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DOMENICA 16 GIUGNO 2013 A N N O X N . 24

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

in preparazione alla visita di papa Francesco L’Arcivescovo invita tutti a prepararsi alla visita di Papa Francesco (Cagliari, 22 settembre) recitando ogni giorno la seguente preghiera:

Un gruppo di ragazzini algerini indicano l’Europa dalla spiaggia di Annaba da cui partono per raggiungere la Sardegna.

santa Maria, nostra signora di Bonaria, Patrona Massima della Sardegna,vergine del silenzio e del fedele ascolto della Parola di Dio, tu sei partita in fretta come pellegrina della fede per portare la gioia del Signore nella casa di Elisabetta: insegnaci ad accogliere il Signore che viene a visitare la nostra terra con il pellegrinaggio di Papa Francesco al tuo Santuario sul colle di Bonaria. Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro è il vicario del tuo Figlio Gesù su questa terra: rendici docili al suo insegnamento per essere certi di seguire fedelmente la via di Gesù, pronti a fare tutto quello che ci chiederà. Accompagna, Madre Santa di tutta la Chiesa, il ministero di Papa Francesco come vescovo di Roma e pastore universale, benedici la nostra terra e la sua terra d'origine, legate dal tuo Nome e dalla tua materna protezione, perché ogni giorno della nostra vita siamo pellegrini della fede e portatori della gioia che viene dal Signore. amen

La vera integrazione GABRIELE COLOMBINI

atita…” “Madita”… “Astuccio…” “Asduggio”. Ahmed mi guarda con gli occhioni sbarrati e un misto di timore e stupore. Ripete le mie parole meccanicamente, senza alcuna partecipazione, come se lo avessi minacciato per fargliele dire e, da parte mia, non mi aspetto neanche per un istante che riesca a ricordare anche solo uno dei vocaboli italiani che gli sto insegnando con questo metodo assolutamente improvvisato ed ingenuo. Dimostra molto meno dei suoi 15 anni e me lo hanno catapultato in terza classe solo per una questione anagrafica, ma Ahmed viene da un paese del Corno d’Africa, ha frequentato soltanto una scuola coranica e non parla una parola d’italiano. È la classica situazione nella quale un insegnante più che in difficoltà si sente perfettamente inadeguato. Innanzitutto occorrerebbe che la scuola venisse fornita di un mediatore culturale, qualcuno che parla arabo, perché come posso insegnare una lingua se non ci capiamo sui termini base di ciò di cui stiamo parlando? Come faccio a fare lezione con gli altri alunni e contemporaneamente insegnare i rudimenti dell'italiano a lui? Culturalmente il paese da cui viene Ahmed è legato alla Francia, perciò è parso

M

ovvio che la collega di francese fosse la persona più indicata per aiutarlo nel suo percorso di apprendimento dell’italiano; peccato che ci si sia accorti subito che il bambino non sa cosa sia il francese, nonostante il padre lo parli correntemente. Dunque, senza alcuno strumento, se non il traduttore di Google(quando la connessione a internet c’è), ogni insegnante può dare il suo contributo: “Matita… Astuccio…”. Ma sarebbe meglio che questo contributo fosse, come dire, creativo e rispondesse alla di per sé semplice domanda: “Come si può insegnare italiano ad un arabofono senza conoscere l’arabo, senza un vocabolario e con una connessione internet che va quando va?” La risposta non è così semplice. Ahmed dovrebbe andare in prima elementare, ma di certo non si può mandare un ragazzino di 15 anni con bambini di sei; dunque lo si parcheggia in terza media, ma anche lì per il lavoro che deve fare è difficile farcelo stare senza che si senta umiliato, perché i vari colleghi che si alternano nell’insegnamento della lingua usano attività da scuola materna: figure, disegni, giochi, colori, matite, cartoncini da ritagliare, forbici, colla e tutto ciò che rende l’attività di Ahmed più adatta, eventualmente, ad una prima media piuttosto di una terza, ed infatti è proprio in prima che va a finire. Nessuno mette in dubbio che la socializzazione tra ragazzi sia proprio il primo

veicolo culturale e di integrazione, perciò è essenziale che Ahmed frequenti regolarmente la scuola e per questo si dimostra da subito quanto mai ammirevole: infatti, non perde quasi un solo giorno, è sempre lì col suo banco a guardarti mentre tu fai lezione agli altri e lui non capisce una sola parola di quello che dici! Ti guarda fisso con quegli occhioni sgranati chiedendosi probabilmente che materia stai insegnando, perfettamente in silenzio e composto, ma refrattario forse per timidezza (o magari vera e propria paura) anche ai tuoi sorrisi rassicuranti che intendi lanciagli ogni qual volta gli sguardi si incrociano. Durante la ricreazione i compagni, almeno per i primi giorni, sembrano non considerarlo, in realtà manifestano soltanto un sintomo di timidezza e di incapacità nel comprendere quale sia l'approccio migliore per fare amicizia; poi, nei giorni successivi si sciolgono, un sorriso, un pezzetto di focaccia, una penna prestata, una carta appallottolata per tirare due calci ad un immaginario pallone nel corridoio (e i prof che si girano per far finta di non vedere...) e quello che noi chiamiamo "processo di integrazione", ma i ragazzi solo "fare amicizia", inizia. Ancora una volta la scuola supplisce con umanità e spirito di adattamento a tutte le sue carenze. E pare che l'unico problema per integrare gli immigrati sia lo ius soli...

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