La storia del cinema

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Il cinema, inteso come proiezione di immagini in movimento, ha numerosi antenati, che risalgono fino al mondo antico. In oriente esisteva la rappresentazione delle ombre cinesi, mentre in Europa abbiamo studi ottici sulle proiezioni tramite lenti fin dal 1490, con la camera oscura leonardiana. ! Leonardo da Vinci descrisse nel 1515, nel Codice Atlantico, un procedimento per disegnare edifici e paesaggi dal vero, che consisteva nel creare una camera oscura nella quale veniva praticato un unico foro su una parete, sul quale veniva posta una lente regolabile. Sulla parete opposta veniva così a proiettarsi un'immagine fedele e capovolta del paesaggio esterno, che poteva essere copiata su un foglio di carta ("velo") appositamente appeso, ottenendo un risultato di estrema precisione. Con la camera oscura Leonardo intendeva dimostrare che le immagini hanno natura puntiforme, si propagano in modo rettilineo e vengono invertite dal foro stenopeico, arrivando a ipotizzare che anche all'interno dell'occhio umano si avesse un capovolgimento dell'immagine analogo.

Dopo la nascita della fotografia (inizio ‘800) si iniziò a studiare la riproduzione del movimento in scatti consecutivi. Sfruttando i principi dei dispositivi ottici del passato, si iniziarono a cercare modi di proiettare fotografie in successione, in modo da ricreare un'illusione di movimento estremamente realistica: tra le centinaia di esperimenti in tutto il mondo, ebbero buon fine il Kinetoscopio di Thomas Edison, ispirato ad uno strumento di intrattenimento popolare, chiamato "mondo nuovo", con cui era possibile vedere immagini illuminate, tramite la luce di una candela dentro una scatola chiusa che rischiarava figure dipinte su lastre di vetro e il Cinematografo dei Fratelli Lumière che era in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse su una pellicola stampata con un processo fotografico, in modo da creare l'effetto del movimento.

Il cinema delle attrazioni Agli inizi del ‘900 vennero sperimentati i primi effetti speciali prettamente "cinematografici", cioè i trucchi di montaggio. In questo periodo il cinema era un fenomeno nuovo che attraeva per la rappresentazione verosimile di figure in movimento, per i primi trucchi e per le visioni di luoghi, animali e popoli lontani. Non era ancora importante la narrazione di una storia, almeno non in maniera prevalente. Il prodotto caratteristico del Cinematografo Lumière sono le cosiddette "vedute animate", ovvero scenette realistiche prese dal vero della durata di circa quaranta secondi. Le inquadrature sono fisse e non esiste il montaggio.

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Capolavoro assoluto è “Viaggio nella Luna”, un film fantastico del 1902 realizzato da Georges Méliès. Il film è una parodia basata liberamente sul romanzo di Jules Verne Dalla Terra alla Luna e su quello di H. G. Wells I primi uomini sulla Luna. ! Il filmato, girato a 16 fotogrammi al secondo, è muto, in bianco e nero ed è composto come "film a quadri", cioè come una serie di scene a inquadratura fissa (con sfondi diversi e durata variabile), inanellate una all'altra per comporre una storia.

Il cinema narrativo Il periodo delle origini del cinema narrativo è una fase della storia del cinema che va grossomodo dal 1906 al 1915. Si tratta della risposta del cinema alla sua prima crisi (1905-1906), riciclandosi come svago per le classi popolari, nel quale il motivo di attrazione prevalente non era più il mostrare "quadri animati" ed effetti speciali, ma il raccontare storie. Inoltre, a causa della fruizione di massa delle proiezioni cinematografiche, si rese impossibile avere un narratore presente fisicamente alle proiezioni (caratteristica tipica della cinematografia precedente), con le pellicole che ormai raccontavano le storie "da sole", grazie a storie più esplicite e lineari e grazie all'uso delle didascalie. Il cinema muto Il periodo del cinema muto a Hollywood è una fase della storia del cinema che va grossomodo dal 1919 al 1929 e termina con il rinnovamento dovuto all'introduzione del cinema sonoro. Protagonisti di questo periodo furono i grandi comici, primi fra tutti Charlie Chaplin e Buster Keaton. In questo periodo venne messo a frutto e elaborato ulteriormente il linguaggio del montaggio narrativo, messo a punto nel 1914 da David Wark Griffith che ha trasformato il montaggio in uno strumento ingegnoso per creare e controllare lo sviluppo drammatico degli eventi. Attraverso la scomposizione dell’azione in tante piccole parti, il regista è in grado di orientare le reazioni degli spettatori, costretti a osservare ciò che il regista vuole che loro osservino. La scoperta fondamentale di Griffith è stata quella di rendersi conto che una sequenza deve essere composta da singole inquadrature incomplete, scelte e ordinate in base a motivi di necessità drammatica. Egli dimostrò che la macchina da presa poteva avere una parte attiva nella narrazione. Spezzando un avvenimento in brevi frammenti, ciascuno ripreso dalla posizione più adatta, si poteva modificare l’importanza delle singole inquadrature, controllando così l’intensità drammatica dei fatti man mano che la narrazione progrediva. Spunta così fuori in controtendenza la teoria di Ejzenstejn sul montaggio connotativo, il quale è lui stesso che in una conferenza in Russia ce lo spiega. “Due pezzi di film di qualsiasi genere, posti uno accanto all’altro, esprimono un nuovo concetto, acquistano un carattere nuovo che deriva dalla loro giustapposizione (…); in ciascuna di tali giustapposizioni, il risultato è qualitativamente distinguibile da ognuno degli elementi componenti visti separatamente.” Ma anche il russo Pudovkin elabora una teoria, definita come montaggio costruttivo, col quale prende le distanze dal metodo elaborato da Griffith. Mentre nei film dell’americano l’elemento narrativo viene comunicato agli spettatori dalla successione logica delle inquadrature, il regista russo ottiene l’effetto voluto dalla contrapposizione di una serie di dettagli preventivamente programmati.

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Il cinema sovietico, in definitiva, prende le distanze dal modello hollywoodiano: rinnega le storie borghesi, i film incentrati sulla star, gli intenti spettacolari e commerciali del cinema. Un cinema del genere non fa altro che trasformare in soggetto passivo lo spettatore, il quale, toccato emotivamente, non riesce a distanziarsi ! criticamente dalla visione del mondo borghese che viene proposta. Nasce così il montaggio intellettuale, che si basa sulla teoria che lo spettatore deve partecipare alla creazione del senso del film diventando elemento attivo. Lo scontro, il conflitto di due inquadrature opposte l’uno all’altra, determinano la creazione di un concetto, non contenuto in nessuno di essi, ma creato nella mente dello spettatore. Il sonoro La possibilità di sincronizzare dei suoni alle immagini è vecchia come il cinema stesso: lo stesso Thomas Edison aveva brevettato una maniera per aggiungere il sonoro alle sue brevi pellicole (Dickson Experimental Sound Film, 1895). Ma quando i vari esperimenti raggiunsero un livello qualitativo accettabile, ormai gli studios e la distribuzione nelle sale erano organizzati al meglio per la produzione muta, per cui l'avvento del sonoro venne giudicato non necessario e a lungo rimandato. Lo stato delle cose cambiò di colpo quando la Warner, sull'orlo della bancarotta, giudicò di non avere ormai niente da perdere e rischiò, lanciando il primo film sonoro. Fu Il cantante di jazz nel 1927, e fu un successo ben oltre le aspettative: nel giro di un paio di anni la nuova tecnologia si impose prima a tutte le altre case di produzione americane, e poi a quelle del resto del mondo. La tecnica venne perfezionata ulteriormente nel 1930, creando due nuove attività, il doppiaggio e la sonorizzazione. Il cinema sonoro, che affievolisce il lavoro di ricerca e sperimentazione sulla comunicazione attraverso le sole immagini e aumenta le possibilità narrative del cinema. Inoltre, la creatività dei cineasti sovietici deve scontrarsi con il clima totalitario instaurato dalla dittatura di Stalin, e le opere d’avanguardia e di sperimentazione vengono ostacolate dal clima di stagnazione in cui si viene a trovare la Russia. Torna allora alla ribalta l’America con una nuova teoria: il montaggio invisibile. La sua caratteristica principale è quella di accentuare al massimo lo sviluppo drammatico delle diverse scene e guidare lo spettatore nella direzione voluta dal regista, il quale mette l’accento su ciò che secondo lui merita. Le tecniche utilizzate dal montaggio invisibile sono tante. Vanno per esempio dal decoupage di campo e controcampo sino alle tecniche dei vari raccordi di sguardo, di movimento, sull’asse, sonori. In pratica, non accorgendosi del trucco insito nel lavoro tecnico (brevi ellissi temporali, cambi di ambiente, etc.), lo spettatore è portato a giustificare i punti di vista proposti dalla cinepresa, a dimenticarne la presenza, a identificarsi con essa e, in ultima analisi, a vedere il film come una realtà di cui si sente testimone diretto. A partire dagli anni Quaranta, soprattutto grazie al lavoro teorico di André Bazin, si dice influenzato dal film “Quarto potere” di Orson Welles, si arrivò a parlare di montaggio proibito in cui, in quasi totale assenza di montaggio, la profondità di campo ed il piano sequenza la fanno da padrone. Il cinema moderno Verso il 1960 l'industria cinematografica attraversò un periodo di crisi: negli Stati Uniti subiva sia la concorrenza della televisione, sia il ricambio generazionale, ormai esaurito il boom di giovani nati immediatamente dopo la fine della guerra, insieme ad una serie di fattori contingenti che vedevano l'America aumentare il reddito pro capite, e l'industria impegnata a sedentarizzare la popolazione con intrattenimenti casalinghi; con i giovani registi che imponevano nuovi requisiti stilistici ai generi in voga. Anche in Europa le case di produzione, ancorate ad un sistema di generi consolidato che fino ad allora aveva dato buoni frutti, stentavano ad assecondare il cambiamento. Film come Easy Rider girati con budget bassi e che fecero registrare incassi inimmaginabili illuminarono anche le major che poco a poco iniziarono a lasciar perdere le restrizioni stilistiche del Codice Hays che imponeva un codice morale rigido al di fuori del quale i film non venivano prodotti. Semplicemente si resero conto che le nuove generazioni, contrarie alle politiche americane di perbenismo ed espansionismo ipocritamente mascherato, volevano sentir parlare esattamente di quello che era censurato dalla produzione.

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Appunti !

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