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DOMENICA 17 MARZO 2013 A N N O X N . 11
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
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CAGLIARI
I cardinali riuniti nella Basilica di San Pietro.
Il Papa dell’unità SERGIO NUVOLI
no degli ultimi luoghi al mondo in cui è assicurata la totale segretezza è stato probabilmente l’unico in grado di attirare su di sé gli sguardi incuriositi di tutto il mondo. E’ questa la prima sensazione che resta del secondo Conclave del XXI secolo: attesa, trepidazione e speranza le parole più utilizzate in questi giorni così carichi di aspettative non solo da parte dei cattolici. Ed è un nuovo motivo di stupore per l’effetto della rinuncia di Benedetto XVI al Soglio pontificio. Ma da parte di tutti è grande anche il rispetto per il mistero di un rito antico che – al riparo dagli occhi del mondo – assicura alla Chiesa il successore di Pietro. La comunità cristiana torna improvvisamente al centro dell’attenzione del pianeta: 5600 i giornalisti accreditati per seguire l’evento. “Ci obblighiamo e giuriamo che chiunque di noi, per divina disposizione, sia eletto Romano Pontefice, si impegnerà a svolgere fedelmente il ‘munus Petrinum’ di Pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede”. Questa la formula del giuramento dei 115 cardinali elettori entrati nella Sistina. “Soprattutto – prosegue la formula - promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà
U
e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice; di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell’elezione del Romano Pontefice”. L’errore di tanti media è stato quello di ridurre la scelta del Papa a criteri umani, a geografie politiche che poco hanno a che fare con la verità, a “cordate” di nomi senza senso. Occorre ammettere che qualcosa va oltre: “Si tratta di un processo della Chiesa che non cerca un consenso fondato sul compromesso – ripeteva anni fa l’indimenticato cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger - ma sul voler trovare ciò che Dio si aspetta da noi nella designazione di qualcuno”. “C’è tutta la Chiesa che prega”, ricordava padre Livio nei giorni scorsi dai microfoni di RadioMaria. Aiuta a capire qualcosa la formula del giuramento di ciascun cardinale: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è
dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”. Quel “secondo Dio” dice molto più di mille interpretazioni. Misericordia e unità sono state le due parole usate nell’omelia della messa Pro Eligendo Pontifice dal cardinale decano Angelo Sodano. Citando Benedetto XVI, ha aggiunto: “Talvolta si tende a circoscrivere il termine ‘carità’ alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il ‘servizio della Parola’. Non v’è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell’Enciclica Populorum progressio: è l’annuncio di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo”. Citando la lettera agli Efesini, ha quindi aggiunto: “Tutti noi siamo chiamati a cooperare con il Successore di Pietro, fondamento visibile di tale unità ecclesiale”. Sulla carità l’insistenza più forte: “È una missione di carità che è propria della Chiesa, ed in modo particolare è propria della Chiesa di Roma, che, secondo la bella espressione di S. Ignazio d’Antiochia, è la Chiesa che “presiede alla carità”; “praesidet caritati” (cfr. Ad Romanos, praef.; Lumen gentium, n. 13)”.
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