Amici di Gesù Crocifisso Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”
In caso di mancato recapito inviare al CPO di Macerata per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Gennaio -Febbraio 2016 - Anno XVII n. 1
cari amici
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Luciano Temperilli
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ARI AMICI, questo numero della rivista è, in un certo modo, un numero speciale. Speciale perché annuncia che prendiamo il cammino di formazione delle fraternità e di tutti gli iscritti. Lo riprendiamo, inutile negarlo, con un certa fatica, con qualche nostalgia e rimpianto ma anche con qualche speranza di un coinvolgimento maggiore per portare avanti, in modo solidale, il carisma passionista. La nostalgia, con una nota di rimpianto, è dovuta al ritorno al Padre sia del P. Alberto che del P. Adalberto. Chiunque li ha conosciuti o ha potuto godere del loro servizio sacerdotale, del consiglio fraterno o del loro affetto paterno sa bene quanta serenità hanno donato nel cammino della vita, nella ricerca e nell’obbedienza alla volontà di Dio. In ruoli ed ambienti diversi sono stati un dono per le persone che li hanno incontrati. Le testimonianze, nella seconda parte della rivista, ne sono una parziale ma significativa testimonianza. Parziale perché non ho potuto pubblicare tutto, significativa perché colgono il cuore della relazione avuta con il padre. Il ricordo e la memoria grata però dovrebbero riscaldare la nostra speranza perché sono nel giardino di Dio quasi come giardinieri che si impegnano a far crescere bene i fiori che hanno piantato sulla terra per offrirli al Signore. Di loro due conservo, in particolar modo, la reazione di fronte alla morte. Il P. Adalberto sottolineava che il dono della propria vita a Dio, nel momento della morte, era la cosa più bella che si poteva fare. Il P. Alberto parlava del suo letto come di un “carro” che trasportava gli Amici verso il Signore. Mi ha sorpreso questa immagine del “carro” perché è un’immagine che avevo utilizzato, in una mia risposta, per indicare la figura dei santi: carri che trasportano verso Dio chiunque vi sale sopra. E tutti noi, chi in un modo chi in un altro, siamo saliti sul “carro” P. Alberto! La vita va avanti fino all’incontro con Dio. Ora anche noi cerchiamo
di andare avanti seguitando il cammino intrapreso nel carisma passionista. Devo ringraziare i consiglieri spirituali, nuovi e vecchi incaricati che, oltre ad animare una fraternità, si prestano pure per i ritiri mensili. Devo ringraziare tutti i responsabili laici per l’impegno che ci stanno mettendo e tutti coloro che collaborano alla uscita di questa rivista. Come potete leggere proseguono le catechesi del P. Cingolani sulla “misericordia” e i racconti sui testimoni della misericordia. Proseguono le meditazioni sulla passione e resurrezione di Gesù. Grazie ai nuovi collaboratori e, spero, presto qualche altro si aggiungerà per incrementare l’aspetto formativo e informativo della rivista. Esorto le fraternità ad inviare presto notizie, racconti e testimonianze per il prossimo numero così da cercare di mettersi in regola con i tempi di spedizione della rivista stessa. Come sapete le vecchie province religiose si sono unite in un’unica grande provincia e ci si interroga
anche su come seguitare il cammino e la collaborazioni tra religiosi e laici, nel rispetto dei cammini particolari, e su come testimoniare l’unità del carisma passionista. Proprio per questo il recente Capitolo Provinciale ha avviato l’iter per un’Assemblea Generale dei Laici e dei Religiosi animatori dei Gruppi laicali passionisti per il mese di settembre a S. Gabriele. Si sta preparando, attraverso una piccola commissione, questo incontro. Intanto preghiamoci sopra. Il 5 febbraio siamo introdotti, con la solenne Commemorazione della Passione, al cammino quaresimale. Quest’anno sia per tutti noi un cammino di “misericordia” da ricevere con gioia e da donare con generosità. E S. Gabriele ci sia di esempio credendo e sperando che insieme a lui anche i nostri padri e i nostri Amici in cielo stiano intercedendo per sostenere il nostro cammino terreno nella fedeltà al Cristo Crocifisso fino al momento dell’incontro col Cristo Risorto.
giubiLeo deLLa misericordia misericordia perche’ soLo oggi? Gabriele Cingolani Gennaio a svolta della chiesa che riscopre la misericordia dà la sensazione di freschezza e creatività. Si usa lamentare che la chiesa è vecchia e ripetitiva, che neppure essa abbia qualcosa da dire a un mondo che peraltro nessuno riesce più a capire. Eppure ecco che questa vecchia Signora dalla storia bimillenaria sa elaborare nuovi dinamismi di vitalità, fino a fa sobbalzare la società per la sua inventiva inaspettata. Cinquant’anni fa lo ha fatto con un Concilio ecumenico che ha detto al mondo parole che nessuno è più capace di dire. Ogni nuovo papa ha portato nuove sorprese e sollevato nuove speranze. Ora papa Francesco spinge l’umanità a sentirsi stretta tra le braccia della misericordia divina e impegna la chiesa a sintetizzare in questo nucleo l’annuncio del vangelo. Viene da pensare che il meglio della chiesa debba ancora venire, a parte la sua pienezza escatologica. È tempo di misericordia. Il mondo oggi ha bisogno di misericordia, ripete Francesco da quando è apparso sulla scena. E ogni aspetto dell’analisi socio-culturale gli dà ragione. Se una perplessità può essere segnalata, è come mai si sia arrivati così tardi a questa presentazione del mistero della salvezza. Si domanda se sia possibile che non sia misericordiosa una chiesa che è frutto della misericordia divina. Il cardinale W. Kasper, uno dei più autorevoli promotori di questa sensibilizzazione, afferma che la cosa è inammissibile! Eppure è successa. Bisogna ammettere il paradosso di una chiesa che è frutto della misericordia ma non riesce a vivere e ad annunciare la misericordia. Il tema della misericordia è stato sempre presente nella dottrina cattolica, ma è restato in sordina nella pratica della vita. Dal Vaticano II in poi vi è stato un progressivo risveglio che sfocia nell’attuale consapevolezza. Giovanni XXIII aveva aperto il concilio affermando: Ora la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore. Paolo VI l’aveva concluso sintetizzando nella figura del Buon Samaritano la nuova immagine che chiesa vuol presentare di sé a servizio dell’umanità. Giovanni Paolo II ha offerto molto più di papa Francesco su questa tematica. Agli inizi del pontificato ha pubblicato l’enciclica Dives in Misericordia (30 novembre 1980), dal ricco contenuto biblico-teologico e spunti di attualizzazione pastorale, alla quale stiamo tutti riattingendo nella catechesi sulla misericordia, mentre a suo tempo ebbe poca attenzione. Ha recepito il messaggio di Faustina Kolwaska, da lui canonizzata. Ha istituito la festa della misericordia. Nel suo libro Memoria e Identità propone la misericordia come chiave di interpretazione della storia del XX secolo. Forse Dio lascia passare impunite tante enormità della cattiveria umana, egli riflette, per manifestare che la sua misericordia è davvero infinita. Benedetto XVI aveva affermato nel suo stile di profondità dottrinale: “La misericordia è il nucleo centrale del messaggio evangelico. È il nome stesso di Dio. … Tutto ciò che la chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo”. La risposta al senso di sorpresa per la novità si trova, a mio parere, in uno dei principi ispiratori del ministero di papa Francesco: la realtà è più importante dell’idea, (Evangelii Gaudium 231). Il precedente linguaggio insisteva più sull’idea e meno sulla realtà. Circa la misericordia è stata fatta molta teologia ma meno pratica. L’idea – la teologia, la riflessione astratta – si elabora, si sviluppa, si può chiarire nel tempo. La realtà incombe ogni giorno e chiede risposte concrete. Non ci si può appellare a principi naturali o non negoziabili o a ragionamenti universali quando un fratello o una situazione richiedono l’intervento urgente. Questa è la differenza e lo specifico di Francesco. Non dice che l’idea o il principio sono inutili, ma non servono se non sono incarnati nella realtà. Per lui misericordia è: commuoversi dinanzi ai piccoli, gli indifesi, gli scartati; sentire compassione per i malati, i disabili, i senza casa; curare le ferite; ascoltare con attenzione; difendere i diritti di tutti non solo di alcuni; in ogni viaggio visitare i nuclei di esclusione e pranzare con i poveri piuttosto che con le autorità civili o religiose; andare verso gli ultimi, dove i grandi non vanno mai, ma dove Gesù andava sempre di preferenza; toccare nei poveri e nei bisognosi la carne di Cristo; stare vicino (prossimità), sostenere, abbracciare, trattare con tenerezza; scendere dalla papamobil per baciare i bambini e i malati; provvedere docce e barbieri per i barboni di piazza San Pietro; vivere tra gli altri e come gli altri per quanto possibile a un papa. Eccetera, su questa linea, nella pratica creativa delle quattordici opere di misericordia. Il modo diverso di presentare questo valore salvifico ha fatto percepire al senso dei fedeli – ma anche all’opinione pubblica e ai commentatori laici – che c’è una sostanziale differenza tra la misericordia spiegata dalle esposizioni dottrinali e quella predicata e praticata da papa Francesco. In questo senso egli ha impostato l’Anno Giubilare, dove porta santa non è solo quella delle chiese stabilite, ma dovunque per entrare occorre praticare la misericordia.
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GIubIleo dellA mIserIcordIA mIserIcordIA Al centro
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Gabriele Cingolani Febbraio l linguaggio della misericordia dà l’impressione che la chiesa si sia vestita a nuovo. L’atmosfera avvolge il tutto come una luce con cui rileggere le varie dimensioni: rivelazione, teologia, pastorale, spiritualità e persino il diritto canonico. Nella lettera per il centenario della facoltà teologica dell’università cattolica argentina, del 13 marzo 2015, papa Francesco scriveva: “La misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la sostanza stessa del vangelo di Gesù. Vi incoraggio a studiare come nelle varie discipline – dogmatica, morale, spiritualità, diritto e così via – possa riflettersi la centralità della misericordia. Senza la misericordia la nostra teologia, il nostro diritto, la nostra pastorale corrono il rischio di franare nella meschinità burocratica o nell’ideologia che di natura sua vuole addomesticare il mistero. Comprendere la teologia è comprendere Dio che è amore”. Nell’attesa che studino il problema teologi e ricercatori, possiamo intanto farlo anche noi, nel nostro piccolo di pastori più o meno odoranti di pecore. La bibbia può essere letta alla luce della misericordia. Da parte dell’umanità non c’era alcun diritto che Dio venisse a parlare con noi fino a dirci tutto di sé. La misericordia è la prima caratteristica che Dio rivendica per sé, prima ancora di rivelarsi come padre. A Mosè Dio dice: A chi voglio fare grazia e di chi voglio avere misericordia avrò misericordia. Es 33,19. E ancora: YHWH è un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà. Es 34,6. I salmi, preghiera ufficiale del popolo, fanno appello alla misericordia di Dio, e alcuni sono ritmati sul ritornello: Eterna è la sua misericordia. In questo modo i salmisti interpretano in senso salvifico ogni intervento di Dio nella storia del popolo e degli individui. Cfr. Sl 136. L’agire di Gesù è nella misericordia: le sue parole, gesti, silenzi, miracoli, fino alla morte di croce e alla sua risurrezione. Vi mediteremo in seguito. La dottrina cattolica insegna che siamo salvati per la fede e non per le opere, o comunque per le opere della fede. Ma la nostra salvezza dipende dalla misericordia divina. Non siamo in grado di meritare l’amore di Dio e la vita eterna, sia perché tra noi e Dio c’è distanza infinita, sia perché siamo peccatori. La via ordinaria passa attraverso i sacramenti, ma essi sono le autostrade della misericordia divina. Nella spiritualità ammiriamo i santi, ma rischiamo di dimenticare che sono frutto e segno della misericordia di Dio. Nel celebrare le loro feste bisogna prima di tutto esaltare l’opera di Dio che in loro manifesta la propria santità. Gli interessati ne erano consapevoli fino all’imbarazzo, a partire dalla Santissima Vergine, che ha cantato: L’anima mia magnifica il Signore perché ha guardato l’umiltà della sua serva”, Lc 1,46.48. Nel nostro cammino spirituale ci lanciamo talvolta in progetti megalomani, decisi a evitare peccati e acquistare virtù. Poi ci scoraggiamo perché in concreto non ci si riesce. Dimentichiamo che senza Dio è impossibile vivere secondo Dio. La causa principale della nostra crescita spirituale è lo Spirito Santo, che il Padre e il Figlio ci donano. Senza la sua misericordia infinita collezioniamo fallimenti, fino a rischiare quello finale, che Dio ce ne scampi. Persino il diritto canonico, che compendia 1752 leggi della chiesa, si chiude ricordando che in ogni caso si deve tenere presente che la salvezza delle anime, deve essere sempre la suprema legge della chiesa. La teologia pastorale si occupa dell’applicazione del vangelo alla vita dei fedeli, quindi comporta l’attuazione pratica di tutti gli altri rami della teologia. In questo ambito è stata data finora importanza prevalente alla dottrina e alla norma, le quali sono essenziali ma restano astratte, cadono dall’alto. La vita invece è fatta di situazioni concrete, da valutare a partire dallo stato degli individui. Mentre un tempo prevaleva la forza della norma generale, sotto la cui mannaia cadeva il singolo trasgressore, oggi prevale l’attenzione misericordiosa al caso particolare, la cui condizione è quasi impossibile giudicare. Una persona ferita, diciamo in stato di peccato, non va subito giudicata in base alle esigenze della norma, ma va accolta, compresa e accompagnata, perché dall’esperienza dell’errore possa trovare nuove ragioni di vita. Va considerata con sguardo di misericordia invece di essere condannata. Nella pratica pastorale non si può partire solo dai principi astratti. Le norme generali sono necessarie per tutelare il principio di uguaglianza nella comunità, ma da sole fanno inevitabilmente delle vittime, perché gli esseri umani non sono meccanismi. Perciò mentre la norma generale è essenziale per garantire l’unità, la misericordia è indispensabile per salvare la fraternità. Papa Francesco sta introducendo nella pratica pastorale il principio del discernimento, che consiste nel cogliere e servire i segni di Dio nelle persone e nelle loro specifiche condizioni. In questa luce va applicata, non ignorata, la norma generale. Dinanzi a certe problematiche non ci si può aspettare soluzioni universali, com’è accaduto per il caso dei divorziati risposati. Appena è balenata la possibilità della loro ammissione alla comunione eucaristica, in determinate circostanze e alle dovute condizioni, subito alcuni giornali hanno “strillato”: Eucaristia aperta ai divorziati risposati! Con la solita confusione tra la gente. Questo non significa approvare il peccato, ma aiutare il peccatore e rientrare nel dinamismo della crescita.
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Dolci ricordi con P. Alberto
p. aLberTo e p. paNcraZio aveva compiuto 89 anni, il 15 novembre scorso, padre pancrazio, al secolo Nicola gaudioso, che è rinato alla vita eterna ieri mattina, domenica 3 gennaio 2016, nella casa madre della Fraternità di betania, in Terlizzi, della quale è stato fondatore. dal 1999 al 2011 padre pancrazio ne è stato anche il superiore generale. e’ stato amico, consigliere e ispiratore del nostro p. alberto quando il frate cappuccino viveva nelle marche a recanati e Loreto.
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mediTiamo suLLa risurreZioNe di gesù pietro, il pastore che glorifica dio dando la vita (gv 21, 15-19) Roberto Cecconi
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arissimi “Amici”, restando nell’ambito della terza apparizione del Risorto, Focalizziamo la nostra attenzione sulle parole che Gesù rivolge a Simon Pietro: Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». L’incarico pastorale di pietro Terminato il pasto con i discepoli che erano andati a pescare sul lago di Tiberiade, Gesù si rivolge al solo Pietro (chiamato «Simone di Giovanni»). La prima volta gli chiede se lo ama più di tutti gli altri: «“mi ami più di costoro?”». La cura del gregge che sta per essere affidata a Pietro, può essere svolta adeguatamente solo sullo sfondo di un amore per il Signore non comune. Quando Gesù chiede all’apostolo se lo ama, usa il verbo agapáō («amare»). Questo verbo denota sempre un amore totale, senza riserve, gratuito (nel senso che non si attende nulla in cambio). Pietro risponde a Gesù dicendo che gli vuole bene. L’apostolo non usa il verbo agapáō, ma philéō («amo», «voglio bene», «sono affezionato»). Philéō indica l’amore di amicizia. Pietro vuol bene a Gesù, ma non come il Signore vorrebbe. Egli desidera un amore grande, smisurato. Pietro non sembra essere in grado di tanto. Alla risposta dell’apostolo: «“ti voglio bene”», Gesù ribatte: «“Pasci i miei agnelli”». Questo passaggio è molto significativo. L’amore per il Signore è vero se trova riscontro in quello per il prossimo. Un pastore di anime che ama veramente Gesù si prende cura del suo «gregge», vive con esso. Per la seconda volta, Gesù chiede a Pietro se questi lo ama. Ottenuta la stessa risposta, affida all’apostolo la cura delle pecore: «“Pascola le mie pecore”». La terza volta, Gesù non chiede a Pietro: «“Mi ami?”», ma: «“Mi vuoi bene?”». Questa volta l’apostolo si rattrista. Perché? Probabilmente, Pietro è afflitto perché ha capito che Gesù ha dovuto formulare la sua richiesta di amore in “tono minore”, “abbassandosi” al livello dell’apostolo. Gesù ha capito che Pietro non può, almeno per ora, dargli un amore talmente grande da essere un riflesso di quello di Dio. Allora formula una richiesta di amore meno esigente. Pietro, accortosi di questo, si rattrista: Ha capito che – se vuole imitare seriamente il suo Maestro – deve ancora crescere molto nella carità. Il fatto che Gesù chieda a Pietro per tre volte se lo ama, potrebbe rimandare al triplice rinnegamento dell’apostolo (cf. Gv 18,13-27). In tal modo, Gesù concederebbe a Pietro un perdono della stessa misura del suo rinnegamento. In altre parole, una riabilitazione totale.
il martirio di pietro A questo punto, Gesù annuncia a Pietro che, nella vecchiaia, «tenderà le mani». L’espressione, evocando il gesto di allungare le braccia perché siano legate, rimanda al martirio dell’apostolo. Tuttavia, potrebbe alludere anche alla sua crocifissione (testimoniata da alcuni scrittori ecclesiastici antichi). L’evangelista Giovanni commenta infatti dicendo: «(Gesù) disse questo per indicare con quale morte (Pietro) avrebbe glorificato Dio». La morte di Pietro dà gloria a Dio, perché costituisce una donazione così grande la quale non può che rimandare all’Amore vero. A questo punto, il Risorto dice all’apostolo: «“Seguimi”». Nella Chiesa siamo tutti discepoli del Signore, anche chi in essa riveste ruoli di grandissima responsabilità. La buona Notizia La relazione con Dio non chiude l’uomo in se stesso, non lo fa fuggire dal mondo, ma lo apre alla carità fraterna. Nell’ambito delle relazioni, tutti possiamo mancare, perché peccatori. Ma, in Gesù, Dio effonde su di noi la sua misericordia. Rigenerati dal suo perdono, siamo in grado di seguirlo ovunque egli vada e di dare la vita con lui. robi.cp@libero.it
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sAn GAbrIele dell’AddolorAtA e lA dIVInA mIserIcordIA Tito Paolo Zecca
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an Gabriele dell’Addolorata è senza dubbio il santo più conosciuto della congregazione della Passione. Nato ad Assisi il 1 marzo del 1838, e battezzato al fonte battesimale del duomo di San Rufino, dove erano stati rigenerati alla Grazia divina san Francesco e santa Chiara, il figlio del governatore Sante Possenti e di Agnese Frisciotti ricevette lo stesso nome del Poverello di Assisi. A Spoleto, dove si trasferirà in seguito la famiglia, Francesco, a soli quattro anni, restò orfano di madre. Il padre si prese cura di lui come degli altri figli e assicurò a tutti una buona educazione umana e cristiana. Frequentò le scuole elementari tenute dai Fratelli delle Scuole Cristiane e il ginnasio-liceo nel Collegio Spoletino gestito dai Padri della Compagnia di Gesù. All’età di diciotto anni, terminati brillantemente gli studi liceali, dietro un forte richiamo della Vergine Maria, Francesco scelse di entrare nella congregazione fondata da san Paolo della Croce. Al noviziato di Morrovalle vestì l’abito e professò i voti nel 1857 assumendo il nome con cui è universalmente conosciuto: Gabriele dell’Addolorata. Nella sua esperienza spirituale, connotata da una profonda impronta mistico-mariana, e che lo condusse alle vette della santità in soli sei anni di vita consacrata, non sono poche, e di poco conto, le tracce dei richiami alla divina misericordia da cui il giovane passionista si sentiva particolarmente favorito e sostenuto. Stralciamo dai suoi scritti, in particolare dal suo epistolario, alcuni di questi richiami alla divina misericordia che furono per lui fonte inesauribile di gioia e di entusiasmo nel corrispondere alla divina chiamata, nonostante le tante difficoltà sorte soprattutto per la sua salute cagionevole e per i tempi burrascosi in cui è vissuto. Già nella prima lettera da Morrovalle, datata 15 settembre 1856, Gabriele ringrazia Dio per averlo chiamato alla vita consacrata: “L’infinita Misericordia di Dio ha saputo ben disporre le cose ed io oggi, giorno di Maria SS. Addolorata nostra Protettrice e Madre, con inesprimibile contento ho indossato questo sacro abito religioso assumendo il nome di confratel Gabriele dell’Addolorata”. Quasi al termine del suo anno di prova, sempre scrivendo al papà Sante, dice, tra l’altro, pieno di entusiasmo: ”La mia vita è un continuo godere, i giorni, anzi i mesi, passano rapidissimi, e troppo bene si sta al servizio di un Padrone, e di una Padrona che giornalmente ripagano assai bene i servi, oltre la paga eterna che spero nella loro infinita misericordia vorranno concederci”. Passano gli anni e il suo entusiasmo non viene mai meno. Il 31 dicembre del 1859, già giunto da vari mesi nel ritiro di Isola del Gran Sasso, scrive, elencando i vantaggi della vocazione alla vita consacrata: “Qual piena di consolazione poi è per un religioso allora quando la sera, è memore che per divina misericordia ha impiegato tutta la giornata al servizio di quel gran Signore che sì largamente sa ripagare chi lo serve, e che neppure lascia senza abbondante ricompensa una paglia per amor suo si sia alzata da terra?”. In una fervente preghiera al Padre Celeste, composta quando Gabriele era da poco entrato in noviziato, varie volte ritorna il tema della misericordia da cui si sente profondamente gratificato e sostenuto. “O Signore – egli scrive – eccomi ai vostri piedi ad implorar pietà e misericordia. Dio mio, misericordia! Che perdete Voi in concedermi un grande amore verso di Voi, una profonda umiltà, una grande purità di cuore, di anima, di mente e di corpo, la carità fraterna, un dolor grande di aver offeso, la grazia che io non abbia mai ad offendervi, anzi neppure a disgustarvi, la grazia di ricevere il vostro Figliuolo nella comunione, la grazia di volermi assistere in tutti i miei pensieri, parole, azioni, orazioni, penitenze, onde io abbia ad operare solo per vostro amore, e ancora la grazia di mettermi nelle mani della nostra SS. Madre Maria SS.ma, la santa perseveranza in questa congregazione, nel bene, e una buona e santa morte?”. Come si vede, alla misericordia divina Gabriele lega tutta la vicenda della sua vita, la sua vocazione di consacrato e la perseveranza finale nel santo proposito di raggiungere la perfezione della carità, per la divina misericordia. Egli, infatti, insiste dicendo ancora: “Aiuto, mio Dio, ad emendarmi; vi chieggo questa grazia per la vostra stessa bontà, per la vostra infinita misericordia; per ottenerla vi offro i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore”. San Gabriele è stato felicemente definito come “il santo del sorriso”. La gioia intima che traspariva dal suo sorriso perenne, notato da tutti i suoi confratelli e biografi, mai venuta meno, neppure negli ultimi istanti della sua vita (27 febbraio del 1862), scaturiva dall’esperienza vissuta della divina misericordia che lo aveva chiamato alla vita consacrata per conseguire la perfezione della carità. San Gabriele può giustamente essere chiamato un santo della misericordia, vissuta, riconosciuta e gustata nella sua breve ma intensa vita.
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lA ForzA del Perdono: mArtIrIo dI sr. rAnI mArIA In IndIA
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l Kerala è un piccolo Stato nel sud est dell’India. Sr. Rani Maria vi era nata il 29 gennaio 1954 in un piccolo villaggio dove la spiritualità, la bellezza della natura e lo sviluppo culturale vanno di pari passo e dove la chiesa parrocchiale rappresenta il perno attorno a cui si muove la vita spirituale, sociale e culturale della gente. “Era una ragazza di poche parole, indossava solo abiti molto semplici e non mostrava nessun interesse per i monili. Non fece mai niente che potesse ferire qualcuno. Se capitava qualcosa di spiacevole, ne era dispiaciuta” racconta suo fratello Stephen e ancora la mamma: “Era diversa dalle altre ragazze ed era straordinariamente obbediente”. A scuola riusciva molto bene, ma trovava il tempo anche per aiutare suo padre nel lavoro dei campi e sua madre nelle occupazioni domestiche. Giunta all’età di 20 anni, Rani Mariam entrò nella Congregazione delle Francescane Clarisse, un istituto locale che segue la spiritualità di San Francesco d’Assisi e di Santa Chiara. Nelle ore di lavoro, aveva sempre sulle labbra la sua giaculatoria preferita, “Gesù” e conservò questa abitudine fino all’ultimo istante della sua vita. Infatti, dopo essere stata colpita a morte, fu udita ripetere: “Gesù, Gesù”. Infiammata di zelo missionario ripeteva spesso: “Anch’io voglio andare nel nord dell’India per servire i poveri e morire per loro”. Sapere che ci sono milioni di persone che non hanno mai sentito parlare di Gesù spinse suor Rani Maria a recarsi nelle missioni del nord e qui trascorse vent’anni prima di andare incontro al suo martirio. Lavorò in gran parte tra gli Adivasi (popolazione aborigena) e gli emarginati della società. Essi l’amavano come una madre perché vedevano in lei una persona che condivideva la loro vita, viveva con loro e agiva in loro favore. La sua attività, tutta dedicata ai poveri, andava contro gli interessi degli usuari e degli sfruttatori, così la missionaria divenne presto oggetto del loro odio. Aspettarono quindi un’occasione per eliminarla, che non tardò molto a venire. Il 25 febbraio 1995, suor Rani Maria prima di uscire di casa lesse un brano della Bibbia: “Non aver paura! Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,1.6). Salì quindi sul pullman e partì. Tra i passeggeri vi erano tre individui pronti ad ucciderla. Samundhar Singh, 28 anni, si era seduto vicino a suor Rani Maria. Prese ad insultarla e, fatto fermare l’automezzo scese, tirò fuori un coltello e glielo conficcò nello stomaco continuando a pugnalarla. La trascinò fuori dal pullman e la colpì a morte. Nessuno osò venire in suo aiuto. Molti fuggirono. Furono riscontrate 40 ferite maggiori e 14 lividure. Fino all’ultimo suor Rani continuò a ripetere: “Gesù, Gesù!”. La notizia dell’assassinio si diffuse subito e migliaia di persone, molti non cattolici, vennero subito a renderle omaggio. Dopo i funerali si formò un lungo corteo di 125 veicoli da Indore a Udainagar: una marea di persone in lutto, senza diversità di casta o di credo. Fu salutata da tutti come una martire. Sulla sua tomba fu scritto: “Nessuno ha un amore più grande di questo. Dare la vita per i propri amici” (Gv 15.13). Il 24 febbraio 2003, vigilia dell’anniversario dell’uccisione della loro figlia, la famiglia di suor Rani Maria concesse al suo assassino il perdono. Si recarono in prigione per baciargli le mani: “Volevo baciare le mani che avevano ucciso mia figlia, perché quelle mani erano bagnate del suo sangue”. Nessun gesto di perdono poteva essere più eloquente e la notizia del perdono di Cristo si diffuse dappertutto. Già l’anno prima, la sorella più giovane, suor Selmy Paul si era recata a visitare l’uccisore nel carcere centrale di Indore: profondamente colpito da questo gesto l’assassino chiese il perdono ed espresse il suo pentimento. Alcuni anni più tardi, Samandhar Singh, si convertì al Cristianesimo. “I cristiani - disse - sono la speranza dell’India” . Oggi è un uomo diverso, ora è lui a occuparsi dei poveri che erano di suor Rani Maria. Egli afferma che in India soffia un vento anti-cristiano e invita i suoi compatrioti a vedere la verità nella presenza dei missionari nel paese: “Io visito regolarmente la tomba di suor Rani Maria. Per me è come un santuario di pace e di forza. Desidero che tutti sappiano che i cristiani lavorano per rendere grande l’India. I missionari ci danno speranza con il loro servizio che ha lo scopo di renderci un popolo forte e indipendente”. Così suor Rani Maria, dopo la sua morte, continua la sua missione evangelizzatrice in maniera ancora più efficace. Possiamo ricordare le significative parole di Giovanni Paolo II durante la sua visita apostolica in India nel dicembre 1999: “La Chiesa in India crescerà solo col sangue dei cristiani”. La beatificazione di suor Rani Maria come martire è un indice molto significativo di questa crescita.
Il rIcordo e lA memorIA GrAtA p. adaLberTo Venerdì 11 dicembre 2015, alle ore 23.00, presso il Ritiro della Madonna della Stella, P. Adalberto Di Donato è tornato alla Casa del Padre. I funerali si sono tenuti lunedì 14 dicembre 2015 ore 10.00 presso il Santuario della Madonna della Stella. Padre Adaberto è nato il 9 luglio 1933 a Cerchiara di Isola del Gran Sasso (TE) da Nicola Di Donato e Carmela Di Marco. Ad 11 anni entrò nel seminario passionista di San Marcello. Era il 1944. Nel 1950 iniziò il noviziato a Morrovalle e nel 1951 emise i voti temporanei. Fino al 1954 fu studente liceale a Madonna della Stella. Dopodiché fatti i voti perpetui fu trasferito allo studentato teologico di San Gabriele dove rimase fino al 1959, anno in cui ricevette anche l’ordinazione sacerdotale. Dal 1959 al 1961 fu ai Santi Giovanni e Paolo a Roma per completare gli studi di teologia. Iniziò poi un lungo servizio come vicedirettore e direttore dei diversi seminari passionisti. Dal 1961 al 1963 alla scuola media di Cesta (FE). Dal 1963 al 1966 agli studenti liceali di Recanati. Dal 1966 al 1968 al ginnasio di San Marcello (AN). Dal 1968 al 1973 allo studentato universitario di Moricone (Roma). In seguito assunse l’ufficio di vice superiore ed economo delle comunità di Moricone (fino al 1987) e di Madonna della Stella (dal 1987 ai nostri giorni). È stato anche valente missionario e confessore generoso al santuario di Madonna della Stella. Negli ultimi anni è stato poi vicario parrocchiale e assistente spirituale dei laici passionisti Amici di Gesù Crocifisso. Sempre sollecito nell’espletare i suoi impegni; solo negli ultimi tempi ha ceduto alla gravità della malattia. È stato ricoverato prima all’ospedale di Foligno e poi all’Hospice di Spoleto, dove è morto nella pace. Lo ricordiamo per il suo sorriso e la sua generosa disponibilità al servizio. TesTimoNiaNZe Gli Amici di G.C. di Madonna della Stella con tanta tristezza nel cuore e nel contempo animati dalla speranza cristiana nella risurrezione, ricordano con la preghiera il loro assistente spirituale padre Adalberto Di Donato. Implorano per lui la meritata ricompensa che spetta al pastore umile e santo. Cosi è stato per noi e in tale ottica vogliamo sempre ricordarlo. Sentiamo la mancanza della sua guida sicura e paterna che sapeva correggere e perdonare, esortare e dare fiducia e nel contempo diventare il fratello maggiore, pronto a soffrire e a gioire insieme a noi. Ci mancheranno le sue parole di incoraggiamento, il suo sorriso, di cui mai ci privava anche nei momenti di dolore per evitarci ogni preoccupazione. Ha amato l’associazione come una sua creatura. E’ stata una parte vitale della sua attività pastorale, in quanto ne riteneva le finalità un valido aiuto per quel cammino di fede che non si esaurisce mai, perché concretizzato ogni giorno nell’ottica dell’amore di Gesù Crocifisso e Risorto. Ci ha insegnato ad essere veri laici passionisti, che devono esprimere nella vita e nel comportamento l’amore di Dio accolto e comunicato. Ora il nostro ricordo dovrà tradurre in azione concreta il suo insegnamento, vivendo come lui quella spiritualità dell’amore, stabilita dal nostro statuto, che ci trasforma in dono di speranza e di carità per gli uomini del nostro tempo. Ci conforta la certezza che padre Adalberto, ora vicino al Signore, ci protegge e veglia su di noi insieme ai santi passionisti e in particolare alla sua tanto amata Santa Gemma, nostra patrona. Margherita Padovani
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Carissimo P. Adalberto, mentre vengono aperte intorno a noi le Porte sante del Giubileo, Dio ha spalancato la Porta del Cielo per accoglierti nella sua infinita Misericordia, ponendo fine ad una lunga sofferenza che hai affrontato con forza, coraggio ed immensa fede. Te ne sei andato da questo mondo “in punta di piedi”, così come hai sempre vissuto, lasciandoci sì orfani della tua presenza, ma sicuramente ricchi di una grande eredità: il tuo esempio di “padre” che si è donato nel servizio, che ha saputo accogliere senza mai giudicare, che ha parlato a tutti con il linguaggio della tenerezza e del cuore, quel cuore che “batte” ancora in ognuno di noi. Vogliamo ricordarti mentre reciti il Rosario in mezzo ai Bambini che amavi tanto, quando ci ringrazi per la nostra presenza in Chiesa, ci saluti con affetto alla fine della Messa e ci segui dolcemente con lo sguardo nel momento del commiato. Grazie, la Comunità di Fabbri
p. aLberTo Martedì 22 Dicembre 2015, alle ore 1.00, presso il Ritiro di S. Gabriele dell’Addolorata, P. Alberto Pierangioliè tornato alla Casa del Padre. I funerali si sono tenuti il 23 Dicembre 2015 a S. Gabriele dell’Addolorata alle 11.00 a Morrovalle alle 15.00 Il nostro confratello, nacque il 26 Agosto 1929 a Montepagano (TE) e fu battezzato l’8 dicembre con il nome di Giuseppe. Entrò il 16 settembre 1949 nell’alunnato passionista di S. Marcello per poi proseguire il cammino fino a al Noviziato, che fece a Morrovalle sotto l’amorosa e sapiente guida di P. Fausto Vergari. Qui emise la sua prima professione il 15 settembre 1947, per poi proseguire il suo cammino formativo che lo portò all’ordinazione sacerdotale avvenuta il 24 aprile1954 a S. Gabriele per l’imposizione delle mani del Servo di Dio Mons. Stanislao Battistelli CP.Fu subito destinato a lavorare nel settore della Formazione iniziale, a cui dedicò gran parte della sua vita: fu assistente e poi direttore degli alunni a Cesta di Copparo (fino al 1972), nonché Maestro dei Novizi a Morrovalle (1977-1985) e qui anche Direttore dei postulanti (1992-1998). Ricoprì più volte ruoli istituzionali come quello di Consultore Provinciale (1963, 1966, 1972, 1987) e Consultore Generale per l’Italia (1974-1976). Ma il ministero che ha caratterizzato la sua vita è stato quello dell’accompagnamento dei gruppi laicali, in particolare gli Amici di Gesù Crocifisso. Iniziò questo impegno nel 1976 seguendo i gruppi del RnS, ma successivamente nel 1989 sentì di dover fondare un gruppo che vivesse il carisma passionista “nel secolo”. Così nacquero gli Amici di Gesù Crocifisso – il cui nucleo carismatico e le cui attività pratiche ruotano intorno alle tre parole: amare, servire, offrire. Da un piccolo gruppo di 25 persone prese forma un movimento ecclesiale - ufficialmente riconosciuto ed approvato dalla Provincia nel 1990 dalla Provincia -, che fu benedetto da numerose adesioni fino a raggiungere l’attuale cifra che supera abbondantemente i 3000.Nonostante che l’avanzata età e la malattia gli andavano sottraendo quella forza e tempa, che da sempre lo caratterizzavano, ha continuato fino all’ultimo a dedicare a questa sua “creatura” tutte le sue energie e attenzioni. TesTimoNiaNZe Cari amici di Gesù Crocifisso, voglio condividere con voi come è cambiata la mia vita dopo aver conosciuto P. Alberto nel febbraio 1993. In quel periodo stavo vivendo un momento molto difficile, vicino alla disperazione perché avevo come un muro che frenava la mia voglia di vivere sia spirituale che morale. Incontrai P. Alberto per mezzo di un avviso in Chiesa fatto dal parroco Don Lauro che invitava a partecipare ad
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incontri di preghiera . In cuor mio era proprio ciò che cercavo ! Quell’avviso mi incuriosì, perché non ero soddisfatta della mia preghiera. Così conobbi P. Alberto. Fu un incontro che cambiò la mia vita. Tra lacrime e parole gli confidai le mie sofferenze e, nonostante la fretta che aveva di tornare in convento, si fermò e con pazienza ascoltò tutto ciò che avevo da dire. Mi rasserenò subito dicendomi di pregare affidandomi a Dio. Ad un incontro degli Amici di G.C. si affiancò a me e mi disse : ora ti manca questa (era la pagellina per iscrivermi agli Amici).da allora non sono quasi mai mancata agli incontri di fraternità. Tutto ciò che mi ha insegnato è impresso nel mio cuore e penso che se non lo avessi incontrato quel giorno, non so come sarebbe oggi la mia vita e la mia fede ! Sento il bisogno di ringraziare Gesù per il lavoro che P. Alberto ha fatto nella mia anima e per averci insegnato che Gesù Crocifisso e Risorto è l’unica strada sicura che porta alla salvezza. Clara Guglielmi Caro Padre Luciano mi trovo difronte alla perdita di una persona, non solo molto cara, ma che ha segnato la mia vita in modo determinante e non è semplice tradurre in parole tutte le emozioni e i ricordi che in questo momento riaffiorano alla mente. Cerco di andare a pescare nei ricordi più lontani tutte le parole, i gesti e gli insegnamenti di Padre Alberto con un senso di gelosa nostalgia. Ho conosciuto P. Alberto che avevo 23 anni, avevo appena conosciuto Mariano, che poi è diventato mio marito, e con lui avevamo da poco iniziato un cammino di conversione. Padre Alberto allora era assistente spirituale del gruppo del RNS di Civitanova ed anche noi frequentavamo il gruppo all’epoca. Lì è iniziato lo splendido rapporto con lui che è durato fino ad oggi ,ben ventitré anni. Ricordo ancora con tanta emozione la mia prima confessione con lui, quanto affetto, quanta dolcezza e quanta misericordia! Soffermandomi a pensare ritrovo la sua presenza in tutti i momenti più importanti e significativi della mia vita. Di questo ringrazio Dio, di quanta premura e amore ha avuto nei miei confronti donandomi questo “papà” speciale che mi ha sempre accompagnata in questo mio cammino verso Gesù dall’inizio della mia conversione ad oggi...e non solo! Un ricordo indelebile è stato quando ho ricevuto la preghiera di effusione, e fu proprio P. Alberto ad imporre le sue mani su di me, rileggendo oggi le parole della Bibbia che lui mi aveva letto durante la preghiera:”Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nel palmo del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata...”(Isaia 62,3-4), risuonano ancora di più oggi come una carezza e un abbraccio continuo. Come un vero “padre” ci ha seguito, a Mariano e me, fino all’altare e non solo fino a lì ma ha continuato con tanta pazienza, amore e sapienza a guidarci nella nostra vocazione di sposi prima e poi di genitori. Ha visto crescere la nostra famiglia i nostri figli, a lui ho fatto la prima telefonata quando ho saputo di essere in attesa della mia quarta figlia ed era felicissimo, mi sembra ancora di sentire quella voce sempre così dolce, composta ma orgogliosa e affettuosa. Ci riempiva sempre di benedizioni! Il regalo più grande ce l’ha fatto dandoci l’opportunità di entrare nella famiglia passionista, e di poter vivere questo carisma pienamente, insegnandoci a pregare, meditare e comprendere la parola di Dio, Al suo funerale è stato bellissimo vedere tutte quelle persone che si commuovevano, che uomo speciale! Ognuna di quelle persone aveva un’esperienza personale ed esclusiva con lui da raccontare, era lui a far sentire ognuno di noi speciali ed importanti. Questa è la testimonianza più bella di quanto ha amato durante tutta la sua vita e di quanto si è speso per questo amore, ha vissuto veramente da “Amico di Gesù Crocifisso”. Con tanto affetto Sonia
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Caro padre, si, questo è il nome che ti si addice di più, perché il padre è colui che ti fa crescere e ti insegna a vivere. Questo hai fatto con noi, giorno dopo giorno con tanta pazienza. Sei entrato nelle nostre vite, nelle nostre case, e ti sei fatto carico dei nostri problemi, cercando di consigliarci sempre con quella sapienza e delicatezza che viene solo da Dio! E’ stato duro ubbidire e fidarsi soprattutto quando la fede era tanto debole e i problemi tanto grandi, ma il tempo ti ha dato ragione... che atmosfera si creava in casa quando ti fermavi a cena prima del nostro incontro di preghiera! Se guardo indietro vedo solo tanta luce e tanta gioia per aver condiviso con i fratelli questo meraviglioso cammino che tu ci hai tracciato. Dicevi che era il volere di Dio e tu sei stato un docile strumento nelle sue mani. Dolcissimo padre, l’ultima domenica della tua vita terrena, accanto al tuo letto con mio marito e mia figlia, oltre alla tenerezza infinita ci hai lasciato qualcosa di bello che non dimenticheremo mai. Grazie, perché i nostri figli attraverso te, hanno conosciuto la vera “chiesa”, quella che ama e accoglie sempre i suoi figli! Prega per noi da lassù, affinché come te potremmo portare a compimento la missione che Dio ci ha affidato, ti vogliamo tanto bene, arrivederci in cielo! Fiorella Caro, caro ,caro padre Alberto, come stai? “sono state le prime parole, dell’ultima volta che l’ ho chiamato al cellulare e lui con l’umiltà, che lo ha sempre contraddistinto mi rispose: “Cari, siamo tutti cari !”. Sorrisi pensandolo acciaccato sul letto dell’ infermeria di San Gabriele dove risiedeva ormai da mesi. Pensai “sta bene ha sempre la stessa carica, dell’ abruzzese DOC., sempre pronto, sempre accogliente ,sempre disponibile all’ascolto, per me ,come per moltissimi. Un vero padre, una guida, un uomo di Dio su cui ho sempre potuto contare. Lo conobbi quando era assistente spirituale del Rns a Civifanova Marche e quando presi la preghiera d’effusione a Morrovalle c ‘era anche lui che, con le sue parole piene di fede, rendeva ogni momento super speciale .Approfondii la sua conoscenza a casa di Bruna Cervellini Ambrosi, una sorella carissima nella fede, amica di Gesù Crocifisso che lui visitava mensilmente, perché era malata di sclerosi multipla e celebrava messa nella sua camera. Che momenti! Che amore aveva per i crocifissi, impossibile non” innamorarsene” !!!Sempre presente nei momenti felici e in quelli tristi, con una telefonata o con i suoi biglietti: nei battesimi dei figli ,nelle Comunioni e Cresime, nel venticinquesimo di matrimonio ,dove con la sua omelia aveva fatto esclamare a Sandro: ”per me oggi è stato meglio del mio matrimonio”. Durante il secondo corso di esercizi spirituali che feci con le famiglie al Santuario di San Gabriele, durante una passeggiata in montagna, gli domandai: “ Padre da chi andremo quando tu non ci sarai più?” e lui con un sorriso ,alzando un po’ il braccio con l’ indice rivolto in alto mi mostrò il cielo senza parlare. Il suo abbandono in Dio era totale. Così che lo voglio ricordare A padre Alberto con amore Letizia
Martedì 22 dicembre abbiamo appreso con dolore la perdita del nostro caro Padre Alberto. E’ stato il fondatore, sedici anni fa, della fraternità di Fossacesia insieme a Padre Bruno De Luca. Ringraziamo Dio per questa realtà. Noi lo abbiamo ricordato in cappella a San Giovanni in Venere lunedì 28 dicembre con una messa celebrata da Padre Tito Zecca nostro attuale assistente spirituale, in sostituzione di Padre Marcello Pallotta. E’ stato principalmente un maestro di vita per tante anime, giovani, anziani, malati ecc., ad ognuno ha fornito il giusto cammino Lodiamo Dio per avercelo donato e sicuramente adesso riposa in pace con tutti gli amici che ha portato in paradiso! Grazie Padre Alberto non ti dimenticheremo!!! Amici di Gesù Crocifisso Fossacesia Il 22 dicembre, antivigilia di Natale, il Signore ha chiamato a sé il nostro carissimo Padre Alberto. La fraternità degli AGC nasce qui a Giulianova il 26 marzo 2002, nella settimana Santa. La gioia della nascita di questa fraternità la riportiamo con le parole di Padre Alberto: ”Ringrazio Dio che ha esaudito la mia preghiera, perché era un mio desiderio far nascere qui dalle mie parti una fraternità degli AGC.” Si realizzava un sogno. Ognuno di noi lo ha conosciuto come un padre buono: molto delicato, premuroso e attento alle necessità di ogni suo figlio. La nostra fraternità di Giulianova per lui era un po’ la sua perla preziosa…non sappiamo bene se per la vicinanza alla sua cara Montepagano o per l’affetto al nipote Don Ennio o per entrambe le cose e noi ci sentiamo da sempre suoi figli prediletti! Lui era instancabile, a volte arrivava ai nostri incontri raccontandoci tutto ciò che aveva fatto nella giornata…era veramente un pieno di energia, un vulcano...sicuramente lo Spirito Santo lo sosteneva e lo accompagnava in tutti i km che macinava tra le varie fraternità sparse tra Abruzzo, Marche ecc… La gioia delle Consacrazioni era per lui come la gioia del contadino nel momento della raccolta e della mietitura.
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Anche quest’anno , il 15 novembre, nonostante le sue condizioni ha voluto essere presente testimoniando così sino alla fine la sua continua offerta d’amore in Gesù, con Gesù e per Gesù. Per ogni nuova persona che entrava nella fraternità Padre Alberto diceva: “sono contento non perché aumenta il numero degli iscritti ma perché un nuovo cuore si impegna ad amare Gesù Crocifisso!” Ci piace ricordarlo come un instancabile servo di Cristo che si è speso fino all’ultimo respiro per portare un esercito di anime sulla strada della santità. Gli ultimi iscritti non hanno avuto il tempo di attingere alla sua grandezza interiore ma dall’alto siamo certi che continuerà ad esortarci dicendoci: “Ringrazio Dio per questa fraternità, sento una grande responsabilità: VI VORREI SANTI TUTTI!”…parole queste della sua ultima omelia a Giulianova il 24 aprile 2015, giorno del suo 61°anno di sacerdozio. Olga e Giulia Ventisei anni accanto a p. alberto Non so se sono in condizione di parlare di P. Alberto, sono passati pochi giorni da quando ci ha lasciati e la confusione nella mia testa per la sua mancanza dopo aver trascorso accanto a lui intorno ai 26-27 anni, è ancora grande. La mia conoscenza con P. Alberto è cominciata una sera in cui un’amica mi portò da lui per un colloquio. Ero in un periodo della mia vita in cui la delusione di tutto ciò che mi circondava era la più assoluta. A volte mi chiedo: se non avessi conosciuto P. Alberto che cosa avrei fatto negli anni susseguenti? Oggi sono sicura che il Signore si servì di lui per stravolgere tutti i miei pensieri, le mie aspettative, la mia vita insomma. E’ molto difficile mettere in ordine i miei ricordi, soprattutto quelli collegati a P. Alberto, ma mi occorre ricordare la successione degli eventi e cercare di capire come una donna smarrita come ero ed un Padre Passionista, potessero lavorare insieme per più di un quarto di secolo, più di quanto ho vissuto con i miei genitori. Quella famosa sera mi confessò e deve essere stato molto convincente se io lasciai che iniziasse in me uno stravolgimento completo. Certo quello non fu un episodio isolato, in seguito non mi lasciò più e, usando tutta la sua fermezza e insieme la sua dolcezza, lasciandomi a volte sbagliare perché imparassi dai miei errori, continuò a guidarmi di continuo. Allora a volte riflettevo: ma chi me lo fa fare di rinunciare a quello che mi pareva importante e ad impiegare la maggior parte del mio tempo in quello che lui mi prospettava? Quando capivo che con me doveva usare tutto il suo impegno gli dicevo: ma se tutti ti dessero tanto da fare quanto te ne do io, moriresti di sfinimento! Non sapevo allora quanto fossi vicina alla realtà, l’ho costatato soprattutto negli ultimi tempi della sua vita quando le sue forze diminuivano, la sua lucidità mentale gli giocava brutti scherzi, ma lui continuava a dare tutto quello che aveva, a tutti quelli che lo avvicinavano, personalmente o per iscritto. Il giorno del funerale, ho rivisto fratelli e sorelle che da tanti anni non si vedevano più. Nei primi anni non eravamo tantissimi nel Movimento ed accompagnando quasi sempre P. Alberto nei suoi giri di visite, li conoscevo tutti e sapevo le loro situazioni. Tanti sono venuti a salutarmi, ad abbracciarmi come se trovassero in me un pezzetto di P. Alberto. Li ricordavo tutti e molto di quello che P. Alberto aveva fatto per loro, moralmente e materialmente. Avevano sentito il bisogno di essere presenti al funerale perché volevano ancora una volta ringraziarlo. Per loro era stato un padre, un amico, un fratello e questo possiamo dirlo tutti anche noi che lo abbiamo continuato a seguire. Il suo cuore era così grande da avere un posticino per tutti. Credo di poter affermare oggi che P. Alberto è morto si per i tanti mali che l’affliggevano, ma soprattutto perché, senza risparmiarsi mai aveva dato tutto quello che le sue forze gli concedevano ed a volte andava anche al di là di queste. Quante volte l’ho supplicato di risparmiarsi un po’ perché si conservasse più a lungo per noi. Il suo senso di responsabilità verso il suo Cristo Crocifisso, l’impegno di portargli quante più anime poteva, erano così pressanti da non dargli nessuna pos-
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sibilità di scelta. Quante volte, specialmente negli ultimi anni, mi confidava le sue apprensioni, i suoi dubbi sulla sorte del Movimento. Mi telefonava la sera tardi per dirmi quello che forse lo aveva fatto stare male tutto il giorno. Ero, allora come adesso, sicura che, durante tutta la sua vita il Signore, sua Madre, tutti i Santi Passionisti, specialmente S. Gabriele, lo avevano sostenuto, aiutato e, sono sicura che ora faranno la stessa cosa con il Movimento a cui lui teneva tanto, ma a volte non ce la facevo a sentirlo così angosciato! Ma ora torno ad un po’ di storia della mia conversione ed a come mi sono avvicinata al carisma passionista. Quando conobbi P. Alberto lui era l’assistente del Rinnovamento dello Spirito che cominciai a frequentare e credo continuai per circa quattro anni. Allora appoggiò la mia nomina nel Pastorale. Secondo me lo fece anche per interessarmi e non farmi abbandonare il cammino. Nel frattempo, a richiesta di alcuni, cominciò a pensare di fondare un movimento laicale passionista per far conoscere il più possibile la spiritualità della Croce. Del resto un passionista convinto come lui, non poteva non fare un passo del genere. Quando il movimento Amici di Gesù Crocifisso ebbe inizio, molti del Rinnovamento iniziarono a frequentare anche gli Amici. Devo dire che io aspettai perché dovevo motivare a me stessa il cambiamento. Certo, sin da quando iniziai a sentire le sue catechesi, a frequentare gli esercizi spirituali guidati da lui, senza rendermene conto a quei tempi, cominciai a nutrirmi della spiritualità passionista, come successe a molti altri. Per farla breve, la conoscenza approfondita della Passione, di S. Paolo della Croce e di tanti santi passionisti, risvegliarono il mio cuore. Ricordo come ora che un giorno, quasi all’improvviso, ebbi una fortissima sensazione. Sapere quello che il Signore aveva fatto per me, mi fece capire che io ero amata e di un amore folle che solo un Dio può donare. Avevo cercato dappertutto ed invece ce lo avevo a portata di mano. Raccontai a P. Alberto quello che mi era successo e lui fece un sorrisetto di gioia che inutilmente cercò di nascondere. Da allora non mi fermai più perché volevo sapere il più possibile. P. Alberto continuò a spronarmi. Fui eletta segretaria del Movimento ed in seguito, per quattordici anni, presidente e poi coordinatrice della Provincia della Pietà nel Movimento Laicale Passionista. Incarichi per cui francamente non ero preparata. Ma lui mi insegnava e mi incoraggiava, anche perché sapeva che avevo il tempo per impegnarmi e perché la mia curiosità e voglia di imparare, mi faceva camminare in fretta. Da parte mia cercai di mettercela tutta, avevo davanti a me un maestro che non era abituato a risparmiarsi! In quegli anni, oltre le numerose catechesi ed esercizi spirituali tenuti da P. Alberto, ebbi la grazia di frequentare altri esercizi all’Argentario guidati da P. Adolfo Lippi, e corsi di formazione fra cui quelli con P. Costante Brovetto, molto duri, ma che lasciarono ricordi indelebili. Approfittai di tante altre occasioni per ascoltare molti P.P. Passionisti (come P. Stanislas Breton), che non elenco e che aumentavano sempre più la gioia di scoprire su che cosa poggiava la spiritualità passionista. Capii che mai più avrei neppure desiderato cambiare la mia strada ed ero sempre più convinta che in essa potevo trovare tutto quello che mi occorreva. Tornando a P. Alberto, che non posso non continuare a ringraziare per quello che era riuscito ad avviare in me e per come mi guidava (sarebbe veramente lungo narrarlo), penso ai suoi ultimi anni. Capivo che la sua stanchezza diventava sempre più congenita e lo stava cambiando. Sebbene chiedesse sempre, specialmente a chi aveva la sua stima, che cosa fosse opportuno fare per migliorare il Movimento, che era il suo pensiero fisso, qualunque novità gli si prospettasse, alla fine non la metteva in atto. Non aveva più le forze, la dinamicità di mente, per attuare cose nuove. Il Movimento era cresciuto tanto, ma era necessario conservarlo e se possibile incrementarlo ancora, ma aveva timore di sbagliare, era meglio restare nella routine di quelle cose fatte sempre allo stesso modo e che avevano dato buoni frutti, piuttosto che cambiare. A contraddire tutto quello che ho appena detto, c’erano poi momenti in cui sembrava “risorgere” Allora pensavo: ecco che Qualcuno ci ha messo le mani! In tutti gli anni in cui abbiamo lavorato insieme, non so più quante volte ci siamo scontrati, eravamo due abruzzesi dalla testa dura! Ma c’è stata sempre tra di noi una grande intesa dovuta alla conoscenza delle cose del Movimento e al grande affetto e stima che avevamo l’uno per l’altro ed allora, o cedeva lui o io e si andava avanti. Non so quantificare quante catechesi, quante meditazioni ha impartito a tutti quelli che lo seguivano, con pazienza, con dedizione, con amore fino a farcele entrare dentro talmente bene che sono diventate l’ispirazione delle nostre giornate, del nostro modo di agire. Tutto ciò non andrà perduto ora che non c’è più, anzi, continuerà a fruttificare perché ci ha insegnato a cercare di fare come lui faceva: portare agli altri l’amore a Gesù Crocifisso e Risorto. Ci ha lasciato un patrimonio così grande che è difficile da descrivere. Il rapporto con la sofferenza, l’amore ai crocifissi, il cercare di mettere la propria vita nelle mani del Signore e tante, tante altre cose. Ora (e penso di poter parlare anche per tutti gli Amici) abbiamo un grande desiderio: trovare in altri P.P. Passionisti la voglia di continuare a guidarci, magari in altra forma perché ognuno ha un suo modo di essere, ma con amore come lui ha fatto. Piera Iucci
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Il giorno 9 dicembre ci siamo recati a trovare padre Alberto che era ricoverato a San Gabriele. Siamo partite con Mariano e Sandro ci ha raggiunti poi sul posto. Appena entrati in camera, lui ci ha guardati uno ad uno dicendo più volte:” Sono contento… sono contento… sono contento.” Ci siamo avvicinati al suo lettino, dotato di sbarre di protezione e la prima esclamazione che ha fatto è stata: ”Che notte, è stata una nottataccia… Hanno fatto tutto quello che hanno voluto, un’altra notte come questa è stata quella di San Paolo della Croce”. Poi tirando fuori la mano tremolante dal lenzuolo ha iniziato a batterla sul petto dicendo:”Dovete lavorare interiormente e all’esterno, fortificatevi nelle vostre famiglie per portare la luce della grazie fuori, agli altri. Le tenebre ci sono, il demonio fa la parte sua, sta a voi combatterle, scacciarle, rifiutarle con decisione con la forza che viene dallo Spirito Santo”. All’ esortazione di Mariano di pregare per noi, egli ha risposto: ”Questa non è una gabbia, è un carro che vi porta, vi spinge, vi traina e vi sostiene” poi allargando le braccia in gesto di abbandono con gli occhi rivolti al cielo ha esclamato:” Chissà dove mi metterà… Sono pronto a prendermi gli impegni che lui “mi darà”.”. Poi ci ha benedetto tutti e abbiamo lasciato timidamente quella cameretta… un ambiente pieno di dolcezza. Appena usciti siamo saliti in macchina a scrivere di getto tutto quello che lui ci aveva detto considerandolo un testamento spirituale lasciato ai suoi figli. Il consiglio delle Famiglie Fiorella, Sonia, Letizia Carissimi fratelli e sorelle del movimento degli “ Amici di Gesù Crocifisso”, la perdita di P. Alberto lascia umanamente un grande vuoto. Uniti ai confratelli passionisti e a tutto il movimento degli Amici ringraziamo e benediciamo il Signore per averci donato la sua presenza e la sua vocazione, salda nella fede e nell’Amore del Signore.
Anche nei momenti difficili P. Alberto ha saputo donare un sorriso di speranza e fiducia, portando la Croce con fede. Ma la cosa che maggiormente colpisce della sua testimonianza è la sua convinzione profonda che il carisma passionista è spiritualità d’ amore che porta, chi lo sperimenta, a sperare in modo forte e cristiano, a vivere con la certezza di essere sempre accompagnati da questo amore. La comunità delle suore e la fraternità di Trasacco Cari amici anch’io come voi desidero lodare e ringraziare ns. Signore Gesù per aver incontrato nel nostro cammino spirituale il caro Padre Alberto. Raccontava che il suo desiderio era quello di andare missionario all’estero e lo è diventato per la Chiesa universale sviluppando la sua vocazione dall’insegnamento alla direzione di comunità religiose fino alla fondazione del nostro gruppo degli Amici di Gesù Crocifisso. Ha messo a disposizione di tutti la sua vita come UN DONO D’AMORE al servizio dell’annuncio del Vangelo. Riconoscendo il carisma passionista ha voluto farci capire che la Santità è l’Amore e ha voluto accompagnarci alla sua Sorgente, dove la Croce non è motivo di dolore ma di vita e redenzione. Infatti il suo punto centrale rimarrà sempre la PROMESSA D’AMORE, a cui Padre Alberto faceva continuamente riferimento per il nostro stile di vita. Con la sua mitezza e tenacia, padre Alberto ci ha ricolmato di grazie, perché ci ha illuminato sulla Meditazione della Passione di Gesù e ci ha fatto conoscere un grande santo, San Paolo della Croce che in essa aveva visto e contemplato “la più grande e stupenda opera del Divino Amore”. Lo ricordo con tanta tenerezza e quando lo andai a salutare per l’ultima volta insieme ad altri nostri amici lo vidi assopito sul suo letto di sofferenze, però riuscì a salutarci e dirci fievolmente: “Sono nelle mani del Signore”. Ripensai poi a quello che disse Papa Francesco in una omelia nella cappella di Santa Marta: “Le anime dei giusti sono nelle mani del Signore”. Così fu la vita di Padre Alberto, fare sempre la volontà di Dio e per me sarà sempre un uomo giusto e santo. Con affetto vi saluto. Patrizia M.
I L R I C O R D O E L A M E M O R I A G R ATA Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l'esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie ed estranee, perché è bene che il cuore venga sostenuto dalla grazia…Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, subì la passione fuori della porta della città. Usciamo dunque verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo disonore: non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome….Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
rItIrI 2016 misericordiosi come il padre riTiri meNsiLi 2016 • 10 geNNaio • 14 Febbraio • 6 marZo • 3 apriLe • 8 maggio • 12 giugNo giorNaTa di spiriTuaLiTà • 3 LugLio • 8/12 agosTo eserciZi spiriTuaLi per TuTTi • 16/20 agosTo eserciZi spiriTuaLi per FamigLie • 11 seTTembre • 2 oTTobre • 13 NoVembre • 11 dicembre
mediTaZioNi meNsiLi 2016 • gennaio N. 1 uN dio FaTTo uomo • febbraio N. 24 iL comaNdameNTo NuoVo • marzo N. 13 oFFro La mia ViTa LiberameNTe • aprile N. 3 Lo sguardo Fiso su gesu' crociFisso • maggio N. 52 ecco Tua madre • giugno N. 21 QuesTo e' iL mio corpo daTo per Voi • luglio N. 5 L’agNeLLo pasQuaLe: iL saNgue che saLVa • agosto N. 59 La pieTà • settembre N. 63 riaperTe Le porTe deL cieLo • ottobre N. 69 maria e L'obbedieNZa NeLLa Fede • novembre N. 57 emise Lo spiriTo • dicembre N.19 Li amò siNo aLLa FiNe: La LaVaNda dei piedi
SOMMARIO 2. p. Luciano Temperilli 3. p. gabriele cingolani 4. p. gabriele cingolani 6. p. roberto cecconi 7. p. Tito paolo Zecca 8. 9. 10. **** 13. 13. 15. 15. 16.
cari amici misericordia perchè solo oggi misericordia al centro meditiamo sulla resurrezione di gesù san gabriele dell’addolorata e la divina misericordia La forza del perdono il ricordo e la memoria grata: p. adalberto il ricordo e la memoria grata p. alberto
calendario amici
Gennaio Febbraio 2016 – Anno XVII n. 1 Autor. trib. di mc n. 438\99 del 17-12-1999 sped. Ab. Post. d.353/2003 (l. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, dcb macerata. editoriale eco srl - c. c. p. 11558624 dir. tonino taccone – red. P. luciano temperilli – 3336998356 - temperlu@libero.it comunità Passionista via santuario 1, 06036 madonna della. stella Pg tel. 0742/399032 -