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DOMENICA 21 LUGLIO 2013 A N N O X N . 29
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
in preparazione alla visita di papa Francesco L’Arcivescovo invita tutti a prepararsi alla visita di Papa Francesco (Cagliari, 22 settembre) recitando ogni giorno la seguente preghiera: santa Maria, nostra signora di Bonaria, Patrona Massima della Sardegna,vergine del silenzio e del fedele ascolto della Parola di Dio, tu sei partita in fretta come pellegrina della fede per portare la gioia del Signore nella casa di Elisabetta: insegnaci ad accogliere il Signore che viene a visitare la nostra terra con il pellegrinaggio di Papa Francesco al tuo Santuario sul colle di Bonaria. Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro è il vicario del tuo Figlio Gesù su questa terra: rendici docili al suo insegnamento per essere certi di seguire fedelmente la via di Gesù, pronti a fare tutto quello che ci chiederà. Accompagna, Madre Santa di tutta la Chiesa, il ministero di Papa Francesco come vescovo di Roma e pastore universale, benedici la nostra terra e la sua terra d'origine, legate dal tuo Nome e dalla tua materna protezione, perché ogni giorno della nostra vita siamo pellegrini della fede e portatori della gioia che viene dal Signore. amen
In cammino verso Rio Sui passi di Abramo, di Maria, di Pietro con Papa Francesco alla Giornata Mondiale della Gioventù + ARRIGO MIGLIO
ll’inizio dell’Anno della Fede l’esperienza del pellegrinaggio era apparsa subito come uno dei momenti forti che saremmo stati chiamati a vivere. Abbiamo avuto pellegrinaggi a Roma, in Terra Santa, a Lourdes, in altri santuari mariani; sono stati già fatti alcuni pellegrinaggi foraniali alla Chiesa Cattedrale, e nei prossimi giorni inizia quello che si presenta come un pellegrinaggio davvero speciale che vede una quarantina di giovani con alcuni sacerdoti in partenza per Rio de Janeiro, accompagnando Papa Francesco anch’egli pellegrino tra i giovani come i suoi due ultimi predecessori. Per la nostra Diocesi quest’evento coinvolge non solo i partenti per il Brasile, ma tutte le realtà giovanili e specialmente quelle degli oratori estivi perché l’esperienza della GMG ci orienta e ci prepara alla giornata del 22 settembre prossimo, quando Papa Francesco sarà pellegrino al Santuario di Bonaria e dedicherà uno dei momenti più significativi della giornata proprio ai giovani. Da tempo la Chiesa, e in particolare Papa Benedetto prima e Papa Francesco ora, ci stanno richiamando ad avere una visione della fede più dinamica, non intellettuale e non individualista. Certamente la fede provoca la ragione e la invita a cercare e a camminare sempre ver-
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so la pienezza della verità, ma la fede non è questione principalmente intellettuale. Certamente nella fede Dio ci chiama uno per uno, ma la fede non può essere esperienza solitaria. Nella recente enciclica Lumen Fidei, Papa Francesco ci ricorda che “è impossibile credere da soli. La fede non è solo un’opzione individuale che avviene nell’interiorità del credente, non è rapporto isolato tra l’io del fedele e il Tu divino, tra il soggetto autonomo e Dio. Essa si apre, per sua natura, al noi, avviene sempre all’interno della comunione della Chiesa. La forma dialogata del credo, usata nella liturgia battesimale ce lo ricorda” (LF 39). La fede nasce dall’incontro con il Signore Gesù risorto, si trasmette attraverso l’incontro e la testimonianza: per questo alla luce di queste dinamiche della fede si comprende il tema assegnato per la prossima GMG: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (cf Mt 28,19). Non è invito a fare proselitismo, ma a condividere e sperimentare che per crescere nella fede abbiamo bisogno di testimoniarcela gli uni gli altri. Nell’epoca della globalizzazione non possiamo lasciare che sia globalizzata solo l’indifferenza, come ha gridato Papa Francesco a Lampedusa, e neppure che la prodigiosa capacità comunicativa offerta dalla rete serva a far passare nel villaggio globale messaggi spesso vuoti o demolitori. Oggi comprendiamo ancora meglio l’intuizione profetica che il Beato Giovanni
Paolo II ebbe fin dalla metà degli anni ’80, lanciando la Chiesa nell’avventura delle GMG, molte delle quali si sono svolte nei diversi Continenti. Nonostante qualche pigrizia e qualche bofonchiamento da parte di alcuni, l’esperienza delle GMG è andata via via crescendo e oggi si presenta come il grande pellegrinaggio dei giovani chiamati a scambiarsi la testimonianza della fede e a condividerla con quanti ancora non l’hanno sperimentata. Ne ha bisogno la Chiesa intera, ne ha bisogno la nostra Chiesa particolare; per questo chiedo non soltanto la preghiera di tutte le comunità per i giovani pellegrini a Rio, ma chiedo veramente a tutte le parrocchie e a tutti i gruppi di vivere intensamente qui in Diocesi l’esperienza della 28a GMG, attraverso il collegamento con gli eventi presieduti dal Santo Padre, perché anche a livello diocesano abbiamo bisogno di vivere in modo più dinamico la nostra esperienza di fede, di testimoniarcela reciprocamente gli uni gli altri, una parrocchia all’altra, una comunità all’altra, per “riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede… la fede infatti cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi perché allarga i cuori nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare…” (PF 7).
SOMMARIO FAMIGLIA
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Non basta una norma per riuscire a cambiare la coscienza di un popolo CHIESA
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Mons. Efisio Spettu, si è spento tra coloro che ha servito fino alla fine GIOVANI
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Dal 22 luglio a Rio la Giornata mondiale della Gioventù CAGLIARI
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Salvatore Martinez: “Siamo portatori sani di laicità” DALLE PARROCCHIE 12
Un’estate di feste, campi giovani e attività per tutti
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il Portico
IL PORTICO DEL TEMPO
domenica 21 luglio 2013
Famiglia. Piena eguaglianza e maggiori tutele per i figli nella recente riforma: servirà tempo per valutarne gli effetti.
Non basta una norma a cambiare la tradizione e le relazioni umane e familiari di un popolo Modificato il concetto di potestà genitoriale. Parlare di “responsabilità” sposta l’accento sulla posizione di servizio che i genitori assumono nei confronti dei figli CARLO PILIA A FAMIGLIA, QUALE principale formazione sociale nella quale si sviluppa la personalità degli esseri umani, è destinataria di una disciplina che risente in maniera diretta del sistema dei valori riconosciuti nell’ordinamento giuridico e del mutamento dei contesti economici e sociali che percorrono le comunità nazionali e internazionali. Il diritto di famiglia, pertanto, è sottoposto ad una continua spinta evolutiva che non si realizza solamente attraverso le periodiche riforme normative varate dal legislatore, ma viene alimentata soprattutto con l’incessante interpretazione adeguatrice operata dalla giurisprudenza per rispondere alle esigenze di tutela che provengono dalla gestione quotidiana dei conflitti familiari. I due meccanismi evolutivi si combinano e, con il passare del tempo, tendono a complicarsi e collidere nella società della postmodernità. Più spesso sono i giudici nazionali e internazionali che segnalano in fase applicativa le principali criticità e i vuoti normativi di tutela, prospet-
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tando le interpretazioni correttive ed evolutive necessarie per adeguare le soluzioni giuridiche ai principi fondamentali in materia di diritto di famiglia, in attesa di interventi legislativi che con cadenze periodiche sono costretti a operare un riordino sistematico delle discipline vigenti. Tuttavia, sia per il ritardo parlamentare nel sostituire le norme superate e sia per l’insufficienza delle innovazioni legislative, in più occasioni, nell’ambito del diritto delle persone e della famiglia si sono ingenerati veri e propri conflitti istituzionali tra poteri giudiziario e legislativo, portati all’attenzione della Corte costituzionale (es. questioni del fine vita e delle coppie di fatto). I processi evolutivi imposti dal cambiamento, peraltro, sono resi ancora più difficili negli attuali scenari che vedono l’affermarsi di una pluralità di valori concorrenti e di difficile composizione, ai quali corrispondono molteplici modelli di fa-
miglia e plurime forme di tutela. La crescente circolazione delle persone in ambito transnazionale, europeo e internazionale, favorisce la contaminazione e pone l’esigenza di garantire, contemperandoli, i diritti fondamentali delle persone e della famiglia. La normativa nazionale, infine, deve rispettare i principi generali affermati nelle fonti sovraordinate vigenti a livello europeo e internazionale. La disciplina italiana del diritto di famiglia contenuta nel codice civile vigente del 1942, nell’iniziale formulazione, rispecchiava un modello familiare tradizionale tutto incentrato sul ruolo di supremazia attribuito al capo famiglia (paterfamilias), nei confronti sia della moglie e sia dei figli. Siffatto risalente modello si poneva in diretto contrasto con le norme prevalenti introdotte con la Carta costituzionale del 1948 che, tra i principi fondamentali, ha riconosciuto tanto i diritti inviola-
bili e i doveri inderogabili, sia dei singoli e sia delle formazioni sociali (art. 2), quanto l’eguaglianza formale e sostanziale (art. 3), senza alcuna discriminazione. La stessa Costituzione, inoltre, contiene una disciplina dedicata alla famiglia, che si ispira al necessario rispetto dell’uguaglianza dei coniugi (art. 29) e alla tutela dei figli, anche se nati fuori del matrimonio (art. 30). Malgrado le sollecitazioni giurisprudenziali, soltanto con la legge del 1975 il Parlamento ha varato la profonda e organica riforma del diritto di famiglia, provvedendo ad adeguare le disposizioni del codice civile alle norme costituzionali. Tuttavia, sul piano normativo e soprattutto culturale è occorso dell’ulteriore tempo per ottenere un’effettiva applicazione dei principi di eguaglianza all’interno della compagine familiare, soprattutto con riferimento alle posizioni dei figli, specie con riferimento alle situazioni di crisi familiare. Con la recente legge 10 dicembre 2012, n. 219 (recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali), entrata in vigore dal primo gennaio del corrente anno, è stata varata una attesa revisione della disciplina della filiazione. In sei articoli si stabiliscono le principali novità introdotte, rimettendo l’adeguamento delle precedenti disposizioni legislative all’adozione nel semestre successivo di un decreto legislativo presentato proprio in questi giorni. La rinnovata attenzione per il regime della famiglia, questa volta, si rivolge alla filiazione stabilendo la piena eguaglianza tra figli, siano essi nati
dentro o fuori del matrimonio, e sono stabilite nuove tutele, in particolare per quanto concerne l’audizione dei minori nei procedimenti che li riguardano. Si afferma anche a livello normativo un unico e comune status di figlio, al quale corrisponde sostanzialmente la medesima protezione, e si superano perciò le tradizioni distinzioni. Si è voluta eliminare qualsiasi discriminazione di posizione tra i vari figli. La partecipazione dialettica del minore, fin dal raggiungimento della capacità di discernimento, alle decisioni familiari che lo riguardano costituisce un espresso riconoscimento della sua identità e personalità all’interno della comunità che anche egli con la propria volontà concorre a conformare. Di particolare significato, inoltre, è la sostituzione della tradizionale potestà genitoriale con la nuova responsabilitàgenitoriale. La modifica pone l’accento sulla posizione di servizio che i genitori assumono verso i figli, unici beneficiari della protezione. I figli, inoltre, sono riconosciuti titolari del diritto a proseguire con continuità una relazione nei confronti di entrambi i genitori, oltre che degli ascendenti, in caso di crisi familiare, da gestire in maniera condivisa, anche avvalendosi del servizio della mediazione. Ogni valutazione sull’efficacia delle novità normative dovrà passare attraverso la verifica dei risultati applicativi dei prossimi anni, senza illudersi che basti la pronuncia di una sentenza o il varo di una norma a mutare la conformazione o anche a correggere le distorsioni delle relazioni familiari.
modo per recuperare queste attività sarebbe insegnare all’artigiano non solo come si produce in modo industriale, ma anche come si gestisce l’impresa. Per potersi spendere sul fronte del nuovo mercato del lavoro, dovrebbe acquisire le competenze per sviluppare un business plan; gestire la piccola ragioneria. In questo senso i corsi di qualifica regionale, hanno il dovere di dirigersi verso altre strade. Qual è secondo te, la soluzione del problema? Chi si occupa di gestire le politiche attive, da qua-
le punto deve ripartire? Potrebbe rivelarsi una soluzione ripartire dall’azienda e non dai lavoratori. Sarebbe improponibile far uscire da un’esperienza professionale uomini adulti ed infilarli in un’altra, come se niente fosse. Trovare impiego dopo anni di stallo e di attesa non è facile. I mutamenti si vivono spesso come condizioni di instabilità continua. Quando un uomo perde il lavoro, perde anche un po’ il senso, perché perde la capacità di gestire le responsabilità. Vive situazioni che relativamente lo bloccano nella propria scelta di vita. Di punto in bianco smette di essere. Che il “posto fisso” oggi non esista più, è banale a dirsi. Ma la verità è che non possiamo più attendere che sia uno Stato disinteressato a produrre, a mettere in gioco dei posti di lavoro. Le multinazionali in questo sono in competizione tra loro. E’ normale che offrano più possibilità. E poiché l’aspetto sociale dell’utilità del lavoratore è quello più importante da valutare, di fronte alla crisi, è giunto il momento che tutti abbiano la possibilità di mettersi in gioco.
Lavoro, la formazione e le politiche attive Un problema per gli ex occupati e gli ex cassintegrati FRANCESCA SANNA RISTIANO MURTAS È direttore di una delle scuole che, a Cagliari, si occupano di formazione professionale. Ha da tempo esperienza diretta con le aziende, gli enti regionali del lavoro e i disoccupati. Parlare con lui non è come parlare con un formatore qualunque, perché Cristiano è ancora giovane. Ed è figlio di una realtà generazionale che non è cresciuta con l’idea del “posto fisso”. Che la precarietà ce l’ha quasi nel sangue. E’ forse per questo motivo che dalle sue parole traspare molto forte la necessità di far passare il messaggio per cui chiunque può riconvertire la propria professionalità e può trovare un’altra posizione
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nel mondo, acquisendo competenze e valore. La formazione sembra per lui quasi una lotta personale, a sostegno di situazioni che evidentemente ha toccato con mano. Sottolinea la necessità di studiare il repertorio delle figure professionali e produrre lavoratori in grado di far fronte ad un mercato del lavoro che cambia giorno per giorno. In questo periodi di crisi, ci sono lavori che non esistono più e che hanno fatto storia per essere stati ereditati da padre in figlio, ma oggi hanno perso il loro valore, perché hanno perso mercato. Cosa è cambiato nel campo dell’artigianato in questo senso? Purtroppo le multinazionali offrono servizi a maggior diffusione e l’artigiano in questo non è competitivo, perché necessita di
macchinari che non può permettersi. Troppo spesso si trova a rivolgersi alle banche, che in questo periodo chiedono maggiori garanzie. Alla fine può arrangiarsi con i mezzi che ha a disposizione, lavorare più manualmente e produrre numericamente meno. Ma per stare in piedi dovrebbe mantenere un ritmo di offerta differente. Essere un artigiano oggi è difficile, perché noi ci affidiamo ad un altro tipo di prodotto, frutto di catene di montaggio organizzato, per cui non c’è spreco e il prodotto è ottimizzato. L’unico
domenica 21 luglio 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
Il ricordo. E’ morto nei giorni scorsi tra i malati dell’Oncologico mons. Efisio Spettu.
Si è spento con coloro che preferiva, a cui ha sempre ricordato la speranza Racconto dei pellegrinaggi a Lourdes e del suo amore per ammalati e sofferenti: ha servito Dio, la Chiesa e le persone fino alla fine della sua esistenza donata tutta per Cristo
Una volta mi portò in Terra Santa. “Fai un documentario, cosi’ lo vendiamo e finanziamo il Seminario”. Partimmo con Seminaristi e Vescovi, fu una esperienza meravigliosa, da brivido. Al ritorno, mi misi a lavorare di notte per fare del mio meglio. “A ita puntu seusu?” si informava ogni tanto. A lavoro terminato, organizzammo la prima nella biblioteca del Seminario. Gli piacque e se non ricordo male ne stampammo 5 mila copie. Una delle mie più grandi soddisfazioni professionali. Ora che il suo pellegrinaggio è finito, e che dall’albero della nostra vita si è staccato un ramo così verde e poderoso, non sai bene quali sentimenti prevalgono in te. Ma una cosa è certa: davanti alla morte di Efisio Spettu la tristezza non ha il diritto di prevalere. Deve vincere la gratitudine. Bisogna sor-
ridere. E’ morto nella domenica in cui si legge la parabola del buon samaritano. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…”. Sono particolarmente fortunato, perche’ da Gerusalemme a Gerico sono sceso insieme a lui, in una giornata di marcia nel deserto di Giuda, e posso dire non solo di averlo incontrato, ma di avere viaggiato con questo misterioso personaggio del Vangelo, che non ti chiede chi sei, perchè sei finito così, se sotto sotto c’è qualcosa che non quadra. Ti ama e basta. Ha deciso di vivere per te. Dicono che tempo fa, regnante Giovanni Paolo, fosse in pole position per diventare Vescovo. Non nego che mi avrebbe fatto piacere. La Tradizione ricorda che a Lorenzo, Diacono ai tempi di Valeriano, il prefetto di Roma avesse intimato di consegnare il tesoro della Chiesa affidatogli da Sisto II. Lui raccolse tutti i poveri, gli ammalati e gli infelici, e si presentò esclamando: "Ecco, questo è il tesoro della Chiesa". Credo che don Efisio avrebbe fatto lo stesso. Gli ultimi, per lui, erano i primi. Ed è morto con quelli che aveva sempre prediletto, in quello stesso ospedale dove a molti aveva regalato l’ultimo sorriso, l’ultima decisiva preghiera, l’ultima speranza. Dicono che gli amici siano come le stelle: sai che ci sono, anche se non li vedi. Ma le stelle muoiono, e quella luce che osservi potrebbe essere di una stella già scomparsa. Se pensi a Efisio Spettu, invece, sai che brillerà per sempre.
te), sempre disponibile, fedele a Cristo e alla Chiesa nel suggerire gli orientamenti da seguire. Sei stato capace di essere una freccia che indicava una Persona sempre presente e viva tra noi: Gesù Cristo. A questa fedeltà ci tenevi, nonostante il tuo carattere forte e la tua franchezza nel relazionarti, anche con i superiori, oltre che con i laici, soprattutto in età giovanile. Ma eri capace di trasformarti e di essere rigorosamente fedele al Vangelo e alla Chiesa nella direzione spirituale. Nel mio cuore conservo tanti esempi che comprovano quanto scrivo. Ho avuto la fortuna, una volta diagnosticato il male, di poter usufruire del tuo aiuto venendoti a trovare ogni settimana. Sentivo il bisogno di approfittarne, perché il tempo che ti restava da vivere era poco. In una delle ultime vi-
site, eri molto stanco e molto sofferente: è stata l’ultima volta che mi hai Confessato. Di lì a pochi giorni, sapendo che eri entrato in precoma, mi sono recato al tuo capezzale, mi hai riconosciuto, hai tentato di benedirmi, ma il tuo braccio che avevi appena sollevato è ricascato subito. A quel punto ho pensato di restituirti il regalo di tantissime assoluzioni ricevute in 45 anni: ti ho dato l’assoluzione generale “in articulo mortis”. Poi ti ho chiesto se mi avresti continuato a seguire e, con un cenno della bocca, ho percepito il tuo assenso. Mezz’ora prima che rendessi l’anima a Dio, ti ho dato l’ultima benedizione. Ora che sei davanti al Padre celeste e contempli la gloria del Suo volto, guarda anche me e quanti hai incontrato nella vita. E continua a seguirci con la tua preghiera. E come diceva Sant’Agostino: “fissa i tuoi occhi pieni di luce sui nostri pieni di lacrime”. E ottienici la grazia di pregare così: “Signore, non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per il tempo che ce lo hai lasciato” (Agostino). Grazie, Don Efisio, il Signore ti rimeriti con quella pace eterna riservata ai servi fedeli. E grazie per la serenità con la quale hai affrontato il tuo calvario fino all’ultimo respiro.
IGNAZIO ARTIZZU I PARTIVA IN QUESTO periodo, per Lourdes. Luglio. Folla al porto, sudore e polvere. E caos a bordo, fino a quando risuonava tra noi il fatidico annuncio: il quadrato è pronto. Si, il quadrato. In gergo marinaresco, è il punto di ritrovo per gli ufficiali sulle navi da guerra. Per noi barellieri era il cinema della nave trasformato in ricovero per gli ammalati gravi, gli allettati. Il cuore del pellegrinaggio. Ed era qui che, poco dopo, arrivava lui. Non il superiore arcigno che controllava se tutto era a posto, ma l’autorità amorevole. Gli ammalati li conosceva tutti, alcuni da tanti anni. Ed era nel quadrato, con la presenza di don Efisio, che tutto improvvisamente appariva ordinato, efficiente, pronto per l’avventura che ci aspettava, ogni volta nuova, sorprendente. Un viaggio dentro l’animo umano: quello degli ammalati che servivamo, quello nostro. Solo che alla fine le parti si invertivano sempre: pensavi di avere regalato qualcosa agli altri, e invece
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Mons. Spettu (a destra) con don Onnis, mons. Spiga e don Zucca.
tornato a casa ti accorgevi di essere tu un po’ più ricco. Non l’ho mai visto stanco. La battuta scherzosa, preferibilmente in sardo, il sorriso, l’inestinguibile disponibilità, la birretta notturna a fine lavoro, rendevano don Efisio il vero punto di riferimento durante il pellegrinaggio, anche quando, provati da un viaggio di 36 ore (dopo la nave il treno bianco) c’era sempre quella potente voce baritonale che intonava l’Ave di Lourdes. Bella voce. Ogni tanto mi raggiungeva anche al telefono. Del compleanno dei suoi amici non si dimenticava mai. Mi rendevo conto che di me sapeva sempre tutto anche se non lo avevo informato. “Falla la politica, falla, che io gia’ ti osservo”. Era di destra o di sinistra? E chi lo sa. Io il coraggio di chiederglielo non ce l’avevo, e non gli ho mai chiesto neanche il voto.
Lettera al padre spirituale defunto Una freccia che indicava una Persona presente: Cristo DON TORE RUGGIU
arissimo Don Efisio, questa settimana la mia rubrica la dedico a te. Te la dedica un figlio spirituale che, per oltre 45 anni ti è stato fedele, non per fare un piacere a te, ma per ricevere (quindicinalmente) l’assoluzione dei miei peccati e i consigli, sempre appropriati, per cercare di vivere sempre meglio ilVangelo e il mio ministero sacerdotale. Sono stato tra i primi a sapere del tuo male incurabile e me lo hai confidato con molta serenità. Anzi, pochi giorni prima che entrassi in coma, mi hai lasciato un testamento spirituale che non potrò e non dovrò mai dimenticare:“sii sempre sereno, fiducioso e paziente”. Poi mi ha dato un particolare consiglio che rimarrà nel sacrario del mio cuore. Non voglio e non devo fare nessun elogio funebre (anche perché queste cose le detesta-
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vi), ma sottolineare che, tra i tanti carismi che avevi, certamente emergeva la tua capacità di essere guida spirituale, sicura e ferma, e di essere capace di far percepire l’infinita bontà e misericordia di Dio nell’amministrare il Sacramento della Riconciliazione. Hai avuto tanti e tante figli e figlie spirituali. Non tutti, come capita, ti hanno seguito fino alla fine, magari facendo altre scelte o perdendosi lungo la strada. Chi ha avuto la volontà e il dono di continuare, sa di aver avuto enormi benefici. Diceva il Cardinal Martini (concetto ribadito anche da Giovanni Paolo II), che la direzione spirituale per preti, consacrati, consacrate e laici, è essenziale per tutta la vita. Perché in tutta la vita, il Signore non cessa di parlarci ed è necessario che qualcuno ci accompagni nel difficile esercizio del discernimento. Don Efisio, sei stato un padre buono (pure molto esigen-
il Portico
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la lettera IN REDAZIONE
Dedicato ad Efisio Spettu Caro Efisio, per sempre il tuo ricordo resterà con noi. Non potremo mai dimenticare la tua presenza così discreta, il nostro sentirti sempre vicino nelle gioie e nei dolori, in particolare i più sofferti, il tuo sostegno premuroso e mai imposto, la tua acuta intelligenza che ha sempre saputo avvicinarsi e dialogare con ognuno di noi, anche con le personalità più diffidenti. In corsia non ci hai mai parlato di Vangelo, perché non ce n’era bisogno. Tu sei stato una pagina di Vangelo vissuta, una testimonianza viva dell’Amore di Dio per ogni uomo sofferente, sia che si trovasse in un letto di degenza, o in una poltrona di day hospital, o col peso della fatica di orari e turni, talvolta estenuanti, ad aggirarsi per le stanze di questi nostri ospedali. Non è facile la vita del malato di cancro, e tu lo sai bene; e non lo è quella dell’operatore sanitario che se lo prende in carico. Le emozioni, le paure, i dubbi, ti assalgono continuamente, e talvolta ti sembra di smarrire l’orientamento. Ma tu ci hai mostrato la luce in questo tunnel oscuro: andare incontro all’altro, a chi si affida a noi, con tenerezza amorevole e atteggiamento di ascolto vero, consapevoli delle nostre possibilità ma anche dei nostri limiti, senza dire una parola in più del necessario, senza giudizi e con la leggera “ironia” di chi non perde mai il senso di ciò che è essenziale anche nei momenti di tensione. Ci hai ricordato con la tua testimonianza umana e cristiana che il bene più importante per noi, operatori sanitari, è la solidarietà, la condivisione ed il rispetto per l’altro. Aiutaci ancora, nella tua nuova dimensione, a tenere viva e rianimare continuamente questa luce. Perché questi nostri ospedali siano sempre più un luogo di testimonianza della fratellanza umana nella sofferenza della malattia oncologica. E allora, pur ammutoliti dal dolore, ripetiamo con S.Agostino questa preghiera al Padre Eterno: “non ti chiediamo Signore, perché ce l’hai portato via, ma ti ringraziamo mille volte per avercelo dato per tutti questi anni”. Il Personale degli Ospedali Oncologico, Microcitemico e dell’Hospice
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IL PORTICO DEL TEMPIO
il Portico
Il Papa. Pubblicato il Motu proprio di Papa Francesco in materia penale e amministrativa
“Nostra Signora de Aparecida guidi i passi dei giovani della Gmg di Rio” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS, RECITATO Questa volta a Castel Gandolfo, il Santo Padre ha commentato il Vangelo domenicale che presentava la parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37): «ma perché Gesù sceglie un samaritano come protagonista della parabola? Perché i samaritani erano disprezzati dai Giudei, a causa di diverse tradizioni religiose; eppure Gesù fa vedere che il cuore di quel samaritano è buono e generoso e che – a differenza del sacerdote e del levita – lui mette in pratica la volontà di Dio, che vuole la misericordia più che i sacrifici (cfr Mc 12,33). Dio sempre vuole la misericordia e non la condanna verso tutti. Vuole la misericordia del cuore, perché Lui è misericordioso e sa capire bene le nostre miserie, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati. Dà a tutti noi questo cuore misericordioso! Il Samaritano fa proprio questo: imita proprio la misericordia di Dio, la misericordia verso chi ha bisogno». Sempre all’Angelus il Papa ha richiamato la figura di San Camillo de Lellis: «saluto con grande affetto tutti i figli e le figlie spirituali di San Camillo, che vivono il suo carisma di carità a contatto quotidiano con i malati. Siate come lui buoni samaritani! E anche ai medici, agli infermieri e a coloro che lavorano negli ospedali e nelle case di cura, auguro di essere animati dallo stesso spi-
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rito». Al termine dell’Angelus il Santo Padre ha ricordato l’ormai prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro: «preghiamo allora per questo grande pellegrinaggio che comincia, perché Nostra Signora de Aparecida, patrona del Brasile, guidi i passi dei partecipanti, e apra i loro cuori ad accogliere la missione che Cristo darà loro». In settimana Papa Francesco ha compiuto la sua prima visita fuori Roma nell’isola di Lampedusa dove ha incontrato un gruppo di immigrati e celebrato la S. Messa. Il Santo Padre, nell’omelia della Messa, ha mostrato come la vera
accoglienza nei confronti dei migranti che arrivano disperati nei nostri territori parta dal riconoscersi come parte della comune famiglia umana: «Dov’è il tuo fratello?, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solida-
rietà! E le loro voci salgono fino a Dio!». Papa Francesco ha poi messo in guardia da ciò che ha definito la «globalizzazione dell’indifferenza»: «la cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!». La preghiera del Papa si è concentrata in modo particolare sulla richiesta di perdono a Dio per l’indifferenza che si diffonde in «una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”»: «Signore, in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore!». In settimana è stato pubblicano il Motu proprio di Papa Francesco in materia penale e in materia di sanzioni amministrative.
Hanno collaborato a questo numero:
Abbònati a 48 numeri a soli to di n pun rdegna 978 u dal 1 ento in sa urali, lt im u c r i e iro rif viagg resp per i iosi e di le relig spiritua
30 euro
pellegrinaggi paolini
LourdeS 27 - 30 agosto
San giovanni rotondo
21 - 24 settembre Voli di linea su Roma
Medjugorie
30 agosto - 3 settembre 31agosto - 4 settembre 29 settembre - 3 ottobre Voli diretti da Cagliari
• UNICO RAPPRESENTANTE DEI PAOLINI IN SARDEGNA •
Volo diretto da Cagliari
Per informazioni e prenotazioni: CAGLIARI - V.LE S. AVENDRACE 181 TEL. 070.288978 - 070.280279 FAX 070.281784 E-mail: sardivet@tiscali.it Sito internet : www.sardivetviaggi.it
Carlo Pilia, professore associato di Diritto privato all’Università degli Studi di Cagliari, Francesca Sanna, giornalista pubblicista, Ignazio Artizzu, giornalista professionista e consigliere regionale, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri, Matteo Meloni, laureato in Governance e Sistema Globale, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, Matteo Pusceddu, poligrafico, Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo Vaticano, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Piero Orrù, professore di storia e filosofia in pensione, Rosalba Crobu, funzionario del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Stefano Spanu, parrocchiano della Cattedrale, Maurizio Cancedda, parrocchiano di San Pietro (Assemini), Matteo Venturelli, giornalista pubblicista, Riccardo Tosadori, imprenditore, Giancarlo Berutti, parrocchiano di San Gregorio Magno, Roberto Porrà, funzionario in pensione della Soprintendenza Archivistica per la Sardegna, autore del volume “Il culto della Madonna di Bonaria di Cagliari” (Arkadia editore). Il direttore della testata è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3700. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.
domenica 21 luglio 2013
pietre INDIA
Preti a rischio per la legge anticonversione Una nuova stretta sulle conversioni rischia di abbattersi sul Madhya Pradesh: in questi giorni il governo dello Stato indiano discuterà in Parlamento un emendamento della legge anticonversione già in vigore. La modifica impone ai sacerdoti di fornire alle autorità locali tutti i dettagli relativi alla persona che ha deciso di cambiare religione almeno 30 giorni prima della cerimonia. In caso contrario, si rischia una multa di 1000 rupie (13 euro) e fino a tre anni di carcere.
IN EGITTO
Ucciso un sacerdote copto ortodosso In un piccolo centro nella penisola del Sinai, un gruppo di militanti islamisti ha ucciso un giovane sacerdote copto ortodosso, Mina Abboud Haroan, 39 anni. Un gruppo di uomini, probabilmente estremisti islamici, è sceso da un auto e ha bloccato il sacerdote mentre camminava per il quartiere. Una volta scesi hanno sparato a bruciapelo, per poi fuggire. L'uomo è stato portato subito in ospedale da alcune persone dov'è deceduto dopo poche ore. Intanto, cresce la tensione in tutto il Paese dopo le manifestazioni pro-Morsi di ieri. Fonti locali raccontano che i Fratelli Musulmani stanno consumando la loro vendetta. Secondo alcuni testimoni i militanti "vanno casa per casa, li mirano con i fucili e con i mitragliatori. Attaccano con ogni tipo di armi".
BRASILE
Una scuola salesiana socio-sportiva Lo sport come strada privilegiata per una vita migliore, insegnando valori e allontanando dai rischi della strada e delle dipendenze. È l'opportunità che vuole offrire il Centro giovanile salesiano di Niterói, città vicina a Rio de Janeiro, che ha inaugurato, in questi giorni, la terza scuola socio-sportiva realizzata in Brasile dalla Procura delle Missioni salesiane di Madrid e dalla Fondazione Real Madrid. La scuola beneficerà circa 200 bambini, ragazzi e giovani delle aree più svantaggiate della città. I partecipanti riceveranno anche supporto educativo e nutrizionale, controlli periodici della salute, accompagnamento psicologico e familiare, e potranno partecipare a laboratori socioeducativi - in ginnastica, artigianato, capoeira, lettura, educazione alla cittadinanza - e ad incontri formativi su temi quali la salute, l'igiene, l'educazione ai valori, la prevenzione dall'alcool, il tabacco e le droghe.
domenica 21 luglio 2013
IL PORTICO DEI GIOVANI
il Portico
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Iniziative. Cinque associazioni insieme per raccogliere fondi per proseguire l’opera di padre Bepi Berton.
La grande generosità dei cagliaritani volerà fino agli ex bambini soldato della Sierra Leone Al Parco di Monte Claro anche il Raduno del Cuore per raccogliere sangue. L’opera del saveriano scomparso di recente al centro dell’incontro organizzato dai volontari MATTEO PUSCEDDU I È SVOLTO DOMENICA scorsa nel Parco di Monte Claro l’evento “Insieme per la Sierra Leone”, patrocinato dalla Provincia di Cagliari e organizzato dalle associazioni FHM Italia, Thalassa Azione Onlus, SOS Elmas e Balentes Bikers. Alla mattina ci sono state le donazioni di sangue, nell’ambito del III Raduno del Cuore organizzato da Thalassa Azione Onlus con la partecipazione dei motociclisti del gruppo Balentes Bikers. Grazie alla preziosa collaborazione dell’Avis Provinciale di Cagliari, che ha messo a disposizione un’autoemoteca, sono state ben 17 le sacche di sangue raccolte grazie al buon cuore dei motociclisti. “Il loro gesto è fondamentale”, spiega Marco Mameli, responsabile dei Raduni del Cuore per Thalassa Azione Onlus. “Infatti per le persone con talasse-
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mia”, prosegue Mameli, “il sangue è un vero e proprio farmaco salvavita e donarlo è ancora più necessario nel periodo estivo, in cui si registra un calo delle donazioni e, contemporaneamente, a causa dell’afflusso di turisti, si ha un aumento dell’abituale richiesta di sangue”. Nel pomeriggio si è svolto il resto della manifestazione, mirato a raccogliere fondi per FHM Italia, Onlus che in collaborazione con la NGO “Mother Child Ravera Centre” si occupa del recupero psicologico di ex bambini soldato nella Sierra Leone, proseguendo l’opera iniziata dal sacerdote Padre Bepi Berton. Il saveriano, purtroppo recentemente scompar-
L’arcivescovo Miglio fa visita ai rossoblù un cordiale incontro con gli uomini di Lopez e Pulga FRANCESCO FURCAS
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N INCONTRO CORDIALE quan-
to imprevisto: l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, ha fatto visita alla squadra del Cagliari nei giorni scorsi, mentre i rossoblù erano in pre-ritiro nel Centro sportivo “Ercole Cellino” ad Asseminello. Certamente una visita gradita da Conti e compagni, che hanno apprezzato l’arrivo di un tifoso speciale, accompagnato dal segretario don Carlo Rotondo (qui accanto la foto di Roberto Tronci). Il presule si è intrattenuto con la squadra negli spogliatoi, annunciando ufficialmente ai ragazzi la visita di Papa Francesco per il prossimo 22 settembre. “Chiederemo a Sua Santità, Papa Francesco, di poter effettuare un incontro con i giocatori rossoblù in occasione della visita pastorale in Sardegna”: così ha dichiarato ai giornalisti presenti, a sorpresa, l’arcivescovo lasciando la struttura al-
le porte della città. L’incontro - anche se avvenuto in modo informale - è stato anche l’occasione per rivolgere all’undici guidato da Diego Lopez e Ivo Pulga un caloroso augurio per il nuovo campionato di calcio. La società rossoblù, commentando con una nota ufficiale la notizia della visita dell’arcivescovo ha giustamente parlato di “un saluto carico di affetto prima della partenza per il ritiro di Sappada”. Quanto all’incontro con Papa Francesco in occasione della sua visita programmata per il 22 settembre, mons. Miglio ha aggiunto: “Un incontro – ha detto – che chiederemo anche perché sappiamo che il Papa è amante del calcio, anche se sappiamo bene che lui tifa la squadra argentina del San Lorenzo”. Papa Bergoglio ha anche la tessera da tifoso della squadra sudamericana e ha ricevuto l’11 aprile scorso una delegazione del club in Vaticano. Ha destato stupore anche il fat-
so, è stato una figura di riferimento nell’ambito missionario specialmente per quanto concerne il recupero dei bambini sfruttati come soldati durante la guerra civile. “Tra i progetti futuri di FHM Italia c’è il mantenimento degli ambulatori medici gratuiti già in essere e la costruzione di un ospedale pediatrico e un centro di formazione professionale” dice il socio Luca Lusetti, parlando a nome del dott. Roberto Ravera che ha aperto la manifestazione pomeridiana in videoconferenza con Ivano Argiolas, presidente di Thalassa Azione Onlus. L’evento è poi proseguito con la proiezione del video “La vita non
perde valore”, esplicativo del lavoro di FHM in Sierra Leone, mentre all’esterno si sono svolte le esibizioni di danza, sport e fitness a cura di vari gruppi isolani del settore, le esposizioni del moto club Balentes Bikers, un mercatino espositivo di lavori di artigianato, degustazioni enogastronomiche offerte dagli sponsor e una simulazione di primo soccorso, per poi chiudersi con una serata musicale. Le centinaia di persone che hanno partecipato hanno trascorso una piacevole giornata all’aperto, mostrando grande generosità nei confronti dei bambini della Sierra Leone. Tra le principali artefici dell’organizzazione dell’evento, Rosy Argiolas, collaboratrice in Sardegna
per FHM, dichiara: “Questa manifestazione all’insegna della solidarietà e del sorriso, è nata in collaborazione con Marco de Natale dei Balentes Bikers e Ivano Argiolas di Thalassa Azione Onlus, si è propagata ad altre persone ed è stata una bellissima sfida di volontari che, con entusiasmo, si sono dedicati anima e corpo alla riuscita di questo progetto. In questi mesi di lavoro, in loro ho riconosciuto quell’umanità che ci accomuna e che ci fa prendere a cuore le persone con esigenze ben più gravi di quelle che possiamo immaginare. Faccio volontariato da 13 anni e spero di andare al più presto in Sierra Leone per vedere di persona l’opera di Padre Bepi e di FHM Italia”.
to che il pontefice abbia scritto una lettera alla squadra azulgrana per ringraziare della maglietta ricevuta in dono appena eletto. Nella lettera, con la passione di un vero tifoso, Papa Francesco ha ricordato con emozione lo scudetto vinto nel 1946 dal sodalizio argentino. Forse, tra le carte da giocare per ottenere un incontro che sarebbe certamente inusuale - al primo viaggio apostolico del Papa in Italia dopo le poche ore trascorse a Lampedusa - c’è il fatto che le due squadre, Cagliari e San Lorenzo de Almagro, condividono quasi gli stessi colori sociali: anche il team per il quale tifa il Pontefice indossa infatti casacche rossoblù (un rosso appena più scuro per il San Lorenzo), particolare che non sarà certamente sfuggito agli appassionati del pallone.
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IL PORTICO DEI GIOVANI
il Portico
DOMENICA 21 luglio 2013
Aspettando Rio2013. Si conclude la straordinaria ricostruzione delle Giornate mondiali con i Papi.
“Cari giovani, è difficile credere nel Duemila? Sì, ma con l’aiuto della Grazia è possibile” Parigi e Roma furono due appuntamenti storici. Da Colonia il testimone passò a Benedetto XVI, che continuò a spronare i giovani a diventare protagonisti della storia
21-24 agosto 1997: Parigi
MASSIMO LAVENA Un’immagine del gruppo dei sardi alla veglia di Longchamp (1997).
21-24 agosto 1997: Parigi La Ville Lumière schernì il vecchio Papa profetizzando una figuraccia mediatica. E invece la XII Giornata Mondiale della Gioventù spiazzò ancora una volta i commentatori sempre al varco per dileggiare fede. Il tema scelto dal Beato Giovanni Paolo II andò su questa via: “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete!”. La laica Francia non pensava che i giovani di un mondo senza risposte si sarebbero mossi per stare con un papa parkinsoniano che poneva domande antiche. E dove il Maestro abitasse lo volle scoprire un milione e duecentomila di giovani provenienti da tutto il mondo, perché nes-
suno tra gli organizzatori e le forze di polizia ha mai saputo quanti giovani francesi si riversarono all’Ippodromo di Longchamp durante la notte tra la Veglia e la Messa finale: i volontari dovettero far concentrare molti settori del campo ippico già stracolmo. Giornali come L’Humanité o Le Monde che avevano scritto di Parigi che avrebbe respinto le armate dei giovani papisti, dovettero inchinarsi davanti a Karol il Grande. La Gmg del 1997 ci tramanda il Papa accolto dai 600mila del Champ de Mars, con la Torre Eiffel stupita testimone; la via crucis sulla Senna; il doppio annuncio del Papa alla Messa finale con Santa Teresina di Li-
sieux che sarebbe stata proclamata Dottore della Chiesa e Roma prossima GMG durante il Giubileo del 2000. All’accoglienza, parlando della lavanda dei piedi e del battesimo disse ai suoi giovani: “Avete in voi straordinarie capacità di donazione, di amore e di solidarietà. Il Signore vuole ravvivare questa generosità immensa che anima il vostro cuore. Vi invito a venire ad attingere alla sorgente della vita che è Cristo, per inventare ogni giorno i mezzi per servire i fratelli nella società in cui dovete assumervi le vostre responsabilità di uomini e di credenti. Negli ambiti sociali, scientifici e tecnici, l'umanità ha bisogno di voi”.
Oltre 2 milioni e mezzo di giovani accolsero l’invito del Papa: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Fu una settimana trionfale per la “Roma felix” come la chiamò il Papa all’accoglienza a San Giovanni in Laterano. La capitale accolse con gioia e sincera allegria i giovani. La piazza di San Pietro, colorata dalle bandiere di tutto il mondo sintetizzava quella babele mistica che sciamò per le strade e le piazze, nelle chiese per le adorazioni, sui Fori imperiali per la maestosa e commovente via crucis che terminò al Colosseo nel nome dei martiri antichi e contemporanei. Dovunque ci fosse una chiesa era facile trovare giovani in preghiera e ragazzi che si fermavano ammirati davanti ai capolavori dell’arte come ad un piatto di spaghetti alla carbonara. Roma, con la sua sacralità storica, vide il Papa sfoderare una verve trascinante nel campus di Tor Vergata. Guidò la marea umana per le oltre 4 ore della veglia indimenticabile: “Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vive-
re nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell'attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro. Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell'interesse personale o di gruppo. Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell'uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto. Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E' difficile. Non è il caso di nasconderlo. E' difficile, ma con l'aiuto della Grazia è possibile”.
Il cammino della croce da Karol a Joseph L’invisibile passaggio di consegne tra i due pontefici Voi siete gli uomini e le donne di domani; nei vostri cuori e nelle vostre mani è racchiuso il futuro. A voi Dio affida il compito, dif23-28 luglio 2002: Toronto ficile ma esaltante, di collaborare con Lui nell'edificazione della civiltà dell'amore”. Giovanni Paolo II ormai per spostarsi ricorre ad una predella mobile. Ma parte per la XVII Giornata 18-21 agosto 2005: Colonia Mondiale della Gioventù. Il motto “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo” fu scandito dal- Benedetto XVI, eletto da 4 mesi al la festa dei giovani canadesi che ac- soglio di Pietro chiama i giovani ad colsero i loro fratelli: li guidarono unirsi ai tre Magi venerati nella in una spettacolare Via Crucis che il grande cattedrale della città tedeBeato Karol vide dalla tv, da Straw- sca: “Siamo venuti per adorarlo” era berry Island, dove si riposava. La il motto per la XX GMG. Fin dalla consegna del sale e delle candele spettacolare traversata lungo il Renella Veglia fu l’invio verso quegli no si colse la profezia di Benedetto: estremi confini che necessitano an- bisognava fermarsi per adorare il cora del sapore della vita e della lu- Signore. I giovani stettero davanti al ce che la illumina. Disse Giovanni Santissimo nella Veglia ridotta al Paolo II: “Si richiede una nuova ge- minimo nella spettacolarità. Benenerazione di costruttori che, mossi detto disse: “Entrati nella casa, vinon dalla paura o dalla violenza dero il bambino e Maria sua mama dall'urgenza di un autentico dre, e prostratisi lo adorarono. Cari amore, sappiano porre pietra su pie- amici, questa non è una storia lontra per edificare, nella città dell'uo- tana, avvenuta tanto tempo fa. Quemo, la città di Dio. Lasciate, cari gio- sta è presenza. Qui nell'Ostia sacra vani, che vi confidi la mia speranza: Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. questi ‘costruttori’ dovete essere voi! Come allora, si vela misteriosaMA. LA.
mente in un santo silenzio e, come allora, proprio così svela il vero volto di Dio. Egli per noi si è fatto chicco di grano che cade in terra e muore e porta frutto fino alla fine del mondo. Egli è presente come allora in Betlemme”.
15-20 luglio 2008: Sidney All’accoglienza della XXIII GMG Benedetto XVI rese omaggio agli antichi aborigeni dell’Australia, tra modernità del Paese e tradizione spirituale. Il motto era “Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni”. Fu un trionfo per il Papa! L’acqua della baia di Sidney rifletté le immagini dei suoi capelli bianchi e della mantella rossa mossi dal vento. La semplicità si manifestò ancora nella scelta di fermarsi davanti all’Eucaristia per la Veglia: “Questa sera, radunati sotto la bellezza di que-
sto cielo notturno, i nostri cuori e le nostre menti sono ripiene di gratitudine verso Dio per il grande dono della nostra fede nella Trinità. Ricordiamo i nostri genitori e nonni, che hanno camminato al nostro fianco quando, mentre eravamo bambini […] Ora, dopo molti anni, vi siete raccolti come giovani adulti intorno al Successore di Pietro. Sono ricolmo di profonda gioia nell’essere con voi. Invochiamo lo Spirito Santo: è lui l’artefice delle opere di Dio. Lasciate che i suoi doni vi plasmino!”
da parte di cosiddetti “indignados” che occupavano varie piazze e luoghi madridisti, raggiunsero i giovani della GMG. Ma anche il più acceso nemico della Chiesa fu tacitato dal silenzio opposto alla ricerca dello scontro. La gioia rispose a chi nel buio della crisi cerca solo violenza. Come violenta fu la tempesta che sferzò la Veglia. Il Papa stette sotto la pioggia coi suoi giovani, attese di poter pregare davanti al Santissimo. La pioggia e il vento calarono e la mattina del 21 agosto, Benedetto XVI salutò così: “Cari giovani, ho pensato molto a voi in queste ore in cui 18-21 agosto 2011: Madrid non ci siamo visti. Spero che abbiate potuto dormire almeLa capitale spagnola accoglie Bene- no un poco, nonostante l’inclemenza detto XVI ed i giovani per la XXVI del tempo. Sono sicuro che all’alba GMG chiamati ad esser “Radicati e di oggi avete levato gli occhi al cielo fondati in Cristo, saldi nella fede”. più di una volta e non solo gli occhi, L’entusiasmo per il vecchio papa ma anche il cuore, e questo vi avrà sorprese la laicissima nuova cultura permesso di pregare. Dio sa ricavare ispanica. Atti di aggressione e offesa il bene da tutto”.
DOMENICA 21 luglio 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
L’intervista. A tu per tu con Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito.
“Siamo portatori sani di laicità, mostriamo la fede nelle piazze” Il successo dell’iniziativa “Dieci piazze per dieci comandamenti” rivela una nuova idea di laicità, che include, legge la realtà e individua le soluzioni. E fa bene alle nostre città SERGIO NUVOLI ALVATORE MARTINEZ è il presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo. Con Il Portico fa volentieri il punto sull’iniziativa “Dieci piazze per dieci comandamenti”, che nelle scorse settimane ha fatto tappa a Cagliari, e a settembre ricomincerà il suo cammino in tutta Italia. Com’è nata l’idea? Da alcuni anni ci interroghiamo sul bisogno di riportare la fede nelle città metropolitane: nei centri storici e nei luoghi simbolici delle nostre città la fede è sempre più ai margini. La modernità, i ritmi imposti al lavoro, alla vita e alle famiglie ci fanno correre più di quanto si dovrebbe, con il risultato di non riuscire a fermarci per riascoltare le parole fondamentali della nostra esistenza. Questo ascolto accade nelle chiese e nei convegni: certo non mancano i luoghi di pensiero e di ascolto. Ma volevamo che potesse accadere all’aria aperta, che la fede – coniugata con la vita – si potesse raccontare in modo originale e creativo nelle piazze e nei luoghi-simbolo delle nostre città.
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Salvatore Martinez durante “Dieci piazze per dieci comandamenti”.
Serviva anche una modalità che unisse: ci è stata data dai Dieci comandamenti. L’idea era di fare un’itineranza, ed è nato il progetto “Dieci piazze per dieci comandamenti”. Sono diventate undici per non escludere Cagliari. Come mai non volevate escludere Cagliari? Cosa vi lega alla città? E’ un gesto d’affetto e riconoscenza: mi pareva un fatto dovuto per un’Isola parte integrante del Paese, ma anche un modo per tenere vicini i gruppi e le comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo presenti in questo territorio, perché non si sentano isolati o trascurati. E’ un invito ai laici a dire la propria fede nelle piazze? Essere cristiani è una modalità di essere laici. “Cristiano” non è solo un aggettivo, ma dà sostanza alla nostra idea di laicità: mai contrapposizione o esclusione. E’ una laicità che include, legge la realtà, ed è profetica perché individua le soluzioni. Siamo portatori sani di laicità, in un
tempo in cui tanti virus infettano la vita della gente: siamo portatori di una vita buona, giusta, profondamente umana. L’umano va rifecondato con categorie spirituali: vogliamo ribadire che bisogna dare a Dio quel che è di Dio. Nei comandamenti c’è spazio per Dio e c’è spazio per Cesare: guai se la fede diventasse un fatto privato, non illuminasse la vita pubblica, o fosse vissuta come un discrimine. La fede cristiana è il fattore più umanizzante della vita umana: l’inarrivabile modello di Gesù Cristo ci sfida ad andare fuori dalle sacrestie tra la gente a dire che la Buona Notizia è ancora in atto. In fondo, è la prima idea del pontificato di Papa Francesco. In giro ci sono molte idee di laicità. Lei contro quale ce l’ha? C’è quella nichilista, secondo la quale tutto è niente. Quella modernista vuole l’eclissi di Dio: fa coppia con quella narcisistica, secondo la quale l’io diventa regola di se stesso e rifiuta ogni norma etica. Nelle nostre
città cerca di nascondere le memorie culturali e affettive della storia del nostro popolo. C’è infine quella capitalista: accumula ricchezze e impoverisce i nostri giovani. Cosa intende allora quando parla di “laicità cristiana”? E’ un’idea precisa della vita umana, dell’uomo nella sua dignità intangibile, integrale, trascendente. Quanto bene fa la vostra iniziativa alla Chiesa? Fa bene a noi, prima di tutto. Papa Francesco invita ad uscire, accettando l’idea di una Chiesa incidentata, che – se succede - commetta anche errori. Dobbiamo correre il rischio della fede: la prima sfida la vinciamo al nostro interno, quando ci riteniamo appagati di ciò che facciamo. E’ un’esperienza che ci conferma nella fede, che noi definiamo carismatica: sposta le montagne di fronte alle quali ci sentiamo incapaci. Poi fa bene anche alla Chiesa, perché permette ai nostri cardinali e vescovi di uscire dai loro episcopi ed esercitare il loro ministero nelle piazze. E fa bene anche alle nostre città: si tratta di momenti che segnano la vita delle comunità e la coscienza sociale. Dicono che il bene comune e il dialogo sono possibili, e rivelano il gusto della gente per le parole profonde. Attraverso questa iniziativa possiamo anche rivedere il protagonismo dei cattolici nel nostro Paese, guardando con interesse all’impegno politico e sociale. Anche il Parlamento, i consigli comunali hanno bisogno di rinnovamento, con una nuova generazione che li trasformi con passione.
Storie di uomini e donne restituiti alla vera libertà NA FESTA DI FAMIGLIA. È la sensazione che si è respirata sabato sera nella comunità l’Aquilone di Assemini. Almeno 300 persone non sono volute mancare alla cerimonia delle “graduazioni”, la consegna degli attestati a 24 ragazzi che hanno ultimato il percorso terapeutico. Tra loro Gianluca, vedovo e padre di una figlia di 22 anni. “Per me è la terza comunità ma questa volta sento che lascio alle spalle tutto ciò che è stato il mio passato. L’aver terminato il percorso, tutt’altro che facile, è per me una soddisfazione grande, anche perché lo dovevo a mia figlia che in questi anni ha vissuto sulla sua pelle i miei errori. Oggi mi sento un uomo libero, sereno che non ha paura di andare a fare ciò che tutti fanno: ho un lavoro, cerco di vivere con coscienza il mio
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impegno di padre e sento che, quanto fatto in questi anni qui a l’Aquilone, mi ha ridato fiducia in me stesso e la voglia di vivere senza più timori ed insicurezze. Una cosa che qui si impara è che basta poco per vivere: non devi cercare chissà cosa, basta accontentarsi di quel poco che hai per vivere serenamente, non è una povertà ma una ricchezza”. Accanto alle dipendenze da stupefacenti, che la cronaca non segnala più come emergenze, ci sono quelle da alcool, con tantissime persone ignare di esserne schiave. “ Io – dice Pierluigi – quando sono arrivato ero abbastanza incredulo del percorso ed invece, stando qui, ho capito che avevo un problema di dipendenza da alcool. Non era una cosa semplice, da sminuire solo perché lo si trova facilmente: io stesso vedevo l’uso che facevo dell’alcool come una cosa normale. In realtà con il percorso
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brevi MESSA IN CATTEDRALE
Mons. Ottorino Alberti, primo anniversario Sabato 20 luglio alle 19, nella Cattedrale di Cagliari, mons. Arrigo Miglio presiederà la messa per il primo anniversario della morte di mons. Ottorino Pietro Alberti, arcivescovo di Cagliari dal 1988 al 2003.
DAL 6 AL 9 AGOSTO
Pre-seminaristi, il campo-scuola Dal 6 al 9 agosto a Villaputzu si terrà il campo-scuola per i preseminaristi, ragazzi interessati a conoscere la realtà del Seminario diocesano e/o a esservi accolti il prossimo anno scolastico. Per adesioni, entro il 22 luglio, contattare don Paolo Sanna (347.8343278 oppure donpi@tiscali.it)
DAL 10 AL 13 AGOSTO
Campo-scuola per i ministranti Dal 10 al 13 agosto a Villaputzu si terrà il campo-scuola per i ministranti (ragazzi e ragazze) della Diocesi. Per adesioni, entro il 22 luglio, contattare don Paolo Sanna (347.8343278 oppure donpi@tiscali.it)
VERSO IL 22 SETTEMBRE
Visita del Papa, programma provvisorio
L’Aquilone, parlano i ragazzi al termine del percorso ROBERTO COMPARETTI
IL PORTICO
La celebrazione della messa a L’Aquilone.
terapeutico capisci che la vita è bella e devi viverla senza nasconderti dietro a surrogati, magari per via di paure e di timori personali. Dopo 27 mesi di programma sono fuori, sto bene, lavoro ed oggi non mi vergogno di uscire da solo, di andare a fare ciò che ogni persona fa, come ad esempio andare dal barbiere senza dover per forza assumere sostanze. Il percorso fatto qui a l’Aquilone ha il grande merito di ridare autostima, la cui mancanza ci porta a cercare rifugio nelle sostanze”. Un percorso che ha nel personale presente in comunità un riferimento. Dal 1995 Matteo, primo collaboratore di don Carlo Follesa, lavora a L’Aquilone. “In tutti questi anni – di-
ce – la difficoltà maggiore è quella di motivarsi ogni giorno per poi motivare i ragazzi e le ragazze che sono in comunità. Devi essere autentico, non puoi bleffare, se vuoi essere credibile. Non è facile: ci vuole forza ed impegno ma è indispensabile per dare una nuova chance a chi chiede aiuto. Non tutti ce la fanno, ma nonostante questo il rapporto che si crea dura negli anni. La festa delle graduazioni diventa l’occasione per rivedere chi non ha terminato il percorso terapeutico. Ci si incontra e ci si saluta, magari chiedendosi reciprocamente scusa per il passato. La comunità al di là dell’esito del cammino fatto segna comunque chi l’ha frequentata”.
Nei giorni scorsi alcuni media hanno diffuso il programma di massima della Visita del Papa, prevista a Cagliari il 22 settembre. Tuttavia, al momento di andare in stampa, tale programma è in attesa di conferme ufficiali da parte delle autorità competenti. Secondo quanto riportato da alcune testate, il Pontefice dovrebbe arrivare poco dopo le 8 in città dove è previsto un incontro con i lavoratori nel Largo Carlo Felice. Poi alle 10.30 davanti al sagrato della Basilica per la messa e l'Angelus. Il pranzo dovrebbe svolgersi al Seminario arcivescovile. Nel pomeriggio, prima dell'incontro con i giovani verso le 17 sempre nel Largo Carlo Felice, è previsto un passaggio alla mensa della Caritas in viale Sant'Ignazio e alla Facoltà teologica della Sardegna.
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IL PORTICO DE
il Portico
XVI DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)
dal Vangelo secondo Luca
DON ANDREA BUSIA
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il portico della fede
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n quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Lc 10, 38-42 e è vero che gli evangelisti ci presentano spesso Gesù in viaggio è anche vero che non disdegnano di mostrarci Gesù in un ambiente domestico, familiare. Questo è particolarmente vero nel caso dei racconti relativi a Lazzaro, Marta e Maria, nella cui casa Gesù si ferma volentieri e relativamente spesso durante i suoi spostamenti. Lazzaro non è presente nel brano odierno quindi ci concentreremo oggi sulle due sorelle. Luca non ci dice se Gesù conoscesse Marta e Maria già da prima, né ci dice la ragione per cui Gesù sia entrato in quel particolare villaggio, si sofferma invece a dirci i nomi delle due sorelle e la loro reazione all’incontro con Gesù. La prima azione che Marta compie è quella di ospitare Gesù, accoglierlo in casa sua, un azione importante soprattutto se consideriamo che Luca, al capitolo precedente, aveva riportato la forte affermazione di Gesù: “chi accoglie me, accoglie colui che
Marta, Marta...
mi ha mandato” (Lc 9,48b). L’accoglienza è un tema biblico importante, il problema qui è che l’accoglienza del forestiero è una cosa diversa dall’accoglienza riservata a Gesù: Marta accoglie Gesù come avrebbe fatto con qualsiasi forestiero (essendo Gesù, di fatto, un forestiero in quel villaggio), cosa lodevole e importante per il cristiano (“ero forestiero e non mi avete ospitato” Mt 25,35), ma non si è messa nella disposizione d’animo per accogliere i doni di Gesù, la sua Parola. Il vangelo ci dice chiaramente che Marta “era distolta”, era distratta dalle cose da fare, umanamente ne aveva tutte le ragioni: ospitare Gesù non significava semplicemente accogliere lui, ma anche coloro che erano con lui, come gli apostoli. Marta doveva cucinare per circa 20 persone! All’opposto Maria non fa nulla, non parla neppure, si limita a mettersi ai piedi di Gesù e ascoltare lui che parla. Marta e Maria sono agli antipodi: la prima parla (con Gesù, non con la sorella), non ascolta Gesù, e lavora, Maria dal canto suo tace, ascolta
Gesù e rimane tranquillamente seduta. Il lettore del brano evangelico difficilmente può riuscire a immedesimarsi sia in Marta che in Maria in questo brano estremamente attuale in un periodo, come il nostro, in cui si rischia di essere travolti dai tanti, talvolta troppi, impegni rischiando di perdere di vista le cose veramente importanti. Esiste una differenza fondamentale tra cose importanti e cose urgenti: Marta era impegnata nelle cose urgenti, Maria in quelle importanti in quella situazione particolare. Non esiste una ricetta che vada sempre bene in ogni occasione: lavorare è importante e certe cose vanno fatte in ogni caso, ma la scala delle priorità va valutata volta per volta in base alla situazione con molta prudenza e moderazione. I due estremi sono egualmente condannati nel nuovo testamento: nel nostro brano è ben visibile il cartello di pericolo che ci mette in guardia dal fare, fare e fare senza occuparci di altro e senza valutare se c’è qualcosa di più importante da fare (è l’atteggiamento di
Marta). Nelle lettere di S. Paolo invece troviamo l’ammonimento contro il pericolo opposto, quello di ignorare i propri doveri vivendo nell’ozio con la scusa che “altre sono le cose importanti”, Paolo non usa mezze misure nel condannare un simile atteggiamento: “Quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace” (2Ts 3,10-12). Di volta siamo chiamati a essere un po’ più Marta o un po’ più Maria ma spesso è possibile portare, con qualche piccolo accorgimento, preghiera e ascolto anche in molte attività domestiche o lavorative. A una decina di giorni dalla memoria liturgica di S. Benedetto pare opportuno richiamare la sua famosa formula “Ora et labora” (prega e lavora) che ci mostra come le due cose non siano in contrapposizione, ma siano invece complementari.
LA FEDE NASCE NELL’INCONTRO CON IL DIO VIVENTE Nell’introduzione alla Lumen Fidei Papa Francesco richiama l’urgenza di riscoprire «il carattere di luce proprio della fede» (LF, 4). La luce della fede non illumina semplicemente qualche realtà della vita umana ma l’intera esistenza. Questa capacità non proviene da un qualcosa che l’uomo afferra o costruisce da solo, ma ha il carattere del dono, viene soltanto da Dio: «perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita» (LF, 4). La fede orienta il cammino dell’uomo nel tempo e pone in relazione la memoria del passato con la promessa di futuro: «da una parte, essa procede dal passato, è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vin-
cere la morte. Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro "io" isolato verso l’ampiezza della comunione» (LF, 4). Questa concezione “forte” della fede, intesa come una realtà davvero capace di dare senso, cioè significato e direzione, all’intera esistenza, è quella che ha infiammato la testimonianza dei primi cristiani: «negli Atti dei martiri leggiamo questo dialogo tra il prefetto romano Rustico e il cristiano Gerace: “Dove sono i tuoi genitori?”, chiedeva il giudice al martire, e questi rispose: “Nostro vero padre è Cristo, e nostra madre la fede in Lui”. Per quei cristiani la fede, in quanto incontro con il Dio vivente manifestato in Cristo, era una “madre”, perché li faceva venire alla luce, generava in essi la vita divina, una nuova esperienza, una visione luminosa dell’esistenza per cui si era pronti a dare testimonianza pubblica fino alla fine» (LF, 5). In oc-
casione dell’Anno della Fede poi, afferma Francesco ponendosi sulla scia del suo predecessore Benedetto XVI, è necessario riprendere l’insegnamento del Concilio Vaticano II su questa virtù teologale: «il Vaticano II è stato un Concilio sulla fede, in quanto ci ha invitato a rimettere al centro della nostra vita ecclesiale e personale il primato di Dio in Cristo. La Chiesa, infatti, non presuppone mai la fede come un fatto scontato, ma sa che questo dono di Dio deve essere nutrito e rafforzato, perché continui a guidare il suo cammino» (LF, 6). La riflessione contenuta nell’enciclica sulla fede si collega al messaggio che Benedetto XVI ha sviluppato nelle due encicliche dedicate alla carità e alla speranza, Deus caritas est e Spe salvi: «fede, speranza e carità costituiscono, in un mirabile intreccio, il dinamismo dell’esistenza cristiana verso la comunione piena con Dio» (LF, 7). di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
domenica 21 luglio 2013
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Proposta del Forum dopo il Papa a Lampedusa.
Percorsi preferenziali per i nuclei familiari FRANCESCO FURCAS
hi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie?”. Papa Francesco ha insistito molto, durante il suo pellegrinaggio a Lampedusa sulla dimensione familiare dei viaggi della speranza e delle tragedie che talvolta ne derivano, con le parole che abbiamo riportato anche la scorsa settimana. «Spesso i percorsi migratori sono “progetti familiari” di ricongiungimento o di esodo dalla povertà» afferma Francesco Belletti, presidente del Forum (nella foto). «È quindi in chiave familiare che il fenomeno immigrazione va letto ed affrontato. «La famiglia, oltre ad essere spinta verso la migrazione è anche fattore di integrazione e stabilizzazione per i migranti, fattore insostituibile di protezione per ogni persona e di promozione di responsabilità sociale. Il ricongiungimento familiare deve dunque
RISCRITTURE
C
Poiché la fede è una luce, ci invita a inoltrarsi in essa, a esplorare sempre più l’orizzonte che illumina, per conoscere meglio ciò che amiamo. Da questo desiderio nasce la teologia cristiana. E’ chiaro allora che la teologia è impossibile senza la fede e che essa appartiene al movimento stesso della fede, che cerca l’intelligenza più profonda dell’autorivelazione di Dio, culminata nel Mistero di Cristo. La prima conseguenza è che nella teologia non si dà solo uno sforzo della ragione per scrutare e conoscere, come nelle scienze esperimentali. Dio non si può ridurre ad un oggetto. Egli è Soggetto che ci fa conoscere e si manifesta nel rapporto da persona a persona. La fede retta orienta la ragione ad aprirsi alla luce che viene da Dio, affinché essa, guidata dall’amore per la verità, possa conoscere Dio in modo più profondo. I grandi dottori e teologi medioevali hanno indicato che la teologia, come scienza della fede, è una partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso. La teologia, allora, non è soltanto
parola su Dio, ma prima di tutto accoglienza e ricerca di un’intelligenza più profonda di quella parola che Dio ci rivolge, parola che Dio pronuncia su se stesso, perché è un dialogo eterno di comunione, e ammette l’uomo all’interno di questo dialogo. (...) La teologia poi condivide la forma ecclesiale della fede; la sua luce è la luce del soggetto credente che è la Chiesa. Ciò implica, da una parte, che la teologia sia al servizio della fede dei cristiani, si metta umilmente a custodire e ad approfondire il credere di tutti, soprattutto dei più semplici. Inoltre, la teologia, poiché vive della fede, non consideri il Magistero del Papa e dei Vescovi in comunione con lui come qualcosa di estrinseco, un limite alla sua libertà, ma, al contrario, come uno dei suoi momenti interni, costitutivi, in quanto il magistero assicura il contatto con la fonte originaria, e offre dunque la certezza di attingere alla Parola di Cristo nella sua integrità. Papa Francesco, Lumen fidei, 36
essere considerato strumento strategico per migliorare la qualità dei processi di integrazione e di responsabilizzazione delle persone migranti. Un obiettivo per i migranti ma anche per le popolazioni che li accolgono. «Per questo rinnoviamo la proposta avanzata dal Forum alla Conferenza della famiglia del 2010 di aprire percorsi preferenziali per l’immigrazione di nuclei familiari e comunque di facilitare i ricongiungimenti ma anche di promuovere percorsi che portino al riconoscimento del diritto di cittadinanza ai nuclei familiari stabilmente residenti in Italia. Così come è urgente una soluzione di rapida inclusione per riconoscere la cittadinanza ai bambini che, nati nel nostro Paese da genitori stranieri, crescono in tutto e per tutto da italiani, nelle nostre scuole, nei nostri oratori, nelle nostre squadre giovanili di calcio, pallavolo, ecc. «Il “familiare”» conclude Belletti «è un linguaggio universale che aldilà delle culture e dei costumi, unisce e crea condivisione. La condivisione crea integrazione e convivenza pacifica».
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IL PORTICO DEI LETTORI
il Portico
domenica 21 luglio 2013
LETTERE A IL PORTICO
Scrivi al Papa L’Arcivescovo invita tutti (grandi e piccini) a scrivere al Santo Padre attraverso Il Portico, e - in particolare - a rivolgergli una domanda in occasione della Visita a Cagliari. Tutto il materiale da noi raccolto sarà poi consegnato a Papa Francesco. Potete scrivere agli indirizzi riportati in questa pagina.
Caro Direttore, l'uomo è davvero... furbo? Limitato? Incapace di comprendere? In mala fede? Non posso saperlo, però il comportamento è ambiguo e può essere tacciato con questi attributi pur senza conoscere la vera intenzionalità di ciascuno che solo Dio conosce... Ieri Papa Francesco parlava della globalizzazione dell'indifferenza e subito certi nostri uomini politici o anche semplici cittadini vi hanno visto un incoraggiamento alla solidarietà solo per gli italiani, come se il mondo tutto fosse solo l'Italia. In realtà "globalizzazione" è un termine che deriva proprio da globo, e il globo terracqueo è la no-
stra cara Terra, pianeta del sistema solare. E la globalizzazione, cioè la diffusione mondiale delle notizie, dell'economia e di tutto, ha raggiunto anche il cuore dell'uomo reso insensibile e incapace di provare pietà o di commuoversi per i tanti morti innocenti che popolano il nostro bel mare (il famoso Mare Nostrum). Il problema è che quello che poteva essere un bene per tutta l'umanità non ha fatto che aggravare il divario tra ricchi e poveri, tra persone borghesemente tranquille e soddisfatte della propria presunta giustizia; e colpevolmente disinteressate ai dolori che in questo mondo globalizzato interessano migliaia di situazioni drammati-
che, in Italia come in America, in Africa come in Cina e ovunque, dove la vita di uomini, donne e bambini non è che un'immagine di un oggetto abbandonato alla tortura o alla morte violenta. Quindi il problema dell'indifferenza non riguarda solo l'Italia o l'Europa, ma il mondo intero e nessuno è escluso dalla responsabilità di queste morti che nessuno piange, perché noi uomini sappiamo usare tutte le innovazioni solo per gonfiare il nostro egoismo, la nostra “bolla di sapone” come diceva Papa Francesco. Ecco perché alla domanda accorata di Papa Francesco mi è venuto in mente l'episodio evangelico della vedova di Naim. “Donna,
non piangere” le diceva Gesù con infinita compassione, ma chi di noi ha questo cuore? Chi di noi osa consolare Rebecca per le morti dei suoi figli? Chi di noi lo fa in modo totalmente gratuito, di quella stessa gra-
tuità e sensibilità che ogni giorno il nostro Papa ci testimonia? C'è da chiedersi: il Papa serve alle nostre elucubrazioni oppure è un potente richiamo alla conversione al rinnovamento del cuore? Maria Vittoria Pinna
partecipa anche tu al progetto Si può contribuire al progetto “Adotta una famiglia” con un contributo mensile a partire da cinque euro per 6 o 12 mesi. La donazione può essere effettuata con un unico contributo o con versamenti mensili, effettuando un bonifico bancario: associazione sconfinando Iban: IT35V0101544080000070267112 Ulteriori informazioni: Centro d’ascolto CIAO via Vittorio Emanuele 19, 09012 Capoterra (CA) email ciaocapoterra@tiscali.it tel. 070729279
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
M
i è stato segnalato da una mia cara amica, felice divoratrice di libri, il libro di Simone Caltabbelota “Sa reina”. Aveva letto un'entusiastica recensione, nell'inserto culturale domenicale di un grande quotidiano, a cura di un critico, a suo dire, non facile appunto all'entusiasmo! Appunto: la lettura del romanzo non m'ha entusiasmato, anche se l'ho letto attentamente due volte. Sarà che sono tardo a capire ciò che non è lineare, gli sdoppiamenti della personalità, il magico, le visioni allucinate! Sarà che non sono postmoderno e neppure moderno, che i quarantenni sono per me un mistero di confusione. Ciò detto, il romanzo è molto interessante per un sardo che è abituato a passeggiare fin dall'infanzia, senza troppe emozioni, tra nuraghi, tombe dei giganti, domus de janas e domus de s'orcu. Anche le erbe solitamente noi le evitiamo se non le mangiano le pecore o se diventano molto allegre e nervose o addirittura muoiono qualora lo facessero! Per venire a cercare la “sardonica" bisogna essere già avvezzi alle droghe, agli acidi ed alle sue allucinazioni. Mi ha impressionato che le parole per me fondamentali sono completamente assenti: libertà, felicità, salvezza! Altre, egualmente importanti, hanno significato opposto e per lo più negativo. Su tutte luce: luce liquida e impenetrabile, luce bianca e gialla che si riflette ovunque e lascia storditi, luce che ottunde, luce livida, luce nera! Solo in un'occasione “appare una luce che sbuca dall'alto" e pone fine allo smarrimento nel tunnel! Comunque è una storia a lieto fine, una nuova parabola del figlio prodigo e del padre atterrito. Antonio, padre del protagonista Davide romano, è scappato in gioventù dalla sua ter-
considerazioni su “sa reina” di Simone caltabellota
Una nuova versione di un’antica parabola
INDUSTRIA GRAFICA
di PIERO ORRÙ
ra per sfuggire alle sue folli compagnie e crearsi una nuova vita. A Roma incontra una brava donna, si sposano ed hanno due figli, Davide e Domitilla! La famigliola d'estate si reca in Sardegna, non al paese abitato da ricordi e spiriti inquietanti, ma al mare in un appartamento di fronte al porto. Rapide puntate dai parenti in paese per vedere soprattutto i nonni, permettono a Davide solo di intravvedere, tramite la figura del nonno e dei suoi amici, il mistero di quella terra che è anche il mistero del suo io è dal quale il padre era dovuto fuggire! Dopo la morte dei nonni cessano anche le vacanze estive in Sardegna, ma aumenta in Davide l'esigenza di riprendere il percorso a cui il nonno lo aveva iniziato! Perciò Davide, ormai giovane adulto, nonostante la preoccupazione del babbo e della mamma, si aggrega ad una spedizione archeologica proprio nelle campagne che aveva conosciuto e percorso con il nonno. Gli amici d'infanzia di suo padre lo accompagnano nell'avventura in cui Davide finisce
per perdersi fin quasi a morire. La presenza di papà e mamma al suo capezzale in un ospedale di Cagliari, dove è stato in coma per cinque giorni per aver mangiato la mortifera erba "sardonia", lo riporta alla vita reale! Dimissioni dall'ospedale e ritorno a casa, con la tentazione di riprovarci! Auguro a Simone di andare questa volta in piazza San Pietro a sentire Francesco parlare di libertà, di felicità, di luce e di persona irriducibile, di misericordia. Geniale nell'enciclica "Lumen Fidei" l'introduzione di due paragrafi sulla luce: una luce illusoria? Una luce da riscoprire. Questa enciclica è davvero un formidabile viatico per qualunque avventura verso la felicità. Consiglio a tutti, anche a Simone Caltabellota, un'attenta lettura dell'enciclica! Dopo potrà forse tornare in Sardegna con più serenità a godersi le bellezze del creato e della fede. Potrà andare a Villamassargia e, se vorrà abbracciarvi "Sa Reina", dovrà portarsi 16 amici!
GRAFICHE
GHIANI dal 1981 stampatori in Sardegna
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domenica 21 luglio 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
Parrocchie. Nella chiesa di Santa Lucia è stato festeggiato il patrono del continente.
Benedetto indica all’Europa la via di una tradizione che salva l’uomo I monasteri benedettini si sono collocati al centro delle nostre città, non solo della nostra vita religiosa. La comunità parrocchiale ha festeggiato anche per quattro cresime ROSALBA CROBU
PARROCCHIA DI San Benedetto – Chiesa di Santa Lucia, giovedì scorso i festeggiamenti in onore del Santo Patrono della comunità parrocchiale e dell’Europa sono iniziati con la recita, in diretta da Radio Maria, del Santo Rosario, delle Lodi e della Santa Messa, in cui si è pregato per l’arcivescovo Arrigo Miglio e per la venuta in Sardegna del Santo Padre Francesco. La messa delle 18.30 è stata celebrata dall’arcivescovo mons. Miglio e dai concelebranti don Massimo Noli, parroco di San Benedetto, mons. Giovanni Marras, padre Giovannino Tolu, parroco di Bonaria, don Marcello Lanero e don Davide Piras, insieme ad alcuni diaconi, accoliti e seminaristi. Nel saluto introduttivo don Massimo ha comunicato che l’arcivescovo avrebbe conferito il sacramento della Cresima a quattro ragazzi, che
N
ELLA
L’arcivescovo con don Massimo, i cresimati e i padrini di Santa Lucia.
permetterà loro di diffondere e difendere il vangelo e seguire un cammino di solidarietà e carità, cammino che ha caratterizzato la vita di San Benedetto. L’arcivescovo nella sua omelia ha parlato della lezione di San Benedetto che molta parte dell’Europa sembra ancora non capire. “Benedetto, mettendo in pratica l’insegnamento del Vangelo, indica qual è la strada che permette di gustare una vita più piena, dove sono la gioia vera e la felicità nonostante i dolori – ha spiegato mons. Miglio - La via è la via del Signore che presenta non come un obblig,o ma come una strada di gioia, una vita che vale la pena di essere vissuta; una tradizione di
vita positiva che valorizza tutti gli aspetti dell’essere umano”. Perché l’adesione sia più piena, la legge di Dio richiede anche delle rinunce e dei no: “ecco perché – ha detto ancora l’arcivescovo – celebrare la Cresima nel giorno di San Benedetto invita ad una vita cristiana più matura, i doni dello Spirito Santo aiutano a vivere una vita più umana, una vita che sia un richiamo a crescere nella parola di Dio”. Meditando la liturgia della parola, un invito ad un cammino di ritorno a Dio, un cammino sorretto dalla Sua Grazia, uniti strettamente a Lui così come recita il Vangelo: “Io sono la vite e voi siete i tralci”: è proprio con riferimento anche a questo passo che
San Benedetto e i suoi monaci sono stati i costruttori dell’Europa, contribuendo in modo determinante alla sua civilizzazione e unificandola sui valori cristiani. Con la loro opera, i monasteri benedettini si sono collocati al centro non solo della vita religiosa, ma anche sociale e politica dell’Europa. L’arcivescovo, con riferimento alla prima lettura (Proverbi 2,1-9) ha quindi invitato a custodire la prudenza e la scienza con un chiaro riferimento all’opera di San Benedetto, infatti i monaci benedettini hanno salvato le opere classiche e i testi sacri più antichi che sono arrivati sino ai nostri giorni; e San Benedetto con la sua regola “Ora et labora”, preghiera e lavoro, studio e preghiera fece della meditazione il centro della sua sapienza. “Benedetto – ha aggiunto mons. Miglio - ha avuto la preoccupazione di mettere nel cuore degli uomini la virtù di vivere il Vangelo nella massima semplicità: il Signore viene a noi per valorizzarci e non per mortificarci, dalla regola benedettina impariamo la gioia piena di una vita che vale la pena di essere vissuta”. Ha concluso dicendo che “la gioia del Signore sia sempre segno della nostra testimonianza cristiana” nella consapevolezza che il messaggio spirituale di Benedetto è ancora oggi capace di indicare la vera via da seguire.
La Divina Liturgia nella chiesa di S. Lucia Lunedì scorso celebrazione secondo il rito bizantino RO. CRO. ELLA CHIESA DI SANTA Lucia, parrocchia San Benedetto, lunedì scorso padre Fadi Rahi, missionario redentorista di origine libanese, ha celebrato, per la prima volta nella parrocchia, la Divina Liturgia secondo il rito Bizantino della Chiesa Greco Cattolica Melchita, in cui si usa come lingua liturgica oltre al greco anche l'arabo, alla presenza di una affollata assemblea e dei Cavalieri e dei candidati Cavalieri dell’Ordine Patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme. Padre Fadi è stato invitato dal parroco don Massimo Noli per dare l’opportunità ai parrocchiani di conoscere o approfondire la spiritualità, la cultura e la liturgia orientale. Nell’omelia padre Fadi ha spiegato che la Chiesa Greco Cattolica Melchita è una delle Chiese Orientali che si è riunita alla Chiesa Cattolica d’Occidente nel 1724, mantenendo le tra-
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dizioni e le usanze orientali; Gregorio III Laham è l’attuale Patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme. La Chiesa Melchita è diffusa nel Medio Oriente, Siria, Libano, Egitto, Palestina, Giordania e Kuwiat, paesi in cui i Cristiani sono perseguitati, proprio lo scorso 23 giugno è stato ucciso in Siria il sacerdote Padre François Murad. Con la diaspora, dovuta non solo a problemi economici ma anche alle persecuzioni islamiche, la Chiesa Melchita si è diffusa in Europa, Stati Uniti, Messico, Canada, Argentina, Venezuela, Australia e Brasile. Padre Fadi ha inoltre spiegato la presenza, alla Divina Liturgia, dei Cavalieri dell’Ordine Patriarcale della Santa Croce di Gerusalemme; l’Ordine è stato istituito per approfondire sotto l’aspetto religioso, la conoscenza della realtà cristiana orientale. Infatti i candidati presenti seguono un percorso formativo per es-
Un momento della celebrazione.
sere ammessi all’Ordine che, tra le altre cose, sostiene il Patriarcato Melchita in Terra Santa attraverso opere caritatevoli; nel 2006 il Patriarca Gregorio III ha istituito la Luogotenenza d’Italia e nel 2010 quella della Sar-
degna. Attualmente l’assistente spirituale dei cavalieri sardi è Padre Fadi il quale ha comunicato che è in programma per il prossimo mese di ottobre la visita in Sardegna del Patriarca Gregorio III.
il Portico
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cronaca LA SCUOLA CALCIO
A Quartucciu uno stage per portieri
Venerdì scorso si è concluso il primo stage estivo per portieri di calcio organizzato dalla “GKA scuola portieri Quartucciu”. La GKA è un’associazione sportiva nata nel settembre 2011 da un'idea di Nino Cordeddu, Mondo Mameli e Manuel Caria,per dare la possibilità a tutti gli aspiranti portieri di fare allenamenti specifici dedicati, con attrezzature idonee ed in un campo di erba naturale. Al camp ha partecipato - oltre ai due tecnici veterani della scuola (Mr Mameli e Mr Caria) - anche un altro preparatore specifico del ruolo , l'argentino Gustavo Aragolaza. L'obiettivo della settimana è stato far conoscere differenti metodologie di allenamento e trasmettere nozioni che li possano aiutare nel proseguo della loro attività sportiva. Non si è parlato solamente di tecnica specifica della figura del portiere, ma anche di tecnica calcistica di base, potendo contare sull'insegnamento di altri due tecnici , come Gian Marco Giandon, ex capitano e pilastro del Carbonia e Mauro Mura, centrocampista baunese laureato in scienze motorie e specializzato in scienze e tecniche dello sport, che hanno aderito con grande entusiasmo all'iniziativa. Lo stage si è tenuto nell'impianto sportivo di via delle Serra a Quartucciu, ed ha visto 50 portieri partecipanti provenienti da zone diverse della Sardegna. Tutte le foto ed informazioni si possono trovare su www.facebook.com/gka.quartucciu Stefano Spanu
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IL PORTICO DEI PAESI TUOI
il Portico
brevi IL SITO WEB
Comune di Cagliari, primi per accessibilità Prestigioso riconoscimento per il Comune di Cagliari che si è collocato al primo posto tra tutti i Comuni italiani sia per quanto riguarda i dati pubblici aperti che per l'accessibilità. Il dato, relativo all'anno 2012, è emerso dal rapporto I-city lab realizzato dal FORUM PA che ha collocato il capoluogo sardo tra i comuni “intelligenti” e aperti all'innovazione, in piena linea con l'agenda digitale. Grande la soddisfazione dell'Assessore Paola Piras nel constatare che il Servizio Informatica e Statistica ha dato piena attuazione agli indirizzi politici dell'Amministrazione che ha deciso da subito di sposare la filosofia dell'Open Data e degli Open Service sul portale web del Comune di Cagliari. PER TUTELARE I BAMBINI
Bambini e tv, vigila il Corecom Il Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) dovrà tutelare i minori nel caso di trasmissioni televisive che possano provocare danni allo sviluppo. “E' previsto che da agosto - ha spiegato il presidente Giorgio Atzori - debba quin-
di vigilare, in base a precisa delega dell'Autorità garante delle comunicazioni, perchè non abbiano accesso ai programmi che trasmettano messaggi razzisti o violenti e che presentino scene di sesso troppo spinto”. Verranno coinvolte le emittenti, alla quali verrà chiesta una classificazione delle trasmissioni dopo aver consultato i genitori per decidere quali programmi debbano subire uno sbarramento.
DOMENICA 21 luglio 2013
Parrocchie. il parroco don mario montis ha proposto quest’anno di portare il simulacro a spalla.
San Sperate celebra il suo patrono con un’attenzione molto particolare In processione il simulacro dell’altare maggiore. Sarà poi aperto lo spazio sotto il presbiterio, forse era un’antica prigione. Cresce l’intesa anche con la comunità redentorista ROBERTO COMPARETTI AN SPERATE IN FESTA per il patrono e per il prodotto principe: la pesca. Sono giorni intensi per il centro agricolo che già con la festa del Carmine si è predisposto a solennizzare il proprio patrono. Per don Mario Montis, parroco da pochi mesi, è la prima volta. “Le celebrazioni sono simili a quelle dello scorso anno, con una richiesta che ho fatto al comitato: nell’Anno della Fede non utilizzare il giogo di buoi per la processione del simulacro ma portarlo a spalla. Mi sembra un modo per dare un segno in questo anno così particolare che stiamo vivendo. Ho inoltre proposto di portare in processione il simulacro custodito nella nicchia dell’altare maggiore, che da tempo non viene portato per le vie del paese, e di aprire una sorta di cripta presente sotto il presbiterio: c’è chi dice fosse una cisterna, chi la prigione di San Sperate, ma non si hanno notizie certe. Le proposte fatte sono state accettate e la scelta di portare il simulacro a spalle senza i buoi, oltre a rappresentare un possibile risparmio, da l’idea di una partecipazione maggiormente sentita. La festa quest’anno è anche una sorta di preludio al prossimo meeting internazionale dei redentoristi, in programma ad agosto proprio a San Sperate, con loro c’è una buona collaborazione”. Padre Vito Lombardi, redentorista,
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L’edizione della festa dell’anno scorso: quest’anno il simulacro sarà portato a spalla.
parla di un rapporto di stretta collaborazione con la parrocchia del paese. “Facciamo parte della comunità parrocchiale e con il parroco, don Mario, c’è una buona collaborazione, sia per gli appuntamenti che la parrocchia porta avanti, sia anche per quelli vissuti nella nostra realtà, quella dei redentoristi. A conferma di questo l’invito di don Mario a presiedere la festa di San Sperate al nostro provinciale, padre Gianni Congiu. C’è poi l’aspetto delle attività oratoriali che ci vedono collaborare in sintonia. Nello specifico per la festa patronale anche la nostra pastorale giovanile organizza la cosiddetta baracca, il caratteristico stand, dove i ragazzi si alternano nel preparare le pietanze tipiche della festa. Il ricavato di quanto raccolto durante la festa viene destinato alle attività di pastorale giovanile, che nel corso nell’anno portiamo avanti, ma anche per sostenere chi vive in difficoltà: i ragazzi si impegnano per ve-
nire incontro alle esigenze di chi in questi tempi ha difficoltà ad andare avanti”. Dopo la festa per il patrono prende il via la Sagra delle pesche, giunta alla 52 edizione. “L’edizione 2013 della Sagra – dice il sindaco Enrico Collu – ha una caratteristica particolare, quella di sposare i temi della sostenibilità ambientale. Per le nostre produzioni avere una certificazione di questo tipo è un ulteriore elemento per poter meglio competere sul mercato. Abbiamo già avuto la certificazione di prodotto tipico sardo e ciò non può che far bene alla nostra agricoltura. Certo, non posso nascondere le difficoltà che hanno caratterizzato la predisposizione della Sagra in termini di finanziamento, ma grazie ad un contributo di 50mila euro e la ricerca di fondi tra le pieghe di bilancio comunale crediamo di avere dato dignità anche a questa edizione della Sagra. Alla fine però ciò che conta è la partecipa-
zione della gente che non manca mai, con tante presenze sia di locali che da altri centri dell’Isola, ma soprattutto degli agricoltori: da qualche tempo è in crescita il numero di addetti nel settore. Sono tanti quelli che, senza lavoro, ritornano ai campi”.
domenica 21 luglio 2013
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Parrocchie. Continuano le attività nella comunità di Assemini guidata da don Marco Orrù.
I laboratori di catechesi permettono di far conoscere ai ragazzi la Parola Si moltiplicano gli incontri tematici, dal canto alla musica, dalla liturgia alla carità: un’impegnativa scommessa vinta che ora porta molto frutto per il bene della comunità MAURIZIO CANCEDDA ER UN QUALSIASI musicista suonare uno strumento è sempre una grande emozione, così come per un autore che, componendo un brano esprime pensieri e sensazioni; ma prendere una chitarra , mettere le mani su una tastiera e suonare in ringraziamento al Signore per averci donato la possibilità di comprendere la musica e la sua meravigliosa armonia, è quasi indescrivibile. Tutto questo accade già da qualche anno nella parrocchia San Pietro di Assemini, dove i giovani che si apprestano a ricevere il sacramento della Cresima sono impegnati a vivere direttamente la Santa Messa non rimanendo semplici spettatori e chiedendo loro di immergersi fino in fondo nella realtà parrocchiale. Per il parroco, don Marco Orrù, questo rappresenta un progetto ormai collaudato che consente ai ragazzi di esprimersi in prima persona all’interno di vari laboratori di catechesi di diversa struttura, ma con l’unico intento di coinvolgere i ragazzi secondo le proprie capacità e attitu-
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I ragazzi impegnati nei laboratori nella parrocchia di San Pietro (Assemini).
dini, come quelli di Canto e Musica e Liturgia, che li guidano ai vari momenti della Messa, alla comprensione e proclamazione della Parola. “Mi è piaciuta questa esperienza! Da anni partecipo a queste attività e sono stato davvero bene” spiega un giovane musicista che, animando la celebrazione eucaristica, ha recepito il messaggio di continuare questo servizio per trasmetterlo a sua volta ai suoi coetanei. Altri due laboratori altrettanto interessanti e coinvolgenti sono quelli di Carità, per conoscere le problematiche sociali con visite guidate ad ospedali pediatrici e case di riposo, ma anche la creazione di manufatti poi venduti per raccogliere fondi da destinare a concreti progetti di solidarietà, e il Laboratorio Teatrale, dove si esprime il talento artistico con rappresentazioni tratte da brani biblici. Interessante ed emozionante insieme, per noi animatori, è il nuo-
vo laboratorio trasversale, nato dalla richiesta di alcuni ragazzi di vedersi non tanto e non solo in piazza o negli spazi oratoriali “per stare insieme”, ma per pregare con il canto e la meditazione, proprio perché avevano capito che quel “qualcosa” era l’esigenza di incontrare Gesù attraverso i loro carismi, ad esempio meditando sui canoni di Taizé. E così questa prima tiepida ma spontanea richiesta è diventata fuoco ed energia pura, consentendo a noi adulti di affrontare e comprendere meglio anche progetti che, pur apparendo difficili, in realtà nel momento in cui sono stati affrontati e costruiti insieme a loro, sono diventate “esperienze nuove e toccanti di cui non avevamo mai sentito parlare”, come alcuni ragazzi hanno dichiarato, e che “di solito non vengono fatte ma sono state un’esperienza bella e sicuramente da ripetere”. Parliamo del laboratorio “Akathi-
stos”, che trae il suo nome dall’Inno alla Madre di Dio e che i ragazzi hanno conosciuto e studiato, sia nella parte recitativa che in quella melodica, per la Novena all’Immacolata, poi ripetuto per i vespri del 31 dicembre, e che chiedono di riproporre quando il calendario ricorda la Vergine Maria. E’ bellissimo vedere come un testo liturgico antico e culturalmente lontano, esprima loro tutta l’energia e la grandezza della fede di una adolescente di Nazareth che con il suo “sì” ha permesso a Dio di realizzare il Suo progetto. “Io apprezzo tanto i testi religiosi, leggendoli provo gioia e interesse, perché sono davvero bellissimi”. E così in Quaresima abbiamo affrontato insieme, con canti, letture bibliche e meditazioni eseguiti principalmente dai ragazzi, con la collaborazione del “Coro San Pietro”, la preghiera della Via Matris che, attraverso i sette dolori di Maria, ci ha permesso di comprendere il suo cammino di fede accanto al Figlio di Dio e il significato della Croce. Insomma, è stata una “ bella scommessa vinta” e per questo possiamo continuare ad augurare e augurarci un futuro soleggiato.
il Portico
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brevi PER BAMBINI ALLA MEM
Favole a merenda, giovedì di letture La MEM – Mediateca del Mediterraneo di Via Mameli 164 a Cagliari ospiterà, da luglio a settembre “Favole a Merenda” appuntamento con i pomeriggi di letture con una merenda speciale fatta di libri e storie da ascoltare, ideata dalla cooperativa “Il Frontespizio”. L'iniziativa, riservata ai bambini dai tre ai cinque anni, si svolgerà, con orario dalle 17 alle 18, secondo il seguente calendario: giovedì 18 luglio; giovedì 22 agosto; giovedì 29 agosto; giovedì 26 settembre. Il numero dei partecipanti, per ciascun appuntamento, sarà limitato a 15 bambini e per questo sarà necessaria l'iscrizione che potrà essere effettuata contattando la Biblioteca Ragazzi della MEM, aperta dal martedì al sabato dalle 16 alle 20, ai recapiti: 070/6773867 o spazioragazzi.mem@comune.cagliari.it.
A SINNAI IL 20 LUGLIO
Insieme con la musica ricordando M. Paola La parrocchia e il Comitato di Santa Barbara con il patrocinio del comune di Sinnai e in collaborazione con la Sarda Ambiente, in memoria di Maria Paola Olla, organizzano “Insieme con la musica”: l’appuntamento è in piazza Santa Barbara sabato 20 luglio alle 20.30. La serata sarà presentata da Massimo Ligas. Si potranno acquistare e consumare prodotti il cui ricavato sarà devoluto interamente alle missioni del Brasile in cui Maria Paola Olla, missionaria originaria della parrocchia, ha operato con amore e passione.
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IL PORTICO DEI PAESI TUOI
il Portico
brevi IL 21 LUGLIO
Professione monastica a San Pietro di Sorres Una Diocesi cresce con i suoi Seminaristi: non meno impegnativa è per una Comunità benedettina la preparazione dei Monaci alla emissione dei voti solenni con la cosiddetta consacrazione monastica o Professione solenne. Pur essendo abolito il Probandato di un tempo, anche oggi ci sono dei passaggi obbligati che preparano gradatamente il chiamato alla Consacrazione definitiva. E’ obbligatorio un periodo di Ospitandato, durante il quale si è seguiti dal foresterario, quindi segue un anno di Postulandato, seguiti dal Padre Maestro che, con gli altri confratelli, organizzerà la “scuola del servizio divino”, come la chiama il S. Padre Benedetto nel Prologo alla sua Regola. Materie di insegnamento sono l’Introduzione alla S. Scrittura, i Salmi, il Catechismo, la Regola di S. Benedetto e le Costituzioni, la storia Monastica, la liturgia, il canto gregoriano. Queste materie vengono svolte nei tre anni di Monasticato, uno dei quali è quello del Noviziato, alla fine del quale si fa la prima professione dei voti di povertà, castità e obbedienza per tre anni. Il giovane monaco diventa così un Professo semplice, monaco ad tempus. Continuando il suo desiderio a voler abbracciare per sempre la vita monastica, si arriva alla Consacrazione definitiva. Dopo di che uno acquista i doveri e i diritti, propri dei Monaci della Comunità che lo ha accolto. Domenica 21 luglio, durante la Messa concelebrata delle 11, D. Angelo Merra, nato a Cerignola (Foggia) il 9.3.1977, esprimerà dinanzi al P. Abate che presiederà la concelebrazione e dinanzi ai suoi Monaci, che è sua ferma intenzione abbracciare per sempre la vita monastica secondo la Regola di S. Benedetto e secondo le Costituzioni della Congregazione Sublacense/Cassinese, impegnandosi ad osservare i voti tipicamente monastici di Stabilità, Conversione dei Costumi e di Obbedienza. I Monaci sono ben lieti di invitare tutti alla preghiera e alla partecipazione alla S. Messa.
domenica 21 luglio 2013
Giovani e lavoro. nasce ad assemini la sfida della Sardinia Service cooperativa onlus.
“Lavorare tra amici per dare agli altri una seconda opportunità nella vita” Quattro ragazzi guidano un’impresa sociale con l’obiettivo di aiutare anche i soggetti deboli, dando lavoro a persone con disabilità o a detenuti in regime alternativo MATTEO VENTURELLI E IN TEMPI DI CRISI investire e fare impresa è eccezionale, farlo con un occhio al sociale e una mano tesa verso chi vive in situazioni di forte difficoltà, ha qualcosa di miracoloso. E’ questa la sfida che la Sardinia Service Cooperativa Onlus, giovane realtà del territorio di Assemini , ha voluto lanciare in questi tempi difficili con l’avvio di diversi progetti imprenditoriali. “ Uno dei principali obiettivi della nostra cooperativa – raccontano i quattro amministratori Eros Batzella, Antonio Scano, Luca Marongiu ed Enrico Fenu – è quello di contribuire all’integrazione sociale dando opportunità occupazionali. All’interno della nostra impresa sociale che ogni giorno agisce e sfida i concorrenti nel libero mercato, diamo spazio anche alle persone più deboli. Il nostro intento non è fare assistenzialismo, ma dare un’occasione di lavoro a tutti e in questo progetto c’è posto anche per delle persone che in passato hanno commesso qualche errore, come ex detenuti o chi sconta un regime alternativo al carcere o chi purtroppo ha delle disabilità. Attraverso la sicurezza che solo un occupazione può dare cerchiamo di formare i dipendenti e di professionalizzarli in modo da potersi
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Un’immagine dell’inaugurazione. In basso lo staff.
reinserire pienamente nel contesto sociale e produttivo, maturare competenze e professionalità e impegnarsi liberamente in proprio una volta acquisita la sicurezza necessaria”. Il fiore all’occhiello dell’attività, sintesi dei vari progetti in corso è rappresentato dall’apertura ad Assemini del Coccodè, il primo fast food all’italiana della cittadina. “Nella realizzazione del Coccodè – continuano i due giovani responsabili - abbiamo sfruttato tutte le nostre potenzialità. La squadra dei dipendenti ha potuto esprimersi e professionalizzarsi in tutti i lavori. Dalla demolizione al ripristino dei locali, dall’urbanizzazione del sito alle rifiniture e ai lavori di carpenteria e impiantistica in generale. Lavorare insieme per un progetto comune ha aiutato a maturare sicurezza nei propri mezzi e un nuovo ruolo all’interno della società. Per un ex-detenuto avere una seconda opportunità del genere non è cosa da poco. Ha la
possibilità successivamente di mettersi in proprio e ricominciare un nuovo progetto di vita”. Una nuova mentalità d’impresa che ha radici semplici e profonde. “ I soci della cooperativa – precisa Antonio Scano – hanno tutti alle spalle percorsi di vita differenti. Io ad esempio sono cresciuto all’interno di una realtà parrocchiale di paese con tutte le di-
namiche e i valori che la contraddistinguono . L’incontro con chi, come Eros, proviene da intense esperienze lavorative nel Nord Italia è risultato determinante: fare impresa e farla per gli altri. In una Regione pesantemente segnata dalla disoccupazione dove sbagliare è più semplice, non concedere una seconda possibilità è un peccato”.
domenica 21 luglio 2013
IL PORTICO DELLA DIOCESI
Parrocchie. Proseguono anche a San Carlo Borromeo le iniziative per grandi e piccini.
Tra la curiosità degli anziani della zona un’estate per ragazzi allegra e frizzante Il SanKarl Camp ha finito per coinvolgere centinaia di ragazzi non soltanto del quartiere: sotto lo sguardo della Madonnina giochi e tornei sportivi. E a settembre si replica RICCARDO TOSADORI STATO IL MODO PIÙ semplice e speriamo più fruttuoso quello di festeggiare i cinquant’anni della parrocchia attraverso il “San Karl Camp – Summer 2013”. Una semplice “estate ragazzi” per i bambini del quartiere e non. Il campo estivo dei bambini è stato il modo più bello per ricordare a tutti i parrocchiani che nonostante la vecchiaia, la crisi, i problemi nella vita bisogna fare gruppo ed essere sprintosi. Jessyca, una delle animatrici (gli altri collaboratori sono Isa, Maristella, Barbara, Betty, Mapi, Laura, Anna, Matteo, Gabriele, Emanuele, Paolo, Laura e Lisa) lo racconta così questo campo: “straordinario, insolito, anomalo, non previsto ed eccezionale”. Jessyca continua: “Insolito vedere la piazza della parrocchia piena di bambini che giocano e corrono qua e là; anomalo vedere una piscina, un canestro da basket e una rete da pallavolo nella pizzetta della ma-
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Ragazzi al San Karl Camp-Summer 2013.
donnina; inoltre aggiunge non previsto il vedere i bambini in costume da bagno, che felici dopo il bagno in piscina prendono il sole sotto quella madonnina che per troppo tempo è stata sola. Infine davvero eccezionale vedere la gente del quartiere, e non solo, fermarsi a osservare divertiti i bambini che giocano nei campi sportivi della parrocchia e nella piazzettina. Qualcuno non ha resistito a spiare dalle finestre. È stato anche un momento dolcissimo vedere alcune parrocchiane avvicinarsi all’oratorio per offrire la merenda ai bambini”. Aggiunge Betty, animatrice e mamma di uno dei piccoli partecipanti, Gabriele: “il San Karl Camp – Summer 2013 è stato un vero exploit arrivato alla fine di un anno catechistico veramente intenso. I bambini iscritti sono stati più di un centinaio e sono stati impegnati in diverse at-
tività quali il basket, il calcio, pallaprigioniera, la piscina, il ballo e il bricolage”. Attività queste che hanno ricordato ai genitori dei diversi bambini i loro trascorsi a San Carlo. Qualche papà si è fermato e ha raccontato l’esperienza della pallavolo e del basket con le mitiche squadre di san Carlo e dei vice parroci di allora. I bambini sono stati invitati a lasciare un loro pensierino a “Carlina” (la cassetta postale ufficiale dei bambini dell’oratorio e del catechismo) e Gloria ha scritto “per me l’oratorio è come se fosse la mia casa”. E in questa seconda casa qualche bambino ha scoperto cosa significa gareggiare, fare gioco di squadra. Qualche altra bambina, come Lisa, è stata colpita oltre dall’accoglienza anche dalla vivacità dei colori usati negli spazi usati per le attività.
Gabriele di appena cinque anni, non sapendo ancora scrivere si è fatto aiutare dalla madre è riporta che l’ha colpito il fatto che anche gli educatori abbiano giocato con i bambini. Il San Karl Camp è stato caratterizzato anche dallo spettacolo con le bolle di sapone da parte dei genitori di una delle partecipanti, da due giri turistici con l’Open Bus del ctm ed infine da una esebizione cinofila dei cani dell’associazione “Mi fido di te” di Milko Congia. Alla fine possiamo dire che come primo campo è stato veramente straordinario. Volete sapere cosa ha colpito i bambini del San Karl Camp? Erano meravigliati che il Campo era gratis. Una parola scomparsa dal vocabolario di tante famiglie. L’oratorio per ora non è associato ad alcuna realta, ma siamo sicuri che in pochissimo tempo faremo parlare di noi a Cagliari. Comunque il San Karl Camp non finirà il 12, ma vedrà la sua giornata conclusiva il 18 luglio con una messa, un pranzo comunitario nei locali dell’oratorio ed infine uno spettacolo preparato dagli stessi bambini alla presenza dei genitori… e poi un grande arrivederci a settembre per il Saint Karlfest (festa tipicamente bavarese di ripresa delle attività pastorali della parrocchia). Siamo sicuri che quest’anno avremo anche la partecipazione straordinaria degli amici del San Karl Camp e dei loro genitori.
San Gregorio Magno, va forte il campus estivo Il parroco don Tamiozzo: “Un servizio per le famiglie” GIANCARLO BERUTTI LLE 7,30 DEL MATTINO il sagrato della parrocchia comincia ad animarsi delle voci festanti di bimbi e ragazzi che, accolti dagli animatori della ASD Beta, si preparano a ricominciare una intensa giornata di svago, socializzazione, condivisione e formazione che terminerà all’imbrunire. E’ il campo estivo San Gregorio Magno che dal 10 giugno sino al 2 agosto ha impegnato e impegnerà 130 bimbi tra i 3 e i 12 anni e 15 esperti animatori, in attività stimolanti ed entusiasmanti pensate per educare i giovani in modo divertente. Dai giochi all’aria aperta allo sport, dalle attività creative, alle arti e alle 'cose di casa'. Ogni giorno tante cose interessanti e nuove da scoprire e da fare, coinvolgono i ragazzi in un percorso che vuole essere ludico ma soprattutto formativo. Solo per citarne alcune: basket, volley, calcetto, cineforum, inglesando, informati-
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cando, decoupage, giardinaggio, biliardino, ping pong. Don Costantino Tamiozzo, perché ha deciso di offrire questo impegnativo servizio estivo? Si dice che gli Oratori parrocchiali hanno ancora la loro importanza per la loro finalità educativa sempre valida. In questa parrocchia, grazie al progetto proposto dalla ASD Beta, sperimentato già da alcuni anni e ormai elemento indispensabile della nostra attività e grazie al supporto di alcune catechiste e dei giovani After (i ragazzi del postCresima), seguiti da alcune animatrici, abbiamo fornito durante tutto l’anno supporto educativo, religioso, sportivo e in alcuni casi anche scolastico. Così la parrocchia può essere un reale punto di accoglienza e di mantenimento di quei valori cristiani che connotano tutti i nostri animatori. Quest’anno non abbiamo fatto altro che estendere, ampliandolo in termini d’orario, il servizio oratoriale. Molte famiglie ci hanno prospet-
Un’immagine del campus estivo di San Gregorio Magno.
tato la difficoltà di tenere impegnati i giovani durante la pausa scolastica estiva. La parrocchia ha inteso dare una risposta a queste necessità, soprattutto in tempi nei quali i ragazzi non possono essere abbandonati a loro stessi. Se poi nel Vangelo trovi scritto “Lasciate che i pargoli vengano a me”, chi siamo noi per non cercare di accoglierli? Certo occorre anche avere il personale adatto. E questo c’era ed era disponibile. Don Costantino, è soddisfatto dei risultati di questo Campus? La risposta la può ben vedere dai volti felici dei bimbi, alcuni dei quali arrivano ancora assonnati puntualmente alla ore 7.30, ma subito pronti a darmi una mano in giardino
e con l’ansia di ritrovarsi il giorno dopo per ricominciare una nuova avvincente giornata, nonché dalla riconoscenza dei genitori che sanno di lasciare i loro figli in un ambiente sano e protetto. Ripeterà l’esperienza del Campus l’anno prossimo? Ritengo che quella di quest’anno sia stata una prova e può essere una base di partenza di una felice iniziativa. Se il Buon Dio ci assiste come ha fatto sinora, sicuramente ripeteremo l’esperienza, migliorandola ove possibile e magari ampliando l’offerta con nuovi servizi. I miei collaboratori stanno già elaborando qualche altra idea. Allora all’estate prossima? Deu bollara.
il Portico
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detto tra noi Per Dio tutti siamo uguali di D. TORE RUGGIU
Proprio così: per Dio siamo tutti uguali, cioè tutti voluti e amati da Lui, perché siamo suoi figli. Ce lo ha ricordato recentemente Papa Francesco, durante una delle sue udienze generali del mercoledì. E ce lo ricorda la Parola di Dio, in molti dei discorsi di Gesù, tra i quali il famoso discorso della montagna, riportato dal Vangelo di Matteo, nei Capitoli 5, 6 e 7, dove Gesù asserisce: “se Dio pensa agli uccelli del cielo e ai gigli del campo, quanto più penserà a voi”. Quel “voi” indica tutti, nessuno escluso. Ancora più commovente è la pagina di Isaia nella quale il Signore dice: “può una madre dimenticarsi di suo figlio? Se anche si dimenticasse, io non mi dimenticherò mai di te”. Davvero una verità stupenda e commovente: Dio è per noi, tutti, padre e madre. Ora, se agli occhi di Dio siamo tutti uguali e, quindi, tutti preziosi, come mai tra gli uomini esistono le disuguaglianze, le categorie e le classi sociali? Si dirà che questo è naturale. Noi, evangelicamente, diciamo: fino a un certo punto! Sì, perché Gesù ha fatto una precisa e articolata catechesi sulla autorità, indicando il servizio come sua caratteristica essenziale: “i capi delle nazioni le dominano ed esercitano su di esse il potere. Ma tra voi, non sia così: chi vuole essere primo si faccia servo di tutti, come il Figlio dell’Uomo che non è venuto per essere servito ma per servire”. Dunque, tornando al nostro tema, per Dio non esistono disuguaglianze, nel senso che ciascuno è oggetto della premurosa attenzione del Padre e tutti sono creati “a sua immagine e somiglianza”. Diceva Gandhi: “fino a quando accettiamo l’ineguaglianza, rubiamo. Certo esistono diversità di carismi, di ministeri e di corrispondenza alla grazia del Signore, ma a tutti viene donata la vita, la paternità di Dio, la Sua amicizia e l’eredità eterna. L’uomo può, certo, sciupare i doni ricevuti, ma Dio non mancherà mai di dargli fiducia e di offrirgli la possibilità di redimersi. C’è un aspetto in cui l’uguaglianza degli uomini è ancora più evidente: la morte. C’è diversità nel modo di morire, ma tutti muoiono, e quando meno se lo aspettano, senza poter far nulla per eliminare la prova estrema della vita. E tutti possiamo costatare che Dio non fa preferenze: ricco o povero, nobile e no, colto o ignorante, importante o meno e perfino santo o peccatore. Alla chiamata finale, al suono della campana, tutti devono rispondere. E il giudizio è uguale per tutti: non ci sono attenuanti, non ci sono amnistie, non ci sono prescrizioni e, men che meno, ingiustizie. Possiamo concludere con una bella quanto vera affermazione: non solo per Dio siamo tutti uguali, ma tutti importanti!
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
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Aspettando il Papa. All’interno del Santuario il più antico e importante ex voto.
La navicella d’avorio e la devozione degli uomini di mare per Bonaria ROBERTO PORRÀ
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ELL’AMBITO DEL CULTO di N.S. di Bonaria vi è un altro elemento molto legato alla gente di mare anche se oggi meno conosciuto. Si tratta della navicella in avorio oggetto per secoli di grande devozione e di attente osservazioni soprattutto da parte di numerosi marinai. Infatti era stato notato che il piccolo modello navale si muoveva impercettibilmente e con la posizione della prua indicava la direzione dello spirare dei venti fuori del golfo. Informazione fondamentale per programmare il viaggio in mare, in un’epoca priva di strumenti affidabili per formulare previsioni del tempo attendibili. Il prezioso oggetto era stato donato da una pellegrina, diretta in Terra Santa. Infatti la pia donna aveva fatto una sosta nel capoluogo dell’isola ma poi, invece di riprendere il mare, aveva deciso di stabilirsi a Cagliari fino alla sua morte, colpita dalla intensità della devozione dei fedeli verso la Madonna con il Bambino del Santuario di Bonaria. Pertanto la stessa pellegrina, aveva donato al Santuario la navicella, inizialmente destinata al Santo Sepolcro. Poco tempo dopo era stato osservato lo strano fenomeno cui si è prima accennato. La fama di questo prodigio si era rapidamente diffusa tra i marinai di tutte le nazionalità
che frequentavano il porto cagliaritano. Tutto questo lo apprendiamo dalla lettura sia degli atti del processo canonico del 1592 fatto celebrare dall’arcivescovo di Cagliari, Francesco del Vall sia dal libro di P. Antioco Brondo Historia y milagros de N. S. de Buonayre del 1595. A queste prime testimonianze della fine del Cinquecento se ne aggiunsero molteplici nel corso del secolo successivo. Tra le principali citiamo quella del visitatore generale del Regno di Sardegna, Martin Carrillo (1612), quella del magistrato sas-
sarese Francesco Angelo de Vico (1639) e quella del giurista cagliaritano Giovanni Dexart (1645). Tutte mettono in evidenza la particolarità del prodigio e la sua fama universale, segnatamente tra la gente di mare. Vi era anche chi si dilettava a spostare con una lunga asta la navicella addirittura facendola ruotare su se stessa per vedere come successivamente riprendesse la sua posizione iniziale e quindi a segnalare la direzione del vento. Tale gesto fu condannato dall’Ordine mercedario e proibito tassativa-
mente. L’attenzione verso il prodigio non scemava tanto che un viceré, il conte don Felipe di Egmont (1680-1682), in segno di devozione, volle sostituire la vecchia cordicella di canapa che sosteneva il modello con una catenella d’oro ornata di gemme. Ma ci si accorse subito che il fenomeno miracoloso non si verificava più. Pertanto fu di nuovo collocata la vecchia cordicella e le cose tornarono al loro stato originario. Anche nel corso del Settecento continuò il pellegrinaggio quotidiano di marinai al Santuario. A metà dell’Ottocento, in seguito ai lavori nel Santuario e agli spostamenti della navicella, il fenomeno non si manifestò più anche se riprese dopo gli anni trenta del Novecento, come raccontano rispettivamente P. Francesco Sulis nel suo libro Della statua miracolosa di M. Vergine di Bonaria. Notizie storiche (Cagliari, 1868), e P. Candido Schirillo nella edizione aggiornata del libro del Sulis, da lui curata nel 1935. Con l’evoluzione delle scoperte scientifiche circa le previsioni meteorologiche, l’interesse per il prodigio è diminuito tra gli uomini di mare, i quali comunque continuano a sentire fortemente la devozione verso la Madonna di Bonaria come propria protettrice. Rimane il grande valore storico e devozionale di questo prezioso oggetto d’avorio, che rappresenta il più antico e importante ex voto marinaro conservato nel Santuario.
domenica 21 luglio 2013
curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Roberto Tronci Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Carlo Pilia, Francesca Sanna, Ignazio Artizzu, Matteo Meloni, Roberto Piredda, Massimo Lavena, Francesco Furcas, Roberto Comparetti, Andrea Busia, Piero Orrù, Rosalba Crobu, Maurizio Cancedda, Stefano Spanu, Matteo Venturelli, Riccardo Tosadori, Giancarlo Berutti, Tore Ruggiu, Roberto Porrà. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).
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A Pimentel festeggiato “Su crammu mannu” Don Giovanni Pisano: “La grande fede della gente” R. C.
Pimentel ha solennizzato la Madonna del Carmine, Su Crammu Mannu, una festa che vede quasi l’intero paese sfilare per le vie del centro con il simulacro della Vergine. La festa è diventata l’occasione di un saluto collettivo al parroco, don Giovanni Pisano che, alla soglia degli 80 anni, a breve lascerà la comunità nelle mani di un giovane sacerdote. “Per me dice - sono finiti i tempi supplementari, come li definiva l’Arcivescovo Mani. È giunto il momento del riposo, fin quando potrò nella casetta costruita con tanti risparmi qui a Pimentel, e poi, se Dio vorrà, nella casa di Dolianova, dove ci sono i sacerdoti che necessitano di assistenza”. Giunto a Pimentel nel 1996 don
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NCHE QUEST’ANNO
Giovanni aveva alle spalle una ventina d’anni di servizio sacerdotale sull’Appennino tosco – emiliano, come missionario saveriano. “Ricordo che avevo un gran desiderio di vivere il mio sacerdozio in missione ed allora venni inviato sui monti, dove mi sono trovato davvero bene. Poi per problemi di salute ho chiesto di scendere più giù, ma non in città come mi era stato proposto, volli rientrare in Sardegna, dove l’Arcivescovo, monsignor Alberti, fu felice di accogliermi e di mandarmi a Pimentel. Ho vissuto qui in mezzo a gente devota, che mantiene un forte attaccamento alla fede come dimostra la festa del Carmine. Certo non mancano le difficoltà per avvicinare i ragazzi, ma credo che il nuovo giovane parroco saprà intervenire”. L’affetto per don Pisano è dimostra-
La processione a Pimentel.
to anche dal percorso ridotto che quest’anno ha caratterizzato la processione per il paese, una riduzione fatta proprio per non affaticare eccessivamente l’anziano sacerdote. Ciò però non ha tolto nulla alla sacralità e alla partecipazione della gente. La recita del Rosario in sardo ha accompagnato il percorso per le strade ed anche le celebrazioni sono state molto partecipate. “La devozione al Carmine – dice ancora il parroco – è molto forte tra la gente e lo testimoniano i quattro giorni di festa dal 14 al 17 luglio. Non c’è appuntamento religioso ma anche civile che non veda tante persone accorrere e partecipare. È un paese che si mobilita per la patrona e che nelle feste più importanti, dimostra una reli-
giosità sana e genuina, insita nei pimentelesi”. La festa vera e propria del Carmine è poi seguita da quella per Santa Gemma, venerata in Toscana, e che riceve attenzione anche a Pimentel, con una messa solenne accompagnata dal coro “Mariano Pillosu”, in memoria dell’organista che per mezzo secolo ha accompagnato il canto gregoriano in paese. I frutti di un tale atteggiamento sono le tante vocazioni religiose maturate ed anche il dono di un vescovo originario di Pimentel, monsignor Tarcisio Pillolla, vescovo emerito di Iglesias e per molti anni ausiliare a Cagliari. Quanto poi alla conclusione del suo servizio sacerdotale don Giovanni Pisano ha solo sentimenti di ringraziamento. “Devo davvero dire grazie al Signore – conclude – perché in questi 52 anni di sacerdozio mi sono sentito molto amato dalla gente che mi è stata affidata, sia quella sui monti dell’Appennino sia qui a Pimentel. Sono stati anni di gioie anche di qualche sofferenza ma il bilancio è più che positivo”.
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