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DOMENICA 3 MARZO 2013 ANNO X N.9

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Servo della Chiesa Pubblichiamo il testo integrale del discorso pronunciato da Benedetto XVI all’Angelus di domenica 24 febbraio + BENEDETTO XVI

ari fratelli e sorelle! Grazie per il vostro affetto! Oggi, seconda domenica di Quaresima, abbiamo un Vangelo particolarmente bello, quello della Trasfigurazione del Signore. L’evangelista Luca pone in particolare risalto il fatto che Gesù si trasfigurò mentre pregava: la sua è un’esperienza profonda di rapporto con il Padre durante una sorta di ritiro spirituale che Gesù vive su un alto monte in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli sempre presenti nei momenti della manifestazione divina del Maestro (Lc 5,10; 8,51; 9,28). Il Signore, che poco prima aveva preannunciato la sua morte e risurrezione (9,22), offre ai discepoli un anticipo della sua gloria. E anche nella Trasfigurazione, come nel battesimo, risuona la voce del Padre celeste: «Questi è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» (9,35). La presenza poi di Mosè ed Elia, che rappresentano la Legge e i Profeti dell’antica Alleanza, è quanto mai

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significativa: tutta la storia dell’Alleanza è orientata a Lui, il Cristo, che compie un nuovo «esodo» (9,31), non verso la terra promessa come al tempo di Mosè, ma verso il Cielo. L’intervento di Pietro: «Maestro, è bello per noi essere qui» (9,33) rappresenta il tentativo impossibile di fermare tale esperienza mistica. Commenta sant’Agostino: «[Pietro]…sul monte…aveva Cristo come cibo dell’anima. Perché avrebbe dovuto scendere per tornare alle fatiche e ai dolori, mentre lassù era pieno di sentimenti di santo amore verso Dio e che gli ispiravano perciò una santa condotta?» (Discorso 78,3: PL 38,491). Meditando questo brano del Vangelo, possiamo trarne un insegnamento molto importante. Innanzitutto, il primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo. Nella Quaresima impariamo a dare il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra vita spirituale. Inoltre, la preghiera non è un iso-

larsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione. «L’esistenza cristiana – ho scritto nel Messaggio per questa Quaresima – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio» (n. 3). Cari fratelli e sorelle, questa Parola di Dio la sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita. Grazie! Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze. Invochiamo l’intercessione della Vergine Maria: lei ci aiuti tutti a seguire sempre il Signore Gesù, nella preghiera e nella carità operosa.

SOMMARIO POLITICA

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Voto dai mille paradossi, il rischio adesso è non capire la lezione GIOVANI

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Alla Fiera di Cagliari festa missionaria per tantissimi ragazzi CAGLIARI

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Mercede Mundula e Anna Figus, due donne da riscoprire e amare REGIONE

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L’incredibile paradosso dei Centri per l’impiego: gli addetti senza lavoro SPECIALE

DA PAG. 13

Il testo integrale del discorso del Papa al clero romano


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IL PORTICO DEL TEMPO

il PoRtiCo

domeNiCa 3 maRzo 2013

Le dimissioni del Papa. “Nascosto al mondo” dal 28 febbraio, Joseph Ratzinger prega per la Chiesa cattolica.

La figura umile e solida di pastore coraggioso è stata compresa dalle persone più semplici

Santo Spirito un nuovo Papa ben a conoscenza delle regole, dei ritmi e dei difficili equilibri della Curia Romana che articola, coi suoi dicasteri, la parte che potremmo definire “politico-amministrativa” del Vaticano e della Chiesa. Il secondo aspetto è che diventava Papa un cardinale che assommava in sé sia la guida pastorale, essendo stato arcivescovo della diocesi di Monaco-Frisinga, sia il cammino ecclesiale perché testimone della grande stagione del Concilio Vaticano II e della sua

costante e lenta attuazione, sia, e non da meno, l’aspetto teologico e magisteriale. Tutto ciò nel segno di quella “ermeneutica della continuità” con il deposito della Fede e della Tradizione secolare della Chiesa, da lui richiamata e arricchita durante il Pontificato, anche attraverso la rivalutazione della liturgia intesa come espressione della comunità ecclesiale intorno al sacrificio eucaristico. Logica conseguenza di questi aspetti è stata la necessità di esprimere il suo governo della Chiesa proseguendo la linea del dialogo interno ai diversi dicasteri, così come già fu con Paolo VI e con Giovanni Paolo II. Davanti al gesto della rinuncia al pontificato ne abbiamo lette moltissime e con interpretazioni che tra il sacro ed il profano non hanno minimamente tenuto nel conto la storia personale di Joseph Ratzinger. La sua decisione, nella sua formale chiarezza, ha sciolto i dubbi, anche spiazzando, ma non si potrà mai dire che ciò che ha fatto non vada sulla linea di una scelta di fede e offerta al Signore. Mentre leggete queste note il Palazzo Apostolico di Castel Gan-

dolfo ospita, dal tardo pomeriggio di martedì 28 febbraio, un uomo che era Papa, e che, come ha detto nel suo ultimo Angelus, ora è salito al Monte per servire la Chiesa ed il Nostro Signore nella preghiera. Come recitava uno degli striscioni che erano esposti in Piazza San Pietro domenica scorsa “Noi ti abbiamo capito”, la sensazione è che il popolo dei fedeli, in attesa che i cardinali eleggano il 266mo successore di Pietro, abbia sentito la profondità profetica della scelta di Benedetto XVI, con la sua rinuncia al pontificato. Un popolo che lo ha accompagnato con la preghiera e che da lui riceverà nel silenzio una preghiera vivificante e continua. Popolo che attende il suo nuovo Pastore nella certezza che la strada indicata da Joseph Ratzinger è quella decisiva per una vera nuova evangelizzazione: pregare il Padre, ascoltarlo, offrirsi a Lui con la sicurezza della vera libertà, della vera vita. Benedetto XVI ha segnato la Chiesa con la sua figura umile e solida, vera pietra angolare alla quale il popolo di Dio rende grazie, senza cercare miserie e segreti , ma solo glorificando il Padre per avergli donato un pastore umile, e coraggioso, nella sua semplicità umana.

teologia e l’istituto orientalista - dal 1968 al 1991 - dove svolse un'intensa attività di studio e approfondimento sulle religioni orientali, in particolare induismo, buddismo e islam, e tenne vari corsi sul sacro, il mito, il rito, i simboli. Specializzato anche nello studio delle religioni dell’Egitto faraonico, dello gnosticismo, del manicheismo e delle antiche religioni germaniche e scandinave, fondò il Centre d’Histoire des Religions dell’Université Catholique di Louvainla-Neuve e creò quattro raccolte di pubblicazioni di storia delle religioni. Dal 1979 al 1985 fu inoltre consultore del Segretariato per i non cristiani, e per ben 17 volte partecipò, dal 1982 al 2000, al Meeting di Rimini per l'amicizia tra i popoli di Comunione e Liberazione.

Si contano moltissime pubblicazioni scientifiche del porporato, circa 645 titoli tra libri, saggi e articoli per riviste secondo la bibliografia de “L’Antropologia religiosa. Il contributo di Julien Ries alla storia delle religioni” (a cura di Natale Spineto, Jaca Book, Milano, 2008). Nel 1986, l’Académie Française gli conferì, infatti, il premio Dumas Millier per le sue pubblicazioni sul tema del sacro e nel 1987 il premio Furtado per «l’insieme della sua opera scientifica». In particolare, va ricordato il grande legame del cardinale con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano a cui, nel 2009, donò la sua biblioteca, la totalità dei suoi manoscritti, appunti relativi a corsi e le corrispondenze con gli storici delle religioni del mondo, per un totale di oltre 8.000 pezzi editi e inediti

tutti custoditi ora nell'Archivio "Julien Ries" per l’antropologia simbolica, diretto dal professore Silvano Petrosino. Sempre l'ateneo milanese gli conferì, il 27 ottobre 2010, la laurea magistrale honoris causa in Filosofia della persona e bioetica «per il valore intrinseco dei suoi studi, per la sua instancabile operosità scientifica e culturale, per l'apporto decisivo che le sue indagini sul fenomeno religioso hanno fornito alla comprensione della specificità propria dell'essere dell'uomo in quanto homo religiosus». “La mondializzazione è un monogambismo - aveva aggiunto nell’intervista citata - ma per camminare occorrono due gambe. Occorre rileggersi le encicliche che denunciavano le società con una sola gamba”.

Nel 2005 venne eletto un uomo che conosceva bene i rigidi meccanismi della Curia, ma anche una guida sicura e fedele al Magistero della Chiesa, arricchito in questi anni MASSIMO LAVENA APA BENEDETTO XVI viene eletto il 19 aprile 2005: sono passati poco meno di 24 anni da quando, il 25 novembre 1981 venne nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal Beato Giovanni Paolo II. Questo è il punto di partenza che dobbiamo considerare: il cardinale Ratzinger diviene Papa dopo che per 24 anni ha guidato il dicastero più importante per la fede e per il magistero, ed ha visto avvicendarsi nei diversi ruoli di gestione della Chiesa Universale e di governo dello Stato della Città del Vaticano un gran numero di cardinali ed arcivescovi. Mentre Joseph Ratzinger restava sempre alla guida della massima

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congregazione teologica e fideistica, collaboratore massimo di Papa Wojtyła praticamente in quasi tutto il suo pontificato, uomini d’ogni provenienza sono entrati nelle stanze dei Palazzi Vaticani, per liberarle prima o poi. Ciò ha comportato, al momento della sua elezione a Romano Pontefice due aspetti ben precisi: il primo è che i cardinali in conclave nel 2005 scelsero chiaramente di dare una continuità all’impostazione pontificale di Giovanni Paolo II; essi scelsero così con il

“Ci vogliono profeti per la nostra epoca” Ricordo del cardinale belga Julien Ries, morto a 92 anni I. P. ON CI PRESTEREMO, nè ora nè mai, alla fredda contabilità dei cardinali. Desideriamo soltanto rendere omaggio ad uno di loro, scomparso nei giorni scorsi a 92 anni: si tratta di Julien Ries. Aveva ricevuto la berretta appena un anno fa da Benedetto XVI, dopo una vita dedicata agli studi, che gli valse la qualifica - attribuita dal Corriere della Sera - di “più grande storico delle religioni”. La nomina cardinalizia - dichiarò l’anno scorso, nonostante l’età avanzata - “è una leva che permette di avere una visione migliore della missione intrapresa e un’idea più entusiasta del lavoro ancora da compiere”. La sua giornata tipo? “Comincio alle 5 di mattina - diceva - preghiera e meditazione, poi celebro la messa a cui vengono le suore dell’”Oeuvre”. Tengo una omelia tutti i giorni, nella quale ricordo santi e avvenimenti della Chiesa per orientare il nostro lavoro. Traggo ispirazione da Ambrogio, che influenzò anche Agostino. Dalle 9 fino alle 12 mi dedico

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allo studio e alla scrittura. Lo stesso faccio dalle 3 di pomeriggio alle 6 di sera. Poi la cena. E il riposo”. “Per riscoprire la Chiesa - spiegava in un’intervista - è necessario trasmettere un entusiasmo per Cristo, che la nostra generazione ha quasi perso. Ma ai giovani è possibile. Si tratta di ritrovarlo nel Vangelo: ci vogliono profeti per la nostra epoca”. Nato a Fouches, nel Lussemburgo belga, il cardinale Ries fu ordinato sacerdote il 12 agosto 1945. Nel 1948 si laureò in teologia e nel 1949 in filosofia e storia orientale. Ricoprì diversi incarichi nell’Università cattolica di Lovanio. Il più duraturo fu quello di professore di storia delle religioni alla facoltà di


IL PORTICO DEGLI EVENTI

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Dopo le politiche. Dai dati elettorali pesante richiamo all’intera classe politica sarda.

Nelle elezioni dei tanti paradossi il rischio è non capire la lezione Berlusconi si conferma un abilissimo politico, il Movimento 5 Stelle è primo in diverse regioni. Si apre ora un periodo alla ricerca della coalizione possibile per governare

mostrato di essere uno straordinario animale politico, trascinando - sostanzialmente da solo - la sua coalizione al risultato di un sostanziale pareggio. I numeri - soprattutto quelli elaborati su base regionale - lo dimostrano. I sondaggi più teneri lo davano dietro a Bersani di una ventina di punti. Recuperati. Ma il dato per nulla paradossale è quello relativo all’astensione. In Sardegna i votanti sono stati il 68,22% degli aventi diritto: il “non voto” è dunque il primo partito nell’Isola. E’ un campanello d’allarme fortissimo, per nulla da sottovalutare. Chi poi è andato a votare ha, in larga misura, premiato il Movimento 5 Stelle: non si può non parlare di voto di chiara e vigorosa protesta, specie in regioni come la nostra, alle prese con un crisi rispetto alla quale sono stati finora proposti solo pannicelli caldi. In altre parole, si è scelto di punire la vecchia politica, quanto per premiare la nuova non è per ora dato sapere. E’ infatti evi-

dente ormai che non si può più parlare - noi non l’abbiamo mai fatto - di antipolitica, rispetto a un movimento che - dove opera - si muove come un partito come gli altri. Un altro paradosso è poter riscontrare un voto accordato sulla base di promesse: tanta gente è stanca, le famiglie dei lavoratori dipendenti hanno pagato la crisi per tutti, ed è anche probabile che tante persone vogliano indietro l’Imu. Anche in questo caso non si può imporre una nuova tassa, e poi - in campagna elettorale - lasciarla senza padri. Gli elettori capiscono molto più di quello che spesso si pensa. Ora cominceranno nei partiti anche le rese dei conti. Certo, anche il Partito democratico ha il suo bel paradosso: con Matteo Renzi in campo, Berlusconi ha sempre detto che non si sarebbe presentato. E, visto come è andata la campagna elettorale con il fondatore del Pdl in campo, sarebbe certamente andata diversamente: il sindaco di Firenze avrebbe potuto attrarre tanti elettori delusi dalla “vecchia politica”. Non c’è ombra di dubbio che gli italiani chiedano con questo voto storico alla politica un deciso, e vigoroso, cambio di passo. Sono necessarie le riforme, da tutti invocate ma rimaste orfane in Parlamento: ora occorre fare in fretta. Occorre intaccare il vastissimo patrimonio della spesa pubblica e ridurre senza remore i costi della politica: con ogni probabilità, la presenza di schieramenti fuori dalla solita mischia ha finito per porre un argine ai forconi, diversamente pronti a scendere in piazza.

to a prolungare l’agonia di una giunta regionale che ha cominciato a perdere pezzi. Una sorta di riedizione della Giunta Masala, quella che chiuse la legislatura in cui Mauro Pili - con un’ondata di voti - avrebbe dovuto governare per cinque anni, e invece rimase a Villa Devoto solo pochi mesi. Impossibile non riferirsi alle candidature in ordine sparso di alcuni assessori di punta: e mentre Antonello Liori è rimasto nel grande alveo del centrodestra (con l’improbabile lista Fratelli d’Italia), più delicato si presenta il caso dell’assessore alla Programmazione

Giorgio La Spisa, destinato a lasciare l’esecutivo dal giorno della candidatura nella Lista Monti. Per Cappellacci si prospetta un rimpasto: se il governatore volesse, potrebbe trasformare questo momento in una positiva opportunità politica. Come? Dimostrando di aver capito la lezione degli elettori e rompendo gli indugi rispetto alla formazione di una nuova giunta: operi l’ultimo rimpasto scegliendo le migliori intelligenze sarde, a prescindere dalla tessera di partito, e formi una squadra tecnica di alto profilo, in grado di garantire in quel che resta dell’attuale legislatura regionale un governo dignitoso all’altezza delle sfide in campo da un pezzo. Lasci per una volta da parte le alchimie dei bilancini dei partiti intenti a leccarsi le ferite - e lanci sul tavolo del Consiglio regionale una buona dose di coraggio. Le zone della Sardegna dove Grillo ha sfondato sono quelle più disperate, quelle prese a schiaffi dalla crisi e prese in giro da ministri in passerella alla moda. Ai sardi servono risposte, non giri di valzer inutili.

SERGIO NUVOLI I È CONCLUSA NEI giorni scorsi una tornata elettorale storica, destinata finire in archivio come quella dei mille paradossi. Con ogni probabilità la via d’uscita dal primo - un Parlamento bloccato - è una coalizione che faccia le riforme e riporti il Paese al voto. Il secondo è certamente quello della prima volta dei partiti senza il leader candidato (il caso di Grillo e Monti): quanto peso avrà, specie sul Movimento 5 Stelle, lo dirà il futuro. Si vedrà nel giro di poche settimane in un parlamento chiamato a scegliere il nuovo Capo dello Stato. I grandi sconfitti di questa tornata elettorale sono senza dubbio Pierluigi Bersani e Mario Monti. Il primo paga la “non campagna elettorale” delle ultime settimane, il secondo paga un altro paradosso. L’ex commissario europeo era stato scelto da Napolitano per fare, al Gover-

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no, qualcosa che i partiti non avrebbero mai potuto nemmeno proporre: aumentare le tasse, imporre l’Imu, realizzare austerità senza sviluppo. Il suo errore è non aver capito che la missione era terminata, ed era opportuno farsi da parte, per poi magari sostituire - con ogni probabilità e con grandi onori bipartisan lo stesso Giorgio Napolitano. Altro elemento paradossale è che, comunque vadano a finire gli aggiustamenti aritmetici dei parlamentari, chi ha vinto numericamente non ha vinto politicamente: in sostanza, la vittoria non garantisce affatto l’incarico - e soprattutto una maggioranza stabile - per formare il nuovo governo. Silvio Berlusconi - dato per morto e sepolto dai suoi avversari politici - ha

Ai sardi servono risposte, non inutili giri di valzer Legislatura regionale agli sgoccioli: che farà Cappellacci? S. N.

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ALLE POLITICHE DEI GIORNI

scorsi arriva un segnale fortissimo alla Giunta regionale. Quanto verificato a livello nazionale nelle dinamiche del Pdl, non si è ripetuto in Sardegna. Al momento di andare in stampa, con gli ultimi calcoli da fare, il Movimento 5 Stelle rischia di essere il primo partito con una percentuale intorno al 29%, seguito dal Partito democratico staccato di pochi punti, e il Pdl fermo al 22%. La lista Monti sembrerebbe attestarsi intorno al 6%, un esito un po’ scarsino per chi aveva l’ambizione dichiarata di fondare “un’altra cosa”. Nelle prossime settimane - se

non già dalle prossime ore - si vedranno i risvolti del voto sugli equilibri della giunta regionale, ma i più attenti avranno certamente già fatto due conti. Il rischio, anche in questo caso, è non capire la lezione: il pericolo riguarda sia il Popolo delle libertà del Governatore Cappellacci sia il Partito democratico. Il dato elettorale di Grillo in Sardegna è troppo alto per essere sottovalutato, ma siamo sicuri che in via Roma qualcuno cercherà di far finta di nulla, di girarsi dall’altra parte e di derubricare l’episodio come una dinamica nazionale, destinata a non ripetersi nell’Isola. Sarebbe un errore imperdonabile, utile con ogni probabilità soltan-

il PoRtiCo

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blocnotes LA SEDE VACANTE

Un conclave segnato da un gesto profetico

Stiamo vivendo settimane storiche: nei prossimi giorni sarà eletto il nuovo Papa, dopo la rinuncia annunciata da Benedetto XVI. Dopo la sbornia da campagna elettorale, il dato nuovo con cui arriveremo alla Pasqua 2013 sarà questo, senza dubbio. Si tratta di un avvenimento davvero storico, lo racconteremo su queste colonne nel modo più completo possibile. Intanto in questo numero pubblichiamo il testo integrale del discorso che Benedetto XVI ha rivolto, a braccio, al clero romano nella prima settimana della Quaresima. E’ un discorso storico, leggetelo. Ne vale la pena, continuando a pensare ad ogni riga - a quanto dichiarato all’inizio da Papa Ratzinger: si tratta di una “piccola chiacchierata”, ma evidentemente tanto piccola non è, come potrete leggere. Nel frattempo tanti giornali fanno a gara per pubblicare fantasiose ricostruzioni legate al Conclave, condite di intrighi, misteri, cordate e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di un modo di fare giornalismo che non ci appartiene: non presteremo il fianco a chi vuole dipingere affreschi alla Dan Brown. Per noi non ci sono misteri: la spiegazione del gesto - sapientemente storico - di Benedetto XVI è tutta quanta nelle parole pronunciate davanti ai cardinali. Quanto di più si possa aggiungere non modifica, assolutamente, la sostanza. E’ un grande pontefice, Benedetto XVI, che accetta di farsi piccolo per il bene della Chiesa. Quanto di profetico ci sia in questo gesto, sarà la storia a dirlo: ogni cosa - ne siamo certi - sarà più chiara a tempo debito. Noi piuttosto che agli intrighi di corte e di palazzo, preferiamo credere allo Spirito Santo. E pensiamo ancora che il Conclave si svolga secondo un rito antico perchè così è scritto, e non come automatico e drammatico rimbalzo di giochi di potere. Sotto gli affreschi della Cappella Sistina si elegge un Papa, non un presidente del Consiglio. Qualcosa di assolutamente impenetrabile, che ha a che fare con i destini del mondo. Questa è l’unica cosa che conta, per i cattolici.


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IL PORTICO DEL TEMPIO

il PoRtiCo

Il Papa. Bellezza e verità vanno sempre insieme: la bellezza è il sigillo della verità.

“Credere è toccare la mano di Dio anche nell’oscurità del mondo” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS, L’ULTIMO del suo pontificato, che ha visto una partecipazione straordinaria di fedeli, il Santo Padre ha approfondito il significato del Vangelo domenicale che presentava la scena della Trasfigurazione del Signore: «Gesù si trasfigurò mentre pregava: la sua è un’esperienza profonda di rapporto con il Padre durante una sorta di ritiro spirituale che Gesù vive su un alto monte in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli sempre presenti nei momenti della manifestazione divina del Maestro (Lc 5,10; 8,51; 9,28). Il Signore, che poco prima aveva preannunciato la sua morte e risurrezione (9,22), offre ai discepoli un anticipo della sua gloria». Il Papa mostra poi un insegnamento importante che proviene da questa pagina evangelica, quello relativo al primato della preghiera «senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo»: «nella Quaresima impariamo a dare il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra vita spirituale. Inoltre, la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione. L’esistenza cristiana – ho

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scritto nel Messaggio per questa Quaresima – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio». Benedetto XVI, sempre all’Angelus, ha poi richiamato il senso della sua scelta di rinunciare al ministero petrino: «questa Parola di Dio la sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita. Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non

significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze». In settimana il Santo Padre è stato impegnato insieme a tutta la Curia Romana negli Esercizi Spirituali. Al termine delle giornate degli esercizi, che hanno avuto come tema “Ars orandi, ars credendi. Il volto di Dio e il volto dell’uomo nella preghiera salmica”, il Papa ha sottolineato il valore del collegamento tra “logos” e “ars”: «i teo-

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logi medievali hanno tradotto la parola "logos" non solo con "verbum", ma anche con "ars": "verbum" e "ars" sono intercambiabili. Solo nelle due insieme appare, per i teologi medievali, tutto il significato della parola "logos". Il "Logos" non è solo una ragione matematica: il "Logos" ha un cuore, il "Logos" è anche amore. La verità è bella, verità e bellezza vanno insieme: la bellezza è il sigillo della verità». Sempre nelle parole pronunciate a conclusione degli esercizi Benedetto XVI ha mostrato come l’uomo attraverso la fede possa contemplare la bellezza di Dio che vince le tenebre del peccato: «sembra quasi che il maligno voglia permanentemente sporcare la creazione, per contraddire Dio e per rendere irriconoscibile la sua verità e la sua bellezza. In un mondo così marcato anche dal male, il "Logos", la Bellezza eterna e l’"Ars" eterna, deve apparire come "caput cruentatum". Il Figlio incarnato, il "Logos" incarnato, è coronato con una corona di spine; e tuttavia proprio così, in questa figura sofferente del Figlio di Dio, cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore; possiamo, nel silenzio della "notte oscura", ascoltare tuttavia la Parola. Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’Amore».

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pietre TANZANIA

Sepolto il religioso ucciso a Zanzibar È stato sepolto nell'isola di Zanzibar p. Evarist Mushi, il sacerdote cattolico ucciso lo scorso 17 febbraio. Nel frattempo continuano le minacce e le intimidazioni contro i cristiani che vivono nell'isola. Proprio ieri ignoti hanno dato alle fiamme una chiesa evangelica in costruzione. A Natale, era stato gravemente ferito p. Ambrose Mkenda. Da registrare che in concomitanza il ferimento di p. Ambrose erano stati distribuiti dei volantini che appellavano ad attaccare le chiese. “Le forze dell'ordine avrebbero dovuto condurre delle inchieste appropriate per prevenire gli atti di violenza” ha dichiarato il Cardinale Pengo, Arcivescovo di Dar es Salaam.

PAKISTAN

Cristiano ucciso per motivi religiosi Un cristiano di 45 anni, è stato ucciso a colpi di fucile da un musulmano a Lahore, nel Punjab, dopo una discussione su questioni religiose.Si tratta di un omicidio a sangue freddo, legato, con ogni probabilità al fatto che l'uomo è stato ritenuto “blasfemo” nella sue argomentazioni di difesa della fede cristiana, rispetto a quella islamica. Il 46enne era un cristiano convertitosi dall'induismo. Stabilitosi a Lahore da 20 anni, dopo aver abbracciato la fede cristiana. Alcuni giorni prima dell'omicidio aveva avuto una discussione su temi religiosi con un musulmano che ha atteso il momento giusto e, armato di fucile, vedendolo seduto davanti al negozio di un altro cristiano, gli ha sparato all'improvviso, uccidendolo sul colpo. L'assassino è stato arrestato ed è sotto custodia della polizia, che condurrà le indagini. L' episodio è emblematico della condizione dei cristiani in Pakistan.

VENEZUELA

Sacerdote ucciso per rapina Un altro sacerdote ucciso in America Latina. Si tratta di p. José Ramón Mendoza, 44 anni, assassinato nello Stato di Lara in Venezuela (circa 400 km da Caracas) P. Mendoza stava percorrendo la strada che porta al quartiere El Manzano nel comune di Iribarren quando è stato intercettato da un gruppo di malviventi che si sono avvicinati alla sua vettura ferma al semaforo. Alla vista dei banditi la reazione del sacerdote è stata di accelerare ma è stato raggiunto da un proiettile alla testa, che lo ha ucciso. Le autorità locali hanno aperto un'indagine per accertare l'accaduto. Padre José Mendoza era parroco di S. Juan Evangelista, nel quartiere Brisas de El Obelisco.


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IL PORTICO DEI GIOVANI

il PoRtiCo

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Iniziative. Sesta edizione per la manifestazione organizzata alla Fiera dal Centro diocesano missionario.

Giornata dei ragazzi missionari, per educare anche i più giovani ai temi della mondialità Un padiglione di viale Diaz strapieno per la gioia dei grandi e dei bambini, una serata riuscitissima. Mons. Arrigo Miglio: “Porterò al Papa il saluto dei ragazzi di Cagliari” ROBERTO COMPARETTI L PADIGLIONE D DELLA FIERA Internazionale della Sardegna, stracolmo di bambini e genitori, ha ospitato domenica pomeriggio la Giornata dei Ragazzi Missionari, giunta alla sesta edizione. Oltre tre ore all’insegna della festa ma anche della sensibilizzazione al tema della missione, così come prevede l’oramai tradizionale incontro per i più piccoli. Oltre una ventina le parrocchie rappresentate, comprese alcune scuole che non sono volute mancare nel dare il loro contributo per la festa: disegni, cartelloni, musica, canto danza e le testimonianze di chi come Rosaria Boi, missionaria in Kenya, opera in una scuola materna a servizio dei più piccoli in un contesto di povertà estrema. Accanto al sostegno per il progetto “Una matita per il Kenya” anche quello abbracciato già da qualche anno dall’Ufficio Missionario per sostenere la realizzazione di un pozzo nella parrocchia di Bibur-

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Nelle immagini, alcuni momenti della Festa alla fiera.

ga, nella Guinea Equatoriale, dove invece opera padre Adolfo, sacerdote guineiano ma ordinato a Samassi con solidi legami in Sardegna. Non è voluto mancare l’Arcivescovo che ha ricevuto dalle mani della piccola Marika la maglietta con il logo della Giornata. Monsignor Miglio nel corso del suo intervento ha ricordato come al Giornata dei Ragazzi missionari in un certo senso l’ha inventata Gesù stesso nel giorno del suo ingresso a Gerusalemme, “quando – ha detto l’Arcivescovo - a dorso di

un’asina Gesù è stato riconosciuto come il Messia dai giovani ebrei e non dai farisei che non sono riusciti a far tacere quei giovani. Mi farò portatore dell’espressione di vicinanza e di preghiera al Papa Benedetto XVI dei ragazzi missionari della Diocesi di Cagliari, in questo momento delicato della sua vita personale e della Chiesa. Come primo missionario il Papa ha compiuto numerosi viaggi per incontrare e confermare nel proprio servizio al Vangelo i missionari che operano in tante parti del mondo”.

Il pomeriggio si è snodato tra i diversi “numeri” presentati dalle parrocchie. C’è chi come Sant’Eusebio ha presentato la canzone “Carissimo mio fratello”, o chi ha portato altri due canti, come il gruppo della scuola media “Pascoli” di Assemini, uno dei quali ha visto la richiesta di bis da parte del pubblico. “Nell’Anno della Fede – ha detto don Nino Onnis, direttore del Centro Missionario – il tema “Imparo a credere” è stato l’inno ed il filo conduttore della serata, nella quale è emersa la spontaneità e la bellezza

Fotocronaca

dei bambini. Sono la speranza della Chiesa e quanto hanno realizzato è il frutto del lavoro portato avanti dalle scuole di catechismo e dalle parrocchie nel corso degli ultimi mesi”. Sulla necessità di proporre temi validi ai più piccoli concorda anche Miriam, collaboratrice dell’Ufficio Missionario. “Dobbiamo portare avanti iniziative di sensibilizzazione e di educazione alla mondialità dei ragazzi – dice – perché è necessario farli crescere con la consapevolezza che il sostegno ai popoli più deboli è una cosa importante. I progetti sostenuti dalla Giornata né sono un esempio”. Per ciò che concerne l’aspetto artistico l’esperienza di Piero Collu e della sua band ha di certo contribuito alla riuscita della serata. “Credo che davvero bisogna essere grati al professor Piero Collu – dice don Nino - che è stato il direttore artistico della Giornata, insieme ai suoi ragazzi della scuola media”. Da segnalare che l’inno della prima giornata dei Ragazzi Missionari era stato cantato da Ilaria Porceddu, giovane cantante asseminese, che nell’ultima edizione del Festival di Sanremo ha ben figurato nella categoria nuove proposte. Al centro di tutto restano però i ragazzi, impegnati per mesi insieme alle catechiste. “Credo che questo rappresenti il dato più importante - conclude don Onnis – e continueremo a lavorare così anche nel prossimo futuro”.


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IL PORTICO DEI GIOVANI

il PoRtiCo

DOMENICA 3 maRzo 2013

Scout. “le pantere” di Capoterra raccontano la loro esperienza e si preparano al “San Giorgio”, un campo speciale.

Non uno sport, ma un autentico stile di vita Quando un sentiero rappresenta l’esistenza Tutti i reparti della zona di Cagliari si ritroveranno per ricordare il Patrono. Sono iniziate le attività preparatorie all’evento: così i diretti protagonisti ci raccontano l’avventura RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO STOTE PARATI" questo è il motto dei Reparti: delle Guide e degli Esploratori. Si, perchè bisogna essere preparati ad ogni evenienza; prenderla sempre per il verso giusto, non scoraggiarsi mai e dare sempre del proprio meglio. Molti pensano che fare scautismo significhi soltanto indossare un fazzolettone, fare le preghiere e andare in chiesa; ma è molto di più. Essere scout significa rinunciare all'essenziale per calarsi in nuove avventure che vanno oltre i cellulari e tutte le comoditá, significa conoscere nuove persone che hanno qualcosa in comune con te e camminare sul tuo sentiero con loro. Essere scout significa non vergognarsi di indossare una uniforme cosí fuori dal comune, significa cantare e essere felici anche quando si é stanchi e non si ha piú forza di camminare.

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Lo scoutismo è un mondo fantastico dove ognuno è libero di esprimere se stesso, di acquisire competenze, di vivere il mondo in modo critico, di ragionare su se stesso e di aiutare gli altri senza pretendere niente in cambio. Lo scautismo non é uno sport come il calcio, la danza, non é come andare al bar con gli amici, ma è un insieme di scelte che formano una persona, uno stile di vita che viene o almeno dovrebbe essere applicato sempre, non solo quando si indossa l'uniforme. All'interno del reparto e delle squadriglie nascono rapporti di amicizia e d'intesa che non potrebbero crearsi in altre situazioni, perchè è un rapporto davvero forte e reale.

Ma il momento in cui entriamo veramente a far parte della grande famiglia mondiale degli scout é quando facciamo la promessa. Grazie a essa riceviamo diversi strumenti che ci accompagnano in tutto il nostro sentiero: il fazzolettone, che rappresenta noi stessi, la nostra promessa e il nostro Gruppo; il rosario, che rappresenta la nostra amicizia con Dio. Come diceva il nostro fondatore, Baden Powell, "lo scautismo è per tutti ma non tutti sono per lo scautismo". Per esempio, molte volte ci si ritrova a parlare con bambini scout e non scout e fidatevi, si vede la differenza. Hanno mentalità completamente diverse e chi non ha mai fatto scautismo non saprá mai cosa

vuol dire guardare le stelle la notte seduto vicino a un fuoco, non saprá mai cosa significa dormire nella tenda con il sacco a pelo. A parer nostro un ragazzino che fa o che ha fatto scautismo riuscirà ad affrontare tutte le difficoltà nella vita, perchè le affronterà sempre con il sorriso e in un modo o in un altro una soluzione la troverà sempre. Perchè è questo che fa uno scout: VIVE. Oltre a vivere tutto questo, con il nostro gruppo abbiamo anche dei momenti di condivisione con altri Reparti. Questo avviene soprattutto durante un particolare campo, il "San Giorgio" che vede tutti i reparti della zona di Cagliari in un unico campo a giocare e a pregare insieme,

ricordandoci del nostro Santo Patrono, appunto San Giorgio. É proprio per questo che ci troviamo a scrivere questo articolo; infatti come preparazione pre-campo é stato chiesto a ogni squadriglia (gruppo di ragazzi componenti del reparto, maschi o femmine, formata da 5 a 7 persone) di compiere un' impresa di squadriglia, cioé qualcosa che la squadriglia deve fare autonomamente, che poteva occupare diversi ambiti, tra cui quello da noi scelto, il giornalismo. Questo ci sta interessando molto e si sta rivelando anche molto utile. La nostra squadriglia é formata da 7 persone, tra cui c'é un caposquadriglia, un vice caposquadriglia e altre 5 squadrigliere. Siamo molto in sintonia tra di noi e riusciamo sempre a fare quello che ci viene richiesto. Insomma lo scautismo é una vera palestra di vita. La Squadriglia Pantere del Gruppo Capoterra II Francesca Pantaleo Elena Lao Alessandra Serreli Sara Pisano Letizia Montalbano Giulia Zuddas Fedra Meloni Letizia Montalbano Sara Pisano

Cambio della guardia al College Sant’Efisio Don Vinti al posto di don Ibba, neo-officiale della Rota R. C. A QUALCHE SETTIMANA il nuovo direttore del College “Sant’Efisio”, ricavato nella struttura del Seminario Arcivescovile, è don Matteo Vinti. Nato nel 1978, ordinato l’11 settembre 2010, si è licenziato in Teologia Sistematica a Friburgo in Germania, dove prosegue gli studi col dottorato; alle spalle ha una laurea in Lettere classiche ed un dottorato in Letteratura Comparata all’Università di Cagliari. Oltre alla direzione del College, insegna alla Facoltà Teologica. Don Matteo, come nasce il suo ritorno in Diocesi? Era già preventivato: l’estate scorsa avevo avuto un colloquio con l’Arcivescovo, nel quale avevamo concordato il mio rientro in Diocesi non appena avessi messo insieme in Germania materiale sufficiente

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a permettermi di svolgere a Cagliari la mia tesi di dottorato. Immaginava di diventare direttore del College o si aspettava un servizio in parrocchia? Al Seminario Romano – il cui target specifico è la formazione dei parroci – ho sempre visto con sospetto una riduzione delle necessità pastorale diocesane al solo ambito parrocchiale. Non c’è dubbio che la parrocchia svolga compiti fondamentali e ineludibili, com’è vero che la stragrande maggioranza dei preti diocesani sono o saranno chiamati a svolgere il loro ministero in parrocchia; tuttavia la parrocchia non esaurisce le esigenze pastorali di una diocesi. Del resto, noi veniamo ordinati non per essere parroci, ma per collaborare col Vescovo, e ci è chiesto di essere disponibili a qualunque ruolo egli intenda assegnarci. Sono

Il cortile interno del College “Sant’Efisio”; nella foto piccola, don Matteo Vinti.

però rimasto sorpreso dell’incarico: pensavo che il mio predecessore, don Francesco Ibba, sarebbe restato ancora a lungo. La contingenza che lui sia stato chiamato ad altro servizio a Roma ha spinto l’Arcivescovo a cercare un sostituto proprio nel momento in cui stavo per rientrare. Per parte mia, già quest’estate avevo fatto presente a mons. Miglio come la stesura della tesi dottorale e la richiesta di collaborazione da parte della Facoltà Teologica avrebbero reso difficoltoso un servizio parrocchiale a tempo pieno. Lui avrà giustamente ritenuto che l’incarico al College potesse ov-

viare sia alle esigenze della Diocesi, sia al proseguimento dei miei studi. A conti fatti quali sono ora i suoi incarichi? Oltre alla direzione del College e alla dissertazione dottorale, da pochi giorni tengo un corso di licenza in Facoltà Teologica. Mi è anche stato chiesto di aiutare per qualche tempo il parroco di San Tarcisio a Pirri, che non è in perfette condizioni fisiche. Con i ragazzi come va? È presto per dirlo, ma i primi passi sono positivi. Sono grato a don Francesco per aver avviato con ordine e precisione, soprattutto dal

punto di vista amministrativo e organizzativo, la vita della struttura; a me è rimasto il compito di verificare che l’attività vada avanti senza intoppi. Il direttore del College ha certamente compiti logistico-amministrativi, ma essi sono in funzione della crescita personale e comunitaria degli studenti (e pure del direttore). Anche consegnar loro i gettoni della lavatrice o far sistemare le macchine del caffè può essere un’occasione per avviare un rapporto con i ragazzi, per conoscerli, per ascoltarne e, magari, condividerne i bisogni in un tentativo di cammino comune.


DOMENICA 3 maRzo 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Personaggi. Festa della donna speciale per parlare di Mercede Mundula e Anna Figus.

Così due donne cagliaritane difesero per prime la condizione femminile La poetessa cagliaritana scrisse numerosi inni di lode e preghiere. La fondatrice delle Suore della Redenzione segnò l’inizio del secolo scorso con un’opera instancabile RAFFAELLA FADDA N OCCASIONE DELLA FESTA della donna, il Museo diocesano di Cagliari ha promosso - per l’8 marzo alle 17 -un incontro su “Femminilità e spiritualità in due figure del Novecento sardo: Mercede Mundula e Anna Figus”. Maria Francesca Porcella e Alessandra De Valle guideranno l’ascolto di alcuni brani scelti dagli scritti delle due figure protagoniste letti da Amelia Porcella Lissia: sarà un omaggio a due donne cagliaritane, animate da una fine spiritualità, note per l’impegno culturale, civile e religioso. Più nota è sicuramente Mercede Mundula (Cagliari 1890-Roma 1947), poetessa, scrittrice, critica letteraria, traduttrice di fama nazionale, amica della Deledda di cui studiò a fondo l’opera. Ebbe una sensibilità femminile in tutta la sua produzione, soprattutto nell’interpretazione delle numerose figure di donne della storia civile, letteraria e religiosa su cui si documentò attra-

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Madre Anna Figus e Mercede Mundula.

verso le fonti (Giuseppina Strapponi, Eleonora d’Arborea, Teresa d’Avila, Madame Lespinasse, Luise Colet, le donne dei romanzi della Deledda ecc.). Se questo aspetto di fine sensibilità femminile è stato ben esaltato dalla recente critica, non è stato invece valorizzato lo slancio spirituale e religioso che si evince soprattutto dalla produzione poetica: preghiere, inni di lode a Dio, riflessioni ispirate a brani evangelici, che fanno intravedere un’anima profondamente grata alla vita e al suo Creatore e consapevole della finitezza dell’uomo ma ben fondata sulla fiducia nella Trascendenza, aperta all’infinito e alla speranza. Un sentimento religioso sereno, pacato, meditativo, poetico, tinto al femminile e per certi aspetti in profonda sintonia con quello delle sorelle anch’esse poetesse, Teresa e

Francesca. Se la Mundula ha espresso una femminilità e spiritualità in un contesto laico e civile, Anna Figus (Cagliari 1900-1995), ha mostrato questi stessi valori in ambito religioso, ma in un contesto sociale più problematico. La Figus, donna semplice e minuta, con una vocazione alla vita contemplativa frustrata da una malattia, si dedicò all’apostolato spicciolo finché la Provvidenza non la condusse, quasi per caso, a farsi carico della rigenerazione morale di donne sfruttate dalla prostituzione, che suscitavano il disgusto della società. Fondò la Congregazione delle Pie Suore della Redenzione nel 1935 in mezzo a difficoltà e pericoli, ma più che un’opera sociale fu un’opera di evangelizzazione, unita a un’intuitiva pedagogia cristiana. Chi la avvicinava, raccontano i testimoni,

aveva l’impressione di essere il suo unico interlocutore, l’unico oggetto delle sue cure: le donne che assisteva, abituate per anni ad essere trattate come animali, ne venivano conquistate. Gli eccellenti risultati furono perfino citati in Parlamento nella discussione della legge Merlin per confutare le tesi di chi considerava la prostituzione una strada senza uscita. Mossa unicamente dall’amore, alle sue “figliole” ripeteva : “voi lo sapete che siete la ragione d’essere della mia vita e della mia offerta a Dio, l’anelito continuo della mia anima, il palpito più tenero della mia maternità..”. Il problema sociale della prostituzione rimaneva fuori dall’orizzonte dei suoi interessi perché a madre Anna stava a cuore prendersi cura di persone reali, con la loro storia e il loro dolore: “Il nostro carisma –spiegava- non è “convertire”, ma “essere Gesù per le anime”, rivelando nel nostro amore l’Amore misericordioso del suo Cuore”. Le “Lettere alle figliole” testimoniano grande tenerezza e rispetto per l’umanità umiliata e ferita e svelano una spiritualità altissima, una teologia affascinante dove appare il volto misericordioso e “materno” di Dio. Due figure diversissime , ma capaci di dedicare la vita all’elevazione della donna, entrambe animate da una fine sensibilità spirituale che non è rimasta nella sfera intima e privata ma si è comunicata con dolcezza alla realtà che le circondava.

Ritratto di Virginio Condello, dirigente di Confcooperative

VOLTE QUESTO è un mestiere strano, soprattutto quando devi superare te stesso per scrivere di chi hai conosciuto e all'improvviso scompare. Virginio Condello, 56 anni, dopo due mesi di male incurabile, non è più fisicamente tra noi. Attualmente ricopriva il ruolo di direttore di Confcooperative, l'organizzazione regionale che raduna le cooperative, ma era anche un riferimento per la Chiesa di Cagliari nei problemi sociali, tanto da essere tra i fondatori della “Scuola di fede e dottrina politica PaoloVI”. Chiamato dall'allora arcivescovo di Cagliari, monsignor Ottorino Pietro Alberti, costituì il fondo antiusura con la partecipazione di alcuni istituti di credito e della diocesi cagliaritana. Virginio era anche un uomo di cultura, amante del teatro, passione

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che aveva coltivato fin da ragazzo nella compagnia teatrale di Carloforte, paese del quale era originario, dove ora è sepolto. L'avevo conosciuto proprio lì, nel gruppo teatrale “Cristoforo Colombo”, diventato poi gruppo "Don Ignazio Garau", in nome del sacerdote dalle spiccate doti creative e sociali, che aveva operato come vicario nell'allora unica parrocchia dell'Isola di San Pietro. Ero poco più che un bambino quando ci trovammo coinvolti nella preparazione di un testo piuttosto complesso, e vidi in lui tanto impegno e tanta dedizione nello studiare la parte. La sua mimica facciale era impressionante, talento naturale unito alla profonda conoscenza del testo, fosse impegnativo o un po' più frivolo come quello delle commedie dialettali in tabarkino, lingua che ci accomunava ad ogni incontro. L'incipit era il solito “Allua cumm'annemu?”; “Al-

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brevi IL 3 MARZO ORE 16.30

Parrocchia di Senorbì, giovani con mons. Miglio Nel pomeriggio (inizio ore 16.30, conclusione intorno alle 20) di domenica 3 marzo 2013, nella parrocchia di Santa Barbara a Senorbì, si terrà il secondo incontro dei giovani con l’arcivescovo, in preparazione alla GMG di Rio de Janeiro (che si terrà nella metropoli brasiliana a luglio 2013). L’incontro è indirizzato in modo particolare ai ragazzi degli oratori e dei gruppi ecclesiali e ai loro animatori, che vogliono approfondire i temi più importanti anche in vista della partecipazione alla grande Giornata mondiale della Gioventù e all’incontro con il Pontefice.

INTERVIENE LUIGI ACCATTOLI

“Sogno una Chiesa”: ricordo del card. Martini Si terrà venerdì 1 marzo alle 18.30 nel Teatro dei Gesuiti di San Michele (via Ospedale, 4) un ricordo del cardinale Carlo Maria Martini intitolato “Sogno

una Chiesa”. E’ prevista la partecipazione all’incontro di Luigi Accattoli, giornalista e vaticanista del Corriere della Sera, padre Maurizio Teani, gesuita, preside della Facoltà Teologica di Cagliari, Padre Enrico Deidda, gesuita, Comunità di San Michele di Cagliari. Si tratta di una occasione privilegiata per conoscere da vicino la figura del cardinal Martini e il prezioso insegnamento da lui consegnato alla Chiesa e al mondo.

Uomo colto e affabile, sosteneva i più deboli ROBERTO COMPARETTI

IL PORTICO

L’incontro di “Policoro” dello scorso giugno; nella foto Virginio Condello.

lora come va?”. La risposta era la solita “Ben!”, “Bene”, seguita da reciproci sorrisi. Da lì partiva la classica chiacchierata sulle ultime da Carloforte e sui nostri rispettivi impegni, anche in questo Virginio mostrava grande sensibilità. Lo scorso giugno l'ho intervistato durante un corso di formazione per il progetto “Policoro”, che la Chiesa di Cagliari ha rivitalizzato, per cercare di venire incontro ai bisogni dei giovani in cerca di occupazione e desiderosi di crearsi un impresa. Avevo visto il suo impegno nell'ascoltare i ragazzi e le ragazze presenti, nel dare loro consigli per cercare di diventare imprenditori di se stessi, e nel rassicurare che l'organizzazione da lui diretta avrebbe supportato la nascita di un'azienda, fosse anche con

unico titolare. Credeva nei giovani, li sosteneva come aveva fatto anche nelle Acli, di cui era stato dirigente. Come responsabile dell'ufficio ricerche e sviluppo dell'Enaip (l'Ente di formazione Acli) aveva contribuito al processo di internazionalizzazione dell'istituto, con l'apertura dell'ufficio di Bruxelles e facendo nascere in Brasile un'iniziativa per promuovere il riscatto dei giovani di strada realizzando, a Salvador de Bahia, un'azienda avicola. Virginio si è sempre speso per indirizzare le scelte a favore degli strati più deboli ed esposti della società. Lo faceva con il sorriso e l'ironia di uomo colto, che poteva dire la sua senza mostrare alcuna spocchia. Un insegnamento per tanti.

GIOVANI COPPIE E FAMIGLIE

Sposatevi, ma rimanete fidanzati “Sposatevi, ma rimanete fidanzati!”: è il provocatorio titolo dell’incontro con il giornalista Luigi Accattoli, previsto per il 3 marzo a partire dalle 10 nei locali di via Ospedale 8 (piano terra), nell’ambito degli incontri periodici per giovani coppie e giovani famiglie, coordinati da padre Enrico Deidda e significativamente intitolati “Riscoprire il gusto di vivere insieme”. Lo schema degli incontri, aperti a tutti e cominciati a novembre, prevede l’ascolto di una riflessione o di una testimonianza e il pranzo comunitario (alle 13.15). E’ garantito il servizio di baby sitter. Al termine - intorno alle 14.45 - viene celebrata la messa.


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IL PORTICO DE

il PoRtiCo

III DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)

dal Vangelo secondo Luca

Venne a cercarvi frut ma non ne trovò

Lc 13,1-9 DON ANDREA BUSIA

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il portico della fede

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n quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai”».

l Vangelo mostra, in maniera particolare, una tensione presente in tutta la Bibbia: da una parte, la pazienza e il perdono di Dio, da una parte, e, dall’altra, gli effetti nefasti del nostro peccato su noi stessi e sul nostro rapporto con Dio. Sbilanciarci verso uno dei due estremi può essere molto pericoloso, portandoci a pensare, con troppo ottimismo, che non importa ciò che facciamo, tanto Dio ci perdona e dimentica tutto il male che commettiamo o, con eccessivo pessimismo, che abbiamo commesso così tanti peccati da essere ormai condannati. L’evangelista Luca è, tra gli evangelisti, quello più attento a sottolineare il perdono di Dio, e lo dimostra il fatto che solo lui riporti importanti detti e azioni di Gesù, come nel caso della parabola del padre misericordioso (Lc 15,11-32; conosciuta anche come parabola del figliol prodigo) e in quello del perdono

concesso sulla croce al ladrone pentito (Lc 23,39-43). Luca, nonostante questa attenzione, non può fare a meno di riportare anche discorsi di ammonimento molto forti, come quello che costituisce la prima parte del nostro brano: l’evangelista non cerca una facile via di fuga dalla tensione di cui parlavamo prima, dato che entrambi gli elementi fanno parte dell’insegnamento di Gesù. La “chiave” che ci può permettere di comprendere la prima parte del brano odierno sta tutta in quella condizione ripetuta due volte: “se non vi convertite”. Attraverso la conversione è possibile alleggerire quella tensione e, se guardiamo bene, questo vale anche per gli altri due passi che abbiamo citato prima: il punto di svolta, nella parabola del padre misericordioso, è dato dalla presa di coscienza del proprio stato e dalla decisione di cambiare da parte del figlio (“Allora rientrò in se stesso e disse: […] Mi leverò e andrò da mio padre…” Lc

15,17a.18a) mentre, nell’episodio del ladrone pentito, la conversione, sebbene implicita, è evidente. La conversione è fondamentale per ogni cristiano perché ci mette in condizione di corrispondere a quel desiderio di perdono da parte di Dio. Senza una vera e costante conversione non possiamo essere in grado di accogliere il dono di Dio. Nella parabola che costituisce la seconda parte del brano l’attenzione si sposta dall’uomo a Dio ma, contemporaneamente, si continua a sottolineare quanto sia essenziale la conversione. Nel racconto troviamo vari elementi che sono, per noi, rassicuranti: la perseveranza di Dio (“sono tre anni che vengo a cercare frutti”), l’intercessione del vignaiolo (“Padrone, lascialo ancora quest’anno”), il suo impegno (“gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime”). Tutti questi elementi sono finalizzati alla conversione (“Vedremo se porterà frutti per l’avvenire”) che, in questo caso, oltre ad essere resa possibile dall’in-

tercessione del vignaiolo, è anche frutto del suo lavoro. La conversione è nostra, non potrebbe essere altrimenti, siamo noi a dover portare frutto, ma non siamo soli in questo cammino, questo “vignaiolo” lavora con noi e per noi. Non basta però sottolineare che è necessario convertirsi, bisogna aggiungere che è necessario farlo “oggi”. Questo invito è ripetuto in entrambe le sezioni del nostro brano: nella prima in negativo, sottolineando la caducità della vita umana, e nella seconda in positivo, come concessione, seppure per un periodo limitato, un anno. Questa “sollecitazione” può essere vista, allo stesso tempo, sia come un limite, anche come un invito a vivere ogni momento nella sua pienezza, realizzando il progetto che Dio ha su di noi. La conversione non è semplicemente un modo per evitare la meritata punizione divina, è l’atteggiamento con cui possiamo imparare ad essere veramente “a immagine e somiglianza di Dio”.

MINORANZA ANCHE NEI POSTI DI LAVORO Per richiamare alcuni aspetti della riflessione di Benedetto XVI in questo Anno della Fede è utile riprendere in mano il testo della Lectio divina da lui tenuta lo scorso 8 Febbraio al Seminario Romano Maggiore. Il testo di riferimento della lectio è quello della Prima Lettera di Pietro 1,3-5. Pietro scrive “agli eletti che sono stranieri dispersi” (1 Pt 1,1), il Papa a tale proposito sottolinea il significato di “elezione” e di “stranieri”. La fede fa comprendere al cristiano di essere un “eletto”: «Dio ci ha conosciuto da sempre, prima della nostra nascita, del nostro concepimento; ha voluto che io sia portatore della sua elezione, che è anche sempre missione, soprattutto missione, e responsabilità per gli altri». I cristiani nell’impegno di vivere la loro fede sono degli “stranieri” nel mondo: «nei posti di lavoro i cristiani sono una minoranza, si trovano in una situazione di estraneità; meraviglia che uno oggi possa ancora credere e vivere così. Que-

sto appartiene anche alla nostra vita: è la forma di essere con Cristo Crocifisso». Tre espressioni del testo vengono poi approfondite da Benedetto XVI: “rigenerati”, “eredità” e “custoditi dalla fede”. La dinamica della fede mostra la rigenerazione nella vita del cristiano: «essere cristiano non è entrare in un gruppo per fare qualcosa, non è un atto solo della mia volontà, della mia ragione: è un atto di Dio. Rigenerato non concerne solo la sfera della volontà, del pensare, ma la sfera dell’essere. Sono rinato: questo vuol dire che divenire cristiano è innanzitutto passivo; io non posso farmi cristiano, ma vengo fatto rinascere, vengo rifatto dal Signore nella profondità del mio essere». L’espressione “eredità” indica per il cristiano la possibilità di una fede “sana” nel futuro: «eredità è una cosa del futuro, e così questa parola dice soprattutto che da cristiani abbiamo il futuro: il futuro è nostro, il futuro è di Dio».

Ogni cristiano è poi “custodito dalla fede”: «la fede è “vigile” del mio essere, della mia vita, della mia eredità. Dobbiamo essere grati per questa vigilanza della fede che ci protegge, ci aiuta, ci guida, ci da la sicurezza: Dio non mi lascia cadere dalle sue mani». La fede viene rappresentata da Benedetto XVI riprendendo il racconto evangelico dell’emorroissa (Mt 9, 20-22): «il Signore sa: c’è un modo di toccarlo, superficiale, esteriore, che non ha realmente nulla a che fare con un vero incontro con Lui. E c’è un modo di toccarlo profondamente. E questa donna lo ha toccato veramente: toccato non solo con la mano, ma con il suo cuore e così ha ricevuto la forza sanatrice di Cristo, toccandolo realmente dall’interno, dalla fede. Questa è la fede: toccare con la mano della fede, con il nostro cuore Cristo e così entrare nella forza della sua vita, nella forza risanante del Signore». di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

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Catechesi particolare a Settimo San Pietro.

tti

Nelle icone la bellezza della fede R. C. RE GIORNI PER ammirare la bellezza delle icone, strumento per contemplare la bellezza della Fede. Dal 25 al 27 febbraio scorso la parrocchia di Settimo San Pietro ha ospitato una tre giorni di catechesi con le icone che l'iconografo Michele Ziccheddu ha presentato al pubblico. “L'iniziativa - dice il parroco, don Elenio Abis - è nata dalla volontà di approfondire i temi della fede nell'Anno che stiamo vivendo ed in preparazione alla Pasqua, in un tempo così particolare come quello della Quaresima. La tre giorni intendeva anche sensibi-

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RISCRITTURE

IL RELATIVISMO DISTRUGGE LA SOCIETÀ Lei, tempo fa, ha scritto che “la fede non è scomparsa, ma è emigrata nell’ambito del soggettivo.” Per la Chiesa, quali sono le conseguenze del relativismo contemporaneo? Dall’epoca dell’Illuminismo, la fede non è più la missione comune del mondo così com’era, invece, nel Medio Evo. La scienza ha istituito una nuova percezione della realtà: si considera come oggettivamente fondato quello che può essere dimostrato come in un laboratorio. Tutto il resto - Dio, la morale, la vita eterna - è trasferito nell’ambito del soggettivo. Pensare che c’è una verità accessibile a tutti nell’ambito della religione implicherebbe anche una certa intolleranza. Il relativismo diventa la virtù della democrazia. Per la Chiesa, la fede cristiana ha, quindi, un contenuto oggettivo? Certo, e in questo contesto intellettuale è tutta la no-

stra difficoltà di annunciare il Vangelo. Ma possiamo mostrare i limiti del soggettivismo: se noi accettiamo totalmente il relativismo, nella religione ma anche nelle questioni morali, ciò ha come esito la distruzione della società. Con sempre maggiore razionalismo, la ragione si distrugge da se stessa, istituendo l’anarchia: quando ciascuno costituisce un’ isola incomunicabile, sono le regole del vivere insieme che spariscono. Se sono le maggioranze che definiscono le regole morali, una maggioranza può stabilire domani delle regole contrarie alle regole di ieri. Abbiamo avuto anche l’esperienza del totalitarismo, per il quale il potere fissava autoritariamente le regole morali. Così pure il relativismo morale sfocia nell’anarchia o nel totalitarismo. Joseph Ratzinger, intervista a Jean Sévilla, Le Figaro, 17 novembre 2001

lizzare i fedeli alla bellezza di Dio attraverso l'immagine. Quale migliore dimostrazione che l'icona, una rappresentazione che va oltre allo sguardo ed interroga l'uomo, mettendo in comunicazione l'umano ed il divino? L'idea era proprio questa: trovare un modo che permettesse a ciascuno di ammirare l'icona e di fare un'esperienza spirituale, in grado di andare la di là della semplice visione”. Un'iniziativa, quella di don Elenio, che rientra nel percorso che la comunità parrocchiale ha intrapreso già nei mesi scorsi, quando è stata ospitata la mostra sull'Anno della Fede, tra le prime parrocchie d'Italia, e che ha riscosso una buona presenza di fedeli, sintomo del bisogno di bellezza e di fede insito nella comunità settimese. “In questo anno della Fede - continua don Elenio - la visione di queste icone ha rappresentato una possibilità offerta a tanti di poter veder trasformato uno sguardo umano in uno sguardo di fede, questo perché lo sguardo umano deve fermarsi davanti a quell'immagine, mentre lo

sguardo di fede va oltre. Nell'icona si manifesta un “oltre” che non è pienamente descrivibile ed oggettivabile. Nei tre giorni, a partire dal linguaggio dell'icona e con l'aiuto dell'iconografo, ci siamo preparati a vivere il tempo della Pasqua, culmine ed essenza della vita cristiana. Ho pensato a questi tre giorni memore di quanto il Papa Benedetto XVI ha indicato nel concetto di fede come bellezza: “Credere è bello”. Partire da un qualcosa di bello per intraprendere un cammino di formazione che fosse però anche un cammino di fede. È in sintesi questo il motivo che ci ha spinti ad organizzare l'iniziativa, che di fatto è una nuova forma di catechesi, non più incentrata su uno che parla ed altri che ascoltano, ma ciascuno ha potuto visionare e cogliere aspetti particolari delle icone esposte”. Un cammino che la comunità di Settimo San Pietro sta facendo con una serie di iniziative in via di realizzazione nel corso nell'anno pastorale con una predilezione per ciò che è bello. “Lo erano i 32 pannelli che hanno contraddistinto la mostra dell'Anno della Fede - dice ancora il parroco - lo sono state le icone che abbiamo ammirato nei giorni scorsi. La tre giorni ha messo in evidenza le icone, uno strumento per vivere a pieno la propria vita di fede, a partire da qualcosa che non riempie solo gli occhi ma va davvero oltre lo sguardo umano per riempire lo sguardo di fede. In questo modo è possibile cambiare il modo di vedere la vita, soprattutto “l'arte del vivere” e quindi il nostro credere, andando ad incidere anche sul vissuto quotidiano di ciascuno”.


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IL PORTICO DEI LETTORI

il PoRtiCo

Che ci siano ancora persone che si incontrano per ascoltare poesie, e sui temi in esse contenuti, affrontati e riproposti, è senz’altro una cosa curiosa. Ma è senza dubbio anche una buona notizia. Merito di volumi come “Questo mio tempo”, scritto da Luca Masala (potete trovarlo nelle librerie Feltrinelli o ordinarlo sul web). Càpita così che una sera se ne va-

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tra le pagine di “Questo mio tempo”, di luca masala

La poesia piace ancora SERGIO NUVOLI

da piacevolmente ascoltando, in una vineria del centro, i componimenti composti da Masala, accompagnati dalle buone musiche di Tommaso Pintori alla chitarra. Un modo certamente originale di ritrovarsi, tra vecchi e nuovi amici, per ascoltare e riflettere. Sì, perchè nelle poesie di questo agile volumetto c’è di tutto: dall’amicizia al-

l’amore, dall’attualità più stringente fino all’eterno dilemma tra la vita e la morte. E’ un volume che aiuta a riflettere, quello di Masala, in una società che non lascia più scampo a chi si permette di prendersi un’ora per se stesso, e riflettere, magari con gli amici e un po’ di buona musica. E non è semplice essere rimessi

davanti a temi fondamentali per la nostra esistenza: è questo il merito indiscusso dell’opera. Nulla resta fuori: perfino l’omicidio di un fotoreporter italiano in zona di guerra. "Dov’è la Vittoria? Io sono nessuno e tutti. Oggi muoio, Dio. E volevo vivere”, scrive l’autore in "Preghiera di Gaza". Alla fine, il risultato è un sorpren-

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

Nuovo libro di Gianni zanata, “dettagli di un sorriso”

Primo romanzo per ivan murgana

Sfumature dell’ironia

Storia di un medico

LAURA CABRAS

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dente reading poetico (mi dicono che il genere sta cominciando a diffondersi) che crea un piccolo spazio ed un tempo in cui fermarsi. Il libro, e l’autore, saranno il 2 marzo a Iglesias, al ristorante Artu. “E’ il tempo il vero protagonista di questa raccolta, un tempo mai abbastanza vissuto, un tempo sognato, rubato e trascinato attraverso due secoli di storia intrisa di avvenimenti, cose, persone vicine e lontane”. Così scrive Luca Masala nell’introduzione all’opera, che va via facilmente, si legge con piacere riportando alla mente fatti e avvenimenti magari conosciuti, magari letti di corsa, ed in velocità, solo nei titoli dei giornali. E la proposta piace: a persone di tutte le età. Anziani ma anche molti giovani, che - attraverso le poesie - si avvicinano ad un genere per troppo tempo rimasto nella polvere di qualche scantinato.

uovo lavoro del giornalista-artista Gianni Zanata: “Dettagli di un sorriso”. E’un romanzo dai colori sfumati di noir, un noir non solito, dove la quotidianità del protagonista Valdo Norman, ex giornalista, diviene parte centrale della vita degli altri protagonisti e che attraverso il viaggio dei ricordi e il viaggio sulla strada statale 131 della sua Sardegna segna in maniera narcisista, ironica e spesso cattiva, i tratti e i significati di un sorriso. Valdo oggi è al servizio del crimine: è un corriere della droga, effettua i suoi viaggi con la 24 ore e non teme nulla e nessuno, anzi. Si potrebbe definire un uomo-lupo che al calar del sole si trasforma. I segni intangibili delle sue storie passate gli segnano il cammino ed il suo non amare le donne: Bianca, che è anche la protagonista di un precedente romanzo e che poi l’aiuterà…, e Jarmila, donna della Repubblica Ceca che per vivere si deve prostituire. Ha per caro amico un vice prefetto, uno che procura “lavoretti”. Poi c’è Kurt Cobain, un uomo che sta davanti alla chiesa ogni mattina, che ha una

barba salottiera, ed i loro sguardi si intrecciano ma tutto finisce lì. Kurt Cobain però è morto, ed allora? Sorrido.“I sorrisi sono come i pensieri: vanno interpretati. Non un’interpretazione qualsiasi, così son capaci tutti. Pensieri e sorrisi son figli della stessa madre”.“I dettagli di un sorriso, invece, sono importanti. In genere diffido di chi sorride a metà.” Il romanzo ci parla anche di Cagliari, una città dove il detto e non detto è vigile all’occhio del lettore, dove chi pensa che la città sia esente da mafia e massoneria sbaglia, dove i colori e le sfumature del sorriso anche del cielo o di un caffè sfuggono se non ci si sofferma ad osservare. Il romanzo ci mette dinanzi alla realtà che tutti i giorni viviamo, e le sfumature di un sorriso ci aiutano a superare ed ironizzare ciò che ci accade. “Dettagli di un sorriso” consta di 118 pagine, è edito da Quarup, nella collana “Il buio fuori”, costo € 12,90. La copertina scelta dall’editore vuol evidenziare come dal buio il corpo non è solo corpo, ma anima che sprigiona i più intimi e maliziosi dettagli.

rimo romanzo di Ivan Murgana, classe 1978, giornalista pubblicista, dal 2008 al 2010 ha diretto la rivista Città Turistica. Nel romanzo Il Flebotomo di Rocca Limpia, pubblicato da La Riflessione, la vita di un paese distante da Cagliari solo 25 chilometri viene rimessa in piedi dall’arrivo del nuovo medico proveniente da Firenze. Francesco Carta, il medico di Rocca Limpia, trapassato a miglior vita, lasciava i suoi 727 pazienti all’età di 55 anni e nessuno nel paese era scosso dalla perdita, il carattere burbero e la cattiva compagna bottiglia non inducono alla compassione. Rocca Limpia è un paese dove c’è una chiesa, una bottega, una taverna, un ufficio postale e nulla più. Il nuovo medico Antonio e sua moglie Anna, arrivati con il vapore Regina Elena al porto di Cagliari vengono accolti dal sindaco di Rocca Limpia Leonardo Pintor ma avranno difficoltà nell’ambientarsi in una realtà così diversa dalla loro moderna Firenze, e la diffidenza dei paesani non li aiuterà. Passerà del tempo prima che un solo paziente entri nello studio del medico, anche se il messo del comune annunciava in piazza: “E’ arrivato in paese il medico, per poter usufruire del servizio sanitario occorre scriversi in mu-

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nicipio all’apposito registro”.“La prima cosa che fece appena entrò nella stanza fu quella di infilarsi il camice che stava appeso all’attaccapanni, sistemò i libri sullo scaffale di mogano e tirò fuori dalla borsa gli attrezzi del mestiere. Dentro a un astuccio di pelle, avvolti in un panno, luccicavano al sole penetrato dalla finestra spalancata una serie di bisturi dalle lame affilatissime, impazienti di adempiere al dovere per i quali erano stati forgiati”. Eppure Antonio, fiducioso e conscio che una terra così bella ed ospitale, che aveva dato i natali ad illustri medici come Farina, medico di Filippo IV e Carlo II d’Inghilterra, non poteva non accoglierlo. Ecco che un giorno un uomo chiede il suo intervento perché il figlio dopo esser caduto dal carro non muoveva più il braccio … la scarlattina, gli incidenti di caccia, il bandito … Siamo nei primi del ‘900, usi e costumi, mobilio e finiture attente danno corpo e anima alla storia che Murgana scrive, ricca di amore tra Antonio e Anna, che cerca di trasparire anche nelle cortesie quotidiane e negli incontri con i compaesani. Un amore che finirà tragicamente e contestualmente alla nascita della figlia Giulia. I dialoghi, chiari e lineari, dei personaggi fanno breccia sul lettore facendolo intercalare nella storia. Prima presentazione al Lazzaretto di Cagliari sabato 9 marzo alle 18 con la spalla del giornalista Pietro Picciau. Laura Cabras

Uno spazio per mettere in rete progetti e iniziative del mondo dell’associazionismo sardo. Una finestra aperta sulla società civile, l’attualità politica, la cultura. Volontariato, società, immigrazione, politica, cultura, scuola, università, cooperazione internazionale, ambiente, sanità, sport…


IL PORTICO DI CAGLIARI

domeNiCa 3 maRzo 2013

Occupazione. Focus sulla mobilitazione dei dipendenti dei Centri Servizi per il lavoro.

Diario della protesta sotto il Palazzo In lotta per il lavoro anche degli altri Non si attenua il presidio in viale Trento: una legge regionale ha individuato la soluzione, ma le norme attuative non arrivano. Così figure fondamentali restano ferme al palo

inclusione socio-lavorativa di categorie svantaggiate e disabili (ex lege 68/99) presso i CSL, afferenti alle province, e i Cesil, presenti in moltissimi comuni dell'isola. Esistono diverse norme che dispongono la proroga dei nostri contratti; le risorse economiche necessarie sono state effettivamente stanziate. Eppure, nonostante tutto, siamo ancora qui accampati. Trecentosessanta famiglie (tanti sono gli operatori distribuiti nel territorio regionale) sono attualmente prive del sostentamento e migliaia e migliaia di disoccupati, inoccupati,

lavoratori in cassa integrazione e mobilità in deroga, disabili e altre categorie necessitanti di un supporto sono sprovvisti dei servizi loro destinati. Tutto ciò perché i potenti (nel senso letterale del termine di “coloro che possono”) non si decidono a prendersi la responsabilità di applicare la legge firmando un semplice documento attuativo. Il vento ora si è placato e in questa tiepida alba di metà febbraio le nostre aspettative riprendono vigore. Vorremmo semplicemente ritornare al nostro posto di lavoro, ridando dignità alla nostra esistenza e a quelle delle nostre famiglie. Ma, anche e soprattutto, poter riprendere la nostra attività di supporto nei confronti dei tantissimi cittadini che negli anni hanno potuto usufruire del nostro sostegno per la ricerca di lavoro e per un'efficace azione di autopromozione. In primo luogo i beneficiari degli ammortizzatori sociali in deroga che senza la nostra presenza nel luogo di lavoro non potranno adempiere al loro dovere scegliendo un'attività formativa, opzione richiesta dalla normativa vigente. Intanto i giorni scorrono e noi siamo sempre qui, sotto il palazzo. Non andremo via finché una soluzione utile sarà trovata e messa in atto.

lora provincia di Cagliari, non erano ancora nate le nuove, e per oltre otto anni ho lavorato a favore degli altri come orientatore al lavoro, a favore di persone che si trovano in una fase di transizione, o dalla scuola al lavoro oppure da un lavoro ad un altro e necessitano di supporto. La precarietà ci ha sempre contraddistinto, nel senso che i nostri contratti erano a termine, e ciò ha impedito di progettare per gli utenti percorsi a medio - lungo termine. Oggi però mi ritrovo a spasso, senza stipendio, senza ammortizzatori sociali, perché non esistono per la nostra categoria, pur sapendo che una soluzione è stata trovata ma c'è chi non vuole applicarla”. C'è un aspetto è quello degli operatori che offrono opportunità a

chi vive in particolari condizioni di difficoltà. “Il mio lavoro al Csl di Cagliari - dice Maria Giuseppa Contu, psicologa del lavoro - consisteva nella gestione del servizio “Inclusione socio lavorativa”, indirizzato in particolare alla categorie protette come prevede la legge 68. Per loro oggi non ci sono riferimenti: io svolgevo consulenza per l'inserimento di invalidi nelle aziende, le quali non hanno più dei contatti per trovare lavoratori delle categorie protette. Nel corso di questi anni ho ricevuto molti attestati di stima da utenti che hanno trovato lavoro, ma anche dalle aziende per la qualità dei lavoratori presentati. Credo che questi riconoscimenti valgano anche più dell'aspetto economico ma senza soldi non si può vivere”.

CORRADO BALLOCCO TTO ANNI in prima linea, passati al Centro Servizi Lavoro (il vecchio Ufficio di Collocamento, per chi non lo sapesse) ad ascoltare, sostenere, accompagnare le persone disoccupate, per motivarle e valorizzarle, in modo da renderle più competenti e capaci di procurarsi opportunità lavorative. Un'attività svolta con passione e serietà, dopo una vita di studi, un aggiornamento costante e soprattutto una selezione pubblica. Poi, di colpo, il buio. E nel buio incipiente di questa sera soffia un vento sferzante. Gli scrosci di pioggia inzuppano il selciato e le nostre speranze. Basta, però, un confronto tra noi abitanti di questo variopinto presidio, organizzato sot-

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to i portici del palazzo della giunta regionale di viale Trento a Cagliari, per convincerci della legittimità delle nostre istanze e ritrovare il giusto piglio. Non è facile resistere alle condizioni climatiche di questo lungo rigido inverno e all'indifferenza di una classe politica, distratta da una campagna elettorale anomala e strisciante, che si palleggia le responsabilità di questa vera e propria ingiustizia. Abbiamo garantito, fino al dicembre 2012 i servizi di orientamento, incontro domanda-offerta, autoimpiego, creazione d'impresa e

L’incredibile paradosso causato dalla politica E’ senza lavoro chi sostiene coloro che ne cercano uno I. P. I SENTONO traditi dalla politica. Gli operatori dei Csl e dei Cesil, quelli degli ex uffici di collocamento, da settimane presidiano l'ingresso del palazzo regionale di viale Trento: sono stanchi ma non vogliono arrendersi. Una situazione paradossale la loro: il Consiglio Regionale si è pronunciato due volte per la definizione della posizione lavorativa, con la presa in carico da parte dell'Agenzia Regionale del Lavoro, così come sarebbe stata trovata la copertura finanziaria. Ma al momento la Giunta regionale non avrebbe deliberato il passaggio e dunque dal 1° gennaio, quando il loro contratto è scaduto, i lavoratori sono a spasso. Alcuni comuni delle province di Nuoro e d'Ogliastra hanno prorogato i servizi, mentre tutte le altre hanno sospeso il servizio. Risultato: gli utenti sono privi di servizi di orientamento, sia i lavoratori in mobilità che in cassa integrazione, così come quelli delle categorie protette, privi di sostegno nei loro percorsi di reinserimento, ex-dete-

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nuti, ex-tossici o disabili che siano. “Per otto anni - dice Grazia Costeri , operatrice Cesil nel comune di Gavoi e in altri otto comuni della provincia di Nuoro - ho svolto il mio servizio a favore degli utenti, sostenendoli in tutti modi possibili nel cercare di risolvere le loro condizioni di precarietà. Ora dove il servizio è sospeso tutte queste persone sono sole, senza sostegno, anche se i centri continuano a funzionare dal punto di vista amministrativo. In realtà gli addetti non possono svolgere i nostri servizi di consulenza se lo fanno commettono un illecito”. Per questo alcuni legali hanno presentato un esposto in Procura. Per molti il mancato rinnovo del contratto si è trasformato nell'impossibilità di poter avere uno stipendio per mandare avanti la famiglia. Un paradosso: chi aiutava gli altri a reinserirsi nel mondo del lavoro oggi è senza lavoro. È il caso di Fabrizio Porru che opera al Csl di Sanluri, e serve una buona fetta dei comuni del Medio Campidano. “Ho vinto una selezione pubblica nel 2005, per l'al-

il PoRtiCo

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brevi A TEATRO

Pièce su mons. Angioni, un ottimo successo Successo per “Don Virgilio Angioni. Cagliari 1923: la voce dei poveri”, la pièce in cartellone sabato e domenica scorsi all’Auditorium del Conservatorio di via Bacaredda, presentata sullo scorso numero su queste colonne. L’opera dedicata alla figura del fondatore dell'Opera del Buon Pastore ha registrato un ottimo successo di pubblico e riscontri molto positivi. Lo spettacolo, molto gradito, è stato anche un'occasione per conoscere Cagliari attraverso le storie commoventi degli abitanti prima e dopo le due guerre mondiali. Il testo è di Maria Teresa Coda, tra gli interpreti (23 attori) Tiziano Polese, Mario Spano, Rosalba Piras. Scenografie e ritratto di mons. Angioni di Ferruccio Ambrosini.

PER CITTADINI EXTRAEUROPEI

Provincia di Cagliari, al via progetto “Tre I” Aperte le iscrizioni al progetto "Le Tre I - Immigrazione Impresa Innovazione", promosso dalla Provincia con il Consorzio Interuniversitario per l'Università Telematica della Sardegna, l'associazione Nur e l'associazione Mimir: un percorso di potenziamento delle competenze gratuito per cittadini di paesi extraeuropei residenti o domiciliati in Sardegna già titolari di un'impresa o con un'idea di impresa. Con la registrazione al sito www.letrei.it, gli interessati potranno accedere ai servizi on-line, moduli didattici realizzati in video da vari docenti, e ad un servizio di orientamento per ottenere le certificazioni di conoscenza della lingua italiana. “Obiettivo è aumentare e sostenere la capacità imprenditoriale degli immigrati - spiega la presidente Angela Quaquero (nella foto) - Il progetto vuole favorire il processo di consolidamento delle imprese e sostenere la creazione di nuove. SABATO 9 MARZO

Affido familiare, se parla a Dolianova Si terrà negli spazi del Centro di Aggregazione Sociale "Su Cuccureddu" di Dolianova (fianco Piscina Comunale) la Giornata di sensibilizzazione dedicata all'affido e all'appoggio familiare organizzata nell'ambito dei Servizi Educativi Integrati in collaborazione col Comune di Dolianova. Si tratta di una iniziativa volta a far conoscere e coinvolgere le famiglie sul tema dell’affido e del sostegno reciproco tra famiglie. I lavori della giornata cominceranno il 9 marzo alle 9.30.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

il PoRtiCo

brevi brevi ESERCIZI SPIRITUALI

Il discepolo di Gesù secondo Luca L’Opera Esercizi Spirituali di Cagliari informa che da lunedì 4 marzo alle ore 9 al pranzo di venerdì 8, don Mario Rollando terrà un corso di Esercizi Spirituali per sacerdoti e diaconi sul tema: “Il discepolo di Gesù secondo Luca”. Don Rollando è presbitero della diocesi di Chiavari dopo essere stato Rettore del Seminario. Luogo: Casa di Esercizi Spirituali “Pozzo di Sichar” loc. Capitana – via dei Ginepri, 32 Quartu S. Elena (tel. 070 805236) Per informazioni e iscrizioni è possibile contattare Emilia al n. 070 650880. IL PRIMO MARZO ALLE 16

Auctoritas e potestas nella nostra società All'interno delle iniziative per ricordare i cinquant'anni del Concilio Vaticano II, la Facoltà Teologica della Sardegna propone un incontrodibattito dal titolo "Autorità della ragione, libertà delle fedi? Il difficile rapporto tra Auctoritas e Potestas nella società contemporanea". Interverranno Stefano Biancu (docente di Etica all'Università di Ginevra e di Filosofia della cultura alla Facoltà Teologica) e Daniela Murgia (Università di Cagliari). L'incontro è previsto per venerdì primo marzo nell'aula tesi della Facoltà Teologica della Sardegna, a Cagliari (via Sanjust, 13) alle 16.

DOMENICA 3 maRzo 2013

Storia. domenica commovente raduno per il 49mo anniversario della morte di suor teresa.

Così suor Tambelli e suor Nicoli continuano a radunare i Marianelli S. N. A CHIESA li ha raccolti quando erano bambini, e ancora - misteriosamente - continua a radunarli. Impossibile non commuoversi davanti ai Marianelli, riuniti domenica scorsa intorno a mons. De Magistris nella “loro” cappella dell’Asilo di Marina per ricordare il 49mo anniversario della morte di suor Teresa Tambelli. La piccola chiesa era piena, in ogni ordine di posti, tanti sono rimasti anche in piedi pur di non rinunciare all’appuntamento. Qui, tanti anni fa, hanno operato - e ancora operano, instancabili, vero pilastro della fede dei cagliaritani - le Figlie della Carità. Da questi corridoi sono passate religiose come la beata Giuseppina Nicoli e suor Teresa Tambelli. E così, tra i banchi, oggi sono teste canute, capelli bianchi, qualcuno con il passo malfermo, ma sempre presente. Altri sottolineano, con pudore, che “qualcuno se ne è già andato”. E giù ricordi, nel piccolo androne davanti all’ingresso in cui hanno montato anche una piccola mostra: in esposizione fotografie e tanti ricordi di una Cagliari che non c’è più. Si sono anche costituiti come associazione, i Marianelli, per non perdere nulla della loro storia, una parte importante della nostra città. La fede oggi fa parte del loro dna, con cui hanno cresciuto - magari distanti, ma sempre con un filo sottile che li ha tenuti legati - le loro famiglie in quartieri diversi della città, lontani dalle stradine di Marina. I

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La messa dei Marianelli. In basso, un’immagine del funerale di suor Tambelli.

più invidiati sono quelli che sono riusciti a restare vicini. Con loro, domenica, c’era mons. Luigi De Magistris, classe 1926 già pro-penitenziere maggiore, attento custode della devozione dei cagliaritani più autentici: “Dobbiamo essere contenti di far parte della Chiesa cattolica, apostolica e romana ha detto in modo risoluto - Il Signore ci ha fatto membri di diverse organizzazioni ecclesiali, tutti per la sua Gloria”. E poi un richiamo, inatteso, alla realtà di questi giorni: “Voglio molto bene a Benedetto XVI - ha detto l’alto prelato, di casa in Vaticano - E’ stato davvero un gigante: chiunque sia il successore, dobbiamo essere pronti ad accettarlo come un dono di Dio. Ricordiamo oggi una grande suora, suor Tambelli, collaboratrice di suor Nicoli”. Di quest’ultima, mons. De Magistris

ha confidato: “Per me ebbe una grande importanza: morì tra le braccia di mio padre, suo medico che potè così testimoniarne la santità”. Quanto ai Marianelli, mons. De Magistris non ha dubbi: “Qui si respira un’aria di famiglia. Dobbiamo riferire a tutti quello che abbiamo visto, diffondere la Verità intorno a noi in spirito di apostolato”. Lo ha detto a quei bambini oggi cresciuti, radunati lì dalla religiosa che

tanto bene fece a Cagliari, con un richiamo antico ma sempre attuale: “Nei nostri ambienti la nostra vita e la nostra parola siano testimonianza della vera cattolicità”. Al termine della celebrazione, animata come sempre dai canti de is piccioccus de crobi (“gli stessi che ci insegnava suor Tambelli”, sottolinea qualcuno), ha preso la parola Carlo Boi: “Confidiamo per il prossimo anno di avere qui, in questa cappella, la tomba di suor Teresa (attualmente si trova nel cimitero di Bonaria, ndr). C’è il beneplacito della Madre superiore e della Visitatrice per la traslazione”. Sarebbe davvero un bel modo per celebrare in cinquantesimo della morte di suor Tambelli, che in questo modo verrebbe riportata nella cappella dove tanto bene fece con la beata suor Nicoli, che già riposa nella piccola chiesa di via Baylle. Certamente, dal Cielo, le due religiose sorriderebbero. Con lo stesso sorriso contagioso degli occhi di suor Gabriella, che dall’ultimo banco sorrideva durante la celebrazione, contenta perchè vede all’opera la Grazia di Dio.


domeNiCa 3 maRzo 2013

IL PORTICO DI BENEDETTO

Documenti. Pubblichiamo il testo integrale del discorso di Benedetto XVI al clero romano.

“Una chiacchierata sulla realtà e sull’universalità della Chiesa” Uno strumento utile per comprendere bene il Concilio Vaticano II, ma soprattutto per gustare l’umanità grande del Pontefice BENEDETTO XVI MINENZA, CARI FRATELLI nell’Episcopato e nel Sacerdozio! E’ per me un dono particolare della Provvidenza che, prima di lasciare il ministero petrino, possa ancora vedere il mio clero, il clero di Roma. E’ sempre una grande gioia vedere come la Chiesa vive, come a Roma la Chiesa è vivente; ci sono Pastori che, nello spirito del Pastore supremo, guidano il gregge del Signore. E’ un clero realmente cattolico, universale, e questo risponde all’essenza della Chiesa di Roma: portare in sé l’universalità, la cattolicità di tutte le genti, di tutte le razze, di tutte le culture. Nello stesso tempo, sono molto grato al Cardinale Vicario che aiuta a risvegliare, a ritrovare le vocazioni nella stessa Roma, perché se Roma, da una parte, dev’essere la città dell’universalità, dev’essere anche una città con una propria forte e robusta fede, dalla quale nascono anche vocazioni. E sono convinto che, con l’aiuto del Signore, possiamo trovare le vocazioni che Egli stesso ci dà, guidarle, aiutarle a maturare, e così servire per il lavoro nella vigna del Signore. Oggi avete confessato davanti alla tomba di san Pietro il Credo: nell’Anno della fede, mi sembra un atto molto opportuno, necessario forse, che il clero di Roma si riunisca sulla tomba dell’Apostolo al quale il Signore ha detto: “A te affido la mia Chiesa. Sopra di te costruisco la mia Chiesa” (cfr Mt 16,18-19). Davanti al Signore, insieme con Pietro, avete confessato: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo” (cfr Mt 16,1516). Così cresce la Chiesa: insieme con Pietro, confessare Cristo, seguire Cristo. E facciamo questo sempre. Io sono molto grato per la vostra preghiera, che ho sentito – l’ho detto mercoledì – quasi fisicamente. Anche se adesso mi ritiro, nella preghiera sono sempre vicino a tutti voi e sono sicuro che anche voi sarete vicini a me, anche se per il mondo rimango nascosto. Per oggi, secondo le condizioni della mia età, non ho potuto preparare un grande, vero discorso, come ci si potrebbe aspettare; ma piuttosto penso ad una piccola chiacchierata sul Concilio Vaticano II, come io l’ho visto. Comincio con un aneddoto: io ero stato nominato nel ’59 professore all’Università di Bonn, dove studiano gli studenti, i seminaristi della diocesi di Colonia e di altre diocesi circostanti. Così, sono venuto in contatto con il Cardinale di Colonia, il Cardinale

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Frings. Il Cardinale Siri, di Genova – mi sembra nel ’61 - aveva organizzato una serie di conferenze di diversi Cardinali europei sul Concilio, e aveva invitato anche l’Arcivescovo di Colonia a tenere una delle conferenze, con il titolo: Il Concilio e il mondo del pensiero moderno. Il Cardinale mi ha invitato – il più giovane dei professori – a scrivergli un progetto; il progetto gli è piaciuto e ha proposto alla gente, a Genova, il testo come io l’avevo scritto. Poco dopo, Papa Giovanni lo invita ad andare da lui e il Cardinale era pieno di timore di avere forse detto qualcosa di non corretto, di falso, e di venire citato per un rimprovero, forse anche per togliergli la porpora. Sì, quando il suo segretario lo ha vestito per l’udienza, il Cardinale ha detto: “Forse adesso porto per l’ultima volta questo abito”. Poi è entrato, Papa Giovanni gli va incontro, lo abbraccia, e dice: “Grazie, Eminenza, lei ha detto le cose che io volevo dire, ma non avevo trovato le parole”. Così, il Cardinale sapeva di essere sulla strada giusta e mi ha invitato ad andare con lui al Concilio, prima come suo esperto personale; poi, nel corso del primo periodo - mi pare nel novembre ’62 – sono stato nominato anche perito ufficiale del Concilio. Allora, noi siamo andati al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo. C’era un’aspettativa incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, che venisse veramente una nuova Pentecoste, una nuova era della Chiesa, perché la Chiesa era ancora abbastanza robusta in quel tempo, la prassi domenicale ancora buona, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa erano già un po’ ridotte, ma ancora sufficienti. Tuttavia, si sentiva che la Chiesa non andava avanti, si riduceva, che sembrava piuttosto una realtà del passato e non la portatrice del futuro. E in quel momento, speravamo che questa relazione si rinnovasse, cambiasse; che la Chiesa fosse di nuovo forza del domani e forza dell’oggi. E sapevamo che la relazione tra la Chiesa e il periodo moderno, fin dall’inizio, era un po’ contrastante, cominciando con l’errore della Chiesa nel caso di Galileo Galilei; si pensava di correggere questo inizio sbagliato e di trovare di nuovo l’unione tra la Chiesa e le forze migliori del mondo, per aprire il futuro dell’umanità, per aprire il vero progresso.

Così, eravamo pieni di speranza, di entusiasmo, e anche di volontà di fare la nostra parte per questa cosa. Mi ricordo che un modello negativo era considerato il Sinodo Romano. Si disse - non so se sia vero – che avessero letto i testi preparati, nella Basilica di San Giovanni, e che i membri del Sinodo avessero acclamato, approvato applaudendo, e così si sarebbe svolto il Sinodo. I Vescovi dissero: No, non facciamo così. Noi siamo Vescovi, siamo noi stessi soggetto del Sinodo; non vogliamo soltanto approvare quanto è stato fatto, ma vogliamo essere noi il soggetto, i portatori del Concilio. Così anche il Cardinale Frings, che era famoso per la fedeltà assoluta, quasi scrupolosa, al Santo Padre, in questo caso disse: Qui siamo in altra funzione. Il Papa ci ha convocati per essere come Padri, per essere Concilio ecumenico, un soggetto che rinnovi la Chiesa. Così vogliamo assumere questo nostro ruolo. Il primo momento, nel quale questo atteggiamento si è mostrato, è stato subito il primo giorno. Erano state previste, per questo primo giorno, le elezioni delle Commissioni ed erano state preparate, in modo – si cercava – imparziale, le liste, i nominativi; e queste liste erano da votare. Ma subito i Padri dissero: No, non vogliamo semplicemente votare liste già fatte. Siamo noi il soggetto. Allora, si sono dovute spostare le elezioni, perché i Padri stessi volevano conoscersi un po’, volevano loro stessi preparare delle liste. E così è stato fatto. I Cardinali Liénart di Lille, il Cardinale Frings di Colonia avevano pubblicamente detto: Così no. Noi vogliamo fare le nostre liste ed eleggere i nostri candidati. Non era un atto rivoluzionario, ma un atto di coscienza, di responsabilità da parte dei Padri conciliari. Così cominciava una forte attività per conoscersi, orizzontalmente, gli uni gli altri, cosa che non era a caso. Al “Collegio dell’Anima”, dove abitavo, abbiamo avuto molte visite: il Cardinale era molto conosciuto, abbiamo visto Cardinali di tutto il mondo. Mi ricordo bene la figura alta e snella di mons. Etchegaray, che era Segretario della Conferenza Episcopale Francese, degli incontri con Cardinali, eccetera. E questo era tipico, poi, per tutto il Concilio: piccoli incontri trasversali.

Così ho conosciuto grandi figure come Padre de Lubac, Daniélou, Congar, eccetera. Abbiamo conosciuto vari Vescovi; mi ricordo particolarmente del Vescovo Elchinger di Strasburgo, eccetera. E questa era già un’esperienza dell’universalità della Chiesa e della realtà concreta della Chiesa, che non riceve semplicemente imperativi dall’alto, ma insieme cresce e va avanti, sempre sotto la guida – naturalmente – del Successore di Pietro. Tutti, come ho detto, venivano con grandi aspettative; non era mai stato realizzato un Concilio di queste dimensioni, ma non tutti sapevano come fare. I più preparati, diciamo quelli con intenzioni più definite, erano l’episcopato francese, tedesco, belga, olandese, la cosiddetta “alleanza renana”. E, nella prima parte del Concilio, erano loro che indicavano la strada; poi si è velocemente allargata l’attività e tutti sempre più hanno partecipato nella creatività del Concilio. I francesi ed i tedeschi avevano diversi interessi in comune, anche con sfumature abbastanza diverse. La prima, iniziale, semplice - apparentemente semplice – intenzione era la riforma della liturgia, che era già cominciata con Pio XII, il quale aveva già riformato la Settimana Santa; la seconda, l’ecclesiologia; la terza, la Parola di Dio, la Rivelazione; e, infine, anche l’ecumenismo. I francesi, molto più che i tedeschi, avevano ancora il problema di trattare la situazione delle relazioni tra la Chiesa e il mondo. Cominciamo con il primo. Dopo la Prima Guerra Mondiale, era cresciuto, proprio nell’Europa centrale e occidentale, il movimento liturgico, una riscoperta della ricchezza e profondità della liturgia, che era finora quasi chiusa nel Messale Romano del sacerdote, mentre la gente pregava con propri libri di preghiera, i quali erano fatti secondo il cuore della gente, così che si cercava di tradurre i contenuti alti, il linguaggio alto, della liturgia classica in parole più emozionali, più vicine al cuore del popolo. Ma erano quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che celebrava la Messa secondo il Messale, ed i laici, che pregavano, nella Messa, con i loro libri di preghiera, insieme, sapendo sostanzialmente che cosa si realizzava sull’altare. Ma ora era stata riscoperta proprio la bellezza, la profondità, la ricchezza storica, umana, spirituale del Messale e la necessità che non solo un rappresentante del popolo, un piccolo chierichetto, dicesse “Et cum spiritu tuo” eccetera, ma che fosse realmente un dialogo tra sacerdote e popolo, che realmente la liturgia dell’altare e la liturgia del popolo fosse un’unica liturgia, una partecipazione attiva, che le ricchezze arrivassero al popolo; e così si è riscoperta, rinnovata la liturgia. segue a pagina 14

il PoRtiCo

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brevi NOTA DELLA CANCELLERIA

Caralis nostra, avviso per l’Annuario In vista della riedizione dell’Annuario Diocesano Caralis Nostra, già in cantiere e che viene preparata perché sia disponibile per il periodo pasquale, si fanno avvertiti clero, religiosi e laici interessati. Quanti avessero riscontrato nella precedente pubblicazione del 2011 inesattezze ed errori sono invitati a segnalarlo alla Cancel-

leria della Curia, se ancora non l’avessero fatto personalmente. Si provveda a stretto giro.

SABATO 9 MARZO

Il card. Coccopalmerio al Tribunale ecclesiastico Sabato 9 marzo alle 11, nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Cagliari si terrà la solenne cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2013 del Tribunale eccelsiastico regionale sardo. Terrà la prolusione inaugurale il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi. Seguirà la relazione del Vicario Giudiziale sull’attività del Tribunale dell’anno 2012. MARTEDÌ 5 MARZO

Identità locali, parla Donatella Mureddu Martedì 5 marzo alle 16 proseguono al Centro Comunale d’Arte e Cultura Il Ghetto di Cagliari i seminari “Le identità locali, città e paesi si raccontano”, che hanno come filo conduttore la ricorrenza dei settant’anni dei bombardamenti su Cagliari, che caratterizzerà la 17ma edizione di Monumenti Aperti. Donatella Mureddu (Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano) terrà un intervento dal titolo “I bombardamenti e il Museo. Cagliari: l’archeologia per la ricostruzione”.

PIAZZA GIOVANNI XXIII

Meic, conversazione con padre Teani “L’essenziale dell’annuncio evangelico nell’attuale contesto spirituale, etico e culturale”: è il titolo dell’incontro organizzato dal Meic per martedì 5 marzo alle 18 nel Salone della parrocchia di San Paolo. Relatore sarà padre Maurizio Teani, preside della Facoltà teologica.


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IL PORTICO DI BENEDETTO

il PoRtiCo

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Documenti. Pubblichiamo il testo integrale del discorso di Benedetto XVI al clero romano.

UNIVERSITÀ

Cittadella dei Musei intitolata al prof. Lilliu E’ stata intitolata nei giorni scorsi, al termine di una sobria cerimonia, a Giovanni Lilliu la Cittadella dei Musei di Cagliari. L’iniziativa è del rettore dell’Ateneo cittadino, presente anche l’omologo di Sassari, Attilio Mastino, allievo del professore, a cui la Sardegna deve una parte importante della sua storia. A lui si deve infatti non soltanto la

“Il cristiano deve sempre formarsi perchè entri in profondità nel Mistero” Romano Guardini diceva: “Nelle anime comincia a risvegliarsi la Chiesa”. Non un’organizzazione, ma una realtà vitale: noi tutti siamo Chiesa, il Corpo vivo di Cristo O TROVO ADESSO, retrospettivamente, che è stato molto buono cominciare con la liturgia, così appare il primato di Dio, il primato dell’adorazione. “Operi Dei nihil praeponatur”: questa parola della Regola di san Benedetto (cfr 43,3) appare così come la suprema regola del Concilio. Qualcuno aveva criticato che il Concilio ha parlato su tante cose, ma non su Dio. Ha parlato su Dio! Ed è stato il primo atto e quello sostanziale parlare su Dio e aprire tutta la gente, tutto il popolo santo, all’adorazione di Dio, nella comune celebrazione della liturgia del Corpo e Sangue di Cristo. In questo senso, al di là dei fattori pratici che sconsigliavano di cominciare subito con temi controversi, è stato, diciamo, realmente un atto di Provvidenza che agli inizi del Concilio stia la liturgia, stia Dio, stia l’adorazione. Adesso non vorrei entrare nei dettagli della discussione, ma vale la pena sempre tornare, oltre le attuazioni pratiche, al Concilio stesso, alla sua profondità e alle sue idee essenziali. Ve n’erano, direi, diverse: soprattutto il Mistero pasquale come centro dell’essere cristiano, e quindi della vita cristiana, dell’anno, del tempo cristiano, espresso nel tempo pasquale e nella domenica che è sempre il giorno della Risurrezione. Sempre di nuovo cominciamo il nostro tempo con la Risurrezione, con l’incontro con il Risorto, e dall’in-

I scoperta della Cittadella nuragica di Barumini, ma anche una monumentale opera di ricostruzione storica. “Era un uomo mite, con un’intelligenza da gigante, il cui nome a casa veniva pronunciato con grande cura e attenzione - ha detto il sindaco Zedda - il rispetto per una figura che con i suoi studi ha fatto tanto per la Sardegna. Un ringraziamento va all’Università di Cagliari che ha voluto promuovere questa iniziativa, anche il Comune avrà modo di ricordarlo come merita per l’importanza dei suoi studi, che hanno permesso alla Sardegna di essere conosciuta in tutto il mondo”. “Dalla lezione del prof. Lilliu - ha aggiunto il rettore Melis - emerge una delle possibili strade che si possono, anzi, si debbono percorrere per uscire dalla crisi e creare occasioni di lavoro: la ricerca e l’innovazione culturale, con maggiore attenzione ai valori dello straordinario patrimonio storico e ambientale della Nostra Isola, troppo spesso trascurato e dimenticato”. Al professore è intitolata anche una scultura di Pinuccio Sciola, all, ingressi della Cittadella.

contro con il Risorto andiamo al mondo. In questo senso, è un peccato che oggi si sia trasformata la domenica in fine settimana, mentre è la prima giornata, è l’inizio; interiormente dobbiamo tenere presente questo: che è l’inizio, l’inizio della Creazione, è l’inizio della ricreazione nella Chiesa, incontro con il Creatore e con Cristo Risorto. Anche questo duplice contenuto della domenica è importante: è il primo giorno, cioè festa della Creazione, noi stiamo sul fondamento della Creazione, crediamo nel Dio Creatore; e incontro con il Risorto, che rinnova la Creazione; il suo vero scopo è creare un mondo che è risposta all’amore di Dio. Poi c’erano dei principi: l’intelligibilità, invece di essere rinchiusi in una lingua non conosciuta, non parlata, ed anche la partecipazione attiva. Purtroppo, questi principi sono stati anche male intesi. Intelligibilità non vuol dire banalità, perché i grandi testi della liturgia – anche se parlati, grazie a Dio, in lingua materna – non sono facilmente intelligibili, hanno bisogno di una formazione permanente del cristiano perché cresca ed entri sempre più in profondità nel mistero e così possa

AIUTIAMO LA CARITAS La Caritas ha attivi due conti correnti per raccogliere fondi a favore dei numerosi servizi che porta avanti. Per partecipare alla sottoscrizione: Banca Prossima: c.c.b. 1000/00001263 intestato Caritas Diocesana Cagliari via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. IBAN - IT26 P033 5901 6001 0000 0001 263 Bancoposta: Conto n. 000016211096 Intestato Caritas Diocesana Cagliari Via mons. Cogoni 9 09121 Cagliari. IBAN - IT 74 E 07601 04800 000016211096 Indicando come causale: Sostegno alla Caritas.

comprendere. Ed anche la Parola di Dio – se penso giorno per giorno alla lettura dell’Antico Testamento, anche alla lettura delle Epistole paoline, dei Vangeli: chi potrebbe dire che capisce subito solo perché è nella propria lingua? Solo una formazione permanente del cuore e della mente può realmente creare intelligibilità ed una partecipazione che è più di una attività esteriore, che è un entrare della persona, del mio essere, nella comunione della Chiesa e così nella comunione con Cristo. Secondo tema: la Chiesa. Sappiamo che il Concilio Vaticano I era stato interrotto a causa della guerra tedesco-francese e così è rimasto con una unilateralità, con un frammento, perché la dottrina sul primato che è stata definita, grazie a Dio, in quel momento storico per la Chiesa, ed è stata molto necessaria per il tempo seguente - era soltanto un elemento in un’ecclesiologia più vasta, prevista, preparata. Così era rimasto il frammento. E si poteva dire: se il frammento rimane così come è, tendiamo ad una unilateralità: la Chiesa sarebbe solo il primato. Quindi già dall’inizio c’era questa intenzione di completare l’ecclesiologia del Vaticano I, in una data da

trovare, per una ecclesiologia completa. Anche qui le condizioni sembravano molto buone perché, dopo la Prima Guerra Mondiale, era rinato il senso della Chiesa in modo nuovo. Romano Guardini disse: “Nelle anime comincia a risvegliarsi la Chiesa”, e un vescovo protestante parlava del “secolo della Chiesa”. Veniva ritrovato, soprattutto, il concetto, che era previsto anche dal Vaticano I, del Corpo Mistico di Cristo. Si voleva dire e capire che la Chiesa non è un’organizzazione, qualcosa di strutturale, giuridico, istituzionale - anche questo -, ma è un organismo, una realtà vitale, che entra nella mia anima, così che io stesso, proprio con la mia anima credente, sono elemento costruttivo della Chiesa come tale. In questo senso, Pio XII aveva scritto l’Enciclica Mystici Corporis Christi, come un passo verso un completamento dell’ecclesiologia del Vaticano I. Direi che la discussione teologica degli anni ’30-’40, anche ’20, era completamente sotto questo segno della parola “Mystici Corporis”. Fu una scoperta che ha creato tanta gioia in quel tempo ed anche in questo contesto è cresciuta la formula: Noi siamo la Chiesa, la Chiesa non è una struttura; noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti il Corpo vivo della Chiesa. E, naturalmente, questo vale nel senso che noi, il vero “noi” dei credenti, insieme con l’”Io” di Cristo, è la Chiesa; ognuno di noi, non “un noi”, un gruppo che si dichiara Chiesa. No: questo “noi siamo Chiesa” esige proprio il mio inserimento nel grande “noi” dei credenti di tutti i tempi e luoghi. Quindi, la prima idea: completare l’ecclesiologia in modo teologico, ma proseguendo anche in modo strutturale, cioè: accanto alla successione di Pietro, alla sua funzione unica, definire meglio anche la funzione dei Vescovi, del Corpo episcopale. segue a pagina 15


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Documenti. Pubblichiamo il testo integrale del discorso di Benedetto XVI al clero romano.

“Il concetto di comunione divenne espressione dell’essenza della Chiesa” La Chiesa obbedisce alla Scrittura, ma questa è tale solo perchè c’è la Chiesa viva. Senza la Chiesa, la Scrittura resta soltanto un libro. L’intervento di Paolo VI PER FARE QUESTO, è stata trovata la parola “collegialità”, molto discussa, con discussioni accanite, direi, anche un po’ esagerate. Ma era la parola - forse ce ne sarebbe anche un’altra, ma serviva questa per esprimere che i Vescovi, insieme, sono la continuazione dei Dodici, del Corpo degli Apostoli. Abbiamo detto: solo un Vescovo, quello di Roma, è successore di un determinato Apostolo, di Pietro. Tutti gli altri diventano successori degli Apostoli entrando nel Corpo che continua il Corpo degli Apostoli. Così proprio il Corpo dei Vescovi, il collegio, è la continuazione del Corpo dei Dodici, ed ha così la sua necessità, la sua funzione, i suoi diritti e doveri. Appariva a molti come una lotta per il potere, e forse qualcuno anche ha pensato al suo potere, ma sostanzialmente non si trattava di potere, ma della complementarietà dei fattori e della completezza del Corpo della Chiesa con i Vescovi, successori degli Apostoli, come elementi portanti; ed ognuno di loro è elemento portante della Chiesa, insieme con questo grande Corpo. Questi erano, diciamo, i due elementi fondamentali e, nella ricerca di una visione teologica completa dell’ecclesiologia, nel frattempo, dopo gli anni ’40, negli anni ’50, era già nata un po’ di critica nel concetto di Corpo di Cristo: “mistico” sarebbe troppo spirituale, troppo esclusivo; era stato messo in gioco allora il concetto di “Popolo di Dio”. E il Concilio, giustamente, ha accettato questo elemento, che nei Padri è considerato come espressione della continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Nel testo del Nuovo Testamento, la parola “Laos tou Theou”, corrispondente ai testi dell’Antico Testamento, significa – mi sembra con solo due eccezioni – l’antico Popolo di Dio, gli ebrei che, tra i popoli, “goim”, del mondo, sono “il” Popolo di Dio. E gli altri, noi pagani, non siamo di per sé il Popolo di Dio, diventiamo figli di Abramo, e quindi Popolo di Dio entrando in comunione con il Cristo, che è l’unico seme di Abramo. Ed entrando in comunione con Lui, essendo uno con Lui, siamo anche noi Popolo di Dio. Cioè: il concetto “Popolo di Dio” implica continuità dei Testamenti, continuità della storia di Dio con il mondo, con gli uomini, ma implica anche l’elemento cristologico. Solo tramite la cristologia diveniamo Popolo di Dio e così si combinano i due

E

concetti. Ed il Concilio ha deciso di creare una costruzione trinitaria dell’ecclesiologia: Popolo di Dio Padre, Corpo di Cristo, Tempio dello Spirito Santo. Ma solo dopo il Concilio è stato messo in luce un elemento che si trova un po’ nascosto, anche nel Concilio stesso, e cioè: il nesso tra Popolo di Dio e Corpo di Cristo, è proprio la comunione con Cristo nell’unione eucaristica. Qui diventiamo Corpo di Cristo; cioè la relazione tra Popolo di Dio e Corpo di Cristo crea una nuova realtà: la comunione. E dopo il Concilio è stato scoperto, direi, come il Concilio, in realtà, abbia trovato, abbia guidato a questo concetto: la comunione come concetto centrale. Direi che, filologicamente, nel Concilio esso non è ancora totalmente maturo, ma è frutto del Concilio che il concetto di comunione sia diventato sempre più l’espressione dell’essenza della Chiesa, comunione nelle diverse dimensioni: comunione con il Dio Trinitario che è Egli stesso comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo -, comunione sacramentale, comunione concreta nell’episcopato e nella vita della Chiesa. Ancora più conflittuale era il problema della Rivelazione. Qui si trattava della relazione tra Scrittura e Tradizione, e qui erano interessati soprattutto gli esegeti per una maggiore libertà; essi si sentivano un po’ – diciamo – in una situazione di inferiorità nei confronti dei protestanti, che facevano le grandi scoperte, mentre i cattolici si sentivano un po’ “handicappati” dalla necessità di sottomettersi al Magistero. Qui, quindi, era in gioco una lotta anche molto concreta: quale libertà hanno gli esegeti? Come si legge bene la Scrittura? Che cosa vuol dire Tradizione? Era una battaglia pluridimensionale che adesso non posso mostrare, ma importante è che certamente la Scrittura è la Parola di Dio e la Chiesa sta sotto la Scrittura, obbedisce alla Parola di Dio, e non sta al di sopra della Scrittura. E tuttavia, la Scrittura è Scrittura soltanto perché c’è la Chiesa viva, il suo soggetto vivo; senza il soggetto vivo della Chiesa, la Scrittura è solo un libro e apre, si apre a diverse interpretazioni e non dà un’ultima chiarezza.

Qui, la battaglia - come ho detto era difficile, e fu decisivo un intervento di Papa Paolo VI. Questo intervento mostra tutta la delicatezza del padre, la sua responsabilità per l’andamento del Concilio, ma anche il suo grande rispetto per il Concilio. Era nata l’idea che la Scrittura è completa, vi si trova tutto; quindi non si ha bisogno della Tradizione, e perciò il Magistero non ha niente da dire. Allora, il Papa ha trasmesso al Concilio mi sembra 14 formule di una frase da inserire nel testo sulla Rivelazione e ci dava, dava ai Padri, la libertà di scegliere una delle 14 formule, ma disse: una deve essere scelta, per rendere completo il testo. Io mi ricordo, più o meno, della formula “non omnis certitudo de veritatibus fidei potest sumi ex Sacra Scriptura”, cioè la certezza della Chiesa sulla fede non nasce soltanto da un libro isolato, ma ha bisogno del soggetto Chiesa illuminato, portato dallo Spirito Santo. Solo così poi la Scrittura parla ed ha tutta la sua autorevolezza. Questa frase che abbiamo scelto nella Commissione dottrinale, una delle 14 formule, è decisiva, direi, per mostrare l’indispensabilità, la necessità della Chiesa, e così capire che cosa vuol dire Tradizione, il Corpo vivo nel quale vive dagli inizi questa Parola e dal quale riceve la sua luce, nel quale è nata. Già il fatto del Canone è un fatto ecclesiale: che questi scritti siano la Scrittura risulta dall’illuminazione della Chiesa, che ha trovato in sé questo Canone della Scrittura; ha trovato, non creato, e sempre e solo in questa comunione della Chiesa viva si può anche realmente capire, leggere la Scrittura come Parola di Dio, come Parola che ci guida nella vita e nella morte. Come ho detto, questa era una lite abbastanza difficile, ma grazie al Papa e grazie – diciamo – alla luce dello Spirito Santo, che era presente nel Concilio, è stato creato un documento che è uno dei più belli e anche innovativi di tutto il Concilio, e che deve essere ancora molto più studiato. Perché anche oggi l’esegesi tende a leggere la Scrittura fuori dalla Chiesa, fuori dalla fede, solo nel cosiddetto spirito del metodo storico-critico, metodo importante, ma mai così da poter dare soluzioni come

ultima certezza; solo se crediamo che queste non sono parole umane, ma sono parole di Dio, e solo se vive il soggetto vivo al quale ha parlato e parla Dio, possiamo interpretare bene la Sacra Scrittura. E qui come ho detto nella prefazione del mio libro su Gesù (cfr vol. I) - c’è ancora molto da fare per arrivare ad una lettura veramente nello spirito del Concilio. Qui l’applicazione del Concilio ancora non è completa, ancora è da fare. E, infine, l’ecumenismo. Non vorrei entrare adesso in questi problemi, ma era ovvio – soprattutto dopo le “passioni” dei cristiani nel tempo del nazismo – che i cristiani potessero trovare l’unità, almeno cercare l’unità, ma era chiaro anche che solo Dio può dare l’unità. E siamo ancora in questo cammino. Ora, con questi temi, l’”alleanza renana” – per così dire – aveva fatto il suo lavoro. La seconda parte del Concilio è molto più ampia. Appariva, con grande urgenza, il tema: mondo di oggi, epoca moderna, e Chiesa; e con esso i temi della responsabilità per la costruzione di questo mondo, della società, responsabilità per il futuro di questo mondo e speranza escatologica, responsabilità etica del cristiano, dove trova le sue guide; e poi libertà religiosa, progresso, e relazione con le altre religioni. In questo momento, sono entrate in discussione realmente tutte le parti del Concilio, non solo l’America, gli Stati Uniti, con un forte interesse per la libertà religiosa. Nel terzo periodo questi hanno detto al Papa: noi non possiamo tornare a casa senza avere, nel nostro bagaglio, una dichiarazione sulla libertà religiosa votata dal Concilio. Il Papa, tuttavia, ha avuto la fermezza e la decisione, la pazienza di portare il testo al quarto periodo, per trovare una maturazione ed un consenso abbastanza completi tra i Padri del Concilio. Dico: non solo gli americani sono entrati con grande forza nel gioco del Concilio, ma anche l’America Latina, sapendo bene della miseria del popolo, di un continente cattolico, e della responsabilità della fede per la situazione di questi uomini. E così anche l’Africa, l’Asia, hanno visto la necessità del dialogo interreligioso; sono cresciuti problemi che noi tedeschi – devo dire – all’inizio, non avevamo visto. Non posso adesso descrivere tutto questo. Il grande documento “Gaudium et spes” ha analizzato molto bene il problema tra escatologia cristiana e progresso mondano, tra responsabilità per la società di domani e responsabilità del cristiano davanti all’eternità, e così ha anche rinnovato l’etica cristiana, le fondamenta. Ma, diciamo inaspettatamente, è cresciuto, al di fuori di questo grande documento, un documento che rispondeva in modo più sintetico e più concreto alle sfide del tempo, e cioè la “Nostra aetate”. segue a pagina 16

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detto tra noi Troppi giochi d'azzardo di D. TORE RUGGIU

Il giro d'affari di lotto, gratta e vinci, slot etc., aumenta. Imprese e Stato ci guadagnano e i cittadini sono spesso vittime che si lasciano vincere dalla debolezza. Nel mensile “Altroconsumo” di dicembre 2012 viene riportato un reportage ricchissimo e interessantissimo su questo allarmante fenomeno. I niziamo dalla pubblicità dei giochi: “si vince tutto” (superenalotto), “tutto il montepremi distribuito in una sera!”; “L'ultimo mercoledì del mese: gioca!”; “Gira la ruota e tenta la fortuna con il nuovo gioco download”; “scommetti ovunque: si, anche in riva al mare; si, anche in cima ai monti, ma soprattutto si, anche nel divano”; “chi gratta trova un tesoro: vinci garantito”; “fatti in due per vincere”. Può bastare? Chi ne vuole sapere di più, basta che faccia un giro nei bar, nelle tabaccherie, nelle sale da gioco, in alberghi, cinema, stazioni, aeroporti e persino negli uffici postali. Oppure, comodamene seduti sul divano di casa, basta accendere la tv, aprire il giornale o andare su internet e il messaggio è sempre lo stesso: tenta la fortuna. I giochi autorizzati, con vincite in denaro, non conoscono crisi. Gli italiani non rinunciano al sogno di vincere. È facile cadere in patologie, con gravi risvolti psichici e sociali. Secondo l'AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato), nel 2011 la raccolta lorda (che corrisponde a quanto hanno giocato gli italiani), è stata di quasi 80 miliardi di euro (3 volte il decreto salva-Italia che ha fatto piangere tanti italiani). Impressionante anche conoscere che dal 2010 al 2011 il giro d'affari è aumentato del 30%. È vero che degli 80 miliardi 61 sono tornati nelle tasche degli italiani, ma questo fa crescere la voglia di giocare di nuovo e rischiare di più. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone malate sono 1 milione, e quelle a rischio 1 milione e 800 mila. Le imprese dei giochi hanno speso in comunicazione 115 milioni di euro nel 2011. A poco serve il messaggio, secondo il mensile citato, “gioca responsabilmente”. Secondo il ministro dell'economia, nel 2011 sono stati sborsati quasi 9 miliardi di euro per curare questi malati. Lo Stato sta cercando di porre rimedio, con diversi accorgimenti, ma non sarà facile. Penso siamo di fronte ad una emergenza e non possiamo girarci dall'altra parte. Una mobilitazione di tutte le forze educative, ad iniziare dalla famiglia, è improcrastinabile se vogliamo salvaguardare almeno i ragazzi e i giovani da questo e da tanti altri pericoli.


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Cinquant’anni dopo, il vero Concilio appare con la sua forza spirituale BENEDETTO XVI

D

ALL’INIZIO ERANO presen-

ti i nostri amici ebrei, che hanno detto, soprattutto a noi tedeschi, ma non solo a noi, che dopo gli avvenimenti tristi di questo secolo nazista, del decennio nazista, la Chiesa cattolica deve dire una parola sull’Antico Testamento, sul popolo ebraico. Hanno detto: anche se è chiaro che la Chiesa non è responsabile della Shoah, erano cristiani, in gran parte, coloro che hanno commesso quei crimini; dobbiamo approfondire e rinnovare la coscienza cristiana, anche se sappiamo bene che i veri credenti sempre hanno resistito contro queste cose. E così era chiaro che la relazione con il mondo dell’antico Popolo di Dio dovesse essere oggetto di riflessione. Si capisce anche che i Paesi arabi – i Vescovi dei Paesi arabi – non fossero felici di questa cosa: temevano un po’ una glorificazione dello Stato di Israele, che non volevano, naturalmente. Dissero: Bene, un’indicazione veramente teologica sul popolo ebraico è buona, è necessaria, ma se parlate di questo, parlate anche dell’Islam; solo così siamo in equilibrio; anche l’Islam è una grande sfida e la Chiesa deve chiarire anche la sua relazione con l’Islam. Una cosa che noi, in quel momento, non abbiamo tanto capito, un po’, ma non molto. Oggi sappiamo quanto fosse necessario. Quando abbiamo incominciato a

lavorare anche sull’Islam, ci hanno detto: Ma ci sono anche altre religioni del mondo: tutta l’Asia! Pensate al Buddismo, all’Induismo…. E così, invece di una Dichiarazione inizialmente pensata solo sull’antico Popolo di Dio, si è creato un testo sul dialogo interreligioso, anticipando quanto solo trent’anni dopo si è mostrato in tutta la sua intensità e importanza. Non posso entrare adesso in questo tema, ma se si legge il testo, si vede che è molto denso e preparato veramente da persone che conoscevano le realtà, e indica brevemente, con poche parole, l’essenziale. Così anche il fondamento di un dialogo, nella differenza, nella diversità, nella fede sull’unicità di Cristo, che è uno, e non è possibile, per un credente, pensare che le religioni siano tutte variazioni di un tema. No, c’è una realtà del Dio vivente che

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ha parlato, ed è un Dio, è un Dio incarnato, quindi una Parola di Dio, che è realmente Parola di Dio. Ma c’è l’esperienza religiosa, con una certa luce umana della creazione, e quindi è necessario e possibile entrare in dialogo, e così aprirsi l’uno all’altro e aprire tutti alla pace di Dio, di tutti i suoi figli, di tutta la sua famiglia. Quindi, questi due documenti, libertà religiosa e “Nostra aetate”, connessi con “Gaudium et spes” sono una trilogia molto importante, la cui importanza si è mostrata solo nel corso dei decenni, e ancora stiamo lavorando per capire meglio questo insieme tra unicità della Rivelazione di Dio, unicità dell’unico Dio incarnato in Cristo, e la molteplicità delle religioni, con le quali cerchiamo la pace e anche il cuore aperto per la luce dello Spirito Santo, che illumina e guida a Cristo. Vorrei adesso aggiungere ancora un terzo punto: c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo, è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, era un Concilio della fede che cerca l’intellectus, che cerca di comprendersi e cerca di comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e domani, mentre tutto il Concilio – come ho detto – si muoveva all’interno della fede, come fides quaerens intellectum, il Concilio dei giornalisti non si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica diversa. Era un’ermeneutica politica: per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa. Era ovvio

che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i Vescovi e poi, tramite la parola “Popolo di Dio”, il potere del popolo, dei laici. C’era questa triplice questione: il potere del Papa, poi trasferito al potere dei Vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare. Naturalmente, per loro era questa la parte da approvare, da promulgare, da favorire. E così anche per la liturgia: non interessava la liturgia come atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di attività della comunità, una cosa profana. E sappiamo che c’era una tendenza, che si fondava anche storicamente, a dire: La sacralità è una cosa pagana, eventualmente anche dell’Antico Testamento. Nel Nuovo vale solo che Cristo è morto fuori: cioè fuori dalle porte, cioè nel mondo profano. Sacralità quindi da terminare, profanità anche del culto: il culto non è culto, ma un atto dell’insieme, della partecipazione comune, e così anche partecipazione come attività. Queste traduzioni, banalizzazioni dell’idea del Concilio, sono state virulente nella prassi dell’applicazione della Riforma liturgica; esse erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave, della fede. E così, anche nella questione della Scrittura: la Scrittura è un libro, storico, da trattare storicamente e nient’altro, e così via. Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata … e il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale. Ma la forza reale del Concilio era presente e, man mano, si realizza sempre più e diventa la vera forza che poi è anche vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che, 50 anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della fede, cominciando da questo Anno della fede, lavorare perché il vero Concilio, con la sua forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa. Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: Vince il Signore! Grazie!

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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

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QUESTO SETTIMANALE È ISCRITTO ALLA FISC FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI


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