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DOMENICA 24 MARZO 2013 A N N O X N . 12

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Habemus Papam

Papa Francesco abbraccia un bambino all'inizio della messa inaugurale del Pontificato. In basso, mons. Miglio in una foto di Roberto Pili.

Stupore e gioia + ARRIGO MIGLIO

tupore e gioia si leggono in questi giorni sul volto della gente per l’elezione del nuovo Papa Francesco. Nel clima dell’attesa e dei pronostici non era mancato qualcuno che azzardava proprio quel nome, quasi come un’utopia! E invece eccolo: “venuto dalla fine del mondo”, come ha detto nel presentarsi la sera del 13 marzo scorso, portando dentro alla veste bianca nuova tutta la sua umanità e la sua storia, e su tutto questo la semplice croce che lo accompagna da quando è diventato vescovo. Lo stupore e la gioia della gente li ho sperimentati anch’io attraverso le molte persone sconosciute che mi hanno fermato e parlato, per la strada, in chiesa e anche in aeroporto e sull’aereo, per dirmi la loro partecipazione che, si indovina subito, è piena di speranza. Proprio attraverso la Chiesa, vista nei suoi vertici, lo Spirito del Signore ha voluto parlarci e rassicurarci: non temete, sono proprio io! Sono molto contento di tutto questo specialmente per i giovani. La mia generazio-

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ne aveva vissuto qualcosa di simile all’elezione di Giovanni XXIII, nel ’58, dopo un momento di delusione perché alla figura ieratica e autorevole di Pio XII era subentrata la figura bonaria e un po’ contadina di Papa Roncalli. Ma ci volle poco a capire quale grande dono fosse quel Papa per il mondo, benché così diverso dal grande predecessore. Sono contento dunque per i giovani di oggi, perché possono vedere che il Signore sa fare cose sempre nuove nella sua Chiesa e con la sua Chiesa. Sono le novità vere, quelle che ci fanno sperimentare la novità del Vangelo, che non abolisce nulla della legge di Dio, neppure un punto o una virgola, ma ci guida a trovare nelle parole del Signore la vita vera che non invecchia mai. Inutile dunque cercare di inquadrare il nuovo Papa negli schemi vecchi, vecchi come le ideologie che li producono. La sua storia di prete e di vescovo, radicata nella fede e nella laboriosità di una famiglia di emigrati, è lì che ci parla e attende di essere meglio conosciuta e ascoltata. L’ideologia delle dittature militari del suo paese non è riuscita ad arruolarlo e neppure l’ideologia contrapposta dei guerriglieri: quindi giù sospetti e accuse, anche da parte di

qualcuno dei suoi preti che invece si erano fatti “arruolare”. Lui ha risposto sempre e solo con la vita, con la carità e con la preghiera. E con la misericordia: è la prima parola del suo motto e in questi primi giorni da Vescovo di Roma l’ha già ripetuta più volte. Evidentemente si è reso conto che ce n’è bisogno anche in Europa, anche a Roma e nella Chiesa: altri muri devono cadere, dopo quello minato e saltato durante il pontificato di Papa Wojtyla. Inutile anche giocare a cogliere contrapposizioni con il Predecessore. Vedo due parole che ci aiutano a cogliere il filo della continuità: la ricerca dell’essenziale e la via della Carità. Papa Benedetto ci ha offerto un insegnamento solare su questi temi: basti pensare alle tre encicliche Deus Caritas Est, Spe Salvi, Caritas in Veritate e ai tre volumi su Gesù. Papa Francesco,nei suoi primi gesti e nelle sue parole, sobrie ed essenziali, sembra dirci che in fondo vivere tutto questo è molto semplice, è una via aperta a tutti, come ha potuto sperimentare egli stesso nelle “villas miserias” di Buenos Aires per tanti anni. Ora è il nostro Papa, incontrerà altre miserie non meno gravi ma la strada rimane quella a lui ben nota, che già ci ha indicato giovedì 14 marzo dalla Cappella Sistina, invitandoci a camminare, edificare, confessare il Cristo Crocifisso e Risorto.

A pagina 11 tutti gli orari delle celebrazioni della Settimana Santa

SOMMARIO PAPA FRANCESCO

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Nostro speciale sull’elezione del nuovo Pontefice FAMIGLIE

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Giornata diocesana, incontro in seminario tra fiducia e speranza CHIESA

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Gianni Bottalico, presidente nazionale Acli, e la crisi della politica LAVORO

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Miniera di Serbariu, l’Azione Cattolica a convegno SOCIETÀ

A Benevento seminario verso la prossima Settimana sociale

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IL PortIco

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

domenIca 24 marzo 2013

Il gesuita con il saio. Povertà, obbedienza e umiltà sono i cardini dell’insegnamento di Sant’Ignazio di Loyola.

Per la prima volta un Papa sceglie Francesco per indicare il programma del suo pontificato Da 166 anni non veniva eletto un religioso a capo della Chiesa cattolica. Papa Bergoglio assomma su di sè una lunga serie di “prime volte”: ecco una breve spiegazione P. FABRIZIO CONGIU, ofmcap OME RACCONTARE la straordinarietà dell’evento di cui abbiamo avuto l’onore di essere testimoni storici? Mentre nei talkshow mondiali ancora cercano di tessere le “terribili” trame politiche della Chiesa Cattolica, per la prima volta siede sul soglio petrino un vescovo latinoamericano, prima volta di un noneuropeo, prima volta di un gesuita, per la prima volta si chiama Francesco in onore del santo di Assisi. Era dal 1846, ossia dalla morte di Gregorio XVI che la Chiesa non si dava un pontefice religioso: 166 anni. Tutti questi dati hanno ognuno un profondo significato, letti da ogni prospettiva: religiosa o laica, na-

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Papa Francesco e, nel riquadro, un ritratto di Sant’Ignazio di Loyola.

zionale o mondiale, politica o geografica. Il neo eletto vescovo di Roma è latinoamericano, cioè proveniente da quella parte del globo terrestre dove attualmente si concentra il maggior numero di cattolici. È il sud della terra, una zona

che concentra grandi povertà e grandi ricchezze, fra loro stridenti. Per la prima volta nella storia, il Papa non proviene dal continente europeo, quella riforma interna alla Chiesa (in particolare in questo caso il Collegio Cardinalizio) inaugu-

rata da Paolo VI sta iniziando a mostrare i suoi frutti: il baricentro del vertice ecclesiastico smette di essere europeo, ed è finalmente realmente universale, cioè cattolico. Mentre nella storia si sono conosciuti pontefici appartenenti a diversi ordini religiosi come i benedettini, francescani, domenicani e altri, mai nella storia della Chiesa un gesuita è stato eletto vescovo di Roma. Forse anche perché il superiore maggiore dei gesuiti è sempre stato soprannominato “papa nero”, ma certamente non solo per questo motivo. La Compagnia di Gesù, fondata nel 1540 da sant’Ignazio di Loyola, ha sempre insegnato come cardini della sua spiritualità la povertà, l’obbedienza come abbandono alla volontà di Dio e l’umiltà come sopportazione paziente della Croce di Cristo. Papa Bergoglio, anche in nome di questa spiritualità, ha scelto come nome da pontefice quello di Francesco, per il quale nessuno mai nessuno aveva optato. Quando Benedetto I, nel 575, scelse il nome del santo di Norcia, erano appena passati appena 28 anni

dalla sua morte. Per cui dopo otto secoli un romano pontefice finalmente decide di utilizzare il nome del Poverello. Benedetto XVI, nei suo interventi magisteriali, ha fatto riferimento a Francesco d’Assisi circa un centinaio di volte, evidenziandone il cammino di conversione verso Cristo, l’obbedienza alla Chiesa e la missione evangelizzatrice. Ora papa Bergoglio sceglie proprio quel nome, così amato dal popolo e da tanti membri del clero e degli altri ordini religiosi, persino dai non credenti. Dopo 166 anni la Chiesa si appoggia nuovamente a un religioso: l’ultimo infatti fu il camaldolese Gregorio XVI, predecessore di Pio IX. Anche questa è stata una grande “novità” per il mondo di oggi, quasi come se la Chiesa tornasse a ricercare una particolare spiritualità di cui anche il mondo è rimasto a secco: Francesco d’Assisi e Ignazio di Loyola. Un Papa argentino viene dal Sud della Terra: è un “meridionale”, così come Gesù, il Galileo, era considerato un “meridionale” nella terra che gli diede i natali. Va’ Francesco, ripara la mia casa.

Benedetto e Francesco, l’incontro non casuale Il Papa emerito e il legame con il francescanesimo P. FABRIZIO CONGIU, ofmcap N QUASI OTTO ANNI DI pontificato Benedetto XVI ha avuto un’attenzione tutta particolare nei confronti di Francesco d’Assisi e del mondo francescano. Non a caso ha dedicato ha dedicato a queste tematiche circa un centinaio di interventi magisteriali. Da complesso degli interventi si può evincere come papa Ratzinger faccia riferimento al frate assisano soprattutto per alcuni temi teologici particolari: la conversione, l’ecclesialità e la dimensione orizzontale e verticale della vita spirituale. Nel gennaio 2010 il pontefice tedesco dedicò proprio al frate Poverello l’Udienza Generale, nella quale ebbe a dire: “Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora”. La gradualità della conversione, anche secondo Ratzinger, è un processo che ha caratterizzato profondamente la vita di Francesco, una vita segnata dall’incontro vero, sem-

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plice e profondo con Gesù Cristo. Per Benedetto XVI la vita di Francesco, che era soprattutto un uomo convertito, è stata un grande atto

Benedetto XVI incontra l’allora cardinal Bergoglio. A sinistra, San Francesco (Cimabue).

d’amore. Nella medesima udienza il Papa fece riferimento all’autentico spirito ecclesiale di Francesco. Il Poverello amava la figura del Romano Pontefice e la Chiesa, al quale promise riverenza e obbedienza, e volle che tutti i frati avessero fatto lo stesso di lì in avvenire. Così Ratzinger: “ “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”. Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di San Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la

vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo”. L’altro importante riferimento che ritorna a più riprese è il collegamento continuo tra la vita “umana” di Francesco d’Assisi da quella “divina”, infatti “Voler separare, nel suo messaggio, la di-

mensione “verticale” da quella “orizzontale” significa rendere Francesco irriconoscibile”. Detto in altre parole, significa comprendere e riconoscere che senza una vita in Cristo nello Spirito Santo non avremmo mai avuto e conosciuto un santo come quello di Assisi. È l’azione dello Spirito, alla quale Francesco si è completamente affidato, che gli ha permesso di poter amare la povertà (di Cristo), la missione e la carità. Tutte queste caratteristiche hanno gradualmente trasformato la vita del famoso assisiate fino a trasformarla in esempio cristiano per eccellenza, e a questo punto Benedetto XVI aveva citato san Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me”.


domenIca 24 marzo 2013

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

Il gesuita con il saio. La comunità dei gesuiti di Cagliari commenta la storica elezione.

“Annunciate agli altri Gesù Cristo e scopritelo già presente in loro” Padre Enrico Deidda cita padre Arrupe per indicare lo stile della Compagnia nell’approccio umano insegnato dal fondatore: “La semplicità del Papa farà bene anche a noi” ROBERTO COMPARETTI ORPRESO ma anche conscio della maggior responsabilità di ciascun gesuita”. Così padre Enrico Deidda, della comunità di San Michele, parla dell'elezione del cardinal Bergoglio al soglio pontificio. “La prima impressione - dice padre Deidda - è stata di stupore unita a quella di gioia, ma anche di ulteriore responsabilità che d'ora in poi caratterizzerà il nostro essere Gesuiti, diciamo di “periferia” come noi che stiamo qui a Cagliari. Siamo chiamati a fare del nostro meglio affinché questo servizio, all'interno della Chiesa, sia portato avanti nella concretezza, nell'essenzialità e nella centralità del Signore Gesù nella vita di ciascuno, della comunità e nei nostri apostolati. Ai Gesuiti viene sempre associata la cultura nel senso che sono sempre stati coloro che hanno

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Padre Enrico Deidda. Nella foto piccola, padre Pedro Arrupe.

operato nel campo della formazione e degli studi. Quale il contributo che un Papa Gesuita può dare nel dialogo culturale? Penso a quella parola del Concilio “nihil humani a me alienum puto”, ovvero niente di ciò che tocca l'uomo mi è estraneo, citazione del poeta Terenzio, e certamente riguarda da vicino tutte le dimensioni dell'uomo, che devono essere rispettate. Penso che questa fiducia nella dimensione umana dell'essere persona in ogni caso potrà aiutare la profondità, la capacità di avere fiducia nell'altro. A questo proposito mi piace ricor-

dare un'indicazione che ci dava Padre Arrupe, padre generale dei Gesuiti, che diceva “Dovete andare agli altri con il desiderio di annunciare Cristo ma anche con l'intento di scoprire Cristo già presente in loro”. C'è questa fiducia di base, dal punto di vista della presenza e dell'opera dello Spirito Santo nell'intimo di ogni uomo, quindi di ogni cultura e di ogni religione. Per cui credo che questa convinzione che ci viene dalla spiritualità ignaziana possa essere senz'altro un aiuto nell'approccio verso la cultura. In un documento per una Giornata

Missionaria Giovanni Paolo II, riprendendo Paolo VI, scriveva “Oggi la via maestra della missione è il dialogo”. Credo che un Gesuita dovrebbe essere molto portato a questo dialogo, con un approccio fiducioso, sincero e attento, grazie al discernimento che caratterizza la nostra spiritualità. In tanti continuano ad avere lo stereotipo del Gesuita l'uomo di cultura che si assurge a superiore. Il Santo Padre nella scelta del nome Francesco, che richiama l'umiltà, vuole far intendere che non è così? Concordo con lei che si tratta di uno stereotipo, perché l'uomo di cultura è di per sé semplice, è una persona che si rende conto della piccolezza, dell'insufficienza della persona umana davanti a tutto lo scibile, e quindi anche davanti al cuore dell'uomo il Gesuita si mette come di fronte ad un mistero. È una dimensione di semplicità e speriamo che anche la scelta del Papa aiuti a superare questa distanza: a volte sembra che i Gesuiti siano stimati, ma le persone facciano fatica ad avvicinarsi, almeno i giovani, perché questo stereotipo della cultura li frena un po', quasi che il Gesuita fosse inavvicinabile. La scelta del Papa, riguardo al nome, credo potrà essere di aiuto a tutti: la semplicità con cui si è manifestato quando ha salutato la gente farà bene anche alla Compagnia.

“Francesco e Ignazio, nessun paradosso” Padre Maurizio Teani spiega i primi segnali del Papa R. C. N PAPA GESUITA non è un elemento decisivo ciò che importa è che sia uomo del dialogo e dell'ascolto”. Così padre Maurizio Teani, preside della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, parla del neo eletto al soglio di Pietro, il cardinal Jorge Maria Bergoglio, che ha voluto come nome Francesco. “Il carisma ignaziano - afferma il preside - ha dato il suo contributo alla Chiesa, ed avrà inciso certamente sulla formazione del Papa. Oggi diventa un aiuto stesso alla Chiesa ed anche un elemento di cui bisogna tener conto. Non possiamo però nascondere una certa soddisfazione per il fatto che Papa Francesco sia un gesuita. La spiritualità ignaziana insiste molto sull'interiorità, sulla sobrietà, sulla capacità di ascoltare e sulla volontà di consegnarsi liberamente alla volontà di Dio: tutti elementi forti dell'eredità che Sant'Ignazio ha lasciato alla Compagnia e

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alla Chiesa, e credo che tutto ciò avrà inciso nella vita del nuovo Papa. Il nome scelto ha un riferimento a Francesco Saverio e alle missioni in Oriente? Nel passato era chiamato Ordine Missioni Estere, ad indicare l'andare un po' alla frontiera oltre la quale diffondere il Vangelo. Oggi non si tratta solo di frontiera geografica ma anche culturale, e fa parte della vita del gesuita. Credo che il tema della missionarietà avrà di certo un grande rilievo. Lo stile dell'ascolto, dell'umiltà, della misericordia è importante nel dialogo, così come aver elaborato una riflessione, una capacità critica su quanto accade. In questo credo che l'eredità ignaziana abbia un valore: essere un gesuita e chiamarsi Francesco non è un paradosso, semmai è una sintesi molto significativa. Si spieghi meglio. Perché dovrebbe essere un paradosso? Secondo la visione comune, soprattutto nel passato, l'essere gesuita ve-

Nella foto di Roberto Pili, il preside della Facoltà teologica, padre Teani.

niva identificato con l'essere aristocratici e intellettuali, mentre Francesco è l'uomo della povertà, della semplicità, vicino alla gente. Di fatto però se uno legge bene la storia di Sant'Ignazio e la spiritualità che lui ha portato nella Chiesa, le cose sono ben diverse. Ci sono stati magari deviazioni, ma le missioni popolari, il servizio dell'umiltà sono aspetti che hanno sempre caratterizzato la Compagnia, e si rifanno agli esercizi spirituali. I segnali che il Papa ha dato vanno nella direzione della spiritualità ignaziana, che è fondamentalmente quella dell'essenzia-

lità, senza dare molta importanza agli orpelli esteriori. In una recente intervista il Papa aveva detto che esistono due visioni di Chiesa: una autoreferenziale che rischia di ammalarsi ed un'altra che è proiettata fuori verso la gente, a rischio di qualche incidente. Il Papa aveva detto che la seconda è una strada rischiosa ma allo stesso tempo tra la prima e questa seconda l'allora cardinal Bergoglio sceglieva una Chiesa che rischiava l'incidente pur di portare l'annuncio al di fuori. E su questa linea potrebbe indirizzare il suo ministero.

IL PortIco

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blocnotes LA LEZIONE DI PAPA BERGOGLIO

Umiltà e semplicità per seguire Francesco Intrighi, cordate e imboscate. E ancora maggioranze, veti e barricate: nulla di tutto questo è accaduto nel segreto del Conclave che ha consegnato alla storia il 265mo successore di Pietro a capo della Chiesa. In tanti si sono esercitati in previsioni che anche qualche commentatore laico ha definito senza senso: tutti lì a contare, a prevedere alleanze, scambi oscuri, mezze promesse. C’è stato anche chi si è spinto a scrivere che qualche cardinale sia entrato sotto le volte della Cappella Sistina con consistenti pacchetti di voti. E’ l’altra faccia della medaglia di quanto accade in queste ore: in tanti dicono “io l’avevo detto”, “ah, adesso vedrai che sistema le cose”, “ora farà pulizia”. In tanti non si rendono conto di quanto diventino ridicoli a dettare l’agenda al Papa: non a Bersani, badate bene, ma al successore di Pietro. Massimo Franco, sul Corriere della Sera, per giustificare tutto questo, ha parlato di inevitabile conseguenza del “culto della personalità”, ma a ben vedere le cose stanno in maniera assai diversa. E con ogni probabilità sono molto più semplici di quello che paiono ad una prima lettura. L’episodio con il cardinal Hummes, rivelato dallo stesso Sommo Pontefice, in cui il cardinale brasiliano gli raccomanda di “non dimenticarsi dei poveri” racconta una dinamica semplicissima: è più facile infatti pensare ad un’amicizia, ad un gruppo di persone che si chiamano “fratelli”, alla comunione tra di loro. Già, comunione: questa parola così passata di moda, e di cui il mondo - e in esso il nostro Paese - avrebbe un gran bisogno. La stessa comunione che ha consentito ai cardinali di vivere in segreto quelle ore così decisive, a distanza di otto anni dall’ultima volta sotto gli affreschi del Vaticano. Evidentemente, nel Conclave un gruppo di amici ha scelto uno di loro perchè ritenevano fosse il più adatto a guidarli. Con l’assistenza speciale dello Spirito Santo.E in fin dei conti c’è soltanto da imparare: anche in questo caso non c’è da anticipare mosse, immaginare complicati scacchieri su cui verranno spartite - a leggere certi quotidiani - le più alte cariche della “Curia romana”. Sono cose da lasciare ad altri. C’è da fare una cosa davvero semplicissima: stare a guardare. Perchè un uomo come Papa Bergoglio continuerà senza dubbio a stupire, a lasciarci senza parole con quella semplicità che cerchiamo di raccontare anche in queste pagine. Uno così, esattamente come Colui che un tempo ha camminato per le strade polverose della Galilea, è umanamente più conveniente stare a guardarlo. Per vedere cosa fa, per ascoltare quel che dice, e andargli dietro con il cuore curioso. Anticiparlo, come pensare di sapere già quel che farà, è senza dubbio un esercizio inutile (sn).


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

IL PortIco

Il Papa. Settimana segnata dall’elezione dell’argentino Jorge Mario Bergoglio a Papa.

“Se non confessiamo Gesù Cristo diventiamo una Ong assistenziale” ROBERTO PIREDDA A SETTIMANA APPENA trascorsa è stata segnata dall’elezione del nuovo Papa, l’argentino Jorge Mario Bergoglio, finora Arcivescovo di Buenos Aires, che ha scelto come vescovo di Roma il nome di Francesco. Nelle sue prime parole, pronunciate subito dopo l’annuncio della sua elezione, il Santo Padre ha richiamato il suo legame con il popolo di Roma e la necessità della preghiera: «incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza». Nell’omelia della S. Messa “pro Ecclesia” celebrata con i Cardinali elettori al termine del Conclave, Francesco ha insistito sul tema del “movimento” che viene poi declinato negli aspetti del “camminare”, “edificare” e “confessare”: «camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tan-

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Il primo Angelus del nuovo Papa.

te cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio». Il punto essenziale è quello di «confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti». Nell’Udienza con i Cardinali il Papa ha richiamato la figura del suo predecessore Benedetto XVI: «in questi anni di Pontificato ha arricchito e rinvigorito la Chiesa con il Suo magistero, la Sua bontà, la Sua guida, la Sua fede, la Sua umiltà e la Sua mitezza. Rimarranno un patrimonio

spirituale per tutti!». Facendo riferimento all’Anno della Fede il Santo Padre ha invitato all’ottimismo soprannaturale: «non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento: abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra». Nell’incontro con gli operatori della comunicazione sociale Francesco li ha invitati a porsi in un’ottica giusta per comprendere la realtà ecclesiale: «la Chiesa pur essendo certamente anche un’istituzione umana,

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storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il Popolo di Dio, il Santo Popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo. Soltanto ponendosi in questa prospettiva si può rendere pienamente ragione di quanto la Chiesa Cattolica opera». Il lavoro nel campo della comunicazione, spiega poi il Papa, «necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza; e questo ci rende particolarmente vicini, perché la Chiesa esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza in persona». Nell’omelia della Messa domenicale celebrata nella Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano Francesco ha richiamato il valore della misericordia: «per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la misericordia. Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai!». Al suo primo Angelus il Santo Padre ha insistito, facendo riferimento al Vangelo domenicale, ancora sul tema della misericordia: «un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza. Non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono».

domenIca 24 marzo 2013

pietre PAKISTAN

Proteste dei cristiani a Lahore Alta tensione sociale e religiosa a Lahore, dopo che 178 case di cristiani nella “Jospeh colony”, nel quartiere Badami Bagh, sono state date alle fiamme, per un caso di presunta blasfemia. Le comunità cristiane sono in subbuglio e, in una spontanea e pacifica manifestazione di piazza a Lahore, a cui si sono uniti anche cittadini di altre religioni, la polizia ha sparato gas lacrimogeni e ha malmenato i manifestanti, affermando che “il corteo non era autorizzato”. Fra i ragazzi e giovani cristiani presenti, due hanno le gambe rotte e centinaia di manifestanti sono stati arrestati.

LIBIA

Bruciata la chiesa copta di Bengasi La chiesa copta di Bengasi è stata data alle fiamme da ignoti. Secondo fonti locali ignoti hanno assalito l'edificio, e dopo aver fatto uscire i fedeli, hanno appiccato il fuoco. Il parroco si è rifugiato presso il locale Consolato egiziano, mentre il Ministro degli Esteri del Cairo ha condannato l'attacco. È solo l'ultimo atto di violenza subito dalla comunità copta di Bengasi, formata essenzialmente da egiziani. Un gruppo che si suppone formato da islamisti ha assalito un sacerdote e un suo assistente. L'assalto, che è stato condannato dal governo libico, era avvenuto poco tempo dopo l'arresto di una cinquantina di copti accusati di proselitismo. Questi ultimi sono stati espulsi dal Paese, anche se le accuse di proselitismo sono state ritirate. L'ultimo episodio sarebbe una ritorsione per l'assalto dell'11 marzo all'ambasciata libica al Cairo da parte di un gruppo di copti egiziani, che protestavano per la morte in una prigione di Tripoli di un cristiano egiziano, che sarebbe stato torturato. INDONESIA

Minoranze religiose sotto attacco Il governo indonesiano non riesce a proteggere le minoranze religiose di fronte al crescere dell'intolleranza religiosa e della violenza, che ha prodotto 264 attacchi nel 2012: lo afferma un nuovo Rapporto pubblicato dall'Ong “Human Rights Watch”. Il rapporto invita il presidente Susilo Bambang Yudhoyono ad adottare una politica di “tolleranza zero” verso i ripetuti attacchi contro le minoranze religiose che stanno avvelenando la società. Bande islamiche attaccano chiese cristiane e anche “sette deviate”, mentre il governo, la polizia e i militari “assistono passivamente” e, a volte, “partecipano attivamente” difendendo i nuovi gruppi estremisti .


domenIca 24 marzo 2013

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

IL PortIco

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La cronaca. L’interminabile attesa, la fumata bianca, la pioggerellina: tutti i dettagli di una serata storica.

Un grande momento di preghiera collettiva segna per sempre la storia di tutta la Chiesa I fotogrammi dell’elezione di Papa Francesco si legano alla tradizione millenaria: un pontefice chinato per un grande momento di preghiera e la gioia grande di tutti MASSIMO LAVENA UANDO LEGGERETE queste righe saranno passati alcuni giorni dall’inizio del ministero petrino di Papa Francesco, con l' eucaristia di martedì 19 marzo. Sono stati scritti tanti articoli, servizi speciali, libri istantanei, sono stati sprecati litri e litri di inchiostro ad inseguire notizie false ed a smentirle: tutti i cosiddetti maestri di pensiero, dai più ferventi atei anticlericali ai più pii esponenti anche dell’ultima delle associazioni umane hanno voluto dire la loro, dimostrare che sapevano tutto, potevano commentare tutto, magari non conoscendo nulla in realtà. Fermiamoci un secondo: entriamo in quella sequenza che è Storia del 13 marzo 2013. La fumata bianca, la pioggerellina, la piazza San Pietro già molto popolata che sembra quasi allargare le sue grandi braccia colonnate per farci stare quanta più gente possibile.

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È la gente che corre affannata nelle strade: “so’ i romani Borghisciani”, quelli del quartiere davanti al Vaticano, quelli che dicono che “Er papa è nostro, er papa è er Vescovo de Roma”! C’è un moto di antica fierezza latina ma anche la certezza di sentire qualsiasi uomo si fosse affacciato dalla loggia centrale della basilica di San Pietro come proprio padre, proprio vescovo, da amare e difendere sempre e comunque. Lo stupore, l’attesa lunga, le speranze ed esce un uomo che i “fratelli cardinali” hanno preso quasi dalla fine del mondo, un gesuita che si chiamerà come Francesco d’Assisi: ma anche un po’ come Francesco Saverio che in capo al mondo ci andò, lui apostolo delle missioni, ma anche un po’ come

Francesco di Sales che ispirò Giovanni Bosco per i suoi salesiani. Ed ecco che ha così riunito in quel nome francescani, gesuiti e salesiani, quasi a dire e confermare che in lui, Papa Francesco, vescovo di Roma, tutte le differenze interne alla Chiesa debbono annullarsi perché il suo nome è profumato di povertà, pace, rispetto, amore per il creato e quindi per l’uomo, è un nome che evoca semplicità (“sorella mia..” ) e viaggi verso il Sol Levante, verso la fine del Mondo e testimonianza di fede nella strada per i più semplici e sfortunati. E c’è la preghiera in Francesco nostro Papa, la preghiera al Padre Nostro che è nei cieli, a Maria Vergine Madre di Dio, alla trinità Gloriosa nei secoli dei secoli. E c’è la pre-

ghiera silenziosa, punto di relazione tra lo spirito di ciascuno ed il nostro Creatore, ma anche punto di contatto tra tutti gli uomini di buona volontà e lui. C’è l’intercessione dei Santi, Pietro, Paolo, Giovanni Battista e ci sono le schiere celesti chiamate in soccorso e protezione con quel “beati Michaelis Archangeli”. L’arcangelo Michele, la nemesi dei derelitti, Colui che con la sua spada infuocata disarcionò l’angelo Lucifero scaraventandolo negli Inferi. E la mente si ferma un attimo, ed a distanza di qualche giorno riavvolge il film di quella sera che è storia, vissuta in prima persona in Piazza San Pietro, quasi a rivivere le sensazioni dei discepoli di Emmaus ed il loro “non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con

E la Guardia svizzera ha ripreso il suo posto Cronaca di una cerimonia rara nella storia della Chiesa MA. LA. VEVANO I MANTELLI scaccia acqua sopra le multicolori uniformi di panno di lana, gli alabardieri della Guardia Svizzera il 13 sera. Eleganti, impeccabili nei movimenti, solenni con il loro andare antico, con le alabarde, gli spadoni, le ghette, e quegli ordini secchi che colpiscono per la efficacia. E quel vessillo esposto al vento con lo stemma dell'attuale colonnello comandante Daniel Anrig, tra gli stemmi di tutti i cantoni e dei Papi. Soldati votati alla difesa ed alla custodia della Sacra persona del Romano Pontefice, che proteggono i Palazzi Apostolici, che difendono la fede votati sino alla morte perché la Parola e l'Eucaristia, attraverso il ministero Petrino, giungano sino agli estremi confini della Terra. Un richiamo a quella “quasi fine del Mondo” dalla quale giunge Papa Bergoglio. Erano reduci da una

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esperienza nuova nella loro storia che dura da 500 anni, da quando i primi mercenari dei cantoni cattolici svizzeri si votarono per difendere i Papi rinascimentali, e si immolarono sotto la furia lanzichenecca. Il picchetto d'onore ha reso l'ultimo omaggio a Benedetto XVI il 28 febbraio, salutandolo nel cortile di San Damaso: per la prima volta la Guardia Svizzera non ha vegliato il corpo di un pontefice morto, non lo ha onorato con la sua fierezza rispettosa durante l'omaggio dei fedeli. Ma lo ha visto andar via, per poi, a Castel Gandolfo, chiudere i portoni del Palazzo Apostolico e passare le consegne della custodia del papa emerito ad altri. Da quel momento un velo di malinconia si è sovrapposto ai visi sempre sorridenti, anche nell'espletamento del loro servizio, di questi uomini che hanno dedicato, chi per pochi anni, chi per tutta la vita, la loro professione militare e la loro fede in Cristo alla difesa del Papa.

La Guardia Svizzera schierata dopo l’omaggio a Papa Francesco.

Sono stati giorni strani, nei quali, si percepiva un nervosismo soffuso che, per esempio non risultava dopo l'agonia straziante e la morte liberatoria del Beato Giovanni Paolo II. La rinuncia di Benedetto XVI ha aperto in loro una porta su una stanza buia: una situazione di attesa, mista a sgomento in tutto e per tutto uguale a quello che ha caratterizzato tutti i cattolici davanti alla profezia di Papa Ratzinger. Si son dovuti rafforzare, nell'attesa, nel loro ruolo di sentinelle del Papa, come le bibliche sentinelle all'aurora. E da quella porta chiusa tra la commozione torniamo nella Piazza San Pietro in tripudio per l'elezione di Papa Francesco: la loro marcia dal quartiere svizzero in Vaticano alla Piazza ha annunciato alla folla

festante per la fumata bianca che mancava poco al Habemus Papam. Il loro passo cadenzato dietro la banda, il loro schieramento sotto la loggia centrale dal quale il nuovo Vescovo di Roma avrebbe impartito l'Urbi et Orbi, erano un segnale per tutti: non temete, ci siamo qui noi, il Papa non sarà mai solo. E alla fine, mentre la Piazza si svuotava lentamente, hanno ripreso, con vigoria e lo sguardo puntato verso il loro vessillo, la strada per il loro cortile d'onore, tra le bandiere di tutti i cantoni della Confederazione Elvetica. Una cerimonia rara, perché avviene ad ogni elezione di Papa: schierati su due file, gli ordini secchi del comandante, l'inno pontificio, il rumore di acciaio e legno delle alabarde, l'onore alla

noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” allo spezzar del pane. Ed ecco, la necessità del confronto e scoprire che, sì, anche altri hanno avuto la sensazione non solo di essere al centro della Storia della vita della Chiesa, non solo di essere davanti alla manifestazione del nuovo servo dei servi di Dio, 266mo successore di Pietro: ma anche di esser stati guidati da Papa Francesco dentro un grande momento di preghiera salvifica ed impetrante pace, giustizia, liberazione dal maligno, una preghiera di benedizione e purificazione per lui e la Chiesa tutta. Un grande e potente esorcismo, una richiesta di discesa ed effusione dello Spirito, una preghiera per tutta la Chiesa, sul solco di quella ricerca di fede semplice e profetica che il gesto di apertura al mondo di Benedetto XVI ha avviato. Pensateci bene: Pater, Ave, Gloria comunitari, preghiera del cuore al Padre per benedire il Papa e la Chiesa tutta, e tutta la Chiesa che viene inondata della grazie e della misericordia di Dio dalla benedizione del Successore dell’Apostolo Pietro. Un dono immenso di cui non si parla, di cui nessuno tra i commentatori ha voluto approfondire la portata dirompente o vuole anche solo pensarci. Le nubi oscure, quella sera davanti al Papa chinato nel silenzio della preghiera, si sono aperte.

bandiera in un silenzio rotto solo dal ritmo del tamburo, il discorso del monsignore cappellano che in tre lingue (tedesco, francese e italiano) presentava agli alabardieri il nuovo Papa, con una punta di malcelato entusiasmo per l'avvenuta elezione del Romano Pontefice, la sacra figura alla quale si dedicheranno con abnegazione in tutti gli anni che Dio lo conserverà al soglio Pontificio. Ed alla fine ecco il discorso del Comandante, che prima di ordinare lo “sciogliete le righe” ha fatto i complimenti agli alabardieri per la professionalità e l'ottima prova. Credo che quel “bravi” detto con un sorriso liberatorio abbia acceso la luce di quella stanza buia che si era aperta il 28 febbraio. Oggi è una luce che illumina una nuova antica avventura. Che la Guardia Svizzera Pontificia ha salutato con allegre pacche sulle spalle, strette vigorose di mano, e aste delle antiche armi battute ritmicamente per terra. Il cronista, intrufolato in questo intimo momento, sgattaiola via non prima di aver ringraziato il comandante che lo saluta con un solenne “Viva Papa Franzesco”! Ed il cronista ha risposto, forse con gli occhi lucidi- ma era sicuramente la pioggia- “Viva la Guardia Svizzera Pontificia”.


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IL PortIco

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

DOMENICA 24 marzo 2013

Con i giornalisti. Papa Francesco ha indicato nello Spirito Santo l’autore di quanto accaduto nelle ultime settimane.

“La fede permette di mettere a fuoco tutto: il centro è Cristo, non il successore di Pietro” Il Santo Padre ha chiarito: “La Chiesa esiste per comunicare la Verità, la Bontà e la Bellezza”. All’inizio del pontificato l’incontro con i giornalisti nell’Aula Paolo VI ANTONELLA PILIA A VOLUTO CHIAMARSI Francesco in onore del santo d’Assisi, “l’uomo della povertà e della pace, che ama e custodisce il creato”. Lo ha rivelato lui stesso, Papa Francesco, sabato scorso aprendo il suo cuore agli oltre 6mila giornalisti di tutto il mondo ricevuti nell’Aula Paolo VI. Terminata la lettura del discorso, il Santo Padre è andato a braccio ricordando la sera dell’elezione: “Avevo accanto a me un grande amico, l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes - ha raccontato -, e quando i voti sono saliti a due terzi lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse ‘Non ti dimenticare dei poveri!’ ”. È così che “subito - confessa il pontefice in relazione ai poveri ho pensato a

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L’incontro di Papa Francesco con i giornalisti.

Francesco d’Assisi. Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. Sono parole straordinarie quelle pronunciate dal Santo Padre, interrotto più volte da lunghi e calorosi applausi. Come quando, divertito, ha raccontato l’episodio di un cardinale che gli consigliò di

chiamarsi “Clemente XV: così ti vendichi di Clemente XIV che ha soppresso la Compagnia di Gesù”. Il suo discorso era iniziato con un ringraziamento speciale nei confronti dei rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale “per il vostro qualificato servizio dei giorni

scorsi”. “Un ringraziamento particolarmente sentito - ha aggiunto poi - va a quanti hanno saputo osservare e presentare questi eventi tenendo conto della prospettiva più giusta in cui devono essere letti, quella della fede”. È la fede dunque, ha sottolineato Papa Francesco, “l’orizzonte interpretativo” a cui ricorrere “per mettere a fuoco gli eventi di questi giorni”. La Chiesa infatti, ha spiegato, “pur essendo anche un’istituzione umana e storica, non ha una natura politica ma essenzialmente spirituale: è il Santo popolo di Dio che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo”. Una indicazione chiara e luminosa per tutti coloro che hanno il compito di “rendere pienamente ragione di quanto la Chiesa cattolica opera”. “Cristo è il pastore della Chiesa - ha proseguito - ma la sua presenza nella storia passa attraverso la libertà degli uomini”, uno dei quali viene “scelto per servire come suo Vicario, successore dell’apostolo Pietro”. Tuttavia, “Cristo è il centro, non il successore di Pietro - ha ribadito con forza -. Cristo è il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere”. Riecheggiando le parole del suo predecessore, “Cristo è presente e guida la

sua Chiesa” ha detto ancora Papa Francesco, per concludere: “In tutto quanto è accaduto il protagonista è lo Spirito Santo, che ha ispirato la decisione di Benedetto XVI per il bene della Chiesa, indirizzando nella preghiera e nell’elezione i cardinali”. Il Santo Padre ha poi espresso agli operatori della comunicazione un “rinnovato e sincero ringraziamento per le fatiche di questi giorni particolarmente impegnativi”. Un grazie seguito dall’ “invito a cercare di conoscere sempre di più la vera natura della Chiesa e le motivazioni spirituali che la guidano”. Il lavoro dei giornalisti, ha osservato il pontefice, “comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza” e la Chiesa “esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza in persona”. Ecco perché, ha chiosato, “siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza”. Infine, per delicatezza nei confronti di coloro che non appartengono alla Chiesa cattolica, Papa Francesco ha impartito la benedizione “in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica”.


IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

DOMENICA 24 marzo 2013

In diocesi. Stralci dall’omelia dell’arcivescovo alla messa di ringraziamento per il Papa.

“Il richiamo alla misericordia per cambiare la nostra società” Monsignor Arrigo Miglio: “L’amore richiamato da Papa Francesco è un passo avanti a noi, anche oltre gli auspici, i pronostici e i desideri che in tanti coltivavano”

IL PORTICO

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brevi A MONTE URPINU

Venerdì 22 marzo Via Crucis cittadina Venerdì 22 marzo si terrà la Via Crucis, presieduta dall’Arcivescovo e promossa dai parroci della città di Cagliari. Il raduno è previsto per le ore 20 nella Parrocchia SS. Giorgio e Caterina in Via Gemelli. Alle 20.30 partirà la processione lungo il tradizionale itinerario di Monte Urpinu. Il tema delle stazioni seguirà la proposta dell’Ufficio Missionario nella ricorrenza della memoria dei “Martiri missionari”.

SERGIO NUVOLI

IL TELEGRAMMA ESÙ È LA NOVITÀ vera, perchè è sempre un passo avanti a noi. Anche le vicende di questi giorni lo dimostrano, al di là dei pronostici, degli auspici e dei desideri che tanti stavano coltivando”. Il riferimento è all’elezione di Papa Francesco, nell’omelia della messa di ringraziamento celebrata domenica scorsa nella Basilica di Bonaria da mons. Miglio. “La novità vera - ha proseguito l’arcivescovo - è la misericordia, l’amore, il perdono che cambiano la vita delle persone”. Parole chiare, un’evidente eco di quanto detto da Papa Bergoglio all’indomani dell’elezione al soglio pontificio. Mons. Miglio ha proseguito riferendosi all’episodio contenuto nel Vangelo del giorno: “Guardate la fine che fa chi voleva lapidare l’adultera: la Scrittura ci dice che se ne andarono ad uno ad uno, alla chetichella diremmo noi.

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Gli auguri al Papa di monsignor Miglio Un’immagine di Papa Francesco.

Non c’è più il corteo, non c’è più la scena: resta la misericordia di Gesù, anche per gli scribi e i farisei. Vuole metterli in crisi, perchè si lascino perdonare pure loro”. Una misericordia senza fine, ma assolutamente giusta e ragionevole: “Nei confronti della donna Gesù non nega che abbia peccato, ma cambia la sua vita. Le dice “Va’, e non peccare più”. Le cambia la vita, le dà fiducia”. Quindi un chiaro invito a tutti: “La vera novità - ha ripetuto il presule - è l’amore di Dio che sa fare cose nuove, che - se ci lasciamo prendere, anche a noi cambia la vi-

ta. Il suo perdono vuole metterci in crisi, vuole mostrarci che anche noi abbiamo bisogno ogni giorno del suo perdono”. Una lezione da tenere presente, specie con un Pontefice che non si stanca di richiamare il grande valore della misericordia (come ha fatto anche dopo la recita del suo primo Angelus in una piazza San Pietro gremitissima): “Il perdono di Gesù - ha dettagliato mons. Miglio - ci rende capaci, a nostra volta, di perdonare, anche quella persona che non vogliamo vedere, anche quella persona che non ci sentiamo di per-

donare. L’amore del Signore è in grado di rompere quelle dipendenze che ancora ci rendono schiavi”. Dunque l’impegno: “Noi lo preghiamo perchè questa novità del cuore e della misericordia entri davvero nella Chiesa e in tutta la società, che ha bisogno di cambiamenti, di novità vere e non soltanto di facciata”. “Il Papa - ha concluso mons. Miglio - ci ricorda che dobbiamo cominciare da noi stessi. Gesù ci invita a non puntare il dito come gli scribi e i farisei, ma ad essere suoi strumenti, cominciando da casa nostra. Iniziando a coltivare questa vita nuova diamo il nostro contributo per il vero rinnovamento della Chiesa e della società”.

Quando venne in città il cardinal Hummes Il porporato che ha detto al Papa: “Ricòrdati dei poveri” S. N.

uando venne a Cagliari, nel 2009, mi colpì subito l’altezza - fisica e morale - e il suo perfetto italiano. Il cardinale Claudio Hummes, allora prefetto della Congregazione per il Clero, visitò il convento di viale Sant’Ignazio e si trattenne a lungo con i frati. E’ lui il cardinale che - stando al racconto di Papa Francesco - avrebbe detto in Sistina all’ormai eletto pontefice “Non dimenticarti dei poveri”, che, nella lingua di entrambi suona più o meno “No te olvides”. Non c’è dubbio che le cose siano andate come raccontato da Papa Bergoglio ai giornalisti, con un evidente sorriso che non ammette repliche. Mi aveva chiamato l’allora guardiano del Convento di viale Sant’Ignazio, l’indimenticato padre Beppe Pireddu. Ebbi così la preziosa opportunità di intervistare il francescano a cui, qualche anno prima, Benedetto XVI, aveva affidato la Congregazione

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che si occupa del clero secolare. Devo confessare che si trattava di un aspetto che mi incuriosiva non poco, eravamo alla vigilia dell’Anno sacerdotale e il cardinal Hummes aveva lanciato l’idea dei “cenacoli eucaristici”, piccole riunioni di fedeli per pregare per i sacerdoti. Mi colpì pronunciando parole di grande ammirazione per tutti i preti. Era appena scoppiato lo scandalo legato alla pedofilia. “Vogliamo dire al mondo e ai preti - mi disse nel corso della lunghissima intervista che mi concesse - che la Chiesa è molto fiera dei suoi sacerdoti, nonostante questi problemi di alcuni che devono essere corretti”. Più volte, nel corso della conversazione, ripetè che la sua volontà era di far sapere a tutti i sacerdoti che “la Chiesa li ama”. Lo disse più volte, come per sottolineare la rassicurazione. Ma il cardinal Hummes ebbe parole chiare anche sulla preparazione dei futuri sacerdoti: “In tutto il tempo della formazione – che è anche un

L’arcivescovo ha inviato, subito dopo l’elezione, un telegramma a Papa Francesco. Ecco il testo: “A nome di tutta l’Arcidiocesi e mio personale, desidero esprimere la grande gioia di tutti noi per l’elezione di Vostra Santità come successore dell’Apostolo Pietro assicurando fin da ora piena fedeltà e intensa e costante preghiera per il Ministero affidatoLe dal Signore. Mentre affidiamo Lei e tutte le Sue intenzioni all’intercessione e protezione della Madonna di Bonaria Patrona massima della Sardegna, legata per storia e devozione alla Sua città di Buenos Aires, imploriamo una speciale e paterna Benedizione Apostolica. + Arrigo Miglio Arcivescovo di Cagliari e presidente della Conferenza Episcopale Sarda

CON MONS. MIGLIO Il cardinal Hummes con padre Beppe Pireddu e Fra’ Lorenzo.

periodo di discernimento – deve essere continua la verifica se il candidato abbia o meno il carisma del celibato. Altrimenti, non sarà capace di vivere così: ovviamente, nessuno ce l’ha scritto sulla fronte. Serve un discernimento molto rigoroso che eviti problemi successivi, ma anche una formazione molto approfondita, soprattutto oggi: una spiritualità molto elaborata, una maturità umana ben strutturata sono fondamentali in una società non più cristiana, e in una cultura secolarizzata e relativista che rende difficile vivere i

valori del Vangelo. D’altra parte, in qualsiasi cultura il Vangelo può essere annunciato e vissuto con gioia”. E sul suo essere francescano, mi salutò così: “Secondo una leggenda, il santo ripeteva che se avesse incontrato un prete e un angelo, avrebbe salutato per primo il sacerdote, perché ci porta Gesù nell’Eucarestia. Senza sacerdoti non avremmo Gesù Eucarestia con noi. Questa grande venerazione e questa chiarezza di San Francesco per i preti dà a tutti noi francescani un grande esempio”. L’intervista è sul n. 23 del 2009.

Incontro di preghiera per gli universitari Martedì 26 marzo, alle ore 20.30, nella Chiesa del Santo Sepolcro in Cagliari, si terrà un incontro di preghiera per studenti universitari guidato dal vescovo mons. Arrigo Miglio.


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IL PORTICO

IL PortIco

DOMENICA DELLE PALME ANNO C Passione secondo Luca

Il popolo stava a v DON ANDREA BUSIA

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iamo ormai nell’imminenza della Pasqua, alle porte della Settimana Santa, ci rimane, liturgicamente, da compiere un altro passo prima di poter giungere alla festa della nostra liberazione, e questo passo è quello che Gesù ha metaforicamente chiamato “il passaggio per la porta stretta” che, nel suo caso, ha assunto il significato della passione e della morte in croce. Siamo, oggi, nel cuore del vangelo, non a caso molti commentatori definiscono il vangelo come “la narrazione della passione, morte e risurrezione con una introduzione molto lunga”. Non commenteremo oggi tutta la passione, ma solo il capitolo 23 fino al versetto 49, né commenteremo ogni scena, semplicemente perché non basterebbe un libro, ci limiteremo a qualche “provocazione”. Vediamo intanto come Gesù sia stato condannato a morte per paura, per vigliaccheria: i sommi sacerdoti portano a Pila-

il portico della fede

I

n quel tempo, tutta l'assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell'uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l'autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme. Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell'accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia. Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest'uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest'uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere. Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato". Allora cominceranno a dire ai monti: "Cadete su di noi!", e alle colline: "Copriteci!". Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. (Qui si genuflette e si fa una breve pausa) Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo. (Lc 23,1-49)

to accuse false (come quella di sobillazione e quella riguardante il tributo a Cesare), se avessero veramente qualcosa da presentare a Pilato non avrebbero ragione di inventare capi di imputazione, il loro problema è che non l’hanno consegnato a Pilato per qualche sua colpa, bensì per invidia (come sottolinea Mc 15,10) e per paura di perdere i loro vantaggi (Gv 11,47-48). Pilato, da parte sua, pur riconoscendolo innocente per paura di una rivolta, o semplicemente per non inimicarsi i sommi sacerdoti, abbandona Gesù nelle loro mani (Lc 23,25). Più volte nel brano il narratore ci informa che Pilato voleva liberare Gesù (ad esempio i vv. 16 e 20), il problema è che non era disposto a “spendere” niente per salvarlo, a mettersi in gioco: quando si rende conto che agire secondo la sua volontà, liberando Gesù, potrebbe avere degli effetti negativi su di lui, la condanna è l’unica via d’uscita che trova. La paura non è mai una buona consigliera, ci può bloccare o farci perdere di vista ciò che è bene per privilegiare i nostri interessi a discapito di

Proseguiamo ancora la riflessione sul significato e il valore del Catechismo della Chiesa Cattolica continuando la rilettura della Conferenza dal titolo Che cosa crede la Chiesa? Un’introduzione al Catechismo della Chiesa Cattolica, che l’allora Cardinale Joseph Ratzinger tenne nel 1993 durante il Sinodo della Diocesi di Roma. Ratzinger richiama due aspetti importanti: l’unità dell’atto di fede e il suo legame con la vita. La presentazione della fede cristiana contenuta nel Catechismo aiuta a comprendere la realtà dell’unità dell’atto del credere: «la fede non è un cumulo di proposizioni, ma un semplice intenso atto, nella cui semplicità è contenuta tutta la profondità ed ampiezza dell’essere». È importante poi considerare il “come” della fede: «Pao-

quelli degli co che avre re veramen l’unico che rinnegare s Lo scherno che del nos dei soldati, ni; uno sche lettore del v fetti: da un vedere il S così, in ma spettosa, d provare un serazione persone c avevano da lo il re dei G Figlio di D stati in grad ne conto, c no lasciand fanno da co mo è la pre ghiera di pe

lo dice che la fede è un’obbedienza di cu ma di insegnamento, alla quale siamo ti (Rm 6,17). Si esprime qui in fondo il mentale dell’atto di fede, l’intimo leg sione di fede e sacramento. È propria “forma di insegnamento”, dice l’apos ventiamo noi. Non ci viene come un’id di noi, ma come una parola dal di fuor Essere “consegnati” alla Parola che am ca essere “consegnati” a Cristo stesso: accogliere la sua parola come una teo prendono ad esempio formule matem ni filosofiche. La possiamo apprendere s in cui accettiamo la comunione di de questa la possiamo attingere solo ladd è legato permanentemente con gli uo


DELLA FAMIGLIA

domenIca 24 marzo 2013

La Giornata diocesana delle famiglie.

La famiglia tra fiducia e speranza di SIMONA E GIOACCHINO

i altri: paradossalmente l’uniebbe tutte le ragioni per sentinte la paura, cioè Gesù, è anche e riesce a controllarsi e a non sé stesso. o è un’altra delle caratterististro brano, da parte di Erode, , uno dei ladroerno che ha, nel vangelo, due efna parte ferisce ignore trattato niera tanto irridall’altra si può na certa commiverso queste che realmente avanti, non soGiudei, bensì il Dio, e non sono do di renderseche grande occasione si stavado sfuggire. A questo scherno ontraltare due momenti: il prieghiera di Gesù al Padre, preerdono per i suoi aguzzini, il se-

omenica 17 marzo si è celebrata la giornata diocesana delle famiglie, momento forte di incontro per coppie con o senza figli provenienti dalle più diverse realtà parrocchiali e con percorsi umani profondamente differenti fra loro, ma con un fondamentale punto in comune: aver posto Cristo al centro dell’unione matrimoniale. Il seminario arcivescovile si è così ravvivato con le voci e i giochi dei bambini che per l’intera mattinata hanno potuto contare sull’efficiente animazione degli scout dei gruppi Agesci di Cagliari 5 e di Quartu 1, mentre i loro genitori ascoltavano commossi le testimonianze delle cinque coppie invitate da don Marco Orrù e dalla Commissione diocesana della Pastorale familiare ad esporre con semplicità e naturalezza le proprie straordinarie storie di vita. Manuele e Roberta hanno descritto con infinita tenerezza il percorso compiuto dal fidanzamento alla nascita di Diego, il primo figlio, non tralasciando l’ansia legata all’attesa. Hanno poi sottolineato con gioia l’accoglienza che la comunità cristiana ha riservato loro. Barbara e Roberto hanno raccontato della loro famiglia allargata e della porta sempre spalancata di una casa pronta ad accogliere senza se e senza ma. L’accostamento alla comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Benzi, ha fatto nascere in loro il desiderio di realizzare il progetto di vita famigliare all’interno stesso della comunità. L’esperienza di Guido e Luisa è legata alla scelta di abbandonare ogni certezza per seguire il sogno di fare famiglia in direzione solidale; da Trento a Cagliari con tutta la famiglia per realizzare una cooperativa sociale agricola per favorire l’inserimento lavorativo di giovani svantaggiati. Silvano ha spiegato il dramma vissuto nel tentativo di dare una casa alla propria famiglia cadendo nel-

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uore a quella foro stati consegnacarattere sacragame fra confesa della fede una stolo. Non la indea dal di dentro ri di noi». mmaestra signifi: «non possiamo oria, come si apmatiche e opiniosolo nella misura estino con lui, e dove egli stesso si omini in una co-

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condo è quello del ladrone pentito, l’unico che non si sa per quale ragione (l’evangelista non ce lo dice) riesce a riconoscere, in quella maschera di sangue e in quel corpo martoriato, Gesù, il re. Il ladrone pentito è l’unico a ricordarsi una cosa fondamentale dell’insegnamento di Gesù, l’essere venuto per i peccatori, non si sente escluso e lo tratta con umanità come Gesù ha trattato con umanità tutti quelli con cui è entrato in contatto. Che cosa muove Gesù a fare una promessa tanto grande, come quella dell’ingresso immediato in paradiso, il narratore non lo dice, forse il fatto che l’abbia riconosciuto come Signore, il fatto che l’abbia difeso, o forse proprio il fatto che abbia “osato” pregare Gesù, che nella sofferenza abbia avuto il coraggio di rivolgersi a Gesù certo che l’avrebbe esaudito, che si sarebbe ricordato di lui.

munione di destino: nella Chiesa. Usando il suo linguaggio chiamiamo questo processo dell'essere consegnati “sacramento”. L’atto di fede non è pensabile senza il sacramento». Il modo concreto di vivere l’offerta a Cristo della propria esistenza è la confessione pubblica della fede battesimale: «la fede, che come parola viene a noi, deve diventare di nuovo parola anche presso di noi stessi, in quanto nello stesso tempo si esprime la nostra vita. Credere significa sempre anche confessare. La fede non è privata, ma è pubblica e comunitaria. Da parola diviene innanzitutto concezione, ma deve anche continuamente da concezione diventare parola ed azione». di don Roberto Piredda

riscritture Alcuni non sapevano perché il Vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia. Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: "Non dimenticarti dei poveri!". E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! (...) Les dije que les daba de corazón la bendición. Como muchos de ustedes no pertenece a la Iglesia católica, otros no son creyentes, de corazón doy esta bendición en silencio, a cada uno de ustedes, respetando la conciencia de cada uno, pero sabiendo que cada uno de ustedes es hijo de Dios. Que Dios los bendiga! [Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione. Dato che molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti, imparto di cuore questa benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica.] Papa Francesco rivolto ai giornalisti

l’inganno di un impresario senza scrupoli e dell’aiuto ricevuto dal Centro antiusura della Caritas diocesana per riprendere un cammino di fiducia e speranza che gli istituti di credito gli avevano negato. Antonello e Cristiana hanno tracciato il cammino percorso e da percorrere nell’essere genitori di due figli con abilità diverse. Nella particolare condizione di disabilità del primogenito Riccardo sono stati accompagnati dalla certezza che “Dio non fa dispetti a nessuno”, semmai offre un percorso più profondo in cui riversare la capacità di amare. Filo conduttore di queste testimonianze è il desiderio di guardare all’oggi e al domani con la certezza che il Signore non ci abbandona, conclusione alla quale sono giunti anche i due gruppi di riflessione che si sono confrontati sul tema scelto per la giornata “Famiglia: speranza e futuro per la nostra società”. Coinvolgente l’opportunità di seguire su maxischermo insieme ai fedeli riuniti in piazza San Pietro il primo Angelus domenicale di Papa Francesco, di accogliere l’invito a non stancarsi mai di rivolgersi al Padre misericordioso, la benedizione finale e l’augurio per il pranzo, che effettivamente le famiglie hanno potuto condividere in allegria. Altrettanto gioioso il pomeriggio con un gioco a squadre in stile scout adatto a tutte le età che ha portato alla ricostruzione del puzzle con il logo della giornata e con uno spettacolo divertentissimo messo in scena dalle “Giovani Marmitte”. La giornata si è conclusa con la messa celebrata da Monsignor Miglio, animata dal coro della parrocchia di S.Elena e vissuta con emozione e intensità da tutte le famiglie. L’auspicio è che momenti simili possano realizzarsi più spesso nel corso dell’anno e portino alla creazione di una rete di conoscenza e solidarietà fra le coppie.


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IL PortIco

IL PORTICO DEI LETTORI

domenIca 24 marzo 2013

Fratelli e sorelle, buongiorno! Madonna di Fatima e si è fatta una granDopo il primo incontro di mercoledì scorde Messa per gli ammalati. Io sono andaso, oggi posso rivolgere di nuovo il mio to a confessare, a quella Messa. E quasi saluto a tutti! E sono felice di farlo di doalla fine della Messa mi sono alzato, permenica, nel giorno del Signore! Questo è ché dovevo amministrare una cresima. E’ bello è importante per noi cristiani: inconvenuta da me una donna anziana, umile, trarci di domenica, salutarci, parlarci comolto umile, ultraottantenne. Io l’ho guarme ora qui, nella piazza. Una piazza che, data e le ho detto: “Nonna – perché da Il testo integrale del discorso pronunciato da Papa Francesco all’Angelus noi si dice così agli anziani: nonna – lei grazie ai media, ha le dimensioni del mondo.In questa quinta domenica di vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma Quaresima, il Vangelo ci presenta l’episose lei non ha peccato …”. E lei mi ha detdio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11), to: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il che Gesù salva dalla condanna a morte. Signore non li perdona …”. “Il Signore Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma sentiamo parole di disprezzo, non sentiacome lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore mo parole di condanna, ma soltanto paronon perdonasse tutto, il mondo non esile di amore, di misericordia, che invitano sterebbe”. Io ho sentito una voglia di doalla conversione. “Neanche io ti condanmandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiano: va e d’ora in poi non peccare più!” (v. to alla Gregoriana?”, perché quella è la 11). Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è sapienza che dà lo Spirito Santo: la saquello di un padre misericordioso, che pienza interiore verso la misericordia di to tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, Dio. Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua perdonarci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il proche noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di miserimisericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci blema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stancordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bicomprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sapchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, sogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo piamo tornare a lui con il cuore contrito. “Grande è la miserima noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo cordia del Signore”, dice il Salmo.In questi giorni, ho potuto stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoil profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fosleggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un roso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia sero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi neve. E’ bello, quello della misericordia! Ricordo, appena ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatavuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo.

Avete pensato alla pazienza di Dio con ciascuno di noi?

l Concilio Vaticano II è oggetto di varie interpretazioni; seguendo gli orientamenti suggeriti da Benedetto XVI, presento un sussidio per una retta comprensione. Dobbiamo anzitutto scartare una ermeneutica giornalistica, sviluppata dai media: «Era un’ermeneutica politica [….] per i media il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa.(Discorso di Benedetto XVI al Clero Romano, Il Portico 3/3/’13, p.16) ». La corretta interpretazione si muove all’interno della fede, rispettando la natura vera del Concilio, che cerca i segni della presenza di Dio, una Fede che cerca intelligenza. Il Vaticano II è stato un movimento spirituale: si tratta quindi di «entrare più profondamente in questo movimento spirituale,[….] farlo nostro, e portarlo avanti nel suo vero senso ( Osser. Romano 11/10/ ’12, p. 12)». In questa prospettiva comprendiamo meglio come il primo documento approvato riguarda la Vita liturgica, la Sacrosantum concilium (SC). Il Concilio è partito col piede giusto: la Fede è l’accoglienza di una Persona, di un evento, del Signore Gesù, il Figlio, Parola di Dio, incarnato tra noi per opera dello Spirito Santo, nella piena disponibilità della Vergine Maria. Normale che il Concilio abbia preso l’avvio con la riflessione su quella presenza del Signore Gesù, la più intensa ed efficace nella nostra vita personale e sociale, quella propria della Liturgia, il suo vertice Eucaristico. Non una realtà del passato, da cogliersi come un benefico ricordo, ma una realtà viva; non solo come Crocifisso glorioso alla destra del Padre, ma in attesa della sua piena manifestazione, già presente nella sua Chiesa, anzitutto nella Liturgia, per trasformarci in Lui. La SC, la riforma liturgica così avviata, ha inteso rinnovare nella Chiesa questa consapevolezza, suscitare una partecipazione attiva dell’Assemblea, attiva in quanto accoglienza e assimilazione del Signore Gesù, che nel suo Sacrificio ci por-

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Un sussidio per la comprensione corretta del Vaticano II/1

L’importanza della comunione di P. STEFANO M. MOSCHETTI, sj

ta a vivere con Lui davanti al Padre come figli e fratelli. PaoloVI esultando per la promulgazione della SC, affermava: «Noi vi vediamo l’ossequio alla scala dei valori e dei doveri: Dio al primo posto; la preghiera prima nostra obbligazione; la Liturgia prima fonte della vita divina a noi comunicata». Era questo il giusto avvio alla riflessione sulla Chiesa «quell’immenso unico corpo mistico che Egli (Cristo) mediante la fede e i Sacramenti sta formandosi nel succedersi delle generazioni umane, la sua Chiesa, spirituale e visibile, fraterna e gerarchica, oggi temporale e domani eterna». L’Eucaristia fa, costruisce la Chiesa, e troviamo nella sua celebrazione gli aspetti costitutivi, le articolazioni fondamentali che la Lumen gentium (LG), sviluppa e ci offre in dottrina sistematica. Anzitutto la Chiesa come “comunione” cioè “Popolo adunato nell’unità del Padre, Figlio e dello Spirito Santo” (LG n 4). La categoria “comunione” diviene così decisiva

per la comprensione della LG, in tutte le sue articolazioni: partecipazione alla Comunione delle Persone divine, offerta dal Signore Gesù a tutti i Battezzati; è Lui l’inviato, l’”Apostolo” del Padre. Ne consegue la natura “Apostolica” dell’Assemblea riunita, assicurata dal Sacerdote celebrante, che agisce in comunione obbediente al proprio Vescovo. Questi, a sua volta, è tale perchè vive in comunione con tutti i Vescovi, successori degli Apostoli. Essi partecipano in pienezza al Collegio dei successori degli Apostoli, in quanto agiscono in comunione obbediente col Vescovo di Roma, successore personale di Pietro, che dona unità e qualità apostolica al “collegio” dei Vescovi. Aspetti della successione e comunione apostolica che il Vaticano II, completando l’interrotto Vaticano I, ha chiaramente esposto. Ne segue una prospettiva armoniosa di laicità e apostolicità della Chiesa, di partecipazione al

Sacerdozio comune battesimale, e , al suo servizio, del Sacerdozio ordinato, necessari per la celebrazione dell’Eucaristia e per l’ordinato sviluppo e realizzazione della Santità della vita cristiana, nei Pastori e nei laici. Il ricordo liturgico della Madonna SS, che troviamo in tutte le Preghiere eucaristiche, ci ricorda che la pienezza della vita ecclesiale risiede in Lei, Principio mariano della Chiesa. Il corrispettivo e necessario Principio pietrino è come al suo servizio, per realizzare in tutti, Chiesa gerarchica e laicale, una partecipazione progressiva di quella santità che veneriamo e amiamo in Maria SS Madre della Chiesa. Così la Liturgia eucaristica contiene in noce l’insegnamento della LG; si tratta delle articolazioni fondamentali della Chiesa: Sacerdozio ordinato, comune qualità sacerdotale battesimale di tutti, in una universale vocazione alla santità di Cristo. Di questa santità, i Consacrati, che si impegnano a seguire Cristo casto, povero, che con la sua obbedienza ha redento il mondo, sono per tutti un modello che anticipa, nella fragilità umana, la situazione finale, escatologica. Nella celebrazione eucaristica viviamo con speranza, e sofferenza, la preghiera ecumenica: affinchè nell’unità ricostituita del Collegio episcopale, con il Successore di Pietro, sia superato ogni scisma, perché nel recupero dell’integrità del Sacrificio di Cristo, gli elementi di verità e santificazione che vediamo nei fratelli separati, e che spingono all’unità cattolica, possano trovare il luogo necessario per la loro pienezza e valorizzazione. Continuando nel nostro progetto, in un prossimo articolo, vedremo come il rinnovato senso dell’Eucaristia, la visione articolata della Chiesa espressa nella LG, abbiano beneficamente influito sulla stesura della stessa Costituzione dogmatica sulla Rivelazione, la Dei Verbum, sull’orientamento delle relazioni Chiesa-mondo, il contenuto della Gaudium et Spes.


IL PORTICO DI CAGLIARI

domenIca 24 marzo 2013

L’intervista. Parla Gianni Bottalico, da gennaio nuovo presidente nazionale delle Acli.

“L’elezione di Papa Francesco richiama tutti al valore dell’umiltà” Responsabilità chiare e maggiore speranza nelle parole del vertice dell’associazione: “Siamo al servizio delle diocesi e stiamo vicini ai problemi della gente” R. C. IANNI BOTTALICO, 56 anni, origini pugliesi ma oramai lombardo acquisito, dallo scorso 26 gennaio è il nuovo presidente Nazionale delle Acli, dopo il passaggio alla politica attiva di Andrea Olivero. Bottalico, nei giorni scorsi, ha voluto incontrare dirigenti ed associati Acli dell'Isola, e toccare con mano il disagio di tanti lavoratori che stanno protestando: dagli operatori Csl e Cesil, agli operai della Green Island, fino a quelli della Carbosulcis e del polo industriale di Porto Torres. “La vostra - ha affermato Bottalico - è una realtà difficile. Una regione ed un popolo che stanno soffrendo i morsi della crisi: quando ci sono delle difficoltà sono i più deboli a patirne maggiormente le conseguenze. La mia visita ha lo scopo di sollecitare la politica, in particolare quella regionale ad un più deciso intervento verso queste situazioni. La

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Il Presidente nazionale delle Acli, Gianni Bottalico.

nostra è un associazioni di ispirazione cristiana, vogliamo stare vicino alla gente nelle problematiche quotidiane. Vogliamo continuare a dar voce a quelle persone che non hanno molta importanza, aiutare i ceti in difficoltà a superarle. Nei giorni scorsi è stato eletto Papa Francesco. Cosa ne pensano le Acli? L'intera presidenza nazionale ha avuto il dono di essere in piazza San Pietro nel momento dell'annuncio. Una notizia che ci ha preso in contropiede: tutti abbiamo letto i giornali ed invece lo Spirito Santo c'è ed è sceso sulle menti e nei cuori dei cardinali, che ci hanno regalato questo sacerdote: un

uomo di Chiesa di Buenos Aires, che ci ha favorevolmente colpito innanzitutto dal nome, evocativo e innovativo. Richiamarsi a Francesco chiede a tutti, e lui per primo l'ha fatto, l'umiltà, a noi uomini e donne di tutti i giorni che viviamo l'esperienza di fede. Il fatto che abbia chiesto di pregare per lui prima della benedizione finale, credo sia stato un gesto di umiltà e di servizio forte: non si è fatto servo ma ha nel cuore il servizio all'uomo. Ad oggi qual è lo stato di salute delle Acli? La nostra è una associazione e come tutte le associazioni vive il segno dei tempi, ma che ha un patrimonio straordinario: il volontariato. Migliaia di uomini e donne

che dedicano del tempo al servizio degli altri, che permettono la vita di molti servizi a favore delle comunità. Questo per me è un segno di responsabilità ma anche di speranza, perché questa associazione può godere di una sua salute. Come ho detto a monsignor Miglio, incontrato qui a Cagliari, la nostra è un'associazione di ispirazione cristiana, al servizio delle comunità della Diocesi, dove vorremmo essere promotori ed animatori delle comunità cristiane. Il cardinal Tettamanzi, quando era Arcivescovo di Milano, ha realizzato un progetto di sostegno alle famiglie colpite dalla crisi. Cosa ci può dire? È stata una vera intuizione quella che il cardinale ha avuto, e per la quale sono stato chiamato a lavorare. Con largo anticipo sul precipitare della crisi ha messo tutta la sua diocesi a lavorare per questo progetto, “costringendoci” a lavorare tutti insieme: abbiamo compreso come fosse necessario metterci assieme per muoverci uniti nel sostegno alle tantissime persone e alle numerose famiglie che, già prima del precipitare della crisi, vivevano grandi difficoltà nel quotidiano. Il merito del cardinal Tettamanzi è stato quello di farci comprendere come il lavoro insieme abbia fatto crescere la conoscenza reciproca tra movimenti ed associazioni nel condividere un progetto che l'Arcivescovo aveva in cuore di realizzare.

ORARI DELLA SETTIMANA SANTA Domenica 24 marzo Purissima Cattedrale

Giovedì 28 marzo

Domenica delle Palme ore 10,00 ore 10,30

Giovedì Santo

Chiesa S. Lucia ore 09,30 Cattedrale ore 10,00 Cattedrale ore 19,00 Cattedrale ore 22,00

Venerdì 29 marzo Cattedrale Cattedrale Cattedrale

Sabato 30 marzo

ore 09,00 ore 14,00 ore 19,00

Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine Ora Nona - ricevimento e adorazione del Crocifisso di S. Giovanni Azione liturgica

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brevi CARITAS

Progetto Amos, si avvicina la scadenza Per partecipare al concorso AMOS (Amo un Mondo Operoso e Solidale), occorre inviare la propria iscrizione alla segreteria dell’Ufficio Caritas (Curia Arcivescovile, Via Mons Cogoni 9, 09121 Cagliari, o all'indirizzo mail: amos.giovani@tiscali.it) entro e non oltre il 30 Marzo 2013. Le schede di iscrizione sono scaricabili dal sito: http://caritas.diocesidicagliari.it/. CELEBRAZIONE

Don Gianni Corgiolu ha salutato Su Planu Domenica scorsa la comunità di Su Planu ha salutato don Gianni Corgiolu in partenza per un lungo viaggio che lo porterà a vivere da eremita. Alla domanda: ”perché parte? Non trovava Dio anche in mezzo alla gente?”, ha risposto con evidente emozione:”sì ma non

sono io che ho scelto, io sto solo seguendo la Sua chiamata, sto solo facendo quanto Lui mi chiede e in mezzo alla gente c’erano troppe distrazioni. In fin dei conti non è ciò che fecero anche gli appostoli? Lasciarono tutto, gli affetti, gli amici e la famiglia e seguirono Gesù. Io sto facendo la stessa cosa”. Che dire.. ha fatto una scelta coraggiosa soprattutto dopo aver vissuto in una società dove l’inutile pare essere indispensabile, il bisogno di contatto pare essere l’unica vera certezza. Ecco.. don Gianni ha scelto di vivere da eremita per pregare Cristo nel silenzio, che non è solitudine perché con Gesù non si è mai soli (Gabriella Carta).

Sabato Santo ore 09,00

Cattedrale

ore 22,00

Cattedrale Cattedrale Cattedrale

Canto dell’Ora Terza S. Messa crismale S. Messa “In Coena Domini” Ora santa

Venerdì Santo

Cattedrale

Domenica 31 marzo

Benedizione delle Palme e processione verso la Cattedrale Santa Messa

IL PortIco

Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine Rito de “Su Scravamentu” Veglia Pasquale

Pasqua di Risurrezione ore 10,30 ore 18,00 ore 19,00

Solenne Messa pontificale Vespri Pontificali S. Messa

AVVISO AI SACERDOTI PER LA S. MESSA DEL CRISMA Tutti i sacerdoti si ritroveranno entro le ore 9,30 di giovedì 28 marzo p. v. nella Chiesa di Santa Lucia (Via Martini, 13) per indossare i paramenti e per la preghiera dell’Ora Terza. Successivamente in processione si recheranno alla Chiesa Cattedrale per la S. Messa. Al termine della Celebrazione Eucaristica Mons. Arcivescovo distribuirà ai Vicari foranei gli Oli benedetti per le parrocchie delle rispettive Foranie. Tutti i sacerdoti sono invitati per le ore 13,00, presso il Seminario Arcivescovile, per una colazione fraterna.

FAMIGLIA E VATICANO II

Padre Christian Steiner, un nuovo incontro Sabato 23 Marzo alle 17.30, nella Biblioteca del Convento di San Domenico, prosegue il ciclo di catechesi che Padre Christian Steiner dedica al rapporto tra Famiglia e Concilio Vaticano II:"Vita esplosiva in progress. Microciviltà famiglia in luce conciliare, digitale e planetaria”. Questo il titolo: "Dalla potestà collegiale all'azione collegiale. Il principio di responsabilità nella Chiesa e nella società".


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IL PORTICO DI CAGLIARI

IL PortIco

brevi INIZIATIVE

Studenti dei licei pazzi per il cioccolato Centinaia di visitatori e golosi hanno invaso lo scorso fine settimana il Centro Commerciale Le Vele di Quartucciu in occasione della Ciocco Festa. Splendida iniziativa è stata quella di coinvolgere numerosi licei dell’hinterland cagliaritano e di

Comune. La giunta annuncia lavori in numerose zone di Cagliari: è lotta agli sprechi.

Nuove luci per i quartieri della città, con i led anche maggior risparmio La strada da seguire è l’efficienza energetica. Saranno sostituiti più di 9mila punti luce, per una spesa totale di circa 900mila euro. Spazio ai pannelli solari GIOVANNI LORENZO PORRÀ DDIO AI BAGLIORI giallastri, che spesso illuminavano gli edifici e non le strade, addio alle zone d'ombra fra un lampione e l'altro: in molti quartieri le vecchie luci che illuminavano le strade di Cagliari sono già un ricordo, a cui ripensare senza troppa nostalgia. Sono arrivate le lampade a led, che garantiranno basso consumo, una luce potente e meglio diffusa; è partito ufficialmente il nuovo piano per cambiare l’illuminazione della città, illustrato in Comune la scorsa settimana. “Lo scopo è raggiungere l’obiettivo 20/20/2020, stabilito dall’Unione Europea – ha

A fargli rappresentare, a seconda delle proprie competenze, quanto il cioccolato riesce a trasmettere (foto di Gabriella Carta).

PARLA PADRE ARDURA

Concilio Vaticano II tra teologia e storia Giovedì 21 marzo , alle 17,30, al Pontificio Seminario Regionale Sardo, a Cagliari in via Monsignor Parraguez 19, Padre Bernard Ardura terrà la conferenza “Il Concilio Vaticano II tra teologia e storia, dall’elaborazione alla ricezione”. Con tale conferenza prosegue il ciclo di incontri “Educare nella Fede rileggendo il Concilio Vaticano II. Personaggi, scritti e prospettive”, organizzati con cadenza mensile, da novembre sino a maggio 2013, dal Seminario Regionale ed inseriti in un più ampio programma predisposto insieme all’Arcidiocesi di Cagliari e alla Facoltà Teologica della Sardegna in occasione dell’Anno della Fede.

DOMENICA 24 marzo 2013

Il sindaco e l’assessore Leo durante l’incontro con la stampa.

spiegato il sindaco Massimo Zedda - ovvero entro il 2020 ridurre del 20% gli sprechi di energia e le emissioni di anidride carbonica: il progetto fa anche parte del patto dei sindaci, sottoscritto per migliorare insieme l'efficienza energetica di vari comuni”. Per fare questo sono già partiti i lavori per dotare di lampade a led inumerosi quartieri della città.

Mulinu Becciu, San Michele, sant'Elia, Genneruxi, Quartiere Europeo, Pirri, Poetto, poi le principali direttrici di ingresso alla città: viale Monastir, viale Elmas, viale Marconi; e infine la zone degli Ospedali, come il Brotzu, il Microcitemico e tutti gli altri. “Lasciamo fuori per ora Barracca Manna e i quartieri storici – ha aggiunto l'assessore ai servizi tecnologici Pierluigi Leo – per la prima sono allo studio degli interventi appositi, mentre per i quartieri storici sono già presenti degli impianti di recente realizzazione che riteniamo possano andare ancora bene: le lampade a basso consumo sono già arrivate anche a san Benedetto”. Per i lavori il Comune si affiderà alla convenzione Consip, che consentirà di risparmiare tempo e denaro. Saranno sostituiti complessivamente 9.325 “corpi illuminanti”, con un costo complessivo stimato in circa 900mila euro, invece di quasi sei milioni. Per portare a termine i lavori i tempi saranno poi di nove mesi,

partecipa anche tu al progetto Si può contribuire al progetto “Adotta una famiglia” con un contributo mensile a partire da cinque euro per 6 o 12 mesi. La donazione può essere effettuata con un unico contributo o con versamenti mensili, effettuando un bonifico bancario: Associazione Sconfinando Iban: IT35V0101544080000070267112 Ulteriori informazioni: Centro d’ascolto CIAO via Vittorio Emanuele 19, 09012 Capoterra (CA) email ciaocapoterra@tiscali.it tel. 070729279

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invece di diciotto. Infine, il Comune risparmierà oltre 500mila euro già dal primo anno, recuperando così rapidamente tutte le spese. I lavori saranno affidati alla ditta Gemmo, che ha già servito tra l'altro Firenze e Venezia: “Siamo onorati di questo incarico – ha dichiarato Bruno Edemi – e abbiamo voluto affidarci alle maestranze sarde della ditta Gattermayer”; “abbiamo assunto finora 14 persone e dovremmo arrivare a 18 - ha illustrato Giacinto Gattermayer - sarà realizzato un sistema di monitoraggio completo, che ci consentirà di intervenire immediatamente per qualunque guasto, o incidente”. “La nuova illuminazione consentirà di tenere accese tutte le luci, mentre prima per risparmiare ne accendevamo una sì e una no – ha raccontato Zedda – io sono stato a Mulinu Becciu di recente mentre installavano le nuove luci, e la differenza tra il vecchio e il nuovo era incredibile: nelle strade con la luce nuova si distinguevano perfino le varietà dei colori delle foglie e dei fiori”. I vantaggi saranno dunque un minore inquinamento luminoso, ed anche una maggiore sicurezza. Ma la giunta comunale ha in mente anche altri interventi: “abbiamo scoperto che un buon 30% dei consumi negli uffici pubblici avvengono di notte – ha svelato Leo – quindi qualcuno si dimentica accesa la luce o l'aria condizionata. Ma noi provvederemo ad installare un sistema di controllo a distanza che ci farà risparmiare ogni anno circa 62mila euro”. Infine tra i progetti c'è un bando della Regione per l'efficienza e il risparmio energetico, che prevede l'installazione di pannelli solari negli uffici e nelle scuole.


IL PORTICO DEI PAESI TUOI

domenIca 24 marzo 2013

Iniziative. Il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica ha celebrato la festa di S. Giuseppe.

“La grammatica della speranza per rifiutare la rassegnazione” Convegno organizzato alla miniera di Serbariu e in contemporanea in otto regioni italiane. “Essere credibili significa presentare una speranza che fa guardare la realtà”

né ottimismo con una precisa corresponsione nel futuro ma non ha neanche la cecità della fortuna, invece è capacità di vedere la realtà ed in questa realizzarsi con personale responsabilità. È stato coraggioso il professore perché ha scelto un discorso franco, a tratti duro ma l’unico possibile per “essere credibili presentando una speranza che non chiuda ma apra gli occhi rispetto alla difficile situazione che vive la provincia di Carbonia Iglesias e di fatto tutto il nostro Paese”. Gli occhi si sono immediatamente aperti sulle testimonianze felici di due lavoratori che avendo vissuto il dramma della chiusura della loro fabbrica, non si sono abbandonati alla disperazione ma con buona speranza si sono reinventati un la-

voro. Il convegno si è chiuso con i saluti del Vescovo di Iglesias, mons. Giovanni Paolo Zedda e di mons. Arrigo Miglio che ha ricordato il ruolo della Carità nel sostegno alla speranza, secondo quanto ben descritto nelle due encicliche del papa Benedetto XVI ed oggi incarnato nella vita di papa Francesco. Gli animatori del Progetto Policoro hanno proposto ai ragazzi delle scuole superiori e universitari un’attività di brainstorming su “Le parole del buon lavoro” ed i giovani si sono poi espressi raccontando la loro visione di lavoro e di futuro attraverso semplici e significative parole chiave: meritocrazia, soddisfazione, stabilità, progetto, passione, umiltà, fatica… Anche i bambini ed i ragazzi dell’A.C.R. hanno riflettuto sul lavoro attraverso il gioco, con una divertente caccia al tesoro per gruppi che li ha resi protagonisti di una tematica che apparentemente non li vedrebbe coinvolti in prima persona. Il centro della giornata è stata la Santa Messa celebrata tutti insieme e presieduta dall’Arcivescovo di Cagliari; cui è seguito un pranzo festoso nel suggestivo scenario del contesto minerario. Durante il pomeriggio mentre proseguiva l’animazione festosa nella sala dell’auditorium, i partecipanti hanno potuto visitare la Grande Miniera di Serbariu, da fabbrica di carbone a luogo di trasmissione della cultura.

tecipazione ed un clima di festa rispetto a quelli dove chi giocava proveniva dalle scuole di calcio, dove l’attenzione è focalizzata principalmente all’aspetto tecnico e meno a quello dello stare assieme e del fare sport per divertimento. Che cosa rappresenta CSI in Sardegna ed in particolare a Cagliari. Quali i numeri e le attività? Il CSI in Sardegna è suddiviso in otto comitati provinciali. A quello di Cagliari si rifanno oltre 4mila persone e sono dodici gli oratori già affiliati per circa un centinaio di ragazzi per oratorio. Di questi sette partecipano ai tornei calcistici ma hanno anche attività di tennis tavole e calcio balilla, da Orroli a Domus de Maria fino a Quartu. Dal vostro punto di vista,quale evoluzione avete notato tra i giovani nell’ultimo decennio?

È una bella domanda perché non è facile rispondere. Di certo per chi come me non ha frequentato l’oratorio per vicissitudini familiari noto che nei ragazzi che li frequentano c’è tanta gioia, voglia di partecipare. Per questo sono a favore di una attività di questo genere perché la formazione umana e non solo fa crescere i ragazzi con dei valori. Negli ultimi anni si è un po’ persa questa dimensione ed i ragazzi che hanno frequentato altre realtà non hanno avuto gli stessi insegnamenti che invece negli oratori si forniscono ai ragazzi. Chi frequenta l’oratorio risulta essere più forte e più ricco sotto il profilo umano. Ecco allora perché è stato importante incontrare sacerdoti, educatori e animatori in Seminario per poter avere strumenti operativi per migliorare o far partire le attività negli oratori della Diocesi.

ANDREINA PINTOR

ITALIA DEI capolavori. Per il lavoro, la famiglia e la festa”: un unico titolo come un solo tendone virtuale sotto il quale, quasi in contemporanea nel fine settimana del 16-17 marzo, in otto regioni del nostro Paese, il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica ha celebrato la Festa di San Giuseppe con le associazioni diocesane di Azione Cattolica della regione ospitante. Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, regioni molto diverse che hanno vissuto questo far festa all’insegna del lavoro e della famiglia secondo le specificità dei territori. In Sardegna il luogo simbolo di un lavoro in difficoltà che si trasforma in capolavoro è stata la Grande Miniera di Serbariu a Carbonia, sede della festa organizzata dal Movimento Lavoratori con l’Azione Cattolica della Diocesi di Iglesias e partecipa-

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ta da tanti gruppi di AC provenienti da tutta la regione e da quanti incuriositi hanno voluto condividere l’evento. Un’intera giornata pensata per le famiglie, con attività commisurate alle diverse fasce di età e con momenti festosi di incontro e condivisione, in pieno stile Azione Cattolica. Agli adulti è stato dedicato il convegno “La grammatica della speranza” con la riflessione del prof. Luca Diotallevi – docente universitario di sociologia e Vicepresidente del Comitato scientifico delle Settimane Sociali dei Cattolici – che ha guidato l’uditorio all’identificazione dei tratti essenziali della speranza cristiana, perché questa non ha sempre lo stesso volto, non è ideologia che può essere raccontata sempre allo stesso modo,

Cresce l’intesa con il Centro sportivo Parla Maurizio Siddi, presidente provinciale del CSI I. P. AURIZIO SIDDI dal 2010 è il presidente del comitato provinciale del Centro sportivo Italiano, una realtà che da sempre ha nella sua mission quella di formare le giovani generazioni alla sana pratica sportiva. Tra il CSI e l’Ufficio di Pastorale Giovanile è nata una collaborazione che ha visto nel primo appuntamento formativo di sabato scorsoin Seminario un punto dal quale partire nel progetto di far crescere gli oratori della Diocesi. Come nasce il progetto di collaborazione tra CSI e Diocesi di Cagliari? Con l’arrivo di monsignor Miglio alla guida della Diocesi, è stato nominato un nuovo responsabile della Pastorale Giovanile, don Alberto Pistolesi, con il quale abbiamo iniziato una collaborazione perché gli oratori della Diocesi possano essere in grado di portare avanti le loro

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attività con la massima tranquillità possibile sotto il profilo giuridico normativo grazie al supporto come Centro Sportivo Italiano possiamo fornire avendone le competenze e disponendo di figure professionali adatte. Come si snoderà il percorso di collaborazione? Come dicevo con il nostro sarà soprattutto un sostengo legale, amministrativo, giuridico quella che in gergo viene chiamata la burocrazia e che spesso impedisce a molti di portare avanti attività che aiutano i ragazzi a stare lontani dalle strade per essere impegnati in attività sportive. Sosteniamo l’attività di tante realtà ma posso dire che ho notato una cosa: quando ci sono di mezzo gli oratori la partecipazione e la presenza delle famiglie è davvero alta. Le faccio un esempio: abbiamo organizzato diversi incontri e abbiamo notato che quelli nei quali erano protagonisti i ragazzi dell’oratorio hanno registrato una maggiore par-

IL PortIco

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cronaca LA TRAGEDIA DELLA 125

Quelle parole vere davanti al mistero La notizia del tragico schianto sulla nuova strada statale 125 è arrivata in redazione nella tarda serata di lunedì scorso con l’effetto di un violentissimo pugno nello stomaco, mentre ancora aspettavamo di capire l’andamento del Conclave. Davanti a tragedie di questa portata ci si ferma, ci si interroga. Poi, come diceva anni fa un cantautore cattolico, “non puoi fare altro che pregare”: una famiglia in pezzi, il destino non ha risparmiato neppure le piccole vite di due bambini di appena 4 mesi e la loro mamma. Per ore ho pensato alla loro famiglia, pensando a cosa si possa dire davanti ad un dolore tanto grande quanto inspiegabile. Nulla, probabilmente. Ho aspettato. Nel silenzio cieco di un dramma così violento e apparentemente senza scampo, dev’esserci qualcosa capace di indicare una direzione, un inizio di risposta. Me lo sono chiesto più volte da quel momento fisso nel tempo. Poi, improvvisa, la risposta. Da un uomo, un sacerdote, che non conosco personalmente. E’ don Gianni Cuboni, il parroco di San Priamo e cappellano del San Marcellino: le cronache dicono che si sia recato subito sul luogo dell’incidente. E poi di nuovo il giorno dopo a confortare il padre e marito. E’ la Chiesa che sta accanto al dolore. “Un lungo e commovente abbraccio tra il sacerdote coraggioso e il padre affranto dal dolore, disperato, che a stento si reggeva in piedi - riporta La Nuova Sardegna - Si sono scambiati alcune parole”. «In queste circostanze – dice il sacerdote, citato dal quotidiano – non ci sono parole o ragionamenti perché tutto sembra essere così assurdo e impossibile di fronte alla drammaticità dei fatti impressi nella mia mente e nel mio cuore. La prima considerazione che mi sgorga dal profondo del cuore è che la morte rimane per l’uomo un’esperienza inaspettata e lacerante. In questo caso, a renderla ancora più drammatica, se ciò fosse possibile, il candore e la purezza di Emma e Francesco, la gioia, il senso della vita ritrovato, la speranza di Sara, la festa alla quale papà Cristiano si preparava insieme ai familiari. In una attesa – continua don Gianni – resa ancora più forte dal momentaneo distacco fisico di Sara, Francesco e Emma, giunti qualche giorno prima di Cristiano in Sardegna. Porterò sempre in me i visini di Emma e Francesco». Don Gianni poi aggiunge altre parole dette a Cristiano: «Grazie fratello mio carissimo, per avermi permesso di poterti abbracciare. Il tuo dolore non può essere consolato, tuttavia sappi che non sei solo. Può sembrare assurdo – conclude don Gianni – ma anche questo evento è sotto il controllo di Dio. Evidentemente la nostra gioia piena non è qui. Ciao angeli carissimi. Ciao fratello stimato e amato». Grazie, don Gianni (sn).


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

IL PortIco

brevi DOMENICA 24 MARZO

Polifonica Karalitana, concerto in cattedrale Si terrà domenica 24 marzo a partire dalle 20 in Cattedrale il Concerto vocale strumentale della Polifonica Karalitana, con la direzione del maestro mons. Gianfranco Deiosso. Questo il gruppo che proporrà la serata: Violino I Simone Soro, Violino II Andrea Angioni, Viola Antonio Giole Lumbu, Violoncello Francesca Mascia, Pianoforte Manuele Pinna, Organo Andrea Sarigu. La serata sarà arricchita dai commenti e dalle riflessioni di mons. Miglio.

domenIca 24 marzo 2013

Oristano. Iniziativa del movimento di Impegno ecclesiale per proporre ulteriori spunti.

Una crisi sociale e identitaria pone in dubbio tutti i modelli di vita Federica Tilocca, Davide Carta, Luigi Alici e Tora Cottone hanno riflettuto sull’atteggiamento dei cristiani davanti alla crisi Un contributo di idee per la Sardegna che verrà CRISTIAN CARBONI

THALASSA AZIONE

Raduno del Cuore all’ospedale S. Michele L'associazione "Thalassa Azione Onlus" organizza i “Raduni del Cuore”, momenti di solidarietà in cui donare il sangue in favore dei malati di talassemia. I raduni sono una preziosa occasione d'incontro tra chi dona e chi riceve. È importante questo scambio reciproco al fine di poter meglio favorire

l'interesse per la donazione, gesto importante, il quale ricordiamo, favorisce al paziente la possibilità di vivere con maggiore autonomia ed efficenza. Il prossimo raduno, il 18mo, si terrà sabato 23 marzo alle ore 8.30 al Centro Trasfusionale dell’ospedale Brotzu di Cagliari con l'Arma dei Carabinieri, gesto che suggellerà un vero e proprio gemellaggio, patrocinato dal Colonnello Gasparro, con Thalassa Azione Onlus in tutta la Sardegna. I ragazzi dell’associazione allestiranno un brunch per ringraziare i loro donatori.

A CRISI SI FA SENTIRE sempre di più. Aumentano i poveri, in tanti non riescono a pagare le rate del mutuo, e cresce il numero di persone senza assistenza sociale. Di questo si è parlato sabato scorso all’hotel Mistral 2 di Oristano, nell’ambito del convegno I cristiani davanti alla crisi. Un contributo di idee per la Sardegna del futuro, promosso dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. La recessione è palpabile anche (e forse di più) in Sardegna. Nella nostra regione il tasso di disoccupazione è salito al 30 per cento, i lavoratori che vivono grazie agli ammortizzatori sociali sfiorano le cento mila unità, molti di loro aspettano da otto mesi il sussidio mensile (spesso di soli 500 euro). 350 mila persone vivono sotto la soglia di povertà, con una pensione sociale media di 670 euro, (in provincia di Oristano si percepiscono le pensioni più basse d’Italia). I dati riferiti da Federica Tilocca, della Cisl, dipingono un quadro poco incoraggiante dell’economia sarda. A peggiorare la situazione si aggiunge la dispersione

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Il tavolo del convegno organizzato dal Meic ad Oristano. Nella foto piccola, Luigi Alici.

scolastica, che in Sardegna è diventata una vera malattia. Solo nella provincia di Oristano nello scorso anno scolastico si sono ritirati dalle scuole superiori 663 studenti. Due le ragioni: spesso i genitori fanno fatica a sostenere le spese che l’istruzione comporta e, dato non meno rilevante, molti giovani abbandonano gli studi a causa di una totale sfiducia nel futuro. “Il che è grave – sostiene la delegata della Cisl – perché dalla crisi si esce anche con la cultura”. Davide Carta, consigliere comunale di Cagliari, sottolinea come le città stiano cambiando e come stia crescendo il numero di fami-

glie che vivono in condizioni disagiate: “recentemente a Cagliari ventiquattro famiglie stavano per essere sfrattate perché non potevano più pagare l’affitto”. Anche nel capoluogo sardo sono in tanti a dormire per strada e a chiedere un pasto caldo nelle mense della Caritas. Ma la recessione che investe il nostro Paese e il mondo intero non è solo economica. “Stiamo assistendo prima di tutto a una crisi sociale e identitaria, nella quale la vecchia struttura sta crollando e un nuovo modello di società sta per nascere – ha spiegato Luigi Alici, docente di filosofia morale all’Università di Macerata – nella civiltà in cui viviamo la crisi economica e quella della fede vanno di pari passo”. Quella in cui viviamo, secondo il filosofo, è una società individualista, i cui membri si chiudono nel proprio egoismo, atteggiamento

che erode i vecchi legami di solidarietà e che sta alla base del consumismo. “E la crisi diventa in questo modo endemica, tanto che a volte ci rassegniamo all’idea che non passi più – continua il filosofo – ma è a questo punto che il cristiano è chiamato a dare il suo contributo proponendo nuove idee e abbandonando l’atteggiamento di rinuncia”. La crisi può essere vista, però, anche in un’altra ottica più positiva. La stessa parola crisi significa letteralmente scelta, un momento in cui si deve prendere una decisione riguardo al futuro, quindi può essere considerata un’opportunità di svolta, un’occasione per cambiare le cose in meglio, “addirittura persino una risorsa educativa”, secondo Tora Cottone, dell’Associazione Maestri Cattolici. Perché, come diceva Sant’Ambrogio, felice è il crollo se la ricostruzione renderà migliore l’edificio.


IL PORTICO DEL TEMPO

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Esteri. Con lui è scomparso uno dei maggiori esponenti del socialismo del XXI secolo.

Il Venezuela piange il presidente, ma dopo Chàvez la strada è segnata La sua era una dottrina basata sugli aiuti statali e sul welfare pubblico. Una figura politica molto discussa ma anche tanto amata nel suo Paese dalla gente comune

momento della sua prima candidatura è riuscito ad ottenere il consenso non solo degli strati più bassi della popolazione ma anche della classe media che non voleva più mantenere in vita il sistema politico corrotto. La necessità di riforme profonde ha esautorato il Parlamento della sua prerogativa legislativa che viene trasferita direttamente al Governo. In un secondo momento il partito ha assoggettato la televisione pubblica, facendo scomparire la linea di distinzione tra servizio pubblico e ideologia di partito. Chávez cerca di apparire spesso in tv, gli avversari politici criticano questo atteggiamento e in cambio Chávez revoca la concessione alle reti televisive a lui contrarie. A partire dal 2002 aumentano i dissidi con le altre forze politiche rimaste nel paese dal momento che nazionalizza il colosso petrolifero Pdvsa. Con i soldi del

petrolio inizia una serie di riforme sociali, creando un nuovo sistema sanitario per i poveri, all'interno di questo progetto c'è l'accordo con Cuba per l'invio di un ingente numero di medici che voglia operare nelle zone più disastrate della capitale. Utilizza la maggior parte della spesa pubblica per combattere l'analfabetismo e nel frattempo sovvenziona tutto, cerca di far avere alla propria popolazione ogni bene di consumo necessario. In un secondo momento radicalizza la propria politica nazionalizzando tutti i settori strategici, espropriando buona parte dei terreni, l'obiettivo è quello di abbattere la cultura del latifondo. In Sudamerica mantiene ottimi rapporti con tutti: dall'Argentina di Kirchner alla Bolivia di Morales. Chávez non vuole attuare una rivoluzione ed esportarla (come i teorici del marxismo-leninismo insegnano) ma cercare di ottenere unità nel Sud America per combattere i continui sfruttamenti perpetrati da anni di capitalismo mondiale. Quello che risulta è che il presidente Chávez era una figura politica e un leader molto discusso ma anche molto amato e rispettato. Ora passa tutto dalla volontà del popolo, se vorranno mantenere al potere il vicepresidente Maduro, mantenendo in vita una “anomalia” sudamericana oppure “allinearsi” ad un modello politico di più ampio respiro che possa avere degli appoggi internazionali trasversali. La storia della politica di Chávez è in gioco.

portamento nella guerra incombente. Disse: ‘Ascoltami, Asa, e voi tutti di Giuda e di Beniamino! Il Signore è con voi, se voi siete con lui, e se lo ricercherete si lascerà trovare da voi; ma se voi lo abbandonerete vi abbandonerà. Per lungo tempo Israele è stato senza vero Dio, senza sacerdote che insegnasse e senza legge, finché nella sua angustia ritornò al Signore, Dio d'Israele, lo ricercò e si fece trovare da lui. In quel tempo non c'era sicurezza per chi usciva e chi entrava, perché grandi tumulti agitavano gli abitanti delle regioni. Una nazione si scontrò contro un'altra, una città contro un'altra, perché Dio li sconvolse con ogni genere di sventura. Ma voi siate forti, le vostre mani non si infiacchiscano, perché ci sarà

una ricompensa per le vostre azioni” (1Cr, 15,2-7). Un bellissimo monito apre gli orizzonti del re, dei suoi dignitari, del popolo di allora e dei credenti di oggi. Asà ascoltò la Parola pronunciata attraverso il suo profeta e, riprendendo animo, si comportò in modo confacente al richiamo di Dio. Il passo delle Cronache termina con una frase interessante: ‘Prestarono giuramento al Signore a gran voce, fra grida di gioia, squilli di trombe e di corni. Tutto Giuda si rallegrò del giuramento, poiché avevano giurato con tutto il loro cuore e avevano ricercato il Signore con tutto il loro buon volere ed egli si era lasciato trovare da loro’ (15,14-15).

LORENZO MAGNANENZI L 5 MARZO SCORSO È MORTO Hugo Chávez, presidente del Venezuela dal 1999 fino alla morte, quindi per ben 14 anni. Nella storia del Sud America è facile trovare dittature o pseudo dittature che si siano rifatte ai principi fascisti o comunisti, in qualsiasi caso però sono state riadattate alle particolari condizioni sociali dei paesi in cui si sono insediate: non si parla esplicitamente di marxismo-leninismo ma di Castrismo, non si parla di fascismo corporativista, ma di Peronismo. Anche nel caso di Chávez l'ideologia che si è costituita prende il nome dallo stesso presidente venezuelano, è un incrocio tra l'ideale di autonomia politica del Sud America e riprende le idee del socialismo del XXI secolo, si parla di Chavismo. La politica no-global economica e culturale di Chávez ha cercato di mantenere autonomo il Venezuela, dal punto di vista economico, dall'influenza statunitense. In politica, Chávez ha fondato il Movimento

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quinta Repubblica, che aveva come scopo l'istituzione di una nuova forma di governo, che potesse modificare l'apparato istituzionale esistente incapace di rispondere alle richieste della popolo. Nel 1992 fallisce un colpo di Stato ma Chávez torna in libertà e viene eletto presidente nel 1998. Dal punto di vista internazionale, Chávez riscosse un immediato interesse. Era il primo politico diverso che emergeva dopo tanti anni in Sudamerica. Era come se il periodo della Cuba di Fidel Castro si fosse rimaterializzato in Venezuela. In quel periodo la situazione politica e sociale a Caracas era molto difficile. La politica veniva gestita da partiti corrotti che si spartivano il potere, cercando di arricchirsi alle spalle della popolazione sfruttando la principale risorsa economica del paese: il petrolio. Perciò Chavez al

PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Asà, re di Giuda di MICHELE ANTONIO CORONA

urante il governo di Geroboamo, il regno meridionale di Giuda vide il veloce avvicendamento di molti re. Essi sono alternativamente valutati bene e male dal libro e dalla relativa cronistoria delle Cronache. Asà fu enormemente esaltato dal libro dei Re (15) e ancor di più da 2 Cr (14-16) nei quali viene descritto come giusto e dalle opere ispirate. ‘Asà fece ciò che retto agli occhi del Signore, come Davide, suo padre’. Quali furono le rette gesta da meritare un paragone elevato con il grande re Davide? Bisogna ricordare che dopo Salomone, sebbene fosse eretto il grande tempio ed instaurato il grande culto di preghiere e sacrifici, il regno era costellato di culti paralleli. La venerazione di idoli, pali sacri, immagini di dèi e dèe della fertilità continuava ad essere una malsana consuetudine. Fi-

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no al tempo di Giosia, VI sec., queste pratiche tra l’idolatria e la superstizione, erano talmente diffuse da divenire punti saldi da combattere durante il ‘governo teocentrico’ dei re di Israele e Giuda, a tal punto che gli stessi governanti vennero valutati dalla distruzione o meno dei vari pericoli idolatrici. Asà si comportò in modo esemplare dal momento che ‘eliminò dal paese i prostituti sacri e rimosse tutti gl'idoli fatti dai suoi antenati. Privò perfino sua madre Maaca, Grande Signora, perché aveva costruito un idolo per Ashera. Asà distrusse l’obbrobrio e lo bruciò nella valle del Cedron’ (1Re 15,12-13). Inoltre, 2Cr racconta un fatto molto indicativo per incasellare il comportamento di Asà. Un uomo di Dio uscì incontro al re e ai suoi dignitari e gli suggerì la via per ottenere un giusto giudizio ed un proficuo com-

IL PortIco

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detto tra noi I primi gesti di Papa Francesco di D. TORE RUGGIU

Intanto alcune riflessioni preliminari: i Cardinali hanno eletto il Papa in meno di 24 ore dall'ingresso in Conclave, alla quarta o quinta votazione. I pronostici della vigilia, con i “papabili” elencati su tutti i giornali, si sono rivelati un flop giornalistico, come quasi sempre accade. Ha vinto lo Spirito santo che ha illuminato i Padri elettori sulla scelta del Cardinale Bertoglio, arcivescovo di Buenos Aires, Argentina. L'unico ad avere indovinato il “papabile”, è stato un Cardinale che ha dichiarato, prima dell'inizio del Conclave: “Dio ha già scelto il nuovo Papa”. E così è stato! La Chiesa, pur con i suoi limiti umani, che la accompagneranno fino alla fine dei tempi, ha ancora una volta dimostrato il suo ascolto alla voce dello Spirito e dato un esempio di efficienza e serietà al mondo della politica e delle istituzioni umane in generale. La cronaca, dalla fumata bianca in su, è nota a tutti: il nome Francesco, il saluto “buonasera”, la richiesta della benedizione del Signore prima di tutto per lui, invocata da una preghiera silenziosa della folla che gremiva piazza S. Pietro, il suo parlare semplice e umile; la benedizione (solo letta, non cantata) ed, infine “ci vediamo presto”. Gli osservatori più attenti hanno notato anche l'abbigliamento francescano: una semplice croce pettorale di bronzo, la semplice talare bianca senza mozzetta rossa o ermellino, la stola solenne solo per la benedizione e le normali scarpe nere anziché quelle rosse. Il giorno dopo l'omaggio alla Madonna nella basilica di Santa Maria Maggiore, con una scorta ridotta al minimo e con una macchina della gendarmeria vaticana, un semplice mazzo di fiori portati e deposti sull'altare dallo stesso Papa. Infine, una capatina all'albergo per ritirare le sue cose personali e pagare il conto: “non voglio alcun privilegio”. Al termine della prima giornata, la Messa concelebrata con i Cardinali nella Sistina, con l'omelia a braccio e senza indossare la mitria, nella quale ha invitato i suoi elettori e tutta la Chiesa a camminare, edificare, confessare (Gesù Cristo): “senza croce – ha aggiunto – siamo mondani, non discepoli e se non professiamo Gesù, diventiamo una qualsiasi ONG caritatevole”. C'è già abbastanza per farci riflettere e poter affermare che Papa Francesco ha intenzione di far camminare la Chiesa sulle orme di Francesco d'Assisi, cioè su una vita tutta essenzialmente vissuta sulle vie del Vangelo, in umiltà e semplicità. Ora aspettiamo l'omelia della Messa dell'inizio del Pontificato, fissata per martedì 19, solennità di San Giuseppe. La prima impressione (e intuizione) è che Papa Francesco ci stupirà. Noi lo accompagnamo con la preghiera perché pieno di Spirito Santo, dia un forte impulso al cammino della Chiesa e degli uomini di buona volontà, in questo tempo dove regna la confusione e lo scoraggiamento. Che sia un Papa capace di aiutarci tutti a gioire nel Signore e farci pellegrini di pace, amore, giustizia e fraternità. Sulle orme di Cristo, Pastore dei pastori.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PortIco

Convegni. Nuovo seminario a Benevento verso la prossima Settimana sociale.

“Famiglia pilastro del bene comune, non certo bandiera confessionale” I. P. UELLA DI TORINO sarà una “sfida laica, perché si tratta di riuscire a dire e far comprendere che sostenere la famiglia è un pilastro per il bene comune del Paese e non una bandiera confessionale”. Ma pure “una sfida di carattere civile, dal momento che il sostegno alla famiglia e il suo primato garantiscono una società civile più articolata e carica di energie”. Lo ha sostenuto sabato scorso a Benevento mons. Arrigo Miglio nel corso del seminario nazionale “Più giovani famiglie, più futuro per il Paese”, promosso dalla locale arcidiocesi (con gli Uffici per i problemi sociali e il lavoro e per la pastorale familiare) e dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani. L’arcivescovo di Cagliari e presidente del Comitato ha indicato con molta chiarezza la rotta verso la prossima Settimana sociale: il filo conduttore è “rimettere a fuoco – ha spiegato mons. Miglio – il concetto di bene comune”: dopo averlo enunciato esplicitamente nel 2007, a Reggio Calabria (2010) è stato “declinato su alcuni punti fondamentali per il nostro Paese, da cui ha preso forma l’idea di un’agenda di speranza”. Da questa indicazione nasce anche la “prospettiva specifica” della prossima edizione, per “dire in modo chiaro e far comprendere le ragioni della famiglia”. E “se nei cinque punti dell’agen-

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Un’immagine del convegno di Benevento.

da di Reggio Calabria il tema famiglia non compare, è perché è presente trasversalmente in tutti”. Mai come in questo momento, il futuro del nostro Paese si gioca sulla capacità di promuovere e sostenere le famiglie, creando condizioni positive per la loro costituzione, dimostrando di coglierne la sua funzione fondamentale. Monsignor Andrea Mugione, arcivescovo di Benevento, ha rivolto quindi un invito a “abbandonarci al pessimismo, ma ritrovare le radici”, che risiedono “nell’amore, in una maggiore attenzione alle relazioni interpersonali contrapposta all’individualismo, nel senso di responsabilità, nell’uguaglianza tra uomo e donna”. Parlare di “giovani famiglie”, ha

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precisato Ettore Rossi, direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, è il frutto di una “bella collaborazione” tra gli uffici della diocesi, laddove “la scelta pastorale a favore dei giovani” si coniuga con “un impegno per la promozione e animazione delle famiglie”. Come sempre accade in questi appuntamenti, anche stavolta si è partiti dai numeri e dalle analisi per poi arrivare alle “buoni prassi nel territorio promosse da giovani famiglie”. Carla Collicelli (nella foto piccola), vicedirettore generale del Censis, parlando del “desiderio di famiglia” ha descritto la società italiana dell’ultimo decennio, parlando di “società densa ma frammentata”, con “egoismo autoreferenziale”,

“indebolimento dei legami”, “verticalizzazione del potere” e “perdita della fiducia nella politica e nelle istituzioni”. A causa della crisi, poi, si sono moltiplicate le paure: di avere in futuro un tenore di vita più modesto (71,1%), di non farcela a pagare spese mediche e cure (62,2%), di perdere i risparmi (60,5%) o non riuscire a far fronte alle rate del mutuo per la casa (44,5%). Sono in crisi pure le “reti di aiuto informale”: diminuiscono le famiglie aiutate e, all’aiuto diretto, si sostituisce quello economico (ad esempio di genitori e nonni che pagano le spese di figli e nipoti). Il suggerimento, proposto dalla ricercatrice, è “rafforzare i fattori di coesione sociale”, partendo proprio dal sostegno fornito alle famiglie con figli. Tesi pienamente condivisa dall’economista Luigi Campiglio: “la famiglia ha un ruolo certamente centrale nella vita sociale – ha analizzato il docente - finora è stata decisiva nel tenere in piedi economicamente il Paese”. Il docente di demografia all’Università Cattolica Alessandro Rosina ha infine spiegato che “la società dovrebbe prendere a cuore e aiutare i giovani a gestire con successo le tappe verso la vita adulta”, poiché abbandonare le generazioni a se stesse comporterebbe inevitabilmente “conseguenze negative a livello micro e macroeconomico”: alla fine a rimetterci sarebbe tutto il Paese, che “così facendo compromette il proprio futuro”.

dalla curia Incarichi Nei giorni scorsi l’Arcivescovo ha nominato don Marco Sorgia amministratore parrocchiale di San Giovanni Battista in Samatzai. L’Arcivescovo ha confermato la designazione di Mons. Gianni Spiga a Decano del Capitolo Metropolitano, succedendo al Rev.mo Mons. Giandomenico Fais

domenIca 24 marzo 2013

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Gabriella Carta, Roberto Pili, Elio Piras Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Stefano M. Moschetti, Fabrizio Congiu, Roberto Piredda, Tore Ruggiu, Andrea Busia, Antonella Pilia, Francesco Furcas, Massimo Lavena, Giovanni Lorenzo Porrà, Andreina Pintor, Cristian Carboni, Lorenzo Magnanenzi, Michele Antonio Corona, Roberto Comparetti. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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QUESTO SETTIMANALE È ISCRITTO ALLA FISC FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI


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