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CAPITOLO II

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CAPITOLO I

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CAPITOLO II

Il giorno dopo, iniziai a trovare i numeri di telefono dei vari uffici, avrei fatto di tutto per avere un figlio tutto nostro da crescere dandogli tanto amore. Dopo tante ricerche trovai il numero di telefono del Tribunale dei Minori a Roma, presi subito un appuntamento, non immediato, ma già era un inizio. Il tempo passava e io e Massimo non vedevamo l’ora, i nostri amici facevano il tifo per noi così come le nostre famiglie, tranne mia suocera ovviamente che faceva finta di nulla non essendo d’accordo sulla nostra decisione. Il giorno tanto atteso era arrivato, eravamo agitati ma contenti. Ci ritrovammo davanti ad un grande palazzo antico con una porta non tanto grande immerso in un via vai di gente. Entrammo e un signore si avvicinò “Buongiorno dove dovete andare?”. Massimo mi guardò e io molto velocemente gli risposi: “Cerchiamo l'ufficio adozioni”. Il signore subito ci disse “Secondo piano, prima porta a destra”, chissà quante volte al giorno lo

ripeterà, pensai. Entrammo nella stanza indicata dal signore e con nostra sorpresa notammo che non eravamo soli ma c’erano altre sei coppie. Salutammo e ci sedemmo su due poltroncine, le ultime rimaste. Come al solito Massimo prese una rivista e si mise a leggere, io invece guardavo le altre coppie e pensavo quali storie avranno ognuna di loro, sicuramente diverse ma ci hanno fatto ritrovare tutti qui con lo stesso scopo, quello di diventare genitori. Guardai Massimo e gli chiesi “Sei nervoso?” “Io? Un po’, speriamo bene”. Non disse più nulla, mi prese la mano e me la baciò, romantico come sempre. Ad un tratto dalla porta entrò una signora molto elegante nel suo tailleur color grigio chiaro. Dopo essersi presentata, cominciò a spiegarci tutto l’iter per fare la richiesta di adozione. “Buongiorno a tutti”, disse, “Sono la dott.ssa Francesca P. e sono qui per spegarvi a grandi linee cosa fare per la domanda di adozione: prima di tutto dovete avere tre anni e un giorno di matrimonio, non dovete avere carichi pendenti, e uno dei due coniugi non deve superare i quarantanove anni di età. Vi do questi fogli da compilare e riportare qui da noi. Spero di essere stata esaustiva, vi ringrazio e vi auguro una buona giornata”. Mi rivolsi a Massimo: “Amore noi dobbiamo aspettare un anno ancora, e quando passa…”. Mi sentivo proprio demoralizzata e non era da me rimanere delusa. Al contrario Massimo era tranquillo e mentre uscivamo dal tribunale mi disse: “Stai tranquilla, un anno passa in fretta, basta che non ti fissi

e ci pensi sempre. Tra un anno torniamo qui e facciamo tutto ok?”. Mi prese la mano e ci incamminammo verso la macchina. Massimo fu sempre impegnatissimo a lavoro, io mi occupavo della casa, mi vedevo con le amiche al bar per una colazione e poi subito a casa a preparare la cena (e si Massimo tornava la sera stanco morto dal lavoro, quindi la cosa che dovevo fare era quella di fargli trovare la cena pronta!) Una sera in particolare, mio marito tornò a casa stanco ma, a mio avviso, anche un po' strano. Aspettai che si cambiasse e si mettesse a tavola e mentre gli servivo la cena cominciai l’interrogatorio. “Che hai fatto? Tutto ok a lavoro? Ti vedo strano…”. Finì il boccone e cominciò “Questa mattina mi è successa una cosa molto strana, ho ancora i brividi”. Io spalancai gli occhi: “Cosa e successo? Niente di grave spero…” e lui “Quando sono uscito sono andato a buttare la spazzatura, più mi avvicinavo e più sentivo da dentro il cassonetto dei lamenti, come un neonato che piangeva, non avevo il coraggio di aprire. Poi ho aperto di colpo e mi è venuto addosso un gatto. Lì per lì pensavo veramente ad un neonato, lo avrei preso e portato a casa, è stato tutto così veloce”. Sorrisi e gli dissi: “Poi dici a me che non ci devo pensare!” “Però se fosse successo lo avrei portato a casa”, lo abbracciai forte. In quel momento pensai a come potesse sentirsi e riflettei sul fatto che nella maggior parte dei casi è la donna a farsi questo genere di problemi, siamo più complicate, ma in queste situazioni siamo più forti e andiamo avanti mentre gli uomini

sono diversi. Normalmente essi si sentono invincibili ma di fronte a qualche problemino diventano vulnerabili e noi abbiamo il compito di aiutarli e tirarli su di morale. Io ho cercato sempre di non far pesare niente a mio marito, per amore e per il rispetto che c’è sempre stato tra noi, siamo l’uno la metà dell’ altro, insieme ci completiamo. Mancava ormai poco al Natale e io e Massimo eravamo indaffarati come sempre, soprattutto lui con il lavoro e la casa nuova era davvero stanco morto. La Vigilia di Natale la passammo, come tutti gli anni, insieme alle nostre famiglie e, scherzando e ridendo, una riunione di famiglia si trasformava sempre in una sagra di paese perché ognuno cucinava qualcosa, la tavola era lunghissima e a me piaceva molto. Quella sera avevamo fatto un po' tardi ma, appena arrivati, trovammo una delle zie di mio marito davanti alla porta e con aria molto allegra ci disse: “Lo sapete che diventerete zii? Vostra cognata è incinta”. Io e Massimo ci guardammo e quasi insieme rispondemmo: “Siamo contenti”. Come risposta la zia mi lanciò una frecciatina, come se volesse insinuare che fossi gelosa, però io ribadii che ero contenta di diventare zia. Nessuno sapeva che io e Massimo avevamo deciso di fare la domanda d’adozione, ma quello che mi fece più dispiacere è che vidi il viso di Massimo cambiare, era rimasto male dal fatto che né il fratello né mia cognata ci avevano detto nulla e che lo eravamo venuti a sapere da una terza persona. Nonostante tutto la Vigilia passò molto bene, però quando tor-

e nonostante le varie difficoltà rifarei tutto daccapo. Immaginatevi solo una cosa che quando tornerete a casa, dopo una giornata di lavoro e aprirete la porta ci sarà un bambino che vi abbraccerà forte e vi chiamerà mamma o papà. E non importa se la sua pelle è diversa dalla vostra, è, e sarà sempre vostro figlio. I figli sono un dono di Dio riempiono i nostri cuori e illuminano la nostra vita.

Alessia mamma adottiva.

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