SMG Fachpresseclipping 09/2012
The New Multi-Screen World
Understanding Cross-Platform Consumer Behavior Majority of media consumption is screen-based
90%
38%
of our daily media interactions are on smartphones
of all media interactions are screen based
Consumers move between multiple devices to accomplish their goals
90
%
Popular cross device activities of people use multiple screens sequentially
81%
Browsing the Internet
67%
Shopping Online
46%
Managing Finances
43%
Planning a trip
Search is the most common way consumers continue from one device to another
Television no longer commands our full attention
77%
49
% with a smartphone
of the times that viewers watch TV, it is with another device
34
% with a PC/laptop
Online shopping is a multi-screen activity Smartphones’ accessibility enables spur of the moment shopping
19%
Planned
67
%
Source: Google/Ipsos/Sterling, 2012
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of people have used multiple devices sequentially to shop online
81%
Spontaneous
Inhalt Gesellschaft
Wie uns die Arbeit verführt | stern
Neojäger: Das neue Waidmannsheil | Trend Update
Trackback: Zukunft der Mobilität | Zukunftsletter
04-09 10-13 14
Unternehmensführung
Aufruf zum Aufbruch | absatzwirtschaft
Essere green anche in ufficio | www.focus.it
22-23
Lass uns endlich reden | fvw magazin
24-26
Ein Smartphone muss es schon sein | www.e-commerce-magazin.de
Die Trouble Shooter | fvw magazin
28-31
Nike‘s new marketing mojo | management.fortune.cnn.com
32-35
Venice stellt die Suche auf den Kopf | w&v
36-37
So spornen Sie Kunden zum Mitmachen an | www.lead-digital.de
38-39
Bessere Daten führen zum Ziel | w&v
Online-Vi deos zeigen durchwegs höhere Interaktionsraten
als andere Werbemittel | www.lead-digital.de
15-21
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Digital Marketing
40
41
Medien
Zoomen wird überflüssig | w&v
GFK, spettatori occidentali anocra analogici e poco propensi
alla connessione tramite smart tv | youmark.it
Von der Couch ins Herz der Leser | w&v
42-44
45 46-47
Social Media
Branddesign im Zeitalter von Social Media | absatzwirtschaft
Der große w&v Facebookcheck | w&v
51-54
Verschollen im Facebook-Spam | w&v
55-56
48-50
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Gesellschaft
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Gesellschaft
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Gesellschaft
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Gesellschaft
Quelle: stern, Nr. 35, 23.8.2012 SMG Fachpresseclipping 9
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Quelle: trend update, September 2012 SMG Fachpresseclipping 13
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Quelle: Zukunftsletter, September 2012 14 SMG Fachpresseclipping
Unternehmensf端hrung
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Unternehmensführung
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Quelle: absatzwirtschaft, September 2012 SMG Fachpresseclipping 21
Unternehmensführung
10 consigli per essere green anche in ufficio Ci trascorriamo la maggior parte del nostro tempo ed è uno dei luoghi in cui gli sprechi (di carta, inchiostro ed elettricità) sono all’ordine del giorno. Ma vivere in modo “green” anche in ufficio è possibile: basta seguire questi 10 semplici trucchi.
2°: Pausa caffè? Sì, ma sostenibile Portarsi una tazza riutilizzabile da casa e adoperarla, dove possibile, al posto dei soliti bicchierini di plastica, è senz’altro un modo più sostenibile per affrontare gli agognati minuti di break. Le solite macchinette potrebbero essere sostituite da dispositivi in comodato d’uso compatibili con capsule da caffè biodegradabili, per un momento rilassante di chiacchiere con i colleghi che non debba gravare sull’ambiente.
di: Elisabetta Intini
Photo credit: chrisdonia, Flickr (www.flickr.com/photos/chrisdonia/)
Photo credit: bfishadow, Flickr (www.flickr.com/photos/bfishadow/)
1°: Coltiva aria pulita Le piante non sono solo un piacevole oggetto d’arredo, ma validi alleati nell’assorbire le emissioni dannose e aumentare l’ossigeno a nostra disposizione. I vegetali da interno possono inoltre giocare un ruolo chiave nella prevenzione della Sick Building Syndrome, la Sindrome da Edificio Malato, un insieme di disturbi legati al microclima malsano che si può creare in uffici che vedono molte persone lavorare a stretto contatto, con uno scarso ricambio d’aria, cattive condizioni di illuminazione o sistemi di ventilazione poco funzionanti. I sintomi comprendono mal di testa, difficoltà di concentrazione, bruciore agli occhi e infiammazione delle vie respiratorie.
3°: Il ritorno della “sporta” Portarsi il pranzo da casa in contenitori riutilizzabili è un modo intelligente per non produrre spazzatura, riciclare gli avanzi della sera prima e non gravare sul portafogli. Se il vostro ufficio è dotato di mensa, incoraggiate gli addetti a utilizzare piatti posate e bicchieri lavabili e non di plastica. Al posto di ordinare il pranzo, fate due passi fino al bar e portatelo in ufficio voi stessi: eviterete di immettere in atmosfera le emissioni della consegna. Portate forchette, tovagliolo di stoffa e bicchiere da casa e avvertite il ristorante di non includerle nel take away.
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Unternehmensführung 4°: Date un taglio alle fotocopie Inutile duplicare interi faldoni di tabulati e previsioni per tutti i vostri colleghi prima di una riunione. Caricate invece i documenti su un drive condiviso in modo che tutti possano accedervi immediatamente e con qualunque supporto.
5°: Prima riduci, poi ricicla La carta utilizzata in ufficio viene in gran parte riciclata, ma questo troppo spesso ci spinge a chiudere un occhio sulla quantità di fogli che va sprecata. In ogni caso, utilizzate carta riciclata per stampe e fotocopie: ridurrete la vostra impronta idrica del 55% e il dispendio energetico del 60-70% rispetto a chi opta per la carta vergine. Inoltre, essendo più opachi e grezzi dei fogli bianchi, i fogli riciclati permettono di stampare fronte retro senza che quello che c’è stampato da un lato si veda anche dall’altro.
8°: Metti il pc a dormire Elimina gli screen saver che consumano energia quando non sei alla scrivania e imposta invece il computer in modo che vada in sospensione o ibernazione dopo più di 10 minuti che non viene utilizzato. Ricordati di spegnere lo schermo, dopo che hai spento il pc, e non lasciare apparecchi in stand-by alla fine della giornata e prima del weekend. Uno studio compiuto lo scorso anno su 800 aziende del Regno Unito ha dimostrato che i computer lasciati in stand-by costano ogni anno a tutte le imprese britanniche la cifra impressionante di 34 milioni di euro. 9°: Ricordati di spegnere le luci Quando lasci la scrivania per andare a una riunione, quando esci per il pranzo, se vai in bagno o ti concedi una pausa caffè: spegni sempre le luci che non stai utilizzando. Le lampadine energy saving sono fondamentali, ma una buona abitudine può renderle ancora più efficaci e convenienti.
Photo Credit: djvu83, Flickr (http://www.flickr.com/photos/djvu83/)
Photo credit: Gavinwray, Flickr (www.flickr.com/photos/gavinwray/)
6°: Stop alla strage di post-it Hai impegni e scadenze da tenere assolutamente a mente? Per una lista delle cose da fare più sostenibile evita i foglietti volanti e memorizza i tuoi impegni sul tuo smartphone o sul calendario della posta elettronica. Se proprio non puoi fare a meno di scrivere, fallo su una lavagna magnetica da appendere al muro. Ogni giorno potrai cancellare e ricominciare da capo, senza sprecare carta.
10°: Occhio al riscaldamento Prima di chiedere di alzare il riscaldamento, o viceversa di pompare l’aria condizionata, provate a portarvi da casa un maglione o – in estate – ad aprire le finestre. Avere un ufficio con temperature tropicali in pieno inverno e polari d’estate è tanto paradossale quanto poco sostenibile in termini di consumi energeti
7°: Regola le impostazioni della stampante Stampa in bianco e nero, se puoi, e in modalità veloce o economica per risparmiare ancora più inchiostro. Dove possibile prova a ridurre i margini e le dimensioni del font per far entrare più testo in una singola pagina: limiterai il consumo di carta. Imposta la stampa fronte-retro di default e cambia le impostazioni di volta in volta solo se necessario.
Fonte: http://www.focus.it/ambiente/ecologia/green-anche-in-ufficio-sipuo-ecco-come_C9.aspx SMG Fachpresseclipping 23
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Quelle: fvw magazin, Ausgabe 19/12
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Unternehmensführung
„Ein Smartphone muss es schon sein“: Erwartungen Digital Natives’ an Unternehmen
Digital Natives, also jene Generation von jüngeren Menschen, die mit Handy, PC und Internet aufgewachsen sind, wollen an ihrem zukünftigen Arbeitsplatz nicht auf mobile Endgeräte und soziale Medien verzichten. Zu diesem Ergebnis kommt eine Studie, die Siemens Enterprise Communications in den USA und Großbritannien unter mehr als 300 Jugendlichen zwischen 16 und 18 Jahren durchgeführt hat.
Aufbau und die Pflege von Kontakten sowie für die Kommunikation und Zusammenarbeit empfunden. Auch hier bestätigt sich: Digital Natives wollen die gleichen Kommunikations-Tools, die sie schon in ihrer Freizeit verwenden, auch am Arbeitsplatz frequentieren. Geographische Dienste wie Facebook Places und Foursquare wollen 15 Prozent der Jugendlichen zukünftig nutzen, um ihren Ort unter den Bekannten zu teilen.
Zahlenmaterial wie dieses deckt sich mit dem deutschen Markt, wie eine aktuelle Studie der Stiftung Neue Verantwortung beweist: Über 70 Prozent der befragten Alumni und Studenten erwarten einen grundlegenden Wechsel hin zu digitalen Arbeitsplätzen und fließende Übergänge zwischen Privat- und Berufsleben. Konkret: Unternehmen kommen heute nicht mehr um den Einsatz von sozialen Netzwerken sowie die Einbindung von privaten Endgeräten herum.
“Deutsche Unternehmen hinken im Vergleich zu anderen Industrienationen hinterher, was Bring-Your-Own-Device und den Einsatz von Facebook, Twitter und Co. am Arbeitsplatz angeht. Um jedoch wettbewerbsfähig zu bleiben, müssen Unternehmen nicht nur umdenken, sondern sich aktiv auf diese Generation, für die der Umgang mit digitalen Medien ganz selbstverständlich ist, einlassen”, sagt Martin Kinne, Geschäftsführer Siemens Enterprise Communications.
Laut der Umfrage von Siemens Enterprise Communications erwartet einer von vier Jugendlichen, von seinem künftigen Arbeitgeber mit einem Smartphone ausgestattet zu werden, während ein Sechstel der Befragten nicht auf Facebook während der Arbeitszeit verzichten möchte. Mehr als 40 Prozent wollen einen Laptop, weitere 13 Prozent erwarten einen Tablet-PC bei Antritt einer Stelle. Dafür versprechen sich die meisten einen erheblichen Mehrwert: Aus Sicht von 70 Prozent werden Smartphones und Tablets ihre Arbeit erleichtern und immerhin 55 Prozent gaben an, ihre Arbeit so effizienter erledigen zu können.
Siemens Enterprise Communications führte die Studie in Zusammenarbeit mit Opinion Matters und Facebook durch. Es wurden 164 Jugendliche aus Großbritannien und 154 aus den USA befragt. Die Studie der Stiftung Neue Verantwortung wurde gemeinsam mit Egon Zehnder International herausgebracht und beschäftigt sich mit den Anforderungen der Digital Natives an das HR-Management. Befragt wurden hier unter anderem 154 Studenten und Alumni verschiedener Fachrichtungen.
Netzwerke wie Facebook, Google+ und Twitter werden von den Befragten ebenfalls als entscheidend für den
Quelle: http://www.e-commerce-magazin.de/ecm/ news/%E2%80%9Eein-smartphone-muss-es-schonsein%E2%80%9C-erwartungen-digital-natives%E2%80%99unternehmen SMG Fachpresseclipping 27
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Quelle: fvw magazin, Ausgabe 18/12
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Digital Marketing
Nike’s new marketing mojo How the legendary brand blew up its single-slogan approach and drafted a new playbook for the digital era. By Scott Cendrowski, writer-reporter February 13, 2012: 5:00 AM ET
FORTUNE - Few outsiders have visited the third floor of the Jerry Rice Building at Nike’s headquarters. Even most Nike employees know little about just what the staffers working here, on the north side of the company’s 192-acre campus in Beaverton, Ore., actually do. A sign on the main entrance reads RESTRICTED AREA: WE HEAR YOU KNOCKING, WE CAN’T LET YOU IN, and it’s only partly in jest. Inside, clusters of five or six employees huddle in side conference rooms where equations cover whiteboard walls. There are engineers and scientists with pedigrees from MIT and Apple. Leaks are tightly controlled; a public relations man jumps in front of a visitor who gazes at the computer screens for a little too long. Once upon a time, the hush-hush plans and special-access security clearance would have been about some cuttingedge sneaker technology: the discovery of a new kind of foam-blown polyurethane, say, or some other breakthrough in cushioning science. But the employees in this lab aren’t making shoes or clothes. They’re quietly engineering a revolution in marketing. This hive is the home of Nike Digital Sport, a new division the company launched in 2010. On one level, it aims to develop devices and technologies that allow users to track their personal statistics in any sport in which they participate. Its best-known product is the Nike+ running sensor, the blockbuster performance-tracking tool developed with Apple (AAPL). Some 5 million runners now log on to Nike (NKE) to check their performance. Last month Digital Sport released its first major follow-up product, a wristband that tracks energy output called the FuelBand. But Digital Sport is not just about creating must-have sports gadgets. Getting so close to its consumers’ data holds exceptional promise for one of the world’s greatest marketers: It means it can follow them, build an online community for them, and forge a tighter relationship with them than ever before. It’s part of a bigger, broader effort 32 SMG Fachpresseclipping
to shift the bulk of Nike’s marketing efforts into the digital realm -- and it marks the biggest change in Beaverton since the creation of just do it, or even since a graphic design student at Portland State University put pen to paper and created the Swoosh. Just try to recall the last couple of Nike commercials you saw on television. Don’t be surprised when you can’t. Nike’s spending on TV and print advertising in the U.S. has dropped by 40% in just three years, even as its total marketing budget has steadily climbed upward to hit a record $2.4 billion last year. “There’s barely any media advertising these days for Nike,” says Brian Collins, a brand consultant and longtime Madison Avenue creative executive. Gone is the reliance on top-down campaigns celebrating a single hit -- whether a star like Tiger Woods, a signature shoe like the Air Force 1, or send-ups like Bo Jackson’s ‘Bo Knows’ commercials from the late ‘80s that sold the entire brand in one fell Swoosh. In their place is a whole new repertoire of interactive elements that let Nike communicate directly with its consumers, whether it’s a performancetracking wristband, a 30-story billboard in Johannesburg that posts fan headlines from Twitter, or a major commercial shot by an Oscar-nominated director that makes its debut not on primetime television but on Facebook. Says Jon Bond, co-founder of Kirshenbaum Bond Senecal & Partners who now runs a social media agency: “Clearly they think they can get by without big television campaigns anymore.”
Digital Marketing
Nike’s new digital hook: the Nike+ logo; the new Nike FuelBand; and the Nike+ SportWatch GPS
The reason for the shift is simple: Nike is going where its customer is. And its core customer, a 17-year-old who spends 20% more on shoes than his adult counterparts, has given up television to skip across myriad online communities. Not only does Nike think it can do without the mega-TV campaigns of old, it says the digital world allows the brand to interact even more closely with its consumers -- maybe as closely as it did in its early days, when founder Phil Knight sold track shoes out of his car in the 1960s. That’s a major change, Nike CEO Mark Parker explained to Fortune during a recent interview in his tchotchke-filled office in Beaverton. “Connecting used to be, ‘Here’s some product, and here’s some advertising. We hope you like it,’ “ he says. “Connecting today is a dialogue.” Of course, it’s impossible these days to find a Fortune 500 company without an app or a social media strategy. But
Nike has been lapping other blue-chip marketers in this domain: It spent nearly $800 million on ‘nontraditional’ advertising in 2010, according to Advertising Age estimates, a greater percentage of its U.S. advertising budget than any other top 100 U.S. advertiser. (And Nike’s latest filings indicate that that figure will grow in 2011.) It’s hired
scores of new engineers to make technology for online communities (Digital Sport has grown from 100 to 200 employees in the past six months and has moved into a larger space on the outskirts of campus). And the brand has overhauled its $100 million-plus campaigns around major events like the World Cup and Olympics to focus on online campaigns first. The result? Before, the biggest audience Nike had on any given day was when 200 million tuned in to the Super Bowl. Now, across all its sites and social media communities, it can hit that figure any day. That’s all the more impressive given that Nike shouldn’t be good at this. After a decade of growth, its sales have reached $21 billion, making it the world’s largest sports company, a full 30% bigger than closest rival Adidas. But biggest is rarely best in the brand game, where niche players routinely run circles around lumbering giants, especially in the new digital world. Hot upstarts like Under Armour (UA) and Lululemon (LULU) have established fast-growing, cultlike followings, while smaller players like Quiksilver (ZQK) and Vans are already going after next-generation tweens. Even Adidas’s 2006 merger with Reebok has created a new formidable global foe. None of this is lost on Parker. “My fear was that we would be this big blood bank of a company that was dabbling across all these areas and wasn’t seen as cool, as interesting, as relevant, as innovative,” he says. Not too long ago Parker sketched a big Swoosh being eaten by a dozen Pac-Men to demonstrate how easily competitors could overtake Nike.
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Digital Marketing Just market it: 7 of Nike’s notable campaigns Like almost every large company, Nike stumbled early in the digital world. In the late ‘90s it celebrated the start of NCAA March Madness on its home page in every country. Europeans had no idea what was going on. But it improved over the years. Around 2005 its then-revolutionary Nike iD online store, where customers could design their own shoes, became a surprise hit, reaching $100 million in sales within a few years. In 2006 it started experimenting with social networking and online communities, partnering with Google (GOOG) for a World Cup-related social network called Joga. Then came Nike+. After Nike engineers started noticing everyone on the Oregon campus using iPods, teams at Nike and Apple met to hash out a simple idea: synchronize jogging data with an iPod. Steve Jobs loved the idea (Ap-
ple CEO Tim Cook serves on Nike’s board, but Parker also had a good relationship with Jobs). Powered by a sensor inside running shoes, the service both monitors a runner’s performance and provides digital coaching. A voice lets runners know how much farther they have to go; the PowerSong function generates a musical blast for extra motivation. At the end, it logs details of the workout onto Nikeplus.com, where users can store and analyze the data, get training tips, and share workouts with friends. Whereas Nike’s digital campaigns communicate the brand image, the Nike+ platform creates an intimate conversation and a laboratory that lets the company study its customers’ behaviors and patterns. The company won’t offer financial details about Nike+, but analysts say the 55% growth in membership last year was important in driving sales in its running division up 30%, to $2.8 billion. Two years ago a group including Stefan Olander, 44, a longtime marketing executive (and Matthew McConaughey look-alike) formally pitched Parker on the idea for Digital Sport, a cross-category division that would take the Nike+ idea -- chip-enabled customer loyalty -- into other 34 SMG Fachpresseclipping
sports. Up and running a month later, the Digital Sport division now works across all of Nike’s major sports. For all its success, though, a follow-up blockbuster to Nike+ has been elusive. The company has high hopes for the FuelBand, a $149 wristband that measures movement and calculates its user’s exertion levels throughout the course of the day. Like Nike+, users sync to the Nike platform online to analyze their results. At the FuelBand’s official unveiling in Manhattan -- a splashy event emceed by Jimmy Fallon -- Parker compared it to the launch of Nike Air or the first Air Jordan shoe. While Digital Sport is crafting gizmos, Nike has also been revamping its giant advertising bursts around major events like the World Cup and Olympics. The highlight of its 2010 World Cup campaign, for instance, was a commercial produced by Nike ad agency Wieden + Kennedy
and shot by Babel director Alejandro González Iñárritu. Called “Write the Future,” the ad featured Nike soccer stars Wayne Rooney and Christano Ronaldo imagining the riches that come with winning the cup. But instead of making its debut on-air, the ad launched on Nike Football’s Facebook page. Wieden and other agencies spent months cultivating a base of 1 million “fans” and teasing the ad’s debut. When it aired, it whizzed around blogs and wall posts at warp speed, gathering 8 million views in a week to set a viral-video record. For decades Nike’s closest partner in reaching the masses was Wieden + Kennedy, the famously hip place whose 30-year collaboration with Nike is one of advertising’s longest and most prolific. But Nike’s digital shift has had reverberations here too. In 2000, Wieden handled all of Nike’s estimated $350 million in U.S. billings. Now those campaigns are increasingly split between Wieden and a host of other agencies that specialize in social media and new technologies. In a closely followed dustup in 2007, Nike dropped Wieden from its running account reportedly because the agency was behind in digital efforts. Wieden
Digital Marketing has added more digital positions to its Nike “platoon.” (Wieden reclaimed the running account just 13 months after losing it.) But it now splits billings with agencies like R/GA, AKQA, and Mindshare. “Collaboration is the new thing,” says Dan Sheniak, Wieden’s global communications planning director on Nike, maybe trying to look on the bright side. Perhaps the biggest impact of Nike’s shift falls to the people whose names adorn every building on its campus: superstar athletes. Consider the controversies that Tiger Woods, Michael Vick, Lance Armstrong, and LeBron James -- Nike endorsers all -- have sparked over the past five years. Industry insiders say the effect is difficult to measure in the short term. But as the marketing mix becomes less about hero worship and more about consumer-driven conversation, they say, Nike is insulating itself from an era of athlete endorsements gone wrong. “Everybody’s realized there’s not the same one-to-one relationship as in the past: When Jordan’s hot, his shoes are hot,” says a former Nike executive. “I don’t know if hero worship is the same as it used to be.”
In public Nike executives will protest this characterization. But if running shoes continue flying off the shelves, they won’t blink at the criticism. That’s exactly the kind of shrewd marketing attitude that drove Nike’s past success. After perfecting the art of big branding, it’s moving on to a world in which its consumers want to be told less and just do more. Which, when you think about it that way, might not be such a big change after all.
This article is from the February 27, 2012 issue of Fortune. Source: http://management.fortune.cnn.com/2012/02/13/nike-digitalmarketing/
To be sure, marquee athletes haven’t disappeared: Kobe Bryant is arguably the biggest sports celebrity in China, Nike’s second-largest market, and Michael Jordan’s brand remains one of the company’s most powerful franchises. But for the first time in its history, Nike isn’t wholly reliant on a handful of superstars to move merchandise. So is it working? Is Nike’s massive digital push a true replacement for its marketing past? Its unconventional approaches have won accolades from insiders. “They have their finger on the pulse of what their customer is looking for,” says David Carter, executive director of USC’s Sports Business Institute. Institutional investors who pay close heed to Nike’s subtlest moves have voted in favor of the changes: The company’s stock has returned 120% over the past five years as the S&P 500 index (SPX) has returned just 2.5%. That’s not to say everything has been a slam dunk. Nike shut down its Joga network after the last World Cup game in 2006, confusing the million-plus members who’d signed up for it. Its Ballers Network, meanwhile -- launched in 2008 as an app that let basketball players organize street games -- recently had less than 300 users in the U.S.; a recent wall post was a teenager complaining he couldn’t get it to work. And critics say products like the FuelBand and Nike+, while dazzling, are more about keeping Nike’s retail prices high than innovating.
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Digital Marketing
Quelle: w&v, Nr. 34, 23. August 2012
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Digital Marketing
So spornen Sie Kunden zum Mitmachen an Von Annette Mattgey Veröffentlicht am 04.09.2012 - 11:39 Uhr Empfehlungsmarketing ist kein neues Konzept, aber mit der steigenden Bedeutung digitaler Kanäle, können Unternehmen heute mehr denn je von „Word of Mouth“ profitieren, meint Volker Wiewer, CEO von eCircle. Im Gastbeitrag für LEAD digital erklärt er, wie Marken ihre Kunden dazu motivieren, ihre Erfahrungen zu teilen und welche Online-Tools und Technologien beim Aufbau eines erfolgreichen Netzwerks zur Verfügung stehen. Markenbotschafter, die Neuigkeiten und Erfahrungen zu Marken und Produkten in ihren eigenen Online-Kanälen verbreiten, werden für Unternehmen immer wichtiger. Studien zeigen, dass Konsumenten mittlerweile eher Bewertungen von Freunden und Bekannten in Social Networks vertrauen, als auf Marketingbotschaften. Entsprechend sollten Marken sich ein Online-Netzwerk aufbauen, um durch Mund-zu-Mund Propaganda die Kundenbindung zu stärken. Im englischsprachigen Raum ist dieses Konzept unter dem Namen „Consumer Affiliate Selling Network“ bekannt und erfährt immer größere Aufmerksamkeit. Die folgenden Beispiele zeigen, über welche digitalen Kanäle ein solches Netzwerk aufgebaut werden kann.
Unternehmen eine neue „Share & Earn“ Kampagne vor, bei der Tesco Facebook-Fans durch das Online-Teilen von Produkten Clubcard-Treuepunkte sammeln können. Diese können anschließend für Einkaufsgutscheine eingelöst werden. Ein solches Belohnungsschema für das Teilen von Unternehmens-Inhalten verfestigt die Beziehung zu Ihren Markenbotschaftern und steigert die Kundenbindung. E-Mail Die Einbindung von Social Links in Ihren E-Mail-Kampagnen gibt den Empfängern eine einfache Möglichkeit, Inhalte direkt und unkompliziert zu teilen. Dadurch vergrößern Sie die Reichweite Ihrer Kampagnen enorm und ermöglichen Ihren Empfängern, Ihre Meinung in dem Kanal ihrer Wahl zu verbreiten. Durch das Tracking der Links in Ihren Nachrichten können Sie die Empfänger identifizieren, die Ihre Inhalte teilen. Anschließend können Sie diese Markenbotschaftern mit gezielteren Kampagnen ansprechen und z.B. nach Feedback für die Produktentwicklung befragen, ihn für die Werbung neuer Kunden einsetzen und für die Verbreitung Ihrer Markenbotschaft mit Rabatten und speziellen Angeboten entlohnen.
Social Media Social Media hat die Art der Kommunikation und des Online-Kaufs in den letzten Jahren grundlegend verändert. Über Plattformen wie Facebook und Twitter oder Newcomer wie Pinterest und Instagram, können sich Nachrichten in Sekundenschnelle verbreiten. Konsumenten können ihre Meinung zu speziellen Produkten in sozialen Netzwerken mit Freunden, Kollegen oder gleichgesinnten Fremden diskutieren. Der Supermarkt-Gigant Tesco macht sich die Möglichkeiten der sozialen Netzwerke zu Nutze und motiviert seine Kunden über ein Entlohnungssystem dazu, ihre Erfahrungen zu teilen. Vergangenen Monat stellte das 38 SMG Fachpresseclipping
Um die Generierung von Empfehlungen und Content zu Ihren Produkten und Services zu fördern, sollte Ihr E-MailMarketing Programm mit Ihrer E-Commerce-Plattform integriert sein und den Versand automatisierter Nachrichten ermöglichen. So können Sie z.B. den Käufer eines Produktes nach einer bestimmten Anzahl von Tagen nach seinen Erfahrungen befragen. Diesen User Generated Content können Sie im nächsten Schritt wieder verwenden und als Empfehlung in Ihre E-Mail-Kampagne integrieren, um das Vertrauen Ihrer Empfänger zu stärken. Ein dynamisches Content-Feld zieht sich Bewertungen von Webseiten oder anderen Quellen und integriert diese automatisch in das E-Mail-Template. Optional können dabei auch nur Erfahrungsberichte mit positivem Feedback oder z.B. erst
Digital Marketing
ab einer gewissen Punktewertung einfließen. So fördern Sie sowohl das Vertrauen und somit Verkäufe, als auch die Bereitschaft Ihrer Kunden, selbst Bewertungen abzugeben. Blogs In vielen Branchen gibt es eine rege Community mit Blogger-Netzwerken. So gibt es z.B. zahlreiche Blogs zum Thema Mode, Kinderartikel oder Motorsport. Nutzen Sie den Einfluss dieser Blogger, um Traffic auf Ihre Seite zu bekommen und Ihre Markenbotschaft gegenüber interessierten Kunden weiter zu verbreiten. Auch hier kann es sinnvoll sein, den Bloggern einen Anreiz zu bieten, über Sie zu berichten. Versenden Sie z.B. ein Prototypen, ein gerade neu eingeführtes Produkt oder ein Teil ihrer neuen Kollektion und bitten Sie darum, einen Testbericht zu verfassen.
Fazit Das Ziel jeder Marke sollte darin bestehen, mit Ihren Kunden und Interessenten zu interagieren und diese zur Weitergabe Ihrer Markenbotschaft über verschiedene Kanäle zu ermuntern. Der Schlüssel dazu liegt in einer offenen Kommunikation und dem Ausbau des Netzwerks an Markenbotschaftern. Also bieten Sie Ihren Konsumenten interessante und interaktive Inhalte, die es wert sind, geteilt und verbreitet zu werden. So können Sie über das Netzwerk Ihrer zufriedenen Kunden schnell neue Kontakte gewinnen und zu Neukunden konvertieren.
Co-Browsing Co-Browsing, das gemeinsame und synchrone Browsen im Netz über mehrere PCs, ermöglicht eine ganz neue Dimension des Online-Shoppings. Konsumenten können sich während des Einkaufs direkt mit Freunden und Bekannten austauschen. So erhält der Käufer ein direktes Feedback von seinen Vertrauenspersonen. Auf der Website, die das Co-Browsing ermöglicht (z.B. Lutebox.com), werden alle Teilnehmer direkt zum Teilen von Bildern angeregt und bekommen Produkte angezeigt, die sie den anderen Teilnehmern weiterempfehlen können.
Volker Wiewer ist CEO von eCircle, einer Agentur für Full Service Digital Marketing in Europa. Das 1999 gegründete Unternehmen bietet cloudbasierte Lösungen für E-Mail-, Mobile- und Social Media-Marketing sowie Lösungen für Opt-in Lead-Generierung und E-MailKampagnen an. Zu den Kunden zählen Deutsche Post, Volvo, Otto und Nintendo.
Apps Die Entwicklung von digitalen Technologien hat Marketern in den letzten Jahren eine Unzahl neuer Möglichkeiten eröffnet. Eine der wichtigsten Entwicklungen war dabei sicherlich die Verbreitung von Smartphones und zugehöriger Applikationen.
Quelle: http://www.lead-digital.de/start/social_media/so_spornen_ sie_kunden_zum_mitmachen_an
Ein Unternehmen in den USA hat letztlich eine iPad App entwickelt, die es den Konsumenten erlaubt, ihren eigenen 3D-Shop in einer virtuellen Stadt zu eröffnen. Innerhalb der App können Nutzer z.B. ihre eigene Mode-Kollektion oder neue Designs für spezielle Produkte entwickeln. Die besten Entwürfe werden mit einem Preis belohnt. So interagieren die Kunden mit der Marke und festigen ihre Bindung. Darüber hinaus teilen die Nutzer der App ihre Kreationen und Spiel-Ergebnisse mit ihren Freunden und verbreiten so in unterhaltsamer Weise Produkt-empfehlungen.
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Digital Marketing
Quelle: w&v, Nr. 36, 6. September 2012
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Digital Marketing
Online-Videos zeigen durchwegs höhere Interaktionsraten als andere Werbemittel von Anfang bis Ende angeschaut wurde, ermitteln. Zudem analysierte MediaMind die Interaktionsrate auf dem AdLevel durch VPAID. Die Ergebnisse der Benchmark-Studie zeigen, dass Online Video in allen drei gemessenen Metriken effektiver ist als Rich Media: CTR, Interaktionsrate und Completion Rate.
Foto: Bernhard Huber
Annette Mattgey Veröffentlicht am 25.09.2012 - 14:11 Uhr Mehr als 1 Milliarde In-Stream-Video Ad Serving Template (VAST)-Impressions wertete MediaMind im ersten Halbjahr aus,um die verschiedenen Wirkungen der OnlineWerbemittel zu analysieren. Sowohl In-Stream-VAST als auch In-Stream-VPAID weisen eine deutlich höhere Klickrate und höhere Interaktionsraten (nur VPAID) aus als Banner und Rich Media. Die 1 Milliarde In-StreamVAST-Impressions erzielten eine Gesamt-Klickrate von 2,84 Prozent. Sie lagen damit 27,4-mal höher als der Wert von Standardbannern und fast zwölfmal höher als jene von Rich Media ist. Zusätzlich wertete MediaMind fast 2 Milliarden Video Player-Ad Interface Definition (VPAID)Impressions aus. VPAID erreichte eine niedrigere GesamtKlickrate als VAST, aber stabile Interaktionsraten (interaction rates): jeweils 1,63 Prozent und 9,57 Prozent. Die Studie von MediaMind fokussiert sich auf die Analyse
der gültigen Kennzahlen, die für jedes Video-Format zur Verfügung stehen. Sowohl für VAST als auch für VPAID konnte MediaMind die CTR (Click-Through-Rate) und die vollständigen Werte für das Betrachten eines Videos, das
„Die Video-Interaktivität wird für Werbetreibende und Agenturen immer wichtiger. Und diese Studie unterstreicht deutlich, weshalb dies so ist. Als wichtige Säule der IAB Video Suite, ermöglichen VAST und VPAID der Werbewirtschaft greifbare kreative Markenerlebnisse über Video-Botschaften zu kreieren, um ein echtes UserEngagement zu erzielen“, bestätigt Seneca Mudd, Director, Industry Services und Leiter des Digital Video Komitees beim IAB. Die Gesamt-Interaktionsrate für VPAID betrug 9,57 Prozent. Dies bedeutet, dass eine von zehn Personen mit der Anzeige interagierte, während das Video abgespielt wurde. Die Interaktion mit dem Werbemittel wurde zum Beispiel durch ein Spiel oder eine Umfrage ausgelöst. Die Interaktionsrate für die aufmerksamkeitsstärksten untersuchten Kampagnen erreichte einen Höchststand von mehr als 500 Prozent (fünf Interaktionen pro Anzeige pro Kampagne). „Inzwischen zählt das Video-Format zum Tagesgeschäft vieler werbetreibenden Unternehmen und Agenturen, daher brauchen sie sich nur noch darauf zu konzentrieren, auf welches Endgerät – TV, Online, Mobile - sie ihr OnlineVideo ausspielen möchten“, bestätigt Ricky Liversidge, Chief Marketing Officer von DG. „Diese eindrucksvollen Studien-Ergebnisse zeigen deutlich, dass die Konsumenten sehr wohl gewillt sind mit einer Marke über Online-Video in Verbindung zu treten.“ Christoph Benning, Managing Director DACH, ergänzt: „Diese Entwicklung ist ein weiterer Schritt in Richtung Zusammenwachsen von Online- und TV-Werbung, und in naher Zukunft werden Agenturen und werbetreibende Unternehmen alles über eine Plattform planen, platzieren und analysieren können.“
Quelle: http://www.lead- .de/start/admedia/online_videos_zeigen_durchweg_hoehere_interaktionsraten_als_andere_werbemittel SMG Fachpresseclipping 41
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Quelle: w&v, Nr. 39, 27. September 2012 44 SMG Fachpresseclipping
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GfK, spettatori occidentali ancora analogici e poco propensi alla connessione tramite Smart tv Pubblicato il 03 Settembre 2012
In occasione dell’IFA di Berlino, fiera internazionale dell’elettronica, GfK ha pubblicato i risultati della ricerca condotta in tredici paesi sull’utilizzo delle opportunità offerte da smart tv, televisori intelligenti che integrano funzioni e servizi legati ad internet. L’analisi sull’utilizzo della smart tv mostra che gli spettatori dei paesi emergenti di Cina (44%), India (17%) e Brasile (14%) sfruttano più di quelli del Regno Unito (11%), Stati Uniti (11%) e Germania (8%) i contenuti interattivi offerti.
La cosiddetta ‘Social Tv’ non ha ancora preso piede. A livello globale, infatti, soltanto il 28% degli spettatori ha dichiarato di trovare più interessanti i programmi interattivi (42% in Brasile, 61% in Cina, il 59% in India, contro il 16% nel Regno Unito, il 18 negli Stati Uniti e il 15% in Germania). Sempre a livello globale, il 25% pensa che twittare e commentare i programmi “migliori l’esperienza di guardare la tv”. In tutti i paesi oggetto della ricerca, in fase di processo di acquisto da parte del consumatore, la funzione di connessione internet risulta meno importante di altri fattori quali prezzo, dimensioni delle schermo e tecnologia del display. La presenza della funzione Smart Tv sembra infatti essere meno importante in Occidente rispetto ad altri paesi del mondo. Solo il 26% dei consumatori del Regno Unito e il 29% di quelli degli Usa affermano di fare attenzione che l’apparecchio tv abbia la funzionalità di navigazione nella rete, contro il 61% dei consumatori in India e il 64% di quelli in Cina.
Fonte: http://youmark.it/rubriche/gfk-spettatori-occidentali-ancoraanalogici-e-poco-propensi-alla-connessione-tramite-smart-tvsmart-tv-cina-brasile-e-india-avanti-nella-rivoluzione-della-tvweb-connected
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Quelle: w&v, Nr. 39, 27. September 2012 SMG Fachpresseclipping 47
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Quelle: absatzwirtschaft, Sonderausgabe zur dmexco, September 2012
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Quelle: w&v, Nr. 34, 23. August 2012
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Quelle: w&v, Nr. 37, 13. September 2012
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