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DOMENICA 27 GENNAIO 2013 ANNO X N.4
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
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CAGLIARI
La difesa della vita Avviata anche nella diocesi di Cagliari la raccolta di firme per l’iniziativa europea “Uno di noi” SERGIO NUVOLI
no di noi”: è l’espressione usata per la prima volta dal Comitato nazionale di Bioetica - era il 22 giugno 1996 - per indicare l’embrione umano e definirne lo statuto giuridico. “Il Comitato - scrissero all’epoca gli esperti, laici e cattolici, che lo componevano - è pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l'embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone”. Gli embrioni, per il Comitato, sono “segno di una presenza umana, che merita rispetto e tutela”. E’ lo stesso organismo che, quasi 10 anni dopo, diede parere sostanzialmente positivo - pur essendo ancora necessaria una specifica norma - all’adozione per la nascita degli embrioni crioconservati. Allora erano “appena” 30mila quelli congelati e conservati in una biobanca di Milano: oggi, purtroppo, non esiste una contabilità precisa e aggiornata. E’ un numero certamente elevatissimo, dati anche gli ultimi colpi inferti alla legge 40 (ne vietava la produzione in sovrannumero), o a quel che ne resta. Oggi “Uno di noi” è lo slogan di una iniziativa lanciata dal Movimento per la Vita: un regolamento europeo del 2011 prevede la
U
possibilità di raccogliere un milione di firme - in almeno sette Paesi - per chiedere alla Commissione europea di assumere un atto giuridico che attui il Trattato di Lisbona. L’iniziativa avviata nasce “per richiedere alle Istituzioni europee di riconoscere il diritto alla vita del bambino concepito e non ancora nato”. Ulteriori considerazioni sono espresse dal vicepresidente nazionale, il magistrato Giuseppe Anzani, all’interno di questo numero del nostro settimanale. L’obiettivo è chiedere alla Commissione europea, cioè al “governo” della Unione europea, che il riconoscimento del bambino concepito e non ancora nato abbia ricadute positive sulla ricerca scientifica, la sanità e la cooperazione allo sviluppo. Questi sono temi che incrociano la vita umana prenatale e su cui la Commissione europea ha competenza. L’Organizzazione mondiale della Sanità dice che, nel mondo, 40 milioni di vite vengono eliminate ogni anno prima di venire alla luce: un numero su cui riflettere. “Uno di noi” è promossa dalle principali associazioni pro-life d’Europa, fra cui anche il Movimento per la vita italiano, ma è sostenuta da un Comitato in cui è rappresentato il Popolo della vita in tutte le sue articolazioni. Si può firmare anche online. Se l’intuizione è coraggiosa, straordinaria è stata la risposta all’appello all’unità lanciato dalla sede locale del Movimento per la
Vita: nei giorni scorsi si sono infatti ritrovate numerose associazioni, gruppi e movimenti per cominciare la raccolta delle firme, tutti compatti a difesa della vita: “E’ una di quelle sfide che devono vederci uniti - ha scritto la settimana scorsa su queste colonne l’arcivescovo - tra cristiani e con tante altre persone di buona volontà, a difesa della vita umana fin dai suoi inizi e per tutto il tempo della sua durata fino alla sua naturale conclusione, perchè si tratta della difesa della persona umana e della sua dignità”. Un’unità di intenti reale - quella sperimentata nella diocesi di Cagliari - tra le associazioni e i movimenti: con il Centro di aiuto alla vita, dall’Azione cattolica alle Acli, dal Cammino neocatecumenale ai Cursillos de Cristianidad, da Comunione e liberazione ai Focolarini, dal Centro down all’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, al Meic e al Forum delle associazioni familiari, a tante altre sigle, chiamate a raccolta dal Movimento per la Vita di Cagliari, presieduto da Maria Stella Leone. Una grande mobilitazione di popolo, con la Giornata per la Vita ormai imminente. “L'embrione è uno di noi - scriveva nel 1996 il Comitato nazionale di Bioetica - questa frase, talmente semplice da suonare per alcuni irritante, esplicita bene l'atteggiamento bioetico fondamentale che emerge dal nostro testo: il senso del limite al nostro possibile operare tecnologico”.
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