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DOMENICA 23 DICEMBRE 2012 A N N O I X N . 47-48

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Matthias Stomer, "Adorazione dei Pastori" Aula Consiliare, Monreale.

Buon Natale + ARRIGO MIGLIO

ivere il Natale nell’anno della fede significa avere un’attenzione sempre maggiore a Lui, a Gesù figlio di Maria e figlio di Dio. Purtroppo ci siamo abituati a convivere ogni anno in una cornice natalizia dove c’è posto per tutti e per tutto, ma dove manca il Festeggiato. La parola stessa “Natale” sfugge a molti nel suo significato proprio: Natalis dies, giorno della nascita, ma di chi? Anche per i cristiani praticanti il pericolo non è assente: le pur belle tradizioni degli auguri, dei regali, dell’incontro in famiglia, rischiano di mettere la persona di Gesù in un angolo: sappiamo che è la sua festa, ma abbiamo tanto da fare! Il primo impegno di questi giorni invece è proprio quello di guardare a Lui, di fermarci e di stupirci per ciò che vediamo. Ce lo ripetono gli angeli, che dicono ai pastori e a noi: “questo per voi il segno, troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. I pastori guidano anche noi: andiamo, vediamo questo avvenimento…. Andarono senz’indugio e trovarono… e dopo averlo visto riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. “Anche i Magi, entrati nella casa videro il bambino e prostrati lo adorarono”. L’accento posto dai racconti evangelici è sul segno che vedono i primi invitati a contempla-

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re il mistero di Natale: un bambino. Anche per i Magi, esperti di stelle, il vero segno è ormai quel bambino sulla terra e anch’essi si prostrano a terra per poterlo contemplare. Se un rischio è la cornice natalizia dove scompare il Festeggiato, un altro rischio è una contemplazione della grotta di Betlemme che si ferma alla povertà materiale che la caratterizza: anche questa in fondo è solo una cornice. La vera povertà è il bambino stesso, presenza di Dio nella povertà della natura umana, vista nel suo momento più fragile e indifesa. Questa è la vera povertà che ci deve stupire: un piccolo bambino come segno della Gloria di Dio, un segno “quotidiano” come lo sarà tutta la vita nascosta di Gesù a Nazaret. I Pastori e i Magi intuiscono e si riempiono gli occhi e il cuore; Maria contempla il Mistero che portava in grembo e lo riaccoglie nel cuore per meditarlo e imparare a conoscerlo. È però l’apostolo Paolo che mette a fuoco, con la luce penetrante che lo contraddistingue, quella stessa luce che lo colpì sulla via di Damasco, il centro del Mistero Natalizio: “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo e diventando simile agli uomini” (Fil. 2,6-7). Questa è la povertà provocante del Natale: Dio che si svuota della sua condizione divina. Lo stupore del Natale è questo. Solo per stupirci Dio ha fatto questo? Ascoltiamo ancora S. Paolo:

“Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor. 8,9). Contemplando il Bambino di Betlemme siamo chiamati a stupirci scoprendo le nuove ricchezze che lui ci porta. Uno scambio di doni, canta la liturgia natalizia: Lui si è preso la nostra povertà per donarci la sua vita divina. Se la commozione natalizia si ferma alla povertà di Betlemme può diventare puro sentimentalismo. Il vero stupore e la vera commozione nascono di fronte al dono che riceviamo, dono da scoprire man mano. È la ricchezza inesauribile di questo dono che rende nuovo ogni anno il Natale, man mano che ci rendiamo conto di quanto abbiamo ricevuto. In tempo di crisi e di lamento per le ristrettezze economiche – lamento giustificato quando viene dai poveri – imparare a riconoscere la ricchezza nuova che Gesù Bambino ci porta diventa il vero punto di partenza per una ripresa che sia indirizzata verso un nuovo modello di sviluppo ed un nuovo stile di vita, condizioni di fondo per una ripresa anche economica. L’augurio natalizio più importante che vorrei offrire a tutti è proprio questo: che l’anno della fede ci conduca a scoprire sempre più la ricchezza nuova che il Signore ci ha portato: è già in noi, già nostra, e il Cammino della Fede ci conduce a riscoprirla.

Dal 12 al 15 marzo 2013 è indetto il Pellegrinaggio diocesano a Roma per l’Anno della Fede

CELEBRAZIONI NATALIZIE IN CATTEDRALE 24 DICEMBRE ore 18 Primi Vespri del Natale ore 23 Ufficio delle letture del Natale ore 24 Messa della Notte del Natale 25 DICEMBRE ore 8,30 Messa natalizia nel carcere di Buoncammino ore 18 Secondi vespri di Natale e Messa 28 DICEMBRE ore 17 (a Bonaria) Messa visita Madonna di Nagasaky 31 DICEMBRE ore 19 Messa e Te Deum di ringraziamento 1 GENNAIO ore 17,30 (a Bonaria) Messa per la Giornata della Pace 6 GENNAIO EPIFANIA ore 10.00 Ora media ore 10.30 Messa Pontificale ore 18 Secondi vespri


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IL PORTICO DEL TEMPO

Il PortICo

DomenICA 23 DICemBre 2012

Sardi nel mondo. Parla Pino Dessì, del Comitato Acli per il sudAmerica: “Bisogna promuovere l’immagine dell’Isola”.

Emigrati all’estero, la svolta di qualità potrebbe arrivare dal riconoscimento dell’insularità

mozione spicciola che ogni circolo fa, e che risulta già abbastanza. C'è stato qualche tempo fa una viaggio istituzionale in Argentina, nel quale furono firmati accordi importanti, che sono saltati, e non ci abbiamo fatto una buona figura. Cosa comporta la chiusura di un circolo? L'esperienza di città importanti, con grosse comunità di sardi come Parigi, Bruxelles, e altre, dimostra che una volta che un circolo chiude non si riesce più a riaprirlo. Noi non possiamo perdere l'occasione di tenerli aperti, e parliamo di mura, di aspetto fisico della struttura, è solo questo che ci

consente di confrontarci ed avere visibilità, perché i nostri numeri ufficiali sono molto bassi. Non essendosi fatto il salto di qualità, assistiamo ad una caduta di attenzione in Sardegna rispetto a queste problematiche: perché se è vero che “su ballu tundu” può essere molto paesano, è altrettanto vero che se lo porti alla New York University e lo presenti culturalmente lo stesso evento assume una grande risonanza. La promozione che i circoli fanno all'interno delle loro strutture è importante dal punto di vista dei numeri: grazie alle nuove generazioni di figli e nipoti degli emigrati si sono attrezzati per fare le loro riven-

dite, per promuovere il turismo, spesso cose semplici. Ma il salto per organizzare questa cosa in uno strumento efficace per lo sviluppo della Sardegna non è stato fatto. Quale aiuto giungerebbe dal riconoscimento del principio di Insularità per la Sardegna? Questo ci è stato sollecitato quando siamo andati in delegazione proprio a Bruxelles a manifestare per la continuità territoriale, e sono stati i rappresentanti dell'Unione Europea a dirci che bisogna battersi per il riconoscimento del principio di insularità che abbatterebbe tutte le tariffe energetiche e dei trasporti permettendo uno scambio tra Sardegna e figli lontani. Il problema che poi già non riusciamo a tenere in piedi una rete come quella della circoli, figuriamoci fare una battaglia politica di questa portata. L'insularità andrebbe riconosciuta per tutti. Ora se l'organizzazione dei sardi riuscisse a stabilire una sorta di appartenenza legale e legislativa che permettesse anche ai figli e nipoti degli emigrati originari di godere di facilitazioni economiche, la partecipazione sarebbe molto ampia. Ma in questo momento è primario garantire la sopravvivenza dei circoli: e le cifre ipotizzate in bilancio vedrebbero la morte dei tre quarti delle strutture dei sardi emigrati.

no spese senza risparmio a favore dei conterranei Oltreoceano, in Australia o in Europa, in un passato recente sicuramente con realtà non sempre ospitali con gli italiani in genere. Mi sembra a tal riguardo che sia il caso di ricordare il direttore della Trentini nel Mondo Rino Zandonai, scomparso due anni fa in incidente aereo di rientro da un viaggio tra emigrati nel sud del Brasile. La difesa delle tradizioni ed i silenzi delle madri patrie: a volte gli emigrati sembrano un ingombro invece che una ricchezza. Come proseguire l'attività di promozione della propria cultura? L'illusione che l'approccio paterna-

listico - che può aver albergato in parte della strategia adottata in passato - colmasse le esigenze degli emigrati non ha mai convinto addetti ai lavori e diretti interessati nei vari continenti. L'allontanamento progressivo di larga parte degli italiani emigrati dai luoghi classici di aggregazione va addebitato anche a questi aspetti e all'integrazione nelle terre di adozione. Nuovi media, facilità di collegamento aereo ed altri progressi tecnologici avvicinano l'emigrato, che si sente più vicino e meno propenso a ricercare forme di socializzazione che anche in Italia hanno registrato un certo calo. Il tema del fund raising(ricerca di fon-

di) e più in generale della spending review attraversa trasversalmente ogni ambito dell'attività pubblica e non risparmia l'emigrazione. Una possibilità è ridurre gli sprechi, abbandonare gli interventi "a pioggia", canalizzare le poche risorse pubbliche su filoni che catturino l'interesse privato che, se ben sollecitato, appoggia questo tipo di iniziative. Il processo richiede una forte qualificazione professionale dei quadri dell'associazionismo, nella madrepatria ed all'estero, e una maggiore sinergia transregionale per iniziative che abbraccino più regioni italiane, non necessariamente limitrofe.

Preoccupano i tagli ai fondi stanziati finora nel bilancio regionale: secondo alcuni circoli “sono a rischio tre quarti delle strutture esistenti”. No a battaglie politiche MASSIMO LAVENA RA LE TANTE SITUAZIONI di crisi della Sardegna, ce n'è una lontana, poco conosciuta, perchè non tocca direttamente l'Isola: la drastica diminuzione dei fondi destinati dalla Regione Sardegna alle attività di gestione dei circoli degli emigrati Sardi in Italia ed all'Estero. Una situazione esplosiva con un confronto duro tra amministrazione regionale ed associazioni degli emigrati, per il rischio concreto che chiudano la maggior pare dei luoghi identitari dei Sardi nel Mondo. Pino Dessì si occupa della rete mondiale legata al Comitato delle Acli per l'Emigrazione e l'immigrazione con particolare riferimento al SudAmerica. Cosa comporteranno le recenti riduzioni dei fondi per i circoli dei sardi? La causa di tutto è il Patto di Sta-

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Un recente incontro tra l’assessore regionale al lavoro, Antonello Liori, e la Consulta degli emigrati.

bilità e la mancanza di fondi disponibili nel senso della possibilità di spesa. Nessuno ha capito che la vera forza è la visibilità che l'emigrazione sarda ha, che nasce dal poter contare su strutture fisiche che consentano di riunirsi, di fare attività e presentarsi nei vari contesti dove sono situati i circoli. Abbiamo un dato che dice che i sardi iscritti al Registro Italiani all'Estero sono circa centotremila. Solo la provincia di Siracusa ne ha centocinquantamila: non ci sarebbe quindi alcuna possibilità di visibilità se i sardi non potessero contare su queste strutture. Si deve utilizzare la rete per fini più alti che vadano oltre la pro-

“Nuovo protagonismo per gli emigrati italiani” Parla l’ex presidente della Federazione Stampa all’estero MA. LA. ARCO MOSER, 46 ANNI, figlio di madre sarda e padre trentino, esperienze di microsviluppo in Cile tra i Mapuche, è esperto di problemi dell'emigrazione ed è stato segretario generale dell'Unione Nazionale Associazioni Immigrati ed Emigrati e della Federazione Unitaria Stampa Italiana all'Estero. Quale può essere il ruolo degli emigrati sardi di seconda e terza generazione? La maturità dell'associazionismo in emigrazione ha portato ad una maggiore attenzione dei giovani, risorsa e potenzialità per le terre di origine. Già dagli anni '80 si sono susseguite innovative esperienze di nuove reti professionali e di eccellenza per collegare coetanei in tutto il mondo: un patrimonio di contatti che ha continuato a funzionare

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producendo ottime sinergie economiche, universitarie e sociali. La Sardegna non è estranea a tale evoluzione anche se molto rimane ancora da realizzare, processo che non può ricadere solo sull'associazionismo e sull'ente pubblico ma deve vedere coinvolti altri soggetti. Assistiamo ad un processo di innalzamento dell'attenzione da parte delle nuove generazioni di emigrati: non più direttamente attaccati alla madrepatria da legami, ma appassionati dall'affetto dei nonni che hanno saputo trasmettere loro valori, contenuti e l'orgoglio di appartenere ad una determinata nazione e regione. Qual è l'esperienza dei Trentini? L'esperienza trentina merita di sicuro un posto di rilievo sia per motivi numerici sia per costanza di attività e contatti nel mondo. Beneficia di una realtà di autonomia molto marcata ed organizzata. Si fonda su un patrimonio di persone che si so-


IL PORTICO DEGLI EVENTI

DomenICA 23 DICemBre 2012

Lavoro. Nell’omelia del cardinal Bertone un richiamo alla speranza e alla responsabilità.

“La dottrina sociale della Chiesa promuove il vero bene dell’uomo” Per il Segretario di Stato Vaticano, in Sardegna nei giorni scorsi, “serve una nuova e approfondita riflessione sull’economia e sui suoi fini e un nuovo modello di sviluppo” SERGIO NUVOLI A CARITÀ CHE SI FA concreta solidarietà diventi luce e forza al cammino del mondo: il futuro della solidarietà nella Regione Sardegna sta quindi anche nelle vostre mani”. Così il cardinal Bertone, segretario di Stato Vaticano, durante la sua omelia pronunciata a Portovesme nei giorni scorsi, dopo aver sottolineato “la centralità della carità cristiana in ogni ambito della nostra esistenza”. Giunto in Sardegna per benedire l’avvio di un nuovo pezzo della fabbrica sulcitana della Portovesme srl, il cardinale ha incontrato i lavoratori e i drammi della provincia più povera d’Italia e ha insistito sulla necessità di coniugare la carità con il lavoro e con le esigenze della giustizia. “I contenuti espressi dalla dottrina sociale della Chiesa - ha spiegato permettono il riconoscimento dei valori, motivano l’azione, distinguono i mezzi dai fini, prospettano una visione integrale dello svilup-

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Alcuni momenti della visita del cardinale Bertone (foto Ag. RosasPress).

po, promuovono scelte di giustizia che favoriscano il vero bene dell’uomo. Nel contesto pluralistico odierno, fare riferimento a un patrimonio di valori crea le condizioni per evitare errori dalle conseguenze nefaste sui lavoratori, sullo sviluppo economico e sulla stessa vita della società”. Citando il Papa, il Segretario di Stato ha richiamato l’esigenza di “una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo”.

Mostrando che la Chiesa è sempre attenta ai segni dei tempi, ha quindi esortato tutti alla speranza: “La Chiesa - ha dettagliato - è chiamata a discernere e a proporre un cammino di speranza, sia a livello locale sia universale. Tale itinerario mira a suscitare una maggiore consapevolezza e responsabilità della comunità ecclesiale riguardo ai problemi

politici, sociali ed economici di ogni territorio per intravedere possibili percorsi”. “Una società aperta alla speranza - ha aggiunto - è una società che non è chiusa in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma che si apre alla prospettiva del bene comune”. Quindi la citazione di Paolo VI: “Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche; queste parole non avranno un peso reale se non sono accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da un’azione effettiva”. Parole, evidentemente, che non fanno distinzioni, rivolte a tutti. Ricordando che “il cristiano è l’uomo della gioia”, ha aggiunto che “la radice della sfiducia” tanto diffusa oggi “è nella mancanza di orizzonti etici e di ideali condivisi che in realtà solo la fede è in grado di donare agli uomini”.

Pane, pace e giustizia Messaggio della Chiesa sarda sulla drammatica situazione sociale della Sardegna a società sarda attraversa un periodo di grave disoccupazione, con risvolti talvolta drammatici. Questo interpella fortemente, per i suoi effetti umani devastanti, anche la Chiesa … La disoccupazione coinvolge soprattutto i giovani, che in questa situazione senza sbocco vengono esposti alla tentazione dello scoraggiamento e del disimpegno”. È il “grido di dolore” che la Chiesa della Sardegna fece risuonare dal Santuario di Bonaria il primo luglio 2001 nel “Concilio Plenario Sardo”. Sono trascorsi undici anni e il dramma è divenuto “tragedia”. E non solo per la Sardegna. L’Europa nel 2010 proclamò l’Anno Europeo della lotta alla povertà. E la povertà è andata crescendo. La “Caritas Italiana” ha lanciato il suo allarme nell’annuale Rapporto sulla povertà, mostrando che la voce delle famiglie risuona ogni giorno con i toni della disperazione. La comunità cristiana, che chiama tutti alla solidarietà per dare un po’ di pane agli affamati, non può rimanere nel silenzio. I suoi Pastori desiderano gridare ancora ad alta voce, auspicando che venga accesa qualche luce di speranza. La Festa del Natale, cara ai bambini e al nostro popolo, ci invita ad accogliere il Bambino di Betlemme, che vuol donare agli uomini pane,

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pace e giustizia. E ad accogliere i bambini e gli uomini che soffrono la fame per costruire sulla terra un mondo più giusto. La Costituzione Italiana dice che la Repubblica è “fondata sul lavoro” e “tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni” (articoli 1 e 35). Ma il lavoro non c’è e si sta perdendo ogni giorno anche quello che c’è. Il Concilio Vaticano II ha affermato che il lavoro umano “è di valore superiore a tutti gli altri elementi della vita economica” ed è compito della comunità politica “garantire i mezzi sufficienti per permettere alla persona e alla famiglia una vita dignitosa sul piano materiale, sociale, culturale e spirituale” (Gaudium et spes, 67). E invece la mancanza del lavoro, la sua crescente precarietà e la sua insufficiente sicurezza, stanno generando la perdita della dignità, la fame, lo scoraggiamento. “La disperazione ha sprigionato la fantasia anche nella scelta delle modalità di manifestare la protesta e il disagio: sopra i tralicci, sopra le torri, nei pozzi del carbone…”, dice la “Delegazione Regionale per i problemi sociali e del lavoro”, istituita nel 2001 dal “Concilio Plenario Sardo”. La CEI ha evidenziato le gravissime conseguenze della mancanza del lavoro: “fragilità sociale, futuro spezzato, sperpero antropologico. Vogliamo ricordare an-

che la “Carta di Zuri”, interessante proposta per una nuova “Rinascita della Sardegna”, con la collaborazione degli amministratori, dei cittadini, degli emigrati, dei sindacati, delle comunità. I cristiani debbono combattere insieme a tutti gli uomini di buona volontà perché si affermi l’equità nella solidarietà. La comunità politica deve essere più attenta al mondo dei poveri e costruire per tutti il “bene comune”. Il Papa Benedetto XVI, nella sua visita in Sardegna, ci ha affidato il compito di far nascere “una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”. E noi gli siamo grati perché più volte ha richiamato l’attenzione di tutti sulle nostre situazioni di povertà e in questi giorni si è fatto ancora una volta vicino attraverso la visita a Portovesme del suo Segretario di Stato il Cardinale Tarcisio Bertone, confermando la vicinanza della Chiesa al Mondo del lavoro.Sia per tutti il prossimo Natale un tempo di speranza, nella preghiera davanti al Presepe e nell’impegno comune di solidarietà. I VESCOVI DELLA SARDEGNA Natale 2012 e Anno Nuovo 2013

Il PortICo

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il saluto IL SALUTO DI MONS. MIGLIO

Segno di speranza e dell’affetto del Papa Eminenza Reverendissima, sono lieto di porgerle il benvenuto a nome dei confratelli vescovi delle Chiese che sono in Sardegna e di tutta la Chiesa che vive in questa splendida regione. Vostra Eminenza conosce già questa terra, dove venne 19 anni fa come Presidente della Commissione

Italiana Giustizia e Pace per la Giornata mondiale della pace, proprio in questo territorio già allora tribolato specialmente per i lavoratori delle miniere. Oggi Lei viene per portare una parola di speranza e di incoraggiamento come primo collaboratore del Santo Padre e la sua visita raggiunge idealmente tutto il mondo del lavoro – o del non lavoro – della Sardegna. Tra le tante intenzioni che Le sono richieste da inserire in questa celebrazione eucaristica desidero presentare una intenzione particolare per i giovani, per le loro speranze e per il loro futuro: troppi sono costretti a lasciare la loro terra. Pregare e impegnarsi per i giovani significa lavorare per il futuro di questa Regione, e per creare tutte le condizioni che permettano ai giovani di scegliere liberamente di restare e di costruire qui la loro vita famigliare. Proprio in questo territorio, specialmente nella città di Carbonia, hanno lavorato per molti anni i figli di don Bosco e i figli di don Orione: il loro spirito è ancora ben vivo e presente, raccolto e coltivato da tanti sacerdoti e laici. La visita di Vostra Eminenza , con la particolare vicinanza e benedizione del Santo Padre, possano far crescere il coraggio e la speranza in tutti, specialmente in quanti sono chiamati ad operare per il bene comune , specialmente a favorire le condizioni che permettano nuovi investimenti produttivi con nuovi posti di lavoro, condizione fondamentale perché la cultura e la ricchezza spirituale del popolo sardo possano mantenersi vive, trasmettersi alle nuove generazioni e continuare ad offrire a tutto il nostro Paese quel contributo di umanità e di civiltà ben conosciuto ed apprezzato in Italia e in Europa.


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Il PortICo

IL PORTICO DEL TEMPIO

Il Papa. Diffuso in settimana il Messaggio per la prossima Giornata per le Vocazioni.

“La conversione comincia per tutti dall’onestà e dal rispetto degli altri” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre ha mostrato il significato del Vangelo domenicale che presentava il dialogo tra Giovanni Battista e vari personaggi che, dopo aver ascoltato le sue esortazioni, a prepararsi per la venuta del Messia gli domandano «che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,10-18). Rivolgendosi alla folla il Battista dice: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (v. 11). In questo caso «la carità spinge ad essere attento all’altro e ad andare incontro al suo bisogno, invece di trovare giustificazioni per difendere i propri interessi». Proseguendo nel dialogo Giovanni Battista si rivolge a dei pubblicani ai quali non chiede di cambiare lavoro ma di essere onesti: «il profeta, a nome di Dio, non chiede gesti eccezionali, ma anzitutto il compimento onesto del proprio dovere. Il primo passo verso la vita eterna è sempre l’osservanza dei comandamenti». I soldati sono invece invitati a non estorcere niente a nessuno e ad accontentarsi della propria paga: «la conversione comincia dall’onestà e dal rispetto degli altri: un’indicazione che vale per tutti, specialmente per chi ha maggiori responsabilità». Domenica il Santo Padre si è recato in visita nella Parrocchia romana di San Patrizio a Colle Prenestino. Nel’omelia della Messa Benedetto XVI ha mostrato la fonte della vera

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Benedetto XVI visita la parrocchia di san Patrizio a Colle Prenestino.

gioia: «Gesù reca agli uomini la salvezza, una nuova relazione con Dio che vince il male e la morte, e porta la vera gioia per questa presenza del Signore che viene a illuminare il nostro cammino che spesso è oppresso dalle tenebre e dall’egoismo. E possiamo riflettere se realmente siamo consapevoli di questo fatto della presenza del Signore tra noi, che non è un Dio lontano, ma un Dio con noi, un Dio in mezzo a noi, che sta con noi qui nella Santa Eucaristia, sta con noi nella Chiesa viva». All’Udienza generale del Mercoledì il Santo Padre si è soffermato sulle tappe della Rivelazione di Dio che

trova il suo culmine nella venuta del Salvatore: «la storia non è un semplice succedersi di secoli, di anni, di giorni, ma è il tempo di una presenza che le dona pieno significato e la apre ad una solida speranza». In settimana è stato presentato il Messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata Mondiale della Pace che ha per titolo “Beati gli operatori di Pace”. Il Papa insiste sulla promozione della vita nella sua integralità, la creazione di nuovo modello di sviluppo e il portare avanti una vera pedagogia della pace come vie essenziali per costruire una vera fraternità tra gli uomini.

La struttura naturale del matrimonio «va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale». I molteplici beni funzionali allo sviluppo «devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune». Nel nostro tempo, ricorda Benedetto XVI, emerge la necessità di un’educazione alla pace che «richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati». Sempre in settimana è stato diffuso anche il Messaggio per la prossima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni dal titolo “Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede”: «in che cosa consiste la fedeltà di Dio alla quale affidarci con ferma speranza? Nel suo amore. Egli, che è Padre, riversa nel nostro io più profondo, mediante lo Spirito Santo, il suo amore (cfr Rm 5,5). E proprio questo amore, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo, interpella la nostra esistenza, chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita».

A Cagliari il simulacro della Vergine di Nagasaky Il 29 dicembre la Marcia della Pace a San Gavino ROBERTO COMPARETTI

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CQUISTA UN CARATTERE inter-

nazionale la Marcia della Pace che la Diocesi di Ales Terralba organizza per il 26° anno consecutivo. Teatro della manifestazione, il prossimo 29 dicembre, sarà il comune di San Gavino Monreale, uno dei centri più colpiti dalla crisi economica. “Il tema della Giornata Mondiale della Pace - ha detto monsignor Angelo Pittau, presidente del comitato promotore - è “Beati i costruttori di pace”. L’arrivo della Madonna di Nagasaki ci ricorda come il dono della pace debba essere costantemente domandato. Ciò che rimane di quella statua, la testa scampata alla bomba atomica sganciata sulla città giapponese il 9 agosto 1945, è un simbolo importante non solo per chi crede ma per tutti quelli che hanno a cuore il dono della pace”.

Quest’anno accanto alla Diocesi di Ales - Terralba si affianca quella di Cagliari che accoglierà prima della Marcia, nel santuario di Bonaria il simulacro della Vergine di Nagasaky, dove resterà per l’intera giornata del 28 dicembre. Prevista una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Cagliari monsignor Arrigo Miglio, ed un convegno nel pomeriggio sul tema della pace e dell’obiezione di coscienza. “Il Santuario di Bonaria, quello della patrona massima della Sardegna - ha detto il vescovo di Ales Terralba, monsignor Giovanni Dettori - accoglierà ciò che resta del simulacro giapponese. Questa circostanza è un segno, perché l’accoglienza della Madonna di Nagasaky è la testimonianza che il tema della pace non riguarda solo quelli che parteciperanno alla marcia ma interessa tutti i sardi”. Una folta delegazione nipponica accompagnerà il simulacro.

DomenICA 23 DICemBre 2012

pietre SIRIA

Cristiani continuano ad essere sotto tiro Circa 150mila fedeli cristiani vivono nel terrore in oltre 40 villaggi della cosiddetta “Valle dei Cristiani”, nella Siria occidentale. La valle (“Wadi al Nasara”), storica roccaforte dei cristiani siriani, in prevalenza greci-ortodossi, ha accolto nei mesi scorsi migliaia di rifugiati provenienti da Homs e da altre città e province. Oggi i cristiani sono sotto il fuoco di milizie islamiste che si sono stabilite nella fortezza crociata di “Krak des Chevaliers”, eretta nel secolo XI da un emiro musulmano, ricostruita dagli Ordini ospedalieri crociati e oggi patrimonio culturale dell'Unesco. CINA

Mons. Ma Daqin rischia l’esautoramento Mons. Taddeo Ma Daqin, il coraggioso vescovo ausiliare di Shanghai, ordinato il 7 luglio scorso, rischia di essere esautorato e oltre alla libertà - si trova da mesi agli arresti domiciliari - perderebbe anche il titolo di vescovo "coadiutore" della metropoli. Secondo fonti ecclesiali la sua nomina è stata revocata dal Consiglio dei vescovo cattolici cinesi. La violenta mossa contro mons. Ma era attesa da tanto tempo. Il giorno della sua ordinazione episcopale mons. Ma ha sfidato la politica religiosa che grava da oltre 60 anni sulla Chiesa, presentando le dimissioni da membro dell'Associazione patriottica - l'organismo di controllo della Chiesa - e ha rifiutato di condividere il calice della comunione con un vescovo scomunicato dalla Santa Sede. Per il suo gesto egli è stato applaudito a lungo dai fedeli ed è divenuto un esempio di coraggio per molti sacerdoti e vescovi della Cina. MESSICO

Mons. Lai, mons. Pittau, mons. Dettori e il sindaco Cruccu.

Battezzati 21 bambini salvati dall’aborto

“Si tratta - ha precisato monsignor Pittau - di personalità di cultura, docenti dell’Università Cattolica di Tokyo, uno degli atenei giapponesi di più alto prestigio. La delegazione dopo le giornate in terra sarda sarà ricevuta anche in Vaticano”. Per il sindaco di San Gavino “la marcia, oltre ad essere una vetrina per il paese sarà anche un momento di riflessione e speranza per il futuro. Alla crisi economica si aggiunge quella sociale, con perdita di valori anche nelle istituzioni. Ciò che stupisce è come in tempi di riduzioni della spesa pubblica si acquistino strumenti di guerra, per esempio aerei costosissimi, mentre le famiglie hanno problemi per andare avanti. Credo che il messaggio della Marcia inciderà anche sotto questo profilo”.

L'Arcivescovo metropolita di Città del Messico, il Cardinale Norberto Rivera Carrera, ha battezzato 21 bambini tra i 2 e i 6 anni di età, salvati dall'aborto grazie all'aiuto dato alle mamme dal Comitato nazionale Pro-Vida. Alle mamme di questi piccoli il Comitato offre informazione e orientamento sullo sviluppo gestazionale; esami ultrasuono attraverso i quali vedono i bambini che portano in pancia, informazioni sul tema dell'aborto, sui metodi per effettuarlo e sulle conseguenze fisiche, emotive e psicologiche a cui vanno incontro sia le madri che i padri del bimbo che sta per nascere. Inoltre ricevono borse di studio e vengono indirizzate verso istituzioni per l'assistenza medica, legale, lavorativa e per i centri di adozione.

Di certo agli appuntamenti previsti non mancheranno le migliaia di volontari, una bella realtà dell’Isola. “Da undici anni questo per noi è un appuntamento immancabile - ha precisato Gianpiero Farru, del Centro ServiziVolontariato Sardegna Solidale - perché in ogni volontario alberga il senso più profondo della pace”. Tra le novità di quest’anno la presenza anche della Caritas diocesana di Cagliari. “Sono felice che in quest’edizione ci siamo anche noi - ha affermato il direttore della Caritas diocesana, monsignor Marco Lai perché crediamo fortemente in questi valori. Il convegno che verrà fatto il 28 sul tema dell’obiezione di coscienza sarà l’occasione di riflessione per chi come noi crede fortemente in questa scelta”.


DomenICA 23 DICemBre 2012

IL PORTICO DEI GIOVANI

Il PortICo

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Verso il Natale. Nei giorni scorsi il consueto incontro di spiritualità per i docenti di religione cattolica.

“Quel Dio di cui parlate nelle aule di scuola costituisce il riferimento della vostra vita” All’iniziativa organizzata dall’Ufficio diretto da don Roberto Piredda l’intervento del gesuita padre Francesco Maceri sul dono della Grazia e il suo ruolo nella vita I. P. I È TENUTO NEI giorni scorsi nei locali del Seminario arcivescovile il consueto incontro di spiritualità in preparazione al Natale per i docenti di religione cattolica (IRC) promosso dall’Ufficio diocesano per l’IRC. La serata di spiritualità è stata guidata dal gesuita Padre Francesco Maceri, docente di teologia morale alla Pontificia Facoltà Teologica e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Cagliari. Nella prima parte dell’incontro Padre Maceri nella sua meditazione ha approfondito un testo della Prima Lettera ai Tessalonicesi (2, 1114): «E’ apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria

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del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone». La riflessione di Padre Maceri (nella foto piccola) si è soffermata in particolare sul dono della grazia e sul suo ruolo nella vita cristiana. Ogni credente è chiamato ad accogliere il dono della Grazia che viene da Dio e a lasciar operare il Signore nella sua vita. Dio non è rimasto inaccessibile e lontano dalla nostra esistenza ma è venuto incontro a noi nel tempo con la sua incar-

nazione e continuamente viene a visitare la nostra esistenza dandoci la sua grazia che ci permette di camminare sempre in novità di vita. Il cristiano deve aprirsi al Dio che si è fatto vicino, che è voluto diventare uomo per portare la salvezza all’umanità, e questa realtà diventa concreta per ciascuno nel momento in cui ci si apre alla chiamata di Dio nel discepolato. I mezzi dell’ascolto della Parola di Dio, della preghiera personale e in particolare della vita sacramentale rendono possibile nei concreti percorsi di fede di ciascuno di poter mantenere viva l’esperienza dell’incon-

tro con Dio. Dopo il tempo della meditazione personale la serata si è conclusa con la celebrazione della Messa presieduta da Padre Maceri. Questo incontro di spiritualità si inserisce nella globalità delle esperienze formative che accompagnano il servizio dei docenti di IRC. L’attenzione alla testimonianza di vita cristiana, che è uno dei cardini della loro idoneità all’insegnamento della Religione Cattolica, insieme alla retta dottrina e all’abilità pedagogica, è ben espressa da Benedetto XVI in un suo discorso ai docenti di IRC: «Esiste un nesso che lega l’insegnamento scolastico della religione e l’approfondimento esistenziale della fede, quale avviene nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Tale

legame è costituito dalla persona stessa dell’insegnante di religione cattolica: a voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita» (Discorso ai partecipanti all'Incontro degli insegnanti di religione cattolica, Sabato 25 Aprile 2009). In tale prospettiva è importante offrire ai docenti di IRC anche degli specifici momenti di spiritualità, che si affiancano con discrezione ai cammini personali di ciascuno nella propria Parrocchia e nelle associazioni. Non va mai dimenticato infatti che i docenti di IRC sono dei “mandati”, rivestono un ruolo che ha un legame costitutivo con la Chiesa diocesana, e sono quindi chiamati a coltivare la loro vita spirituale per essere nella scuola e nella vita quotidiana dei testimoni autentici del messaggio che trasmettono ai ragazzi. In questo modo gli insegnanti mettono dentro il loro qualificato impegno scolastico il “valore aggiunto” ed essenziale della fede cristiana che anima il loro servizio che va visto come una vera e propria “carità educativa” perché mette i ragazzi nella condizioni di decifrare le grandi domande di senso alla luce del messaggio cristiano.

“Proponiamo a tutti veri valori universali” Tito Aresu: “Un arricchimento personale per i ragazzi” R. C. ELLA PAUSATRA la meditazione e la celebrazione della Messa, gli insegnanti di religione, presenti in Seminario per il consueto ritiro pre-natalizio, raccontano del loro impegno quotidiano con bambini e ragazzi a scuola. “Da vent'anni lavoro nella scuola media - dice Marco Cocco, insegnante a Selargius - e nel corso di questo tempo ho visto cambiare approccio e modalità di rapporto con gli alunni. Il nostro è un servizio alla persona, al ragazzo con il quale ci rapportiamo in modo molto personale. Spesso alcuni colleghi ci chiedono come facciamo a rapportarci così con i ragazzi: in realtà ogni occasione è buona per iniziare una chiacchierata con loro, dal cambio dell'ora alla ricreazione. C'è un aspetto che è fondamentale: la coerenza tra ciò che diciamo a lezione e ciò che siamo. Se accanto alle parole ci sono fatti che dimostrano ciò

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che raccontiamo, i ragazzini ti seguono, specie in età preadolescenziale, periodo certamente non semplice. Quanto poi alla generazione di alunni con cui stiamo lavorando ora è vero che hanno maggiori conoscenze nel senso che rispetto al passato hanno avuto più input, ma non hanno basi solide alle quali ancorare queste conoscenze”. Da oltre vent'anni Anna Maria Mossudu è maestra di religione alla scuola primaria di Elmas. “ I bambini - dice Anna Maria - non hanno pregiudizi, hanno una grande apertura, ma anche una spontaneità che spesso li porta a rivolgerti questioni particolari. Non è semplice spiegare loro il mistero della Fede, il messaggio che c'è dietro al Vangelo, ma loro sono pronti ad accoglierlo, anche chi non ha una famiglia credente, o magari di altra religione. C'è una grande richiesta da parte delle famiglie circa la scelta dell'ora di religione ed anche chi è musulmano o magari cinese ateo. Le fa-

Studenti all’uscita del liceo Dettori. Nella foto in alto, fuori dal liceo Siotto.

miglie nutrono una grande fiducia in quest'ora, nella quale viene presentato il messaggio evangelico, ma soprattutto viene fatta cultura, un percorso diverso dalla catechesi. C'è bisogno di spiritualità perché l'uomo non è solo ragione e corpo ma anche spirito”. Tito Aresu (nella foto piccola), storico insegnante di religione al liceo “Dettori” di Cagliari, da oltre trent'anni è quotidianamente impegnato nel rapporto con i futuri

adulti. “Oggi, si può dire, mi ritrovo ad avere i figli di miei ex alunni: negli ultimi dieci anni i ragazzi sono decisamente cambiati. Ci troviamo di fronte a dei ragazzi pieni di fragilità rispetto a quelli di dieci anni fa, spesso privi di base non solo culturali ma soprattutto affettive. I genitori amano i loro figli ma non sempre riescono a dare loro una base di affettività completa. L'insegnamento della reli-

gione ha la finalità di trasmettere ciò che la tradizione da sempre propone, ed il fatto che venga scelta anche da chi non ha alle spalle una formazione specificatamente cristiana, è segno che i valori proposti sono universali e non legati a dogma di fede. Le famiglie sanno che ai ragazzi vengono proposti valori e non semplicemente una catechesi. Spesso la scuola trasmette cultura ma senza riempirla di significati. Ecco perché l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole è un arricchimento personale per i ragazzi”.


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IL PORTICO DEI GIOVANI

Il PortICo

DOMENICA 23 DICemBre 2012

Associazioni. nicola melis, ricercatore universitario, racconta lo scopo e l’attività dell’Associazione labiopalatoschisi.

“Manca un centro specializzato per la cura, noi diffondiamo la conoscenza della malattia”

ne: solo grazie alla loro partecipazione potremo ulteriormente espandere gli orizzonti sociali e culturali della collettività intera. Proprio ultimamente la nostra associazione sta cercando di dare sempre più visibilità alla malattia, soprattutto in termini positivi: problema da affrontare con leggerezza e semplicità, pensando che tra le altre disabilità la labiopalatoschisi rimane di entità inferiore. Socialmente, ci sono stati tanti progressi perché prima la disabilità era uno stigma, oggi non più come un tempo. Quali sono i principali bisogni di chi soffre di labiopalatoschisi?

Anzitutto, il processo di guarigione può essere lungo e lento; gli interventi necessari sono relativi alla chirurgia maxillo-facciale, quello del logopedista e un paziente lavoro ortodontico. Lo Stato italiano garantisce le spese per le prime due tipologie di intervento, mentre per quello dentistico no: esiste un tariffario di riferimento fermo al 1998 ma, essendo lievitati i costi, nessun dentista vi aderisce. Le somme sono ingenti: si può arrivare ad oltre i diecimila euro tra le varie operazioni. Purtroppo da noi, ancora, manca un centro specializzato sulle operazioni relative alla labiopalatoschisi.

Oggi la chirurgia ha raggiunto livelli tali per cui i risultati sono ottimi fin dalla giovane età. La Regione Sardegna, con una legge, riconosce la labiopalatoschisi come problematica sociale e, in generale, la malattia è considerata rara. Quali sono le prospettive dell'associazione? Vorrei che passasse il messaggio che chiunque soffre di labiopalatoschisi è virtualmente parte della nostra associazione: moralmente ed eticamente è nostro dovere sentirci parte di una sola famiglia e se ci fosse necessità di aiuto, l'associazione è presente. Vorrei ricordare il vice presidente, Salvatore Murgia, medico pediatra con un figlio che soffre di labiopalatoschisi, con competenze per gli aspetti medico-legali il quale, vivendo in prima persona la questione della malattia, ha maturato grande esperienza nell'ambito della patologia; così come Stefano Oddini Carboni, odontoiatra e collaboratore della nostra associazione, specializzato proprio negli interventi relativi alla labiopalatoschisi. Uno degli obiettivi dell'associazione, tra quelli che maggiormente auspico, è la realizzazione di uno studio sociale legato alla labiopalatoschisi nella nostra regione: spero si possano recuperare i fondi necessari per questo lavoro, che permetterebbe un ulteriore passo in avanti nella comprensione delle dinamiche legate alla malattia.

porino” nasce in ambito medico e scientifico ma, nel tempo, ha assunto un carattere che marchiava in senso negativo chi doveva sopportare tale patologia. La schisi può essere a livello labiale o a livello del palato e, nei casi gravi, colpisce entrambi, così da avere la labiopalatoschisi. nella fase interuterina non avviene la fusione delle fessure esistenti: i lembi delle strutture interessate, che dovrebbero unirsi tra la settima e la dodicesima settimana, rimangono divisi. Alcuni numeri sono da ricercare nelle percentuali relative al tipo di forma patologica: nell'80% dei casi

la schisi è un'anomalia isolata, nel 20% è associata ad altre malformazioni, facendo parte di una sindrome, ovvero di un quadro clinico d'insieme caratterizzato da alcuni segni clinici che interessano diversi organi o apparati. Le cause della labiopalatoschisi non sono ancora ben chiare. Si parla perciò di origine multifattoriale, dato che risultano coinvolti fattori genetici e ambientali. Tra questi ultimi, durante la gravidanza sono stati chiamati in causa il fumo di sigaretta, alcune infezioni virali, l'assunzione di farmaci anticonvulsivanti, carenze vitaminiche. A questo proposito, gli studi più re-

centi dimostrano che l'assunzione di acido folico poco prima e subito dopo il concepimento, oltre a prevenire altre gravi malformazioni congenite, è in grado di ridurre la prevalenza della patologia anche del 20%. Infatti, nelle regioni più povere del mondo, come in Etiopia o in Bangladesh, dove molte ONG esercitano per l'aiuto alle popolazioni, supportando le cure alle varie malattie, persistono veri e propri eserciti di bambini colpiti da labiopalatoschisi, laddove sarebbe sufficiente una corretta alimentazione per prevenire malformazioni di questo tipo.

L’obiettivo è lavorare soprattutto con i giovani: “Non bisogna vergognarsi nè nascondersi, ma darci una mano per conoscere”. Il costo delle terapie può raggiungere i 10mila euro MATTEO MELONI ON BISOGNA chiudersi in se stessi, non bisogna nascondersi: bisogna dar voce alle problematiche esistenti e col nostro contributo far tornare il sorriso a chi soffre di labiopalatoschisi”. Con queste parole Nicola Melis (nella foto), presidente dell'Associazione Labiopalatoschisi della Sardegna, invita a conoscere, documentarsi ed approfondire la tematica che, anche nella nostra regione, colpisce numerosi individui, costringendoli a diverse cure, spesso costose e con tempistiche lunghe. Melis racconta a Il Portico quali sono gli obiettivi dell'Associazione e spiega come, anche attraverso la divulgazione, è possibile cambiare la vita di chi soffre della patologia. Cosa spinge un gruppo di persone ad unirsi in un'associazione relativa ad una problematica come quella della labiopalatoschisi?

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La nostra associazione nasce grazie al contributo dei genitori di figli con labiopalatoschisi e la loro costante partecipazione è stata fondamentale per costruire la base del gruppo che, ad oggi, conta 120 associati. Sostanzialmente l'obiettivo primario è quello di lavorare con i giovani, con la gente, con tutti coloro che vogliono sapere di più della patologia. Non bisogna né vergognarsi né nascondersi: è necessaria l'organizzazione di eventi non solo tra disabili, ma con la comunità. Coinvolgere il maggior numero possibile di persone affette da labiopalatoschisi è il traguardo naturale dell'associazio-

Perchè stare uniti può aiutare tantissimo Alla scoperta di una patologia di origine “multifattoriale” MA. ME. ABIOPALATOSCHISI. Una parola che per i più, detta così, non significa nulla. Ma l'importanza che riveste per tutte le persone affette da quella che è una malformazione, è grande. Volgarmente chiamata “labbro leporino”, la labiopalatoschisi è una patologia che vede un bambino su 800 nascere con tale problematica. Per far fronte ai diversi aspetti legati alla malattia, nel 1996 nasce l'Associazione Labiopalatoschisi Sardegna, con l'intento di supportare, consigliare ed assistere le famiglie di portatori della patologia e di chiunque si occupi dei loro problemi. L'Associazione mantiene i rapporti con tutti i centri di cura, di assistenza e di ricerca, così da unire i due mondi: quello della medicina con le persone. Nonostante in Sardegna non manchino le professionalità non esiste ancora, ad oggi, una strut-

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tura clinica accreditata per il trattamento chirurgico della labiopalatoschisi. Per ora è possibile effettuare i trattamenti riabilitativi riguardanti l'ortofonia-logopedia e le cure ortodontiche, ma le strutture operanti, gli specialisti e i professionisti qualificati non sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio. L'Associazione si batte per l'equità delle cure: la disomogeneità rappresenta per molti un serio problema, in termini di spesa sanitaria e di perdita di ore lavorative impiegate per raggiungere località alquanto distanti dal domicilio. Per questo motivo uno dei principali obiettivi dell'Associazione punta al coinvolgimento dei medici, dei soggetti con labiopalatoschisi e alle loro famiglie, e di chiunque intenda offrire il proprio contributo di lavoro, idee e collaborazione così da unire le forze per la lotta alla patologia. Specificamente, il termine “labbro le-


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IL PORTICO DI CAGLIARI

Iniziative. Il 21 dicembre dalla cattedrale di Piazza Palazzo fino alle finestre del carcere.

Fiaccole davanti a Buoncammino, la luce che fa volare la solidarietà Nel solco tracciato da padre Beppe Pireddu, per l’undicesimo anno si ripete l’idea per dare sostegno e vicinanza a detenuti e famiglie LAURA FLORIS I ACCENDONO PER l'undicesimo anno consecutivo le fiaccole davanti al carcere di Buoncammino. Venerdi 21 dicembre, alle 19.30 parte dalla cattedrale di Cagliari in piazza Palazzo, questo momento di riflessione e solidarietà con i carcerati e le loro famiglie. In prima fila, come da tradizione, i frati cappuccini. Stavolta alla guida ci sarà padre Giancarlo Pinna che, nel solco tracciato da padre Beppe Pireddu, accompagnerà i partecipanti sino ai due bracci del penitenziario, davanti alle finestre delle celle, per ricordare, prima di tutto a chi sta fuori, difficoltà, diritti e umanità di chi sta dentro. E a chi è rinchiuso, che c'e' qualcuno all'esterno pensa al problema carcere ed e' pronto a dare nuove opportunità di riscatto. In tutti questi anni l’iniziativa, nata da un’idea di padre Franco Murgia, è cresciuta grazie al contributo di gruppi storici come l’Oftal con Mario Marini, la Caritas diocesana e don Marco Lai, l’Azione Cattolica, “La Collina” di don Ettore Cannavera, Mondo X e Padre Morittu, i volontari di “Oltre le Sbarre”. L’infati-

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Un’edizione della fiaccolata verso Buoncammino.

cabile regista-cappellano Max Sira del Convento di Fra Ignazio, ma anche Tonina, Claudio, Paolo, Lella, e tanti altri, tutti volontariamente, senza alcun apporto finanziario esterno, lavorano per organizzare nei dettagli l'evento. Solidarietà si è detto. Perchè l'iniziativa nasce con l'intento di manifestare sostegno e vicinanza ai figli, alle madri, ai padri, alle mogli dei detenuti che si preparano a vivere il Natale con un grande vuoto da colmare. E riflessione. Perché sempre di più è necessario porre la questione “carcere” all’ordine del giorno. Pensare al sovraffollamento, alla carenza di strutture alternative, al disagio che si vive dietro le sbarre che tutto fanno fuorché favorire il recupero e il riscatto dei detenuti. E poi, a tutto il portato di malessere profondo che la struttura detentiva dovrebbe superare in virtù del decantato articolo 27 della Costituzione Repubblicana. È necessario parlarne e capire non

solo quando il risultato del disagio è il suicidio. Certamente impressiona leggere il macabro resoconto delle morti in cella sul sito ristretti.it aggiornato anno per anno. Dal 2000 ad oggi in Italia se ne contano 2086, di cui 751 suicidi. Solo nel 2012 abbiamo raggiunto quota 153. Un bollettino di guerra che deve turbare, impensierire le nostre feste. Ma al di là della notizia di cronaca, la fiaccolata forse può aiutare a capire che dietro a un reato e a un numero di matricola c’è sempre la storia di una donna o di un uomo, di una famiglia. Di bambini che barbaramente si trovano a condividere le mancanze di una prigione con le proprie madri perché non esiste una soluzione migliore degna di uno Stato civile. Di malati che non ricevono le cure necessarie e che peggiorano e si ammalano ancora di più. Di persone normali che all’improvviso, nel bel mezzo di una vita normale, si trovano sulle spalle una condanna pesante, magari per omicidio pre-

terintenzionale, cioè quando capita senza volerlo, per esempio a causa di un incidente stradale. O peggio, sono rinchiusi per carcerazione preventiva, istituto sempre inquietante in un Paese che si proclama democratico. Questi casi non sono estremi e nemmeno rari. E soprattutto devono farci pensare che il carcere non è un luogo “altro” rispetto alla realtà, di cui non parlare e di cui non occuparsi. Dietro le sbarre si rinchiudono persone che non sempre hanno un curriculum criminale. Per questo tutti devono riflettere perché il “rischio reato” non esclude nessuno. Allora, qualche giorno prima di Natale, guidati dai silenzi e dall’esempio dei frati cappuccini, pensando a Padre Beppe, alla sua coerenza e alla sua vita spesa per gli altri, scegliamo di accendere una candela e di lanciare, forse, il migliore degli auguri a chi vive (male) dietro il muraglione di Buoncammino. L’augurio che si possa ricominciare senza pregiudizi. Che, scontata la pena, dall’altra parte del muro c’è qualcuno disposto a mettersi in discussione, a farsi carico non senza difficoltà dei problemi di chi sta dentro. Perché proprio a Natale si possono e si devono scuotere le coscienze, senza mezze misure. Senza scorciatoie. Anche con gli auguri “scomodi” davanti al carcere, come suggeriva don Tonino Bello: «Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora».

“Il Natale sia per tutti pellegrinaggio di carità” L’invito dell’arcivescovo Miglio alla festa di Santa Lucia ROSALBA CROBU

in onore di Santa Lucia nei giorni scorsi nella chiesa di Via Donizetti dedicata alla Santa, in particolare per la messa presieduta dall’arcivescovo mons. Miglio, accolto da una affollatissima assemblea. Il parroco, don Massimo Noli, ha rappresentato all’arcivescovo la situazione della parrocchia, composta prevalentemente da anziani, e gli ha porto i saluti della Casa Famiglia Santa Lucia e di

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ESTA SOLENNE

tutta la comunità. L’arcivescovo, alla sua prima visita alla comunità, ha ringraziato per l’accoglienza “carica d’affetto” e ha rimarcato la gratitudine al Signore per i doni che riceve tramite la comunità diocesana ed ha chiesto al Signore che nel giorno di Santa Lucia “ci faccia vedere la luce dei suoi doni”. Nell’omelia ha richiamato l’attenzione dei fedeli alla luce - citando Santa Lucia, che già dal nome la rievoca - e che ci riporta al Natale, giorno della manifestazione della Luce vera. Ha parlato ai fedeli di una fede viva, che porta a seguire Gesù perché la strada che Lui ci indica porta alla vera luce; una fede che man mano illumina e porta a ragionare, e non è cieca quando porta a comprendere il Mistero di Dio. Un richiamo a tutto campo a vedere meglio il Mistero di Dio e la rassicura-

IL PORTICO

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brevi PRIMA DELLA MARCIA DELLA PACE

La Madonna di Nagasaky nella Basilica di Bonaria Sarà a Cagliari il 28 dicembre il volto ligneo della Vergine di Nagasaky: il simulacro assume un significato altamente simbolico, perché rimasto intatto nonostante i bombardamenti che rasero al suolo il villaggio e la Chiesa di Urakami (Nagasaki), in Giappone, dove la statua integra, alta due metri, era collocata. L’immagine verrà accolta il 28 dicembre alle 10 nella Basilica di Bonaria, che, per l’occasione rimarrà aperta fino alle 20. Ne dà notizia la Caritas, che alle 11 ha organizzato un seminario dal titolo: “Scelte di pace rifiuto della violenza. Il valore di un’esperienza: l’obiezione di coscienza”. Moderatore sarà Giovanni Lavena, magistrato e obiettore di coscienza Caritas. Seguiranno i saluti: Fr. Peter Sakae Hojima, rettore Cattedrale di Nagasaky; don Angelo Pittau, direttore Caritas diocesana di Ales Terralba. Interverranno mons. Miglio, arcivescovo di Cagliari, Paolo Beccegato, responsabile ufficio Area mondialità di Caritas Italiana, Raffaele Callia, responsabile Studi e ricerche Delegazione Caritas Sardegna, Marco Scano, avvocato e obiettore di coscienza. Alle 17mons. Miglio celebrerà una messa in Basilica, cui alle 19 seguirà il concerto di Pianoforte tenuto dal Maestro Clara Cecilia Chika Murata (Tokyo National University of Fine Arts and Music), nell’Auditorium del Conservatorio di Cagliari. Il 29 dicembre l’effigie della Madonna sarà trasferita nella diocesi di Ales-Terralba dove si svolgerà la XXVI Marcia della pace, con partenza alle ore 15 dal Piazzale antistante l’ospedale Madonna di Bonaria, a San Gavino Monreale.

FAMIGLIE

Incontri di formazione a San Domenico Due immagini della celebrazione.

zione che la fede conduce a questa scoperta. Quindi un passaggio sull’Anno della fede, indetto dal Santo Padre Benedetto XVI, come grande occasione per riscoprire l’attualità dell’annuncio evangelico. Infine un ammonimento sulla carità, con il richiamo all’attenzione ai bisogni dei poveri e dei sofferenti, perché i segni d’amore che Dio ci ha dato siano restituiti perché ciò di cui i poveri hanno bisogno maggiormente è un amore grande che entri nel loro cuore. Mons. Miglio ha concluso invitando tutti a vivere il

periodo di Natale come un pellegrinaggio della carità, perché quello che accade dentro di noi lo ritroviamo centuplicato. Al termine della celebrazione, animata dal coro di San Sperate diretto dal maestro Marco Fois, don Massimo, a nome della comunità come segno di gratitudine, ha regalato all’arcivescovo un rosario invitandolo a celebrare il 21 marzo 2013 gli 80 anni della parrocchia. La festa di Santa Lucia è stata, inoltre, allietata dalla tradizionale fiera del dolce e dalla pesca di beneficienza.

Prosegue il ciclo di incontri organizzati dall'Associazione “Oltre La Porta” nel convento di San Domenico a Cagliari. Sabato 22 alle 17.30 il tema è “Visibile ma dotata di realtà invisibili”. Tra il liturgico e il geneticoatomare”, mentre Sabato 26 gennaio, sempre alle 17.30, il tema scelto sarà “Unità di tutto il genere umano”. Storie di salvezza e di facebook”.


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IL PORTICO

Il PortICo

IV DOMENICA DI AVVENTO dal Vangelo secondo Luca

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n quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Lc 1,39-45

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l vangelo di Luca inizia con due annunci di nascita: quello di Giovanni Battista e quello di Gesù, apparentemente indipendenti l'uno dall'altro, sebbene abbiano una struttura simile e il messaggero sia sempre l'angelo Gabriele. Questi due eventi si intrecciano qui, dopo che l'angelo aveva annunciato a Maria che Elisabetta, sua parente, aveva concepito un figlio (1,36), questa, per gioia e meraviglia, parte per assistere al miracolo che l'angelo le aveva fatto conoscere. Dopo due domeniche in cui abbiamo rivolto lo sguardo verso Giovanni Battista, per l'ultima domenica di avvento la liturgia ci propone ci invita a guardare verso Maria. Le parole di Elisabetta, la madre di Giovanni Battista, completano in un certo senso quelle dell'angelo Gabriele: da una parte avevamo l'annuncio e la promessa dell'intervento divino (e la corrispondente espressione di fede di Maria), qui abbiamo la lode, per bocca di Elisabetta, a colei che ha avuto fede in Dio. Non è un caso che la preghiera mariana per eccellenza abbia fuso, come in un unico discorso, le parole dell'angelo e quelle di Elisabetta: “Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con te” sono le parole del saluto dell'angelo Gabriele (Lc 1,28) mentre “Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno [Gesù]” sono le parole del saluto di Eli-

sabetta presenti nel nostro brano. Di fatto il primo a rendersi conto di ciò che stava avvenendo è Giovanni, che sussulta nel grembo di Maria, il suo sussulto, unito all'intervento dello Spirito Santo, sono la ragione della lode di Elisabetta rivolta a Maria. Di fatto il brano ci fa intendere che quella lode viene da Giovanni, ma soprattutto da Dio stesso. Di fatto nelle parole di Elisabetta si trova la ragione principale della venerazione speciale da sempre riconosciuta a Maria nella Chiesa: “beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Maria non sapeva ancora cosa avrebbe comportato la sua fede, a quali dure prove sarebbe stata sottoposta, e quali gioie le avrebbe portato, ma la sua fede e l'offerta di sé stessa non erano un atto basato su un calcolo di convenienza, su un contratto di cui si erano analizzate tutte le clausole, bensì erano basate esclusivamente sulla certezza assoluta che Dio era con lei. Elisabetta, come ci dice Luca, era rimasta nascosta per cinque mesi (1,24), e la visita di Maria è l'occasione per esprimere la sua, ormai incontenibile, gioia. Maria a sua volta, vedendo che Dio aveva fatto sapere ad altri (Giovanni ed Elisabetta) ciò che si stava compiendo, non si tratterrà più e, invece di rispondere alla domanda di Elisabetta (“A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”), esprimerà la sua lode al Signore con il can-

to del Magnificat. Questo brano va letto, per poter essere compreso bene, tenendo anche conto dell'altro episodio in cui Gesù e Giovanni Battista si incontrano: il battesimo di Gesù. Rispetto a quel brano ritroviamo lo Spirito Santo (di cui qui è colmata Elisabetta e che al Battesimo scenderà su Gesù) e il fatto che Giovanni faccia capire a chi gli sta intorno che Gesù è il Messia, è il Signore. Per certi versi il ruolo di precursore di Giovanni Battista inizia proprio nel nostro brano, dove fa capire a sua madre chi avesse di fronte. Il fatto che Elisabetta interpreti profeticamente il sussulto nel suo grembo, richiama un'altra scena molto famosa della Genesi in cui Rebecca, moglie di Isacco rimase incinta di due figli Giacobbe ed Esau: «Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: "Se è così, che cosa mi sta accadendo?". Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: "Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell'altro e il maggiore servirà il più piccolo"» (Gn 25,22-23). Nell'episodio di Genesi il comportamento litigioso fin dal grembo di Rachele fu interpretato come una profezia della rivalità tra i due fratelli; nell'episodio odierno, invece, il sussulto gioioso di Giovanni quando Gesù si trova davanti a lui è profezia del compimento dell'attesa messianica, compimento che si avrà quando Gesù si presenterà davanti a lui per ricevere il Battesimo.

EGLI È CO CHE È UN riscritture

DON ANDREA BUSIA

Nel Cristianesimo delle origini era così: l'essere libe rato dalle tenebre dell'andare a tastoni, dell'igno ranza - che cosa sono? perché sono? come devo an dare avanti? -, l'essere diventato libero, l'essere ne la luce, nell'ampiezza della verità. Questa era la con sapevolezza fondamentale. Una gratitudine che si i radiava intorno e che così univa gli uomini nell Chiesa di Gesù Cristo. Ma anche nella Chiesa c'è lo stesso fenomeno: ele menti umani si aggiungono e conducono o alla pre sunzione, al cosiddetto trionfalismo che vanta s stesso invece di dare la lode a Dio, o al vincolo, che b sogna togliere, spezzare e schiacciare. Che dobbiam fare? Che dobbiamo dire? Penso che ci troviamo pro prio in questa fase, in cui vediamo nella Chiesa sol ciò che è fatto da se stessi, e ci viene guastata la gioi della fede; che non crediamo più e non osiamo pi dire: Egli ci ha indicato chi è la verità, che cos'è la ve rità, ci ha mostrato che cos'è l'uomo, ci ha donato giustizia della vita retta. Noi siamo preoccupati d lodare solo noi stessi, e temiamo di farci legare da re golamenti che ci ostacolano nella libertà e nella no vità della vita. Se leggiamo oggi, ad esempio, nella Le tera di Giacomo: "Siete generati per mezzo di una pa


DEL NATALE

DomenICA 23 DICemBre 2012

NATALE DEL SIGNORE dal Vangelo secondo Giovanni

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Adorazione dei Magi di Gaetano Previati

OSÌ VICINO NO DI NOI

eonelnirla

eese bimo olo ia iù ela di eoeta-

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rola di verità", chi di noi oserebbe gioire della verità che ci è stata donata? Ci viene subito la domanda: ma come si può avere la verità? Questo è intolleranza! L'idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso. Nessuno può dire: ho la verità - questa è l'obiezione che si muove - e, giustamente, nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi. Penso che dobbiamo imparare di nuovo questo "non-avere-la-verità". Come nessuno può dire: ho dei figli - non sono un nostro possesso, sono un dono, e come dono di Dio ci sono dati per un compito - così non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo: se essa stessa ci conduce e ci compenetra. Benedetto XVI, 2 settembre 2012

Natale e il mistero è così grande che la liturgia ci propone di guardarlo da 4 punti di vista diversi: la Messa vespertina prefestiva, in cui il vangelo ricorda l'apparizione dell'angelo a Giuseppe (Mt 1,1-25), la Messa di mezzanotte, in cui viene ricordato il momento della nascita di Gesù e la lode degli angeli (Lc 2,1-14), la Messa dell'aurora, che ci ricorda i pastori che vanno a Betlemme per vedere il bambino (Lc 2,15-20), e infine la Messa del giorno, con il vangelo che ora andiamo a leggere. Tutto questo senza considerare le letture dell'AT e quelle apostoliche. Una tale ricchezza, paragonabile solo a quella del triduo pasquale, sottolinea l'importanza fondamentale di questa solennità. Leggendo il vangelo della Messa del giorno può stupire il fatto che non sia mai nominata Maria, né gli eventi della nascita bensì si dica solamente “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Questo non è dovuto al fatto che Giovanni non sapesse chi fosse Maria, per rendersene conto basta leggere il brano delle nozze di Cana o quello che riporta le parole di Gesù in croce. La spiegazione è che il quarto vangelo è scritto per una comunità che era indubbiamente già a conoscenza degli eventi della vita di Gesù, compresa la sua nascita, e non era quindi particolarmente importante ripeterli; l'interesse di Giovanni si concentra invece sul significato teologico degli eventi stessi. In quest'ottica, là dove Marco inizia il suo vangelo raccontando il battesimo di Ge-

È

n principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Gv 1,1-18

sù al Giordano, e Luca e Matteo partendo dal suo concepimento, Giovanni risale ancora più indietro per mostrare che quell'uomo, quel bambino, altri non è che il Verbo di Dio, è Dio: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […]E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Qui si supera di molto l'attesa messianica dell'antico testamento, non si tratta semplicemente di un uomo che viene investito da Dio di una missione particolare, si tratta di Dio stesso che “si fa carne”, evento impensabile soprattutto per un ebreo, ma evidentemente parte del piano divino fin dall'eternità. Il brano presenta la nascita e la missione di Gesù attraverso frequenti richiami ai primi capitoli del libro della Genesi, alla creazione, a partire dalle primissime parole (“in principio”) che sono le stesse con cui inizia la Bibbia, e i richiami alla luce e le tenebre, il richiamo diretto all'azione del Verbo nella creazione (“il mondo è stato fatto per mezzo di lui”) e l'essere generati da Dio. Giovanni presenta quindi la missione di Gesù come una nuova creazione. Condizione per far parte di questa nuova creazione è l'accogliere Gesù ed a questo ci siamo preparati in tutto questo avvento, per non dire in tutta la nostra vita. Giovanni ci dice chiaramente che la nascita di Gesù è un evento senza paragoni

e di grandissima importanza, ma ancora più importanti sono tutti i doni che da questa incarnazione derivano, come l'essere figli di Dio, la grazia in abbondanza (“grazia su grazia”), la verità e la rivelazione del Padre. Doni legati strettamente all'accoglienza del Verbo. L'essere figli di Dio è la prima risposta di Dio per chi lo accoglie; il ricevere grazia su grazia indica la volontà, da parte del solo che è “pieno di grazia e di verità”, di essere dispensatore di grazia per tutti gli uomini. Gli ultimi doni citati, la verità e la rivelazione del Padre, sono quelli più importanti per Giovanni e sono anche quelli che caratterizzano la missione di Gesù, soprattutto dal punto di vista dell'amore del Padre per i suoi figli. Non dobbiamo tanto pensare che Gesù si sia incarnato per parlare del Padre, ha certamente fatto anche quello, ma la vera rivelazione è, di fatto, Gesù stesso: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9). Dopo tante parole ora è però il momento di smettere di parlare e lasciarsi meravigliare da un Dio onnipotente che, per amore, accetta di incarnarsi e di dipendere, per ogni sua necessità, dall'amore di Maria e Giuseppe, sue creature. Felice e santo Natale! DON ANDREA BUSIA


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IL PORTICO DEI LETTORI

Il PortICo

DomenICA 23 DICemBre 2012

LETTERE A IL PORTICO Carissimi; un augurio di pace per ognuno di voi! Anche quest’anno con queste semplici righe, busso laddove so che posso trovare attenzione e sensibilità, dinanzi alle tante impellenze e bisogni legati al mio servizio di Cappellano del Carcere verso i fratelli e sorelle “ristretti”. Questo lo faccio grazie alla disponibilità di queste pagiine del nostro Giornale Diocesano, che sempre si interessano a questo nostro “mondo” e che ringrazio dal profondo del cuore. La crisi di questi ultimi anni oggi si fa sentire fortemente anche nei nostri ambienti, e certamente si amplificano le difficoltà; i tagli hanno interessato anche noi Cappellani delle Carceri e questo causa difficoltà a venire incontro alle esigenze primarie di tanti detenuti, purtroppo lasciati soli e senza possibilità di contatti ester-

Un appello da Buoncammino ni che possano assolvere alle loro esigenze essenziali e primarie. Ecco l’elenco delle cose più urgenti per assicurare la dignità ai detenuti più indigenti: bagnoschiuma, shampoo, spazzolini da denti, dentifrici, saponette, deodoranti (non spray e solo in confezioni di plastica), rasoi, crema da barba (solo in vasetto di plastica), spugne per la doccia, panetti di sapone di Marsiglia per indumenti, qualche confezione di crema per il corpo per le persone di colore che hanno problemi dermatologici; qualche confezione di crema per il viso per le donne ( sono vietate le confezioni in vetro); accappatoi (dalla taglia 44 alla 54). Bene prezioso poter

fare la doccia e curare pertanto la propria igiene. Per raggiungere il locale delle docce i detenuti devono attraversare lunghi corridoi sui quali si affacciano tutte le celle ed in cui transitano tante persone, per servizio e volontari, molto spesso donne. In più questi anditi sono freddissimi ed esposti a fortissime correnti per cui l’indumento diventa indispensabile anche per la salute. Asciugamani viso o altre dimensioni,berretti di lana, calze, possibilmente pesanti (dal n° 40 al 46), giubbotti (dalla taglia 44 alla 54), guanti (solo di lana), jeans (dalla taglia 44 alla 54), maglioni (dalla taglia 44 alla 54), pantaloni (dalla taglia 44 alla 54), pigiami (dalla taglia 44 alla 54), slip o boxer (dalla taglia 44 al-

la 54), teli bagno, tute ginniche e felpe (dalla taglia 44 alla 54). P.S.: Purché lavati e in condizioni dignitose gli accappatoi, i teli bagno, gli asciugamani e gli indumenti vanno bene anche dismessi E’ possibile portare queste cose presso il Centro Solidarietà “Giovanni Paolo II”, presso la portineria riservato al Centro Accoglienza per detenuti in Viale Sant’Ignazio da Laconi 88 situato dopo la Chiesa dei Frati di Sant’Ignazio, lasciando tutto come destinataria responsabile Donatella Barella. Si possono dare soldi? Si possono dare certamente, consegnandoli a colui che in prima persona si stà interessando a questa mia richiesta oppure usufruendo del

Conto Corrente Postale n° 76237437 intestato a Sira Massimiliano, riservato a questo servizio per il Cappellano. Queste ritengo siano le cose primarie che vi chiedo, bussando alla porta della vostra solidarietà, ricordandovi che anche una goccia nell’oceano è importante. Grazie, già da ora, da parte mia personale per quello che il vostro cuore sentirà di fare; grazie a nome dei fratelli e sorelle “ristretti” perché non sono insensibili ad ogni gesto che mostra loro, dentro un luogo di limitazioni e privazioni, segni di amore e non giudizio! E grazie a chi non potesse fare niente ma può certamente pregare per questa nostra porzione di umanità, servita dalla Chiesa. Dio benedica la vostra carità e generosità. E anche io vi benedico! Padre Massimiliano Sira Cappellano Casa Circondariale

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzate l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it.

Storia di una famiglia ritrovata, il nuovo libro di Carlo Sorgia

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uello trattato da Carlo Sorgia è davvero tra i temi più delicati che si possano affrontare: l’accoglienza familiare, con tutto quello che ne consegue. L’autore lo fa con delicatezza e molta attenzione, e di fatto confeziona con molto coraggio un diario, molto personale, intimo. In sostanza mette a conoscenza i lettori di una fase importante della vita della sua famiglia: verità e calore sono le due parole che meglio identificano questo libro. La verità è quella di un’opera che racconta la storia reale, realmente accaduta, di un’adozione di una bambina allora molto piccola. Il libro racconta con schiettezza come si sentono un padre e una madre davanti ad un figlio che cresce. Questo è certamente un tratto comune ad ogni genitorialità: quello che non è comune è che Carlo Sorgia e sua moglie abbiano deciso di buttarsi nell’esperienza di accoglienza – con timore e tremore, poi con rinnovato entusiasmo che ancora gli si legge in faccia, prima che dentro le pagine del libro – in forza di valori che oggi vanno perdendosi. Quando li ho conosciuti, la cosa che più mi ha colpito è l’evidenza di questi valori nella loro vita, come se facessero parte del loro Dna. Per loro è naturale, non scontato, ma naturale: l’accoglienza dei più piccoli, dei più deboli, è tipico della natura umana, eppure oggi è un valore che si va perdendo. In mezzo alla crisi sono loro, i più piccoli, i più indifesi che rischiano di più. La società guarda con ammirazione persone che hanno il coraggio di ac-

Il sangue è solo un liquido SERGIO NUVOLI

cogliere un bambino, ma fa ancora troppo poco con le sue istituzioni per sostenerli abbastanza. “Inchiostro del cuore e calamaio dell’anima” sono i due strumenti che Sorgia dichiara subito di aver usato per raccontarci la storia vera che coinvolge tanto in poco più di 80 pagine in cui ripercorre con verità lunghi anni. Li sintetizza con episodi che valgono molto più delle righe in cui li racconta, in cui il lettore è condotto ad immaginare, a vivere con i protagonisti le varie vicende. E’ un libro che si legge in fretta, ma che fa compagnia a lungo. Senza mai incensarsi o soffermarsi su particolari che poco avrebbero da dire, Sorgia ci permette con questo libro di entrare in casa sua, e di scoprire quanto l’accoglienza familiare cambi la vita, trasformi i rapporti, arricchisca – pur nella fatica – l’esistenza di tutti. Ma c’è una dinamica che Sorgia descrive con cura: la socialità nuova di cui la protagonista diventa capace. Anziché chiudersi, si apre alla vi-

Nella risoluzione dei problemi occorre partire da un punto fermo e Noi come Caritas, insieme alla società civile, vogliamo essere quel punto di partenza. (don Marco Lai) Un Sereno Natale, Fratelli e Sorelle, dalla Caritas Diocesana di Cagliari.

ta e alle sue possibilità. Anziché fermarsi – davanti alla paura di conoscere le sue origini – trova la forza di fidarsi della mamma, che in diversi punti del racconto le dà coraggio. L’accoglienza vissuta con consapevolezza piena – nell’appartenenza all’Unico che salva – rende capaci di vivere così, di vivere cioè una paternità e una maternità piene, non diminuite, non qualcosa di “accanto” alla paternità biologica, ma esattamente la stessa cosa. La disponibilità che uno dà – quando decide di dire di sì ad un gesto così grande – è totale: il valore di una virtù sta nella totalità della disponibilità. L’accoglienza raccontata da Carlo Sorgia, dalla moglie Silvana e dalla loro figlia è qualcosa che risponde – come apertura dell’anima – ad una posizione originaria del cuore. “Si può amare solo se si è amati, solo se ci si sente amati”. E uno, nella vita, scopre che quello che magari aveva sognato – quando ha detto sì – lo fa soffrire, perché non corrisponde al sogno. E soffre. Ma quel dolore salva tutto, an-

che quello che non corrisponde e rende capaci di una pazienza e di un amore non immaginabili a priori. Un grande uomo, Enzo Piccinini, davanti alla rivelazione che noi originalmente siamo voluti, rispondeva che “La prima cosa è che si incomincia a scoprire la possibilità di amare. Amare significa la possibilità di affermare l’altro, la libertà di affermare l’altro. Uno ha la libertà di affermare l’altro solo quando scopre la libertà di essere se stesso. E questa libertà è una risposta originale e permanente alla Presenza che fin dall’inizio ti ha voluto e che ora è presente nella storia ed è un incontro che ogni giorno ti risveglia alla coscienza vera”. E’ questa la dinamica che entra in gioco nell’accoglienza, e che viene raccontata nel libro scritto da Sorgia: l’amore genera amore, ma genera soprattutto una coscienza nuova, rinnovata, che permette alla protagonista di non aver paura di scoprire le proprie origini. E allora uno è tentato di togliere quel punto di domanda dal titolo, così provocatorio ma così vero, perchè “non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio siete stati generati”, dice il Vangelo. E la lettera agli Ebrei aggiungerebbe: “Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”. Il valore del libro di Carlo Sorgia è soprattutto in questo, ma il merito va spartito con gli altri protagonisti del libro, con la mamma - vera figura centrale nel romanzo e la figlia: nell’aver mostrato che l’accoglienza, non solo nella forma dell’adozione, è una strada per tutti.

Sostienici nell’Aiuto

Caro Fratello e cara Sorella, quest’anno scegli di augurare Buone Feste sostituendo il tuo tradizionale dono natalizio con una donazione alla Caritas Diocesana di Cagliari, ciò ci permetterà di acquistare alimenti, beni di prima necessità e materiale medico-sanitario, essenziali oltre che ai bisogni della mensa di Via Sant’Ignazio, all’accoglienza, in generale, degli Ultimi, nostri Fratelli. La nostra non è un’accoglienza fine a se stessa, ma crediamo ed operiamo progettando INSIEME, un futuro verso l’autonomia. Sostienici nell’Aiuto, grazie. don Marco Lai Direttore della Caritas Diocesana Diocesi di Cagliari- Caritas Diocesanacausale Sostienici nell’Aiuto Natale 2012 • Poste ccp: 16211096 Ricorda di segnalarci le persone a cui dobbiamo rivolgere i Tuoi e • Banco posta: IT74E0760104800000016211096 • Banca Prossima: IT70Z0335901600100000070158 Nostri Auguri di Natale scrivendo a caritas.cagliari@gmail.com Le aziende interessate anch'esse a Sostenerci nell'Aiuto, possono prendere contatto con la segreteria della Caritas scrivendo all'indirizzo caritas.cagliari@gmail.com


DomenICA 23 DICemBre 2012

IL PORTICO DI CAGLIARI

Anno della Fede. Incontro nei giorni scorsi in Facoltà teologica con mons. Bettazzi.

“Il Concilio dimostra il dinamismo della Chiesa cattolica nel tempo” Secondo il vescovo emerito di Ivrea, attraverso il Vaticano II la Chiesa ha affermato le verità di sempre in modo adatto al mondo di oggi: “E’ l’anno buono per capirlo” FRANCO CAMBA ON UNA CONFERENZA sulla Chiesa prima e dopo il Concilio Vaticano II si è svolto venerdì scorso il secondo degli incontri organizzati dalla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose, insieme all’Arcidiocesi di Cagliari e al Pontificio Seminario Regionale Sardo, con l’obiettivo di approfondire nell’Anno della Fede, la conoscenza del Concilio Vaticano II in occasione del 50° anniversario della sua apertura. A tenere la conferenza nell’Aula Magna della Facoltà Teologica è stato monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e protagonista egli stesso del Concilio a cui partecipò in tre sessioni, dopo essere stato consacrato, nel 1963, vescovo ausiliare di Bologna. Di lui si ricorda l’intervento del 4 ottobre 1965 nel quale citò il filosofo Antonio Rosmini, autore del-

C

Mons. Bettazzi, padre Teani e mons. Miglio.

l’opera Cinque Piaghe della Santa Chiesa, allora ancora all’Indice dei libri proibiti della Chiesa. Forte della propria esperienza personale, con una capacità dialettica fuori dall’usuale e caratterizzata da una singolare giovialità, monsignor Bettazzi si è dapprima soffermato a precisare il carattere pastorale del Concilio Vaticano II richiamando le intenzioni di papa Giovanni XXIII che riteneva necessario, esattamente come fecero i Padri conciliari, portare l'«oggi» che viviamo alla misura dell’evento cristiano, con il volto nuovo della Chiesa. Successivamente, dopo aver ricordato il significato pastorale dei decreti e delle dichiarazioni del Vaticano II, monsignor Bettazzi

ha presentato le quattro costituzioni conciliari, i documenti fondamentali del Concilio, delineando i loro contenuti e la stretta connessione che li unisce e mettendo in luce le novità pastorali del Vaticano II: una Parola di Dio che orienti davvero la vita del cristiano e della Chiesa, una liturgia che impregni di Cristo tutta la loro esistenza e attività. Elementi che, come ha scritto in una delle sue ultime pubblicazioni (Il Concilio, i giovani e il popolo di Dio, Edizioni Dehoniane) “dovrebbero far sentire primaria la voce del popolo di Dio e spingerlo a essere lievito del cammino dell’umanità tutta verso il regno di Dio”. Contestando quanti ritengono

che “rispettare la tradizione significhi fermarsi a rifare quello che si è sempre fatto”, monsignor Bettazzi ha affermato che “il Concilio Vaticano II è la dimostrazione del dinamismo proprio della Chiesa Cattolica in quanto la tradizione altro non è che restare gli stessi nel cambiamento. Che in altri termini significa che con il Vaticano II la Chiesa afferma le verità di sempre ma in modo adatto al mondo d’oggi”. “Monsignor Bettazzi non è solo un Padre conciliare, cioè uno che ha partecipato al Concilio Vaticano II e che ora racconta quell’esperienza, ma è un vescovo che nel suo servizio alla diocesi ha provato a incarnarlo e a realizzarlo”, ha affermato monsignor Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, intervenendo per ringraziare il vescovo con il quale, prima di essere lui stesso consacrato Vescovo di Iglesias, aveva collaborato come vicario per la pastorale e successivamente come vicario generale nella diocesi di Ivrea. Nel concludere il suo intervento monsignor Bettazzi richiamando padre Yves Congar, il quale affermava che “per capire veramente ed attuare un concilio ci vogliono cinquant’anni”, ha detto che “siamo nell’anno buono. Se ciascuno ci mette quello che sa e quello che può, sentendo di essere chiamati ad essere testimoni del Vangelo e dello Spirito Santo”.

Un mezzo per sostenere la vita di tutti i cristiani Così Fermina Alvarez Alonso sul Concilio Vaticano II F. C.

L’

IDEA DEI SINODI E DEI Conci-

li, quali mezzi privilegiati per rinvigorire la vita cristiana, era familiare a papa Giovanni XXIII”. È con queste parole che la professoressa Fermina Álvarez Alonso, del Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università Lateranense, giovedì scorso, nell’Aula Magna del Seminario Regionale, intervenendo alla seconda conferenza del ciclo di incontri Educare nella Fede rileggendo il Concilio Vaticano II. Personaggi, scritti e prospettive organizzati dal Pontificio Seminario Regionale Sardo, ha iniziato il proprio intervento su papa Giovanni XXIII in relazione al Concilio Ecumenico Vaticano II, dalla prospettiva del suo ruolo nella promozione dell’unità dei cristiani. “Nella mente di papa Giovanni, quando ebbe l’intuizione di convocare un concilio”, ha affermato la

professoressa Álvarez, “c’era l’immagine di una Chiesa «aggiornata», che fosse in grado di dare una risposta pastorale alle sfide del suo tempo, a cominciare da una riflessione e da un confronto con sé stessa”. Finalità questa ritenuta fondamentale per dare continuità alle riflessioni del Concilio Vaticano I sulla Chiesa, e che metteva in evidenza “la necessità di recuperare quell’unità interna che aveva dato fondamento e vigore alla Chiesa nei primi tempi e che si era persa nel medioevo”. E lo stesso annuncio del Concilio dato nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, alla conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, diede una connotazione particolare alla preparazione e alla successiva realizzazione del Concilio, segnando l’avvio di un cammino di avvicinamento alle altre confessioni cristiane. Nel corso del suo intervento la professoressa Álvarez ha messo in rilievo che “ricercare le vie per l’unità

Fermina Alvarez Alonso e il rettore del Seminario regionale, mons. Saba.

delle Chiese cristiane, fu uno dei compiti delineati da Giovanni XXIII nell’inaugurazione del Concilio”. Un tema per il quale era stato preparato dalla Provvidenza fin dagli anni in cui fu Visitatore Apostolico e poi Delegato in Bulgaria, Turchia e Grecia, paesi che non mantenevano relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ripercorrendo lo sviluppo del Movimento dell’ecumenismo cattolico e contestualizzando la creazione del Segretariato per l’unità dei cristiani, la professoressa Álvarez ha sottolineato che “il riavvicinamento dei cristiani era la maggior preoccupazione di papa Giovanni”. Preoccupazione che, alla sua morte, fu fatta propria da papa Paolo VI che il giorno seguente all’elezione dichiarò in un radiomessaggio il proprio impegno per la causa dell’unità. Dopo aver indicato il ruolo svolto, in termini di collaborazione, dal

Segretariato per l’unità dei cristiani in occasione del ConcilioVaticano II, la professoressa Álvarez si è soffermata sulla figura di monsignor Michele Maccarrone. Docente di Storia Ecclesiastica alla Pontificia Università Lateranense e perito conciliare, Maccarrone diede il proprio contributo per sbloccare la situazione di stallo che si era creata sulla questione della Collegialità episcopale e del suo rapporto con il Primato petrino. Ma non meno rilevante fu il suo lavoro in favore della cancellazione delle rispettive scomuniche che pesavano, fin dal 1054, tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica. Cancellazione che con l’incontro ufficiale tra le due Chiese sancì la chiusura del Concilio, e rappresentò un nuovo passo nella via del ravvicinamento tra Roma e Costantinopoli, prima con Giovanni XXIII e successivamente con Paolo VI.

Il PortICo

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brevi IN PROGRAMMA IL 6 GENNAIO

Verso la Giornata dei Ragazzi missionari Il Centro Missionario Diocesano, diretto da don Nino Onnis, informa che è disponibile il materiale per la Giornata dei Ragazzi Missionari in programma il 6 gennaio 2013. E’ pronto l’inno per la Festa dei Ragazzi Missionari del 24 febbraio 2013 composto dal prof. Piero Collu ed eseguito dai ragazzi della Scuola Media Giovanni Pascoli di Assemini. Si può trovare facilmente su Youtube digitando “imparo a credere”. Il Centro è inoltre disponibile per incontrare catechisti e ragazzi per una collaborazione degli elaborati sul tema della festa. COSTRUIRE LA SPERANZA

Giovedì 20 dicembre il dossier Caritas Giovedì 20 dicembre, alle 16 nell’Aula Maria Lai della Facoltà di Giurisprudenza (via Nicolodi, parte alta di viale Sant’Ignazio), sarà presentato il Dossier “Costruire la speranza. Promozione umana e tutela dei diritti nell’attività della Caritas di Cagliari”. Il volume mette in evidenza l’attività della Caritas diocesana, con un occhio di riguardo al suo impegno mirante al superamento della logica assistenziale e alla tutela della dignità della persona, con una finalità prevalentemente pedagogica. I dati relativi ai principali servizi saranno collocati all’interno del contesto diocesano e regionale. Interverranno mons. Arrigo Miglio (arcivescovo di Cagliari), don Marco Lai (direttore Caritas diocesana), Pietro Ciarlo (professore ordinario di Diritto costituzionale), Francesco Manca (responsabile Centro Studi Caritas). A seguire, alle 18.30, la Santa Messa celebrata dall’Arcivescovo per i volontari della Caritas diocesana, presso la Cappella del Centro di Solidarietà Giovanni Paolo II.

Il Direttore e la Redazione de

augurano a tutti i lettori

Buon Natale e Felice Anno Nuovo Saremo di nuovo con voi domenica6 gennaio 2013


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

Il PortICo

editoria NOTIZIARIO DELL’ARCHIVIO

Vescovo tra servizio pastorale e cultura E’ uno speciale interamente dedicato a mons. Ottorino Pietro Alberti il nuovo numero del Notiziario dell’Archivio storico diocesano di Cagliari, diretto da mons. Tonino Cabizzosu. Ed è proprio il direttore a curare il volume “Un vescovo tra servizio pastorale e cultura”, stampato dalle Grafiche Ghiani di Monastir. “Visse una sintesi tutta sua personale tra amore per la Terra Sarda e amore di pastore per le persone, tutte, a cominciare dai più bisognosi - scrive di lui mons. Miglio nel primo intervento del libro - bella sintesi che ha saputo unire animo cristiano e animo sardo o, meglio, che ha saputo manifestare il profondo spirito cristiano dell’animo sardo”. L’arcivescovo di Cagliari ricorda poi mons. Alberti come “uomo di comunione e pastore vigilante, mosso unicamente dall’Amore e desideroso unicamente di coltivare sempre comunione e dialogo”. Nel profondo legame che intercorreva tra mons. Ottorino Pietro Alberti e l’archivio storico diocesano di Cagliari è da ricercare secondo il curatore del Notiziarioil motivo della pubblicazione. “Ha ripetutamente sostenuto - scrive mons. Cabizzosu - che l’amore per la cultura, l’approfondimento dello studio, la ricerca della verità sono volani che aiutano ed educano l’uomo e lo indirizzano verso alti ideali”. Il libro si compone di testimonianze, di immagini e ricordi di tanti che hanno conosciuto mons. Alberti, in un’opera che ha l’altissimo pregio di attestare il bene compiuto dall’arcivescovo nuorese, anche dopo la cessazione dall’incarico.

DOMENICA 23 DICemBre 2012

Storie. Una vicenda che ricorda molto da vicino i racconti contenuti nel libro Cuore di De Amicis.

“Qui Radio Vaticana”: così Luisetta teneva i contatti con i sardi al fronte Una giovane di Samassi, 68 anni fa, captava i messaggi dell’emittente e girava le informazioni alle famiglie preoccupate per la sorte dei loro cari. Un pezzo della storia sarda ILARIA MUGGIANU SCANO ENSANDO AI TANTI comunicatori odierni che - ad onta dei lustri trascorsi nelle costose scuole di giornalismo - devono ancora nutrirsi eticamente, torna prepotentemente alla memoria il ricordo di poche gocce d’inchiostro che nell’immediata età post bellica lambivano il piccolo quadernetto di una fanciulla e davano l’equivalente emotivo di una scossa tellurica ai destinatari di queste comunicazioni. La trama ricorda le pagine dell’intramontabile libro “Cuore” di De Amicis ma la protagonista è la giovane Luisetta Piras di Samassi, che dalla stanzetta della cittadina del Medio Campidano ridiede il sorriso ad almeno seicento famiglie sarde. È il gennaio del 1944, dopo l’improvviso armistizio la guerra può dirsi conclusa ma la serenità non arriva certo altrettanto repentina. Centinaia di figli, mariti, sposi sono soldati lontani, tanti i dispersi, tantissimi i disorientati che non riusciranno a mettersi in contatto con le proprie famiglie al di la’ del mare.

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Anche la giovane Luisetta aspetta il ventiseienne fratello bloccato lì , in qualche zona imprecisata della Penisola, dove la fine del secondo conflitto mondiale lo aveva sorpreso. Improvvisamente però a casa Piras fa irruzione un parente che urla: “Giuseppe è vivo! Lo ha detto Radio Vaticana!”. L’emittente romana, subito dopo la guerra, diffonde quotidianamente il programma “Messaggi per la Sardegna”, ma questi sono i giorni di un’umanità in ginocchio, il pane bianco è considerato un bene voluttuario, il latte è concesso ai malati gravi e davanti a privazioni inenarrabili perfino procurarsi una vecchia radio è realtà oltre la scienza. Il senso di debito di Luisa verso quella sorte che le ha restituito l’amato fratello sarà tale da superare anche questo scoglio e questo desiderio si farà impellente bisogno di essere dolce latrice dei messaggi di quei sardi partiti per il fronte e incapaci di comunicare con i propri cari in preda all’angoscia.

“Qui Radio Vaticana”: dalle 18 alle 18 e 30, per quattro mesi la ragazzina capta e ordina i messaggi dell’emittente, segnali disturbati e quasi incomprensibili che tuttavia non le impediscono di farsi rapida intermediaria dei prigionieri sardi dispersi in ogni parte del mondo con le proprie famiglie. Ogni altro collegamento è interrotto, la posta non funziona più: Luisetta è l’unico legame tra la Sardegna e il mondo. L’Italia è liberata, ma le rare navi da guerra che giungono a Cagliari e gli aerei che atterrano a Elmas o a Monserrato non hanno che poche notizie, tutt’altro che precise. Tanti sono i prigionieri degli Alleati, tanti sono coloro che cercano di rientrare in Sardegna con un mezzo di fortuna, ma come comunicare con la famiglia? Anche chi sa leggere e scrivere non ha alcuna possibilità di inviare neppure una cartolina. L’unico spiraglio di luce è Radio Vaticana. Grazie al paziente e incommensurabile lavoro di Luisa centinaia di mamme riebbero piena speranza di riab-

bracciare i propri figli in un’esistenza ormai rassegnata al lutto. L’ardimentosa Luisa annotta con carta e penna i segnali delle onde corte 50,26, comunicazioni provenienti da tutto il mondo, dai campi di prigionia più lontani, dai vari fronti di guerra; si tratta di poche parole che la studentessa trascrive diligentemente poi batte a macchina. Il primo: “Iglesias. Alla mamma Falchi Lucia dal figlio Severino, internato a Nairobi. Numero di Matricola 35243”. Brevi missive che i soldati inviano alle famiglie per dichiarare la propria esistenza. Anche lo scrittore Giuseppe Dessì ricevette da Luisetta il messaggio dei propri familiari bloccati a Roma. Molti furono i segni di riconoscenza verso l’impagabile ragazza e sebbene sia buona norma del corretto comunicare evitare il panegirico del fenomeno che si propone è altrettanto doveroso fare memento degli apici di umanità che la vera comunicazione può toccare, come quest’episodio che è storia nostra.


DomenICA 23 DICemBre 2012

IL PORTICO DEI PAESI TUOI

Iniziative. A Nuraminis in mostra oggetti realizzati all’oratorio, a Siliqua teatro e castagne.

Così nelle parrocchie della Diocesi si prepara con cura la festa di Natale La parrocchia guidata da don Giuseppe Orrù propone “Natale insieme”, in quella di don Faedda l’oratorio è divenuto il centro delle attività proposte prima delle feste R. C. N’OCCASIONE PER stare insieme e creare un bel clima natalizio. È il senso della "Fiera", che ha visto esposti a Nuraminis gli oggetti realizzati nell’oratorio. Nelle sere di apertura dell'Oratorio sono stati realizzati diversi lavoretti, che hanno coinvolto anche le mamme con il corso di decoupage e con la preparazione di dolci. Nei due pomeriggi di sabato e domenica scorsa i lavori sono stati esposti, presenti anche alcune associazioni del paese, che così hanno avuto l’occasione di farsi conoscere meglio. “L’idea - dice il parroco don Giacomo Faedda – è stata quella di realizzare un qualcosa in grado di coinvolgere anche le associazioni: volevano far conoscere meglio l’oratorio e le attività che vengono portate avanti, attraverso momenti di aggregazione in paese. Tre associazioni di Nuraminis hanno dato la loro adesione ed insieme alle famiglie dei quasi cento ragazzi che frequentano l’oratorio

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Don Giacomo Faedda impegnato con un’attività dell’oratorio.

abbiamo realizzato le due serate”. Il ricavato di quanto venduto è andato a favore dell’oratorio, che dallo scorso ottobre ha preso il via, dopo la sistemazione dei locali: ora anche Nuraminis ha un punto di riferimento per i ragazzi del paese. “I locali dell’oratorio “San Giovanni Bosco” si trovano all’interno di “Casa Amica” – dice don Giacomo. In questi due mesi abbiamo lavorato per diffondere la mentalità che finora non c’era. I ragazzi seguono tre corsi, uno di danza, di chitarra e l’altro di tastiera e l’oratorio resta aperto in pratica tutte le sere mentre la domenica anche la mattina”. Grazie all’intervento del Comune lo scorso fine settimana è stato possibile assistere ad un concerto di chitarra classica, ad un altro di

musica da camera ed un’esibizione di ballo sardo. A Siliqua invece parrocchia, comitato delle associazioni ed amministrazione comunale hanno dato vita a “Natale Insieme”, una serie di appuntamenti che fino all’Epifania caratterizzeranno i prossimi giorni di festa. Si comincia sabato alle 10, con il saggio delle scuole secondarie mentre alle 19 il gruppo “Batisfera” proporrà l’esibizione teatrale “Lingua di vitello”. Domenica 23 invece l’intera giornata sarà caratterizzata da “Paschixedda in cumpangia”. “Dalle 9 alle 22 – dice il parroco don Giuseppe Orrù – il centro abitato sarà animato in diversi punti, mentre nel pomeriggio alle 16.30 il nostro oratorio vivrà “Un Natale da favola”, l’esibizione dei bambini del

coro “San Giorgio”. La vigilia di Natale in piazza Martiri è invece prevista la “Castagnata” offerta da Babbo Natale. Importante sarà l’appuntamento dopo la messa di mezzanotte, quando deporremo il Gesù Bambino nella chiesa di San Sebastiano, dove è stato allestito il presepe”. Per Siliqua i giorni dopo il Natale saranno ancora contrassegnati da appuntamenti e momenti di aggregazione. Si va dal saggio degli allievi della Banda Musicale alla presentazione del libro “Le Ferrovie del Sulcis, dal concerto di Natale dei cori “Boxis Nodias” di Siliqua, del coro di Serri e di quello di Guspini, all’esibizione di cori per bambini “San Giorgio”, coro parrocchiale, coro “Su Beranu” e coro “Cantu e Sentimentu”.

La Pro Loco premia i migliori monserratini Conclusa nei giorni scorsi la popolare manifestazione I. P. I È RINNOVATO sabato scorso il consueto appuntamento con il “Premio Pro Monserrato”, organizzato dalla Pro Loco del popoloso centro dell’hinterland cagliaritano. “Un premio – dice il presidente, Mario Sini – che è nato nel 2008, quando abbiamo deciso tributare un riconoscimento ai monserratini che avevano dato lustro al paese e, per non renderlo banale, abbiamo deciso di realizzarlo con cadenza biennale”. Quattro i premi assegnati, di cui tre a personaggi viventi mentre il quarto va alla memoria di un personaggio scomparso che ha portato alto il nome di Monserrato con la sua attività. “Quest’anno – afferma il presidente - il premio alla memoria è andato la pugile

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Fortunato Manca, indimenticato campione monserratino, scomparso nel 2008”. Manca è stato vincitore di 71 incontri di cui 31 per knock-out, subì 8 sconfitte (nessuna per knock-out) e 4 pareggi, una leggenda. Per lo sport il premio è andato a Gino Mameli, infaticabile organizzatore di gare ciclistiche, una vita spesa per le due ruote. Per l’arte invece allo scultore Gianni Argiolas, allievo di Foiso Fois e Antonio Mura, anche se il suo primo maestro è stato il pittore monserratino Cesare Cabras, amico e vicino di casa del nonno dell'artista. Infine per la musica premiata Maria Teresa Spiga, docente al Conservatorio di Musica. Il premio ha una caratteristica particolare, la selezione dei candidati. “Per fare questa scelta ci avvaliamo delle collaborazione

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brevi VENERDÌ 21 DICEMBRE

Da sedici anni il “Miracolo di Natale” A Cagliari c’è un miracolo che si rinnova ogni Natale, e a farlo sono gli stessi cagliaritani. Si tratta della raccolta di generi alimentari e gio-

cattoli sulle scalinate della chiesa di Bonaria, venerdì 21 dicembre dalle nove di mattina alle nove di sera, un’iniziativa organizzata da Gennaro Longobardi, e battezzata appunto “Miracolo di Natale”. Destinatari persone e famiglie seguite dal Centro diocesano di Assistenza, guidato da Anna Luciani. In tanti conoscono Gennaro per la sua divertente trasmissione televisiva, e quasi non c’è cagliaritano che non sia stato intervistato o non l’abbia visto intervistare qualcuno “per la strada”, con il suo approccio amichevole e le sue buffe domande. Ma ogni Natale, ormai da sedici anni, si trasforma da simpatico intrattenitore in angelo, o almeno così devono vederlo tanti poveri che, grazie all’iniziativa da lui organizzata e al lavoro del Centro diocesano di Assistenza, possono trascorre un Natale più sereno. Anche quest’anno l’iniziativa si è mossa con il passaparola, sia a voce sia attraverso i nuovi media e i social network. “Divertitevi a essere solidali – è l’invito di Gennaro dalla sua pagina Facebook- quando un popolo si muove per amore niente e nessuno potrà fermarlo. Vedere la scalinata di Bonaria illuminata e piena di doni è un sogno e contemporaneamente è romantico perché chi porta ha donato senza pensarci e l'ha fatto con il cuore, quel cuore che tante volte abbiamo fatto impazzire e poche volte gioire o amare”. L’iniziativa è già partita da qualche settimana, con la collaborazione dei City Angels, che hanno raccolto doni in giro per la città, ma il culmine sarà venerdì. La scalinata di Bonaria si riempirà di doni e diventerà più bella che mai: uno spettacolo da non perdere, più bello di mille luci e decorazioni, perché dimostrerà ancora una volta quanto è grande la generosità dei cagliaritani (glp).

I partecipanti al premio Pro Monserrato (foto Paolo Guagenti).

dei monserratini, in particolare di tutte le associazioni, le quali vengono invitate ad indicare i nomi di coloro che meriterebbero il premio attraverso l’invio di curricula. Dopo aver ricevuto le indicazioni una commissione composta da quattro persone si riunisce per decidere chi premiare”. Sabato scorso, come nelle precedenti due edizioni, alla lettura del curriculum di ciascun premiato, seguiva un intermezzo musicale. Quest’anno un quartetto d’archi ha sostituito il giovane Costantino Muscas, interprete di musica italiana e tradizionale sarda.

Archiviata la terza edizione la Pro Loco si sta muovendo per avviare la quarta. “La nostra – conclude il presidente Sini - a detta anche di alcuni esponenti politici regionali presenti alla manifestazione di sabato, è una delle poche che mette in luce quanto di bello hanno fatto e fanno persone del paese. Vogliamo continuare a evidenziare queste figure: abbiamo altri curricula che devono essere analizzati e ripresi. Di certo troveremo altre persone che meritano di essere premiate, perché hanno aiutato a diffondere il nome di Monserrato nel mondo”.

AL PALA CONGRESSI

Concerto natalizio afroamericano Nella giornata di Natale, il Palazzo dei Congressi, alla Fiera di Cagliari, ospita alle 21, dopo 17 edizioni, un nuovo concerto natalizio dedicato alla musica afroamericana. Dal 1996 l'associazione culturale “Shannara”, organizza la manifestazione “Gospel”, il concerto simbolo del periodo natalizio, nella quale emergono i valori della condivisione e della fraternità.


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

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brevi

Goni. l’iniziativa dell’amministrazione comunale prevede piccoli presepi lungo le strade del paese.

ALLO SPAZIO SEARCH

Una rassegna dedicata alla danza Lo Spazio Search, nel Largo Carlo Felice a Cagliari, ospita la rassegna dedicata alla danza e

alle arti performative “Il corpo sottratto”, per la direzione artistica di Maurizio Saiu. La manifestazione, che esplora in maniera non convenzionale relazioni artistiche legate alla rappresentazione del corpo nelle arti dal vivo.

AL TEATRO LIRICO

In scena La Bella addormetata Ultima replica sabato, al Teatro Lirico di Cagliari, del balletto “La bella addormentata” di Tchaikov-

sky, proposto dalle stelle del Balletto di Praga accompagnate dall'Orchestra del Teatro Lirico. Sabato quando il sipario si alza alle 19. L'Orchestra del Teatro Lirico è diretta da Václav Zahradník. Le coreografie sono di Javier Torres (da Marius Petipa), mentre le scene sono affidate a Minna Wallenius, i costumi a Erika Turunen, le luci a Olli-Pekka Koivunen ed i video a Timo Nyman.

“Su nascimentu de is bixinaus”, il Natale rafforza la solidarietà Il parroco don Praxiolu: “Un’idea che avvicina famiglie e zone del paese e mette in evidenza il simbolo più significativo delle festività natalizie, l’immagine della Natività” R. C. NA SANA TRADIZIONE in grado di unire il paese e di porre al centro i veri valori del Natale. Potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura dell’iniziativa voluta dall’Amministrazione comunale di Goni che ha dato vita a “Su nascimentu de is bixinaus”, con la quale sono stati realizzati dei piccoli presepi lungo le vie e gli scorci del piccolo centro. Utilizzare materiali naturali ed oggetti già disponibili nelle case, riutilizzando e riciclando gli stessi materiali ed evitando così inutili sprechi: ecco come sono stati fatti i presepi. “La parrocchia - dice il giovane parroco don Nicolò Praxiolu - benedice quest’iniziativa voluta dall’Amministrazione Comunale, perché oltre a mettere in contatto le famiglie ed i vicinati, in tempi di rapporti sempre più problematici tra familiari e vicinati, offre la possibilità di evidenziare quello che dovrebbe essere uno dei simboli del Natale, il presepe. Come parrocchia ne abbiamo realizzato due mentre l’amministrazione ne ha fatto una nella piazza della parrocchia, è comunque bello vedere tutto il paese con tanti presepi agli angoli delle strade, frutto del lavoro comune. In piccoli centri come Goni i rapporti sono ancora ad una dimensione abbastanza

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familiare, e quindi la costruzione di questi presepi aiuta a cementare i rapporti che sono già instaurati”. “Su nascimentu de is bixinaus” non ha carattere competitivo, nel senso che non ci sarà alcuna premiazione o concorso ma è semplicemente un modo per svolgere a un’azione educativa, con un’attenzione al decoro del paese e al rispetto della cosa pubblica. “L’iniziativa del Comune - conclude don Nicolò - ci sembra meritevole perché, in tempi di diffusione di messaggi privi di valori autentici per il Natale, mette al centro la ricostruzione nella Natività. I bambini conoscono benissimo l’albero di Natale: è bene che gli s’insegni quanto invece il presepe sia la forma più autentica per ricordare il Natale, con la rappresentazione della nascita di Gesù con tutti i personaggi che fanno da corona”.

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Durante tutto il periodo natalizio è quindi possibile ammirare i lavori realizzati lungo le vie del paese. Il giorno successivo a quello dell’Epifania quanto realizzato verrà riposto nei cassetti e magari riproposto in forma diversa il prossimo anno. L’auspicio è che “Su nascimentu

de is bixinaus” diventi una consuetudine che, oltre a far incontrare le persone del piccolo centro, serva a ribadire come il Natale deve mantenere una forte motivazione di fede e questa deve rimanere centrale anche nei segni che lo rappresentano, come il presepe appunto.


IL PORTICO DELL’ANIMA

DomenICA 23 DICemBre 2012

Chiesa ortodossa. Morto nei giorni scorsi all’età di 92 anni il patriarca, Ignazio IV Hazim.

Uomo del dialogo con i cattolici, ma anche tra cristiani e musulmani Ha istituito una scuola di teologia, ha servito i poveri, ha indicato la via. Discepolo di Tommaso d’Aquino, diceva che “non si può realizzare l’amore senza la giustizia”

za è cieca". Era un discepolo di San Tommaso d'Aquino, e diceva: "non si può realizzare il vero amore senza la giustizia". È stato un uomo dedito al lavoro fino all'ultimo giorno della sua vita, nonostante la sua età lavorava come un giovane zelante, pregava come un santo che vive in terra, portava le difficoltà e i problemi dei suoi fedeli nel suo cuore, incoraggiandoli a confrontare tutto con l'aiuto del Signore nostro. Il patriarca Hazim era l'uomo del dialogo, tra cristiano ortodossi e cattolici, ma anche tra cristiani e musulmani. In questi mesi aveva lanciato diversi appelli per la pace in Siria, devastata dalla guerra civile fra l'esercito di Bashar al-Assad e le milizie ribelli del Free Syrian Army; insieme ai vescovi cattolici e ai leader religiosi musulmani era fortemente impegnato per la riconciliazione nel Paese. In uno dei suoi appelli, diffuso in luglio, scriveva: "Un incalcolabile numero di arabi musulmani e cristiani, uomini, donne e bambini, cadono vittime delle bombe ogni giorno. Gli ospedali sono pieni di feriti il gemito umano è divenuto continuo e ininterrotto". Come arabi della Siria, "a prescindere dalla nostra reli-

gione, noi abbiamo il diritto di vivere in pace nel nostro paese...Invito tutti i siriani, in nome dell'unico vero Dio, a decidere di vivere insieme nella nostra patria benedetta auspicando che tutte le organizzazioni internazionali ci aiutino a garantire la pace, la stabilità e la riconciliazione". Il presidente della Repubblica Libanese ha considerato che la scomparsa del Patriarca Ignazio IV “è una perdita per il Libano e per gli arabi, vedendo quella che era la sua saggezza e la sua intelligenza, il suo coraggio di chiamare sempre tutti al dialogo e alla convergenza. Come l’ex-vicario del governo libanese, Issam Fares ha detto: “ci lascia in un momento storico difficile che sta vivendo il Medio Oriente. Lui che ha portato nella sua coscienza la sofferenza e la speranza di tutti i figli della regione, cristiani e musulmani. I cristiani e i loro problemi nel Medio Oriente sono stati il suo pensiero quotidiano fino all'ultimo respiro nella sua vita… Egli ha incarnato il catechismo della Chiesa Ortodossa nell'approccio della missione dei cristiani con i loro concittadini, e questo è un insegnamento a vivere secondo i valori dell'apertura, di tolleranza e di dialogo con gli altri. È vero che l'Oriente ha perso una grande uomo che ha guidato la Chiesa Ortodossa per 33 anni come padre, pastore, insegnante, fratello e amico di tutti, ma come fedeli che credono nella vita eterna, siamo sicuri che la sua anima riposa in pace e Dio misericordioso lo accoglierà tra i suoi santi, insieme alla voce degli angeli che lodano insieme la Trinità dicendo: "Cristo è risorto dai morti e ha dato vita a quelli che sono nelle tombe".

cantori e delle cantanti? E perché allora il tuo servo dovrebbe essere di peso al re mio signore? Solo per poco tempo il tuo servo verrà con il re oltre il Giordano; perché il re dovrebbe darmi una tale ricompensa? Lascia che il tuo servo torni indietro e che io possa morire nella mia città presso la tomba di mio padre e di mia madre. Ecco qui mio figlio, il tuo servo Chimàm; venga lui con il re mio signore; fà per lui quello che ti piacerà’ (19,35-38). In primo luogo, Barzillai manifesta la sua personale reticenza ad ottenere favori personali da parte del re o a trasferirsi a

Gerusalemme per ricevere onori e glorie. È vecchio e non sente più il gusto dei piaceri culinari, musicali, artistici. Il salmo 90 valorizza il tempo dell’uomo in ordine alla protezione di Dio, echeggiando: ‘Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti’. Barzillai ha ottant’anni e dimostra di essere un uomo cresciuto nel senso della vita, poiché conosce il valore del tempo ed ha ottenuto una visione ponderata dei beni superflui, al punto da saper rifiutar la proposta regale di essere uno dei più alti dignitari di corte. Il suo tono, volutamente ironico, svela la pochezza di una promessa di ‘vecchiaia agiata’ da parte del re. Barzillai è il controaltare valoriale di Davide che soppesa l’amicizia e la fedeltà con un baratto di do ut des. Tuttavia, Barzillai induce il re a far straripare su Chimàm il suo inarrestabile desiderio di benevolenza. Barzillai: icona di controtendenza al debordante carrierismo, anche tardivo!

P. FADI RAHI, C.SS.R. L 5 DICEMBRE scorso mentre era ricoverato in un ospedale di Beirut a causa di un ictus, è morto all'età di 92 anni, il capo della Chiesa Greco Ortodossa, il patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente Ignazio IV Hazim; nel momento in cui è stata annunciata la notizia della morte, il cancelliere patriarcale ha immediatamente chiesto la chiusura per lutto di tutte le associazioni religiose, civili e sociali che appartengono alla Chiesa Ortodossa per tre giorni. Era nato il 4 aprile 1920 a Muharda, nei pressi di Hama in Siria, si era trasferito a Beirut nel 1936, dove nel 1945 si era laureato all'Università Americana. Poi, in Francia, dove ha studiato teologia all'Istituto Teologico San Sergio di Parigi. Venne ordinato sacerdote nel 1953 in Libano. Ha fondato l'Università Teologica del Balamand nel nord del Libano ed era uno dei fondatori del Movimento della Gioventù Ortodossa in Siria e in Libano, che ha rinnovato la vita giovanile all'interno della Chiesa. È stato eletto vescovo nel 1961 nella diocesi di Palmira e vicario patriarcale; Nel 1970 diventa metropolita di Lakatia; nel luglio del 1979 è stato eletto dal sinodo ortodosso

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157° patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente della Chiesa Greco Ortodossa. Questa Chiesa è una delle quattordici Chiese che compone il Consiglio Ortodosso di Antiochia. La sua è la storia di uno dei più grandi personaggi che hanno scritto la storia dell'umanità tramite le loro umili e piccoli azioni, e che hanno dato molti frutti. Ha vissuto una storia di bambino povero, venuto a Beirut per educarsi e servire nella chiesa, prima di essere ordinato diacono e trasferirsi a Parigi per continuare i suoi studi religiosi. La sua carica episcopale e patriarcale era per lui “grazia su grazia di Dio” per servire i poveri, ha insegnato la strada giusta, ha dato speranza di vita ai figli della vita; ha costruito una scuola di teologia per conoscere e approfondire la Parola di Dio, ha dedicato gran parte della sua vita per il giovani e per la loro educazione. Non ha mai dimenticato le sue radici, e i frutti del suo apostolato erano sempre dedicati a tutto l'Oriente. Era un esempio di conoscenza, di cultura, di umiltà e di fede, capace di collegare scienza e fede, e dicendo spesso: "la scienza senza la religione è paralitica e la religione senza scien-

PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Barzillai di MICHELE ANTONIO CORONA

amico non si può conoscere nella prosperità; ma nell’avversità il nemico non si nasconderà’. In questo modo il libro del Siracide (12,8) fotografa la fisionomia dell’amico sincero e fedele. In una tale posizione può essere annoverato Barzillai (‘figlio di Zillai’) presente in 2Sam 19,32-40. È una figura alquanto interessante, dal momento che riveste un ruolo di primo piano nella sussistenza del re Davide durante il suo esilio forzato da Gerusalemme. Tra gli altri fu proprio il ricco Barzillai ad offrire al re ‘brande, coperte, orzo, stoviglie, grano, farina, grano abbrustolito, fave, lenticchie, miele, burro, formaggio di vacca e di pecora’ (17,28): una provvigione di tutto riguardo! Af-

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frettarsi a donare ad un re fuggitivo e in minoranza militare, significa averne immensa stima o, più malignamente, essere sicuri della sua vittoria finale. Il profilo autobiografico di Barzillai suggerisce di optare per la prima ipotesi. Dopo la vittoria di Davide, Barzillai viene convocato per essere ringraziato e per ricevere il doveroso onore di diventare familiare del re a corte. La dichiarazione di Barzillai chiarisce in modo fulgido la statura di questo vecchio amico del re: ‘Quanti sono gli anni che mi restano da vivere, perché io salga con il re a Gerusalemme? Io ho ora ottant'anni; posso forse ancora distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo? Può il tuo servo gustare ancora ciò che mangia e ciò che beve? Posso udire ancora la voce dei

Il PortICo

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detto tra noi Festa senza il festeggiato? di D. TORE RUGGIU

Quando si fa festa, non può ovviamente mancare il festeggiato. Anzi, questi occupa il posto centrale ed è la ragione per cui gli invitati partecipano alla festa, per condividere il momento di gioia. Così capita per i Battesimi, le Cresime, i matrimoni, le ordinazioni, le feste patronali e tutte le altre. È imminente la festa del Natale. Ma che festa è? Naturalmente la nascita di Gesù figlio di Dio che viene in questo mondo per salvarci. Dunque il festeggiato è Gesù! E se manca il festeggiato, la festa non si deve fare, altrimenti diventa una sceneggiata. Allora le luminarie, i regali, gli auguri, i pranzi succulenti e tutto il resto, hanno un significato? Certo! Ma ad una condizione: che non si dimentichi il festeggiato o, peggio ancora, non lo si escluda completamente. Molto saggiamente Angelo Silesio affermava: “Anche se Cristo nascesse mille e diecimila volte a Betlemme, a nulla ti gioverà se non nasce almeno una volta nel tuo cuore”.

Più chiaro di così…. Allora mettiamo Gesù al Suo posto, cioè al centro della nostra vita, dei nostri interessi, della nostra famiglia, della società, e poi facciamo pure festa. Ma, senza questo passaggio, non solo non ha senso festeggiare, anzi, diventiamo perfino ridicoli: facciamo festa per uno che non conosciamo, che non vogliamo accogliere, che respingiamo e in cui non crediamo. Se, invece, lo accogliamo e crediamo in Lui, tutta la nostra vita è una festa, come ebbe a dire il Beato Giovanni XXIII: “Gesù Cristo nato, morto e risuscitato ha fatto della vita dell'uomo una festa continua”. Ed è davvero così! Tutte le persone (ieri, oggi e sempre) che vivono questa esperienza di fede, hanno il cuore pieno di gioia anche di fronte alle vicissitudini della vita. Anche i martiri erano sereni mentre si recavano al patibolo, perché sapevano che Gesù era con loro e che i carnefici li avrebbero uccisi nel corpo, ma nulla avrebbero potuto fare contro l'anima. Dunque, auguri carissimi, facciamo pure festa ma non dimentichiamo di mettere al centro il festeggiato.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

Il PortICo

Giornata per la pace. Reso noto il Messaggio scritto dal Papa per il primo gennaio.

“Persone, gruppi e istituzioni che promuovano davvero la vita” S. N. ER USCIRE dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico”. Così Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale per la Pace, in programma il primo gennaio 2013. Un documento, di appena sette pagine ma davvero denso e impegnativo, finito nel tritacarne dei media che ne hanno estratto poche frasi, tralasciandone il significato profondo. Il modello “prevalso negli ultimi decenni - spiega il Papa - postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono”. Benedetto XVI entra nel merito delle teorie economiche: “Sono richieste - dettaglia specialmente da parte degli Stati, politiche di sviluppo industriale ed agricolo che abbiano cura del pro-

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gresso sociale e dell’universalizzazione di uno Stato di diritto e democratico. È poi fondamentale ed imprescindibile la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri”. Occorre “coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale. Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia (...) Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. In specie, la famiglia cristiana reca in sé il germinale progetto dell’educazione delle persone secondo la misura dell’amore divino. La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della

pace”. Qualche riga dopo, il Pontefice aggiunge: “La Chiesa si sente partecipe di una così grande responsabilità attraverso la nuova evangelizzazione, che ha come suoi cardini la conversione alla verità e all’amore di Cristo e, di conseguenza, la rinascita spirituale e morale delle persone e delle società”. “Una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie. Da queste è richiesto un notevole contributo non solo alla formazione di nuove generazioni di leader, ma anche al rinnovamento delle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali”. La pedagogia della pace “richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati”. Si tratta di indicazioni molto chiare, non banalizzabili: “Bisogna insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che

con semplice tolleranza. Incoraggiamento fondamentale è quello di « dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare “. Poco prima, il documento dettaglia i capisaldi della cultura della pace: “Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale”. E per non lasciare sottintesi: “Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria”. La difesa della famiglia: “Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna”. “Tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro, (...) considerato una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari”. “Questi principi - aggiunge Benedetto XVI - non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Sono inscritti nella natura umana, riconoscibili con la ragione, e quindi comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa.

DomenICA 23 DICemBre 2012

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

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