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Elogio della bellezza Bressanone e Chiusa raccontate da chi le ama
Elogio della bellezza
Testi — JOSEF GELMI, MARIA GALL PRADER
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Bressanone e Chiusa: due città dal ricco patrimonio culturale e dal passato illustre, capaci di sorprendere anche con una vivace vita culturale ed eccellenti proposte culinarie. Due città raccontate con affetto e molti utili consigli su arte, architettura, gusto e vita cittadina
BRESSANONE. LA SONTUOSA
Se fossi il dirigente di un’agenzia di rating, assegnerei a Bressanone una “tripla A”. Vivo qui dal lontano 1949 e posso dire di conoscere davvero bene la città. Dal 1998 al 2017 sono stato presidente della Hofburg, il Palazzo Vescovile di Bressanone, una funzione che mi ha visto coinvolto in molti accadimenti della vita cittadina. In questa città, che amo molto e che più volte ho descritto, trascorro oggi la mia pensione. Di Bressanone apprezzo la posizione geografica, il clima salubre e l’importante passato. Ciò che più mi affascina è tuttavia la compresenza di passato vescovile, mentalità austriaca e savoir-vivre italiano. Dell’incontro e della fusione tra la cultura tedesca e quella italiana fu già simbolo Nicolò Cusano, geniale cardinale e principe vescovo di Bressanone, in carica dal 1450 al 1464, che dedicò grande impegno al progetto della pace tra le diverse religioni e culture.
Bressanone sorge nel punto in cui la Valle dell’Isarco si allarga in una fertile conca, incorniciata da alte cime, boschi rigogliosi e pittoreschi vigneti. Questo luogo speciale affascina e conquista da sempre chi vi giunge. Come le popolazioni che, circa diecimila anni fa, si insediarono per prime nel verde bacino. O i vescovi di Sabiona, sopra Chiusa, che nel 990, durante il vescovato di Alboino, decisero di trasferire la propria residenza a Bressanone, scegliendo come sede la “curtis Meierhof Prihsna”, donata loro da Ludovico IV il Fanciullo già nel 901. L’ora fatidica per Bressanone scoccò però nel 1027, quando l’imperatore Corrado II, per assicurare l’importante via del Brennero, conferì al vescovo Hartwig la contea dell’Isarco e dell’Inn. Questo avvenimento segnò l’inizio della lunga ascesa di Bressanone. Nel 1048 Poppo, vescovo di Bressanone, salì addirittura al soglio pontificio con il nome di Damaso II. Nel 1179 l’imperatore Federico I concesse ai vescovi di Bressanone il diritto regale di imporre tributi, riscuotere dazi e battere moneta. Da allora in poi, i vescovi di Bressanone vennero insigniti del titolo di principi del Sacro Romano Impero e sedettero alla Dieta dell’impero con diritto di voto. Bressanone divenne così la capitale di un principato ecclesiastico e lo rimase fino alla secolarizzazione, avvenuta nel 1803.
Nel XVIII secolo, dopo un lungo declino seguito alla Riforma, iniziò per la città una fase di notevole espansione urbanistica. I principi vescovi Kaspar Ignaz von Künigl (in carica dal 1702 al 1747) e Leopold von Spaur (dal 1747 al 1778) fecero della cittadina medievale un gioiello di urbanistica barocca, conferendo incarichi importanti a celebri architetti e artisti dell’epoca. Il mio stupore si rinnova ogni volta che penso alle opere realizzate in questo periodo. Nel 1711 fu completata la Hofburg, nel 1745 la chiesa delle Dame Inglesi, nel 1754 il nuovo duomo e nel 1756 il giardino di corte dei principi vescovi. Nel 1758 fu portata a termine la ristrutturazione della chiesa parrocchiale e nel 1765 iniziò infine la costruzione del seminario maggiore con la chiesa e la sala della biblioteca annesse. Di particolare interesse è soprattutto la biblioteca che, insieme alla chiesa del seminario, rappresenta il capolavoro del rococò brissinese. Franz Anton Zeiller vi affrescò sei cupole trompe-l’œil con allegorie delle diverse discipline teologiche. L’affresco più pregiato ritrae Girolamo seduto su un leone, il cui muso feroce riproduce le fattezze dell’allora principe vescovo Leopold von Spaur. Le malelingue dicono che l’artista volle così vendicarsi per la scarsa remunerazione ricevuta. Comunque stiano le cose, è indubbio che l’affascinante lungimiranza dei due principi vescovi conferì a Bressanone ciò che ancora oggi ne rappresenta la quintessenza.
Agli albori del XX secolo Bressanone conobbe un periodo di intensa modernizzazione grazie al sindaco Otto von Guggenberg, considerato il pioniere
La sfarzosa città vescovile si è trasformata, a partire dal XIX secolo, in meta di villeggiatura. Nel 1883 sorsero i 1 Giardini Rapp, un parco alla confluenza dei fiumi Isarco e Rienza.
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3 × Bressanone per gli amanti della cultura
DOVE L’ARTE È DI CASA La Galleria Civica sotto i Portici Maggiori, rinnovata nel 2019, si muove a partire dal 2020 verso l’arte contemporanea, sotto la direzione del Südtiroler Künstlerbund, l’associazione degli artisti altoatesini. Tra i segnali di questa nuova era? Senz’altro l’installazione del collettivo Butch-ennial che nel 2019 ha allagato la galleria trasformandola in un laghetto per pesci Koi... La Galleria Civica ospita da quattro a cinque esposizioni l'anno, con diversi curatori. PICCOLA CITTÀ, GRANDE MUSICA La rassegna Forum Cultur fa confluire regolarmente la musica all’interno di Forum Bressanone, attraverso concerti di musica classica e contemporanea, opera e spettacoli teatrali. Un’atmosfera particolare si vive all’interno del Duomo di Bressanone durante i grandi concerti promossi da Musik und Kirche.
www.forum-brixen.com www.musik-kirche.it
www.kuenstlerbund.org 2 CANTINA O GALERA? L’Anreiterkeller, antica cantina di vini e di carbone adibita a locale per spettacoli di varietà, cabaret e jazz, che con autoironia porta il nome di Dekadenz, è oggi riconosciuto come uno dei quattro teatri cittadini dell’Alto Adige. D’estate, invece, gli appassionati di teatro e musica si danno appuntamento sotto al palco a cielo aperto Tschumpus, allestito nel cortile interno dell’ex carcere della città, accanto al Duomo.
www.dekadenz.it www.tschumpus.com
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Nel Chiostro del Duomo, il gioco più bello è andare alla ricerca dello strano affresco dell’elefante: l’artista non ne aveva mai visto uno e, semplicemente, disegnò il pachiderma con la sua tromba così come se lo immaginava.
dell’industria turistica locale. A questa fase seguirono i grandi sconvolgimenti provocati dall’annessione del Sudtirolo all’Italia nel 1919, quindi dal regime fascista, dal sistema delle opzioni e infine dall’occupazione nazista. Nel secondo dopoguerra, sotto la guida del sindaco Zeno Giacomuzzi, Bressanone visse tra il 1969 e il 1988 un periodo di rinascita economica e culturale. Giacomuzzi, che stimo molto, è, proprio come me, originario della Val di Fiemme. Siamo per così dire degli immigrati, dei brissinesi “non autoctoni”. Nel corso del suo mandato, Giacomuzzi è riuscito a compiere per la città uno straordinario lavoro di ampliamento e riassetto urbanistico. A lui si devono le aree scolastiche e sportive, la zona industriale e la zona residenziale Zinggen-Rosslauf.
È difficile trovare un’altra città che riesca a offrire in uno spazio così ristretto tante e straordinarie opere d’arte di epoche diverse, dal Romanticismo all’età moderna. Piazza Duomo, considerata una delle piazze più belle dell’arco alpino, unisce il complesso della cattedrale a est con il complesso della Hofburg, posto a ovest. Il 4 Chiostro, è un vero e proprio gioiello architettonico. Di qui il nome “Camposanto di Pisa in miniatura”, che gli è stato talvolta attribuito. Quando mi soffermo nel Chiostro durante le mie visite guidate, richiamo sempre l’attenzione sull’elefante con la tromba. Questo curioso affresco è opera del celebre pittore Leonhard von Brixen, che lo realizzò intorno al 1450 senza avere evidentemente mai visto un elefante. Del resto, fu soltanto nel 1551 che un vero pachiderma di nome Soliman giunse nella città sull’Isarco. L’affresco sulla facciata dell’Hotel Elephant ricorda questo evento sensazionale, a cui alcuni anni fa è stato dedicato un meraviglioso spettacolo di luci nella corte centrale della Hofburg.
Un altro capolavoro architettonico di Bressanone è la 5 Hofburg, il Palazzo Vescovile con il Museo Diocesano, che ospita una delle più belle raccolte di opere d’arte dell’intera area compresa tra Verona e Monaco di Baviera. Tra le numerose attrazioni una specia
4 La Hofburg di Bressanone, nel cuore della città, custodisce una delle più belle collezioni di arte sacra tra Verona e Monaco di Baviera.
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le menzione spetta al dipinto su tavola “l’Uomo dei dolori”, risalente al 1450 e attribuito a Jos Amann di Ratisbona. Nel 2015 fui contattato da Alberto Crespi, noto professore e avvocato milanese, grande appassionato d’arte e di musica, amico di Bressanone ed estimatore della cultura tedesca, il quale mi chiese se la Hofburg avrebbe apprezzato il dipinto che aveva intenzione di donarle. Mi informai dapprima sulle eventuali condizioni, essendo fin da subito consapevole dell’eccezionale valore dell’opera.
La tavola raffigura al centro Cristo sofferente, affiancato da sant’Ambrogio, patrono della diocesi di Milano, e sant’Agostino, che ricevette il battesimo proprio da Ambrogio a Milano. Sopra le tre figure si innalza una fine scansione architettonica dal fondo dorato. Al centro sono ritratti Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo. Il nimbo della colomba è lo
→ I ristoranti “Alter Schlachthof” e “Decantei” sono oggi dei locali alla moda ma le loro mura raccontano ancora delle loro originarie funzioni, quelle di macello e di sede del decano.
3 × Bressanone per gli amanti del gusto
3 DECANTEI Nel Medioevo il suo nome indicava la casa del canonico, dietro il duomo di Bressanone, protetta da alte mura. È lì, dove risiedevano i vescovi, che sorge la locanda Decantei: due accoglienti cortili interni, cucina regionale rivisitata, buona birra e le linee pure degli arredi disegnati da Pedevilla Architects, per far battere il cuore anche ai fan della bella architettura.
www.decantei.it
BRIX 0.1 Nel futuristico locale all’interno di un piccolo parco a sud della città, i brissinesi si incontrano per il brunch domenicale, nel pomeriggio sono le famiglie con i bambini ad affollare la terrazza, mentre di sera il cubo di vetro si illumina e si trasforma in un ristorante gourmet. Ivo Messner e Philipp Fallmerayer presentano creazioni innovative, di alta cucina, di grande carattere.
www.brix01.com 6 ALTER SCHLACHTHOF Le piastrelle bianche alle pareti e le travi sul soffitto ci raccontano che un tempo questi spazi ospitavano il macello, “Schlachthof” in tedesco. Oggi è il salotto e la buona tavola della gioventù di Bressanone; la carne a chilometro zero però è ancora di casa. Sono popolarissimi i burger di pulled pork o cervo locali ma ci sono anche piatti vegetariani, oltre a musica dal vivo con gruppi del posto.
www.schlachthof.it 6
stemma della celebre casata nobiliare dei Visconti di Milano. Il dipinto, che si trovava originariamente nella Chiesa di Sant’Ambrogio a Brugherio, vicino a Milano, entrò in possesso dell’antiquario milanese Ruggero Longari, dal quale il professor Crespi l’aveva acquistato. In virtù dei soggetti raffigurati, l’opera sembrava predestinata al Museo Diocesano del capoluogo lombardo.
Ma Crespi, che al museo milanese aveva già donato alcuni dipinti non ricevendo la dovuta riconoscenza da parte della direzione ecclesiastica, decise di cedere il dipinto alla Hofburg o all’Abbazia di Novacella, a nord di Bressanone. Mi sono impegnato con passione e dedizione affinché fosse la Hofburg a ricevere la tavola. Ne seguirono un intenso scambio epistolare e innumerevoli telefonate. Finalmente si giunse all’accordo: il 6 giugno 2016 mi recai a Milano assieme al direttore del Museo Diocesano, Johann Kronbichler. Dopo avere espletato le formalità notarili e completato l’imballaggio, caricammo l’opera in un mezzo appositamente noleggiato. In quel preciso istante iniziò a piovere violentemente su tutta Milano. Pensai: vedi, Milano piange per questa dolorosa perdita. E continuò a piovere fino alle porte di Bressanone. Qui, all’improvviso, il cielo si dipinse di un azzurro splendente. Il cielo gioiva, e noi con lui. Il giorno stesso il capolavoro gotico ricevette un posto d’onore all’interno della Hofburg. La stampa locale e importanti testate come la Repubblica e l’Osservatore Romano ne diedero notizia. In ottobre tornai a Milano con il sindaco Peter Brunner e una delegazione brissinese per ringraziare nuovamente il professor Crespi per la generosa donazione.
Concludo sempre le mie visite guidate di Bressanone davanti al nuovo edificio della Cooperativa Bressanone Turismo, uno dei miei luoghi preferiti. Da qui si apre una vista spettacolare sulla storia secolare della città. Grazie alla ristrutturazione, perfettamente riuscita, di via Bastioni Minori e in parte di viale Ratisbona, questo luogo ha acquisito ancora maggior fascino. In direzione nord si vedono, a partire da destra, la Porta Croce, risalente al Medioevo e da allora spesso rimaneggiata, e la contigua porta parallela, realizzata agli inizi del XX secolo. Segue quindi un tratto di mura cittadine risalente al XIII secolo, dietro al quale si trova il 7 Giardino di corte, che Johann von Spaur, coadiutore e poi principe vescovo, fece realizzare in stile rinascimentale nel 1570 e che
AliPaloma, classe 1992, lavora tra Bressanone e Innsbruck, in Austria. Tra le sue ultime opere: “Sotto la pelle” (Hofburg, Bressanone), “Allein im Schwarm” (Space Nouvelle, Innsbruck) e “Born to Kill” (50x50x50 ART Südtirol, Fortezza). Dall’8 novembre 2019 partecipa con le sue opere alla mostra collettiva “economy goes culture” nella Galleria Civica di Bressanone.
www.alipaloma.com
La mia top 5 di Bressanone L’artista AliPaloma ci racconta la sua città natale
Il rione medioevale di 8 Stufles, che è il posto che in assoluto amo di più di Bressanone. Qui si trova anche il mio Atelier 18, lo studio che condivido con i miei co-worker, il regista Lorenz Klapfer e l’attrice Petra Rohregger, e dove nascono i miei progetti. Stufles è l’anima creativa di Bressanone: dietro l’angolo ci sono altri atelier, come quello dell’artista Hartwig Thaler.
La cantina Anreiterkeller, sede del teatro 9 Dekadenz, e il suo programma culturale. La scorsa estate ho realizzato qui la scenografia per uno spettacolo del drammaturgo tedesco Jakob Nolte, autoprodotto da Dekadenz. Il nuovo accesso al fiume Isarco dalla passeggiata che da Bressanone prosegue in direzione di Novacella. Il posto dove mi sono goduta gli ultimi raggi di sole a fine estate, dove ho bagnato i piedi nell’acqua gelida e ho fatto il pieno di vitamina D per l’inverno.
Il mercato contadino in piazza Hartmann il sabato mattina. Qui si trova di tutto: verdura, formaggio, uova, tutti prodotti coltivati e raccolti dai contadini della zona e con cui arricchire la tavola di prelibatezze nel fine settimana. Da non perdere lo stand che vende le trote, e poi i freschissimi “Tirtln” fritti sul posto, ripieni di spinaci oppure crauti.
Quando non trovo l’ispirazione giusta, passeggio volentieri nel Chiostro di Bressanone. È un luogo così piacevole, così tranquillo: tutt’al più si sentono cinguettare gli uccellini che fanno il nido tra le volte gotiche.
Stufles, il più antico rione di Bressanone, è molto amato dai creativi della città come luogo di lavoro. Tra i diversi atelier, si trova qui anche quello di AliPaloma (sullo sfondo).
nel 1992, su un progetto del 1831, fu reso accessibi- le ai visitatori. Sollevando lo sguardo, si scorgono le torri barocche del duomo. Davanti alle antiche mura si trova invece un muro più basso in stile liberty. Non passa infine inosservata la Fontana del leone, realiz- zata in stile neoclassico. Durante il Water Light Fe- stival, nel maggio scorso, i visitatori dovevano sco- prire come far ruggire il felino. Dietro alla fontana si riconoscono l’ala occidentale della Hofburg, eretta nel 1711 sotto il principe vescovo Kaspar Ignaz von Künigl, e le graziose torrette della chiesa di corte. Se- gue quindi via San Cassiano con le antiche mura del giardino della Hofburg, documentato sin dal 1265. In lontananza, nel paese di Millan sul versante orienta- le della conca della di Bressanone, si scorge infine la Chiesa della Madonna della Sabbia, eretta nel 1464.
Qui, dove un tempo sorgeva un monumento ai cadu- ti e in seguito il vecchio padiglione dell’Associazione turistica progettato dal famoso architetto brissinese Othmar Barth, l’architetto Matteo Scagnol (anch’egli di Bressanone) ha realizzato nel 2018 la nuova sede della Cooperativa Bressanone Turismo. L’intreccio dinamico e futuristico delle linee non smette di emo- zionarmi. Scagnol ha voluto creare un luogo d’incon- tro, con un’affascinante vista sul Palazzo Vescovile. Un elemento centrale è rappresentato dal grande al- bero, che guarda contemporaneamente “al passato e al futuro” e sembra abbracciato all’edificio . Quasi dirimpetto, la sede della Facoltà di Scienze della For- mazione della Libera Università di Bolzano, eretta nel 2004 con una struttura vetrata a quattro piani, ri- manda a sua volta alla sagoma della Hofburg. Come l’edificio di Scagnol, anch’essa crea un interessante elemento di contrasto rispetto al nucleo storico della città.
Bressanone è uno dei centri spirituali e culturali dell’Alto Adige. Alla mia città auguro di non fermarsi mai, di continuare a coltivare la sua vitalità culturale e, pur non rinunciando alla tradizione, di trovare il coraggio di aprirsi alle novità.
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L’autore
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7 Il prof. Dr. Josef Gelmi nasce a Cavalese nel 1937. Studia Filo- sofia e Teologia a Bressanone, quindi Storia della Chiesa e Sto- ria a Roma. Professore di Storia della Chiesa e Storia diocesana presso lo Studio Teologico Ac- cademico di Bressanone negli anni 1973-2007. Dal 1998 al 2017 presidente della Hofburg di Bressanone (Museo diocesano e Archivio diocesano). Autore di numerose pubblicazioni sulla storia del Papato e della Chiesa tirolese. Nel 1996 vince il pre- mio Walther von der Vogelwei- de, nel 2001 riceve la Decora- zione al merito del Tirolo, con la Croce d’onore austriaca per le scienze e le arti di I classe; nel 2009 viene insignito della Medaglia d’onore della città di Bressanone. Ricopre dal 2016 la carica onorifica di Canonico della Cattedrale di Bressanone. Nel 2017 riceve la Medaglia al merito della Diocesi di Bolzano e Bressanone.
CHIUSA. LA CITTÀ DEGLI ARTISTI
La Colonia degli artisti che un tempo popolò Chiusa è un tema affascinante, che già di per sé potrebbe riempire un intero programma di visita. Se nel corso di un tour guidato della città si tentasse di approfondire tutti gli aspetti legati alla colonia artistica, probabilmente non si farebbe neppure in tempo a mostrare il centro storico con i suoi angoli incantati e i vicoletti assonnati. Per il nostro approfondimento, varchiamo virtualmente la soglia della sala un tempo chiamata “Lampl”, che ospita oggi la sala del consiglio, offrendo inoltre una degna cornice a matrimoni civili e cerimonie minori. Nel 1874 l’affabile oste Georg Kantioler ribattezzò la sala con il nome di “Walthersaal”. Noti artisti, tra i quali Alexander Köster, Franz v. Defregger, Alois Gabl, Mathias Schmid e Robert Ruß vi trascorsero allegre serate, per nulla intimoriti dal motto che fregia la parete: “Non beve bene, chi beve troppo”. Nell’ormai celebre libro degli ospiti dell’albergo “Gasthof zum Lamm” si trovano nomi di artisti, le cui opere sono esposte alla Vecchia Pinacoteca di Monaco di Baviera. L’ospite più fedele fu senza dubbio Ernst Lösch, disegnatore e umorista di Norimberga nonché autore di due volumetti sugli amabili e un po’ stravaganti abitanti di Chiusa.
La sala Walther è una sorta di scrigno che custodisce un tesoro prezioso. In seguito a due interventi di restauro, la sala si presenta oggi come 150 anni fa,
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Le case della città alta si stringono alla parete rocciosa su cui sorge il monastero di Sabiona. Ai giardini di queste case si accede… dalla soffitta!
quando venne decorata da Ernst Lösch, Charles Palmié e dagli altri artisti della loro cerchia. A eccezione di alcune concessioni funzionali alla modernità, l’ambiente è rimasto intatto, compreso l’imponente lampadario, che pende dal soffitto con la sua ruota di ferro e gli artistici decori su cartone – quanto rimane di un fine settimana trascorso dagli artisti all’insegna del vino e dell’allegria. Prima che l’oste del Lampl potesse rendersene conto, Palmié e i suoi amici avevano già trasformato la sala degli artisti secondo i loro gusti romantici. In seguito, Lösch ebbe modo di raccontare che il buon Kantioler si mostrò dapprima piuttosto infastidito dall’arbitraria decorazione della locanda ma, quando si accorse che i pittori gioivano come bambini orgogliosi della propria opera, la sua fronte aggrottata tornò a distendersi.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo, la sala Lampl non era l’unico ritrovo degli artisti di Chiusa, che amavano frequentare anche la stube gotica dell’osteria del Mondschein, l’atelier Gallmetzer in piazza Duomo, la famosa locanda Batznhäusl (la “Rauterstube”), il ristorante Zur Post, l’atelier Rabensteiner e l’atelier Köster a Griesbruck. Di questi ritrovi non è rimasto molto, ma nella sala Walther c’è ancora un dipinto che ricorda il poeta Walther von der Vogelweide. Del resto, è anche a lui che Chiusa deve l’improvvisa fama che riscosse sul finire del XIX secolo. Ignaz Vinzenz v. Zingerle, docente di Innsbruck, e alcuni altri studiosi ritennero infatti di avere individuato nel maso Innervogelweiderhof, nel vicino paese di Laion-Novale, il luogo natale del celebre menestrello.
Gli articoli scientifici e la persuasiva personalità del professore tirolese finirono per attirare in Valle Isarco artisti di ogni sorta, provenienti dalla Germania e dall’Austria. Gli insoliti ospiti raggiungevano l’Alto Adige con la linea ferroviaria da poco inaugurata. Una volta scesi dal treno, scoprivano un’assonnata cittadina medioevale, perfettamente in sintonia con il loro spirito romantico. Nei vicoli di Chiusa il tempo sembrava essersi fermato. Anno dopo anno, pittori, scrittori, scultori e studiosi iniziarono a trascorrere qui i mesi estivi, in un fecondo clima di scambio e ispirazione reciproca. Se poi l’idillio e la tranquillità venivano loro a noia, potevano comodamente riprendere il treno alla stazione presso l’albergo Krone e fare ritorno al trambusto delle grandi città.
11 A cavallo del secolo, assieme all’attività artistica fiorirono a Chiusa anche osterie e taverne. Artisti come Ernst Lösch e Charles Palmié se la spassavano nelle locande della città.
Il progetto “Kunst boden_nah” invita giovani artisti a vivere e lavorare a Chiusa. Di loro rimane traccia nelle opere esposte nei luoghi pubblici, e forse anche in qualche nuovo punto di vista.
3 × gastronomia e cultura a Chiusa
10 KUNST BODEN_NAH Il progetto di arte contemporanea “è una sorta di galleria ambulante, che non si lega ad alcun luogo fisso”. Giovani resident artists provenienti da tutto il mondo sono invitati a vivere e lavorare a Chiusa e, in cambio di vitto e alloggio, popolano con le loro opere le piazze e gli spazi commerciali vuoti della città. Tre sono i giovani artisti invitati a partecipare all’edizione 2020 (mostra: 7-14 agosto 2020). 11 GASSLBRÄU Uno degli otto birrifici artigianali dell’Alto Adige, il Gasslbräu si trova al centro dell’abitato storico di Chiusa. Il mastro birraio Norbert Andergassen produce bionde, scure e weizen secondo la tradizione germanica ma anche craft beer stagionali più creative, come l’apprezzatissima birra di castagne. Tutte da abbinare ai piatti tipici della locanda.
www.gassl-braeu.it
GOLDENE ROSE Nella “Rosa d’Oro”, ristorante più antico della città, si pranza come ai tempi della leggendaria colonia degli artisti di Chiusa. Sull’antica cucina a legna si preparano i piatti come una volta, dalle trippe allo stoccafisso con le patate. Per poi accomodarsi nella più mondana cantina nella roccia, ventilata naturalmente, per gustare gin e sigaro.
www.goldene-rose.it
Nel primo dopoguerra, la Colonia degli artisti subì un rapido declino. Da qualche tempo a questa parte, Chiusa tenta di riallacciarsi ai suoi anni d’oro: ne sono testimonianza le mostre temporanee del Museo civico, l’iniziativa “Artists in Residence”, il gemellaggio con altre città d’artisti e il progetto “Kunst boden_nah”. E in tutto ciò non manca un aspetto sorprendente: grazie a Sonya Hofer e Astrid Gamper, l’arte ha assunto tratti femminili. Chiusa città di artiste! Le tematiche che propongono sono profonde. Astrid Gamper avvolge i corpi femminili di strati leggeri per poi scoprirli in parte nuovamente, rivelando così, attraverso un intenso processo di applicazione e rimozione, la vulnerabilità e la forza della donna. Sonya Hofer sperimenta al momento con l’argilla e le conchiglie, simbolo dell’origine della vita.
Quello che un tempo era il monastero dei Cappuccini con il suo tranquillo cortile interno, ospita oggi il Museo Civico che, con le sue mostre di arte contemporanea, si riallaccia agli anni d’oro della Colonia artistica di Chiusa.
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Lasciamo ora la sala Lampl e, uscendo, volgiamo un rapido sguardo alla splendida insegna del ristorante. A Chiusa le 12 insegne in ferro battuto si trovano ancora ovunque, anche nelle case che da tempo non accolgono più avventori, ma in passato ospitavano le locande Mondschein, Grauer Bär e Weißes Rössl. Sul lato opposto della strada non passa inosservata la trattoria Walther von der Vogelweide, il cui edificio merlato è già menzionato in tempi remoti come albergo e bagno per ospiti abbienti. Il lato rivolto verso l’Isarco presenta un’affascinante facciata signorile, decorata da un affresco che ritrae un cantastorie medievale. Kantioler, l’oste del Lampl, aveva acquistato (e ribattezzato) l’antica trattoria Löwenwirt per farne una dependance del suo locale. La trattoria divenne celebre per il giardino mediterraneo, che giungeva fino alle rive dell’Isarco, e come luogo di ritrovo degli artisti. “Il Vogelweide”, come lo chiamano affettuosamente gli abitanti di Chiusa, è oggi noto soprattutto per la sua meravigliosa terrazza. E il giovane proprietario, Simon Rabensteiner, si sta dedicando con successo alla ristrutturazione delle camere per creare un piccolo art-hotel.
Proseguendo verso sud lungo il vicolo principale, scorgiamo sulla sinistra un edificio verde. Questa casa, dalla facciata larga meno di tre metri, è la più stretta di Chiusa: cento metri quadrati per cinque piani, poggianti su una cantina scavata nella roccia. Scendendo lungo il contiguo vicolo del Trogolo fino alla passeggiata dell’Isarco, si nota un piccolo giardino accanto a una casa: un fazzoletto di terra coperto di ghiaia, con un vecchio pero che dispensa ombra d’estate.
L’arte contemporanea a Chiusa è declinata al femminile: Sonya Hofer ha ritratto la badessa del Monastero di Sabiona (“Ritratto della badessa Marcellina Pustet”, 2018); Astrid Gamper rappresenta nelle sue opere la vulnerabilità e la forza della donna (opere dalla serie “Hüllen”, involucri, 2018).
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Tutte le case della città alta hanno un giardino. Nelle case vicine all’Isarco, per raggiungere il giardino si deve passare per la cantina, mentre in quelle che sorgono a ridosso della roccia di Sabiona vi si accede dalla soffitta! Le case del centro storico di Chiusa, tutte costruite su un pendio, sembrano aggrapparsi al versante roccioso di Sabiona, come a volersi proteggersi dall’acqua dell’Isarco, che a intervalli regolari minaccia di allagarle. I concittadini di madrelingua italiana hanno coniato un’espressione particolare per i giardini a ridosso del monte Sabiona, “i giardini segreti di Chiusa”, perché sono quasi invisibili, ma dal loro interno si gode di una vista meravigliosa.
Torniamo nel vicolo principale di Chiusa, che nel corso della storia fu attraversato da ben 66 tra re e imperatori tedeschi, oltre a infiniti mercanti e pellegrini, tutti diretti verso sud. In questo vicolo, stretto come la cruna di un ago, dovevano passare tutte le carrozze provenienti dal Brennero ed era vietato costruire balconi. In compenso, ogni casa ha un bovindo, necessario per farvi entrare la luce e per consentire la vista (per non dire il controllo) dell’intera via. I colori delle case danno vita a una vivace tavolozza di toni pastello, selezionati da un’apposita commissione comunale. Severi sono i vincoli a cui i proprietari delle case devono attenersi per ogni in
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Due artiste Astrid Gamper, Sonya Hofer e la loro città
“Di Chiusa amiamo la tranquillità, la natura e la vita culturale. E comunque, grazie ai mezzi di comunicazione contemporanei, siamo sempre collegate con il mondo intero anche da qui, da questa piccola città.”
13 Astrid Gamper, classe 1971, ha studiato grafica e design della moda. Dal 2000 lavora nel suo atelier a Chiusa. La sua ultima mostra: “Sotto la pelle” (Museo Civico di Chiusa).
“Per noi, una delle maggiori attrazioni culturali di Chiusa è il Museo Civico. Ospita cinque mostre temporanee l’anno, presentando un ampio spettro di arte contemporanea.”
14 Sonya Hofer, classe 1948, vive e lavora a Chiusa come artista, ritrattista e mediatrice culturale. La sua ultima mostra: “Schalen” (gusci) (50x50x50 ART Südtirol, Fortezza).
Nel 2018 a Chiusa hanno dato inizio al loro progetto comune: “ars sacra – arte, chiesa e contemporaneità”.
www.astridgamper.com www.sonyahofer.it
tervento edilizio. Quasi tutte le case del centro storico sono state amorevolmente restaurate e compongono oggi un grazioso quadro d’insieme. Vedendole così, addossate l’una all’altra, nel 1867 un giornalista di viaggi tedesco scrisse che un barbiere, “grande e dalle braccia particolarmente lunghe”, avrebbe potuto tagliare comodamente la barba al suo dirimpettaio, da finestra a finestra. Oggi si sfruttano gli spazi stretti per tendere delle corde da una casa all’altra e appendervi oggetti colorati, ombrellini o bandiere per vivacizzare il vicolo. Le accoglienti botteghe della via invitano a fare qualche acquisto o a scambiare quattro chiacchiere con i negozianti, sempre provvidi di consigli.
La porta della signorile casa tinteggiata di bianco al centro della città alta sorprende per il suo colore nero intenso, dovuto al mordente applicato dai proprietari per proteggerla dalle intemperie. I due stemmi sulla porta indicano che lo stabile era un tempo di proprietà del vescovato. Il domicilio, ceduto dai vescovi alla città, venne in seguito adibito a municipio ed edificio scolastico. Non è infine difficile intuire il significato della chiave inclinata verso sinistra che figura nello stemma di Chiusa: le porte della città si aprono a chi paga il dazio, ma rimangono chiuse per chi non ha denari. Il secondo blasone, che riporta l’agnello e la bandiera con la croce, è lo stemma del vescovo di Bressanone, a cui Chiusa rimase direttamente sottoposta fino alla secolarizzazione, nel 1803. Al passato ecclesiastico fa chiaramente riferimento anche il vivace affresco dello stemma vescovile visibile sulla facciata della casa della dogana, nei pressi di Porta Bressanone.
Le case della città alta sono cariche di storia. Ne sono ottimi esempi il municipio attiguo alla chiesa degli Apostoli, la scuola costruita nel 1912 su tre case preesistenti, la casa Neustift che attorno al 1900 ospitava la locanda Zum Schlüssel, l’edificio Altlöwenhaus con gli affreschi degli stemmi e le porte a sesto acuto, la casa Frühmesnerhaus recentemente restaurata dalla famiglia Rabensteiner, il vecchio tribunale che un tempo apparteneva ai nobili di Villandro, la casa Brunnerhaus con la porta lignea di pregiata fattura artistica e molti altri edifici. Tutte hanno storie avvincenti da raccontare. Ma la città alta non vive soltanto della sua storia. Accanto ai negozi e ai numerosi locali, anche gli artigiani continuano infatti a esercitare i loro antichi mestieri: l’orafa Gretl Mair, la giovane calzolaia Nora Delmonego, oppure Hermann Plieger, fabbro d’arte. Passeggiare nel centro storico di Chiusa con gli occhi ben aperti è un po’ come ricalcare le orme della Colonia di artisti che subì il fascino della graziosa architettura medievale di Chiusa e della simpatia dei suoi abitanti.
Nella stretta via principale che attraversa Chiusa, in cui ogni carrozza doveva farsi strada per percorrere la valle, i balconi erano vietati. In compenso, ognuna delle case color pastello ha un luminoso bovindo con vista sulla via.
L’autrice
classe 1955, ha studiato Scienze della Formazione e Tedesco come seconda lingua, completando in seguito un dottorato di ricerca in Pedagogia, Didattica e Pedagogia sociale. Lavora come docente e ricercatrice, è guida turistica e autrice. Recentemente ha pubblicato in lingua tedesca un libro dedicato agli abitanti di Chiusa, “Klausen gestern und heit – 30 bsundere Leit” (“Chiusa ieri e oggi – 30 personaggi”, Athesia).
Che magia l’atmosfera natalizia in città
Il mercatino di Natale di BRESSANONE in piazza Duomo è tra i più suggestivi di tutto l’Alto Adige, con tante piccole casette di legno che offrono artigianato locale e specialità gastronomiche. A portare la luce nella stagione buia dell’inverno ci pensano i “maestri della luce” di Spectaculaires: da fine novembre a inizio gennaio trasformano il cortile interno della Hofburg con il loro variopinto show di luci e musica.
Le fiaccole illuminano le facciate, le burla di giocolieri e mangiafuoco animano i vicoli del centro storico, mentre dai corni alpini risuonano profonde sonorità d’Avvento. Visitando il Natale medievale di CHIUSA ci si sente immersi in un’altra epoca. In quest’occasione anche gli artigiani e i negozianti indossano abiti storici di lana e velluto per presentare i prodotti delle proprie botteghe.
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Dove l’inverno è slow
Insieme, l’Alpe di Rodengo e l’Alpe di Luson formano uno degli alpeggi d’alta quota più vasti d’Europa, di 20 chilo- metri quadrati. L’alpeggio si estende tra i 1800 e i 2300 metri sul livello del mare e offre lunghi percorsi per lo sci di fondo con i suoi 50 chilometri di tracciati. Con una vista magnifica sulle Dolomiti, le Alpi Sarentine, le Alpi della Zillertal, le Vedrette di Ries e gli Alti Tauri, la zona è adatta anche alla pratica di altre attività invernali, dalle camminate all’escursionismo con le ciaspole, passando per lo scialpinismo e lo slittino.