Vista esterna, il parco e i pergolati 8.08
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Ordire una trama/Tramare un ordito, il progetto di architettura del paesaggio Capitolo 08
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I parchi urbani, così come tutti i luoghi del collettivo urbano, (...) sono quei luoghi dove traspare in forma evidente ed anche simbolica il pubblico, esaltando il privato, sono quei luoghi cerniera dove il singolo cittadino diviene comunità e trova il contatto diretto con gli altri; sono i luoghi dello stare e del divenire.”
A. M. Ippolito, “Il parco urbano contemporaneo”, 2006
092
Fabbrica di biodiversitĂ vegetale Un progetto pilota per Prato 2050
Fabbrica di biodiversitĂ vegetale, un progetto pilota per Prato 2050
Capitolo 09
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Fabbrica di biodiversità vegetale Un progetto pilota per Prato 2050
Climate change
Emissioni di CO2 e assorbimento forestale
Nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, secondo un fenomeno di inurbamento progressivo sempre maggiore. Già oggi le città consumano il 75% delle risorse naturali e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2. Le emissioni cumulative di anidride carbonica, insieme a quelle di gas metano e di altri gas serra, determinano il surriscaldamento globale del Pianeta, che è causa a sua volta dello scioglimento dei ghiacciai, della perdita di biodiversità e dell’innalzamento crescente del livello degli oceani. È fondamentale considerare un altro fattore importante: le foreste e gli alberi assorbono ogni anno quasi il 40% delle emissioni di combustibili fossili prodotte in larga parte dalle nostre città. Quindi, se un unico albero può portare notevoli benefici alla città e ai suoi abitanti, un bosco o una foresta urbana possono essere un aiuto straordinario per migliorare la qualità della salute e della vita di un’intera città, riducendo drasticamente l’inquinamento, il consumo energetico e l’effetto “isola di calore”, migliorando la biodiversità delle specie viventi e rendendo le città più sicure, piacevoli e salubri. Un movimento globale sulla forestazione urbana, operata coscientemente, potrà aiutare ad impedire che la temperatura globale del Pianeta cresca sopra al tetto dei 2 °C, considerata la soglia massima accettabile dagli accordi di Parigi del 2015.
Ai fini della stesura del recente Piano Operativo, il Comune di Prato ha eseguito il censimento delle specie arboree esistenti, dal quale risulta un totale di 29 151 specie arboree, del quale il 18 % è costituito da Tilia Europea, il 15 % da Pinus Pinea, il 6 % da Platanus Acerifolia, il 6 % da Olea Europea, il 5 % da Quercus Ilex, e la restante si trova divisa in percentuali minime. Conseguentemente al censimento è stato calcolato l’abbattimento di CO2 e gas nocivi operato dalle specie arboree esistenti: è stato calcolato, infatti, che queste assorbono 3 586 000 kg di CO2 ogni anno. In virtù delle considerazioni in merito al climate change e dei recenti dati, appare chiara la necessità di implementare la vegetazione della città, attraverso la creazione di nuovi spazi aperti, grandi parchi, vegetazione capillare, di margine, assunto che sta alla base del Piano Operativo e del progetto di tesi, sposando una caratteristica intrinseca della città di Prato, che risulta vegetale per il 68 % della sua superficie. Nel progetto dell’Area Ex Banci, approfondimento tematico a partire dai presupposti del Piano Operativo, esteso alle aree limitrofe, si stima la piantumazione di 2 300 alberi e arbusti, 15 specie arboree e 9 specie arbustive. Secondo i dati forniti dal CNR (Centro Nazionale Ricerche) in merito all’assorbimento di gas nocivi da parte di alcune particolari specie arboree, si stima di ridurre i gas nocivi di 322 420 kg all’anno con l’intervento proposto.
Fabbrica di biodiversità vegetale, un progetto pilota per Prato 2050
Capitolo 09
9.01 Immagine aerea dell’Area Ex Banci
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Ac
Ap
Ap
Ca
Cb
Cc
Fa
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Qi
Qp
Qr
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Um
Tv
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Ca
Cf
Cm
Cm
Cs
Mc
Lc
Vt
Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
Le specie di progetto La scelta delle specie di progetto è stata dettata da molteplici fattori. Come visto precedentemente, ai fini della messa a sistema in strutture vegetali, la fase di analisi si è costituita secondo lo studio visuale del territorio articolato secondo gradienti di visualità, secondo il censimento delle specie arboree presenti sul territorio e, infine, secondo l’analisi delle specie presenti nell’area di progetto. In risposta a tali analisi si è proceduto quindi alla scelta delle specie arboree ed arbustive in base al principio di compatibilità paesaggistica, compatibilità ecologica e in termini di resilienza e quindi climate change. Le specie scelte in base alla compatibilità paesaggistica rispettano la struttura del paesaggio esistente e le categorie preesistenti, soddisfacendo quindi anche i gradienti di visualità di progetto nelle diverse direzioni, elemento insito nel paesaggio, in modo tale da nascondere parti di contesto e orientare lo sguardo verso i landmark e i serbatoi di naturalità del nostro territorio. Le specie definite in base alla compatibilità ecologiche, invece, rispettano i suoli, gli ambienti e l’ecosistema più generale, operando la scelta su quelle specie per le quali è già comprovato che resistano ai fattori ambientali del territorio. Infine, la scelta operata in base alla resilienza, al climate change, per la bonifica dei suoli inquinati. Sono stati quindi analizzati gli indici di assorbimento di gas nocivi, come la
CO2, secondo i dati di assorbimento forestale recentemente diffusi dal CNR. Secondo la ricerca presa ad esame gli alberi che assorbono maggiormente i gas inquinanti sono Acer Platanoides (Acero Riccio), Celtis Australis (Bagolaro), Tilia x Vulgaris (Tiglio Europeo), Ulmus Minor (Olmo Minore) e il Fraxinus Ornus (Frassino Orniello), i quali presentano un indice di assorbimento da 120 a 190 kg all’anno: si stima, ad esempio, che l’Acer Platanoides in 20 anni possa assorbire 3800 kg di CO2, il Celtis Australis 3600 kg, l’Ulmus Minor e il Tilia x Vulgaris 2800 kg, il Fraxinus Ornus 2400 kg. Con un totale di oltre 2000 nuovi alberi, si andrebbero ad assorbire oltre 300000 kg di CO2 all’anno, operazione che, assieme ad un’adeguata sensibilizzazione in materia, potrebbe essere un vero punto di inizio nella lotta al cambiamento climatico, rendendo la città più vivibile e più vissuta.
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CO2 CO2 CO2
CO2 CO2
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O2 O2
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O2
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Tessuto è Prato, trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci
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Capitolo 09
09.04 Fotoinserimento Prato 2050
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Conclusioni Prato è Tessuto
Un progetto pilota Il progetto di riqualificazione del paesaggio urbano proposto per l’Area Ex Banci è solo un primo passo in una nuova direzione. Se il landscape urbanism costituisce la premessa sia del Piano Operativo che dell’approfondimento di tesi, si può dire che questo si costituisca anche come conclusione. L’obiettivo è quello di un progetto pilota, che possa essere input per ampliarsi e diffondersi all’interno della città, a macchia d’olio e capillarmente, affinché si verifichi la creazione di una nuova identità degli spazi aperti urbani, trasformando quelli abbandonati secondo il principio della resilienza, sostituendo il concetto di produzione di CO2 con quello di produzione di O2, sensibilizzando al tema dei cambiamenti climatici. “Una nuova struttura dello spazio e del tempo”, citando Bernardo Secchi, un nuovo modo di fare landscape urbanism, pianificazione, riqualificazione del paesaggio urbano più adeguato al nostro tempo, dove la creazione di un nuovo parco urbano diventi cerniera della comunità, luogo dello stare e divenire: “I parchi urbani, così come tutti i luoghi del collettivo urbano, (...) sono quei luoghi dove traspare in forma evidente ed anche simbolica il pubblico, esaltando il privato, sono quei luoghi cerniera dove il singolo cittadino diviene comunità e trova il contatto diretto con gli altri; sono i luoghi dello stare e del divenire” (A. M. Ippolito, “Il parco urbano contemporaneo”, 2006). 100
Conclusioni, Prato è Tessuto
Capitolo 10
Bibliografia Tessuto e (è) ... Riferimenti
Barberis V., Cattaneo E., “Prato fabbrica natura”, Milano, 2019 Calvino I., “Le città invisibili”, 1972 Guanci G, “I luoghi storici della produzione nel pratese”, 2009 Ippolito A. M., “Il parco urbano contemporaneo”, 2006 Lambertini A., Corrado M., “Atlante delle nature urbane”, 2011 Lambertucci F., “Esplorazioni spaziali”, 2013 Malaparte C., “Maledetti toscani”, 1956 Munari B., “Verbale scritto”, 1982 Munari B., “Da cosa nasce cosa”, 1992 Piano R. “Giornale di bordo”, 1997 Secchi B., “Prima Lezione di Urbanistica”, Roma-Bari, 2000 Trivellin E., Textile Design, Firenze, 2019 Tschumi B., “L’invention du Parc de La Villette”, 1984
Normative Piano Operativo (PO) PO - Disciplina dei suoli e degli insediamenti PO - Sistema ambientale Piano strutturale (PS) Regolamento edilizio (RE) Regolamento del verde pubblico e privato Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) Piano di indirizzo territoriale (PIT), con valenza di Piano Paesaggistico
Sitografia www.regione.toscana.it www.comune.prato.it www.cittadiprato.it www.pratomusei.it www.museodeltessuto.it www.beyondtheboundary.it www.stefanoboeriarchitetti.net www.maps.google.com www.bing.maps.com www.mduarchitetti.it www.centropecci.it www.macotechnology.com www.tuscanartindustry.com Bibliografia, riferimenti
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Università degli Studi di Firenze DIDA | Dipartimento di Architettura | Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura Curricula Progettazione dell’Architettura | A.A. 2019-2020 Tessuto è Prato Trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci a Prato Relatore Prof. Arch. Paolo Di Nardo Correlatore Prof. Arch. Tessa Matteini Laureanda Lisa Da Rold