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DOMENICA 21 APRILE 2013 A N N O X N . 16
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
Papa Giovanni XXIII e Papa Francesco.
La pace, prima di tutto MASSIMO LAVENA
bbiamo celebrato, quasi nel nascondimento, il cinquantesimo anniversario dell’ultima enciclica del Beato Papa Giovanni XXIII: la “Pacem in Terris”. Era l’11 aprile 1963 e meno di due mesi dopo Papa Roncalli morì. La Pacem in Terris nacque in un periodo travagliato, con la guerra fredda e la contrapposizione tra ovest ed est del mondo, molto spesso a scapito di quel Terzo Mondo che reclamava un suo ruolo oltre lo sfruttamento coloniale e dell’uomo come manodopera in schiavitù. Quando uscì l’enciclica il mondo si era appena confrontato con la crisi della Baia dei Porci nel 1961 e con il fallimento dell’invasione di Cuba, e con la crisi dei missili atomici sovietici che stavano per essere dislocati nell’isola caraìbica il 24 ottobre del 1962, con il pericolo dello scoppio di una guerra atomica globale. Era appena stato aperto il Concilio Vaticano II e il vecchio Pontefice sentì forte il richiamo della necessità che la Terra tutta ritrovasse la serenità della Pace. L’intervento di preghiera e conciliazione che Papa Giovanni XXIII mise in atto con la diplomazia nunziale vaticana, giocò un ruolo pare decisivo nella soluzione della crisi che rischiava di portare il Mondo verso la catastrofe, stante l’assenza di relazioni ufficiali sia con gli USA (iniziate formalmente nel 1984) sia con l’allora URSS (stabilite solo nel 2009 con l’attuale Federazione Russa). Nel
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cuore del Papa capace di profezie che ancora oggi la Chiesa cerca di capire e vivere, come il Concilio, nacque la Pacem in Terris. Parlando ai membri della Papal Founation nell’udienza per i 25 anni dalla fondazione, Papa Francesco, proprio l’11 aprile scorso ha posto l’accento sulla necessità di rileggere l’ultima enciclica di Giovanni XXIII: “I bisogni del Popolo di Dio nel mondo sono grandi – ha detto il Papa-, e i vostri sforzi per far progredire la missione della Chiesa stanno aiutando a combattere molte forme di povertà materiale e spirituale presenti nella famiglia umana, contribuendo alla crescita della fraternità e della pace. Il cinquantesimo anniversario dell’Enciclica Pacem in terris , del beato Giovanni XXIII - che ricorre proprio oggi – sia di stimolo ad impegnarsi sempre nel promuovere la riconciliazione e la pace ad ogni livello”. Ed il senso delle parole attuali si ricollegano al centro delle riflessioni che seguirono, cinquanta anni addietro, la pubblicazione dell’ottava enciclica roncalliana. All’apprezzamento da parte del mondo anglicano, all’allora segretario generale dell’ONU U Thant che la lodò pubblicamente, all’agenzia sovietica Tass che ne sintetizzò i passi fondamentali soprattutto sul disarmo, al presidente statunitense Kennedy che si disse pronto a trarne insegnamento fecero purtroppo da contraltare ambiti che decisero di leggere la Pacem in Terris come una dichiarazione politica di appoggio al pensiero comunista giungendo a cambiarne il nome
in “Falcem in terris” usando la falce comunista per denigrare il Papa buono. Eppure l’intestazione dell’Enciclica, rivolta “a tutti gli uomini di buona volontà: sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà” non lasciava dubbi sull’elevata dimensione profetica del pensiero espresso nel testo. E i punti fondanti che il Beato Roncalli dipanò nella stesura aprono ancora oggi i cuori dei fedeli e di tutti gli uomini di buona volontà: l’inviolabilità della persona umana, la sua centralità nel rispetto e promozione dei suoi diritti che lo rendono al contempo espressione di doveri nei confronti dei suoi fratelli e del Creato; il raggiungimento e la realizzazione del bene comune sulla terra attraverso il giusto rapporto tra tutti gli esseri umani nelle singole comunità sociali e politiche con l’equilibrio tra partecipazione, ordinamento giuridico, morale e fede; le relazioni tra i popoli basate sul dialogo, sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze e degli ultimi, sulla solidarietà e la verità, sul negoziato e non sulla legge delle armi e del più forte. Questo ultimo punto non è solo legato al disarmo (concetto che peraltro fu dirompente) ma proprio ad un aspetto nuovo dell’ordine mondiale basato sul rispetto e la sussidiarietà tra i popoli e gli ordinamenti statali, tra le differenti fedi e tra le differenti culture con i loro aspetti peculiari. L’eredità della “Pacem in Terris” da Giovanni XXIII giunge oggi a Papa Francesco: ascoltiamo il suo consiglio e rileggiamola.
SOMMARIO REGIONE
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Paolo Maninchedda: “Serve un patto chiaro con i sardi” GIOVANI
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Missione giovani, protagonisti entusiasti dell’iniziativa dei frati CAGLIARI
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Anche nelle piazze sarde la Missione del Cammino neocatecumenale CHIESA SARDA
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I cappuccini sardi riuniti per eleggere il nuovo Provinciale PAESI TUOI
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A Sant’Antonio (Quartu) la settimana missionaria porta buoni frutti
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IL PORTICO DEL TEMPO
Il PortICo
doMenICA 21 APrIle 2013
Regione. Intervista con Paolo Manichedda, consigliere regionale ed ex presidente della Commissione Autonomia.
“Occorre chiamare i sardi ad un patto di impegno e rinnovato senso del dovere” Secondo il consigliere regionale sardista, “educazione e istruzione sono la vera urgenza per la ripresa dell’Isola”. Ma occorre anche frenare “la paura del ceto medio” SERGIO NUVOLI I TEMPI DI PROGETTO Sardegna ruppe con Renato Soru, nei mesi scorsi si è dimesso dalla presidenza della Commissione regionale Autonomia e non gli hanno ancora trovato un successore, oggi anche tra i sardisti comincia ad essere decisamente ingombrante. Paolo Maninchedda è così: prendere o lasciare. “Resto fedele alla regola di guardare la realtà senza mascheramenti e sovrastrutture ideologiche”, taglia corto lui. Colpa forse di una caratteristica non comune tra i banchi del Consiglio regionale: studia. Snocciola a memoria i dati delle principali vertenze, conosce bene i dossier sui principali gap storici della Sardegna. “Il sentimento più diffuso nella nostra Isola è la paura – attacca – Il nostro ceto medio teme il futuro: bisogna fare qualcosa, perché è il vero freno allo sviluppo della nostra terra”. Avverte: “C’è un lavoro duro da fare, serve
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Paolo Maninchedda.
una classe dirigente che dica la verità sulla fatica che comporta uscire da questa situazione. Bisogna chiamare la gente ad uno sforzo pauroso di ripresa di attività produttiva, di impegno, di coesione sociale, di studio. Stento a vedere una classe politica che anziché promettere la terra promessa, proponga un patto di impegno e rinnovato senso del dovere alla società sarda”. Sembra che in Regione non arrivi il grido di dolore della gente. Distinguerei la realtà del Palazzo dalla sua rappresentazione. Il Palazzo è come ogni esperienza umana e sociale, fatto di persone capaci, sensibili e che si applicano molto, e altre meno. La rappresentazione è di un luogo di irresponsabilità e privilegio. E’ ancora possibile invertire la rotta prima che arrivi lo tsunami-
Grillo? Basterebbe che la politica venisse raccontata per quella che è, con la capacità di distinguere cose e persone, senza fare di tutta l’erba un fascio. E’ la responsabilità del mondo dell’informazione, difficile da ripristinare. Perché? L’informazione non è più lo scopo principale dei giornali, non è più la loro responsabilità istituzionale: sentono più quella commerciale della vendita. La rete è invece caratterizzata dalla mancanza di gerarchie di valore: l’articolo di un ricercatore del Mit vale quanto il post dell’ultimo blogger. Aggiungiamo l’anonimato in rete, e si capisce l’involgarimento dell’informazione politica. Ma sono fattori di contesto. Quali sono quelli strutturali? Il primo è la urgente necessità di
Per ora in campo Cappellacci e Deriu I movimenti dei partiti in vista delle prossime regionali I. P.
fficialmente in campo ci sono finora solo Ugo Cappellacci per il centrodestra e Roberto Deriu per il centrosinistra. Entrambi autocandidati. Il primo - dicono - non ha avvisato, prima di ufficializzare il desiderio di rimanere a Villa Devoto, neppure il suo gruppo in Consiglio regionale. Ma i bene informati concordano sul fatto che, oggi, o si fa così o non si è più sicuri di nulla, specie in partiti come il Pdl. Che il Governatore sia in campagna elettorale lo dimostra anche l’ultima infornata di direttori generali per gli assessorati, con alcuni nomi pescati dall’esterno dell’amministrazione e scatenando le
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ire dei sindacati interni (significativo è il caso di Francesco Cicero, marito dell’attuale capo di gabinetto di Cappellacci, Ada Lai, pensionato dopo aver ricoperto per quattro mesi lo stesso incarico per il sindaco Zedda e dopo esserlo stato per Delogu e Floris). Maggiori speranze sono riposte in Cinzia Isola, che ha sostituito alla guida delle Politiche sociali della Regione Roberto Abis, entrato in rotta di collisione con l’assessore Simona De Francisci. Roberto Deriu (nella foto piccola), invece, nei prossimi mesi cercherà di cucirsi addosso l’etichetta di “Renzi sardo”, e la cosa non dovrebbe essergli particolarmente difficile. Finora infatti la sua candidatura è stata assolutamente snobbata dai big del partito (sono in tanti a vederlo come il fumo negli occhi), ma il presidente della Provincia di Nuo-
Ugo Cappellacci.
ro si porta avanti costantemente con il lavoro, incontrando persone e potenziali elettori anche in altre parti dell’Isola, organizzando le sue “deriu-nioni”. Da più parti si fa notare che il centrosinistra ha davanti un’opportunità più unica che rara, molto simile a quella avuta per il Comune di Cagliari un anno e mezzo fa: la vittoria alle regionali sembra a portata di mano, a patto di indovinare il candidato, più o meno come fece con Massimo Zedda. Su questo scenario sono in molti ad
produrre più ricchezza. Cosa bisogna fare? Incidere su alcuni elementi, come l’energia: non ragioniamo ancora in modo appropriato all’urgenza. Nella riflessione su questo tema siamo anche arretrati: il caro energia è certamente legato a fattori come la mancanza del gas, ma anche alla parte del sistema di regole del mercato elettrico rappresentata dalla nostra isola. E’ il mondo nebuloso degli oligopoli di Stato, che determinano costi elevati per aree depresse come la nostra. Di chi in questo caso la responsabilità? Della debolezza del potere politico sardo come regolatore del sistema: la Regione non ha esercitato la sua funzione. Allude al Galsi, il gasdotto che avrebbe dovuto portare metano dall’Algeria? Con lo sviluppo del progetto inaugurato da Prodi, Pili e Soru eravamo legati alla politica energetica algerina, che per mille motivi è andata per aria. Oggi dobbiamo decidere se realizzare con i fondi europei l’infrastruttura principale e realizzare un rigassificatore nel Sulcis o a Porto Torres con cui distribuire gas a tutta l’Isola, magari stoccandone in eccedenza per sfruttare le oscillazioni del mercato. Non è un’ipotesi da abbandonare. Quali altri fattori dello sviluppo da riscoprire? I trasporti: siamo tuttora in balia di due gruppi sia nei collegamenti ae-
interrogarsi: l’ipotesi istituzionale più accreditata, e più naturale, pare essere Silvio Lai, l’attuale segretario regionale del Pd. Giovane (ha 46 anni) e da sempre attivo anche in ambito cattolico (viene dalle Acli), Lai potrebbe contare sulla ricomposizione delle varie correnti interne, visto che dovrà abbandonare la segreteria, e sull’effetto-domino di una sua elezione a Governatore (libererebbe un seggio al Senato per il primo dei non eletti, Paolo Fadda). Ma lo scenario è talmente complesso da far sembrare sufficiente uno scambio di battute in Consiglio regionale tra Paolo Maninchedda e Renato Soru (un riavvicinamento tra i due effettivamente c’è stato, e non casuale) per far ipotizzare candidature di ogni tipo sulle pagine dei quotidiani. L’alternativa per il centrosinistra potrebbe essere una donna: c’è chi parla di Francesca Barracciu, ma è difficile immaginare il suo abbandono dell’Europarlamento recentemente conquistato. L’ipotesi-Soru non pare ancora definitivamente tramontata. La posta in palio, è bene specificarlo, è altissima: in assenza di candidature credibili, si andrebbe irrimediabilmente verso l’aumento della disaffezione degli elettori.
rei che marittimi. Poi la ripresa di un’attività manifatturiera: aumentare la produttività e ridurre la tassazione del lavoro. Come si fa ad aumentare la motivazione di chi lavora? C’è un fattore davvero decisivo per la ripresa della Sardegna: l’educazione e l’istruzione. E’ in crisi l’educazione alla costruzione di sé, al senso del dovere, alla responsabilità di imparare a saper fare qualcosa, a non buttare via il proprio tempo. Occorre un’educazione alla responsabilità del lavoro: otto ore lavorate in Sardegna devono poter avere alla fine una produttività pari a 10-12 lavorate in Cina. Potremmo pensare anche a contratti in cui si stabilisce che su nove ore lavorate, una è destinata ad aumentare la produttività dell’Isola. C’è la possibilità che nasca un soggetto diverso che faccia da argine all’avanzata del malcontento? E’ altissima la possibilità che i sardi preferiscano la protesta alla proposta, perché i livelli di istruzione – benché medio alti come certificazione – nella realtà sono medio bassi: pochi hanno la consapevolezza della complessità dello Stato che richiede un sapere, una volontà, una dedizione. La scuola sarda è in forte difficoltà. Bisogna investire di più aumentando l’offerta formativa all’interno degli istituti e incrementando il rapporto scuola-impresa: vedere applicate le materie di studio cambia la testa delle persone. Poi bisogna avere fiducia in chi sa lavorare: il problema è l’egualitarismo. La meritocrazia per la scuola è uno strumento fondamentale: no alla competizione spinta, ma deve esistere un meccanismo di premialità-penalità per chi lavora di più o di meno. E’ un lavoro indispensabile perché una regione priva di risorse ha più bisogno di sapere per capire come fare. Sta tornando in linea con Soru su questi temi? Quando si fa un cammino insieme, è difficile individuare il copyright delle proposte... Ma non è come dice lei. Cioè? Soru aveva un’idea molto gramsciana di istruzione come introduzione alla vita. Io penso che questo sia il compito dell’educazione, che guida la persona a distinguere il bene dal male. L’istruzione è un sapere che deve sempre essere orientato alla soluzione dei problemi. L’ultimo passaggio? Il nesso tra agroalimentare e turismo, ripensando radicalmente quest’ultimo: non esiste più quello dei grandi alberghi di un tempo. E’ un problema di qualità dell’offerta e di costruzione on line dei percorsi turistici. Da questo punto di vista, questa è una legislatura sprecata. L’ultimo aspetto è l’utilizzo del gettito fiscale, oggi assorbito da sanità e costi della macchina amministrativa.
IL PORTICO DEGLI EVENTI
doMenICA 21 APrIle 2013
Informazione. Già nel 2008 l’Organizzazione mondiale della Sanità lanciava l’allarme.
L’eccessiva attenzione ai casi di suicidio induce pericolosi effetti di simulazione Più di 50 studi scientifici dimostrano che l’eccesso di esposizione sui media può portare a imitare gli episodi raccontati. Ma l’informazione può avere un ruolo positivo
riportava gli effetti della messa in onda tra 1981 e 1982 sulla tedesca Zdf di una serie tivù intitolata “La morte di uno studente”. L’episodio raccontato era di un ragazzo di 19 anni che si buttava sotto il treno. Analizzando i dati sui suicidi in Germania tra il 1976 e il 1984 risultava un aumento significativo, fino al 175%, di comportamenti suicidari tra giovani di 15-19 anni nel periodo successivo alla messa in onda del programma. È quello che gli specialisti chiamano “effetto Werther”, ispirandosi all’eroe romantico del celeberrimo ro-
manzo di Goethe. Ma al contrario esiste - cosa che tanti non sanno - anche un “effetto Papageno”, dal nome del personaggio del Flauto magico di Mozart (1791) che grazie all’intervento di tre fanciulli desiste dal togliersi la vita. Uno studio dell’università di Vienna pubblicato su Social science and medicine nel 1994 ha messo in luce che dopo lo sviluppo di linee guida per i giornalisti nel 1987 i suicidi nella metropolitana di Vienna diminuirono del 75%. Tali linee prevedevano di non dar risalto a eventi suicidari. Come fare però - sosterrebbe qualcuno - per non venir meno al dovere di informare? Basterebbe rispettare le norme esistenti: dalla Costituzione alla legge professionale, dalla Carta dei doveri del giornalista al Codice deontologico della privacy: il rispetto della dignità della persona e l'essenzialità dell'informazione valgono più di tutto il resto. Particolare attenzione va osservata quando nel fatto di cronaca sono coinvolti minori e soggetti deboli, settore in cui vige la Carta di Treviso che chiunque cominci a fare questa professione (o anche solo a interessarsene) dovrebbe conoscere. Meglio fermare, in fretta, la deriva.
I paesi arabi sunniti mandano i loro terroristi, kamikaze arabi per combattere sul terreno siriano; invece i paesi arabi sciiti mandano le armi e le persone per difendere e proteggere i sciiti in Siria. E come sempre nel Medio Oriente, i cristiani pagano il prezzo di tutti i conflitti. I sunniti, gli sciiti, i cristiani e gli alawiti siriani erano uniti sotto le ali di un solo stato, la Siria. Invece, oggi, i siriani musulmani, rimasti lì, sono sotto la potenza americana-saudita e sotto la potenza iraniana-russa. In tale confusione i siriani cristiani stanno cercando un rifugio per continuare a vivere in pace e in serenità. È impossibile immaginare una soluzione per la situazione attuale siriana come era impossibile per la situazione irakena: la guerra in Siria non è una guerra fatta dai siriani ma difesa dai siriani. È impossibile considerare colui che difende la propria terra un criminale e colui che domina l’altro con le armi un eroe. I mass media europei trasmettono una pic-
colissima parte della realtà siriana; con tutta coscienza potrei dire che non stanno trasmettendo la realtà. Seguendo le notizie sui canali arabi e le notizie sui canali europei nello stesso giorno, ci si rende conto che le informazioni risultano discordanti. Tutti sappiamo che la Siria sta combattendo fortemente però non tutti sanno che i terroristi, che non sono siriani e combattono nel territorio siriano, sono pagati dall’estero sunnita. Tutti sentiamo in tv che i soldati dello stato di Assad stanno bombardando, ma nessuno parla del numero incomprensibile di terroristi in Siria e di quello che stanno facendo i non siriani in Siria. Se qualcuno legge il mio articolo, può pensare che l’autore è siriano o parteggia per i siriani. Quello che vi ho presentato è una piccola parte della verità rispetto a quello che sta succedendo realmente in Siria. Perciò, supplico tutti i capi del mondo intero, specialmente coloro che appoggiano la guerra siriana, la Chiesa e tutta l’umanità di prendere coscienza della gravità e della situazione in Siria, di smettere di mandare terroristi, armi e di appoggiare i radicalismi. Basta, basta vedere migliaia di eroi, basta feriti, basta emigrazione, basta vivere come nella prima guerra mondiale e basta creare dei movimenti radicalisti in quella terra. Il cambiamento non si fa in questa maniera, la democrazia non ha il volto della guerra. Una nazione che non conosce la democrazia non può chiedere ad un’altra nazione di essere democratica.
I. P. LTRE CINQUANTA STUDI internazionali dimostrano che l'eccessiva attenzione dedicata dai mezzi d'informazione ai casi di suicidio induce pericolosi effetti di emulazione. Il dato - certificato nel 2008 dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) - emerse a Verona già nel maggio 2011 durante una tavola rotonda organizzato dal locale Ordine dei Giornalisti. Numerose norme deontologiche - e ora anche questi numeri - impongono una riflessione a operatori dell’informazione e direttori di testata. Un tempo c’era la regola non scritta che, dei suicidi, non si parlava sui giornali e in tv. C’era forse una sorta di sacro rispetto per chi aveva deciso un gesto così estremo. Po-
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Foto-simbolo.
che eccezioni erano ammesse al principio: oggi no, c’è stato perfino chi durante un tg locale in questi giorni ha fatto la triste, e macabra, contabilità dei decessi. Il tema si ripropone dunque con drammatica attualità anche nella nostra Isola. Anche l’Ordine dei giornalisti della Sardegna ha diramato precise indicazioni, finora inascoltate. La pubblicazione di storie di suicidio può indurre comportamenti di imitazione, certifica l’Oms. Uno studio del Centro di salute mentale di Mannheim pubblicato su Psychological medicine nel 1988
Finisca al più presto la guerra in Siria Le responsabilità dell’Occidente nella terra di Assad P. FADI RAHI, C. Ss. R.
ll’inizio di questo secolo le guerre in Medio Oriente e nel Nord Africa, conosciute con il nome di “Primavera Araba”, attirano l’attenzione di tutto il mondo. Un secolo fa, gli stati europei erano considerati una grande potenza mondiale, le loro decisioni condizionavano tutto il pianeta. Oggi, invece, all’Europa si affiancano potenze mondiali come gli USA, la Corea, l’Arabia Saudita, l’Iran, la Russia e il Qatar. Dopo l’11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno chiuso le frontiere al Medio Oriente e sono passati al contrattacco attraverso uno schema ben definito: far capitolare alcuni governi arabi, dividere il Medio Oriente in zone a federalismo confessionale, creare conflitti religiosi in particolare, tra musulmani sunniti e musulmani sciiti. Nel 1971 Hafez Al-Assad, il padre del presidente Bashar, viene eletto presidente della Siria e nello stesso periodo sono stati eletti altri presidenti in varie nazioni arabe, appoggiati dagli americani, che attraverso un colpo di stato si impadroniscono del
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potere. All’alba del secolo attuale, c’è stata un’inversione di tendenza del gioco americano in varie nazioni perché gli interessi sono cambiati. Nasce, così, l’idea di creare la "Primavera Araba". La religione islamica è divisa in due grandi rami: Sunniti e Sciiti, anche se esistono altre piccole confessioni come gli Ismailiti e gli Alawiti… Quest’ultima è una delle confessioni che esiste in Siria e a cui appartiene il presidente Assad. L’Arabia Saudita insieme al Qatar, di maggioranza sunnita e alleati con gli americani, appoggiano i sunniti in Siria; invece l’Iran di maggioranza sciita e alleata con la Russia, appoggia gli sciiti. I cristiani, prima della guerra attuale erano quasi il 10% della popolazione siriana e gli alawiti erano quasi il 3%. I cristiani e gli alawiti in Siria erano già la minoranza e tra di loro ancora oggi hanno un buon rapporto e si rispettano reciprocamente. In base a tali considerazioni ci si rende conto che la guerra è un’invenzione degli americani. Infatti la guerra è sorta dall’intervento, da un lato dell’Arabia Saudita e del Qatar, dall’altro dal contrattacco da parte dell’Iran, della Russia e della Cina.
Il PortICo
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blocnotes LILLI PRUNA SU SARDINIAPOST
Tutti i numeri della crisi sarda “Più di un quarto delle famiglie sarde vive in condizioni di povertà. Sono 145mila, cui se ne aggiungono altre 171mila in condizioni di deprivazione, cioè talmente vicine alla soglia di povertà che una spesa imprevista di modesta entità potrebbe farle diventare povere. In totale sono quasi 320mila famiglie, che corrispondono a non meno di 450mila persone”. Lo scrive Lilli Pruna (nella foto), docente di Scienze politiche su sardiniapost.it, il giornale on line di Giommaria Bellu. E’ un articolo davvero completo, che fa riflettere. “I disoccupati sono 109mila, la cifra più elevata di sempre, ma altre 105mila persone cercano un lavoro o vorrebbero lavorare, perché ne hanno bisogno ma anche diritto”, scrive Pruna. “Nell’insieme, indicano che in Sardegna mancano almeno 200mila posti di lavoro”. I lavoratori in cassa integrazione straordinaria e in deroga oscillano ormai intorno ai 20mila, ma secondo le organizzazioni sindacali nel 2013 potrebbero arrivare a 30mila. “E’ una spirale da spezzare - commenta ancora la docente perché alimenta la povertà delle famiglie destinando quantità crescenti di risorse pubbliche per sussidi insufficienti, sottraendo queste risorse ad investimenti che producano occupazione”.
I pensionati (di vecchiaia e anzianità) sono 250mila, un terzo non raggiunge i mille euro mensili di pensione. Per molte famiglie la pensione di un componente rappresenta il reddito principale, in altre rappresenta l’unico reddito. “Ma non abbiamo perduto solo redditi, retribuzioni e lavoro - avverte Lilli Pruna - Abbiamo perduto istruzione e non è una perdita recuperabile, come è invece il reddito”. In Sardegna oggi c’è la quota più elevata di giovani che abbandonano prematuramente la scuola: il 25% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola senza avere conseguito un diploma o senza avere una qualifica professionale. Si tratta di circa 30mila giovani, quasi nessuno di loro potrà recuperare l’istruzione perduta. “Siamo anche tra le ultime regioni italiane per livello di competenza dei 15enni (sia nella lettura che in matematica) - conclude la ricercatrice - e questo significa che anche una larga parte dei ragazzi e ragazze che studiano non è in condizioni di apprendere e di sviluppare le competenze di base come in altre regioni”.
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Il PortICo
IL PORTICO DEL TEMPIO
Il Papa. Vibrante richiamo contro “l’incoerenza di fedeli e pastori: mina la credibilità”.
La piccola e umile testimonianza della classe media della santità
miglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio». Papa Francesco ha poi esortato tutti i credenti ad una testimonianza coraggiosa della fede: «nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi "nascosti", una sorta di "classe media della santità", come diceva uno scrittore francese, quella "classe media del-
la santità" di cui tutti possiamo fare parte. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa». Adorare il Signore «vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita». In settimana il Santo Padre ha ricevuto in Udienza i membri della Pontificia Commissione Biblica al termine dell’Assemblea Plenaria sul tema “Ispirazione e verità nella Bibbia”.Il Papa ha insistito sul legame tra Scrittura e Tradizione: «l'interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa. Questa norma è decisiva per precisare il corretto e reciproco rapporto tra l'esegesi e il Magistero della Chiesa. I testi ispirati da Dio sono stati affidati alla Comunità dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la fede e guidare la vita di carità». All’Udienza Generale del Mercoledì Papa Francesco ha approfondito il tema della portata salvifica della Risurrezione di Gesù: «la nostra fede si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa».
tolinea don Marco – ad accompagnare i suoi giovani nel cammino di formazione e di preparazione poiché chi arriva al matrimonio deve sentire di essere realmente sostenuto da una comunità. Per questo è necessario che la comunità si impegni nella formazione degli operatori della pastorale, operatori capaci di credere nella bontà del percorso formativo. Davanti al fenomeno delle convivenze, come possiamo dire ai giovani che la scelta del sacramento permette di raggiungere una realtà più grande? E’ importante quindi, che ogni parrocchia proponga un cammino mirato per le giovani famiglie e che sappia creare ponti con le parrocchie vicine per
creare laboratori di crescita per i servizi alla famiglia. Un altro passaggio importante nel rapporto con i giovani è l’educazione che essi ricevono. L’educazione alla fede non passa attraverso la spedizione dei figli alla attività parrocchiale, ma deve coinvolgere integralmente entrambi i genitori. Non dobbiamo dimenticare inoltre le famiglie ferite, ovvero tutte quelle famiglie che hanno conosciuto il dramma della separazione, per loro è importante sottolineare che la Chiesa non lascia soli, non abbandona”. Nel frattempo si è svolto a Milano il il seminario nazionale “La famiglia, soggetto pubblico e vera minoranza creativa”. Voluto dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, l’appuntamento rientra nel Corso di Alta formazione “Dottrina sociale della Chiesa: spalancare la ragione, rinnovare l’impegno nella vita pubblica”, a cura delle Alte Scuole dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con l’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, il Centro pastorale e il Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa. Interventi del nostro arcivescovo, di Francesco Belletti (ForumFamiglie), Eugenia Scabini e Andrea Nicolussi. Ha concluso l’incontro una tavola rotonda.
ROBERTO PIREDDA L REGINA CAELI IL SANTO Padre ha preso spunto per la sua riflessione dalla prima lettura della liturgia domenicale che presentava il testo degli Atti degli Apostoli nel quale i sommi sacerdoti e i capi della città reagiscono, facendoli imprigionare, contro gli Apostoli che predicavano la risurrezione di Cristo. (At 5, 27b32. 40b-41). Solo una decisiva esperienza di fede può spiegare il coraggio degli Apostoli nell’affrontare le avversità che incontrano nella loro opera di annuncio: «la loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù». Anche oggi, spiega Francesco, «quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza». Papa Francesco ha poi sottolineato il valore della testimonianza di tutti quei cristiani che patiscono delle persecuzioni a causa della loro fede e ha esortato tutti a vivere nella carità: «l’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare che Gesù è con noi vivo, che Gesù è risorto».
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Il Papa nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Al termine del Regina Caeli il Papa ha ricordato anche la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore auspicando che essa «continui ad offrire alle nuove generazioni un’ottima formazione, per affrontare le sfide del tempo presente».Sempre Domenica il Santo Padre ha visitato la Basilica di San Paolo fuori le Mura. Nell’omelia della S. Messa si è soffermato su tre parole chiave: annunciare, testimoniare, adorare. Pur di rimanere fedeli al mandato di annunciare gli Apostoli rischiano la loro vita, questo fatto ci interpella: «sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in fa-
L’Azione cattolica discute di famiglia ad Assemini Verso le Settimane sociali. A Milano il seminario nazionale MATTEO VENTURELLI USTODIRE LA FAMIGLIA e costruire il futuro. E’ questo il titolo della giornata svoltasi domenica scorsa nella parrocchia Beata Vergine del Carmine di Assemini. Una giornata di incontro, studio e confronto organizzato dal settore adulti dell’Azione Cattolica Diocesana in preparazione alla 47ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, “Famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, che si terrà nel prossimo mese di settembre a Torino. “L’obiettivo di questa giornata – spiega Andreina Pintor, Presidente Diocesano Ac – è quello di cominciare a parlare concretamente di famiglia all’interno delle comunità parrocchiali. Questa sarà un attenzione prioritaria del prossimo triennio dell’Azione Cattolica. Tutti i no-
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stri percorsi formativi si rivolgono sempre alle famiglie: cammini per i bambini, per i giovani e per gli adulti, ma da adesso vogliamo avere un attenzione anche alla famiglia come unica dimensione, come nucleo. La Chiesa ci invita a interrogarci su tanti aspetti della famiglia, oggi abbiamo fatto un primo passo”. La giornata si è svolta in due fasi distinte collegate dalla celebrazione della messa insieme alla comunità ospitante. Di mattina gli adulti si sono lasciati provocare da alcune clip cinematografiche capaci di fotografare la famiglia in ogni sua particolarità: dal rapporto tra sposi, ai figli e ai suoceri o alle ferite delle separazioni. Il pomeriggio è stato riservato invece alla testimonianza di due coppie di sposi e all’incontro con don Marco Orrù, direttore dell’Ufficio per la Pastorale familiare della Diocesi. “ La comunità cristiana è chiamata – sot-
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pietre SIRIA
Cristiani in fuga dai quartieri dei ribelli La conquista di un quartiere di Aleppo, la metropoli martoriata da mesi di cruenta guerra civile. Ha provocato la fuga di cristiani che un tempo rappresentavano la maggioranza. Negli ultimi anni era diventata prevalente la popolazione curda, ma le famiglie cristiane erano ancora numerose, raccolte intorno alla chiesa armeno-cattolica e a quella greco-ortodossa. Negli ultimi giorni invece più di trecento famiglie cristiane sono fuggite dal quartiere conquistato dai ribelli. Almeno 120 cristiani hanno trovato rifugio nella casa dei fratelli maristi. INDIA
Due cristiani in prigione L'intolleranza anticristiana in Jammu e Kashmir sta raggiungendo proporzioni allarmanti dopo l'arresto di due cristiani per false accuse di conversioni forzate. Il fermo è scattato dopo che una folla di musulmani ha aggredito due uomini, cinque donne e due bambini, tutti di origine britannica. Gli stranieri vivono da circa quattro anni in un quartiere di Srinagar. Secondo i residenti locali uno di loro è impegnato in attività di conversione. Così, due giorni fa un nutrito gruppo di persone ha aggredito i cristiani, lanciando pietre contro i veicoli e tentando di distruggere l'abitazione. L'intervento della polizia ha evitato la demolizione e il ferimento dei presenti, ma gli agenti hanno arrestato due cristiani per chiarire le accuse contro di loro. Le forze dell'ordine hanno posto sotto sequestro l'edificio ed evacuato gli stranieri. L'imam locale ha raccontato alla polizia di aver più volte chiesto agli stranieri di non convertire musulmani, senza risultato. VIETNAM
Leader cristiano morto in carcere Si addensano sospetti sulla morte di un cristiano scomparso mentre era in custodia dalla polizia. La versione ufficiale fornita dagli agenti è “suicidio tramite scossa elettrica”, che la famiglia della vittima contesta fortemente, affermando che l'uomo è morto in seguito a percosse e torture. L'uomo era finito in carcere quando il fratello detenuto nella cella accanto aveva udito rumori di un pestaggio provenienti dalla cella di suo fratello. Quando la polizia ha portato il prigioniero fuori dalla sua cella, era completamente inerte, come se fosse morto, con segni viola alla gola. La polizia ha annunciato la morte, sostenendo che l'uomo aveva messo volontariamente le dita in una presa di corrente elettrica.
doMenICA 21 APrIle 2013
IL PORTICO DEI GIOVANI
Il PortICo
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Missione giovani. Si è conclusa nei giorni scorsi l’iniziativa pensata e realizzata con i Frati di San Mauro.
“Vogliamo portare sempre più giovani a Gesù Ci sentiamo strumenti nelle mani di Dio” Più di 400 ragazzi ogni sera hanno partecipato alle catechesi proposte. Il richiamo forte nei luoghi più frequentati dai ragazzi nella nostra città. Il bilancio dell’iniziativa SUSANNA MOCCI N’ALLEGRA INVASIONE di frati, suore e decine di ragazzi con il tau al collo. Difficile non accorgersi della loro presenza che, nelle scorse settimane, ha interessato ogni angolo della città. La Missione Giovani, iniziata il 5 aprile su mandato dell’arcivescovo monsignor Miglio, ha visto la partecipazione di sessanta missionari tra frati, suore e giovani. Ogni mattina, sera e notte hanno portato l’annuncio del Vangelo in tutti i luoghi frequentati dai ragazzi: locali, cinema, università, discoteche, scuole. Con il pretesto di consegnare un volantino graficamente accattivante ma molto chiaro ( conteneva un passo evangelico) tanti sono stati fermati per strada e invitati a due momenti: l’adorazione eucaristica che si teneva dalla mattina al tardo pomeriggio nella chiesa di Sant’Antonio Abate in via Manno e alle catechesi serali. Ma il vero passaparola è cominciato quan-
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do, per promuovere gli incontri che si sarebbero tenuti qualche giorno dopo, domenica 7 aprile è stato proposto un flash mob a Marina Piccola e poi in Piazza Yenne. Qualcuno ha ripreso il momento e inserito il video su youtube e in pochi giorni ha ottenuto oltre 45mila visualizzazioni, richiamando anche l’attenzione dei media locali e nazionali e suscitando la curiosità di molti. Sono stati poi ripetuti quotidianamente in varie parti di Cagliari. “L’idea del flash mob – spiega Padre Vito D’Amato, responsabile della missione- è quella di usare
uno strumento che diventa un modo per approcciarsi ai giovani che in questa società secolarizzata hanno tanti pregiudizi verso la Chiesa. Siamo partiti con l’idea di raggiungere il maggior numero possibile di ragazzi affinché potessero incontrare Gesù Cristo. Abbiamo proposto delle catechesi che vertevano sulle questioni principali della fede e che hanno visto la partecipazione di oltre quattrocento persone a serata, dunque possiamo dire che è andata bene, anche se il nostro desiderio è portare sempre più giovani a Gesù”. Nelle cinque catechesi, strutturate
nella modalità dell’annuncio kerygmatico, si è parlato del rapporto con se stessi, con gli altri e con Dio, prendendo come punto di riferimento in ogni serata un diverso passo del Vangelo, fino ad arrivare all’annuncio del kerygma e all’adorazione della Croce, per poi introdurre i giovani nella Chiesa attraverso l’ascolto delle testimonianze dei missionari e il racconto dell’esperienza di Chiara Corbella, una giovane sposa e madre che ha dato la vita per suo figlio. Un momento significativo è stato quello della Via Lucis, nella serata del lunedì, dove si è fatto tappa nei
luoghi in cui si sperimenta un particolare disagio, come ad esempio il carcere di Buoncammino, le zone di prostituzione o di degrado sociale, con il desiderio di portare una nuova luce. Tra i tanti giovani missionari ci racconta la sua esperienza Ester, 28 anni: “E’ andata oltre ogni aspettativa: abbiamo capito che ci sono tanti giovani che non si vogliono rassegnare, che hanno desiderio di pienezza. C’è ancora chi ha voglia di sognare. Le difficoltà ci sono state, ma eravamo preparati ai rifiuti delle persone. Nonostante ciò, c’era la voglia di continuare per condividere quello che abbiamo vissuto. È stato bellissimo vedere agli incontri tanti giovani conosciuti per strada. Di questi giorni mi resta la gioia degli occhi dei ragazzi che partecipavano: vedevo giorno dopo giorno i loro visi sempre più luminosi e sapevo che stavano facendo lo stesso incontro che ho fatto io. Mi sento molto grata perché mi sono sentita uno strumento nelle mani di Dio”. Una Chiesa giovane fatta dai giovani, aperta al confronto, che non aspetta che i giovani vadano in chiesa ma che va loro incontro: la missione si è conclusa con la celebrazione eucaristica il 14 aprile nel convento di San Mauro. Per chi desidera approfondire questi incontri da domenica 21 aprile inizia il corso sui Dieci Comandamenti – Parole di Vita, che si terranno ogni domenica alle 20.30 nel convento di San Mauro.
La Missione giovani nelle piazze e nei luoghi di Cagliari
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Il PortICo
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 21 APrIle 2013
Storie. E’ tra i 15 giovani under 35 più promettenti al mondo secondo la speciale classifica del MIT.
Dalla Sardegna a Strasburgo con passione, scala il mondo con i suoi studi sul grafene Emanuele Orgiu lavora all’Istituto di Scienze e ingegneria molecolare all’Università francese. Il suo pane quotidiano: i materiali flessibili ed alternativi per l’elettronica MICHELE ANTONIO CORONA MANUELE ORGIU, classe 1978, ha conseguito il dottorato in ingegneria elettronica nell’ateneo di Cagliari cinque anni fa. Attualmente lavora come ricercatore presso l’Istituto di Scienze ed ingegneria molecolare dell’Università di Strasburgo, in cui si occupa di elettronica organica collegata alla chimica. Recentemente è stato premiato come uno dei giovani scienziati sotto i 35 anni più promettenti. Lo abbiamo incontrato, per capire meglio il modo in cui ha sviluppato questa passione e quali siano i passi che ha compiuto per giungere a questo primo importante riconoscimento internazionale. Da Laconi a Strasburgo. Dall'ingegneria elettronica alla chimica. Dall'ateneo cagliaritano ad
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un istituto di ricerca di fama mondiale. Ci racconta il suo iter accademico? E’ piuttosto semplice. Dopo aver conseguito la laurea in ingegneria elettronica nel 2004, nel 2008 ho concluso un dottorato di ricerca svolto in parte a Cagliari, in parte all'Università di Santa Clara (California) ed in parte a Linz (Austria). Successivamente ho partecipato alla fondazione di una nuova azienda, TechOnYou (te-
chonyou.com), e l'ho guidata fino al marzo 2009 quando ho lasciato l'Italia per andare a lavorare a Strasburgo (Francia). In generale mi sono sempre occupato dello studio di materiali flessibili ed alternativi per l'elettronica. In un certo senso ho un po' cambiato il modo di affrontare il problema, ampliando il mio orizzonte fisico ed arricchendolo con quello chimico a Strasburgo. In cosa consiste il grande proget-
to di cui lei è responsabile finanziato dall'UE? Nella realizzazione di dispositivi elettronici basati sul grafene, un materiale completamente fatto di atomi di carbonio. E' ultraleggero ed ultrafine dunque è pensato per l'elettronica del futuro: flessibile, leggera, portatile. Recentemente a Parigi è stato premiato tra i 15 giovani under 35 più promettenti. In cosa consiste questa menzione? Il premio è inventato dal celeberrimo istituto di tecnologia del Massachussets, il MIT(Cambridge, USA). E' un riconoscimento che premia le personalita' più innovative e giovani (sotto i 35 anni) di un certo anno. Non è un premio strettamente accademico e quindi rivolto a meriti per la ricerca in ambito universitario. Ma dedicato anche a chi fonda aziende, a chi lavora per aziende. Credo di essere stato l'unico proveniente dall'ambito universitario tra i 10 premiati che lavorano tutti per aziende. Quali modalità indicherebbe a chi volesse dedicare la propria vita ad una passione accademica e di studio in questo periodo in cui ogni strada sembra chiusa? Io credo che una passione non abbia tempo nè spazio. Una passione esiste, e ti tira forte. Diciamo che
poi dipende da quanto uno è determinato e, naturalmente, dotato. Da dove partire? Inizierei con lo smettere di dire che in questo periodo ogni strada sembra chiusa e direi a chiunque di inventarsi una strada da percorrere. Alcune delle strade più note che conosciamo sono chiuse. Altre devono essere trovate e seguite. La passione accademica credo sia passione per la ricerca. Che quindi può essere anche fatta in un'azienda che uno può mettere su. Anche se, certo è diverso. Stando agli ultimi dati AIRE, sono sempre piu' numerosi i giovani che trovano fortuna all'estero. Ma non bisogna pensare che all'estero le cose siano piu' facili. Quanto conta andare all’estero? Partire per fare esperienze è sempre importante. Si torna ogni volta arricchiti dal confronto con la diversità e più forti, perché si è stati capaci di mettersi alla prova. Invece, partire senza speranza è sempre un'esperienza devastante. Non solo perché di questi tempi anche altrove la speranza è poca, ma anche e soprattutto perché anche dove c'è speranza, rimane il rimpianto per non avere avuto il diritto di sperare nel proprio paese di origine, con i propri affetti, e nella propria lingua. Da sardo, questo è ancora più vero.
Animazione liturgica, un prezioso servizio Quattro giornate tra preparazione liturgica e musicale ROBERTO COMPARETTI UATTRO GIORNI per capire il significato di un prezioso servizio svolto nelle parrocchie. È il senso del TLC musicale ospitato fino a domenica nella casa dei Gesuiti di Solanas. “IL TLC - dice don Davide Collu, viceparroco al SS. Crocifisso a Cagliari e direttore spirituale dell'appuntamento - è un corso di spiritualità aperto a tutti. Questo che viene realizzato da 10 anni è un corso di animazione liturgico musicale, nato da un'idea di don Gabriele Casu, oggi sacerdote fidei donum in Brasile, portato avanti negli ultimi anni da don Albino Lilliu. In questi quattro giorni si fa formazione liturgico musicale: i ragazzi che prendono parte al corso sono già inseriti in cori, animano le liturgie, suonano. Ciò che il corso vuol fare è renderli consapevoli del prezioso servizio che
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prestano nelle parrocchie: il loro è un impegno importante nella vita della comunità e vogliano far scoprire loro la bellezza ed il senso della liturgia. Vivendo la celebrazione a pieno si vive l'incontro con Cristo: è una forte esperienza di preghiera e di incontro con il Signore”. La giornate a Solanas sono scandite, per la quarantina di ragazzi che vi partecipano, da due relazioni la mattina e due la sera, con quattro ore di prove di canto e di laboratorio musicale tra mattina e sera, e prima della cena la messa animata da tutto il gruppo. Domenica invece, in occasione del terzo incontro diocesano dei giovani con l'Arcivescovo, nel corso della celebrazione Eucaristica prevista, tutti i canti saranno proposti dal gruppo che ha frequentato il corso. “Nel corso delle quattro giornate riprende don Davide - ai ragazzi verranno date nozioni circa le celebra-
Una sessione del TLC; sotto don Davide Collu.
zioni, in particolare su come è suddivisa la messa, quale importanza abbiano i diversi canti ed i motivi per cui vanno eseguiti in quel dato momento della celebrazione. Un lavoro che verrà realizzato dai giovani nelle equipe che sta realizzando il corso, e da alcuni sacerdoti che sono stati invitati come monsignor Fabio Trudu, don Albino Lilliu”. A questo si aggiungono i laboratori musicali dove nel concreto i ragazzi miglioreranno le loro competenze, grazie all'apporto di don Fabio
Baggio, compositore di carattere nazionale, compositore di canti per la messa con un taglio giovanile. “Se da un lato dunque - conclude don Davide - vengono date nozioni sulla liturgia, dall'altro vengono forniti elementi per accrescere il proprio bagaglio musicale. Il confronto tra persone di diverse comunità, con il conseguente arricchimento reciproco, caratterizza l'equipe che gestisce il corso. Per quattro giorni s'impara a lavorare per la propria comunità parrocchiale, ma con al-
le spalle un'esperienza di scambio tra storie di comunità diverse, in grado di generare conoscenza reciproca, di rendere capaci il confronto, la condivisione, e la crescita personale, a contatto con le altre realtà, dunque non più isolati nelle proprie parrocchie, ma arricchiti dall'esperienza e con nuove idee. Dopo dieci anni il corso è oramai una costante nella vita della Diocesi: domenica, nell'incontro con i giovani con l'Arcivescovo, sperimenteremo anche questa realtà”.
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IL PORTICO DI CAGLIARI
iniziative. Le comunità fondate da Kiko Arguello e l’evangelizzazione nelle strade.
Anche a Cagliari la grande Missione del Cammino neocatecumenale In mille piazze di tutta Italia risuona l’annuncio che salva l’uomo e la Storia. “La predicazione può far nascere la fede”: così la sintetizza Enzo Curiat, responsabile regionale RICCARDO TOSADORI RANDE MISSIONE IN mille piazze d’ Italia. E’ così che il Cammino Neocatecumenale ha voluto chiamare l’iniziativa che lo vede protagonista di una serie di incontri in tutte le città d’Italia. Nelle domeniche del tempo di Pasqua le comunità fondate da Kiko Arguello si ritrovano in luoghi prestabiliti per dare a tutti i presenti e ai passanti l’ annuncio del Cristo Risorto. In realtà il Cammino non è nuovo ad iniziative di questo tipo e nel tempo pasquale degli scorsi anni è già successo. Ma questo è un anno speciale, è l’ anno della Fede, e la Chiesa ci invita a fermarci e a riscoprire l’ esperienza di Cristo nella vita di ciascuno. Nella nostra Diocesi il Cammino Neocatecumenale è presente in diverse parrocchie e il numero di comunità è considerevole:Vergine della Salute (Poetto), S.S. Nome di Ma-
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ria (La Palma) e San Carlo Borromeo contano una cinquantina di comunità, composte da circa 40 fratelli ciascuna, oltre alle comunità di Bonaria, di S. Antonio a Quartu, di S. Ambrogio a Monserrato. Questo fa sì che in molte piazze della diocesi si possa vivere l’esperienza della Missione. Non solo perché queste comunità sono impegnate anche a Serdiana (dove c’è una comunità), a Poggio dei Pini (anche qui c’è il cammino), a Marina Piccola, in Piazza Italia, nei centri commerciali e si sconfina anche in altre Diocesi: piazza Sella ad Iglesias, Portoscuso, ma anche Terralba (Tanca Marchesa) e Villacidro. Ogni domenica, la mattina o la sera a seconda della disponibilità data dai parroci, un gruppo di co-
munità si ritrova in una piazza. Vengono sistemati microfoni e amplificazione e installati i segni liturgici: la Croce e l’Icona della Vergine Maria e un leggio con la Parola di Dio. Si inizia recitando le lodi o i vespri accompagnati col canto di un certo numero di cantori con chitarre e altri strumenti. Alcuni fratelli si recano all’ambone e con semplicità raccontano come e dove hanno incontrato Gesù Cristo nella loro vita e come hanno riconosciuto, con l’aiuto della Chiesa, la Sua resurrezione in questi fatti. Superate le timidezze di dover parlare in mezzo a tanta gente alcuni di loro raccontano esperienze forti, concrete, scevre da misticismo o esaltazione. C’è poi un momento di
catechesi: chi è Dio, qual’è il senso della vita non sono solo i temi trattati ma anche le domande che vengono rivolte alle persone presenti, con le quali si apre un dialogo, spesso costruttivo. C’ è poi la catechesi “kerigmatica”, cioè l’annuncio della buona notizia della Risurrezione del Signore che ha vinto la morte, della salvezza che si è compiuta per noi in Cristo. Viene letto il Vangelo. Il tutto si conclude con la chiamata a conversione. La recita del Padre Nostro e un canto alla Vergine Maria chiudono i lavori. “La predicazione può far nascere in un uomo la fede”, così Enzo Curiat, responsabile regionale del Cammino Neocatecumenale in Sardegna, sintetizza il senso della Missione nelle piazze.
“Viviamo immersi nel degrado morale” La presidente della Corte d’Appello al convegno Caritas MARIA CHIARA CUGUSI NA DEONTOLOGIA DELLA professione forense che salvaguardi la centralità della persona, nell’ottica del bene comune. È la necessità emersa dal convegno “Deontologia e sue applicazioni. Merito e virtù dell’avvocato”, organizzato dalla Caritas diocesana, in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cagliari. Un’ulteriore tappa dell’impegno intrapreso dall’organismo pastorale guidato da don Marco Lai, sui temi legali, con l’impegno nella mediazione penale e le iniziative per promuovere una formazione costante “da cui deriva una ricaduta per una società più giusta, - ha spiegato il direttore della Caritas diocesana - , un’affermazione di diritti e civiltà. Gli avvocati hanno un ruolo fondamentale: nessuno può fare a meno del diritto alla difesa, che deve essere tutelato al di là di convinzioni e inimicizie”. Una riflessione ancora più urgente,
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di fronte a un degrado morale in aumento, come denunciato da Grazia Corradini, presidente della Corte d’Appello di Cagliari, in apertura dei lavori: “Si vive in una situazione di rilevante degrado morale - ha sottolineato la Corradini - e i riflessi si vedono in tutte le professioni, anche nella magistratura, dove però è stata fatta pulizia. Gli avvocati, che sono liberi professionisti, devono essere capaci di fare altrettanto, ma attualmente ciò non si vede”. Una situazione accentuata dal numero eccessivo dei professionisti, “perché pur di guadagnare, si è pronti a qualsiasi cosa”. Basti pensare alla difesa a carico dello Stato: “Almeno nel 50% dei casi - continua la Corradini - il tema del gratuito patrocinio diventa un mero strumento per arricchirsi: più volte, mi sono lamentata in udienza, perché viene inviato spesso dall’avvocato un sostituto che non sa niente dell’imputato”. Ecco, allora, la necessità della formazione, accolta pienamente dall’Ordine degli Avvocati: “Oltre alla
Il convegno Caritas sulla deontologia. Al centro, don Marco Lai.
preparazione tecnica, occorre quella umana - spiega Maria Caterina Pirisi, responsabile dello sportello legale della Caritas diocesana - che si acquisisce giorno dopo giorno, con pazienza, e ci insegna a riflettere sulle conseguenze dei nostri comportamenti. Ed è ciò che la Caritas cerca di fare, a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa”. Così, la riscoperta della ‘dignitas’ diventa la proposta di comportamento per il singolo professionista, perché “ruota intorno alla persona, portando alla costruzione del bene comune, al senso di giustizia inteso come carità”, ha evidenziato Stefano Gattamelata (Scuola di specializzazione in Diritto amministrativo dell’Università di Teramo). Tra i punti cardine, “la competenza e la credibilità dell’avvocato, che non deve accettare di svolgere incarichi per
cui non è preparato - spiega -, e l’attenzione verso l’altro, intesa come onestà verso il proprio cliente, iniziando da una corretta informazione, in modo da garantire la libertà di scelta”. Occorre, puntare soprattutto sui giovani: “Ragazzi seri, preparati - spiega Roberto Nati, membro del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cagliari - che si avvicinano alla pratica molto motivati, perché conoscono le difficoltà economiche in cui versano molti studi professionali”. Un atteggiamento che va in direzione opposta, per Nati, rispetto a quella del ‘degrado morale’. E bisogna puntare sulla formazione negli studi legali: “La pratica che oggi si svolge nelle scuole di specializzazione o altre strutture ha aggiunto - dà una visione parziale e non aiuta per il futuro dell’attività professionale”.
IL PORTICO
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brevi DAL 14 AL 17 MAGGIO
I vescovi sardi da Papa Francesco Dal 14 al 17 maggio si terrà la "Visita ad limina" dei Vescovi della Sardegna. La periodica visita dei Vescovi al Papa, prevista per lo scorso mese di marzo, era stata rinviata a motivo delle dimissioni di Benedetto XVI. Il programma prevede martedì 14 maggio la visita dei Vescovi alle Congregazioni. Il giorno dopo alle 10.30 la partecipazione all'udienza generale. Il 16 maggio alle 8 la concelebrazione di tutti i Vescovi presso la tomba di San Pietro, e alle 10 il completamento della visita dei vescovi alle Congregazioni. Venerdì 17 maggio in orario da definire la Visita dei Vescovi al Santo Padre. Non si terrà il Pellegrinaggio regionale. La partecipazione dei fedeli all'evento è lasciata alla libera iniziativa delle parrocchie.
IL 21 APRILE IN SEMINARIO
Terzo incontro dei giovani verso Rio Domenica 21 aprile, in concomitanza con la 50esima Giornata Mondiale di preghiera per le vo-
cazioni, nel Seminario arcivescovile di Cagliari, si terrà il terzo incontro dei giovani verso la Giornata Mondiale di Rio de Janeiro. Il programma della serata prevede alle 16.30 gli arrivi e l’accoglienza, mezz’ora dopo la Festa delle testimonianze. Alle 18.30 comincerà l’Adorazione eucaristica, con confessioni, e alle 19 la celebrazione della messa presieduta dall’Arcivescovo.
ORA SI RISOLVA PER LO STADIO
Il Cagliari è salvo con ampio anticipo Siamo stati facili profeti, su queste colonne: il Cagliari delle meraviglie del duo LopezPulga ha battuto anche l’Inter e si gode la meritata salvezza in un campionato davvero pazzesco, segnato dalla querelle-stadio. Ora che il risultato è raggiunto, ci si sieda intorno ad un tavolo per dare a squadra e tifosi lo stadio che meritano.
IL PORTICO
Il PortICo
IV DOMENICA DI PASQUA
Ascoltano la mi
dal Vangelo secondo Giovanni
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n quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Gv 10, 27-30
DON ANDREA BUSIA
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il portico della fede
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l breve brano odierno è una parte del dialogo tra Gesù e i farisei che avviene dopo la guarigione del cieco nato, un dialogo non facile segnato dal rifiuto dei farisei di riconoscere Gesù come il Cristo, tanto che il versetto immediatamente successivo al nostro brano ci informa che “I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo” (Gv 10,31). A questa incredulità Gesù contrappone il fatto che ad ascoltarlo sono le sue pecore, quelle che il Padre gli ha affidato, mentre quei farisei non sono sue pecore (Gv 10,26). Questo non significa, ovviamente, che Dio abbia scelto chi condannare prima ancora di avergli dato la possibilità di convertirsi, bensì che le sue pecore si riconoscono per il fatto stesso di ascoltarlo e seguirlo, coloro che non lo ascoltano si comportano da “non-pecore”. Gesù che sceglie di definirsi come il buon pastore (Gv 10,11) e mostrare come il suo atteggiamento sia conse-
guente non è una novità nella Bibbia, già nel libro del profeta Geremia troviamo qualcosa molto simile sulla bocca di Dio: “Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne mancherà neppure una” (Ger 23,3-4). L’opera di Dio si svolge in due fasi: nella prima è lui stesso a radunare il gregge per poi, nella seconda, affidarlo a pastori “fidati”. Nel nostro brano troviamo l’attualizzazione della prima fase, Gesù è il buon pastore che raduna il suo gregge dietro di lui, mentre per trovare l’attualizzazione della seconda fase dobbiamo rileggere il vangelo di domenica scorsa (senza dimenticare che lì si parla di Gesù risorto, ed il racconto è quindi successivo al brano odierno) dove troviamo Gesù che costituisce Pietro come pastore fidato ripetendo tre volte il
mandato: “pasci le mie pecore”. È importante notare come, tanto nel nostro brano, come in quello di Geremia, ci sia una certa insistenza nell’uso di “io”, “mio”, “me”, ciò che garantisce alle pecore la vita non è tanto la loro bravura, e neppure la loro docilità, ma Gesù stesso, o meglio Dio Padre: suo è il gregge, sua è la forza che lo protegge, soprattutto suo è il dono della vita eterna. Queste pecore appartenenti al gregge di Cristo sono identificate attraverso tre caratteristiche: l’ascolto, la conoscenza e la sequela. L’ascolto è fondamentale, è un ascolto attivo che deve far giungere le parole di Dio non solo alle orecchie, ma al cuore, non a caso i dieci comandamenti iniziano proprio con l’imperativo “ascolta”: “Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto” (Dt 6,3). L’ascolto della parola di Dio ha l’effet-
to di renderci capaci di realizzare, nella nostra vita, la potenza della parola di Dio, la stessa parola con la quale è stato creato il mondo (Gen 1). La seconda caratteristica identificativa delle pecore è il fatto di essere conosciute da Cristo: questa non è una conoscenza intellettuale ma una conoscenza affettiva, Gesù ci conosce perché ci ama, non perché qualcuno gli ha parlato di noi. La terza caratteristica è la sequela, chi vuol essere discepolo di Gesù deve prendere la sua croce ogni giorno e seguirlo, non c’è un’altra strada (Mc 8,34). Queste pecore sono protette da Dio stesso, che garantisce loro la vita eterna ed, essendo Dio, niente può obbligarlo ad abbandonare il suo gregge, al contrario del mercenario che, vedendo il lupo, scappa e abbandona il gregge (Gv 10,12). Dio è capace di offrire tutto per difendere il suo gregge, e così ha fatto mandando suo Figlio e accettando il suo sacrificio sulla croce.
ESSERE IN CRISTO, PENSARE COME LUI, AGIRE COME LUI Nella catechesi all’Udienza generale del 10 aprile Papa Francesco, portando avanti il ciclo di temi legati all’Anno della Fede, si è soffermato sulla portata salvifica della Risurrezione di Cristo. L’interrogativo dal quale prende le mosse la riflessione del Santo Padre è il seguente: che significato ha per la nostra vita la Risurrezione? La nostra fede, mostra il Papa, «si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa. Sulla croce, Gesù ha offerto se stesso prendendo su di sé i nostri peccati e scendendo nell’abisso della morte, e nella Risurrezione li vince, li toglie e ci apre la strada per rinascere a una vita nuova». San Pietro nella sua prima Lettera afferma: «sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per
un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce» (1,3-4). Questo passo della Scrittura fa comprendere, spiega Francesco, come con la Risurrezione accada qualcosa di assolutamente nuovo: «siamo liberati dalla schiavitù del peccato e diventiamo figli di Dio, siamo generati cioè ad una vita nuova». Tutto questo avviene per il credente in modo concreto attraverso il sacramento del Battesimo: «è proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio: “Padre”, o meglio, “Abbà!” che significa “papà”. Così è il nostro Dio: è un papà per noi. Lo Spirito Santo realizza in noi questa nuova condizione di figli di Dio. E questo è il più grande dono che riceviamo dal Mistero pasquale di Gesù». Il dono della filiazione divina non è però una realtà da considerare come legata solo all’inizio del nostro cammino, venendo così praticamente messa parte in seguito, ma si tratta di un dono da custodire e coltivare continuamente. Pa-
pa Francesco ha ricordato i mezzi per far maturare la nostra relazione filiale con Dio: «deve essere alimentata ogni giorno con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente della Penitenza e dell’Eucaristia, e la carità». La riflessione sulla filiazione divina fa scorgere la verità della speranza cristiana: «la speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele». Questo cammino che ogni figlio di Dio compie sostenuto dalla speranza ha di mira il lasciarsi trasformare dall’azione della grazia: «essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato». di don Roberto Piredda
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DELLA FAMIGLIA
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Paradossi parigini.
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Un padre multato per una maglietta Dopo la grande manifestazione contro i matrimoni gay di RAFFAELLA FADDA
ubblichiamo la lettera che un papà francese indignato ha postato su Twitter dopo essere stato multato per aver indossato una maglietta della ‘Manif pour tous’, la recente oceanica manifestazione popolare parigina contro la legalizzazione dei matrimoni gay. La lettera è stata poi ripresa e pubblicata da numerosi quotidiani e siti web d’Oltralpe. Lasciamo ai nostri lettori ogni commento.
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RISCRITTURE
uon Pastore - Pavimento della basilica di Aquileia, I meta_ del IV secolo d. C.
Rispetto alla regolamentazione dei casi di aborto non punibili da parte delle autorità amministrative di Buenos Aires, prendiamo atto una volta di più della deliberata intenzione di perseverare sulla strada della limitazione ed eliminazione del valore supremo della vita, e della volontà di ignorare il diritto dei bimbi a nascere. Nei confronti di una donna in stato di gravidanza dobbiamo sempre parlare di due vite, le quali debbono entrambe essere preservate e rispettate, poiché la vita è un valore assoluto. «La scienza biologica indica in modo evidente attraverso il DNA, la sequenza del genoma umano, che dal momento del concepimento esiste una nuova vita umana che deve essere tutelata giuridicamente. Il diritto alla vita è un diritto umano fondamentale» (CEA “Non una vita ma due” 2011). L’aborto non è mai una soluzione. Occorre ascolto, vicinanza e comprensione da parte nostra per salvare tutte e due le vite: rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare ogni mezzo che possa preservare la sua vita, permettere la sua nascita
ed essere, inoltre, creativi nell’individuare percorsi che rendano possibile il suo pieno sviluppo. Questa decisione amministrativa che amplia le ipotesi di depenalizzazione dell’aborto, cedendo alle indebite pressioni della Corte Suprema nazionale – la quale, peraltro, ha prevaricato le proprie competenze in palese violazione del principio di divisione dei poteri e delle prerogative federali – comporta conseguenze di natura giuridica, culturale ed etica, poiché le leggi improntano la cultura di un popolo, e una legislazione che non protegge la vita favorisce una «cultura di morte» (Evangelium vitae, n.21). Di fronte a questa deprecabile decisione lanciamo un appello a tutte le parti coinvolte, ai fedeli e ai cittadini, affinché, in un clima di massimo rispetto, vengano adottati mezzi positivi di promozione e protezione della madre e del suo bambino in tutti i casi, a favore sempre del diritto alla vita umana. Sobre la resolución para abortos no punibles en la Ciudad de Buenos Aires, 10 settembre 2012
Lunedì ero al Giardino del Lussemburgo con mia moglie e i nostri sei figli al “pic-nic per tutti”, che viene improvvisato da alcuni giorni. Dovendo incontrare alcuni amici incontrati navigando sui social network, abbiamo convenuto, per riconoscerci, di indossare la t-shirt resa celebre dagli eventi del 13 gennaio e 24 marzo. Non è un abbigliamento militante dal momento che non c’è il titolo di “Manif per tutti”, ma solo una famiglia “normale” stilizzata. Non avevamo portato bandiere, fischietti, vuvuzela o altro materiale da manifestazione; avevamo organizzato solo una caccia al tesoro con i bambini. Gli amici che abbiamo incontrato, fino ad allora solo virtuali, erano molti certamente, ma né più né meno agitati della folla di curiosi che si godevano questa bella giornata del 1 ° aprile. Meno di un quarto d’ora dopo il nostro arrivo, alcuni agenti si sono avvicinati al nostro gruppo, infastiditi dai nostri vestiti e ci hanno chiesto di rimuovere o coprire queste felpe per il motivo, suppongo ritenuto sovversivo, che rappresentano la silhouette di un padre e di una madre che tengono per mano due bambini. Rifiutando di obbedire, un ufficiale ha chiesto i miei documenti e mi ha portato alla stazione di polizia per verbalizzare l’accaduto. Occorreva trovare il motivo per la contravvenzione. Hanno iniziato con “indossava un abito immorale”, ma davanti
alla mia reazione molto divertita e ai consigli del suo collega (di grado più elevato e quindi con una riflessione più ponderata), la motivazione è stata trasformata in “manifestazione ludica organizzata senza autorizzazione”. La natura della presunta violazione mi sembrava fuorviante per cui ho fatto verbalizzare il mio disaccordo, cosa che mi porterà ad essere convocato dal tribunale di polizia per ulteriori procedure penali. Il valoroso ufficiale che mi ha multato probabilmente non ha mai letto i pensatori del “gender”, come Judith Butler e Nicolas Gougain, e avrebbe anche difficoltà a identificare il reale significato della sigla LGBT. Tuttavia, ha riconosciuto nella famiglia stilizzata della mia felpa un simbolo in grado di turbare il nuovo ordine pubblico che imporrà a tutti il matrimonio omosessuale. Cari padri di famiglia, si profila una nuova resistenza. Non è la lotta senza fine in trincea per conservare pochi metri di una patria da trasmettere ai nostri bambini; non è più quella della ‘macchia’ da cui si torna solo alcune notti buie per abbracciare i nostri cari. No, la resistenza dei mesi a venire è quella dei parchi e dei luoghi pubblici, come famiglia, sottobraccio alla moglie, sbandierando con orgoglio la nostra gioia (e le nostro felpe) per il fatto di vivere un matrimonio felice. Non temiamo troppo le multe, perché saremo così tanti che, visto il magro bilancio che il nuovo regime socialista ha lasciato a disposizione della polizia e della giustizia, saranno obbligati a cedere davanti a noi.
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IL PORTICO DEI LETTORI
Il PortICo
doMenICA 21 APrIle 2013
LETTERE A IL PORTICO Gentile Direttore, Vorrei fare alcune considerazioni sulla crisi feroce che ci tormenta e la mancanza di prospettive per il futuro. Tutti sappiamo che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Lo dice la nostra costituzione. Il lavoro di chi? Di chi lo ha già? Ma se molti, troppi, lo hanno perso! Di chi non ce l’ha e lo vorrebbe? Ma quando mai! “Mala tempora currunt” esclamiamo rattristati ancora oggi in pieno 2013, perché in giro c’è molta preoccupazione, disperazione e pessimismo. Non piace a nessuno essere disfattisti, ma tant’è, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto quella dei giovani, dei nostri figli e, peggio ancora, dei tanti pensionati che, dopo aver faticato una vita, non hanno di che vivere dignitosamente, o di troppi padri di famiglia disperati perché hanno perso il lavoro e non hanno prospettive per il futuro.
Sono molto belle e incoraggianti le parole di Papa Francesco “non fatevi portare via la speranza”, ma quando in casa non c’è da mangiare e la notte non si dorme , perché le tasse e le bollette da pagare tolgono il sonno, in che cosa si può o si deve sperare? Sicuramente in Dio che vede e provvede, ma a questo punto anche nei politici e negli amministratori (sia nazionali che locali), che hanno il “dovere”di intervenire concretamente, in quanto eletti dal popolo esclusivamente per questo scopo. È vero che ormai nessuno ha più fiducia nella politica e soprattutto nei politici. O bisognerebbe chiamarli politicanti e basta? Perché il vero politico è quello che non parla (se non per spiegare alla gente che cosa sta facendo) ma agisce (e sono quindi i fatti, cioè i provvedimenti che prende, a parlare per lui). E in tanta crisi devastante a tutti i livelli, quali sono i provvedimenti già varati dai nostri
politici o in corso di realizzazione per dare lavoro a chi non lo ha, dignità alla persona e per eliminare le ingiustizie legalizzate? Tutti si interrogano. Perciò la classe politica, soprattutto in Sardegna notoriamente terra di drammatiche emergenze sociali, ha il dovere sacrosanto di rispondere, parlando poco e agendo molto. Ciò che conta sono i fatti. e tutta la Sardegna ha bisogno di fatti precisi e reali. Non è più possibile disperarsi e sperare. Servono rimedi certi affinché la disperazione non diventi tragedia. L’ultimo dramma di Civitanova non deve ripetersi mai più, in nessun luogo. Si sa che non è facile governare, ma ogni politico già da quando volontariamente si candida e si presenta in campagna elettorale, indipendentemente dalla sua fede religiosa, dovrebbe avere ben chiaro in mente un vecchissimo proverbio citato da S. Ago-
stino (Pl. 40, 1080): “non possa governare chi non vuole prima servire qualcuno”. Bisogna trovare soluzioni serie, concrete e immediate, perché questo è il compito specifico di chi governa: servire, cioè essere utile alla comunità. Che ripagherebbe i politici restituendo loro la fiducia. E di questi tempi non sarebbe poco! Augusta Caboni Caro direttore, Chi vi scrive ha assistito ad una situazione “fuori dal comune”, una storia veramente bella, vissuta ieri sera durante la Santa Messa delle 20.30, nel Salone Parrocchiale della chiesa di “San Carlo Borromeo” in Cagliari. Detto salone – usato spesso dalle Comunità Neocatecumenali – ieri sera era pieno all’inverosimile: non c’era neanche una sedia libera. Ma attenzione: la stessa situazione io l’ho riscontrata alla S. Messa
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delle 17.30, animata egregiamente da alcuni volontari e da tutti i ragazzi del Catechismo, con il Parroco che, durante l’Omelia ma anche in altri momenti, “scende” dall’Altare e parla con l’assemblea, in questo caso giovanissima. Non è un caso che, all’uscita di questa Messa, la strada adiacente alla Parrocchia è piena stracolma delle auto coi genitori che vengono a “recuperare”i propri figli e, anche in questo caso, non c’è un parcheggio libero, più o meno come le panche occupate in chiesa. A dirla così, sembrerebbe che molte persone “dirottano” la loro presenza, preferendo alcune celebrazioni rispetto ad altre, ma non è così, perché anche la Santa Messa delle 18.30 – dedicata a chi ha i “capelli grigi” – è altrettanto piena di anziani, fra l’altro simpaticissimi. Sinceramente, non so se tutto questo “nuovo innamoramento” verso la Santa Madre Chiesa sia dovuto al nostro nuovo Pontefice – S.E. Papa Francesco – ma una cosa io posso testimoniarla. All’arrivo del nuovo Parroco in San Carlo Borromeo, io ero fra quelli che provava un forte senso di malinconia nei confronti del tuttora amato Mons. Gavino Pala (che fra l’altro adesso celebra Messe stupende nella Basilica di N.S. Bonaria). Ebbene, a tutt’oggi, vengo a benedire – e non poco – la nuova presenza di Don Luca Venturelli, che si è perfettamente integrato nel tessuto di San Carlo Borromeo, cosicché adesso sono ben due le meraviglie create dal buon Dio: Mons. Gavino a Bonaria e Don Luca in San Carlo. Della serie “Dio non divide, ma moltiplica”, adesso siamo contenti tutti, ma proprio tutti e non è retorica, ma verità. Unico problema: noi che veniamo dai quartieri lontani dobbiamo cercare parcheggi sempre meno adiacenti a Via San Carlo ed in futuro Don Luca dovrà comprare qualche sedia in più per il salone e qualche nuova panca per la chiesa parrocchiale, perché ve lo dico io che “c’è la piena” e tutti corrono verso Cristo. Tutto ciò è bellissimo per noi ed i nostri figli, ma – come si dice a Pisa – anche se ci si stringe, “siamo tutti appicci’ati e ‘un ci s’entra più” Mauro Bertocchini Selargius, Su Planu (CA)
IL PORTICO DI CAGLIARI
doMenICA 21 APrIle 2013
I nostri frati. L’Ordine dell’Isola raccolto in preghiera per alcune decisioni importanti.
Cappuccini sardi riuniti in Capitolo per scegliere il prossimo Provinciale Una sorta di conclave per eleggere il successore di padre Salvatore Murgia, ma anche per decidere sulla richiesta avanzata da mons. Sanguinetti e sulla presenza a Pula
Il PortICo
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brevi FACOLTA’ TEOLOGICA
La parola di Dio al Concilio Vaticano II Venerdì 19 aprile, alle 17.30, nell'aula magna della Facoltà Teologica, si terrà un incontro con Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose. L'appuntamento, che rientra nel programma delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario del Vaticano II, ha per titolo: "La parola di Dio al Concilio. A cinquant'anni dalla Dei Verbum". Introdurranno l'incontro mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, e padre Maurizio Teani, preside della Facoltà Teologica.
SERGIO NUVOLI
T
IL 18 APRILE LA MESSA
UTTO È PRONTO PER il Capi-
tolo dei frati cappuccini di Sardegna e Corsica che si apre il 22 aprile a Baia delle Ginestre (Teulada): si tratta di un incontro fraterno in cui 65 frati (su 78) si radunano per votare su alcune decisioni importanti, prima fra tutte l’elezione del successore di padre Salvatore Murgia, che lascia dopo sei anni la guida dell’Ordine. Tecnicamente, si procederà all’elezione dei nuovi ministri: oltre al superiore provinciale, quatrro definitori (una sorta di consiglio ristretto), tra i quali un vicario. Il primo impegno del Capitolo è l’elezione degli “ufficiali” della riunione, con l’individuazione del Consiglio di presidenza della riunione. Il presidente nominato da Roma – rappresenta il Padre Generale dell’Ordine – è questa volta padre Raffaele Della Torre (ex provinciale di Milano, ora definitore generale) “come garante della correttezza canonica”. Ufficiali del capitolo sono il segretario e un “aiuto”, due moderatori, tre scrutatori. Una volta compiute queste operazioni, il Provinciale legge una relazione sul mandato, di solita composta di due parti, una morale e una economica, in cui viene descritta la vita della Provincia.
Simona Tronci, 29mo anniversario
Una recente foto di gruppo di cappuccini sardi.
Tutti i frati conoscono in questo modo anche il risultato finanziario del triennio: non restano segreti tra i confratelli cappuccini. Si tratta di una contabilità perfezionata fino all’ultimo giorno, con il fondo cassa chiarito al centesimo: “E’ un problema di vita evangelica: tutti sono responsabili dei soldi di tutti”, spiega padre Salvatore. Lo stesso iter viene seguito - durante la vita normale - a livello locale: ciascuna fraternità o famiglia(così si chiama ciascuna comunità dell’Ordine) si riunisce una volta al mese per il Capitolo, durante il quale il guardiano rende conto di entrate e spese in modo dettagliato. Alla relazione morale ed economica segue la discussione: a turno, i frati intervengono e possono chiedere spiegazioni o proporre considerazioni su quanto ascoltato. I moderatori prendono le iscrizioni e danno la parola sulla relazione, che in ogni caso viene loro fornita insieme alle relazioni dei vari settori. Ogni frate infatti - almeno una settimana prima del Capitolo - ha ricevuto una cartella contenente le varie
relazioni, in modo che durante la riunione solenne possa essere letta solo quella del Provinciale: le altre possono essere conosciute e meditate in anticipo. La discussione ruota anche su alcuni punti proposti nella relazione a proposito della vita della Provincia, vero e proprio oggetto di dibattito: nel Capitolo che si apre tra qualche giorno, i frati decideranno che risposta dare a mons. Sanguinetti che ha chiesto la loro presenza nella parrocchia di Sant’Ignazio da Laconi a Olbia, ma stabiliranno anche se la comunità di Pula (quella sorta intorno alla chiesetta di Fra’ Nazareno) potrà dirsi “canonicamente eretta” (attualmente è in prova), e decideranno in che modo sostenere la diocesi di Oristano a Gesturi e quella di Ajaccio a Bastia. Per il paese del Beato Nicola, recentemente affidato ai cappuccini, i frati dovranno decidere se confermare la decisione di padre Salvatore di mandare come amministratore parrocchiale un confratello che attualmente vive nella comunità di Sanluri. Una volta terminata la discussione e
assunte le opportune decisioni, cominciano le votazioni per eleggere il nuovo ministro provinciale e il suo consiglio. La prima, preliminare, chiamata “sondaggio”, serve per individuare i candidati più forti (una sorta di elezioni primarie). Di solito emergono due o tre nomi. Seguono le votazioni: nei primi tre scrutini il Provinciale deve essere eletto a maggioranza assoluta, Nei successivi c'è il ballottaggio sempre a maggioranza assoluta tra i due che hanno avuto più voti nel terzo scrutinio. Normalmente bastano i primi tre. Decisivo è in tanti casi il sondaggio, utilizzato anche per “pesare” candidati non favoriti alla vigilia. Tre anni fa bastarono due scrutini per confermare padre Salvatore Murgia alla guida della Provincia. Stavolta, avendo terminato i sei anni previsti come limite massimo di permanenza nell’incarico, sarà necessario trovare una nuova guida. Nei successivi due mesi, di norma, viene ridisegnata la composizione dei gruppi di ogni comunità, a partire da quella cui apparteneva il nuovo Provinciale.
Il 18 aprile, in occasione del 29º anniversario della scomparsa di Simona Tronci, la Comunità Primavera, insieme alla Postulazione, si
riunirà alle ore 18,45 presso la Parrocchia Madonna della Fede di Cagliari-Pirri, via Marzabotto nº 1, per la celebrazione cucaristica in suo ricordo. E’ ormai un appuntamento annuale molto importante dove insieme al Postulatore diocesano, don Riccardo Pinna, viene esposto il punto sull’inchiesta diocesana che ormai volge al suo termine.
IL 20 APRILE A SINNAI
Il volume sui Gozos di Francesco Marras
Case-parcheggio, ma questa è civiltà? Edilizia popolare, sempre più urgente intervenire in città S. N. ERGOGNA: questo dovrebbe provare chi ancora, nel 2013, pensa ipotizzabile che famiglie intere possano vivere (senza aggiungere aggettivi migliorativi, basta la parola “vivere”) nelle case-parcheggio di via Is Mirrionis o di via Piero della Francesca. Grigi cubi in calcestruzzo prefabbricato realizzano una sorta di enclave urbanistica e sociale: certo non possono essere considerate civili abitazioni, ma evidentemente non turbano il sonno di chi amministra la città (evidentemente nemmeno di chi l’ha amministrata in passato).
V
Nei giorni scorsi, una commissione consiliare del Comune di Cagliari ha fatto visita alle abitazioni a pochi passi dall’ospedale Santissima Trinità per constatarne l’estremo stato di degrado e conversare con le famiglie residenti (incredibile il fatto che qualcuno, dal Comune, chieda loro di pagare l’affitto, e si lamenti se qualcuno non paga con puntualità). A sentire gli abitanti, i consiglieri comunali hanno visto, preso nota, scattato fotografie con i telefonini, fatto domande e ricevute risposte su una situazione che va avanti senza alcuna modifica - da tanti, troppi anni. Si sa che in questi casi si
Una foto-simbolo delle case-parcheggio di via Is Mirrionis.
crea un clima quasi da gita scolastica, per i politici in visita. Già da queste colonne in passato abbiamo sollevato il problema di via Piero della Francesca, ma in via Is Mirrionis (angolo via Timavo), la situazione non è diversa. Pochi, troppo pochi metri quadri (40 spesso) in cui sono stipate (altro termine non è certamente utilizzabile) famiglie con tre, quattro bambini in età scolare.
Da anni qualche consigliere comunale si batte inascoltato e in solitudine sui problemi di questa gente, di questa importante parte del popolo cagliaritano. Non si può continuare, non si deve continuare così: è ora di dare una risposta convincente a persone che sono stanche, stremate, e che non hanno più nemmeno la forza di chiedere niente. Ma la dignità delle persone non si vende.
Sarà presentato sabato 20 aprile alle 17, nella Biblioteca comunale di Sinnai, libro "GOZOS. Componimenti religiosi raccolti nel XVIII secolo da Francesco Maria Marras. Trascrizione critica e studi". Il volume è curato da Giovanni Serreli e Maurizio Virdis. Dopo i saluti del sindaco Maria Barbara Pusceddu e dell'assessore alla Cultura, Franco Matta, intervengono Maria Eugenia Cadeddu (Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee, CNR), Duilio Caocci (Università di Cagliari), Marco Lutzu (La Sapienza di Roma e Conservatorio di Cagliari). saranno presenti il Direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del CNR, i curatori e gli autori del volume. La serata sarà coordinata dal regista Francesco Casu.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
Il PortICo
brevi TAVOLA ROTONDA
Azioni, opere e servizi in favore dei poveri Si terrà martedì 23 aprile alle 18 il secondo inconto del ciclo organizzato dal Meic in collaborazione con la parrocchia de L’Annunziata su “La Chiesa di Cagliari tra vecchie e nuove povertà”. Dopo il convegno di martedì scorso con don Marco Lai e Franco Manca, martedì 23 aprile si terrà una tavola rotonda su “Azioni, opere e servizi in favore dei poveri”. Intervengono don Marco Lai, direttore Caritas diocesana, Grazia Visentini della Croce Rossa Italiana e Anna Maria Puxeddu del Volontariato Vincenziano. Moderatori dell’incontro saranno Gianfranco Del Rio e Mario Silvetti. L’appuntamento è nel salone della parrocchia de L’Annunziata, in viale Merello.
SS. ANNUNZIATA
Giubileo sacerdotale per p. Giuseppe Simbula Si svolgerà sabato 20 aprile alle 19 nella Chiesa della SS. Annunziata a Cagliari, la concelebrazione giubilare in occasione dei 50 anni di sacerdozio di padre Giuseppe Simbula, frate minore conventuale. Saranno presenti alla celebrazione, insieme al ministro generale dell’Ordine, padre Marco Tasca, e al padre provinciale, fra
Salvatore Sanna, anche due vescovi (mons. Paolo Atzei, arcivescovo di Sassari, e mons. Gianfranco Girotti, Reggente emerito della Penitenzeria apostolica); non mancherà la testimonianza di affetto e di gioia da parte di tanti confratelli, sacerdoti, religiose e fedeli della parrocchia. Sarà presente una nutrita rappresentanza di familiari e parenti provenienti da Sini (OR), suo paese natale. I frati invitano tutti ad unirsi con la preghiera e la partecipazione all’evento giubilare.
USMI
Ritiro mensile e veglia di preghiera Sabato 27 aprile dalle 9 alle12.30 si terrà il ritiro mensile. Il relatore è Padre Maurizio Teani, Preside della Facoltà Teologica della Sardegna. La sede del ritiro è Via dei Falconi, 10 a Cagliari. Domenica 5 maggio (Cism/Usmi) alle 16 Veglia di preghiera per le Vocazioni Sacerdotali e di speciale consacrazione, presieduta da Don Carlo Rotondo, presso le Monache Sacramentine di Cagliari.
DOMENICA 21 APrIle 2013
Parrocchie. Da più di dieci anni l’iniziativa della comunità guidata da padre Mario Solinas
Riscopriamo la bellezza del condividere: a Quartu c’è la settimana missionaria Il gruppo missionario propone una mostra per far conoscere le opere realizzate grazie ai fondi raccolti periodicamente. Presente in questi giorni una volontaria dell’OVCI
progetti di OVCI (Organismo di Volontariato per la Cooperazione Internazionale) – la Nostra Famiglia nella città di Esmeraldas in Ecuador. E’ proprio in questa città che OVCI opera dal 1994 per migliorare la vita di bambini e giovani disabili sviluppando attività di sensibilizzazione e sostegno nei quartieri più disagiati della provincia. Ciò avviene in collaborazione con la scuola Juan Pablo II° e il Centro di Riabilitazione “Nuestra Famiglia”. La responsabile del Gruppo Missionario Efisia Campus, come sempre bravissima nell’organizzazione, quest’anno ha invitato una volon-
taria di OVCI Rita Giglio che ci ha reso partecipi della sua lunga esperienza missionaria in diversi paese poveri del mondo, soprattutto in Sudan. OVCI è un organismo che opera con persone convinte che lo sviluppo dei più poveri passi attraverso lo scambio, la condivisione tra persone disposte a mettersi in gioco personalmente. Tanti sono i progetti in cui OVCI opera a favori dei bambini del mondo, creando i presupposti per la loro crescita e realizzazione futura. OVCI inoltre realizza iniziative per la sensibilizzazione sociale in merito ai problemi dei popoli del mondo e favorisce la formazione e l’autonomia dei cittadini dei Paesi in via di sviluppo. La settimana missionaria inaugurata sabato 13 Aprile si protrarrà fino a domenica 21 osservando i seguenti orari di apertura: tutte le mattine dalle 9 alle 12 e tutti i pomeriggi dalle 17 alle 20. Il 21 aprile, ultimo appuntamento della settimana missionaria sarà infine dedicato alle “Missioni francescane” e le raccolte di questo giorno avranno questa destinazione. La nostra è infatti una parrocchia francescana, e tutti noi ringraziamo il parroco Padre Mario Solinas che ogni anno sostiene e promuove questa iniziativa. Il Gruppo Missionario
vocazioni di speciale consacrazione si rivela come il preciso e inesorabile indice della vitalità di fede e di amore delle singole comunità parrocchiali e diocesane, e testimonianza della sanità morale delle famiglie cristiane. La GMV, celebrata come ogni hanno la IV domenica di Pasqua, ha come riferimento biblico la figura del Buon Pastore, e chiama tutti ad una riflessione sull'identità e la missione di ciascuno in riferimento alla vita di fede, nel senso di ascolto della voce di Cristo e di affidamento e adesione al suo volere. Se c'è vera e solida fede nel tempo presente ci potrà essere vera e radicata speranza per il futuro della Chiesa. Che cosa succederà domenica? Come detto nelle parrocchie si vivrà nelle forme che ogni comunità ha previsto, mentre qui in Seminario è previsto l'arrivo dei ragazzi che partecipano agli incontri della Pasto-
rale Giovanile. A loro desideriamo che si affianchino anche i dodici ragazzi che a marzo hanno partecipato all'incontro del pre-seminario, ed insieme ai seminaristi vivremo una giornata con la presentazione di una testimonianza di vita consacrata femminile: se è vero che le vocazioni maschili sono in calo, altrettanto si può dire (se non di più) per quelle femminili. Ecco perché è opportuno che tutti ci interroghiamo su questo aspetto in questo Anno della fede e nel 50° del Concilio. È necessario reimpostarsi come Chiesa, come sacerdoti e come famiglie, ripartendo dal fatto che la chiamata che Dio rivolge al cuore di ogni persona è una chiamata all'essere felici. Perciò se c'è un contesto che facilita l'accoglienza della chiamata di Dio allora si è più disponibili a rispondere alla chiamata alla vita consacrata.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UESTA SETTIMANA, noi del Gruppo Missionario della Parrocchia Sant’Antonio in Quartu Sant’Elena, desideriamo far conoscere a tutti i lettori del settimanale diocesano Il Porticol’iniziativa che puntualmente da più di dieci anni ha luogo nella nostra parrocchia: la settimana missionaria. Quest’anno il tema proposto è incentrato sulla condivisione: “Riscoprire la bellezza del condividere” è infatti il titolo della manifestazione. Condividere è una parola importante perché è nella condivisione che impariamo a conoscere altre realtà e ad accogliere la complessità che culture diverse ci propongono. La condivisione parte dal desiderio di ciascuno di dare qualcosa ad un altro che è nel bisogno. Il nostro gruppo
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propone una mostra missionaria con l’intento di far conoscere le iniziative intraprese per il sostentamento dei paesi più poveri del mondo e per raccogliere i fondi per la loro realizzazione. La mostra allestita nei locali adiacenti la chiesa, presenta una serie di oggetti provenienti dai luoghi di missione, una selezione di libri fondamentalmente a carattere religioso e numerosi manufatti realizzati dai componenti il Gruppo Missionario locale e da diversi volontari che offrono a titolo gratuito la loro collaborazione. I fondi raccolti nel corso di questa edizione sono destinati al sostegno dei
“Per vivere il Vangelo con vera generosità” Domenica è la Giornata di preghiera per le Vocazioni R. C. I CELEBRA DOMENICA la 50^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, e in Diocesi, per caratterizzare “vocazionalmente” la ricorrenza, si svolgerà il terzo incontro per i giovani, in programma nei locali del Seminario Arcivescovile, ed organizzato in collaborazione tra gli Uffici diocesani di Pastorale giovanile e quello per la Pastorale vocazionale. “L'appuntamento - dice don Paolo Sanna - Rettore del Seminario e responsabile dell'ex CDV - avrà al centro il tema della vocazione, presentato con i termini collegati ad essa, come “strada”, “progetto”, “futuro”. Sarà una serata di condivisione, di preghiera, di animazione e testimonianze di vita consacrata. Nelle parrocchie ogni comunità invece si muoverà in maniera autonoma, eventualmente anche utilizzando il materiale messo a disposizione dei Parroci. Oggi in Seminario ci sono 4 liceali. Un numero davvero basso. Sì, in assoluto è il numero più basso che abbiamo mai avuto. Questo
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ci deve interrogare, come dice anche Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per questa GMV, citando Paolo VI, il Pontefice che all'esordio del Concilio volle istituire la Giornata. Scriveva infatti Paolo VI “Il problema del numero sufficiente dei sacerdoti tocca da vicino tutti i fedeli: non solo perché ne dipende l'avvenire religioso della società cristiana, ma anche perché questo problema è il preciso e inesorabile indice della vitalità di fede e di amore delle singole comunità parrocchiali e diocesane, e testimonianza della sanità morale delle famiglie cristiane. Dove numerose sbocciano le vocazioni allo stato ecclesiastico e religioso, là si vive generosamente secondo il Vangelo”. Poche vocazioni significano una Chiesa non vitale nella fede? Il problema è che non c'è sempre una risposta alle vocazioni di speciale consacrazione: infatti propriamente non si può affermare che manchino le vocazioni, nel senso che Dio continua a chiamare ancora oggi come ieri, ma - per usare la terminologia usata da Paolo VI il problema della non risposta alle
IL PORTICO DELLA DIOCESI
doMenICA 21 APrIle 2013
Carcere. Le parole di mons. Tarcisio Pillolla ai detenuti cresimati nei giorni scorsi.
“La Chiesa continuerà a battersi per migliorare le vostre condizioni” Commovente incontro nella piccola cappella del braccio destro di Buoncammino: “Non vogliamo che alla pena che dovete scontare se ne aggiunga un’altra” I. P. NA CELEBRAZIONE intensa e commossa, quella nel carcere di Buoncammino nei giorni scorsi: numerosi detenuti hanno infatti ricevuto il sacramento della Cresima, mentre un ragazzo kazako, Piotr, ha ricevuto il battesimo, l’Eucarestia e la Confermazione. In un clima di assoluto raccoglimento, i detenuti hanno ascoltato mons. Tarcisio Pillolla, vescovo emerito di Iglesias che ha presieduto il rito e amministrato i sacramenti. Il presule ha prima citato Papa Francesco, che - durante la messa del giovedì santo - ha lavato i piedi ai carcerati a Casal del Marmo, poi Benedetto XVI e la sua visita nel 2011 nelle carceri di Roma. Quindi, nella piccola cappella del braccio destro della casa circondariale, ha parlato molto chiaro: “Il primo problema - ha detto durante l’omelia - è il sovraffollamento. Sappiate che la Chiesa si
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sta battendo perchè vi si ponga rimedio. E lo sta facendo a tutti i livelli, e non smetterà di farlo, finchè questo problema non sarà risolto”. Chiaro il riferimento ai dati che, periodicamente, mostrano al mondo il dramma della popolazione carceraria, con numeri con cui hanno a che fare ogni giorno non solo i detenuti, ma anche gli agenti di custodia. “Come Chiesa vogliamo evitare - ha aggiunto il vescovo emerito - che alla pena che ciascuno di voi deve scontare, se ne aggiunga un’altra, che vi costringa a stare ancora peggio”. Quindi la rassicurazione, ascolta-
ta in un silenzio quasi irreale: “La Chiesa non lascerà nulla di intentato, per far capire l’urgenza di questo problema in tutte le sedi possibili”. Mons. Pillolla conosce bene la realtà delle carceri, a Iglesias non mancava mai di far sentire la propria parola di conforto ai detenuti: nella cittadina del Sulcis, mentre guidava la diocesi, ha conosciuto Gianfranco Pala, l’attuale direttore di Buoncammino. Al termine della celebrazione, proprio il presule ha parlato di “una bellissima testimonianza di fede data dai detenuti, con il vostro raccoglimento davvero partecipe.
Ringrazio padre Massimiliano, per la sua dedizione e il suo impegno nell’incarico di cappellano, il diacono don Mario Marini, suor Angela e le suore di Madre Teresa che non fanno mai mancare il loro supporto nei vostri confronti. Pregherò perchè il Signore vi renda forti e sereni pur in mezzo alle difficoltà”. Dal canto suo, il cappellano ha ringraziato il vescovo, ricordando il cammino di preparazione ai sacramenti seguito con attenzione dai detenuti. Un applauso forte e commosso dei partecipanti ha concluso l’incontro nella piccola cappella.
Il PortICo
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scheda VERSO LA LIBERTÀ
Piotr e Giangi, amici in carcere Piotr ha 32 anni e viene dal Kazakhistan: il 30 aprile terminerà la sua pena e sarà un uomo libero. Ha trascorso gli ultimi due anni della sua condanna nella casa circondariale di Buoncammino. E’ lui il detenuto che nei giorni scorsi ha ricevuto il battesimo da mons. Pillolla, e - insieme - gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana. Accanto a Piotr, emozionato quanto lui e con tanta voglia di parlare e di raccontare se stesso e l’amico, il padrino Giangiacomo (che a Buoncammino tutti chiamano Giangi). “Ho deciso pian piano di farmi battezzare - racconta Piotr, dopo aver tolto la candida veste indossata durante il rito - Capivo che era un passo che dovevo fare. Quando partecipavo alle celebrazioni, avvertivo il desiderio forte di partecipare di più. Non mi bastava assistere alla messa da estraneo, quasi”. Viene da Kustanay, piccola città del Kazakhistan, in cui ha frequentato gli ortodossi: “I primi due martedì di ogni mese - racconta entusiasta - ho partecipato alle catechesi di padre Massimiliano per prepararci ai sacramenti. Mi sento bene, aspettavo tanto questo momento”. “Con Giangi - spiega la scelta del padrino - abbiamo fatto la scuola insieme, qui in carcere, prima da compagni di banco, poi di cella”. E ripete: “Quando esco vado a Roma, da mia mamma”. E il padrino, di rimbalzo: “Io sarò a Viterbo, nella comunità di recupero di don Alberto Canuzzi” (sn).
Anche dietro le sbarre è possibile amare e seguire Cristo
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
Il PortICo
brevi IN SEMINARIO IL 25 APRILE
Giornata diocesana dei ministranti Giovedì 25 aprile si terrà in seminario la Giornata diocesana dei Ministranti (bambini e bambine, ragazzi e ragazze). Il programma prevede dalle 9 gli arrivi e l’accoglienza. All’arrivo ci sarà, con l’assistenza dei seminaristi (riconoscibili da maglietta apposita), la registrazione dei partecipanti (con la consegna della scheda, se non ancora consegnata). Ai ministranti sarà consegnato un foulard colorato a seconda della fascia di età (elementari o medie) e della parrocchia o gruppi di parrocchie con pochi ministranti. La diversa colorazione del foulard è funzionale sia all’attività di laboratori sia per le attività dei giochi pomeridiani. Seguirà il saluto di benvenuto (in aula magna) e la catechesi sul tema della Giornata “Progetta con Dio…Abita il futuro” A seguire le attività per gruppi-laboratori, sotto la guida dei seminaristi, ai quali si affiancheranno i delegati dei gruppi parrocchiali (e eventualmente genitori e accompagnatori presenti). Il tema della giornata sarà sviluppato con l’idea di fondo di una chiesacostruzione da progettare e costruire (o una barca da realizzare). Il messaggio che si desidera far passare è quello del progetto di Dio su ciascuno. Alle 12 l’arcivescovo presiederà la messa (tutti i ministranti con la veste propria). Il pranzo sarà al sacco negli spazi dei campi e del colle del seminario. Nel pomeriggio spazio ai giochi. La conclusione è prevista per le 16.
doMenICA 21 APrIle 2013
Personaggi. Mons. Giuseppe Anfossi, vescovo emerito di Aosta, sulle attuali emergenze.
“Sposi e sacerdoti sono i capisaldi della futura evangelizzazione” Passa dalla collaborazione tra famiglie e preti il futuro dell’annuncio cristiano: “niente contrapposizioni, bisogna lavorare insieme perchè entrambi sono protagonisti della società” ROBERTO COMPARETTI ER DIECI ANNI è stato il presidente della Commissione Cei su Famiglia e Vita, mentre era vescovo di Aosta. A Cagliari per il ritiro del clero diocesano monsignor Anfossi, oggi vescovo emerito di Aosta, parla della sua esperienza di pastore ed esperto di pastorale familiare. Quale bilancio fa della sua esperienza ad Aosta e in Cei? Ho fatto dieci anni come presidente della Commissione famiglia della Cei e per diciassette ho guidato al diocesi di Aosta. Ho trovato una chiesa valdostana nella quale si faceva fatica a promuovere la famiglia: l'uomo di montagna non ama esprimere molto i propri sentimenti per cui non è stato facile, e quindi l'esperienza matrimoniale consapevole la si deve costruire a poco a poco. Questo significa che è necessario avere uomini e donne che, battezzati, scelgano il matrimonio come una vocazione, e siano disponibili ad approfondirla a, parlare di sé come sposi, a dialogare di fede vissuta nel matrimonio come famiglia cristiana. Un'esperienza portata avanti in modo graduale, insieme ad alcuni preti che già avevano dei gruppi famiglia, così come esisteva un consultorio. Su queste basi si è creata una consapevolezza del valore della famiglia che è stata condivisa in gruppo. Quale lavoro è stato fatto dalla sua
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Monsignor Giuseppe Anfossi.
Commissione, vista la diffusa ritrosia nel tutelare la famiglia? Le resistenze sono spesso a livello popolare, perché la pastorale familiare italiana non è una pastorale di élite, non fa solo il coordinamento di movimenti ed associazioni. Le coppie che hanno fatto un lavoro di approfondimento nella pastorale familiare spesso provenivano dai movimenti, dove c'è una attenzione particolare alla formazione di famiglie cristiane. Come responsabile della Commissione CEI ho puntato ad una pastorale familiare dei territori, anche per coppie di minor cultura, o famiglie con tradizioni particolari a seconda della regione. Di solito, in alcuni contesti, l'uomo non partecipa agli incontri di morale, è la moglie che va
per tutti e due. Per questo la pastorale familiare deve in qualche modo “lottare” per fare della coppia un'unità presente. Ciò significa che, com'è scritto nei documenti del Concilio, la famiglia non è solo destinataria di iniziative pastorali affidate ai preti, ma è un soggetto attivo, che ha diritto di parlare di famiglia, non come i preti a mo' di predica, ma come lettura della propria vita, dando conto delle proprie esperienze. Se la coppia si confronta con altre, avendo un prete come riferimento, questa diventa capace di raccontare la realtà bella del matrimonio. Nell'ultimo periodo di servizio ad Aosta ha pubblicato una Lettera nella quale cito“Sposi e preti sono i due capisaldi del futuro dell'evangelizzazione”. Che voleva dire? Si tratta di un'intuizione di Giovanni Paolo II a Puebla, in Messico. Secondo il beato il futuro dell'evangelizzazione, quindi della gente che va in chiesa, delle famiglie che chiedono il battesimo dei figli, si gioca sulla collaborazione tra famiglie e preti. Se i preti riconosceranno le famiglie come soggetto attivo nell'evangelizzazione e se le famiglie saranno
presenti ad esempio nella catechesi dei ragazzi, allora la diffusione del Vangelo avrà più forza. È importante la presenza della famiglia quando si fanno incontri di morale, di vita sessuale. Con quella lettera chiedevo che la famiglia fosse protagonista in sinergia con i preti. Non ci deve essere una contrapposizione tra famiglie e preti ma entrambi devono lavorare per l'evangelizzazione. Spesso capita che sia il solo prete a fare tutto e che le famiglie siano solo spettatrici: bisogna renderle co-protagoniste della vita comunitaria, con il loro bagaglio di esperienze e di testimonianze. La famiglia è in crisi ma meno al Sud, è vero? Al Sud c'è un valore in più: la donna è molto aperta, ed è lei a portare avanti l'evoluzione. La tenuta della famiglia qui al Sud non è ingenua ma frutto del lavoro di sposi e preti che operano insieme. Ci sono mogli, donne culturalmente molto preparate, che danno la vita della Chiesa. Bisogna quindi guardare al Sud come ad una perla che ha conservato il valore della famiglia in modo bello, tale da essere stimato. Non si tratta di una tradizione, di un qualcosa che si tramanda, ma di una continua evoluzione della pastorale familiare che nelle diocesi del Sud viene rielaborata, con il determinante apporto delle donne e delle famiglie. Lei è qui per il ritiro del clero. Che idea si è fatto della Chiesa di Cagliari. Ho trovato un clero attento e disposto ad ascoltare. So che ci sono preti sufficienti per la cura delle parrocchie. Questo particolare potrebbe indurre i sacerdoti a non coinvolgere le famiglie: credo invece che con la collaborazione tra i sacerdoti e le famiglie disposte ad un percorso di formazione e di crescita, se ne avvantaggerà la Chiesa di Cagliari.
IL PORTICO DELL’ANIMA
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I nostri diaconi. Ha sempre amato la Chiesa e i suoi parrocchiani come la sua famiglia.
La scomparsa di don Pietrino Usai, il cioccolatino quaresimale di Dio MONS. GIOVANNI LIGAS* A NOTIZIA DELLA MORTE di don Pietrino, come generalmente veniva chiamato, Diacono Permanente della parrocchia di san Pio X, ha colto tutti di sorpresa perché, nonostante lo stato di salute non fosse eccellente, eravamo fiduciosi. Infatti, dopo che si era provveduto ad amministrargli l'unzione degli infermi, era riuscito a superare la fase più acuta della malattia e pian piano aveva ricuperato le forze sino a partecipare alla Messa solenne del giorno di Pasqua, dopo mesi di assenza dalla chiesa. Ma il Signore aveva disposto diversamente e nelle prime ore del mattino del 5 aprile l'ha chiamato accanto a sé. La tristezza per la sua scomparsa è accompagnata dalla fiducia e dalla speranza perché lui era preparato all'incontro definitivo con Dio. Un ultimo segno lo ha dato quando, sentendo vicina l'ora della morte, ha baciato il Crocifisso e ha raccomandato alla moglie e alle figlie di pregare per lui. Il Diacono Pietrino svolgeva tanti ruoli: padre di famiglia, marito e sposo della moglie Laura, che venerava con tanto amore, nonno affettuoso e premuroso con i nipoti e, come Diacono, in parrocchia era diventato un punto di riferimento per tante persone. Era di carattere affabile e amabile con tutti, accogliente e gioviale, soprattutto con i giovani sacerdoti e i seminaristi, i quali rimanevano molto legati a lui. Alle persone che gli confidavano difficoltà e sofferenze, che non mancano nella vita di nessuno, egli trasmetteva fiducia e speranza con del-
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le espressioni che suscitavano il sorriso. Molti sono a conoscenza dell'aneddoto dei “cioccolatini” di don Pietrino. A qualche signora che gli parlava di alcune sofferenze in famiglia o dei sacrifici che doveva affrontare, diceva che questi sono i “cioccolatini quaresimali” che Dio ci manda e che, comunque, sono sempre accompagnati da una forza spirituale per accettare tutto con pazienza e fiducia. Quando successivamente le stesse persone lo incontravano, gli dicevano: “Don Pietrino, la quaresima è finita ma di quei cioccolatini ne sono rimasti ancora!”. E allora lui rispondeva: “Ma sai, qualche volta Dio si dimentica che la quaresima è finita!”. E così esortava a continuare a pregare e a non allontanarsi mai da Dio. In questo modo aiutava gli altri a sminuire le difficoltà; come faceva lui stesso quando si trattava delle proprie sofferenze, per le quali non si lamentava mai. Come lavoro ha speso la sua vita all'interno delle banche e ha concluso la carriera professionale come Direttore di banca.
Non era un impiegato che appena terminava l'ora di ufficio abbandonava tutto per tornare a casa ma si fermava oltre il tempo dovuto. Non si limitava al minimo ma dava sempre il massimo di ciò che gli era richiesto. Questa sua generosità si spiega considerando che era una persona profondamente spirituale, capace di leggere i fatti della vita sempre alla luce della fede. Era un uomo di preghiera, legato alla figura di san Pio da Pietrelcina, alla spiritualità del Sacro Cuore e dell’Apostolato della Preghiera, ma anche alla spiritualità della Famiglia Paolina. Era molto affezionato al sacerdote paolino Don Stefano Lamera il quale, quando era di passaggio a Cagliari, aveva la sua dimora presso la famiglia Usai. E quella di don Pietrino è stata la prima famiglia in Sardegna che ha dato inizio alla spiritualità della santa Famiglia. Venne ordinato diacono il 29 dicembre 1991 dall'arcivescovo mons. Alberti e durante il servizio parrocchiale di Don Modesto Puddu, al quale don Pietrino era molto legato
PERSONAGGI DELLA BIBBIA
Abdìa, il maggiordomo di MICHELE ANTONIO CORONA
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lla corte del temibile re Acab e di sua moglie Gezabele erano presenti vari funzionari di corte, tra cui il maggiordomo Abdia. Nel palazzo reale, questa figura aveva un ruolo importante poiché era una sorta di primo ministro, di portavoce, di consigliere ufficiale, di ‘braccio destro’ del re. In ebraico la sua funzione non è indicata da un sostantivo, ma da un sintagma preposizionale ‘colui che è al di sopra della casa’. In effetti, il maggiordomo era la figura più rilevante all’interno delle mura della corte e rappresentava il coordinatore dell’attività curiale. Abdia, il cui nome significa ‘servo’, pertanto, aveva piena libertà di azione e di movimento. Nel capitolo 18 del primo libro dei Re
si descrive la sua personalità con parole brevi, ma molto eloquenti: ‘Abdia temeva molto il Signore’ (18,3). È il timore del Signore a permettergli di compiere azioni non certo gradite al re e a sua moglie. Mentre Gezabele dedicava il proprio tempo allo sterminio degli uomini di Dio che non conducevano il popolo verso il culto a Ba’al, popolare e potente dio della fertilità nel mondo vicino orientale antico, Abdia si adoperava per evitare l’estinzione dei profeti del dio israelitico. Così, condusse cento profeti e li nascose in due caverne offrendo loro anche pane e acqua. Un gesto pio e rispettoso. In un periodo di particolare siccità, il re chiamò Abdia e si incamminò verso pascoli più verdi, in modo da trovare erba più fresca, utile a sfamare ca-
valli e muli. Appare significativo il parallelismo narrativo tra la sollecitudine di Abdia verso i profeti, ai quali porta pane e acqua, e la cura del re verso i propri animali: analogia quasi dissacrante. I due si dividono durante la ricerca, in modo da avere maggiore possibilità di perlustrare la zona. È proprio durante questa ricerca solitaria che il più grande dei profeti di YHWH, e quindi il maggior nemico di re e consorte, Elia, si avvicina ad Abdia, chiedendogli un incontro col re Acab. Il povero maggiordomo si sente trafiggere il cuore alla vista del grande profeta. I sentimenti che prova sono
e che concluse la sua esistenza terrena esattamente un anno dopo, il 29 dicembre 1992. Due anni fa in parrocchia abbiamo celebrato i venti anni di diaconato di don Pietrino, alla presenza di numerosi diaconi, e lo abbiamo voluto ringraziare per la sua attività. Negli ultimi tempi non poteva collaborare come avrebbe voluto perchè il peso degli anni e la debolezza fisica non glielo permettevano. Ma per noi contava la presenza. Era una presenza che riempiva la vita parrocchiale e tutti potevo contare sulle sue preghiere. Perciò, viene spontaneo ringraziare il Signore per averci fatto conoscere una persona come don Pietrino. E' stato un Diacono che ha amato la Chiesa, e i parrocchiani, con la stessa intensità con cui ha amato la propria famiglia. E per questo tutti lo amavano e lo stimavano grandemente. Lo sentivano come uno di famiglia. Alle esequie del 6 aprile, nella chiesa di san Pio X, non è voluto mancare l’Arcivescovo Mons. Arrigo Miglio, che ha presieduto la celebrazione alla presenza di numerosi sacerdoti e diaconi. Tantissime persone hanno partecipato al rito in un clima di commozione, e nello stesso tempo di serenità, perché hanno conosciuto in don Pietrino un Diacono che è passato in questo mondo “facendo del bene” e che si è mostrato servo buono e fedele del suo Signore. Abbiamo affidato la preghiera di suffragio all'intercessione della Beata Vergine Maria della quale era devotissimo e che ogni giorno invocava nelle sue preghiere dicendo: “Prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte”. * vicario generale
tra la meraviglia e la paura, tra l’entusiasmo e d il terrore, tra la felicità e lo sgomento. Abdia è onorato di incontrare l’uomo di Dio, appellato da lui stesso come ‘mio signore’. Allo stesso tempo, però sente il peso del suo ruolo e dell’odio provato da Acab e Gezabele verso Elia. Abdia teme che Elia svanisca come suo solito e sia portato dallo spirito di Dio in un luogo segreto e sicuro, per evitare la furia dei regnanti. Se così avvenisse e Acab venisse condotto da lui in un luogo in cui Elia non è presente, si sentirebbe preso in giro dal suo maggiordomo e ne decreterebbe la morte. Abdia ha paura per la propria vita e prega Elia di ritirare la richiesta. Il profeta rispetta la paura del servo, ma giura solennemente: ‘Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui presenza io sto, oggi stesso mi presenterò a lui’ (18,15). Abdia scompare dalla scena, senza ricoprire più quel ruolo di cui è rivestito.
Il PortICo
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detto tra noi Il consenso su Papa Francesco di D. TORE RUGGIU
Il consenso su Papa Francesco è pressoché unanime. Senza omettere il grande rispetto e ammirazione per Papa Benedetto, per il suo grande gesto di umiltà, non comune negli altri comparti della società. Sull'effetto Bergoglio, ha scritto un interessante articolo su “La Stampa” Adrea Tornielli (lunedì 8 aprile), dove ha riportato diverse testimonianze di sacerdoti che hanno avuto una esperienza diretta, soprattutto nell'amministrare il Sacramento della Riconciliazione. Posto che, a Pasqua, in generale vi è sempre stato un maggiore afflusso alla Confessione, il giornalista rivela che molti sacerdoti hanno verificato che tanti penitenti confessavano il loro riavvicinamento a questo Sacramento dopo i discorsi pronunciati dal Papa. In realtà, Papa Francesco, ha ripetutamente ricordato che Dio è buono e misericordioso, che aspetta pazientemente il ritorno del peccatore e che è capace di una accoglienza carica di tenerezza che non ha eguali. A S. Giovanni in Laterano,, domenica 7 aprile, il Papa ha raccontato una sua esperienza nell'aver incontrato un grosso peccatore che dubitava del perdono di Dio, al quale l'allora arcivescovo di Buenos Aires disse: “non preoccuparti, va a Confessarti, perché Dio ti sta aspettando”. Questo parlare semplice, immediato, diretto ai cuori, sta affascinando molte persone, anche lontane dalla pratica religiosa. Impressionante la presenza di oltre centomila presenze (secondo il quotidiano Repubblica), al Regina Coeli della domenica In Albis o della Divina misericordia. Una folla, composta ed orante, che nel pomeriggio dello stesso giorno, si è trasferita a S. Giovanni in Laterano per la presa di possesso di Papa Francesco, quale Vescovo di Roma, nella sua cattedrale. Perfino qualche politico, non di area cattolica dichiarata, ha detto: “la Chiesa è riuscita in pochi giorni ad eleggere il Papa e noi, in diversi mesi, non siamo capaci di formare un nuovo governo”. Si potrebbe commentare che la Chiesa, pur con tutti i Suoi limiti umani, si lascia guidare dallo Spirito Santo, dalla Fede in Dio Padre misericordioso e in Gesù Cristo morto e risorto per salvarci. L'effetto Bergoglio durerà a lungo noi crediamo0 di sì, perché il suo stile semplice e attento a tutti, soprattutto agli ultimi, non può lasciare indifferenti. Certo, man mano che predicherà tutto il Vangelo, qualcuno si allontanerà, come è capitato a Gesù. Ma i fedeli e gli uomini di buona volontà avranno un riferimento sicuro e forte, come deve essere per ogni Papa. Il segreto è che il Signore ci manda sempre la persona giusta al momento giusto. Questo si chiama Provvidenza. Seguiamo il Papa, non sbaglieremo strada!
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IL PORTICO DELLA CHIESA
Il PortICo
Iniziative. Cronaca degli interventi al recente convegno a Sassari sul Vaticano II.
Il Concilio non ha perso lo smalto e conserva la sua forza propulsiva R. C. A RIVOLUZIONE del Concilio Vaticano II e le ricadute dei temi conciliari nella Chiesa sarda” sono stati al centro di un convegno svoltosi nei giorni scorsi nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Sassari. L'iniziativa è stata promossa ed organizzata dalla Facoltà Teologica della Sardegna, in collaborazione con l'Università e l'Istituto superiore di Scienze religiose di Sassari. A moderare i lavori l'arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio, che nel suo breve intervento d'apertura ha ricordato come il 50° non rappresenta una commemorazione di evento lontano “dalla rivisitazione di un evento - ha affermato - che, come diceva Papa Benedetto XVI “non ha perso nulla dello smalto iniziale”, non ha quindi perso nulla della sua forza propulsiva”. Tra i primi saluti quello del Preside della Facoltà Teologica, padre Maurizio Teani, che ha evidenziato come il Concilio “sia stato un grande evento d'ascolto - ha affermato il gesuita. I padri conciliari hanno saputo vivere un grande ascolto sia nei confronti dello Spirito Santo sia tra di loro. Un'esigenza, quella dell'ascolto, poi trasmessa a tutta la Chiesa vissuta in due direzioni: l'ascolto della Parola di Dio e della storia”. Lo storico Francesco Soddu, citando Giacomo Costa, ha evidenziato come “l'attualità e la modernità del Concilio siano una realtà e l'approccio proposto dal Concilio
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Un momento del convegno di Sassari sul Concilio Vaticano II.
alla visione delle cose è più che mai valido. Il Concilio ha proposto un modo di agire del cristianesimo che è profetico, dotato di uno stile di relazione con l'altro”. Monsignor Antonio Loriga, direttore dell'Istituto Superiore di Scienze religiose di Sassari, ha ricordato come l'esperienza del Concilio plenario Sardo ha accomunato le chiese particolari dell'Isola, “frutto genuino del Vaticano II - ha affermato monsignor Loriga - la cui attualità non è venuta meno, nonostante siano passati diversi anni dalla sua conclusione”. Monsignor Paolo Atzei, arcivescovo di Sassari, si è soffermato sulle tematiche di carattere ecclesiologico, senza trascurare quelle storiche che hanno segnato la Chiesa Sarda. “Nella Chiesa sarda - ha detto l'Arcivescovo di Sassari - un ruolo importante l'hanno avuto i settimanali diocesani di allora, du-
rante la preparazione del Concilio, il suo svolgimento e il periodo successivo. Sui giornali diocesani spesso era possibile leggere alcuni articoli molto ben fatti, scritti da persone competenti che cercavano di illustrare il contenuto di alcuni documenti conciliari”. Il rettore dell'Università di Sassari, Attilio Mastino, nella sua relazione “Linee conciliari sull'educazione dei giovani: attese e delusioni” ha ricordato uno suo scritto degli anni Sessanta, nel quale analizzava il risultato del Concilio sui temi dell'educazione. “Quella pagine, scritte forse con un po' troppa acrimonia, erano il frutto di una mia elaborazione di ciò che si respirava in quegli anni. Eppure alla luce di quanto accade oggi sorprende la modernità delle indicazioni del Concilio sulla libertà di scelta negli studi, l'apertura sulle scuole superiori, sulle università, se si stabilisce
che le diverse discipline devono essere coltivate con metodi e principi propri, secondo la libertà che propria della ricerca scientifica”. Monsignor Tonino Cabizzosu, storico della Chiesa sarda, ha parlato del “Contributo dei vescovi sardi al Concilio Vaticano II”. “L'apporto che i vescovi sardi hanno dato la Concilio fu modesto - ha detto monsignor Cabizzosu - come documentano le fonti finora pubblicate. Risultano assenti riguardo le grandi tematiche discusse in Concilio. Il contributo fu simile a quello di altri vescovi italiani, giunti forse impreparati ad un avvenimento che ha colto di sorpresa tutti. Erano stati formati alla Facoltà Teologica di Cuglieri, dove si sono formati i sacerdoti sardi. I docenti non erano veri ricercatori, ma proponevano ciò che dai manuali emergeva. Ciò nonostante c'è un dato positivo: si può dire che i nostri vescovi hanno vissuto l'esperienza conciliare con grande fede”. Ultimo tra i relatori Giuseppe Zichi, dell'ateneo sassarese, che si è espresso circa sull'incidenza degli orientamenti conciliari nella Chiesa sarda. Il docente si è soffermato in maniera particolare sull'aspetto della comunicazione sociale, evidenziando come ciascuna della diocesi sarde abbia sempre curato questo ambito ritenendolo fondamentale sotto il profilo pastorale. Una convegno dunque nel quale è stata ribadita ancora una volta l'attualità del Concilio a distanza di mezzo secolo dalla sua indizione.
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A piedi nella notte da Sinnai a Bonaria S. N.
i ripete nella notte del 24 aprile il Pellegrinaggio a piedi da Sinnai a Bonaria. Il grande gesto, proposto da un gruppo di amici di Comunione e Liberazione in collaborazione con la parrocchia di Santa Barbara (Sinnai) guidata da don Giovanni Abis è giunto alla 27ma edizione. Tema di quest’anno è “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Si tratta del più grande gesto di devozione popolare attualmente esistente nell’Isola, che ha ripreso un’antichissima tradizione: dalle 200 persone che parteciparono il primo anno si è giunti alle migliaia di devoti che partecipano con attenzione all’iniziativa anche quest’anno. Si prega e si canta durante la notte in cammino verso la Basilica di Bonaria, per un’esperienza davvero indimenticabile. Ricco come sempre il programma: alle 22.30 del 24 aprile è
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previsto un Happening di preparazione alla messa della Mezzanotte, quest’anno celebrata dall’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio. All’1 e 30 è prevista la partenza dei pellegrini, circa tre ore dopo la sosta negli spazi dell’Istituto salesiano di Selargius. Alle 8 del mattino l’arrivo ai piedi della scalinata della Basilica di Bonaria e il rinnovo dell’atto di consacrazione alla Madonna. L’appuntamento per la notte, per la preparazione e la messa celebrata da mons. Miglio è nell’Anfiteatro di Piazza Sant’Isidoro a Sinnai. Il tutto nella cornice della festa della Madonna di Bonaria.
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