m i c i d i G e s ù C r o c i f i s s o A Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”
In caso di mancato recapito inviare al CPO di Macerata per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Marzo - Aprile 2010 - Anno XI n. 2
SOMMARIO Il matrimonio come disegno di Dio Matrimonio come sacramento Meditiamo il Vangelo di Luca La santità è amore Un luminoso capolavoro a 18 anni S. Paolo della Croce e Tommaso Fossi Benedetto XVI e i movimenti Riflessioni sulla Via Crucis Giovani Passionisti Amici News Testimonianze Profilo del P. Natale Cavatassi
2
3. Il Matrimonio come disegno e rivelazione di Dio di Luciano Temperilli
1
za umana, soprattutto quella sponsale tra l’uomo e la donna ma, viceversa, si servono dell’esperienza matrimoniale per condurci alla comprensione dell’alleanza tra Dio e l’uomo. I profeti illuminano il mistero divino a partire dall’esperienza umana del matrimonio. É il matrimonio, in quanto esperienza comune e visibile che rivela il significato e il valore dell’alleanza tra Dio e l’uomo. Alcuni esempi.
“Dio è amore” (1Gv 4,8). “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio” (cfr Gv. 3,16). Il Papa nell’angelus per la festa della Trinità (7 giugno 2009) ha ricordato, citando la Genesi, che “la prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio genoma la traccia profonda della Trinità Amore” (cfr. CCC 1603).
2
La creazione della donna si presenta come una nostalgia dell’uomo per una relazione con un “aiuto che gli sia simile” (Gen 2, 20). L’uomo ha un bisogno intimo di ritrovarsi nell’altro, di donarsi all’altro e di accogliere il dono dell’altro. In questo senso “l’uomo è divenuto immagine e somiglianza di Dio non soltanto per la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone, che l’uomo e la donna formano fin dall’inizio” (Giovanni Paolo II). Questa comunione di persone, all’inizio della creazione, è qualcosa di più di una relazione, di una piccola società, è l’immaginedono della sponsalità di Dio. Dio vive una sponsalità trinitaria che dona all’uomo per cui la sponsalità dell’uomo è manifestazione e attualizzazione della sponsalità di Dio. La “sponsalità” allora non solo indica il senso della vita ma di tutto il piano di Dio per la salvezza che inizia con la creazione dell’uomo e della donna e si conclude con la visione delle nozze dell’Agnello (cfr. CCC 1602).
3
Se dovessimo definire “chi è” l’uomo, dovremmo dire che l’uomo è per la relazione e per la relazione di amore. Ricordando il passo di Mt 19,3 “Si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi”,
Adamo ed Eva Gesù si sofferma in quel “principio” che costituisce lo specifico dell’uomo. Dio crea l’uomo nella sua libertà, lo ama, ma lo prende “sul serio”. E l’uomo, diversamente da tutto il creato, si rende conto che è stato creato come “dono”. Essere “dono” quindi costituisce l’intima natura dell’uomo. “L’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé” (GS n. 24). É la prova che solo l’amore ci rende felici (CCC 1604,1605).
4
Papa Benedetto sottolinea come in questa relazione sponsale ci siano due aspetti importanti. Da una parte “l'eros” è come radicato nella natura stessa dell'uomo. Adamo è in ricerca e «abbandona suo padre e sua madre» per trovare la donna; solo nel loro insieme diventano «una sola carne». Non meno importante è il secondo aspetto: in un orientamento fondato nella creazione, l'eros rimanda l'uomo al matrimonio, a un legame caratterizzato da unicità e definitività; solo così si realizza la sua intima destinazione. All'immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell'amore umano. Questo stretto nesso tra eros e matrimonio nella Bibbia non trova paralleli nella letteratura al di fuori di essa (Cfr. Deus Caritas…n.12).
5
I profeti non parlano dell’alleanza di Jahvè con il popolo d’Israele per farci comprendere il valore dell’allean-
6
Osea non abbandona la moglie infedele, come avrebbe potuto, ma la salva, cercandola e rincorrendola per le strade. Il suo atteggiamento è come una rivelazione del comportamento di Dio verso di noi. Il nostro adulterio, come tradimento dell’amore di Dio, non lo porta a ripudiarci. Egli è fedele e misericordioso (cfr. Os 2,21-22).
7
Nel testo di Isaia 54,4-10, afferma Giovanni Paolo II, l’amore sponsale è collegato al tema dell’alleanza: “Grazie a ciò diventa sempre più trasparente il contenuto essenziale dell’analogia biblica: l’amore di DioIahvé verso israele-popolo eletto è espresso come l’amore dell’uomosposo verso la donna eletta per essergli moglie attraverso il patto coniugale. In tal modo Isaia spiega gli avvenimenti della storia d’Israele risalendo al mistero nascosto nel cuore stesso di Dio”, in cui l’amore misericordioso è il dono, il Dio che si dona.
8
Nel Cantico dei Cantici, lo splendido poema di un innamorato che va in cerca della sua donna, è rivelata la realtà dell’amore tenace di Dio verso la sua sposa, l’umanità. Dio poteva non crearci, non era obbligato a farlo. Dal momento però che ci ha creati, potremmo dire che “non è più libero”, perché non può non amarci, non preoccuparsi di noi, non cercarci se siamo lontani.
9
Vedremo, nella prossima catechesi, come diversa è la prospettiva nel NT. Nel VT l’amore umano tra l’uomo e la donna, uniti nel matrimonio, rivela l’amore di Dio verso il suo popolo. Ne NT sarà l’amore di Dio, rivelato in Cristo, sposo dell’umanità, che darà al matrimonio il suo senso, il vero volto dell’amore. (cfr. CCC 1612).
In copertina: B. Lorenzo Salvi: Nato a Roma il 30-10-1782, passionista a 19 anni, muore a Capranica VT il 12 -6-1856, Beatificato da Giovanni Paolo II il 01-10-1989. ( Vedi “Il missionario di Gesù Bambino” di F. Valori: Amici di Gesù Crocifisso, giugno 2003).
3
4. Matrimonio come sacramento
di Luciano Temperilli
1
L’immagine di Dio sposo/popolo sposa si sposta nel NT tra Dio/Chiesa. In Gesù (Gv. 3,16) avviene il “dono” di Dio Padre all’umanità che sposa nell’incarnazione l’umanità stessa salvandola e amandola per sempre (cfr.Ef. 5,29) nessuno ha mai odiato la propria carne. Ecco allora che l’immagine dell’amore sponsale subisce una variazione: non è l’amore degli sposi (l’attrazione dell’uomo per la donna e viceversa) a spiegare l’amore di Dio ma sarà questo amore di Dio realizzato in Cristo a spiegare la ricchezza e la profondità dell’amore sponsale. (CCC 1612). Spiega Papa Benedetto: “Nel Nuovo Testamento Dio radicalizza il suo amore fino a diventare egli stesso, nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo. In questo modo l’unione di Dio con l’uomo ha assunto la sua forma suprema irreversibile e definitiva. E così viene tracciata anche per l’amore umano la sua forma definitiva, quel “sì” reciproco che non può essere revocato: essa non aliena l’uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per portarlo alla verità della creazione” (6 giugno 2005; CCC1614).
2
Conferma Giovanni Paolo II: “Nella Trinità si può intravedere il modello originario della famiglia umana. Il “Noi” divino costituisce il modello eterno di quello specifico “noi” umano costituito da un uomo ed una donna che reciprocamente si donano in una comunione indissolubile e aperta alla vita” (29.05.94).
3
Gesù, con la sua incarnazione, è lo “sposo” della Chiesa (2 Cor. 11,2) ed il tempo messianico è presentato come una festa di sposalizio (Mt 9,15; Mt 25,1-12 Lc12,35-37). Uno sposalizio che si manifesterà nelle nozze dell’Agnello (Ap. 19,7.9; CCC 1612).
4
Questa rivelazione, per la Chiesa, è prefigurata e preannunciata alle nozze di Cana (Gv 2,11 ss; CCC1613) dove Gesù compie il primo miracolo. Cana racconta i chiaroscuri dell’amore umano, soggetto a caducità e a precarietà, dove la festa umana può terminare improvvisamente. Ma il cuore premuroso di una Madre anticipa l’ora della manifestazione del Figlio rive-
vuole sottrarsi alla croce” (Benedetto XVI, 6 giugno 2005; CCC1615).
7
Come ogni sacramento, il matrimonio perciò è un segno che indica due amori convergenti: l'amore di Dio per gli uomini e l'amore di Cristo per la Chiesa. Ma non è soltanto un segno; è anche uno strumento per produrre, e cioè rendere concreti e visibili quegli amori. Vale a dire che nel matrimonio Dio rivela il mistero ineffabile del suo amore mostrando ed effettivamente amando gli uomini, e in particolare i due sposi, attraverso l'amore che essi si vogliono concretamente. Ed egualmente Cristo mostra di amare la sua Chiesa attraverso il segno dell'amore degli sposi (CCC1617).
Nozze di Cana lando che Lui è il vino nuovo della relazione per una festa ricca ed abbondante.
5
Questo non significa assolutamente che Gesù non conosca la fragilità dell’uomo (cfr. CCC1615) ma solamente prima Maria “Qualunque cosa vi dica fatela” (Gv. 2,5) e poi Gesù stesso con l’invito a seguirlo perché soave è il suo giogo (Mt 11,2530) indicano la soluzione: la sua grazia sostiene il cammino degli sposi. Commenta papa Benedetto “La sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura dell’uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell’innalzarla al di là dei suoi propri confini” (6 giugno 2005).
6
A questo punto può diventare comprensibile quanto dice Paolo nel famoso passo di Ef. 5,21-33 (cfr. CCC16161) perché tutto il discorso dipende da “fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi”. Il mistero grande si comprende quindi nella logica del dono del “darsi”. “E come l’incarnazione del Figlio di Dio rivela il suo vero significato nella croce, così l’amore umano autentico è donazione di sé, non può esistere se
8
Per entrare in questo con testo bisognerà superare l’aspetto dell’individualismo esasperato del mondo di oggi che vuole fare della relazione tra l’uomo e la donna un fatto privato. Non lo è stato mai, come si accennava nel primo articolo, e non lo è nemmeno oggi, di fatto, perché la famiglia rimane il nucleo fondante della società. “La famiglia è un’istituzione intermedia tra l’individuo e la società, e niente può supplirla totalmente”(Benedetto XVI 8 luglio 2006).
9
Bisognerà superare anche la privatizzazione della fede per cui, per molti credenti, la Chiesa è il luogo dove singolarmente si vive la propria fede. Non è così perché, ci ricorda Paolo. (1Cor.12,12 ss.) noi, pur nelle diverse funzioni, siamo un corpo unito e interdipendente. La mia fede è la fede della Chiesa, il mio credo è una parte di quello che noi crediamo e il mio pregare il Padre è una piccola voce del coro della Chiesa che dice “Padre Nostro”.
10
Solo con questa coscienza, il matrimonio realizza anche, nel suo modo specifico, il "triplice incarico" della missione di Gesù, trasmesso alla Chiesa: profetico (l'annuncio della salvezza) sacerdotale (il portare, nella preghiera, la vita degli uomini) e regale (nel trasformare il mondo con la carità e il servizio). Diventa cioè segno,sacramento visibile dell’invisibile amore di Dio.
4
MEDITIAMO CON IL VANGELO DI LUCA Gesù, nelle mani degli uomini, compie la salvezza (22,47-53) di P. Roberto CecconiCP
C
arissimi, continuiamo la nostra meditazione sul vangelo di Luca. In questo numero leggiamo il brano che narra l’arresto di Gesù. Questo episodio può aiutare il cristiano a vivere determinate situazioni di sofferenza da vero discepolo del Signore. Poniamoci in ascolto: 47 Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chia-
ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre” (Lc 22, 47-53).
Gesù, solo, nelle mani degli uomini Giuda, macchinato da Satana (22,3), infrange l’intima comunione con Gesù (22,21) e lo consegna ai suoi nemici (vv. 47-48). La parola greca che solitamente traduciamo in italiano con tradire (v. 48) può essere resa con consegnare. È quasi un termine tecnico per mezzo del quale gli evangelisti mettono in rilievo che, durante la sua passione, Gesù è completamente in balia degli uomini, che se lo passano di mano in mano fino alla morte. Infatti Giuda consegna Gesù nelle mani delle autorità giudaiche (v. 48; cf. 22,4.6); queste Bacio di Giuda lo consegnano ai pagani (18,32), cioè a mava Giuda, uno dei Dodici, li precePilato (23,1). Da ultimo, il governatodeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. re della Giudea consegna Gesù agli 48 Gesù gli disse: “Giuda, con un aguzzini perché eseguano quanto desibacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?”. derato dalla folla (23,25), cioè la sua 49 Allora quelli che erano con lui, crocifissione (23,21.23). Gesù dunque vedendo ciò che stava per accadere, disdurante la sua passione si ritrova comsero: “Signore, dobbiamo colpire con pletamente nelle mani degli uomini la spada?”. 50 E uno di loro colpì il (cf. 9,44). Le tenebre mostrano tutto il servo del sommo sacerdote e gli staccò loro potere e danno l’impressione di l’orecchio destro. 51 Ma Gesù interprevaricare su di lui (v. 53). venne dicendo: “Lasciate! basta così!”. Per di più Gesù sembra vivere queE, toccandogli l’orecchio, lo guarì. 52 sta situazione completamente da solo, Poi Gesù disse a coloro che erano perché quelli che stanno intorno a lui venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, mostrano tutta la loro lontananza dal capi delle guardie del tempio e anziani: Maestro. Più volte Gesù ha annuncia“Come se fossi un ladro siete venuti to che sarebbe dovuto andare incontro con spade e bastoni. 53 Ogni giorno alla morte per poi uscirne vittorioso
(9,22; 18,31-34). I discepoli, caratterizzati dalla ricerca della grandezza (22,24) e incapaci di cogliere nella perdita della vita un cammino di salvezza (9,24), non riescono ad accettare il cammino di sofferenza che il Maestro sta per intraprendere. Vorrebbero servirsi della violenza, colpire con la spada per bloccare l’azione di coloro che sono venuti a catturare Gesù (v. 49). È tale il senso di smarrimento che stanno vivendo che uno di loro perde il controllo della situazione e, estratta la spada, colpisce la prima persona che gli capita a tiro: il servo del sommo sacerdote (v. 50). Il compimento delle Scritture Tuttavia, malgrado l’apparenza, Gesù non è abbandonato. La sua consegna nella mani degli uomini era già stata predetta dai profeti (18,31-32); rientra dunque nelle Scritture (cf. 24,27.44), in un disegno di amore divino spesso incomprensibile all’uomo (cf. 18,34). Inoltre, il brano biblico che, secondo Luca, trova esplicito compimento nella passione di Gesù è quello di Is 53,12 (Lc 22,37). In quel contesto, il profeta Isaia parla del Servo del Signore (Is 52,13-53,12) e presenta la sua morte come intercessione per i peccatori (Is 53,5.8.11.12). Va poi messo in rilievo che il tunnel della morte percorso dal Servo del Signore conduce questi alla contemplazione della luce (Is 53,11), in una vita che non ha fine (Is 53,10). Tenendo presente questa chiave di lettura, possiamo dire che la morte di Gesù, sin dalle prime battute, viene presentata come una sofferenza salvifica proiettata verso la risurrezione. La Buona Notizia Anche il discepolo di Gesù, cioè il cristiano può a volte venirsi a trovare in balia di altri uomini, letteralmente consegnato nelle loro mani. Queste situazioni non vanno interpretate come un segno dell’abbandono di Dio. Esse possono invece rientrare in un disegno di amore che non manca di produrre i suoi frutti (Col 1,24), il più importante dei quali è il conseguimento della vita eterna (2Cor 4,17), l’unico bene da non perdere per nessun motivo (cf. Lc 9,25). robi.cp@libero.it
VI - IL LAVORO CHE DIO CHIEDE A TUTTI E’ L’AMORE “LA SANTITÁ É AMORE” di Madre M. Maddalena Marcucci di Maria Grazia Coltorti
“A
merai il Signore tuo Dio.”Il primo dei precetti divini è questo a dimostrazione che, sopra ogni cosa, Dio vuole che lo amiamo e non a caso nella Lettera ai Romani ci viene assicurato che chi osserva questo comandamento ha già adempiuto la legge. La nostra maestra nel cammino verso la santità, Madre Maddalena M., mette però subito il dito nella piaga e ci spiega perché tanti si incamminano per questa via e poi o non avanzano o tornano indietro. Spesso si è convinti che si può mostrare il nostro amore a Dio solo con opere grandi, dimenticando di verificare se ciò che facciamo corrisponde a ciò che Lui stesso vuole da noi. Il Signore, che è nostro padre e creatore, conosce gli angoli più riposti del nostro essere e quindi non ci chiederà mai cose che superano le nostre capacità sia in termini d’amore che in termini di opere. Dio è tanto buono da non esigere più di quanto un’anima può dare: Gesù gradisce molto questa ferma convinzione! La santità è opera d’amore, e l’anima che crede di essere amata da Dio non per suo merito, ma perché Dio è buono, confessa grandemente questo amore! Chi pensa di farsi santo con tanto lavoro che costa sofferenza, sacrificio e genera nel cuore scoraggiamento e mancanza di pace può star certo, ci dice la Marcucci, di essere su una via che non è illuminata e tracciata dal Signore. Quanto più si procede nella via del Signore, tanto più si troverà l’anima nostra pronta a lasciarlo operare in noi: l’opera della santificazione è opera di amore e di fedeltà all’Amore. Dio è pace, pace infinita. Chi trova la pace ha trovato Dio: bisogna regolare i movimenti dell’anima, essere padroni di noi stessi e abbandonare tutto ciò che si oppone allo spirito del Signore. Questa, ci dice Madre Maddalena, è una via sicura, facile ed esente da pericoli. Il Signore non ha bisogno delle nostre opere, egli ci chiede, quasi ne avesse bisogno, solo e sempre l’amore. Ci ripete in ogni momento: Figlio, dammi il tuo cuore! –. Quante volte il buon Gesù chiede alle anime, come fece a Pietro in riva al lago: Mi ami tu? – e vuole avere la consolazione di sentirsi rispondere: Signore ti amo! Quando ci visita il dolore o di
Consacrati Umbria
fronte a qualche sacrificio Gesù ci rivolge questa affettuosa domanda; se noi accettiamo questa prova di buona voglia, con gratitudine e amore, noi diamo a Gesù, non solo a parole ma con i fatti la risposta che Lui tanto desidera sentire dalle anime che più teneramente ama: “Sì Gesù ti amo, e perché ti amo sono disposto a tutto, disponi di me come più ti piace. La mia gioia più grande è poterti dire che ti amo e provarti con i fatti il mio povero amore”. Ricordiamo sempre che, senza questo amore, Lui non apprezza nulla di quanto possiamo fare. L’unica cosa grande che può fare la creatura, aiutata dalla grazia, è vincere se stessa, correggere i disordini causati dal peccato nell’anima e, mediante questo lavoro nascosto, andare conformando gradualmente il proprio spirito alla volontà di Dio, fino a sentir salire spontaneamente alle labbra le parole dell’apostolo Paolo: - “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Allora l’anima non avrà altro volere che quello di Dio: amerà ciò che Lui ama, detesterà ciò che Lui detesta. Si comprende così che la santità così intesa e praticata è per tutti facile, dolce e leggera. Se a qualcuno non sembrasse così stia certo che ciò dipende da lui stesso. Chieda luce al Signore e ripeta spesso dal fondo del cuore. “Manda la tua luce e la tua
verità; siano esse a guidarmi”. Non c’è cosa che può interessare di più che la santificazione dell’anima nostra, ma questa la conseguiremo solo se saremo illuminati dalla luce divina. In questo cammino siamo sempre sostenuti e guidati dall’amore che ci istruisce e ci trasforma in Colui che amiamo, in Dio, poiché Dio è Amore. Gesù prometteva il cielo a quelli che lo avessero amato come bambini, poiché i bambini non possono far nulla di grande, ma solo amare; l’amore è l’unica cosa che il Signore chiede alle anime e l’amore è l’unica cosa che fa i santi. Ricordiamo a questo punto San Gabriele dell’Addolorata: nulla di grande si legge che abbia fatto nella sua vita questo religioso, ma amò molto il Signore e Maria, sua Madre, la cui immagine stringeva sul cuore al momento della morte. Nella rapida glorificazione di questo ed altri santi simili nella vicenda terrena, sembra che il Signore voglia far capire quanto gli piacciono queste anime semplici che non hanno fatto altro che amare. Esse hanno beneficato il mondo più di quelli che passano una vita insegnando la scienza della santità senza essere essi stessi santi, perché la santità sa insegnarla solo chi la pratica. colt.mgrazia@libero.it
5
6
“Un luminoso capolavoro” a 18 anni: Chiara Luce Badano di Padre Alberto
L
a Chiesa proclamerà beata entro l’anno una giovane scomparsa nel 1990 all'età di 18 anni: si tratta di Chiara Luce Badano. Benedetto XVI ha infatti approvato il 19 dicembre 2009 un miracolo attribuito alla sua intercessione. È la prima appartenente al Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, a raggiungere questo traguardo. Maria Voce, Presidente dei Focolari, ha detto che questo decreto “ci incoraggia a credere nella logica del Vangelo, del chicco di grano caduto in terra che muore e che produce molto frutto. Il suo esempio luminoso ci aiuterà a far conoscere la luce del carisma e ad annunciare al mondo che Dio è Amore”. Attesa per 11 anni dai suoi genitori, Chiara nasce a Sassello SV il 29 ottobre 1971 e cresce in una famiglia semplice che la educata alla fede. A nove anni incontra il Movimento dei Focolari, insieme ai genitori: è per tutti e tre l’inizio di una nuova vita. Aderisce come Gen (Generazione Nuova), dove scopre Dio come Amore e ideale della vita, e si impegna a compiere in ogni istante, per amore, la sua volontà. Per la prima Comunione riceve in dono il libro dei Vangeli. Sarà per lei «uno straordinario messaggio»; affermerà: «Come per me è facile imparare l'alfabeto, così deve esserlo anche vivere il Vangelo!». Prosegue gli studi fino al Liceo classico, quando a 17 anni, all'improvviso un lancinante spasimo alla spalla sinistra svela tra esami e inutili interventi un osteosarcoma, dando inizio a un calvario che durerà circa tre anni. Appresa la diagnosi, Chiara non piange, non si ribella: rimane assorta in silenzio, ma poi dice il sì alla volontà di Dio. Ripeterà spesso: «Per te, Gesù. Se lo vuoi tu, lo voglio anch'io». Non perde il suo luminoso sorriso; mano nella mano con i genitori, affronta cure e interventi dolorosissimi e trascina nello stesso Amore chi l'avvicina. Rifiutata la morfina perché le toglie lucidità, offre tutto per la Chiesa, i giovani, i non credenti, il Movimento, le missioni..., rimanendo serena e forte. Ripete: “Non ho più niente, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare”. Presto arriva un’altra grande prova: Chiara perde l’uso delle gambe. Un nuovo doloroso intervento si rivela
Chiara Luce Badano inutile. E’ per lei una sofferenza immensa: si ritrova come in un tunnel oscuro. “Se dovessi scegliere fra camminare e andare in Paradiso – confida a qualcuno – sceglierei senza esitare: andare in Paradiso. Ormai mi interessa solo quello”. Ha un rapporto strettissimo con Chiara Lubich, che la chiamava “Chiara Luce”. All’inizio dell’estate del '90 i medici decidono di interrompere le terapie: il male è ormai inarrestabile. Il 19 luglio la giovane informa Chiara Lubich della sua situazione: “La medicina ha deposto le sue armi. Interrompendo le cure, i dolori alla schiena sono aumentati e non riesco quasi più a girarmi sui fianchi. Mi sento così piccola e la strada da compiere è così ardua…, spesso mi sento soffocata dal dolore. Ma è lo Sposo che viene a trovarmi, vero? Sì, anch’io ripeto con te Se lo vuoi tu, lo voglio anch’io”. Chiara Lubich le risponde: “Non temere, Chiara, di dirGli il tuo sì momento per momento. Egli te ne darà la forza! Anch’io prego per questo e sono sempre lì con te. Dio ti ama immensamente e vuole penetrare nell’intimo della tua anima e farti sperimentare gocce di cielo. 'Chiara Luce' è
il nome che ho pensato per te; ti piace? È la luce dell’Ideale che vince il mondo. Te lo mando con tutto il mio affetto…”. Alla mamma che le chiede se soffre molto risponde: «Gesù mi smacchia con la varechina anche i puntini neri e la varechina brucia. Così quando arriverò in Paradiso sarò bianca come la neve». E' convinta dell'amore di Dio nei suoi riguardi: afferma, infatti: «Dio mi ama immensamente», e lo riconferma con forza, anche se è attanagliata dai dolori: «Eppure è vero: Dio mi vuole bene!». Dopo una notte molto travagliata giungerà a dire: «Soffrivo molto, ma la mia anima cantava…». Chiara si prepara all'incontro: «E' lo Sposo che viene a trovarmi», e sceglie l'abito da sposa, i canti e le preghiere per la “sua” Messa; il rito dovrà essere una «festa», dove «nessuno dovrà piangere!». Il papà le chiede se era disponibile a donare le cornee: risponde subito con un sorriso luminoso. Non ha paura di morire.Aveva detto alla mamma: «Non chiedo più a Gesù di venire a prendermi per portarmi in Paradiso, perché voglio ancora offrirgli il mio dolore e con lui ancora per un po' la croce». Chiara muore il 7 ottobre 1990. Le sue ultime parole rivolte alla mamma: “Sii felice, io lo sono. Ciao!”. Al funerale celebrato dal Vescovo, accorre una marea di giovani. I componenti del Gen Rosso e del Gen Verde elevano i canti da lei scelti. Subito dopo la partenza di Chiara Luce per il Cielo arriva un telegramma di Chiara Lubich per i genitori: “Ringraziamo Dio per questo suo luminoso capolavoro”. La fama della santità di Chiara Luce si diffonde subito in tutto il mondo. La causa di beatificazione è stata aperta nel 1999 dal vescovo di Acqui. Il miracolo di guarigione riconosciuto è avvenuto a Trieste. Entro questo anno sarà proclamata beata. Trascrizione libera da Zenit del 6-1-2010)
La direzione spirituale di S. Paolo della Croce a Tommaso Fossi
II – I primi passi nel cammino spirituale di p. Lorenzo Mazzoccante cp
N
el precedente articolo ci siamo soffermati sulla figura di Tommaso Fossi, la sua storia personale, la sua condizione familiare, il suo incontro con san Paolo della Croce, quella nomea che lo precedeva di uomo strano, fino poi a intravedere la crescente intimità spirituale tra i due. Ripartiamo da questo per muovere qualche passo nell’approfondire il cammino che Tommaso stava iniziando. Mi servo principalmente di una delle prime lettere che il santo ha indirizzato al buon isolano, la quinta di quelle pervenute a noi, datata 26 agosto 1737. Si è detto che, sebbene sarebbe forse eccessivo definire Tommaso un uomo ricco, egli era indubbiamente una persona benestante. Forse i suoi “affari”, come spesso vengono definite dai due protagonisti le attività di Tommaso, lo avranno anche indotto a compiere qualche azione meno trasparente di quella che lui, nella semplicità che gli era propria, era disposto a perdonarsi. Probabilmente anche questo contribuì ad aumentarne gli scrupoli, le azioni penitenziali e, in definitiva, quell'apparente stranezza che lo distingueva. Quanta devozione, quanti slanci di generosità caritativa e spirituale, doveva profondere il buon Tommaso, nella ricerca della perfezione. Il primo passo da fare per il direttore spirituale Paolo della Croce fu quello di ridimensionare le originalità di Tommaso. Per questo, il consiglio più ricorrente che il santo offre al suo diretto è quello di “non filosofare”, intendendo dire di non perdersi in congetture sul come avrebbe potuto essere la sua vita se avesse operato scelte differenti, se avesse percorso altre vie... A questo consiglio ne accompagna subito un altro: quello di “diffidare di sé”,
Tommaso Fossi altrimenti a che cosa serviva avere un direttore spirituale a una persona intenta a “dirigere se stesso” e ad affidarsi solo al proprio giudizio, alle proprie idee e convinzioni? Certo il buon Tommaso ebbe a sperimentare, insieme ai dolori ed alla fatica spirituale, anche alcune consolazioni ed ispirazioni. Ma Paolo lo mette in guardia verso queste ultime, specie quando vorrebbero indurlo a cambiare stato di vita, a dare cioè un taglio netto al suo matrimonio per seguire il Signore più da vicino. Ripete di “sprezzar il diavolo” e di non cedere alle lusinghe che provengono da certe ispirazioni.. Il santo esercitava con Tommaso Fossi, il ministero della paternità spirituale. Oggi si parla molto di accompagnatore, consigliere, pedagogo, o direttore spirituale. Ma il padre spirituale è tutta un'altra storia. Dei primi, nella nostra vita, possiamo incontrarne molti che magari si avvicendano e
cambiano al mutare delle esigenze dello spirito. Non così il padre spirituale che, per sua natura, è destinato ad assumere un ruolo quasi esclusivo nella vita spirituale. A spiegarlo è il teologo C. A. Bernard che definisce la paternità spirituale come una relazione in cui non solo una persona insegna ad un'altra la via concreta per imitare Cristo, offrendosi come modello, ma una relazione in cui “l'una diventa lo strumento della nascita alla vita spirituale dell'altra” (cf. C.A. Bernard, L'aiuto spirituale personale). Paolo della Croce diventa padre spirituale di Tommaso Fossi perché lo conduce ad una nuova nascita nello spirito e lo incoraggia a ricercare la “semplicità dei bambini”; ciò costituisce un richiamo alla purezza come di fanciullo ed è anche una sintesi semplice ed efficace di una delle lezioni più belle che Gesù impartisce ai suoi discepoli (cf. Mt 18,3). Il santo chiede poi all'amico Tommaso di compiere altri importanti passi nella via dello spirito, come quello di affidarsi alla volontà di Dio, di “starsene alla buona sotto la croce”, di confidare nella prudenza e nella sapienza delle persone che lo accompagnano nel suo cammino spirituale, specialmente il direttore e il confessore, fedele all'esempio di Gesù che chiese ai suoi discepoli di pregare “sempre, senza stancarsi” (cf. Lc 18,1). Raccomanda di curare la preghiera anche quando costa sacrificio e fatica e quando ci si trova in un momento di particolare sconforto; infine chiede la frequenza dei sacramenti che costituisce la via regia per tenere il cuore “raccolto in Dio” (cf. LA, I, 237, 03 dicembre 1742). (Continua) http://direzionespiritualefossi.tk
7
8
BENEDETTO XVI E I MOVIMENTI Un dono da accogliere senza pregiudizi di Alberto Pierangioli CP
C
he ruolo hanno nella Chiesa di Dio i movimenti ecclesiali? Sono un problema in più per la Chiesa, causa di divisioni e di accaparramento dei fedeli, come dice qualcuno? Oppure sono un vero dono di Dio alla sua Chiesa in una società secolarizzata, in cui tanti movimenti atei e materialisti lavorano a più non posso per cancellare ogni presenza di Dio dalla società?
panti al Seminario di studi sulla realtà dei movimenti ecclesiali nella Chiesa, promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici che si svolse a Rocca di Papa (Roma) dal 15 al 17 maggio 2008. Il papa in questa udienza afferma chiaramente che i carismi dei movimenti e delle nuove comunità devono essere accolti da parte della Chiesa “con molto amore” e senza “giudizi superficiali e riduttivi”. Il Seminario fu come una prosecu-
Ventennale di AGC a San Gabriele
Diversi anni fa, in un’ampia intervista su Avvenire, il vescovo di Macerata, Mons. Tarcisio Carboni, di santa memoria, a chi gli chiedeva se la presenza di tanti movimenti nella sua diocesi non gli procurava problemi, rispondeva: “Preferisco avere problemi piuttosto che avere le chiese vuote”. Dietro l’esempio del grande e santo papa Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI ha fatto sentire molte volte la sua voce per ringraziare Dio del dono di tanti movimenti laicali nella sua Chiesa. Cito un esempio. Il 18 maggio 2008, il papa ricevette in udienza 150 vescovi parteci-
zione dell’incontro che Benedetto XVI ebbe il 3 giugno 2006, in piazza San Pietro, alla Vigilia di Pentecoste, con una larga rappresentanza di fedeli appartenenti a più di 100 nuove aggregazioni laicali. Nel suo discorso ai presenti il Vescovo di Roma ha sottolineato i diversi doni con i quali i movimenti ecclesiali e le nuove comunità hanno arricchito la Chiesa, in particolare dal Concilio Vaticano II in poi: l'efficace formazione cristiana; la testimonianza di fedeltà e obbedienza alla Chiesa; lo slancio missionario; la cura per i poveri; e la ricchezza di vocazioni. “Andare incontro con molto amore ai movimenti e alle nuove
comunità – ha spiegato – ci spinge a conoscere adeguatamente la loro realtà, senza impressioni superficiali o giudizi riduttivi. Ci aiuta anche a comprendere che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità non sono un problema o un rischio in più, che si assomma alle nostre già gravose incombenze”. “No! Sono un dono del Signore – ha ribadito –, una risorsa preziosa per arricchire con i loro carismi tutta la comunità cristiana. Perciò non deve mancare una fiduciosa accoglienza che dia loro spazi e valorizzi i loro contributi nella vita delle Chiese locali”. Benedetto XVI ha quindi rimarcato che “difficoltà e incomprensioni su questioni particolari non autorizzano alla chiusura”. Gli ultimi decenni, ha riconosciuto, hanno già contribuito a far superare “non pochi pregiudizi, resistenze, tensioni”. Ciò che conserva la propria urgenza, ha affermato, è “l’importante compito di promuovere una più matura comunione di tutte le componenti ecclesiali, perché tutti i carismi, nel rispetto della loro specificità, possano pienamente e liberamente contribuire all’edificazione dell’unico Corpo di Cristo”. A questo proposito, il Papa ha indicato come stile da adottare quello del “dialogo” e della “collaborazione”, e come vie da intraprendere quelle della “prudenza”, della “pazienza”, e del “molto amore”, specialmente laddove sia necessaria una “correzione”. I movimenti ecclesiali e le nuove comunità in fase nascente, da parte loro, devono sottoporsi di buon grado al discernimento e all'accompagnamento “delicato” e “vigilante” dell’autorità ecclesiastica, perché sia verificata “l’autenticità” dei loro carismi e la saldezza della loro comunione con la Chiesa. “Chi è chiamato a un servizio di discernimento e di guida – ha tuttavia avvertito il Papa – non pretenda di spadroneggiare sui carismi, ma piuttosto si guardi dal pericolo di soffocarli, resistendo alla tentazione di uniformare ciò che lo Spirito Santo ha voluto multiforme per concorrere all’edificazione e alla dilatazione dell’unico Corpo di Cristo, che lo stesso Spirito rende saldo nell’unità”. (Sunteggiato da Zenit)
RIFLESSIONE SULLA VIA CRUCIS
9 di Fabrizio Cortigiani
GESU’ SPOGLIATO DELLE VESTI Si arriva all’identificazione: la croce, nudo legno, Gesù, nudo uomo. La Croce, due travi di legno sradicato dalla pianta originaria, che perdono gradualmente la linfa vitale per diventare legno secco. Gesù, Dio fatto uomo, che è sceso dal suo Trono Celeste e che qui ed ora perde gradualmente il suo sangue prosciugandosi come il legno della sua Croce. La Croce, legno spogliato delle sue foglie e dei suoi rami verdi. Pezzi di legno ricavati dai tronchi degli alberi tagliati, sparsi qua e là per molteplici usi: uno di questi, costruire croci. Gesù, spogliato delle sue vesti. Tagliate in quattro parti. Parti impregnate del sangue del Figlio di Dio, mandate nelle quattro direzioni per indicare che il sangue di Cristo ha ricoperto tutta la terra, tutta l’umanità, tutto il Creato. La tunica, pezzo unico senza cuciture viene tirata a sorte. Gioco blasfemo che manifesta la stoltezza di chi si autocondanna schernendo l’Amore, negando il valore del sacrificio di chi decide di fare scelte pro vita, piuttosto che scelte pro morte. L’umiliazione della nudità, espressione della povertà biasimata, dell’essere umano fallito e sconfitto, defraudato di tutto, anche dei vestiti, derubato degli abiti, neanche per coprirsi abusivamente con cose non nostre, ma peggio ancora per giocare e divertirsi col quel superfluo che per altri è pane quotidiano. Gesù si umilia fino all’estrema nudità per prendere su di sé ogni vergogna umana, affinché anche l’uomo, rinnegato e deriso, potesse unire il suo soffrire alla sofferenza di Cristo, il suo fallimento alla
sconfitta della Croce per diventare egli stesso Gloria di Dio e Pane di Vita. GESU’ E’ CROCIFISSO Sembra la fine di tutto e invece è l’inizio. Gesù è crocifisso. Colui che aveva detto: “Io distruggo questo tempio e in tre giorni lo riedifico”, è stato frainteso. Il dubbio assale anche i suoi discepoli, quelli che hanno vissuto a stretto contatto con lui. Pietro, proprio colui al quale Gesù aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”, lo rinnega tre volte; ma Il Figlio di Dio aveva previsto anche il tradimento recidivo. La debolezza umana è così grande da diventare erro-
Gesù è crocifisso
re. Dal popolo ai soldati, dai sacerdoti agli scribi e agli anziani, tutti lo criticano, lo accusano, lo deridono per le sue opere d’Amore, per le sue parole di consolazione, per non avere mai voltato le spalle a nessuno. Gli viene detto con tono sarcastico e sprezzante di salvare almeno sé stesso. La stoltezza umana parla della morte di Dio, della Croce come semplice strumento di tortura, della sofferenza come non senso di fronte alla quale si rimette sempre Dio in Croce. Se Dio fosse un Padre d’Amore non permetterebbe questo e quello, se potesse non farebbe o impedirebbe, Dio è onnipotente in “assoluto”, ma non nel “relativo”, lo dimostra il male che continua a dilagare nel mondo; questi ed altri disperati tentativi di dare un senso umano al mistero della sofferenza aumentano il peso delle croci dell’uomo, perché si pretende di giudicare la Provvidenza Divina continuando ad insultare Gesù Crocifisso. Manca l’umiltà, manca, molto spesso nel cuore umano il tenero amore della Vergine che sa rimanere in silenzio di fronte al mistero dei misteri. Due coniugi possono essere molto diversi, ma in qualcosa devono pur rispecchiarsi, in qualcosa devono essere simili altrimenti non possono stare insieme; lo stesso vale per il rapporto con Dio. Se vogliamo stare con lui nella gloria dobbiamo saper rimanere con lui anche sulla Croce. Sarebbe stato comodo che Gesù fosse andato in Croce e che tutto fosse finito lì; dopo di ché, tutti felici per sempre come nelle fiabe. La Croce di Dio è stata l’inizio nel quale si è compiuta la redenzione; spetta tuttavia a noi sperimentare in vivo la redenzione come trasformazione interiore, come Eucaristia quotidiana di sé stessi che riattualizza il nostro “Sì” a Cristo nell’Amore verso il Padre in unione con lo Spirito Santo.
10
GESU’ MUORE SULLA CROCE
nostre stoltezze, con il non senso delle false ideologie della nostra vita. C’è ancora il bisogno di innalzare la Croce E’ mezzogiorno, il sole si eclissa e per fare del male a chi ci ama, c’è il si fa buio su tutta la terra fino alle tre. bisogno di colpire con la lancia delDopo aver chiesto perdono per tutti l’aggressività patologica il Cuore coloro che non sanno quello che fanno, dell’Amore per renderci conto che Gesù rimette il suo Spirito nel seno l’Amore esiste davvero e che è sempre del Padre. Ci si accorge che Gesù è già a nostra disposizione. Se ci viene da morto e non gli vengono spezzate la chiedere perché si soffre tanto, la semgambe. Il mezzogiorno, quasi a signiplicità ci dà subito la risposta per ficare il centro della nostra vita intorno eccellenza: “Perché non si ama!”. al quale ruotano tutti i nostri interessi: Perché amare vuol dire ribaltare la lavoro, famiglia, relazioni sociali e per nostra esistenza, lasciare da parte le nostre comodità, uscire dal circolo vizioso dell’ipocrisia che ci fa dire: “quello che si fa per amore non è sacrificio”. Se così fosse, la croce non sarebbe Croce, e la sofferenza diventerebbe una passeggiata, un impegno culturale, un semplice argomento di conversazione per scacciare la noia. Sulla Croce si sperimenta il silenzio profondo, la solitudine nella quale, se non ci ribelliamo con la stoltezza della negazione di Dio (“se non puoi far niente per me, salva almeno te stesso”), si sperimenta la tempesta d’Amore di un Dio innamorato dell’essere umano, del Cristo di fuoco che apre il Cuore per trasfonderci la Vita Eterna, il suo stesso sangue versato in forma umana, che si Gesù muore sulla croce riversa nella nostra umanità come qualcuno anche un “pezzettino di Dio”, Spirito Santo, Acqua sorgiva che ci è l’ora del primo risveglio della partorisce alla vita celeste pur rimanencoscienza. Tuttavia, ad un certo punto, do ancora nel mondo, uomini fra gli la nostra esistenza si oscura, chi trafiguomini, figli della luce tra fratelli di ge il costato di Cristo con le proprie croce. armi è portato ad esclamare: “Veramente costui era il Figlio di Dio”. C’è bisogno che il cielo si oscuGESU’ E’ DEPOSTO ri, c’è bisogno del fenomeno eclatante DALLA CROCE per cominciare ad avere dei bagliori di umile fede. C’è bisogno di avere E’ l’ora della quiete sconcertante, inchiodato Gesù sulla Croce con le della riflessione. Tutto il film della
vita scorre davanti agli occhi: i momenti passati insieme, le parole, le cose fatte, quelle programmate e portate a termine e quelle rimaste in sospeso. Quante parole non dette, se tornassimo indietro, vorremmo dire, quante cose da spiegare e quante altre ancora da farci perdonare. Tutto sembra finito. I familiari, i parenti e gli amici entrano nella fase del lutto: lo stupore (Non è possibile, come è potuto accadere? Anche se si sapeva, anche se la morte era preannunciata); la rabbia, il senso di impotenza di fronte a ciò che è più grande di noi; la fase dell’accettazione, prima forzosa, poi sempre più serena; la vita riprende, questa volta trasformata. La morte vissuta senza la Croce di Cristo, la morte non inserita nel cuore dell’Amore, la morte vissuta senza il colpo di lancia del soldato che trafigge il Sacro Costato è una morte cupa, avvolta nelle tenebre, nella mancanza di amore anche se siamo circondati da affetti cari. Nessuno può consolare per un evento più grande di lui. Anche se si piange con l’amico o col fratello o con chiunque può condividere il nostro dolore, la morte per chi ha ucciso Cristo nel suo cuore è solo dannazione, disperazione, paura che degenera in aggressività contro sé stessi e molto spesso anche contro gli altri. La morte è sempre uno squarcio; ripensare il passato serve solo se rimaniamo avvolti dalla luce del Crocifisso, datore di quella speranza certa che trasforma il dolore più acuto in effusione d’amore. La morte di Gesù segna il confine fra vita nello Spirito e la vita nell’abisso. Non è necessario essere criminali per rientrare fra coloro che si autoescludono dalla vita di Dio; è sufficiente rinnegare Dio Amore, il Cristo Crocifisso, pur essendo brave persone. La deposizione di Gesù dalla Croce è abbandono degli attaccamenti materiali, o meglio, è la revisione e la rivalutazione della considerazione del rispetto verso la corporeità; è il confine fra la realtà del corpo corruttibile e quella del corpo glorioso; è una dimensione che si comprende mentre la mente di Dio scende nella mente umana durante l’apice del dolore che si raggiunge nella crocifissione; è una dilatazione della coscienza umana che si immerge nel cuore di Cristo; è il Battesimo di sangue che trasforma l’essere umano in un uomo nuovo; è la contemplazione del volto di Gesù Crocifisso, che rimesso lo Spirito nel
11
seno del Padre risplende e trasmette la vita nell’uomo che in lui si rifugia. GESU’ E’ DEPOSTO NEL SEPOLCRO Nel luogo dove Gesù viene crocifisso c’è un giardino con un sepolcro vuoto nel quale Il Figlio di Dio viene sepolto. Accanto ad ogni crocifissione, accanto ad ogni sofferenza, c’è un luogo di beatitudine, non sempre ben visibile, ma comunque esistente. Più
acuto è il dolore, più vicina è l’oasi, nonostante che questa possa sembrare lontana. Il giardino, ricco di verde, ci richiama alla vita alla quale si giunge attraverso un rito di passaggio, la morte. Siamo di fronte ad un segno visibile e tangibile: la morte è una finestra aperta dalla quale si vede il giardino infinito in un bellissimo giorno di primavera. La croce e il giardino si trovano nello stesso luogo; la vita terrena e quella ultraterrena sono separate soltanto dal velo corporeo. Ogni vita nella croce è preludio alla vita
Gesù è deposto dalla croce
nella resurrezione, in Cristo o fuori da Cristo. Le lacrime versate sui sepolcri possiamo trasformarle in cristalli di luce, in espressione materiale di Resurrezione. Ogni lacrima che cade può diventare essenza della preghiera del cuore: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi”. Sappiamo che Gesù dopo la morte, prima di apparire come la resurrezione e la vita, scese agli Inferi a liberare le anime dei giusti, di coloro che non avevano ancora conosciuto il Vangelo dell’Amore. Il vangelo, l’interiorizzazione del messaggio di Gesù, è l’inizio di una vita nuova, l’inizio della resurrezione già su questa terra, prima che avvenga la morte fisica. L’aldilà e l’al di qua sono solo due dimensioni diverse, non sono luoghi geografici, sono luoghi del cuore, dell’essere più profondo, del vero “essere noi stessi”. Tuttavia la vita nella gioia, nella beatitudine o la vita nell’amarezza e nella dannazione viene scelta da noi quando decidiamo se vivere con Cristo o contro Cristo. Sarebbe facile trovare la via di mezzo per dire di essere santi e continuare comunque a fare il proprio comodo, ma ciò non è previsto; Gesù stesso ha detto: “Vado a prepararvi un posto” e al buon ladrone che dalla croce riconosce i propri peccati chiedendo la salvezza, risponde: “Oggi stesso sarai con me in Paradiso”. Gesù mette sempre di fronte ad una scelta radicale; nel Regno dei Cieli non c’è posto per i tiepidi, non si possono servire due padroni: Dio e mammona. Il cammino di purificazione può essere più o meno lungo, tuttavia, se abbiamo optato per Dio la salvezza è assicurata. Dio non guarda se abbiamo fallito nei nostri buoni propositi; nel suo Regno non c’è il budget da raggiungere, ma è sufficiente la retta intenzione, l’umiltà e l’amore che abbiamo nel cuore. Nella preghiera bisogna chiedere prima di tutto il nutrimento spirituale, il resto ci viene dato in più; le preghiere per le cose materiali fini a sé stesse non vengono ascoltate a meno che quella specifica realtà terrena non serva per aprire le porte del Cielo. Prima si deve ricercare l’amicizia con Cristo, poi, si può anche chiedere con successo. Dio, quando dà, dona sempre il cento per uno se lo lasciamo agire incondizionatamente. Se noi diamo a Dio il nostro “tutto”, piccolo, e squallido, Egli ci rende il suo “TUTTO”, ricco e abbondante. cortigianif@alice.it
12
II- Giovani passionisti morti in concetto di santità di Giovanni Di Giannatale
I
l terzo giovane da ricordare è Confr. Alessio del Cuore di Maria, Giuseppe Todi. Era nato il 30/03/1896 a Falvaterra (Frosinone). Dopo aver professato alla Madonna della Stella il 1/04/1912, passò nel Ritiro di Isola del Gran Sasso, insieme con altri quattro confratelli, guidati dal P. Mariano di Gesù Nazareno (Lamberto Ricci), per studiarvi Belle Lettere. Il 6/02/1913 il gruppo tornò alla Madonna della Stella per iniziare la filosofia. Vi restò fino al 1915, passando nel 1916 nel Ritiro di Moricone per la teologia, dove morì il 12 dicembre dello stesso anno all’età di 20 anni e 9 mesi, a causa di una grave infermità. Le cronache tramandano che Alessio prese a modello S. Gabriele, suscitando per gli atti di pietà e di devozione l’ammirazione dei confratelli. Fu visto sempre sereno nelle difficoltà e malattie. Persuaso e convinto della sua vocazione, rifiutò le pressioni dei suoi genitori e fratelli, che lo sollecitava-no a tornare in famiglia. Diceva ai suoi confratelli che desiderava soltanto di tornarsene a Dio, per togliere a tutti la noia che credeva di. arrecare. Nell'ultima infermità si comunicò con eccezionale raccoglimento. Consumò il sacrificio della sua via a Moricone in una pace paradisiaca. Poco prima di morire, trasfigurato in volto, disse di sentire una solenne musica che si andava avvicinando. Disse che quello era un segno della sua morte che venne intatti poco dopo, mentre baciava il Crocifisso.
Il quarto giovane è il B. Pio di S. Luigi (Luigi Campidelli), nato il 29/04/1869 a Trebbio in provincia di Forlì. Fin dalla tenera età aveva espresso il vivo desiderio di abbracciare la vita religiosa. A dodici anni, nel 1880, restò attratto dai PP. Passionisti, che predicavano una missione nel suo paese. Chiese al direttore della missione di poter entrare nel Ritiro dei Casale di S. Vito in Romagna. Essendo troppo piccolo, il suo desiderio fu esaudito solo il 2/05/1882, allorché all’età di quattordici anni entrò nel noviziato di Casale dove vestì l’abito religioso il 27/05/1882, professando i voti perpe-
Beato Pio Campidelli
tui il 30 aprile del 1884, al compimento dei suoi 16 anni. La vita di Pio nel Ritiro non era diversa da quella che caratterizzava la giornata degli studenti negli altri ritiri: era costituita dallo studio filosofico-teologico, dalla preparazione spirituale, dagli atti vari di pietà e di devozione propri dell’osservanza passionista. Le fonti processuali delineano un giovane docile, ubbidiente, composto, tutto dedito alla preghiera e alla personale santificazione, al punto che dai fedeli che frequentavano la Chiesa del Ritiro, dedicata alla Madonna detta di Casale, era chiamato il “santino di Casale”. Come Gabriele si consumava nella venerazione della Madonna e nell’ardente desiderio di conformarsi a Cristo, la cui perfetta imitazione – come diceva – richiedeva il dono della propria vita, pur se insufficiente a ripagare l’infinito beneficio salvifico derivante dalla sua passione, morte e resurrezione. Mentre Pio si preparava a ricevere gli ordini maggiori, precedenti l’ordinazione sacerdotale, che sarebbe dovuta avvenire molto probabilmente nel 1892/93, la sua salute fu minata dalla tubercolosi, il male incurabile del secolo, che gli procurò la morte il 2/11/1989 all’età di ventuno
anni e sei mesi. Qualche giorno prima della morte aveva detto di voler offrire la vita a Dio per la Chiesa, i peccatori, la Congregazione e la propria terra. Poco prima di morire, trasfigurato nel volto, disse di sentire una solenne musica, affermando che questa era il segno della sua morte. Nel momento del trapasso, volgendo lo sguardo sereno e luminoso verso la parete esclamò di vedere la Madonna che veniva a prenderlo. Come Gabriele anche Pio si avviava al Cielo baciando il Crocifisso e con la visione della Vergine. “Una vita fatta all’apparenza di niente - come ha scritto felicemente P. Pierluigi D’Eugenio – Una vita che è tutta un poema di semplicità e interiorità. Una pagina scritta attingendo al vocabolario della vita quotidiana; un inno cantato con le note alla portata di tutti. Pio ha tessuto il ricamo della sua santità con i fili di gesti usuali riempiendoli di amore. Vive lo straordinario di una vita ordinaria: tutto riempie di Dio e tutto rapporta a Dio. E lo fa con impegno tenace. Tutto accetta con gioia, tutto vive con serenità, tutto offre con amore. Anche la vita. La morte prematura non ne cancella il ricordo. Ci si stupisce sempre più, davanti all'avventura limpida e straordinaria di questo giovane che visse "da angelo" e che morì donando la vita”. Una vita che, vista con lo sguardo rivolto al soprannaturale, cioè con le fede, è stata caratterizzata dall’essenza della santità: l’amore senza riserve per Dio e per il prossimo. La grandezza di Pio, in fondo, come quella di Gabriele, sta nell’aver vissuto fino in fondo, radicalmente e totalmente, l’ordinaria vita cristiana, attingendone la misura più alta, per usare un’espressione di Giovanni Paolo II, o, com’è stato detto da un biografo, rendendo straordinario l’ordinario. É per questa ragione per cui Giovanni Paolo II il 17/11/1985 lo ha elevato agli onori degli altari dichiarandolo Beato.
AMICI NEWS
Decennale della Fraternità di Fossacesia Il 6 dicembre 2009 la Fraternità di Fossacesia ha organizzato una giornata di ringraziamento per celebrare il decennale della sua nascita. Le lodi sono state animate del P. Bruno De Luca, primo assistente del gruppo. La Santa Messa in Abbazia è stata presieduta da P. Alberto. Nell’omelia ha presentato il nostro movimento e la nascita della Fraternità di Fossacesia. Dopo la foto ricordo nella bellissima cripta da poco restaurata, abbiamo pranzato al ristorante. Abbiamo avuto la gioia di avere con noi la presidente Piera, con altri Amici da Civitanova e da Recanati. Nel pomeriggio, una breve catechesi di P. Alberto e poi alcune testimonianze molto belle. Molto interessante anche l’intervento di Padre Bruno che ha ricordato le difficoltà degli inizi. Anna, la nostra responsabile, ha parlato del suo inizio: se non fosse stato un volantino trovato in chiesa a Morrovalle sulle Consacrazioni degli AGC, forse ora
13
Consacrazione perpetua a Recanati Ringraziamo il Signore e gli assistenti P. Alberto e P. Natale che il 30-11 2009 hanno ricevuto la nostra consacrazione perpetua a Gesù Crocifisso durante la Messa molto raccolta e sentita nella cappella della Pietà, con la partecipazione di molti Amici. Abbiamo sperimentato che Gesù si dona pienamente a chi si dona totalmente a Lui, dandoci la certezza che Egli ci ama immensamente. Enzo e Maria Accattoli Ultimo dell’Anno a Morrovalle Come facciamo da più di 30 anni, abbiamo chiuso l’anno 2009 davanti al Signore. Alle ore 22,00 il P. Alberto
Decennale a Fossacesia non saremmo qui a festeggiare il decennale. Grazie al suo coraggio è nata questa Fraternità. Abbiamo concluso nella gioia, con tanto di torta e candeline. Ringraziamo il Signore per i doni ricevuti in questi 10 anni e per la presenza dei nostri padri spirituali, P. Alberto, P. Bruno, P. Angelo, P. Carlo; grazie al superiore P. Pierluigi e a tutta la comunità passionista di Fossacesia per la grande disponibilità, a Padre Marcello, nostro presente assistente, che con il consiglio di fraternità ha organizzato molto bene questo decennale. Paola De Simone
ha guidato un’ora di adorazione davanti al Santissimo; alle 23,00 il P. Francesco ha presieduto una bella concelebrazione con P. Alberto e P. Sandro, con la chiesa piena di fedeli. É seguito un tempo di festa nel salone. Molti hanno confessato: “É stato il fine d’anno più bello della mia vita”. Pia Nasce una nuova Fraternità a Sulmona Il piccolo gruppo degli Amici di Sulmona si è riunito, come di consueto, presso la parrocchia dei Salesiani. Riccardo, impedito a venire per la sua
Consacrazione a Recanati operazione, mi ha incaricata di condurre gli incontri. All’inizio dell’incontro, il nostro parroco Don Ezio si è unito a noi. Ha partecipato alla meditazione, aggiungendo diversi spunti di riflessione. Ha sfogliato con interesse il nostro libro “Voi siete miei Amici” e ha esclamato: “Questo libro è fatto molto bene, posso averne una copia?". Lo abbiamo accontentato con gioia! E' importante che il Parroco sappia bene quello che facciamo e poi.... se c'è stata una Madre Maddalena Marcucci che si firmava Passionista Domenicana, perchè non potrebbe esserci un Don Ezio Salesiano Passionista?... Cinzia di Sulmona Grata a Dio per l’incontro c o n g l i AGC Caro padre, desidero ringraziarti per aver accolto Enza e don Giovanni e di averli incoraggiati per formare un gruppo di Amici di Gesù Crocifisso a Bari. Ieri sono stata ad un incontro del gruppo e non potrei spiegarti quello che ho provato: respiravo la presenza dello Spirito, percepivo amore e gioia. Sono grata a Dio per l’incontro con gli Amici di Gesù Crocifisso e per il dono di questa nuova fraternità di Bari. Io vivo sin da bambina “da passionista”, anche se ho scoperto solo ora questa spiritualità grazie agli Amici di Gesù Crocifisso. Vivo a Ceglie del Campo BA e da poco tempo frequento attivamente la Chiesa matrice, accolta bene dal parroco. Porto nel cuore il vivo desiderio di costituire un gruppo di preghiera vocazionale che si offra per consolare il Cuore Addolorato di Maria. Samantha Lo Buono
14
Felicissima di fare parte di una grande famiglia di amore Quest'anno è stato importante per la mia vita. Sono riuscita a dare una svolta importante alla mia vita, ho conosciuto una famiglia dove c'è amore, amicizia, spirito di gruppo, quella degli Amici di Gesù. Da un tempo sentivo l'esigenza di far parte di un gruppo ma non sapevo quale. Oggi il Signore mi ha indicato quello più giusto per me e ne sono felicissima. Mariella da Rutigliano di Bari “Ora siete luce” Il 10 gennaio u.s., festa del Battesimo di Gesù, la nostra fraternità della Madonna della Stella PG ha voluto ricordare il giorno del battesimo di tutti gli iscritti. E’ stata una decisione presa dopo le catechesi sul battesimo nel 2008, che ha spinto tutti a ricuperare la data del proprio battesimo. E’ stata una significativa rievocazione; un privilegiare la data della nascita come figli di Dio alla festa del compleanno. Per ringraziare Dio del dono ricevuto, abbiamo ricordato questo evento con una solenne celebrazione eucaristica. Il celebrante, p. Adalberto, dopo avere rilevato l’importanza del battesimo, ha rievocato mirabilmente la celebrazione del sacramento, ripetendo alcuni gesti battesimali. Ha asperso con l’acqua santa ciascuno di noi, che indossavamo una stola bianca e ci ha consegnato la candela, tipica dei battezzandi, da accendere al Credo della Messa, mentre ripetevamo la professione di fede. E’ stato un momento commovente: eravamo una singolare assemblea di fedeli, che si sentiva veramente luce di Cristo con la consapevolezza e la gioia di essere figli nel Figlio, tutti fratelli e parte di una grande famiglia, la Chiesa. “Perché spesso non pensiamo a questo grande dono dell’amore divino?” ci siamo chiesti e spontaneo si è innalzato un canto corale di lode e ringraziamento, seguito dalle invocazioni per implorare dal Signore l’aiuto a vivere da veri suoi figli la nostra quotidiana “promessa d’amore”. Per riscoprire ogni giorno la bellezza, la grandezza e la bontà de battesimo cristiano è stata consegnata a ciascuno una pergamena con la data del proprio battesimo, preceduto dalle parole di S. Paolo: “Un tempo eravate tenebra, ma ora siete luce nel Signore; camminate come figli della luce!” (Ef.5.8 ). Una esorta-
zione da non dimenticare mai e per noi, Amici di G.C., un impegno giornaliero, a cui siamo chiamati come figli di Dio: essere testimoni nel mondo del Crocifisso risorto, speranza degli uomini. Padovani Margherita Festa della Passione e Peregrinatio Crucis Il 19 marzo 1999, in piena Quaresima, Fragola Nello faceva acquistare un bel Crocifisso per iniziare a Porto S. Elpidio una peregrinatio presso le famiglie che desideravano accoglierlo per una o più sere, per un incontro di preghiera. Un Consiglio Esecutivo allargato del 5 maggio 2000 assumeva ufficialmente l’iniziativa e si impegnava a diffonderla nelle Fraternità durante la Quaresima. Fu subito un successo.
che gremivano la chiesa e incoraggia l’iniziativa della peregrinatio crucis. L’otto febbraio 2002 la festa solenne della Passione viene celebrata alle ore 21,00 nella Chiesa di S. Gabriele a Civitanova. I Crocifissi benedetti per la peregrinatio sono una decina. La grande chiesa è piena di Amici provenienti da tutte le fraternità delle Marche. Dal 2002 la festa della Passione è stata celebrata ogni anno nella parrocchia di S. Gabriele a Civitanova; i crocifissi benedetti hanno ora superato la cinquantina; è iniziata la peregrinatio anche nelle Fraternità di Giulianova, Roccaraso, S. Nicolò a Tordino. Anche in questo anno 2010 la Messa solenne della Passione è stata celebrata presso la parrocchia di S. Gabriele, con una grande partecipazione. Ha presieduto la concelebrazione il P. Daniele Pierangioli,
Benedizione dei Crocifissi per la Peregrinatio Crucis a Civitanova Il 22 febbraio del 2001 il P. Alberto celebra la messa prefestiva della Passione nella Chiesa di S. Gabriele a Civitanova e benedice un Crocifisso che inizia la peregrinatio a Civitanova, con la benedizione, la gioia e l’incoraggiamento del parroco don Lauro Chiaramoni, profondamente commosso. Il 23 febbraio 2001, festa della Passione, il P. Fernando Taccone, alle ore 21,00, presiede nella chiesa passionista di Recanati una concelebrazione di 11 sacerdoti e benedice 5 crocifissi per la peregrinatio in varie zone delle Marche. Partecipa anche il provinciale, P. Fabiano Giorgini, di santa memoria, che rivolge un saluto agli Amici
con una sentita e profonda omelia. Il : Alberto ha ricordato il primo decennale della peregrinatio crucis, il decennale della prima celebrazione della festa della Passione presso la parrocchia di S. Gabriele a Civitanova e la sua espansione nelle Marche e in Abruzzo. In un tempo in cui un tribunale europeo ha multato l’Italia per l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, noi, Amici di Gesù Crocifisso, ci siamo impegnati a piantare più profondamente il Crocifisso nel nostro cuore e a portarlo con più impegno in tante famiglie, per piantarlo nel cuore di tutti i cristiani. Pia
TETIMONIANZE
Vita eucaristica come conformazione a Gesù cro c i f i s s o Caro padre, in allegato, invio una riflessione su quello che per me è la vita eucaristica. L' ho scritta ieri sera tardi, mentre meditavo la passione di Gesù e il mistero eucaristico. Credo e sento nel cuore e nella mente, che solo vivendo il dono dell'Eucaristia si inizia a vivere la resurrezione già su questa terra. Bisogna abiurare però qualunque tipo di passione umana, chiedendo questo come grazia fondamentale. É un impegno sacerdotale del quale posso cominciare a "balbettare": «Signore, m’impegno a conformarmi a te nel corpo e nella mente; mi impegno a farmi "pane" non per i miei meriti, ma per amore del Regno dei Cieli. Parto dai miei peccati donandoli a te, Gesù, Misericordia infinita e a te mi consacro. Siccome sono debole e da solo non riesco ad essere santo, sii tu la mia santità. Allontana da me tutto ciò che è male e prendi il bene che solo tu hai posto in me. Vivi in me la tua passione, come meglio ritieni per realizzare il tuo progetto di vita per me e in me. Tu, Gesù Crocifisso, sei il mio Signore, tu solo sei la mia vita". Ti prego, padre, di darmi qualche consiglio per camminare meglio nella scalata verso Dio, affinché Cristo viva e respiri in me, rendendomi strumento efficace nel servizio agli altri e immagine sua nella mia piccolezza umana. Ho avuto momenti di sbandamento, ma non ho mai smesso di abbracciare la Croce, perché il giogo che ci offre Gesù è il più dolce e il più soave. Chiedo preghiere per invocare che il Sangue di Gesù possa lavare e "inondare" tutta la mia famiglia. Sento la Passione di Cristo in modo estremamente profondo e concreto.Mi scrivesti che la mia vita era una forma di "sacerdozio speciale".Come i missionari vanno in terre lontane in mezzo a sofferenze svariate, rischiando la propria vita, credo che sotto altra forma Dio abbia chiesto a me di essere missionario in una terra interiore lontana da Lui con tutto quello che questo comporta. Porto al collo il crocifisso con l'incisione delle iniziali della preghiera di San Benedetto, ma quella Croce la porto viva dentro di me. Quella Croce è l'Alfa e l'Omega del mio cuore, anche se peccatore. In una situazione di sofferenza che si protrae da due anni, tutto viene messo a dura prova. Ho messo tutto nelle mani di Gesù, chiedendogli di prendere le redini della mia famiglia. Sono stato ascoltato. Ti chiedo di pregare per mia moglie, perché lo Spirito Santo rimanga sempre su di noi per rispondere insieme ogni giorno alla chiamata di Dio, sapendo rimanere sulla Croce come il nostro Redentore, ricordandoci che solo il suo giogo è davvero leggero. Fabrizio – Firenze Una coppia chiede di fare la Consacrazione Sono stata per diversi anni sia nell’Azione Cattolica che nei Focolarini; mi hanno dato tanto a livello di fede. Dopo aver lasciato, per motivi di famiglia e di lavoro, la frequenza dei Focolarini, ho sentito l’esigenza di far parte di un gruppo che potesse aiutarmi ad amare il prossimo ed a
pregare con gioia “per riprendere il cammino di santità”. Diverse volte Anna Centurione e Paola De Simone avevano invitato me e mio marito Franco a partecipare alle riunioni degli “Amici di Gesù Crocifisso” di Fossacesia, finché il primo martedì del mese di novembre 2008 siamo andati al primo incontro. Il terzo martedì dello stesso mese eravamo già iscritti. Ora a distanza di più di un anno sento il bisogno di dire il mio concreto “si” a Gesù Crocifisso. Le catechesi ascoltate di P. Alberto e P. Marcello sono penetrate nel mio cuore, soprattutto quando ci dicono che Dio ci ama, che è pronto sempre a perdonarci e che tutti noi possiamo essere santi perché “la santità è amore di Dio e dei fratelli”. La vera fraternità che c’è tra gli Amici di Gesù Crocifisso mi ha dato tanto coraggio e tanta voglia di consacrarmi. Anna Maria Di Clemente Nel novembre 2005 quando arrivò l’urna di San Gabriele a San Giovanni in Venere a Fossacesia, scelsi di far parte del servizio d’ordine. Restando tre giorni vicino a questo grande santo, mi sentii un’altra persona: da lì cominciò per me la conversione. Continuando a stare in contatto con i padri Passionisti, perché faccio parte del comitato feste di San Giovanni, piano piano mi sono reso conto che in me andava radicandosi una fede che mi faceva sentire pieno di gioia. Già da tempo, con mia moglie, non rinunciavo mai alla visita ad un santuario che mi faceva tornare a casa consapevole che la strada da prendere era quella di Dio. Da anni davo più importanza alla confessione, ma alla mia ennesima visita a Lourdes, riprovai la felicità di sentirmi pienamente riconciliato con il Signore. Ora da quasi un anno e mezzo frequento il gruppo degli Amici di Gesù Crocifisso, che sono i miei fratelli in Cristo: mi sento sicuro perché, quando è Gesù ad unirci, non abbiamo timore di nulla. Ho imparato a pregare, aiuto i Passionisti nella messa e ora desidero consacrarmi a Gesù Crocifisso insieme a mia moglie. Facendo questo passo mi legherò a Cristo ed egli mi insegnerà ad amarlo anche attraverso il prossimo. Ringrazio Dio per avermi scelto di seguirlo per sempre sulla strada dell’amore e della fede. Caravaggio Franco Meditazione sul Corpo Mistico davanti al Santissimo Spesso mi soffermo, o Signore, a riflettere sul Corpo Mistico, che è “la Chiesa”, cioè tutti noi battezzati e innestati in Cristo. Questa mattina, mi trovo qui innanzi a te, mio Re sacramentato e ti adoro dal profondo del mio cuore; io non ti vedo, non ti sento, eppure la tua presenza qui, innanzi a me, è una presenza reale; tu sei lì e io qui innanzi a te. Vorrei dire tanto, ma adorare è silenzio interiore ed esteriore, è un guardare te per sentirti nel profondo del mio cuore. So che tu sei lì nel tabernacolo, eppure questa tua presenza la percepisco ovunque, ma soprattutto nel tuo Corpo Mistico. Ancora oggi tu, Gesù, t'immoli per la nostra salvezza e lo fai facendoti compagno di cammino di ogni fratello,
15
soprattutto di chi soffre nel corpo e nello spirito. Mio Signore, qui presente nell'ostia santa, io ti adoro senza vederti né sentirti, perché quest'ostia non ha le fattezze dell'uomo né tanto meno di Dio; qui ti adoro perché mi hai detto che tu sei il Pane vivo disceso dal cielo, sei il Pane della vita e che soltanto chi mangia di te vive in eterno e tu lo risusciterai nell'ultimo giorno. Soltanto chi mangia di te vive in te in una comunione trinitaria, perché dove sei tu c'è anche il Padre e lo Spirito Santo. Meraviglia delle meraviglie! Il mio povero cuore diventa un Paradiso d'amore perché la Trinità prende dimora in me e il coro degli spiriti celesti adora il mio Dio nel mio povero cuore, divenuto tabernacolo d'amore! Ma se voglio incontrarti concretamente nel sacramento dell’amore e non soltanto nella fede, devo farlo nei fratelli; e lì che oggi ti incontro, a volte nella gioia, spesso nel dolore di ogni tua creatura. Ancora oggi, mio Signore, vieni tradito, accusato, flagellato, crocifisso nel tuo Corpo Mistico e ancora oggi la tua SS. Madre versa lacrime ai piedi di ogni “suo figlio” crocifisso. Finché il peccato continuerà a regnare nel cuore degli uomini, ci sarà sempre tradimento, passione e morte; ma c’è anche la speranza di una risurrezione per ogni fratello che offre se stesso al Padre insieme a te, con la intercessione di Maria, donata a noi come Mediatrice della grazia. Il peccato crea squilibrio nel Corpo Mistico; come quando una persona si ammala, tutto il suo fisico ne risente ed ha bisogno di cure per guarire, così è per il Corpo Mistico. Il peccato è la malattia che causa sofferenza nel Corpo Mistico; la grazia è la medicina che risana ogni membro malato. Ma come il malato non trova la cura da se stesso, ma ha bisogno del medico, così avviene nel Corpo Mistico. Il medico delle anime è Cristo, capo del
Coro voci libere di Morrovalle chiesa dei Passionisti Corpo Mistico; la medicina è la sofferenza accettata insieme a Gesù Crocifisso e offerta in Lui al Padre per mezzo con Maria. Gli anziani, i malati, coloro che soffrono diventano i nostri parafulmini e ci aiutano nel cammino di conversione e di guarigione. La sofferenza è una medicina che aiuta il membro malato a fare un cammino di conversione che lo porta al medico divino per ricevere da lui la medicina delle medicine, “la grazia santificante”. Che gioia nel Corpo Mistico ogni volta che un membro malato ritrova l’unione con Cristo. Il cuore si apre a una gioia indicibile e una nuova effusione di acqua salvifica si espande su tutto il Corpo Mistico di Cristo. Vincenza Buscio
Giovanni di Giannatale
Profilo del P. Natale Cavatassi Passionista (1999-2009) Nel X anniversario della morte Il Prof. Giovanni Di Giannatale, dopo il profilo del P. Fabiano Giorgini, ci ha fatto dono del suo ultimo lavoro sul P. Natale Cavatassi, nel decennale della sua morte. L’ho letto con emozione e tanta gioia, perché mi ha fatto rivivere più di 50 anni della mia vita e dei miei rapporti con P. Natale. Tra noi due c’è stata sempre tanta stima e tanta collaborazione. Ricordo l’ultimo mio incontro con lui, poco tempo prima della sua morte, quando oramai il male aveva invaso il suo organismo, alle mie espressioni di profondo dolore per la sua perdita imminente, rispose molto sereno: “Dio mi ha dato tanto nella vita, mi ha fatto arrivare a 80 anni. Che posso desiderare di più? Gli debbo essere tanto grato”. Ebbi il P. Natale come professore di morale, di S. Scrittura, di greco e di ebraico nello studio teologico di S. Gabriele dell’Addolorata dal 1950 al 1954; negli ultimi due anni anche come direttore e fu lui nel 1954 a prepararmi e P. Natale Cavatassi con giovani passioniad accompagnarmi al sacerdozio. Giovane professore, sapeva sti nel giorno della loro ordinazione sacerrendere vive e attuali le sue lezioni, aprendoci la mente a tutte dotale il 24-4-1954 le problematiche della vita moderna. Le sue lezioni non erano mai pesanti. Aprì il nostro studentato a relazioni internazionali con altri studentati della Congregazione. Ricordo le mie relazioni con il vice maestro dei novizi della provincia basca, ora venerabile P. Francesco della Passione Condra. Per aprire noi studenti all’arte dello scrivere ideò e portò avanti la preparazione e la stampa dei due volumi di “Gioventù passionista”, che nella intenzione del P. Natale doveva essere una pubblicazione periodica, come palestra per gli studenti. Accanto a relazioni di professori passionisti affermati di varie nazioni e in varie lingue, c’erano le prime ricerche di noi studenti. Il P. Natale volle raccogliere poi in un fascicolo a parte il mio primo lavoretto “Fioritura di primavera” sui giovani passionisti morti in concetto di santità. Ebbi dal P. Natale consigli e incoraggiamento quando iniziai gli “Amici di Gesù Crocifisso” e volle rimanervi iscritto fino alla fine. Il “Profilo” presenta bene la figura poliedrica, tanto ricca e varia del P. Natale. Anch’io mi sono posto a volte il problema: se il P. Natale avesse approfondito un solo campo dei suoi studi, per esempio in campo biblico, data la sua conoscenza della lingua greca, ebraica, aramaica e altre lingue orientali, poteva eccellere maggiormente. Aveva aiutato il prof. Rocci e correggere il suo famoso dizionario greco. Ma costringere il P. Natale a una sola scelta sarebbe stato come legarlo a una catena. Non sarebbe stato più il P. Natale, come scrive Di Giannatale. Ringrazio il Professore per quanto ci ha dato: un tributo che il P. Natale meritava davvero. P. Alberto Pierangioli.
Calendario degli Amici 07 marzo 2010: 02 aprile 2010: 11 aprile 2010: 17-18 aprile 2010: 02 maggio 2010:
Ritiro Mensile a Morrovalle: 9,45-18,00 VENERDI’ SANTO Ritiro Mensile a Morrovalle: 9,45-18,00 Visita Sindone: Torino e Castellazzo Ritiro Mensile e Consacrazioni a Morrovalle: 9,45-18,00 Ricordiamo al Signore i nostri defunti
Un grazie sincero a coloro che hanno inviato la loro offerta per le spese di stampa Marzo – Aprile 2010 – Anno XI n. 2 Autor. Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999 Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 2, DCB Macerata. Editoriale ECO srl - C. c. p. 11558624 Dir. Tonino Taccone – Red. P.A. G. Pierangioli Piazzale S. Gabriele 2 – 62010 Morrovalle Mc T. 0733/221273 - C. 349.8057073 - Fax 0733/222394 E-mail albertopier@tiscali.it http://www.amicidigesucrocifisso.org