mici di Gesù Crocifisso A Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”
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Novembre - Dicembre 2011 - Anno XII n. 6
SOMMARIO 2. P. A. Pierangioli 9 S. Paolo della Croce e le colombe del Crocifisso 3. P. A. Pierangioli 10 Il vero Paolo della Croce: uomo tutto di Dio 4. P. R. Cecconi VI – Meditiamo con il vangelo di Matteo 5. Coltorti M. Grazia XIII – La santità è amore di M. Maddalena Marcucci 6. A.G.C. Stella 150 anno dalle apparizioni della Madonna 7. P. Stefano Pompilio Il Natale di S. Paolo della Croce 8.- 9 Benedetto XVI Discorso al Congresso Eucaristico di Ancona 10. P. L. Mazzoccante Passionisti Chiesa e Società 11. P. L. Baldella: Pellegrinaggio al Monte Argentario e Lucca 12-14 Testimonianze 15. Card. A. Comastri: Letterina a Gesù Bambino 16. P. Alberto P. Auguri di Natale
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9 – S. Paolo della Croce: Le colombe del Crocifisso Novembre 2011
an Paolo della Croce non ha fondato solo il ramo maschile dei Passionisti, ma anche il ramo femminile delle monache passioniste di clausura. La prima idea di un ramo femminile che affiancasse con la preghiera quello maschile, Paolo la manifesta fin da quando era all’eremo di Sant’Antonio. Alcune delle prime discepole del santo gliene parlano spesso. In varie lettere, Paolo, che seguiva diversi monasteri femminili e spesso ne vedeva la decadenza, inizia a sognare un monastero passionista. La ven. Lucia Burlini vede in visione il crocifisso attorniato da uno stuolo di «colombe», che gli volano attorno per confortarlo e fargli compagnia. Paolo la invita a pregare per tale scopo. Ma la storia si trascina per trent’anni, con tante difficoltà. Nel 1739 predica un corso di esercizi spirituali alle benedettine di Tarquinia. Conosce la venerabile Maria Crocifissa Costantini alla quale presterà la sua direzione spirituale fino alla morte. Le scrive anche centinaia di lettere di direzione spirituale, che M. Crocifissa distruggerà in gran parte, perché vi si parla bene di lei. Ne salva solo trentadue. Nel 1741 anche lei riceve dal Signore lumi circa un monastero passionista. Ma gli anni scorrono senza che succeda nulla. I Costantini sono amministratori del monastero delle benedettine e conoscono Paolo sempre più intimamente ogni volta che vi torna a predicare. In quelle occasioni non mancano segni straordinari operati da Paolo che legano sempre più i Costantini a lui. Sono benestanti e la famiglia non ha prospettive di discendenti. Le tre figlie sono monache benedettine. Si offrono a contribuire alla costruzione del ritiro dei passionisti a Tarquinia e a edificarvi il monastero per le passioniste. Nel 1757, Paolo così scriveva a Domenico Costantini: “Lei si armi sempre più di gran confidenza in Dio; non lo spaventino le difficoltà, Dio le farà vedere prodigi. Sarà un’opera per la pura gloria di Dio e per farne un nido per le pure colombe del Crocifisso, perché facciano perpetuo lutto per la santissima Passione, ungendo le piaghe divine col balsamo delle loro lacrime sgorgate da cuori veramente ardenti d’amore”. Il 9 gennaio 1759 fu posta la prima
di P. Alberto Pierangioli
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pietra del nuovo monastero, ma la costruzione procedeva a rilento, tra molte difficoltà. Il Costantini pretendeva di interferire nella vita delle future monache, per togliere regole troppo rigide, appoggiato in qualche modo anche dal vescovo. Ma Paolo si opponeva e scriveva: «Noi vogliamo fare un monastero di anime grandi e sante, morte a tutto il creato e che si assomiglino nelle sante virtù a Gesù appassionato e a Maria Addolorata». Paolo la spunta sul Costantini e sul vescovo. Nel marzo del 1760 Paolo comunica con gioia:«Il nido delle pure colombe di Gesù è già coperto». Chiesa e monastero sono dedicati alla Presentazione di Maria al tempio come il primo ritiro del ramo maschile. Il nuovo papa Clemente XIV, amico di Paolo, approva la regola composta dal santo. Nel 1770 Paolo visita il monastero già terminato e richiede alcuni ritocchi per avere una piena clausura. I1 3 maggio 1771 dieci postulanti, preparate da Paolo a una a una per lunghi anni e guidate da madre Crocifissa Costantini, che lascia per questo scopo il monastero delle benedettine, vesto-
In copertina: Natività
no in cattedrale l’abito passionista; poi, portando la croce sulle spalle e la corona di spine in capo, piene di gioia, fanno il loro ingresso in monastero. Madre Maria Crocifissa Costantini ne è proclamata prima presidente canonica. Paolo, malato, non poté partecipare alla inaugurazione, ma provò una gioia così grande da dire che, se fosse stato presente, non avrebbe retto all’emozione. Offrì al Signore il sacrificio di non vedere mai le proprie figlie spirituali vestite del suo stesso abito. I1 20 maggio 1772 le undici novizie emisero la professione religiosa con lo stesso rito dei confratelli passionisti: suono delle campane a morto, mentre si legge il racconto della passione secondo Giovanni e le novizie si stendono a terra per indicare la mistica morte a tutto ciò che non è Dio. A loro si uniscono, con il permesso del papa, altre 3 monache benedettine di Tarquinia, di cui due sorelle di Madre Maria Crocifissa. Iniziava così una forma di vita tra le più umili e crocifisse, che avrebbe dato alla Chiesa molte anime contemplative, sante e nascoste al mondo. La più nota sarà una che non potrà nemmeno entrare in monastero, ma che vivrà più di ogni altra lo spirito della passione, santa Gemma Galgani, di Lucca (1878-1903), stigmatizzata nel corpo e nell’anima, una delle più perfette immagini femminili del Cristo Crocifisso. Oggi i monasteri di monache passioniste sono circa trentacinque, sparsi in molte nazioni. Nel 1825 la marchesa Maddalena Frescobaldi di Firenze, che già dal 1812 aveva dato inizio a una congregazione di vita attiva ispirata alla passione, trascorse alcuni giorni nel monastero di Tarquinia, per conoscere meglio la spiritualità Passionista e fare nascere la congregazione delle suore passioniste di San Paolo della Croce di vita attiva, che ora sono diffuse in diverse nazioni. Dal carisma passionista di San Paolo della Croce sono poi sorti in varie nazioni altri istituti maschili e femminili che arricchiscono la Chiesa di Dio. albertopier@tiscali.it
10 – Paolo della Croce: un uomo tutto di Dio
di P. Alberto Pierangioli
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bbiamo presentato in questo anno, mese per mese, la vita e l’opera del nostro fondatore, San Paolo della Croce. A questo punto ci chiediamo: “Chi era realmente Paolo della Croce, che la Chiesa ha proclamato santo e ne ha posto una statua nella basilica di San Pietro?”. Mi piace come lo definisce un grande conoscitore del santo, P. A. Lippi: “Un uomo tutto di Dio” (Lippi, S. Paolo della Croce, p. 261). “Un uomo”, ricco come pochi di tante belle qualità e dote umane che rendono eccezionale una persona, ma anche con i limiti e caratteristiche propri della natura umana e di ogni carattere. “Tutto di Dio”: un’abbondanza di tanti doni di Dio e di tante eroiche virtù, che hanno arricchito la sua vita da renderlo un grande fondatore e un grande santo, attuale anche nella Chiesa del dopo Concilio, nella società difficile in cui viviamo. Il Signore gli donò dei genitori ricchi di fede e di figli. Da loro apprese l’amore per la Passione di Gesù e per la solitudine, l’impegno per il lavoro illuminato da Dio, il primato di Dio in ogni cosa, che furono poi i capisaldi di tutta la sua vita. Fin da giovane ha già un’attrazione irresistibile per la preghiera che lo porta a dedicarle fino a 7 ore tra giorno e notte. Questo ci fa capire una sua espressione dell’età matura: «Io non posso capire come mai si possa trovare qualcuno che non pensi sempre a Dio». Da questa esperienza di Dio nasceva anche la continua coscienza della presenza di Dio. «Tutta la sua vita - attesta un religioso - è stata una continua attenzione a Dio. Ogni volta che lo vedevo, sembrava che stesse in orazione». Per alimentare la vita spirituale, pratica il distacco dal mondo, la penitenza e la solitudine. Queste scelte sono tanto più rilevanti se pensiamo che Paolo le ha fatte quando era solo un laico, che viveva intensamente la fede cristiana. Fino a 27 anni, accanto agli impe-
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gni di fede e di preghiera, Paolo si dedicò ad aiutare il papà nelle sue attività commerciali, per sostenere la numerosa famiglia. Si formarono allora alcune caratteristiche della sua personalità che lo seguirono poi nella sua missione di fondatore, di padre spirituale c di apostolo. Un uomo concreto, pratico, realista. Aiutando il padre in bottega o trasportando merce da un paese all’altro, attraverso pericoli di ogni genere, Paolo sviluppò un forte senso pratico e un grande amore per le cose concrete. Era pieno di fantasia e di inventiva. Si formò un carattere comunicativo, socievole, sincero, che lo faceva ricercare da un numero grande di persone. Dell’uomo di commercio Paolo con-
serverà anche le doti di inventiva, agilità mentale, decisione, facilità a mettersi in viaggio e ad affrontare rischi e pericoli. Un carattere fortemente attivo ed estroverso che non gli impedì di essere anche un grande contemplativo, amante della solitudine e della continua comunione con Dio. Pochi religiosi di vita attiva hanno viaggiato c operato quanto san Paolo della Croce. Ma è vero anche che pochi contemplativi hanno passato tanto tempo nel silenzio e nell’orazione quanto ne ha passato lui fin da ragazzo. Uomo di cultura essenziale, concreta, con una grande intelligenza e una forte memoria. Oltre al Diario spirituale del Castellazzo, tanto apprezzato da grandi studiosi di mistica, scrisse varie decine di migliaia di lettere di direzione spirituale. Ne sono rimaste poco più di 2000. Si lamentava: «É tutta la mattina che scrivo e non ne posso più», Le sue lettere si leggono anche oggi
con interesse e gioia spirituale. Uomo emotivo, Paolo viene descritto come un carattere “sanguigno e fortemente emotivo”. Questa emotività sì manifestava nella facilità a commuoversi fino al pianto. Molti testimoni parlano delle sue lacrime nella celebrazione della messa, nelle prediche e negli incontri personali. Era anche tenerissimo negli affetti. Verso i giovani passionisti aveva una tenerezza paterna: li abbracciava, stringendoli forte al petto e piangendo. Li chiamava «angeli in carne». Il solo vederli tanto devoti, pronti e silenziosi nei loro santi esercizi, lo commoveva. Aveva una grande tenerezza anche verso i fratelli laici e i missionari che tornavano stanchi dalle missioni. Era molto sensibile e per questo soffriva tanto nelle prove e contrarietà. L’emotività si manifestava in lui anche nella facilità ad alterarsi. É il difetto più vistoso ricordato nei processi, perché aveva un «naturale sanguigno e bilioso». Ma la sua carità e la delicatezza senza limiti copriva e riparava tutto, anche quando richiamava e rimproverava, pronto anche a chiedere perdono. Uomo ottimista, allegro, umorista. Da uomo aperto ed estroverso, egli manifestava le sue gioie con la stessa naturalezza con cui manifestava le sue angustie. Non accettava aspiranti alla vita passionista che avessero un carattere malinconico, perché in genere, non fanno una buona riuscita. La sua dottrina mistica non era un dolorismo sentimentale, perché la gioia cristiana era sempre presente nell’esperienza della croce. Questa gioia si manifestava spesso nell’umorismo. Sembrerà strano che si attribuisca umorismo al fondatore dei Passionisti, ma i suoi scritti e tante testimonianze che lo riguardano abbondano di uscite umoristiche. Questo è San Paolo della Croce: un santo austero, ma sensibilissimo, grande mistico e grande apostolo, pieno di tenerezza e di carità. Un grande uomo pieno di Dio. albertopier@tiscali.it
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VI - MEDITIAMO CON IL VANGELO DI MATTEO La croce di Gesù vince la morte e apre alla fede (27,45-56) di P. Roberto CecconiCP
arissimi Amici, in questa sesta tappa del nostro percorso nel vangelo di Matteo ci soffermiamo sul racconto della morte di Gesù. Iniziamo con la lettura-ascolto del brano biblico. A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo. Gesù muore gridando al Padre la sua solitudine Il racconto della morte di Gesù inizia con la menzione del buio che ricopre la terra da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, tenebra che in qualche modo rimanda alla situazione interiore che il Crocifisso sta vivendo. Infatti, verso le tre del pomeriggio, Gesù grida a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». È la citazione, in ebraico, del Sal 22,2. Con queste parole, Gesù esprime tutto il senso di solitudine nel quale si trova immerso. L’abbassamento di Cristo descritto nella lettera ai
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Filippesi (Fil 2,6-11) giunge non solo alla croce, ma anche a sperimentare il silenzio di Dio. Gesù, pur di salvarci, non ha avuto timore di farsi «lui stesso maledizione per noi» (Gal 3,13). Non va tuttavia dimenticato che l’invocazione Dio mio, Dio mio lascia intendere quanto Gesù sia consapevole di stare in comunione con Dio, nonostante la situazione di buio in cui si trova. Inoltre, la citazione del Sal 22 potrebbe anche racchiudere la speranza di beneficiare della salvezza operata da Dio. Questo salmo termina infatti con parole di profonda fiducia rivolte al Signore (Sal 22,23-32). È come se Gesù, citando l’inizio di questa supplica, volesse fare riferimento a tutto il salmo. I presenti si servono delle parole di Gesù per deriderlo. Fanno leva sulla pietà popolare, secondo la quale Elia soccorreva coloro che si trovavano in situazioni difficili, per prendersi gioco del Crocifisso. In questa situazione di tenebra e di profonda umiliazione, Gesù, emesso un grande grido, rende lo spirito. Il «terremoto» operato da Dio alla morte del Figlio È in questo momento che si rivela il significato profondo della morte di Gesù. Il velo del tempio viene squarciato (da Dio) da cima a fondo. Non si sa bene se si tratta del velo che custodisce la parte più sacra del santuario o di quello che separa il tempio stesso dall’atrio. Ad ogni modo è certo che l’evento segna la fine del tempio e l’apertura alla fede da parte dei pagani. Da questo momento è Gesù il luogo in
cui incontrare Dio e da questa esperienza nessuno può essere escluso. A questo punto l’Evangelista menziona ancora due interventi di Dio: il terremoto (seguito dalla spaccatura delle rocce e dall’apertura dei sepolcri) la risurrezione di molti corpi di santi. Costoro, dopo la risurrezione di Gesù, entreranno nella città santa e appariranno a molti. Questi episodio, presente solo in Matteo, può essere visto come un’immagine di quanto, in virtù della passione di Cristo, avverrà alla fine dei tempi. La croce di Gesù, dunque, segna la sconfitta definitiva della morte e ai giusti viene aperta la prospettiva della risurrezione, partecipazione a quella del Signore. Il centurione e quelli che con lui stanno sorvegliando il Crocifisso, vedendo il sisma e le cose accadute, sono presi da un grande timore, segno di aver percepito in tutto ciò un intervento divino, e riconoscono unanimi che Gesù è il Figlio di Dio. In questo modo ha inizio l’apertura dei pagani alla fede in Cristo. La Buona Notizia Il passo evangelico che abbiamo appena meditato ci inonda di gioia, perché ci fa prendere coscienza che il Signore è sempre presente nella nostra vita, anche nelle tenebre più fitte. Anzi, con la sua morte e risurrezione, Gesù ci ha liberati per sempre dalla corruzione del sepolcro e ci ha resi partecipi della vita eterna. Possiamo dunque porci con piena fiducia al seguito e al servizio di Gesù, Figlio di Dio e nostro salvatore. robi.cp@libero.i
XIII - “LA SANTITÁ É AMORE” di Madre M. Maddalena Marcucci I CARATTERI DEL DIVINO AMORE:la carità fraterna di Maria Grazia Coltorti
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Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama ” (Gv.1 4,21.)
Continuiamo nell’elenco degli aspetti che ci possono essere utili per cercare di capire se davvero cresciamo nell’amore al Signore o se ci stiamo perdendo dietro a sentimentalismi di pura fantasia o illusioni. Per chi vuole amare il Signore è un vero e proprio martirio non sapere se lo ama davvero o no. Non possiamo essere certi ma possiamo avere almeno una certezza morale del nostro stato, che ci aiuta a vivere fiduciosi e confortati. Questa bussola che ci guida sulla via giusta dell’amore è la bussola della carità fraterna: “Chi ama il prossimo, ha adempiuto la legge” ( Rm 13,8). Amando il prossimo per amore di Dio, si osservano tutti i comandamenti e quindi è certo che amiamo Dio. Confrontandoci con Gesù possiamo anche scoprire il grado di carità che è in noi. Le sue parole e i suoi esempi saranno per noi uno specchio e un modello: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni e gli altri, come io vi ho amati” (Gv 13,34). Chi non ama Dio, o lo ama in modo imperfetto, giudica impossibile praticare gli insegnamenti di Gesù, cioè fare del bene a tutti senza interruzione…ma non è così per chi lo ama davvero! Per questi ultimi cercare di imitare Gesù, amando tutti e sempre, è una necessità ineludibile, conseguenza del fuoco che arde in loro. Specifica bene la nostra Madre Maddalena: L’amore, o la carità, ha il suo complemento nel beneficare altri. Se non è così, non esiste amore -. Questo perché gli altri che amiamo sono l’immagine di Dio, che è nascosto ai nostri occhi. L’amore lo scopre e lo ama nei nostri simili nei quali, sa di certo, che Egli dimora. L’amore di Dio, dice ancora la nostra maestra, è come un orologio che tiene sveglia l’anima e la fa guardare intorno a sé per vedere in che modo possa aiutare o favorire qualcuno. Il nostro amore ci può a volta lasciare nel dubbio se sia
sincero o no, perché non lo sentiamo (nelle prove o nell’aridità) ma, se c’è in noi la carità fraterna, sempre ci indicherà se amiamo Dio e quanto. Quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme (Sal 133,1.) La carità, diretta al bene dell’anima o del corpo, è sempre bella nei suoi atti perché è riflesso del puro amore. La persona che abitualmente vive nell’amore di Dio non ha bisogno di
tante parole per capire i bisogni del prossimo. Intuisce e consola chi soffre, asciuga le lacrime di chi piange, infonde fiducia e coraggio. Il modo di agire di queste persone che vivono nella carità è simile a quello degli Angeli custodi. Senza rumore, senza parlare, senza farsi conoscere, ci avvertono, ci correggono, ci aiutano e ci insegnano. Le anime che amano Dio in modo imperfetto, fanno attenzione solo alle vere mancanze. Non considerano che Dio si tiene offeso per qualsiasi minima mancanza di carità. Invece le anime possedute dall’amore di Dio sanno molto bene che a volte una sola parola sconsiderata, una disattenzione o uno sguardo, bastano per contristare un’anima, riempirla di amarezza e di afflizione. Doveri della carità Le anime che amano Dio hanno come guida nell’agire l’amore stesso. Se si tratta di persone che hanno un ruolo che prevede la correzione, l’istruzione, la guida delle anime, usano tanta circospezione seguendo l’esempio di Gesù con la donna adul-
tera. Egli non l’ha giustificata ma nemmeno l’ ha accusata. Invece di confonderla e umiliarla, l’ha incoraggiata alla fiducia e l’ha predisposta così a ricevere la grazia del perdono. Un altro modo di Gesù è quello di avvertire e correggere mostrando la bellezza della virtù, senza parlare dei difetti della sua anima e mostrando invece cosa perde l’anima che trascura il cammino retto. Così la persona entra in se stessa, si umilia e si dispone a udire la voce della grazia. In questo modo quelli che amano veramente Dio praticano la carità fraterna, ricordandosi di Gesù che, alla vigilia della sua morte, disse. “Perché il mondo sappia che io amo il Padre, alzatevi e andiamo” (Gv 14,21). Dove? A compiere il grande atto di carità di liberare tutti gli uomini per farli felici aprendo loro le porte del cielo. E quante umiliazioni e dolori ha dovuto accettare Gesù nella sua santissima passione! Come Gesù, anche la sua santissima Madre, ci ha dato un esempio di sublime carità: da quando ha accettato di essere sua Madre ha accettato anche di consegnarlo alla morte. Conclude la Madre Maddalena Marcucci che la carità fraterna, praticata con fedeltà e perseveranza, senza distinzione di persone, dato che tutti portano l’immagine di Dio che amiamo, è il segno più sicuro che amiamo Dio e che Dio dimora in noi ( 1Gv 4,12). Senza questo segno, abbiamo fondato motivo di temere che tutto il bene che facciamo sia sospetto o molto dubbio. Quando meno si pensa, l’amore che credevamo avere per il Signore, verrà a mancare e cadremo in quel terribile castigo che è la durezza di cuore. Esaminiamoci nella carità: a misura che ci perfezioniamo nella carità verso il prossimo, ci perfezioniamo anche nell’amore verso Dio. Perché, come ha detto Gesù, tutto quello che facciamo al più piccolo dei nostri fratelli, lo facciamo a Lui (Mt 25,40). Coltorti Maria Grazia
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150 ANNI DALLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DELLA STELLA E GLI AMICI DI GESÙ CROCIFISSO *** oi, AGC, ci mettiamo ai piedi di Maria, madre del crocifisso e aiuto dei cristiani. In questa ottica noi amici di G.C. contempliamo e preghiamo con animo devoto e ardente di amore la Vergine Maria. Una preghiera che quest’anno vuole assumere la forza della testimonianza per la celebrazione del 150° anniversario delle sue apparizioni a Madonna della Stella dove siamo stati chiamati per far parte del M.L.P. Era l’anno 1989 e il p.A. Pierangioli, nostro attuale assistente spirituale nazionale guidava un corso di esercizi spirituali per laici presso il santuario, svolgendo il tema “ la santità è amore”. Fu spontaneo, allora indicare il crocifisso come il più grande modello di amore, perché “non c’è amore più grande di chi dona la vita per i propri amici “ (Gv 15,13-14). Nacquero così gli Amici di Gesù Crocifsso, che fanno parte del Movimento Laicale Passionista, approvati a suo tempo dal padre provinciale con uno specifico statuto. La finalità del gruppo è amare a far amare Gesù Crocifisso. Contemplando il crocifisso non possiamo non vedere la Vergine Maria ai piedi della croce; “due cuori santissimi, due fornaci di amore anzi una fornace sola”; scrive il nostro fondatore San Paolo della Croce. Maria è lì che ci aspetta per adorare insieme la volontà del Padre. Così guardandola ci rendiamo conto che cosa significhi amore, diventiamo consapevoli del suo aiuto materno e possiamo implorarla nelle litanie lauretane “ aiuto dei cristiani”. Con questo titolo la veneriamo nel santuario della Madonna della Stella mentre ci ripete ancora oggi come al piccolo Righetto: Sii buono. Per esserlo occorre lasciarsi amare fino nel profondo da colei che è Madre, perché l’amore tocca e concede alla grazia di saper morire a nostra volta per gli altri. È Maria che ci aiuta a guardare il suo figlio morente, per imparare la bontà che significa imitare la vita di suo figlio Gesù, l’ascolto della sua parola nell’insegnamento evangelico. Per tanto la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni ci interpella tutti, e oggi in modo particolare noi Amici di G.C. a credere nella forza dell’amore sull’esempio di Cristo e a rafforzare la nostra fede. Sono questi
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due elementi basilari se vogliamo frenare questo costante deterioramento dei rapporta tra fratelli, specie ora che una deriva lassista sta prendendo sempre più forza. È giunto per noi il momento di usare tutte le nuove possibilità specialmente di servizio che oggi ci vengono offerte , ma che non sappiamo ancora utilizzare appieno, con il fine di riproporre con l’esempio la validità dei veri valori, cioè quelli della carità, del-
Solo con questa testimonianza di amare riusciremo ad uscire dal vortice dell’edonismo e dell’egoismo dilagante che oggi tanti danni produce alla nostra società
PREGHIERA ALLA MADONNA DELLA STELLA Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, mentre ci presenti e ci doni il tuo Figlio Gesù, con sollecitudine materna ripeti a ciascuno l’esortazione che rivolgesti un giorno al piccolo Righetto: “Sii buono!”. Tu ci chiami così ad imparare la vita buona e bella del Vangelo, che ci rende degni di chi ci ha preceduto e maestri di quelli che verranno, ci vincola alla fratellanza tra noi e ci fa figli sinceri della Chiesa.
l’amore e dell’umiltà. L’attuale celebrazione quindi vuole essere per noi non solo momento di memoria bensì un anno di grazia che intendiamo sintetizzare in due momenti particolari: ringraziamento e preghiera. Ringraziamento: perché il nostro movimento è nato sotto il vigile sguardo della Madonna della Stella, convinti che il suo aiuto materno non ci mancherà mai perché vorrà tenerci come sempre fra le sue braccia materne come stringe sulle ginocchia il suo piccolo Gesù nella raffigurazione venerata nel santuario. Preghiera: per consolidare la nostra chiamata di A.G.C. e la nostra vocazione cristiana, la sola a renderci capaci ad applicare i principi evangelici alla scuola di Gesù per la nostra specifica spiritualità passionista: l’amore a Dio e ai fratelli specialmente i crocifissi.
Aiuto dei cristiani, domanda per noi la grazia di essere veri seguaci del tuo Figlio, mantieni integra e solida la nostra fede, rafforza la nostra speranza, fa’ risplendere la nostra carità. Con te, figlia e ancella del Padre, vogliamo accogliere la Parola e metterla in pratica. Per mezzo di te, Madre e discepola di Cristo, vogliamo camminare sulla via del Vangelo. Guidati da te, sposa e tempio dello Spirito Santo, vogliamo diffondere attorno a noi consolazione e speranza. Madonna della Stella, che ci sei stata donata come Madre di immensa carità, ricordati di tutti noi, tuoi figli: accogli la nostra preghiera, brilla come luce sul nostro cammino ed accompagnaci all’incontro gioioso con il tuo Figlio Gesù. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. + Renato Boccardo Arcivescovo di Spoleto-Norcia
Il Natale di S. Paolo della Croce
an Paolo della Croce vede tutta la vita di Cristo — dalla culla al Calvario — sotto la luce della Passione. Il mistero del Verbo incarnato al suo sguardo si illumina nel mistero della Passione. La dimostrazione è evidente già nel Diario durante i giorni del Natale, quando la sua anima, toccata al vivo dalla liturgia, trabocca in dolci effusioni di tenerezza e di amore. Paolo contempla allora l’amore infinito del Verbo eterno; il suo spirito si ferma e stupisce di fronte all’abbassamento senza confronti e ai disagi che circondano la sua nascita temporale: «Alla notte Ss.ma... fui anche con molte tenerezze, massime nel ricordarmi dell’infinto amore del nostro caro Dio nell’essersi fatto uomo; e nascere con tanto incommodo, e tanta povertà; e poi mi riposavo così nel mio Dio». La Passione considerata in Gesù Bambino lo intenerisce; la discesa del Verbo eterno dal seno del Padre per farsi uomo lo rapisce soavemente, accendendolo di ardentissima carità Le sue Lettere scritte nel periodo natalizio dimostrano quanto sentisse e vivesse queste esperienze o sul mistero dell’Incarnazione. Gli elementi su cui in esse si sofferma e che più lo attirano sono l’umiliazione del Verbo e le sofferenze che Gesù ancora bambino, sceglie per essere il Salvatore: « ...Ma chi non potrà e dovrà distillare il cuore dagli occhi, vedendo un Dio per noi bambino in fasce, per noi colcato sul fieno in un presepio, per noi bisognoso fino del ‘fiato di due giumenti! Oh, che gran luce! Oh, che gran fuoco arde nella stalla di Betlhem! Guai a me, se a vista
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di tanta luce, agli ardori di tanto fuoco, non mi consumo di santo amore e piuttosto me ne resto tiepido e gelato come prima! ». E in un’altra: «Ma che stupore vedere un Dio fatto bambino! Un Dio fasciato con povere fasce! Un Dio sopra un po’ di fieno fra due giumenti! Chi non sarà umile? Chi non si assoggetterà ad ogni creatura propter Deum? Chi avrà ardimento di lamentarsi? Chi non starà in silenzio intus et foris nel suo patire? ». Ecco quali altri sentimenti escono dal suo cuore dinanzi al miste-
ro della culla di Betlem: «Vorrei che V. R. — scrive ad una monaca — celebrasse il S. Natale nella povera stalla del suo cuore ove nascerà spiritualmente il dolce Gesù. Presenti questa povera stalla a Maria Ss.ma ed a S.
Giuseppe, acciò l’adornino di virtù, affinché il dolce Bambino vi stia bene. Tra i quadri prediletti che ornavano la sua povera cella dei Santi Giovanni e Paolo (Roma) figurava un piccolo quadro di Gesù Bambino dormiente sulla croce. « Molti anni sono io avevo un bel Bambino dipinto sopra una carta di Germania, che se ne dormiva placidamente sopra una croce. Oh, quanto mi piaceva quel simbolo! Lo diedi ad una persona crocifissa, ma di santa vita, la quale fu diretta da me sinché visse e fu un’anima delle più virtuose e di altissima contemplazione, ch’io abbia conosciute e morì in concetto di santa. Io volevo, come bramo a lei, che quell’anima fosse bambina per purità e semplicità, dormisse sopra la croce del dolce Gesù. Dunque lei nel S. Natale, che avrà il Bambino nel suo cuore, tutta trasformata in esso per amore, dorma con lui nella culla della croce, e alla divina canzonetta che canterà Maria Ssma, lei si addormenti col divino Bambinello, ma fatta un sol cuore con esso. La canzonetta di Maria Ssma sarà: fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra; l’altra strofetta sarà: operare, patire e tacere; la terza stroifetta sarà: non ti giustificare, non ti lamentare, non ti risentire. Che ve ne pare di questa canzonetta? Imparatela bene cantatela bene, dormendo sulla croce e praticatela con fedeltà; che vi assicuro, vi farete santa» . (Tratto da: L’esperienza mistica della Passione in San Paolo della Croce di p.Stefano L. Pompilio C.P)
AUGURI DI SAN PAOLO DELLA CROCE “Carissimi, gli auguri ve li farò dall’altare soprattutto la sacratissima notte di Natale e porrò i vostri cuori sotto il manto, anzi nella braccia santissime di Maria Immacolata, perché vi impetri dal suo divino Bambino copiosi tesori di grazie sia spirituali che temporali. Prego il Sovrano Divino Infante di concedervi ali di fuoco, ali di viva fede, di fiducia e fervida carità, affinché il vostro spirito voli in alto “nel seno del Padre”. Porrò i vostri cuori tra le fasce del dolce Bambino, perché li riscaldi con il fuoco della divina carità e Maria SS. li innaffi con le dolcissime lacrime d’amore, versate nel vedersi il Re dei Re tra le braccia, avvolto in poverissimi panni. Abissatevi sempre più nel considerare l’infinita bontà di Dio, che ha voluto farsi piccolo, nascondendosi nel seno della Vergine Immacolata. Il Divino Infante rinnovi nei vostri cuori ogni giorno, anzi ogni momento, la mistica natività, perché possiate rinascere sempre più a vita deifica e santa, nel più profondo della solitudine interna, in sacro silenzio di fede e di santo amore”. Paolo della Croce
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Chiusura del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ad Ancona Omelia del Santo Padre domenica 11 settembre 2011
arissim i fratelli e sorelle! Sei anni fa, il primo viaggio apostolico in Italia del mio pontificato mi condusse a Bari, per il 24° Congresso Eucaristico Nazionale. Oggi sono venuto a concludere solennemente il 25°, qui ad Ancona. Ringrazio il Signore per questi intensi momenti ecclesiali che rafforzano il nostro amore all’Eucaristia e ci vedono uniti attorno all’Eucaristia! Bari e Ancona, due città affacciate sul mare Adriatico; due città ricche di storia e di vita cristiana; due città aperte all’Oriente, alla sua cultura e alla sua spiritualità; due città che i temi dei Congressi Eucaristici hanno contribuito ad avvicinare: a Bari abbiamo fatto memoria di come “senza la Domenica non possiamo vivere”; oggi il nostro ritrovarci è all’insegna dell’“Eucaristia per la vita quotidiana”. Prima di offrivi qualche pensiero, vorrei ringraziarvi per questa vostra corale partecipazione: in voi abbraccio spiritualmente tutta la Chiesa che è in Italia. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Davanti al discorso di Gesù sul pane della vita, nella Sinagoga di Cafarnao, la reazione dei discepoli, molti dei quali abbandonarono Gesù, non è molto lontana dalle nostre resistenze davanti al dono totale che Egli fa di se stesso. Perché accogliere veramente questo dono vuol dire perdere se stessi, lasciarsi coinvolgere e trasformare, fino a vivere di Lui, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella seconda Lettura: “Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,8). “Questa parola è dura!”; è dura perché spesso confondiamo la libertà con l’assenza di vincoli, con la convinzione di poter fare da soli, senza Dio, visto come un limite alla libertà. E’ questa un’illusione che non tarda a volgersi in delusione, generando inquietudine e paura e portando, paradossalmente, a rimpiangere le catene del passato: “Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto…” – dicevano gli ebrei nel deserto (Es 16,3), come abbiamo ascoltato. In
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realtà, solo nell’apertura a Dio, nell’accoglienza del suo dono, diventiamo veramente liberi, liberi dalla schiavitù del peccato che sfigura il volto dell’uomo e capaci di servire al vero bene dei fratelli. “Questa parola è dura!”; è dura perché l’uomo cade spesso nell’illusione di poter “trasformare le pietre in pane”. Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia. La storia ci dimostra, drammaticamente, come l’obiettivo di assicurare a tutti sviluppo, benessere materiale e pace prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione si sia risolto in un dare agli uomini pietre al posto del pane. Il pane, cari fratelli e sorelle, è “frutto del lavoro dell’uomo”, e in questa verità è racchiusa tutta la responsabilità affidata alle nostre mani e alla nostra ingegnosità; ma il pane è anche, e prima ancora, “frutto della terra”, che riceve dall’alto sole e pioggia: è dono da chiedere, che ci toglie ogni superbia e ci fa invocare con la fiducia degli umili: “Padre (…), dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11). L’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla nostra umanità e a rendere buona e giusta la nostra vita. Nel Padre nostro chiediamo che sia santificato il Suo nome, che venga il Suo regno, che si compia la Sua volon-
tà. E’ anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene. Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza. Da dove partire, come dalla sorgente, per recuperare e riaffermare il primato di Dio? Dall’Eucaristia: qui Dio si fa così vicino da farsi nostro cibo, qui Egli si fa forza nel cammino spesso difficile, qui si fa presenza amica che trasforma. Già la Legge data per mezzo di Mosè veniva considerata come “pane del cielo”, grazie al quale Israele divenne il popolo di Dio, ma in Gesù la parola ultima e definitiva di Dio si fa carne, ci viene incontro come Persona. Egli, Parola eterna, è la vera manna, è il pane della vita (cfr Gv 6,32-35) e compiere le opere di Dio è credere in Lui (cfr Gv 6,28-29). Nell’Ultima Cena Gesù riassume tutta la sua esistenza in un gesto che si inscrive nella grande benedizione pasquale a Dio, gesto che Egli vive da Figlio come rendimento di grazie al Padre per il suo immenso amore. Gesù spezza il pane e lo condivide, ma con una profondità nuova, perché Egli dona se stesso. Prende il calice e lo condivide perché tutti ne possano bere, ma con questo gesto Egli dona la “nuova alleanza nel suo sangue”, dona se stesso. Gesù anticipa l’atto di amore supremo, in obbedienza alla volontà
Chiusura del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ad Ancona Omelia del Santo Padre domenica 11 settembre 2011
del Padre: il sacrificio della Croce. La vita gli sarà tolta sulla Croce, ma già ora Egli la offre da se stesso. Così la morte di Cristo non è ridotta ad un’esecuzione violenta, ma è trasformata da Lui in un libero atto d’amore, di autodonazione, che attraversa vittoriosamente la stessa morte e ribadisce la bontà della creazione uscita dalle mani di Dio, umiliata dal peccato e finalmente redenta. Questo immenso dono è a noi accessibile nel Sacramento dell’Eucaristia: Dio si dona a noi, per aprire la nostra esistenza a Lui, per coinvolgerla nel mistero di amore della Croce, per renderla partecipe del mistero eterno da cui proveniamo e per anticipare la nuova condizione della vita piena in Dio, in attesa della quale viviamo. Ma che cosa comporta per la nostra vita quotidiana questo partire dall’Eucaristia per riaffermare il primato di Dio? La comunione eucaristica, cari amici, ci strappa dal nostro individualismo, ci comunica lo spirito del Cristo morto e risorto, ci conforma a Lui; ci unisce intimamente ai fratelli in quel mistero di comunione che è la Chiesa, dove l’unico Pane fa dei molti un solo corpo (cfr 1 Cor 10,17), realizzando la preghiera della comunità cristiana delle origini riportata nel libro della Didaché: “Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno” (IX, 4). L’Eucaristia sostiene e trasforma l’intera vita quotidiana. Come ricordavo nella mia prima Enciclica, “nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri”, per cui “un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata” (Deus caritas est, 14). La bimillenaria storia della Chiesa è costellata di santi e sante, la cui esistenza è segno eloquente di come proprio dalla comunione con il Signore, dall’Eucaristia nasca una nuova e intensa assunzione di responsabilità a tutti i livelli della vita comunitaria, nasca quindi uno sviluppo sociale positivo, che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata. Nutrirsi di Cristo è la via per non restare estranei o indifferenti alle sorti dei fratelli, ma entrare nella stessa
logica di amore e di dono del sacrificio della Croce; chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato (cfr Mt 25,34-36). In ogni persona saprà vedere quello stesso Signore che non ha esitato a dare tutto se stesso per noi e per la nostra salvezza. Una spiritualità eucaristica, allora, è vero antidoto all’individualismo e all’egoismo che spesso caratterizzano la vita quotidiana, porta alla riscoperta della gratuità, della centralità delle relazioni, a partire dalla famiglia, con particolare attenzione a lenire le ferite di quelle disgregate. Una spiritualità eucaristica è anima di una comunità ecclesiale che supera divisioni e contrapposizioni e valorizza le diversità di carismi e ministeri ponendoli a servizio dell’unità della Chiesa, della sua vitalità e della sua missione. Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona,ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto. Dal Pane della
vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esistenza, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna. Cari amici, ripartiamo da questa terra marchigiana con la forza dell’Eucaristia in una costante osmosi tra il mistero che celebriamo e gli ambiti del nostro quotidiano. Non c’è nulla di autenticamente umano che non trovi nell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza: la vita quotidiana diventi dunque luogo del culto spirituale, per vivere in tutte le circostanze il primato di Dio, all’interno del rapporto con Cristo e come offerta al Padre (cfr Esort. ap. p Sacramentum caritatis, 71). Sì, “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4): noi viviamo dell’obbedienza a questa parola, che è pane vivo, fino a consegnarci, come Pietro, con l’intelligenza dell’amore: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69).
Come la Vergine Maria, diventiamo anche noi “grembo” disponibile ad offrire Gesù all’uomo del nostro tempo, risvegliando il desiderio profondo di quella salvezza che viene soltanto da Lui. Buon cammino, con Cristo Pane di vita, a tutta la Chiesa che è in Italia!
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PASSIONISTI-CHIESA-SOCIETÀ
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http://www.parolaeparole.it Passionisti Giovani passionisti crescono. Nei giorni scorsi la nostra provincia religiosa ha celebrato due momenti molto felici della propria vita: a Montescosso (PG) l’apertura canonica dell’anno di Noviziato: in questo tempo i novizi (quattro, di cui uno, Confr. Michele Messi, è della nostra Provincia) vestiranno per la prima volta l’abito religioso e si prepareranno alla professione dei voti; a Morrovalle la prima professione del nostro Conf. Federico Di Saverio (di Gesù). Tempo quindi di grande gioia, di grandi emozioni, ma anche di grande preghiera, quella con cui abbiamo sostenuto e dobbiamo continuare ad accompagnare questi nostri giovani nei loro santi propositi.
Chiesa
P. Lorenzo Mazzoccante, cp Dottrinale. Se i lefebvriani l’accettassero non solo la comunione della Chiesa risulterebbe rafforzata, ma la loro comunità sacerdotale sarebbe iscritta nel numero delle prelature personali del Sommo Pontefice (alla maniera di Opus Dei) restando quindi sciolta da ogni vincolo e controllo da parte dei vescovi diocesani. La comunità San Pio X sta ora studiando il testo di questo preambolo (destinato a rimanere segreto), in vista di una risposta che si attende entro qualche mese. Il papa denunciato al tribunale dell’Aia. “La madre degli stolti è sempre gravida”, diceva un vecchio adagio. E sembra che in questo periodo lo sia più del solito. È notizia recente infatti la denuncia presentata ai danni di Benedetto XVI al tribunale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità. Il motivo: avrebbe coperto i sacerdoti pedofili. La realtà, però, è quanto mai lontana. Infatti, da quando sono venuti a galla i problemi di pedofilia nella Chiesa il papa Benedetto XVI non ha mancato di stabilire una linea ferma e precisa di collaborazione con le autorità civili e di incontrare le vittime di simili brutalità in ogni parte del mondo riscuotendo da loro attestazioni di stima ed umanità. Val la pena infine osservare che il caso contestato è quello del sacerdote americano Stephen Miller Kiesle al quale fu rifiutato la riduzione allo stato laicale a motivo della sua giovane età e fu affidato alla più paterna cura del proprio vescovo. Nel sito è disponibile una copia della lettera incriminata dell’allora card. Ratzinger insieme ad una trascrizione latina ed una traduzione
Formazione e spiritualità missionaria
Società
Pace fatta coi Lefebvriani? La Santa Sede da sempre interessata a mantenere la pace e la comunione con tutte le espressioni della cristianità, ha recentemente richiamato all’ovile i membri della Comunità Sacerdotale San Pio X, fondata da Mons. Lefebvre che rifiutava il Concilio Vaticano II ritenendolo in contraddizione con la storia millenaria della Chiesa. Dal Vaticano, infatti, è arrivata la proposta di accettare un Preambolo
Caso Ustica, ecco le prime condanne «Ci sono voluti 10 anni, 10 anni di bugie, 10 anni di “perché” senza risposte. Perché chi sapeva è stato
zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l’omertà, l’occultamento delle prove? ...Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi, non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i feriti. ...Perché?». Con questo articolo dettato al telefono da un reporter alla sua testata si concludeva “il muro di gomma”, film denuncia di Marco Risi sulla questione di Ustica. Il regista italiano denunciava una sostanziale immobilità delle indagini a 10 anni dalla strage. Non poteva immaginare che sarebbero occorsi 31 anni per una prima condanna ai danni dei ministeri dei trasporti e della difesa per non aver garantito la sicurezza dei trasporti ed aver operato pesanti depistaggi nelle indagini. Non poteva immaginare che proprio la Libia, ormai liberata da Gheddafi, avrebbe rappresentato l’unica via per conoscere la verità storica su quei fatti, se e quando deciderà di condividere con le autorità italiane i suoi tracciati radar dell’accaduto. Esplosioni in una centrale nucleare a Marcoule (F). Parigi dichiara che non c’è rischio di contaminazione. Sarà anche così, ma intanto il dubbio è sempre lo stesso: esisterà mai un governo che, di fronte ad una emergenza nucleare dichiari apertamente tutti i rischi che ne derivano? E così torna alla memoria il recente referendum antinucleare votato in Italia, quando i fautori del NO si trinceravano dietro le sciagure giapponese e russa per scoraggiare il consenso a questa risorsa energetica e avallando l’idea per cui basti non avere centrali sul territorio nazionale per mettersi al riparo dagli eventuali rischi...Intanto a 200 km di distanza, le protezioni civili di Lombardia e Liguria sono allertate e chiamate a fare tutte le verifiche del caso. Forse, a questo punto, sarà più chiaro all’opinione pubblica di casa nostra che non basta essere denuclearizzati per sentirci al sicuro e che anzi ci siamo privati, di una potente risorsa economica.
PELLEGRINAGGIO AL MONTE ARGENTARIO E LUCCA P. Lorenzo Baldella, cp
Alla ricerca delle sorgenti E’ stato un pellegrinaggio ai luoghi di San Paolo della Croce e Santa Gemma, che le fraternità di S. Nicolò e Giulianova hanno svolto nei giorni 24 e 25 settembre. Più che tradizionale pellegrinaggio, questi due giorni sono stati due giorni d’esercizi spirituali itineranti. Erano stati incaricati alcuni della fraternità di San Nicolò di preparare notizie e riflessioni sulla vita, lettere, diario e autobiografia di Santa Gemma Galgani da comunicare a tutti nel viaggio per Lucca. Siamo partiti di buonora la mattina del 24. Arrivati ad Orbetello, ammiriamo la sua laguna e poi il primo ritiro fondato da san Paolo della Croce e dedicato alla Presentazione di Maria santissima, stagliarsi, bianco, nel verde del Monte Argentario. La meta immediata è il ritiro di San Giuseppe, poco distante, accolti con molto affetto da P. José Orbegozo e da Sabrina. P. José, già per 12 anni superiore generale dei Passionisti, vive da 10 anni in questo ritiro e ci ha detto: “Numerosi gruppi passionisti vengono a questo “Monte Santo”, per bere a questa fonte dello Spirito che sgorga dal cuore ancora vivo di San Paolo della Croce”. Sabrina di ha detto: “Questo è un Monte Santo, questa è una Terra Santa”. Poi la Via Crucis. Il P. José, come in una bellissima meditazione, ci fa percorrere tutte le stazioni. “Via Crucis insolita – commenta Rita Maraessa – poiché Gesù in tutte le stazioni ha al collo una corda”. Il P. José ce ne fa percepire il senso: Gesù è descritto lungo il percorso come un uomo legato e costretto dall’umanità a portare il peso della Croce, ma in realtà tutto dedito a compiere la volontà di Dio per la nostra salvezza. Alla fine, infatti, la corda si spezza e Cristo si allaccia al Padre, come per dire: non siete voi a innalzarmi sulla Croce, ma è il nostro amore, l’amore di tutta la Trinità”. Visitiamo il Noviziato passando per gli stretti corridoi, entrando nelle anguste camerette; di tanto in tanto appaiono spicchi di mare, da dentro la folta vegetazione in cui siamo. Ammiriamo le piccole e semplici camerette di S. Paolo della Croce, Vincenzo Strambi, B. Bernardo Silvestrelli. Dopo pranzo, scendiamo al ritiro della Presentazione. P. Paolo Zega ci fa rivivere i tempi dei primi passionisti lassù, la loro vita semplice, austera, di studio e d’apostolato nei dintorni del
Monte. Non manca il ricordo di Agnese Grazi e di altri laici guidati nello spirito da Paolo. Visitiamo le tombe dei primi padri, insieme ai quali il fondatore volle sepolta anche Agnese Grazi. Celebriamo la messa del nostro fondatore a S. Giuseppe. Il pensiero centrale dell’omelia si diffonde a
tate da questo percorso. “Ho provato delle emozioni forti. Vedere la casa natia della Santa e la casa dove lei ha consumato con tanto generosità l’amore per Gesù, è stato per me molto toccante; in alcuni momenti mi sono commossa fino alle lacrime” (Loredana Braca). “Ci hanno affascinato tutti gli oggetti che le sono appar-
Amici di S. Nicolò a Tordino e Giulianova davanti al primo convento Passionista sul Monte Argentario ricordare lo spirito di Paolo che dalle bellezze della natura s’innalzava alle perfezioni di Dio e al suo amore per noi, manifestato soprattutto nella Passione di Gesù, come un immenso oceano”. La mattina del 25 partiamo per Lucca al santuario di S. Gemma. Entriamo nel santuario e c’inginocchiano a venerare le spoglie della Santa, protettrice del Movimento Laicale Passionista. All’omelia insisto su due concetti principali: la semplicità disarmante degli scritti di Santa Gemma, proprio di chi vive la piccolezza spirituale del vangelo e poi il suo offrirsi vittima a Gesù per i peccatori. Torna alla mente il libro di Mons. Agresti, già vescovo di Lucca: “Ritratto dell’espropriata”. Gemma non si apparteneva, ma apparteneva a Gesù e agli altri…. Fatto pranzo dalle Sorelle di Santa Gemma a Camigliano, visitiamo la casa natale della Santa e poi casa Giannini con i mille ricordi di Gemma. Ecco alcune emozioni susci-
tenuti, come il quadro del Cuore di Gesù e il grande Crocifisso dove mi sono fermata anch’io a lungo per pregare e ‘parlare’, come sono abituata a fare ogni giorno davanti al mio piccolo Crocifisso…. Che santi eccezionali, Paolo e Gemma, cuori pieni di amore per Gesù. Fanno nascere anche nel mio cuore il desiderio di infuocarmi e ringraziare sempre più Gesù per il dono del suo amore” (Olga Orlando). Riprendiamo la via del ritorno, stanchi sì, ma con tante sentimenti che ci colmano la mente e il cuore. Sulla strada del ritorno, ecco alcuni commenti: “La mente è rimasta in quei luoghi di pace. Vorrei gustare a piccoli sorsi questo senso di pace e di tranquillità che mi pervade e far sì che quelli che mi stanno intorno possano trarre da me le stesse sensazioni” (Loredana Braca). “Le parole riducono molto l’intensità dell’esperienza vissuta, perché le opere di Dio vanno contemplate personalmente in unione intima con Gesù” (Rita Maraessa). Consigliamo quest’esperienza anche ad altri.
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TESTIMONIANZE
Ricordando la testimonianza di Anna Caro padre, unitamente a Nadia, desidero ringraziarla, di tutto cuore, per averci spedito la toccante mail del testamento spirituale di Anna, che descrive le grandi qualità di Anna, che non sempre sono state apprezzate e valutate nella giusta maniera. Penso che averla frequentata e conosciuta, sia stato, per noi, un privilegio non comune, un insegnamento di vita e una grazia ricevuta, infatti la sua vita terrena è sempre stata impostata nel donare a tutti, con slancio, amore ed affetto, senza mai chiedere nulla in cambio. Come lei ben dice, abbiamo ora un nuovo angelo in cielo, che veglierà su di noi, sperando che possa, da lassù, infondere la necessaria forza per mantenere il gruppo familiare in Sud Africa sempre unito. Il caro e vivido ricordo di Anna rimarrà indelebile nei nostri cuori. Nadia e Giorgio Rossato
Anna una donna piena di fede Carissimo padre, con vero dispiacere e cordoglio ho appreso la notizia della dipartita della mamma di Mario. Non li conoscevo di persona, ma dalle tue notizie avevo imparato a conoscerli specie dopo il loro soggiorno in Italia per la malattia di Mario. Oggi leggo la testimonianza di Anna in occasione della sua consacrazione e mi rendo conto maggiormente che Anna è stata una donna piena di fede e di amore per Gesù Crocifisso e che la sua vita era imperniata su questo grande amore per Gesù. Ti sono vicino in questo momento e ti ricorderò nelle mie preghiere insieme alla sua famiglia. Riccardo
Mi ha fatto sentire Anna come una sorella Ho appreso la morte di tua nipote e mi è dispiaciuto veramente tanto, ricordo bene quando mi parlavi di lei e dei sacrifici che faceva, per stare vicino al figlio, quando è venuto in Italia per curare la malattia che lo avevo colpito. Ti ringrazio per questa
testimonianza che in qualche modo mi ha fatto sentire Anna come una sorella in questo cammino che abbiamo avuto la grazia di fare, anche se in paesi diversi ma con uno scopo comune di amare e far amare Gesù Crocifisso. Maria Letizia
Il mio cammino è lungo ma va diritto verso la meta Carissimo padre, scrivo per ringraziarla infinitamente per i tre giorni di esercizi trascorsi al Santuario di s. Gabriele. Per me sono stati solo tre giorni, pochi numericamente, ma molti spiritualmente. Le sue catechesi, che ho passato anche ad alcune persone che frequentano con me gruppi di preghiera, vanno rilette ogni giorno perché ogni giorno c’è bisogno di entrare nel mare della Passione. Certo non tutto ciò che ci distrae durante il giorno è utile, ma è doveroso e fondamentale riconoscere ogni istante che ci unisce alla Croce di Gesù. Ringrazio di cuore le persone meravigliose che erano agli esercizi. Il mio è un cammino lungo e pieno di ostacoli ma va diritto verso la meta. Mariangela di Udine
Sento Gesù accanto a me Anna Salvatori il giorno della sua consacrazione perpetua il 22-1-2008.
La grazia degli esercizi spirituali Ho partecipato per la prima volta agli esercizi spirituali e sono rimasta contenta, sazia della pace che il Signore infondeva nel mio cuore in quei giorni. Stare in contatto con Gesù per tutta la giornata, non pensare ai vari problemi quotidiani, il solo pensiero era la preghiera, che ti faceva stare in sintonia con il nostro Padre, preghiera concentrata solo su di Lui, senza pensare altro. E’ diversa la preghiera quotidiana perché anche se nel cuore c’è sempre Lui devi affrontare i problemi che la vita ti offre. Giorni trascorsi velocemente e con tristezza ritornavo a casa. Ora la mia preghiera è più tranquilla, mi ritrovo durante la giornata a riflettere su una parola letta dal vangelo o mi ritrovo una canzone nella mia mente. Grazie, Signore, per tutto quello che ho imparato. Concetta Longo di Bari
Desidero manifestare tutta la mia gratitudine a Gesù Crocifisso per avermi accolto nella famiglia passionista. Sono molto contenta di aver fatto la consacrazione perpetua negli esercizi spirituali: non dimenticherò mai il ricordo e l’emozione di quel giorno. Sento la presenza di Gesù accanto a me e per questo dedico molto tempo a pregare, perché ho promesso a Gesù Crocifisso di amarlo e farlo amore. Ti ringrazio per avermi coinvolta in questo cammino di fede. Vagnozzi Annita
Ringrazio tutto il gruppo per il calore umano con cui mi hanno accolto La settimana di ritiro spirituale passata a San Gabriele è stata per me una settimana piena di emozioni perché, dopo averci riflettuto molto, finalmente ho potuto fare la prima consacrazione a Gesù Crocifisso. Per me è stata una grazia incredibile: non avrei mai pensato negli anni passati che un giorno avrei aperto totalmente il mio cuore all’amore di Gesù, perché nella mia vita tante volte ho pensato che Gesù mi aveva abbandonata. Ero tanto cieca e sorda che non riuscivo a vedere che proprio grazie al
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TESTIMONIANZE
seguire Gesù significa prendere la croce e che in due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia dominiamo la carne e quando la compassione per il prossimo è vera, sentiamo i suoi bisogni come fossero i nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo soffre porta la croce del Signore. Maria Letizia
Le tentazioni e la lotta spirituale
25° di matrimonio di Paolo e Mariella di Civitanova
suo amore infinito che mi dato sempre, io oggi posso vivere questa mia vita piena di amore e di serenità. Padre, ti supplico di pregare per me che ne ho tanto bisogno e ti ringrazio dal profondo del mio cuore per tutto quello che ci insegni per vivere le giornate in santità. Desidero ringraziare tutto il gruppo degli Amici di Gesù Crocifisso per il calore umano con cui mi hanno accolta e mi hanno aiutato a prepararmi alla consacrazione. Rosanna Cervelli
nostri padri non ci hanno fatto mancare nulla, per approfondire al meglio la conoscenza di ciò che ogni cristiano dovrebbe avere molto chiara, visto che chi si accinge a seguire il Signore deve prepararsi a combattere la buona battaglia, come esorta San Paolo nelle sue
Vivere cinque giorni di ritiro spirituale al santuario di San Gabriele insieme alle famiglie della mia fraternità è un dono che il Signore mi ha fatto anche quest’anno; lo ringrazio, perché, nonostante tutto, Lui continua a chiamarmi incessantemente, con ogni mezzo: la sua parola, le guide che ha messo sul nostro cammino, le catechesi, le adorazioni eucaristiche. Il tema trattato quest’anno da p. Luciano riguardava “le tentazioni e la lotta spirituale”: ha fatto chiarezza sui tanti dubbi che penso abbia chiunque cerchi di fare un cammino cristiano. Al rien-
Ho trovato gli esercizi spirituali molto profondi. Ho preso davvero coscienza che il nostro fondatore è un grandissimo santo e che la meditazione della Passione di Gesù ha un valore grandissimo. Renata
Combattere la buona battaglia Partecipare ad un corso di esercizi spirituali è sempre una grande grazia, come un pieno di energia speciale, da cui attingere nei tempi di magra, che crescono con il passare degli anni, forse perché la maturità porta ad una conoscenza maggiore di sé. Il tema di quest’anno ha riguardato il combattimento spirituale e devo dire che i
25° di matrimonio di Mimmo e Olga di Giulianova
lettere. La cosa che più mi ha colpito è stata che la tentazione è una verifica, una prova, un’opportunità che rende più sicuro il nostro cammino se la combattiamo fortificandoci con i sacramenti. La riflessione che più mi è rimasta nel cuore, vedendo i diversi filmati che ci guidavano nelle catechesi, è stata quella in cui si diceva che
tro, dopo ogni corso di esercizi, faccio silenzio dentro di me, per poter approfondire quello che ho ascoltato e vissuto; quest’anno è rimasta in me la parola “Rivestitevi dell’armatura di Cristo” ed il concetto che le prove servono a fortificarci nel cammino con Dio. Mariella Menghini
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TESTIMONIANZE
abbiamo portato una rosa a Maria SS. e abbiamo pregato insieme. É bellissimo quando si lascia “il mondo” per entrare nella casa di Dio e stare in comunione con Dio. Io e mio marito siamo tanto piccoli e incompleti senza Lui! Quando si affronta il vivere quotidiano, siamo molto vulnerabili! Ma vivere e assaporare la presenza di Dio nella nostra vita ci dona tanta pace e gioia! Giovani sposi
La fratellanza ci unisce in una vera famiglia Rispondo ai quesiti che ci sono stati proposti al termine del corso di esercizi spirituali a San Gabriele. Personalmente ho avuto da Gesù il dono bellissimo di vivere cinque giorni in serenità, insieme a tanti fratelli. Mi ha dato la possibilità di conoscere Gesù e la sua amara Passione più intensamente, capire quanto ci ha amato. Ha dato la vita per riscattarci dalla morte e donarci la vera vita. Ciò che mi è rimasto più impresso di questi giorni è la fratellanza che ci unisce come una vera famiglia, la solidarietà, l’aiuto reciproco e la volontà di migliorarci. Lo scambio di opinioni, fra membri di varie fraternità, sarà di grande aiuto per il futuro del nostro Movimento. Quale frutto ho ricavato? La crescita del mio amore per Gesù, la certezza che nei momenti bui della mia vita non sono mai sola, perché Lui è sempre con me, per darmi coraggio, speranza e aiuto. Ho avuto la gioia di rinnovare per la terza volta la mia Consacrazione a Gesù Crocifisso. Nel mio cuore c’è più che mai la volontà di fuggire ogni peccato, per non dargli dolore. Lo prego continuamente di accendere la sua luce sul mio cammino, perché i miei passi siano sempre graditi a Lui e di sostenermi con le sue mani misericordiose, se dovessi vacillare. Germana
Il calvario della piccola Anna continua Caro padre, scusami per il ritardo nel dare notizie della piccola Anna, che ora ha 4 anni. Siamo tornati da Roma il 6 settembre. Per ora è tutto in stallo…. Non si va né avanti, né indietro. E il mistero della sofferenza continua. Quale sarà il progetto di Dio su tutto questo? Chi dovrebbe osservare e riflettere, forse anche per prendere in considerazione la possibilità di un inizio di conversione, pensa a mangiare, a bere e a svagarsi. E’ proprio il caso di dire: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere! “. Mi domando: Se si vede una bambina, un’innocente soffrire da quattro anni e a tutt’oggi non siamo a capo di niente, non dovrebbe venire in mente almeno a chi ci sta intorno, che forse quella sofferenza è un messaggio d’amore e di vita che invita a revisionare la propria esistenza? Eppure sembra che una
La direzione spirituale Amici di G.C. al Monte Argentario, dal convento di S. Giuseppe
riflessione così banale non venga fatta. Credo che tante persone pur consapevoli di costruirsi l’inferno con le proprie mani, siano talmente schiave morali del Maligno da preferire un misero godimento passeggero oggi (anche se consapevoli della pena che le aspetta) piuttosto che impegnarsi a cambiare. Forse, pensano che la Misericordia di Dio sia una sorta di saldi di fine stagione. Il fatto è che se tale Misericordia non viene accettata, neanche Dio può salvare, perché Egli stesso ci ha donato il libero arbitrio e certamente la salvezza non viene imposta. Continuiamo a pregare con la speranza che tante persone possano essere scosse dal loro torpore spirituale e possano ricordarsi che la vita non è materia da sprecare, ma amore da trasmettere. Fabrizio
Gioie e dolori del primo anno di matrimonio! Carissimo padre. come tu sai, oggi noi compiamo un anno di vita matrimoniale! Gioie e dolori non sono mancati nella nostra vita in questo primo anno. Tanti rosari e coroncine della divina misericordia ci hanno salvato, sostenuto, dissipato le più aspre difficoltà. Quanta umanità e perdono, quanta pazienza e quanta donazione di amore ci vuole per vivere santamente la nostra vocazione. Speriamo che Dio abbia pietà di noi e faccia di noi il capolavoro di amore che lui desidera! Oggi siamo tornati nella nostra chiesa e abbiamo partecipato alla S.Messa delle 11.00 come un anno fà,
Sai che vivo lontano dalla tua sede. Ma ogni anno ho cercato di venire alcuni giorni lì vicino, per poterti incontrare e ricevere nuovi e utili suggerimenti. Sono venuta anche quest’anno, ma purtroppo non è stato possibile incontrarti. Non ho ancora un direttore spirituale o peggio un confessore fisso e ne sento la necessità. Mi sono impegnata varie volte a cercarlo. Ne avevo trovato prima uno e poi un altro, ma per poco tempo, perché si sono trasferiti e sono rimasta senza. Pensavo di essere fissata a pretendere un confessore particolare, però ho letto nella tua catechesi di settembre metti in evidenza la direzione spirituale di san Paolo della Croce e il vantaggio che l’anima ne ricavava, per cui mi incoraggio a cercare quello che fa per me. Le quattro domande che hai posto in fondo alla catechesi m’interrogano molto. Ma è colpa mia se non riesco a trovare un sacerdote serio e spirituale che mi aiuti sul serio e non si riduca a scusare i miei peccati e la mancanza di amore al Signore? Gesù però non mi abbandona e spesso lo sento molto vicino e non mi sento sola e desidero un buon confessore. Non lascio la preghiera mentale e vocale e sento il bisogno di pregare e lo faccio con gioia. Quando posso, trascorro vicino a Gesù Crocifisso qualche ora senza accorgermene, ma con un aiuto spirituale andrei meglio, specialmente quando non mancano giorni oscuri. Mi affido al Signore e alla Mamma celeste, che mi ridonano gioia e serenità. Per questo non mi sento né scoraggiata né abbandonata. In comunità mi trovo bene. Lavoriamo insieme e cerchiamo di fare del nostro meglio a coloro che avviciniamo per la gloria di Dio e la testimonianza religiosa. Ringrazio per tutto il bene ricevuto. Una suora
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La letterina a Gesù Bambino
La letterina a Gesù Bambino Mi sento emozionato, caro Gesù, nel farTi gli auguri di buon compleanno. In ogni Natale Tu sei il festeggiato, ma quante volte noi ci appropriamo della festa...e Ti lasciamo nell’angolo di un vago ricordo: senza cuore e senza ospitalità sincera! Da più di 2000 anni, ad ogni Natale, noi ci scambiamo gli auguri perchè avvertiamo che la Tua Nascita è anche la nostra nascita: la nascita della Speranza, la nascita della Vita, la nascita dell’Amore, la nascita di Dio nella grotta della nostra povertà. Però (quanto mi dispiace doverlo riconoscere!) il Tuo Natale è minacciato da un falso natale, che ci invade e ci insidia e ci narcotizza fino al punto da non vedere più e non sentire più il richiamo del vero Natale: il Tuo Natale, il Natale di cui abbiamo bisogno! Quante luci riempiono le vie e le vetrine in questo periodo! Ma la gente sa che la Luce sei Tu? E se interiormente gli uomini restano al buio, a che serve addobbare la notte con variopinte luminarie? Non è una beffa, o Gesù? Non è un tradimento del Natale? Queste domande, caro Gesù, si affollano nel mio cuore e diventano un invito forte alla conversione. E noi cristiani mandiamo luce con la nostra vita? E le famiglie e le parrocchie rassomigliano veramente a Betlemme? Si vede la stella cometa nei nostri occhi pieni di bontà? Dalle case e dai luoghi di divertimento in questi giorni escono musiche che vorrebbero essere invito alla gioia. Ma di quale gioia si tratta? Gli uomini hanno scambiato il piacere con la gioia: quale mistificazione! Il piacere è il solletico della carne e, pertanto, sparisce subito e va continuamente e insaziabilmente ripetuto; la gioia, invece, è il fremito dell’anima che giunge a Betlemme e vede Dio e resta affascinata e coinvolta nella festa dell’ Amore puro. Sarà questa la nostra gioia? Sarà questo il nostro Natale? Gesù come vorrei che fosse così! Ma c’è un altro pensiero che mi turba e mi fa sentire tanto distante il nostro natale dal Tuo Natale. A Natale Gesù Tu non hai fatto il cenone e non hai prenotato una stanza in un lussuoso albergo di una rinomata stazione sciistica. Tu sei nato povero, Tu hai scelto l’umiltà di una grotta e le braccia di Maria. Come sarebbe bello se a Natale, invece di riempire le case di cose inutili, le svuotassimo per condividere con chi non ha, per fare l’esperienza meravigliosa del dono, per vivere il Natale insieme a Te, o Gesù! Questo sarebbe il vero regalo natalizio! A questo punto io Ti auguro ancora con tutto il cuore: buon compleanno Gesù! Ma ho paura che la Tua Festa non sia la nostra festa. Cambiaci il cuore , o Gesù, affinché noi diventiamo Betlemme e gustiamo la gioia del Tuo Natale con Maria, con Giuseppe, con i pastori, con tante anime che, con il cuore, hanno preso domicilio a Betlemme. Buon Natale a tutti...., ma ora sapete di quale Natale intendo parlare. Cardinale Angelo Comastri
Buon Natale e Santo Anno Nuovo Carissimi Amici, stiamo per concludere, con il 2011, il 22° anno del cammino degli AGC. Il Natale è vicino. Desidero anticipare a tutti voi gli auguri più sinceri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo, pieno di santità. Seguendo l’esempio del nostro Fondatore, gli auguri più sentiti ve li darò nella celebrazione eucaristica della notte di Natale. Porterò con me all’altare tutti i vostri cuori e quelli delle vostre famiglie per metterli nel calice del Signore e affidarli alla tenerezza del suo amore. Un saluto e un augurio particolare, con tante benedizioni desidero inviare ai circa 70 nuovi Amici che in questo anno si sono aggiunti al cammino laicale passionista specialmente nelle nuove fraternità di Castellano di S. Elpidio a Mare FM e, ultima, di Villa Lempe di Civitella del Tronto TE. Quando riceverete questa rivista, si sarà già svolto il 29 ottobre a Morrovalle l’importante XXII Consiglio Nazionale, con funzione elettiva, organizzativa e formativa. Ne daremo ampia notizia nel prossimo numero della rivista. In questo anno, come formazione, abbiamo approfondito la conoscenza di S. Paolo della Croce; nel 2012 e 2013 approfondiremo la Spiritualità Laicale Passionista, come insegnata dal nostro Fondatore. Lo faremo attraverso la rivista, il ritiro mensile e il secondo incontro delle Fraternità. Presto vi manderemo il programma dettagliato. In questo anno il Signore ci ha mandato circa 70 nuovi fratelli e sorelle, avvicinandoci molto alla meta dei 3.000 iscritti. Abbiamo anche avuto circa 80 consacrati nei vari gradi. Ringraziamo di cuore il Signore per questo dono e siamo per loro veri amici e guide sicure nel cammino passionista. Raccomando una maggiore partecipazione agli incontri delle Fraternità, alla Peregrinatio Crucis, al corso di formazione in febbraio e agli esercizi spirituali in agosto a S. Gabriele. Chiedo scusa se non sempre riesco a rispondere ai vostri gesti di affetto e generosità. Vi assicuro che vi porto nel cuore e prego per voi e famiglie. Anticipo agli eccellentissimi vescovi dove sono le nostre fraternità, ai Superiori, ai Parroci, agli Assistenti e a tutti voi e famiglie, con tante benedizioni. Chiedo scusa se non sempre riesco a rispondere ai vostri gesti di affetto e generosità. Vi assicuro che prego per voi e famiglie e vi metto ogni giorno nel calice del Signore. Un abbraccio a tutti con tante benedizioni. P. Alberto Pierangioli
Calendario degli Amici 29 ottobre 06 novembre 12 novembre 20 novembre 11 dicembre 31 dicembre
Consiglio Nazionale elettivo ed organizzativo a Morrovalle Ritiro mensile e consacrazioni a Morrovalle Ritiro e Consacrazioni a San Nicolò a Tordino Ritiro e Consacrazioni a Giulianova Lido Ritiro mensile a Morrovalle Preghiera, Messa e festa di fine anno a Morrovalle: Ore 22,00-24. Ricordiamo al Signore i nostri defunti
Un grazie sincero a coloro che hanno inviato la loro offerta per le spese di stampa Novembre-Dicembre 2011 – Anno XII n. 6 Autor. Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999 Sped. Ab. Post. D.353/2003 (L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 2, DCB Macerata. Editoriale ECO srl - C. c. p. 11558624 Dir. Tonino Taccone – Red. P. Luciano Temperilli Piazzale S. Gabriele 2 – 62010 Morrovalle Mc T. 0733/221273 - C. 349.8057073 - Fax 0733/222394 E-mail albertopier@tiscali.it http://www.amicidigesucrocifisso.org