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DOMENICA 31 MARZO 2013 A N N O X N . 13

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Un’immagine dell’ultima cena nel film The Passion, di Mel Gibson.

Testimoni del Risorto + ARRIGO MIGLIO

estimoni della Resurrezione di Gesù: questa è la missione che caratterizza il ruolo degli Apostoli dopo i quaranta giorni di progressiva famigliarità con il Signore Risorto, prima della sua definitiva Ascensione al Cielo: “Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse non a tutto il popolo ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti”(At. 10, 40-41). Così Pietro parla a casa del centurione Cornelio ma così aveva parlato fin dagli inizi, quando si trattava di cercare chi sostituisse nel collegio dei Dodici il traditore: “Bisogna dunque che tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal Battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua resurrezione” (At. 1,21-22). E sempre, davanti al Sinedrio e davanti al popolo, la missione rimane questa: essere testimoni che Gesù il Nazareno è veramente risorto. Questa stessa missione passa a tutta la Chiesa, da Stefano a Saulo e a tutti gli altri evangelizzatori, ma sempre fondata sulla testimonianza dei Dodici.

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Lo stesso Saulo divenuto Paolo sale a Gerusalemme a confrontarsi con Cefa, dopo l’esperienza sfolgorante che lo ha trasformato sulla via di Damasco. La testimonianza dei Dodici è la base, possiamo ben dire la roccia, per tutti gli altri testimoni; il ruolo dei Dodici è, da questo punto di vista, unico. Si noti come Pietro si preoccupi che il collegio dei Dodici sia al completo prima della Pentecoste: dopo, ad esempio con il martirio di Giacomo fratello di Giovanni, non ci sarà più questa preoccupazione di sostituirlo, perché ormai il cammino dei testimoni è avviato. Osservando i primi passi della Chiesa apostolica siamo ricondotti al punto centrale ed essenziale dell’evangelizzazione e della missione della Chiesa: te-

stimoniare il Risorto. “Se Cristo non è risorto vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati”(1Cor. 15,17). Se non siamo testimoni del Risorto tutto il resto delle nostre attività è vano, cioè vuoto. Questo vale per ogni epoca e per ogni tentativo di rinnovare l’evangelizzazione. Ma guardando alla Chiesa delle origini impariamo inoltre che la testimonianza autentica della Resurrezione passa proprio attraverso i Dodici, le loro persone concrete, nella loro umanità e nelle loro diversità personali: sono stati scelti per questo, per essere i testimoni fondamentali su cui si fondano la fede e la testimonianza di tutti coloro che “non hanno visto e hanno creduto” (Gv.20, 29). Quando nel Credo professiamo di credere la Chiesa non solo una, santa e cattolica ma anche apostolica diciamo proprio questo: il ruolo dei Dodici e il nostro legame con la loro testimonianza. Il ministero che hanno trasmesso ai loro collaboratori e ai loro successori, con il gesto dell’imposizione delle mani, ci riconduce con un legame ininterrotto alla loro testimonianza e alle loro persone. Sono loro la prima e fondamentale garanzia che Gesù ha voluto lasciarci perché possiamo essere certi di seguire veramente Lui, via, verità e vita, senza deformazioni e senza sconti.

SOMMARIO SOCIETA’

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La crisi economica si vince puntando sulla solidarietà CHIESA

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Papa Francesco visto dai sardi emigrati in Argentina CINEMA

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Arriva nelle sale il film “Su Re” di Giovanni Columbu CAGLIARI

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Anche la Giunta scommette sui riti della Settimana Santa CARITAS

Haiti, grazie ai fondi raccolti dai sardi apre una nuova scuola

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IL PortIco

IL PORTICO DEL TEMPO

domenIcA 31 mArzo 2013

Intervento. Il direttore dell’Agenzia regionale del Lavoro spiega l’idea di utilizzare il Sardex come sostegno ai disoccupati.

“La crisi economica e di valori si sconfigge rafforzando i legami comunitari tra i sardi” Attraverso la moneta complementare creata da quattro giovani nel 2009 la Giunta regionale punta a riattivare la fiducia, perno essenziale per le relazioni sociali ed economiche STEFANO TUNIS* OLIDARIETÀ, reciprocità, prossimità e fiducia. E’ dal recupero e dalla riattualizzazione di questi valori, tipici della società sarda, che occorre ripartire per affrontare e vincere le sfide della crisi economica. Proprio con questa consapevolezza la Giunta Cappellacci ha deciso di estendere ai privati la possibilità di accedere a Sardex, il circuito di moneta complementare creato nel 2009 nell’isola da quattro giovani di Serramanna. Un’idea innovativa ma già sperimentata con successo; la moneta complementare, infatti, nasce a Zurigo nel 1934, quando un gruppo di imprenditori decide di aggirare la stretta creditizia delle ban-

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Foto di gruppo per i fondatori di Sardex. Nel riquadro, Stefano Tunis.

che attivando un sistema di transazioni dirette tra le loro aziende senza la mediazione della valuta. Oggi il sistema è utilizzato da un quarto delle PMI svizzere e il fatturato del 2012 è stato di 1,46 miliardi. Numeri importanti che incoraggiano questa scommessa della Giunta, intenzionata a versare ai disoccupati sardi un “reddito di comunità” in Sardexper complessivi 20 milioni di euro. La novità sta nella sinergia tra pubblico e privato dato che, sinora,

il meccanismo era usato solo nelle relazioni tra imprese. La variante proposta si pone come frontiera di collaborazione del tutto inedita tra pubblico e privato in cui il primo si fa da garante e il secondo da agente. Una relazione nella quale la mano pubblica si pone non al di sopra dei cittadini quanto, piuttosto, al loro fianco per creare i presupposti di un modello economico che garantisca e preservi la dignità della persona. Perché - per usare le parole del nuovo Pontefice- «l’uomo non è solo ciò

che produce e ciò che consuma». L’economia non può prescindere dalla centralità dell’uomo che non deve mai essere ridotto al rango di strumento. La finanziarizzazione e la globalizzazione della produzione di ricchezza hanno invece prodotto questa deriva che va contrastata recuperando la dimensione sociale delle relazioni a tutti i livelli. Il Sardex, nelle intenzioni, deve porsi come valore aggiuntivo e non sostitutivo della moneta corrente e, soprattutto, deve essere usato da tutte le categorie per non essere marginale. Esso nasce e si sviluppa sullo sfondo di una congiuntura internazionale negativa che, in Sardegna, ha prodotto effetti particolarmente gravi a causa delle diverse sofferenze del sistema: l’insularità, che grava sui costi per il trasporto di merci, materie prime ed energia e, quindi, per investimenti e iniziative nell’Isola; un tessuto produttivo caratterizzato da microimprese, con un’altissima mortalità e con una scarsa incidenza occupazionale. A queste criticità se ne sommano altre: la spirale di sfiducia connessa alla difficoltà di accesso al credito, alla mancanza di liquidità, ad uno Stato insolvente nella liquidazione dei rimborsi alle imprese; lavoro che presenta in alcuni zone tassi di di-

“Così non sprechiamo i semi della ripresa” Ricerca, in quattro anni impegnati 62 milioni di euro FRANCESCO FURCAS EI PERIODI DI CRISI si risparmia su tutto, ma non sui semi: questa è la certezza dei contadini”. Sceglie una metafora agricola Gianluca Cadeddu, per chiudere il seminario dei giorni scorsi su “La valutazione dei progetti di ricerca scientifica in Sardegna”, organizzato da SardegnaRicerche in collaborazione con la Regione Sardegna al Parco scientifico e tecnologico. Il dirigente si riferisce all’impegno della Giunta regionale sulla ricerca scientifica. Cadeddu è il direttore - voluto da Soru e Pigliaru, confermato da Cappellacci e La Spisa - del Centro regionale di Programmazione, quella miniera di talenti e denari che da anni caratterizza l’amministrazione regionale. Questi i numeri forniti sul sostegno al sistema regionale della ricerca: 1500 progetti valutati in 4 anni, 62 milioni di euro le risorse finora impegnate, 30% dei progetti finanziati. “I recenti successi degli Atenei sardi in campo nazionale –

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ha aggiunto Cadeddu – dipendono anche dall’abitudine acquisita a farsi valutare grazie alla legge n. 7: all’interno delle università soggetti che prima non avrebbero partecipato ai bandi PRIN o FIRB, l’hanno potuto fare anche perché si sono messi alla prova con questa legge, e non temono più il confronto con le procedure di valutazione”. Sulla collaborazione con gli Atenei sardi il direttore del Centro regionale di Programmazione ha le idee molto chiare: “Tutte le risorse del sistema – ha affermato – vengono trasferite alle università, che curano il monitoraggio”. Il dirigente ha poi precisato che “il problema è rappresentato dai tempi, perché ci muoviamo in periodi annuali, ma dipendiamo dal Bilancio regionale, che ora ad esempio non è stato ancora approvato. Di fatto siamo costretti a lavorare su un periodo di sei mesi, e finora ce l’abbiamo fatta”. Il lato positivo è il “basso livello di contenzioso”, che a detta di Cadeddu rivela “una buona procedura di valutazione: finora ci sono stati pochi casi, peraltro risolti con il buon senso”.

L’intervento di Gaetano Di Chiara al convegno di SardegnaRicerche.

Merito del sistema introdotto con la legge regionale n. 7: “E’ sicuramente una legge che tutte le regioni italiane vorrebbero avere”, ha riconosciuto Gaetano Di Chiara, docente di Farmacologia all’Università di Cagliari e componente del Gruppo 2003. “La prima caratteristica di questa norma – ha proseguito Di Chiara – è il suo finanziamento fisso, corrispondente ad una quota non inferiore all’1% delle compartecipazioni dell’Irpef determinate annualmente nel bilancio di previsione della Regione. Significa che il budget per la ricerca di base in Sardegna non è deciso ogni anno con la Finanziaria, ma stabilito automaticamente con un parametro automatico”. L’iniziativa di SardegnaRicerche

si è rivelata un interessante momento di confronto tra il metodo di valutazione regionale con quelli ad oggi utilizzati da altri organismi (tra i quali l’Anvur, Telethon, Airc, il Consiglio europeo per la ricerca). Di processi di valutazione dei “prodotti della ricerca” ha parlato anche il presidente dell’Anvur (l’Agenzia nazionale che ogni anno porta avanti la valutazione del sistema universitario e della ricerca necessaria per la distribuzione dei fondi agli atenei), Stefano Fantoni: “Da subito abbiamo pensato di misurare la qualità media dei risultati della ricerca – ha raccontato, riepilogando il suo mandato – Per questo abbiamo preso come riferimento la finestra temporale degli ultimi sette anni: si è trattato

soccupazione giovanile del 50% e livelli drammatici di utilizzo di ammortizzatori sociali e di espulsione di over 50 con scarse prospettive di reinserimento. Per riagganciare una ripresa anche eticamente sostenibile, non schiava solo dei numeri, bisogna quindi introdurre paradigmi nuovi. Sardex deve quindi proporsi come il volano di un’economia informale che accetta universalmente lo scambio di servizi. Laddove non si arriva a coprire il valore di un bene o di una prestazione con l’euro si può pensare di introdurlo come forma evoluta di baratto multilaterale tra aderenti. La sfida è ardua, i benefici però sarebbero evidenti; primo fra tutti la riattivazione di quella fiducia che è alla base di ogni relazione sana, compresa quella economica. Nella responsabile consapevolezza che il Sardex non è la panacea al male quanto uno strumento per contribuire al suo superamento. La crisi economica e di valori si sconfigge rafforzando i legami comunitari e territoriali che mettono in connessione le persone, ponendole di fronte a un’evidenza: la società migliore è quella in cui ricchezza e giustizia marciano alla stessa cadenza. * Direttore Agenzia regionale del Lavoro

di valutare 200mila prodotti di ricerca”. Il presidente dell’Agenzia ha quindi illustrato metodi e numeri di quello che ha definito “l’esercizio di questo genere più grande mai compiuto al mondo”: 14 i panel di valutazione (tanti quante le aree di ricerca presenti in università), 450 i panelist, cioè gli esperti nelle varie discipline, “in proporzione al volume di valutazioni attese”, ha precisato Fantoni, che si è quindi soffermato sulle metodologie utilizzate: “Nell’area umanistica la valutazione è stata fatta al 100% con il sistema della peer review, nelle altre aree anche con gli indici bibliometrici, almeno per il 50%”. “La peer-review – ha detto, tra l’altro – non è il Giardino dell’Eden, sono sempre in agguato problemi di conflitti di interesse”. Si tratta di quel metodo di valutazione - in italiano “revisione paritaria” - condotta attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l'idoneità alla pubblicazione su riviste specializzate o, nel caso dei progetti, al finanziamento. Il risultato del lavoro descritto dal vertice dell’Anvur è un database di 18mila referee certificati (cioè docenti di riferimento a loro volta valutati sulla base della produzione scientifica). Fantoni ha infine rivendicato il valore del dottorato di ricerca: “Quando il nostro Paese ne riconoscerà il valore – ha concluso – farà un deciso passo verso l’innovazione”.


domenIcA 31 mArzo 2013

IL PORTICO DEGLI EVENTI

Francesco. Il Papa visto da Teresa Fantasia, figura storica degli emigrati sardi in Argentina.

“Un pontefice vicino agli ultimi, sempre schierato con i più poveri”

la verità, in favore della pacificazione e dell’unione degli argentini, in favore del dialogo. Le sue denunce e battaglie contro le disuguaglianze, le discriminazioni di chi è costretto all'emigrazione, la corruzione, la piaga della tratta e della prostituzione, la sua lotta accanto ai preti dei Villerose cartoneros,contro il " paco" che è la droga che uccide tanti ragazzi di strada, gli hanno guadagnato la simpatia e l'amicizia dei più poveri, ma anche molti nemici che hanno tentato di gettare fango sulla sua figura e sul suo operato. Tra pochi mesi si terrà la JMJ a Rio: cosa si attendono i giovani argentini per il futuro, che speranze ripongono in questo Papa? La scelta del nome del Poverello di Assisi sembra annunciare che il suo programma sia quello di “riparare la casa in rovina”, il rinnovamento della Chiesa: tutti abbiamo la speranza che la Chiesa sia più vicina al

popolo cosi come papa Francesco con la sua umiltà e semplicità e coraggio lo è stato a Buenos Aires. Il ricordo della dittatura della Junta Militar,le polemiche anticlericali e le bugie sulla figura di padre Bergoglio: anche la comunità sarda in Argentina subì la repressione. Che ricordi ha di quel periodo? Ci ha indignato la campagna diffamatoria contro Bergoglio, esplosa appena si è saputa la notizia che era il nuovo Papa. È stato un autogol perché oltre a delle personalità impegnate per i diritti umani come il Nobel Perez Esquivel, Graciela Fernandes Meijide membro della Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas, tutte le persone che ha aiutato e salvato sono scese in campo a difenderlo e negare le accuse e calunnie. Cosi abbiamo avuto modo di sapere tante cose belle che ha fatto e che per modestia non raccontava. La dittatura è stato un periodo durissimo e nero, all’inizio nulla si sapeva, sapevano solo quelli che in famiglia avevano dei detenuti desaparecidos. Nessuno ne parlava in pubblico: tutti ci sentivamo in pericolo, bastava una segnalazione di qualche malintenzionato che ti sentiva criticare i militari o essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato per essere detenuto, torturato e magari ucciso. Dei sardi Marras e Mastinu io ho saputo molti anni dopo, perchè loro abitavano in un’altra citta. Ma forse anche perché nessuno parlava per paura.

tera. Una vocazione, quella del custodire, che “non riguarda solamente noi cristiani - ha avvertito il Papa - ma ha una dimensione che riguarda tutti”. Cosa significa l’ha precisato lui stesso: “È il custodire la bellezza del creato, come ci viene detto nel libro della Genesi e come ci ha mostrato San Francesco d’Assisi; l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo; il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”. La predilezione per i più poveri e deboli emerge a più riprese nel discorso pronunciato alla presenza di oltre 200mila pellegrini giunti da ogni parte del mondo. Tra loro semplici

fedeli e oltre 130 delegazioni di capi di stato, ministri e responsabili di nazioni e organizzazioni mondiali. Ad essi e a “tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale”, il Santo Padre ha chiesto con insistenza di essere “custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente”. Un’attenzione al creato e all’umanità che parte dalla presenza di Dio, ha chiarito: “Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato”. “Il prendersi cura, il custodire chiede bontà - ha poi proseguito -, chiede di essere vissuto con tenerezza, che non è la virtù del debole ma, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di amore”. Ecco perché, ha spronato, “Non dobbiamo avere paura della bontà, della tenerezza”. “Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna con uno sguardo di tenerezza e amore - ha concluso il Papa, ricorrendo a un’immagine suggestiva ed efficace -, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza”. Questo è il servizio che il vescovo di Roma e ogni cristiano è chiamato a compiere, ha indicato Papa Francesco, “per far risplendere la stella della speranza”.

MASSIMO LAVENA ERESA FANTASIA, nativa di Pattada, è animatrice della comunità sarda di Buenos Aires. Cura una trasmissione radiofonica “Sardegna nel cuore”, famosa in tutta l’Argentina. È originaria del quartiere Flores, dove nacque e visse Papa Francesco. Papa Bergoglio è testimone della storia delle famiglie italiane emigrate in Argentina. Cosa significa per voi questo fatto? L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro, per noi, comunità italiana residente in Argentina,è un motivo di grande emozione e orgoglio. Il padre di Bergoglio infatti, era piemontese e la madre argentina, figlia di genovesi e piemontesi. Dati che lo stesso Bergoglio ha raccontato alla cara giornalista Francesca Ambrogetti ed a Sergio Rubin, nel libro intervista “Il Gesuita”, pubblicato tre anni fa. La notizia ci ha sorpreso perché sapevamo che aveva chiesto di non votarlo nel precedente Conclave. Appena sentita la notizia è esplosa una grande gioia e allegria, specialmente nel mio quartiere Flores dove Papa Francesco è nato, ha vissuto e studiato e dove è nata la sua vocazione nella Basilica dedicata a San Giu-

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L’esultanza degli argentini per Papa Bergoglio. Nel riquadro, Teresa Fantasia.

seppe, dove veniva spesso a celebrare la Santa Messa e non mancava mai il 19 marzo alla festa patronale. Tutta la città di Buenos Aires era in festa, Flores specialmente : la processione con la statua storica di san Giuseppe è stata seguita da tutti i canali tv, migliaia di fedeli portavano bandiere con l'immagine di Papa Francesco, ci siamo fermati all’ Oratorio Giovanni XXIII dove ci aspettava il sacerdote che era stato nominato da Bergoglio per occuparsene e per gestire le opere di aiuto ai poveri della zona. Quali testimonianze dell'apostolato del cardinal Bergoglio come Arcivescovo di Buenos Aires sono importanti per la Chiesa? Durante la sua vita di sacerdote e vescovo si è sempre impegnato in favore dei più umili, nella ricerca del-

“Non dovete temere bontà e tenerezza” I fotogrammi indimenticabili della messa inaugurale ANTONELLA PILIA ALUTI, SORRISI E benedizioni a bordo di una jeep scoperta tra la folla di fedeli in piazza San Pietro. E poi quell’immagine che in pochi minuti ha fatto il giro del mondo, quando, avvistato un disabile, ha fatto fermare la vettura per scendere e andargli incontro in un abbraccio carico di affetto e tenerezza. Così Papa Francesco, martedì scorso, ha dato inizio alla cerimonia di inaugurazione del suo pontificato, il 266° nella storia della Chiesa. Una cerimonia solenne e densa di gesti simbolici celebrata tra la piazza, luogo del martirio di San Pietro secondo la tradizione, e la tomba del primo vicario di Cristo, posta sotto l’altare della Confessione all’interno della basilica. Qui si è recato il Papa prima della liturgia, accompagnato dai Patriarchi delle Chiese orientali, per sostare in preghiera dinanzi al sepolcro dell’apostolo. Il Santo Padre ha poi

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raggiunto il sagrato seguendo i cardinali in processione al canto delle Laudes Regiae, le litanie di invocazione ai santi. Quindi i riti specifici di inizio pontificato: l’imposizione del pallio - una fascia di lana che ricorda Gesù buon pastore - da parte del cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran, lo stesso che pronunciò l’Habemus Papam; una preghiera recitata dal cardinale protopresbitero Godfried Danneels; la consegna dell’anello del pescatore per mano del cardinale decano Angelo Sodano; e l’obbedienza prestata al successore di Pietro da sei cardinali a nome di tutto il collegio. “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”, ha sottolineato nell’omelia. Poi il suo sguardo si è soffermato sulla figura di San Giuseppe, presentato come “custode” di Maria e di Gesù e, più in generale, della Chiesa in-

IL PortIco

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blocnotes E LA GIUNTA VA

Pasqua di passione per i lavoratori sardi Hanno trascorso la domenica prima di Pasqua ad intrecciare palme nella sala riunioni dell’assessorato all’industria. Sono i lavoratori della Sardinia Green Island, in lotta per un posto di lavoro che - in fondo non è mai nato. Hanno scritto una lettera anche al Papa, per far conoscere la loro disperata situazione. L’impresa che dovrebbe farli lavorare porta il nome di Alberto Scanu, presidente regionale di Confindustria. Che anche il leader degli industriali abbia difficoltà a produrre lavoro la dice lunga sulla tenuta del nostro tessuto imprenditoriale, ammesso che ne esista ancora uno. Poco distante dagli operai della Sardinia Green Island stanno i dipendenti dei Centri Servizi per il Lavoro, dei quali abbiamo parlato nelle scorse settimane: si è recato ad incontrarli sotto il Palazzone di viale Trento anche l’arcivescovo di Cagliari. La loro posizione, come è noto, è paradossale: esiste anche una legge regionale - votata all’unanimità che decreta la loro assunzione. Ritardi e intoppi faranno vedere la fine del loro Calvario dopo la Settimana santa. Il destino della norma che li salvaguarda è infatti simile a quello di tante altre approvate in via Roma: nel cassetto, in attesa che qualcuno se ne accorga. Ma sarà una settimana di passione anche per quei genitori che si battono contro il piano di dimensionamento delle scuole cittadine: una mappa ridisegnata a tavolino come nemmeno i vari Stati africani, in contraddizione logica con quanto fatto finora negli istituti. Ma sul tema torneremo nelle prossime settimane. Nel frattempo, Ugo Cappellacci ha riproposto una fotocopia della sua giunta regionale, con l’eccezione di Mariano Contu (all’interno del Pdl, gruppo Cicu) all’assessorato al lavoro, passato di mano da Antonello Liori. Proprio il medico desulese - ottimo e valido politico, beninteso - fa segnare agli amanti delle statistiche il record di assessorati: partito alla sanità (lui e La Spisa restano gli unici ad essersi dovuti dimettere per ricoprire l’incarico), è passato al lavoro - in uno dei rimpasti operati da Cappellacci - e ora concluderà (forse) la legislatura all’industria, sempre che nel frattempo non cambi qualcosa. E’ evidente che lo scatto di reni chiesto al Governatore ancora non si vede: niente facce nuove nell’esecutivo, nessun contributo della cosiddetta “società civile”, ma una quasi perfetta riproposizione della precedente giunta. Con un programma, però, di cose da fare: una è l’utilizzo del circuito Sardex per 10mila disoccupati sardi (ne parliamo a pagina 2). Delle altre proposte annunciate occorrerà capire se si tratta solo di materia della giunta, o se - come appare più che probabile in alcuni casi - dovrà passarsi dall’aula del Consiglio regionale. In questo secondo caso, il rischio di impantanarsi nelle secche della politica politicante è ancora più alto. E’ un prezzo che i sardi non possono più permettersi (sn).


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IL PORTICO DEL TEMPIO

IL PortIco

Il Papa. Al Corpo diplomatico richiamata l’esigenza di contrastare la povertà.

“La nostra gioia nasce dall’incontro con una persona viva: Gesù Cristo” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre ha fatto riferimento all’aiuto che viene dalla Vergine Maria per vivere bene la Settimana Santa e ha invitato i giovani, che con la Domenica delle Palme celebrano la giornata a loro dedicata, a prepararsi spiritualmente alla Giornata Mondiale di Rio de Janeiro. Il tema dei giovani è ritornato anche nell’omelia di Francesco nella S. Messa della Domenica delle Palme: «i giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù!». Sempre nell’omelia delle Palme il Papa ha richiamato il valore della gioia cristiana: «non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi. Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù». Un secondo tema sul quale ha insistito Francesco nella stessa omelia è quello della Croce: «Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio. Gesù sulla croce sen-

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te tutto il peso del male e con la forza dell’amore di Dio lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione». In occasione della solennità di San Giuseppe il Santo Padre ha celebrato la Messa per l’inizio del suo ministero petrino. Nell’omelia della Celebrazione Eucaristica il Papa Francesco ha approfondito la vocazione di “custode” di Giuseppe: «come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio. In lui, cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con pron-

tezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo!». Ogni uomo per esercitare la “custodia” di Dio, degli altri uomini e del creato deve partire dal “custodire” se stesso: «custodire vuol dire vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!». Nella stessa occasione il Santo Padre ha richiamato il vero significato del servizio: «il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il

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e, se sei già abbonato, controlla la scadenza del tuo abbonamento

potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce». Ricevendo in udienza i rappresentanti delle chiese, delle comunità ecclesiali e di altre religioni Francesco ha invitato tutti ad un impegno comune per l’umanità: «noi possiamo fare molto per il bene di chi è più povero, di chi è debole e di chi soffre, per favorire la giustizia, per promuovere la riconciliazione, per costruire la pace. Dobbiamo tenere viva nel mondo la sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo». Nell’incontro con i membri del Corpo Diplomatico il Papa ha ricordato le povertà materiali e spirituali del nostro tempo: «si può constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati, e che così lavorano per edificare società più umane e più giuste. Ma c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la "dittatura del relativismo", che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini».

domenIcA 31 mArzo 2013

pietre INDONESIA

Stop alle chiese a Giava occidentale La comunità cristiana della città di Bandung nella provincia di Giava occidentale ha ricevuto minacce e l'ordine di fermare le assemblee di culto. Un leader di quartiere, a capo di un nutrito gruppo di musulmani, ha ordinato ai fedeli cristiani di togliere tutte le immagini cristiane e lasciare l'edificio in cui si riuniscono a pregare. Al rifiuto opposto dai leader dalla comunità, i musulmani hanno promesso di tornare con una folla di militanti, per sloggiare i cristiani con la forza.

PAKISTAN

Ancora violenza sui minori cristiani Un adolescente cristiano, vittima di false accuse di blasfemia, è stato salvato e condotto all'estero con la sua famiglia. Una ragazza cristiana, Rafia Mansha, 14 anni, rapita da un musulmano e costretta al matrimoni islamico e alla conversione, ha ottenuto giustizia da un tribunale, che ha dichiarato matrimonio “falso, illegale e nullo”. I due casi puntano nuovamente l'attenzione sulla condizione di precarietà che vivono le minoranze cristiane nel paese. Il 15enne era stato accusato di aver inviato ad alcuni coetanei musulmani un sms blasfemo su Maometto. Per questo la sua casa è stata saccheggiata e data alle fiamme da musulmani radicali. Il ragazzo e la sua famiglia sono scampati per miracolo e hanno vissuto alcuni mesi nel nascondimento, prima di far trasferirsi all'estero. In un altro caso una ragazza cristiana è stata rapita da due musulmani e poi costretta al matrimonio islamico e alla conversione. La famiglia ha fatto ricorso al tribunale dove, nonostante l'opposizione della controparte musulmana, la Corte ha dichiarato la nullità del matrimoni e restituito la giovane alla sua famiglia. CENTRAFRICA

Violenze contro i religiosi Un religioso è stato aggredito in un villaggio della Repubblica Centrafricana dai ribelli della coalizione Seleka. Secondo le testimonianze raccolte i ribelli hanno ingiunto al religioso di consegnare le chiavi della sua automobile, in panne. Di fronte al suo rifiuto, i ribelli lo hanno colpito con una cintura. Una violenza gratuita perché i ribelli sono stati poi costretti ad abbandonare il veicolo, viste le sue pessime condizioni. A Bambari i ribelli hanno saccheggiato la farmacia della diocesi, la radio comunitaria e gli uffici della Caritas. La popolazione si trova di fronte ad una scelta drammatica: restare in città oppure rifugiarsi nelle foreste.


domenIcA 31 mArzo 2013

IL PORTICO DEI GIOVANI

IL PortIco

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Pasqua al cinema. Scopriamo il nuovo film del regista Giovanni Columbu dedicato alla Passione di Cristo.

La Passione di Cristo girata in lingua sarda è arrivata finalmente sul grande schermo Sceneggiatura firmata con il padre Michele, scene del Golgota girate sul monte Corrasi. Una Sardegna arcaica fa da sfondo ad un’opera dalla difficile gestazione MANUELA VACCA

os'è la sacralità?», si chiede il regista Giovanni Columbu fuori dalla sala cagliaritana dove è stata presentata la prima del suo ultimo film, “Su Re”, che narra la passione di Cristo in lingua sarda (con sottotitoli in Italiano) sullo sfondo di una Sardegna divenuta scenografia ideale per una narrazione atemporale. Respinge con garbo e fermezza l'accusa di perdita di sacralità a chiunque gliela dovesse muovere. L'aver portato in questi termini la passione di Cristo sullo schermo, dopo una gestazione assai complessa, è frutto di una lunghissima e meticolosa ricerca sui passi paralleli dei vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. «La sacralità non è qualcosa di esteriore che luccica», dice mentre dentro la sala scorrono le immagini di un Gesù lontano dai tradizionali canoni cinematografici. Poi aggiunge: «Oggi si possono

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Giovanni Columbu durante la lavorazione del film.

trovare ulteriori nuovi motivi, inoltre, con l'annuncio di papa Francesco di una nuova stagione di spiritualità». “Su Re” giunge a compimento grazie a una tenacia genuina davanti a una serie di problemi. Il suo primo lungometraggio, l'apprezzatissimo “Arcipelaghi”, è del 2001. Sono quindi passati oltre dieci anni per approdare a questo secondo lavoro. Gli ostacoli hanno riguardato innanzi tutto il reperimento delle risorse. Dopo tanti no ricevuti (due dal Ministero alla Cultura) ha bussato anche alle porte dei privati per trovare i finanziamenti. Nel corso della lavorazione ci sono stati cambiamenti di stile, motivo per cui una consistente parte

del materiale girato non è stato più usato. Nel processo di creazione le modifiche sono avvenute persino sugli interpreti: Fiorenzo Mattu, l'attore chiamato a interpretare Giuda è diventato Gesù. «Notavo che era Giuda a rubare la scena per cui ho deciso di cambiare i ruoli», spiega. Il tutto mentre le nove settimane di ripresa si sono necessariamente svolte lungo due anni. E, alla fine, il film si è dovuto fare solo con 800 mila euro. La sceneggiatura è firmata dal regista assieme al padre Michele, recentemente scomparso. E a lui è dedicato “Su Re”. Proprio Michele Colombu apre e chiude l'opera come voce del profeta Isaia. La storia avanza lenta, destrutturata in balzi temporali

avanti e indietro. Vive di una fotografia eccezionale. Molti i primi piani, ma sono parecchi anche i movimenti di macchina a mostrare soggettive di una comunità che condanna il Cristo. E’ un Gesù che non si colloca nei canoni della figura tipica della tradizionale iconografia e l'effetto è dirompente. Il popolo sembra narrare la vicenda su luoghi che, per intenzione dell'autore, non dovevano possedere una immediata riconoscibilità. Il monte Corrasi di Oliena diventa un Golgota sferzato dal dolore. Il resto fa parlare una Sardegna arcaica ma non fissata in un tempo definito e quindi ripercorribile. Svariati i riferimenti pittorici. E’ un quadro dove la tragedia dell'umanità viene consegnata ai nostri occhi attraverso i volti ata-

vici degli attori non protagonisti, una scelta efficace e già testata nel precedente film. Il lungometraggio, ora nelle sale della Sardegna, arriverà anche in quelle nazionali da giovedì (28 marzo), distribuito dalla Sacher di Nanni Moretti. Il pubblico si prepari a non restare indifferente ma a farsi scuotere per la sofferenza del figlio di Dio, fatto uomo e sommariamente processato. E’ un'opera che fa emozionare nel suo fascino pasoliniano. Non si nasconde che sia un film difficile e non piacerà a tutti, benché non sia stato pensato per essere elitario. “Su Re” è però in grado di creare autentica commozione sia nei cattolici che nei laici, come testimoniano le impressioni dei primi giorni di programmazione.

sport e le riflessioni accurate che spiegavano perché gli sponsor troppo spesso agiscono contro gli interessi dello sport stesso, lo resero un personaggio scomodo, anche nella sua Italia. Mennea è stato l’impersonificazione del detto “Nessuno è profeta in Patria”: è assurdo che lui, con la sua esperienza agonistica, con le sue cognizioni accademiche (le 4 lauree, l’attività politica europea, l’insegnamento, e quant’altro) non abbia avuto alcun ruolo di gestione nel CONI,

come nella federazione di atletica leggera. È una cosa che deve far riflettere. Sono stati venti anni di una carriera unica, venti anni di trionfi. Contro tutto, contro tutti. Quando stabilì il primato del mondo dei 200 metri piani a Città del Messico nel 1979, durante le Universiadi, Pietro Mennea confermò al mondo intero che l’allenamento matto e disperatissimo potevano vincere contro l’uso indiscriminato delle droghe dopanti, contro i superuomini costruiti in laboratorio. Lui “Il Nero Bianco”, quando stabilì quel record non poteva certo sapere –o forse lo sapeva?- che il suo 19”72 avrebbe resistito ben 17 anni, prima di esser battuto da uno di quei superatleti super pagati super stellari ma che non hanno avuto una carriera ventennale come la sua, e che si portavano dietro un’aura di voci e sospetti che lui, “la Freccia di Barletta”, non ha mai avuto. Mennea è un mito ed un esempio che dovrà essere narrato a chiunque inizi a fare sport. E la sua più grande vittoria sarà non l’oro delle Olimpiadi di Mosca 1980 nei suoi amati 200 metri, ma ogni ragazzo che diverrà campione nella vita seguendo il suo esempio.

Un grande campione soprattutto nella vita Ricordo senza filtri di Pietro Mennea, esempio per tutti MA. LA. HO INCONTRATO l’ultima volta l’anno scorso. Eravamo in aereo, lui veniva a Cagliari per un convegno, io per il mio fine settimana con la mia famiglia. Mi salutò affabile e gentile come sempre, con l’umiltà che solo i grandi uomini hanno: caratteristiche che stridono con l’immagine che di Pietro Mennea si è sempre avuta. Scontroso, scorbutico, in guerra con il mondo. Ed invece erano gli atteggiamenti di chi voleva vincere per gridare al mondo che si può essere dei grandi campioni nello sport essendolo soprattutto nella vita. Questo era Pietro Mennea, e la commozione e il dolore sono

L’

molto forti in questo momento. La sua eredità è il suo ricordo con il dito indice alzato nel suo tipico gesto di vittoria, cosa che gli capitava spesso: vincere, e quando vinceva era una vittoria per tutte le persone normali contro chi si batteva nell’agone sportivo come nella vita usando le pratiche illecite del doping, della corruzione. Aveva avuto tutto nella sua carriera solo e sempre con il suo folle amore per la vita che si manifestava in una caratteristica fondamentale: l’ostinata ricerca della perfezione con il massimo sforzo che la natura gli poteva permettere. Era un uomo eternamente in lotta: la lotta con il suo corpo normale di ragazzo di famiglia modesta. Ma un corpo scolpito con anni di allenamenti che andava

una storica volata di Pietro Mennea.

sempre oltre i confini della resistenza umana, come correre dietro il suo allenatore Vittori che stava seduto su un Vespa, e superarlo. Il cancro è stata una battaglia che ha perso, una battaglia di una guerra troppo rapida per lui, abituato ad allenamenti massacranti, a studiare tutto, a fare tutto, ma sempre quasi nel nascondimento. Le sue denunce contro il doping, contro le collusioni delle grandi federazioni sportive mondiali, il suo opporsi con forza alla spettacolarizzazione a tutti i costi dello


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IL PortIco

IL PORTICO DEI GIOVANI

DOMENICA 31 mArzo 2013

Solidarietà. Si moltiplicano le iniziative per aumentare le scorte di sangue nell’Isola per le persone con talassemia.

Con Thalassa Azione in campo per la vita, così un raduno alimenta la generosità Un altro Raduno del cuore per donare sangue: e ancora una volta è l’associazione guidata da Ivano Argiolas a far volare alto la solidarietà dei sardi di tutta l’Isola SERGIO NUVOLI LESSANDRO AVEVA 13 anni quando è morto. Ricordo ancora quando da un giorno all’altro, con i compagni di gioco sotto casa, ci ritrovammo con un amico in meno. Era affetto da thalassemia, ci spiegarono che - con questa malattia si muore. Erano i primi anni ‘80: lui se ne era andato a 13 anni, senza sconti e senza salutare. Oggi - come dice Ivano Argiolas, il combattivo presidente di ThalassaAzione (che per un curioso gioco del destino ha lo stesso cognome di Alessandro) - le persone con thalassemia conducono una vita normale, c’è chi fa sport, chi ginnastica ritmica. E - a sentire loro non potrebbe essere diversamente. Sono poco più di 960 in tutta l’Isola, e le loro nascite - sottolineano dall’associazione - “sono tutte volute e consapevoli”. Tutte

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il vicecomandante Antonio Gasparro, Ivano Argiolas e Marco Mameli.

persone con una vita piena, normalissima come tante altre. Un tempo erano i genitori dei bambini ad organizzarsi in associazione, magari per rivendicare i propri diritti, oggi sono direttamente coinvolti in prima persona: in Sardegna, il più anziano supera oggi i 60 anni ed è pure nonno. Nel giro di un anno, Ivano Argiolas e i suoi amici hanno organizzato per 18 volte il Raduno del cuore. Speciali giornate in cui la sensibilizzazione alla donazione di sangue raggiunge il massimo grado: per loro, esattamente come per tutti, il sangue è vita. E a rispondere, sabato scorso, è stata in massa l’Arma dei Carabinieri. “Il sangue è di chi ne ha bisogno -

quasi si schermisce il vicecomandante della Legione Sardegna, Antonio Gasparro - Il nostro coinvolgimento in forze serve anche a dare maggiore visibilità all’evento. Ma sia ben chiaro che, per noi, questi ragazzi sono come i giocatori della Dinamo: veri giganti”. “Non chiediamo di essere ringraziati - aggiunge il vicecomandante dell’Arma nell’Isola - Non c’è nulla di meritorio in quello che abbiamo scelto di fare, siamo soltanto una parte del giro della vita”. E, quasi per rimarcare il concetto, esprime il dispiacere che già tanti carabinieri siano donatori abituali, nel Centro dell’Ospedale San Michele come in altri centri della Sardegna.

“Il 44% delle unità di sangue trasfuse in Sardegna nel 2012 - sottolinea Michele Bajorek, responsabile del coordinamento delle attività trasfusionali - è stato destinato alla terapia dei pazienti talassemici”. In Sardegna negli ultimi tre anni sono aumentate sia le donazioni sia i consumi, mentre sono diminuite le importazioni. “Siamo un’isola - fa notare Gasparro - in altre parti d’Italia ci sono meno problemi per l’approvigionamento, dove serve se ne manda. In Sardegna la procedura è chiaramente più lunga ed elaborata”. “In questo i carabinieri sono sempre stati un punto di riferimento riconosce Bajorek - sia per le donazioni urgenti sia per quelle programmate”. Sul profilo culturale preferisce soffermarsi Ivano Argiolas, per un aspetto tutt’affatto secondario: “Parliamo di persone affette da thalassemia, e non di talassemici spiega - E’ un concetto culturale rivoluzionario, anche se può sembrare una questione di poco conto. In realtà, è un cambiamento legato al passaggio dalla prognosi chiusa alla prognosi aperta: oggi facciamo una vita uguale agli altri, senza grandi differenze”. E spiega che oggi “ci sono quattro terapie differenti, l’equilibrio è migliore”, anche per via della “riso-

Religione cattolica, opportunità per la vita Iniziato il corso di aggiornamento per gli insegnanti ROBERTO PIREDDA

ercoledì scorso nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Cagliari si è svolto il primo degli incontri del Corso di aggiornamento per i docenti di religione cattolica promosso dall’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC). Il tema del Corso di quest’anno è “Le nuove Intese per l’IRC” e trae spunto dalla firma lo scorso 28 Giugno 2012 di due intese tra il Ministero dell’Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana sull’IRC riguardanti il quadro giuridico-normativo dell’IRC e le nuove Indicazioni nazionali per il secondo ciclo. Il primo incontro è stato guidato da mons. Vincenzo Annicchiarico, docente di teologia pastorale, catechetica e didattica per l’IRC all’ISSR di Taranto e già Responsabile nazionale del Servizio per l’IRC della CEI. Nella sua prima relazione mons. Annicchiarico ha approfondito, a parti-

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re dal testo della nuova intesa quadro sull’IRC, la natura di questa disciplina scolastica: «la disciplina scolastica Irc, nel tempo, si struttura a partire da due fattori essenziali il primo è a livello epistemologico, di cui le dimensioni costituenti sono di tipo biblico-teologico, storico-culturale, antropologico e pedagogico-metodologico, mettendo in evidenza il suo solido ancoraggio al dato concordatario che recita “secondo le finalità della scuola”; il secondo livello è di tipo giuridico-normativo, poiché questa disciplina discende da una norma pattizia, essa viene amministrata correntemente dalle due au-

Nelle immagini, il corso di aggiornamento per insegnanti di religione.

torità paritetiche che sono l’Ordinario diocesano e l’Amministrazione scolastica». Il relatore ha anche mostrato il valore, sottolineato anche nella nuova intesa, di un’IRC che fa chiaramente riferimento alla tradizione cristiano-

cattolica: «l’IRC ha occupato a pieno titolo il suo posto nella scuola come espressione di quel luogo educativo che permette alle giovani generazione di affrontare le questioni di senso, studiando una religione concreta che è parte del patrimonio storico del Popolo italiano. È ormai superata la fase storica di taluni che proponevano un Ir non connotato di detto patrimonio e inteso soltanto come fenomenologia della religione o come scienza, o come storia delle religioni, o come semplice scuola di religiosità o di umanità». La nuova intesa-quadro firmata lo scorso 28 Giugno 2012 ribadisce con chiarezza il valore dell’idoneità del-

nanza magnetica con cui i medici riescono a capire dov’è accumulato il ferro nel nostro organismo”. “Il 97% delle coppie di portatori sani - aggiunge Argiolas con una punta di tristezza - decide di non riprodursi”. Purtroppo su questo sono tanti i medici, e gli specialisti, che non spiegano alle coppie che non c’è certezza matematica - in caso di due portatori sani - che il figlio nasca affetto da thalassemia. Nel dubbio si preferisce rinunciare: “Non sanno - annota il presidente di ThalassaAzione - che oggi si fa una vita assolutamente normale, tra di noi c’è anche chi è arrivato a praticare pattinaggio artistico a livello professionale”. A concludere con un po’ di conti ci pensa Marco Mameli, vicepresidente dell’associazione che raccoglie più di 600 iscritti in tutta l’Isola: “Siamo arrivati al 18mo Raduno del cuore in un anno - dettaglia ma iniziative simili si svolgono in tutta la Sardegna: è un ottimo risultato essere riusciti a raccogliere in questo modo 900 sacche soltanto grazie al nostro passaparola tra amici. Oggi ci sono anche numerose squadre di varie discipline sportive che seguono la nostra associazione, e indossano le nostre maglie durante le partite: è il segno che la nostra attività sta iniziando a portare frutti molto buoni”. Oggi Alessandro sorriderà.

l’Ordinario diocesano che riconosce al docente di IRC la retta dottrina, l’abilità pedagogica e la testimonianza di vita cristiana e anche la nomina d’intesa degli insegnanti tra l’autorità ecclesiastica e quella statale. Nel suo secondo intervento mons. Annicchiarico ha illustrato le motivazioni e le linee di fondo delle nuove Indicazioni nazionali e linee guida per l’IRC nel secondo ciclo di istruzione e formazione, pubblicate in seguito all’intesa tra il MIUR e la CEI nel 2012. Il relatore ha fatto notare come nei testi delle Indicazioni «l’Irc viene presentato come un possibilità costruttiva per la vita della persona, capace di conferire senso a domande vitali, ricca di effetti storico culturali ed etici in Italia e in Europa, aperta costruttivamente al dialogo interculturale sia nei luoghi educativi quali la scuola e la IeFP sia nella società civile. Scorrendo le competenze, le conoscenze e le abilità, si potrà notare come vengano messi a fuoco: la relazione Dio-uomo, la sua esemplare realizzazione nella persona di Gesù Cristo con speciale riferimento all’evento pasquale, l’attestazione viva e contemporanea di questa verità nella missione della Chiesa». L’approfondimento dei testi delle nuove Intese aiuta quindi i docenti a comprendere sempre meglio il valore specifico che l’IRC porta nella scuola e a rinnovare le motivazioni del loro servizio educativo.


IL PORTICO DI CAGLIARI

Pasqua. L’amministrazione comunale sostiene le numerose iniziative religiose.

“I riti della Settimana Santa sono gli appuntamenti più importanti” Proposta l’istituzione di un Comitato in grado di realizzare un raduno delle Confraternite da tutta la Sardegna. Gli assessori Argiolas e Puggioni sono d’accordo ROBERTO COMPARETTI ANNO PRESO il via il 22 marzo e termineranno l’8 aprile i Riti della Settimana Santa a Cagliari. Is Misterius per le vie del centro storico della città hanno sfilato come ogni anno, segnando l’inizio delle celebrazioni e degli appuntamenti che oramai da secoli caratterizzano il periodo pasquale. “I riti – ha detto Enrica Puggioni, assessore comunale alla Cultura – devono essere un’importate manifestazione per far riscoprire e valorizzare l’immenso patrimonio immateriale custodito a Cagliari. I riti non devono essere solo un momento di attrazione verso la città, ma anche una testimonianza della cultura, della tradizione e della memoria di Cagliari. Questi appuntamenti mostrano l’impegno e la devozione di coloro che appartengono alle confraternite e alla congregazioni in attività tutto l’anno”. Le confraternite dal canto loro in

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La processione per la vie di Villanova; sotto gli Assessori Argiolas e Puggioni.

questi giorni sono impegnatissime nei diversi appuntamenti. “Per noi – afferma Domenico Corso, presidente dell'Arciconfraternita della Solitudine – è un anno particolare perché la situazione della chiesa di San Giovanni è preoccupante, con il tetto a rischio crollo. In attesa di una soluzione, che ci auguriamo arrivi al più presto, vorremmo proporre una sorta di tour delle principali chiese storiche della città, con la possibilità che, anche nel periodo estivo, si possa presentare ai tanti turisti i principali appuntamenti della Settimana con le altre confraternite”.

Su questo punto concorda anche l’assessore comunale al Turismo. “I riti della Settimana Santa sono gli appuntamenti più importanti della città in chiave turistica. La stagione che si sta aprendo – ha detto – non sarà di certo facile, come dimostrano i numeri di quella passata, che ha registrato una flessione importante. Tuttavia la nostra amministrazione insieme a quella di altri quattro centri costieri sta lavorando per cercare di ottimizzare le forze e mettere in rete tutte le possibilità per attirare i turisti che si fermano nel sud Sardegna, circa due milioni quelli che arrivano per

le loro vacanze. Stiamo lavorando con i vettori aerei programmando campagne pubblicitarie per attirare l’attenzione dei turisti, ma dobbiamo tener conto della disponibilità delle compagnie: senza un adeguato impegno a sostenere le tratte da e per l’Isola non è possibile far crescere il numero di presenze. Ad ottobre scorso è stato registrato un calo del 40% di presenze in città e in provincia: il numero di voli è stato basso per cui è facile comprendere che meno aerei significa meno turisti”. Al di là delle presenze o meno la Settimana Santa resta il momento di visibilità più importante per le confraternite. “La nostra come la altre confraternite – ha detto Giampaolo Mureddu, presidente dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso – lavora tutto l’anno. In questo periodo però c’è una maggiore visibilità e ci piacerebbe poter mostrare le nostre caratteristiche ai turisti che in estate passano di qui. Quest’anno abbiamo voluto altre confraternite ai nostri appuntamenti: oltre a quelle di Cagliari abbiamo inviato anche una confraternita di Quartu ed una di Selargius”. Le confraternite hanno fatto una proposta all’amministrazione comunale di Cagliari: creare un comitato in grado di realizzare un raduno regionale delle Confraternite. Gli assessori Argiolas e Puggioni si sono dette disponibili.

Artieri, la Confraternita: “Felici per il nostro ruolo” Vicini ai gesuiti, sono tra i protagonisti dei sacri riti R. C. ATA NEL 1586, sotto l’invocazione della Natività della Santissima Vergine, nella chiesa di Santa Croce in Castello, la Congregazione degli Artieri o degli Artisti, come venivano chiamati gli artigiani, oggi è una delle protagoniste della Settimana Santa a Cagliari, in particolare con la processione di Santi Misteri, che dal XVII secolo in poi ogni anno veniva riproposta. Negli anni ’60 del secolo scorso fu soppressa, perché i congregati erano pochissimi, ma venne ripristinata nel 2005 dal compianto padre Federico Botta, gesuita di San Michele, chiesa dove oggi ha sede al Congregazione. “Per noi questo è un anno particolare - dice Lorenzo Fadda, priore della Congregazione degli Artieri – perché la recente elezione di Papa Francesco ci ha dato un ulteriore motivo di gioia. La nostra è una Congregazione che si rifà ai gesuiti, la guida spi-

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rituale è padre Enrico Deidda della comunità di San Michel per cui ci sentiamo orgogliosi di far parte in un certo qual modo della famiglia dei gesuiti e ci sentiamo ancora più vicino al nuovo Papa. Il giorno dell’elezione eravamo a San Michele e siamo stati felicissimi alla notizia del neo Pontefice”. La recente ripresa della processione dei Santi Misteri, con le statue del Lonis per le vie del centro, ha determinato una “rinascita” della Congregazione. “Siamo partiti da poco più di una decina di persone – dice ancora Fadda – ed ora siamo quasi una trentina, e quest’anno cinque giovani hanno fatto richiesta di essere ammessi. Certo i numeri non sono come quelli delle altre Confraternite ma pian piano credo che ci sia la possibilità di crescere. Quella dei Santi Misteri è solo una delle tante attività che portiamo avanti nel corso dell’anno: una volta al mese ci incontriamo con padre Deidda per una catechesi formativa, nella qua-

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IL PORTICO

brevi DOMENICA 7 APRILE

Raduno dei movimenti in Seminario Si terrà domenica 7 Aprile nel Seminario arcivescovile di Cagliari una giornata di condivisione sul tema “Nella Fede la Festa della Parola”, con inizio alle 9,30. Alla riflessione sul cap. 11 della Lettera agli Ebrei tenuta da Mons. Franco Puddu seguiranno testimonianze delle varie realtà Ecclesiali. Quindi il pranzo. Alle 15,45 mons. Miglio presiederà la Celebrazione Eucaristica. La giornata, aperta a tutti, è promossa da Movimento dei Focolari, Cammino Neocatecumenale, Movimento dei Cursillos di Cristianità, Rinnovamento nello Spirito, Famiglie Rinnovate Comunità Primavera R.C.C., Comunità Missionaria di Villaregia. Per informazioni: Tonina 3477635002 - Pupa 3382240477

IL 12 APRILE A SASSARI

Una Chiesa giovane al servizio dell’uomo “Un Concilio per una Chiesa giovane al servizio dell'uomo: bilancio a cinquant'anni dalla sua celebrazione”: questo il titolo del convegno in programma a Sassari il 12 aprile nell’Aula magna dell’Unine 50° versità. Modera i lavori l’arcivescovo di Cagliari, mons. &# &## Miglio, partecipa no mons. Paolo Atzei (Concilio Vaticano II: accoglienze e attese nella Chiesa sarda), Attilio Mastino (Linee conciliari sull'educazione dei giovani: attese e delusioni), mons. Tonino Cabizzosu (Contributo dei vescovi sardi al Concilio Vaticano II), Giuseppe Zichi (Incidenza degli orientamenti conciliari nella Chiesa Sarda). L’inizio dei lavori è previsto per le 16.30. L’iniziativa è della Facoltà teologica della Sardegna, dell’Istituto di Scienze religiose di Sassari e dell’Università di Sassari: in apertura sono previsti, nel programma, i saluti dei rappresentanti delle tre istituzioni. REGIONALE REGIO

IIL L C CONCILIO ONCILIO VATICANO V AT I C A N O IIII

DOMENICA 31 mArzo 2013

PASTORALE FAMILIARE

Matrimonio e famiglia, incontri sul tema Una delle sette statue dei Santi Misteri di Stampace.

le viene proposto uno dei sette Misteri che poi portiamo in processione. Non tutti siamo sempre presenti ma vogliamo andare avanti e crescere insieme. Credo che se questo Papa continuerà a mostrarsi così come l’abbiamo visto nei primi momenti, i giovani potrebbero avvicinarsi alla Congregazione e farla crescere: Papa Francesco ha dato molto entusiasmo ai ragazzi”. Stampace è uno dei quartieri storici, dove lo spopolamento ha ridotto le possibilità di dar vita a nuove iniziative. La presenza della Congrega-

zione insieme ad altre realtà, come quella dei Cuccurus Cottu, dai quali in un certo senso sono rinati gli stessi Artieri, sono un segno importante. “Certo c’è ancora tanto da fare - conclude il presidente – visto il numero ridotto di congregati, ma pian piano cercheremo di impegnarci per animare il quartiere. Una strada che sarebbe interessante percorrere è quella della collaborazione con le altre Confraternite della città e dell’hinterland, per conoscerci e condividere momenti pubblici non legati alla sola Settimana Santa”.

L’ufficio diocesano per la pastorale famigliare ha programmato un incontro per la presentazione del documento CEI “Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia”. L’incontro sarà tenuto da mons. G. Anfossi, vescovo emerito di Aosta, già presidente commissione CEI per la famiglia. In programma due momenti per giovedì 11 aprile: al mattino con i sacerdoti in occasione del ritiro mensile e alla sera alle ore 18 nell’aula magna della facoltà teologica. L’appuntamento serale è rivolto alle equipe per la preparazione al matrimonio che operano nelle parrocchie e ai laici impegnati nella pastorale familiare.


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IL PORTICO DE

IL PortIco

DOMENICA DI PASQUA

dal Vangelo secondo Giovanni

DON ANDREA BUSIA

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il portico della fede

I

I primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Gv 20, 1-9

ono tre i personaggi del nostro brano odierno (o forse quattro, ma lo vedremo più avanti), tutti importantissimi e con un ruolo bel preciso all'interno del racconto. Maria di Magdala sembra, a prima vista, un personaggio di contorno ma così non è, e Giovanni non evita di sottolinearcelo: intanto, come negli altri vangeli, si evidenzia come sia Maria Maddalena a giungere al sepolcro per prima e, sebbene Giovanni non ci riporti le apparizioni angeliche e il loro dialogo con le donne, non di meno ci dice che ella si rende conto che qualcosa è successo. E non è un caso che sia la prima, difatti è colei che si mette in movimento di mattina presto, quando era ancora buio, non appena cessarono le limitazioni imposte dalla festa della Pasqua ebraica. Lei non può aspettare, deve rendere omaggio alla salma del maestro, e per farlo non c'è un minuto da perdere, neanche attendere che arrivi la luce del sole: Maria è guidata dall'amore, la fede nella risurrezione, la consapevolezza di ciò che è successo, arriverà dopo (Gv 20,11-18). Questa mancanza di

E si recarono al sep

comprensione in Maria ci viene sottolineata dall'evangelista in maniera simbolica attraverso la notazione “quando era ancora buio”, questo buio non è dovuto solo all'alba non ancora giunta, ma anche alla tristezza che la maddalena sentiva nonché al fatto che ancora mancava la fede nella risurrezione (come dice chiaramente Giovanni nell'ultimo versetto del nostro brano). La sorpresa, ma anche il timore che fosse successo qualcosa al corpo, fanno correre Maria da Pietro e il discepolo prediletto, non è più una camminata triste come all'inizio, ora tutto avviene di corsa. Anche i due discepoli corrono, per curiosità e probabilmente per lo stesso timore, ma in ogni caso, come nel caso di Maria, non c'è tempo da perdere. Il discepolo prediletto, più veloce nella corsa come anche a capire cosa sia successo, è il più veloce ad arrivare al sepolcro, ma si ferma sulla soglia e vede solamente i teli con cui era stato avvolto per la sepoltura il corpo di Gesù. Quando Pietro arriva ed entra vede anche il sudario, ben sistemato, in un luogo a parte. Noi conosciamo già il finale della storia, ma è opportuno ora fermarci e chiederci che cosa

abbia provocato la fede del discepolo prediletto, perché nel brano, di per sé, ciò che ci viene presentato rimane abbastanza oscuro, non meno di quanto lo fosse per Maria maddalena. Giovanni non lo dice chiaramente all'interno del nostro brano e questo non è casuale, per trovare la risposta dobbiamo tornare indietro e, così facendo, far emergere un quarto personaggio, apparentemente assente, ma in realtà fondamentale. Come tre sono gli annunci della passione riportati dagli altri evangelisti, tre sono le promesse dell'invio dello Spirito Santo nel vangelo di Giovanni: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26); “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza” (Gv 15,26) e ancora “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Gv 16,13). Sebbene essi non abbiano ancora ricevuto in pienezza lo Spirito Santo (Gv 20,22), è

Lui ad agire in essi permettendo loro di ricordare ciò che Gesù ha detto e, soprattutto, di fare il salto, dal semplice ricordo, alla comprensione e quindi alla fede. Possiamo anche notare come il nostro episodio abbia un carattere ecclesiale: troviamo in esso lo Spirito Santo, il Signore Gesù (sebbene non sia presente sulla scena è evidente come tutto ruoti attorno a Lui), Pietro e il discepolo prediletto (quindi gli apostoli), e Maria con le donne che avevano conosciuto Gesù (possiamo notare che Maria non è la sola ad andare al sepolcro, non solo perché così ci dicono gli altri vangeli, ma anche perché quando parla con gli apostoli usa il plurale: “non sappiamo” invece di “non so”). Alla fine di questo commento, cosciente che esso non può ovviamente rendere giustizia di un brano di questa importanza e densità, vorrei augurarvi a tutti una santa Pasqua con la preghiera che a tutti sia concesso di riconoscere, nella propria vita, il Risorto che ci visita affinché possiamo tutti con fede proclamare come Maria maddalena e i dodici: «Abbiamo visto il Signore» (Gv 20,18.25)

COLUI CHE AGISCE In questo numero terminiamo la rilettura della Conferenza dal titolo Che cosa crede la Chiesa? Un’introduzione al Catechismo della Chiesa Cattolica, che l’allora Cardinale Joseph Ratzinger tenne nel 1993 durante il Sinodo della Diocesi di Roma. Il futuro Benedetto XVI nella sua riflessione mostra come l’archetipo della professione di fede è quello battesimale: «ciò avviene fin dai tempi apostolici e doveva pertanto essere anche la strada del Catechismo. Esso svolge la fede a partire dalla professione di fede battesimale. Appare così chiaramente in quale maniera vuole insegnare la fede: catechesi è catecumenato. Non è una semplice lezione di religione, ma il processo del donarsi e del lasciarsi donare alla parola della fede, nella comunione di destino con Gesù Cristo». Riprendendo Sant’Ireneo che afferma la necessità per l’uomo di abituarsi a Dio come Lui si è abituato a noi nell’incarnazione, Ratzinger ricorda che l’uomo è chiamato a fami-

liarizzare con lo stile di Dio e la sua presenza: «la tradizione paragona questo con l’azione dello scultore, che stacca dalla pietra con lo scalpello pezzo dopo pezzo, in modo che divenga visibile la forma da lui intuita. La catechesi dovrebbe anche essere sempre un processo del genere di assimilazione a Dio, poiché in realtà noi possiamo riconoscere solo ciò per cui si dà in noi una corrispondenza». L’atto di fede ha poi una dimensione morale: «esso implica uno stile di esistenza umana, che non produciamo da noi stessi, ma che apprendiamo lentamente attraverso l’immersione del nostro essere immersi nel battesimo, nel quale continuamente Dio agisce in noi e nuovamente ci attira a sé. La morale fa parte del Cristianesimo, ma questa morale è sempre parte del processo sacramentale del divenire cristiano, nel quale noi non siamo soltanto attori, ma sempre, anzi, addirittura in primo luogo ricettori, in una ricezione, che significa trasformazione».

Il fatto che il Catechismo della Chiesa Cattolica sviluppi la sua riflessione sulla fede a partire dall’antico Simbolo apostolico intende manifestare «la vera natura dell’atto di fede e così la vera natura della catechesi come un esercitarsi ad esistere con Dio». Tutte le verità della fede, spiega ancora Joseph Ratzinger, «sono sviluppi dell’unica verità, che noi scopriamo in esse come la perla preziosa, per la quale merita dare tutta la vita. Si tratta di Dio. Solo egli può essere la perla, per la quale noi vendiamo tutto il resto. Dio solo basta. Chi trova Dio, ha trovato tutto. Ma noi lo possiamo trovare solo perché egli prima ci ha cercato e ci ha trovato. Egli è in primo luogo colui che agisce e, per questo la fede in Dio è inseparabile dal mistero dell’incarnazione, dalla Chiesa, dal sacramento». di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

domenIcA 31 mArzo 2013

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Le richieste del Forum delle Famiglie.

polcro

Quattro priorità per la famiglia I. P.

n altri momenti storici attendere oltre un mese il nuovo governo sarebbe stato fisiologico, in linea con i famosi “tempi della politica”. Oggi però il Paese non se lo può permettere: oggi i tempi dei cittadini sono ben diversi da quelli della politica» commenta il presidente del Forum, Francesco Belletti in occasione del delicato momento storico attraversato dal Paese. «Linguaggi e contenuti del confronto politico sono davvero troppo distanti dalla quotidiana guerra contro lo sconforto e la disperazione, che combattono imprese, artigiani, famiglie, lavoratori, genitori, sindaci, insegnanti, operatori dei servizi sociali, della Caritas, del volontariato, della cooperazione. «Al presidente incaricato, Bersani, ed a tutti gli altri soggetti che possono dare un governo al Paese, ricordiamo che occorre prima di tutto restituire ossigeno a chi ogni mattina “tira su la saracinesca. In particolare ricordiamo quattro temi “per i primi cento giorni: a) La centralità della famiglia come risorsa di solidarietà, di protezione delle persone fragili, di resistenza alla crisi. Per questo vorremmo vedere tra le priorità del prossimo esecutivo un deciso al-

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Giovanni e Pietro corrono al sepolcro, nel celebre dipinto di Eugene Burnand.

RISCRITTURE

LA DITTATURA DEL RELATIVISMO Ma c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini. E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra. Uno dei titoli del Vescovo di Roma è Pontefice, cioè co-

lui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini. Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare! Le mie stesse origini poi mi spingono a lavorare per edificare ponti. Infatti, come sapete la mia famiglia è di origini italiane; e così in me è sempre vivo questo dialogo tra luoghi e culture fra loro distanti, tra un capo del mondo e l’altro, oggi sempre più vicini, interdipendenti, bisognosi di incontrarsi e di creare spazi reali di autentica fraternità. Papa Francesco Udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 22 marzo 2013

leggerimento della pressione fiscale, soprattutto sulle famiglie con figli. Altro che tagli a servizi e scuola! b) Pagare urgentemente i debiti della Pubblica amministrazione, per restituire liquidità al mondo del lavoro e delle imprese, come è stato chiesto anche dai Comuni. Cosa devono pensare cittadini e imprenditori di una pubblica amministrazione giudicata creditore non affidabile dalle banche? Altro che patto di stabilità e blocco degli investimenti della pubblica amministrazione! c) Non possiamo dimenticare che al sistema bancario è stato dato tanto in questi mesi di difficoltà. E’ tempo che le banche restituiscano a imprese e famiglie il credito che hanno ricevuto. Altro che vincoli europei, che generano un blocco del credito che soffoca progetti di impresa e di famiglia! d) È urgente un Piano straordinario di sostegno al lavoro dei giovani, valorizzando l’apprendistato e rafforzando le agevolazioni fiscali per le imprese. Occorre investire positivamente sulla flessibilità del lavoro dei giovani, sostenendo le transizioni da lavoro e lavoro e gli inserimenti lavorativi. Altro che fantasiosi contratti a progetto, partite Iva illusorie, o velleitarie richieste di garanzie per tutti!»


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IL PORTICO DEI LETTORI

IL PortIco

domenIcA 31 mArzo 2013

Perchè ci stupiamo di Papa Francesco?

Un giorno Gesù si trovò in un luoCredo perché, stavolta, il Conclave go deserto seguito da tanta gente ci ha regalato un parroco e tutti siaattratta dalla sua parola. Ce lo racmo meravigliati e assistiamo ad una conta l'evangelista Marco al capirivoluzione di stile e linguaggio da Lettera in redazione: arrivano le prime reazioni al nuovo Pontefice tolo 6 (versetti 30-44). parte di Jorge Bergoglio che, come Quanto amore in quel gesto di un parroco qualunque, celebra la Gesù che si ritira con i suoi disceMessa nella chiesetta in poli perché si riposino con lui. Sant’Anna, termina il rito e invece di Quando il discepolo sta con Gesù trova quella pace e quel risparire in sacrestia si mette davanti alla porta con i paramenstoro cui il Signore stesso aveva invitato: "Venite a me voi tutti viola e saluta i fedeli. ti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro..." (Mt 11,28). Stringe le mani, scambia una parola, ride, sorride, si lascia baCon Papa Francesco anche noi ci sentiamo come quei diciare e abbracciare, e a sua volta bacia ed abbraccia come un scepoli. Pur con i nostri problemi (e chi non ne ha?), le nostre parroco di quartiere mamme, nonni, giovani, padri e bambini. fatiche e delusioni, desideriamo stare ad ascoltare lui che ci Nessuno gli è estraneo, tutti guarda direttamente negli occhi. parla di Gesù per trovare ristoro per la nostra vita. La folla grida, saluta, stende le mani, cerca un contatto, poi – La preghiera è il primo modo per stare con Gesù (Papa sentendosi incoraggiata – gli si fa più vicino e se può lo strinFrancesco ce lo ha fatto capire il giorno della sua elezione) e ge forte. Papa Francesco esce, direi “tracima dai confini” deltrovare quella pace che spesso con grande fatica riusciamo a lo Stato Vaticano e si mescola ai pellegrini assiepati alle trantrovare nella vita di ogni giorno, segnata dalla fretta, dalle cosenne. se che si accavallano, dove troviamo tempo per tutto ma tropE allora, che cosa ha detto o fatto Papa Francesco, che (forpo poco per la preghiera e la meditazione della Parola di Dio. se) come cristiani già non sapessimo? Se stiamo con Gesù anche a noi, come abbiamo inteso per Mi sono data una risposta: lui è intimo di Gesù. Gesù amava papa Francesco, si apre davanti agli occhi un mondo di bistare con la gente. Non si è rinchiuso Gesù, nelle belle sasognosi in cerca di pane. crestie o negli uffici. Ecco perché ci stupiamo di papa In quella folla numerosa che già lo ama e lo segue, mi piace ripartire dal cuore vero del cristianesimo: il Vangelo. Francesco: ha reso quella folla anonima e diversa un popolo! vedere il mondo dei poveri di questo mondo, quello di cui E’ da li che dobbiamo ripartire. Ci invita ad essere realmente Ha reso tanti gruppi eterogenei per cultura e appartenenza sospesso si parla, ma di cui tanto poco ci si interessa. Chiesa, il popolo di Dio e a vivere in spirito di condivisione e ciale una comunità! Ha fatto sentire quella folla la famiglia di Non c’è dubbio, Papa Francesco ci sta facendo capire in tutti fratellanza come veri cristiani: “ Avevano un cuor solo ed un’a- Dio! La Chiesa! i modi quanto siano importanti gli ultimi della terra e ci invita a nima sola” ( At 4,32). Ma allora perché ci stupiamo tanto? Rossana Caocci

eguiamo ancora il suggerimento di Benedetto XVI: il Vaticano II si presenta a noi come intelligenza della Fede. Per comprendere il Concilio, assimilarlo sempre più, opera ancora incompiuta, è necessario entrare nel suo movimento spirituale, farlo nostro, portarlo avanti nel suo stesso senso. Ora il movimento spirituale della SC, decisivo per entrare in quello della LG, ci è indispensabile per la comprensione dei Documenti dalla genesi più travagliata, quello sulla Rivelazione, Dei Verbum (DV) e sulle relazioni della Chiesa col mondo dei comuni problemi umani, la Gaudium et Spes (GS). La riflessione sulla Rivelazione accolta nella Fede ecclesiale, portava con sé l’eredità della Riforma del sec. XVI: la S. Scrittura, Parola ispirata, contiene già in sé tutti i contenuti della Fede? Quale la sua relazione con la Tradizione ecclesiale, il suo Magistero? Era necessario che il Concilio trattasse della presenza più intensa del Signore alla sua Chiesa, quella Eucaristica, edificasse così lo splendore della Dottrina ecclesiale della LG, affinchè in questo contesto si parlasse con serenità delle relazioni S. Scrittura e Tradizione. Tutto avviene nel soggetto vivo della Chiesa, in cui la Liturgia costituisce “la Tradizione nel suo più alto grado di potenza e di solennità “(Dom Guéranger). Il comandamento del Signore di celebrare il Memoriale della sua Pasqua, con i contenuti inauditi del suo Corpo offerto in Sacrificio, del suo Sangue versato per i nostri peccati, ha in sé qualcosa di Unico, Vertice ricapitolatore di tutta la storia salvifica dell’intera umanità, contiene, genera, tramanda l’intera vita ecclesiale. La stessa Parola ispirata della S. Scrittura viene donata al-

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Un sussidio per la comprensione corretta del Vaticano II/2

L’intelligenza della fede di P. STEFANO M. MOSCHETTI, sj

la Chiesa che celebra con assiduità il Memoriale del Signore. Il suo discernimento, di Parola ispirata, avviene in contesto eucaristico: le due mense del Corpo offerto in Sacrificio e della Parola annunciata sono inseparabili, nei loro stessi contenuti; tanto che il riconoscimento della Parola ispirata, il Canone della Scrittura, è avvenuto in base al loro uso liturgico. Si dà questo mirabile intreccio: la Chiesa è sottoposta alla Parola di Dio, in quanto ispirata, ed insieme questa Parola ci viene donata e riconosciuta tale, nel contesto della vita della Chiesa. qualificata dal Vertice assoluto dell’Eucaristia che rende presente la Pasqua del Signore. Il discernimento del dono della S.Scrittura avviene per il suo uso liturgico, Eucaristico; ne segue che la Parola scritta non potrà mai contraddire la Parola eucaristica, il Memoriale della Pasqua affidato a Pietro e collegio Apostolico. La DeiVerbum, maturata e approvata dopo la SC e la LG, espone in modo sicuro, ma ancora molto da approfondire, la dottrina sulla Rivelazione, che ci raggiunge attraverso Tradizione (nel suo cuore la Liturgia eucaristica) e la S. Scrittura, e il

loro rapporto col Magistero. La Chiesa, Soggetto vivo della Tradizione, che si alimenta alle due mense inscindibili della Parola e del Corpo del Signore, sotto la guida di Pietro e del Collegio Apostolico, così sicura del suo fondamento, partecipazione a Cristo Signore, può aprirsi con criteri sicuri, al mondo complesso, anche ambiguo, della totalità delle questioni umane.Il Dio dell’Alleanza, il suo vertice nella Pasqua di Cristo, è anche il Dio della creazione: la Chiesa, che vive di Cristo, dovrà interessarsi della vita umana in tutti i suoi aspetti, per promuoverli, in modo etico, spirituale, nella loro consistenza creata, orientandoli alla salvezza eterna. I Padri delVaticano II potevano disporre di una qualificata riflessione degli ultimi Pontefici, che hanno sempre cercato di illuminare il pensiero moderno circa il valore della Persona umana, della Famiglia, lavoro, vita sociale e politica, con una certa sofferenza per la tendenziale espulsione della Chiesa dalla sua rilevanza pubblica, il tentativo di ricacciarla nel privato.

Sembrava quindi necessaria una introduzione generale che esplicitasse la visione rivelata dell’uomo, che delle comuni questioni umane particolari, comuni a tutti, rappresentasse un orientamento generale, una guida sicura. È questa la prima parte della GS. La prospettiva è sempre Cristo, l’Immagine di Dio: l’uomo, la donna, sono creati secondo questa Immagine, redenti per la sua Croce. Tutte le creature, per il fatto stesso di essere creature, possiedono una loro autentica consistenza (il termine usato è legittima autonomia nn 36, 41), portano in sé intelligibilità, bontà, che appella ad essere accolta, riconosciuta, ricordando sempre che tutto dipende radicalmente dal suo Creatore, rimane necessariamente, attraverso l’attività dell’uomo, a Lui orientato. Se esaminiamo la storia delle Scienze, dobbiamo riconoscere il benefico, necessario effetto delle visioni culturali ampie, universali, realizzate dal pensiero cristiano. Galileo avrebbe potuto, senza questo retroterra culturale, formulare in modo rigoroso la prima legge fondamentale della meccanica ? Certo le scienze e le tecniche attuali, dimenticando il contesto spirituale etico in cui sono sorte, possono compiere cammini in cui Dio creatore-redentore non è più la sorgente viva del loro procedere, il fine cui tutto orientare. La modernità richiede al soggetto Chiesa una impegnata riflessione, la costruzione di un grande cantiere di pensiero e di relazioni umane, di cui la GS ha fornito strumenti, metodi, orientamenti; se la Chiesa riesce a rivedere, riformulare tutto il progresso contemporaneo nella luce del Creatore e del creato, ritorna ad essere la vera “anima” della modernità.


domenIcA 31 mArzo 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Incontri. Al Seminario regionale nei giorni scorsi l’appuntamento con padre Ardura.

“Il ruolo dei pastori e dei teologi è decisivo per capire il Vaticano II” Anno della Fede e nuova evangelizzazione sono dimensioni da privilegiare per una perfetta ricezione del Concilio: è la sintesi dell’incontro sui contenuti delle costituzioni conciliari FRANCO CAMBA ON UNA CONFERENZA sul Concilio Vaticano II tra teologia e storia, dall’elaborazione alla ricezione, è proseguito giovedì scorso nel Seminario Regionale il ciclo di incontri “Educare nella Fede rileggendo il Concilio Vaticano II. Personaggi, scritti e prospettive”, organizzati con cadenza mensile, da novembre sino al prossimo mese di maggio, dal Pontificio Seminario Regionale Sardo. in collaborazione con la Facoltà Teologica e l’Arcidiocesi di Cagliari. Dopo il saluto iniziale di monsignor Gian Franco Saba, rettore del Seminario Regionale, la conferenza è stata tenuta padre Bernard Ardura, Canonico Regolare Premostratense, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, già docente di Teologia dogmatica e di Teologia spirituale, e rappresentante della Santa Sede al Comitato della Cultura del Consiglio d’Europa e Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura. Dopo aver ricordato che sul Conci-

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Padre Bernard Ardura con il rettore del Seminario regionale, mons. Gianfranco Saba.

lio Vaticano II sono stati pubblicati oltre quattromila libri ed articoli e che la consultazione dei diari, delle memorie e delle corrispondenze, oltre alle trascrizioni dei dibattiti conciliari, costituiscono la base per un accurato studio dei materiali del Concilio, facendo proprie le parole di Papa Giovanni XXIII padre Ardura ha premesso che una buona ermeneutica, cioè una comprensione del Concilio, non può essere fatta se non si “procede con animo sereno e pacato, senza nulla togliere a quella maniera accurata di pensare e di formulare le parole che risulta soprattutto negli scritti del Concilio di Trento e del Concilio Vaticano I”. Una premessa questa che ha ben precisato, con citazioni testuali di papa Giovanni XXIII, che il Concilio Vaticano II non è stato di rottura con i Concili precedenti e che il suo principale scopo era non di pro-

nunciarsi su problemi dottrinali o disciplinari, ma di annunciare nel linguaggio del XX secolo la buona novella del Vangelo. La relazione, sempre caratterizzata da precisi riferimenti alle fonti, ha dedicato particolare attenzione all’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e alla specifica categoria della communio per poi giungere alla costituzione Gaudium et spes, il primo documento conciliare in tutta la storia della Chiesa, che è uno specifico studio sul rapporto tra fede e cultura nell’ambito delle relazioni tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Con riferimento a questa costituzione è stata messa in risalto l’importanza del compito dei pastori e dei teologi per una comprensione fedele della fede e un giusto discernimento pastorale nonché per una adeguata iniziazione alla pastorale della teologia della cultura.

In conclusione, prima di lasciare spazio alle domande dei partecipanti alla conferenza, padre Ardura ha fatto rilevare che la ricezione del Concilio Vaticano II è in cammino e che molte delle intuizioni di Papa Giovanni XXIII e di Papa Paolo VI sono state recepite e trasformate in orientamenti pastorali. E che ora, a cinquant’anni dall’avvio dei lavori del Concilio, consapevoli delle debolezze, degli sbagli e delle incoerenze legate all’esperienza umana, riconoscendo che i frutti sarebbero potuti essere più abbondanti e di migliore qualità, l’Anno della Fede indetto da Papa Benedetto XVI può essere d’aiuto per rispondere alle insufficienze della ricezione. Senza dimenticare la “nuova evangelizzazione” che costituisce un’altra dimensione da privilegiare per una più completa e perfetta ricezione del Concilio Vaticano II.

Dietro la croce a Monte Urpinu

IL PortIco

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da sestu COMUNITÀ IN SINTONIA

“Collaborazione durante tutto l’anno” Le parrocchie di San Giorgio martire e quella di Nostra Signora delle Grazie di Sestu come ogni anno stanno vivendo insieme alcuni momenti significativi del periodo pasquale. “Non solo quelli di questi giorni - precisa monsignor Franco Puddu, parroco di Nostra Signora delle Grazie - ma in molte occasioni ci ritroviamo assieme. Tradizionali sono ormai la Via Crucis, la liturgia delle Palme, che abbiamo celebrato domenica scorsa, la processione del Cristo morto e dell'Addolorata, quest'anno dalla chiesa di san Giorgio all'Aula della nostra parrocchia, e S'Incontru nella domenica di Pasqua. Ma c'è anche senso dell'ospitalità: per ragioni legate alla ristrutturazione della nostra parrocchiale in alcune occasioni chiediamo la disponibilità della chiesa di San Giorgio. La scuola di aggiornamento per catechisti viene portata avanti assieme”. E su questo elemento, che da decenni caratterizza le comunità di Sestu, don Onofrio Serra, parroco di san Giorgio, aggiunge: “Quest'anno in particolare la scuola rappresenta una realtà importante, perché i temi sono legati all'Anno della Fede, con l'attenzione focalizzata sui profeti e sui padri della Chiesa. Il rapporto di collaborazione tra le parrocchie è un elemento che caratterizza da tempo la vita di Sestu, con una programmazione comune. Così come ci confrontiamo nel caso si verifichino situazioni dove occorra avere una opinione comune per il bene del paese”. Il bene delle comunità affidate ai due sacerdoti e ai loro preziosi collaboratori sacerdoti e diaconi, oltre che a decine di laici impegnati, è dunque elemento che caratterizza la vita a Sestu, centro cresciuto in breve tempo, con molti residenti provenienti da centri più o meno lontani. Nonostante ciò le celebrazioni del periodo pasquale sono partecipate, come la Veglia Pasquale nella quale vengono anche battezzati alcuni bambini nelle rispettive comunità. Nei giorni che hanno preceduto il Triduo Santo ciascuna delle due parrocchie ha vissuto le Quarantore, i tre giorni con l'esposizione del Santissimo e la possibilità di avvicinarsi al sacramento della riconciliazione. Una collaborazione che tiene lontani i campanilismi e mette al centro ciò che importa maggiormente: la comunione tra le due parrocchie. Significativa nella domenica di Pasqua la celebrazione de S'Incontru, con il simulacro del Cristo Risorto e dell'Addolorata che si ritrovano in via Gorizia per poi processionalmente essere accompagnati verso la parrocchia di San Giorgio. Qui una solenne concelebrazione di fatto chiude le celebrazioni della Pasqua anche se nel giorno del Lunedì dell'Angelo una messa vespertina a San Gemiliano conferma la devozione dei sestesi verso il santo, del quale ad aprile si celebra la festa liturgica, più intima rispetto al bagno di folla di quella celebrata a settembre (Roberto Comparetti).


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PortIco

brevi NEI GIORNI SCORSI

A Bonaria il Precetto Pasquale interforze Si è svolta nei giorni scorsi nella Basilica di Bonaria la celebrazione del consueto Precetto Pasquale Interforze, presieduta dall’Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia mons. Vincenzo Pelvi e concelebrata dai cappellani delle varie componenti militari presenti nel territorio. In occasione della solenne funzione religiosa, un’importante momento di riflessione e l’occasione per prepararsi cristianamente alla Santa Pasqua, mons. Pelvi, ha ricordato il 50° anniversario di sacerdozio di mons Luigi Balloi, Presidente dell’Associazione Nazionale Cappellani Militari in Congedo. La Banda Musicale della Brigata “Sassari”, ha accompagnato il solenne rito liturgico con le note dei suoi strumenti. IL 7 APRILE IN CATTEDRALE

Diaconi permanenti, nuove ordinazioni Domenica 7 aprile alle 18, nella Cattedrale di Cagliari, mons. Arrigo Miglio ordinerà quattro diaconi permanenti.

Si tratta di Sandro Angioni, Luigi Mossa, Salvatore Corona e Andrea Ghisu.

DOMENICA 31 mArzo 2013

Iniziative. rinnovato anche quest’anno l’appuntamento ai piedi della Basilica di Bonaria.

Per rivivere con fede la Passione ed entrare nell’atmosfera pasquale Il gruppo famiglie e giovani dell’Oratorio mercedario è il motore dell’iniziativa, che anche quest’anno ha richiamato centinaia di spettatori incuriositi dalla rappresentazione R. C. I È RINNOVATO anche quest’anno il tradizionale appuntamento che l’oratorio della parrocchia di Nostra Signora di Bonaria realizza nell’imminenza delle festività pasquali. La drammatizzazione della Passione di Cristo, svoltasi sabato scorso sulla scalinata della Basilica di Bonaria, ha visto come al solito una buona presenza di pubblico. “Nelle prime due edizioni - dice padre Nunzio Masiello, responsabile dell’oratorio mercedario – abbiamo proposto la messa in scena il Venerdì Santo, poi si è deciso di cambiare la data e spostarla al sabato che precede la Domenica delle Palme, detta Domenica di Passione, evitando così un sovraccarico di lavoro, viste le celebrazioni del Triduo, che di per sé sono molto impegnative”. Motore dell’iniziativa è oramai da tempo il gruppo di famiglie e giovani dell’oratorio che nel periodo di Natale si impegna per realizza-

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re il Presepe vivente, mentre il tempo di Quaresima viene dedicato alla preparazione della drammatizzazione della Passione. “Chi si impegna nell’allestimento di questo appuntamento che precede la Pasqua – afferma il religioso - in un certo senso vive un momento di preparazione spirituale: non vengono certamente trascurati agli aspetti strettamente tecnici della rappresentazione, ma grande attenzione viene riservata al messaggio veicolato con i testi di riferimento, che sono poi i Vangeli. Ritrovarsi insieme per ri-

leggere la Sacra Scrittura, rivedere alcuni film sul tema per capire meglio ciò che verrà poi rappresentato, diventa un modo per formarsi, e lascia un segno in chi partecipa. Da otto anni oramai quella della drammatizzazione è per i protagonisti e per chi collabora un modo per crescere insieme nella fede e alla luce della Parola di Dio. Spesso emergono dei confronti nei quali si discute di un particolare personaggio, come a volte una lettura può dare adito a riflessioni personali che vengono condivise, in spirito di fraternità.

Ci sono alcuni che hanno rivisto anche la propria vita alla luce di un brano o di una scena realizzata. Non si tratta solo di fare teatro ma di rivivere un fatto che ha cambiato la vita del mondo”. Settanta personaggi, tra protagonisti e comparse, hanno animato la rievocazione della Passione e morte di Cristo, sulla scalinata di viale Diaz, da dove è partita la Via Crucis con dialoghi e musiche che hanno accompagnato le 14 stazioni, ricreate con costumi dell'epoca. Alla sommità della scalinata, davanti al Sagrato della Basilica, sono state allestite le tre grosse croci di legno sulle quali è stata simulata la crocifissione. Interpreti della drammatizzazione gli animatori, le famiglie, i giovani ed i ragazzi dell’Oratorio Mercedario di Bonaria, in collaborazione con il Movimento Giovanile Mercedario e Radio Bonaria. La messa in scena della Passione di Cristo non aiuta a crescere nella fede solo i protagonisti ed i collaboratori ma anche chi poi assiste alla rappresentazione. “Speriamo - conclude padre Nunzio – che chi ha assistito alla Passione abbia vissuto un momento di fede. Come per i giovani e le famiglie la preparazione è diventata occasione di formazione spirituale, per chi ha assistito da spettatore ci auguriamo sia stato un momento di preghiera. Non è importante soffermarsi sulla bellezza teatrale ma sul messaggio che viene veicolato con la messa in scena”.


domenIcA 31 mArzo 2013

IL PORTICO DEI PAESI TUOI

Caritas. È stato inaugurato ad Haiti nei giorni scorsi il Centro educativo del Buon Pastore.

Grazie alla generosità dei sardi presto a scuola 700 bimbi di Haiti L’opera è stata realizzata grazie ai fondi raccolti da Caritas: 623mila euro, quasi un terzo soltanto dalla diocesi di Cagliari. Parlano i protagonisti MARIA CHIARA CUGUSI EDUCAZIONE DEI piccoli è il miglior regalo che possiamo offrire ad Haiti e alla Chiesa”. Così suor Marie Claire, superiora delle salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice, emozionata durante l’inaugurazione del Centro educativo del Buon Pastore, di cui fa parte la scuola finanziata grazie ai 623mila euro raccolti dalla Caritas Sardegna, quasi un terzo dalla Diocesi di Cagliari. Un complesso di ben 25 ettari di terreno, con scuola primaria e secondaria, asilo per 150 bambini e orfanotrofio. Qui vivono 138 bimbe, dai 3 ai 10 anni, molte senza genitori dopo il terremoto di tre anni fa. Le lezioni inizieranno con il prossimo anno scolastico: la scuola ‘sarda’ aprirà le porte a 700 bambini. Oltre alle aule destinate alle lezioni, anche un centro polifunzionale per attività ricreative, come alcuni laboratori artigianali. Un progetto am-

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Alcune immagini dell’inaugurazione del Centro educativo ad Haiti.

bizioso, che prevede anche la realizzazione di un’università per la formazione agraria e ittica, nella consapevolezza che le strutture materiali siano solo il primo passo per un progetto di ‘risalita’, che punti a una formazione integrale. “Non ci fermiamo alla ricostruzione materiale - spiegano le suore -, ma vogliamo migliorare il servizio alla comunità. Abbiamo le potenzialità: speriamo che chi ha reso possibile questo progetto continui a sostenerci”. Appello accolto pienamente dalla Sardegna, che mira a offrire un accompagnamento costante, dando continuità a quanto è stato fatto finora. “Dopo l’incontro con la Consulta diocesana di assistenza, con il

presidente di CSV Sardegna Solidale e con il GREM (gruppo di educazione alla mondialità regionale), si è sempre più convinti di essere presenti - spiega don Marco Lai, Direttore della Caritas di Cagliari -,in modo da sostenere micro-progetti sull’educazione alla mondialità attraverso il coinvolgimento del mondo del volontariato, delle comunità parrocchiali, delle singole scuole”. Lo scorso gennaio la struttura, in fase di ultimazione, è stata visitata dalla delegazione sarda, durante la missione di Caritas Italiana ad Haiti per il terzo anniversario del sisma. Il ricordo del dramma è tangibile tra le macerie, nei campi allestiti nella periferia della capitale, che accol-

gono tutt’ora 360mila sfollati. Dei circa 11 miliardi di dollari promessi dai Paesi donatori, ne sono arrivati solo 2,5. Qui si colloca il contributo della Chiesa sarda, nell’ambito del più ampio impegno di Caritas Italiana: 125 progetti di solidarietà finalizzati alla ricostruzione del Paese, per un importo di oltre 17 milioni di euro, tra essi una trentina destinati all’animazione, formazione, istruzione: un segnale importante, in un paese in cui l’80% delle scuole è in mano ai privati e l’educazione costituisce un privilegio per pochi. Progetti portati avanti con il coinvolgimento della Chiesa locale, comprese le suore salesiane, da anni in prima linea accanto ai più piccoli con le case di accoglienza e le scuole. Molte di queste ultime erano crollate durante il terremoto: oggi sono state ricostruite e inaugurate insieme al Centro del Buon Pastore. “La loro azione è fondamentale - spiega Caterina, architetto e operatrice di Caritas Italiana impegnata ad Haiti - : sono in grado di garantire un’azione di qualità, che non si ferma all’insegnamento scolastico, ma che guarda ad attività pedagogiche miranti a momenti di condivisione e a una formazione completa. Proprio lavorando al cantiere della struttura che oggi si inaugura, molta gente della comunità si è resa conto del potenziale che essa racchiude”.

IL PortIco

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brevi È MORTO GINO ZASSO

Un amico e maestro per giovani cronisti Quando i giornalisti sardi venivano chiamati alle urne per rinnovare il Consiglio dell’Ordine o il direttivo del sindacato, il presidente del seggio era sempre Gino Zasso. Era il modo, naturale ed immediato, per riconoscere l’autorevolezza che il giornalista nato a La Maddalena 75 anni fa aveva nel dna. All’apparenza si mostrava burbero, ma era capace di slanci di affetto davvero belli. Ricorderemo a lungo la sua capacità di smorzare le “battaglie” elettorali con sottili battute durante lo spoglio: alleggeriva la tensione accompagnando il nome letto sulla scheda con qualche commento simpatico. Gino Zasso era uno di quei giornalisti la cui competenza non si discute, dopo aver passato anni a La Nuova Sardegna come caposervizio e come corrispondente del Corriere della Sera. Ho scoperto solo ora un passato da docente: certamente a molti di noi ha insegnato molto della professione che facciamo. E lo ha fatto nel modo più bello: senza mai farlo pesare, con un consiglio dato quasi come si fa con un parente, con discrezione. Sapeva scherzare, dote sempre più rara in questo lavoro. Per noi tutti in Sardegna era il riferimento naturale della Casagit, la Cassa di previdenza dei giornalisti, ma anche la dimostrazione di come è possibile trasmettere ai figli anche la passione per il giornalismo, quello vero, fatto di curiosità, impegno e rigore. All’inizio veniva naturale dargli del “lei”, come quando si ha a che fare con un mostro sacro della professione: conoscendolo, era impossibile non dargli del “tu”. Non mancava mai di ricordarmi che conosceva il giornale da me diretto: con quel modo un po’ da mangiapreti, soprattutto all’inizio, quando non sapevamo manco noi dove saremo arrivati, mi prendeva in giro con quella sua aria sorniona. Poi mi prendeva da parte e mi suggeriva i modi migliori per fare titoli che richiamassero l’attenzione (sn).


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PortIco

brevi DAL 4 AL 6 APRILE A CAGLIARI

Il torneo nazionale “Seminario Cup” Si svolgerà a Cagliari, dal 4 al 6 aprile, il Torneo nazionale dei Seminari regionali e interdiocesani italiani di Calcio a 5, denominato “Seminario Cup”. Al torneo, giunto all’ottava edizione, prenderanno parte circa centocinquanta seminaristi provenienti da dieci seminari presenti nelle diverse regioni italiane. A scendere in campo, oltre alla

Parrocchie. Festeggiamenti particolarmente partecipati per una ricorrenza davvero speciale.

La parrocchia di San Benedetto ha compiuto i suoi primi 80 anni Triduo di preparazione e processione solenne per le vie del quartiere. Padre Edmund Power e mons. Tonino Cabizzosu hanno tracciato il profilo storico del grande santo ROSALBA CROBU

squadra del Pontificio Seminario Sardo, ci saranno altre nove squadre che rappresenteranno i Seminari di Molfetta, Chieti, Assisi, Catanzaro, Anagni, Potenza, NapoliCapodimonte, Ancona e Bologna. Le partite dei gironi e delle semifinali si giocheranno giovedì 4 aprile (dalle 15,00 alle 19,00) e venerdì 5 aprile (dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 19,00). Le finali saranno disputate sabato 6 aprile, dalle 9,00 alle 13,00. L’organizzazione del torneo, che si svolgerà nei campi del Centro Sportivo Giuseppe Belly (ex campo Ossigeno), in via Dante a Cagliari, è curata dal CSI Sardegna unitamente al Gruppo ludico–sportivo del Seminario sardo. Franco Camba

domenIcA 31 mArzo 2013

UEST ’ANNO LA FESTA di San Benedetto ha coinciso con gli ottant’anni della fondazione della parrocchia a lui dedicata. La parrocchia fondata nel 1933 si trova al centro della città ed è un rifugio non solo per i parrocchiani, ma anche per coloro che cercano un momento di pace e di preghiera nel correre frenetico di tutti i giorni; la comunità parrocchiale, come ebbe a definirla l’allora arcivescovo di Cagliari mons. Mani, è la “fontana del villaggio” a cui tutti attingono, la “stazione di servizio” a cui si fa rifornimento ed il parroco don Massimo Noli, ben interpreta il suo ruolo con dedizione e passione pastorale, e con grande entusiasmo ha organizzato, con il comitato dei festeggiamenti presieduto da Giovanni Mozzoni, la bellissima festa incominciata con un triduo di preparazione, il 18 e 19 marzo presieduto da Padre Edmund Power, abate della Basilica Maggiore di San Paolo fuori le mura in Roma ed il 20 marzo da mons. Tonino Cabizzosu, direttore dell’Archivio storico diocesano. La devozione al santo è molto forte e si accompagna a quella di Santa Lucia alla quale è dedicata la chiesa di via Donizetti: moltissimi

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Un momento della celebrazione con mons. Orrù. In basso, la processione.

fedeli hanno partecipato alle celebrazioni liturgiche, ai vespri cantati ed alla messa con predicazione e - subito dopo - alle conferenze su San Benedetto. Padre Power ha tracciato soprattutto il profilo spirituale del grande santo, proclamato patrono d’Europa da Papa Paolo VI nel 1964, il cui motto era “Ora et labora” e che tutt’oggi continua ad esercitare un grande fascino; ha trattato in modo coinvolgente alcuni dei principali temi della regola: l’ascolto, l’obbedienza, la preghiera, il lavoro, il silenzio ed il raccoglimento, la conversione, l’amore di Cristo, la vita spirituale, la lectio divina; ha sottolineato che la sua regola è ancora oggi una valida proposta sul quale fondare la propria vita spirituale. Mons. Cabizzosu ha delineato la figura di San Benedetto, nato a Norcia nel 480 circa e morto a Cassino il 21 marzo 547, quale fondatore del monachesimo occidenta-

le, maestro di spiritualità e di pensiero, contribuendo a costruire l'Europa sui valori cristiani; è grazie al monachesimo benedettino che si sono promossi gli studi, le industrie e le arti; le abbazie benedettine erano e sono al centro della vita non soltanto religiosa, ma anche culturale e sociale dell'Europa. Giovedì 21 marzo i festeggiamenti sono iniziati con la celebrazione della messa nella chiesetta di San

Benedetto, custodita dalle suore del Buon Pastore, a seguire una partecipata processione si è snodata per via San Benedetto, via Pergolesi e via Donizetti, accompagnata dalla banda musicale di Sinnai, dall’arciconfraternita di Sant’Efisio, durante la quale i fedeli hanno dato uno spettacolo di fede veramente grande. I festeggiamenti si sono conclusi con la messa cantata, accompagnata dal coro polifonico G.B. Martini diretto dal maestro Roberto Pischedda e dall’organista maestro Andrea Sarigu, presieduta dal vescovo emerito di Ales Terralba mons. Antonino Orrù, già parroco di San Benedetto dal 1956 al 1990, e concelebrata da mons. Pietro Meledina, parroco dal 1990 al 2011, da mons. Giovanni Marras, vice parroco da 42 anni, da don Marcello Lanero, nato e cresciuto nel quartiere di San Benedetto, sempre pronto ad aiutare i confratelli e da don Massimo che ha tenuto una toccante omelia sulla figura di San Benedetto e facendo un excursus storico della parrocchia fondata ottant’anni fa, ha concluso ringraziando i numerosi fedeli che hanno partecipato con vera fede e devozione, comprese le Suore del Buon Pastore, sempre presenti nelle attività parrocchiali.


domenIcA 31 mArzo 2013

IL PORTICO DELL’ANIMA

Diocesi. In molte comunità è stata re-introdotta la pia pratica delle Quarantore.

Si arriva a Pasqua dopo aver adorato la passione e la morte di Gesù Cristo DON ALBERTO PALA ORIGINE REMOTA delle Quarantore è da ritrovarsi nella pratica dei fedeli di commemorare, durante la settimana santa, le quaranta ore che il Corpo di Gesù giacque nel sepolcro; durante questo arco di tempo i fedeli rimanevano in preghiera e facevano penitenza per prepararsi degnamente alla grande solennità della Pasqua. Fin dal IV secolo a Gerusalemme, per il venerdì santo, si teneva il rito dell’adorazione della S. Croce che si concludeva con la reposizione in un luogo che ben presto prese la forma esterna del sepolcro. Mentre nel X sec. si deponeva la Croce, nel XII sec. si consolidò l’uso di deporre il Crocifisso; più avanti nei secoli entrò l’uso di porre l’Eucaristia, racchiusa in una teca, sul costato del Crocifisso, fino a quando poi, nel XV sec. rimase l’uso di mettere solo l’Eucaristia. La vita liturgica, nell’epoca medievale, fu segnata fortemente dalla contemplazione della passione e morte di Cristo. Questa accentuazione contemplativa deriva dal progressivo processo di drammatizzazione della liturgia, specialmente in quella relativa alla rappresentazione della passione di Cristo. Il crescente aumento degli elementi drammatici di cui la liturgia si era arricchita, portò a far perdere ai fedeli l’abitudine di accostarsi con frequenza alla comunione, divenendo così spettatori del dramma della passione del Signore. Fulcro, dunque, della partecipazione dei fedeli divenne il de-

L’

Un particolare della Deposizione di Caravaggio.

siderio di “vedere” Cristo tanto nella rappresentazione drammatica degli ultimi eventi della sua esistenza storica quanto nel pane eucaristico dove si rende presente per comunicare i frutti della salvezza. Il videre hostiam era, pertanto, considerato nel medioevo il vertice di tutta la celebrazione, per cui dal momento che tutto il Cristo è presente nel pane eucaristico, la contemplazione dell’ostia suppliva alla comunione sacramentale. L’uso, dunque, di deporre l’Eucaristia sul costato del Crocifisso, che è alla base dei cosiddetti “sepolcri” è stata abolita dal Concilio Vaticano II e in una recente Lettera della Congregazione per il Culto Divino (anno 1988 nn. 44-57) è stato ribadito il divieto di usare lo stesso nome di “sepolcro” nell’indicare l’altare della reposizione nel giovedì santo, dal momento che la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare la “sepoltura” del Signore, ma per custodire il pane eucaristico, segno della presenza di Cristo vivo, per la comunione che verrà di-

stribuita il Venerdì santo. Le Quarantore erano praticate già prima del 1214 da una Confraternita della Dalmazia, il cui esempio servì da stimolo ad altre Confraternite per ripeterle anche al di fuori della Settimana Santa, soprattutto nei periodi di particolare difficoltà della vita sociale e religiosa. A Milano, infatti, nel 1527 si svolgevano le Quarantore per chiedere aiuto al Signore, implorandone misericordia e soccorso, dal momento che la città soffriva terribili angustie, in seguito ai continui passaggi degli eserciti che, giunti dal settentrione, devastavano tutto ciò che trovavano. L’opera di S. Carlo Borromeo, per quanto riguarda la diffusione di questa pia devozione, fu veramente grande, tanto che ne regolarizzò la pratica promuovendola in ogni chiesa della sua diocesi; è da tener presente poi che le avvertenze che S. Carlo diede per la sua diocesi, vennero tenute in considerazione anche in altri posti dell’Italia. Inoltre, grazie all’opera di promozione dei Cappuccini, ben presto le

Quarantore presero piede in gran parte della nostra nazione. La pratica delle Quarantore, pertanto, nata nel contesto della Settimana Santa, divenne una forma privilegiata di preghiera attraverso la quale si chiedeva l’aiuto di Dio in situazioni particolarmente difficili. Pian piano le Quarantore si caratterizzarono come pia pratica avente lo scopo di adorare nell’Eucaristia i misteri della passione e morte di Gesù e assunsero infine il carattere di adorazione comunitaria di Gesù-Eucaristia, centro della vita cristiana, della comunità e fonte del suo rinnovamento spirituale. In tal senso è molto importante ricordare e sottolineare il valore dell’adorazione eucaristica che, per ogni comunità cristiana, nutrita dalla comunione sacramentale, diventa il culmine e la fonte della sua spiritualità. Cosa significa “adorare”? Partendo dalla etimologia del termine, adorare significa avere un sentimento di grande affetto, di stima e di ammirazione verso qualcuno. Il termine, infatti, nella sua radice, deriva dal latino ad-os, che indica l’atto del portare le mani alla bocca, alle labbra per fare un segno di saluto e di rispetto verso qualcuno; nell’antichità il gesto di prendere il lembo del mantello di una persona e portarlo alla propria bocca era indice di venerazione e di adorazione. Sempre più, anche in città sta ritornando questa devozione, mentre nei nostri paesi, mai si è perso questo momento privilegiato della vita cristiana della parrocchia. Anzi, tante comunità considerano i giorni delle Quarantore come gli esercizi spirituali dell’intera parrocchia.

Un abbraccio storico tra le due Chiese Il recente incontro tra Papa Francesco e Bartolomeo I P. FADI RAHI, C. Ss. R. EL 1054 È STATO il grande scisma tra l’Oriente e l’Occidente cioè l’anno in cui la Chiesa è stata divisa fra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa. Durante questo millennio passato ci sono stati nella storia delle due Chiese periodi freddi e caldi, periodi di conflitti e di amicizia, periodi di condivisione e di divisione e periodi di comunione e di scomunica. La Chiesa in Oriente dopo lo scisma è stata chiamata la Chiesa Ortodossa invece quella dell’Occidente è stata chiamata la Chiesa Cattolica. All’inizio del settecento, tanti missionari occidentali sono stati inviati in Oriente per evangelizzare, e il frutto della loro evangelizzazione era la nascita di varie Chiese Orien-

N

tali Cattoliche. Il 13 marzo 2013 è stata una giornata storica per la Chiesa Cattolica Universale nell’elezione del nuovo vescovo di Roma, Sua Santità Francesco I. Sin dalla prima giornata pontificale, Papa Bergoglio ha colpito credenti e non credenti nel mondo intero ma anche ha colpito il Patriarca Universale della Chiesa Ortodossa, il Patriarca Bartolomeo I, che ha deciso di partecipare personalmente all’ingresso solenne del nuovo Sommo Pontefice. È stata una decisione storica perché mai nella storia della Chiesa Cattolica ha partecipato il Patriarca Universale Ortodosso dal 1054. Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo I hanno testimoniato alla Chiesa Universale dichiarando che

Lo storico incontro tra Bartolomeo I e Papa Francesco.

la Chiesa di Dio è quella che crede e testimoni lo stesso Gesù sofferto, morto e risorto. L’incontro fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa è stato grazia da Dio nella Quaresima per la sua Chiesa, è stato un dono da Gesù per i suoi fedeli ed è stato una virtù dello Spirito Santo per ogni persona crede nella Trinità. Quasi dopo mille anni di divisione tra le due grande Chiese, tante persone ieri e oggi chiedevano le stesse domande: Quando la Chiesa di Dio sarà una sola? Perché ci sono varie Chiese se Gesù Cristo è lo stesso? Che testimonianza diamo agli altri nella nostra divisione? Quando verrà

il giorno in cui festeggeremo l’unità della Chiesa Universale? È possibile che 2054 ritorni il legame tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica? Questo gran passo da parte del Patriarca Ortodosso può essere un inizio per l’unità nella fede e nella storia? Gesù è contento vedendo la Sua Chiesa divisa? Se la nostra fede nella Trinità è una, allora perché questa divisione? Speriamo e preghiamo insieme affinché tutte le Chiese separate, clero e fedeli possano un giorno arrivare alla piena unità della Chiesa sull'esempio dell’unità della SS.ma Trinità.

IL PortIco

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detto tra noi Custodire con tenerezza di D. TORE RUGGIU

E’difficile esprimere quanto abbiamo sperimentato la mattina del19 marzo durante la celebrazione con la quale Papa Francesco dava inizio al suo pontificato. Ma proviamo ugualmente a raccontare. Un uomo che, con i suoi 76 anni, è stato chiamato dal Signore ad essere Vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale. Umiltà, semplicità e tenerezza sono le caratteristiche che, finora, ha mostrato il Papa nelle parole e nei gesti. 45 minuti prima della Messa ha salutato i fedeli presenti nella piazza S. Pietro, passando jeep nelle corsie che delimitavano i settori dove la gente si sbracciava per rispondere al suo saluto. Commovente quando ha fatto fermare l’auto per scendere e baciare un malato. Terminato il giro è entrato in Basilica per indossare i paramenti: un’alba sopra la talare, una semplice casula, la solita mitria che usava a Buenos Aires da Arcivescovo. Davanti a 132 delegazioni di Capi di Stato, ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane e non, al corpo diplomatico e a numerosi Vescovi e Sacerdoti, ha sfilato la processione d’ingresso per la concelebrazione presieduta dal Papa, con tutti i Cardinali. Dopo il saluto, la consegna del pallio (uguale a quello di Benedetto XVI), e dell’anello del pescatore (in argento dorato, raffigurante Gesù Buon Pastore), ha avuto inizio la Messa. Quindi, il momento più atteso: l’omelia. Il Papa ha preso spunto da S. Giuseppe, custode di Maria, di Gesù e della Chiesa di cui la Vergine Santa è figura e modello. Ha sottolineato la fedeltà di Giuseppe nel custodire la famiglia di Nazaret, anche quando non comprendeva, aperto ai segni e ai progetti di Dio e non ai suoi progetti umani. Ha poi affermato: “tutto è affidato alla custodia dell’uomo: i doni di Dio, se stessi (vigilare sui nostri sentimenti e sul cuore perché da esso escono le intenzioni buone e cattive), gli altri soprattutto i poveri, e il creato”. Subito dopo ha usato una parola che è risuonata nella profondità dei cuori di tutti: tenerezza! “non dobbiamo avere timore della bontà e della tenerezza”. Inoltre: “Gesù ha dato il potere a Pietro e, oggi, lo da a me. Ma, attenti, il vero potere è servire. Un servizio umile e concreto, specie verso i più piccoli e i più poveri, come ci ricorda Matteo (ho avuto fame, sete, ero forestiero, malato, carcerato…)”. Una sintesi: “custodire Gesù con Maria in noi, custodire ogni persona, custodire noi stessi, custodire tutto ciò che Dio ci ha donato. E, pregate per me!”. Ecco Papa Francesco, che desidera una Chiesa del “grembiule”, che non abbia paura di “sporcarsi le mani”, che ami, serva e si doni. Custodire è l’impegno di tutti. Il discorso è stato ascoltato da tanti potenti, ma anche da tanti giovani e tante persone semplici. L’ultima immagine: Papa Francesco che, di fronte alla statua della Madonna, canta il “Salve Regina” e la bacia, affidando a Lei il suo ministero petrino. Questo è solo l’inizio: aspettiamoci molto altro ancora. Ci sorprenderà! Noi siamo con te, Papa Francesco, per darti una mano e camminare insieme sulla strada del Vangelo.


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IL PortIco

IL PORTICO DEL TEMPO

Lettere. Paradossale missiva recapitata alla nostra redazione nei giorni scorsi.

Lettera ad un immaginario diavoletto sulle orme del grande scrittore Lewis LUCA FARCI

C

aro direttore, la gratitudine per aver vissuto in prima persona i cambiamenti repentini della nostra Madre Chiesa, unitamente allo smarrimento di tanti in seguito ai primi gesti di papa Francesco, hanno rafforzato in me la preghiera e la riflessione. Di fatto, come interpretare, a livello personale, i gesti del successore di Pietro? Come li vede e li giudica questa società? Come tutto questo interpella noi giovani, prescindendo dal cammino che viviamo? Cosa ci infastidisce, o ci lascia interdetti? Quali le tentazioni che stanno dietro l’ermeneutica forse esagerata di parole e gesti del nuovo Papa? Così, aiutato dall'esempio di C. S. Lewis con le sue "Lettere di Berlicche", ho tentato di dare voce a questo groviglio di pensieri e sentimenti, e questo è il risultato anche per gli amici de Il Portico: una riflessione differente, nuova sulla tentazione di questo tempo. Dunque ... Mio caro Malacoda, ti ho affidato da subito la gestione del conclave. Peccato per te, ma solo in parte ti sei mostrato all’altezza del compito. Nei giorni precedenti l’extra omnes, sei stato particolarmente bravo nel sopraffare i giornalisti e il mondo. Lo hai fatto nel tuo stile; con logiche politiche e tutte umane, permettendo che tanti tifassero

per qualcuno e disprezzassero qualcun altro … spesso basandosi sul sentito dire. Ma nel momento in cui i cardinali si sono riuniti in conclave la situazione ti è completamente sfuggita di mano: hai concesso al Nemico di illuminare il loro cuore, scegliendo così un pastore santo. Sì! Ancora una volta, non siamo riusciti a prevalere sul mondo e tanti si sono riuniti in piazza san Pietro a festeggiare il Nemico. L’altra sera hai accusato davvero un brutto colpo … perciò, ho quasi pensato di sollevarti da questo incarico, per il quale, a quanto sembra, non ti sei rivelato ancora all’altezza. Anzi, no! Ho deciso di darti una seconda possibilità, offrendoti alcuni consigli su come muo-

verti in questo preciso momento che continua ad essere delicato per il Nemico e per quelli che lo seguono. Innanzitutto, ti consiglio di insinuare nelle menti dei comuni credenti la tentazione di un confronto tra questo nuovo papa e quello vecchio: sarebbe una buona cosa, gettare ancora del fango sul passato della Chiesa. Ti suggerisco poi … di far sì che le menti si concentrino solo all’immagine esteriore, al “primo impatto” che sanno dare gli uomini del Nemico: se una parvenza positiva, come è stata quella del papa l’altro giorno, ne perderemo tanti. Ma siccome tante volte la sembianza è piuttosto negativa, perché siamo bravi nel mostrare i preti come persone competenti

e comprensive, ma al contrario … molto nervose, ecco: non permettere ai fedeli di andare oltre l’apparenza. Così che possano staccarsi dalla chiesa e la criticheranno; perderanno la speranza nel nemico, perché non si baseranno sul loro cuore ma sull’umanità. Infine, potresti fare ancora un buon lavoro con i più stretti collaboratori del Nemico: coinvolgi i seminaristi e i preti. Oltre al confronto, potresti farli discutere, dividendoli anche su argomenti quali il vestiario, i mezzi di trasporto, stile “antico” o “moderno”, “progressista” o “conservatore”, del nuovo papa. Non dimenticarti di far leva sul suo nome e sull’ordine da cui viene per confondere gli uomini. A tanti piace accomodarsi sugli allori, merlettarsi e andare oltre: consenti che questo papa risulti indigesto per questo motivo ad alcuni, estremamente gradito ad altri. Favorisci queste stupide divisioni che questi uomini operano quando si allontanano un attimo dal Nemico: questi sono degli argomenti dei quali i normali fedeli non si preoccupano, ma su questi addetti ai lavori puoi fare tanto: è il tuo momento!!! Sperando e confidando in risultati migliori, ti invito ad impegnarti di più a insinuare la menzogna, il non detto e la poca limpidezza nella chiesa in questo momento. Tuo affezionato zio, Berlicche

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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Elio Piras Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Stefano M. Moschetti,Vittorio Pelligra, Alessandra De Valle, Stefano Tunis, Manuela Vacca, Massimo Lavena, Alberto Pala, Roberto Piredda, Tore Ruggiu, Fadi Rahi, Andrea Busia, Antonella Pilia, Rosalba Crobu, Franco Camba, Luca Farci, Rossana Caocci, Francesco Furcas, Roberto Comparetti. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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La fede di Maria Il punteruolo rosso in mostra al Museo minaccia le palme ALESSANDRA DE VALLE

ell’anno della fede la comunità cristiana viene invitata a confrontarsi con i modelli della fede proposti dalla Sacra Scrittura e resi vivi nella storia della Chiesa. Per tutti è indispensabile specchiarsi, come più volte ricordato dall’arcivescovo mons. Miglio, con il modello più vicino ai desideri di Cristo: Maria di Nazaret, la tutta santa, esempio di vocazione e di adesione alla Parola, modello di sequela fino alla croce. Come avvicinarsi al mistero di Maria? Tra i diversi approcci, uno è costituito dall’immagine, che spesso fa eco alla Parola ma è capace anche di proporsi come esegesi, esegesi “figurata” appunto. Il Museo Diocesano di Cagliari ha organizzato un percorso di teologia per immagini dal titolo “La fede di Maria: l’Annuncia-

N

ta, l’Immacolata e l’Addolorata” articolato in tre tappe correlate con tre importanti festività liturgiche comprese tra aprile e settembre: Annunciazione, apparizione della Madonna a Fatima e Addolorata. Curatori la storica dell’arte M. Francesca Porcella, che curerà la presentazione iconografica e accompagnerà alla comprensione della formazione storico-spirituale dell’immagine, e padre Christian Steiner che aiuterà nella meditazione del contenuto teologico con un percorso scritturistico-letterario. Introdurrà Maria Lucia Baire, direttore del Museo Diocesano di Cagliari. Il primo appuntamento è il 9 aprile alle ore 17, 30 al Museo Diocesano (Via del Fossario), data scelta in relazione alla festività dell’Annunciazione. Il tema che verrà illustrato sarà “L’Annunciazione: esegesi scritta ed esegesi figurata”.

FRA. FUR.

rischia di perdere una parte importante del suo patrimonio ambientale: le palme. Sono ormai parecchi anni infatti, che questo bene ambientale identitario è attaccato da un parassita particolarmente aggressivo e pericoloso: il punteruolo rosso. Importato alcuni anni fa da commercianti che hanno introdotto nel nostro territorio piante infestate, questo coleottero sta progressivamente distruggendo il nostro patrimonio. Per questo Marco Espa (nella foto) e altri consiglieri regionali del Pd hanno depositato un’interrogazione al presidente Cappellacci e agli assessori all’ambiente e agricoltura, affinchè facciano partire una urgente campagna di disinfestazione su tutto

L

A SARDEGNA

il territorio regionale. “Ci vuole una strategia regionale, una vera e propria regia, non possiamo lasciare agli enti locali il lavoro di cura e prevenzione davanti ad un coleottero cosi aggressivo che sta creando una vera e propria pandemia nel territorio sardo: gli interventi di un comune non possono ovviamente avere alcuna efficacia se nel comune confinante non si attua lo stesso tipo di intervento. Per una volta la nostra condizione di insularità può rivelarsi un vantaggio – ha affermato Espa – se venisse fatta una campagna invasiva ed efficace, sia di lotta al parassita, sia, soprattutto di controllo e prevenzione, il punteruolo rosso potrebbe essere sconfitto”. “ Non posso nemmeno immaginarmi ad esempio una via Roma a Cagliari con tutte le palme distrutte: sarebbe una ferita troppo grave, non dobbiamo sottovalutarla”.

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