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DOMENICA 14 LUGLIO 2013 A N N O X N . 28

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

CAGLIARI

€ 1.00 in preparazione aLLa viSita di papa FranCeSCo L’Arcivescovo invita tutti a prepararsi alla visita di Papa Francesco (Cagliari, 22 settembre) recitando ogni giorno la seguente preghiera: Santa Maria, nostra Signora di Bonaria, Patrona Massima della Sardegna, vergine del silenzio e del fedele ascolto della Parola di Dio, tu sei partita in fretta come pellegrina della fede per portare la gioia del Signore nella casa di Elisabetta: insegnaci ad accogliere il Signore che viene a visitare la nostra terra con il pellegrinaggio di Papa Francesco al tuo Santuario sul colle di Bonaria. Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro è il vicario del tuo Figlio Gesù su questa terra: rendici docili al suo insegnamento per essere certi di seguire fedelmente la via di Gesù, pronti a fare tutto quello che ci chiederà. Accompagna, Madre Santa di tutta la Chiesa, il ministero di Papa Francesco come vescovo di Roma e pastore universale, benedici la nostra terra e la sua terra d'origine, legate dal tuo Nome e dalla tua materna protezione, perché ogni giorno della nostra vita siamo pellegrini della fede e portatori della gioia che viene dal Signore. amen

La manifestazione di Parigi in difesa della famiglia.

Elogio della diversità MAURO BARBERIO

e il successo del matrimonio omosessuale dovesse misurarsi sulla base dei numeri, personalmente, reputo che non vi saranno cifre significative. Qualcosa dovrebbe aver insegnato l’istituzione nelle varie città dei registri per l’iscrizione delle c.d. famiglie di fatto, creati, in verità, sulla base delle vibranti richieste delle varie associazioni omosessualiste. L’istituzione dei predetti registri, anche nella nostra città, si è rivelata – dall’angolo del dato numerico – un vero e proprio flop. Perché, quindi, se, concretamente, non mira a intercettare delle esigenze pratiche, insistere tanto per la sua approvazione? Anche per il matrimonio omosessuale accadrà lo stesso: pochi si sposeranno. E quelli che lo faranno utilizzeranno l’istituto matrimoniale come leva per poter ottenere ciò che – a quel punto – non potrà, sulla base di alcuna valida ragione logico-giuridica, essere loro denegato: l’adozione di bambini. Il problema non può né deve essere valutato sul fronte degli effetti pratici e immediatamente riscontrabili (il numero dei soggetti che si sposeranno), né su quello correlativo dei c.d. “diritti”, ma sulla base dell’impatto antropologico. La richiesta dell’istituzionalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso mira a normalizzare la percezione dell’omosessualità nel tessuto sociale fino a rendere indistinguibile un’unione tra uomo e donna rispetto alle unioni tra uomo e uomo e donna e donna.

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L’indifferenza di genere è, certamente, la finalità principale di questo progetto. Tale istanza - che i singoli movimenti o lobby possono legittimamente proporre e sostenere - non può, però, passare attraverso una legittimazione giuridica che non ha alcun senso e, certamente, non rappresenta, dal punto di vista tecnicogiuridico, un diritto. Se lo Stato ha un dovere, questo lo si può riscontrare nella necessità che le due forme di unione (matrimoniale e omosessuale) vengano tenute ben distinte, in quanto, come ben ha fatto rilevare qualcuno, tale necessità di distinzione “nasce dalla considerazione del fatto che in ordine al bene comune, la cui promozione è compito primario dello Stato, il matrimonio ha una rilevanza diversa dall’unione omosessuale. Le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l’ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, e pertanto il diritto civile deve conferire loro un riconoscimento istituzionale adeguato al loro compito. Non svolgendo un tale ruolo per il bene comune, le coppie omosessuali non esigono un uguale riconoscimento”. Lo scollinamento del principio dell’indifferenza di genere non potrà non avere delle ricadute rilevantissime. Ai movimenti omosessualisti, infatti, non basterà l’ottenimento e l’estensione di determinati e asseriti diritti. Si insisterà, piuttosto, con la pretesa dell’introduzione del reato di omofobia, per spegnere e sradicare qualunque forma di dissenso. Non è dato, in verità, comprendere per quale ragione si dovrebbe arrivare a tanto, quando

neppure Ebrei e neri hanno avuto tali tutele, a fronte di persecuzioni e lesioni di diritti che gli omosessuali non hanno mai, fortunatamente, subito.Gli strumenti giuridici per tutelare tutti i casi di odiosa discriminazione esistono già. L’inserimento di ulteriori e specifiche garanzie in materia porterebbe a evidenti e inaccettabili lesioni del principio costituzionale di libera manifestazione del pensiero. Si arriverebbe a incriminare chi, liberamente, sulla base del proprio credo religioso, afferma e insegna che la sodomia è contro natura ed è un peccato che grida al cospetto dell’Altissimo. Molto più semplicemente non si potrà, neppure, sottolineare la diversità dell’unione omosessuale da quella tradizionale tra uomo e donna. Tutto ciò risulterebbe - non solo culturalmente ma pure – normativamente out ergo inaccettabile e, quindi, perseguibile. I predetti concetti potranno risultare piacevoli o meno e, come tali, potranno essere contestati o sostenuti. Inaccettabile sarebbe, per certo, che non li si possa, in piena libertà, sostenere, affermare o predicare. Le avvisaglie di quanto fatto rilevare (che ad alcuni può apparire esagerato e fantasioso) sono già riscontrabili – a pochi giorni dall’approvazione della legge Taubira - in Francia, ove stanno già fioccando denunce e imputazioni, e in Gran Bretagna. E’ del 1 luglio la notizia dell’arresto a Wimbledon di un “predicatore di strada” che ha avuto la disavventura di commentare in pubblico il capitolo 4 della Prima Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo, in cui si condanna l’immoralità sessuale.

7 LugLio 2013 147a Sagra eStiva deLLa Madonna di Bonaria

inizio deL CaMMino di preparazione aLL’inContro

Con papa FranCeSCo L’Arcivescovo invita i fedeli della Sardegna ad un cammino spirituale in preparazione alla venuta di papa Francesco in Sardegna, pellegrino al santuario di n.S. di Bonaria, domenica 22 settembre 2013. Tale cammino conterrà suggerimenti di celebrazioni e preghiere, personali e comunitarie, parrocchiali e diocesane, quali: preghiera della famiglia (se ne suggerisce la recita prima dei pasti o alla sera) rosario (con meditazioni specifiche per i giovani e per gli adulti) via Lucis adorazione eucaristica Liturgia penitenziale novena veglia pellegrinaggio Tutto il materiale sarà scaricabile dal sito internet ilpapainsardegna.it (vedi il servizio sulla festa a pag. 16)


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IL PORTICO DEL TEMPO

il PortiCo

domeniCa 14 luglio 2013

Lavoro. Cronaca dell’ultima disperata manifestazione spontanea di gruppi di lavoratori giunti nel capoluogo dal Sulcis.

“La comunità politica non fornisce risposte, migliaia di persone nell’Isola le attendono”

L’idea di iniziare una rivolta non violenta del Sulcis Iglesiente, dei minatori, degli operai delle aziende smantellate, delle installazioni sovvenzionate da Regione e Stato non ha scosso i sindacati, assenti, tranne la Cisl. Dura la dichiarazione rilasciata di Oriana Putzolu, segretaria generale del sindacato: “La manifestazione è di risposta pesante e protesta perché la disperazione è tale che non viene colta dalle forze politiche, né quelle in Giunta né quelle in Consiglio Regionale. In

quel territorio come in tutta la Sardegna c’è una esplosione di disperazione delle famiglie che quanto meno dovranno capire come garantirsi un reddito. Ci sono 30mila cassintegrati che dobbiamo coprire, per un totale di 146mila persone implicate, con i dati economici della Sardegna siamo veramente sull’orlo del baratro, altro che indignados. Questa è una reazione spontanea, che forse anche il sindacato non riesce a controllare, ma continuerà a cercare di regolare i conflitti come ha sempre fatto, confrontandosi anche con i comitati spontanei, e sperando che non partano le manganellate, perché questo è importante”. Era richiesta una prova di orgoglio e dignità, che non c’è stata, perché l’azienda Sardegna perde costantemente valore, è rimasto nel vuoto lo slogan per la manifestazione: “Libera la tua ribellione. Liberati”, ma non ha fatto breccia sulla disillusione della resa. Per don Pietro Borrotzu, delegato regionale per la Pastorale sociale e del lavoro “i lavoratori hanno partecipato a tutte le manifestazioni possibili ed immaginabili, hanno pazientato: non dico che poi si perde la pazienza e si butta tutto a

carte quarantotto, ma non si vede ascolto, sensibilità, che dimostri una minima volontà di cercare una soluzione per i problemi, manca la disponibilità di ascoltare le ragioni”. Per il sacerdote “i sindacati hanno organizzato scioperi generali in tempi inusuali, nei quali rinunciare ad una giornata di lavoro è un grave danno economico per il lavoratore, mettendo insieme migliaia di persone nell'Isola. Ma le risposte della comunità politica non ci sono state, non hanno ascoltato perché dopo l'approccio iniziale bisogna trovare le soluzioni. Oggi frana tutto, senza che ci siano azioni reali per cercare di contrastare questo dramma”. Don Borrotzu evidenzia che “non si capisce se le misure messe in atto per la povertà abbiano prodotto risultati, non si vede dove siano andati i soldi, come siano stati spesi. Occorre uno slancio politico. Si arriva a non poterne più: resta ingiustificabile andare oltre il confronto civile e democratico, ma è comprensibile che un lavoratore non sappia più dove guardare e questo tipo di manifestazioni verso verso la direzione dell'inscenare nuove forme di protesta per costringere ad ascoltare”.

può dominare. La rassegnazione no. E su certe sensazioni la notizia non si può fare. Perché quel “Sulcis in Rivolta” delle magliette, non è più un Sulcis in Rivolta. A dirla diversamente, si corre il rischio di raccontare un’altra storia. Un’altra cosa insomma. Si corre il rischio che le parole ad effetto cambino lo stato dei fatti. Sono le lacrime degli uomini che non devono passare, quelle di un uomo adulto, stanco; quelle trattenute da un ragazzo di 34 anni, mentre raccontava della chiusura di un'attività durata 12 anni. Si sente la difficoltà del non sapere da che punto ricominciare. Si scavalcano i muri della presidenza della Giunta, ma non lo si fa più con rabbia. E nemmeno con violenza. Non sono servite le tenute antisommossa, lo schieramento di polizia all'aero-

porto. Nessuno era intenzionato ad attaccare. Di fronte al Palazzo del Consiglio solo urla. Sono le urla del dolore schiacciato dentro l’anima di uomini che rischiano di essere uomini senza una vita. Senza un futuro, un perché, tra sguardi disturbati di automobilisti che vanno di corsa. E poco gli importa di quel che succede. E' una triste sensazione di nullità, quella che accompagna la passata generazione e questa nuova generazione dei “fenomeni”, su cui le parole si sprecano in fretta, quando si guarda da fuori verso una certa età. Le soluzioni sembra che tutti le abbiano in tasca quando si tratta di quella fascia lì, tra i 25 e i 35 anni. Quel momento in cui si potrebbe essere uomini e donne, e di fatto lo si è. Ma si diventa figli di scuole e di lavori che non esistono, che nessuno

sa dove mettere. Gli anni dei ragazzi di una Sardegna che non funziona. Quei figli di nessuno, o di un’Italia precaria che li ha trasformati in non figli, non uomini, non donne, non. Chi scrive ha visto la consapevolezza dell’essere troppo giovani per vedersi distruggere la vita, e anche quella dell’essere troppo grandi per scontrarsi con violenza, perché adesso ci sono le famiglie e i bambini e bisogna fare piano. Ma la richiesta dei lavoratori è vivere. Esistere. Che oltre la notizia, ci siano le persone, le loro vite, le facce piene di vita vissuta. Con molti sogni e senza nemmeno un sogno. Qualunque “non lavoro” si svolga. Con la speranza che questo sia solo l’inizio di un lungo risveglio, se è vero che la vita è un viaggio e non una guerra.

Accanto ai lavoratori solo la Cisl e la Pastorale regionale del Lavoro. Don Pietro Borrotzu: “Ormai sta franando tutto, serve uno slancio politico per frenare la povertà” MASSIMO LAVENA

L’

ARIA

DI

TRISTEZZA

profonda che ha caratterizzato la manifestazione per il lavoro del 3 luglio scorso lascia nella memoria i commercianti, artigiani dell'indotto e operai delle moltissime aziende in crisi, con la sconvolgente assenza dei giovani, che stanno emigrando in massa. Si sono divisi in vari gruppi: uno si è recato a Cagliari davanti e dentro la sede istituzionale della Presidenza della Regione – Villa Devoto - usando dell'elemento sorpresa, uno verso il porto e l'aeroporto del capoluogo sardo, presidiato fin dall'alba da ingenti forze di polizia. Lungo la statale 130 che collega

Nelle foto di Roberto Pili, alcuni momenti della manifestazione.

Carbonia a Cagliari sono stati effettuati numerosi blocchi stradali. I manifestanti hanno raggiunto il palazzo del Consiglio Regionale, dove anche il Presidente della Giunta si trovava in sicurezza dopo il blitz all’alba nella sua residenza. La sensazione di resa traspariva dai volti arrabbiati e sconfitti: l'illusione di un lotta comune per il lavoro, per la sopravvivenza stessa delle popolazioni dell'area del sud-ovest Sardegna si è scontrata con la realtà: non si smuovono più le coscienze.

La triste rassegnazione dei lavoratori del Sulcis Il dolore inascoltato di una generazione allo stremo FRANCESCA SANNA ONO PASSATI QUASI dieci giorni dalla manifestazione che ha condotto a Cagliari disoccupati e cassintegrati del settore industriale, edile, delle partite Iva. Chiedono la risoluzione della vertenza relativa ai pagamenti di cassa integrazione e disoccupazione, dopo mesi di ritardo. Una protesta durata quasi 24 ore. E' forte l’amarezza e la disillusione di una lotta che non sembra più una lotta. Di una battaglia che sembrava tanto ordinata quanto rassegnata, di una guerra ancora tutta da combattere. Le facce non erano le solite di sempre, questo no. Le maglie riportavano la scritta rossa “Sulcis in Rivolta”, ma la manifestazione è stata una manifestazione bianca, di uomini non in rivolta. Solo in attesa di essere ascoltati. Hanno assaltato Villa Devoto, bloccato l'aeroporto, occupato le strade durante una notte illuminata di stelle. Ma l'hanno fatto con una rabbia quasi invisibile. Con gli sguardi poco speranzosi di chi, comunque, sa di essere in posizione di debolezza. Mancavano gli

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operai. Mancavano i minatori. Mancavano i giovani. Mancavano i simboli della crisi di quella terra definita, a torto o a ragione, la provincia più povera d'Italia. Quasi a volerne fare una terra dimenticata dentro una terra. Un'isola dentro un'isola. Il Sulcis in rivolta. E il resto della Sardegna? Il Sulcis senza una bandiera questa volta, senza sindacati. Senza caschetti che facessero rumore. Questa volta solo le facce di commercianti, operai edili, artigiani. Quasi tutte facce mature, alcune prossime alla pensione. Duecento, forse trecento persone. Divisi in gruppi, per potersi far vedere presenti, presso i punti strategici. E pochi per le strade. Sembrano essere rimasti gli ”irriducibili”, quelli che non sperano però ci sono. Sono anime inermi, non più gente “pronta a tutto”. Lascia perplessi l'idea che vogliano combattere qualcosa, ma non si capisce cosa, in angoli blindati di una città che non li vuole accogliere. Ho visto una tristezza che si poteva quasi mangiare, tanto era consistente. Sul mercato queste persone non hanno più valore. La rabbia si


IL PORTICO DEGLI EVENTI

domeniCa 14 luglio 2013

L’enciclica del Papa. Ottantotto pagine sul dialogo tra fede e ragione: una prima scheda.

“La fede senza la verità resta la proiezione dei nostri desideri” UMEN FIDEI” (“La luce della fede”) è la prima Enciclica firmata da Papa Francesco. Suddivisa in quattro capitoli, più un’introduzione e una conclusione, la lettera spiega lo stesso Pontefice - si aggiunge alle Encicliche di Benedetto XVI sulla carità e sulla speranza e assume il “prezioso lavoro” compiuto dal Papa emerito, che aveva già “quasi completato” l’Enciclica sulla fede. A questa “prima stesura” Francesco ha aggiunto “ulteriori contributi”. L’introduzione. L’introduzione illustra le motivazioni poste alla base del documento: innanzitutto, recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace d’illuminare tutta l’esistenza dell’uomo, di aiutarlo a distinguere il bene dal male, in particolare in un’epoca, come quella moderna, in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo. In secondo luogo, l’Enciclica vuole rinvigorire la percezione dell’ampiezza degli orizzonti che la fede apre per confessarla in unità e integrità. “Chi crede, vede”, scrive il Papa. Il primo capitolo. Nel primo capitolo, il Pontefice si sofferma sulla figura di Gesù, mediatore che ci apre a una verità più grande di noi, manifestazione di quell’amore di Dio che è il fondamento della fede. In quanto risorto, inoltre, Cristo è “testimone affidabile”, “degno di fede”. Ma c’è “un aspetto decisivo” della fede in Gesù: “La partecipazione al suo modo di vedere”. Usan-

mo riesce a costruire e misurare con la scienza e che è “vero perché funziona”, oppure le verità del singolo valide solo per l’individuo e non a servizio del bene comune. Ciò comporta però il “grande oblio del mondo contemporaneo” che - a vantaggio del relativismo e temendo il fanatismo - dimentica la domanda sulla verità, sull’origine di tutto, la domanda su Dio. La “Lumen fidei” sottolinea, poi, il legame tra fede e amore, inteso come il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà. A questo punto, il Papa apre un’ampia riflessione sul “dialogo tra fede e ragione”. La fede non è intransigente, il credente non è arrogante. Al contrario, la verità rende umili e porta al-

la convivenza e al rispetto dell’altro. Ne deriva che la fede porta al dialogo in tutti i campi. Il terzo. Il terzo capitolo, “Vi trasmetto quello che ho ricevuto”, è incentrato sull’importanza dell’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio, non può tenere questo dono per sé, scrive il Papa, ricordando la catena ininterrotta dei testimoni della fede. Ciò comporta il legame tra fede e memoria perché l’amore di Dio mantiene uniti tutti i tempi e ci rende contemporanei a Gesù. Inoltre, diventa “impossibile credere da soli”, perché la fede apre l’io al “noi” ed avviene sempre “all’interno della comunione della Chiesa”. Per questo, “chi crede non è mai solo”. C’è “un mezzo speciale” con cui la fede può trasmettersi: i sacramenti. Il quarto. Il quarto capitolo, “Dio prepara per loro una città”, spiega il legame tra la fede e il bene comune. La fede, infatti, rende saldi i vincoli fra gli uomini e si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. Ecco perché essa non allontana dal mondo e non è estranea all’impegno concreto dell’uomo contemporaneo. L’Enciclica si sofferma, poi, sugli ambiti illuminati dalla fede: la famiglia fondata sul matrimonio, i giovani, i rapporti sociali, la natura, la sofferenza e la morte. All’uomo che soffre Dio offre la sua presenza che accompagna, che apre un varco di luce nelle tenebre. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza. Alla fine della “Lumen fidei”, il Papa invita a guardare a Maria, “icona perfetta” della fede.

lida solo per la vita individuale. Una verità comune ci fa paura, perché la identifichiamo con l’imposizione intransigente dei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell’amore, se è la verità che si schiude nell’incontro personale con l’Altro e con gli altri, allora resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune. Essendo la verità di un amore, non è verità che s’imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall’amore può arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il cre-

dente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti. D’altra parte, la luce della fede, in quanto unita alla verità dell’amore, non è aliena al mondo materiale, perché l’amore si vive sempre in corpo e anima; la luce della fede è luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesù. Essa illumina anche la materia, confida nel suo ordine, conosce che in essa si apre un cammino di armonia e di comprensione sempre più ampio. Lo sguardo della scienza riceve così un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a rimanere aperto alla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura è sempre più grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza.

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do un’analogia, il Papa spiega che come nella vita quotidiana ci affidiamo a “persone che conoscono le cose meglio di noi” - l’architetto, il farmacista, l’avvocato - così per la fede necessitiamo di qualcuno che sia affidabile ed esperto “nelle cose di Dio” e Gesù è “colui che ci spiega Dio”. La fede, poi, “non è un fatto privato”, ma è destinata a diventare annuncio. Il secondo. Nel secondo capitolo, “Se non crederete, non comprenderete”, il Papa scrive: “La fede senza verità non salva. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità”. Ed oggi, data “la crisi di verità in cui viviamo”, è più che mai necessario richiamare questo legame, perché la cultura contemporanea tende ad accettare solo la verità della tecnologia, ciò che l’uo-

Lumen fidei, la fede allarga gli orizzonti della ragione Alcuni stralci per cominciare la lettura dell’enciclica I. P.

1. La luce della fede: con quest'espressione, la tradizione della Chiesa ha indicato il grande dono portato da Gesù, il quale, nelVangelo di Giovanni, così si presenta: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in questi termini: «E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulge nei nostri cuori» (2 Cor 4,6). Nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni giorno, si capiva bene che era incapace di irradiare la sua luce sull’intera esistenza dell’uomo. Il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è incapace di

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arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce. «Per la sua fede nel sole afferma san Giustino Martire - non si è mai visto nessuno pronto a morire». Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, «i cui raggi donano la vita». A Marta, che piange per la morte del fratello Lazzaro, Gesù dice: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?» (Gv 11,40). Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta. (...) 34. La luce dell’amore, propria della fede, può illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità. La verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, va-

il PortiCo

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blocnotes Non servono le leggi, ma un’educazione di CARLO VALERIO BELLIENI

Il New England journal of Medicine è la rivista medica più citata al mondo. Non è senza peso allora che in un editoriale si vada a rompere un altro tabu: gli autori si pongano la domanda: si possono “vendere degli embrioni”? E rispondono che sembra strano, ma dato che gli embrioni si possono distruggere, non vedono perché non si possano anche vendere. Non sentono nemmeno di dover perder tempo a spiegare perché un embrione non è un essere umano: ormai la pratica è di non trattarli come tali, dunque… Come era ovvio, la nuova barriera in questa strada scivolosa sta per essere superata: finora vendere gli embrioni è vietato ma… se non c’è un riconoscimento della umanità degli embrioni, allora non sussistono nemmeno motivi per non sfruttarli in tutti i modi. Finora, dicevo, è vietato venderli, ed è stato finora imbarazzante per chi dice che si possono distruggere proibire questa vendita (di esseri umani). Ora, come succede in tutti gli altri campi, dato che a parte il Papa e pochi altri nessuno educa ad una ecologia della vita (al massimo qualcuno cerca di arroccarsi su qualche legge come una rocccaforte che aspetta solo l’ultimo colpo per crollare), ovviamente tra la gente nessuno pensa che esista un’etica diversa dall’utilitarismo. Perché questo è il punto: non si tratta di fare l’ennesima legge (come vorrebbero certuni magari per metterci sopra la bandiera), ma di educare. Invece, via alla vendita degli embrioni…


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IL PORTICO DEL TEMPIO

il PortiCo

Il Papa. Nei numerosi incontri il Santo Padre ha richiamato la vera essenza della fede.

Nel cammino della vita non siamo soli, gli Angeli di Dio ci offrono le loro ali ROBERTO PIREDDA

LL’ANGELUS IL SANTO Padre si è soffermato in primo luogo sul Vangelo domenicale (Lc 10,1-12.17-20) che presentava l’invio in missione da parte di Gesù dei settantadue discepoli: «Gesù non vuole agire da solo, è venuto a portare nel mondo l’amore di Dio e vuole diffonderlo con lo stile della comunione, con lo stile della fraternità. Per questo forma subito una comunità di discepoli, che è una comunità missionaria. Subito li allena alla missione, ad andare». Il protagonista della missione è solo il Signore Gesù: «non dobbiamo vantarci come se fossimo noi i protagonisti: protagonista è uno solo, è il Signore! Protagonista è la grazia del Signore!». Al termine dell’Angelus Papa Francesco ha presentato la sua prima enciclica, Lumen fidei: «per l’Anno della fede, il Papa Benedetto XVI aveva iniziato questa Enciclica, che fa seguito a quelle sulla carità e sulla speranza. Io ho raccolto questo bel lavoro e l’ho portato a termine. Lo offro con gioia a tutto il Popolo di Dio: tutti infatti, specialmente oggi, abbiamo bisogno di andare all’essenziale della fede cristiana, di approfondirla e di confrontarla con le problematiche attuali. Ma penso che questa Enciclica, almeno in al-

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L’incontro tra il Papa e il presidente del Consiglio, Enrico Letta.

cune parti, può essere utile anche a chi è alla ricerca di Dio e del senso della vita». Sempre Domenica il Santo Padre ha celebrato la Messa per la per la “Giornata dei Seminaristi, Novizi, Novizie e di quanti sono in cammino vocazionale”, in occasione dell’Anno della fede. Nell’omelia Papa Francesco ha insistito su tre aspetti: la gioia, la croce e la preghiera. Il chiamato deve essere un vero testimone della gioia che viene da Dio: «siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui».

Il punto di riferimento della missione è la croce di Cristo: «il mistero pasquale è il cuore palpitante della missione della Chiesa! E se rimaniamo dentro questo mistero noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore». Non bisogna mai dimenticare, ha ricordato con forza Francesco, il primato della preghiera: «l’evangeliz-

zazione si fa in ginocchio. Siate sempre uomini e donne di preghiera. Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti». Il giorno precedente il Papa aveva incontrato in udienza i giovani in cammino vocazionale e i partecipanti al pellegrinaggio per l’Anno della fede. Il cuore della chiamata, ha mostrato il Santo Padre, è il rapporto personale con Dio: «nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra, ma la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore». In settimana il Santo Padre, alla presenza anche del Papa emerito Benedetto XVI, ha consacrato lo Stato della Città del Vaticano a San Giuseppe e San Michele Arcangelo: «nel cammino e nelle prove della vita non siamo soli, siamo accompagnati e sostenuti dagli Angeli di Dio, che offrono, per così dire, le loro ali per aiutarci a superare tanti pericoli, per poter volare alto rispetto a quelle realtà che possono appesantire la nostra vita o trascinarci in basso».

“Una società che ha dimenticato l’esperienza del pianto” Indimenticabile Papa Francesco. Visitando l’isola di Lampedusa nei giorni scorsi, il Pontefice ha avuto parole di grandissima intensità: “Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini?”, “Siamo una società che ha dimenticato l'esperienza del piangere”. Tutt’altro che una visita simbolica, tutt’altro che quanto dichiarato dai politici di casa nostra. La presenza del Papa sull’isola dei disperati che cercano di arrivare sulle nostre coste per trovare fortuna è stato un durissimo atto d’accusa: “Chi è il responsabile di questo sangue? - ha chiesto nell’omelia - Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”.

Hanno collaborato a questo numero:

Mauro Barberio, avvocato, Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo Vaticano, Francesca Sanna, giornalista pubblicista, Carlo Valerio Bellieni, medico neonatologo membro della Pontificia Accademia per la Vita, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, Federica Bande, studentessa di Giurisprudenza e collaboratrice dell’Ufficio diocesano di Pastorale Giovanile, Alessandra De Valle, laureata in Scienze politiche e mamma di quattro figli, Matteo Meloni, laureato in Governance e Sistema Globale, don Roberto Maccioni, parroco di San Vito, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, padre Christian Steiner op, Tore e Loredana Marcia, incaricati regionali per la Pastorale Familiare della Conferenza episcopale Sarda, Maria Grazia Catte, catechista della parrocchia SS. Redentore (Monserrato), Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, Rosalba Crobu, funzionario del Ministero Istruzione, Università e Ricerca, Maurizio Cancedda, parrocchia San Pietro (Assemini), mons. Alberto Pala, parroco della Cattedrale di Cagliari, Laura Cabras, presidente dell’Associazione “Il colle verde”, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Lidia Lai, mediatore civile, laureata in Lettere moderne, don Alberto Pistolesi, Direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale giovanile, Michele Antonio Corona, specializzato in Teologia Morale e Sacra Scrittura, dottorando in Fonti scritte della civiltà mediterranea, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri, Silvio Cherchi, giornalista pubblicista. Il direttore della testata è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3744 copie, 44 in più del precedente. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.

domeniCa 14 luglio 2013

pietre VIETNAM

Cattolici in festa per il card Van Thuan La chiesa vietnamita ha festeggiato la chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione del card. Francis Xavier Nguyen Van Thuan, icona della Chiesa asiatica con la sua testimonianza di fede fra sofferenze e persecuzioni. Ora la causa del porporato e servo di Dio inizierà un nuovo e speciale itinerario, la cosiddetta "fase romana" presso la Congregazione vaticana per le cause dei Santi. La messa celebrata dal card Agostino Vallini - vicario della diocesi di Roma - ha segnato il passaggio di consegne dei lavori di un processo iniziato il 22 ottobre 2010, a cinque anni di distanza dalla morte dell'ex coadiutore dell'arcidiocesi di Ho Chi Minh City.

MISSIONI

È morto padre Giuseppe Berton Padre Giuseppe Berton, missionario saveriano, apostolo dei ragazzisoldato in Sierra Leone si è spento nella casa madre dei saveriani a Parma. Nato a Marostica nel 1932, dal 1973 fino alla vigilia della morte, padre Giuseppe ha vissuto e lavorato in Sierra Leone, dedicandosi soprattutto alla pastorale missionaria e all'attività sociale, nella diocesi di Makeni e poi nella capitale Freetown. Durante la decennale guerra in Sierra Leone ha vissuto le drammatiche vicende del rapimento da parte dei ribelli, che abusavano anche dei bambinisoldato per le mutilazioni, uccisioni e violenze di ogni tipo. Da allora aveva avviato progetti che hanno permesso di recuperare migliaia di ragazzi e ragazze e restituendoli pian piano alla vita normale e alla società. SIRIA

Stupro e atrocità su una giovane cristiana Una 15enne cristiana di Qusair è stata presa e obbligata a un matrimonio. islamico. Era stata diffusa in Siria la fatwa che dichiarava lecito per gli oppositori del regime di Assad lo stupro perpetrato ai danni di “qualunque donna siriana non sunnita”. Il comandate del battaglione ha preso la ragazzina, l'ha sposata e violentata. Poi l'ha ripudiata. Il giorno seguente la giovane è stata costretta a nozze islamiche con un altro militante. Anche questi l'ha violentata e poi ripudiata. La stessa dinamica si è ripetuta per 15 giorni, e la giovane è stata stuprata da 15 uomini diversi, portandola alla destabilizzazione psicologica e rendendola insana di mente ed infine è stata uccisa.


domeniCa 14 luglio 2013

IL PORTICO DEI GIOVANI

il PortiCo

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Personaggi. Parla il pittore quarantunenne david lopez, vincitore lo scorso anno del Premio delle Pontificie accademie.

“Annunciando Cristo nella bellezza dell’arte, esprimiamo al Signore la nostra gratitudine” Da 14 anni affianca Kiko Arguello mentre dipinge le sue opere all’interno delle chiese: “La struttura della tradizione può sposarsi con le tecniche dell’arte moderna” ALESSANDRA DE VALLE A BELLEZZA È LA GRANDE necessità dell’uomo ed è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo”. Così nel 2010 insegnava Benedetto XVI, dalla “Sagrada Familia” di Barcellona. Oggi, nella Chiesa della Vergine della Salute a Cagliari, un nuovo scorcio di bellezza viene offerto in un grande dipinto che “ci invita alla libertà”. Dice così a Il Portico David Lopez, 41 anni e padre di sei figli, che ha ricevuto nel 2012 il Premio delle Pontificie Accademie e dice di dipingere “per gratitudine”. Suo è il lavoro di rifinitura dell’opera, alla quale ha lavorato con un’équipe numerosa anche il fondatore del Cammino neocatecumenale. Da quanto tempo lavori con Kiko Arguello?

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David Lopez al lavoro nella chiesa della Vergine della Salute. Sotto, con Kiko.

Da quattordici anni. Vivevo a Parigi e dipingevo, ma ero insoddisfatto. Così in qualche modo il Signore mi ha detto: “Perché non dai ai poveri il tuo talento? Io ti benedirò!”. Avevano proposto a Kiko di dipingere all’interno di una grande chiesa e lui ha pensato di creare un’équipe per rispondere a una domanda fondamentale: con quale estetica la Chiesa vuole evangelizzare l’uomo del secolo XXI? In tutte le epoche infatti la fede vissuta dal popolo si è concretizzata in una

espressione visiva che ha caratterizzato la sua specifica cultura e così abbiamo il romanico, il gotico, e così via, ma queste manifestazioni non sono proprie dell’uomo di oggi. “Cultura” infatti non sono i libri, ma il modo in cui viviamo: Giovanni Paolo II ha detto che la fede è veramente accolta in una persona quando in lui si trasforma in cultura. Il XX secolo è stato però molto eclettico: non c’è stata nell’arte un’incarnazione precisa della fede vissuta e la proposta estetica è risultata un po’ caotica. Noi, umilmente, cerchiamo di

portare la nostra proposta. Ispirato soprattutto da Rublev, Kiko prende la struttura della tradizione e la traduce con un linguaggio pittorico che tiene conto delle tecniche e delle scoperte dell’arte moderna. La tradizione ha una saggezza meravigliosa, ma ha bisogno di un’espressione che sia comprensibile per l’uomo di oggi, come un’omelia, che ha bisogno di esempi attuali. Voi vi preparate a dipingere celebrando l’Eucarestia. E’ così che nasce la comunione tra di voi? No: la comunione nasce dal vivere la fede nelle nostre piccole comunità di origine, e la fede ha come frutto la gratitudine. Noi svolgiamo questo servizio per gratitudine e ci prepariamo mettendo Lui al primo posto. Dipingere queste immagini è un modo di evangelizzare, ma l’evangelizzazione si fa con due cose: il mandato della Chiesa e la rinuncia a qualcosa. Per questo chiedo sempre la benedizione del Vescovo del luogo: per ricordarmi che non sono solo, ma sono inviato. Io poi rinuncio a fare le mie mostre, un altro lascia l’università per due mesi... Tutto questo però non nasce da un momento di preghiera del mattino, ma senza dubbio ha bisogno dell’alimento della preghiera e dell’Eucarestia: altrimenti come potrei vivere ogni giorno nella fede questa obbedienza? Ab-

Per capire le immagini occorre contemplarle Guida alla lettura delle icone della grande pala d’altare ALE. DEV.

on le parole che seguono, David Lopez ha accettato di “tradurre” con molta semplicità alcune delle immagini della Corona Misterica dell’Altare della Chiesa della Vergine della Salute. All’inizio non capivo molto delle icone: io non sono un iconografo nel senso religioso, ma un artista contemporaneo che con gli anni, dipingendo icone, ha visto che … parlano! Dicono tutto, basta una cosa semplice ma rara: la contemplazione. E ci vuole tempo. Noi preferiamo la rapidità, qualcuno che ci dica tutto in 5 minuti, ma così si perde il rapporto personale. Quando le persone verranno qui per le celebrazioni potranno ascoltare quello che le immagini hanno da dire, oppure no, ma esse saranno là come la Vergine Miracolosa che ha le mani piene di grazie e aspetta qualcuno che le chieda. Al centro del dipinto, con lo sfondo d’oro, ci sono tre figure: sono i tre angeli che vanno a visitare Abramo e

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Sara che non hanno figli e sono senza speranza per il futuro. Dice la Genesi che Abramo se ne stava sotto una quercia pensando alla sua fine quando tre angeli gli dissero che la sua vita sarebbe continuata in un figlio, e in qualche modo gli portano l’eternità. Perché erano tre? La Chiesa vede in queste figure la Santa Trinità e infatti Rublev, nel XV sec., li dipinge tutti con la faccia uguale, così che resti un mistero quale sia lo Spirito o il Figlio o il Padre, e ci sono moltissime interpretazioni di questa icona. Ora, per la Chiesa Cattolica, anche la Sacra Famiglia è immagine della Trinità e Kiko ha pensato di attribuire a ciascuna figura un ruolo. E’ come il fermo immagine di un film che racconta molte scene. I tre sono seduti a un tavolo e si dicono: “Che facciamo per portare la salvezza a questo nuovo Abramo, che è ciascun uomo?” Rublev è stato geniale, perché anziché metterli schierati dietro il tavolo, come per una fotografia, li ha messi ciascuno davanti a un lato. In questo modo, proprio dove si trova lo spettatore, c’è un lato libero

LE FoTo SoNo Di RoBERTo LoDDo

con un posto vuoto … per noi! Il Padre, rappresentato sulla destra da San Giuseppe, ha un piano per salvare l’uomo, ma anziché ordinare con durezza al Figlio di sacrificarsi, discretamente gli avvicina il calice con un dito. Lui capisce subito che si tratta di sa-

lire sulla croce, e infatti si volta verso la madre come per dirle: “Mamma, hai capito cosa mi sta dicendo papà”? E Maria, anziché dire “E’ un pazzo”, a suo modo restituisce al Padre l’autorità e la parola, con un silenzio che dice, come lo Spirito Santo: “Fidati di tuo Padre…”. Dietro di

biamo tutti bisogno del nutrimento dell’Eucarestia per poter fare la volontà di Dio. Qual è la parte più importante di questi dipinti? La gratitudine. E’ questo che ci dà l’amore ai fratelli che forse si ricorderanno di essere amati da Dio. Sono grato a Dio per il modo in cui sto vivendo la Chiesa, perché prima andavo a messa ma non sapevo nulla delle persone a cui davo il segno di pace. Vivere la fede in una piccola comunità avvertendo il passaggio di Dio, è una grande grazia! Vedere le altre coppie in crisi, pregare per loro, vederli poi crescere nella fede e nell’amore, è stato di grande aiuto quando la crisi è arrivata a me. I miei due migliori amici sono divorziati e io non mi sento diverso da loro: basterebbe solo questo per ringraziare in ginocchio! Ma prima di tutto sono grato a Dio per la fede, è questo ciò che ci fa vivere le cose con pienezza. Vivere con fede quindi è come vivere ad “alta definizione”? Una delle pittrici diceva: io sono qui a fare tutti i dettagli, ma poi tutto questo lavoro si percepirà? E’ vero, da lontano si vede tutto in modo diverso, ma è bellissimo fare così, perché è come fa Dio! Lui con noi fa sempre molto di più di quello che riusciremo mai a vedere! Che brutto sarebbe se facessimo solo le cose che si vedono! lui infatti c’è un alberello che, oltre a fare riferimento alla quercia di Abramo, è segno della croce, e la mano del Figlio fa segno di sì con il dito, come per dire:“Va bene Padre, accetto. Facciamo come dici tu”. Queste tre figure ci aiutano anche nel nostro essere sposi e genitori perché ci indicano come rapportarci tra noi e coi figli: al centro ci sono loro, non noi! E il nostro compito è portare i nostri figli a compiere la missione che Dio ha deciso per loro. Sopra la Trinità c’è il Cristo Pantocratore [= che ha potere su tutte le cose] ed è al centro di tre cerchi. Il primo (blu oltremare) rappresenta il creato, il cerchio nero indica la morte e il terzo ha un colore strano, che rappresenta il cielo. Ora è la morte, la paura, l’impossibilità di amare che ci impedisce di vivere il cielo, ma Cristo con i suoi vestiti bianchi sta passando dal creato al cielo spezzando il cerchio della morte che ci separa dalla vita e questo lo abbiamo vissuto in tanti momenti di crisi e di paura. Nella mia vita questo passaggio l’ha fatto solo il Signore. Quando poi dipingo la scritta “Amate i vostri nemici” io mi domando: “Come può Dio chiedermi questo?” E poi capisco che è esattamente quello che ha fatto lui per me: tantissime volte io sono stato suo nemico, e lo sono ancora… E mi dice: “Guarda tutto quello che io ho fatto, per te….”, e cominciando dall’Annunciazione fa un viaggio per tutto il quadro e arriva qua dove sono io.


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il PortiCo

IL PORTICO DEI GIOVANI

DOMENICA 14 luglio 2013

Aspettando Rio2013. Proseguiamo sul cammino della Croce dei Giovani nei vari Paesi del Mondo.

Cristo è il centro delle Giornate mondiali, continua ad invitare i ragazzi a unirsi a Lui Nelle Filippine il record: più di cinque milioni di persone si strinsero intorno al Beato Karol, che - giocando come Charlot con il bastone affidò loro un mandato

gnore, è proprio il centro della Giornata Mondiale della Gioventù, e continua a invitare molti giovani a unirsi a lui nel sublime compito di diffondere il suo Regno. Egli è qui perché la Chiesa è qui. Egli è qui nell’Eucaristia, e attraverso il ministero dei suoi sacerdoti e dei suoi Vescovi, in unione con il Successore di Pietro. Cristo è qui attraverso la fede e l’amore di così tanti giovani che si sono preparati spiritualmente per questo Incontro e hanno lavorato molto e fatto sacrifici per poter compiere questo pellegrinaggio di speranza e di impegno”.

nizza le GMG), che stupì tutti per il sorriso e la risata contaggiosa. L'organizzazione fu eccellente. Soprattutto la scommessa di “dare la vita in abbondanza” contagiò la città che si aprì ai giovani. “We are one body, one body in Christ” recitava l'inno entusiasmante che la cantante irlandese Dana scrisse ed eseguì davanti al Papa durante la cerimonia di accoglienza nel Mile High Stadium, bagnato da una pioggia insistente, con tutti i giovani che la accompagnavano in un tripudio di emozione grazie alle parole rilanciate dal megaschermo. Ed il Beato Karol chiamò i giovani a sentirsi appieno un unico Corpo: “Sì, Cristo, il Si-

anche io mando voi”. Ed il significato venne rafforzato dal sentimento di scelta radicale di testimonianza nel mondo con la propria vita che il Papa Beato lasciò ai giovani amici, nella veglia nella quale, alla fine, trascinò un gruppo di ragazzi del Forum internazionale della Gioventù (ma anche il cardinal Sodano, Segretario di Stato ed il cardinal Sin, arcivescovo di Manila) in una incredibile catena di mani alzate in cielo, subito imitata dai 5 milioni del Rizal Park: con il premuroso segretario personale, attuale cardinale Dziwisz, preoccupato che il Papa non si facesse male giocando co10-15 gennaio 1995: Manila me Charlot con il bastone, ormai fedele compagno in La X GMG passerà alla storia co- tutti i suoi spostamenti. Disse Giome l'incontro cristiano più nume- vanni Paolo II: “Come il Padre ha roso di tutti i tempi: oltre 5 milioni mandato me, anch’io mando voi”. di persone si strinsero attorno al Queste parole sono rivolte a voi. Papa durante la veglia e la messa La Chiesa le rivolge a tutti i giovasvoltesi al Rizal Park della capitale ni del mondo [...]Figli e figlie di delle Filippine. La folla arrivava questa parte del mondo, patria prevalentemente dalle nazioni del- della maggior parte della famiglia l'Asia, dell'Oceania, e dalle Ameri- umana, siete chiamati allo stesso che. Per la prima volta cristiani del- compito e alla stessa sfida a cui la Cina Popolare, di Taiwan, di Cristo e la Chiesa chiamano i gioHong Kong e di Macao pregarono vani di ogni Continente: i giovani insieme. Giovanni Paolo II scelse del Medio Oriente, dell’Europa un tema missionario, per una ter- orientale e occidentale, dell’Amera, le Filippine, avamposto della rica del Nord, del Centro e del Sucristianità in terre di missione: damerica, dell’Africa. A ciascuno di “Come il Padre ha mandato me, voi Cristo dice: “Io mando voi”.

tuale presenza di giovani che volessero prestare il loro talento artistico per l’occasione. In questa circostanza è stato chiaramente presentato il sussidio di cui abbiamo parlato anche durante le scorse settimane e che le parrocchie possono avere mettendosi in contatto con la segreteria che sta curando l’evento. La PG ha voluto creare un progetto dinamico, che articolandosi in sei passaggi racconta la vita di Maria attraverso le tavole iconografiche dell’artista Beppe Cavagnino, promuovendo ad ogni tappa dei lavori di gruppo. La prima tappa è quella della Bella Notizia, dell’Annunciazione a

Maria da parte dell’Angelo, e instradati dalle parole del Papa e dalle iniziative presenti nel progetto, i ragazzi sono invitati a riunirsi ed iniziare assieme questa piccola avventura. La seconda tappa invece presenta il tema del Servizio attraverso la figura di Maria che fa visita ad Elisabetta; qui viene chiesto ai ragazzi di creare una locandina come mezzo per invitare altre persone, oppure creare uno striscione… dare sfogo alla loro creatività! La terza, la quarta e la quinta tappa sono tutte incentrate alla venuta fisica di Gesù nella vita di Maria, infatti troviamo rispettivamente la Natività e quindi Gesù come grande evento nella storia; la presentazione di Gesù al Tempio ed il riferimento alla testimonianza e alla preghiera, ed infine le nozze di Cana ed il vivere la parola di Gesù. In questi passaggi ai giovani viene chiesto di incontrarsi, porsi delle domande rispetto alla vita di Cristo per poi proporle al Santo Padre,organizzare un incontro di preghiera comunitaria,e raccogliere tutto questo bagaglio di esperienze e inviarlo all’Ufficio di PG, in modo che il tutto non venga perduto ma anzi utilizzato e valorizzato al meglio, oltre che condiviso a livello diocesano. Infine la sesta tappa è tutta dedicata all’essere Chiesa, attraverso

MASSIMO LAVENA A SVOLTA DI CZęSTOCHOWA è stata decisiva per le Giornate Mondiali della Gioventù. Diventate ormai un appuntamento certo intorno al quale far ruotare temi e proposte pastorali per i giovani, vedono sempre più centrale il ruolo della universalità della Chiesa e delle sfide che la società contemporanea presenta, con la Croce albero vittorioso della vita sulla morte. E questo passaggio si rafforza con Denver 1993 e Manila 1995.

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Un’immagine indimenticabile della GMG del 1993 a Denver.

na, scintillante, non propriamente a maggioranza cattolica per l'VIII GMG? L'idea venne avvalorata dal tema scelto dal Beato Karol per l'assise statunitense “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”. La risposta, manco a dirlo, fu entusiasta. Furono soprattutto i giovani del Nuovo Mondo, dell'Asia e dell'Oceania a rendere l'ipertecnologica città una gioiosa babele di lingue, 11-15 agosto 1993: Denver canti e colori. Fu la GMG delle meditazioni del cardinal La scommessa fu: ma perché non Martini agli italiani e del futuro carpiantare la Croce dei Giovani nei dinal Stafford, arcivescovo di Den1609 metri di altitudine della capi- ver e prossimo presidente del Pontale del Colorado, una città moder- tificio Consiglio dei Laici (che orga-

Un prezioso sussidio per le parrocchie Presentato l’itinerario di preparazione alla visita del Papa FEDERICA BANDE

a VISITA DEL PAPA il 22 settembre al Santuario di Nostra Signora di Bonaria è un evento di cui abbiamo già parlato, ma questo non ne fa una notizia vecchia, né una data da segnare sul calendario, ma vuole invece essere un continuo invito alla collaborazione, condivisione e crescita a livello diocesano e cittadino. L’Ufficio di Pastorale Giovanile ha infatti creato un sussidio a misura di parrocchia, che consenta di poter portare avanti un lavoro di preparazione adeguata rispetto all’incontro con il Santo Padre. Il sussidio in questione è stato presentato ai tanti don e referenti che hanno partecipato alla riunione or-

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ganizzativa di domenica 30 Giugno, nei locali del Seminario Arcivescovile. Durante questo momento di incontro sono state fornite e discusse alcune delle indicazioni operative volte a garantire una massiccia informazione rispetto alla preparazione e strutturazione della giornata del 22 settembre. I punti salienti della conferenza riguardano la raccolta e le adesioni delle presenze dei giovani e dei gruppi giovanili che parteciperanno; l’adesione al percorso spirituale proposto dall’Ufficio di Pastorale Giovanile e quindi la richiesta di far pervenire alla PG le eventuali esperienze, testimonianze e domande rivolte al Santo Padre e la richiesta di comunicare l’even-

l’immagine della discesa dello Spirito Santo. Qui il sussidio si conclude e viene chiesto anche ai ragazzi di chiudere il loro piccolo percorso formativo con l’organizzazione di un ultimo incontro dove potranno affrontare il vasto tema della Chiesa e della Comunità. Ecco in poche righe un breve riassunto dell’esperienza che l’Ufficio di Pastorale Giovanile chiede a tutti di intraprendere! Lavorare sulla propria vita (spirituale e non) è difficile, ma lavorare in gruppo sostenendosi e aiutandosi è edificante.


IL PORTICO DI CAGLIARI

DOMENICA 14 luglio 2013

Caritas. Una primaria azienda alimentare ha deciso di donare 33mila confezioni di tonno.

La Chiesa lancia un vero allarme: “I sardi sono poveri anche di pane” Da una recente rilevazione effettuata nei Centri di Ascolto è nata l’intesa con As do Mar, un caso virtuoso di responsabilità sociale dell’impresa verso il territorio in cui opera SERGIO NUVOLI UELLO REALIZZATO DA Caritas con As do mar, nota marca di tonno, è senza dubbio un caso virtuoso di responsabilità sociale di impresa. A spiegarlo bastano le parole di Vito Gulli, presidente di Generale Conserve: “Come persona non dovrei dire nulla del bene che faccio attacca - Ma come imprenditore ho l’ardire di aver messo in piedi un gesto didattico: mi auguro che altri, dopo di noi, seguano il nostro esempio”. E’ il modello di chi ha donato 33mila confezioni di tonno alle Caritas dell’Isola, perchè vengano recapitate alle famiglie assistite, o servano alle mense che ogni giorno sfamano sempre più affamati. Oggi, As do mar è una realtà che dà lavoro a 330 persone, con uno stabilimento simile ad Oporto (Portogallo), che lavora altri prodotti, e l’unico in Sardegna, costruito sulle ma-

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Vito Gulli, don Marco Lai, don Angelo Pittau, mons. Giovanni Paolo Zedda.

cerie lasciate da un’altra azienda. Oggi è il secondo marchio in Italia, viaggia sui 200 milioni di fatturato annuo, e ha di recente rilevato anche il marchio Manzotin. Un piccolo orgoglio dell’industria sarda, cresciuto in silenzio: “La nostra è una filiera dall’affidabilità controllata - aggiunge Gulli - riceviamo un tonno ben selezionato, lo tagliamo in Sardegna, lo selezioniamo, lo puliamo a mano e solo dopo lo mettiamo in scatola”. Insomma un prodotto genuino, che in questi giorni verrà ritirato per le Caritas di tutta l’Isola: “L’iniziativa spiega don Marco Lai, delegato regionale della Caritas Sardegna - na-

sce da una precisa rilevazione condotta nei nostri Centri di Ascolto”, vere e proprie antenne del bisogno sparse su tutto il territorio. “Ogni giorno - continua don Marco - vengono consegnati 1250 pacchi viveri ad altrettante famiglie sarde”. Ma i numeri non si fermano qui: “Il nostro Centro diocesano di assistenza - conclude il sacerdote - accoglie ogni giorno 1700 famiglie. Con il blocco degli alimenti finora donati dall’Unione europea, la situazione si è fatta drammatica”. D’accordo don Angelo Pittau, che rincara la dose: “La dimensione della povertà - spiega - ha una dimensione nuova: ora manca anche il

mangiare. Tutta la Sardegna oggi soffre della povertà del pane, di viveri e di vestiario. Il territorio è afflitto dalla povertà del lavoro, ma a questa si aggiunge la fame”. Sull’aspetto educativo dell’iniziativa si è soffermato mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias e delegato della Conferenza episcopale sarda: “Questa operazione - ha detto - può darci la possibilità di creare un primo esempio di attenzione da parte degli imprenditori per il territorio in cui lavorano. Richiama tutti alla vera responsabilità sociale delle imprese, alla loro doverosa attenzione verso i lavoratori”.

Cisl, il Sicomoro, Il Dono è Magia Onlus insieme al Centro Giovanile Domenicano, i Missionari Redentoristi, e la Comunità Missionaria di Villaregia per lo Sviluppo Onlus: un vasto partenariato che va ad includersi anche all’interno del campo estivo. Il programma prevede la suddivisione della giornata in due parti: la prima dedicata al volontariato nelle strutture della Caritas come, ad esempio, la mensa di Viale Fra Ignazio, ed il pomeriggio dedicato al dialogo e alla formazione. “È prevista una cena dei popoli – afferma Giada Melis – data la partecipazione di giovani in arrivo da diverse parti del mondo: avremo ospiti ragazzi del Marocco provenienti dalla città di Algeri, in un continuum con la bellissima esperienza di MigraMed, evento che nel maggio del 2012 si è svolto a Cagliari con la partecipazione delle Caritas del Medi-

terraneo, di molte Caritas europee e dei rappresentanti delle Caritas diocesane che partecipano al Coordinamento nazionale Immigrazione di Caritas Italiana. Nell’occasione – continua Melis – si è parlato di dialogo, accoglienza, prospettive delle migrazioni e anche di dialogo interreligioso, un tema che le Caritas della sponda sud del Mediterraneo, in Paesi a maggioranza islamica, si trovano ad affrontare quotidianamente. Abbiamo realizzato, inoltre, una collaborazione con la Caritas di Padova: insieme all’esperienza con i ragazzi di Algeri sono elementi che danno un ampio respiro all'iniziativa, che si rivolge ai giovani sardi per creare ponti di amicizia con altri ragazzi, con la conoscenza di tanti volontari e testimoni di solidarietà, sfruttando la possibilità di fare esperienza di servizio e formazione attraverso una vera e propria forma di volontariato nelle strutture della Caritas e di altre associazioni. Non mancheranno gli aspetti ludici: saranno organizzate alcune giornate al mare, eventi di sport solidale, musica e balli. Sottolineo – conclude Giada Melis – la grande collaborazione intercorsa tra Caritas diocesana e Caritas parrocchiali con la Parrocchia di S. Luca, S. Massimiliano Kolbe, Madonna della Strada, S. Eulalia e quella tra Caritas ed associazioni e cooperative sociali del territorio”. Le iscrizioni al campo scadranno il 20 luglio.

Un campo estivo di volontariato Dal 19 al 25 agosto con Caritas: iscrizioni entro il 20 luglio MATTEO MELONI A CARITAS DI CAGLIARI, insieme al GDEM, Gruppo Diocesano di Educazione alla Mondialità, organizza dal 19 al 25 agosto il campo estivo di volontariato Scegli un Mondo Solidale. Rivolto ai giovani dai 16 ai 25 anni, il campo estivo ha come obiettivo sensibilizzare i partecipanti sulle tematiche legate alla povertà, alla nonviolenza e alla cittadinanza. L’occasione è importante per vivere un’esperienza di amicizia e di servizio, per conoscere le attività di promozione umana della Caritas e di altre associazioni, e per essere protagonisti della solidarietà. Giada Melis è la responsabile del progetto AMOS – Amo un Mondo Operoso e Solidale – nel quale rientra il campo estivo Scegli un Mondo Solidale. “Il Progetto AMOS vuol rendere i giovani protagonisti della solidarietà, e nasce come iniziativa di rete: durante l’anno scolastico ed accademico ha coinvolto ragazzi frequentanti le scuole superiori e l’U-

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niversità di Cagliari, insieme ai gruppi giovanili delle parrocchie e dei movimenti. È partito con l’animazione nelle scuole e all’interno delle comunità parrocchiali – ricorda Melis – per poi divenire un concorso di idee solidali miranti a realizzare piccole e nuove soluzioni per situazioni di povertà, attraverso laboratori multietnici ed extrascolastici con momenti di incontro e di conoscenza diretta reciproca tra giovani italiani ed immigrati. Il campo estivo è un ulteriore momento che darà ai giovani la possibilità di fare un’esperienza formativa presso le opere-segno e i principali settori della Caritas e di altre realtà solidali. Il tutto alla luce delle parole ancora attuali del profeta Amos, che fin dai tempi antichi chiedeva giustizia e solidarietà in nome di Dio”. Al progetto AMOS collaborano l’Ufficio per l’insegnamento della Religione Cattolica, l’Ufficio Missionario Diocesano, il Servizio della Pastorale Giovanile, l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro, il Centro Giovanile Salesiano, Confcooperative,

IL PORTICO

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cronaca VIAGGIO IN TERRA SANTA

Pellegrinaggio sui luoghi della fede Tra le indicazioni pastorali della «Nota per l’anno della fede» emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, vi si trova quella di «favorire i pellegrinaggi in Terra Santa, luogo che per primo ha visto la presenza di Gesù, il Salvatore, e di Maria, sua madre». Sotto questo aspetto è possibile considerare il pellegrinaggio in Terra Santa dal primo al 6 luglio scorsi che ha visto, come guida, l’arcivescovo di Cagliari e, come, pellegrini, alcuni sacerdoti. Pochi giorni ma sufficienti per la lettura del “Quinto Vangelo” - secondo l’espressione di Paolo VI - e per una immersione totale nei luoghi che sono stati i principali protagonisti dell’esperienza umana di Gesù, con l’unico scopo di ritornare alla genesi del proprio sacerdozio. A tal proposito ha avuto un significato particolare la visita al lago di Tiberiade, luogo della chiamata dei primi discepoli, e la preghiera silenziosa al Cenacolo con l’ascolto dei passi evangelici legati a quel luogo, le cui pareti rimangono testimoni mute dell’istituzione della eucaristia, della lavanda dei piedi, del sacerdozio e della nascita della Chiesa. Il pellegrinaggio iniziato con la visi-

ta della città di Nazareth, si è sviluppato attraverso le tappe fondamentali della vita di Gesù: il monte Tabor, i resti della città erodiana di Sefforis, le sorgenti del Giordano, Cafarnao con i resti della sinagoga e della casa della suocera di Pietro, Cana di Galilea, e attraverso il deserto di Giuda, con tappa al sito del battesimo di Gesù e alla citta di Gerico, fino ad arrivare a Gerusalemme con le sue bellezze e contraddizioni. Ancora, il monastero di San Giorgio in Kosiba e la visita agli scavi di Qumran. Una esperienza singolare e suggestiva, che non viene fatta di solito dai gruppi di pellegrini, è stata quella di poter attraversare il tunnel di Ezechia, un canale sotterraneo di circa 500 metri completamente al buio, fatto scavare sotto la città santa dal re per fungere da acquedotto a Gerusalemme durante l’assedio della città da parte degli Assiri. A conclusione del pellegrinaggio la visita ad Ain Karem, paese natale di San Giovanni Battista e alla città davidica di Betlemme. Per chi ha avuto la possibilità di visitare queste località è sufficiente leggere questi nomi per rivivere sentimenti ed emozioni che segnano la vita del cristiano. Per chi, al contrario, non ha ancora avuto questa opportunità, è un modo per continuare ad alimentare il desiderio di fare questo pellegrinaggio. don Roberto Maccioni


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IL PORTICO DE

il PortiCo

XV DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)

dal Vangelo secondo Luca

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n quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così». Lc 10, 25-37 DON ANDREA BUSIA

il portico della fede

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uella del dottore della Legge a Gesù è una domanda molto diretta come era normale nella tradizione ebraica dove i maestri erano spesso chiamati a indicare comportamenti pratici più che a fare lunghi discorsi. Non deve essere caricato eccessivamente il fatto che Luca ci informi che la domanda fosse finalizzata a mettere alla prova di Gesù, questa non è una domanda finalizzata a cogliere in errore Gesù (come capita altrove nel vangelo) ma a valutare quanto fosse affidabile Gesù come maestro, di fatto era un esame. Gesù non risponde alla domanda del suo interlocutore se non interrogandolo a sua volta sul suo stesso campo di competenza: la Legge. È lo stesso dottore a citare la scrittura a citare due testi del Pentateuco (la raccolta dei primi cinque libri della Bibbia) unendo due differenti comandi: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze” (Dt 6,5)

Gli si fece vicino, g

e “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18). Gesù, considerando giusta la risposta, la fa sua e lo invita a comportarsi di conseguenza. La domanda del dottore della Legge è la motivazione per la quale Gesù racconta la parabola del buon samaritano. Una parabola il cui insegnamento è facile da comprendere, ma per la quale può comunque essere utile conoscere qualcosa del contesto sociale e storico dell’epoca. I primi due personaggi sono presentati negativamente, sebbene Gesù non lo dica esplicitamente, e sono un sacerdote e un levita. I leviti sono gli appartenenti alla tribù di Levi (una delle 12 tribù che costituiscono il popolo ebraico) e, tradizionalmente, i discendenti di Levi, uno dei figli del patriarca Giacobbe. Questa è l’unica tribù del popolo d’Israele a non aver ricevuto un territorio nella terra promessa e questo perché il loro compito non doveva essere quello del la-

voro della terra o del pascolo, bensì quello di servire costantemente il Signore e occuparsi del culto (Gs 13,14.33) e tutte le altre tribù dovevano versare, per il sostentamento dei leviti, la “decima”, cioè un decimo di tutto ciò che producevano. Da quanto detto è evidente che Gesù ponga sul piano negativo un sacerdote e un’altra persona che viveva per il culto del Signore, non tanto perché Gesù rinneghi il culto, tutt’altro, noi lo vediamo infatti spesso in sinagoga o nel tempio; ciò che Gesù vuole evitare è che il culto sia sterile per quanto riguarda l’amore verso i fratelli, in particolare i più bisognosi. Questo tema, anche se non esclusivamente in relazione al culto, ricomparirà anche nella tradizione apostolica: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). Amore per Dio e amore per i fratelli non sono, per un cristiano, concetti separabili. La seconda osservazione che possiamo

fare è che il secondo comandamento citato dal dottore della Legge, quello sull’amore fraterno (vedi sopra) non è riferito a tutti gli uomini, ma esplicitamente ai “figli del tuo popolo”: è vincolante, nella tradizione dell’Antico Testamento, solo per le relazioni tra ebrei. Gesù però nella parabola fa realizzare questo comandamento a un samaritano, di fatto ampliandone la portata alle relazioni con tutti gli uomini. I samaritani erano anticamente parte del popolo ebraico ma, per ragioni storiche, si sono separati dal popolo ebraico e sono stati considerati alla stregua dei pagani (anzi peggio), come non facenti parte del popolo dell’alleanza, con il passare dei secoli questa differenza si è rafforzata fino a portare a un reciproco rifiuto di riconoscimento. In questo contesto è particolarmente significativo che a un dottore della Legge (come in altri brani del vangelo) venga proposto come esempio quello che lui considererebbe come un “rinnegato”.

IL SOLE NON ILLUMINA TUTTO IL REALE Venerdì 5 Luglio è uscita la prima enciclica di Papa Francesco dal titolo Lumen fidei(LF) e la sua pubblicazione costituisce, evidentemente, uno degli avvenimenti più importanti dell’Anno della fede, voluto da Benedetto XVI e portato avanti dal suo successore. In questi numeri estivi prenderemo in esame alcuni punti del testo. Nell’introduzione del testo si fa riferimento al tema della luce a partire dalla constatazione del desiderio profondo del cuore umano di essere illuminato sul senso dell’esistenza. In questa prospettiva il Papa cita il caso del mondo pagano dove si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato al suo sorgere, tutto questo però con dei limiti evidenti: «il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è incapace di arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce. “Per la sua fede nel sole - afferma san Giustino Martire non si è mai visto nessuno pronto a morire” Consapevo-

li dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, “i cui raggi donano la vita”» (LF, 1). Nell’epoca moderna si è assistito alla diffusione di un modo di pensare per il quale «la fede appariva come una luce illusoria, che impediva all’uomo di coltivare l’audacia del sapere» (LF, 2). A tale proposito è emblematico il pensiero di Nietzsche, osserva il Papa: «Nietzsche svilupperà la sua critica al cristianesimo per aver sminuito la portata dell’esistenza umana, togliendo alla vita novità e avventura. La fede sarebbe allora come un’illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani». (LF, 2). Proseguendo su questa linea la fede viene associata al buio: «si è pensato di poterla conservare, di trovare per essa uno spazio perché convivesse con la luce della ragione. Lo spazio per la fede si apriva lì dove la ragione non poteva illuminare, lì dove l’uomo non poteva più avere cer-

tezze. La fede è stata intesa allora come un salto nel vuoto che compiamo per mancanza di luce, spinti da un sentimento cieco; o come una luce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuore, di portare una consolazione privata, ma che non può proporsi agli altri come luce oggettiva e comune per rischiarare il cammino» (LF, 3). La sola luce della ragione non è però sufficiente per affrontare la domanda di vita che emerge nell’esperienza dell’uomo, per questa è necessaria una luce più grande: «l’uomo ha rinunciato alla ricerca di una luce grande, di una verità grande, per accontentarsi delle piccole luci che illuminano il breve istante, ma sono incapaci di aprire la strada. Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla mèta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione» (LF, 3). di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

domeniCa 14 luglio 2013

li fasciò le ferite...

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La famiglia nel cuore della Chiesa e della società

Verso il convegno delle famiglie Incontro regionale, 23-25 agosto a Casa Betania a Bultei l Convegno regionale triennale “La Famiglia nel cuore della Chiesa e della Società” organizzato dalla Commissione regionale di Pastorale familiare vuole ricordare e recepire maggiormente l’evento e i testi del Concilio Vaticano II attraverso la mediazione dei testi del Concilio Plenario Sardo rendendo le famiglie delle diocesi della Sardegna protagoniste della recezione e attuazione della visione di Chiesa e di società che i testi conciliari donano. Gli stessi testi conciliari indicano la famiglia come Chiesa domestica e i genitori come primi interpreti e collaboratori del Creatore e annunciatori del Vangelo alla persona umana (LG 11) e, allo stesso momento, la famiglia come “madre e matrice della cultura dell’uomo universale” (GS 61) della quale il documento Gaudium et Spes si fa interprete e promotore. Il Concilio Plenario Sardo (1995-2001) si pone come attuazione dei testi conciliari per la Chiesa che è in Sardegna e indica la pastorale familiare “come una delle linee portanti di tutta la pastorale parrocchiale, diocesana e regionale dell’Isola” (CPS, 68). Le Famiglie, avendo a che fare con i bambini, sono esperte nel gioco, per questo noi, come famiglie desideriamo “giocare a concilio”. Lo svolgimento di questo convegno triennale vorrà perciò “imitare” in piccolo le modalità di svolgimento della stesso Concilio Vaticano II aprendoci in modo particolare a quanto lo Spirito Santo potrà suggerirci. Nel primo anno si approfondirà il ruolo della famiglia come Chiesa domestica a favore della comunione ecclesiale. Il Concilio Vaticano II riprende l’antica denominazione della famiglia cristiana come “Chiesa domestica”, che si potrebbe tradurre con “Chiesa a casa nostra”. I testi conciliari attuando così una rivoluzione nella concezione e percezione della famiglia cristiana: si trova in casa tutto il mistero della Chiesa, grazie alla sua intima partecipazione alla vita trinitaria grazie al sacramento del battesimo e delle nozze. Nel secondo anno si approfondisce la relazione della famiglia con la società attuale. Gaudium et spes caratterizza l’umanità intera come “famiglia”. La Chiesa di fatto immerge ogni famiglia nella vicinanza che Gesù ha verso ogni popolo e ogni essere umano. Infine nel terzo anno

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Vincent van GOGH, Il buon Samaritano, 1890, Saint-Rémy, Olio su tela, 73 x 60 cm

RISCRITTURE

L’ANONIMATO DELLE DECISIONI SOCIOECONOMICHE Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo.

«Chi ha pianto?», chi ha pianto oggi nel mondo?. Signore in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo, Padre, perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore; Signore, che sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo fratello?».” Papa Francesco sull’isola di Lampedusa 8 luglio 2013

si cercherà di ritrovarsi su quanto si è scoperto in questi tre anni elaborando testi secondo lo stile conciliare, che dovrebbero essere a “uso familiare”, vale a dire snelli, brevi, concreti, di immediata comprensione e di facile applicazione. In sintonia con il metodo di lavoro del Concilio Vaticano II le famiglie si divideranno in dieci commissioni guidate dai tutor costituiti dai responsabili delle commissioni diocesane di pastorale familiare dell’isola o dai loro rappresentanti per approfondire in lavori di gruppo i testi conciliari visti alla luce della propria esperienza familiare, parrocchiale, diocesana e civile. Nelle commissioni si dovrebbe tradurre la visione ecclesiale e civile della famiglia in modalità concrete di pensare, immaginare, sentire, dire e realizzare la famiglia nelle sue varie manifestazioni. Che le 10 commissioni corrispondano alle dieci diocesi vuole favorire una presa di coscienza dell’essere Chiesa regionale alla ricerca della felicità cristiana ed umana dell’isola, vale a dire del bene comune della Chiesa e della società in Sardegna. Ai bambini e giovani sarà offerto un percorso di animazione e di gioco ispirato ai temi annuali del convegno in sintonia con il loro linguaggio e il loro modo di percepire la vita. Il metodo è stato attuato già l’anno scorso con grande successo tanto da suscitare nei bambini il desiderio di non voler lasciare più il convegno. Sia il metodo dei tutor che guidano per tre anni le commissioni sia l’animazione del programma dei giovani e bambini sono una rielaborazione nel nostro territorio del metodo dei convegni della Pastorale familiare nazionale alla quale va un profondo grazie per i metodi che offre alle pastorali regionali e diocesane. Questo convegno triennale è il frutto della collaborazione tra la Commissione regionale, le commissioni diocesane, i nostri vescovi e molti movimenti ed associazioni che operano a favore della famiglia in Sardegna. Sarà particolarmente interessante e suggestivo applicare come famiglie, anche nella elaborazione dei testi, il metodo conciliare vivendo la ricchezza della forza delle parole stesse del Concilio. P. Christian Steiner, Tore e Loredana Marcia


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il PortiCo

IL PORTICO DEI LETTORI

domeniCa 14 luglio 2013

LETTERE A IL PORTICO Mi mancheranno le chiacchierate quasi quotidiane con Suor Laura dopo la Messa serale. In realtà chiamarle “chiacchierate” è riduttivo. Meglio definirle conversazioni (brevi ma sostanziali) sulla vita alla luce della fede. Della fede profonda di suor Laura, capace di risvegliare la mia fede poverissima. Che cosa potrebbe fare una suora di più grande? Forse per questo moltissimi le volevano bene, le confidavano con fiducia le proprie afflizioni, le comunicavano con affetto le proprie gioie, le chiedevano preghiere; e sia che fossero lieti o afflitti si allontanavano da lei sentendosi sollevati e migliori. A me piacevano anche i suoi aneddoti riguardanti la sua professione di infermiera all’ospedale o qualche episodio della sua lunghissima vita. Sapeva raccontare. Ma soprattutto, e la si avvicinava per questo, sapeva pregare, ascoltare, accogliere, con-

Scrivi al Papa L’Arcivescovo invita tutti (grandi e piccini) a scrivere al Santo Padre attraverso Il Portico, e - in particolare - a rivolgergli una domanda in occasione della Visita a Cagliari. Tutto il materiale da noi raccolto sarà poi consegnato a Papa Francesco. Potete scrivere agli indirizzi riportati in questa pagina.

solare, donare, sopportare, perdonare, amare. Con semplicità. Con l’agevolezza dei piccoli del Signore. Sana nel fisico nonostante la veneranda età, lucida nella mente, precisa nella parola, arguta nel pensiero, forte nell’animo, umile nel carattere, allegra nello spirito, finissima nel porsi, limpida nell’anima, santa nel cuore, questa suorina di novantadue anni era una persona pienamente realizzata. Considerava un dono senza pari l’essere suora, Figlia della Carità. Amava e venerava la sua Famiglia Religiosa (il modo delica-

tissimo con cui nominava consorelle e madri, era uno dei tanti indizi di questo amore); ed al contempo continuava ad amare profondamente la famiglia d’origine: con quale gratitudine e stima amorosa ricordava i genitori morti da tantissimo tempo ma sempre presenti in lei! Alcuni mesi fa, suor Laura mi regalò una biografia della Beata Rosalia Rendu dentro una busta sulla quale mi scrisse una dedica firmata «Suor Laura F.d.C. serva dei poveri ». Il rispetto dei poveri! Sembra una cosa scontata, invece purtroppo non lo è affatto. Ma

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzate l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

Caro Direttore, solo un piccolo stralcio dei 37 anni di storia di Bamba, nato in Senegal in un piccolo paese che si affaccia sull’oceano ed a 70 km da Dakar. Arrivato in Italia 8 anni fa spinto dal desiderio e dal miraggio di una vita migliore per sè e per la famiglia, approda al Nord Italia e da subito cerca di regolarizzare la sua presenza affidandosi ad una organizzazione il cui unico scopo è quello di lucrare spudoratamente e senza pietà su poveri stranieri ed infatti versa i suoi 600 euro ricevendone in cambio il nulla, anzi un bel decreto di espulsione. Attraversa il mare ed approda in Sardegna prendendo alloggio in uno stabile denominato ex Edem abitato da altri 170 stranieri, successivamente sgomberato, chiuso e demolito visto il grave stato di degrado. Nel frattempo Bamba accusa un malessere fisico che lo porta in una clinica di Cagliari: qui inizia un calvario fatto di lunghe degenze in diverse cliniche, Brotzu, Cittadella Universitaria, Unità spinale e per ultima la RSA di Capoterra. La diagnosi è terribile, una rara forma di SLA con tutta una serie di complicazioni tra le quali tubercolosi ossea, lo costringe in una carrozzina con progressiva perdita di attività motoria, vista etc.

Nel frattempo è sempre un cosiddetto “clandestino”, durante la permanenza nell’unità spinale del Marino di Cagliari, grazie all’interessamento ed intervento di Caritas, Provincia e Asl è richiesto al Prefetto di Cagliari un permesso di soggiorno per cure mediche e la richiesta viene accolta e pertanto decade il decreto di espulsione, finalmente Bamba regolarizza la sua posizione con un primo permesso di soggiorno della validità di sei mesi, successivamente rinnovato per ulteriori sei mesi a seguito di certificazione della Asl. Oggi Bamba sta a Capoterra presso una RSA in compagnia di tanti simpatici vecchietti... E’ solo un piccolissimo frammento della vicenda di Bamba. Oggi il suo più grande desiderio, legittimo e condivisibile, è quello di poter riabbracciare, dopo una Via Crucis di 8 lunghissimi anni, fatta di stazioni dolorose e faticose, i suoi familiari almeno per 30 giorni e vista la sua condizione, questa opportunità non potrà riproporsi in futuro. Riassaporare i profumi e il calore della sua amata terra, gustare il piacere di ritrovare amici e parenti, godere e scaldarsi con il sole africano a lui tanto caro e mai come oggi così desiderato. Il suo disarmante sorriso, la sua carica umana, la sua incredibile dignità, la sua infinita voglia di vivere al di la della sua precaria condizione fisica sono linfa vitale per chi a lui si avvicina e per chi si adopera affinchè possa almeno per pochi giorni rivedere i suoi cari. Finalmente giovedì 27 giugno alle 10.30 , grazie al contributo e aiuto di tanti, compresa la comunità dei Senegalesi, il caro Bamba ha spiccato il volo da Elmas alla volta di Milano Malpensa e dopo una notte trascorsa in albergo venerdì 28 giugno alle 13,15 è partito alla volta di Dakar. Auguri a te, caro amico e ai tuoi cari! Un operatore Caritas

questa era un’altra delle sue peculiarità, forse la più importante per una suora del suo Ordine. E senz’altro era una delle sue caratteristiche che più m’incantava. Cara suor Laura, chissà quante volte anche per te Gesù ha esultato nello Spirito Santo e ha detto: « Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelati ai piccoli ». Cara suora, hai accolto il Regno di Dio come un bambino – lo si vedeva dal tuo sguardo limpido e da tutto il

tuo essere – adesso che sei in Cielo parla, con l’insistenza e la fiducia di un bambino, a nostro Padre di noi. Sì, per favore, insisti per noi. Tu che qui in terra eri una Serva dei poveri, non smettere di servirci in Cielo. Mi accennasti un giorno alla potenza del Battesimo. Il tuo era un parlare esperienziale, non accademico. Quel cenno mi è servito più di mille lezioni studiate a tavolino. E così accadeva con gli altri tuoi accenni, sulla Madonna, sui santi, sulla Chiesa, sulla carità fraterna, sul voto d’obbedienza, su diverse altre realtà. Cenni, grandi però quanto un immenso tesoro nascosto in un campo, che uno trova così, all’improvviso, diventando inaspettatamente ricco. Grazie Signore di averci dato suor Laura, vera Figlia della Carità con in dote la libertà dei figli di Dio. Maria Cristina Manca

Al SS. Redentore via alla messa all’aperto È arrivata l’estate, il caldo si fa sentire, ed ecco che al SS. Redentore, in Monserrato è ripresa la bella abitudine della messa all’aperto nella Cappella che si apre nel cortile parrocchiale (sabato e domenica alle 19). Non manca niente per celebrare il Signore: il Crocifisso, le candele, i fiori e una candida tovaglia sull’altare del Sacrificio, il coro parrocchiale e i chierichetti che svolgono il loro servizio, i tanti posti a sedere. La messa è molto frequentata, buona è la partecipazione di giovani e di bambini, questi ultimi gradiscono molto e non disdegnano prima e dopo di fare qualche corsetta nell’ampio spazio mentre gli adulti colgono l’occasione per socializzare. Maria Grazia Catte


IL PORTICO DI CAGLIARI

domeniCa 14 luglio 2013

Società. In occasione delle “graduazioni” il drammatico allarme di don Carlo Follesa.

“Le dipendenze dilagano in città, ma in troppi fanno finta di nulla” Il presidente de L’Aquilone avverte: “L’attuale società si è abituata a convivere con il fenomeno della droga e lo sottovaluta. E’ un segno del disagio sociale della nostra città” ROBERTO COMPARETTI È CHI LO VEDE COME un amico, chi come un benefattore. Don Carlo Follesa, presidente della comunità terapeutica “L’Aquilone”, è semplicemente un sacerdote al servizio dei più deboli. La sua comunità, sabato scorso, ha festeggiato “le graduazioni”, la fine del percorso terapeutico di 24 ragazzi che hanno deciso di cambiare vita. “Le graduazioni per la comunità – dice don Carlo - sono il momento culminante e terminale di un senso di missione che ci ha portato a coinvolgere volontari, operatori, ragazzi per uscire da un grave problema, la dipendenza. È la fine di un percorso fatto di sacrifici e di speranza diventate realtà. Partiti da una speranza “Chissà se ce la faremo?”, convinti che con l’aiuto di Dio ed insieme si può riuscire a vincere anche la droga. Con le graduazioni i ragazzi riconfermano l’impegno ad una vita nuova, dopo l’anno trascorso

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Don Carlo Follesa.

fuori dalla comunità e sono così pronti a farcela da soli”. Il problema delle dipendenze sembra oggi essere vissuto da tutti senza grandi preoccupazioni. Purtroppo la nostra società - istituzioni, Chiesa, mondo sociale - si è abituato a convivere con il fenomeno delle dipendenze, come quello della droga. Con una differenza rispetto al passato: prima era un dramma, improvvisamente è diventata un fenomeno da accettare passivamente. In realtà la situazione odierna è peggiore di quella precedente, parlo degli anni ‘70-’80. La città è invasa dalla droga, ma il fenomeno è giustificato: tanta la cocaina e le altre droghe sintetiche diffusissime a Cagliari, segno che esiste un disagio sociale sempre più grave che coinvolge i ragazzini ma anche

gli adulti. Si può spiegare meglio? I ragazzini hanno già un approccio allo spaccio e al consumo delle sostanze. Accanto a loro ci sono adulti che vogliono vivere emozioni particolari, provando queste sostanze con l’illusione che essendo adulti possono smettere quando vogliono. Invece anche per loro subentra la dipendenza, con l’aggravante che cercano inutili giustificazioni di fronte a tutti, famiglia compresa. La cosa drammatica è che la società fa finta di non vedere il problema. Ci si sveglia solo quando il problema lo si ha in casa. Quando arrivano da voi il problema è drammatico? È un po’ un’ultima spiaggia. Abbiamo però un fenomeno nuovo: un grande numero di giovani si rivolge

subito alla comunità, un altro gran numero di adulti chiede aiuto perché ha toccato il fondo. In questo secondo caso il lavoro per noi è molto più difficile perché si tratta di adulti. Abbandonare la droga non è problematico, il difficile e non ricadere nella dipendenza. Per evitare di ritornare su quella strada è necessario cambiare, per cui è meno facile per gli adulti: parlo di 50enni, invece è un po’ meno difficile per i più giovani. La comunità cerca quindi di aiutare giovani ed adulti a ridare senso alla vita? Sì. Adulti e ragazzi hanno perso l’autostima, la relazione profonda con se stessi, con la famiglia, con la società, con il futuro. Hanno perso il senso della vita: è una continua fuga da questa realtà perché non riescono ad arrivare alla felicità, hanno fondato la vita sull’effimero, non sono appagati e quindi si rifugiano nella droga. Nella comunità si ripercorrono le vie dell’onestà, dell’ascolto, della condivisione, della solidarietà, del sacrificio attraverso le quali si rimettono i piedi per terra e si riacquista il giusto senso della vita.

La testimonianza di una vita cambiata L’incontro con l’attrice Claudia Koll in alcune parrocchie ROSALBA CROBU ABATO SCORSO NELLA parrocchia di San Benedetto – Chiesa Santa Lucia subito dopo la messa vespertina celebrata dal parroco don Massimo Noli e dai concelebranti don Davide Cannella e don Davide Piras, l’attrice Claudia Koll ha raccontato la sua storia davanti ad una folta assemblea con fedeli provenienti anche da altre parrocchie. La testimonianza è stata inserita da don Massimo tra le numerose iniziative per l’Anno della fede. Nata in una famiglia profondamente cattolica, Claudia fu cresciuta dalla nonna Maria, per lei grande esempio di fede, a causa della grave malattia della mamma. Dopo la cresima smise di frequentare la Chiesa, precipitando in un terribile abisso mentre i suoi genitori pregavano tantissimo per la sua salvezza. Nel 2000 un’amica le chiese di accompagnarla ad attraversare la Porta Santa aperta da Giovanni Paolo II.

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Da quel momento niente fu come prima. Entrò in crisi, le cose non le andavano più bene. Aveva tutto: successo, fama e soldi, eppure non riusciva più a recitare, a far trasparire le emozioni; sin tanto che durante le prove di un film l’assistente di scena le si avvicinò dicendole “Se non c’è verità nella tua vita non c’è nel tuo lavoro”. Rimase molto colpita da questa affermazione e si chiese perché essendo andata via da casa per sentirsi libera, ora non si sentiva più così libera come avrebbe voluto; sino ad arrivare alla conclusione che era prigioniera del peccato, viveva solo per se stessa, chiusa alla relazione con gli altri e quindi con Dio. Pian piano la sofferenza l’ha portata a guardare la realtà con altri occhi, a porsi delle domande, e le sue certezze hanno incominciato a sgretolarsi. Rivolgendosi a Dio con la preghiera che la nonna recitava sempre - “Signore, aiutami” - tutte le futili preoccupazioni e l’angoscia sono sparite; riavvicinandosi ai Sa-

Nelle foto di Rosalba Montisci, Claudia Koll con don Massimo Noli.

cramenti, ha scoperto che Dio ci ama trasformando le nostre tribolazioni in gioia vera. La testimonianza ci ha ricordato l’importanza della preghiera, personale e familiare, la scoperta dell’amore di Dio per ciascuno, le tentazioni del maligno e la carità verso il prossimo. Al termine della toccante testimonianza, Claudia ha parlato dell’associazione “Le opere del Padre” che si occupa delle persone bisognose in Congo e

in Burundi. La serata si è conclusa al Teatro delle Saline con uno spettacolo organizzato da don Davide Cannella, dal titolo “Insieme per un sorriso”, per una raccolta di fondi per l’associazione, in particolare per la costruzione del centro ospedaliero “La piccola Lourdes” in Burundi. L’attrice ha tenuto la sua testimonianza anche a Pula, nella parrocchia San Giovanni Battista, e a San Vito nella parrocchia omonima.

il PortiCo

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brevi PER L’INCONTRO A BONARIA

Visita del Papa, iscrizione volontari Sono aperte le iscrizioni per poter prestare servizio come volontari per l’incontro del 22 Settembre con Papa Francesco. Dal sito della diocesi (www.chiesadicagliari.it) è possibile iscriversi seguendo le istruzioni. La domanda potrà essere consegnato a mano o via posta presso la Segreteria della Commissione Organizzativa, mentre il pdf compilabile dovrà essere rispedito all’indirizzo email volontaripapa@diocesidicagliari.it. In entrambi i casi è necessario allegare una foto e la copia del documento d’identità. La scadenza per le iscrizioni è prevista per il 31 Luglio. I volontari devono aver compiuto 18 anni al 22 Settembre 2013 per poter effettuare il servizio. Per qualunque delucidazione o dubbio contattare i responsabili al numero 380.7929149

POLITICHE SOCIALI

Educativa di strada, bilancio positivo Si è tenuta nei giorni scorsi di presentazione di un anno attività del progetto “Educativa di strada. Un lavoro di comunità”. L'assessore alle Politiche Sociali Susanna Orrù, ha illustrato il primo anno di attività: “A distanza di un anno possiamo osservare che è stato svolto un ottimo lavoro, sopratutto in relazione a quello che si è delineato un vero lavoro di comunità”. Il progetto ha avuto inizio come esperienza pilota l’attività che l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Cagliari, ha realizzato nell’ambito del progetto “Sostegno minori e famiglia”. Sono stati messi in atto diversi interventi finalizzati a garantire nei quartieri di Sant'Elia e di San Michele un sostegno ai nuclei familiari e ai minori a rischio di esclusione sociale. Gli educatori delle cooperative, “Promozione Sociale” per Sant'Elia e Passaparola per “San Michele”, hanno operato nei rispettivi territori assegnati, strade, piazze, e luoghi di incontro, per sostenere i giovani e le famiglie in un percorso comune di inclusione sociale.

COMMERCIANTI PESSIMISTI

Notti colorate, al via con i saldi estivi Sono partiti in sordina i saldi estivi. Ad attirare i clienti per le vie del centro ci prova anche il Comune, con la seconda edizione di “Notti colorate”, l’iniziativa che rianima le strade cittadine. Pessimisti come al solito i commercianti, controtendenza l’assessore Argiolas: “Cagliari è una città viva – ha dichiarato – aperta ai suoi cittadini e di grande richiamo turistico per i visitatori della costa. Notti Colorate si pone l'obbiettivo di portare i cittadini e i turisti a vivere la notte cittadina in modo completo e appagante”


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IL PORTICO DI CAGLIARI

il PortiCo

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

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DOMENICA 14 luglio 2013

Sport. Si è conclusa nei giorni scorsi in città la partecipata quarta edizione del memorial Santoru.

“Continuo a correre con voi”: con Riccardo lo sport è più sano

gorie. Tra le società più note, il Cagliari Calcio, il Selargius, il La Palma, il Progetto Sant’Elia, il Vigor Capoterra, il Gigi Riva e il Quartu 2000. L’Associazione Italiana Arbitri, di cui Riccardo era un importante esponente in quanto arbitro impiegato ai massimi livelli regionali, ha messo a disposizione 48 direttori di gara i quali, nel ricordo del loro collega, hanno arbitrato con passione. Gli arbitri impiegati provenivano dalle sezioni

di Cagliari, Carbonia, Nuoro, Olbia, Oristano, Ozieri e Sassari, a dimostrazione dell’importanza che la figura di Riccardo riveste all’interno dell’associazione. Nel torneo principale, della categoria Allievi, sono giunte alla finalissima il Selargius, che ha sconfitto in semifinale il Cagliari Calcio ai rigori, e il La Palma, che ha superato per 2 a 0 il Progetto Sant’Elia. La finalissima, che ha visto il La Palma vincere sul blasonato Selargius, è stata arbitrata da Andrea Antagonista della Commissione Arbitri Interregionale, coadiuvato dagli assistenti arbitrali Maurizio Loni, che milita nel campionato di Lega Pro, insieme a Riccardo Pau, che svolge il ruolo in serie D. La finale giovanissimi, che ha visto il Club San Paolo soccombere contro il Selargius, è stata arbitrata da Federico Isu, con l’assistenza di William Sunda e Michele Pisano. Anche in questa edizione la manifestazione ha avuto un notevole afflusso di spettatori.

do tutti insieme, siamo una vera grande famiglia, proprio come recita il Cregrest 2013 “Everybody”. In particolar modo il martedì a tutti i ragazzi che collaborano è rivolta una giornata di formazione e condivisione. Una trentina sono i giovani che in questa giornata, si incontrano fin dal mattino per un momento di dialogo e confronto basato sulla tematica fornita a noi animatori dalla Curia, avente per oggetto il percorso di preparazione alla visita pastorale di Papa Francesco. I ragazzi vengono suddivisi in gruppi diversi, occupandosi, oltre alle attività sportive e preparazione di giochi, ad uno spazio formativo-musicale, sulla base del lavoro svolto dai ragazzi durante il corso dell’anno. Si tratta di un gruppo nato dal deside-

rio spontaneo di alcuni ragazzi di pregare meditando sui canoni di Taizè e che si è impegnato nei periodi forti dell’anno liturgico, in due momenti di preghiera, l’inno Akàthistos alla Vergine Maria e la Via Matris. Un altro spazio del martedì riguarda la cucina, ossia la preparazione del pranzo che poi tutti insieme condividiamo. Che dire di questi ragazzi? Questa esperienza mi tocca da vicino e sono profondamente felice di stare in mezzo a loro. Si dice che ogni uomo è stato bambino: ebbene, voglio dire che ogni ragazzo può diventare un buon adulto, laddove i valori che gli vengono insegnati possono continuare a svilupparsi. Non è semplice in ogni campo andare avanti, ma dove più mani si stringono con forza e umiltà si può fare tanta strada insieme e andare avanti sull’esempio di Cristo Gesù, amandoci gli uni gli altri e ringraziando il Signore, non avendo più paura perché sappiamo riconoscere la Sua presenza in questa strada, proprio come dicono i versi di una canzone che cantiamo alla “Messa dei ragazzi” tutto l’anno. Se tutti questi raggi si manterranno forti, allora potremo dire di avere oggi un sole splendente, un futuro ben soleggiato e poterlo augurare a tutti.

Hanno partecipato 600 ragazzi suddivisi in 43 squadre: è stato decisivo l’impegno di tanti arbitri che, nel ricordo del loro giovane collega, hanno diretto con passione I genitori di Riccardo (al centro) all’inizio del torneo.

MATTEO MELONI

A

LL’INSEGNA DEL PIÙ ALTO spi-

rito sportivo e della condivisione dei valori del rispetto, della fratellanza e del sano agonismo, anche quest’anno si è svolto il torneo di calcio dedicato alla memoria di Riccardo Santoru, giovane arbitro mancato prematuramente all’età di 21 anni durante i test atletici di inizio stagione nell’estate del 2009. Giunto alla quarta edizione, il Torneo Santoru ha visto in passato la partecipazione nelle categorie Giovanissimi ed Allievi di importanti squadre sia italiane che internazionali, dai portoghesi del Benfica all’Inter, dai tedeschi del Borussia Dortmund all’Atalanta, dai russi dello Zenit di San Pietroburgo all’Udinese, passando per il Cagliari Calcio e tante altre società dilettantistiche. Enrica e Massimo Santoru, genitori di Riccardo, si impegnano ogni anno, insieme al Club San Paolo, nell’organizzazione del torneo, ormai diventato un punto di riferimento nel panorama calcistico isolano. “Monsignor Mani, celebran-

do il funerale di Riccardo – ricorda Massimo Santoru – profetizzò che egli avrebbe continuato a correre con noi. Grazie a questo torneo, le sue parole si sono avverate. Siamo arrivati alla quarta edizione, l’entusiasmo cresce di anno in anno. I partecipanti, giovani calciatori dai 5 ai 17 anni – continua Massimo Santoru – sono stati accolti, all'ingresso dei campi sportivi di Monteclaro, da un cartellone con la foto di Riccardo, sulla quale sono impresse le parole: Continuo a correre con voi. Queste parole hanno trovato compimento grazie all'azione del Club San Paolo, società dilettantistica di calcio, di matrice salesiana, che dal 2010 organizza questo torneo non solo per ricordare Riccardo, ma perché possa essere un esempio per tanti giovani: un esempio di come seguendo Cristo, e avendo Dio come amico, si possa avere una vita piena, si possa vivere felici, si possa fare tutto incarnando i veri valori dello sport, che sono quelli della vita”. Quest'anno hanno partecipato 43 squadre in rappresentanza di 14 società, con 600 ragazzi divisi in nove cate-

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I tanti raggi di un sole che riempie la vita Le attività estive della parrocchia di San Pietro ad Assemini

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MAURIZIO CANCEDDA

a nostra realtà giovanile è un punto di riferimento forte e costante, caratterizzato dalla presenza di un folto gruppo di ragazzi e ragazze che collaborano attivamente nei vari progetti e nelle numerose iniziative che si vengono a creare all’interno della Parrocchia San Pietro in Assemini. Come descrivere questa realtà? Immaginiamola come un sole e pensiamo a tanti raggi che lo costituiscono: ecco, questi raggi rappresentano bene i nostri giovani che si impegnano nelle varie tematiche e attività e illuminano quelle che in genere sono le considerazioni cupe nei loro confronti, ad esempio quando si sente dire che a quell’età “non hanno rispetto” e “pensano solo a se stessi”. Non così da noi, visto che riescono a staccarsi dai social networks e ad in-

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contrarsi per condividere di persona tanti bei momenti. Vediamo nello specifico le attività di “E..state in oratorio”, con 250 iscritti, dove possiamo rilevare la presenza di numerosi adolescenti e adulti che si adoperano nel prestare il loro servizio. In particolar modo la loro attenzione è rivolta ai bambini che vengono suddivisi nei vari laboratori, tra cui quelli manuali e sportivi, facendoli giocare e divertire e allo stesso tempo dando un esempio concreto di come non sia noioso stare in oratorio, ma come invece sia particolarmente gradevole. I ragazzi però non stanno solo coi bambini, ma gestiscono anche spazi aperti, tra cui i giochi liberi e il punto di ristoro. Inoltre essi collaborano con gli adulti al progetto “Estate in famiglia” un appuntamento fissato per ogni venerdì sera, facendo animazione e karaoke, organizzando giochi e manifestando come, stan-


domeniCa 14 luglio 2013

IL PORTICO DELLA DIOCESI

Parrocchie. Festeggiata la protettrice della zona alta della città, la Madonna delle Grazie

A Castello la comunità della Cattedrale si è raccolta intorno alla Vergine Maria MONS. ALBERTO PALA GNI ANNO NEL PRIMO sabato del mese di luglio il rione di Castello si anima con tanti piccoli gesti di amore verso la protettrice di questa zona alta della città. E’ la festa della Madonna delle Grazie, tanto cara a tutti coloro che hanno vissuto nella parte antica della città o che a Lei sono legati da motivi di devozione. E’ l’incanto, per tanti, che ormai hanno lasciato “Casteddu e susu”, di ritornare ad annodare quei legami di fede e di amicizia che hanno costituito l’ordito della loro infanzia o della loro giovinezza. Infatti sono numerosi i “castellani” che per questa occasione vogliono andare a venerare la loro protettrice, vogliono riabbracciare i loro vecchi amici e di nuovo respirare un po’ di quell’aria fresca che il maestrale non fa mancare mai in Castello. La devozione alla Madonna delle Grazie è antica sia per le sue immagini, presenti nel rione, sia per i legami storici con la famiglia Zapata proveniente dall’Aragona e da Valencia in Spagna, che ne ha sempre zelato il culto. Infatti proprio accanto alla casa Brondo, oggi Zapata, esiste, sopra la porta detta dell’Aquila, una immagine della Madonna delle Grazie. Così la descrive il canonico Giovanni Spano nella sua guida della città di Cagliari: «Merita un’occhiata quel quadretto sullo stile antico, collocato internamente sopra la porta, rappresentante la Vergine che graziosamente accarezza il

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Divin Bambino». Un altro di questi quadretti è posto, sempre a custodia di una via d’accesso al Castello, nel portico Lamarmora, dove i Castellani, che passano per le loro commissioni, si fermano a salutare la loro protettrice. E’ così che, proprio per questa grande devozione, la contessa Zapata regalò alla Cattedrale una immagine della Madonna delle Grazie, oggi conservata nella chiesa della Purissima, poi riprodotto in legno per volontà dei parrocchiani della Cattedrale, che viene ogni anno portata in processione per le vie di Castello. Il titolo di Madre delle Grazie o, nella variante forse più bella, di Madre

di grazia, riferito a Maria Santissima, spiega bene il ruolo e la mediazione materna della Madre del Signore nel nostro cammino cristiano. Il Concilio Vaticano II, nel 1964, ha spiegato ampiamente la funzione della beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa; ed ha accuratamente esposto il senso e la forza della «mediazione» della beata Vergine: «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Poiché ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da vera necessità, ma dal beneplacito di Dio, e sgorga

dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (Lumen Gentium, 60). Dio infatti ha voluto, come dice il nostro sommo poeta: «che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disianza vuol volar sanz’ali» (Dante, Paradiso, Canto XXXIII, 14-15). Ogni grazia che viene dal Signore, passa per le mani di Maria, che sapientemente la amministra e la media per i suoi figli. Maria adempie così a quel testamento d’amore che il Redentore crocifisso ci ha lasciato morente sulla croce, essendo madre di ogni cristiano, gli ottiene prima di tutto la grazia stessa e, in ordine a questa, le grazie necessarie per la propria vita cristiana. Così Maria nel mirabile disegno di amore del Padre è stata costituita madre e collaboratrice del Redentore. La Vergine Maria è madre di grazia, poiché ha portato nel suo grembo purissimo Cristo vero Dio e vero uomo e ci ha donato lo stesso Autore della grazia. LaVergine Maria è mediatrice di grazia, poiché è stata socia di Cristo nel procurarci la grazia più grande, la redenzione cioè e la salvezza, la vita divina e la gloria che non ha fine. Maria stende il suo manto di protezione su tutta la Chiesa, ma con occhi odi particolare benevolenza sopra il suo Castello che si gloria di averne la sua provvidenza d'amore, di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace.

“Considerate l’uomo nella sua integralità” L’eredità di suor Nicoli nelle parole di don Luciano Pani FRANCESCO FURCAS I SONO RITROVATI ancora una volta per far festa con la “loro” beata. Sotto la volta della piccola cappella dell’Asilo della Marina, marianelli, Figlie della Carità e tanta gente comune hanno partecipato nei giorni scorsi alla messa celebrata dal parroco di Sant’Anna, don Luciano Pani. “Lo spirito della beata - ha spiegato il sacerdote all’inizio della celebrazione - aleggia ancora tra queste mura”. Quindi - nell’omelia - attraverso i passi delle letture proposte, la ricostruzione della spiritualità di suor Giuseppina Nicoli, proclemata beata il 3 febbraio di cinque anni fa: “Il vertice della vita spirituale - ha detto don Luciano - è l’abbandono nelle mani di Dio. La vita è un dono di Dio, che Dio aveva dato a suor Giuseppina perchè portasse frutto: vivere

S

cristianamente vuol dire avere - come l’aveva la beata - questa consapevolezza chiara in ogni istante della nostra esistenza”. E chi fosse passato dalla via Baylle quel pomeriggio inoltrato li avrebbe sentiti cantare, i Marianelli: “E tu, Signore, salvami! Pietà, pietà di me!”. E c’è da scommettere che nelle prove, ripetute prima della messa, dei canti c’era tra loro proprio lo spirito di quelle religiose - suor Nicoli e suor Tambelli (che ne fu la collaboratrice più stretta) - che tanto tempo impiegavano per insegnare loro i canti. “”La povertà - ha aggiunto don Luciano Pani nell’omelia - non è certamente solo quella spirituale. Quella più grande, che nessuno può risolvere se non Dio stesso, è quella spirituale: Gesù vede l’uomo nella sua totalità. Così era anche per suor Nicoli: si occupava di far crescere tutta la persona, non si interessava sol-

La messa per suor Nicoli all’asilo della Marina.

tanto di qualche aspetto. La sua eredità più grande è la visione dell’uomo nella sua totalità”. Quindi un riferimento alla sua biografia: “In questo luogo dove trascorse gli ultimi anni della sua vita terrena - ha raccontato il parroco di Sant’Anna - provò anche molte contraddizioni, e pure la maldicenza. Contro i santi la cattiveria umana si accanisce sempre, ma lei era serena perchè sapeva bene che Dio stava

preparando per lei qualcosa di molto più grande. Nei bambini che aiutava lei vedeva gli uomini che sarebbero diventati, la grandezza della persona umana. Scelse per questo il nome di “marianelli”, cioè i monelli di Maria. E’ un nome grande: affidiamo a suor Giuseppina tutti i ragazzi che soffrono, i tanti che - pur avendo una famiglia - crescono soli. E anche i figli delle famiglie separate. Suor Giuseppina non li lascerà soli”.

il PortiCo

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libri PREFAZIONE DI ANGELO ZIRANU

Il colore del perdono, di Rosaria Floris

Giovedì scorso è stato presentato, in una libreria cittadina, l’ultimo lavoro letterario di Rosaria Floris: “Il colore del perdono”. La prefazione è stata curata dall’architetto Angelo Ziranu, edizione Condaghes. E’un romanzo che narra di omertà e delitto d’onore, di segreti che poi verranno svelati solo al ritorno in paese del protagonista. Colori e profumi si snodano nella lettura, la mente riesce a vedere delle immagini attraverso la semplice descrizione dei luoghi e dei personaggi: anche se non son presenti nel romanzo, vengono narrate con dovizia di particolari, come solo i paesi dell’interno della Sardegna sanno mostrare. Il paese è Orani. Paese di grandi personalità come Nivola e Delitala, con i suoi 540 metri sul livello del mare regala emozioni di un vissuto che Rosaria Floris ricerca e descrive nel suo romanzo dai colori del perdono. Ma esiste un colore che rappresenta il perdono? Ed è per tutti uguale? Non è un perdono attinente alla spiritualità, è un perdono legato alla storia al passato. L’autrice parla di un colore: il bianco accecante, come il talco profumato che avvolge di mistero i lunghi crinali, le valli, le genti. Il colore del perdono, dice la Floris, è il profumo del pane, è acqua che scorre in cascate di ricordi, è la Madonna di Gonare. I protagonisti principali sono due, Antonio e Gonaria. Il primo deve lasciare giovanissimo Orani, si costruisce una carriera da stimato e ricercato fotografo, per poi rientrare dopo trent’anni al paese natale; scoprirà poi di esser padre. Gonaria, anche se non sa cosa significa esser innamorata, vive un fidanzamento con Bastiano che verrà ucciso prima delle nozze. L’autrice ha scritto anche “E per non morire in silenzio ascolto” del 2003 (zibaldone di prosa e poesia), “La voglia di sognare” del 2006 (testo in versi), “Passeggiando … L’anima di Cagliari” del 2010. Laura Cabras


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

il PortiCo

brevi LAUREATI E CRISI

Master and back, al via il nuovo bando "In un momento di forti contrapposizioni abbiamo voluto credere in un'iniziativa ereditata dalla precedente amministrazione, consapevoli delle opportunità offerte ai giovani dal programma Master and Back, l'abbiamo valorizzato, correggendo alcune criticità". Lo ha sottolineato il presidente della Regione Ugo Cappellacci, presentando il nuovo avviso, insieme all'assessore del lavoro, Mariano Contu, e al direttore dell'Agenzia regionale per il lavoro, Stefano Tunis. "Da intervento a pioggia è diventato una misura che premia la meritocrazia - ha spiegato Cappellacci - a tal fine si è deciso di attribuire punteggi più alti a chi sceglie le prime 30 università del mondo. Se nel 2008 solo il 2% degli studenti sceglieva gli atenei più prestigiosi, nel 2011 il dato è salito al 21%. Il bando, relativo ai percorsi di rientro 2012-2013, prevede un finanziamento di 11 milioni 700 mila euro. Il fondo sosterrà contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato, stipulati tra organismi pubblici e privati (operanti in Sardegna) e giovani che hanno svolto e ultimato un percorso formativo post lauream fuori dalla Sardegna. Il percorso di rientro si basa su un maggiore coinvolgimento delle aziende, chiamate a contribuire con mezzi finanziari propri alla realizzazione dei progetti. "Con la nuova gestione del programma - ha precisato Stefano Tunis, direttore dell'Agenzia regionale per il lavoro - abbiamo cercato di apportare dei correttivi per utilizzare al meglio i fondi disponibili e - ha aggiunto - per rendere allo stesso tempo il Master and back un programma efficiente e più rispondente agli obiettivi di crescita e di sviluppo per la Sardegna. La filosofia quindi cambia - ha concluso Tunis da diritto garantito a tutti, o quasi, a possibilità per i più meritevoli".

domeniCa 14 luglio 2013

Parrocchie. anche don massimiliano Pusceddu e don Walter Cabula hanno celebrato in paese.

Decimoputzu, un paese devoto a Nostra Signora delle Grazie La comunità parrocchiale guidata da don Casti ha concluso i festeggiamenti con riti molto partecipati. Il nuovo stendardo ha aperto la processione per le vie del paese LIDIA LAI A SEMPRE numerosi santi e vari poeti hanno sottolineato l’importante intercessione che Maria, la madre di Gesù, ha fatto tra l’uomo e Dio. Ricordiamo San Bernardo, che nel suo Memorare dice "non s'è mai udito che qualcuno sia ricorso a te e sia stato abbandonato" e ancora Dante nel XXXIII Canto del Paradiso della sua Divina Commedia, mette in bocca a San Bernardo una preghiera alla Vergine poi divenuta famosa dove si vuol sottolineare la presenza costante della Vergine in coloro che chiedono. «Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre». Parole che son tornate in mente durante i festeggiamenti di Nostra Signora delle Grazie a Decimoputzu. Il primo luglio è stato don Massimiliano Pusceddu a presiedere la messa. Giunto da non molto lontano - è parroco a Vallermosa - ha detto subito di essere stato felice di aver ricevuto l’invito dal parroco di Decimoputzu, don Gian Marco Casti, proprio per parlare della Vergine delle Grazie, e durante l’omelia, trovandosi da subito in un ambiente familiare e accogliente, ha raccontato un

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Nella foto di Lidia Lai, il Comitato della festa di Decimoputzu.

aneddoto: “Tre amici si trovavano a discorrere - ha detto - Uno dei tre esortava gli altri due ad avvicinarsi alla Madonna, figura poco distante da loro, perché Lei esaudisce ogni richiesta di guarigione o quant’altro. Il primo si avvicinò e chiese la salute del corpo, così il secondo, il terzo chiese che non gli venisse concessa la guarigione dal male fisico, perché altrimenti avrebbe perso la pensione e l'accompagnamento”. Da qui chiaramente ognuno tragga l’insegnamento chiaro e semplice: spesso siamo più attaccati alle mondanità, alle materialità, piuttosto che interessati a salvarci l’anima e lo spirito. Il 2 luglio - giorno della festa -è toccato invece a don Walter Cabula, parroco di Siurgus Donigala: dopo l’inizio dell’omelia in dialetto locale (che ha messo tutti a proprio agio), ha descritto l’immagine della Madonna come una grande di-

spensatrice di Grazie, per tutto il paese, con un manto lunghissimo e grandissimo che abbraccia tutti. Tutta Decimoputzu ne deve essere certamente cosciente, come fu fiducioso il 17 novembre del 1898, il giorno della grande alluvione. Nei due giorni di festa le processioni sono state composte e sentite ed il nuovo stendardo ha aperto il corteo: a seguire tutti gli altri dei vari gruppi parrocchiali. I suonatori di launeddas hanno accompagnato la festa e non sono mancate le pacciamature per le strade del paese percorse da tanti fedeli e dai vari gruppi folkloristi dei centri circostanti e locali che ogni anno tengono proprio a presenziare e a rendere omaggio alla Vergine adornata. Guardare in profondità quel volto è emozionante, sembra partecipi anche lei fisicamente all’itinerario, mostrando a tutti il suo bambino. E’ il Comitato, insieme a don Gian

Marco, ad organizzare il tutto con particolarità e attenzione, e quindi un ringraziamento va a tutti i componenti del Comitato, alle loro famiglie e a coloro che si sono impegnati e adoperati affinchè la festa fosse vissuta al meglio, all'insegna anche della spiritualità. FoTo LiDiA LAi


IL PORTICO DELLA DIOCESI

domeniCa 14 luglio 2013

Pastorale giovanile. Primi esiti dell’importante progetto avviato in numerose parrocchie

Associazione diocesana degli oratori, verso un cammino di lavoro comune DON ALBERTO PISTOLESI

attraverso una lettera inviata a tutti i parroci mons. Miglio annunciava la costituzione dell’Associazione Diocesana degli Oratori. I lavori di allestimento di questo importante progetto, curato dall’ufficio di Pastorale Giovanile, stanno procedendo anche grazie alla preziosa collaborazione con il CSI (Centro Sportivo Italiano) della nostra provincia. L’associazione avrà come compito la promozione dei vari progetti oratoriali presenti nelle nostre comunità, il sostegno nelle attività, il coordinamento e la cura di alcune proposte formative per gli operatori e gli animatori impegnati nell’educazione dei nostri bambini e adolescenti. Pubblichiamo l’elenco aggiornato delle parrocchie che hanno aderito al progetto. Le parrocchie che hanno consegnato il modulo e non risultano in questo elenco sono pregate di contattare quanto prima l’ufficio di pastorale giovanile. I parroci che hanno intenzione di aderire all’associazione possono ancora farlo attraverso la compilazione del modulo a disposizione presso gli uffici della Curia. Durante queste settimane, grazie anche alla collaborazione del CSI, l’ufficio di pastorale giovanile sta elaborando materiale utile per poter dotare gli oratori di statuti aggiornati, progetto educativo e

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Elenco* degli oratori che hanno aderito all’erigenda

Associazione Diocesana Oratori

O SCORSO GENNAIO

Assemini Parrocchia B.V. del Carmine Parrocchia San Pietro Barrali Parrocchia S. Lucia Cagliari Parrocchia San Pio X Parrocchia Vergine della Salute Parrocchia San Paolo Parrocchia Sant’Elia Parrocchia Sacra Famiglia Parrocchia San Benedetto Parrocchia Sant’Eulalia Parrocchia San Massimiliano Kolbe Castiadas Parrocchia San Giovanni Battista Capoterra Parrocchia Sant’Efisio Madonna di Lourdes – Poggio dei Pini Decimomannu S.Antonio Abate Decimoputzu N.S. delle Grazie Dolianova Parrocchia San Pantaleo Gergei Parrocchia San Vito Martire Monastir notizie circa le modalità assicurative più opportune per le parrocchie. Attraverso il lavoro di rete e di contatti avuti in questi mesi con i parroci e gli animatori che stanno aderendo all’associazione stiamo scoprendo i tanti progetti

Parrocchia San Pietro Apostolo Monserrato Parrocchia S.Giovanni Battista della Salle Parrocchia Sant’Ambrogio Orroli Parrocchia San Vincenzo Martire Quartucciu Parrocchia S. Pietro Pascasio Quartu S.Elena Parrocchia S.Maria degli Angeli San Vito Parrocchia San Vito Martire Selargius Parrocchia SS. Vergine Assunta Selegas Parrocchia Sant’Anna Serramanna Parrocchia S. Ignazio da Laconi Sinnai Parrocchia Sant’Isidoro Siurgus Donigala S. Teodoro e S.Maria Ussana Parrocchia San Sebastiano Villasor Parrocchia San Biagio * aggiornato al 30 giugno 2013

già attivi in diocesi e i tanti sforzi che si stanno facendo per poter riattivare o aprire esperienze di Oratorio. In questi mesi l’ufficio di pastorale giovanile che sta curando l’allestimento dell’Associazione sta prendendo contatti con il FOI (Forum degli Oratori Italiani) organo ufficiale della CEI competente in materia perché possa incontrare gli animatori e i parroci all’inizio del

prossimo anno pastorale e inaugurare così un cammino di lavoro pastorale comune. Il percorso condiviso avrà l’obiettivo di dotare anche la nostra diocesi di un servizio per il sostegno delle varie esperienze oratoriali presenti nelle comunità parrocchiali. Per informazioni e contatti Mail - giovani@diocesidicagliari.it Facebook – Cercare PG Cagliari

tamente morirà”. Possiamo immaginare le sensazioni di smarrimento e meraviglia provate da Chazael, il quale riceve una rivelazione da tenere per sé e non riferire al proprio sovrano. In altre parole, Eliseo impone al servitore di mentire a BenAdad dandogli sicurezza di guarigione, pur essendo una notizia falsa. D’altra parte, lo stesso Eliseo annuncia ciò che il re avrebbe voluto sentirsi dire e, allo stesso tempo, rivela con fedeltà la parola di Dio più scomoda. Il servo fedele non scappa né protesta, ma attende che il profeta possa spiegare meglio l’oracolo. Eliseo, dopo un breve tempo di serietà, scoppiò in lacrime. Chazael

ne chiese il motivo ed Eliseo spiegò: “Perché so quanto male farai agli israeliti: brucerai le loro fortezze, ucciderai di spada i loro giovani, sfracellerai i loro bambini, sventrerai le loro donne incinta” (8,12). Il secondo vaticinio fu più enigmatico del primo: non ci si riferisce più a Ben-Adad, ma al suo servo Chazael, il quale denuncia la crudeltà di un atteggiamento di quel genere e dichiara non possibile un esito simile. Chazael protesta fragorosamente contro quella previsione, confessando l’impossibilità di un comportamento da ‘cani’. “Il Signore mi ha detto che tu sarai re di Aram”, gli disse Eliseo. La notizia probabilmente sconvolse il servo di Ben-Adad sia per la crudeltà prevista, sia per l’insperato glorioso destino che gli fu preannunciato. Al ritorno a corte, dopo aver dato la notizia di pronta guarigione, prese una coperta bagnata e uccise il re, divenendo come previsto il successivo regnante.

PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Chazael di MICHELE ANTONIO CORONA

A

Damasco in Siria abitava un re, ai tempi di Eliseo, che cadde gravemente ammalato. Nessun tipo di medicina e di infuso fu utile ad alleviare la sua sofferenza e permettergli di regnare sui suoi territori. BenAdad (‘figlio di Adad’), nome del sovrano, non era certo un devoto del Dio di Israele, ma si sa che nel momento del bisogno fisico o morale si prova sempre a farsi curare anche dai nemici. Per questo motivo, il re chiamò a sé il suo più fidato servitore, Chazael, e gli impose di recarsi da Eliseo per chiedere vaticinio sulla sua malattia. L’occasione propizia fu data da un viaggio dell’uomo di Dio e dal suo soggiorno presso la capitale siriana. “Và da Eliseo e chiedi a lui se guarirò

da questa malattia” (2Re 8,8), fu l’ordine di Ben-Adad a Chazael. Il fedele servitore, noto e stimato per la sua capacità di mediazione, non eseguì il comando in modo meccanico, ma mise del suo per rendere ancora più gradita ad Eliseo la richiesta. Chazael prese con sé “tutte le cose migliori di Damasco, un carico di quaranta cammelli” (8,9). Un dono enorme e di ingente valore, solo per chiedere una diagnosi ad un profeta straniero, del popolo confinate e nemico. Appare molto curioso questo atteggiamento. Nel momento in cui Chazael incontra Eliseo non esita a riferire il motivo della sua venuta e la domanda posta dal re. La risposta di Eliseo è sorprendente: “Và a dirgli: ‘Guarirai di sicuro’. Ma il Signore mi ha mostrato che egli cer-

il PortiCo

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detto tra noi Cercare l’essenziale di D. TORE RUGGIU

Facilmente ci esaltiamo (o ci scandalizziamo) per le questioni estetiche che riguardano la Chiesa. E questo, è umano. Ma dobbiamo andare oltre. Avere, cioè, l’atteggiamento di Cristo che, mentre molti visitatori ammiravano le bellezze del tempio e i suoi ornamenti, disse: “di tutto quello che vedete non rimarrà pietra su pietra”. Insomma, tutto passa, ma solo Dio resta. Anche guardando la Chiesa (o le chiese) “molti suoi aspetti sono frutto di secoli, storia e di cultura e perciò valgono, ma l’essenziale è il depositum fidei, il Vangelo”, così scrive Roberto Carnero in un pezzo di Avvenire del 4 aprile scorso, dal titolo “il fascino della chiesa, che va spoglia nelle periferie”. Nel retro dello stesso giornale, a firma di Davide Rondoni, un altro articolo dal titolo “Gran valore è l’essenzialità, non una povertà fine a se stessa”. A mio avviso, i due articoli si completano a vicenda e distinguono la povertà dalla miseria. La prima è un valore, la seconda un male che va combattuto. Detto e ripetuto una volta per tutte, che non esiste nel mondo altra istituzione che sia concretamente solidale con tutti i poveri del mondo, la Chiesa, come tutti voi, fa festa al Suo Sposo che riconosce presente e vivo, anche adornando decorosamente i luoghi sacri e utilizzando le suppellettili di pregiato valore, senza per questo mancare alla virtù della povertà, men che meno a discapito dei poveri. Lo stesso Gesù permette a Maria di cospargergli i piedi con l’olio profumato di puro nardo, suscitando la reazione negativa di Giuda che avrebbe preferito la vendita per darlo ai poveri. Gesù risponde: “lasciale fare, i poveri li avrete sempre con voi”. I gesti d’amore, cioè, anche quando costano, vanno fatti. E Francesco, il poverello di Assisi, aveva scelto per se e per i frati la povertà estrema quale forma di testimonianza cristiana. Ma la sua scelta non l’ha chiesta agli altri. Anzi, ha chiesto ai frati di ornare l’altare con tessuti preziosi e di usare paramenti sacri pregiati, tutto e solo per onore e gloria a Dio. Negli articoli su citati, Davide Rondoni aggiunge: “vedo invece che va abbastanza di moda chiedere alla chiesa di essere povera secondo il mondo, e non mi pare che lo chiedano dei San Franceschi”. Nessuno di noi va trasandato ad una cerimonia religiosa o civile a cui è invitato. E nessuno di noi ospita amici e parenti e, ancor meno, ospiti di riguardo nella parte più misera della propria casa. Sempre Rondoni scrive: “La ricchezza della chiesa consiste nel farsi bella per l’Amato che la abita e che sempre viene: questo è l’essenziale. Il problema non è mai la povertà, ma l’essenzialità ovvero che tutto tenda all’essenziale. Una stanza spoglia che non richiami al mistero di Cristo, sarebbe inutile, come e quanto una stanza bella che non richiami a quel medesimo mistero. Ci può essere una vanità, un vuoto di Lui anche nella miseria e nella povertà, come nello sfarzo”.


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il PortiCo

IL PORTICO DELLA DIOCESI

domeniCa 14 luglio 2013

Aspettando il Papa. Folla di fedeli a Bonaria per la 147ma edizione della Sagra estiva.

Sciolto il voto alla Madonna, attendendo l’arrivo di Francesco

la stessa perché un forte temporale estivo ha sfiorato la città allagando il circondario. Alla fine ha avuto ragione la gran folla di devoti che fin dalla mattina ha affollato le celebrazioni. Dopo la messa delle 18 il corteo mariano ha preso la via del porto, fino al molo Ichnusa. Da qui la partenza per lo specchio acqueo di “Su Siccu” i rimorchiatori Andrea e Tommaso

Onorato (messi a disposizione dal patron MobyVincenzo Onorato) con a bordo autorità civili e militari e il Naitan 1° della società Battellieri che ha trasportato il simulacro della Vergine. A seguire una teoria di barche e natanti privati a scortare la Patrona Massima della Sardegna. Dagli elicotteri sono state lanciate in mare le corone d’alloro ( benedette durante la celebrazione eucaristica della mattina): questo è sempre stato ed è il momento centrale della processione durante il quale si ricordano tutti i caduti. Al rientro in Bonaria il saluto di mons. Miglio che riferendosi alla visita di Papa Francesco ha invitato i fedeli alla recita della preghiera da lui preparata per l’evento: “Recitiamola ogni giorno con fede insieme ad una Ave Maria per prepararci al meglio alla sua visita” (il testo della preghiera è in prima pagina). L’arcivescovo ha quindi invitato i fedeli a cominciare insieme un cam-

FoTo ELio PiRAS

FoTo RoBERTo PiLi

SILVIO CHERCHI

trus annusu…Viva Maria!” Padre Giovannino Tolu, parroco e superiore della comunità dei padri mercedari cagliaritani ha così suggellato il saluto dell’arcivescovo Arrigo Miglio al rientro della processione che per la 147ma volta ha rinnovato il voto dei reduci della battaglia di Custoza. La terza festa in onore della Vergine, la “ sagra estiva” (le altre sono il 25 marzo, anniversario di arrivo del Simulacro, e il 24 aprile, festa liturgica) è stata preceduta da un triduo le cui meditazioni sono state “dettate” da Padre Efisio Schirru che ha considerato le figure del Bambino e di sua Madre. “Il senso della Vergine prende origine da Cristo che lascia la sua realtà divina per incarnarsi attraverso di Lei e in Lei - ha detto - La sede della Sapienza (Maria) diventa il trono su cui siede il Re, Cristo, Sapienza fatta carne che ha fatto della sua presenza il servizio”. Nel salmo 44 Maria appare in tutte le sue speciali qualità di donna che è riuscita ad incarnare il Vangelo e in forza di questo la si può a buon diritto chiamare “discepola” considerate le volte in cui ha risposto positivamente mettendo in secondo piano le sue scelte, dando spazio e primato alle decisioni del Figlio Cristo. Padre Franco Podda, provinciale dell’Ordine, nella celebrazione del mattino della domenica ha proseguito le riflessioni sulla traccia del discepolato, aiutato anche dalle letture del giorno: “Lo stile della Madonna riflette l’attenzione a ciò che il Vangelo chiede: diffonde-

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FoTo RoBERTo PiLi

re, con la vita, la Parola di Dio, facendosi trasformare da essa, dimostrare cioè con i fatti ciò in cui si crede”. Durante tutte le celebrazioni frequenti i richiami alla prossima visita di Papa Francesco, che il parroco ha definito “un segno di predilezione della Vergine nei confronti dei sardi”. Fino a qualche minuto prima della processione si sono sprecate le scommesse sull’effettivo svolgimento del-

Festa a Monserrato per suor Maria Masala Messa di lode per i 100 anni celebrata al SS. Redentore MARIA GRAZIA CATTE L 5 LUGLIO SUOR MARIA MASALA ha compiuto i suoi primi cento anni! Insieme alle sue consorelle, ai fratelli e ai familiari ha festeggiato, nell'Istituto delle FMA di via XXVIII Febbraio, il traguardo raggiunto e desiderato. Durante la messa, concelebrata da don Mario Steri, don Tonio Marzeddu e don Sergio Manunza, si è reso grazie a Dio per il dono della vita e della vocazione e per il SI che suor Maria, 76 anni fa, ha detto al Signore che l’ha chiamata alla vita consacrata nella famiglia delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Durante la sua lunga vita suor Maria è stata insegnante di matematica, economa, direttrice e in ultimo, da “pensionata” ha svolto il suo servizio umile e prezioso nella Portineria dell’Istituto delle FMA di Monserrato accogliendo piccoli e grandi con be-

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nevolenza e col sorriso. Al termine della Messa la famiglia ha dedicato a suor Maria la poesia "La Bontà" di Madre Teresa di Calcutta, che ben descrive come lei ha vissuto. Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento. Sii l'espressione della bontà di Dio. Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi, bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto. Ai bambini, ai poveri e a tutti coloro che soffrono nella carne e nello spirito offri sempre un sorriso gioioso. Dà loro non solo le tue cure ma anche il tuo cuore.

FoTo ELio PiRAS

mino di preparazione all’incontro con il Pontefice, sottolineando la coincidenza con la visita di Papa Francesco a Lampedusa. Alcuni cori e una banda hanno accompagnato i diversi momenti, un giovane cantautore sardo ha composto un brano dedicandolo alla Madonna di Bonaria, chissà quanti avranno chiesto o ringraziato per un “bene” ottenuto… Ringraziamenti dunque alle forze dell’ordine e ai militari che hanno reso possibile la processione, alla società maschile “Nostra Signora di Bonaria” (depositaria dell’organizzazione delle feste dedicate alla Madonna), ai moltissimi volontari, alle migliaia di fedeli convenuti, al gruppo editoriale “L’Unione Sarda” che da qualche giorno rende possibile l’ascolto di Radio Bonaria sul digitale terrestre-radio: la processione è stata radiodiffusa dall’emittente mercedaria, dal sito www.bonaria.eu, dal digitale terrestre. Padre Giovannino ha giustamente considerato che ciascuno onora la sua Madre celeste come meglio sa fare, qualunque cosa sappia fare, Lei sicuramente gradirà: “Atrus annusu…Viva Maria…!”


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