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DOMENICA 9 GIUGNO 2013 A N N O X N . 23

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Cristiani da Mulino Bianco MASSIMO PETTINAU

apa Francesco non lo sa, ma alcune delle sue descrizioni dei cristiani di oggi sono davvero somiglianti ad alcune campagne pubblicitarie che hanno attraversato l’Italia in questi ultimi vent’anni. Famiglie ricche, sorridenti e felici che fanno colazione in una villa con parco annesso e pretendono di rappresentare i nuclei familiari italiani. Il Papa che porta il nome del santo di Assisi sta continuamente ricordando che ilVangelo è l’irruzione di Dio nel mondo con una notizia bellissima e sconvolgente. Per alcuni in buona fede le pagine del Vangelo sono come raccontini edificanti, tutt’al più simbolici, inventati per proporre buone maniere, gentilezza e cortesia nei sentimenti. Come si legge una fiaba ai bambini per farli addormentare, così si invitano i cristiani a leggere una pagina del Vangelo per rinunciare alla loro ragione e spingerli verso un’apatia da cui la fede è esclusa. Una sorta di storiellina per cristiani del Mulino Bianco. Certamente leggere il Vangelo su una comoda poltrona magari sorseggiando un bicchierino di liquore o una bibita e forse anche commuovendosi per le belle parole o per i bei gesti appena letti è ben diverso dal mettersi in gioco personalmente, dal rischiare se stessi alla sequela di Nostro Signore. E’ diverso dal farne ciò che real-

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mente è: una infinita esplosione dell’Amore di Dio per l’uomo da vivere nel rapporto con Dio e il prossimo. E non parliamo, almeno per i cristiani, di un “Dio ignoto”. Questo Dio che "è amore" (1Gv 4, 16) ha un nome, un volto, un corpo, un'anima: Gesù Cristo. E questo Gesù, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità è quello che la Grazia di Dio ha donato e dona a tutti coloro che si riconoscono come cristiani, e che in questi giorni lo incontrano in questo modo per la prima volta nel loro cuore. Ma di quali cristiani si parla? Di chi parliamo quando parliamo di noi? Gesù riassumeva la vocazione cristiana con poche ma chiarissime parole: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5,13). Giovanni Paolo II parlava di “cristiani a rischio” che potrebbero “veder progressivamente affievolita la loro fede, e magari finirebbero per cedere al fascino di “surrogati”, accogliendo proposte religiose alternative e indulgendo persino alle forme stravaganti della superstizione”. Papa Francesco dice che se “il sale rimarrà nella bottiglietta noi diventeremo cristiani da museo. Possiamo far vedere il sale: questo è il mio sale. Ma che bello che è! Questo è il sale che ho ricevuto nel Battesimo, questo è quello che ho ricevuto nella Cresima, questo è quello che ho ricevuto nella cate-

chesi… Ma guardate: cristiani da museo! Un sale senza sapore, un sale che non fa niente!”. Spesso oggi si può cadere in un classico inganno. Quello di lasciar emergere un cristianesimo dell’assenso intellettuale e del sentimentalismo piuttosto che della scelta coraggiosa e totale per Dio. E si può cedere perfino alla tentazione di limitarsi ad un cristianesimo di azione sociale anziché di radicale trasformazione del cuore dell’uomo: un cristianesimo del “fare” piuttosto che dell’essere. Ancora papa Francesco afferma: “Qualcuno dirà: “No, io preferisco studiare la fede nei libri!”. E’ importante studiarla, ma, guarda, questo solo non basta! L’importante è l’incontro con Gesù, l’incontro con Lui, e questo ti dà la fede, perché è proprio Lui che te la dà! Si può pensare che l’evangelizzazione dobbiamo programmarla a tavolino, pensando alle strategie, facendo dei piani. Ma questi sono strumenti, piccoli strumenti. L’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui. Poi possiamo fare le strategie, ma questo è secondario. La comunicazione della fede si può fare soltanto con la testimonianza, e questo è l’amore. Non con le nostre idee, ma con il Vangelo vissuto nella propria esistenza e che lo Spirito Santo fa vivere dentro di noi. La Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata: non è questo. Noi non siamo una ONG, e quando la Chiesa diventa una ONG perde il sale, non ha sapore, è soltanto una vuota organizzazione. (Segue a pag. 3)

SOMMARIO SCUOLA

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L’inclusione dei bambini con disabilità è ancora una strada possibile SOCIETA’

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I dati mostrano un’Isola ormai dentro alla spirale dell’impoverimento CHIESA

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Kiko Arguello a Cagliari: “Ai cristiani serve una vera iniziazione” CAGLIARI

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Il Corpus Domini: “L’invito è a diventare pane spezzato per tutti” SPORT E FEDE

Oratorio Santa Lucia, festa per don Marras con Rombo di Tuono

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iL Portico

IL PORTICO DEL TEMPO

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Scuola. Si conclude un altro anno e restano gli interrogativi delle famiglie: se ne parla a LeggendoMetropolitano.

L’inclusione è ancora una strada percorribile: un percorso mai finito, sempre in costruzione FRANCESCA PALMAS* N ALTRO ANNO scolastico si conclude e tanti restano gli interrogativi e le preoccupazioni delle famiglie degli alunni con disabilità per quello nuovo. Nonostante la nostra buona normativa sappiamo che, a tutt’oggi, una buona qualità, garantita in modo equo ed uniforme nel Paese non è stata ancora raggiunta. Ancora tante restano le emergenze che dobbiamo affrontare anche il prossimo settembre a causa dei pesanti tagli alla scuola che penalizzano fortemente il pieno esercizio del diritto allo studio degli alunni con disabilità: quelli annunciati al personale docente e non docente hanno, di fatto, cambiato il volto del sostegno e non solo; classi sempre più numerose (anche di ventisettetrenta alunni) o così dette “classi pollaio” con anche 4 alunni con disabilità nella stessa classe; collaboratori scolastici insufficienti per coprire le esigenze di chi necessita di un'assistenza continua negli istituti, o l'assistenza specialistica ancora non attiva dal primo giorno di scuola in tutti i Comuni. Così si rischia di mettere seriamente a rischio il principio e il metodo della personalizza-

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zione degli interventi per ogni singolo alunno, a favore di una logica sbagliata della “distribuzione delle risorse uguali per tutti così non si fa torto a nessuno”; in questo modo invece si penalizzano proprio tutti perché nessuno ottiene un servizio di qualità che appunto risponda alle sue esigenze. E’ chiaro che l'impoverimento della scuola pubblica in generale (22 miliardi in 5 anni di Governo), con i tagli cui abbiamo inesorabilmente assistito questi ultimi anni, si ripercuote ancor più negativamente per gli alunni in una situazione di svantaggio. In assenza di requisiti strutturali e organizzativi è difficile pensare di costruire percorsi di integrazione davvero inclusivi, progettare dei percorsi personalizzati davvero

a misura di quell’alunno in quella particolare situazione, è più faticoso e difficile, si rimanda troppo spesso alla buona volontà di pochi mentre bisogna ripartire e garantire la fruibilità del diritto allo studio per tutti, delle pari opportunità per tutti. Ecco perché oggi si sente ancora forte l’esigenza di ripartire dai diritti perché non possiamo accettare di fare passi indietro. Spesso le cronache ci riportano esempi di “cattive prassi” scolastiche, mentre tante esperienze positive vengono realizzate nel silenzio e lontano dai riflettori. Queste esperienze di inclusione scolastica possibile ci dicono che non tutto è da rifare, che dobbiamo stare attenti, quando soffia il vento del cambiamento a non rischiare di “buttar via l’acqua sporca con il bambino”; forse si può ripartire proprio per costruire o ri-costruire il cambiamento proprio dalle buone pratiche, senza dimenticare le emergenze e le criticità in atto. Partendo dal punto di vista delle famiglie mi viene in mente pensando proprio alle famiglie dell’ABC e di tante altre associazioni con le quali collaboriamo, che le difficoltà incontrate non hanno mai fatto venire meno nelle famiglie stesse il senso di giustizia e di verità del loro sapere per la tutela del diritto allo stu-

La qualità della vita nell’ambito medico Si inizia a parlare di un nuovo obiettivo delle terapie GIOVANNI CAOCCI*

erché è importante parlare di qualità della vita. I progressi avvenuti nel campo della ricerca hanno ampliato le possibilità di curare pazienti con tumori: esistono per esempio alcuni tipi di leucemia diagnosticate a 60-70 anni che, adeguatamente trattate, non guariscono ma consentono al paziente un’aspettativa di vita di circa 10-15 anni, cioè sovrapponibile a quella di una persona sana di quell’età. Il paziente si trova però a dover convivere con la malattia e con gli effetti delle terapie per un periodo prolungato. Le terapie intensive che utilizziamo nei soggetti più giovani, dalle chemioterapie fino al trapianto di midollo, hanno degli effetti collaterali rilevanti; non solo causano una serie di sintomi e limitazioni funzionali (nausea, astenia, depressione, ansia), ma quasi sempre investono pesantemente anche la sfera sociale-relazionale, psicologica e affettiva del paziente. Diventa dunque fondamentale in molte scelte terapeutiche tenere in considerazione il pun-

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to di vista del paziente e le preferenze personali. Il concetto della qualità di vitarappresenta uno dei temi emergenti nella storia della medicina moderna. Comprendere questo concetto è, almeno intuitivamente,relativamente semplice. Cercare di definire, però, con precisionequesto aspetto e capire come si misuri e come possa essere d’aiuto nella pratica medica può non essere, invece, così immediatamenteintuibile. Cosa si intende per qualità della vita in ambito medico. Non esiste un’unica definizione al riguardo e ne sono state proposte diverse. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto la seguente: “La percezione dell’individuo della propria posizione nella vita nel contesto dei sistemi culturali e dei valori di riferimento nei quali è inserito e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, assetti e preoccupazioni”. La qualità della vita è un costrutto soggettivo (deve essere valutato dal paziente stesso e non dal medico), multidimensionale (deve prevedere una valutazionedel benessere fisico, psicologico, sociale), dinamico (può variare nel tempo) e

Giovanni Caocci.

culturalmente correlato (un paziente in Italia o in Iraq valuta in modo differente la propria qualità di vita). Come si fa misura un concetto così soggettivo. Nella pratica comune, la qualità della vita si rileva solitamente attraverso la somministrazione di questionari. Questi strumenti vengono costruiti per fornire al medico un profilo generale sullaqualità della vita. Gli strumenti di misurazione sono generalmente suddivisi in generici, che possono essere utilizzati indiverse patologie e consentono di comparare i profili di salute didiversi gruppi di pazienti, e specifici, sviluppati per valutare una serie di aspetti che possono influire in una particolare malattia. A cosa serve misurare la qualità della vita. La valutazione della qualità della vita consente di ottenere informazio-

dio dei propri figli; possono esserci insomma tutti i presupposti perché la scuola possa essere in grado di accogliere gli alunni con disabilità al pari degli altri. Le famiglie sostengono che l’inclusione scolastica è una strada percorribile. Certo è necessario mettere in atto anche azioni forti quando serve, sino ai ricorsi per vie legali, ma non basta soltanto far applicare la normativa: l’inclusione scolastica è sempre un processo in divenire, mai chiuso dunque mai finito, un insieme di relazioni oltre che di azioni messe in essere che devono essere curate proprio attraverso le alleanze e il lavoro

di rete tra tutte le persone coinvolte. La nostra esperienza ci insegna che la diffusione delle buone prassi e dei modelli inclusivi di qualità migliora la cultura dell’accoglienza nella scuola e nella società; raccontare e contribuire dunque a far conoscere

ni importanti che possono risultare utili nella pianificazione di interventi terapeutici, nel supporto alla gestione clinica, ospedaliera e domiciliare, nell’implementazione di specifici programmi di riabilitazione o di cure palliative, nel documentare l’efficacia degli interventi terapeutici, oltre che, naturalmente, nella descrizione scientifica dell’impatto di quellamalattia e delle terapie. Alcuni parametri possono inoltre fornire importanti informazioni prognostiche, relative alla futura risposta al trattamento o addirittura alla sopravvivenza. La qualità della vita nel paziente oncoematologico. Il nostro gruppo si occupa particolarmente di qualità della vita nel paziente oncoematologico, affetto da patologie quali leucemie, linfomi, mielomi e nel paziente che ha subito un trapianto di midollo osseo. In particolare abbiamo pubblicato in letteratura medica diversi studi sulla qualità della vita del paziente

i tanti esempi che esistono ci permette di poter dire: l’integrazione è possibile. Continuiamo ad manifestare il nostro corale ed accorato SI alla scuola pubblica che include le persone con disabilità nelle classi di ogni ordine e scuola, ed oggi sempre in una società sempre più complessa ma che per questo deve essere anche sempre più matura, tutti gli alunni che presentano dei bisogni educativi speciali, perché questa è l’unica strada che possa garantire loro davvero le pari opportunità, l’unica percorribile per costruire una società davvero inclusiva per tutti. Sono alcuni degli ingredienti della serata promossa dal festival letterario “Leggendo Metropolitano”. * Responsabile Scuola ABC e vicepresidente Consulta delle persone con disabilità Provincia di Cagliari venerdì 7 giugno ore 19 via Santa Croce Co-stringersi. La scuola inclusiva come risorsa Con Francesca Palmas (ABC), Italo Fiorin (Università LUMSA, Roma), Marco Balzano, scrittore, Giuseppe Argiolas, insegnante, CIIS. Coordina Andrea Gavosto, Fondazione Agnelli

talassemico dopo trapianto. Recentemente abbiamo terminato una ricerca eseguita su circa 100 pazienti talassemici sardi trapiantati oltre vent’anni fa. Abbiamo riscontrato che a distanza di così tanto tempo la qualità della vita di questi ex-pazienti è paragonabile a quella di una popolazione sana di controllo e che si è verificato un normale reinserimento nella vita sociale. Infatti più del 70% dei pazienti ha ripreso a studiare e ha completato gli studi, e un’altrettanta percentuale di essi ha un lavoro. Abbiamo anche registrato 23 gravidanze in questo campione. Questi risultati danno ragione al notevole sforzo economico sostenuto dalla Regione Sardegna oltre 25 anni or sono, che ha coperto dapprima i costi del trapianto presso altri centri nazionali e poi ha avviato i centri trapianti di midollo presenti a Cagliari. * Ricercatore in Ematologia Università di Cagliari

Il Centro Trapianti di Midollo Osseo del Binaghi, diretto dal prof. Giorgio La Nasa.


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IL PORTICO DEGLI EVENTI

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Lavoro. Disoccupazione e precarietà si concentrano tra gli adulti: molte famiglie si reggono sulla solidarietà.

Giovani senza istruzione, adulti senza lavoro: siamo dentro la spirale dell’impoverimento Nell’Isola meno del 19% dei giovani è iscritto ad un corso universitario, l’abbandono prematuro degli studi riguarda il 25% dei ragazzi sardi di età compresa tra 18 e 24 anni LILLI PRUNA* DATI PUBBLICATI DUE giorni fa dall’Istat dicono che la disoccupazione giovanile in Italia sfiora ormai il 42%, ma al Sud arriva addirittura al 52%. La Sardegna sta nel mezzo, ma non molto distante dal resto del Mezzogiorno. La gravità di questi dati va ben oltre l’immagine amara di tanti ragazzi e ragazze tra i 15 anni – più spesso almeno 17 o 18 – e i 24 anni, che cercano un lavoro e non lo trovano. Il tasso di disoccupazione giovanile e la sua crescita così forte nascondono problemi enormi e del tutto trascurati. In primo luogo, la disoccupazione giovanile cresce perché si riduce la scolarizzazione dei giovani: per una quota rilevante di ragazze e ragazzi la permanenza nel sistema scolastico si sta accorciando

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invece che allungarsi come dovrebbe avvenire in un paese avanzato, che si vanta di appartenere al ristretto club dei G8, le otto più grandi potenze economiche del mondo occidentale. In Italia, su 100 giovani tra i 15 e i 19 anni, 83 sono iscritti al ciclo di studi secondario superiore, l’altro 17% si è fermato: non è andato avanti o ha rinunciato a proseguire. In Irlanda sono quasi 96 su 100 i giovani di questa fascia di età che frequentano un istituto superiore. In Sardegna sono 80 su 100: ciò significa che nella nostra regione il 20% dei giovani tra i 15 e i 19 anni non

prosegue gli studi dopo la licenza media. I conti tornano, purtroppo, perché l’abbandono prematuro degli studi riguarda il 25% dei giovani sardi tra i 18 e i 24 anni, che si ritrovano solo con il titolo della cosiddetta “scuola dell’obbligo”. Sono ragazze e soprattutto ragazzi che la scuola ha perduto, ha lasciato andare, ma non sono andati da nessuna parte, se non a cercare o solo aspettare un lavoro qualsiasi. Disoccupati, appunto. Ma anche la riduzione delle iscrizioni all’università ha contribuito ad alimentare la disoccupazione giovanile: in Italia solo poco più del 21% dei giovani tra i 20 e i 29 anni è iscritto ad un corso universitario, in Sardegna meno

del 19% (e non tutti conseguiranno la laurea). Chi non prosegue gli studi e non si iscrive all’università comincia a cercare un lavoro, che è difficile da trovare, e diventa quindi disoccupato. L’Unione Europea insiste da tempo sull’innalzamento del livello di istruzione, naturalmente a partire dai più giovani, al punto da considerare i 20 anni la soglia anagrafica minima per l’ingresso nel mercato del lavoro. Fino a 20 anni, ci suggerisce l’Europa (a cui sempre ci ispiriamo tranne che per le indicazioni davvero importanti), è meglio che i giovani studino, si formino, facciano esperienze e costruiscano una cultura su cui poi poggeranno le loro competenze professionali. Noi invece lasciamo che moltissimi ragazzi e ragazze vengano abbandonati dalla scuola (è la scuola che li abbandona, non il contrario) e restino esclusi anche dal mercato del lavoro, relegati in una condizione priva di obiettivi e di stimoli, in cui perdono anni di vita senza riuscire a fare nulla di utile. I giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono quasi 700mila in Italia, molti di loro hanno solo la licenza media e potranno aspirare solo ad un lavoro poco qualificato. Una delle cause della riduzione della scolarizzazione dei giovani (la rinuncia a conseguire un diploma e ad iscriversi all’università) è la debolezza economica delle famiglie.

Un’isola a tinte fosche nel Rapporto Crenos Il turismo stenta ad assumere un ruolo nello sviluppo MATTEO MAZZUZZI

il e consumi si contraggono al pari degli investimenti. Il tasso di disoccupazione arriva al 16% (+2% rispetto al 2011) e si accentuano i divari fra le provincie. Persiste il ritardo nella dotazione infrastrutturale e il settore turistico stenta ad assumere un ruolo chiave nell’economia della Sardegna. È questa l’immagine critica fornita dal 20° rapporto sull’economia sarda presentato dal CRENoS, il Centro Ricerche Economiche Nord Sud. Il sistema economico Il Pil pro capite è fermo dal 2009, i consumi si contraggono, gli investimenti calano bruscamente, in controtendenza rispetto al dato nazionale. In ambito europeo il PIL pro capite della Sardegna è leggermente inferiore alla

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media. Il settore delle esportazioni rimane legato ai prodotti petroliferi (81%), ma timidi segnali positivi arrivano dal trend del comparto agroalimentare. «Le previsioni della commissione europea – evidenzia Giovanni Sulis, coordinatore della ricerca – mostrano una situazione di contrazione, con un’auspicata crescita per il 2014. Tuttavia la ripresa non si accompagnerà a una riduzione della disoccupazione: in Italia il tasso di disoccupazione dovrebbe addirittura aumentare». TurismoIl 2011 non è stato un buon anno per l’industria turistica. Al forte calo delle presenze italiane (14,4%), che non ha eguali nelle altre regioni, fa solo parzialmente da contraltare l’incremento di quelle straniere (+11,1%). L’offerta ricettiva è leggermente aumentata grazie so-

La presentazione del Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna.

prattutto al settore extralberghiero. Tra i fattori di criticità si evidenzia la stagionalità, un fenomeno nazionale accentuato nel contesto dell’Isola. Per il 2013 le previsioni degli operatori del settore sui flussi turistici sono particolarmente ottimistiche. Mercato del lavoroIl mercato del lavoro presenta aspetti contrastanti. Se il tasso di disoccupazione sale al 16% (con picchi sulla disoccupazione giovanile) il numero di occupati dal 2004 (593mila) al 2012 (595mila) rimane stabile. Enorme è il divario provinciale: ai dati del 2012, tra il tasso di occupazione di Olbia-Tempio (57,50%) e di Carbonia-Iglesias

(43,94%) esiste una gap di circa 14 punti percentuali. Inoltre, il ricorso alla cassa integrazione dal 2007 al 2012 è aumentato in maniera consistente: +600%. Dati positivi arrivano da un altro differenziale, quello di genere, che, a partire dal 2000, mostra una convergenza tra il tasso di occupazione maschile (decrescente) e quello femminile (crescente). Fattori di crescita Il rapporto analizza anche 3 importanti fattori di crescita e sviluppo capaci, nel medio e lungo periodo, di determinare un aumento della produttività: infrastrutture, capitale umano, ricerca e innovazione. Per quanto concerne il

La disoccupazione e la precarietà del lavoro, infatti, si concentrano tra gli adulti e rendono incerte e fragili le condizioni di vita delle famiglie: sia in Italia che in Sardegna il 77% della disoccupazione riguarda persone adulte, al di sopra dei 25 anni e in larga parte al di sopra dei 35 anni. Ci sono disoccupati in tutte le classi di età, fino ai 55 anni e oltre, come ci confermano le cronache drammatiche degli ultimi mesi. Anche la disoccupazione non rilevata, quella di chi cerca un lavoro con minore intensità ma ha comunque bisogno di lavorare, è largamente adulta e così anche la precarietà, che è l’altra faccia della disoccupazione: quasi l’80% dell’occupazione precaria in Italia è adulta, in Sardegna più dell’83%. Se a tutto questo aggiungiamo le decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione e in mobilità, possiamo avere un’idea di quante sono le famiglie con poco lavoro e poco reddito che si reggono sulla solidarietà e i trasferimenti pubblici. Se le solidarietà familiari reggono, le risorse e le opportunità degli individui diventano sempre più scarse e diseguali. Giovani senza istruzione e adulti senza lavoro: questa è la spirale dell’impoverimento (materiale e immateriale) in cui siamo precipitati. * docente di Sociologia economica e del lavoro Università di Cagliari

primo aspetto, gli indici di dotazione infrastrutturale evidenziano carenze soprattutto nelle vie di comunicazione stradali e ferroviarie. Riguardo il capitale umano, la quota di laureati sulla popolazione è aumentata (12%) ma non è ancora soddisfacente, soprattutto in relazione alla media europea (oltre il 25%). Infine, la netta crescita della quota di spesa pubblica in ricerca e sviluppo sul PIL mostra una positiva propensione all’investimento in innovazione. Condizione di insularità Il rapporto CRENoS dedica inoltre un approfondimento all’insularità, mettendo in evidenza svantaggi e opportunità derivanti da tale condizione. Gli indici d’isolamento collocano la Sardegna al secondo posto fra i territori maggiormente isolati nel Mediterraneo. Ciò comporta forti implicazione nell’assorbimento degli shock macroeconomici, un minor grado di concorrenza e di apertura al commercio, oltre naturalmente a maggiori costi diretti per i trasporti. «Tuttavia – fa notare Sulis – la vicinanza al mare potrebbe favorire specializzazioni produttive come quelle turistiche».

segue dalla prima E in questo siate furbi, perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’efficientismo. Una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficacia, essere efficienti. No, quello è un altro valore. Il valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione. Noi non possiamo diventare cristiani inamidati, quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli”.


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IL PORTICO DEL TEMPIO

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Il Papa. Catechesi di Francesco all’Angelus sulla ricorrenza del Corpus Domini.

Gesù trasforma la folla in comunità: il miracolo vero è la condivisione ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre si è soffermato sulla ricorrenza del Corpus Domini partendo dalla riflessione sul Vangelo domenicale che presentava l’episodio della moltiplicazione dei pani: «di fronte a quei cinque pani, Gesù pensa: ecco la provvidenza! Da questo poco, Dio può tirar fuori il necessario per tutti. Gesù si fida totalmente del Padre celeste, sa che a Lui tutto è possibile. Perciò dice ai discepoli di far sedere la gente a gruppi di cinquanta – non è casuale questo, perché questo significa che non sono più una folla, ma diventano comunità, nutrite dal pane di Dio. Poi prende quei pani e i pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione – è chiaro il riferimento all’Eucaristia –, poi li spezza e comincia a darli ai discepoli, e i discepoli li distribuiscono… e i pani e i pesci non finiscono, non finiscono! Ecco il miracolo: più che una moltiplicazione è una condivisione, animata dalla fede e dalla preghiera. Mangiarono tutti e ne avanzò: è il segno di Gesù, pane di Dio per l’umanità». Al termine dell’Angelus il Papa ha invitato tutti a pregare per la difficile situazione della Siria, e ha rivolto un appello per la liberazione delle persone rapite: «sempre viva e sofferta è la mia preoccupazione per il persistere del conflitto che ormai da più di due anni infiamma la Siria e colpisce specialmente la popola-

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Papa Francesco durante l’Adorazione eucaristica.

zione inerme, che aspira ad una pace nella giustizia e nella comprensione». Sempre al termine dell’Angelus Papa Francesco ha ricordato i militari e i parenti dei caduti nelle missioni di pace per i quali ha celebrato una Messa la mattina del 2 Giugno: «ho celebrato la Santa Messa con alcuni militari e con i parenti di alcuni caduti nelle missioni di pace, che cercano di promuovere la riconciliazione e la pace in Paesi in cui si sparge ancora tanto sangue fraterno in guerre che sono sempre una follia. "Tutto si perde con la guerra. Tutto si guadagna con la pace". Chiedo una preghiera per i caduti, i feriti e i loro familiari».

Nella Solennità del Corpus Domini, che a Roma si celebra al giovedì, il Santo Padre nell’omelia della Messa celebrata nel sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano ha mostrato con chiarezza l’esigenza di legare l’Eucaristia “celebrata” e quella “vissuta” nella condivisione e nel servizio: «una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è "solidarietà", saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano! Questa sera, ancora una volta, il Si-

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I cristiani in Repubblica Centrafricana sono presi di mira dai militanti islamici: vengono legati, picchiati e costretti a consegnare i soldi per salvarsi la vita. La denuncia di un “un regno del terrore” contro i cristiani da parte dei ribelli Seleka che hanno acquisito il controllo del paese nel marzo scorso, giunge da fonti della chiesa locale. Già nei mesi scorsi un alcuni cristiani sono stati uccisi o feriti. I ribelli girano alla ricerca di sacerdoti e altri lavoratori cristiani, mentre luoghi di culto e proprietà private di cristiani vengono attaccate e saccheggiate.

SIRIA

Missione umanitaria di mons. Vera Lòpez Il vescovo messicano Raùl Vera Lòpez OP farà parte di una delegazione di 12 osservatori che nella prima metà di giugno proveranno a entrare in Siria per raccogliere dati e informazioni su atrocità e violazioni dei diritti umani in atto nel Paese dilaniato dalla guerra civile. Secondo informazioni attribuite alla diocesi di Saltillo, la missione in Siria di mons. Lòpez avverrà dopo gli esercizi spirituali che il vescovo sta predicando alla comunità domenicana di Porto Rico. Monsignor Vera Lopez è stato vescovo coadiutore di San Cristòbal de Las Casas negli anni in cui l'arcidiocesi del Chiapas era retta dal vescovo Samuel Ruiz Garcìa, a cui era legato da profonda amicizia. Nel 2000 Vera Lòpez è diventato vescovo della diocesi di Saltillo, nel Messico nord-orientale. E' stato candidato al Premio Nobel 2012 per il suo impegno a favore della difesa dei diritti umani.

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I cristiani vivono nel terrore

gnore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la "solidarietà di Dio" con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo e la morte». Alla conclusione del Mese di Maggio il Papa ha partecipato alla recita del Rosario in Piazza San Pietro. Nella sua meditazione al termine della preghiera mariana Francesco ha sottolineato l’esempio di Maria che è capace di ascoltare, decidere e agire: «l’agire di Maria è una conseguenza della sua obbedienza alle parole dell’Angelo, ma unita alla carità: va da Elisabetta per rendersi utile; e in questo uscire dalla sua casa, da se stessa, per amore, porta quanto ha di più prezioso: Gesù; porta il Figlio». In settimana all’Udienza generale il Santo Padre ha parlato del tema della Chiesa come famiglia di Dio: «domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa».

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IL PORTICO DEGLI EVENTI

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Kiko Arguello a Cagliari. Il fondatore del Cammino Neocatecumenale in città per completare un’opera d’arte.

“Bisogna costruire comunità cristiane che mostrino al mondo l’amore di Dio” Nella chiesa parrocchiale della Vergine della Salute una pala d’altare di 85 metri quadri. Arguello: “E’ urgente riprendere una vera iniziazione cristiana negli adulti” SERGIO NUVOLI E CONTINUI A FARE del bene, prima o poi il demonio te la farà pagare”. Non mostra di avere paura, Kiko Arguello, quando racconta queste parole ai tantissimi che hanno affollato nei giorni scorsi la chiesa della parrocchia della Vergine della Salute (Poetto) - guidata da padre Enrico Spano - per guardarlo mentre, con un’équipe di 18 pittori, dipingeva il volto di Cristo su una pala maestosa. E ascoltarlo: l’incontro si trasforma presto in una grande catechesi. Kiko, cosa lasci a Cagliari? Il volto di Cristo, inserito in una grande pala, riprodotta dai miei collaboratori, dove è rappresentata la corona misterica: la seconda venuta di Cristo, la Madonna che scende dal Cielo per intercedere per noi, San Giovanni Battista, la Santissima Trinità, San Pietro e San Paolo. Tutto intorno, i grandi misteri della nostra Salvezza. Che significato ha quest’opera per te a Cagliari, in Sardegna? Io non c’entro niente, è il Signore: io

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foto roberto loddo

faccio la volontà del Signore. Se Lui ha voluto che io venissi qui, vuol dire che il Signore vuole bene a Cagliari. Giovanni Paolo II definì il Cammi“Le pagine della vita di Cristo scelte sono tra le più significative del Vangelo e poi la pittura culmina nel volto del Cristo che viene, il Cristo Risorto dell’Apocalisse, che viene alla fine dei tempi - ha dichiarato mons. Miglio a Radio Vaticana a proposito della pala d’altare Questo volto mette in evidenza

no, insieme agli altri movimenti ecclesiali, la“Primavera dello Spirito”. A che punto è la Primavera? Stiamo cominciando – sorride - siamo contenti di essere andati in quadue aspetti: l’austerità del Giudice che viene, ma gli occhi di questo volto sono gli occhi della misericordia, che offre ancora una volta l’occasione di pentimento, di guarigione e di salvezza. Mi pare che questi due aspetti siano armonizzati molto bene e diano, quindi, un messaggio di grande speranza”.

si 10mila piazze in tutto il mondo. Calcoliamo 50-60mila persone lontane che si sono avvicinate alla Chiesa grazie a queste catechesi nelle piazze. Abbiamo avuto un’allegria enorme: tantissima gente è rimasta impressionata dal nostro carisma, vedendo le nostre comunità cantare, ballare e danzare. Il segno distintivo è ancora una volta l’unità. Come si costruisce? Mi riferisco all’unità della comunità cristiana: se sarete perfettamente uno, il mondo crederà, perché apparirà il mistero della Santissima Trinità fatto carne, la Chiesa. Si chiama “miracolo morale”: per questo noi sappiamo che per evangelizzare bisogna costruire comunità cristiane che mostrino al mondo l’amore e la dimensione della Croce. “Come io vi ho amato”: se vi amate come io vi ho amato, i lontani diranno “Ecco i discepoli di Cristo”. E se sarete perfettamente uno, il mondo crederà. Per arrivare a questa statura di fede, serve un’autentica iniziazione cristiana: per questo stiamo aprendo comunità nelle parrocchie. Fare cristiani adulti con comunità cristiane che arrivino a questa statura di fede: quando arrivano a questa statura, li mandiamo in missione ad gentes. Di cosa hanno davvero bisogno i cristiani oggi? Di una iniziazione cristiana. Non sanno niente, non seguono una formazione vera: essere cristiani è una meraviglia, è fantastico. E non lo sanno: credono che il cristianesimo sia un moralismo.

Quanto l’arte può aiutare a incontrare la fede? Moltissimo. Stiamo vedendo l’effetto del quadro realizzato a Mursia: i turisti rimangono ammirati e chiedono il battesimo, vedendo lo sguardo di Cristo. Stiamo vedendo dei segni meravigliosi. Quando hai scoperto questo valore dell’arte nella tua vita? Sono un pittore, ho fatto tutta la vita questo mestiere. In seguito il Signore mi ha portato a lasciare la pittura e mi ha mandato a vivere con i poveri nelle baracche. Ora il Signore mi sta facendo recuperare tutto. Ho letto che chiedi una nuova estetica per la Chiesa, e un’unione con l’arte orientale. Cosa significa? Dobbiamo recuperare il canone che c’era prima del 1400, che ha separato l’Oriente dall’Occidente, specie nell’arte sacra. Dobbiamo ritornare al canone antico, meraviglioso, e unire l’Oriente all’Occidente anche in questo senso. Ancora una volta l’unità. E’ possibile se siamo buoni e umili. Se siamo superbi, è impossibile.

Una lezione di vita e di comunione piena Parla Jacopo Latilla, uno dei pittori al fianco di Kiko ALESSANDRA DE VALLE VERO … SONO FELICE!».Conosco Jacopo, 20 anni, come una persona allegra, ma stavolta ha proprio una bella voce e voglio saperne di più. Da quanto tempo collabori con l’équipe dei pittori? Da due settimane, e per me è la prima volta. E’stata come un ritiro. Iniziavamo la mattina alle 9 recitando insieme le lodi, seguite dall’Eucarestia, ogni giorno. Poi si iniziava a dipingere: tutti insieme, ognuno con il suo compito, il suo quadro. Io dovevo mischiare i colori, e nel frattempo si ascoltavano canti gregoriani, si pregavano rosari, c’era chi iniziava e tutti rispondevamo, continuando a lavorare. Non si tratta di pitturare una parete: è un modo di pregare. Come ti sei trovato? E’ stato un onore. Non mi sono sentito di troppo, ero bene accolto, mi

È

volevano bene, chiedevano il mio parere, la mia esperienza… Per esempio? La mia famiglia è in missione in Olanda da anni e volevano che io gli raccontassi come mi trovavo: erano interessati a me come persona! Il dipinto diventa un tramite per creare la comunione tra i pittori. E’ un po’ paradossale: siamo lì per quello, ma fare il dipinto è un pretesto per creare la comunione nell’equipe. Cosa ti fa dire “È vero, sono felice”? E’ stata un’esperienza che mi ha ammaestrato con gentilezza, non in modo moralistico o duro. Sai, uno mi può accogliere finchè mi comporto bene, ma ci sono stati momenti in cui ho deciso di rimanermene per conto mio e ho visto che in fondo facevo male. Nessuno però mi ha mai rimproverato. Questo mi ha colpito, perché ero lì solo da due settimane, non mi avevano mai visto, mai conosciuto, ma facevo già parte di quel corpo. Una parte, per

quanto piccola, fa sempre parte di un corpo e ammaestrandomi ad essere semplicemente una parte piccola, ho imparato quanto valore ha. Ho imparato a godermi i piccoli momenti e ho visto come la comunione si formava da sola senza che io mi sforzassi. E’ stata una lezione di vita. Un’esperienza di Chiesa, di comunione tra i fratelli. Per la prima volta fai un’esperienza di Chiesa così riconoscibile? In missione mi è già capitato, perché lì siamo pochissimi cattolici e quando inizi ad andare in comunità con i tuoi fratelli lo inizi a sentire: ma qui non conoscevo nessuno, è stata un’esperienza di Chiesa più evidente: era solo lo Spirito che poteva unire. Avevo iniziato facendo l’amicone, facendo battute… Ma non funzionava. Qualcosa bloccava questo atteggiamento un po’ inuti-

le e permetteva solo una comunione umile, in cui non si dice molto, ma che ti fa sentire unito, e poi… arriva tutto il resto! Arrivano le parole, le risate… però in un tempo e in un modo diverso. Un divertimento che nasce dalla comunione con gli altri? Esatto: la comunione con gli altri è venuta quando andavo a pregare solo con l’intenzione di godermi l’Eucarestia, di godermi le lodi, di godermi… Cristo! La comunione con Dio ti ha portato alla comunione con i fratelli? Letteralmente. E’ un’esperienza conclusa o che si ripeterà? Decide lo Spirito Santo. Ora ho una chiave nuova per interpretare la mia storia e può iniziare qui in missione un’esperienza così, poi magari di dipingere forse non ricapiterà.

foto meloni bertocchini


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IL PORTICO DEI GIOVANI

iL Portico

DOMENICA 9 giugno 2013

Rapporto Unicef. i dati dell’organizzazione umanitaria commentati durante un convegno anche dagli studenti.

“Una società malata alla ricerca del denaro discrimina e dimentica chi ha più bisogno” A Palazzo Regio i dati su bambini e disabilità. Angela Quaquero: “L’Italia ha le leggi migliori, ma il problema è applicarle”. La presidente Unicef: “Per non dimenticare” LAURA CABRAS

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IOVEDÌ SCORSO È STATO

presentato nella sala consiliare di Palazzo Regio a Cagliari, in contemporanea mondiale, il Rapporto annuale Unicef: “La condizione dell’infanzia nel mondo: bambini e disabilità”. Alla presenza di diverse autorità civili e militari, la presidente della Provincia Angela Quaquero e la presidente regionale del comitato Unicef Rossella Onnis hanno dato voce alla folta delegazione degli studenti delle scuole coinvolte che hanno partecipato alla Settimana dei ragazzi promossa dall’Unicef Italia: dal 27 maggio al 2 giugno sono state mobilitate oltre 400 scuole e un centinaio di amministrazioni comunali per la promozione e tutela dei di-

Un momento del convegno dell’Unicef. Al centro, Angela Quaquero.

ritti all’infanzia. Le disabilità oggi giorno son tante e di diversa natura, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità è stata adottata il 13 dicembre del 2006 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite ma al Comune di Cagliari è stata recepita solo nel marzo del 2011. Pertanto è opportuno che i primi soggetti promotori di informazione e applicazione siano gli studenti, nelle cui mani c’è un futuro ricco di aspettative di integrazione, inclusione, accoglienza verso i compagni ed in genere verso tutte le persone affette da disabilità. L’Unicef stima che 93 milioni di

bambini nel mondo siano affetti da disabilità. I vari interventi della mattinata hanno messo in evidenza come la disabilità non sia solo una condizione di salute, ma più una condizione mentale di mancata accettazione dell’altro e quindi spesso ci si trovi dinanzi all’ignoranza, alla non tollerabilità, alla mancata inclusione e denigrazione dell’altro. “I bambini con disabilità – ha detto la presidente Quaquero – sono più spesso vittime di atti di violenza e le bambine sono ancora più svantaggiate e hanno meno probabilità dei bambini di ricevere assistenza. In Italia abbiamo delle

leggi che sono tra le migliori al mondo, il problema è la loro applicazione. Lavorare sulla disabilità – ha concluso - è soprattutto una questione di testa e di cuore”. “Questi bambini – ha aggiunto la presidente Onnis che si è soffermata sul contenuto del rapporto – sono dimenticati da tutti noi”. Gli interventi di Chiara della scuola Letizia e di Gioia della scuola Alfieri hanno rappresentato il pensiero di molti compagni: “La sofferenza del disabile è più forte, per aiutarlo bisogna conoscere la malattia e incoraggiarlo anche se spesso è più coraggioso di noi nell’affrontare qualunque ostacolo”. L’intervento di Gian Luigi Ferrero, garante dei minori per la Provincia di Cagliari, ha messo in evidenza come i ragazzi delle scuole partecipanti all’iniziativa siano fortunati in quanto possono corre, giocare, studiare, fare vita sociale, e quindi sia forte il dovere morale e civile di accogliere e rispettare maggiormente i compagni disabili. Francesca Palmas dell’Abc Sardegna, associazione che da sempre si occupa di famiglie con disabilità e bimbi celebrolesi, evidenzia come l’Italia sia un Paese avanzato, dove l’inclusione nelle scuole è fortemente presente a partire dagli in-

segnanti di sostegno, fino all’integrazione nelle classi dove c’è la possibilità di avere come compagno di banco un affetto di disabilità e come questo divenga un valore aggiunto nella crescita e sviluppo di un individuo. L’inclusione e i diritti devono percorrere una strada a pari passo. Queste riflessioni hanno scatenato la lettura dei pensieri degli studenti del Conservatorio: “Forse siamo noi i veri disabili, non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo ogni giorno anche nell’alzarci la mattina dal letto da soli; siamo una società malata alla ricerca spasmodica di danaro, soddisfazione e potere, dove l’apparire è più importante dell’essere; molti vedono ancora, come tempo fa, il disabile come un errore della natura ed invece poi si scopre che la perfezione non esiste. Questa è un discrimine, una chiusura mentale, quindi ignoranza; i politici parlano troppo e non fanno nulla o quasi, sarebbe bene che si impegnassero non con le parole ma con i fatti in modo concreto per poter aiutare veramente chi ha bisogno”. I pensieri dei ragazzi son tanti e tutti condivisi. L’esperienza delle scuole è stata più che positiva: chiarire il messaggio e diffonderlo ha centrato il segno.

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DOMENICA 9 giugno 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Corpus Domini. Momenti di autentica commozione davanti al carcere di Buoncammino

“L’invito è a diventare pane spezzato e sangue donato per i nostri fratelli” L’adorazione eucaristica in contemporanea mondiale in comunione con Papa Francesco. Quindi la processione fino a San Lorenzo, per pregare con i detenuti GIOVANNI LORENZO PORRÀ RO CARCERATO E SIETE venuti a trovarmi”: quest'anno la solennità del Corpus Domini si è svolta all'insegna di questo passo del Vangelo, dato che la processione si è conclusa proprio sotto il carcere di Buoncammino. Una scelta fortemente voluta dall'arcivescovo Arrigo Miglio. La solennità ha avuto inizio nel pomeriggio con l'esposizione del Santissimo Sacramento: già allora la Cattedrale era gremita. Presenti anche gli ordini dei Cavalieri del Santissimo Sepolcro, dei Cavalieri di Malta, la Confraternita della Solitudine, spiccavano nei primi banchi tre bambini di bianco vestiti che hanno vissuto l'emozione, resa più forte dalla solennità del momento, di ricevere la prima comunione. “Gesù riceve nelle sue mani un pane

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Monsignor Miglio guida la processione del Corpus Domini (foto Elio Piras).

e vino già ricchi di storia — ha spiegato l'arcivescovo durante l'omelia — pensiamo anche a un altro momento ricco di significato, come la Pasqua ebraica”. Quella del Corpus Domini è una delle più importanti feste della cattolicità: risale al XII secolo, e intende ribadire la presenza viva e reale del Corpo di Cristo nella Comunione. “Non può essere ridotta a un rito, e tanto meno a una cerimonia: troppe chiese fanno mille cerimonie, e sembrano set cinematografici — ha fatto notare mons. Miglio — Gesù non dà un significato simbolico al pane e al vino, ma si identifica in essi, per

soddisfare una fame più profonda, e attingere a una sorgente inesauribile”. E il bisogno più profondo che dovrebbe suscitare l'Eucarestia è semplicemente quello di offrire la carità: “La messa non sia come un sonnifero, ma come un pungolo che ci spinge a uscire — ha esortato l’arcivescovo — Quando viene detto: andate, la messa è finita, l'invito vero è a diventare pane spezzato, sangue donato per i fratelli”. Ha poi avuto inizio la processione che quest'anno per la prima volta si è conclusa alla chiesetta di San Lorenzo appena sotto il carcere: un modo per dare a questa tradizione

L’inclusione sociale secondo la normativa Alcune considerazioni relative al progetto con i rom DON MARCO LAI*

colarizzazione e formazione professionale sono i punti cardine dell’impegno accanto alle famiglie rom dell’ex campo della 554, portato avanti dalla Caritas diocesana nell’ambito del progetto di inclusione sociale del Comune di Cagliari, in collaborazione con la Scuola media Manno, l’associazione di volontariato Cosas, l’Oratorio della Parrocchia Sant’Eulalia e la cooperativa Il Sicomoro. L’obiettivo,“il superamento di una condizione di ghettizzazione - spiega don Marco Lai, direttore della Caritas di Cagliari -, iniziando dall’emancipazione e dalla promozione di progetti di autonomia reale, nel pieno rispetto delle normative nazionali ed europee”. IL PROGETTO. Si punta alla scolarizzazione finalizzata a un corso di formazione professionale bandito dalla Regione che, come per gli altri cittadini italiani, permetterà agli adulti rom di raggiungere il livello di preparazione richiesto, ovvero il diploma di terza media. Un’attenzione particolare è rivolta ai bambini, gra-

S

zie all’animazione organizzata dall’Oratorio di Sant’Eulalia e dalla cooperativa Il Sicomoro, per consentire ai genitori di seguire le lezioni, nei locali della scuola Manno e della Parrocchia di Sant’Eulalia. Un progetto realizzato con i fondi destinati dalla Ue per l’inclusione delle comunità dei Rom, Sinti e Camminanti,“grazie a politiche internazionali che riconoscono i diritti delle minoranze continua don Lai -, indirizzando a queste ultime parte dei loro bilanci. Il tutto, in linea con i principi inalienabili riconosciuti dalla Costituzione Italiana”. L’IMPEGNO PASTORALE. La sollecitudine pastorale della Chiesa verso i Rom trova piena espressione nel Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Richiamando il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II, durante il IV Convegno internazionale della Pastorale per gli Zingari (7 giugno ’95) ha affermato:“Nella Chiesa, Popolo di Dio in cammino verso il Padre, nessun gruppo etnico e linguistico deve sentirsi estraneo: tutti vi devono essere accolti e pienamente valorizzati”. E

Don Marco Lai.

Benedetto XVI, nel corso dell’Udienza ai rappresentanti di diverse etnie di Zingari e Rom, l’11 giugno 2011, ha sottolineato: “La ricerca di alloggi e lavoro dignitosi e di istruzione per i figli sono le basi su cui costruire quell’integrazione da cui trarrete beneficio voi e l’intera società”. LE NORMATIVE EUROPEE E NAZIONALI. Un alloggio ‘adeguato’, l’accesso al lavoro, all’istruzione e ai servizi sanitari, la scolarizzazione dei minori, la partecipazione civica e politica, la promozione di conoscenza: sono i principali diritti garantiti dalle risoluzioni e raccomandazioni europee sulle popolazioni rom, tutte finalizzate alla tutela dalle discriminazioni - sia a livello europeo che dei singoli stati membri - e a un miglioramento delle condizioni di vita delle comunità, nella convinzione che “l’accesso effettivo e sostenibile all’i-

un nuovo e più forte significato. La partecipazione è apparsa più che mai sentita: la lunghissima fiumana di fedeli uscita dalla Cattedrale si è ingrossata nel breve tragitto, e sui volti di tutti si leggeva non solo fede ma soprattutto gioia, in particolare mente si cantava l'Ave Maria in Sardo. “Preghiamo per i nostri fratelli detenuti, perché è difficile pregare quando ci si sente abbandonati dall'umanità — ha detto mon. Miglio una volta arrivati a destinazione — Anche Tu, Signore, ti sei sentito abbandonato. Ma noi non chiediamo commiserazione. Preghiamo per tutte le vittime della giustizia umana: tu sarai capace di lavare le loro lacrime, donaci fede nella libertà che è dentro ciascuno di noi e che nessuno può strapparci”. Il momento più intenso si è vissuto alla fine, quando in molti si sono rivolti verso le finestre del carcere, per salutare i detenuti, anche solo con un grido o un cenno: un gesto spontaneo, senza alcun invito da parte dell'arcivescovo. Dall'altra parte in tanti rispondevano, e numerosi inneggiavano a padre Massimiliano, il cappellano. Molti visi, benché sorridenti si sono fatti umidi per la commozione. Alla fine in tanti tardavano ad andare via e si fermavano a contemplare quelle finestre sbarrate, e forse a pensare a quelle vite lì dentro, così vicine, eppure così lontane.

struzione e ad alloggi decenti costituiscano i primi passi decisivi per spezzare il circolo vizioso di discriminazione, in cui la maggior parte dei Rom sono rinchiusi” [Risoluzione 1740 (2010) dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa]. Principi che affondano le radici nella Convenzione quadro per la protezione delle minoranze del ’95, in vigore dal 1998 (ratificata dall’Italia nel novembre ’97). Interventi in tema di istruzione, lavoro, salute e alloggio sono previsti anche dalla ‘Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti’ (2012 - 2020), approvata dal Consiglio dei Ministri nel febbraio 2012. LA LOTTA ALLA DISCRIMINAZIONE. Il documento della Commissione europea Rom in Europa: l’implementazione degli strumenti e delle politiche dell’Unione Europea per l’inclusione dei Rom - Progress Report 2008 - 2010 (7 aprile 2010), sottolinea la mancata applicazione degli strumenti per l’inclusione rom ai livelli nazionali, regionali e locali, per l’assenza di volontà politica, di coordinamento, di capacità e conoscenza nei singoli territori. Negli ultimi anni, l’Italia è stata più volte oggetto di osservazioni critiche europee in merito alla condotta delle sue istituzioni nazionali e locali nei confronti di questi gruppi, ed è stata sollecitata a conformare le proprie azioni ai giudizi espressi. * direttore Caritas diocesana

IL PORTICO

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brevi UNIONE GIURISTI CATTOLICI

Restorative justice, se ne parla in Seminario Il 14 giugno alle 17 nella Sala Stampa del Seminario Arcivescovile si terrà una conferenza di Federico Reggio, assegnista di ricerca al Dipartimento di Storia e Filosofia del Diritto dell'Università di Padova sul tema “La ‘Restorative Justice’: nuovi orientamenti legislativi in Europa”. L’iniziativa è dell’Unione Giuristi Cattolici di Cagliari. Per restorative justice (in italiano “giustizia riparativa o rigenerativa”) si intende una modalità di intendere il diritto penale che valorizza il ruolo attivo della vittima, del colpevole e della società, spingendo in particolare l’autore del delitto ad attivarsi per una concreta e fattiva riparazione del torto inflitto.

IN SEMINARIO IL 12 GIUGNO

Convegno del clero “Per una fede matura” Comincerà il 12 giugno alle 9.30 nell’Aula magna del Seminario arcivescovile il convegno dioce-

sano del clero, intitolato “Per una fede matura. Promuovere un’autentica iniziazione Cristiana”, che proseguirà anche il giorno seguente. L’obiettivo della prima giornata è “Panoramica attuale della situazione degli adulti rispetto alla fede cristiana”, previsti interventi di padre Gianpaolo Salvini sj, e di Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale Stampa italiana. Seconda giornata su “Individuare i tratti della maturità della fede cristiana”: interventi di don Ubaldo Montisci e Domenico Soffientini (Avvenire). Conclusioni - alle 12.30 - dell’Arcivescovo.

MOVIMENTO PER LA VITA

A Monte Claro incontro formativo Il 7 giugno alle 19 la sala polifunzionale del parco di Monte Claro della Provincia di Cagliari ospiterà un incontro formativo del Movimento Per la Vita di Cagliari aperto ai soci e ai non soci, durante il quale è previsto un intervento di Tony E. Persico, in rappresentanza del Movimento Per la Vita italiano (fa parte del direttivo e si occupa in particolare dei giovani del MPV). Il programma dell’incontro prevede a seguire alcune testimonianze.


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IL PORTICO DE

iL Portico

X DOMENICA DEL T. O.

dal Vangelo secondo Luca

I

n quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Ragazzo, dico a te, àlz

Lc 7, 11-17 DON ANDREA BUSIA

il portico della fede

C

ome spesso nel vangelo, Gesù ci viene presentato in viaggio: la sua missione lo porta da un capo all’altro della terra promessa perché nessuno sia escluso dall’annuncio della salvezza e della misericordia di Dio. Oggi ci viene presentato un miracolo avvenuto a Nain, in Galilea (zona nord di Israele). Non ci viene esplicitata una ragione particolare per la quale Gesù si sia recato in questo villaggio, anzi per come viene presentato il miracolo, sembra che questa destinazione sia stata scelta dalla provvidenza divina, difatti come Gesù si avvicina alla città si trova davanti una scena straziante: una vedova che piange sulla bara dell’unico figlio che aveva avuto. La donna aveva evidentemente perso tutto, era rimasta sola e, anche se nell’immediato era meno rilevante, era anche rimasta senza mezzi di sostentamento essendole mancati il marito e l’unico figlio.

Gesù non rimane impassibile davanti a quella immagine, in maniera che appare assurda chiede a quella donna di non piangere come se ciò fosse possibile, ma il suo non è un ordine che riguarda il presente, bensì ciò che sta per avvenire per suo mezzo. A questo punto la parola di Gesù si manifesta in tutta la sua potenza, come la parola di Dio stesso: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. L’ordine è perentorio ed è composto da due parti: da una parte una sottolineatura di colui che parla che suona come “sono IO che ti parlo” e dall’altra un imperativo che non ammette titubanze come “àlzati!”. La voce di Gesù è la voce di Dio, la stessa voce con cui in principio fu creata la luce e le stelle e qualsiasi altra creatura: “Sia la luce!” “Sia il firmamento!” … (Gen 1). I nostri ordini hanno valore finché c’è qualcuno che li ascolta e li mette in pratica, quelli di Dio sono efficaci di per sé perché sono espressione della sua potenza, anzi della sua onnipo-

tenza. Il comando “àlzati” invece esprime il contenuto del comando, non è l’unica volta che lo troviamo nel vangelo e in riferimento alla risurrezione compare nel brano della figlia di Giairo (Mc 5,14) sempre con la stessa formula: “Fanciulla, io ti dico, àlzati”. Queste risurrezioni, tanto quella della figlia di Giaro, quanto quella del ragazzo di Nain, da una parte evidenziano la potenza di Gesù capace di sconfiggere anche la morte, e dall’altra preannunciano la sua stessa risurrezione. Come ultimo gesto di attenzione e di delicatezza Gesù consegna lui stesso il ragazzo alla madre, ora il comando precedente (“non piangere”) può realizzarsi. La folla vedendo l’accaduto inizia a lodare Dio, questo dato è importante in quanto la folla non si sofferma al solo fatto ma esprime una lode, in un ringraziamento riconoscendo, inoltre, che l’origine di quanto avvenuto non

può essere che Dio stesso. L’atteggiamento della folla è esemplare per noi sotto entrambi gli aspetti: ci insegna, una volta di più, a ringraziare per i doni elargiti e a riconoscere in Dio la fonte di ogni bene. Nell’antico testamento noi abbiamo due racconti di risurrezione: quello compiuto da Elia sul figlio della vedova di Sarepta di Sidone (1Re 17) e quello compiuto da Eliseo del figlio della donna di Sunem (2Re 4), episodi biblici molto conosciuti e Luca non ha trascurato di sottolineare alcuni espetti che legano il nostro episodio a quello del miracolo operato da Elia in modo da evidenziare come Gesù non sia inferiore al più grande dei profeti difatti in entrambi i casi il defunto è il figlio di una vedova, Gesù ed Elia giungono entrambi alla porta della città e, dopo il miracolo, consegnano i giovani alle rispettive madri, inoltre entrambi vengono pubblicamente riconosciuti dai presenti come profeti.

UNA FAMIGLIA IN CUI SI AMA E SI È AMATI L’ultima catechesi all’Udienza generale Papa Francesco l’ha dedicata al mistero della Chiesa, vista in modo particolare come famiglia di Dio. La realtà della Chiesa può essere compresa, mostra il Santo Padre, solo a partire dal progetto di Dio per l’umanità: il disegno del Padre è «fare di tutti noi un’unica famiglia dei suoi figli, in cui ciascuno lo senta vicino e si senta amato da Lui. In questo grande disegno trova la sua radice la Chiesa, che non è un’organizzazione nata da un accordo di alcune persone, ma - come ci ha ricordato tante volte il Papa Benedetto XVI - è opera di Dio, nasce proprio da questo disegno di amore che si realizza progressivamente nella storia. La Chiesa nasce dal desiderio di Dio di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, alla sua amicizia, anzi a partecipare come suoi figli della sua stessa vita divina». Il termine stesso Chiesa deriva dal greco ekklesia, convocazione, e rivela quindi immediatamente il desiderio che Dio

ha fin dall’origine del mondo di riunire i suoi figli rendendoli partecipi della comunione con Lui: «questa chiamata ha la sua origine nella stessa creazione. Dio ci ha creati perché viviamo in una relazione di profonda amicizia con Lui, e anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato, Dio non ci ha abbandonati. Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie». Gesù porta avanti la sua missione creando una comunità che viene associata alla sua opera di annuncio del Regno di Dio, e con la sua offerta sulla croce fa nascere la Chiesa: «da dove nasce allora la Chiesa? Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La

Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati». La Chiesa si manifesta poi pienamente con la Pentecoste: «la Chiesa si manifesta quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio». Papa Francesco spiega poi con chiarezza quanto sia sbagliato separare Cristo dalla sua Chiesa: «ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona». di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

doMenica 9 giugno 2013

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Il convegno dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.

zati!

Dobbiamo farci vicini a chi ha più bisogno FRANCESCO FURCAS

asta alla sperimentazione di un modello nato 40 anni fa, basta a spese assurde come quelle per gli F-35 e vengano invece favoriti giovani e famiglie, che sia data la possibilità alle mamme con bambini chiuse in carcere di scontare la pena in Casa Famiglia, chiediamo ai politici di autotassarsi per finanziare progetti nel Sud del mondo": queste le richieste della Comunità Papa Giovanni XXII a conclusione del convegno "Una famiglia per tutti" che si è tenuto nei giorni scorsi a Rimini Fiera, per celebrare i 40 anni dalla nascita della prima Casa Famiglia. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha detto, tra l’altro: “Dobbiamo farci più vicini a chi ha bisogno: qui scatta il miracolo. Tanti piccoli, enormi miracoli stanno avvenendo nel mondo. Vorrei fare un inno alle mamme, prendendo a prestito le parole di Monsignor Romero, che, durante una predica per un prete assassinato in Salvador, disse “il Concilio Vaticano secondo ci dice che tutti noi cristiani dobbiamo essere martiri, dobbiamo dare la vita per Gesù. A qualcuno lo chiede fino al sangue, ad altri in modo diverso. Le mamme che concepiscono un bambino, lo portano in seno, lo danno alla luce, lo allattano, lo educano. Sono martiri perché stanno dando la vita! Donano la vita a un mondo che troppo spesso allontana la vita stessa. Non mi piacciono i soldati, ma le donne soldato ancora meno perché le donne trasmettono la vita”. “Si parla troppo spesso di crisi economica ma mai di crisi di valori - ha detto Cosimo Ferri, sottosegretario alla giustizia, intervenendo al convegno dell’associazione fondata da don Oreste Benzi - Quando incontriamo un reato – parlo da magistrato, ciò che sono sempre stato - a monte c’è una crisi familiare, un soggetto che non ha avuto riferimenti. Come rappresentate del governo cosa posso fare? Valorizzare realtà come le vostre”. Mara Rossi, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII

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RISCRITTURE

SEGUIRE GESÙ NON È FARE CARRIERA Questa è la tentazione propria di un cristiano: seguire Gesù sì, ma fino a un certo punto; seguire Gesù come una forma culturale: sono cristiano, ho questa cultura… Ma senza l’esigenza della vera sequela di Gesù, l’esigenza di andare sulla sua strada. Se si segue Gesù come una proposta culturale, si usa questa strada per andare più in alto, per avere più potere. E la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori e poi tanti governanti e tante persone, no? E anche alcuni - non voglio dire tanti ma alcuni - preti, alcuni vescovi, no? Alcuni dicono che sono tanti… ma alcuni che pensano che seguire Gesù è fare carriera.

Pensate a Madre Teresa: cosa dice lo spirito del mondo di Madre Teresa? ‘Ah, la Beata Teresa è una bella donna, ha fatto tante belle cose per gli altri…’. Lo spirito del mondo mai dice che la Beata Teresa, tutti i giorni, tante ore, era in adorazione… Mai! Riduce al fare bene sociale l’attività cristiana. Come se l’esistenza cristiana fosse una vernice, una patina di cristianesimo. L’annunzio di Gesù non è una patina: l’annunzio di Gesù va alle ossa, al cuore, va dentro e ci cambia. E questo non lo tollera lo spirito del mondo, non lo tollera e per questo vengono le persecuzioni. Papa Francesco, omelia Santa Marta, 28 maggio

alle Nazioni Unite: “All’Onu c’è molto bla bla bla. Ma anche tanta gente di buona volontà. Il complimento più bello che ho ricevuto all’Onu come Comunità Papa Giovanni è: “si sente che state davvero con i poveri”. Prego di non trasformarmi mai in un’esperta della giustizia, ma di essere veramente voce di chi non ha voce. La vera società si costruisce dal basso, per trapianto vitale, per rappresentanza e bisogna avere il coraggio di gridarlo ai quattro venti”. Le conclusioni dei lavori sono state affidate a Giovanni Paolo Ramonda (nella foto in alto), responsabile generale Comunità Papa Giovanni XXIII: “Facciamo una prima richiesta concreta, chiediamo un piccolo impegno: ci sono 60 mamme in carcere con i loro bimbi, e da un anno ci sono Case Famiglia che le stanno aspettando. E’ assurdo che un bimbo debba vivere in carcere (prima fino a 3, ora fino a 6 anni) e poi debba essere strappato alla sua mamma. Noi li accogliamo anche gratis, ma deve finire questa ingiustizia, deve essere preservata l’insostituibile relazione mamma-bambino. Tralaltro c’è un grosso risparmio economico. Chiediamo di riconoscere la validità educativa e terapeutica della Casa Famiglia. Questa validità è scientificamente provata, da psichiatri, psicologi, assistenti sociali… tutti questi ogni giorno bussano alle nostra porta per chiederci di fare accoglienze. Non ne possiamo più di sentirci dire che siamo in sperimentazione, dopo 40 anni, quando centinaia di migliaia di persone sono tornate alla vita nelle nostre Case Famiglia. Chiediamo una legge che possa riconoscere i requisiti fondamentali di una Casa Famiglia perché la Casa Famiglia sia una vera famiglia sostitutiva. Dobbiamo dire di no alle spese assurde come quelle per gli F35. Chiediamo che venga dato spazio ai volontari, ai giovani, alle famiglie: sosteniamo la parte sana di questa società. La Comunità si è costruita attraverso i giovani. Chiediamo una rete di parlamentari che, magari anche con parte della loro diaria, del loro stipendio, sostengano i nostri progetti nel Sud del mondo”.


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IL PORTICO DEI LETTORI

iL Portico

doMenica 9 giugno 2013

LETTERE A IL PORTICO Gentile direttore, mi preme evidenziare che da parecchio tempo e in più circostanze, ho avuto difficoltà a reperire il settimanale il Portico in varie parrocchie della città e dell’hinterland. In linea di massima ho cercato il settimanale la domenica mattina, ma mi è capitato anche il venerdì e frequentemente non sono riuscita a reperirlo, e non perché non sapessi il luogo in cui venivano esposti dal momento che ne ho sempre fatto espressa richiesta alle persone a ciò preposte. Di recente, infatti, ho voluto ovviare a tale disguido facendo l’abbonamento annuale che consente di averlo puntualmente al proprio domicilio ogni giovedì. Ho peraltro riscontrato che alcune volte vi è un interesse particolare, da parte dei parrocchiani, alla lettura del Portico, soprattutto in concomitanza di alcuni eventi particolari. Alla luce di quanto sopra, auspico pertanto una maggiore diffusione e presenza del settimanale nelle varie parrocchie della diocesi. Ringrazio per l’attenzione e saluto cordialmente. Rossana Caocci

Spettabile redazione, per caso abbiamo avuto l'occasione di sfogliare "Il Portico" e potuto apprezzare gli articoli in esso contenuti. Pagina dopo pagina ci siamo ritrovati a leggere con interesse ciò che succede intorno a noi e certamente possiamo dire che "Il Portico" oltre ad essere un giornale interessante è anche obiettivo e soprattutto utile alla comunità. Per questo abbiamo pensato di abbonarci. Un caro saluto Mario e Luciana All'ufficio abbonamenti Il Portico In data odierna, scusandomi per il notevole ritardo, ho versato la mia quota relativa all'abbonamento della rivista per l'anno 2013. Colgo però l'occasione con la presente email per informarvi che per il prossimo anno 2014 non rinnoverò l'abbonamento a Il Portico: mi preme dirvi che ciò non avviene certamente per disistima della rivista ma perchè da un lato non riesco materialmente a leggerla e dall'altro perchè nella disponibilità delle mie risorse economiche, sono costretto a fare alcune rinunce che in tempi diversi non sa-

rebbero state necessarie. Vi ringrazio per la vostra attenzione. Con i miei auguri e i miei saluti Lettera firmata Gentile direttore, sarà capitato sicuramente a molti di voler “uscire” dalla Sardegna in tempi brevi e di non poterlo fare per tante ragioni: mezzi di trasporto inadeguati, orari scomodi, prezzi proibitivi, scioperi di “categoria” e chi più ne ha più ne metta. Sta di fatto che non aver potuto affrontare l’emergenza, o semplicemente la necessità, di quel giorno ha in qualche modo condizionato un momento della nostra vita. Questo non è tollerabile perchè lesivo della nostra libertà di muoverci senza restrizioni di sorta. Non voglio discutere del fatto che la continuità territoriale è un diritto, perchè sono convinta che essere Isolani non vuol dire affatto essere isolati, ma vorrei dire molto più semplicemente che nel 2013 vorremmo essere “liberi di...” come “liberi da...”. Abbiamo combattuto due guerre per realizzare questo concetto fondamentale nella vita di qualunque persona e penso che siano state più che sufficienti an-

che per ritenere che è un diritto irrinunciabile essere liberi di spostarsi senza impedimenti; liberi di decidere di curare la propria salute dove e come si ritiene più utile; liberi di vivere con dignità; liberi di lavorare onestamente; liberi di studiare senza penalizzazioni; liberi di essere rispettati per quello che siamo: persone degne di rispetto appunto. Come è un diritto spesso negato essere “liberi da...”. Liberi dalla paura e dall’incer-

tezza del domani; liberi dalla miseria; liberi dalla povertà; liberi dai soprusi e dalle prevaricazioni; liberi dai pregiudizi e dai condizionamenti; liberi dalle ingiustizie e dalla violenza. Di ogni genere. E potrei continuare fino a domani, ma ciascuno troverà nel suo vissuto quotidiano tanti altri esempi significativi. Sarebbe opportuno essere anche “liberi” da vizi e difetti, ma questo è un altro discorso. Augusta Caboni

Un’altra centenaria a San Carlo Borromeo

Sarà la fede, sarà l’aria buona: fatto sta che Mariuccia Buonanno in Piludu è la quarta centenaria della parrocchia. Ha tagliato il traguardo del secolo lunedì scorso, riceve spesso la comunione dal parroco don Luca Venturelli (nella foto con lei) ed è stata festeggiata e coccolata dai figli Anna, Nennella e Valter e famiglia, dai parenti e dai vicini di casa.

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzate l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it, specificando nome e cognome ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

o saputo un mese fa che “L’ultima cima”, il film di cui mi aveva parlato un sacerdote spagnolo qualche anno fa, era in proiezione in Italia ed ho pensato immediatamente di ottenerne una copia per farlo vedere anche a Cagliari.Via e-mail ne ho fatto richiesta a chi se ne occupava ma, purtroppo, l’immediata risposta è stata negativa, perché per Cagliari c’erano già altre cinque richieste. Se non che, mezz’ora dopo, un ragazzo di Firenze, referente italiano per la distribuzione de “ L’ultima Cima”, mi ha telefonato perché gli accordi per Cagliari erano saltati e mi ha chiesto se me la sentissi di occuparmene io. Cosa che ho fatto pensando che il film potesse offrire a tutti l’occasione di riflettere che la vita vale nella misura in cui la si spende per gli altri, e che quella del protagonista del film potesse essere un esempio per molti giovani che, apparentemente apatici e svogliati, nell’intimo hanno una spinta irrefrenabile a salire in alto. Confesso d’esser stata in ansia pensando che non sarei mai riuscita a vendere tutti i biglietti necessari per coprire i costi. Per rassicurarmi, dicevo a me stessa che riempire metà sala sarebbe stato un successo. Ma a cinque giorni dalla proiezione i biglietti erano esauriti e la sera di venerdì 31 maggio l’aula magna del seminario era piena, e piena di giovani.

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Scopriamo com’è nata l’apprezzata proiezione del film in seminario

Grande successo per “L’ultima cima” di MARIA ELISABETTA DE MAGISTRIS

Il film è frutto del sapiente montaggio, a ritmi incalzanti, di innumerevoli testimonianze raccolte fra persone che hanno conosciuto e amato don Pablo Dominguez, un sacerdote spagnolo morto nel 2009, a soli 42 anni, dopo una scalata in montagna. Man mano che le testimonianze scorrono sullo schermo di proiezione ci si affeziona a questo giovane sacerdote, simpatico e allegro, dotato di non comuni qualità intellettuali, che nonostante una salute precaria (42 ricoveri in ospedale in sette anni, come indica una didascalia del film) sapeva donarsi completamente agli altri. “L’Ultima cima” mostra quale segno profondo un sacerdote

possa lasciare nelle persone che incontra: si offre loro sempre disponibile, le assiste, le ascolta, e le confessa predicando la verità senza esitazioni o timori, con umorismo e intelligenza. Fino alla sua morte in montagna. Anche le immagini della montagna servono a testimoniare del senso del sacro che ha pervaso la vita di don Pablo. Lo splendore del creato, il bianco dei ghiacciai e le rocce frastagliate sovrastanti fanno da sfondo, con insistenza al biancore candido di un’ostia sollevata nel gesto della consacrazione eucaristica, come don Pablo usava fare celebrando la Messa

su ogni cima raggiunta, sentendosi, lì più che altrove, vicino alla gloria del suo Creatore. Si esce dalla sala commossi ed edificati da questa straordinaria figura di sacerdote, che con la sua vita testimonia quanto sia grande e speciale la vocazione al sacerdozio; una chiamata che Dio vuole come dono per tutti noi. E don Pablo Dominguez di ciò era consapevole. Nel film è inserita anche la registrazione di un’intervista radiofonica in cui egli, richiesto di indicare a quale delle sue qualifiche (sacerdote, teologo e filosofo) desse più importanza, risponde: “sacerdote, sacerdote, sacerdote”. Penso che, a prescindere dal lavorio del Signore su quanti hanno assistito alla proiezione, la cosa più positiva di questa esperienza sia stata vedere tanti ragazzi adoperarsi per la riuscita dell’iniziativa perché spinti da vero e proprio zelo apostolico. Tra questi giovani ce n’era uno che mi aggiornava con grande soddisfazione riguardo alle persone lontane dalla fede alle quali era riuscito a vendere i biglietti. Ricordo che il giorno che fui richiamata da Firenze per organizzare la proiezione a Cagliari, pensai subito che ciò non fosse accaduto per caso. Oggi mi sento di ripetere l’aforisma di Anatole France: “Caso: pseudonimo di Dio, quando non vuole firmare per esteso”.


doMenica 9 giugno 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

San Benedetto. Inaugurata con Rombo di Tuono una mostra sul Cagliari dello scudetto.

Gigi Riva all’oratorio Santa Lucia, grande festa per tutta la parrocchia Il bomber rossoblù ha partecipato nei giorni scorsi all’inaugurazione dell’esposizione della collezione privata dei ricordi di Giuliano Fondi. L’oratorio va a gonfie vele ROSALBA CROBU ELLA PARROCCHIA di San Benedetto a Cagliari, a conclusione di un anno pastorale in oratorio particolarmente proficuo, in cui si pratica attività sportiva come calcio, calcetto, pallavolo e pallacanestro, è stata promossa una mostra intitolata “Il Cagliari verso lo scudetto”.

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Riva circondato dai giovani tifosi della parrocchia.

L’incontro con don Marras.

La mostra, frutto della collezione privata di Giuliano Fondi, è stata inaugurata il 30 maggio alla presenza del mitico “Rombo di tuono” Gigi Riva e del grande portiere Adriano Reginato. Giuliano Fondi ha voluto festeggiare il decimo anno della creazione della mostra con il cinquantesimo anniversario dell’arrivo di Gigi Riva a Cagliari e con il novantatreesimo della fondazione del Cagliari Calcio, allora denominato F.C. (Football Club) Cagliari, avvenuta il 30 agosto 1920, trovando spazio nel salone parrocchiale della chiesa di Santa Lucia. La mostra, che non ha fini di lucro e che negli anni precedenti è stata allestita anche in altre parrocchie, ha lo scopo formativo di educare e appassionare allo sport e trova

spazio soprattutto nelle parrocchie dove si praticano il calcio ed il calcetto. Nata dalla passione di Giuliano per il Cagliari, che vinse lo scu-

detto quando lui aveva sei anni, è costituita da foto, giornali, cartoline, palloni, maglie e gadget vari dell’epoca del Cagliari dello scudetto. Il parroco Don Massimo Noli, grande tifoso del Cagliari, è stato ben felice di ospitare la mostra nei locali parrocchiali come coronamento di un anno di attività oratoriale veramente ricco; ha dichiarato che c’è stata una riscoperta dell’oratorio Santa Lucia come luogo di aggregazione e d’incontro umano e spirituale, dove sono stati promossi anche momenti di studio e riflessione sulla catechesi liturgica e sul testo del Catechismo della Chiesa Cattolica, con un notevole incremento delle presenze alla messa domenicale. Don Massimo sottolinea che c’è comunque sempre bisogno di più collaboratori per poter offrire un servizio ancora più efficiente.

Compleanno in famiglia: gli 83 anni di don Marras La parrocchia ha festeggiato l’amatissimo viceparroco ROS. CRO.

enerdì scorso, nei locali della Chiesa di Santa Lucia, si è svolta una festa organizzata in occasione dell’ottantatreesimo compleanno del carissimo mons. Giovanni Marras. Prima si è celebrata una santa

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Don Marras con la mamma.

Messa a cui hanno partecipato numerosi parrocchiani alcuni dei quali nella preghiera dei fedeli gli hanno manifestato con commozione il profondo affetto che lega tutti alla sua dolce e cara figura di sacerdote e di confessore che accoglie tutti con amore misericordioso come il buon Gesù. Quindi una bella festa a cui hanno partecipato i suoi familiari con la sua cara mamma; una festa che lui non avrebbe voluto, considerata la sua grande umiltà, ma la comunità parrocchiale guidata dal parroco don Massimo Noli, desiderava in questo modo dirgli grazie per il dono meraviglioso che lui è per la parrocchia di San Benedetto. Don Marras è nato a Sestu il 31 maggio 1930 ed è stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1954, il prossimo anno si festeggerà quindi il ses-

Il taglio della torta: don Marras con don Massimo Noli e i parrocchiani.

santesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ha svolto il suo ministero sacerdotale con puntualità e bontà al servizio della cancelleria della Curia della Diocesi di Cagliari e come vice parroco nella parrocchia di San Benedetto, collaborando con tutti i suoi confratelli; amatissimo da tutti i parrocchiani per la sua cortesia, per la sua pazienza ma soprattutto per la sua grandissima umiltà. Don Massimo nel suo breve discorso lo ha ringraziato per la sua affettuosa affabilità con cui tutti accoglie, incoraggia e ama come

Gesù, senza alcuna distinzione e nonostante i limiti e le manchevolezze umane; esprimendogli infine tutto il grande affetto della comunità. Quando si guarda don Marras viene in mente l’episodio in cui Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?”, ed egli Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. A conclusione del mese mariano la comunità prega Maria, che l’ha sempre guidato, affinché continui a proteggerlo e possa continuare la sua opera al servizio di Dio e della Chiesa.

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brevi IL GIORNALE SUL WEB

Il Portico su facebook grazie ad alcuni lettori Alcuni lettori hanno aperto una pagina su facebook dedicata al nostro giornale. Alla pagina si accede digitando “Amici del Portico”, e cliccando sul link in cui è riprodotta la testata. Si tratta di un’iniziativa spontanea, e - anche se non ufficiale - ci permette di essere ancora più a contatto con tanti che ci seguono da tante parti del mondo, in particolare dall’amato mondo dell’emigrazione, anche attraverso la consultazione degli arretrati sul sito della Diocesi (www.chiesadicagliari.it) in cui è possibile scaricare i numeri con un ritardo di due settimane. La pagina “Amici del Portico” riprende anche alcune fonti esterne, come quotidiani o siti web che spesso citano Il Portico. Nella pagina si deve cliccare “mi piace” per seguire gli aggiornamenti.

UNA VOCE IMPORTANTE

Chiude Radiopress, un vuoto informativo Non solo la carta stampata è in crisi, ma anche l’emittenza radiofonica. In Sardegna è sempre più difficile fare informazione. Il Tribunale di Cagliari ha infatti dichiarato il fallimento della “Deltamedia srl”, società editrice dell'emittente “Radio Press”. “E' stata scritta con ogni probabilità, la parola 'fine' a una straordinaria esperienza di informazione locale radiofonica”, si legge in una nota dell'Associazione della stampa sarda, il sindacato dei giornalisti guidato da Francesco Birocchi. “Da più di sei mesi l'emittente, fondata 17 anni fa da un gruppo di giornalisti cagliaritani, aveva sospeso le trasmissioni lasciando a casa sei giornalisti professionisti”. “L’Associazione della Stampa Sarda denuncia ancora una volta lo stato di crisi dell'emittenza privata in Sardegna”, prosegue la nota. “E' un settore che attraversa una congiuntura negativa davvero straordinaria, con la conseguente pesante riduzione degli spazi dell'informazione locale”. “Il fallimento di Radio Press, in particolare, crea un vero e proprio vuoto informativo”, sottolinea il sindacato. “L'emittente si era segnalata per una proposta di format innovativi e un impegno non comune. Oltre alle edizioni quotidiane del radiogiornale si ricordano le 'dirette' su eventi straordinari per la città di Cagliari e per la Regione, le trasmissioni in sardo, i programmi a più voci con la Corsica. Non è stata la sola crisi economica a determinare il fallimento della società (chiesto peraltro dall'Istituto di previdenza dei giornalisti al quale non sono stati corrisposti i contributi di legge). Vi è stata certamente anche una carenza imprenditoriale che il sindacato aveva messo inutilmente in evidenza”. Ai colleghi coinvolti tutta la nostra solidarietà.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

iL Portico

brevi CENTRO MISSIONARIO

Serata di spiritualità missionaria Il Centro missionario diocesano ha organizzato una serata di spiritualità per domenica 16 a partire dalle 16 e fino alle 19.30 nei locali del Seminario Arcivescovile. L’iniziativa è rivolta in maniera particolare agli operatori di pastorale missio-

naria ma è aperta a tutti coloro che vogliono sapere di più sul mondo della missione. Sarà don Carlo Rotondo (in foto), sacerdote fidei donum per un decennio, ad animare la serata. Per informazioni il Centro Missionario tel. 07052843211.

FINO AL 14 GIUGNO

“LiberiLibri” per Buoncammino "LiberiLibri": è cominciata il 3 giugno la raccolta di volumi da donare alla biblioteca del carcere di Buoncammino a favore dei detenuti. L'iniziativa, promossa dall'amministrazione comunale di Quartu Sant'Elena d'intesa con l'amministrazione carceraria, intende offrire ai detenuti maggiori occasioni di conoscenza ed elevazione culturale, in omaggio al principio costituzionale della pena intesa come rieducazione. Tutti i cittadini possono contribuire a "LiberiLibri" offrendo libri di qualsiasi genere o tematica (romanzi, saggi, poesia, ecc.), purché non si tratti di testi scolastici e siano in buone condizioni. I volumi da donare potranno essere consegnati fino al 14 giugno all'Ufficio Relazioni per il Pubblico (via Eligio Porcu 141, piano terra), dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12, e il lunedì e mercoledì dalle 16 alle 17.30.

DOMENICA 9 giugno 2013

Arte. Prosegue il percorso guidato alla scoperta del significato di alcune importanti opere.

Il merito di Maria è aver compreso lo sguardo innamorato di Dio su di sè Maria Francesca Porcella: “Osservare la Vergine nei dipinti ci spinge a guardarla non solo come modello di santità, ma a vivere un legame concreto con Lei” ALESSANDRA DE VALLE ELLE SCORSE SETTIMANE il Museo Diocesano ha illustrato il tema “L’Immacolata tra teologia ed arte” proponendo ben 62 immagini sul travagliato processo attraverso cui la Chiesa ha dato voce alla fede del popolo cristiano sulla santità incontaminata di Maria. Dopo aver scoperto con Padre Steiner il senso di alcuni particolari della Cappella Sistina, proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta dei significati nascosti (ma neanche troppo) di alcune grandi opere d’arte con Maria Francesca Porcella, storica dell’arte della Soprintendenza ai beni storico-artistici di Cagliari. Come mai avete deciso di parlare di religione attraverso l’arte? Le immagini sacre, che hanno una forte condensazione teologica, non solo toccano la sfera più intima dei sentimenti ma soprattutto si sedimentano nella memoria e riemergono nel tempo, dandoci la possibilità di ritornare più volte e più facilmente sui significati. In questo modo siamo anche aiutati a comprenderli in modo più graduale: lo stesso particolare ripetuto, o le sue variazioni, ci fanno capire sempre meglio la realtà soprannaturale di cui si parla. Perché avete scelto proprio l’Immacolata? Perché è l’immagine che meglio ci

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Tiepolo, Immacolata.

parla della santità di Maria. Ne volevamo parlare non tanto per mettere in evidenza il privilegio mariano, quanto piuttosto per avvicinarla a noi. Maria è un forte richiamo alla vocazione originaria di ogni battezzato: ciò che in lei avviene in pienezza, si realizza nella Chiesa, in ciascuno. Maria è lo specchio nel quale siamo chiamati a guardarci per capire la nostra stessa vocazione, ma è anche un conforto, perché lei, un essere umano, vive questa comunione profonda con Dio divenendo la sua culla. Ma Maria lo ha meritato, o le è stato donato? Se devo specchiarmi in lei devo sforzarmi di conquistare questo “livello” di pienezza di grazia oppure lo devo chiedere? E’ per i meriti di Cristo, come dice Duns Scoto -il grande teologo dell’Immacolata- che Maria è preservata dal peccato originale: non costituisce un’eccezione all’opera redentiva di Cristo ma pieno compimento della sua mediazione salvifica. L’ambientazione della “Vergi-

ne delle Rocce”, che allude alla nuova creazione che esce incontaminata dalle mani di Dio, è immagine di Maria, la nuova Eva. Maria è santa per i meriti di Cristo, agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, come indica Giovanni Battista, raffigurato alla destra di Maria mentre adora Gesù bambino. Maria non vanta dei meriti in questo senso - lo abbiamo accennato nella conferenza sull’Annunciazione- tanto è vero che, a differenza di Zaccaria e di Elisabetta, non appartiene né al tempio ne alla casta sacerdotale. Lei è soltanto guardata da Dio e si coglie come una che, pur essendo umile, è stata prediletta da Dio. Questo in fondo è il nucleo della santità: la consapevolezza di essere amati in maniera passionale e gratuita da parte di Dio. Infatti “piena di grazia” andrebbe tradotto con: “fatta tutta dalla grazia”. Però ogni grazia richiede un’accoglienza e quella di Maria è vergine, senza condizioni: lei non riceve delle grazie, riceve LA Grazia che è Cristo

stesso, Dio stesso in lei. Questa è la santità, e questa Grazia Dio la vuole donare anche a noi che invece lo cerchiamo in fondo perché ci aiuti, perché ci dia le grazie “per”…ma c’è qualcosa di più. Cioè siamo tutti chiamati a essere “immacolati”? Questo è il progetto di Dio fin dalla creazione del mondo: renderci «santi e immacolati al suo cospetto nell’amore» come dice Filippesi 2. Sa perché i pittori esprimono tutta la loro “potenza di bellezza” proprio in questa particolare icona? perché il testo biblico più importante e più antico che sostiene questa immagine, la tota pulchra, è il Cantico dei Cantici. Maria è l’amata, la bella per eccellenza che viene cantata in questo libro. E Dio guarda ciascuno di noi con questi occhi? Esattamente. Il merito di Maria è proprio quello di aver compreso questo sguardo innamorato di Dio su di sé. Maria si coglie così: amata e bella agli occhi di Dio (= piena di grazia). La santità è anzitutto consapevolezza di essere guardati dalla benevolenza di Dio che ci fa belli. Questo si capisce immediatamente nelle immagini, per esempio nel Tiepolo: Maria è la sposa dello Spirito Santo che la illumina e la trasforma concretamente, gonfiandole il mantello. Questa forza la mette in movimento: non resta in un atteggiamento riflessivo che le fa contemplare se stessa. Al contrario Maria guarda il mondo sotto i suoi piedi (che pure passerà, come il tempo scandito dalla luna) affrontando la lotta contro il male (il serpente). Osservare questi dipinti ci spinge non solo a guardare a lei come modello di santità ma a vivere un legame concreto con la sua persona, perché attraverso di lei ci giunge la Grazia per eccellenza che è Cristo.


doMenica 9 giugno 2013

IL PORTICO DELLA DIOCESI

La nostra storia. Settant’anni fa i bombardamenti su Cagliari: ancora un ricordo grato.

Così Cagliari seppe ricominciare con il sostegno di grandi sacerdoti Nel racconto di Carlo Boi il ritratto di una città sorpresa dalle bombe. I cagliaritani seppero però rimboccarsi le maniche e ripartire, con l’aiuto prezioso della Chiesa SERGIO NUVOLI NGELO, PINO, GIANNI, Carlo e Maria Rosaria, oggi missionaria laica in Africa, Giorgio, che vive in Brasile, e Gabriella, suora della Carità: sono i fratelli Boi. Nelle parole di uno di loro - Carlo, classe ’48, oggi sindacalista della Cgil - rivive un’epoca, non solo una famiglia. Nel suo intervento, poche settimane fa durante il convegno sui bombardamenti organizzato nella parrocchia di Sant’Eulalia, il ritratto di una generazione che ha dovuto fare i conti con la guerra, di una città che ha saputo ricostruirsi. Con l’aiuto determinante della Chiesa e dei suoi uomini più grandi: come racconta oggi Carlo, personaggi di grande statura morale, pronti a soccorrere e incoraggiare. Sacerdoti pronti a lasciare le sacrestie e a sporcarsi le mani per aiutare. Quando Cagliari venne bombardata, Carlo non era ancora nato, ma il ricordo di quei momenti rivive commosso nel racconto sentito più volte dai familiari. Qual è stato il ruolo della Chiesa dopo i bombardamenti del ’43?

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La mia è una testimonianza diretta, che si colloca pienamente nell’iniziativa del parroco di Sant’Eulalia per ricordare quel momento particolare per Cagliari, e in essa la presenza della Chiesa. Durante i bombardamenti mia mamma rimase sepolta dalle macerie della casa, con due miei fratelli, all’epoca di quattro e di un anno, Angelo e Pino. Babbo era in guerra, mamma era sola. Abitavano nella piazzetta di Sant’Eulalia, allora piena di casette: lo spostamento d’aria provocato da un aereo caduto lì vicino fece crollare le case. E mamma rimase sepolta dalle macerie. Cosa accadde in quel momento? Mamma cominciò a gridare, chiedendo aiuto. Fu il dottor Mario Floris, il parroco dell’epoca, a dare soccorso a mia mamma e ai miei due

fratelli. Ancora insanguinati, ricevettero assistenza e sostegno, e furono portati all’ospedale militare. Il parroco la aiutò ad uscire da sotto le macerie, arrivò in ospedale scalza. Tornata verso casa, vide che non era rimasto più nulla: il parroco le diede tutto il necessario, per lei e per i bambini, anche indumenti, per poter partire per lo sfollamento. Cosa ricordava e raccontava ? Raccontava di essere stata adagiata su un carro, su cui c’erano altri feriti e diversi cadaveri. Un dramma. I cagliaritani se l’aspettavano? Non pensavano che sarebbero arrivati a bombardare. Anche le iniziative del podestà in via Roma – vennero installati dei paraschegge per proteggere le abitazioni – non servirono per far capire che sarebbero

potuti arrivare dal cielo. Com’era il quartiere allora? Mamma sfollò a San Nicolo d’Arcidano, il suo paese d’origine, dove purtroppo fece la fame. Babbo era tornato dalla guerra, aveva saputo che a Cagliari stavano cercando un protezionista per proiettare i film alle truppe americane di stanza allora al Binaghi. Mamma decise di rientrare dal paese, e andò nella casa di via Santa Margherita dove sapeva che lo avrebbe incontrato. Stettero lì insieme, una signora dava loro ospitalità: babbo pagò la permanenza di mamma in quella casa con due serbatoi pieni di cioccolata e con chili di ali di pollo, che portava ogni giorno dal lavoro. Poi si trasferirono in via Lepanto, nacquero gli altri miei fratelli e noi. Il quartiere era popolatissimo – intorno a 5mila abitanti – c’era grande vivacità, c’era in pieno la ricostruzione. Era un bel clima. Da bambini non potevamo cogliere certi aspetti: andavamo a giocare tra le macerie, dove oggi c’è il Palazzo del Consiglio regionale. Entravamo anche tra i ruderi della chiesa di Santa Caterina in via Manno (distrutta dai bombardamenti, ndr). La fede era la vostra seconda pelle. Noi frequentavamo l’Azione cattolica. Nel quartiere c’erano anche i Marianelli, separati dall’Azione cattolica, perché più vivaci e agitati. Ricordo ancora quando suor Teresa (Tambelli, l’aiutante principale della Beata Suor Nicoli, ndr) passava per le strade, battendo le mani per chiamare i bambini per andare a messa alle 6 del mattino.

iL Portico

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brevi CLARISSE CAPPUCCINE

Adorazione eucaristica Domenica 9 giugno alle 17 nel Monastero delle Clarisse cappuccine in via Cima si terrà la mensile adorazione eucaristica vocazionale. Sono invitati tutti gli operatori della pastorale vocazionale e quanti vogliono unirsi nella preghiera al padrone della messe perché mandi operai (consacrati e consacrate) alla sua Chiesa. IL 14 GIUGNO

Pace in Medio Oriente, messa in Cattedrale Domenica 9 giugno alle 17 nel Monastero delle Clarisse cappuccine in via Cima si terrà la mensile adorazione eucaristica vocazionale. Sono invitati tutti gli operatori della pastorale vocazionale e quanti vogliono unirsi nella preghiera al padrone della messe perché mandi operai (consacrati e consacrate) alla sua Chiesa.

PER IL PROSSIMO ANNO

Assistenza a scuola, domande fino al 28 Disponibili i moduli per il prossimo anno scolastico per richiedere il servizio di assistenza educativa specialistica scolastica a favore di alunni disabili o in situazione di svantaggio psico – sociale. I moduli sono scaricabili dal sito www.comune.cagliari.it o disponibili presso l'Assessorato alle Politiche Sociali in piazza De Gasperi. Il modulo, debitamente compilato, può essere consegnato fino al 28 giugno presso l'Ufficio Integrazione Scolastica Minori del Comune.


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

iL Portico

brevi IL RICORDO

Il sorriso e l’allegria di don Prospero

Nel ricordo di tanti di lui restano il sorriso e l’allegria che lo contraddistinguevano. Don Prospero Fulgheri, per 21 anni parroco di Uta, è ritornato alla casa del Padre dopo una breve malattia. Nativo di Vallermosa, centro dove si sono svolti i funerali in una chiesa affollatissima, segno della stima di cui godeva, don Prospero aveva un grande amore per i suoi confratelli. “Posso confermalo – dice don Sandro Zucca, parroco di Sant’Efisio a Capoterra e nativo di Uta. Ad ogni occasione cercava sempre il dialogo con i sacerdoti che puntualmente invitava alla festa di Santa Maria, la celebrazione più importante del paese. Ricordo ancora quando ministrante adulto e poi seminarista, don Prospero portava me ed altri in visita da sacerdoti e nelle parrocchie”. Don Fulgheri fu anche Parroco a Pimentel, paese natale di Monsignor Tarcisio Pillolla. “Di lui mi ricordo il sorriso e la bontà d’animo unita ad una semplicità che lo ha sempre portato a vivere in pienezza il suo ministero sacerdotale”. Don Fulgheri avrebbe compiuto 80 anni il prossimo 27 settembre. Fino al 2010 aveva guidato la parrocchia di Santa Giusta, dove aveva portato avanti con la massina semplicità il suo servizio, in particolare negli appuntamenti della religiosità popolare, che a Uta culminano nella festa di settembre per Santa Maria. Per la festa più cara ai utesi lui e per i suoi collaboratori si dedicavano anima e corpo per poterla realizzare nel migliore di modi. Un uomo semplice che amava il popolo a lui affidato: il sorriso e l’allegria erano la divisa che ogni giorno don Prospero indossava nell’essere parroco di Uta (rc).

doMenica 9 giugno 2013

Parrocchie. un sacerdote originario del centro guida una festa molto sentita a Villasalto.

Per don Gigi un ritorno alle origini con la festa di Santa Barbara in paese Don Melis spiega: “Ho accettato di venire qui per concludere il mio ministero sacerdotale, voglio ringraziare la mia gente per l’aiuto che mi ha dato a diventare prete” ROBERTO COMPARETTI EVOZIONE E FEDE autentica per Santa Barbara. È quella che ogni anno a giugno si sperimenta a Villasalto per la martire che in Sardegna è particolarmente amata: è protettrice di chi svolge una professione rischiosa, siano marittimi, minatori o vigili del fuoco, o anche invocata per le morti improvvise e violente. Per Villasalto e per quella del parte del Sarrabus non c'è comune dove non la si festeggia, da San Vito a Silius da Villasalto ad Armungia. Quest'anno però c'è una novità. A guidare la comunità e dunque la festa c'è un villasaltese autentico: don Gigi Melis, felice di poter celebrare, come parroco, la festa più importante del suo paese. “Ho accettato di venire qui per chiudere il mio servizio sacerdotale - afferma con la solita allegria che lo contraddistingue - perché vorrei ringraziare la mia gente che mi ha aiutato e sostenuto affinché diventassi sacerdote. Ero di famiglia povera e grazie alla generosità dei miei compaesani, sono stato sostenuto nel percorso di formazione. Sono felice di celebrare la festa così sentita per quella che di fatto è vista come la patrona. Nel XVII secolo il vescovo di allora, data la distanza dal centro abitato della chiesa di Santa Barbara, volle edificare la par-

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La processione di Santa Barbara.

rocchiale dedicata a San Michele arcangelo, anche se la gente ha continuato a considerare Santa Barbara la prediletta e ad invocarla, come facevano i soldati in guerra negli ultimi istanti di vita”. Per don Gigi però Santa Barbara rappresenta un qualcosa di particolare, avendo censito le chiese nell'Isola a lei dedicate, un vero cultore della materia. I festeggiamenti hanno preso il via come di consueto il sabato quando la Santa verrà accompagnata in processione verso la chiesa alla periferia del paese, mentre domenica 2 giugno messe nella mattinata e nel pomeriggio la processione di Corpus Domini e di Santa Barbara per le vie del paese. “Quest'anno - continua il parroco - la coincidenza della solennità del Corpus Domini ci ha permesso di portare in processione Gesù Eucaristia e Santa Barbara, che viene rappresentata con un calice in mano, in quanto invocata come protettrice della buona morte.

Lunedì invece è stato il cuore della festa con messe alle 7.30, alle 9 e alle 11 quest'ultima celebrata da monsignor Alberto Pala, parroco della Cattedrale che ha presieduto anche la messa del pomeriggio, quella che ha preceduto la grande processione, alla quale partecipano centinaia di persone, alcune arrivano dall'Ogliastra”. Alla processione hanno partecipato anche la banda musicale, il gruppo folkloristico e la confraternita del Santo Rosario di Nurri, il gruppo “Sonus Antigus”, diretti dal maestro di launeddas Franco Melis, il gruppo folk San Cristoforo di Villasalto e l'associazione culturale launeddas Tertenia diretta dal maestro Sandro Frau. Religiosità popolare e tradizioni isolane in cammino per le vie di Villasalto, per rendere omaggio ad una Santa che per il centro del Sarrabus rappresenta un riferimento, non fosse altro per la presenza di una miniera, quella di Su Suergiu, che fino al secolo scorso ha rappre-

sentato un'importante fonte di sostentamento per il paese ed i suoi abitanti. I festeggiamenti per Santa Barbara si sono conclusi martedì 4 giugno con il rientro della Santa in parrocchia nel pomeriggio.


doMenica 9 giugno 2013

IL PORTICO DELL’ANIMA

Clero. Ordinazione diaconale venerdì 7 giugno nella Cappella del Seminario regionale.

“Ho dovuto riscoprire il silenzio per permettere al Signore di parlarmi” Raimondo Mameli svela la sua personale chiamata: “La musica sacra ha avuto un ruolo fondamentale, il Signore se ne è servito per ridestare la mia sete. Un incontro straordinario” RAIMONDO MAMELI UANDO MI È STATO chiesto di scrivere per Il Portico una testimonianza, a pochi giorni dalla mia ordinazione diaconale, ho provato a condividere con la parola un mistero ineffabile: la chiamata, la proposta e la risposta. La vocazione è, per dirla con Giovanni Paolo II, dono e mistero: un “dono”, perché non siamo stati noi a scegliere di seguire Cristo, ma è lui ad averci invitati alla sequela; “mistero” perché è una porta spalancata verso una realtà più grande di noi, che ci precede e ci orienta. Dio vive nell'eternità: ciò significa che ci chiama sin dal nostro sussistere nel seno materno, e sta a noi prendere consapevolezza, nel tempo, della chiamata. La mia è una di quelle che, generalmente, son definite “vocazioni adulte”. Come tanti giovani, mi sono allontanato dopo la cresima, per riaccostarmi alla Chiesa dopo alcune

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esperienze forti in cui ho percepito la nostalgia di Dio, del “paradiso perduto”, la gioia di riaccostarmi ai sacramenti e di gustare la bellezza della preghiera. La musica sacra ha avuto un ruolo fondamentale, perché il Signore si è servito di essa per ridestare la mia sete di Lui. Nella conversione c'è prima di tutto un cambiamento di prospettiva, e tra i frutti di questa esperienza vi è prima di tutto il mutamento. Chi riscopre Dio, chi lo ama, diventa altro da sé, da ciò che era; vi è un mutamento radicale non soltanto in senso morale ma spirituale, un mutare e un ammutolire. L'incontro con Dio, il quale è straordinario, avviene

nel silenzio, nella quiete, nell'affrancarsi da tutto ciò che è quotidiano, ordinario. Ho dovuto riscoprire la preziosità del silenzio per permettere che il Signore mi parlasse; Dio parla continuamente all'uomo, anche quando ci sembra di non sentire la Sua voce, mentre siamo noi a non ascoltarlo. Negli anni di formazione al sacerdozio, teologica, umana e spirituale, ho fatto una bella esperienza di Chiesa, quella Chiesa Cattolica Romana che amo profondamente e che desidero servire nella diaconia di Gesù Cristo, che, per dirla col Cantico dei cantici, “mi ha rapito il cuore con un solo dei suoi sguardi”. Perché potessi contemplarne la bel-

amore. L’amore più importante è quello che gratuitamente, senza condizioni, riceviamo da Dio”. “Ecco che l’amore di fra’ Nicola per i fratelli tutti, in particolare dopo la guerra, è ancora molto presente in tante famiglie che l’hanno conosciuto e incontrato, tanti anche coloro che lo pregano senza averlo conosciuto”. L’8 giugno è una data importante per conoscere o riscoprire un grande servo di Dio, è una data che fa rammentare anche chi fra i frati si è speso molto per valorizzare e far conoscere i doni di fra Nicola e che oggi non c’è più: padre Beppe Pireddu.

Festa di Fra’ Nicola, memoria di un incontro La festa del beato nelle parole di fra’ Lorenzo Pinna LAURA CABRAS VEVO APPENA 16 anni, quando incontrai per la prima volta fra Nicola: era l’8 settembre del 1936, quando insieme a mio padre mi presentai al convento di Sant’Ignazio da Laconi, allora in via degli ospizi. Ecco che nella prossimità della sacrestia apparve fra Nicola, non sapevamo che era lui, per noi era un qualunque frate, e ci chiese con molta dolcezza: “Cercano qualcuno?”, risposi “Son venuto per farmi frate”. Fra Lorenzo Pinna da Sardara (nella foto accanto) ricorda bene quell’incontro e poi l’esperienza di vita trasmessa da un umile e santo frate: fra’ Nicola. Dal 4 all’8 giugno di ogni anno viene ricordato e festeggiato il Beato

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fra Nicola nel convento dei cappuccini in viale fra Ignazio. Quest’anno padre Roberto Sardu officerà il triduo e padre Giovanni Atzori, nuovo ministro provinciale, presiederà la festa ed il transito. Tutto culminerà con la fiaccolata del 9 giugno che partirà dal convento e proseguirà lungo l’Anfiteatro, via Ospedale, via S. Margherita,via Porcell, via Fiume, fino alla sosta del carcere di Buon Cammino. Nella giornata di sabato 8, data del suo decesso nel 1958, sarà possibile visitare la sua cella, la stanza dove spirò nella vecchia infermeria, il museo a lui dedicato, e vedere alcuni filmati che ricordano la sua figura. Sarà possibile, il solo sabato 8, lucrare l’indulgenza plenaria alle solite condizioni. Fra’ Lorenzo ricorda ancora:“Fra

lezza, Cristo stesso mi ha fatto il dono di occhi nuovi, occhi che mi hanno permesso di vedere Gesù in tanti fratelli crocifissi nel corpo e nell'anima: ricordo con nostalgia i mesi trascorsi presso le case del Cottolengo a Biella (2009) e a Torino (2011), e presso quella de “L'Arca” a Ciampino (2010), esperienze forti che mi hanno segnato in maniera indelebile. Non posso chiudere questo breve intervento dimenticando di dire alcuni grazie: a Dio Uno e Trino per i doni della vita, della mia famiglia e della vocazione; alla Vergine Maria sotto la cui protezione ho messo la mia esistenza; ai miei cari genitori, che sono i miei sostenitori più entusiasti; alla Chiesa che è in Cagliari, ai sacerdoti, religiosi, laici che mi hanno offerto la loro amicizia e preghiera; alla diletta comunità parrocchiale di S. Stefano in Quartu e al mio parroco, don Tonio; ai nostri seminari Arcivescovile e Regionale con i superiori che si sono avvicendati nel corso del tempo; ai padri spirituali; ai carissimi seminaristi, quelli oggi già sacerdoti e quelli ancora in formazione; alla Pontificia Facoltà Teologica. Un grazie filiale a mons. Arrigo Miglio, che mi ordina il 7 giugno facendomi entrare “intra levitarum numerum”: la sua paterna premura mi ha dato gioia e speranza sin dal primissimo nostro incontro. Il Signore benedica lui ed il clero e il popolo affidatogli.

Nicola era servo e uomo di Dio, era la preghiera fatta carne e l’umiltà personificata e sempre vivida; Lui aveva capito cosa era essenziale nella vita dell’uomo, cosa veramente conta”. “Ricordo che citava spesso San Paolo e San Bonaventura e le massime di San Francesco”.“Il silenzio è stato considerato l’elemento più caratteristico di fra Nicola, in realtà aveva tanti doni che oggi potrebbero far riflettere tutti noi e, magari, farci cambiare atteggiamento nel nostro vivere quotidiano”. “Spesso mi capita, nel servizio di ascolto che svolgo, di sentire le persone dolersi della carenza di

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detto tra noi Avevamo ragione! di D. TORE RUGGIU

Tante volte ci è capitato di commentare atti blasfemi, manifestando la nostra indignazione. Nelle varie circostanze, abbiamo anche affermato che si trattava di atti di imbecillità e vigliaccheria, perché tanto gli autori di tali misfatti, non avrebbero corso nessun pericolo, perché si sa in partenza che la legge fondamentale del cristianesimo è l'amore, che include anche il perdono. Abbiamo, però, ipotizzato con un interrogativo: e se questi atti blasfemi venissero fatti contro Maometto e la religione islamica, che cosa accadrebbe? La morte sicura! O, quanto meno, una sonora condanna. Detto, fatto! Il quotidiano locale di giovedì 23 maggio, riporta una notizia, nelle brevi, con questo titolo: “in cella 13 mesi per blasfemia”. Si legge, testualmente, che in Turchia: “un tale dovrà scontare 13 mesi di carcere per una frase offensiva nei confronti di Maometto, pubblicata sul suo blog. È la condanna pronunciata da un tribunale di Istanbul nei confronti di un scrittore turco di origine armena Sevan Nisanyan, 57 anni”. Lo avevamo previsto: è successo! E non è la prima volta, anche se spesso i giornali tacciono. Si può discutere all'infinito sulla opportunità o meno di un intervento da parte della giustizia, ma non vi è dubbio che la blasfemia, nei confronti di qualsiasi religione, è, a dir poco, lesiva del rispetto che si deve avere verso tutte le persone e il loro credo religioso. Abbiamo già usato parole più forti per condannare questi atti blasfemi. Non ci ripetiamo. Ma non possiamo non rilevare che non sempre è vero il detto: “ tentar non nuoce”. Soprattutto quando si tratta di atti violenti, misfatti di ogni genere, financo le blasfemie. È vero che anche in Italia le leggi dello Stato prevedono condanne per le bestemmie, per vilipendio alle autorità civili o religiose, ma quando mai un Pubblico Ministero si prende la briga di perseguire e portare a processo chi contravviene a questi divieti? Anzi, spesso, tutto si risolve, da parte degli uditori e spettatori, in una risata stupida che dimostra il basso profilo culturale e non solo. Crediamo di poter e dover affermare che una nazione civile, debba abbandonare definitivamente certi modi di esprimersi (parolacce, bestemmie, blasfemie…). Il primato mondiale in questo campo, non ci fa onore e non ne abbiamo bisogno. Sono ben altri i primati che gente normale (che usa il cervello e i sensi per fini positivi), deve cercare di perseguire. Mai, a nessuno, deve venire il prurito di scendere così in basso. Anche perché, se anche non ci fosse la giustizia degli uomini, un giorno ci sarà quella divina….che metterà tutti e tutto a posto, salvo pentimenti anche all'ultimo momento. Impariamo ad essere civili, cioè, rispettosi del colore della pelle, delle diverse civiltà e anche di tutte le religioni. Solo così l'uomo rimane uomo, altrimenti diventa bestia e della peggior specie!!!


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

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Decimoputzu. Per prepararsi alla Prima comunione un ritiro spirituale molto speciale.

Verso Cristo: l’incontro con Lui nel giorno del Corpus Domini LIDIA LAI OPO UN CAMMINO di fede durato quattro anni, i bambini delle quarte elementari della scuola primaria di Decimoputzu, come tanti altri bambini della loro età e del loro corso di studi, hanno ricevuto, proprio nel giorno di Corpus Domini, per la prima volta, l’Eucarestia. I catechisti Tina Collu, Giovanni Firinu, Anna Piras, Daniele Rossi, ed altri collaboratori, in questi anni hanno sicuramente lavorato e insegnato tanto, curando molti aspetti, ma in modo particolare questo primo incontro, valorizzando la preghiera e l’ascolto di se stessi, cercando di “corazzarli” dentro, dando l’impronta e le basi dell’essere vero cristiano. Un timido incontro con Gesù è avvenuto, in modo speciale per i bambini e non solo, alcuni giorni prima, facendo vivere realmente a tutti - educatori, bambini e genitori - il vero senso dell’amore e dello stare insieme agli altri e a Lui: condivisione, gioia, pace, serenità e tanto altro si è espresso proprio nel giorno dedicato al ritiro spirituale, una giornata di preghiera a Cagliari. Ad aspettare ed accogliere i comunicandi c’era il pullman Euroclasse, con alla guida don Gian Marco Casti, il parroco a cui è stata affidata la cura pastorale del paese nel febbraio del 2012. Come iniziare una giornata di riti-

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le foto dell’iniziativa sono di lidia lai

ro se non recitando il santo rosario? Coinvolti tutti, a turno, hanno dedicato poche frasi con la lettura del mistero o recitando un’Ave Maria o un Padre nostro. La giornata prevedeva tante tappe: in Cattedrale, dalle suore Sacramentine, al Seminario Arcivescovile, al parco di Monte Claro, al colle di San Michele e al mare. Durante la visita guidata in Cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta e a Santa Cecilia, principale luogo di culto di Cagliari, nel quartiere storico Castello, di periodo medioevale, i bambini hanno colto particolari inattesi, mostrando-

si molto interessati. Doveroso soffermarsi e riflettere davanti al bellissimo tabernacolo in argento cesellato, vicinissimo al punto di passaggio per la cripta. Una preghiera, un saluto a Gesù e ancora un’altra tappa: è stato buffissimo vederli salire e scendere nell’ascensore panoramico da cui si vede tutta Cagliari. Scesi in via san Giovanni, ci si è avvicinati al convento delle Sacramentine, congregazione religiosa di clausura, alle quali è stata affidata la chiesa di San Cesello situata nell’antico rione Villanova, dove c’è il Santissimo sempre esposto.

Qualche spiegazione, un momento di preghiera e poi composti l’inchino. Dalla parte opposta un incontro effettivo con coloro che vegliano il Santissimo giorno e notte. Tutto ha destato curiosità nei piccoli ospiti: l’abito, la grata, gli oggetti personali, la loro vita e pertanto ci sono state domande a raffica, dalle più semplici alle più strane, come quella di un bambino: “Quando entrate in convento da dove passate se c’è la grata?”. “Dalla porta!”. Dopo il pranzo e il relax a Monte Claro ci si è diretti verso un’altra tappa: il Seminario arcivescovile, Radio Kalaritana, la redazione de Il Portico. La cappella merita di essere vista. E che dire della poltrona del Papa situata al pian terreno? Tutti si sono fatti fotografare, ma il tempo passava. Quindi una breve tappa al castello di san Michele. Non si può non dire e sottolineare quanto sia bella Cagliari da quel punto e non mancano luoghi per meditare e guardarsi dentro. Il contatto con Dio può avvenire più velocemente se ti immergi nel paesaggio. Ancora la marcia: un po’ di gioco e merenda. Sono instancabili e sprizzano energia da tutti i pori. La giornata si è conclusa al mare: e la stanchezza non si faceva sentire. Alla fine verso casa: è tardi e - fra canti e ritagli di ostie - già si parlava di quello che sarebbe accaduto la domenica del Corpus Domini. Conclusione con i canti: “Con Cristo nella vita tutto va molto ben, va molto ben…”

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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Roberto Loddo, Meloni-Bertocchini, Elio Piras, Lidia Lai Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Massimo Pettinau, Francesca Palmas, Giovanni Caocci, Maria Letizia Pruna, Matteo Mazzuzzi, Roberto Piredda, Alessandra De Valle, Laura Cabras, Giovanni Lorenzo Porrà, Marco Lai, Maria Chiara Cugusi, Andrea Busia, Francesco Furcas, Maria Elisabetta De Magistris, Rosalba Crobu, Roberto Comparetti, Raimondo Mameli, Tore Ruggiu, Lidia Lai. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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A San Giuseppe l’infiorata

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Per l’ottavo anno consecutivo la parrocchia di San Giuseppe ha organizzato la tradizionale “infiorata”, stavolta sul tema dell’Anno della Fede: un tappeto di fiori fino a via Toti con bellissimi disegni realizzati dai volontari della comunità parrocchiale guidata da don Roberto Atzori. Un grandissimo mosaico di petali attorno al quale si è svolta la tradizionale processione per le strade del quartiere: “La gente ha lavorato molto, sono state 140 le persone coinvolte - dice don Roberto - E’ stato un momento di aggregazione molto forte. L’aspetto più bello è stato il coinvolgimento di persone di ogni età, che per settimane si sono impegnate cercando i fiori giusti e realizzando i disegni”.

QUESTO SETTIMANALE È ISCRITTO ALLA FISC FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI


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