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Io resto qui In visita a Terese Gröber, la custode di Castel Trostburg

Io resto qui

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A Castel Trostburg, dove un tempo risiedevano conti e cavalieri, oggi vive solo Terese Gröber. Quando guida i visitatori tra le antiche mura, nei suoi racconti rivivono le affascinanti storie del passato

Testo — LENZ KOPPELSTÄTTER Fotografie — CAROLINE RENZLER

QDUE 2019 COR

“Sono felice e grata di poter vivere quassù”, dice Terese Gröber. Il castello per lei è casa e patria allo stesso tempo.

uando Terese Gröber, che tutti chiamano affettuosamente “la Tresl di Castel Trostburg”, si accosta alla finestra della sontuosa sala rinascimentale e lascia scorrere lo sguardo sulla valle Isarco, è come se tutto il passato si affacciasse sul presente. Alle spalle dell’anziana donna, avvolti nel silenzio, si scorgono i ritratti in stucco dei conti di Wolkenstein. Da qui la vista spazia fino ai paesini di Barbiano, Laion e Villandro, che sembrano aggrapparsi al ripido versante, circondati da prati e boschi. Giù in basso, nel fondovalle, la frenesia del mondo moderno non conosce sosta. Le automobili sfrecciano, i fari lampeggiano: la follia della civilizzazione. Fra le possenti mura di Castel Trostburg, sopra Ponte Gardena, regna invece la pace. Un silenzio benefico. La Tresl del castello fa un respiro profondo. “Sono felice e grata di poter vivere quassù”, dice.

Terese Gröber, che oggi ha 73 anni, ha trascorso qui tutta la vita. La sua famiglia, alle dipendenze dei conti di Wolkenstein, ha provveduto per lunghi anni a mantenere in buono stato la proprietà. Oggi la signora Gröber accompagna i visitatori tra le mura dell’antica dimora e narra loro le storie dei cavalieri, dei baroni e dei conti che un tempo vi risiedevano. Terese parla anche del presente, di una vita fatta di fatiche e del perché, nonostante tutto, non voglia lasciare questo posto: il castello è la sua casa e, se vi si spegnesse anche l’ultima fiammella di vita, andrebbe ben presto in rovina. Castel Trostburg svetta, a 627 metri di altitudine, sulla gola che il fiume Isarco ha scavato nella roccia nel corso dei millenni. La sua storia risale al XII secolo, quando a risiedervi erano i signori di Velturno. In

torno al 1290, tacciati d’essere dei briganti, dovettero tuttavia cedere il castello al Conte del Tirolo. Questi lo concesse a sua volta in feudo ai signori di Villandro e in seguito alla dinastia dei Wolkenstein, che lo elesse a propria residenza per 600 anni. Il maniero subì un ampliamento tra il XIV e il XVI secolo, per essere infine rinnovato in stile rinascimentale nel XVII secolo a opera del conte Engelhard Dietrich von Wolkenstein. Da allora in poi il castello fu utilizzato soltanto come residenza estiva.

Terese Gröber ci invita a varcare la soglia. Solleviamo istintivamente lo sguardo: la saracinesca del portale con i suoi puntali di legno incute ancora un certo timore, e le bertesche, che nel Medioevo aiutavano a tenere lontano il nemico, non hanno perso il loro aspetto cupo. Il cortile interno emana invece un’atmosfera idilliaca, con i suoi gerani, gli oleandri, le ortensie piantate addirittura dalla madre di Terese, con le colonne, gli archi e la scala che conduce all’interno del castello. Un affresco decora una parete esterna: raffigura l’albero genealogico dei conti di Wolkenstein. Tra gli antenati si trova il nome di Engelhard Dietrich, ma anche quello di Oswald von Wolkenstein, il celebre menestrello generalmente ritratto con un occhio chiuso.

A destra si apre una cucina nera di fuliggine, mentre la porta successiva conduce alla stanza del caminetto. Più avanti si trova il mastio, dalle mura spesse ben due metri e mezzo, che un tempo offriva riparo in caso di pericolo. I passi rimandano un suono inquietante. Attraversare questi antichi locali significa anche attraversare la storia delle famiglie, dei tanti bambini, dei soldati e dei parroci che abitarono il castello nel corso dei secoli. Sentiamo una corrente d’aria e il sìbilo del vento. “Il vento è di casa nel castello”, dice la signora Gröber, prima di spiegarci che il nome “Trost”, in tedesco medievale, significava “regnante”, “signore”, ma anche “fiducia”. Ci apre il portone della cappella, che stride e cigola: inginocchiatoi di legno antico e scuro, un sobrio altare. Dal soffitto, ci osserva una Madonna che tiene tra le braccia il Bambin Gesù. Negli affreschi si scorge spesso la figura di sant’Antonio abate: monaco egiziano, asceta, eremita e “padre del monachesimo”, raggiunto nel deserto dalla visione del diavolo. I credenti, da queste parti, lo chiamano Fåckn-Toni, “il Toni dei maiali”. Il santo è infatti il patrono dei contadini, dei macellai e degli allevatori di maiali. “Ancora oggi”, racconta Terese, “ogni tanto qualche anziana contadina sale al castello e chiede di poter entrare nella cappella per pregare per la cucciolata della propria scrofa”.

La signora Gröber racconta della sua infanzia, delle giornate trascorse a giocare nel bosco assieme ai fratelli e alle sorelle e di come i bambini aiutassero nei lavori di stalla. “Al mattino dovevamo parlare pianissimo, perché le nostre voci rimbombavano tra le mura del castello disturbando la contessa, che amava dormire fino a tardi”, ricorda. Già, la contessa. Ai bambini la nobildonna raccontava del mondo, del Sud, del mare. Di tutti quei luoghi che Terese non ha mai visitato, se non in sogno. “Ho preferito restare qui”, afferma in tono asciutto. A un certo punto, però, non fu più possibile arrestare il declino del castello. I conti se ne andarono, “Al mattino dovevamo

parlare pianissimo perché la contessa amava dormire fino a tardi.”

Le mura del mastio arrivano fino a due metri e mezzo di spessore: il castello offriva riparo in caso di pericolo.

Terese Gröber

Venerabile età La storia di Castel Trostburg risale al XII secolo. Terese Gröber ha 73 anni e qui ha trascorso la vita intera. Su incarico dei conti von Wolkenstein, la sua famiglia provvedeva a mantenere il castello in perfetto stato. Oggi la signora Gröber accompagna i visitatori tra le mura del castello e racconta agli ospiti le storie dei cavalieri, dei conti e baroni che un tempo vi risiedevano.

“Il castello mi appartiene e io appartengo al castello. Non mi sento sola: c’è tantissima gente che viene a trovarmi quassù.”

Anche il celebre menestrello Oswald von Wolkenstein, spesso ritratto con un occhio strizzato perché cieco, apparteneva alla casata dei proprietari del castello. Oggi Castel Trostburg è un museo e sede dell’Associazione dei castelli dell’Alto Adige.

Nel giardino del castello crescono ancora le ortensie piantate dalla madre di Terese. La cappella del castello è consacrata a sant’Antonio abate, patrono dei contadini, dei macellai e degli allevatori di maiali.

i genitori di Terese morirono, i fratelli e le sorelle si trasferirono a valle. Soltanto Terese voleva restare. Ma come fare? Nel 1967 i membri dell’Associazione dei castelli dell’Alto Adige fondarono una società privata per salvare Castel Trostburg dalla rovina. Qualche anno più tardi, il castello diventò un museo e la sede ufficiale dell’Istituto dei castelli dell’Alto Adige. E Terese poté rimanere. Per occuparsi del castello. “Il castello mi appartiene e io appartengo al castello”, afferma.

Nei decenni passati da allora, la signora Gröber ha fatto da guida ai visitatori. In più pulisce, strofina con spazzola e sapone i pavimenti, accudisce una cavalla e il suo puledro, alcune galline e tre gatti. Anni fa, racconta, scendeva in paese un giorno sì e un giorno no, e naturalmente la domenica per la prima messa del mattino. Camminando sulle pietre scivolose del ripido sentiero. Oggi lascia il castello soltanto ogni due settimane per fare la spesa: pane, burro, latte. La solitudine? Terese fa cenno di no. “Tanto viene moltissima gente a trovarmi quassù”, dice. Alcuni visitatori che si credono provetti alpinisti giungono sudati e ansimanti al portone del castello. La signora Gröber sorride. Un tempo lei saliva e scendeva camminando sui tacchi. Ora una nuova strada è in costruzione e presto ci sarà anche un collegamento internet. Adesso ride: “Internet?”.

Terese ci invita nella sua stube, subito a sinistra dell’ingresso. Santini, fotografie di famiglia, una stufa in maiolica, un vecchio telefono a rotella. Un vecchio televisore. A volte, quando c’è il temporale, salta la corrente e le tocca munirsi di torcia. E se le batterie si scaricano, allora accende un paio di candele. “Internet”, ripete divertita. I suoi occhi vispi luccicano, uno dei gatti le si strofina attorno alle gambe. “Sarà pure indispensabile, oggigiorno. Io però non ne sento il bisogno”, aggiunge. Quando la sera guarda il telegiornale e apprende del mondo di “laggiù” con i suoi ritmi indiavolati, allora è davvero felice di vivere “quassù”. In questo mondo diverso, un mondo soltanto suo.

Ripide gole e mura possenti Altri castelli da visitare

Castel Trostburg – Museo dei castelli dell’Alto Adige

+ Via Burgfrieden, 22, 39040 Ponte Gardena 0471 654 401 Orari: dal giovedì prima di Pasqua a fine ottobre, mar-dom

www.burgeninstitut.com

Castel Velturno

+ Un tempo residenza estiva dei principi vescovi di Bressanone, il castello custodisce uno degli esempi più straordinari dell’arte dell’intarsio in Europa, risalente al tardo XVI secolo.

Via Paese, 1, 39040 Velturno 0472 855 525 Orari: da marzo a novembre, mar-dom

www.schlossvelthurns.it

Castel Rodengo

+ Il maestoso complesso, ubicato sopra la gola della Rienza, risale all’incirca al 1140 ed è uno dei più grandi castelli fortificati dell’Alto Adige. Il castello, ancora abitato e nel contempo adibito a museo, custodisce le segrete, la coloratissima sala nuziale e una collezione d’armi. Gli affreschi del Ciclo di Yvain, realizzati nel XIII secolo, sono annoverati tra le pitture murali profane più antiche dell’area di lingua tedesca.

Via Vill, 1, 39037 Rodengo 391 74 89 492 Orari: da maggio a ottobre, dom-ven

schloss.rodenegg@gmail.com

La Chiusa di Rio Pusteria

+ Chi da Bressanone imbocca la strada verso la Val Pusteria, subito dopo Rio Pusteria non può che imbattersi nelle rovine, in buona parte conservate, della Chiusa. Nel Medioevo, era un’importante fortificazione e fungeva inoltre da stazione doganale. Qui, a partire dal 1271, passava infatti la linea di confine tracciata da Mainardo II tra la Contea di Görz (Val Pusteria) e la Contea del Tirolo. Fino agli anni novanta la Statale della Val Pusteria passava attraverso la rovina, che oggi è costeggiata da una pista ciclabile.

Strada statale, 49, 39037 Rio Pusteria 0472 886 048 Orari: da giugno a settembre, lun

www.muehlbacherklause.it

Castel Sommo

+ Eretto come opera difensiva, il castello si erge alto sulla Valle Isarco. Nel XIV secolo fu sede della corte di Gudon, la cui giurisdizione si estendeva fino all’Alta Val Badia. Nel 1880, Ignaz Vinzenz v. Zingerle, germanista e studioso di tradizioni popolari, ereditò il grande maniero. Il castello è ancora abitato, pertanto sono visitabili soltanto i cortili interni.

Via Nafner, 39043 Gudon 0472 847 424 Orari: da luglio a settembre, lun (solo previa prenotazione)

www.klausen.it

Informazioni su altri castelli: Istituto dei castelli dell’Alto Adige (Südtiroler Burgeninstitut)

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