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Dopo il terremoto, in Emilia riparte il biomedicale Viaggio fra le aziende del distretto più specializzato d’Europa, che sono tornate (in fretta e bene) al lavoro
di Valentina Fizzotti AboutPharma and Medical Devices foto di Antonio Naia Studio7am.it
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1 Massimo Trentini, responsabile marketing di Aries, al lavoro in un container (pag 23) 2 Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, in visita al magazzino di Gambro, due settimane dopo il terremoto. È accompagnato dal comandante dei Vigili del Fuoco Emilia Romagna, Giovanni Nanni, e dal direttore dello stabilimento, Marco Zanasi 3 Gruppo di lavoro in Covidien. L’azienda fornisce ai dipendenti un supporto psicologico per il ritorno alle attività
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ella prima domenica di giugno alla Aries di Mirandola, provincia di Modena, in una riunione operativa convocata in un container si decideva come ricominciare a lavorare. Nel terremoto del 29 maggio, con epicentro qualche chilometro sotto il suo pavimento, il magazzino che conteneva i tubicini da infusione fabbricati da questa azienda era crollato uccidendo il titolare, Mauro Mantovani, mentre con i vigili del fuoco e i suoi collaboratori estraeva i prodotti dallo stabile danneggiato dalla scossa più lieve del 20 maggio. E appena un paio di giorni dopo la sua morte, sua moglie e sua figlia avevano già deciso di non mol-
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lare la loro azienda. Alla B. Braun Avitum Italy il 29 maggio sono usciti tutti di corsa, ma dopo mezza giornata stavano già discutendo su come mettere in sicurezza le strutture per rientrarci. Tre settimane dopo la scossa, sul prato davanti allo stabilimento produttivo dell’americana Covidien a Mirandola, i vertici aziendali spiegavano ai dipendenti che le camere bianche erano di nuovo sicure. Nel distretto biomedicale di Mirandola, la più vasta area europea di produzione di dispositivi medici, che impiega nel complesso 5mila addetti in un centinaio di aziende, con il terremoto non si è perso tempo e non si sono lasciati ordini inevasi.
Le forniture di materiali e dispositivi medici, destinate ai pazienti degli ospedali di tutta Italia e in molti casi anche di tutta Europa, non si sono mai interrotte, grazie ad azioni sinergiche concordate fra aziende, distribuzione diffusa, mutuo soccorso fra competitor, molta volontà e nessuno spazio per il panico, per non scomparire da un mercato in corsa e scongiurare il fallimento. L’altro fantasma era la fuga delle aziende da un distretto specializzato che vale miliardi di euro e ha tremato nelle fondamenta, presto scacciato insieme con gli incubi per le scosse: le imprese hanno deciso quasi subito di restare in questo pezzetto della provincia di Mo-
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4 Al lavoro nel magazzino di Gambro 5 La linea produttiva dell’azienda in funzione 6 Tir in partenza dalla sede di Gambro a Medolla. A bordo i macchinari diretti al nuovo capannone provvisorio, a 30 chilometri
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dena. Perché i finanziamenti per la ricostruzione sono vincolati alla permanenza nella zona, certo, ma soprattutto perché il distretto vanta una concentrazione altissima di expertise. Bellco, per esempio, grande gruppo italiano specializzato nella dialisi, ha allestito tendoni e tensostrutture nelle vicinanze, ma ha deciso di riprendere a pieno regime, da settembre, negli stabilimenti di Mirandola. Un altro colosso del settore, Gambro, multinazionale specializzata nella produzione di macchine da dialisi e linee sangue, ha dislocato altrove produzione e Ricerca&Sviluppo, ma la sua direzione è a Medolla e l’azienda ha deciso che al massimo fra un anno
e mezzo tutto sarà nuovamente come (e dove) era prima del terremoto. “Le grandi aziende del distretto hanno scelto delocalizzazioni temporanee a bassissimo raggio, al massimo 30-40 km – spiega ad AboutPharma Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica –, che permettono una parziale o totale ripresa”. Secondo Rimondi il rischio che le delocalizzazioni siano permanenti è basso e a preoccuparlo sono piuttosto le politiche finanziare in tempo di crisi, che “strozzano il biomedicale e rappresentano un terremoto ben peggiore – dice –. Questo distretto funziona se fa innovazione e ricerca, non è possibile pensare di compe-
tere sui prezzi. È come se non fosse stato considerato strategico fi no al terremoto, per poi esserlo soltanto per un paio di settimane. Non ci si può limitare ai tagli, le tecnologie possono essere una risorsa per razionalizzare il Sistema sanitario nazionale”. E sul biomedicale i tagli alla Sanità pesano più che altrove: il suo mercato è quasi completamente pubblico. Per questo la Regione Emilia Romagna (per prima, con la Sicilia e a seguire il Veneto) ha disposto la liquidazione urgente dei crediti vantati dalle aziende del distretto nei confronti delle Asl. Poi sono arrivati anche gli accordi con le principali banche della zona per la concessione di mutui a
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tassi molto agevolati. “Cominciamo a tornare alla pseudo normalità – dice Giovanni Messori, direttore di Confindustria Modena –, si produce in tensostrutture di fianco ai capannoni in restauro. Abbiamo concordato finanziamenti a 24 mesi con i fondi della Cassa Depositi e Presiti e chiesto di rinegoziare i termini di alcuni finanziamenti”. Le imprese, spiega, hanno voglia di restare sul territorio, ma poter ripartire nel minor tempo possibile bisogna “accorciare i tempi delle lungaggini burocratiche e rendere ragionevoli quelli di pagamento”. Senza attendere i rimborsi, ogni giorno decine di tir partono dalla sede di Medolla della multinazionale Gambro, dove per
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un anno e mezzo ci saranno 25 container. Trasportano macchinari, banchi di prova, utensili, prodotti dall’area colpita, grande come 20 campi da calcio, a un nuovo capannone a tre chilometri di distanza. Li hanno tirati fuori con l’aiuto dei vigili del fuoco, ci spiega Biagio Oppi, responsabile delle comunicazioni dell’azienda in Italia, “e nessun paziente ha saltato una seduta di dialisi”. A controllare la qualità di ogni pallet estratto oggi sono in venti, sette giorni su sette, a turni serrati. Da qui partono per l’Italia e l’estero, l’attività non può fermarsi e Gambro ha un risk management pensato in grande: troppo rischioso concentrare la produzione in un solo luo-
go, così ne è stata avviata una di backup in Messico. In Emilia però il lavoro non si ferma, l’azienda resta aperta tutto agosto, si riorganizzano i turni e si consumano le ferie per non diminuire gli stipendi con la cassaintegrazione. Allo stabilimento emiliano dell’americana Covidien, unico sito di fabbricazione di prodotti monouso per la respirazione dell’azienda di Boston, hanno lavorato sabati e domeniche per mettere in sicurezza gli stabili e ricominciare nel giro di tre settimane con parte delle attività, riprese completamente a luglio. Lo stabilimento aveva bisogno di altro personale, così l’azienda ha fatto un accordo di distacco
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7 Stefano Cavaliere, direttore dello stabilimento di Covidien a Mirandola 8 I container di Aries, a Mirandola. Nel crollo del magazzino a fianco, il 29 maggio, è morto il titolare, Mauro Mantovani
9 Ancora un container Aries. Sulla porta di ciascuno dei tre c’è il nome dei dipendenti che lavorano al suo interno 10 Una dipendente al lavoro nel container di Aries 11 Il controllo qualità nei container di B. Braun
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comandato con Sorin per avere in prestito fino a 50 dipendenti per un massimo di tre mesi. I lavoratori di Covidien sono stati seguiti fin dall’inizio da un medico e una psicologa per valutare lo stress post-traumatico e l’eventualità di un rientro, oltre a ricevere un training per essere pronti anche a nuove scosse. “Il 70% dei nostri dipendenti viene da zone terremotate – spiega Stefano Cavaliere, direttore dello stabilimento – e questo supporto psicologico è stato molto apprezzato. Sapere che la paura non è un problema che riguarda il singolo aiuta a ricominciare”. Da una grande azienda ad una di dimensioni ridotte: alla Aries, dopo il tragi-
co crollo, erano in 13 ad essere operativi in tre piccoli container, allestiti come uffici di fortuna, ma non avevano idea di come far sapere a tutti che erano ancora aperti, che avrebbero continuato a lavorare. “Alcuni concorrenti si sono offerti di occuparsi delle forniture al posto nostro – racconta Massimo Trentini, responsabile marketing –, altri hanno compiuto azioni di solidarietà notevoli. Un’azienda sta ospitando la nostra camera bianca e abbiamo affittato un capannone in provincia di Mantova. Abbiamo riaperto in fretta la produzione perché non ci si può fermare: dall’annuncio ai clienti contavamo di ripartire in tre o quattro settimane,
e invece ce l’abbiamo fatta in una”. Adesso sperano che le prossime gare d’appalto siano prorogate: per chi non può presentare le campionature, intrappolate nei capannoni inagibili, il rischio è quello di restare bloccati anche per cinque anni. Lo sciame sismico ha costretto la Emotec di Medolla a fermare per 20 giorni la sua attività di assemblaggio di dispositivi medici e la produzione farmaceutica: lo stabilimento dell’azienda è situato a soli tre chilometri dall’epicentro della seconda scossa. I vigili del fuoco li hanno aiutati a recuperare i prodotti da consegnare e poi la produzione è ricominciata, anche se con qualche ritardo, nella piccola ca-
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mera bianca spostata temporaneamente a Rovigo. “Abbiamo cercato di farcela con le nostre forze – dice Francesco Sgarbi, responsabile assicurazione e qualità – Un pullmino aziendale trasporta avanti e indietro i nostri trenta dipendenti per permettere loro di spostarsi in sicurezza. Nonostante qualche problema di spazio, organizzando diversamente le procedure l’organico, che è la nostra priorità, sta tornando alla normalità”. E la solidarietà si è fatta sentire, anche da lontano: “Alcuni clienti esteri – racconta– si sono offerti di anticipare i tempi di pagamento, un fornitore ci ha addirittura abbuonato una piccola fattura come segno di aiuto”.
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Alla B. Braun, specializzata in sistemi per dialisi ed emodialisi, a luglio si lavorava nei container fra pc e scartoffie e gli strumenti, in un prefabbricato, erano funzionanti al 90%. In agosto sono ripartite la sala bianca (fino a quel momento allestita nei locali in affitto da un fornitore) e il magazzino. “Lo stabile costruito con criteri antisismici non ha avuto danni strutturali – ci spiega Giuliana Gavioli, direttore tecnico e regolatorio – ma abbiamo verificato nuovamente le scaffalature. Al di là della paura del momento è giusto sottoporsi a controlli scrupolosi, anche se serve tempo, ora finalmente c’è una normativa specifica anche per questa zona, prima non conside-
rata sismica”. Il modo di recuperare i pallet rimasti nell’edificio inagibile lo ha trovato il comandante dei vigili del fuoco di San Felice, protagonista con la sua squadra di molti altri salvataggi in quei giorni: prima un muletto filoguidato, che ha trasportato all’esterno la merce del piano terra e posizionato all’interno alcune telecamere, poi un muletto teleguidato, come quelli usati dall’esercito americano, modificato dal produttore per poter aggirare gli angoli e salire ai piani superiori. Intanto il reparto Ricerca e Sviluppo della multinazionale tedesca, diviso fra i container e gli spazi offerti dall’Università di Modena, non ha mai smesso di lavorare.
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12 Il magazzino dei prodotti B. Braun, recuperati grazie ai vigili del fuoco e a muletti teleguidati 13 I dipendenti di B. Braun al lavoro in un ufficio improvvisato all’aperto 14 Il laboratorio di B. Braun in allestimento 15 Quando si lavora in un container, ci si arrangia anche con le tende
Come si ricostruisce: ecco le nuove norme La zona interessata dal terremoto in Emilia non era considerata sismica fino al 2005, quando la Regione l’ha classificata Zona 3, “a sismicità bassa”. Le strutture erette sino ad allora, quindi, non erano progettate per resistere alle scosse: “Da questo punto di vista i crolli non sono una sorpresa – ci spiega Giandomenico Toniolo, docente di Tecnica delle costruzioni del Politecnico di Milano – così come non è assolutamente vero che i prefabbricati siano castelli di carta: al contrario, queste strutture, se ben progettate, hanno dimostrato di resistere a terremoti tre volte più forti di questo”. Per questa zona è stata prodotta una normativa ad hoc, prima un’ordinanza e poi un decreto legge (il 74/2012, convertito in legge a luglio): “L’ordinanza prevedeva la verifica completa dello stabile da parte di un professionista per ottenere l’agibilità,– spiega Toniolo – che rischiava però di bloccare le attività per mesi”. Il dl invece ha permesso l’emissione di un certificato provvisorio (sei mesi, il tempo in teoria necessario alle verifiche più approfondite, durante i quali si può tornare a lavorare) quando è accertata l’eliminazione di tre cause principali di crollo: l’assenza di collegamenti fra travi e pilastri, l’inadeguatezza degli attacchi dei pannelli di tamponamento (campo nel quale, ci spiega l’esperto, sarà necessario una modifica delle regole perché le modalità usate fino a oggi non sono comunque più adeguate) e la mancanza di stabilizzazione delle scaffalature. Questo se la struttura non risulta essere stata danneggiata dal sisma; in presenza di danni, invece, deve essere garantita almeno il 60% della resistenza richiesta agli edifici nuovi. Questo punto ha causato non poche proteste da parte degli imprenditori, che in parte ritengono eccessive le richieste per la messa a norma. Anche la Protezione Civile ha redatto, con un gruppo di lavoro, le Linee di indirizzo per gli interventi su edifici industriali, scaricate migliaia di volte dal suo sito già nelle prime settimane di pubblicazione.
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Il 5 luglio il Governo ha istituito per decreto il Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate colpite dal sisma del 20 e 29 maggio, dedicato sia alle abitazioni sia alle aziende. Per il 2012, il 95% delle risorse del Fondo saranno in favore dell’Emilia Romagna, 4% della Lombardia e 1% del Veneto. Ai titolari di attività produttive si riconosce un contributo, erogato per quattro anni, per la ricostruzione o la ristrutturazione degli immobili destinati ad uso produttivo e degli impianti fino all’80% del costo sostenuto e riconosciuto per effettuare i lavori. Il Fondo sarà alimentato attraverso l’aumento delle accise (fino a 500 milioni di euro), il Fondo di
Solidarietà dell’Ue e alcuni risparmi derivanti dai tagli alla spesa pubblica (per prima la riduzione dei contributi pubblici ai partiti e poi, per il 2013 e 2014, un miliardo di euro l’anno arriveranno attraverso la riduzione delle principali voci della Pubblica Amministrazione). Inoltre, attraverso il Decreto Sviluppo, convertito in legge il 12 luglio, l’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione sul lavoro) ha messo a disposizione 80 milioni di euro per la ricostruzione dei capannoni industriali e la messa in sicurezza degli impianti danneggiati dal terremoto. Lo stanziamento è pari al 35% delle risorse del bando 2012 per il piano di incentivi per la sicurez-
za: “È un segno di partecipazione a cui l’Inail tiene particolarmente”, ha detto il Commissario Straordinario, Massimo De Felice, presentando la relazione annuale dell’ente a Montecitorio. “Credo che alla fine della valutazione i danni complessivi ammonteranno a 10 miliardi – osserva il direttore di Confindustria Modena – , poi ci sono i costi per i trasferimenti e le strutture provvisorie. Lavoriamo perché la cifra degli stanziamenti pubblici sia aumentata, pur sapendo già che le imprese non copriranno completamente i propri danni. Vogliamo che entro Natale 2013 tutti tornino nelle proprie strutture: non chiediamo beneficienza, ma un investimento”.
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