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DOMENICA 25 NOVEMBRE 2012 A N N O I X N . 43
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
La Sacra di San Michele (Val di Susa, Piemonte).
Il mondo, l’uomo e la fede uali risposte, allora è chiamata a dare la fede, con «dolcezza e rispetto», all’ateismo, allo scetticismo, all’indifferenza verso la dimensione verticale, affinché l’uomo del nostro tempo possa continuare ad interrogarsi sull'esistenza di Dio e a percorrere le vie che conducono a Lui? Vorrei accennare ad alcune vie, che derivano sia dalla riflessione naturale, sia dalla stessa forza della fede. Le vorrei molto sinteticamente riassumere in tre parole: il mondo, l’uomo, la fede. La prima: il mondo. Sant’Agostino, che nella sua vita ha cercato lungamente la Verità ed è stato afferrato dalla Verità, ha una bellissima e celebre pagina, in cui afferma così: «Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo…, interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora queste creature così belle, ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è la bellezza in modo immutabile?» (Sermo 241, 2: PL 38, 1134). Penso che dobbiamo recuperare e far recuperare all’uomo d’oggi la capacità di contemplare la creazione, la sua bellezza, la sua struttura. Il mondo non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice. Albert Einstein disse che nelle leggi della natura «si rivela una ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordi-
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namenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante» (Il Mondo come lo vedo io, Roma 2005). Una prima via, quindi, che conduce alla scoperta di Dio è il contemplare con occhi attenti la creazione. La seconda parola: l’uomo. Sempre sant’Agostino, poi, ha una celebre frase in cui dice che Dio è più intimo a me di quanto lo sia io a me stesso (cfr Confessioni III, 6, 11). Da qui egli formula l’invito: «Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell’uomo interiore abita la verità» (De vera religione, 39, 72). Questo è un altro aspetto che noi rischiamo di smarrire nel mondo rumoroso e dispersivo in cui viviamo: la capacità di fermarci e di guardare in profondità in noi stessi e leggere quella sete di infinito che portiamo dentro, che ci spinge ad andare oltre e rinvia a Qualcuno che la possa colmare. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma così: «Con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità, l’uomo si interroga sull’esistenza di Dio» (n. 33). La terza parola: la fede. Soprattutto nella realtà del nostro tempo, non dobbiamo dimenticare che una via che conduce alla conoscenza e all’incontro con Dio è la vita della fede. Chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità. Così la sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto, e la sua fede non ha timore di mostrarsi nella vita quotidiana, è aperta al dialogo che esprime profonda amicizia per il cam-
mino di ogni uomo, e sa aprire luci di speranza al bisogno di riscatto, di felicità, di futuro. La fede, infatti, è incontro con Dio che parla e opera nella storia e che converte la nostra vita quotidiana, trasformando in noi mentalità, giudizi di valore, scelte e azioni concrete. Non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita ed è annuncio del Vangelo, Buona Notizia capace di liberare tutto l’uomo. Un cristiano, una comunità che siano operosi e fedeli al progetto di Dio che ci ha amati per primo, costituiscono una via privilegiata per quanti sono nell’indifferenza o nel dubbio circa la sua esistenza e la sua azione. Questo, però, chiede a ciascuno di rendere sempre più trasparente la propria testimonianza di fede, purificando la propria vita perché sia conforme a Cristo. Oggi molti hanno una concezione limitata della fede cristiana, perché la identificano con un mero sistema di credenze e di valori e non tanto con la verità di un Dio rivelatosi nella storia, desideroso di comunicare con l’uomo a tu per tu, in un rapporto d’amore con lui. In realtà, a fondamento di ogni dottrina o valore c’è l’evento dell’incontro tra l’uomo e Dio in Cristo Gesù. Il Cristianesimo, prima che una morale o un’etica, è avvenimento dell’amore, è l’accogliere la persona di Gesù. Per questo, il cristiano e le comunità cristiane devono anzitutto guardare e far guardare a Cristo, vera Via che conduce a Dio. Benedetto XVI udienza di mercoledì 14 novembre 2012
SOMMARIO SOCIETÀ
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Alluvione in Maremma, intorno alla Chiesa una gara di solidarietà GIOVANI
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Parla Michela Capone: “Lavoriamo per dare certezze ai più piccoli” CAGLIARI
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Il regista Salvatore Mereu: “Vi racconto com’è nato il film Bellas Mariposas” DIBATTITI
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Per comporre i conflitti la Caritas rilancia la mediazione penale DIOCESI
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Maria Cristina di Savoia, ora la beatificazione sembra più vicina
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il PortiCo
IL PORTICO DEL TEMPO
domeniCA 25 novembre 2012
Maltempo. Così il parroco di Albinia (Grosseto), don Antonio Scolesi, ha aperto le porte alle vittime della tremenda alluvione.
Chiesa vicina alla gente che ha perso tutto: in Maremma una grande gara di solidarietà Per alcuni giorni famiglie intere hanno trovato un riparo all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie: “Abbiamo organizzato un centro per alimenti e viveri” ANTONELLA PILIA NA CHIESA VICINA a chi soffre e ha perso tutto. La decisione di don Antonio Scolesi di spalancare i portoni della parrocchia di Santa Maria delle Grazie per offrire rifugio alle vittime dell’alluvione ne è di certo un segno tangibile. Il parroco di Albinia – frazione di Orbetello, in provincia di Grosseto, epicentro dell’alluvione che ha colpito la Maremma nella notte del 12 novembre scorso – raggiunto telefonicamente da Il Portico ricorda quel lunedì sera, quando la piena colse circa una ventina di persone in giro per il paese: “li abbiamo accolti e al buio, per due notti, ci siamo arrangiati alla meglio sia per mangiare qualcosa sia per dormire. Poi, quando l’acqua è defluita, la gente ha raggiunto le proprie abitazioni oppure un centro di assi-
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Due immagini della drammatica alluvione che ha colpito la Maremma.
stenza organizzato a Orbetello”. Ad Albinia la solidarietà continua ancora a ruotare attorno alla chiesa, divenuta il centro di raccolta e distribuzione di generi alimentari e indumenti già dal giorno successivo all’alluvione e punto di riferimento per gli abitanti del paese. Un paese completamente trasfigurato dalla furia delle acque, un paese di lavoratori che ora non possiedono più nulla. “La solidarietà – continua don Scolesi – per noi si esprime mettendo a disposizione quello che abbiamo, cioè la chiesa, e portando un po’ di speranza e di vicinanza. Abbiamo or-
ganizzato un centro per alimenti, indumenti e prime necessità e parecchi volontari e giovani si stanno impegnando anche per questo servizio. Altri giovani poi si impegnano per aiutare le famiglie disperate per il problema del fango e della perdita di ogni cosa. In una parrocchia vicina, Polverosa, c’è infine la Caritas diocesana attiva, che ha organizzato un altro punto di raccolta”. La situazione, a una settimana dall’alluvione, è davvero drammatica nel paese del grossetano. Gli sfollati sono ancora oltre 150 ma “anche chi non è sfollato in casa vive un grande disagio e, in pra-
tica, è come se lo fosse”, racconta don Antonio. Chi stava ai piani inferiori ha perso il mobilio e tutto ciò che aveva in casa ma anche i negozi e le attività. Un problema molto sentito in un paese nuovo, nato soltanto negli anni ’70-’80 e costituito da persone provenienti da varie regioni d’Italia, tra cui Veneto, Romagna e Marche, attratte dalla possibilità di lavoro nelle numerose imprese agricole e industriali della zona. “E’ un paese che, nonostante i suoi 4 mila abitanti, ancora non è omogeneo nel modo classico di una comunità – spiega il parroco di Albinia -. Però abbiamo visto da parte di tutti una grande solidarietà: i volontari si sono messi a disposizione con generosità e chi ha perso tutto comunque dà una mano agli altri. Ciascuno cerca di rendersi utile per quanto può”.
“Tempi grigi in vista, l’Europa taglia gli aiuti” Sabato 24 la Colletta alimentare anche in Sardegna SERGIO NUVOLI IORGIO FRASCONI È da sempre l’anima del Banco Alimentare, l’associazione che attraverso una fondazione e un’estesa rete non profit sabato 24 novembre chiama a raccolta più di 2mila volontari, in Sardegna, per la sedicesima Giornata della Colletta alimentare. In oltre 180 supermercati dell’Isola, inviteranno a donare alimenti a lunga conservazione, che verranno distribuiti in tempi molto rapidi alle strutture caritative aderenti. Ma l’attività del Banco – nato all’interno dell’esperienza di Comunione e Liberazione – va avanti tutto l’anno. Il 75% delle strutture servite dalla fondazione in Sardegna sono in diocesi di Cagliari. Con Il Portico Frasconi fa il punto della situazione. Con quale spirito affrontate la nuo-
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va edizione della Colletta? Di nuovo c’è il periodo che attraversa il nostro Paese, e la Sardegna in particolare: la crisi si fa sentire a tutti i livelli. Intervenire significa farlo con una ragione precisa: offrire a tutti, in questo momento, un segno di speranza. La crisi investe l’economia di tutte le famiglie. Un gesto come la Colletta è un segno di speranza: non è solo ciò che si raccoglie, ma quello che ci muove. Cioè? La speranza di trovare una compagnia reale all’uomo che soddisfi il suo bisogno più grande. La generosità dei sardi non è frenata dalla crisi: questo testimoniano i numeri degli anni scorsi. Cosa li spinge a donare, secondo lei? La semplicità del gesto che proponiamo, paradossalmente accolto maggiormente da chi ha più bisogno rispetto a chi possiede di più. Chi vive nel bisogno sperimenta, e
testimonia, una maggiore disponibilità a venire incontro al bisogno degli altri. In questo senso, la realtà della Sardegna ci fa constatare un incremento – ogni anno – di generosità, impensabile quando ci si siede a pensare questo appuntamento. Che tempi richiede la preparazione della Colletta alimentare? La Colletta rappresenta un giorno
della vita del Banco, certamente importante perché coinvolge milioni di persone in un’unica giornata, ma non l’unica. Il Banco lavora tutti i giorni dell’anno, ma questo gesto consente a chiunque di condividere la carità con chi è in difficoltà. Si prepara – in media – da maggio e si conclude a febbraio: come organizzazione richiede molto tempo.
Se la solidarietà è la chiave di lettura più rilevante del dopo alluvione, non si possono trascurare i danni ingenti inferti all’economia della regione. Secondo una prima stima della Provincia, sono almeno 1.500 le imprese agricole colpite e 500 le persone che dovranno ricorrere alla cassa integrazione. Anche don Antonio ci tiene a confermare la gravità della situazione, esortando affinché non si cada nel dimenticatoio una volta che le luci della ribalta si saranno spente: “Adesso è tutto bloccato e ci vorranno diversi mesi per la prima emergenza e poi diversi anni per tornare a un po’ di normalità”. L’apprensione lascia infine spazio alla speranza, riassunta dalle parole con cui don Antonio conclude la nostra breve conversazione: “Speriamo che tutto vada per il verso giusto!”.
Quello che raccogliamo con la Colletta è il 10% di quello che distribuiamo in un anno, ma andiamo incontro a tempi grigi. Perché? L’Europa ha previsto la chiusura del sostegno agli indigenti, le prospettive non sono rosee. Il Banco sta cercando di organizzarsi per la crisi, che sarà tremenda: gli aiuti dell’Agea costituiscono oggi il 70% di quello che oggi distribuiamo. Stiamo cercando fonti alternative a questo sistema, e premendo per individuare nuove forme di intervento. Di cosa avete bisogno? Di volontari per tutto l’anno. Per la Colletta c’è una grande mobilitazione che ci dà una grossa mano. Purtroppo oggi l’attività del Banco è retta in gran parte da pensionati: abbiamo bisogno di trovare persone che ci seguano tutto l’anno. Quanto vi sentite all’interno della Chiesa? La maggior parte delle strutture che aderiscono al Banco sono gruppi Caritas parrocchiali. E’ davvero diffusa la conoscenza di noi tra i sacerdoti: molti vengono da noi per cercare aiuto per i poveri che sostengono. Pensiamo di fare, in questo senso, un servizio utile. Quanto c’entra la storia del Banco con la sua fede? Quello che faccio è il riverbero di una gratitudine per quello che ho ricevuto come dono di fede.
domeniCA 25 novembre 2012
IL PORTICO DEGLI EVENTI
La crisi. Parla Chiara Froldi, la 18enne che ha regalato ai ministri un caschetto da lavoro.
“Anche noi lottiamo con gli operai, per il futuro della nostra Sardegna” Componente molto attivo del Comitato “Figli della crisi”, spiega le ragioni della mobilitazione: “A scuola non tutti i nostri compagni hanno capito la vera posta in gioco” ROBERTO COMPARETTI ASSURTA AGLI onori della cronaca nel recente vertice di Serbariu sulla crisi del Sulcis, pur essendo solo una giovane 18 enne. Chiara Froldi, che vive nel Sulcis, dove studia ragioneria, ai ministri presenti nella miniera di Serbariu a Carbonia ha regalato un caschetto bianco con le scritte ex Alcoa, ex Eurallumina, ex Rockwool ed ex Ila. “Spero che possiate usarlo per cancellare tutte le ex”, aveva detto la ragazza ai ministri. Chiara è la primogenita di quattro sorelle, l'ultima delle quali è arrivata dall'Africa quattro anni fa, adottata dai genitori, nonostante le avvisaglie di una possibile crisi allo stabilimento Alcoa, dove il papà lavorava da 22 anni. Una famiglia che crede nella vita e nel futuro, diventato ora incerto per genitori e figlie. La ragazza da qualche mese è membro attivo del comitato “Figli della crisi”, nato nel Sulcis per coinvol-
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Chiara Froldi durante una recente manifestazione.
gere i giovani nelle vertenze che interessano il territorio. Di cosa si tratta? Stiamo combattendo a fianco degli operai e siamo presenti alle manifestazioni di protesta - dice la giovane - perché la lotta dei lavoratori è anche una lotta per il nostro futuro. Per questo siamo sempre mobilitati, non vogliamo lasciare la Sardegna e cercare altrove il nostro futuro. Come vivete questa situazione così difficile? Non è facile vivere in questa situazione - dice Chiara - devi rivalutare tutto e devi tenerti stretto tutto ciò che hai, senza chiedere nulla di più
del necessario ai tuoi genitori. Abbiamo però tanta voglia di lottare. Insieme agli altri giovani ci affianchiamo agli operai, sempre felici di sentirci vicini. Ad ogni occasione ci danno anche la possibilità di poter parlare ed esprimere la nostra rabbia, per la mancanza di prospettive che al momento caratterizza la vita di quasi tutti i giovani del Sulcis. Come reagiscono i tuoi coetanei al rientro a scuola dopo le vostre manifestazioni? Diversi ci sostengono, mentre ad alcuni non interessa nulla, perché dopo una manifestazione, ci dicono che non vogliono saperne: sembra che a loro la crisi non abbia creato
problemi, anzi diversi ci dicono che partecipare alle manifestazioni è perdita di tempo. Noi invece crediamo che si debba continuare a chiedere un futuro per questa terra, quella dove sono nata, dove sono cresciuta e dove vorrei continuare a vivere. Insieme ad altri due giovani facciamo parte integrante di un nuovo comitato che chiede il riavvio dell'ex stabilimento Alcoa nel più rapido tempo possibile. Stiamo lottando insieme, giovani e operai. Quest'ultimi ci vedono come i loro figli, desiderosi di avere un futuro che non sia fatto di assistenzialismo. Continueremo a combattere fino a quando sarà possibile farlo.
mera dei deputati. Ha sottolineato come anche gli editori non possano sottrarsi ai sacrifici richiesti a tutti i cittadini in questo delicatissimo periodo di crisi economica. Ha rimarcato, però, come non si possa rinunciare di punto in bianco a un sistema che, seppur da migliorare, ha garantito il pluralismo informativo, di certo non secondario per la vita del Paese. Inoltre la Fisc ha fatto presente che ai settimanali cattolici sono sempre state riservate “briciole di contributi”, ugualmente importanti per decine di suoi associati, ma sempre di briciole si tratta. Meno di quattro milioni di euro per una settantina di testate, diverse delle quali rappresentano l’unico giornale di un dato territorio, la voce di comunità locali appartenenti alla provincia italiana. Ora la situazione si è fatta particolarmente drammatica. Allo stato at-
tuale ai nostri giornali nel loro complesso sarebbe destinato, per il 2012 giunto ormai al termine, solo un milione di euro. Un quarto di quanto necessario per proseguire il lavoro con un minimo di serenità. Una serenità continuamente minacciata dai tagli indiscriminati che la politica intrapresa da mesi in Italia rischia di minare ogni giorno di più. Ne soffrono le testate diocesane e ne soffrono decine di altri giornali che vedono profilarsi all’orizzonte la chiusura come conseguenza di un periodo terribile nel quale si evidenziano solo diminuzioni di lettori, di pubblicità e di contribuzione pubblica. Non c’è altro tempo da perdere. I bilanci di molti editori soffrono in maniera pesante. Ma si corre il pericolo di un altro tipo di sofferenza, non misurabile in termini di numeri: è la mancanza di confronto, di dibattito pubblico, di quella pluralità di voci di cui questo Paese ha sempre usufruito e che oggi non può permettersi di perdere. L’abbiamo già scritto: per ogni voce che si spegne tutti ci rimettiamo in termini di idee, un patrimonio che non aumenterà il Pil, ma che di certo fa crescere il valore della nostra convivenza, ogni giorno di più minacciata da una diffusa omologazione di pensiero cui non vorremmo mai adeguarci. Per il bene delle comunità locali e dell’intero Paese. * Presidente FISC
Neppure le briciole: è a rischio il confronto L’allarme della Federazione dei settimanali cattolici FRANCESCO ZANOTTI*
ualcuno li considera una regalia dello Stato ai giornali di partito. Altri pensano che sia un favore fatto alla Chiesa cattolica. Altri ancora sono convinti che sia un sistema da eliminare in quanto tale, appartenente alla prima Repubblica. Roba d’altri tempi, quando il denaro pubblico fluiva a piene mani. Stiamo parlando dei contributi pubblici all’editoria, un sistema introdotto in Italia nel 1981, rivisto nel 1990. Un aiuto al pluralismo informativo di cui si trovano tracce già agli inizi del secolo scorso. Eppure nell’attuale momento in cui viene travolta ogni vicenda in qualche modo collegabile alla politica, anche gli aiuti alla stampa sono vissuti con estremo malessere da un’opinione pubblica allergica a ogni tipo di sostegno statale. E pensare che in pochi anni questo particolare fondo si è ridotto in maniera drastica, fino agli attuali 53 mi-
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lioni di euro ad oggi disponibili nel bilancio dello Stato per l’anno in corso. Una cifra del tutto insufficiente se paragonata con gli almeno 140 milioni necessari per mantenere in equilibrio un sistema che fa acqua da ogni parte. Sono rimasti margini di manovra risicatissimi per il ripristino del fondo di pertinenza della presidenza del Consiglio dei ministri. Per cercare di sfruttarli tutti, nei giorni scorsi la Fisc (la Federazione cui fanno capo circa 190 settimanali cattolici per 1 milione di copie a settimana) e altre sigle - tra cui Fnsi, Mediacoop, Confcooperative-Federcultura Uspi - hanno convocato a Roma, all’Hotel Nazionale di piazza Montecitorio, un’assemblea dal titolo “La riforma dell’editoria tra tecnologie e pluralismo”. La Fisc ha ribadito in ogni sede la necessità di applicare “rigore ed equità” in materia di contributi pubblici all’editoria. Lo ha ribadito anche nel mese di ottobre, durante l’audizione alla Commissione Cultura della Ca-
il PortiCo
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blocnotes L’ORDINANZA SULLA LEGGE 40
Così si autorizza la selezione della razza “In assenza di possibilità di intervento terapeutico, l’ordinanza di Cagliari si riduce a essere uno strumento di selezione che porta all'eliminazione degli esseri umani allo stadio embrionale”. Così il Centro di Bioetica dell'Università Cattolica, diretto da Adriano Pessina, a proposito della recente ordinanza che ha di fatto scardinato un altro dei principi della legge 40. Su queste colonne siamo stati purtroppo facili profeti, con l’editoriale scritto qualche settimana fa da Mauro Barberio, che definiva la legge ormai lettera morta: l’ordinanza firmata da Luigi Latti dispone letteralmente “che la Azienda sanitaria locale di Cagliari e l'Ospedale Regionale per le Microcitemie di Cagliari, in persona del legale rappresentante, esegua, nell'ambito dell'intervento di procreazione medicalmente assistita, l'esame clinico e diagnostico sugli embrioni e trasferisca in utero della Sig.ra XXX, qualora da lei richiesto, solo gli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui gli stessi ricorrenti risultano affetti”. Avete letto bene: ora provate a chiedervi che fine faranno gli altri embrioni, quelli “non sani”. “Di fatto - prosegue la nota del Centro - pur nella sua cornice liberale, questa impostazione è eugenetica poichè nega il diritto alla tutela della vita, all'assistenza e alla cura di quanti, in condizioni prenatali, si trovano affetti da patologie”. “Non si puo' giustificare la diagnosi preimpianto in nome dell'amore per i figli - prosegue la nota - perchè significa sostenere che sia meglio non nascere che vivere con una patologia: una logica che di fatto si salda con il diffondersi di una mentalità che giudica soltanto come un peso le persone con disabilità anche nelle altre fasi della vita. L'ostilità della malattia si trasforma impropriamente in ostilità nei confronti dei malati. Ci si chiede se il welfare debba farsi complice di questa logica. Una sentenza giudiziaria avalla uno stravolgimento del significato della genitorialità che viene sganciato dal modello dell'accoglienza e della responsabilità e si trasforma in un progetto produttivo in cui la generazione è posta sotto l'insegna di una riserva mentale: la selezione, lo scarto, la scelta del sano. Su questo dobbiamo riflettere. Sacralizzare giuridicamente il diritto al figlio sano è cosa ben diversa dal desiderio della salute e significa semplicemente riconfermare il diritto dei più forti e degli adulti a scapito del più debole. Si infligge anche una ferita alla medicina e alla ricerca scientifica, che nell'eliminazione dell’essere umano affetto da patologia ha il suo fallimento. Su questi argomenti - conclude il Centro - non è possibile affidarsi soltanto al modello ‘emotivista’ privilegiato da molti mezzi di comunicazione: sulla nascita si sta giocando in Italia una partita etico-politica che non può trovare la via breve di sentenze spesso autoreferenziali che con una decisione pretendono di chiudere ogni più ampio dibattito civile e parlamentare”.
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IL PORTICO DEL TEMPIO
il PortiCo
Il Papa. Reso noto il testo del messaggio per Giornata mondiale della Gioventù di Rio.
“L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della vita” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre ha approfondito il significato del Vangelo domenicale che presentava l’insegnamento di Gesù sugli ultimi tempi (cfr. Mc 13, 24-32): «la potenza creatrice della Parola divina si è concentrata in Gesù Cristo, Verbo fatto carne, e passa anche attraverso le sue parole umane, che sono il vero “firmamento” che orienta il pensiero e il cammino dell’uomo sulla terra. Per questo Gesù non descrive la fine del mondo, e quando usa immagini apocalittiche, non si comporta come un “veggente”. Al contrario, Egli vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca alla curiosità per le date, le previsioni, e vuole invece dare loro una chiave di lettura profonda, essenziale, e soprattutto indicare la via giusta su cui camminare, oggi e domani, per entrare nella vita eterna. Tutto passa – ci ricorda il Signore –, ma la Parola di Dio non muta, e di fronte ad essa ciascuno di noi è responsabile del proprio comportamento. In base a questo saremo giudicati». All’inizio della settimana Benedetto XVI si era recato in visita alla casa-famiglia “ Viva gli anziani” promossa a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. In questa occasione il Papa ha ricordato l’importanza della cura delle persone anziane e del riconoscimento del loro ruolo: «la qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani
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La visita di Benedetto XVI alla casa-famiglia “Viva gli anziani”.
sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Non ci può essere vera crescita umana ed educazione senza un contatto fecondo con gli anziani, perché la loro stessa esistenza è come un libro aperto nel quale le giovani generazioni possono trovare preziose indicazioni per il cammino della vita». All’Udienza generale il Papa si è soffermato sulle vie per arrivare alla conoscenza di Dio partendo però dal fatto che il primo passo è sempre compiuto da Dio stesso: «l’iniziativa
di Dio precede sempre ogni iniziativa dell’uomo e, anche nel cammino verso di Lui, è Lui per primo che ci illumina, ci orienta e ci guida, rispettando sempre la nostra libertà. Ed è sempre Lui che ci fa entrare nella sua intimità, rivelandosi e donandoci la grazia per poter accogliere questa rivelazione nella fede». In settimana è stato diffuso anche il Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Rio de Janeiro nel 2013. Il Messaggio ha come
titolo “Andate e fate discepoli tutti i popoli” ed ha un chiaro orientamento missionario: «cari amici, volgete gli occhi e guardate intorno a voi: tanti giovani hanno perduto il senso della loro esistenza. Andate! Cristo ha bisogno anche di voi. Lasciatevi coinvolgere dal suo amore, siate strumenti di questo amore immenso, perché giunga a tutti, specialmente ai “lontani”. I “popoli” ai quali siamo inviati non sono soltanto gli altri Paesi del mondo, ma anche i diversi ambiti di vita: le famiglie, i quartieri, gli ambienti di studio o di lavoro, i gruppi di amici e i luoghi del tempo libero. L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite». Incontrando in udienza i partecipanti ad una Conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori sanitari Benedetto XVI ha sottolineato il legame tra il mondo della “sofferenza” e la nuova evangelizzazione: «è auspicabile che il linguaggio della “scienza cristiana della sofferenza” cui appartengono la compassione, la solidarietà, la condivisione, l’abnegazione, la gratuità, il dono di sé diventi il lessico universale di quanti operano nel campo dell’assistenza sanitaria. Gli ospedali vanno considerati come luogo privilegiato di evangelizzazione, perché dove la Chiesa si fa veicolo della presenza di Dio diventa al tempo stesso strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo».
La Diocesi e l’anniversario del Concilio Vaticano II L’Archidiocesi di Cagliari, la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Cagliari e il Pontificio Seminario Regionale Sardo hanno organizzato una serie di incontri finalizzati ad approfondire il Concilio Ecumenico Vaticano II in occasione del 50° anniversario (1962-2012)
IL CALENDARIO DEGLI INCONTRI venerdì 30 novembre 2012 – ore 17.30 Relatore: Prof. Maurilio Guasco Il Concilio, la Chiesa e la modernità
venerdì 25 gennaio 2013 – ore 17.30 Relatore: Frère John di Taizé Il Concilio e l’ecumenismo
Aula Magna della Facoltà Teologica della Sardegna
Aula Magna della Facoltà Teologica della Sardegna
giovedì 13 dicembre 2012 – ore 16.00 Relatore: Ferminaz Alvarez Alonso Il Concilio di Giovanni XXIII un ponte tra Oriente e Occidente"
giovedì 28 febbraio 2013 – ore 16.00 Relatori: Gilfredo Marengo e Gianni Valente Wojtyla e Ratzinger al Concilio Vaticano II
Aula Magna del Seminario Regionale
Aula Magna del Seminario Regionale
venerdì 14 dicembre 2012 – ore 17.30 Relatore: Mons. Luigi Bettazzi La Chiesa prima e dopo il Concilio
giovedì 21 marzo 2013 – ore 16.00 Relatore: Bernard Ardura Le fonti storiche del Concilio Vaticano II
Aula Magna della Facoltà Teologica della Sardegna
Aula Magna del Seminario Regionale
venerdì 11 gennaio 2013 – ore 17.30 Relatore: Prof. Matias Augé Riforma e rinnovamento liturgico dopo il Vaticano II
giovedì 11 aprile 2013 Relatore: Giovanni Tangora Yves Congar: vera e falsa riforma
Aula Magna della Facoltà Teologica della Sardegna
Aula Magna del Seminario Regionale
giovedì 17 gennaio 2013 – ore 16.00 Relatore: Philippe Chenaux Identità culturale e pastorale del “principe della riforma”
giovedì 9 maggio 2013 Relatore: Mons. Agostino Marchetto Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Riforma nella continuità
Aula Magna del Seminario Regionale
Aula Magna del Seminario Regionale
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pietre BRASILE
Bimbe comprate per dieci euro Sono già 12 le denunce presentate nell'ultimo mese alle autorità nell'Amazzonia brasiliana da altrettante ragazzine che hanno messo a verbale le loro dichiarazioni circa le violenze subite, di cui sono ritenuti responsabili nove uomini adulti. A guidare la battaglia è una missionaria salesiana italiana, suor Giustina Zanato, che lavora al fianco dei più poveri e indifesi dell'Amazzonia dal 1984. La missionaria, rischia la sua vita tutti i giorni, per difendere queste bambine dalle violenze degli adulti. Una bambina indigena vale pochi euro. A comprare l'innocenza delle bambine sono quasi sempre uomini adulti, bianchi, ricchi e potenti, sicuri di rimanere impuniti. FILIPPINE
Uccisa un’operatrice pastorale cattolica La cattolica Conchita Francisco, 62 anni, operatrice pastorale, vedova e madre di due figli, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco da uomini non identificati davanti alla cattedrale cattolica di Bongao, nella provincia filippina di Tawi-Tawi, nel Sud dell'arcipelago. L'omicidio è avvenuto mentre la donna era appena uscita dalla chiesa, dove aveva guidato la recita del Rosario e aveva partecipato alla Santa Messa. La provincia di “TawiTawi” (nei pressi dell'isola di Jolo) è fatta da una piccola corona di isolette che, insieme alle Sulu, sono dispiegate verso l'isola del Borneo malaysiano, all'estremo Sud delle Filippine. Si tratta di una zona dove la presenza di ribelli musulmani, pirati, formazioni terroristiche e criminali da anni tiene sotto scacco l'esercito filippino. Le isole sono infestate dalle cellule di “Abu Sayyaf”, gruppo terrorista di matrice islamica, responsabile di numerosi attentati e assassini. La comunità cattolica, che conta il 2% della popolazione locale, tutta musulmana, è sotto shock per l'accaduto. PAKISTAN
Giovani musulmane in una scuola cattolica La scuola cattolica femminile delle Suore della Presentazione a Sangota, nel cuore della Valle di Swat, “ha riaperto da alcuni mesi, conta oltre 200 iscritte, ed è in via di completa ricostruzione”: è quanto riferisce suor Riffat Sadiq, parte del team delle educatrici, in passato preside della stessa scuola. L'istituto, nato nel 1962, era stato costretto alla chiusura nel 2007 e nel 2009 era stato distrutto dai talebani, che allora dominavano la valle. Nella campagna contro l'istruzione femminile, gruppi talebani hanno costretto alla chiusura oltre 400 scuole e 150 sono state distrutte o colpite da attentati esplosivi.
domeniCA 25 novembre 2012
IL PORTICO DEI GIOVANI
L’intervista. Parla Michela Capone, mamma e giudice del Tribunale per i Minorenni di Cagliari.
“Lavoriamo per garantire ai minori le certezze di cui hanno bisogno” L’autrice di “Quando impari ad allacciarti le scarpe” si racconta: “La grazia più grande è essere madre, perciò nei libri racconto la vita” LAURA CABRAS LASSE 1961, MICHELA Capone è una donna forte, intraprendente, leale, con un grande rispetto per la persona: è un magistrato, mestiere non semplice. Lei lo fa da ventisei anni: sei da giudice ordinario a Nuoro e vent’anni al Tribunale per i minorenni di Cagliari. Segno particolare: la passione per la scrittura. Partiamo dal suo lavoro di giudice per i minorenni. Ho studiato giurisprudenza a Cagliari, poi ho scelto di partecipare al concorso in magistratura e son divenuta giudice nel 1986. Sono oramai circa 26 anni, nell’ambito minorile da circa 20. Vent’anni anche di decisioni difficili: sono un giudice e devo applicare la legge, non devo farmi coinvolgere emotivamente, devo seguire uno schema rigido. Ma ogni tanto confesso che mi viene il magone. A volte allora ha dei ripensamenti su un determinato provvedimento emesso? Come è possibile decidere sulla vita di un minore? Non è che ho dei ripensamenti, ma sento il peso delle decisioni. Mi viene una stretta al cuore per alcuni bimbi e la loro situazione familiare, vorrei esser non solo il giudice che applica la legge, ma una persona che pensa al bene del bimbo, o della bimba, e agisce come tale nel miglior modo possibile utilizzando gli strumenti offerti dalla legge. Vede, i nostri provvedimenti non sempre risolvono: aiutare un genitore o allontanare un minore è una sconfitta: si mira il più possibile a fare restare il bambino nella sua famiglia, così come da principio giuridico. C’è un velo di dolore nelle sue parole. Forse perché è mamma? C’è il dolore, ma non solo e non tanto perché son madre, ma quanto perché fare il giudice minorile non è semplice. E’ doloroso quando noi
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Michela Capone, giudice del Tribunale per i minorenni di Cagliari.
giudici che trattiamo con e per gli infanti o per i ragazzi non riusciamo nell’intento prefissato o predeterminato dalla legge in cui crediamo. Salvare anche i genitori da determinate situazioni non è sempre fattibile ed allora sembra che i termini “rieducare” o “reinserire” restino solo parole e non fatti concreti che portano inevitabilmente a pensare di applicare le norme per il bene del minore. Il minore è al primo posto, se vogliamo pensare ad una scala gerarchica: ha bisogno di tutte quelle certezze e concretezze di cui tutti i bambini hanno diritto per crescere e formarsi come individui, come persone. Decidere della vita di una persona - tanto più se è un minore - è una grande responsabilità, non solo giuridica ma umana. Ecco allora che quando non riesci a recuperare un genitore, la tua missione è venuta meno: ecco la sconfitta ed ecco l’allontanamento del minore dalla sua famiglia. Michela Capone madre e scrittrice? La grazia più grande è esser madre. Certo non è che il mio lavoro non sia un dono e come tale ha anche degli aspetti molto belli che mi danno gratificazione, ma avere un bimbo, o una bimba, credo
sia un regalo. Quindi parliamo di Marco? Il suo primo libro nasce con e per lui, giusto? Marco è mio figlio. Ho anche due ragazze, ma lui è il motivo per cui è nato il libro edito da Carlo Delfino:“Quando impari ad allacciarti le scarpe”. Per parlare di lui e del libro vorrei citare la sintesi dello stesso: “Marco apre la porta del bagno e compare vestito di tutto punto, è rosso in viso e trema. Vorrei rassicurarlo e dirgli che, fino a quando respirerò, le mie mani saranno le sue mani. Mio figlio si è vestito da solo ed io trabocco d’orgoglio. Ho il privilegio di godere una sensazione di appagamento speciale. Nella crescita di un bambino handicappato l’ovvio non esiste, tutto è un successo. Mi accorgo che ha indossato correttamente le scarpe ma, accidenti, sono slacciate. Devo pazientare, aspetterò. Marco, quando impari ad allacciarti le scarpe morirò di gioia”. E’ una storia vera, autentica e carica di emozioni. Raccontare la sua esperienza personale non deve esser stato semplice: com’è riuscita a mettersi a nudo? Si, è la mia esperienza di donna e madre, un’esperienza umana. Sant’Agostino dice: “La speranza consta di due parti: lo sdegno e il coraggio; lo sdegno per le cose viste e il coraggio per cambiarle”. Credo che il libro sia nato per una mia esigenza personale, un grido e una gioia che è Marco. Non è semplice raccontarsi, ma volevo che il libro fosse un modo per parlare di handicap, di debolezza, di umanità, di errori, di scontro e confronto, di famiglia, di amore e di fede messa alla prova. Volevo anche far capire che anche un giudice è una persona. Può spiegare quando si perde la
patria potestà? Allontanare un minore dalla famiglia - come ho già detto - è molto doloroso e difficile, ma noi giudici dobbiamo farlo per il bene del minore. La patria potestà si perde solo per motivazioni e fatti seri. Certo la volontà genitoriale prevale sulla debolezza. Cosa vuol dire? Per esempio davanti ad un genitore alcolista o tossicodipendente o altro, che dimostra scientemente di volersi riscattare e recuperare la dignità personale, il lavoro, la sua famiglia e quindi anche la potestà genitoriale, tutto allora è recuperabile. Il minore ha bisogno dei suoi genitori, ha bisogno di risposte e ne ha diritto per la sua crescita, per il suo percorso evolutivo. Il tempo però - debbo dire - è un fattore essenziale. Cosa pensa della sfida dei genitori affidatari e dell’adozione? L’affidatario non è il genitore, è una persona che temporaneamente si riveste di tale ruolo per aiutare il minore e la sua famiglia. Spesso si ha una concezione un po’ distorta di questa figura. L’adozione si verifica spesso: è sicuramente un bene per tanti minori, pur dovendo tenere conto che son tanti i ragazzi che una volta adulti cercano le loro origini e i loro genitori biologici. La ricerca quindi delle origini e della verità. Diciamo di sì. Resta un “buco nero”nel bimbo/a durante la crescita che si forma sempre più dal fatto che ha necessità di risposte e di verità. Le sono capitati casi di falso? Ossia situazioni rivelatesi rivalse sui genitori? Mi son capitati conflitti famigliari, in cui il minore lancia e costruisce accuse false verso il genitore. Se non si sta attenti si cade nell’errore. I primi che raccolgono la notizia di un fatto di reato devono avere gli occhi ben aperti, quindi esser ben preparati. Come stanno operando i servizi sociali sul nostro territorio? Non tutti i servizi sociali sono presenti sul territorio; gli operatori son pochi e non tutti specializzati. Si avvicendano per quanto possibile, e a volte si rischia di non svolgere un lavoro ben articolato perché alcuni si erigono a giudici ed allora in un ambito molto sensibile come questo bisogna prestare attenzione per svolgere un buon lavoro che però non sia giudicante. Con questo non voglio accusare nessuno, ma credo si possa fare di più e meglio. Avere più operatori con una buona rete che funzioni - in cui magari alcuni operatori si specializzino in determinati ambiti - sarebbe un’altra storia, un altro meccanismo di lavoro secondo me edificante. Secondo me l’assistente sociale per questi delicatissimi compiti deve avere una qualche sensibilità particolare.
il PortiCo
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notizie AFFIDO FAMILIARE
Presentate a Roma le linee di indirizzo Saranno presentate proprio in questi giorni dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali le linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare. Si tratta di uno strumento importante, più
volte sollecitate in questi anni dalle associazioni nazionali e dalle reti nazionali e regionali di famiglie affidatarie che fanno parte del Tavolo Nazionale Affido.
COMMISSIONE BICAMERALE
Prosegue l’indagine conoscitiva sulla 149 Nei mesi scorsi Alda Maria Vanoni, in rappresentanza dell’associazione Famiglie per l’Accoglienza, e Valter Martini, per l’associazione Papa Giovanni XXIII, hanno partecipato a Roma ad un’audizione davanti alla Commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza, presieduta dall'onorevole Alessandra Mussolini. L'audizione è avvenuta nell’ambito di un’indagine conoscitiva sullo stato dell’applicazione della legge 149/2002 in materia di adozione e affido. Al termine Alda Vanoni ha espresso chiara soddisfazione, in particolare per ra sintonia delle due associazioni su temi delicati: "Pur nella differenza di sottolineature), direi che si è evidenziata una reale consonanza di valutazioni e di giudizi tra le due associazioni convocate – consonanza che, del resto, abbiamo già sperimentato più volte nell'ambito del Forum delle Associazioni Familiari e al Tavolo di Coordinamento delle Associazioni che fanno affido". Analoga soddisfazione è stata espressa anche da parte di Walter Martini.
L’INTERVISTA
Cantiere aperto in un settore delicato Il dialogo che pubblichiamo è la prima parte di una intervista che Michela Capone ha concesso a Laura Cabras. La seconda sarà pubblicata sul prossimo numero. Per noi costituisce un onore e un impegno, perchè non succede tutti i giorni che un magistrato - che lavora su un argomento così delicato - conceda interviste. E di questo siamo particolarmente grati e offriamo il risultato ai nostri lettori.
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il PortiCo
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 25 novembre 2012
Scuola. Faccia a faccia con il direttore dell’Ufficio per l’insegnamento della religione cattolica, don roberto Piredda.
Ora di religione, in diocesi la sceglie un numero di ragazzi superiore alla media nazionale Dati in costante crescita: crescono le aspettative da parte delle famiglie, che vedono in questa disciplina una preziosa risorsa per la crescita personale degli studenti. FRANCESCO FURCAS ON ROBERTO PIREDDA ricopre il ruolo di direttore dell’Ufficio per l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) dell’Arcidiocesi di Cagliari. Si occupa quindi del settore che riguarda la gestione di questa disciplina a livello diocesano. Gli rivolgiamo alcune domande per conoscere meglio la realtà dell’IRC nel nostro territorio. Perché un ufficio della curia che si occupa dell’IRC? È necessaria un’attenzione specifica della Chiesa in questo campo? Certamente. La realtà dell’IRC è di carattere concordatario, deriva cioè da un particolare accordo tra lo Stato Italiano e la Santa Sede che ha reso possibile l’inserimento dell’IRC nel quadro delle finalità della scuola.
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Don Roberto Piredda, direttore Ufficio per l’IRC.
La normativa concordataria ha poi sempre riconosciuto il diritto dell’Ordinario (il vescovo diocesano) di riconoscere l’idoneità all’insegnamento dei docenti e di disporre riguardo alla loro destinazione nelle scuole. L’ufficio si interessa quindi di coadiuvare il vescovo in questo compito di gestione dell’IRC nelle scuole di ogni ordine e grado, e di coltivare la loro formazione in servizio che deve sempre mantenere
nel tempo un profilo alto e adeguato al rinnovamento della vita scolastica. Quali sono gli ambiti della formazione permanente dei docenti di IRC? Gli ambiti derivano dai pilastri dell’idoneità ecclesiastica che sono la retta dottrina, l’abilità pedagogica e la testimonianza di vita cristiana. I docenti sono chiamati ad aggiornare e approfondire la loro formazione teologica iniziale. In campo peda-
gogico gli insegnanti devono essere dei veri professionisti della scuola in grado di far incontrare dentro un concreto itinerario didattico i contenuti disciplinari con la realtà viva degli studenti. I docenti di IRC sono poi sempre dei “mandati”, rivestono un ruolo che ha un legame costitutivo con la chiesa diocesana, e sono quindi chiamati a coltivare la loro vita spirituale per essere nella scuola e nella vita quotidiana dei testimoni autentici del messaggio che trasmettono ai ragazzi. Come viene accolta la proposta dell’IRC nelle scuole del nostro territorio diocesano? La nostra diocesi, nonostante le normali fatiche della realtà scolastica, registra una buona accoglienza della proposta dell’IRC accompagnata da una stima dei docenti che la svolgono, siano essi preti o laici. Da parte delle famiglie e dei ragazzi c’è una forte aspettativa nei riguardi dell’IRC che viene visto come una risorsa preziosa in ambito educativo. Le ultime statistiche ufficiali relative all’anno scolastico 2011-2012 realizzate dalla CEI in collaborazione con i singoli istituti scolastici registrano un dato pari al 94,1% di alunni che si avvalgono dell’IRC nelle scuole presenti nel territorio diocesano. Un dato che raffrontato a quello degli anni precedenti evidenzia una si-
“Siamo appassionati compagni di viaggio” La testimonianza di una giovane insegnante di religione SILVIA MANUNTA* EL CORSO DEL MIO decennale lavoro di giovane Insegnante di Religione Cattolica (IDR), attualmente svolto nel Liceo classico e scientifico “Euclide” e nell’ITG “Bacaredda” di Cagliari, mi sono spesso domandata con i colleghi della stessa disciplina quali fossero le motivazioni per cui gli alunni “legassero” molto di più con noi rispetto ai docenti delle altre materie di studio. Una delle risposte più evidenti è sicuramente quella che al di sopra della competenza tecnica o della conoscenza scientifica - la cui importanza nessuno nega o disdegna - ciò che maggiormente attrae l'alunno è l'entusiasmo, la vicinanza, l’ascolto che rende l’IDR capace di entrare con maggior facilità nel vissuto dell’altro. “L’educazione è una cosa di cuore”, affermava convinto Don Bosco. L’IDR non dovrebbe mai dimenticare questa affermazione, anzi dovrebbe averla scolpita nell’anima. A nulla valgono le più raffinate tecniche e didattiche, i risultati della scienza e lo sforzo della sperimentazione, se
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mancano l’amore, la passione per i ragazzi che innanzitutto bisogna “custodire nel cuore”. “Custodire nel cuore” vuol dire che l’alunno non è un estraneo al quale presto attenzione per dovere, perché fa parte del mio lavoro, ma è una persona che desidero incontrare, alla quale voglio bene. “Custodire nel cuore” significa che il mio rapporto con lui non viene distrutto nemmeno quando il suo comportamento suscita in me tensione. Credo perciò che l'insegnamento sia un'attività di straordinario spessore morale, una delle più alte e creative dell'uomo: il docente infatti, non scrive su materia inerte, ma nell'anima dei propri alunni. I giovani che incontro ogni giorno nelle mie 18 classi, presentano spesso un'identità imprecisa e frammentata perché accolgono tutte le sollecitazioni contemporanee, senza discernere tra quelle che favoriscono la crescita della propria umanità e quelle che la impoveriscono; semplicemente perché non si sono ancora formati un criterio. Ma è indubbio che aspirino a instaurare
L’insegnante di religione Silvia Manunta circondata da un gruppo di studenti.
rapporti autentici e siano in cerca della verità. Di fronte a questo orizzonte, quale IDR, mi sento chiamata a risvegliare il pensiero degli alunni verso la ricerca di una verità “altra” rispetto all’evidente, al banale, al materiale, per destare in loro il senso della Trascendenza. Fondamentalmente mi piace presentarmi come un’appassionata “compagna di viaggio” nella ricerca della verità e insieme “guida” dei miei allievi nell’ambito di un positivo percorso di apprendimento della cultura religiosa da utilizzare nel corso della loro formazione integrale. È oltre modo indispensabile
al giorno d’oggi suscitare l’interesse verso i grandi interrogativi di senso e i valori fondamentali per un proprio progetto di vita; e offrire ai giovani strumenti culturali e di riflessione per comprendere l’importan-
gnificativa tenuta della scelta dell’IRC, superiore anche alla media nazionale che è del 89,3%. Il settore dell’IRC come interagisce con gli altri ambiti della pastorale diocesana? L’IRC ha innanzitutto un suo riferimento particolare all’ambito accademico che è rappresentato dalla Facoltà di Teologia e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose che seguono la formazione iniziale dei docenti e offrono opportunità per la loro formazione permanente. I settori della catechesi e della pastorale giovanile possono trovare nei docenti di religione una collaborazione preziosa perché l’IRC, pur privilegiando la dimensione culturale propria della scuola, dà ai ragazzi la possibilità di approfondire la conoscenza del messaggio cristiano. In ambito giovanile non va dimenticato che grazie all’IRC la stragrande maggioranza degli adolescenti, anche di quelli che si sono allontanati dalla pratica religiosa, ha l’occasione di confrontarsi con i contenuti della fede cristiana e le domande di senso. L’IRC fa riferimento poi alla pastorale scolastica per quanto riguarda l’attenzione al mondo delle scuole cattoliche e anche alla Caritas per diverse proposte di educazione al servizio che si rivolgono ai ragazzi delle nostre scuole.
za e le caratteristiche del dialogo ecumenico, interreligioso, interculturale. L’esperienza mi ha fatto costatare che per conseguire tali finalità, è insufficiente l’ora settimanale di lezione in classe o nell'ambito del colloquio periodico tra insegnante e alunno. La convivenza quotidiana offre molte opportunità di avere una breve conversazione in corridoio, alla fine di una lezione o in un momento di pausa. Questi brevi contatti mi hanno dato l’opportunità di stimolare e incoraggiare l'allievo, di risolvere un problema occasionale e soprattutto di dimostrare ad ogni studente l’interesse alla sua situazione, ai suoi desideri, ai problemi, al suo mondo. In una società fortemente secolarizzata e in crisi di valori cristiani, in cui le varie agenzie educative devono fare i conti con una “vera emergenza”, insegnare Religione Cattolica sembrerebbe un impegno e un compito assai arduo e difficile, ma alla luce della speranza cristiana, ancora possibile ed entusiasmante. * insegnante di religione cattolica
DOMENICA 25 novembre 2012
IL PORTICO DI CAGLIARI
Cinema e società. L’analisi lucida di Salvatore Mereu, il regista del film “Bellas mariposas”.
“Sembra ci abbiano dato la corda e non vediamo più chi ci sta accanto” E’ nelle sale la pellicola tratta dal libro di Sergio Atzeni: “Chissà quante Cate e Luna ci sono mescolate sugli autobus della città di Cagliari” SERGIO NUVOLI HISSÀ QUANTE CATE e Luna ci sono mescolate sugli autobus, o nelle scuole di Cagliari, ma non abbiamo più il tempo di ascoltarle. Se il film desse questo supplemento di attenzione nei confronti di chi abbiamo intorno, sarei la persona più felice del mondo”. E’ deciso, non usa mezzi termini, Salvatore Mereu, nel raccontarsi a Il Porticodopo due ore di chiacchierata fitta fitta con 200 studenti universitari sul suo nuovo film “Bellas Mariposas”. E continua: “Vede, sembriamo persone a cui hanno dato la corda, che corrono verso un progetto di vita che non si capisce più qual è, e non abbiamo più nemmeno il tempo per soffermarci a guardare chi abbiamo accanto. Se lo facessimo guardando gli occhi di chi abbiamo davanti, vedremmo che ci sono storie di vita da condividere e sorreggere, ma non abbiamo più il tempo per farlo”. C’è un momento in cui è nata l’idea di girare il film? Sì, mentre leggevo il libro di Sergio Atzeni già vedevo il film. Un passaggio mi ha suggerito in modo ineludibile di farlo: quando Cate arriva in spiaggia, si butta in mare, e dice “Quando entro in acqua mi dimentico di tutto, di mio padre, del mio
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Nella foto di Francesco Cogotti, il regista Salvatore Mereu.
quartiere. Forse dovevo nascere pesce”. E’ una delle parti che da subito mi hanno soggiogato e fatto pensare ad un film. Perché? Già nelle pagine del libro la storia ha una potenza emozionale e visiva tale che mi ha fatto pensare che potesse essere portato sullo schermo. E poi il finale, quando le due ragazzine si scoprono sorelle: nonostante il mondo in cui sono cresciute e continuano a vivere, decidono di prendersi la vita che sembrerebbero portargli via. Ma mi è venuto anche il dubbio che non si potesse fare. Come mai? Ad un certo punto ho pensato che il racconto dovesse restare nella forma letteraria in cui era stato concepito. A sedurmi è stato il fatto che si muova come una sonata per pianoforte: la musicalità e la leggerezza del racconto sono stati decisivi. E’ il modo di Sergio Atzeni. Sì: dice cose terribili in modo leggero, solo apparentemente lieve. L’ho
letto e riletto, ma l’impressione restava. A quel punto ho deciso di provarci. Nascono così tutti i suoi film? Quando un racconto inizia a vivere nell’animo, e non sparisce dal ricordo, è un fatto da tenere presente. Pensare solo ad un messaggio da trasmettere fa correre il rischio del “film a tesi”: in realtà i film devono nascere prima di tutto per emozionare. Certo, per raccontare una storia. Ma prima di tutto per emozionare lo spettatore: se noi astrattamente inseguiamo la tesi, il messaggio, lo spettatore non ci segue. Qual è stata la difficoltà maggiore? Trovare le risorse e realizzarlo con i fondi trovati. E poi cercare di farlo nei luoghi che si vedono nel film: a Sant’Elia tutto si aspettavano meno che arrivasse una troupe a invadere i loro spazi. Com’è stato possibile? Sono stato accolto benissimo: se non mi avessero in qualche modo adottato, sarebbe stato impossibile
realizzarlo. E’ stata fondamentale l’esperienza fatta nella scuola due anni fa: quando abbiamo cominciato i provini e le scene, per le famiglie del quartiere io ero la persona che aveva insegnato cinema ai loro ragazzi, non mi vedevano come un intruso arrivato a saccheggiare. Il film è stato anche un’opportunità, di svago e lavorativa, sia per chi faceva la comparsa, sia per chi ci affittava le case, sia per altri, che erano addetti all’ordine e alla sicurezza. Abbiamo coinvolto una parte importante del quartiere. Che sensazione le dà rendersi conto oggi di aver realizzato anche una sorta di denuncia sociale? L’avevo messo in conto, spero di non aver ferito nessuno. Nel film c’è sempre affetto nei confronti dei personaggi raccontati: mi dispiacerebbe se non fosse chiaro. Si può parlare di funzione sociale del cinema? Guai se rinunciasse a questa grande possibilità. Ma quando accade non deve mai succedere per partito preso, ma perchè il pubblico si emoziona con il racconto di una storia. I film non funzionano come teoremi, devono emozionare: solo dalla partecipazione emotiva di chi lo vede, si capisce il racconto. Qual è il momento in cui lei si è emozionato di più? Sono stati tanti… Ma quasi piangevo quando le due ragazzine scendono in via Manno, sentono la cantante di strada, e la protagonista dice “Io non voglio finire come lei”. Nel modo in cui lo diceva, ho percepito l’esigenza di una comunità di persone che vuol vedere prima di tutto riconosciuta la propria dignità. Lì mi sono emozionato.
Bellas mariposas, affresco a quattro mani La grande sintonia del regista con l’autore del libro S. N. ON È UN FILM FACILE, Bellas Mariposas: forse è il caso di dirlo subito. Come non è semplice il libro di Sergio Atzeni, quel genio che a Cagliari - malattia diffusa - è troppo poco ricordato e apprezzato. Accusata (a torto) di volgarità, l’opera realizzata da Salvatore Mereu somiglia ad un affresco: volontà o meno del regista (come spiega nell’intervista che pubblichiamo), il risultato è il racconto realistico, crudo e per questo a tratti commovente - di una realtà che spesso si fa finta di ignorare. Non indulge alla denuncia, nè alla pietà: semplicemente fa parlare i protagonisti, con quella leggerezza che Mereu attribuisce alla scrittura di Atzeni. I due hanno - paradossal-
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mente insieme, anche se a distanza, in modo misterioso - scritto un racconto che coinvolge, dopo una prima parte molto simile ad un pugno nello stomaco, necessaria perchè lo spettatore si cali nell’ambiente. Costato un milione e 800mila euro (“film povero rispetto alla media nazionale, mediamente ricco tra quelli fatti con pochi mezzi”, chiosa il regista di Dorgali), racconta semplicemente la vita. Di un quartiere cagliaritano, ma che potrebbe essere tranquillamente un qualunque altro rione del mondo, come tiene a sottolineare Mereu: prima di scegliere Sant’Elia ha visitato anche le strade di Tor Bella Monica a Roma, ma anche la Fonsarda a Cagliari. E la vita c’è tutta: anche la fede, per chi la vuol vedere in quello che, ad un certo punto, fa Cate, la protago-
IL PORTICO
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brevi NUOVO LIBRO DI MICHELA CAPONE
Venerdì 30 novembre “Per sempre lasciami” Sarà presentato venerdì 30 novembre alle 18.30 - nei locali de L’Unione Sarda, in via Santa Gilla il nuovo libro di Michela Capone, dal titolo “Per sempre lasciami”, scritto per Arkadia editore. L’ a u t r i c e propone un nuovo volume dopo il successo di “Quando impari ad allacciarti le scarpe”, di cui parla a pagina 5. Sul prossimo numero de Il Portico - nella seconda parte dell’intervista concessa a Laura Cabras - Michela Capone parla proprio del nuovo volume.
DIMMI CHE DESTINO AVRÒ
Il 29 novembre prima del film di Marcias Sarà presentato il 29 novembre al cineteatro Odissea il nuovo film di Peter Marcias, “Dimmi che destino avrò” girato nei mesi scorsi in Sardegna tra Cagliari e provincia, e Parigi. Una pellicola che affronta tematiche sociali legate ai rom e la loro integrazione in Italia ed Europa, con un cast d’eccezione in cui figurano Luli Bitri, attrice albanese molto apprezzata, Salvatore Cantalupo ("Gomorra"), Andrea Dianetti, Pietrina Menneas, Davide Careddu e Nino Nonnis. Marcias si è avvalso della collaborazione di Gianni Loy (nella foto) per la sceneggiatura, Alberto Lopez Palacios per la fotografia, Stefania Grilli per i costumi, Danilo Torre per il montaggio. E per il film arriva anche il riconoscimento dell’Unicef: “Il Comitato Italiano - si legge nel sito dell’organizzazione - sostiene il progetto per l’alto valore del messaggio contenuto nel film. Il tema della non discriminazione dei gruppi più emarginati di bambini e adolescenti viene raccontato con grande sensibilità e delicatezza”. Il film è prodotto da Gianluca Arcopinto e Fondazione “Anna Ruggiu” con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission.
Salvatore Mereu con le due protagoniste.
nista. Ma “nessuna volontà di ricerca sociologica”, avverte Mereu chi cerca secondi fini. Il risultato sullo schermo è una storia cagliaritana, per come è realizzata, ma profondamente universale. L’autore di “Ballo a tre passi” fa centro un’altra volta, mostrando che anche in Sardegna si sa fare cinema di qualità. Certo, sono lontani i tempi del Dams, in cui Mereu si inventava finte tesi di laurea da scrivere pur di stare sul set di registi come Cristina Comencini. Disco verde - e non era semplicissimo - dalla famiglia di Sergio Atzeni: “A Venezia con mia figlia - ha rivelato la vedova dello scrittore,
Rossana Copez, in un’aula magna di Magistero strapiena - ci siamo emozionate. Il regista ha saputo ‘ascoltare’ il libro, non solo leggerlo. Sergio, quando scriveva, diceva di porsi nella condizione dell’artigiano: Salvatore Mereu ha saputo muoversi nello stesso modo”. Il 25 gennaio il film approderà nelle sale nazionali. Avviso per i naviganti: vedere Bellas Mariposas fa venire una voglia inarrestabile di leggere il libro. Ma anche il sanissimo desiderio di conoscere tutta l’opera di un autore come Sergio Atzeni, scomparso troppo presto senza che la sua città lo ricordi abbastanza.
VILLA TECLA
Incontro su “La porta della fede” Nuovo appuntamento domenica 2 dicembre alle 16 nella casa di spiritualità “Villa Tecla” con il ciclo di incontri mensili sul tema “La porta della Fede”, tenuti da mons. Salvatore Ruggiu, vicario espiscopale per le vita consacrata. Al termine è prevista la celebrazione della Santa Messa.
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IL PORTICO DE
il PortiCo
Sei tu il Re dei Giud
SOLENNITÀ DI CRISTO RE
dal Vangelo secondo Giovanni
DON ANDREA BUSIA
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il portico della fede
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n quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gv 18, 33b-37
l brano che ci viene proposto oggi, nella solennità di Cristo Re, è preso dal vangelo di Giovanni e ci presenta l'interrogatorio di Gesù ad opera di Pilato. Mentre negli altri vangeli troviamo molti insegnamenti e parabole riguardo il regno di Dio, in quello di Giovanni non troviamo praticamente nulla finché non si arriva al momento della passione (tranne un piccolo accenno al capitolo 3). Giovanni di proposito ha scelto di trattare l'argomento solo nel momento centrale del ministero di Gesù e questo probabilmente per due ragioni: per mostrare, come è evidente nel nostro brano, la differenza tra i re della terra e Cristo, ed inoltre perché per Giovanni la regalità di Gesù si manifesta proprio nella sua passione, morte e risurrezione. Il racconto della passione, in questo vangelo, ha la funzione di narrare i fatti, e allo stesso tempo, sottolineare la regalità di Gesù, per rendersene conto basta leggere ad esempio affiancati i brani della passione in Marco e Giovanni, si vedrà ad esempio come, in corrispondenza del nostro bra-
no, troviamo una sola frase: “Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici»”. Gesù non è mai presentato come una vittima ma come il vero padrone della situazione. Nel nostro brano, nonostante la serietà del momento, Giovanni non rinuncia alla sua ironia: se si legge con attenzione si vede come sia Gesù a gestire la discussione, anzi all'inizio sembra che sia Gesù a dover interrogare Pilato anziché il contrario, e difatti alla fine dei conti è proprio così. È Gesù il Signore della storia, Pilato non ha alcun potere su di lui: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande” (19,11). L'accusa ufficiale contro Gesù era di voler prendere il potere, liberando Israele dal giogo romano, una motivazione strettamente politica, ma questa idea - come ben sappiamo - non potrebbe essere più lontana dalle intenzioni di Gesù. Gesù si difende, ma non per evitare semplicemente la condanna, bensì per fare in modo che Pilato debba porsi la doman-
da su chi ha davanti e che cosa egli voglia. Gesù non si sottrae alle domande, ma neppure si limita a rispondere ad esse, il suo compito è quello di testimoniare Dio, l'ha fatto per tutta la vita e continua a farlo anche in questo caso. Gesù ci mostra che, quando si presenta l'occasione per testimoniare, questa non deve essere sprecata, neppure quando è in gioco la vita stessa, secondo il suo stesso insegnamento: “Vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza.” (Lc 14,12bc-13) Gesù ammette di essere re, ma in un senso diverso da come Pilato interpreta la regalità, quest'ultimo interpreta le parole di Gesù esclusivamente da un punto di vista giuridico, ed è per questo che Gesù sottolinea le differenze tra sé e gli altri re. La paura di Pilato è legata al titolo di “re”, l'ultima risposta del nostro brano ha due effetti: da una parte tranquillizza Pilato mostrando che non ha nulla da temere per supposte pretese di potere, dall'altra però lo mette a disagio perché lo sfida
a riconoscere la “verità”. Pilato non è libero, anche se non se ne rende conto, è schiavo delle sue paure, perché non è capace di riconoscere ed accogliere la verità, l'unica capace di rendere veramente liberi secondo le parole di Gesù: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (8,3132). Ascolto della sua parola, verità e libertà sono tre elementi che non possono essere separati. La condanna a morte di Gesù è conseguenza della paura di Pilato che teme possa scatenarsi una rivolta, di fatto il verdetto non è causa di una qualche colpa, come sarebbe normale, difatti Pilato stesso dichiarerà Gesù innocente (18,38). Pilato, come anche noi, viene invitato ad uscire dalle sue paure, ad affidarsi a colui che è “via, verità e vita” (14,6), di fronte a “Gesù verità” non ci sono molte vie di mezzo, o ci si sforza di accoglierlo o lo si rifiuta: non basta affermare la sua innocenza se non lo accettiamo come nostra verità, accettando di testimoniare lui anziché il nostro orgoglio e le nostre convinzioni.
LA VERITÀ CI POSSIEDE Nell’ultima Udienza Generale il Santo Padre, portando avanti il ciclo di catechesi dedicato all’Anno della Fede, si è soffermato sulle vie per conoscere Dio. Un aspetto che va considerato prima di tutto, ricorda il Papa rifacendosi a S. Agostino, è dato dal fatto che è Dio che ci cerca per primo: «non siamo noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci possiede». I tempi odierni sono segnati da «una forma di ateismo “pratico”, nel quale non si negano le verità della fede o i riti religiosi, ma semplicemente si ritengono irrilevanti per l’esistenza quotidiana, staccati dalla vita, inutili. Spesso, allora, si crede in Dio in modo superficiale, e si vive “come se Dio non esistesse” (etsi Deus non daretur). Alla fine, però, questo modo di vivere risulta ancora più distruttivo, perché porta all’indifferenza verso la fede e verso la questione di Dio». L’uomo che si illude di trovare la sua libertà separandosi da Dio in realtà diventa schiavo di tanti “idoli”: «se
Dio perde la centralità, l’uomo perde il suo posto giusto, non trova più la sua collocazione nel creato, nelle relazioni con gli altri. Non è tramontato ciò che la saggezza antica evoca con il mito di Prometeo: l’uomo pensa di poter diventare egli stesso “dio”, padrone della vita e della morte». Per superare questa visione limitata dell’esistenza l’uomo deve aprirsi alla ricerca di Dio che può prendere tre vie particolari: il mondo, l’uomo e la fede. A riguardo del mondo il Papa afferma che «non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice». Contemplare con occhi attenti la realtà della creazione è una via per incontrare Dio. La seconda via che parte dalla condizione dell’uomo è bene espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della co-
scienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità, l’uomo si interroga sull’esistenza di Dio» (n. 33). La vita della fede rappresenta poi la terza via che conduce a Dio: «chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità. Così la sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto». Oggi «molti hanno una concezione limitata della fede cristiana, perché la identificano con un mero sistema di credenze e di valori e non tanto con la verità di un Dio rivelatosi nella storia, desideroso di comunicare con l’uomo a tu per tu, in un rapporto d’amore con lui. Il Cristianesimo, prima che una morale o un’etica, è avvenimento dell’amore, è l’accogliere la persona di Gesù. Per questo, il cristiano e le comunità cristiane devono anzitutto guardare e far guardare a Cristo, vera Via che conduce a Dio». di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
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Interviene il Presidente del Forum dele famiglie.
dei?
Legge di stabilità. E se fosse veramente un buon inizio? Belletti: “In questo modo la politica recupera credibilità” FRANCESCO BELLETTI
l profilo complessivo della legge di stabilità è certamente molto cambiato, dalla prima bozza ad oggi, e sicuramente in modo molto positivo. Alcune ipotesi inaccettabili sembrano saltate (ad esempio la retroattività di alcune disposizioni, o il brusco innalzamento delle aliquote Iva per le cooperative sociali), e bisogna dare atto a tutto il governo di aver avuto, in queste settimane, una grande capacità di dialogo con partiti, forze sociali, società civile. Sullo specifico della famiglia, oggi sui giornali vengono annunciate numerose modifiche, che sembrano quasi definitive - anche se non sarebbe la prima volta che importanti emendamenti vengono inseriti o cancellati “dalla sera alla mattina”, e che certamente meritano esplicita approvazione. In particolare la cancellazione dell'aumento dell'Iva (che rimane al 10%) per i beni di prima necessità, così come l'eliminazione di alcune franchigie o di alcuni tetti di deducibilità/detraibilità su costi sanitari o su altre voci perdurante rigore(difficile essere più precisi, leggeremo il testo definitivo e le scelte concrete nei prossimi giorni). Ma il segnale più chiaro - e confortante - sembra essere l'impegno ad aumentare le detrazioni per figli a carico di 180 euro, scelta, come dice anche il Sole24 , “fortemente voluta dall'Udc” e che il governo sembra aver assunto con convinzione. La novità del dato non sta tanto nel mi-
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RISCRITTURE
CHI FA SPAZIO AGLI ANZIANI FA SPAZIO ALLA VITA E’ bello essere anziani! In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche “acciacco” e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza. Nella Bibbia, la longevità è considerata una benedizione di Dio; oggi questa benedizione si è diffusa e deve essere vista come un dono da apprezzare e valorizzare. Eppure spesso la società, dominata dalla logica dell’efficienza e del profitto, non lo accoglie come tale; anzi, spesso lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di chi è emarginato,
vive lontano dalla propria casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno, iniziando dalle famiglie e dalle istituzioni pubbliche, per fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. La sapienza di vita di cui siamo portatori è una grande ricchezza. La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Chi fa spazio agli anziani fa spazio alla vita! Chi accoglie gli anziani accoglie la vita! Cari fratelli e sorelle anziani, talvolta le giornate sembrano lunghe e vuote, con difficoltà, pochi impegni e incontri; non scoraggiatevi mai: voi siete una ricchezza per la società, anche nella sofferenza e nella malattia. Benedetto XVI, 13 novembre 2012
glioramento in termini assoluti per ogni famiglia (tanto più che la variazione è decrescente al crescere del reddito, in uniformità con il quadro attuale), anche se bisogna riconoscere che l'impegno complessivo è sicuramente importante, con una cifra stimata attorno al miliardo di euro, in un periodo di perdurante rigore e controllo della spesa. Quello che ci sembra più virtuoso di questa scelta appare essere la scelta di sostenere i carichi familiari con una misura tendenzialmente universalistica, assumendo cioè la prospettiva di investire sulla risorsa famiglia e sulle nuove generazioni, anziché cercare “categorie a rischio”. Questa scelta sarà tanto più confermata se l'opzione verrà mantenuta e incrementata anche nel 2014 e nel 2015, anni di riferimento della legge di stabilità, ed esercizi in cui le prospettive economiche stimano un crescente budget disponibile. Quindi salutiamo con grande favore l'introduzione di una misura profamiglia nella legge di stabilità, considerandola una primizia seria ed affidabile di un orientamento che dovrà consolidarsi anche nei prossimi anni. In questo senso rivolgiamo un appello a tutti i partiti e a ciascun senatore e deputato, che nei prossimi giorni dovranno discutere ed approvare la legge di stabilità, perché sostengano e se possibile rafforzano questi pur iniziali segnali di attenzione alla tenuta delle famiglie nel nostro Paese. Anche così la politica potrà recuperare la propria credibilità davanti ai cittadini.
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IL PORTICO DEI LETTORI
il PortiCo
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a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche dichiarava il sommo vate nel XXII canto dell’Inferno. Ma a onor del vero, dissipate le ataviche resistenze, il popolo sardo sa dare il meglio di se quando dimostra di non esser preso facilmente alla gola dallo spirito di campanile. Gli impudici omissis della storia di vulgata, infatti, evidenziano ancora una volta la responsabilità della ricerca storica e l’auspicabile lavoro sulla fonte viva in un vero e proprio culto del documento, unico atteggiamento con cui affrontare una seria riflessione storica. Spesso la penna sarda, specie in tema Sabaudo, vive il rischio ideologico di uscire dai consueti binari dell’equilibrata dialettica storica per lievitare nel virtuosismo sofista, rischiando, inutile dirlo, di gettare il bambino con l’acqua sporca. L’epopea savoiarda in terra sarda ha ombre come ha luci, ad ogni modo, bongrè malgrè, è storia patria e con serietà scientifica è necessario documentarla e denudarla da refusi di indotto spirito politico di chi mitizza o di chi detrae. Poco si conosce ad esempio di Maria Cristina Efisia di Savoia, unica regina nata a Cagliari, figura dalla statura morale, religiosa e sociale che torreggia sulla storia della Sardegna risorgimentale. Duecento anni orsono Castello, fino allora luogo del privilegio alimentare, è funestato da una fame inaudita e insopportabile.
ritratto dell’unica regina nata a Cagliari
In onore di Maria Cristina di ILARIA MUGGIANU SCANO
Sono trascorse esattamente due settimane dalla congiura di Palabanda quando la Corte Sabauda dovrà rinunciare per sempre alla speranza dell’erede sospirato. Dopo la morte del piccolo Carlo Emanuele nel 1799 (sepolto nella cripta del Duomo di Cagliari) Maria Teresa e Vittorio Emanuele I vedono nella nuova gravidanza della Sovrana una speranza che si spegnerà col primo vagito della bambina Maria Cristina, bellissima e sana, ma femmina. La Corona passerà dunque al ramo cadetto dei Carignano nella persona di Carlo Alberto, che alla morte dei genitori della Venerabile ne diverrà tutore legale. La realtà storica contraddirà la convinzione carducciana di Carlo Alberto “Italo Amleto” o quella del Giusti che vide nel sovrano un “Re Tentenna”, dimostrando di non conoscere il decisionismo di cui era capace il reggitore nell’ordire il vero e proprio marchingegno politico del matrimonio reale di Maria Cristina con Ferdinando II che fece della fanciulla, obtorto collo, Regina delle Due Sicilie. L’immagine della Venerabile esposta durante i festeggiamenti. Vero cavallo di Troia del ma-
chiavellico piano diplomatico fu il padre spirituale della ragazza, l’olivetano G. Battista Terzi, che destrutturò il sogno monacale della giovane convincendola di non avere una spiritualità aderente alle esigenze della dura vita claustrale, nonostante i ripetuti episodi di estasi mistica di Cristina. La Venerabile, in totale spirito di obbedienza, si persuase che la vita di Corte avrebbe potuto permetterle di applicare quella “politica della carità” come ebbe a definirla Benedetto Croce, che unanimemente con insospettabili protagonisti della storia quali Cavour, ammirava la Sovrana di Napoli. Cristina sa di economia, di matematica e scienze naturali, cosa non comune in una donna di quell’epoca, ha spiccate doti intellettive e mette su, autonomamente, un progetto che concentra un po’ tutte le sue convinzioni religiose e sociali. Mette in crisi le sue finanze private ma recupera tutta una “fascia debole” del regno. Lo strappo nella carne provocato dalla coscienza di tanta miseria portò Cristina a ritenere sempre più urgente un intervento radicale, un progetto caritatevole che fosse utile contemporaneamente al maggior numero di persone, la sola idea di far rinascere la
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seteria di San Leucio, vicino a Caserta, la riempiva di vigore: lontana dai tumulti le ricordava la sua prima età a Moncalieri. I sette articoli dello statuto della Colonia di San Leucio fissavano le regole per un’idilliaca vita in comune. Alcune norme, straordinariamente avanzate, hanno fatto parlare certi storici di «comunismo» borbonico: eguali diritti ereditari per uomini e donne, libertà assoluta per i giovani di contrarre matrimonio senza il consenso dei genitori, istruzione obbligatoria, una casa per gli orfani, una magistratura elettiva, una serie di attività e risorse con una gestione collettivizzata. Cristina non vedeva nell’abbandono della seteria un risparmio significativo per le casse del regno, di contro un investimento su di essa avrebbe certamente portato una repentina risposta a livello socio economico. Il senso della regina per il bene pubblico la condusse a privilegiare i sistemi lavorativi meno faticosi, non desiderava solamente concedere un salario ai suoi sudditi ma il suo piano comportava la restituzione della propria dignità di uomini. Un tratto distintivo dell’emancipazione sociale di Cristina risiede proprio nel rapporto con le donne, ma non di una solidarietà tra donne si tratta ma dell’emergenza di restituire a delle persone la sovranità sulla propria esistenza. Le donne, prima ridotte a tante automi, spesso vittime delle violenze e dell’alcolismo dei loro mariti, se non dei genitori o dei fratelli, una volta recuperate alla vita, diventano le interlocutrici principali della Reginella. Prega con loro, le istruisce, spiega il valore dell’operosità cristiana, scrivendo per loro canti e preghiere religiose. La gioia più grande è raggiunta da Cristina nella nascita trionfale di un’erede, ma la medesima, oceanica folla che il 16 gennaio 1836 si stringe in commozione attorno alla puerpera reale convertirà il proprio pianto in dolorosa mestizia per la morte improvvisa di quella fanciulla che il destino strapperà al suo talento di sovrana, fiore gentilissimo di un ingegno non ancora ventiquattrenne. Nell’immagine: Filippo Figari, Allegoria della fede sarda, Cattedrale di Cagliari
Sostienici nell’Aiuto Nella risoluzione dei problemi occorre partire da un punto fermo e Noi come Caritas, insieme alla società civile, vogliamo essere quel punto di partenza. (don Marco Lai) Un Sereno Natale, Fratelli e Sorelle, dalla Caritas Diocesana di Cagliari.
Caro Fratello e cara Sorella, quest’anno scegli di augurare Buone Feste sostituendo il tuo tradizionale dono natalizio con una donazione alla Caritas Diocesana di Cagliari, ciò ci permetterà di acquistare alimenti, beni di prima necessità e materiale medico-sanitario, essenziali oltre che ai bisogni della mensa di Via Sant’Ignazio, all’accoglienza, in generale, degli Ultimi, nostri Fratelli. La nostra non è un’accoglienza fine a se stessa, ma crediamo ed operiamo progettando INSIEME, un futuro verso l’autonomia. Sostienici nell’Aiuto, grazie. don Marco Lai Direttore della Caritas Diocesana Diocesi di Cagliari- Caritas Diocesana- causale Sostienici nell’Aiuto Natale 2012 • Poste ccp: 16211096 • Banco posta: IT74E0760104800000016211096 • Banca Prossima: IT70Z0335901600100000070158 Ricorda di segnalarci le persone a cui dobbiamo rivolgere i Tuoi e Nostri Auguri di Natale scrivendo a caritas.cagliari@gmail.com Le aziende interessate anch'esse a Sostenerci nell'Aiuto, possono prendere contatto con la segreteria della Caritas scrivendo all'indirizzo caritas.ca@tiscali.it
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IL PORTICO DI CAGLIARI
Caritas. Leonardo Lenzi è responsabile del Centro di giustizia riparativa di Bergamo.
“Occorre una nuova coscienza: la mediazione fa superare i conflitti” L’esperienza bergamasca dimostra come si può dar spazio ad un nuovo modello di composizione dei conflitti giudiziari: “La vittima chiede che il colpevole comprenda” MARIA CHIARA CUGUSI A MEDIAZIONE PENALE è un aprirsi incondizionato alla sofferenza umana, nella consapevolezza che la riparazione è sempre reciproca”. Leonardo Lenzi, responsabile del centro di Giustizia riparativa della Caritas di Bergamo, spiega l’importanza del confronto diretto tra vittima e colpevole, in grado di trasformare il conflitto in un’occasione di crescita e recupero della dignità umana. Uno strumento sperimentato da lungo tempo dalla Caritas bergamasca, su iniziativa di don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, da anni impegnato nel settore giustizia. In cosa consiste la mediazione penale? Nella mediazione penale ci troviamo di fronte a conflitti davanti ai quali non si può negoziare, corredati da emozioni libere che hanno bisogno
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di trovare uno spazio per essere espresse, al di là delle aule giudiziarie. Si tratta di un modello umanistico nel quale i mediatori, non attraverso tecniche predefinite ma grazie alla loro esperienza diretta, accolgono la sofferenza, la riconoscono, danno la parola al disordine, dopo aver assistito al confronto. Non danno consigli, non propongono soluzioni, sono semplici specchi che riconoscono la sofferenza e danno un nome a ciò che sentono: è una mediazione che ha a che fare più con l’essere che con il fare. Che tipo di percorso affrontano i mediatori? Il percorso di formazione è molto lungo e prevede l’abbandono delle competenze piuttosto che l’acquisizione, cioè la spoliazione di tutte
quelle pre-comprensioni di chi già opera in questo ambito, tanto è vero che i più difficili da formare sono i giuristi e gli operatori sociali. Le stesse normative internazionali dicono che il mediatore non ha bisogno di alcun requisito particolare, eccetto l’aver compiuto questo percorso formativo. Come si inserisce la mediazione penale nel contesto della Caritas? La diversità, ben presente nella realtà Caritas, diventa un valore aggiunto per la mediazione: abbiamo incluso nel nostro gruppo, formatori non solo non credenti, ma anche appartenenti a altre nazionalità e culture. Ogni tre anni organizziamo un corso di formazione gratuito, in modo da rispondere alle esigenze crescenti non solo nell’ambito della mediazione penale, ma anche di quella sociale, sanitaria e pastorale.
In quest’ultimo caso, la giustizia riparativa permette di riscoprire il conflitto come luogo teologico, in cui si può fare esperienza di Dio, attraverso un perdono orizzontale, che caratterizza le relazioni interpersonali. Quali risultati avete raggiunto sul territorio locale? Abbiamo contribuito a creare altri uffici sul territorio, grazie a una sensibilizzazione diffusa anche nel mondo del diritto, che a volte continua a percepire la mediazione con sospetto. Dobbiamo far crescere una consapevolezza nuova: la scorciatoia giudiziaria è quella più percorsa non perché la si desideri di più, ma perché è l’unica che si pensi immaginabile. Occorre dialogare con la magistratura, gli avvocati, che devono essere inclusi in questo percorso. Quali sono i maggiori benefici per i soggetti che scelgono la mediazione penale? Ciò che chiede la vittima di un reato, ancor prima della punizione del colpevole, è che l’altro possa incontrare la sofferenza che ha provocato. La riparazione è sempre bilaterale, perché anche la vittima deve toccare la radice di sofferenza da cui ogni atto violento prende la sua forza. Questo scambio permette il superamento del conflitto: è come se il reo e la vittima avessero l’uno la medicina per l’altro. Il più grande beneficio della mediazione è proprio questo incontro umano.
Confronto e ascolto per comporre le liti La sfida proposta dal recente convegno della Caritas M. C. C. ROMUOVERE NUOVI percorsi giudiziari, in cui il confronto e l’ascolto delle sofferenze reciproche prende il posto del tradizionale dibattito in tribunale. È la sfida accolta dalla Caritas diocesana di Cagliari e da MediaInsieme, organismo accreditato presso il Ministero della Giustizia, durante il convegno organizzato in collaborazione con il centro di Servizio per il volontariato Sardegna Solidale e con l’Ordine degli avvocati di Cagliari. Il tema, l’esperienza positiva della Caritas di Bergamo, da anni impegnata nella mediazione penale, strumento che consente alla vittima e al reo di partecipare attivamente e a titolo volontario alla risoluzione dei problemi. Una giustizia più umana, che affonda le radici nella tradizione ebraico-cristiana, in cui a ognuno è concessa la possibilità di cambiare. “La dimensione terrena è quella in cui ogni condizione è considerata
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reversibile”, ha sottolineato, in apertura dei lavori, S.E. Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari. Proprio l’amore cristiano richiama il perdono di Dio, “capace di operare una trasformazione profonda della persona, e che, al tempo stesso, esige la disponibilità di quest’ultima a essere trasformata”. Mediazione sperimentata anche in ambito civile, che potrebbe avere ripercussioni positive per la riduzione dei carichi giudiziari: 1296 procedimenti iscritti in un anno, di cui il 10% quelli conclusi positivamente, come ricordato da Grazia Corradini (presidente Corte d’appello di Cagliari). Strumento che deve essere diffuso ulteriormente a livello penale, “per affiancare alla giustizia alta la giustizia altra, in modo da trasformare il conflitto in occasione di crescita e di recupero della dignità della persona”, ha sottolineato don Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari e moderatore del convegno. Così anche la Caritas diocesana, già atti-
vamente impegnata nel settore della giustizia, accoglie la nuova sfida, nella consapevolezza che il centro d’ascolto di Buoncammino - con i suoi circa 240 ascolti al mese e i 50 volontari impegnati - possa costituire “il primo passo per una mediazione penale più strutturata - ha sottolineato da Paolo Bernardini, responsabile del centro d’ascolto Caritas del carcere cagliaritano -, in grado di promuovere una maggiore partecipazione e responsabilizzazione del detenuto”. Una strada possibile, che finora ha già dato riscontri positivi: secondo i dati dell’Osservatorio sulla mediazione penale e la giustizia riparativa, sono 44 i casi (al maggio 2012), 39 uomini e 5 donne (in esecuzione di pena o in misure alternative alla detenzione) che hanno intrapreso percorsi di mediazione con la propria vittima
o con vittime di reati analoghi. “Grazie alla mediazione può essere rafforzato il senso della cultura civica - ha spiegato Maria Pia Giuffrida (Dirigente generale Dipartimento amministrazione penitenziaria e Coordinatrice Osservatorio sulla mediazione penale e la giustizia riparativa) -. L’esperienza ci ha insegnato che la mediazione è importante anche per i casi più gravi. Dobbiamo investire nella formazione all’ascolto degli operatori penitenziari, dei servizi sociale e dei vari uffici coinvolti”. Fondamentale il ruolo dei mediatori: “Attraverso questo strumento riusciamo a capire gli altri, senza giudicarli - racconta Moussa Diagne, mediatore presso la Caritas bergamasca - : aiutiamo la vittima e il reo ad ascoltare, a far emergere la verità, perché solo da quest’ultima può nascere il perdono”.
il PortiCo
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brevi ALL’EXMÀ
Un mostra personale di Alessandro Loddo “Regala un sogno” è il titolo della prima personale di Alessandro Loddo, in corso al Centro Comunale d'Arte e Cultura ExMà di Cagliari. La mostra, visitabile fino a domenica, nasce nell'ambito dell'omonimo progetto voluto dall'associazione dei bambini ospedalizzati della Sardegna, ed è realizzata in collaborazione col Consorzio Camù e il Comune di Cagliari. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del Centro culturale ExMà. ACLI
Visita guidata al cimitero di Bonaria Domenica 25 novembre alle 10 il Circolo Acli “A. Lattuca” - Is Mirrionis organizza una visita guidata nel Cimitero monumentale di Bonaria. È un autentico parco monumentale con opere d'arte di grande valore disseminate tra il verde e conservate nelle cappelle, il museo della scultura all'aperto più ricco e rappresentativo che Cagliari possieda tra il XIX e il XX
secolo. Costruito dopo l'editto di Napoleone Bonaparte che vietava le sepolture nelle chiese e nelle piazze antistanti, sarà il luogo prescelto dalla nuova borghesia dei commerci e imprenditoriale cagliaritana che, a cavallo tra 1800 e 1900, incaricherà i migliori artisti del tempo di portare e mantenere anche dopo la morte la condizione sociale elevata raggiunta in vita.
MEIC
Incontro sul libro di padre Ronchi Il chostro di San Domenico a cagliari opsita martedì 4 dicembre alle 18 l’incontro di riflessione del libro di padre Ermes Ronchi “Sulla soglia della vita”, proposta dalla professoressa Marisa Congiu. L’appuntamento rientra tra quelli organizzati dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale Meic, previsti nell’anno sociale 2012/2013
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
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TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE Via Parraguez, 19 – 070503289 fax 070513302 09121 CAGLIARI Prot. Causa 46/2012 SEZ. BUCCIERO Nullitatis Matrimonii: SARDU – MELONI Prot. Postale 8778/2012 CITAZIONE EDITTALE Ignorandosi il luogo dell’attuale abitazione della Sig.ra Meloni Giorgina, a norma del can. 1507 – 1 CIC e dell’art. 126 della Dignitatis Connubii INVITIAMO I parroci, i sacerdoti e i fedeli tutti, che in qualche modo abbiano notizia del domicilio della Sig.ra Meloni Giorgina, affinché abbiano cura di informarla della presente citazione e di comunicare a questo Tribunale il suo indirizzo. Ordiniamo che la presente venga pubblicata per due numeri consecutivi nel settimanale dell’Archidiocesi di Cagliari, sede dell’ultimo domicilio conosciuto, affissa per 30 giorni presso la Curia Metropolitana di Cagliari, ed alle porte della Parrocchia cittadina competente per territorio dell’ultimo indirizzo conosciuto, per il quale si allega certificando di residenza emesso dal Comune di Cagliari in data 17.10.2012, ad normam Iuris. Si prega di comunicare a questo Tribunale l’esito della presente disposizione, scaduti i termini fissati, la causa proseguirà il suo iter fino alla rituale definizione. Cagliari 12.11.2012 Il Vicario Giudiziale Sac. Dott. Mauro Bucciero Il Notaio Dott.ssa Maria Carmen Mannai
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Iniziative. Concluso il primo biennio della scuola di partecipazione politica “domenico mangano”.
Un laboratorio per il bene comune per un corretto agire in politica Una dozzina di giovani provenienti da diversi centri del sud dell’Isola si sono formati al corso istituito dal Movimento Politico per l’Unità, diramazione dei Focolarini R. C. ON UN CONVEGNO nella sala consiliare del comune di Cagliari si è chiuso il primo biennio della scuola di partecipazione politica “Domenico Mangano”, organizzata dal Movimento Politico per l'Unità, espressione del Movimento dei Focolari. La scuola, con incontri periodici, ha formato una dozzina di giovani di diversi centri del sud dell'Isola alla cittadinanza attiva, alla partecipazione alla vita democratica, con una maggiore conoscenza dei meccanismi che muovono l'agire politico. “I ragazzi stessi - ha detto Cinzia Guaita, presidente del Movimento Politico per l'Unità in Sardegna - hanno evidenziato come la Scuola abbia fatto riconsiderare la politica come qualcosa nella quale non si “entra”, come il linguaggio comune ci fa pensare, ma nella quale si è immersi quotidianamente e quindi di cui essere responsabili. Cittadini e loro rappresentanti devono insieme perseguire il bene comune. Fondamentale è stato
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sperimentare che questo lo si può fare con tutti. I ragazzi appartenevano a partiti di vario orientamento, qualcuno aveva una formazione cattolica, qualcuno laica, uno è buddista: tutti legati dal patto di fraternità che occorre firmare all'iscrizione, che si può sintetizzare con la regola “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te…”. Abbiamo considerato l'esperienza come un laboratorio da osservare e migliorare. Insieme abbiamo individuato punti di forza e criticità e siamo pronti per iniziare un nuovo biennio, con uno slancio in più: abbiamo visto che, quando si mettono in campo valori alti e concretizzabili, i giovani amano la politica”. Alla fine del convegno che ha visto la partecipazione di Adriana Cosseddu, docente di diritto penale commerciale all'Università di Sassari, sono stati consegnati gli atte-
stati di partecipazione. Tra i “diplomati” della scuola anche Alice Costa e Andrea Putzu, moglie e marito, futuri tutor del nuovo biennio che ripartirà da gennaio. “Questa esperienza - ha detto Alice, web designer - mi ha fatto ripensare alla politica e alla concezione che in molti hanno, ovvero una cosa legata esclusivamente al potere. Grazie alla scuola invece so che la politica è partecipazione ed assunzione della responsabilità. Non sono impegnata politicamente ma sento che come cittadina posso e devo fare tutto ciò che mi compete per evitare che la politica rimanga una cosa patrimonio di pochi. Dobbiamo occuparci del bene comune ed anche accompagnare i nostri eletti, con i quali dobbiamo instaurare un rapporto diretto”. Anche per Andrea l'esperienza della Scuola è più che mai positiva. “A
dire il vero l'inizio è stato caratterizzato da una sorta di incertezza, non conoscendo cosa saremmo andati a fare. Poi, man mano che gli incontri aumentavano, abbiamo preso maggiore coscienza di ciò che stavamo portando avanti. L'idea che spingeva questa scuola era un'idea alla quale non eravamo abituati e che intendeva la politica come ricerca del bene comune. Una modalità non conosciuta dalla gente ma che è necessario diffondere. Dobbiamo dare speranza e spingere le persone all'impegno, perché la politica esca dagli ambiti angusti dove ora viene tenuta. La scuola in questo caso ci ha aiutato: abbiamo realizzato tutta una serie di appuntamenti che ci ha fatto crescere ed ha permesso di vivere un'esperienza di condivisione in un clima di serenità e di rapporti autentici”.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
Diocesi. Al convegno sulla Venerabile ha partecipato anche una presunta miracolata.
La beatificazione di Maria Cristina di Savoia adesso appare più vicina Durante il travaglio prima del parto, una giovane mamma di Ortacesus si è invocata con fede: le difficoltà annunciate scomparvero di colpo. Il racconto durante i lavori
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Un momento della messa celebrata dall’arcivescovo nell’ambito dei festeggiamenti per Maria Cristina (foto Elio Piras).
vero prossima alla conclusione”, come ha sottolineato Vito Fusaro, uno tra i maggiori promotori dell’evento e profondo conoscitore della Venerabile. Presente all’iniziativa anche il postulatore generale della causa, padre Giovanni Giuseppe Califano, informato della testimonianza della giovane donna proveniente dalla Trexenta, che ha seguito i lavori del convegno confuso tra la gente per poi partecipare alla concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo, mons. Arrigo Miglio, che ha concluso la lunga giornata di festeggiamenti. Il convegno, moderato da mons. Tonino Cabizzosu, è stato caratteriz-
zato non tanto da uno spirito agiografico quanto dalla passione dei relatori. Priorità dell’incontro è risultata la ricostruzione della “sardità” di Maria Cristina, quasi volutamente trascurata dalla storiografia classica: il suo uso di vestire alla campidanese per le feste romane, il suo ornarsi di piume di fenicottero sardo, il fittissimo carteggio con le dame rimaste in Sardegna e il ricordo della balia stampacina Speranza Murru (una cui pronipote era presente al convegno), unica figura amica presente al matrimonio della Venerabile. Gesto significativo, sia per le mille difficoltà di collegamento tra Genova e Cagliari, sia per l’assenza al rito nuziale di tutto il resto della fa-
miglia di Maria Cristina. Lo spaccato storico è stato ricostruito attraverso gli interventi di Marinella Ferrai Cocco Ortu, Anna Maria Oppo e Francesca Desogus che - esperte in materia archivistica - hanno ricostruito la Sardegna dell’epoca, e di Alberta Dettori che ha proposto una dettagliata sintesi biografica. Paolo Amat di San Filippo ha descritto l’evoluzione dell’attaccamento dei cagliaritani alla figura di Maria Cristina mentre Riccardo Mostallino Murgia, editore dell’opera degli organizzatori “Maria Cristina di Savoia. Figlia del Regno di Sardegna, Regina delle Due Sicilie” ha motivato l’interesse di Arkadia per la straordinaria figura cagliaritana.
Musica e solidarietà per i terremotati emiliani NA SERATA DI musica e beneficienza. L'hanno organizzata alla Ex-Vetreria di Pirri giovedì l'Associazione culturale “Armonie d'opera” e la Comunità di vita cristiana (CVX) di Cagliari, insieme alla Rete Loyola e al Movimento Eucaristico Giovanile. I fondi raccolti saranno destinati alla ricostruzione della scuola pubblica del Comune di Camposanto (Modena), distrutta durante il terremoto dello scorso maggio. “L'idea nasce dopo che i gesuiti di Bologna - dice Valentina Sanjust, una delle organizzatrici - hanno preso contatto con l'amministrazione comunale di Camposanto per capire come aiutare le popolazioni colpite dal sisma. Hanno così avviato dei campi di lavoro estivi per i giovani che si sono svolti nel corso dell'estate, da metà giugno a metà settembre, coinvolgendo gruppi di venti persone tra giovani e adulti, affiancati
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brevi SAN SPERATE
Conferenze sulle Chiese Mediorientali La Pastorale Giovanile Vocazionale Redentorista (PGVR) organizza durante l'anno della fede una seria
alla Protezione Civile”. Compito dei giovani era quello di affiancare il comune nell'attività di animazione per tutti i bambini coinvolti nell'esperienza del sisma. “Tornati a Cagliari, da dove si erano mosse una ventina di persone - dice ancora Valentina - uno dei partecipanti ha pensato di continuare a mantenere viva quell'esperienza sensibilizzando i cagliaritani. Da qui l'idea di coinvolgere “Armonie d'Opera”, un gruppo di cantanti lirici, per uno spettacolo, nel quale ai brani musicali tratti da famose opere fossero alternate delle letture. Il ricavato dello spettacolo andrà a favore di un progetto specifico da realizzare nel comune di Camposanto “Adottiamo una scuola”, perché con il terremoto sono crollate le scuole elementari e medie, costringendo gli alunni a frequentare le lezioni in prefabbricati che l'amministrazione comunale ha predisposto. Per questo è necessario trovare il modo di avere dei fondi a disposizione del
INIZIATIVE
Concorso fotografico “Città in bici” La Federazione Italiana Amici della Bicicletta, promuove per l'anno scolastico 2012-2013 un concorso fotografico per gli studenti delle scuole superiori e per gli Universitari, dal titolo: “Città in Bici”…più bella, più viva, più mia! Per una città ciclabile e sostenibile”, che vuole promuovere tra i
cittadini la necessità dell'utilizzo della bicicletta per il miglioramento del benessere fisico e sociale. Per partecipare al concorso è necessario iscriversi entro il 30 gennaio 2013 compilando il modulo online all'indirizzo internet: fiab.info/concorso.php.
Gesuiti e musicisti insieme per una raccolta di fondi MARIANO MURRU
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di conferenze sulle Chiese nel Medio Oriente. Martedì il 27 novembre alle 20.00 si terrà una conferenza dal titolo "I cristiani nel Medio Oriente", a cura di P. Fadi Rahi, missionario redentorista libanese, nell'oratorio dei missionari redentoristi a San Sperate, Via Ciusa 23.
FRA. FUR. TTO ANNI FA IL MIO parto è stato rischiosissimo: la mia bimba si presentava podalica ed io non avevo la possibilità di affrontare il cesareo. Mi invocai con insistenza e grande fede alla Venerabile e nel giro di poco tempo l’allarme inspiegabilmente si dissolse”. Con queste parole Giuseppina Urru, di Ortacesus, ha stravolto le intenzioni scientifiche del convegno “1812-2012. Maria Cristina di Savoia. La Donna, la Regina, la Santa” nei giorni scorsi nella sala del Palazzo Regio di Cagliari, a duecento anni esatti dalla nascita della Regina, Venerabile dal 9 luglio 1859 per volere di Pio IX. La testimonianza della “miracolata” (per ora solo presunta, data la prudenza della Chiesa, d’obbligo in questi casi) assieme al frutto del prodigio, la piccola Maria Cristina, ha commosso i partecipanti facendo parlare con rinnovata attenzione della causa di beatificazione “ormai dav-
il PortiCo
SANT’ANTONIO QUARTU
Ultimo incontro sulla famiglia Comune per poter realizzare dei nuovi fabbricati dove poter ospitare le scuole di Camposanto. La serata viene dunque realizzata per dare una scuola a quei bambini, e avendo conosciuto gli amministratori comunali daremo loro immediatamente ciò che riusciremo a raccogliere: sappiamo chi sono a chi vanno in mano i soldi. Il comune di Camposanto dispone di un sito internet sul quale sono visibili tutte le donazioni fatte e come vengono utilizzate. Questo vorrei precisarlo per chi a volte dubita delle raccolte fondi. In questo caso sappiamo a chi diamo e come quei sol-
di verranno raccolti”. Nel programma previsti brani musicali tratti da La Traviata di Giuseppe Verdi e da L'Elisir d'amore di Gaetano Donizetti: “Addio del passato”, “Udite o rustici”, “Ardir! ha forse il cielo”, “Quanto amore”, “Una furtiva lagrima”, “Prendi per me sei libero”, “Ei corregge ogni difetto”, interpretati da Martina Serra e Alice Serra (per La Traviata), Riccardo Spina, Francesco Leone, Alice Serra, Samuel Pilia (per l'Elisir d'amore). Al pianoforte: Marco Schirru. Le letture sono tratte da alcuni scritti di Andrea Serra ed accompagnate alla chitarra da Daniele Serra.
Martedì 4 dicembre alle 20 nella parrocchia di Sant'Antonio di Quartu è previsto l'ultimo incontro del ciclo “La bellezza della famiglia”, che ha visto nei primi quattro appuntamenti focalizzare la riflessione sulla Sacra Scrittura e i successivi quattro incontri sulla Chiesa. A tenere l'ultimo incontro sarà Padre Christian Steiner.
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IL PORTICO DEI PAESI TUOI
il PortiCo
dalla curia ENTRO IL 20 DICEMBRE
I dati sugli Enti non-profit L'ISTAT ha pubblicato le istruzioni per il caso degli enti ecclesiastici per la corretta compilazione del questionario relativo al 9° censimento dell'industria e dei servizi 2011 - Rilevazione sulle istituzioni no profit. Si possono scaricare in formato PDF direttamente dal sito web della Chiesa Cattolica al seguente indirizzo: http://www.chiesacattolica.it/ch iesa_cattolica_italiana/news_e_ mediacenter/00036177_L_Istat _fotografa__il_non_profit.html Nelle premesse di dette istruzioni viene specificato quanto segue: “Premesso che le attività di religione e culto sono escluse dal campo di osservazione del censimento, ai sensi del Piano Generale di Censimento, art, 2, nella lista precensuaria sono stati inclusi solo gli enti ecclesiastici per i quali esistevano (da fonti settoriali non profit) segnali relativi allo svolgimento di altre attività di carattere sociale: istruzione, assistenza sociale, sanità, attività ricreative e sportive, di socializzazione, etc. Gli enti ecclesiastici a cui è pervenuto il questionario sono tenuti a compilarlo esclusivamente in relazione alle suddette attività svolte. Dovranno quindi rispondere ai singoli quesiti facendo riferimento solo alla natura delle attività svolte, diverse da quelle di religione e culto, ed alle risorse umane ed economiche impiegate per il loro espletamento. (…) Le modalità di compilazione prevedono due percorsi differenti a seconda che l'ente ecclesiastico a cui è pervenuto il questionario svolga solo attività di religione e culto oppure anche altre attività di carattere sociale.” (cfr. pag. 2). La scadenza per la consegna on-line del questionario è il 20 dicembre 2012.
Missione. maria Assunta Cinus ha ricevuto il mandato missionario da don Giovanni Abis.
Cresce a Santa Barbara a Sinnai la voglia di partire in missione Andrà nella periferia di Città del Messico la 38enne sinnaese cui il parroco ha dato domenica scorsa crocifisso e Vangelo. Storia di una vocazione R. C. A CONOSCIUTO la comunità diVillaregia poco più che ventenne ed ora è pronta per partire in missione in Messico. Maria Assunta Cinus, 38 anni di Sinnai, ha ricevuto domenica sera dalle mani del suo parroco, don Giovanni Abis, il mandato missionario: il crocifisso e il Vangelo, i due strumenti indispensabili per portare avanti la testimonianza di fede che accompagna ogni missionario ad gentes. “Fin da piccola avevo una certa sensibilità per i temi legati alle povertà. Ricordo che a 22 anni frequentai un T.L.C. nel quale ci vennero presentate le difficoltà nelle quali si dibattevano i poveri. Ne rimasi colpita e in me subentrò un grande amore che mai prima avevo sentito. Così mi avvicinai alla Comunità di Villaregia per degli incontri mensili specifici per i giovani,
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Alcuni momenti della celebrazione a Sinnai.
durante i quali ho cominciato a sentire la bellezza della missione. Avevo alle spalle una formazione musicale, frutto degli studi al Conservatorio, e durante il periodo in cui frequentavo il gruppo giovani di Villaregia ho iniziato a sentire un'ispirazione musicale e a comporre canti, con i quali manifestavo ciò che il Signore stava operando in me. Così mentre lavoravo allo smistamento di viveri e di vestiario raccolto dalla comunità a Quartu ho capito che il Signore mi chiamava”. Così dopo qualche anno Assunta lascia tutto, famiglia, studi e tutto ciò che aveva, per seguire la chiamata. Un anno di formazione a Villaregia, poi gli studi in Teologia a Pordenone e a Lonato (Brescia) dove ha concluso la formazione e dove si trovava fino a qualche giorno fa, prima di tornare in Sardegna per ricevere il mandato dalla sua comunità parrocchiale. “In questi anni di formazione - dice ancora la giovane missionaria - sento di essere cresciuta nel mio rapporto con Dio e nella conoscenza personale. Non nego alcune difficoltà per gli studi e le fatiche di alcuni momenti, ma sento
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che sono stati delle grazie. Ora più che mai desidero mettere a frutto i doni ricevuti, per portare Lui agli altri, anche attraverso il canto e la musica, doni che mi aiuteranno nella mia missione”. Assunta lascerà presto la Sardegna per partire a Texcoco, periferia di Città del Messico, dove la comunità di Villaregia ha una parrocchia, in un contesto di grande povertà e degrado. “Il mio essere missionaria dice ancora Assunta - all'inizio sarà caratterizzato dall'osservazione e la disponibilità all'ascolto dei tanti che
di certo si avvicineranno. Sono felice di poter servire il Signore in terra messicana, pur coscia che non è facile lasciare la famiglia, il mio paese e la mia terra. Lui mi ha chiamato ed io ho risposto e nonostante il dolore per il distacco sento di dover continuare a dire il mio sì a ciò che Dio vuole da me. Non è stato facile per chi mi sta vicino comprendere questa scelta: tanti amici si chiedono ancora il perché, la mia famiglia all'inizio ha manifestato qualche dubbio ma ora ha compreso che questa è la mia strada”. Per Sinnai e per la parrocchia di Santa Barbara, la celebrazione di domenica sera è stata il culmine di una settimana caratterizzata da una serie di appuntamenti che avevano un marcato accento missionario, fatta di visite ai malati e agli anziani, dall'incontro dei religiosi missionari nelle scuole e con i ragazzi del catechismo, mentre nelle sere di giovedì, venerdì hanno funzionato dei centri d'ascolto in tre punti della parrocchia. Sabato sera invece la Veglia missionaria, l'atto finale prima della celebrazione di domenica sera. Un intenso lavoro anche per don Giovanni Abis che, alla guida della comunità di santa Barbara, continua a sostenere le scelte di tanti giovani che fanno della missione la loro ragione di vita.
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Verso Natale. A Sardara le straordinarie lezioni tecniche e pratiche di Fra’ Lorenzo.
Da un workshop di scultura artistica consigli utili per costruire il presepe
lavorabilità e la leggerezza della costruzione. I1 polistirolo espanso viene tagliato utilizzando un filo metallico che viene riscaldato elettricamente. Viene poi inciso con un utensile di facile costruzione chiamato pirografo che permette di imitare pietre e mattoni. Se viene bruciato diventa plastico e si tramuta infine in plastica dura. Francesco Sedda si avvale dell’ausilio di progetti grafici e di disegno di
Archimede Scarpa come per i sardittus(foto). E’consigliabile decidere precedentemente il modello da creare e fare un vero e proprio progetto della struttura. Ecco cosa occorre:“Se avete in casa delle confezioni e involucri di polistirolo da riciclare è preferibile utilizzare anche quelli. In alternativa bisognerà acquistare dei pannelli, venduti in varie dimensioni, e di uno spessore di almeno 5 cm. In commercio esistono pannelli da 100 cm x 50 cm x 5 cm: colla adatta al polistirene o colla a caldo con relativa pistola, colla vinavil per l'esterno, scalpello con punta sottile, cutter/taglierina, cartavetro, tempere, pennelli. Il modo migliore per costruire un presepe con la sua forma di borgo è sovrapporre più strati di polistirolo per creare una sorta di roccia e delle scalinate. Le case vanno costruite scolpendo dei pezzi unici di polistirolo o assemblando tra loro dei pannelli più sottili. La particolarità del presepe in polistirolo è che si possono creare le tipiche case dell'ambientazione araba dei cosiddetti presepi palestinesi con le cupole: basterà acquistare delle palline di polistirolo tagliate a metà e incollarle sui tetti dandogli la classica forma a cupola. Le case possono anche esser perfezionate con l’applicazione di sabbia ad esempio, oppure dando un colore con tempere non diluite di colore bianco sporco o giallo senape oppure ocra. Si fa asciugare per 24 ore e poi si posizionano i personaggi”.
lite, Cusai, il quale appoggia Davide e si propone per arginare i piani infedeli del gran consigliere. Cusai ed il re esiliato prepararono un grande bluff diplomatico attraverso cui al giovane rampollo vennero sparigliate le carte, facendogli poerdere fiducia in Achitofel. Assalonne decretò che il consiglio di Cusai era migliore e più vantaggioso di quello di Achitofel. Tale decisione, secondo il narratore, non fu dettata solamente dalla fragile prudenza del principe, ma fu vero e proprio progetto di Dio per favorire il ritorno al trono del legittimo re, Davide: 'Il Signore aveva deciso di far respingere la saggia proposta di Achitofel per condurre As-
salonne alla rovina' (17,14). Colui, i cui consigli erano equiparati all'oracolo divino, si trovò solo e rifiutato. In pochi versetti l'esito negativo della ribellione di Assalonne prende forma attraverso la fuga sicura di Davide. Achitofel, nel vedere che il suo consiglio venne rifiutato e il suo ruolo decisionale aveva ormai perso lo smalto di un tempo decise di chiudere in modo netto la propria professionalità: si impiccò (17,23). Una scelta discutibile, ma forte che servì per sancire la fine ormai prossima della rivolta di Assalonne e dei suoi uomini, poco affidabili.
Il cappuccino ha tenuto un articolato laboratorio per giovani e adulti riuniti in paese ad ascoltarlo: l’utilizzo dei materiali e la passione per il Natale completamente svelati L. C. EI GIORNI SCORSI A Sardara si è tenuto un workshop di scultura artistica ispirato al Santo Natale. L’occasione è stata offerta dal maestro Francesco Sedda, pronipote di fra’ Lorenzo Pinna, che ha ereditato una grande passione sia per il tema del Natale sia per la lavorazione del polistirolo. Francesco Sedda ha così coinvolto in un mini corso-laboratorio, della durata di quattro giorni, ragazzi e adulti interessati all’arte del presepe, nell’ex asilo del Cottolengo. Lo scopo era creare, attraverso il gioco e la passione per il presepe, momenti di aggregazione ed interscambio tra i ragazzi e gli adulti, acquisendo le tecniche artistiche della lavorazione del polistirolo. Francesco Sedda e fra Lorenzo hanno spiegato che l’utilizzo del polistirolo mostra numerosi vantaggi che facilitano la creazione e l’assemblaggio dei pezzi che si vogliono inserire in un presepe: il paesaggio, un ruscello, personaggi vari.
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Il presepe in un nuraghe realizzato da Fra’ Lorenzo per il Natale del 2009.
Fra Lorenzo ha confermato che i materiali più poveri son quelli che si lavorano meglio, per esempio il gesso o la carta pesta anche se ha sottolineato: “Io preferisco il polistirolo”. Nel natale del 2009 fra’ Lorenzo ha realizzato con l’aiuto di alcuni amici la natività all’interno di un nuraghe (foto). L'utilizzo di questo materiale risale agli anni '70 ed ha trovato subito un grande riscontro tra i costruttori per la sua facile
PERSONAGGI DELLA BIBBIA
Achitofel di MICHELE ANTONIO CORONA
ella lettura del secondo libro di Samuele si incontrano numerosi profili di personaggi secondari che offrono alla narrazione un gusto tanto particolare, da rappresentare uno dei racconti più ricchi della letteratura antica. Non si indugia solamente sulle caratteristiche personali e caratteriali dei protagonisti, ma si delineano in modo preciso anche le figure minori che costellano la vicenda. Nei capitoli centrali del libro (15-17) viene presentata la parabola esistenziale e narrativa di un personaggio fondamentale nella vicenda di successione al trono di Davide, ma poco conosciuto dai lettori moderni: Achitofel. Un accenno decisivo a questo personaggio si trova in 16,23: 'A quei tempi un consiglio di Achitofel era considerato come voce di Dio'. Un'affermazione quasi unica in tutta la bibbia ebraica, in quanto si avvicina in modo netto
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il parere personale di un uomo con il volere stesso di Dio. Certamente, il narratore si esprime con una forte dose di ironia, pensando soprattutto all'esito finale della vicenda. Achitofel era il consigliere particolare del re, colui che sosteneva la monarchia nelle scelte difficili, suggerendo, in nome di Dio, le decisioni più giuste da prendere. Tale ruolo rappresenta una continua tentazione di potere nel confondere, più o meno coscientemente, i propri desideri con quelli divini. Assalonne, figlio ribelle di Davide, accettò il parere di Achitofel e decise di derubare il padre delle sue concubine. Probabilmente, questo 'ratto' era il gesto più emblematico per mostrare la volontà di usurpazione dal trono, dal momento che in molti casi ciò rappresenta l'inizio di una guerra intestina per il potere politico e militare. Sulla strada spianata di Achitofel si interpone un altro personaggio-satel-
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detto tra noi Non c’è futuro senza bambini di D. TORE RUGGIU
È il titolo di un bellissimo reportage nella rivista “Il rosario e la nuova Pompei”, al n. 7 del 2012, a firma di Giuseppe Pecorrelli. Il giornalista esordisce citando una espressione di madre Teresa di Calcutta: “il bambino è il dono di Dio alla famiglia. Ogni bambino è creato ad immagine e somiglianza di Dio per le cose più grandi: per amare ed essere amato”. Sono tante le piaghe sociali, ma quella del maltrattamento dei bambini è la più grave e la più urgente da risolvere: dall'aborto ai bambini abbandonati, abusati sessualmente, venduti al mercato degli schiavi, sequestrati, seviziati e altro ancora. Secondo l'articolo di cui sopra, un bambino venduto al mercato degli schiavi costa 20 mila euro. Sono venduti come merce, esposti con un cartellino che ne indica il prezzo ignobile. Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, nel mondo sono 5 milioni e mezzo i bambini costretti all'accattonaggio, al lavoro forzato o, ancora peggio, vittime di sfruttamento sessuale. La piaga è diffusa in ogni continente, particolarmente in Cina, in Nigeria, ma anche in Romania e Bulgaria oltre che nei Paesi più poveri del terzo mondo. Non basta scandalizzarsi, parlare, collaborare e sostenere, anche se tutto ciò va bene. L'infanzia continua ad essere violata, venduta, mercificata e aggredita in ogni forma. Scrive il giornalista: “è una vera e propria negazione dell'infanzia, che è ancora prima negazione di Dio e che porta all'autodistruzione dell'uomo”. Il problema vero e profondo è che si vive come se Dio non esistesse, sostituito dai più dal denaro e dal piacere a tutti i costi e senza scrupoli. Si incomincia con l'aborto (in Italia, nel 2010, 115.372), e si continua con tutto il resto. Secondo Avvenire del 6 giugno in Italia 360 mila bambini vivono in condizione di povertà assoluta, mentre 1.876.000 in povertà relativa. Le risorse per l'infanzia e per l'adolescenza sono continuamente tagliate. È evidente che una società che trascura o fa male ai bambini, non ha scampo perché perde la speranza nel proprio futuro. È una società che non cerca più il volto di Dio che si riconosce nei tratti di ogni bambino che viene in questo mondo. La questione è talmente seria, che non c'è bisogno di insistere oltre. L'infanzia negata (peggio, la vita negata), è una catastrofe sociale tra le peggiori e con conseguenze inimmaginabili. La vita è il dono più grande che Dio ci ha fatto: accoglierla con amore, difenderla e tutelarla è sacrosanto dovere e diritto di tutti.
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Monserrato. Visita dell’arcivescovo alla comunità guidata da don Sergio Manunza.
“La nostra logica è il dono di sè, Dio vede le intenzioni del cuore” RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
11 NOVEMBRE scorso la comunità parrocchiale del SS. Redentore di Monserrato era in festa. E non solo perché era domenica, il Giorno del Signore, ma perché la parrocchia ha ricevuto la gradita visita dell’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio. Assieme al vescovo, la parrocchia ha avuto anche l’altrettanto gradita presenza di don Marco Sorgia, sacerdote cresciuto vocazionalmente nella parrocchia. Il vescovo, che per la prima volta visitava la parrocchia, è stato accolto con il canto dei due cori – giovani e adulti - riuniti per l’occasione. All’inizio della celebrazione il parroco, don Sergio Manunza, ha pronunciato un breve discorso d’accoglienza, sottolineando il legame filiale che unisce lui e tutta la comunità al suo vescovo. “Ad appena un mese dall’inaugurazione dell’Anno della fede ha sottolineato - la presenza del vescovo non può che confermarci nell’attaccamento alla Chiesa. Giovanni XXIII - ha continuato - rientrando da Loreto, così disse ai bambini accorsi numerosi alla stazione di Foligno: “Avete visto figlioli miei? Per strada si va ed a volte si torna. Io sono tornato da voi perché molti dicono che il mondo invecchia: voi gridate che non è vero. Cristo lo ringiovanisce continuamente in voi e la Madonna lo vigila. Al-
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Nelle foto di Roberto Boni, due momenti della celebrazione.
la Madonna ho appena affidato la Chiesa, a voi affido il mondo, quello di domani. Non fatelo invecchiare”. Eccellenza, - ha proseguito don Sergio - tra le diverse celebrazioni, la messa delle 9 richiama le parole di Giovanni XXIII: i bambini, i giovani, le famiglie sono qui per domandare al Redentore di ringiovanirci continuamente ed alla Vergine Maria, invocata con il titolo di Ausiliatrice, di vigilare”. Il vescovo ha ringraziato per le belle parole rivoltegli dal parroco e per l’accoglienza ricevuta, invitando a veder in tutto ciò una manifestazione che Gesù è vivo, che Gesù è risorto, che è bello incontrarsi nel suo nome. Commentando poi il Vangelo del giorno, - quello della povera vedova che dona al tesoro del Tempio due spiccioli, cioè poco, ma che era tutto ciò che possedeva – il vescovo ha sottolineato come “nella società, e forse persino nella Chiesa, esistono due modi
di relazionarsi agli altri e due stili di vita opposti. Vi è lo stile di chi vive e si relaziona agli altri solo per “prendere”, in una logica di chiusura egoistica e potremmo dire di sfruttamento; e vi è chi si relaziona agli altri per “dare”, in una logica di condivisione, di altruismo, di solidarietà, di dono di sé. Naturalmente la logica del cristiano è quella del “dare”. Non im-
porta a Dio “quanto” uno dà, ma il “come” ed il “perché” lo dà. Dio, infatti, scruta il cuore e le sue intenzioni: la vedova – le vedove, all’epoca di Gesù, erano tra le categorie più povere nella società è per noi un modello di fede perché nel suo piccolo ha dato poco, ma ha dato con il cuore tutto ciò che possedeva. I ricchi, invece, gettavano sì molto denaro nel tesoro del Tempio, ma lo facevano spesso solo per farsi vedere ed ostentare così la loro ricchezza”. Al termine della celebrazione eucaristica mons. Miglio, dietro richiesta del parroco, ha concesso una “amnistia” ai ragazzi iscrittisi in ritardo al nuovo anno catechistico ed ai ragazzi spesso assenti agli incontri catechistici, dando loro così la possibilità di reinserirsi nel percorso catechistico. La messa si è conclusa con un reciproco e gioioso “arrivederci a presto”. “Gruppo Media” della parrocchia
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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
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