FUORI DI TESTO #03 - Tito BALESTRA

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Tito BALESTRA


patreon.com/giovannisucci


18 luglio 2020 L’estate, la sete, la flemma. Sono queste le tre coordinate esatte che legano la mia storia personale alla figura di Tito Balestra. Ogni autore ha una propria vocazione stagionale che innerva tutto quel che produce. Balestra è l’estate piena, assolata, quella in cui si ritrae, romagnolo scamiciato con in mano un bicchiere. La sete, come la flemma, è condizione dell’essere e con l’estate c’entra solo in apparenza. Ricerca infinita dell’eterno ristoro, refrigerio agognato, rimedio a che cosa? Alla polvere e all’afa, certo. Ma chiunque si ritrovi eroso da un simile tarlo, sa che il sudore non c’entra. Anche il Sacro Graal in teoria serviva solo per bere. Non l’han più trovato. Così ci si rifà col bicchiere. Il prossimo sorso serve a deglutire l’esistenza nel suo insieme, trappola perfetta, mirabile e scialba, e a tornar sulla croce con un sentore di freschezza, godendo del fatto che almeno fa ombra. Forse non tanta quanta ne serve a preservare una montagna di neve. Balestra al suo esordio su carta si presenta con questo monito un mantra, che non ti lascia mai più un insegnamento di calma. Se hai una montagna di neve tienila all’ombra. Rispecchia Balestra e mi ricorda mio padre, la sua sete, le sue tele e i colori ad olio. Pio Succi in arte il pittore. E se mai la sua flemma (era campione olimpico) gli avesse concesso più di qualche trasferta, così come a Balestra che da Longiano si radica a Roma alla fine degli anni

Quaranta, chi lo sa, avrebbe magari potuto trovarsi al centro di un mondo che in provincia di Asti non c’era. Anche in Balestra si respira un gran gala da balera di provincia, una mondanità da buona commedia, tra un bar, una pergola in spiaggia e una terrazza romana, ma di certo l’entourage di mio padre non sta al paragone col jet set di Balestra (vi sfido a cliccare tutti i nomi sul suo Wikipedia). Anche Pio Succi in gioventù incontrò Guttuso, per dirne uno, ma solo una volta e il suo apprezzamento gli bastò per tutta la vita. Me li vedo quei due, Tito e Pio quasi coetanei, si somigliano pure, si andrebbero a genio. Entrambi di poche parole, acutissimo sguardo ed estrema lentezza. Tito dipinge ma in versi l’esistenza in cornice di vacanza (l’essere vacuo del tempo) e di siesta. Perfetto per Pio che dipinge su tela, velature, travasi d’acquari e maschere: altre vacanze nel senso di vuoti.Incarnano entrambi la flemma, tempo sospeso. Lentezza. E poi come a volte succede a pensarci, l’etimologia spalanca altri sensi e scopri che flemma è anche quell’olio, un solvente per colori, forse della stessa sostanza del loro sangue. Sentori di gomme rancide, cere, acrilici, vernici. Allucinazioni olfattive di trementina e acquaragia sono solo un altro filo di trama che lega me, mio padre e Balestra. Un’altra coincidenza mi risuona in testa: …flemma era detta quella residua sostanza alcolica da distillazione del vino con alambicchi semplici, un rimasuglio etilico, buono per qualche rettifica in whisky, grappe e liquori. Tito porge un bicchiere, una circonferenza aperta.


Amaro Succi, l’ha mai assaggiato? Esordirebbe mio padre. Amaro davvero. Ricetta dell’Ottocento. Era scritta sopra una porta. Alla terza alluvione per non starla a trascrivere ho staccato la porta con sù la ricetta. Ma poi la porta l’ho persa … E si fanno una bella risata. Non biasimo mio padre, anch’io sono in grado di perdere qualsasi cosa. Forse per questo il mio donchisciotte si arma di vecchie padelle e si lancia in altre ricerche. Ed è cercando una fonte per far fronte all’arsura che sul mio Ronzinante a gasolio arrivo sudato a un bel giorno a Longiano, alla Fondazione Tito Balestra, dove mi accoglie Flaminio Balestra, sotto l’arco del Castello dei Malatesta. Se Pio l’avesse davvero incontrato, gli avrebbe regalato un suo quadro, sicuro: è così che fanno tra loro gli artisti quando son presi bene. E a Balestra in vita sua, amici illustrissimi gliene hanno regalati una montagna, sono in mostra al castello e ci trovi i nomi più prestigiosi dell’arte contemporanea fino agli anni Settanta, di pennello e di penna. Nel primo dopoguerra, a Roma, Balestra aprì “La vetrina” una galleria d’arte in via del Babbuino 97. Da lì transitava gente geniale e lasciava giù un quadro, uno libro, una bozza, una bottiglia buona. E Tito la apre e l’annusa, attraversa la vita con in mano un bicchiere e ispira chiunque, nell’ombra, come una montagna di neve. Fino alla metà degli anni Settanta. Il 25 luglio di un anno fa esatto, sarebbe stato il suo 96° compleanno ma ne contò 53, nel cortile del castello a Longiano ci fu un tale su un palco, chitarra e voce, con la sua flemma e la sete e l’estate pulsante delle cicale. Solo per caso quel tale rispondeva al mio nome e l’Amaro Succi non poteva mancare. Giovanni Succi


Pio Succi (1929 - 2007) nel suo laboratorio a Nizza Monferrato, 1976


http://www.fondazionetitobalestra.org/incontricongliautori/una-montagna-di-neve-giovanni-succi/


Fuori di testo + fuori di tasting / podcast di versi vini e mix / luglio 2020 / patreon.com/giovannisucci

FUORI DI TASTING SCHEDA DEL VINO: In abbinamento all’opera e al personaggio propongo: “LONGIANO”,

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patreon.com/giovannisucci TITO BALESTRA + “LONGIANO” / ROMAGNA SANGIOVESE SUPERIORE DOC, RISERVA 2013, Villa Venti, Roncofreddo (FC). Se si parla di via Emilia o anche solo di Romagna, l’imbarazzo della scelta per il nostro abbinamento fa provincia: vini estivi, spumosi, dissetanti e beverini qui scorrono a fiumi. Ma se vogliamo ritrovare la flemma, serve un vino che sappia farsi aspettare, una produzione da epigramma, di poche annate, come la scrittura di Balestra. E lo si trova a meno di cinque chilometri da Longiano. La cantina è Villa Venti di Roncofreddo, un'azienda vitivinicola biologica che essendo anche agriturismo, permette pure la vacanza, componente importante dell’immaginario del nostro autore. L’annata è 2013. L’anno di pubblicazione di una mia canzone, con i Bachi Da Pietra, intitolata Tito Balestra. L’ho sempre immaginato come un autentico romagnolo con un’indole da piemontese in incognito: come Sangiovese e Barbera. Il vitigno Sangiovese esprime infatti tutta l’indole romagnola ma ha una sua versatilità simile al Barbera in Piemonte, che può andare dalla semplice DOC alla complessità del Superiore e delle cosiddette Sottozone, con dicitura Riserva. E non ci si lasci ingannare dal linguaggio burocratico delle denominazioni italiane, che chiama sottozone le più elevate: come appunto, Longiano per il Romagna Sangiovese Superiore DOC. Solo nelle migliori annate, da un’accurata selezione di uve croccanti, solo da cru esposto a Est e Sud Est. Venticello costante, influsso marino, terreni sabbiosi uguale freschezza e note saline. Longiano Riserva di Villa Venti è rubino intenso, l’estate piena è racchiusa nei sentori di frutta rossa matura, con le tipiche note di viola del vitigno, in questo caso essiccate. Poi se ne sta almeno un anno in botte piccola e almeno due all’ombra in bottiglia: complessifica così la struttura e i sentori di cuoio e tabacco; al sorso è avvolgente, fresco, tannino elegante, retrogusto amarognolo. Probabilmente Balestra direbbe abbinalo a un sigaro. Fa stare bene.


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LONGIANO Rieserva

2013 è una delle migliori annate indicate dagli utenti di Vivino. Dello stesso anno il brano “Tito Balestra” (G. Succi) pubblicato dai BACHI DA PIETRA sull’ Ep “Festivalbug” (vinile serigrafato, Corpoc Records).


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