EMBRIOGENESI
Con embriogenesi si intende la formazione dell’embrione, cioè dell’organismo nella fase della nascita. Segmentazione e formazione della blastula – La prima fase è detta segmentazione e consiste in continue divisioni cellulari a partire dallo zigote, aumentando il numero di cellule senza però un aumento effettivo di dimensioni perciò le cellule sono più piccole, col procedere delle divisioni si forma una struttura sferica piena detta morula, successivamente le cellule si dispongono per formare una sfera cava, detta blastula, dalla quale compare una cavità centrale detta blastocele. Gastrulazione – Avviene dopo la segmentazione, è il processo che permette il differenziamento dei foglietti embrionali (detti anche germinativi). Incomincia attraverso una piccola introflessione sulla superficie della blastula, questo solco si estende fino alla formazione di una gastrula a due strati cellulari, uno esterno (ectoderma) e uno interno (endoderma). A questo stadio, la cavità formatasi è chiamata archenteron e la sua apertura blastoporo. L’evoluzione della gastrula prosegue con la formazione del mesoderma, per lo più dall’endoderma. Questi tre foglietti sono responsabili dello sviluppo dei tessuti, organi e sistemi dell’organismo adulto. Foglietto embrionale Tessuti e organi Ectoderma Epidermide e annessi cutanei; sistema nervoso; smalto denti; lente occhio; rivestimento cavità boccale. Mesoderma Scheletro; tessuti connettivali; muscoli; apparato circolatorio, escretore, riproduttore; peritoneo. Endoderma Rivestimento del sistema digerente, dell’apparato respiratorio, della vescica urinaria; fegato; pancreas. Neurulazione – Sotto la regione dorsale dell’ectoderma si forma un cordone di cellule 3 giorni Stadio della morula mesodermiche, detto notocorda. Questa stimola l’ectoderma sovrastante a flettersi fino a 6 giorni Blastula formare un solco sui cui lati, le pieghe neurali, si avvicinano fino a formare un tubo chiuso, 14 giorni Si ha la gastrulazione il tubo neurale. Quest’ultimo darà origine al SNC. Le cellule dell’apice di ogni piega neurale 21 giorni Il cuore inizia a battere migrano lateralmente dando origine a molti componenti del tessuto NP come i gangli 24 giorni Si forma il tubo neurale sensoriali e le Cellule di Schwann.
TESSUTI
Un tessuto è l’insieme di cellule simili per funzione e struttura. Svolgono uno o più compiti all’interno dell’organismo. Più tessuti diversi si associano tra loro per formare un organo. Un tessuto può essere solido o liquido, infatti lo sono anche sangue e linfa. TESSUTO EPITELIALE Detto anche epitelio, è un tessuto flessibile e resistenze composto da cellule unite strettamente da giunzioni cellulari come le giunzioni desmosomiche e occludenti e da pochissima sostanza extracellulare. Di solito questi strati cellulari sono a contatto con un tessuto connettivo mediante una lamina basale. Il tessuto epiteliale forma diverse membrane: la cute, riveste la superficie esterna del corpo; le mucose, rivestono la superficie degli organi comunicanti più o meno in modo diretto con l’esterno (stomaco, intestino, utero); le sierose, rivestono cavità non comunicanti con l’esterno, ne fanno parte le pleure, il pericardio e il peritoneo. I tessuti epiteliali vengono suddivisi in base al numero di strati e alla forma delle cellule. L’epitelio: semplice è costituito da un solo strato di cellule; pluristratificato, costituito da più strati; pseudostratificato, unico strato di cellule ma di diversa altezza. Le cellule possono essere cubiche, cilindriche o praticamente appiattite (pavimentose). Dal punto di vista della funzione possiamo distinguere l’epitelio in epitelio: di rivestimento, protegge dai danni provenienti dall’esterno e dalle infezioni; ghiandolare, specializzato nella produzione e liberazione di sostanze (secreti). Se la ghiandola riversa all’esterno il proprio secreto è detta esocrina se invece lo riversa direttamente nel sangue è detta endocrina e il secreto è detto ormone; sensoriale, formato da cellule specializzate per la ricezione di stimoli come quelle delle papille gustative o nelle vie aeree nasali. TESSUTO CONNETTIVO È un tessuto di riempimento e di sostegno che avvolge gli organi molli e fa da collegamento tra scheletro e masse muscolari. Unisce tessuti diversi e si insinua tra le fibre muscolari e tra quelle nervose. È costituito da cellule che non sono a stretto contatto (come negli epiteli) ma disperse in una sostanza fondamentale, o matrice extracellulare, che fornisce alimento alle cellule. La sostanza fondamentale è in genere ricca di fibrille proteiche; le proteine più numerose nel connettivo sono il collagene e l’elastina. Il collagene è una proteina strutturale fibrosa che rappresenta circa il 30% delle proteine totali. Le fibre di collagene hanno una elevatissima capacità di essere stirate senza rompersi e tornare alla loro dimensioni iniziali. I tessuti connettivi si differenziano in più tipi: Connettivo propriamente detto - È il tipico tessuto di riempimento e protezione che circonda gli organi, le cellule di questo tessuto sono dette fibroblasti. Si suddivide in: lasso, con sostanza non molto compatta, riempie lo spazio libero tra gli organi con libertà di movimento; denso, caratterizzato da una sostanza molto addensata, con abbondanti fibre di collagene riunite in fasci compatti. Tessuto adiposo – È formato da cellule dette adipociti, contenenti una grossa goccia di grasso che ne occupa quasi tutto il volume. Si suddivide in: bianco, rappresenta il 15% del peso corporeo, si trova sotto al di sotto della cute, dove forma il pannicolo adiposo, costituisce un’importante funzione protettiva, riserva energetica e isolante contro il freddo; bruno, è presente in piccole quantità, è importante per la produzione di calore (molti mitocondri). Tessuto cartilagineo – È un tessuto consistente e flessibile, formato da una matrice elastica, secreta dai condrociti. Forma lo scheletro nel periodo fetale mentre nell’adulto è presente in pochi punti. La sua resistenza alla compressione è data dall’abbondanza di condroitinsolfato (un GAG) nella matrice. La cartilagine è priva di nervi e vasi sanguigni, e i condrociti ricevono nutrimento e ossigeno solo per diffusione dai tessuti costanti. Perciò il processo di rigenerazione della cartilagine è molto lento e spesso incompleto. Tessuto osseo – Dotato di estrema durezza e forza è allo stesso tempo leggero e elastico, rappresenta il tessuto di sostegno per il nostro corpo. È un tessuto mineralizzato, formato da una matrice organica densa (perlopiù collagene) impregnata di depositi inorganici costituiti da CaCO3 e Ca3(PO4)2 uniti nei cristalli di idrossiapatite. È prodotto dagli osteoblasti, che una volta circondati dalla matrice, maturano e si trasformano in osteociti. Durante la vita, le ossa sono sottoposte al rimodellamento osseo, questo è regolato dall’ormone paratiroideo che stimola l’attività degli osteoclasti (deputati alla distruzione dell’osso) che aumentano perciò la quantità di Ca+2 nel sangue e la calcitonina, che agisce in modo opposto. Le ossa, rivestite dal periostio, sono formate da due tipi di tessuto osseo: compatto, formato da un insieme di unità strutturali dette osteoni. Ogni osteone è formato da un insieme di lamelle disposte in strati concentrici intorno a un canale, detto di Havers, in cui vi sono fibre nervose, vasi sanguigni e linfatici; spugnoso, meno compatto, è costituito da un insieme di lamelle dette trabecole disposte in modo disordinato.
TESSUTO MUSCOLARE La funzione principale è mantenere la postura e consentire il movimento. È costituito da cellule di forma allungata dotate delle proprietà di eccitabilità e contrattilità. Il citoplasma di queste cellule è ricco di filamenti contrattili di natura proteica, detti miofilamenti e formati dalle proteine actina e miosina. Per sostenere l’elevato consumo di energia sono ricche di mitocondri. Il tessuto muscolare si suddivide in tre tipi: quello striato, costituisce i muscoli scheletrici, la sua contrazione è volontaria. È costituito da fibre muscolari ovvero cellule cilindriche allungate e polinucleate, nel cui citoplasma i miofilamenti sono riuniti in fasci detti miofibrille. In quest’ultime i filamenti di actina e miosina sono disposti in modo ordinato e regolare, determinando una successione di bande chiare e scure che conferisce alla miofibrilla l’aspetto striato, le miofibrille sono suddivise in unità contrattili dette sarcomeri; quello liscio, formato da cellule fusiformi allungate e mononucleate, nelle quali i miofilamenti non sono organizzati in sarcomeri, perciò non presenta l’aspetto striato. Inoltre è indipendente dalla volontà e risponde a stimoli nervosi o ormonali; quello miocardico, costituisce solo la muscolatura cardiaca ed è una via di mezzo tra quello striato e quello liscio in quanto presenta i miofilamenti organizzati in sarcomeri (aspetto a bande) ma le cellule sono mononucleate e la loro contrazione è involontaria, regolata dal SNA e da ormoni. TESSUTO NERVOSO L’unità di base del tessuto nervoso è il neurone. Queste cellule costituiscono solo 10% del sistema nervoso e sono dotate delle proprietà di eccitabilità e conducibilità. Il neurone è formato da un corpo cellulare (pirenoforo) da cui si dipartono un assone (o neurite), che conduci gli impulsi all’esterno, e uno o più dendriti che trasmettono gli stimoli dalla periferia al corpo cellulare. I corpi cellulari dei neuroni si raggruppano formando centri specifici, detti nuclei nel SNC e gangli nel SNP. Gli assoni dei neuroni (o fibre nervose) costituiscono i nervi. Essi sono rivestiti da una guaina di sostanza grassa, la guaina mielinica, che è periodicamente interrotta dai nodi di Ranvier e ogni internodo deriva dalla membrana di una cellula di Schwann. Nelle fibre nervose il potenziale d’azione si propaga da un nodo all’altro, in questo modo la trasmissione risulta più rapida. Le cellule di Schwann fanno parte delle cellule gliali con la funzione di nutrire e sostenere i neuroni stessi. Le le cellule gliali si ricordano anche gli oligodentrociti, la microglia e glia astrociti. Le cellule di Schwann formano la guaina mielinica degli assoni del SNP, questo ruolo nel SNC è svolto dagli oligodentrociti. I neuroni sono considerate cellule perenni poiché una volta differenziati perdono la capacità di riprodursi.
APPARATI
Nel corpo umano i diversi tessuti si aggregano a formare gli organi. A livello organizzativo superiore, più organi possono unirsi collaborando allo svolgimento di una stessa funzione, formando così un apparato (o sistema). APPARATO TEGUMENTARIO Protegge il corpo dagli egenti esterni e dagli stress ambientali, contiene recettori sensoriali. Inoltre è coinvolto nell’escrezione e nella termoregolazione. È costituito dalla pelle e dagli annessi cutanei (peli, capelli, unghie, ghiandole sudoripare e sebacee). La pelle, o cute, è l’organo più esteso del corpo, ha un’area di circa 2m2 e un peso pari al 16% di quello corporeo. Si divide in tre strati: Epidermide – è il più esterno ed è costituita da un tessuto epiteliale pluristratificato. Lo stato più profondo (strato basale o germinativo) e formato da cellule vive, i cheratinociti, che proliferano attivamente spingendo le cellule vecchie verso l’esterno. Lo strato più esterno, lo stato corneo, è formato da cellule morte trasformate in scaglie di cheratina. Nello strato basale vi sono anche i melanociti (melanina). Derma – è costituito da tessuto connettivo e contiene i follicoli piliferi che producono i peli, le ghiandole sebacee e le ghiandole sudoripare che producono sudore con funzione di termoregolazione. Vi sono inoltre capillari sanguigni e terminazioni nervose e sensoriali. Ipoderma – detto sottocute, è formato da tessuto connettivo in cui sono disperse cellule adipose (termoregolazione e riserva energetica). APPARATO LOCOMOTORE Ø SISTEMA SCHELETRICO È l’insieme delle ossa che formano lo scheletro che ha la funzione di dare supporto fisico all’organismo, di permettere il movimento e proteggere alcuni organi molto importanti e delicati. È costituito da due componenti principali: la cartilagine e l’osso. Ossa e fratture – Il corpo umano comprende circa 206 ossa che in base alla loro forma vengono distinte in ossa: lunghe, lunghezza > larghezza; corte, lunghezza = larghezza = spessore; piatte, spessore << lunghezza e larghezza. Un osso lungo è costituito da una diafisi centrale (midollo giallo) formata da tess. osseo compatto e da due epifisi (midollo rosso) alle estremità, di tess. osseo spugnoso rivestito da uno strato di tess. osseo compatto. Le ossa sono rivestite dal periostio, una membrana fibrosa di tess. connettivo, che comprende uno strato di cellule che in caso di fratture generano osteoblasti. In caso di frattura si forma un manicotto cartilagineo che unisce i due tronconi formando un callo, sostituito poi dagli osteoblasti e infine demolito dagli osteoclasti per essere rimpiazzato dal callo osseo definitivo. Articolazioni e legamenti – Sono zone in cui più ossa si collegano tra loro, vi sono articolazioni: mobili (o diartrosi), che permettono un mov. ampio, come gomito e ginocchio; semimobili (o anfiartrosi), mov. limitato come fra le vertebre; fisse (o sinartrosi) che non permettono mov., come le suture tra le ossa del cranio. Un’articolazione mobile è circondata da una guaina di tessuto connettivo, detta capsula articolare, rivestita da cartilagine e immersa nel liquido sinoviale con funzione lubrificante. Nelle articolazioni con notevoli sollecitazioni, le epifisi delle ossa sono collegate mediante i legamenti (tess. connettivo ricco di collagene e elastina) (vedi p.376 ArtQuiz). Scheletro – Possiamo suddividerlo nello: scheletro assile, che forma l’asse del corpo con il cranio (protegge l’encefalo), colonna vertebrale (p. il midollo spinale), cassa toracica e sterno (p. cuore e polmoni); scheletro appendicolare, formato dalle ossa degli arti oltre che dal cinto scapolare e dal cinto pelvico che collegano rispettivamente gli arti superiori e gli arti inferiori alla colonna vertebrale. Cranio – Formato da un complesso di ossa piatte unite tramite suture, tranne la mandibola (osso mobile). Tagliando il cranio in due vediamo il neurocranio e lo splancnocranio. Il primo è formato da sei ossa: frontale, occipitale, le temporali e le parietali. Il secondo, più complesso, comprende la base del cranio (àsfenoide), le ossa delle cavità nasali (àdue nasali, vomere, cornetti nasali, etmoide) e le massiccio facciale (àlacrimali, zigomatiche, mascellari, le palatine e mandibola). Vi sono alcune cavità dette seni paranasali comunicanti con le vie respiratorie e rivestite da una mucosa che se infiammata dà luogo alla sinusite. La prima vertebra è connessa al cranio e permette liberi movimenti. Inoltre sotto la mandibola anteriormente vi è l’osso ioide che serve a tenere aperta la faringe. Colonna vertebrale – Costituisce il sostegno principale del corpo e protegge il midollo spinale. Formata da 24 vertebre libere, 5 fuse (osso sacro) e 3-6 fuse (coccige). Ogni vertebra è formata dal corpo vertebrale e dall’arco vertebrale, che delimita il canale vertebrale (dove passa midollo spinale) in posizione mediana sporge posteriormente il processo spinoso mentre lateralmente sporgono due processi trasversi. Le
vertebre sono articolate tra loro e separate dai dischi intervertebrali (cartilagine). È suddivisa in cinque regioni: cervicale (7) vertebre, la 1a atlante si articola col cranio; dorsale (12) vertebre, si articolano le coste; lombare (5) vertebre; sacrale, (5) vertebre fuse in un blocco formano l’osso sacro; coccigea (3-6) vertebre fuse. La colonna vertebrale inoltre presenta due curvature in avanti (lordosi cervicale e lombare) e una all’indietro (cifosi dorsale) per conferire elasticità e assorbire le vibrazioni prodotte durante la marcia e la corsa. La gabbia toracica contiene e protegge il cuore e i polmoni. È formata 12 paia di coste, articolate con le 12 vertebre dorsali e con lo sterno. Le prime 7 paia (coste vere) si uniscono allo sterno, le 3 paia successive (coste spurie) raggiungono lo sterno mediante la cartilagine delle precedenti, le ultime 2 paia (coste fluttuanti) non sono unite allo sterno. Cinto scapolare e pelvico – Quello scapolare è la struttura ossea su cui sono articolati gli arti superiori, che così si connettono alla colonna vertebrale. È formato anteriormente da due clavicole e posteriormente da due scapole. Ogni scapola comprende una cavità glenoidea che permette l’articolazione con l’omero e quindi con l’arto superiore. Quello pelvico, o bacino, è la struttura su cui si articolano gli arti inferiori. È costituito da due parti uguali, le due anche, articolate all’osso sacro. Ogni anca è formata da tre ossa saldate fra loro: ilio (o ileo), ischio, pube. Le ossa pubiche, le più anteriori, sono unite dalla sinfisi pubica; i due ischi sono disposti inferiormente, mentre le due ossa iliache formano le ali delle anche. Ai due lati del bacino le tre ossa formano l’acetabolo. Ø SISTEMA MUSCOLARE Il sistema muscolare è costituito da circa 620 muscoli scheletrici, che contraendosi permettono lo spostamento dei segmenti ossei su cui sono inseriti e quindi i movimenti. Sono distinti in lunghi, larghi e brevi, ma possono essere molto diversificati, avere capi multipli oppure più di un ventre muscolare. Sono muscoli volontari perché durata, forza e contrazione sono regolate volontariamente dall’attività del sistema nervoso centrale. I loro principali tipi di movimento sono: l’abduzione, l’adduzione, la flessione, l’estensione e la rotazione. Interazioni ossa-muscoli – I muscoli scheletrici sono ancorati alle ossa mediante i tendini. Quando le estremità del muscolo sono ancorate su due ossa diverse, la contrazione muscolare provoca il movimento di una delle due. L’estremità del muscolo attaccata all’osso stazionario è chiamata origine, mentre l’estremità attaccata all’osso che si muove durante la contrazione è detta invece inserzione. Il muscolo responsabile di un certo movimento è detto agonista, quelli che collaborano con esso son detti sinergisti. Poiché un muscolo non può compiere diversi movimenti, quello che svolge un’azione contraria ad un muscolo agonista è detto muscolo antagonista. Struttura muscolo e fibra – Un muscolo scheletrico è costituito da un fascio di lunghe fibre muscolari, unite da tessuto connettivo nel quale passano nervi e vasi sanguigni. Il citoplasma di ogni fibra contiene molte miofibrille, suddivise in unità dette sarcomeri e circondate dal reticolo sarcoplasmatico, un reticolo endoplasmatico in cui sono presenti molti ioni calcio (Ca+2). Il citoplasma della fibra è detto sarcoplasma, mentre la membrana cellulare è detta sarcolemma. Quest’ultima propaga l’impulso nervoso all’interno della fibra ed è connesso a un sistema di tubuli trasversi (tubuli T) perpendicolari alle miofibrille. Questi sono a contatto con il liquido extracellulare e rappresentano i canali per il flusso degli ioni. Ogni miofibrilla è costituita da miofilamenti spessi di miosina e miofilamenti sottili di actina. La striatura della fibra invece deriva dall’alternanza di bande chiare (bande I di sola actina) e bande scure (bande A di miosina e actina). Inoltre possiamo riconoscere la zona H, ovvero la regione centrale del sarcomero (solo miosina); la linea M, linea che corre al centro della zona H; la linea Z, nella quale sono ancorati i filamenti di actina e che separa un sarcomero dall’altro. Contrazione muscolare – I filamenti sottili sono costituiti da 2 molecole di actina avvolte a elica e associate alle proteine troponina e tropomiosina. I filamenti spessi sono formati da 200 molecole di miosina. La contrazione muscolare è dovuta allo slittamento dei filamenti sottili sopra quelli spessi, ciò è reso possibile dalla testa della miosina che si aggancia all’actina formando ponti actina-miosina mediante una rotazione sulla propria posizione, facendo così scivolare i filamenti sottili verso il centro del sarcomero. La contrazione comporta un accorciamento del sarcomero, quindi l’avvicinamento delle linee Z, riduzione della banda I e la scomparsa della zona H. Ioni Ca+2 nella contrazione – In condizioni di riposo gli ioni Ca+2 hanno una concentrazione bassa e l’attacco della miosina sui filamenti di actina è impedito dalla troponina e dalla tropomiosina. Quando arriva un impulso nervoso vengono rilasciati nel citoplasma ioni Ca+2 che si legano al complesso delle proteine regolatrici, modificandone la conformazione, in questo modo i miofilamenti possono legarsi e permettere la contrazione. Quando lo stimolo cessa la pompa del calcio, pompa attivamente lo ione all’interno del reticolo sarcoplasmatico, determinando il rilassamento del muscolo. Se il muscolo non si accorcia e aumenta il tono muscolare è avvenuta una contrazione isometrica, se invece si accorcia il muscolo ma non varia il tono muscolare è avvenuta una contrazione isotonica. ATP nella contrazione e mioglobina – La contrazione richiede un’elevata quantità di ATP. Le cellule muscolari ottengono energia principalmente dalla sua idrolisi, che permette il distacco delle teste di miosina dai filamenti sottili di actina e il loro successivo riattacco in un altro punto verso l’estremità del sarcomero. Se dovesse mancare l’ATP, miosina e actina rimarrebbero associate tra loro, ciò che accade 3-4 ore dopo la morte nel rigor mortis. L’ATP è presente in piccole quantità all’interno delle fibrocellule perciò deve essere prodotto al loro interno. Se non vi è una contrazione intensa, l’apporto di ossigeno è sufficiente a far procedere la respirazione cellulare ma se la contrazione è intensa e siamo in condizioni di anaerobiosi, il muscolo ricava ATP tramite la glicolisi che come prodotto finale avrà l’acido lattico. La mioglobina è una proteina contenuta nei muscoli con la funzione di trasportare e immagazzinare ossigeno. La sua struttura è simile a quella dell’emoglobina ma è formata da una sola catena polipeptidica (anziché 4) e ha un solo gruppo eme, inoltre ha un’affinità maggiore per l’ossigeno. Infatti lo cattura e lo trasporta nelle cellule muscolari, rilasciandolo nei momenti in cui è necessario. Fibre rosse e bianche – Le fibre rosse o a contrazione lenta hanno una velocità di contrazione bassa, ma sono molto vascolarizzate e possiedono mioglobina e mitocondri in grandi quantità (per ATP); le fibre bianche o a contrazione veloce, formano muscoli per contrazioni rapide e intense, sono povere di mioglobina e mitocondri ma ricchi di di glicogeno ed enzimi per la glicolisi (da cui produrre ATP). Controllo nervoso della contrazione – Il meccanismo della contrazione è dovuto ad un impulso nervoso che giunge al muscolo attraverso le fibre nervose motrici. Il punto in cui la fibra nervosa giunge a contatto con la fibrocellula è un particolare tipo di sinapsi chiamato giunzione neuromuscolare o placca motrice. Questa presenta un rigonfiamento, bottone sinaptico, ed una fessura dove si riversa il neurotrasmettitore dell’acetilcolina, distrutto dopo la contrazione dall’acetilcolinesterasi. Una volta arrivato lo stimolo nervoso, la permeabilità del sarcolemma si modifica e genera un potenziale d’azione che permette il rilascio di ioni Ca+2 nel citoplasma. Subito dopo la contrazione il calcio viene pompato attivamente all’esterno, nel reticolo sarcoplasmatico, e la contrazione cessa. Disturbi principali – artrite, infiammazione di un’articolazione; artrosi, riduzione delle cartilagini articolari; cifosi, curvatura eccessiva con formazione di gibbosità; scoliosi, curvatura della colonna in senso laterale; distorsione, allungamento o lacerazione dei legamenti; ernia del disco, disco intervertebrale sporge fra le vertebre e comprime i nervi spinali; osteoporosi, degenerazione e aumento della fragilità del tessuto osseo; distrofie muscolari, degenerazione progressiva del sistema muscolare (di Duchenne tra i 3-5 anni).
APPARATO CIRCOLATORIO
Il sistema circolatorio cardiovascolare garantisce la distribuzione a tutte le cellule dell’organismo di ossigeno e sostanze nutritive, l’allontanamento delle sostanze di rifiuto e il trasporto di messaggeri chimici. È formato dai vasi sanguigni (vene, arterie, capillari) all’interno dei quali circola il sangue, grazie all’azione pompa esercitata dal cuore. CUORE Il cuore è un organo di forma conica collocato nella cavità toracica nel mediastino, spazio tra i polmoni. È rivestito dall’endocardio (membrana interna) e dal pericardio (membrana protettiva esterna). È grande quanto un pugno e pesa circa 300g. Rappresenta l’organo propulsore del sangue ed è diviso in una parte destra e sinistra, che non comunicano tra loro. È costituito da 4 camere: due atri superiori separati dal setto interatriale che sono i settori di ricezione del sangue, e due ventricoli inferiori separati dal setto interventricolare, che sono i settori di propulsione del sangue. Tra gli atri e i ventricoli sono presenti valvole che permettono il flusso del sangue dagli atri ai ventricoli ma non viceversa: nel lato destro vi è la valvola tricuspide, e in quello sinistro la valvola bicuspide o mitrale. Le valvole semilunari sono invece localizzate nell’aorta e nell’arteria polmonare con il compito di impedire il riflusso del sangue nel cuore (chiuse se p.vasi>p.ventricoli). Contrazione – Il cuore è dotato di contrazione involontaria e autoritmica che non proviene dal sistema nervoso ma si origina nel cuore stesso, nelle fibre della parete dell’atrio destro, chiamato nodo seno-atriale (il pacemaker). Da qui lo stimolo si propaga ai due atri, stimolandoli a contrarsi contemporaneamente, e successivamente passa al nodo atrio-ventricolare, un tessuto muscolare che separa gli atri dai ventricoli. Da quest’ultimo, lo stimolo si propaga ai ventricoli mediante il fascio di His e le fibre di Purkinje che li fanno contrarre contemporaneamente. Battito cardiaco – detto anche ciclo cardiaco è suddiviso in due fasi: la diastole è quando il cuore è rilassato e le cavità si riempiono di sangue; la sistole è quando le cavità si contraggono. Quest’ultima fase comincia con la contrazione degli atri (sistole atriale) che permette il completo riempimento dei ventricoli e viene seguita dalla contrazione di questi (sistole ventricolare) che spinge il sangue all’interno delle arterie polmonari e dell’aorta. Si intendono per toni cardiaci i rumori fisiologici del ciclo cardiaco. Nella sistole ventricolare si può distinguere una fase di contrazione dei ventricoli in cui le valvole sono tutte chiuse, e una fase di gittata sistolica in cui si aprono le valvole semilunari mentre rimangono chiuse quelle che separano gli atri dai ventricoli. La gittata cardiaca rappresenta il volume di sangue espulso dal ventricolo sinistro ogni battito (70ml). In un individuo a riposo la gittata cardiaca è in media pari a 5L/min e se sotto sforzo fino a 25L/min. La frequenza della contrazione (media 70-75 battiti/min) è modulata da fattori endocrini e nervosi: l’adrenalina e la noradrenalina (liberate dalle ghiandole surrenali e dal sistema simpatico) aumentano la frequenza, mentre l’acetilcolina (dai neuroni del sistema parasimpatico) la rallenta. VASI SANGUIGNI Esistono tre tipi di vasi sanguigni: le arterie, le vene e i capillari. Vediamo immediatamente le differenze tra di loro. Arterie – Sono i vasi che portano il sangue dal cuore alla periferia. Hanno pareti spesse ed elastiche formate da tre strati (tonaca intima, media e avventizia), il più interno è un epitelio detto endotelio, mentre il più esterno è molto ricco di fibre elastiche. Le arterie quindi hanno la capacità di contrarsi per aiutare l’avanzamento del sangue nei tessuti. Il flusso è pulsante e la pressione sanguigna si mantiene costante. Vene – Raccolgono il sangue dalla periferia e lo riportano al cuore. Come le arterie sono formate da tre strati ma hanno pareti sottili ed estensibili con poco tessuto muscolare e fibre elastiche; perciò il flusso è quasi totalmente promosso dalla contrazione dei muscoli scheletrici adiacenti alle vene, e lungo queste vi sono le valvole a nido di rondine che impediscono al sangue di procedere nella direzione errata. Capillari – Hanno delle pareti sottilissime, costituite da un unico strato di cellule (endotelio), attraverso il quale i gas respiratori, le sostanze nutritive, enzimi, ormoni e sostanze di rifiuto possono passare facilmente per diffusione o per altri meccanismi di trasporto. Il flusso sanguigno è molto lento e ciò facilita gli scambi tra il sangue e i tessuti circostanti ai capillari. CIRCOLAZIONE SANGUIGNA Comprende la circolazione sistemica, attraverso il quale il sangue ossigenato viene distribuito ai tessuti per far ritorno al cuore impoverito in ossigeno, e la circolazione polmonare che permette l’ossigenazione del sangue deossigenato. Il percorso del sangue nella circolazione sistemica, detta anche grande circolazione, ha origine dal ventricolo sinistro che pompa sangue ossigenato all’aorta, la quale si ramifica in arterie e arteriole fino a formare una fitta rete di capillari. Ceduti l’ossigeno e i nutrienti ai tessuti e caricatosi di sostanze di rifiuto, il sangue presente nei capillari venosi viene diretto nelle venule che poi sboccano nelle vene, per giungere infine all’atrio destro mediante la vena cava superiore (precava) e la vena cava inferiore (postcava). La circolazione polmonare, detta anche piccola circolazione, ha invece inizio nel ventricolo destro del cuore che pompa nelle arterie polmonari sangue povero di ossigeno. Mediante questi vasi il sangue raggiunge i polmoni, rilascia la CO2 e si arricchisce di ossigeno; avvenuti gli scambi, il sangue ossigenato si dirige all’atrio sinistro mediante le vene polmonari. PRESSIONE SANGUIGNA È la forza esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni. Viene misurata di solito a livello di un’arterie del braccio ed espressa in millimetri di mercurio (mmHg), comprende un valore massimo (sistole) e un minimo (diastole) i cui valori medi sono 120/80 mmHg. Nella circolazione sistemica la pressione massima è nel ventricolo sinistro, diminuisce gradualmente nelle arterie e bruscamente nelle arteriole per poi diminuire gradualmente nei capillari e nelle vene fino a raggiungere un valore minimo allo sbocco delle vene nell’atrio destro. Nella polmonare, la pressione è massima nel ventricolo destro e nelle arterie polmonari, diminuisce per arrivare ai valori minimi in corrispondenza dello sbocco delle vene polmonari nell’atrio sinistro. Se la pressione è superiore alla media=ipertensione, mentre se inferiore=ipotensione. Regolazione della pressione sanguigna – La pressione dipende da due fattori principali: il flusso sanguigno (che dipende dal volume di sangue circolante) e dalla resistenza opposta dai vasi (che dipende dal grado di vasocostrizione e viscosità del sangue). Per regolare la pressione, l’organismo agisce: sull’attività cardiaca (frequenza contrazioni), sulla resistenza del sistema vascolare (vasocostrizione/vasodilatazione), sul volume sanguigno. I recettori del volume sanguigno sono nell’atrio destro, quelli della pressione sono nell’arco aortico e nella carotide. Le informazioni provenienti da questi sensori giungono in specifici centri situati nel midollo allungato da cui hanno origine risposte finalizzate al ripristino della pressione fisiologica. In seguito ad un aumento della pressione vi è una riduzione del sistema ortosimpatico e un’attivazione del parasimpatico, ciò determina una diminuzione della frequenza a la vasodilatazione (maggiore fuoriuscita di liquidi e diminuzione del volume plasmatico). Per la regolazione a lungo termine intervengono diversi ormoni come l’aldosterone e l’ADH che favoriscono il riassorbimento di acqua a livello renale e quindi la formazione di urina concentrata e l’aumento del volume plasmatico. Bisogna ricordare anche la renina, prodotta in risposta alla produzione di urina diluita, stimola la secrezione di aldosterone e favorisce la ritenzione idrica, e il
peptide natriuretico atriale (PNA), prodotto in risposta a un aumento della pressione, inibisce la secrezione di renina in modo di favorire l’eliminazione di liquidi e la diminuzione della pressione sanguigna. Anche le variazioni di temperatura alterano la pressione: in caso di innalzamento della temperatura si verifica vasodilatazione e quindi diminuzione della pressione, in caso di abbassamento della temperatura si verifica vasocostrizione e quindi aumento della pressione. SANGUE È il tessuto fluido che all’interno dei vasi dell’apparato circolatorio raggiunge tutte le parti del corpo consentendo il trasporto nei tessuti di ossigeno e sostanze nutrienti e l’allontanamento di CO2 e sostanze di rifiuto. Permette inoltre la distribuzione degli ormoni e svolge funzioni di difesa. Nell’uomo sono presenti circa 4-6L di sangue, costituito da una componente liquida (plasma sanguigno) che occupa il 55% di volume e da una componente particolata che comprende diversi tipi cellulari e ne rappresenta il 45%. Il plasma sanguigno è costituito per il 90% da acqua in cui sono disciolte proteine (7%), sali (1%) e materiali di rifiuto (urea e acido urico). Le proteine del plasma hanno diverse funzioni: coagulazione del sangue, trasporto di sostanze, regolazione del volume plasmatico e del pH, riserva proteica, funzione ormonale o difensiva. La composizione del sangue viene mantenuta costante dall’omeostasi, in particolar il pH viene mantenuto intorno ai 7,4 da diverse sostanze che agiscono da tamponi (acido carbonico H2CO3 / bicarbonato HCO3- e idrogenofosfato HPO4-2 / diidrogenofosfato H2PO4-). Anche la pressione osmotica è un parametro molto importante e regolato in modo preciso, la pressione osmotica del plasma corrisponde a quella di una soluzione di NaCl allo 0,9%, che per tale motivo è detta soluzione fisiologica. Vediamo adesso i tre tipi principali di cellule del sangue: Eritrociti – detti anche globuli rossi, sono responsabili del trasporto di O2, hanno forma di disco biconcavo, con diametro pari a 7µm, sono anucleati e l’emoglobina è il principale costituente. Sono presenti nella concentrazione di 4,5/5 milioni per mm3. Sulla membrana dei globuli rossi vi sono delle proteine antigeniche che permettono di distinguere diversi gruppi sanguigni. Si formano nel midollo osseo rosso e vivono per circa quattro mesi, dopodiché vengono distrutti dalla milza. Leucociti – detti anche globuli bianchi, sono responsabili della risposta immunitaria e sono presenti con diversi tipo che si distinguono per la forma del nucleo e l’affinità ai coloranti: vi sono i granulociti (neutrofili, eosinofili, basofili), monociti e linfociti T e linfociti B. Sono presenti nella concentrazione di 4/9mila per mm3. I granulociti e i monociti sono dotati di attività fagocitaria, possono eliminare particelle e microrganismi estranei, sono coinvolti nei meccanismi di difesa aspecifica; i linfociti sono responsabili della risposta immunitaria specifica. Piastrine – sono frammenti cellulari di forma irregolare e di diametro pari a 1-4µm, presenti in concentrazione 150/400mila per mm3. Rivestono un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione del sangue. Emopoiesi – Le cellule del sangue sono prodotte da organi specifici (emopoietici) mediante l’emopoiesi. Gli organi emopoietici sono il midollo osseo rosso (eritrociti, granulociti, piastrine, monociti, linfociti), timo e milza (linfociti). Nel midollo osseo si formano ogni giorno 200 miliardi di eritrociti e miliardi di leucociti e piastrine. Tutte le cellule del sangue derivano da cellule staminali che danno origine a due linee distinte: linea linfoide (precursori linfociti) e linea mieloide (precursori degli eritrociti, piastrine, granulociti e monociti). L’eritropoiesi è la produzione dei globuli rossi e viene stimolata dall’ormone eritropoietina, messo in circolazione dai reni in caso di ipo-anossia (insufficienza di O2). Trasporto di O2 – L’ossigeno nel sangue è trasportato principalmente dell’emoglobina, una proteina globulare formata da quattro sub-unità a due a due uguali, ognuna costituita da una catena polipeptidica (a o b) e da un gruppo eme. Quest’ultimo è una molecola non proteica contenente ferro a cui si può legare una molecola di O2. L’emoglobina manifesta maggiore affinità per l’O2 quando è più abbondante, e minore affinità quando la pO2 è bassa: ciò permette all’O2 di essere rilasciato nei capillari periferici (<40mmHg) ed essere legato alla proteina nei capillari alveolari, dove la pO2 è particolarmente elevata (100mmHg). Totale affinità per CO e CN- che per l’organismo risultano veleni. Trasporto di CO2 – Viene trasportata per il 10% in forma disciolta nel plasma, per il 20% entra nei globuli rossi e si lega all’emoglobina in siti diversi da quelli in cui lega l’O2, per circa il 70% viene trasportata nel sangue sotto forma di ione bicarbonato HCO3-. Poiché la pCO2 nei liquidi interstiziali è maggiore di quella del sangue, la CO2 passa per diffusione nel sangue dove si combina nell’acqua formando acido carbonico H2CO3. Questo si dissocia H+ e HCO3-. Nei polmoni gli ioni si riassociano formando CO2 e acqua per mezzo dell’enzima anidrasi carbonica (enzima coinvolto anche nella loro dissociazione) e vengono quindi espulsi durante l’espirazione. Scambi di sostanze – Lo scambio di sostanze tra il sangue e i tessuti prevede la tappa intermedia del passaggio attraverso il liquido interstiziale. Lo scambio di sostanze avviene per diffusione secondo gradiente di concentrazione e dipende dalla differenza tra la pressione sanguigna e la pressione osmotica. La pressione sanguigna (idrostatica) è maggiore alla osmotica nell’estremità del capillare e perciò vi è un flusso di liquidi fuori dal capillare. Via via che il sangue scorre nel capillare la pressione idrostatica diminuisce mentre aumenta quella osmotica che allora determina un flusso netto di liquido dall’interstiziale verso l’interno del capillare. Una certa quantità di liquido interstiziale non viene riassorbito dai capillari venosi e torna al circolo sanguigno medianti i capillari del sistema linfatico. Coagulazione – il processo di emostasi, che permette di arrestare un’emorragia, è un processo molto rapido ma implica diversi passaggi. Un danno alle pareti di un vaso fa esporre le fibre di collagene, le piastrine intervengono e vi aderiscono. Queste rilasciano i fattori di coagulazione che assieme alla protrombina (sintetizzata nel fegato in presenza di Ca+2) formano la trombina. Quest’ultima assieme al fibrinogeno nel plasma formano la fibrina. I globuli rossi vengono quindi intrappolati nei filamenti di fibrina, formando un coagulo. SISTEMA LINFATICO Il liquido fuoriuscito dai capillari arteriosi va a formare la linfa e torna al sangue attraverso il sistema linfatico, formato dall’insieme dei vasi linfatici. Esso inizia con sottilissimi capillari linfatici che raccolgono la linfa dai tessuti e la conducono in vasi linfatici di calibro maggiore. Questi confluiscono nel dotto toracico e nella grande vena linfatica che riversano infine il loro contenuto nelle succlavie. Il sistema linfatico non è dotato di un organo propulsore, perciò il passaggio della linfa è determinato dalla contrazione dei muscoli scheletrici e procede nella giusta direzione grazie a una valvola presente nei vasi che previene il riflusso. Ha il compito di trasportare al sangue i grassi assorbiti dall’intestino e di distribuire i linfociti. I linfonodi, piccolo organi spugnosi e tondeggianti, hanno la funzione di filtrare la linfa, rimuovendo le particelle estranee e di arricchirla di linfociti. Oltre ai linfonodi, altri organi sono il timo, le tonsille, le placche di Peyer, la milza. Questa pesa 100-250g, agisce da serbatoio e filtro del sangue, partecipa all’emopoiesi con i linfociti e distrugge piastrine ed eritrociti invecchiati. I macrofagi della milza fagocitano gli eritrociti e trasformano il gruppo eme in bilirubina, ceduta al fegato ed eliminata con la bile.
DISTURBI DELL’APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO E DEL SANGUE Anemia: perdita di sangue, anemia ferropriva (carenza Fe), anemia perniciosa (vitamina B12), anemia aplastica (produzione insufficiente di eritrociti), anemia emolitica (eritrociti distrutti rapidamente), malattie genetiche come anemia falciforme, talassemia; aneurisma, dilatazione irreversibile arteria; aritmia cardiaca, tachicardia o bradicardia; arteriosclerosi, ispessimento e indurimento delle pareti arteriose; aterosclerosi, placche grasse si formano in condizione di colesterolemia e ostacolano flusso del sangue; embolia, occlusione di un vaso da parte di un corpo estraneo; ictus, morte delle cellule cerebrali per occlusione o emorragia arteria; infarto, necrosi di un organo in condizioni di anossia; ischemia, sofferenza di un tessuto in seguito ad ipossia; ittero, colorazione cute gialla per aumento di bilirubina o diminuita funzionalità del fegato a causa di infiammazione; leucemia, proliferazione incontrollata dei leucociti; shock, insufficienza circolatoria; trombosi, formazione di coaguli all’interno del cuore o dei vasi.
APPARATO RESPIRATORIO
L’apparato respiratorio ha la funzione di permettere gli scambi gassosi tra l’apparato circolatorio e l’ambiente esterno. L’apparato respiratorio è formato dai polmoni, in cui avvengono gli scambi gassosi, e dalle vie respiratorie, che conducono l’aria dall’esterno ai polmoni e viceversa. Anatomia – I polmoni sono due organi spugnosi posti nella cavità toracica e rivestiti da due membrane dette pleure, separate da un sottile spazio infrapleurico contenente un liquido a funzione lubrificante. La pleura viscerale aderisce alla superficie esterna del polmone, mentre la pleura parietale aderisce alla parete toracica. La cavità toracica è separata dalla cavità addominale da un largo muscolo, il diaframma, fondamentale nella respirazione. L’aria entra attraverso le narici e fluisce nelle cavità nasali dove viene filtrata e riscaldata, passa poi nella faringe, da qui nella laringe e infine nella trachea, le cui pareti sono rinforzate da anelli cartilaginei. Quest’ultima si divide in due bronchi, uno diretto al polmone dx e l’altro al sx. Le pareti interne della trachea e dei bronchi sono rivestite di cellule ciliate e cellule secernenti muco, il quale intrappola le particelle estranee che vengono espulse. I bronchi, a loro volta, si suddividono in bronchioli sempre più piccoli fino ai bronchioli terminali, i quali si dilatano per formare gli alveoli polmonari, circondati da capillari sanguigni. Le pareti degli alveoli sono costituite da un unico strato di cellule epiteliali appiattite che può essere attraversato facilmente per diffusione dai gas respiratori. I due polmoni umani contengono circa 300 milioni di alveoli, superficie respiratoria di circa 70m2. Nella laringe si trovano le corde vocali, responsabili della fonazione mediante vibrazioni causate dalla pressione dell’aria emessa con l’espirazione. Lo scambio dei gas avviene secondo gradiente: il sangue che si trova all’interno dei capillari polmonari è caratterizzato da una pO2 minore di quella dell’aria inalata negli alveoli, perciò l’O2 diffonde dall’aria alveolare ai capillari, dove si lega all’emoglobina contenuta negli eritrociti. In modo analogo la CO2 si diffonde dai capillari agli alveoli in quando la pCO2 è maggiore nei capillari polmonari piuttosto che negli alveoli. Ventilazione polmonare – è il processo attraverso il quale l’aria viene inalata ed esalata. Lo scopo della ventilazione è di introdurre la massima quantità di ossigeno negli alveoli polmonari e di eliminare l’anidride carbonica. La differenza tra la pressione nello spazio infrapleurico e quella all’interno dei polmoni (=pressione atmosferica) mantiene i polmoni espansi, impedendo loro di collassare. Il meccanismo di questo processo è articolato in due fase: l’inspirazione, quando il diaframma si abbassa e i muscoli intercostali si contraggono, provocando l’allargamento della cassa toracica e creando così una depressione che causa l’espansione dei polmoni; l’espirazione, quando il diaframma e i muscoli intercostali si rilassano portando la cavità toracica alle condizioni iniziali e l’aria viene espulsa passivamente dai polmoni. La frequenza respiratoria 13-16 atti respiratori al minuto, mentre il volume di aria introdotta con ogni atto è media in 500ml e quindi la ventilazione polmonare corrisponde 7,5ml. La ventilazione è regolata dai neuroni dei centri respiratori, localizzati nel midollo allungato. L’attività di questi neuroni è modulata in base ai segnali ricevuti dai chemiorecettori, presenti sull’arco dell’aorta, sulla carotide (glomo carotideo) e nel midollo allungato stesso. I chemiorecettori rispondono in caso di aumento di CO2, diminuzione O2, diminuzione pH. Disturbi principali – asma bronchiale, malattia infiammatoria cronica delle vie respiratorie; enfisema, aumento anomalo degli spazi che contengono aria e perdita di elasticità delle pareti degli alveoli, causando insufficienza respiratoria; pleurite, infiammazione della pleura con dolore che peggiora con respirazione e tosse; sinusite, infezione delle mucose che rivestono i seni paranasali, causata da virus o batteri.
APPARATO DIGERENTE
L’apparato digerente è il complesso degli organi adibiti alla masticazione del cibo, alla degradazione delle grosse molecole contenute negli alimenti e all’assorbimento di queste ultime. È formato da un lungo tubo digerente, detto anche canale gastrointestinale, che inizia con la bocca, seguono poi la faringe, l’esofago, lo stomaco, l’intestino tenue e crasso (cieco, colon, retto) che termina con l’ano. Inoltre è accompagnato dalle ghiandole salivari, dal fegato e dal pancreas. Vediamo ora uno per uno i costituenti dell’apparato digerente. Bocca e denti – o cavità orale, è il luogo in cui vengono introdotti gli alimenti e inizia una digestione meccanica, attraverso l’azione di masticazione dei denti, e una digestione chimica. Questa è effettuata dalla saliva, prodotta dalle ghiandole salivari e contente l’enzima ptialina (amilasi salivare) che idrolizza l’amido formando il disaccaride maltosio. I denti (23) sono impiantati in cavità dette alveoli dentari, sia nella mascella che nella mandibola. Ogni dente è formato da tre parti: la corona, è la parte visibile ed è costituita da uno strato di smalto, un riempimento di dentina e una polpa centrale ricca di vasi sanguigni e nervi; il colletto, zona di raccordo nella quale la dentina è rivestita da un tessuto osseo detto cemento; la radice. Struttura del tubo digerente – Le pareti del tubo digerente seguono struttura caratteristica: la tonaca mucosa è formata da uno strato di tessuto epiteliale, connettivo e un sottile strato muscolare. Partecipa attivamente ai processi di assorbimento, infatti ha la funzione protettiva nell’esofago e nel canale anale, digestiva nello stomaco e nel duodeno, di assorbimento nell’intestino; la tonaca sottomucosa è uno strato di connettivo in cui intercorrono nervi e vasi sanguigni e linfatici; la tonaca muscolare è formata da due strati di muscolatura liscia, nel primo le fibre hanno disposizione circolare e nel secondo longitudinale. Le contrazioni di queste fibre permettono la peristalsi. Peritoneo e mesenteri – Il peritoneo è lo strato più esterno che riveste la parete dell’addome e quasi tutti gli organi addominali, è formato dai foglietti parietali e viscerali. In alcuni punti i due foglietti vengono a contatto, formando grosse pieghe che collegano gli organi viscerali tra di loro o alle pareti della cavità addominale, permettendo ai visceri e agli organi un movimento indipendentemente uno dall’altro. Faringe ed esofago – Il cibo masticato viene impastato con la saliva diventando un bolo, che viene spinto nella faringe dove verrà deglutito. Durante la deglutizione la respirazione viene inibita, perciò la laringe viene coperta dall’epiglottide (lembo cartilagineo) in modo che il bolo imbocchi la via giusta verso l’esofago. Questo è un tubo muscolare lungo 25cm che collega la faringe allo stomaco, il movimento del bolo alimentare è dovuto alla peristalsi, ovvero alle contrazioni muscolari involontarie che interessano le pareti del tubo digerente. Stomaco – è un ampio sacco muscolare che accumula il cibo e ne inizia la digestione, è lungo 30 cm e si trova nella cavità addominale superiore. Il passaggio esofago-stomaco è regolato dalla valvola cardias, quello stomaco-duodeno dal piloro. L’interno dello stomaco è rivestito da una mucosa spessa che contiene le ghiandole gastriche e le ghiandole piloriche. Nelle gastriche si trovano tre tipi di cellule: le principali, che secernono pepsinogeno, forma inattiva della pepsina che demolisce le proteine; le parietali che secernono HCl il quale uccide batteri e facilita la conversione del pepsinogeno; le mucose, producono grandi quantità di muco per proteggere le pareti dello stomaco dall’autodigestione. Le piloriche invece producono l’ormone gastrina che favorisce la contrazione muscolare e stimola la produzione di HCl. Quando il cibo giunge qui, segnali nervosi di tipo parasimpatico e ormonali (gastrina) attivano la motilità dello stomaco. A questo punto il bolo si è trasformato in chimo, un liquido brodoso acido (pH=1-2) formato da una miscela di cibo parzialmente digerito con succo gastrico. Sebbene lo stomaco non abbia una funzione di assorbimento, l’alcol e certi farmaci (aspirina) vengono assorbiti dai capillari dello stomaco. Intestino tenue – è la porzione del tubo digerente in cui si completa la digestione e ha luogo l’assorbimento del materiale digerito. Ha un diametro di circa 2,5cm ed è più lungo di 7m, copre un’area complessiva di 300m2 grazie alle estroflessioni della parete dette villi intestinali. Esso si divide in duodeno, digiuno, ileo. Il duodeno sostiene la maggior parte della digestione, in quanto vi si riversano le secrezioni delle ghiandole intestinali, del pancreas e la bile, che trasformano il chimo acido in chilo, un liquido lattescente. Nel succo enterico (g.intestinali) vi sono gli enzimi che idrolizzano i disaccaridi (maltasi, lattasi, saccarasi) ed enzimi che idrolizzano le proteine (peptidasi). Polisaccaridi e proteine sono digeriti grazie anche all’azione del succo pancreatico, la cui secrezione è stimolata dall’ormone secretina. Nel pancreatico vi sono l’amilasi pancreatica e altre peptidasi (tripsina, chimotripsina, carbossipeptidasi). Nel duodeno ha luogo anche la digestione dei grassi a glicerolo e acidi grassi, operata dagli enzimi lipasi (prodotti dal pancreas e del tenue) e resa possibile dalla bile. La bile viene prodotta dal fegato e viene accumulata nella cistifellea (colecisti) a da qui si riversano nel duodeno attraverso il dotto coledoco. È formata da sali biliari, pigmenti biliari e colesterolo, che hanno il ruolo di suddividere le gocce di grasso in goccioline più piccole, quindi di emulsionare i grassi per favorire l’attacco enzimatico per mezzo della lipasi. L’assorbimento ha luogo nelle pareti del digiuno e dell’ileo. I monosaccaridi sono assorbiti mediante trasporto attivo e diffusione facilitata mentre gli amminoacidi sono assorbiti per trasporto attivo. Dalle cellule della mucosa intestinale, queste sostanze arrivano ai capillari dei villi e confluiscono nella vena porta epatica, vaso che entra nel fegato. Inoltre all’interno di un villo si trova anche un vaso linfatico, il vaso chilifero, nel quale passano gli acidi grassi e il glicerolo. Intestino crasso – è la porzione del tubo digerente in cui si accumulano i prodotti non digeriti e dove ha luogo l’assorbimento dell’acqua e dei sali minerali. È lungo 2m ed è diviso in tre parti: il cieco; il colon (ascendente, trasverso, discendente), dove avviene l’assorbimento di H2O e sali; il retto, in cui si accumulano le masse solide residue che vengono espulse dall’ano. Se nel colon, il materiale si muove troppo velocemente, vi è un assorbimento insufficiente che causa diarrea; se invece l’assorbimento è troppo lento, si presenta la condizione di stipsi. Fegato – è la ghiandola più grande del corpo e riveste un ruolo fondamentale nella digestione producendo la bile. Il sangue arriva per il 20% dall’arteria epatica e per l’80% dalla vena porta, che trasporta sangue ricco di materiali nutritivi. Il sangue poi esce dal fegato mediante la vena epatica che confluisce nella vena cava inferiore. Pesa circa 1,5kg ed è formato da due lobi, ciascuno dei quali è diviso in numerosi lobuli epatici, circondati da capillari detti sinusoidi. Il fegato oltre a quella digestiva svolge diverse importanti funzioni: regola la glicemia, produce l’urea (scarto del metabolismo dei composti azotati), demolisce gli eritrociti invecchiati, recupera il Fe ed elabora la bilirubina, produce le lipoproteine presenti nel sangue, interviene nel metabolismo degli amminoacidi trasformando quelli in eccesso in carboidrati e acidi grassi, sintetizza diverse proteine plasmatiche come i fattori di coagulazione e l’albumina, infine ricopre l’importante funzione di detossificazione. Alimenti – Vi sono macronutrienti (lipidi, carboidrati, proteine) che devono essere assunti ogni giorno in grandi quantità e micronutrienti (sali minerali, vitamine) che devono essere assunti in quantità minime ma sono indispensabili all’organismo. Sono definite essenziali, quelle sostanze che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare: 9 dei 20 amminoacidi, alcuni acidi grassi insaturi (come l’acido linoleico e linolenico), sali minerali e vitamine. Le vitamine sono molecole organiche che si suddividono in due gruppi, le idrosolubili e le liposolubili. Disturbi principali – calcoli biliari, masserelle dure che si formano nella cistifellea o nelle vie biliari, le contrazioni per espellerle producono le coliche biliari; celiachia, intolleranza al glutine che se introdotto causa risposta aggressiva del sistema immunitario, distruggendo mucosa intestinale e riducendo capacità assorbimento; cirrosi epatica, morte delle cellule epatiche (alcol, epatite B); diarrea, feci liquide o semiliquide, rappresenta un sintomo; dispepsia, gonfiore e pesantezza dopo pasti; gastrite, infiammazione della mucosa gastrica, ridotta produzione di muco; ulcera gastrica, lesione causata da HCl sulla mucosa; vomito, eliminare cibo avariato/indigeribile o sostanze tossiche.
APPARATO UROGENITALE
L’apparato riproduttore (o genitale) e quello escretore (o urinario) presentano stretti collegamenti, sia nell’adulto che durante lo sviluppo embrionale; per questo motivo i due apparati sono a volte indicati globalmente come apparato urogenitale. APPARATO ESCRETORE L’apparato escretore svolge due funzioni fondamentali: collabora all’omeostasi regolando la concentrazione nei liquidi corporei e il volume dei liquidi circolanti (osmoregolazione) e provvede all’escrezione, cioè alla rimozione dei prodotti di rifiuto del metabolismo. Reni e vie urinarie – Sono gli organi principali in cui si realizzano i processi di osmoregolazione e di eliminazione dei prodotti di rifiuto attraverso l’urina. Sono due organi rosso-scuri a forma di fagiolo, lunghi circa 10cm e situati nell’addome dietro allo stomaco e al fegato. Un rene è costituito da circa 1milione di unità escretrici, dette nefroni, e disposte in modo tale da riconoscere nel rene una parte periferica detta corteccia e una centrale detta midollo. Quest’ultimo appare formato da diversi lobi detti papille renali, col vertice rivolto verso un’ampia cavità centrale, detta pelvi o bacinetto renale. Dalla pelvi ha origine l’uretere, condotto che trasporta l’urina fuori dal rene. I due ureteri, sboccano a loro volta in un organo muscolare cavo, la vescica, che si svuota a intervalli espellendo l’urina attraverso l’uretra. Circolazione sanguigna – Il sangue entra nel rene attraverso l’arteria renale che si ramifica in numerose arteriole afferenti, ognuna delle quali da origine a un groviglio di capillari detto glomerulo renale. I capillari del glomerulo non convergono in una venula ma nell’arteriola efferente, la quale dà origine a sua volta ad una rete di capillari, i vasi retti, che circondano il nefrone. I vasi retti confluiscono alla fine nella vena renale, attraverso la quale il sangue abbandona il rene, per essere successivamente riversato nella vena cava inferiore. Struttura del nefrone – Ogni nefrone inizia con una struttura a forma di coppa, detta capsula di Bowman, che avvolge il glomerulo e che continua col tubulo renale, circondato dai capillari. Il tubulo renale è suddiviso nel tubulo contorno prossimale, l’ansa di Henle (formata dal tratto discendente e ascendente) e dal tubulo contorto distale, che termina nel dotto collettore. Tutti i dotti collettori confluiscono nella pelvi che comunica con l’uretere. I nefroni sono disposti in modo che glomeruli e tubuli contorti siano nella corteccia mentre le anse di Henle e i dotti collettori siano nel midollo. Gli amminoacidi non essenziali sono sintetizzati tramite reazioni in cui compaiono gli ioni ammonio (NH4+), tossici per molti organi, perciò vengono eliminati dai reni attraverso l’urea (H2CO3), che viene eliminata con l’urina per 15-25g/giorno. Funzionamento – La formazione dell’urina è dovuta a processi di filtrazione, riassorbimento e secrezione che avvengono nel nefrone. Per l’elevata pressione nell’arteriola afferente, il 20% del plasma che passa nel glomerulo filtra attraverso le pareti dei capillari, che trattengono solo macromolecole e cellule del sangue. Si forma un liquido isotonico col plasma (ultrafiltrato o preurina) che si raccoglie nella capsula di Bowman e viene incanalato nel tubulo renale. Durante il tragitto lungo il tubulo si verifica un imponente riassorbimento che permette il recupero del 99% dell’acqua, dei sali e delle sostanze nutritive passate nell’ultrafiltrato, che tornano nel sangue attraverso i capillari (vasi retti). L’assorbimento attivo di Na+ ha un ruolo centrale in quanto rende ipertonico il sangue, richiamando acqua. Si verifica parallelamente la secrezione di sostanze di rifiuto (acidi, basi, ioni) dal liquido interstiziale nel filtrato che scorre nel tubulo, mediante trasporto attivo e passivo. Buona parte di acqua e nutritivi vengono assorbiti a livello del contorto prossimale e dell’ansa di Henle (acqua) mentre il contorto distale e il dotto collettore possono aumentare l’assorbimento di H2O se stimolati dall’aldosterone e vasopressina. La composizione del filtrato subisce molti cambiamenti e le sostanze di rifiuto (urea) si concentrano nel secreto, formando un’urina ipertonica rispetto al sangue. Regolazione – La formazione di urina è soggetta a controllo ormonale e regolata nella necessità di dover trattenere o eliminare acqua. I responsabili della regolazione sono l’aldosterone e la vasopressina (ADH). La vasopressina viene prodotta dall’ipotalamo in caso di perdita di liquidi e perciò permette un maggiore assorbimento dell’acqua e formazione di urina concentrata. D’altra parte la diminuzione della concentrazione di Na+ (urina diluita) mette in moto il sistema renina-angiotensina-aldosterone: la renina è un ormone che viene prodotto delle cellule juxta-glomerulari, esso catalizza la trasformazione dell’angiotensinogeno, presente nel plasma, in angiotensina I, che a sua volta viene trasformata in angiotensina II dall’enzima angiotensin converting enzyme (ACE); quest’ultima stimola la secrezione dell’aldosterone da parte della corticale surrenale. Invece, il peptide natriuretico atriale secreto dalle cellule degli atri cardiaci, interviene in caso di aumento della pressione arteriosa col fine di ridurre il volume dei liquidi corporei (inibisce l’assorbimento Na+ e la secrezione di renina e ADH). APPARATO RIPRODUTTORE MASCHILE L’apparato riproduttore maschile comprende le gonadi maschili (testicoli) in cui vengono prodotti gli spermatozoi, e le vie spermatiche, ovvero i tubuli che portano gli spermatozoi all’esterno. I testicoli contengono due componenti funzionali: i tubuli seminiferi, dove vengono prodotti gli spermatozoi stessi e dove si trovano le cellule di Sertoli (nutrizione dei gameti in formazione); e le cellule interstiziali che secernono il testosterone e altri ormoni maschili (androgeni). I testicoli sono alloggiati nello scroto ad una temperatura di 2-4°C inferiore a quella corporea. Gli spermatozoi una volta prodotti vengono immessi nei tubuli dell’epididimo, in cui maturano, acquistano motilità e vengono immagazzinati fino all’eiaculazione. Durante quest’ultima gli spermatozoi si muovono lungo i dotti deferenti, fino all’uretra che attraversa il pene, l’organo erettile che permette di deporre lo sperma all’interno delle vie genitali femminili. Esso termina con una parte espansa, detta glande, ed è formato da tessuto vascolare, il tessuto erettile (corpi cavernosi e spugnosi). In questi ultimi passerà una grande quantità di sangue durante l’eccitazione sessuale, permettendo l’erezione del pene. Gli spermatozoi man mano che avanzano vengono mescolati con un secreto viscoso, fino a formare il liquido seminale, prodotto da tre organi ghiandolari: le vescicole ghiandolari, producono un secreto ricco di fruttosio, indispensabile per il movimento degli spermatozoi; la prostata, rilascia un fluido basico per proteggere i gameti dall’ambiente acido del tratto genitale femminile; le ghiandole bulbouretali, secernono una piccola quantità di liquido viscoso lubrificante prima dell’eiaculazione. Se gli spermatozoi non vengono eiaculati, degenerano e vengono riassorbiti dai dotti deferenti. Ogni giorno circa tre milioni di spermatociti primari vanno incontro alla spermatogenesi, che nell’uomo dura circa dai 65 ai 75 giorni. Regolazione ormonale – All’inizio della pubertà, l’ipotalamo inizia a produrre gli ormoni di rilascio delle gonadotropine che stimolano l’ipofisi a produrre l’ormone follicolostimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH). Il primo agisce sulle cellule di Sertoli stimolando lo sviluppo dei tubuli seminiferi e la spermatogenesi, il secondo invece agisce sulle cellule interstiziali stimolando la secrezione di testosterone. Questo è il principale ormone androgeno ed è responsabile dalla rapida crescita in pubertà e a mantenere i caratteri sessuali maschili secondari.
APPARATO RIPRODUTTORE FEMMINILE I gameti femminili sono le cellule uovo, o ovociti, e vengono prodotti ciclicamente dalle gonadi femminili (ovaie), due organi lunghi circa 3cm e posti nella cavità addominale al di sotto dell’apparato digerente. Ogni ovaia è costituita da migliaia di follicoli oofori, piccoli ammassi pluristratificati di cellule che contengono, proteggono e nutrono le cellule uovo immature, oltre a produrre gli estrogeni. Ogni ovaia è in comunicazione con un condotto allargato all’estremità, la tuba di Falloppio o ovidotto, nella quale è rilasciata ogni mese una cellula uovo prodotta dall’ovaia. La cellula uovo riesce a muoversi lungo l’ovidotto grazie al movimento delle ciglia che ne tappezzano le pareti. Ciascuno dei due ovidotti si apre all’altra estremità nella porzione superiore dell’utero, nel quale si impianta l’eventuale uovo fecondato. L’utero è un organo cavo costituito da uno spesso strato muscolare, il miometrio, e da una mucosa interna, l’endometrio. Questa è soggetta a periodiche trasformazioni nel corso di ogni ciclo mestruale. La porzione inferiore dell’utero, detta cervice o collo, si apre nella vagina, il canale in cui sono depositati gli spermatozoi e attraverso il quale viene espulso il neonato al momento del parto. I genitali esterni sono detti vulva. Il ciclo ovarico – è il processo ciclico di maturazione delle cellule uovo che, in base ad un controllo ormonale, si svolge nelle ovaie ed è accompagnato da modificazione cicliche della mucosa uterina. Nelle ovaie sin dalla nascita sono presenti cellule uovo immatura, nello stadio di ovocita primario. Alla nascita vi sono circa 2milioni di follicoli, bloccati nella profase della meiosi I e iniziano a degenerare fino alla pubertà e all’inizio delle mestruazioni in cui ne giungono 400mila e circa 400 maturano. Con l’instaurarsi del ciclo ovarico, alcuni follicoli iniziano a crescere per effetto degli ormoni ipofisari follicolostimolante (FSH) e luteinizzante (LH). Possiamo dividere il processo in quattro fasi: la fase follicolare (5-14 giorno) in cui il follicolo ooforo si sposta lungo la superficie dell’ovaia e produce estrogeni in quantità crescente. Nel frattempo l’ovocita primario si trasforma in secondario e si arresta in metafase della meiosi II; la fase dell’ovulazione (14 giorno) in cui un follicolo matura scoppia e rilascia nella cavità addominale una cellula uovo che entra poi nell’ovidotto. L’ovulazione è provocata da un picco nei livelli di estrogeni e di LH; la fase luteinica (15-28 giorno) in cui l’LH provoca la trasformazione di ciò che resta del follicolo in corpo luteo, un ammasso ricco di grasso che secerne ancora estrogeni e inizia a produrre l’ormone progesterone, la cui concentrazione aumenta. Il progesterone stimola l’endometrio a produrre le sostanze necessarie per l’eventuale fecondazione; infine la mestruazione (1-4 giorno) in cui avviene lo sfaldamento della mucosa uterina e la sua espulsione all’esterno, innescata dal crollo dei livelli di estrogeni e progesterone, a sua volta causato dalla degenerazione del corpo luteo. Fecondazione – ha luogo nella porzione laterale più ampia dell’ovidotto e avviene solo nelle 12-24h dopo l’ovulazione. Uno spermatozoo giunto in prossimità della cellula uovo deve attraversare la corona radiata e la zona pellucida. La digestione di questi involucri è permesse dagli enzimi rilasciati dall’acrosoma (nella testa dello spermatozoo) e prende il nome di reazione acrosomiale. Ciò da inizio ad una serie di reazione che formano la membrana di fertilizzazione, la quale impedisce l’entrata di un altro spermatozoo. L’ingresso di quest’ultimo permette alla cellula uovo il completamento della meiosi II. Avvenuta la fecondazione, la cellula uovo va incontro allo sviluppo embrionale. Placenta e annessi embrionali – Durante lo sviluppo embrionale dei vertebrati amnioti si formano membrane extraembrionali con la funzione di protezione e nutrizione per l’embrione (amnios, corion, allantoide, sacco vitellino). L’amnios contiene il liquido amniotico che ha una funzione ammortizzatrice. Dall’interazione fra il corion e una zona della mucosa uterina ricca di lacune piene di sangue, si forma la placenta. Quest’ultima attraverso il cordone ombelicale permette al feto di assumere O2 e nutritivi ed espellere CO2. Nelle fasi avanzate la placenta funge da apparato digerente, respiratorio ed escretorio. Ha anche una funzione ormonale in quanto dopo 3 mesi secerne le gonadotropine e poi estrogeni e progesterone. Quest’ultimo permetto lo sviluppo della mucosa uterina e blocca l’instaurarsi di un normale ciclo mestruale. Inoltre secerne l’ormone lattogeno placentare (HPL) che stimola lo sviluppo del feto e prepara le ghiandole mammarie alla lattazione. Disturbi principali – criptorchidismo, mancata discesa del testicolo che rimane bloccato nell’inguine e se non si interviene può andare in contro ad atrofia; endometriosi, presenza di endometrio al di fuori della normale sede come nelle ovaie, tube di Falloppio o nella porzione muscolare dell’utero; glomerulonefrite, processo infiammatorio dei glomeruli renali, conseguenza di infezione localizzata in un'altra parte del corpo (come per tonsillite); sterilità, incapacità di avere figli, nell’uomo per ridotta o assente produzione di spermatozoi mentre nella donna per mancata ovulazione o impossibilità di impianto della cellula uovo fecondata.
SISTEMA NERVOSO E ORGANI DI SENSO
Il sistema nervoso comprende il complesso delle strutture che permettono all’organismo di ricevere informazione dall’ambiente, di elaborarle e di trasmettere risposte appropriate agli organi effettori. È responsabile, insieme al sistema endocrino, della regolazione delle funzioni corporee. L’unità di base del sistema nervoso è il neurone (vedi Istologia), il quale viene suddiviso in tre classi: neuroni sensoriali, rilevano gli stimoli ambientali e li trasmettono al SNC; interneuroni, ricevono i segnali dai vari neuroni sensoriali e li integrano tra loro; neuroni motori, ricevono le risposte agli stimoli elaborate dal SNC e le trasmettono agli organi effettori, ovvero muscoli o ghiandole. Impulso nervoso – è di natura elettrica, avviene per una modificazione transitoria della permeabilità della membrana cellulare agli ioni (Na+ e K+) che modificano il potenziale di membrana. La pompa sodio-potassio in un neurone a riposo mantiene una differenza di concentrazione per ciascuno degli ioni, dando luogo al potenziale di riposo (o di membrana) del valore di -70mV. Quando uno stimolo raggiunge un assone si verifica la depolarizzazione. Se lo stimolo è sufficientemente forte da far depolarizzare la membrana fino al valore soglia di -50mV, si genera un potenziale d’azione: i canali Na+ si aprono e questo ione fluisce all’interno dell’assone secondo gradiente fino ad arrivare ad un potenziale di +30-35mV. A questo punto si chiudono i canali Na+ e si aprono quelli K+: la fuoriuscita di questi ioni tende ad annullare il potenziale d’azione. La fase in cui la membrana scende verso valori negativi è detta ripolarizzazione, la quale è seguita dalla iperpolarizzazione, una condizione nella quale il potenziale di membrana risulta più negativo di quello a riposo. La propagazione del potenziale avviene da nodo a nodo, infatti è detta propagazione saltatatoria, 50 volte più veloce della propagazione continua presente nei neuroni senza mielina. L’impulso si propaga in un’unica direzione in quanto come gli ioni Na+ passano nell’altro nodo, questa zona dell’assone diventa refrattaria. La velocità dell’impulso va da 1 a 100m/s ed è tanto maggiore quanto è maggiore il diametro della fibra nervosa. Sinapsi – I neuroni trasmettono il segnale ad altre cellule attraverso strutture specializzate dette sinapsi chimiche, in quanto al loro interno il segnale elettrico viene trasformato in chimico, tramite il rilascio di molecole segnale dette neurotrasmettitori. Quando un potenziale arriva ad un bottone sinaptico, le vescicole sinaptiche contenti neurotrasmettitori, si fondono con la membrana cellulare scaricando il contenuto nello spazio intersinaptico. Il neurotrasmettitore si lega ai recettori presenti sulla membrana del neurone postsinaptico e se ha affetto eccitatorio induce l’apertura dei canali ionici, se ha un effetto inibitorio induce l’apertura dei canali che permettono l’ingresso dei Cl-, che provocano l’iperpolarizzazione. Passato il segnale, il neurotrasmettitore sarà degradato da enzimi presenti nella fessura sinaptica o riassorbito nella terminazione presinaptica. Principali neurotrasmettitori sono: acetilcolina, aspartato, glutammato, glicina, GABA, noradrenalina, dopamina, serotonina. Alcuni hanno un effetto inibitorio e altri un’azione eccitatoria. Organizzazione del SN – si divide in due parti. Vi è il sistema nervoso centrale (SNC), formato dall’encefalo e dal midollo spinale, raccoglie le informazioni sensoriali, le integra ed elabora le risposte. L’intero SNC è protetto da tre membrane dette meningi: la dura madre, aracnoide, pia madre. Tra la 2° e la 3° è presente il liquido cefalo-rachidiano, con la funzione di ammortizzatore e di regolatore degli scambi di nutrienti e di prodotto di rifiuto fra il sistema nervoso e il sangue. Inoltre sia il midollo spinale che l’encefalo sono formati dalla sostanza grigia (corpi cellulari, dendriti) e sostanza bianca (fibre nervose mielinizzate). Vi è il sistema nervoso periferico (SNP) invece che è formato da una vasta rete di nervi e gangli, questo collega il SNC al resto del corpo: le vie afferenti (sensitive) trasmettono le informazioni dai recettori al SNC, mentre le vie efferenti (motorie) trasmettono le informazioni dal SNC verso i muscoli e le ghiandole. Le vie efferenti, a loro volta, comprendono una componente somatica, che innerva la muscolatura volontaria, e una componente vegetativa, che innerva la muscolatura Involontaria. Quest’ultima componente è detta sistema nervoso autonomo, e ha la funzione di contribuire a mantenere l’omeostasi. SISTEMA NERVOSO CENTRALE: ENCEFALO E MIDOLLO SPINALE L’encefalo è l’organo più complesso che si conosca, rappresenta il centro di integrazione del SNC, è contenuto nella scatola cranica ed è avvolto dalle meningi. Comprende cinque parti principali: il tronco celebrale, il cervelletto, il talamo, l’ipotalamo e il cervello. Tronco celebrale – si trova in continuità con il midollo spinale ed è formato dal midollo allungato (o bulbo), dal ponte e dal mesencefalo. Filtra le informazioni provenienti dal SNP, controlla i cicli sonno-veglia ed è responsabile dei riflessi che regolano il battito cardiaco, la respirazione e la pressione sanguigna. Da esso emergono i nervi cranici, 12 paia di nervi, che innervano principalmente la testa e il collo. Cervelletto – si trova nella parte posteriore dell’encefalo ed è responsabile della coordinazione involontaria dei movimenti, del mantenimento della postura e dell’equilibrio, oltre che della coordinazione dei movimenti abituali. Talamo – è posto fra cervello e tronco celebrale, è formato da due masse di sostanza grigia e rappresenta un importante centro di smistamento e di controllo delle informazioni scambiate tra midollo spinale e cervello. Ipotalamo – è posto sotto il talamo e cervello, è responsabile del controllo della temperatura corporea, bilancio idrico, funzioni sessuali, meccanismi fame-sete e reazioni che accompagnano gli stati emotivi. Agisce tramite il sistema neurovegetativo e il controllo della secrezione ormonale, infatti produce 9 ormoni che regolano la secrezione di ormoni dall’ipofisi oltre a 2 ormoni che agiscono direttamente sulle cellule bersaglio. Ha inoltre rapporti con le regioni superiori dell’encefalo e con il sistema limbico, rete di tessuti nervoso situata al di sotto degli emisferi cerebrali, che controlla le risposte involontarie legate alle emozioni. Principale centro di interazione tra nervoso ed endocrino. Cervello – è la parte superiore dell’encefalo, qui giungono le informazioni sensitive e sono elaborate le risposte motorie di tipo volontario, è sede inoltre di tutte le attività intellettuali. È suddiviso in emisfero destro e sinistro (ogni emisfero riceve e invia impulsi motori al lato opposto del corpo), collegati da un fascio compatto di fibre nervoso, il nervo calloso. I solchi suddividono ogni emisfero in quattro lobi: frontale, parietale, temporale, occipitale. La superficie del cervello, la corteccia celebrale, è un sottile strato di sostanza grigia che forma solchi sinuosi, le circonvoluzioni, permettendo un grande sviluppo superficiale. Nella corteccia sono presenti: le aree sensoriali, come i centri della vista, dell’udito e l’area sensoriale primaria (ogni porzione della corteccia è associata a una parte del corpo, più l’area di corteccia è estesa e più sono numerosi i recettori sensoriali in quella parte del corpo); le aree motorie, ad ogni porzione di corteccia corrisponde una zone del copro, più è estesa la corteccia e più sono fini i movimenti; le aree associative, responsabili di attività cognitive come l’apprendimento, il linguaggio (area di Wernicke (S) e di Broca (M) la memoria e il giudizio. Emisfero dx=intuizione e arte, Sx=razionalità. Midollo spinale – rappresenta il prolungamento dell’encefalo ed è un cilindro di tessuto nervoso, attraversato da un sottile canale centrale, racchiuso nella colonna vertebrale. Costituisce la connessione fra SNP e l’encefalo. Ai due lati del midollo spinale, per ciascun spazio intervertebrale, emerge un paio di nervi spinali, ognuno formato da una componente motoria e da una sensitiva. Una sezione trasversale mostra una parte centrale di sostanza grigia a forma di H (nuclei dei neuroni motori, interneuroni, cellule gliali), circondata da sostanza bianca (fibre nervose rivestite di guaine mieliniche). Queste ultime rappresentano le vie ascendenti, che portano le informazioni sensoriali all’encefalo, e le vie discendenti, che trasmettono gli stimoli motori dall’encefalo. In risposta ad alcuni stimoli, l’organismo ha sviluppato i cosiddetti riflessi, semplici movimenti stereotipati che non richiedono l’intervento del sistema nervoso centrale.
SISTEMA NERVOSO PERIFERICO È formato dai nervi che collegano i recettori e gli effettori al SNC. I corpi cellulari dei neuroni le cui fibre formano i nervi si trovano raggruppati nei nuclei o nei gangli. I nervi sono fasci di assoni, uniti da tessuto connettivo e vascolarizzati da vasi sanguigni che forniscono le sostanze nutritive e l’O2. Sono responsabili della trasmissione degli impulsi nervosi e in base al tipo di neuroni da cui sono formati, si distinguono in: nervi sensitivi, motori e misti. Questi ultimi sono formati sia da neuroni sensitivi e motrici e possono trasmettere impulsi in entrambe le direzioni. Dal punto di vista anatomico, distinguiamo 12 paia di nervi cranici, con origine nel tronco encefalico, e 31 paia di nervi spinali, con origine nel midollo spinale. Ogni nervo spinale si divide in diversi rami e in alcune regioni sono presenti reti complesse definite plessi. I nervi spinali vengono denominati e numerati in base al segmento della colonna vertebrale da cui hanno origine. (vedi pag. 388-389 AlphaTest). SN Autonomo – è la parte che controlla le ghiandole e la muscolatura involontaria, quindi gli apparati digerente e respiratorio, il cuore, i vasi, ecc. Le vie nervose del sistema neurovegetativo sono costituite da due neuroni: il paragangliare, con origine nel SNC, e il postgangliare, che preso contatto con il primo in corrispondenza di un ganglio, raggiunge l’organo bersaglio. Il SNA comprende due componenti che innervano, in molti casi, gli stessi organi ma producono effetti opposti: l’ortosimpatico (noradrenlina) e il parasimpatico (acetilcolina). Sostanze psicoattive – sono tutte le sostanze che influenzano il SNC alterandone lo stato di allerta della coscienza oppure il comportamento, sono: stimolanti, sedativi e ipnotici, analgesici (inibiscono attività dei centri del dolore), allucinogeni (alterano le percezioni sensoriali). RECETTORI SENSORIALI E ORGANI DI SENSO I recettori sensoriali sono quelle cellule, o gruppi di cellule, capaci di avvertire determinati segnali e di tradurli in un impulso nervoso che viene trasmesso al SNC attraverso i nervi sensitivi. Si distinguono per la posizione: esterocettori, localizzati sulla pelle; propriocettori, raccolgono gli stimoli provenienti dai muscoli e dai tendini; enterocettori, disposti sulla superficie di cavità interne del corpo. In base alla natura dello stimolo, si distinguono: fotorecettori, meccanorecettori, chemiorecettori, termocettori, recettori dolorifici (nocicettori). Occhio – Ha la funzione di captare i segnali luminosi e di captarli in segnali nervosi. È coperto da uno strato epidermico, la sclera (parte bianca), la cui continuità è la cornea, attraverso la quale i raggi luminosi entrano nell’occhio. I raggi attraversano l’umor acqueo ed entrano all’interno dell’occhio mediante la pupilla, il cui diametro è controllato dall’iride. Più internamente si trova una lente biconvessa trasparente, il cristallino, che mette a fuoco l’immagine. Appositi muscoli ne variano lo spessore permettendo la formazione dell’immagine sulla retina. Questa è una membrana formata da tre strati di cellule e rappresenta la superficie fotosensibile dell’occhio. Sul suo strato più profondo sono poste le cellule fotorecettrici, coni e bastoncelli. A queste sono collegate le cellule bipolari e le gangliari, i cui assoni formano un fascio che esce dal globo oculare, originando il nervo ottico. Coni e bastoncelli contengono pigmenti fotosensibili, perciò le variazioni causate dall’esposizione della luce provocano l’innesto del potenziale d’azione, attraverso il quale si trasmetterà lo stimolo al SNC. Orecchio – Ha il compito di captare le onde sonore, trasformandone la natura meccanica in un impulso nervoso, è inoltre responsabile dell’equilibrio del corpo. È formato da orecchio esterno, medio, interno. L’orecchio esterno convoglia le onde acustiche verso il timpano, una membrana che vibra con la stessa frequenza delle onde ricevute e che trasmette le vibrazioni all’orecchio medio mediante un sistema di leve costituito dagli ossicini dell’udito. Questi sono il martello, incudine e staffa. Quest’ultima poggia sulla finestra ovale, una membrana che divide l’orecchio medio dall’interno. L’orecchio medio è collegato alla faringe tramite la tromba di Eustachio, condotto che consente il passaggio di aria. Dalla finestra ovale, le vibrazioni raggiungono l’orecchio interno, ripieno di endolinfa, un liquido gelatinoso in cui si distinguono la chiocciola o coclea e il vestibolo. Nel primo è posto l’organo di Cori, in cui sono presenti cellule ciliate che si spostano per le vibrazioni e toccano con le loro ciglia un lembo della chiocciola (membrana tettoria) che sporge sopra di loro: si origina un potenziale d’azione che permette la trasmissione del segnale dal nervo acustico al SNC. Il secondo è costituito dall’utricolo, sacculo e dai tre canali semicircolari, essi sono vescicole contenenti particelle calcaree dette otoliti che poggiano su un tappeto di cellule ciliate: i movimenti del copro e del capo provocano uno spostamento dell’endolinfa e degli otoliti che informano l’organismo sui cambiamenti della sua posizione nello spazio. DISTURBI PRINCIPALI DEL SISTEMA NERVOSO E DEGLI ORGANI DI SENSO Cataratta, alterazione del cristallino che impedisce il passaggio dei raggi luminosi; encefalite, processo infiammatorio che colpisce l’encefalo causato da batteri o virus; epilessia, malattia neurologica caratterizzata da un’alterazione dell’attività elettrica del cervello, si manifesta con crisi; morbo di Alzheimer, malattia degenerativa che si manifesta con perdita progressiva della memoria e delle capacità intellettive; morbo di Parkinson, malattia di origine ignota che colpisce prevalentemente i maschi di età superiore ai 40 anni e consiste in una degenerazione di strutture del SNC responsabili del controllo dei movimenti di testa, tronco e arti; spina bifida, è una grave malformazione che interessa il SN e consiste nella mancata saldatura delle vertebre durante lo sviluppo embrionale, con conseguente sporgenza di parte del midollo spinale; meningite, infiammazione che colpisce le meningi a livello dell’encefalo o del midollo spinale, causata da batteri o virus.
SISTEMA ENDOCRINO
Il corretto esplicarsi di tutte le funzioni di un organismo è assicurato dalla continua interazione tra il sistema nervoso e il sistema endocrino, i quali sono i sistemi di coordinazione e comunicazione interna. Essi controllano il metabolismo, l’accrescimento, la composizione dei liquidi corporei e la maturazione sessuale. È formato dall’insieme delle ghiandole endocrine e dalle sostanze che esse producono e immettono nel circolo sanguigno, gli ormoni. Questi sono sostanze che raggiungono cellule o organi distanti ed esercitano su di essi una funzione. Le principali ghiandole sono l’ipofisi, tiroide, paratiroidi, surrenali, isole di Langerhans nel pancreas, gonadi e l’epifisi. Le diverse ghiandole si influenzano fra loro sia in modo sinergico che in antagonista. Oltre agli ormoni classici che vengono trasportati dal sangue e agiscono su bersagli distanti, vi sono gli ormoni paracrini, che diffondono nei liquidi interstiziali agendo su cellule vicine a quella che li ha prodotti (es. prostaglandine), e gli ormoni autocrini, che agiscono direttamente sulla stessa cellula che li ha prodotti (es. interleuchine dei linfociti T). La capacità di rispondere a un ormone è legata alla presenza di recettori specifici sulla superficie o all’interno delle cellule bersaglio, possiamo distinguere due tipi di ormoni, quelli steroidei e quelli non steroidei. Gli steroidei, vengono sintetizzati a partire dal colesterolo, sono insolubili in acqua ma solubili nei lipidi, perciò attraversano la membrana cellulare e si legano a recettori specifici nel citoplasma della cellula bersaglio. Il complesso ormone-recettore entra nel nucleo cellulare dove attiva o disattiva specifici geni regolatori, regolando in tal modo la sintesi di determinate proteine. Quelli non steroidei invece sono di natura peptidica, sono solubili in acqua ma non nei lipidi, perciò i loro recettori sono situati sulla superficie della membrana cellulare; il legame al recettore stimola la produzione, all’interno della cellula, di un secondo messaggero che attiva una serie di reazioni enzimatiche a cascata. Gli ormoni non steroidei appartengono ai gruppi delle ammine, ormoni peptidici o derivati dell’acido arachidonico. IPOTALAMO È localizzato nell’encefalo, insieme all’ipofisi, collegata alla base dell’ipotalamo mediante un sottile peduncolo; costituisce il centro di controllo. Queste due strutture controllano i livelli di buona parte degli ormoni circolanti nell’organismo. L’ipotalamo è costituito da neuroni secernenti che producono sia ormoni attivi su organi distanti, sia ormoni di rilascio e di inibizione che agiscono sulla adenoipofisi, regolandone l’attività. L’ipotalamo libera: l’ormone antidiuretico o vasopressina (ADH), un peptide che regola l’equilibrio idrico-salino e che viene secreto in risposta ad un aumento, anche lieve, della pressione osmotica del plasma. Agisce sulle cellule dei dotti collettori nel rene, aumentando la permeabilità all’acqua, in tal modo vi sarà un maggior passaggio di acqua verso il liquido interstiziale e vasi sanguigni e la produzione di urina concentrata; l’ossitocina è un peptide che stimola la contrazione dei muscoli dell’utero durante il parto e la secrezione del latte delle ghiandole mammarie. È controllata dal sistema nervoso e regolata con un meccanismo di feedback negativo. Assieme all’ADH si accumula nella parte posteriore dell’ipofisi, la neuroipofisi; infine i fattori di rilascio e di inibizione, di natura peptidica, vengono secreti dall’ipotalamo nei capillari sanguigni del sistema portale ipotalamo-ipofisario, che li portano direttamente all’adenoipofisi, infatti il rilascio di ogni ormone ipofisario è regolato dal corrispondente ormone ipotalamico. (Rilascio –RH o –liberina mentre inibizione –IH o –statina). Feedback – I parametri fisiologici sono mantenuti costanti dai meccanismi di feedback negativo. Il prodotto di una certa via metabolica va ad inibire le prime tappe della stessa via metabolica: in tal modo quando la concentrazione di una sostanza supera un certo livello inibisce la propria stessa sintesi; quando invece la concentrazione della stessa sostanza è bassa, va a mancare l’inibizione è riprende così la produzione. IPOFISI La ghiandola pituitaria è suddivisa in neuroipofisi, che funge da riserva di ADH e ossitocina, e in adenoipofisi che invece produce e rilascia: Corticotropina (ACTH) – o ormone adrenocorticotropo, è di natura proteica e favorisce la secrezione di glucocorticoidi da parte delle ghiandole surrenali, in riposta a stress o bassi livelli di cortisolo circolante, quindi mediante il meccanismo di feedback negativo. Tireotropina (TSH) – o ormone tireotropo, è una glicoproteina che stimola la proliferazione delle cellule tiroidee e il rilascio degli ormoni tiroidei. È regolata dalla concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue, ma indotta anche da un brusco calo della temperatura ambientale. Follicolostimolante (FSH) – è una glicoproteina che nella donna controlla la maturazione dei follicoli ovarici, la secrezione degli estrogeni e l’ovulazione. Nell’uomo controlla la spermatogenesi. È regolata dagli ormoni ipotalamici e dalla concentrazione di estrogeni nel sangue. Luteinizzante (LH) – è una glicoproteina che nella donna stimola l’ovulazione e la formazione del corpo luteo, e nell’uomo promuove la secrezione di testosterone e il rilascio di spermatozoi. È regolata dalla concentrazione di testosterone o di progesterone nel sangue. Prolattina (PRL) – è di natura proteica, provoca e mantiene la produzione del latte dopo il parto. È stimolata dalla suzione del capezzolo: finché l’allattamento viene portato avanti, la suzione mantiene attiva la secrezione di prolattina. Somatotropina (GH) – o ormone della crescita, è di natura proteica e influisce sulla crescita agendo sul metabolismo, sullo sviluppo delle cartilagini e del tessuto osseo. Agisce principalmente in modo indiretto, tramite la secrezione da parte del fegato delle somatomedine. TIROIDE Situata alla base del collo, è di forma variabile e pesa circa 20-80g. Gli ormoni caratteristici della tiroide, detti semplicemente ormoni tiroidei, sono la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). Sono amminoacidi contenenti iodio, regolano il metabolismo lipidico, glucidico e proteico e dei meccanismi di crescita corporea. Mantengono elevato il metabolismo, stimolando i processi ossidativi e la produzione di calore. La loro secrezione è regolata dagli ormoni ipotalamici, dal TSH, e dal livello degli stessi nel sangue. In caso di ipotiroidismo, si ha sovrappeso e rallentamento delle funzioni mentali, mentre nel caso di ipertiroidismo si va incontro ad un aumento del metabolismo basale, perdita di peso, iperglicemia e ritmo cardiaco elevato. Poiché in entrambi i casi l’attività della tiroide è elevata, viene a formarsi un ingrossamento nel collo detto gozzo. La tiroide secerne anche la calcitonina, un ormone di natura peptidica che fa diminuire la calcemia: stimola la deposizione di sangue nelle ossa e ne favorisce l’eliminazione con l’urina. La secrezione di quest’ultimo è regolata dal parametro della calcemia. PARATIROIDI Sono piccole ghiandole poste sulla superficie posteriore della tiroide, responsabili della produzione del paratormone (PTH), detto anche ormone paratiroideo. Questo ormone di natura peptidica, insieme alla calcitonina e alla vitamina D, regola la concentrazione di Ca+2 nel sangue: fa aumentare la calcemia stimolando il rilascio di calcio dalle ossa e diminuendone l’escrezione attraverso i reni, con effetto opposto a quello della calcitonina. La sua secrezione è regolata dalla concentrazione di Ca+2 nel sangue, con andamento opposto alla calcitonina.
GHIANDOLE SURRENALI Sono situate sulla sommità dei reni e sono divise in una parte esterna, corticale, e una interna, midollare. La corticale surrenale produce ormoni steroidei, detti corticosteroidi, suddivisi in glucocorticoidi e mineralcorticoidi. Dei primi fanno parte il cortisolo e il cortisone, prodotti in seguito alla secrezione di ACTH e regolano il metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi per fornire all’organismo i composti energetici necessari nei periodi di stress. Inducono il metabolismo a demolire le proteine muscolari e a trasformare gli amminoacidi in glucosio (gluconeogenesi), quindi innalzano la glicemia. Questi ormoni riducono l’utilizzo di glucosio da parte di quasi tutti gli organi, tranne cuore e cervello. Inoltre vengono utilizzati nelle terapie delle infiammazioni e nelle manifestazioni allergiche, deprimono le risposte immunitarie. Dei secondi invece fa parte l’aldosterone, che agisce a livello renale controllando l’equilibrio idrico-salino e provocando un riassorbimento di Na+2 a acqua nel rene, con conseguente aumento del volume dei liquidi circostanti. La secrezione di aldosterone è controllata dal sistema renina-angiotensina-aldosterone. La midollare surrenale invece produce i neurormoni catecolammine, tra cui l’adrenalina e la noradrenalina. Anche questi sono considerati ormoni dello stress e vengono liberati in condizioni di sforzo fisico/psichico intenso. Essi fanno sì che le risorse energetiche dell’organismo vengano messe a disposizione degli organi più importanti per il mantenimento dei processi vitali (cuore e cervello) e della fuga (muscoli). Aumentano la frequenza del battito cardiaco, l’aumento del tasso di glucosio nel sangue e del flusso sanguigno verso i muscoli, oltre alla dilatazione delle vie aeree e alla vasocostrizione cutanea (pallore). Inoltre altri effetti sono l’aumentata sudorazione delle mani e dei piedi e l’innalzamento della soglia del dolore. GONADI Sono le ovaie e i testicoli e oltre a produrre i gameti, contengono le cellule responsabili della produzione degli ormoni sessuali, di natura steroidea. La secrezione di questi è controllata dall’FSH e dall’LH. Presiedono allo sviluppo dei gonodotti, dei genitali esterni e dei caratteri sessuali secondari, inoltre controllano anche gli istinti sessuali. I testicoli producono gli androgeni, tra cui il testosterone e l’androsterone, mentre le ovaie producono gli estrogeni come l’estradiolo e il progesterone. PANCREAS Nel pancreas si trovano masserelle formate da cellule endocrine, le isole di Langerhans. Queste sono formate da due tipi di cellule principali: le cellule alfa e le cellule beta. Le alfa secernono glucagone, ormone di natura peptidica che fa aumentare la glicemia, favorendo la demolizione di glicogeno e la trasformazione degli amminoacidi in glucosio. Le beta secernono l’insulina, ormone peptidico che invece favorisce l’assorbimento del glucosio da parte delle cellule, la sintesi di glicogeno a partire dal glucosio e la sintesi dei grassi; in tal modo determina una riduzione della glicemia. La secrezione di glucagone o insulina è regolata dal tasso di glucosio ematico, con un meccanismo di feedback che permette di mantenere costante la glicemia. Nel nostro organismo diversi ormoni agiscono innalzando il tasso di glucosio nel sangue, ovvero gli ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina, noradrenalina e glucagone), solo l’insulina è capace di abbassare la glicemia. EPIFISI La ghiandola pineale è situata al centro del cervello, in corrispondenza della regione del talamo e produce l’ormone melatonina, un derivato di amminoacidi. La sua funzione, liberata con un andamento ciclico che prevede livelli massimi durante la notte e minimi durante il giorno, non è ancora completamente nota, si sa che è coinvolta nel mantenimento del ciclo sonno-veglia e probabilmente influenza il ciclo ovarico. PROSTAGLANDINE Sono sostanze derivate dall’acido arachidonico e sono prodotte non da una specifica ghiandola, ma dalle membrane cellulari di numerosi tessuti, esse agiscono su cellule vicine a quelle che le hanno prodotte. Fra le più note vi sono le prostaglandine dello sperma, che inducono la contrazione della muscolatura liscia dell’utero. Anche la mucosa uterina ne produce un tipo che permette le contrazioni della parete uterina sia all’inizio delle mestruazioni, sia al momento del parto. Altri tipi si comportano da vasodilatatori, altri da vasocostrittori. Un tipo agisce sulla muscolatura dei bronchioli mentre altre sono coinvolte nei processi infiammatori (determinano gonfiore, rossore dei tessuti lesi). TERMOREGOLAZIONE L’uomo è un animale omeotermo, ovvero è in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea intorno ai 37°C. Il centro regolatore della temperatura è situato nell’ipotalamo, funzione in modo analogo ad un termostato e quando la temperatura corporea varia, esso induce modificazioni fisiologiche in grado di riportarla al valore normale. Se si abbassa, l’ipofisi produce TSH che attiva la tiroide a secernere gli ormoni tiroidei, i quali accelerano il metabolismo ossidativo e producono calore. Inoltre il sistema simpatico determina vasocostrizione periferica perciò diminuisce la dispersione di calore e i muscoli scheletrici, attraverso i brividi producono calore. Se invece si alza, il sistema simpatico stimola l’attività delle ghiandole sudoripare in modo da permettere la dispersione del calore. Il sistema parasimpatico invece provoca vasodilatazione delle arteriole periferiche, facilitando la dispersione. Inoltre i muscoli scheletrici diminuiscono il loro tono, in modo da diminuire il metabolismo e la produzione di calore. La febbre, invece, è un innalzamento della temperatura corporea che si verifica principalmente in occasione di infezioni batteriche o virali. In queste occasioni, gli agenti patogeni producono particolari sostanze che stimolano i leucociti a liberare interleuchine, messaggeri chimici che giungono al centro regolatore della temperatura. La febbre è un meccanismo naturale di difesa, in quanta una temperatura alta facilita l’eliminazione dei microrganismi patogeni. DISTURBI PRINCIPALI Diabete insipido, malattia caratterizzata dall’eliminazione abbondante di urina a causa di una patologia dell’ipotalamo o ipofisi che non producono in quantità sufficienti la vasopressina; diabete mellito, incapacità di regolare la glicemia, è dovuto alla scarsa produzione di insulina oppure alla presenza di un numero insufficiente di recettori per questo ormone. Il diabete primario è insulino-dipendente, se correlato ad una carenza di insulina, malattia autoimmune causata dalla distruzione delle cellule beta da parte delle difese immunitarie, o non insulino-dipendente se non può essere curato tramite somministrazione di insulina, in quanto l’omone viene prodotto ma i tessuti non sono più sensibili ad esso, pericolo può causare il come iperglicemico. Il diabete secondario è causato da qualsiasi agente che danneggi il pancreas riducendone la funzionalità; morbo di Basedow, malattia della tiroide, caratterizzata dall’aumento di attività della ghiandola, comparsa del gozzo e alterazioni della pelle.
LA CELLULA
Il termine cellula fu introdotto per la 1° volta nel 1655 da Robert Hooke, da allora la struttura della cellula è stata studiata in dettaglio e oggi è universalmente riconosciuta una teoria unificante sulla natura degli organismi viventi, nota come teoria cellulare e formulata da Schleiden, Schwann e Virchow intorno alla metà del XIX secolo. Una cellula può essere definita come un elemento di piccole dimensioni, delimitato da una membrana, pieno di una soluzione concentrata di sostanze chimiche in acqua e dotato della capacità di produrre copie di sé stesso, crescendo e dividendosi in due. Secondo la teoria cellulare: tutti gli organismi viventi sono composti da cellule; la cellula è l’unità morfologica e fisiologica fondamentale; ogni cellula deriva da un’altra cellula preesistente; l’informazione genetica risiede nel DNA. Ogni cellula è circondata da una membrana plasmatica, che definisce un ambiente interno e lo separa dall’esterno, inoltre regola l’ingresso e l’uscita dei materiali. All’interno vi si trova il citoplasma, una soluzione acquosa in cui sono immersi i costituenti cellulari e in cui si svolga buona parte delle funzioni cellulari. Nelle cellule più evolute, queste funzioni sono svolte dagli organuli citoplasmatici e il DNA è separato dal citoplasma e racchiuso nel nucleo. In base alla presenza di un nucleo vero e proprio le cellule vengono divise in eucariotiche e procariotiche. CELLULA PROCARIOTICA Sono le più semplici e le più piccole cellule esistenti, con una grandezza tra 0,5-5µm. Sono prive di organuli citoplasmatici delimitati da membrana e non possiedono un vero e proprio nucleo, infatti possiedono una singola molecola di DNA circolare localizzata in una regione della cellula detta nucleoide. Oltre alla molecola di DNA possono essere presenti plasmidi. Nel citoplasma sono presenti inoltre i ribosomi, dove avviene la sintesi proteica. La membrana plasmatica dei procarioti forma invaginazioni dette mesosomi, sedi di processi enzimatici e processi come respirazione, fotosintesi, divisone cellulare e sintesi dei lipidi. I procarioti in genere sono circondati da una parete cellulare esterna alla membrana, costituita di peptoglicani. I procarioti sono sempre organismi unicellulari, non formano mai strutture differenziate e al massimo si aggregano in semplici filamenti cellulari. Si riproducono con modalità asessuata per scissione binaria, ma possono scambiarsi materiale genetico mediante trasformazione, coniugazione o trasduzione. I batteri sono noti come agenti patogeni, ma in verità solo una minima parte lo è: anzi ricoprono un ruolo ecologico e fondamentale perché partecipano alla degradazione delle della sostanza organica e ne permettono il riciclo nelle catene alimentari. CELLULA EUCARIOTICA Sono più complesse e grandi delle procariotiche, hanno un diametro compreso tra 10-100µm. Nel citoplasma sono presenti diversi organuli aventi struttura e funzioni specifiche, che permettono lo svolgimento delle varie attività cellulari. Il materiale genetico è formato da diversi cromosomi, racchiusi in un nucleo ben definito. Ogni cromosoma è costituito da una molecola di DNA lineare, associata a specifiche proteine. Gli eucarioti possono essere unicellulari, quando formati da una sola cellula che coincide con l’individuo, o pluricellulari, in questo caso l’individuo possiede funzioni più complesse di quelle di ogni singola cellula (piante, funghi, animali). Le cellule si differenziano per le dimensioni, per la possibilità di movimento, per il rivesto alla membrana, per come utilizzano l’ossigeno e per i composti che producono, ma hanno tutte in comune: la composizione chimica (proteine, carboidrati, acidi nucleici e lipidi); reazioni chimiche che permettono di ricavare energia tramite glicolisi e utilizzo di ATP; l’informazione genetica risiede nel DNA, che la stessa struttura chimica in tutti i viventi. Membrana plasmatica – è un sottile involucro di circa 7-9nm di spessore, definisce la forma della membrana, regola lo scambio di ioni, sostanze nutritive e di scarto, ha una funzione di comunicazione. È costituita da fosfolipidi e proteine, ma anche colesterolo e glicolipidi. I fosfolipidi sono molecole anfipatiche, con una testa polare idrofila (fosfato) e due code idrofobe (catene idrocarburiche). Se dispersi in mezzo acquoso tendono spontaneamente a formare uno doppio strato nel quale le teste polari sono rivolte all’esterno e le code idrofobe all’interno. Il colesterolo condiziona la fluidità degli acidi grassi e le proteine possono attraversare parzialmente o totalmente il doppio strato lipidico. I fosfolipidi e le proteine sono liberi di muoversi sul piano laterale, perciò il modello della membrana cellulare è detto a mosaico fluido. Nucleo – ha una primaria importanza nella replicazione, accrescimento e differenziamento cellulare. È circondato dalla membrana nucleare, in continuità col RER, la quale è costellata di pori nucleari, che permettono scambi selettivi col citoplasma. Contiene il DNA che risulta complessato assieme agli istoni a costituire la cromatina (se non è in divisione il DNA è despiralizzato, prima della divisione invece la cromatina si addensa in cromosomi). Sono presenti anche diversi nucleoli, dove vengono sintetizzati i rRNA e assemblati i ribosomi. Ribosomi – assemblati nel nucleolo, sono i siti della sintesi proteica. Consistono di due subunità, una maggiore e una minore, entrambe formate da RNA ribosomiale e proteine. Sono liberi nel citoplasma oppure legati alla membrana esterna del reticolo endoplasmatico. Reticolo Endoplasmatico – è un sistema di membrane costituito da tubuli e sacculi. Si divide in liscio, che partecipa alla sintesi di lipidi e alla detossificazione da farmaci e veleni, e rugoso (ribosomi) che sintetizza le proteine a destinazione non citoplasmatica. Apparato di Golgi – è un sistema di vescicole appiattite delimitate da membrana, che ricevono le proteine dal RER. Esso rappresenta un centro di raccolta, rielaborazione e smistamento dei prodotti del RE. Modifica il contenuto delle proteine (attraverso glucidi) e le trasferisce all’interno di nuove vescicole che verranno indirizzate ai diversi compartimenti cellulari o alla membrana plasmatica. Lisosomi – sono vescicole delimitate da membrana che contengono enzimi idrolitici in grado di demolire le sostanze organiche e sono costituiti da un pH molto acido. Abbondanti nei leucociti. Digeriscono le sostanze inglobate dall’esterno per endocitosi ma anche i materiali cellulari non più utili. Nel processo di autolisi, la cellula si suicida rompendo la membrana dei lisosomi e rilasciando gli enzimi nel citoplasma. Microsomi – simili ai lisosomi, i più importanti sono i perossisomi, i quali producono perossido d’idrogeno (H2O2) per demolire le sostanze tossiche, in quanto le reazioni che producono perossidi sono dannosissime e vengono poi distrutti dagli enzimi detti catalasi. Mitocondri – sono organelli delimitati da una membrana doppia: l’esterna è liscia mentre l’interna presenta le creste. Il contenuto interno prende il nome di matrice mitocondriale. Possiedono un proprio DNA e ribosomi, si dividono per scissione binaria e vengono trasmessi esclusivamente tramite eredità materna. Costituiscono le centrali energetiche delle cellule, in quanto sono sede della respirazione cellulare. Citoscheletro – è costituito da un fitto intreccio di filamenti proteici che irrobustiscono la cellula conferendole resistenza meccanica e che permettono i movimenti cellulari. È formato da diversi tipi di filamenti: i microtubuli, sono formati da tubulina e sono componenti essenziali dei centrioli, del fuso mitotico e dei flagelli e delle ciglia; i filamenti intermedi formati da cheratina garantiscono alla cellula resistenza meccanica; i microfilamenti di actina sono invece coinvolti nei processi di movimento e permettono gli spostamenti degli organuli all’interno della cellula; i centrioli svolgono un ruolo determinante nel montaggio dei microtubuli e la regione è detta centrosoma. I flagelli e le ciglia sono appendici cellulari dotate di movimento, formate da fasci di microtubuli disposti in modo caratteristico e rivestiti dalla membrana cellulare. Le cellule libere li utilizzano per muoversi nei liquidi e quelle fisse per spostare il materiale extracellulare.
CELLULA VEGETALE Oltre alla membrana, al nucleo, ai mitocondri, ai ribosomi e agli altri organelli appena visti, le cellule vegetali sono dotate di alcune strutture specifiche assenti nelle cellule animali: la parete cellulare, i plastidi e i vacuoli. La parete cellulare è un involucro esterno che dà forma alla cellula, la protegge e la sostiene, è formata prevalentemente da fibre di cellulosa e presenta i plasmodesmi, piccoli pori che permettono il passaggio di sostanze da una cellula all’altra. I plastidi invece contengono i cromoplasti, i leucoplasti e i cloroplasti, che a loro volta contengono pigmenti verdi (clorofille) e sede della fotosintesi clorofilliana. I cloroplasti sono zone circondati da una membrana doppia e contengono un elaborato sistema di vescicole membranose appiattite e interconnesse, i tilacoidi, a cui sono associate le clorofille; i tilacoidi sono sovrapposti a formare pile dette grana. I vacuoli sono vescicole contenenti acqua e sostanze di vario tipo che diventano sempre più grandi via via che la cellula invecchia, fino a occupare quasi tutto il suo volume. I vacuoli fungono da deposito per sostanze di riserva e di rifiuto e conferiscono turgore e sostegno alla cellula.
SCAMBIO DI MATERIALI FRA INTERNO ED ESTERNO DELLA CELLULA
Le sostanze possono entrare e uscire dalla cellula in modi diversi, è opportuno distinguere il trasporto attivo da quello passivo. Il trasporto passivo è un processo spontaneo che non richiede energia e avviene secondo gradiente di concentrazione, ovvero quando una sostanza si sposta da una zona in cui è molto concentrata verso un’altra dove non lo è. Il trasporto attivo invece richiede energia, dall’idrolisi di ATP, ed avviene contro gradiente di concentrazione, ovvero quando una sostanza si sposta da una zona in cui è meno concentrata verso un’altra dove lo è. Parliamo di gradiente di concentrazione per le sostanze non polari o polari neutre, ma se la sostanza che si sposta possiede una carica elettrica dobbiamo considerare anche il gradiente elettrochimico. DIFFUSIONE SEMPLICE E OSMOSI La diffusione semplice è un trasporto passivo: la membrana plasmatica è semipermeabile, perciò può essere liberamente attraversata da piccole molecole non polari (O2 o CO2) oppure da piccole molecole polari neutre (acqua e urea) ma non può essere attraversata da grosse molecole polari e da ioni, che vengono gestiti da specifici sistemi di trasporto. L’osmosi, invece, è un caso particolare di diffusione e consiste nel passaggio di acqua attraverso una membrana semipermeabile che separa due soluzioni a diversa concentrazione: l’acqua passa spontaneamente dalla soluzione più diluita (ipotonica) a quella più concentrata (isotonica). Le cellule animali infatti se poste in soluzione isotonica non variano; se poste in una soluzione ipotonica, l’acqua entra e gonfia la cellula fino a scoppiare; se poste in soluzione ipertonica, l’acqua esce dalla cellula e questa si raggrinzisce. Le vegetali invece sono protette dalla parete cellulare e possono perciò vivere anche con soluzioni molto diluite: l’acqua gonfia la cellula e preme contro la parete cellulare fino ad arrivare al massimo della pressione di turgore, a tal punto si arresta l’ingresso dell’acqua. Questa pressione permette il sostegno alle piante erbacee prive di strutture legnose. TRASPORTO ATTRAVERSO PROTEINE DI MEMBRANA Le sostanze come gli ioni e gli zuccheri possono essere trasportate mediante proteine di membrana che agiscono in modo specifico per ogni singola sostanza da trasportare. Queste proteine agiscono attraverso due principali meccanismi: la diffusione facilitata, consiste nel trasporto di una sostanza secondo gradiente di concentrazione mediante una proteina di trasporto, è perciò un trasporto passivo e non richiede energia; il trasporto attivo, consiste nel trasporto di una sostanza contro gradiente di concentrazione per mezzo delle cosiddette pompe. TRASPORTO MEDIANTE VESCICOLE Le macromolecole e le particelle di grosse dimensioni possono essere introdotte o espulse mediante vescicole, per endocitosi o esocitosi. L’endocitosi avviene mediante la formazione di invaginazioni della membrana, che si chiudono verso l’interno, formando piccole vescicole che racchiudono la sostanza da trasportare. Si parla di fagocitosi se la cellula ingloba particelle solide e di pinocitosi se ingloba liquidi contenti eventuali soluti. Alcune sostanze sono introdotte nella cellula attraverso l’endocitosi mediata da recettore, in cui la molecola si lega ad un recettore di membrana e il complesso molecola-recettore viene inglobato in una vescicola. L’esocitosi invece opera in direzione opposta, le vescicole endocellulari migrano fino alla membrana e si fondono con essa, riversando il loro contenuto all’esterno. Le proteine sintetizzate dal RE e rielaborate dal Golgi vengono espulse per esocitosi, così come ormoni, neurotrasmettitori ed enzimi digestivi. POMPE PROTEICHE E POTENZIALE DI MEMBRANA In tutte le cellule si ha una diversa concentrazione di ioni ai lati della membrana, che determina una differenza di potenziale pari a -70mV. Tale differenza è detta potenziale di membrana ed è il risultato dell’attività di diverse proteine di trasporto. Lo ione Na+2 è circa 10 volte più concentrato all’esterno della cellula, mentre lo ione K+ è circa 30 volte più concentrato all’interno: questo gradiente di concentrazione è reso possibile dalla pompa sodio-potassio ATPasi, che trasporta i due ioni contro gradiente (3 Na+2 fuori ogni 2 K+ dentro) utilizzando l’energia prodotta dall’idrolisi dell’ATP. Anche lo ione Ca+2 è concentrato più all’esterno grazia all’attività della pompa calcio ATPasi. Le pompe ioniche: bilanciano la pressione osmotica; creano i gradienti di concentrazione per la trasmissione dell’impulso nervoso e per la sintesi di ATP; bilanciano le cariche elettriche fra interno ed esterno della cellula. COMUNICAZIONE TRA LE CELLULE Negli organismi pluricellulari le singole cellule devono comunicare tra loro per coordinare le attività dei tessuti e degli organi. La comunicazione tra cellule distanti avviene attraverso messaggeri chimici, trasportati dal sangue, che si legano ai recettori presenti sulla membrana. Le cellule a stretto contatto possono comunicare direttamente, scambiandosi materiali attraverso giunzioni di vario tipo. Le giunzioni ancoranti, o desmosomi, sono costituite da una placca densa localizzata sul lato citoplasmatico della membrana, unite a fibre di cheratina e a proteine per l’adesione cellulare, situate nel plasmalemma. Le giunzioni occludenti, o tight junctions, sono presenti negli epiteli di rivestimento degli organi cavi come l’intestino, con la funzione di sigillare gli spazi presenti fra le cellule. Infine le giunzioni comunicanti, note come giunzioni serrate o gap junctions, sono caratterizzate da complessi proteici, contenenti canali, inseriti nelle membrane delle cellule adiacenti. Queste proteine-canale sporgono nello spazio interstiziale formando canali che permettono il transito di ioni e piccole molecole, come ATP e amminoacidi, da una cellula all’altra.
GENETICA MOLECOLARE
La genetica molecolare indaga i meccanismi chimici che permettono l’espressione delle informazioni genetiche di un individuo e la trasmissione dei caratteri ereditari da un individuo ai propri discendenti. L’unità di base dell’eredità è rappresentata dal gene, che può essere definito come il tratto di DNA responsabile della determinazione di un dato carattere. Nucleotidi – Un nucleotide è formato da una base eterociclica azotata legata ad uno zucchero pentoso, legato a sua volta ad una molecola di acido fosforico. Idrolizzando un nucleotide si ottiene una molecola di acido fosforico e un nucleoside. La base eterociclica è legata tramite l’atomo di azoto al carbonio dello zucchero. Le basi azotate si suddividono in pirimidine o pirimidiniche (C,T,U) e purine o puriniche (A,G). Struttura del DNA – il DNA è un acido nucleico perciò un polimero lineare di nucleotidi, in cui possono essere presenti quattro basi (C,T,A,G). La molecola è costituita dai due filamenti polinucleotidici avvolti ad elica intorno ad un asse centrale, ogni filamento è formato da molecole di zucchero e gruppi fosfato alternati: l’ossidrilico di un’unità di ribosio è legato all’ossidrilico del ribosio successivo mediante un legame o ponte fosfodiestereo, ad ogni molecola di zucchero è legata una base azotata che sporge lateralmente. I due filamenti di DNA sono uniti dai legami H che si formano tra le basi azotate. Le basi appaiate sono dette complementari: l’adenina si appaia con la timina con 2 legami H mentre la citosina si appaia con la guanina con 3 legami H. Ogni filamento di DNA ha un’estremità 5’ e 3’. Poiché nella doppia elica l’estremità 3’ di un filamento fronteggia l’estremità 5’ dell’altro, i due filamenti dell’acido nucleico si dicono antiparalleli. Replicazione del DNA – La duplicazione del DNA ha luogo prima che la cellula si divida ed è chiamato replicazione. I due filamenti della doppia elica si separano come in una cerniera lampo, grazie alla rottura dei legami H tra le basi. Ciascun filamento può così funzionare da stampo per la sintesi di uno nuovo complementare ad esso. La replicazione del DNA è semiconservativa, in quanto ognuna delle due molecole figlie di DNA è costituita da un filamento parentale e uno sintetizzato ex novo. L’enzima DNA-elicasi srotola la doppia elica nel punto di origine della replicazione, detto forcella di replicazione. La DNA polimerasi non può sintetizzare direttamente un nuovo filamento, ha bisogno di un RNA primer da cui iniziare la propria sintesi. Procede sempre in direzione 5’à3’ in quanto la DNA polimerasi catalizza il legame di un nuovo nucleotide all’estremità 3’. Uno dei filamenti è detto guida, e viene sintetizzato in maniera continua; l’altro che deve essere sintetizzato in direzione opposta è detto lento in quanto viene sintetizzato in filamenti discontinui, detti frammenti di Okazaki, uniti successivamente. La DNA polimerasi è capace di individuare l’aggiunta di un nucleotide sbagliato e in caso inverte la sua direzione di marcia rimuovendo i nucleotidi uno ad uno, fino ad arrivare a quello sbagliato. Le nucleasi di restauro del DNA eliminano gli eventuali errori rimasti dopo la replicazione. Ognuno dei due filamenti può fungere da stampo, perciò la doppia elica di DNA reca lo stesso messaggio su entrambi i filamenti. Struttura e funzione del RNA – Ad ogni gene corrisponde una catena polipeptidica, come si avviene questo passaggio? Grazie all’acido ribonucleico o RNA: il messaggio contenuto in un gene viene trascritto nel nucleo sotto forma di RNA, che poi si trasferisce nel citoplasma dove il messaggio che trasporta viene utilizzato per sintetizzare una proteina. L’RNA differisce del DNA perché: lo zucchero pentoso è il ribosio; ha un filamento singolo; contiene le basi azotate A,G,C,U; è sintetizzato nel nucleo ma svolge il suo compito nel citoplasma. Esistono tre tipi: il mRNA è il messaggero dell’informazione genetica dal DNA al citoplasma, il rRNA è un elemento costitutivo del ribosoma, il tRNA trasporta gli amminoacidi liberi dal citoplasma ai ribosomi e traduce i nucleotidi del mRNA in una sequenza di amminoacidi (traduzione). Trascrizione – è il processo mediante il quale l’informazione contenuta in un gene viene copiata in una molecola di mRNA, il tutto è catalizzato principalmente dalla RNA polimerasi. Nel punto in cui quest’ultima si attacca, i due filamenti di DNA si aprono e solo uno dei due funge da stampo per la sintesi di una molecola di RNA complementare. L’RNA polimerasi si sposta lungo il filamento aggiungendo via via ribonucleotidi all’estremità 3’, perciò la trascrizione avviene in direzione 5’à3’. Per iniziare la sintesi, l’enzima si lega ad una sequenza di DNA specifica detta promotore, mentre un’altra sequenza specifica detta segnale di terminazione indica il punto di arresto della trascrizione. Negli eucarioti avviene nel nucleo. I nostri geni sono discontinui poiché formati da sequenze codificanti, gli esoni, e non codificanti, gli introni. Il DNA di un gene discontinuo viene trascritto per intero formando un mRNA immaturo. Prima che l’mRNA lasci il nucleo avviene lo splicing, processo in qui vengono eliminati gli introni e gli esoni vengono saldati in sequenza per formare l’mRNA maturo. Codice genetico – La traduzione del messaggio del mRNA in una proteina è permessa da un sistema di corrispondenza, detto codice genetico. Questo è basato su triplette di nucleotidi, dette codoni, che rendono possibili 64 (43) combinazioni, più che sufficienti per codificare i 20 amminoacidi. Esso contiene: un segnale di inizio, rappresentato dal codone AUG; i segnali di fine lettura, detti codoni di stop o non senso; non è ambiguo, ogni codone specifica sempre un unico amminoacido; è ridondante o degenerato, poiché quasi tutti gli amminoacidi sono specificati da più di un codone; è universale per quasi tutti gli organismi. I codoni sinonimi differiscono quasi sempre per il terzo nucleotide, questa è una difesa contro le mutazioni in quanto abbassa la probabilità di inserire un amminoacido sbagliato durante la sintesi proteica. Traduzione – o sintesi proteica, avviene nel citoplasma e ha sede nei ribosomi. Al processo partecipano l’mRNA che trasporta il messaggio, l’rRNA che è parte integrande del ribosoma e il tRNA che traduce il linguaggio degli acidi nucleici in quello delle proteine. Il tRNA è in grado da un lato di legare agli amminoacidi e dall’altro di riconoscere i codoni dell’mRNA grazie a una tripletta di nucleotidi, detta anticodone, complementare ad uno specifico codone dell’mRNA. I ribosomi possiedono tre siti di legame: uno per l’mRNA nella parte inferiore e due per il tRNA nella parte superiore, il sito P e il sito A. Il processo si suddivide in tre fasi: nella fase di inizio, l’estremità 5’ del mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma, a questo complesso si associano la subunità maggiore e il primo tRNA, collegato al suo specifico amminoacido, che si appaia con il suo anticodone al codone di inizio e occupa il sito P; la fase di allungamento inizia con l’inserimento nel sito A di un altro tRNA. A questo punto si forma un legame peptidico tra i primi due amminoacidi e nel mentre il tRNA che occupava il sito P, esce dal ribosoma. Il ribosoma si sposta di un codone lungo l’mRNA in modo che l’ultimo tRNA vada ad occupare il sito P libero. Nel sito A tornato libero si porta un terzo tRNA e così via fino a che la catena polipeptidica non è completa; la fase di terminazione avviene quando il ribosoma arriva ad uno dei tre codoni di stop, a cui non corrisponde alcun tRNA, la traduzione perciò si interrompe e la proteina si stacca dal tRNA, che abbandona il sito P e le subunità del ribosoma si dissociano. La traduzione richiede un’elevata quantità di energia, disponibile tramite l’idrolisi dell’ATP. Lo stesso filamento di mRNA può essere letto contemporaneamente da più ribosomi, l’insieme dei quali è detto polisoma. Mutazioni geniche – sono cambiamenti improvvisi del patrimonio ereditario, sono casuali e rari. Sono dovute ad errori che possono verificarsi durante la replicazione e che se non corretti, determinano un’alterazione della sequenza di nucleotidi. Le mutazioni più semplici sono quelle puntiformi, che comportano la sostituzione di un solo nucleotide: silenti, se si produce un codone sinonimo; missenso, se si origina un amminoacido diverso dall’originale; non senso, se da origine ad uno dei tre codoni di stop. Le ultime due hanno effetti gravissimi sulla salute, come le mutazioni frame-shift in cui con la perdita o l’aggiunta di un nucleotide si ha uno spostamento della griglia di lettura che altera l’intero filamento polipeptidico. Una mutazione può essere vantaggiosa, se aumenta la probabilità di sopravvivenza, svantaggiosa se la diminuisce o neutra. Esistono anche le mutazioni cromosomiche e genomiche, spesso incompatibili con la vita. Anche se sono eventi spontanei, la frequenza delle mutazioni può essere aumentata dai mutageni chimici o fisici (raggi ultravioletti, raggi X, radiazioni radioattive).
EREDITARIETÀ
Ogni essere vivente possiede un programma genetico, cioè un insieme di istruzioni che specificano le sue caratteristiche e dirigono le sue attività, questo insieme costituisce l’informazione biologica. Le caratteristiche trasmesse attraverso la riproduzione sono dette caratteri ereditari e sono l’oggetto di studio della genetica. L’informazione biologica è organizzata in unità dette geni e le diverse forme di uno stesso gene sono dette alleli. Le combinazioni degli alleli di un individuo è detta genotipo mentre il fenotipo rappresenta invece l’insieme delle caratteristiche che si manifestano. Col termine genoma invece si indica il corredo completo di informazione di un organismo. GENETICA MENDELIANA Le regole fondamentali sulla trasmissione dei caratteri furono scoperte nel 1854-1864 da Gregor Mendel che utilizzò il seguente processo sperimentale: scelse le piante di Pisum sativum; focalizzò la sua attenzione su 7 coppie di caratteri unitari come la forma del seme; selezionò delle linee pure, che per autofecondazione davano origine a piante con lo stesso carattere; incrociò piante di linea pura che differivano per un solo carattere o per due caratteri diversi; infine effettuò un’analisi numerica e statistica di tutti i risultati ottenuti dagli incroci. Incrocio monoibrido – Incrociò piante di linea pura differenti per un solo carattere (giallo/verde), chiamate generazione parentale (P). Gli individui della prima generazione filiale (F1) avevano lo stesso fenotipo, uguale a quello di uno dei due genitori. Egli definì quindi dominante il carattere che si manifestava nella F1 e recessivo quello che non si manifestava. Sottoponendo ad autofecondazione gli F1, la seconda generazione filiale (F2) composte sia da piante portatrici del carattere dominante e recessivo. La legge della dominanza, la prima legge di Mendel, afferma che incrociando due linee pure differenti per un carattere ereditario, tutti i figli F1 sono uguali tra loro mostrando il carattere dominante. Analizzando la F2 possiamo vedere tre classi genotipiche (YY,Yy,yy) in rapporto 1:2:1 e due classi fenotipiche nel rapporto di 3:1. Ipotesi di Mendel – Egli affermò che ogni carattere è determinato da un gene e che i geni esistono in forme alternative, gli alleli. Ogni organismo possiede due copie di ogni fattore per ogni carattere ereditato e le due coppie si separano durante la meiosi, così che i gameti possiedano un'unica copia per ogni carattere. La legge della segregazione, la seconda legge di Mendel, afferma che ogni individuo possiede due copie di ogni fattore e che esse si segregano durante la formazione dei gameti. Inoltre gli individui che possiedono due alleli uguali per un dato carattere sono detti omozigoti, invece se possiedono due alleli diversi sono detti eterozigoti per quel carattere. Incrocio diibrido – Incrociò tra piante di linea pura che differivano contemporaneamente per due caratteri, come il carattere dominante seme liscio e giallo (RRYY) e il recessivo seme rugoso e verde (rryy). La F1 mostravano solo i caratteri controllati dagli alleli dominanti, ma il fatto interessante è che nella F2 oltre a ricomparire i fenotipi parentali comparivano assortimenti diversi, detti fenotipi ricombinanti, come piante a semi gialli e rugosi o a semi verdi e lisci. La legge dell’assortimento indipendente, la terza legge di Mendel, afferma che incrociando due individui di linea pura differenti per due caratteri, nella F2 tali caratteri si distribuiscono indipendentemente gli uni dagli altri durante la formazione dei gameti. Un doppio eterozigote può formare quindi quattro tipi di gameti (RY, Ry, rY, ry) e se autofecondiamo la F1 nella F2 possiamo notare che vi sono 16 possibili combinazioni, il cui rapporto fenotipico è 9:3:3:1. Test cross – noto come reincrocio, serve per determinare se un individuo che presenta il fenotipo dominante ha genotipo omozigote o eterozigote. In questo case facciamo incrociare l’individuo X con un individuo omozigote recessivo, se fosse omozigote avremo la F1 uguale al P mentre se fosse eterozigote, la F2 presenterebbe sia il carattere fenotipico dominante e sia il carattere fenotipico recessivo. FENOMENI EREDITARI La trasmissione dei caratteri ereditari avviene spesso in modo più complesso di quanto previsto dalle regole formulate da Mendel. Dominanza incompleta – è il fenomeno per cui, dati due alleli di un gene, nessuno dei due domina sull’altro. Per esempio, incrociando piante di Bocca di leone a fiore rosso e a fiore bianco, la F1 presenterà fiori rosa (Rr) e la F2 avrà tre classi fenotipiche col rapporto di 1:2:1. Codominanza – quando in un eterozigote, i due alleli di un gene si esprimono entrambi, avviene per gli antigeni che distinguono i gruppi AB0. Alleli multipli – I caratteri scelti da Mendel si presentavano in sole due forme alleliche, vi sono però molti geni che possiedono più di due forme, si parla in questo caso di allelia multipla. Ad esempio il gene responsabile dei gruppi sanguigni umani del sistema AB0, è presente nella forma di tre alleli diversi (IA,IB,I0), la cui combinazione determina i quattro gruppi sanguigni: A, B, AB e 0. Pleiotropia – Quando un singolo gene determina effetti fenotipici multipli. Epistasi – è un fenomeno di interazione tra geni diversi per cui l’azione di un gene interferisce con l’espressione di altri geni differenti. Geni concatenati – La legge dell’assortimento indipendente è valida a patto che i due geni siano situati su cromosomi diversi in quanto i geni che si trovano su uno stesso cromosoma sono detti geni concatenati e solitamente vengono ereditati assieme. Ad esempio un eterozigote con geni concatenati A, B e genotipo AaBb produrrà solo due gameti AB e ab. Gli alleli di due geni concatenati possono essere separati solo se si verifica un crossing-over. Il grado di concatenazione dipende dalla distanza fisica tra i due geni, geni strettamente concatenati hanno una frequenza di ricombinazione prossima allo 0,1% mentre geni distanti raggiungono una frequenza di ricombinazione vicina al 50%. Caratteri quantitativi – Mendel scelse dei caratteri che si manifestavano in due forme chiaramente distinguibili. Molti caratteri però si manifestano con una grande varietà di fenotipi, non classificabili con precisione. Ad esempio, la statura e la lunghezza del piede, o il colore della pelle, sono dovute a caratteri poligenici, cioè caratteri controllati da molti geni, che agiscono in maniera cumulativa. Genotipo – L’informazione genetica non definisce in modo deterministico le caratteristiche di un organismo, nello stesso modo in cui un treno segue il tracciato dei binari. Infatti il fenotipo è dato dal prodotto dell’interazione tra il genotipo e le condizioni ambientali. TEORIA CROMOSOMICA DELL’EREDITÀ Walter Sutton e Teodoro Boveri analizzarono l’ipotesi di Mendel sul fatto che gli alleli si separano durante la formazione dei gameti, trovava riscontro nel fatto che i due cromosomi di una coppia di cromosomi omologhi si separano durante l’anafase della meiosi I. Sulla base di questa analogia, i due studiosi formularono la teoria cromosomica dell’eredità (1903). Questa afferma che i geni sono particelle localizzate sui cromosomi, e la posizione di un gene su un cromosoma è detta locus genetico. Nell’uomo vi sono 46 cromosomi, ovvero 23 coppie: 22 coppie di autosomi e 1 coppia di cromosomi sessuali (M:XY e F:XX). Il cariotipo è invece l’immagine della totalità di cromosomi di un individuo, ordinati in base alla lunghezza e alla posizione del centromero. Bisogna isolare i cromosomi durante la metafase, quando si vedono in modo più chiaro. Vengono poi colorati e ordinati in base alla grandezza a alle bandeggiature colorate, in base a ciò è possibile individuare anomalie del numero e della forma dei cromosomi. Durante la gravidanza è possibile studiare il cariotipo del nascituro effettuando una villocentesi, prelievo di cellule dei villi coriali, o un’amniocentesi, prelievo delle cellule fetali nel liquido amniotico. Il sesso di un individuo dipende da quale dei due cromosomi sessuali, se X o Y, è contenuto nello spermatozoo al momento della fecondazione, in quanto dalla madre si riceva solo il cromosoma X: in tal modo la probabilità che un figlio sia maschio o femmina è del 50%.
Corpo di Barr – Uno dei due cromosomi X viene inattivato (in realtà una parte di geni rimane attiva) ed è visibile in interfase come un corpuscolo detto corpo di Barr. In tal modo, in una femmina accade che in alcune cellule viene espresso il cromosoma X di origine materna e in altre quello di origine paterna. Il corpo di Barr viene riattivato solo nelle cellule germinali quando queste vanno incontro a meiosi. Anomalie del n° cromosomi – sindrome di Turner, un solo cromosoma X, donna sterile di bassa statura con probabilità di ritardo mentale; sindrome di Klinefelter, ha genotipo XXY, sono maschi sterili con testicoli piccoli e talora deficit mentale; sindrome di Jacobs, è dovuta ad un cromosoma Y soprannumerario (XYY), gli individui colpiti hanno di solito altezza superiore, lieve ritardo mentale e problemi vascolari. Eredità legata al sesso – Nell’uomo i caratteri legati al cromosoma Y: possono essere ereditati solo per via paterna; sono sempre trasmessi a tutti gli individui della progenie maschile e mai trasmessi a quella femminile; si manifestano sempre a livello fenotipico. I caratteri del cromosoma X: possono essere ereditati per via paterna e per via materna, dal padre a tutte le femmine e nessun maschio mentre la madre 50% alle femmine e 50% ai maschi; sono presenti sia nei maschi che nelle femmine; nei maschi si manifestano sempre a livello fenotipico; nelle femmina è necessario considerare se l’allele in questione sia dominante o recessivo rispetto all’allele dell’altro cromosoma X. MALATTIE GENETICHE Legate al sesso – emofilia, anomalia del meccanismo di coagulazione del sangue che provoca sanguinamento prolungato delle ferite, è causata da due alleli recessivi di due geni localizzati sul cromosoma X; daltonismo, è l’incapacità di distinguere il rosso dal verde, come l’emofilia è legato ad un gene localizzato su cromosoma X, per questo motivo le due malattie si manifestano molto più nei maschi. Autosomiche dominanti – acondroplasia, interessa l’apparato osteoarticolare e determina una precoce ossificazione delle cartilagini di accrescimento, struttura tipica del nanismo; corea di Huntington, si manifesta tra i 35-50 anni e consiste nella degenerazione progressiva dei gangli della base, centri encefalici coinvolti nella coordinazione die movimenti; brachidattilia, malformazioni delle dita di mani e piedi. Autosomiche recessive – albinismo, incapacità di sintetizzare la melanina e di conseguenza si ha cute, peli, capelli e iridi privi di pigmenti; alcaptoneuria, interessa il metabolismo dell’amminoacido tirosina, causa artrite della spina dorsale o delle grandi articolazioni e produzione di urine scure; fenilchetonuria, assenza dell’enzima fenilalanina-ossidasi, perciò l’amminoacido fenilalanina si accumula nel circolo sanguigno provocando a lungo andare ritardo mentale; galattosemia, assenza dell’enzima necessario alla trasformazione del galattosio in glucosio, perciò il galattosio si accumula nel fegato e nei globuli rossi, causando malnutrizione, ingrossamento del fegato e ritardo mentale; fibrosi cistica, mutazione di un gene che codifica una proteine che trasporta di Cl- e Na+ attraverso le membrane, nelle ghiandole esocrine provoca la secrezione di muco denso e vischioso che ostruisce i dotti ghiandolari provocando infezioni polmonari, insuff. pancreatica, cirrosi epatica. GRUPPI SANGUIGNI UMANI La distinzione tra i diversi gruppi sanguigni è basata sulla presenza di particolari antigeni sulla membrana cellulare dei globuli e sulla presenza dei corrispondenti anticorpi nel plasma sanguigno. Gli anticorpi sono proteine circolanti prodotte dai linfociti e in grado di legare in modo specifico molecole estranee all’organismo, gli antigeni, neutralizzandole. Gli antigeni sono molecole in grado di indurre la produzione di anticorpi in un sistema immunitario estraneo. I più importanti gruppi sanguigni umani sono quelli del sistema AB0 e del sistema Rh. Sistema AB0 – considera la presenza/assenza degli antigeni A e B e la corrispondenza presenza/assenza di anticorpi contro gli antigeni A e B. Su questa base possiamo distinguere i gruppi sanguigni A, B, AB e 0, nella tabella qui riportata sono elencati tutti gli antigeni e anticorpi presenti per gruppo. Il gruppo AB è un accettatore universale in quanto non possiede anticorpi mentre un individuo di gruppo 0 è detto donatore universale in quanto non possiede antigeni. Gruppo Antigeni Anticorpi Riceve da Genotipi Riguardo alla determinazione genica prima di controllare la A A ANTI-B Riceve da A e 0 IA IA, IA I0 tabella bisogna comprendere che è definita da tre alleli B B ANTI-A Riceve da B e 0 IB IB, IB I0 AB AeB Nessuno Riceve da A, B, 0, AB IA IB differenti IA, IB, I0 e che i primi due sono codominanti tra loro e 0 0 0 Nessuno ANTI-A e ANTI-B Riceve da 0 I I sono entrambi dominanti sullo I0. + Sistema Rh – Vengono distinti due gruppi diversi, Rh e Rh , in base alla presenza o meno sui globuli rossi dell’antigene Rh. Il gruppo è determinato dalla combinazione di due alleli dello stesso gene: D (dominante) e d (recessivo). Un individuo di genotipo DD oppure Dd possiede l’antigene Rh e non produce anticorpi ANTI-Rh mentre un individuo di genotipo dd non possiede l’antigene e produce gli anticorpi.
DIVISIONE CELLULARE E CROMOSOMI
La divisione cellulare è il processo che permette ad una cellula di dare origine a due cellule figlie. Il processo di divisione cellulare deve garantire la distribuzione equa di DNA, citoplasma e organuli cellulari. Negli eucarioti assistiamo a due divisioni: la mitosi, garantisce l’equa ripartizione del materiale genetico e citoplasmatico; ma anche alla meiosi, una linea di cellula germinali che formano le cellule riproduttive. Divisione cellulare nei procarioti – Le cellule procariotiche sono fornite di una sola molecola circolare di DNA libera nel citoplasma. Questa si trova associata alla membrana cellulare in corrispondenza di una piega della membrana stessa, detta mesosoma. I procarioti si dividono per scissione o fissione binaria. La molecola di DNA si duplica mentre la cellula accresce, e a partire dal mesosoma si forma un setto trasverso che divide la cellula madre in due cellule figlie, ciascuna dotata di una molecola di DNA identica a quella della madre. Ciclo cellulare – Il ciclo vitale degli eucarioti, definito ciclo cellulare, si suddivide in quattro fasi. Le prime tre costituiscono l’interfase e sono: la fase G1 dove la cellula raddoppia le dimensioni, produce nuovi organelli e gli enzimi necessari per la duplicazione del DNA; la fase S dove avviene la replicazione del DNA; la fase G2 dove la cellula continua a crescere e a formare nuovi organelli. L’ultima è la fase M, ovvero mitosi, nella quale si verifica la divisione cellulare. Le cellule che non si dividono, sono bloccate in fase G1, detta in questo caso G0. Le cellule inoltre possono programmare la loro morte per apoptosi, un processo che contribuisce a controllare il numero di cellule che formano un tessuto. Per innescare i cambiamenti che portano alla fase S, è fondamentale il ruolo delle chinasi ciclina-dipendenti (Cdk), degli enzimi che fosforilano diverse proteine e che catalizzano diverse reazioni che permettono l’innesco dei processi cellulari. Le Cdk non sono sempre attive, ma vengono a volte attivate da molecole dette cicline o anche da fattori esterni, come molti ormoni o i fattori di crescita. Il cromosoma – il DNA degli eucarioti è sempre associato a proteine e il complesso è detto cromatina. Un cromosoma è lunga molecola di DNA, associata a specifiche proteine, più o meno spiralizzata e avvolta su sé stessa. Le proteine più abbondanti sono gli istoni, i quali hanno la funzione di avvolgere e compattare i lunghi filamenti di DNA. Questo si avvolge intorno a gruppi di 8 istoni, formando un nucleosoma. Fra due nucleosomi vi è un altro istone che serve a compattare la struttura, in quanto il DNA deve essere il più condensato possibile. Riproduzione asessuata – La mitosi è alla base della riproduzione asessuata, negli organismi che sfruttano questa riproduzione la prole ha origine da un unico individuo, senza l’intervento e la fusione di cellule specializzate per la riproduzione. Vediamo le diverse modalità. La scissione binaria, si verifica quando dopo la mitosi la cellula si divide semplicemente in due parti uguali. La gemmazione, negli unicellulari, consiste in una mitosi seguita da una divisione ineguale del citoplasma. Con sporulazione si intende la formazione di particolari cellule riproduttive, le spore, in seguito a mitosi, processo tipico dei funghi. Queste spore sono dotate di una spessa parete che permette loro di resistere in condizioni ambientali avverse, per poi generare un nuovo individuo quando l’ambiente diventa per loro favorevole. Riproduzione sessuata – prevede la partecipazione dei gameti, prodotti da due individue di sesso diverso. La riproduzione avviene quando il gamete maschile si fonde con quello femminile; dalla fusione, detta fecondazione, ha origine lo zigote che rappresenta la prima cellula del nuovo organismo. Essa prevede il rimescolamento del materiale genetico, perciò a differenza dell’asessuata ottiene un aumento della variabilità genetica. I gameti si differenziano dalle cellule somatiche perché queste ultime sono diploidi, cioè possiedono una doppia serie di cromosomi, ogni cromosoma è presente in due copie che costituiscono i cromosomi omologhi, invece i gameti sono aploidi. La riproduzione avviene attraverso la meiosi che produce i gameti, e attraverso la fecondazione che invece fonde i gameti originando un nuovo individuo. MITOSI È il processo tramite il quale il nucleo di una cellula eucariote si divide, dando origine a due nuclei figli, ciascuno dotato di una serie completa di cromosomi. Alla divisione del nucleo segue generalmente la divisone del citoplasma, indicata come citodieresi. All’inizio della mitosi i cromosomi, che durante l’interfase sono despiralizzati, si condensano fino a formare corpuscoli corti e tozzi: ogni cromosoma di una cellula in mitosi è costituito da due filamenti di DNA identici, detti cromatidi fratelli, questi sono uniti in una regione chiamata centromero, mentre le loro estremità sono indicate come telomeri. Pur essendo un processo continuo, la mitosi viene suddivisa in quattro fasi consecutive: Profase – il DNA si spiralizza, si condensa e comincia ad assumere l’aspetto di corpuscoli visibili al microscopio ottico. La membrana nucleare si dissolve e i due centrosomi, ognuno contenente una coppia di centrioli, migrano verso i due poli opposti della cellula, dando origine al fuso mitotico. Dai centrioli si dirama anche un insieme di corti microtubuli disposti a raggiera, che formano l’aster. Metafase – i cromosomi raggiungono il massimo grado di condensazione, si allineano sul piano equatoriale della cellula formando la piastra metafasica dopo aver aderito alle fibre del fuso per mezzo dei cinetocori, strutture proteiche presenti nel centromero. Anafase – i centromeri si dividono in due e i due cromatidi fratelli di ogni cromosoma si separano, migrando verso i poli opposti della cellula, grazie all’accorciamento delle fibre del fuso mitotico. Telofase – il fuso scompare e i cromatidi, ormai divenuti i nuovi cromosomi, si despiralizzano. Attorno ad essi si riforma la membrana nucleare e ricompare il nucleolo. A questo punto avviene la citodieresi, all’equatore della cellula si forma un solco che diventa sempre più grande fino a dividerla in due parti uguali alla cellula madre. MEIOSI Nelle gonadi sono contenute cellule specializzate diploidi (2n), chiamate gametociti, che vanno incontro alla meiosi, originando i gameti aploidi. Il processo consiste in due divisioni cellulari successive che a partire da una cellula diploide, ne producono quattro aploidi. Profase 1 – la cromatina si condensa, i cromosomi si distinguono e si forma l’apparato del fuso, scompaiono membrana nucleare e nucleoli. I cromosomi omologhi si avvinano e appaiano (crossing-over); ogni coppia di omologhi è formata da quattro cromatidi, perciò è detta tetrade. Metafase 1 – le tetradi si allineano sul piano equatoriale, ogni coppia di cromosomi omologhi si attacca ad una fibra del fuso mitotico Anafase 1 – le coppie di cromosomi si separano e si muovono verso i poli opposti, per via degli accorciamenti delle fibre del fuso. Telofase 1 – la cellula di partenza si divide in due cellule figlie, ciascuna contenente un numero aploide di cromosomi. Profase 2 – i centrioli migrano ai poli opposti della cellula e si riforma l’apparato del fuso mitotico. Metafase 2 – i cromosomi si allineano sul piano equatoriale della cellula. Anafase 2 – i cromatidi fratelli si separano e si muovono verso poli opposti, diventando i nuovi cromosomi delle cellule figlie. Telofase 2 – si formano i due nuclei e si ha la citodieresi, con la formazione delle cellule figlie. La prima divisione è di tipo riduzionale mentre la seconda è di tipo equazionale. Durante la profase 1, i cromatidi di due cromosomi omologhi possono subire il crossing-over, ovvero rompersi in punti corrispondenti e scambiarsi i segmenti, il punto si scambio è detto chiasma. Esso avviene solo tra due cromatidi non fratelli di una coppia di cromosomi omologhi. Se avviene i cromatidi vengono detti ricombinanti, se invece no vengono detti parentali. È un evento importantissimo perché compete nella ricombinazione e diversificazione genetica.
MUTAZIONI CROMOSOMICHE E GENOMICHE Le mutazioni cromosomiche sono dovute sostanzialmente alla rottura di un cromosoma: il frammento può andare perduto (delezione), attaccarsi al cromosoma omologo (duplicazione), a un cromosoma non omologo (traslocazione) oppure riattaccarsi al cromosoma originale dopo aver ruotato di 180° (inversione). Le mutazioni genomiche invece comportano la perdita o l’acquisto di uno o più cromosomi, per cui ciascun cromosoma risulta rappresentato da più di due omologhi (poliploidia). Un esempio di mutazione genomica è l’aneuploidia, che consiste nella perdita o nell’acquisto di uno o pochi cromosomi. Questa mutazione è dovuta a una non disgiunzione, cioè ad una mancata separazione di due omologhi durante la meiosi 1 oppure di due cromatidi fratelli durante la meiosi 2. La sindrome di Down o trisomia 21 è un caso di aneuploidia in cui gli individui possiedono tre copie del cromosoma 21, la sindrome di Edwards è dovuta alla trisomia del 18°. GAMETOGENESI Il processo di formazione dei gameti è detto gametogenesi e avviene nelle gonadi. Negli animali i gameti maschili sono gli spermatozoi mentre quelli femminili sono le cellule uovo. La gametogenesi maschile è detta spermatogenesi mentre quella femminile è detta ovogenesi. Spermatogenesi – gli spermatogoni (2n) si differenziano in spermatociti primari (2n) che vanno incontro alla prima divisione meiotica, formando cellula aploidi di uguali dimensioni, note come spermatociti secondari (n). Questi ultimi vanno incontro alla seconda divisione meiotica producendo cellule aploidi, gli spermatidi, che matureranno in spermatozoi. Ovogenesi – gli ovogoni (2n) si differenziano in ovociti primari (2n) che vanno in contro alla prima divisione meiotica con produzione di due cellule aploidi diverse: un ovocita secondario (n) e una piccola cellula nota come globo polare. L’ovocita secondario, in caso di fecondazione, va incontro alla seconda divisione meiotica, producendo una cellula uovo e un altro piccolo globulo polare.