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DOMENICA 22 SETTEMBRE 2013 ANNO X N.

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SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

in preparazione alla Visita di papa Francesco l’Arcivescovo invita tutti a prepararsi alla visita di papa francesco (Cagliari, 22 settembre) recitando ogni giorno la seguente preghiera: santa Maria, nostra signora di Bonaria, patrona Massima della Sardegna,vergine del silenzio e del fedele ascolto della parola di dio, tu sei partita in fretta come pellegrina della fede per portare la gioia del Signore nella casa di elisabetta: insegnaci ad accogliere il Signore che viene a visitare la nostra terra con il pellegrinaggio di papa francesco al tuo Santuario sul colle di bonaria. Come Vescovo di roma e Successore dell'Apostolo pietro è il vicario del tuo figlio Gesù su questa terra: rendici docili al suo insegnamento per essere certi di seguire fedelmente la via di Gesù, pronti a fare tutto quello che ci chiederà. Accompagna, Madre Santa di tutta la Chiesa, il ministero di papa francesco come vescovo di roma e pastore universale, benedici la nostra terra e la sua terra d'origine, legate dal tuo Nome e dalla tua materna protezione, perché ogni giorno della nostra vita siamo pellegrini della fede e portatori della gioia che viene dal Signore. amen foto di roberto pili

Grazie, Papa Francesco! + ARRIGO MIGLIO

razie per l’affetto che ci hai dimostrato fin da quella mattina del 15 maggio in Piazza San Pietro, quando ci hai comunicato davanti a tutti che avevi il desiderio di venire pellegrino al Santuario di Nostra Signora di Bonaria e, quindi, accettavi ben volentieri l’invito a venire in Sardegna. Erano passati appena due mesi dalla tua elezione a Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa Universale. Appena abbiamo saputo della tua elezione a Papa, da tutta la Sardegna era stato espresso il forte desiderio di averti tra noi, conoscendo il legame storico e spirituale tra il Santuario di Bonaria e la città di Buenos Aires. Non osavamo quasi farti avere il nostro invito, pensando ai nuovi impegni che dovevi affrontare. È stata certamente la Madonna di Bonaria a far incontrare il tuo desiderio con il nostro ed ora ci sentiamo ancora più strettamente uniti a te grazie alla storia di amore che Maria ha saputo tessere dal Colle di Bonaria alla Terra argentina, dove è sorta la “Città della Santissima Trinità e

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Porto di Nostra Signora di Bonaria”. Tu ci chiedi ripetutamente di pregare per te: lo abbiamo fatto e lo faremo d’ora in avanti ancora di più, per tutte le tue intenzioni ma specialmente per la tua città di Buenos Aires e per tutta l’Argentina, dove vivono, con tanti altri italiani, anche molti nostri fratelli della Sardegna. Il Grazie che ti rivolgiamo è quello di tutta la Sardegna, di cui Nostra Signora di Bonaria è Patrona Massima. Ti siamo grati perché vieni a condividere con noi la tua fede e la tua devozione a Maria, perché vieni a conoscere da vicino la fisionomia della nostra Terra e del nostro popolo, perché la tua visita ha ravvivato in modo inaspettato la speranza in tutti coloro, e sono tantissimi, che vivono nella precarietà, nell’ansia, nella povertà. Sappiamo che tu conosci le cifre impressionanti che descrivono tale ansia, precarietà e povertà. In modo particolare, conosci il dramma dei nostri giovani troppo spesso costretti ad emigrare, lasciando così la nostra regione priva di futuro, poiché anche la nascita di nuove vite si è fortemente ridotta. È questa la nostra povertà più grande: lo scoraggia-

mento e la rassegnazione che contribuiscono a rendere incerto il nostro futuro. Il nostro Grazie per questa tua visita vuol essere anche il Grazie di tutto il nostro Paese, l’Italia, che ti sente già suo non solo per le origini della tua famiglia ma anche per l’affetto che ci stai dimostrando e per l’amore alla nostra lingua italiana attraverso la quale ci comunichi la tenerezza di Dio. Visitando la Sardegna, dopo l’incontro con le povertà estreme che approdano a Lampedusa, ci dici che anche nel conoscere l’Italia vuoi partire dalle realtà più povere. Sentiamo questo tuo gesto non come un atto di pietismo ma come l’indicazione precisa di un metodo e di una strada: per costruire il bene comune di un Paese, per risollevarsi da una situazione di crisi generale, è necessario mettere al primo posto i più piccoli e i più poveri. La tua, quindi, è un’indicazione preziosa non solo per le nostre chiese ma anche per tutti coloro che hanno responsabilità di carattere sociale politico amministrativo. Insieme a te, caro Papa Francesco, vogliamo ripetere le parole del Magnificat con le quali Maria ha cantato e fissato nella storia la fedeltà di Dio: la tua visita per noi è oggi un segno grande e bello di questa fedeltà, di un Padre che non ci dimentica e non ci abbandona.

Voi sardi siete entusiasti, eh! Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e di cuore affido voi e le vostre comunità alla materna intercessione della Vergine Santa che venerate con il titolo di ‘Madonna di bonaria’. A questo proposito vi vorrei annunciare che desidero visitare il Santuario a Cagliari. Quasi sicuro sarà nel mese di settembre, perché fra la città di buenos Aires e Cagliari c’è una fratellanza per una storia antica. proprio nel momento della fondazione della città di buenos Aires, il suo fondatore voleva nominarla 'Città della Santissima trinità', ma i marinai che lo avevano portato laggiù erano sardi e loro volevano che si chiamasse 'Città della Madonna di bonaria'. Vi fu una disputa fra di essi e alla fine hanno trovato un compromesso, così che il nome della Città risultò lungo: 'Città della Santissima trinità e porto di Nostra Signora di bonaria. Ma essendo tanto lungo, sono rimaste le due ultime parole: bonaria, buenos Aires, in ricordo della vostra icona della Madonna di bonaria. Papa Francesco, 15 maggio 2013


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

il PoRtiCo

domeniCa 22 SettembRe 2013

I precedenti. Rileggiamo stralci dei discorsi pronunciati dai tre pontefici che hanno visitato Cagliari e la Sardegna.

“Siamo venuti per salutarvi e rendervi onore, per rivendicare con forza il posto che vi spetta” Così Paolo VI si rivolse ai sardi. Indimenticabile fu anche l’intervento di Papa Wojtyla: rivolto ai giovani parlò a tutte le autorità. Benedetto XVI invocò un nuovo impegno sociale MASSIMO LAVENA E VISITE DEI PAPI pellegrini alla Madonna di Bonaria hanno lasciato immagini e ricordi accumulati nell’archivio della vita dei sardi. In ognuno sono maturati quei sentimenti di volta in volta di riconoscenza per chi dallo Spirito venne chiamato a succedere all’Apostolo Pietro. E che portò la testimonianza dei Servi dei Servi davanti alla Basilica della nostra somma Patrona, inginocchiati con tutto il popolo sardo, in una Storia di amore e condivisione di gioie e dolori, sempre troppo evidenti questi ultimi e sempre troppo presenti nelle vicende della nostra Isola. C’è una Storia che si è dipanata lungo le strade di Cagliari, nel 1970 con Paolo VI, nel 1985 con il Beato Giovanni Paolo II, nel 2008 con Benedetto XVI il Profeta. Sfogliando foto e ritagli si scopre che abbiamo percorso una strada con i “nostri” Papi, e le loro parole sono risuonate potenti nei cuori di tutti i Sardi che le hanno ascoltate e le ascolteranno ancora. C’è un filo conduttore di amore e di condivisione piena dei travagli della nostra terra. Oggi comprendiamo ciò che disse Papa Paolo VI in quel 24 aprile 1970. La città accolse il Papa decorando i balconi e le finestre con tappeti e bandiere, arazzi di petali coprirono l’asfalto ed una folla impressionante (c’è chi dice che oltre 600mila persone scesero lungo le strade di Cagliari) faceva ala a Papa Montini. E se si ricorda la marea che partecipò alla messa celebrata nel piazzale sottostante la Basilica di Bonaria e che da al-

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Piazza San Pietro, 15 maggio 2013: mons. Miglio indica al Papa la statua della Madonna di Bonaria.

lora viene chiamato proprio “Piazza dei Centomila”, il risultato è di una grande folla commossa, della unità nella preghiera e di una speranza che si percepiva palpabile.

fedeltà alla consegna a voi lasciata dai vostri antenati. Con ciò ancora una volta voi avete dimostrato che la religiosità e la fermezza dei vostri sentimenti costituiscono tratti ca-

Disse Papa Montini salutando la cittadinanza: “Un patto di devozione e di fedeltà fu sancito tra Cagliari e Colei che voi giustamente chiamate vostra Regina e Patrona. L’odierno solenne tributo, che insieme renderemo a Maria Santissima, Madre di Cristo, vuol essere come un nuovo pubblico attestato di

ratteristici e stupendi della vostra gente”. E giunto a Sant’Elia, si rivolse ai suoi abitanti con parole indimenticabili: “Noi leggiamo nei vostri occhi un’altra domanda: e adesso, che cosa viene a fare il Papa fra noi? una visita di curiosità? una visita di pubblicità? Che importa a noi d’una visita di pochi minuti e di poche parole? […]Voi, nel Vangelo, siete i preferiti, siete avanti agli altri, i più vicini all’amore di Cristo e al grande dono del suo regno. Siamo venuti perciò per salutarvi, per rendervi onore, per rivendicare nella Chiesa e anche nella società civile il posto degno che a voi spetta, e a riconoscere oltre i vostri bisogni (e quanti ne avete!) i vostri diritti naturali: alla casa sufficiente e decente, al pane e al lavoro, alla scuola e all’assistenza sanitaria, alla partecipazione ad un comune benessere, per voi e specialmente per questi vostri figlioli”. Il ricordo della visita trionfale di Giovanni Paolo II è quello dei giovani nel largo Carlo Felice. Se di questo evento che si ripeté anche

Benedetto XVI a Cagliari il 7 settembre 2008.

con Benedetto XVI e sarà rinnovato con Papa Francesco, e che ha sempre chiuso le visite a Cagliari si ricordano le divertite parole “I giovani della Sardegna hanno fermato la pioggia” ciò che procurò un vero boato degli oltre 50mila giovani distribuiti a croce intorno al palchetto del Papa fu un passaggio del discorso che è, ahinoi, terribilmente ancora reale: “…. Non ignoro, carissimi, le difficoltà e le incertezze che, purtroppo, la realtà quotidiana può riservarvi. Non parlerò dei tanti pericoli e tentazioni che presenta oggi la vita; non posso, però, dimenticare la piaga della disoccupazione. So che al riguardo la vostra Regione detiene un ben triste primato, avendo la percentuale più alta di giovani disoccupati. È un problema, questo, che mi addolora profondamente, per una serie di motivi, a cominciare dal fatto che esso può frustrare sul nascere ogni serio impegno e far naufragare lo stesso progetto di vita. E anche l’esodo da questa Terra è un dissanguamento di tante fresche energie;

non è solo perdita in termini economici, ma psicologicamente è uno sradicamento dall’ambiente, i cui danni morali, prima che sociali, son difficili da calcolare. Per questo rivolgo un caldo e pressante appello a tutte le Autorità, a ogni livello, proprio in rapporto al diritto-dovere dei giovani a “prendere in mano” la propria vita. Benedetto XVI guardò con amore la folla assiepata intorno alla Madonna di Bonaria che incoronò. E fu il suo continuo sguardo verso i malati che erano al suo fianco nel sagrato di Bonaria a colpire tutti profondamente. E rivolgendosi alla società italiana malata di tristezza e impoverimento morale Papa Ratzinger chiamò tutti i cattolici italiani ad uno sforzo coraggioso e salvifico: “So bene che Maria è nel vostro cuore. Dopo cent’anni vogliamo quest’oggi ringraziarLa per la sua protezione e rinnovarLe la nostra fiducia, riconoscendo in Lei la “Stella della nuova evangelizzazione”, alla cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei. Maria vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale che su quello sociale. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile. In tutti questi aspetti dell’impegno cristiano potete sempre contare sulla guida e sul sostegno della Vergine Santa. Affidiamoci pertanto alla sua materna intercessione”.

Giovanni Paolo II a Monteponi durante la storica visita del 1985.


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

Storia. Il legame tra Cagliari e Buenos Aires documentato in numerose autorevoli fonti.

Da dove origina quella grande “fratellanza per una storia antica” Tutti gli storici argentini concordano nel sostenere la diretta derivazione del nome della capitale argentina dal culto alla Madonna di Bonaria, protettrice dei naviganti ROBERTO PORRÀ DIFFERENZA DELLE visite precedenti, come quella di Benedetto XVI nel 2008 in occasione del centenario della proclamazione di N.S. di Bonaria Patrona Massima della Sardegna, questa volta la venuta del Papa al Santuario sul colle cagliaritano non è legata a ricorrenze particolari legate al culto della Vergine venerata in questo tempio. Infatti le motivazioni le ha comunicate lo stesso Pontefice quando, il 15 maggio scorso, ha annunciato al mondo la sua volontà di venire a Cagliari. Egli ha rievocato “la fratellanza per una storia antica” tra la nostra città e la metropoli sudamericana, Buenos Aires, di cui fino a pochi mesi fa Papa Francesco era arcivescovo. Ta-

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A sinistra il monumento a Juan de Garay nella Plaza de Mayo.

Infatti in precedenza la discussione aveva avuto come tema principale la motivazione che aveva indotto il nobile Pedro de Mendoza, capo della grande spedizione voluta da Carlo V, a scegliere come nome del primo insediamento nel suolo del bacino del Rio de la Plata quello di Puerto de Nuestra Señora del Buen Aire, all’inizio di febbraio del 1536. In estrema sintesi si può dire che pressoché tutti gli storici argentini, a partire dai più autorevoli come Enrique de Gandía, sostengono la diretta derivazione di tale toponimo dal culto alla Madonna di Bonaria, ritenendolo dovuto ad un voto fatto duran-

Comunque l’abitato del Puerto de Nuestra Señora del Buen Aire, un semplice agglomerato di costruzioni lignee protette da un’alta palizzata, ebbe vita breve. Dopo un inizio difficilissimo dovuto all’assedio degli indios ostili, appena consolidatosi, fu abbandonato e bruciato dagli stessi conquistadores nel 1541 a seguito della decisione di Domingo Martínez de Irala, il nuovo capo della spedizione dopo Pedro de Mendoza, morto nel viaggio di ritorno in patria a seguito di una grave malattia. Infatti Irala aveva fissato la propria base operativa a Nuestra Señora Santa Maria de la Asuncíon, l’at-

La seconda fondazione della città, nel dipinto di Josè Moreno Carbonero conservato nel Palazzo municipale di Buenos Aires.

le legame consiste proprio nel nome di Buenos Aires, che deriva dal culto della Madonna di Bonaria. Infatti benché chiamata inizialmente “Città della SS. Trinità e Porto di Nostra Signora di Buenos Aires”, come il santo Padre ha ricordato, dopo poco tempo la capitale dell’Argentina fu indicata solo con le ultime due parole di questo lungo appellativo, Buenos Aires, riferite all’icona della Madonna venerata a Cagliari. Un’affermazione così netta da una fonte così autorevole ha posto, per così dire, la parola fine alla questione, sulla quale sono intervenuti nel tempo non pochi storici e contestualmente ha in qualche modo anche spostato i termini della problematica, sui quali si è finora sviluppato il dibattito tra gli studiosi.

te la difficile navigazione da Siviglia alle sponde sudamericane. Qualche voce di dissenso iberica attribuisce maggiore importanza alla presunta presenza sempre nella città andalusa di Siviglia di un culto all’incirca omonimo manifestato dall’esistenza di un bellissimo retablo raffigurante la Vergine che protegge con il suo manto i naviganti: il quadro era custodito all’epoca presso la Casa de Contratacíon. Quest’ultima, sede di un’istituzione spagnola creata ad hoc nel 1503 per la scoperta e la conquista del Nuovo Mondo, non era certo un luogo destinato alle funzioni religiose e pertanto, a mio parere, il dipinto non rappresenta altro che la universale devozione della gente di mare verso la Madonna e non la presenza di un culto specifico.

tuale capitale del Paraguay conosciuta oggi solo con l’ultima parte del nome originario, cioè Asuncíon. Ma l’esigenza di ristabilire un insediamento in quella posizione geografica, alla foce del Rio de la Plata, assai importante perché vi era una sorta di porto naturale, era molto sentita sia a Madrid che in loco e più volte manifestata in documenti ufficiali del tempo. Solo nel 1580 però la cosa si concretizzò: ne ebbe il merito Juan de Garay, il sostituto del governatore Juan de Torres de Vera y Aragon. Era un uomo che aveva già dimostrato le sue capacità organizzative proprio in questo ambito fondando in precedenza la città di Santa Fe e quindi ebbe successo nel suo intento, ridando vita al centro abitato abbandonato, sviluppatosi poi

in modo impressionante fino all’odierna metropoli. Ed è proprio a questa circostanza che si riferiscono le parole del Papa. D’altronde questa, definita la seconda fondazione di Buenos Aires, è quella che gli argentini considerano di gran lunga più importante rispetto alla prima, rivelatasi un’esperienza effimera. Non a caso un monumento a Juan de Garay campeggia nella Plaza de Mayo, la principale piazza della città e nella sede municipale di Buenos Aires è conservato un grande dipinto del pittore spagnolo José Moreno Carbonero che rievoca l’avvenimento. Ma veniamo al nome che fu scelto dal Garay per la rinascita dell’insediamento. Come ricorda il Sommo Pontefice, fu individuato quello di città della Santissima Trinità in quanto ne ricorreva la solennità (11 giugno 1580) ma fu anche conservato quello precedente di Puerto de Nuestra Señora del Buen Aire; un nome lunghissimo dunque ma in seguito il secondo, omettendo la parte relativa all’invocazione mariana, data per scontata, come per Asuncíon, prevalse sul primo come dimostra anche il modo con cui erano e vengono chiamati comunemente gli abitanti di Buenos Aires: porteños, cioè abitanti del porto. Bisogna anche fare alcune altre osservazioni in merito. Non era la prima volta nella storia che le due invocazioni si trovavano unite nella circostanza di una medesima denominazione: la stessa chiesa di Bonaria in origine era appunto intitolata alla SS. Trinità e a S. Maria: una semplice coincidenza? Inoltre molto probabilmente un elemento decisivo nella conservazione del nome originario di Puerto de Nuestra Señora del Buen Aire fu il fatto che esso rappresentava un voto alla Madonna e come tale non poteva essere cancellato. Ne erano coscienti gli stessi popolatori guidati da Garay, oltre sessanta, tra i quali non mancava qualche superstite della prima fondazione e soprattutto c’erano i figli di costoro, in particolare Lazzaro Gribeo, l’erede di Leonardo, lo scudiero di Pedro de Mendoza. Costui, molto devoto alla Madonna di Bonaria, aveva influito in modo determinante proprio nella circostanza della scelta del nome del Puerto da parte del suo comandante, insieme ai due frati mercedari facenti parte della spedizione del 1535, i primi propagatori del culto mariano cagliaritano. Queste considerazioni pertanto ci introducono ad un’altra dimensione, presente sin dalle origini nell’ambito della venerazione a N. S. di Bonaria: quella internazionale, legata alla sua fama di Protettrice dei naviganti diffusa tra la gente di mare di tutte le nazionalità, come dimostrano numerosi e importanti episodi storici, attestati da documenti, come la vicenda della fondazione di Buenos Aires.

il PoRtiCo

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blocnotes Il popolo sardo ha la forza della quercia di SERGIO NUVOLI

Dice bene padre Giovannino Tolu, quando parlando a nome dei mercedari nell’articolo che potete leggere su questo numero, rivela che i frati si sentono “santamente orgogliosi”, e sottolinea il probabile primato di Bonaria tra i santuari mariani: quattro Papi vi si sono recati in appena 43 anni. Ad eccezione di Giovanni Paolo I (morto troppo presto), tutti gli ultimi pontefici hanno reso omaggio alla Madonna sul colle cagliaritano. Il primo, Paolo VI, fece visita alla Sardegna nel 1970, invitato dall’arcivescovo Sebastiano Baggio elevato l’anno prima al rango di cardinale: quest’ultimo lasciò la diocesi esattamente 40 anni fa, per assumere a Roma l’incarico di prefetto della Congregazione dei Vescovi. Perché un Papa tornasse sull’Isola servirono 15 anni: Giovanni Paolo II arrivò infatti nel 1985, per una visita indimenticabile per tanti di noi, che durò tre giorni. A Cagliari lo accolse mons. Giovanni Canestri, anche lui fatto cardinale poco tempo dopo, al termine di tre anni che hanno segnato a fondo la diocesi: il pellegrinaggio di Papa Wojtyla nell’Isola riempì le cronache di discorsi, aneddoti e curiosità. Come quell’alba in cui don Sergio Manunza, allora segretario dell’arcivescovo, trovò il Papa disteso per terra a pregare nella cappella dell’episcopio. Un episodio che, riletto oggi, svela la profondità del rapporto che il Pontefice polacco aveva con Dio. Il resto è storia recente, ma non per questo trascurabile: 23 anni dopo Giovanni Paolo II, nel 2008 è stata la volta di Benedetto XVI, accolto in diocesi da mons. Giuseppe Mani e da uno straordinario spettacolo di fede, come lui stesso riconobbe. Pochi ricordano le parole dense d’affetto pronunciate durante l’omelia a Bonaria: “Il popolo sardo – disse – ha in sé la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste”. E’ straordinario che quattro Papi abbiano visitato la Basilica di Bonaria, ma è certamente eccezionale che Papa Francesco giunga a Cagliari appena cinque anni dopo il suo predecessore, accogliendo in pochissimo tempo l’invito formulato dall’arcivescovo Miglio nel biglietto augurale scritto poche ore dopo l’elezione al soglio pontificio. C’è di che essere orgogliosi, per l’evidente predilezione mostrata per i sardi e per Cagliari, la prima diocesi a ricevere una visita pastorale del nuovo Papa. A noi spetta la responsabilità di “guardare” Francesco, di ascoltarlo, senza farci distrarre da tutto quello che gli si muoverà intorno. Per questo proponiamo, in questo numero, uno speciale che vuole essere prima di tutto una guida negli avvenimenti della giornata. Buona lettura.


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

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Il Papa. In settimana visita al Centro Astalli, un’opera gestita dalla Compagnia di Gesù.

Non diventiamo cristiani in laboratorio: la fede è dono di Dio attraverso la Chiesa ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre ha proposto una riflessione sul Vangelo domenicale che presentava il capitolo 15 di Luca con le tre parabole della misericordia. Papa Francesco ha insistito in modo particolare sulla gioia di Dio: «Dio è gioioso! E qual è la gioia di Dio? La gioia di Dio è perdonare, la gioia di Dio è perdonare! E’ la gioia di un pastore che ritrova la sua pecorella; la gioia di una donna che ritrova la sua moneta; è la gioia di un padre che riaccoglie a casa il figlio che si era perduto, era come morto ed è tornato in vita, è tornato a casa. Qui c’è tutto il Vangelo! Qui! Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo! Ma guardate che non è sentimento, non è "buonismo"! Al contrario, la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal "cancro" che è il peccato, il male morale, il male spirituale. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nel cuore e nella storia». Il rischio peggiore, spiega il Papa, «è che noi presumiamo di essere giusti, e giudichiamo gli altri». Al termine dell’Angelus Papa Francesco ha ricordato la Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si è svolta a Torino sul tema “Famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. Il tema del ruolo della famiglia dentro la società lo ritroviamo poi sviluppato nel Messaggio che il Santo

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L’incontro con Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari.

Padre ha inviato ai partecipanti alla Settimana Sociale: «come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà, inoltre, riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Infine, vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta. Le

conseguenze, positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia toccano i diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico – che è grave per tutto il continente europeo e in modo particolare per l’Italia – alle altre questioni relative al lavoro e all’economia in generale, alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base della nostra civiltà». Sempre in settimana Papa Francesco si è recato in visita al Centro Astalli, un’opera della Compagnia

di Gesù dedicata all’accoglienza e al servizio ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Nel suo discorso al Centro il Papa ha richiamato il senso del servizio: «servire significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli. Servire significa lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Solidarietà, questa parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro. Ma è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione». Mercoledì scorso all’Udienza generale il Santo Padre ha approfondito il tema della Chiesa come “madre”: «la fede io la ricevo da altri, in una famiglia, in una comunità che mi insegna a dire “io credo”, “noi crediamo”. Un cristiano non è un’isola! Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa. E la Chiesa ci dona la vita di fede nel Battesimo: quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre».

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Hanno collaborato a questo numero: Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo Vaticano, Roberto Porrà, funzionario in pensione della Soprintendenza Archivistica per la Sardegna, autore del volume “Il culto della Madonna di Bonaria di Cagliari” (Arkadia editore), don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, Padre Giovannino Tolu, parroco e rettore del Santuario di Bonaria, Silvio Cherchi, giornalista pubblicista, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Mons. Gian Franco Saba, rettore del Seminario Regionale Sardo, Franco Camba, insegnante e collaboratore del Seminario regionale sardo, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Giovanni Lorenzo Porrà, giornalista pubblicista laureato in Filologie e Letterature Classiche e Moderne, don Marco Lai, direttore Caritas diocesana, Maria Chiara Cugusi, giornalista professionista, Giovanni Melis, Rettore Università di Cagliari, Attilio Mastino, Rettore Università di Sassari, Ilaria Muggianu Scano, giornalista pubblicista, autrice (con Mario Fadda) del volume “Maria Cristina di Savoia” (Arkadia editore), Lidia Lai, mediatore civile, laureata in Lettere moderne, don Riccardo Pinna, postulatore diocesano, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri, don Alberto Pistolesi, direttore Ufficio Pastorale Giovanile, Valentina Dessì, collaboratrice Ufficio Pastorale Giovanile. Il direttore della testata, Sergio Nuvoli, è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 13745 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.

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pietre EGITTO

Cristiani in fuga dalle violenze Un egiziano copto di 23 anni, ha abbandonato il proprio Paese per chiedere asilo politico in Italia. È originario di Minya, una delle città dell'Alto Egitto in cui, dopo la destituzione di Mohammed Morsi, la rappresaglia islamista nei confronti dei cristiani si è manifestata con maggiore crudeltà. Sono state distrutte almeno 50 chiese, le case e i negozi sono stati marchiati con una croce. Una falegnameria è stata incendiata di venerdì, per i musulmani è il giorno della preghiera; un supermercato è stato fatto esplodere davanti agli occhi. SIRIA

Attacco ai cristiani di Maalula Per i cristiani siriani Maalula, il villaggio cristiano a Nord di Damasco, attaccato nei giorni scorsi da gruppi armati islamisti, è già “terra di martiri”. Grazie ad una testimone oculare, una donna cristiana attualmente in ospedale a Damasco, è stato possibile ricostruire la sorte dei tre cristiani uccisi a Maalula. Le loro esequie si sono celebrate il 10 settembre a Damasco. Secondo quanto racconta la donna, i gruppi armati sono penetrati in molte case dei civili, distruggendo e terrorizzando, colpendo tutte le immagini sacre. In una casa vi erano tre uomini e la donna A. Gli islamisti hanno intimato a tutti i presenti di convertirsi all'islam, pena la morte. Uno ha risposto con chiarezza: “Sono cristiano e se volete uccidermi perchè sono cristiano, fatelo”. Il giovane è stato ucciso a sangue freddo, con gli altri due. La donna è rimasta ferita ed è salva per miracolo, in seguito condotta in ospedale a Damasco. Oggi gli sfollati di Maalula, in maggioranza a Damasco e sperano solo di poter tornare alle proprie case, in pace e sicurezza.

FILIPPINE

Liberato il sacerdote rapito Fr. Michael Ufana, uno degli oltre 100 ostaggi presi dai ribelli del “Moro National Liberation Front” (MNLF) a Zamboanga, è stato rilasciato nei giorni scorsi ed è sano e salvo. Lo conferma p. Sebastiano D'Ambra, missionario Pime, responsabile del Centro per il dialogo islamo-cristiano “Silsilah” a Zamboanga, città nell'estremo Sud dell'isola di Mindanao (Filippine Sud). Intanto la crisi che si trascina da cinque giorni, dopo che circa 180 guerriglieri del MNLF hanno attaccato e occupato un quartiere della città, sequestrando i civili e usandoli come scudi umani, si avvia verso la risoluzione.


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

il PoRtiCo

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Il cuore della giornata. Padre Giovannino Tolu, parroco e rettore del Santuario, svela l’attesa dei Mercedari.

Un privilegio per pochi santuari mariani, con Francesco “Ecce, Sardinia, Mater Tua” In poco più di 40 anni quattro pontefici hanno pregato la Madonna di Bonaria a Cagliari: “Santamente orgogliosi, ci sentiamo responsabili di una preziosa eredità”

Padre Giovannino Tolu in piazza San Pietro il giorno dell’annuncio della visita.

ogni bene, di pace, di gioia, di carità operosa. Risuonano ancora con vigore nel nostro Santuario le parole di PaoloVI che affermò con forza: "Non si può essere cristiani se non si è mariani". Questo stesso annuncio, seppure con parole diverse, è stato offerto dagli altri augusti Pontefici. E' grande l'attesa per Papa Francesco. A me personalmente piacerebbe offrire a tutti i Sardi la felice opportunità di avvicinarlo. Temo che questo sia possibile per mille comprensibili ragioni. Sono certo però che Papa Francesco entrerà invisibile nelle case e nei cuori per confermare tutti nella fede di Gesù Salvatore, e per dire a tutti di rafforzare la fiducia in Maria di Bonaria, di guardare a Lei come a Stella del mattino e invocarla non solo come la Massima Patrona, ma anche come la Donna della speranza, la grande dominatrice di tutte le tempeste, spirituali, materiali e anche mediatiche. Accogliamo l'invito secolare: Ecce, Sardinia, Mater tua.

no le risposte che, purtroppo, la società civile e le istituzioni non sanno dare: mancano il lavoro e il denaro, manca il rispetto per l’uomo, la famiglia è in crisi, la speranza cerchiamo di non farcela portare via…. (ammonisce lo stesso Bergoglio). Si susseguono i pellegrini che chiedono di visitare Santuario, Basilica e Museo, molti arrivano conoscendo la storia, altri chiedono di conoscerla. Le signore che gestiscono il negozietto ci raccontano che sono frequenti le vendite di libri, dvd e oggetti-ricordo di vario genere, soprattutto in concomitanza con le recenti visite papali. Già, recenti: perché è solo del 2008 la visita di Papa Benedetto XVI , in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria a Patrona Massima della Sardegna. Padre Sal-

Da non sottovalutare gli aspetti logistici dell’evento: la zona sarà assediata dalle forze dell’ordine e sarà possibile arrivare in certi spazi solo con i pass; non si celebreranno le Messe vespertine del sabato 21. Consideriamo che la maggior parte dei parrocchiani è composta da persone anziane che necessitano di visite, badanti, aiuti di familiari.Deviazioni di traffico veicolare, parcheggi in luoghi periferici, utilizzo di bus navetta verso il centro sono alcune delle restrizioni. Il fatto che sia la prima visita di questo Pontefice, mette in difficoltà la macchina organizzativa. Non esistono precedenti e gli ordini della gendarmeria pontificia non si discutono: significa che si va avanti lentamente, osservando ciò che dal Vaticano viene imposto, soprattutto per quanto riguarda le restrizioni. Una coppia di collaboratori di Radio Bonaria ricorderà per sempre il giorno in cui Papa Francesco ha comunicato al mondo che avrebbe avuto piacere a venire a farci visita: Fabrizio e Stefania sono diventati genitori di Sabrina e Sofia, due belle gemelline che si sono riservate di seguire l’omelia papale dalla tv. Un grande augurio a loro e a tutta l’organizzazione: auspichiamo che dove non arriva l’uomo possa intervenire la mano divina di Maria di Bonaria, “Mamma, Fiza e Isposa de su Segnori”.

PADRE GIOVANNINO TOLU ONO TRASCORSI appena quarant'anni (43 per l'esattezza) e il Santuario di Nostra Signora di Bonaria, conta al suo attivo la visita di ben quattro Pontefici. Ad aprire la serie fu Paolo VI. Venne

S

Nelle foto di Roberto Pili, il culto alla Madonna di Bonaria.

il 24 aprile del 1970 in occasione del sesto centenario dell'approdo del prezioso Simulacro di N. S. di Bonaria.Il 20 ottobre 1985 fu la volta di Giovanni Paolo II che ai piedi della venerata Immagine concluse la Visita pastorale all'intera Isola della Sardegna. Il 7 settembre del 2008 giunse pellegrino al Santuario Benedetto XVI in occasione del 1° Centenario della proclamazione di N.S. di Bonaria quale Patrona Massima dell'Isola. Il 22 settembre 2013 giungerà Papa Francesco che ufficializzerà il legame storico di N.S. di Bonaria con la fondazione di Buenos Aires, capitale dell'Argentina, suo paese d'origine.Mi commuove il fatto di consi-

derare che il titolo della Madonna di Bonaria unisce il Papa argentino

con noi Sardi. Con Lui ci troviamo stretti nel Cuore della Madre di Sardi. Si tratta di un privilegio che pochi santuari mariani possono vantare, cosa che rende noi Sardi santamente orgogliosi. Credo che nello stesso tempo, questo rende noi grandemente responsabili per avere nelle mani una preziosa eredità che deve produrre nella nostra vita frutti di

In città anche il Padre Generale dei Mercedari Così la comunità di Bonaria si è preparata all’evento SILVIO CHERCHI A QUANDO, LO SCORSO 15 maggio, Papa Francesco ha manifestato pubblicamente l’idea di fare visita al Santuario cagliaritano dedicato alla Madonna di Bonaria, i telefoni del convento mercedario sono roventi: da ogni parte del mondo arrivano richieste di preghiere, di ospitalità, di pass per la celebrazione di domenica 22 settembre, da ottenere anche dietro lauto pagamento. I pass naturalmente saranno gratis, e sono distribuiti dalle parrocchie. La comunità ha curato la preparazione dei fedeli nel periodo di attesa: sempre molto gradita la recita del “Rosario sotto le stelle”, idea che da ormai molti anni caratterizza le serate dei martedì di maggio (mese mariano) e ottobre ( mese dedicato alla Madonna del Rosario) che va avanti nel tempo grazie alle richieste dei tanti che vi prendono parte (anche solo ascoltandolo sulle frequenze di Radio Bonaria). Il vulcanico parroco padre Giovannino To-

D

lu ha avuto anche un’idea per proseguire l’opera iniziata dalla visita pastorale pontificia: istituire un “cenacolo di preghiera” intitolato a Francesco, riunire alcune famiglie in case private per recitare il Rosario secondo le intenzioni del Pontefice. “Gli artisti sono persone alle quali è delegato il compito di raccogliere le preghiere del genere umano per porgerle alla Madre perché interceda presso Dio”. “Siamo onorati di essere stati interpellati per “pregare” davanti alla Madonna”: con questo spirito alcuni cantanti e musicisti sardi hanno accettato di prendere parte a due serate musicali tenute in basilica nei giorni scorsi, senza chiedere alcuncompenso. Sono stati proposti pezzi ispirati al sacro e alla meditazione di cui è ricco il repertorio locale, con riferimenti particolari alla Mamma dei sardi. Passeggiando per gli spazi del complesso bonarino si palpa il clima abbastanza particolare, euforico, di gioia e di speranza: chissà che da un Padre come Francesco non giunga-

vatore Mura, allora superiore della Comunità, ha ancora fresco il ricordo emozionante di quella domenica 7 settembre: “Fui io a porgergli il benvenuto e lo salutati con la frase “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Lui si chiama Benedetto. Lo fissai e notai il suo sguardo attento, vispo, interessato e penetrante. Cercai di veicolare in quello sguardo tante altre cose che non ebbi la possibilità di raccontargli. La sensazione fu di un uomo buono, anziano, un nonno attento alle necessità dei suoi nipoti”. A proposito di ospiti è previsto l’arrivo di confratelli mercedari da altre case e fra questi anche il “padre generale”, giovane, poco più che quarantenne, Pablo Bernardo Ordoñe, argentino come Francesco, ed il “provinciale”, Padre Franco Podda.


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il PoRtiCo

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

DOMENICA 22 SettembRe 2013

L’incontro con i lavoratori. nel largo Carlo Felice il primo momento forte della giornata, lungamente atteso e preparato.

“Racconteremo al Papa il dramma di un’isola: da lui ci attendiamo una parola di conforto” Delegazioni in arrivo da tutta la Sardegna. Le associazioni della Carta di Zuri doneranno al Pontefice la bertula: tipica bisaccia dei pastori, un forte simbolo di pace ROBERTO COMPARETTI UNO DEGLI INCONTRI più attesi, il primo, quello di Papa Francesco con i lavoratori. Per una regione che soffre come non mai per la carenza di lavoro il Pontefice ha riservato un’attenzione ai lavoratori e ai tanti che un’occupazione non ce l’hanno. Un momento coordinato dagli uffici di Pastorale di sociale e del Lavoro. “Ci è sembrato – dice don Giulio Madeddu, responsabile dell’Ufficio della Diocesi di Cagliari – che fosse necessario un coinvolgimento della base, attraverso gli uffici diocesani. È stata fatta una serie di riunioni e alcuni sacerdoti hanno risposto. Successivamente abbiamo sollecitato le diverse categorie e le associazioni con le quali è iniziato un dialogo, che ha poi portato alla definizione del programma di

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questo appuntamento così particolare”. Chi da sempre è impegnato nella pastorale sociale è don Pietro Borrotzu, sacerdote a Nuoro. “Al Santo Padre – dice don Pietro - presenteremo le istanze della Carta di Zuri che da tempo portiamo avanti. Era stata la visita di Papa Benedetto XVI nel 2008 a sollecitare una riflessione dopo il suo discorso, nel quale evidenziava come le difficoltà dei giovani e la conseguente emigrazione depauperavano la nostra Isola. Da qui è nata l’esigenza di riflettere e sensibilizzare la politica regionale al tema delle povertà e della mancanza di lavoro”. L’associazione riunisce Cgil, Cisl e Uil, la Coldiretti e la Pastorale regionale del lavoro ed altre sigle, che sono fianco a fianco nel

Sono numeri impietosi, quelli che fotografano la crisi: sono documentati dagli studiosi del settore. Più di un quarto delle famiglie sarde vive in condizioni di povertà. Come certifica la Caritas (v. servizio a pagina 9) sono 147mila, cui se ne aggiungono altre 171mila in condizioni di deprivazione: sono quei nuclei familiari definiti così dai tecnici perchè talmente vicini alla soglia di povertà che una spesa imprevista di modesta entità potrebbe farle diventare povere. In totale si tratta di circa 320mila famiglie, che corrispondono a non meno di 450mila persone. I disoccupati hanno toccato quota 109mila, la cifra più elevata di sempre, ma altre 105mila persone cercano un lavoro o vorrebbero lavorare: in

I numeri della crisi

lottare contro la povertà e per il rispetto dei diritti. “Con questo incontro – dice don Borrotzu – vogliamo raccontare al Papa il dramma della nostra Isola, ed attendiamo da lui una parola di conforto, per una situazione che è sotto gli occhi di tutti: i giovani a spasso e i padri in cassaintegrazione, quando arriva, oppure costretti a racimolare qualcosa con dei piccoli lavori”. Appena appresa la notizia dell’arrivo del Papa la piccola comunità di Zuri, nei pressi di Ghilarza, centro dal quale prende il nome l’associazione della quale fa parte anche don Pietro, si è mobilitata per offrire al Pontefice un simbolo della Sardegna. “Una bertula, la tipica bisaccia dei pastori, con dentro il messaggio

della carta di Zuri- afferma il sacerdote. La bisaccia è uno strumento di lavoro nel quale pastori e contadini portavano a casa il frutto del lavoro, e quindi diventava strumento di vita, dato che conteneva il pane e ciò che necessitava per vivere. Ma è anche una bertula di pace: accogliamo l’invito del Papa a coltivare sentieri di pace e a lavorare per essa, in particolare in questo tempo dove è fortemente minacciata da venti di guerra che soffiano su alcune zone del Medio Oriente. Papa Francesco ci ha invitato alla preghiera e al contrasto alle tensioni già presenti nella vita quotidiana. L’incontro con il Papa poi si inserisce nell’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI: incarnare la fede è il nostro compito nella vita di tutti i giorni. Il primo atto che il Papa compirà sarà proprio quello di incontrare il mondo del lavoro come per “dare il la” alla giornata a Cagliari. L’incontro con le difficoltà di molti a vivere una vita dignitosa è un modo per vivere la fede in problemi e in situazioni nelle quali molti si trovano. Questo Papa fugge dall’idea di una fede soltanto dichiarata ma ci dice che deve essere incarnata”. Essere prete nel Sulcis da sempre significa avere a che fare con i problemi del lavoro. Don Salvatore Benizzi storico parroco a Serra Perdosa ad

sostanza, è come se in Sardegna mancassero 200mila posti di lavoro. I lavoratori in cassa integrazione straordinaria e in deroga oscillano ormai intorno ai 20mila, ma secondo le organizzazioni sindacali nel 2013 potrebbero arrivare a 30mila. “E’ una spirale da spezzare – è il commento di Lilli Pruna, docente e sociologa del lavoro - perché alimenta la povertà delle famiglie destinando quantità crescenti di risorse pubbliche per sussidi insufficienti, sottraendo queste risorse ad investimenti che producano occupazione”. In Sardegna i pensionati (di vecchiaia e anzianità) sono 250mila, un terzo non raggiunge i mille euro mensili di pensione. Per molte famiglie la pensione di un componente rappresenta il reddito principale, in altre

Iglesias, un passato da cappellano al carcere di Iglesias e responsabile della pastorale del lavoro ha una conoscenza profonda delle difficoltà della gente nel Sud - Ovest della Sardegna. “La scelta del Papa di voler incontrare per primi coloro che hanno problemi di lavoro – dice don Salvatore - mostra quanta sensibilità ha quest’uomo per i più deboli. Oggi la mancanza di lavoro, e la povertà che ne consegue, sono una piaga sociale, e per il nostro territorio è un dramma di enormi proporzioni. La delegazione in arrivo dal Sulcis è fatta di tanta gente che non lavora, ci sono anche i lavoratori, ma anche tante persone, specie giovani, che non avendo un’occupazione hanno perso la speranza per questo da lui ci aspettiamo parole di speranza. Viviamo ancora l’Anno della Fede, un valore non intellettuale ma ben concreto, che va incarnato ogni giorno nel nostro vivere, nel nostro impegno di vita personale e nei rapporti con gli altri. Papa Francesco continua a sottolineare come la fede senza le opere è morta. Ecco l’importanza dei gesti concreti, quelli dei segni dei tempi di cui parlava anche il Concilio Vaticano II. I gesti finora espressi dal Papa indicano di non accontentarci di pie illusioni ma di incarnare la fede nella concretezza della vita”.

rappresenta l’unico reddito. E’ dei mesi scorsi un’altra notizia drammatica. In Sardegna oggi c’è la quota più elevata di giovani che abbandonano prematuramente la scuola: il 25% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola senza avere conseguito un diploma o senza avere una qualifica professionale. Si tratta di circa 30mila giovani, quasi nessuno di loro potrà recuperare l’istruzione perduta. Siamo anche tra le ultime regioni italiane per livello di competenza dei 15enni (sia nella lettura sia in matematica) e questo significa che anche una larga parte dei ragazzi e ragazze che studiano non è in condizioni di apprendere e di sviluppare le competenze di base come in altre regioni. Francesco Furcas


DOMENICA 22 SettembRe 2013

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

IL PORTICO

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La tappa in Seminario. Il Pontefice pranzerà nei locali del “Regionale”, come fece cinque anni fa Benedetto XVI

“L’abbraccio filiale dei futuri sacerdoti a Papa Francesco che viene nella sua casa” Della visita di Ratzinger si ricordano i gesti di un uomo mistico raccolto in preghiera. Il ricordo commosso dell’incontro con Wojtyla, che benedì la prima pietra MONS. GIAN FRANCO SABA A VISITA DI PAPA Francesco al seminario regionale sardo, nel contesto degli incontri che lo vedono pellegrino al colle della Madonna di Bonaria, è un’occasione significativa per ripercorrere alcune tappe delle recenti relazioni del Successore di Pietro con il seminario destinato alla formazione dei futuri presbiteri dell’Isola. Il 2 ottobre del 1927 il rettore del nuovo Seminario di Cuglieri, il Padre Gesuita Giuseppe Peano, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Centro alla presenza del card. Gaetano Bisleti, esprimeva le ragioni del sostegno offerto da Papa Pio XI per l’edificazione di un polo formativo a valenza regionale. Ragioni che, nelle mutate condizioni sociali e culturali, conservano attualità e – per certi aspetti – ancora un rinnovato bisogno di attualizzazione di fronte alle esigenze, antiche e sempre nuove, del contesto antropologico e spirituale delle chiese sarde. “Riunire in una sola grande famiglia (…), fornire a tutti, i mezzi di una profonda cultura, … affratellati insieme nella disciplina del pensiero, come nella comunione di vita,

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perché imparino a conoscersi e ad amarsi, ecco s’io non erro il grandioso disegno morale, che l’Augusto Pontefice, ebbe di mira nell’erigere questo grande Seminario: attraverso all’uniformità della convivenza materiale pervenire all’unione delle menti e alla fraterna comunione dei cuori”. Secondo lo stile dell’epoca, possiamo considerare questo il primo grande incontro tra il Papa ed il seminario regionale sardo. In una fase storica ormai ricca di mutamenti e segnata dalla grazia spirituale del Concilio Vaticano II, Paolo VI – pellegrino a Cagliari il 24 aprile 1970 – è il Papa che ha dedicato un intervento specifico e prolungato ai seminaristi sardi. Un messaggio che, in perfetta sintonia con le esortazioni di Papa Francesco, ci mostra la continuità del paterno magistero della Chiesa: “La purificazione, la restaurazione, l'aggiornamento, la perfezione dovrebbe incominciare da noi.

Io sono il primo che devo dire: ‘mea culpa’, e devo incominciare umilmente questa pedagogia che i tempi nuovi impongono. Mi devo rimodellare per essere capace di capire, di parlare, di esercitare il mio ministero. Questa pedagogia, che continua, questa formazione, che non si ferma all'ultima classe del Seminario, ma che diventa esperimento per tutta l'esistenza. Bisogna cominciare da se stessi, contestando se stessi prima di contestare gli altri. Così hanno fatto - evviva la storia - i veri riformatori della Chiesa, i santi, i veri santi, che hanno cominciato ad essere severi e riformatori, e , direi malcontenti di se stessi, ed hanno domandato a se stessi trasformazione, sacrifici, cose così paradossali per essere pari al loro dovere. Da se stessi hanno cominciato, e allora sono diventati abili e idonei a riformare gli altri”. Due gli appuntamenti con il beato Giovanni Paolo II: la prima visita in terra sarda e la benedizione

in Vaticano della prima pietra della nuova cappella del Seminario regionale a Cagliari. L’invito ad esser una Chiesa in statu missionis rivolto a Bonaria, costituisce un appello valido anche per la formazione dei futuri sacerdoti. Intenso e coinvolgente l’appuntamento nell’aula Paolo VI il 12 dicembre 2001 per la benedizione della prima pietra (nella foto in basso). Ormai anziano e sofferente sulla croce della malattia, invita a porre

“In comunione con il popolo di Dio” Così è stata impostata la preparazione spirituale al gesto FRANCO CAMBA AL MESE DI LUGLIO SCORSO, per la preparazione spirituale all’incontro con Papa Francesco, che giunge pellegrino al santuario della Madonna di Bonaria di Cagliari, si è potuto disporre di un sussidio. A realizzarlo sono stati i seminaristi del Seminario Regionale Sardo sotto la guida del rettore monsignor Gian Franco Saba, su incarico di monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. Il sussidio, costituito da preghiere e schemi per celebrazioni comunitarie, tutti corredati da icone bibliche e dalle parole dello stesso Pontefice, è stato proposto, attraverso il sito internet www.ilpapainsardegna.it, per la meditazione in famiglia, nelle parrocchie, nelle comunità religiose, come anche nel-

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le cappellanie delle strutture di degenza e cura. Per un approfondimento sul percorso di preparazione spirituale, abbiamo rivolto alcune domande a monsignor Gian Franco Saba che, in rappresentanza del Seminario Regionale, ha partecipato ai lavori della Commissione organizzativa della Visita del Papa, occupandosi specificamente della preparazione spirituale. Come è nato il sussidio per la preparazione spirituale alla visita del Papa? L’intero sussidio è stato realizzato avendo impresso nella memoria quanto è avvenuto la sera del 13 marzo scorso, quando Papa Francesco, prima di impartire la sua benedizione ai fedeli accorsi in piazza San Pietro all’annuncio della sua elezione,

Mons. Gian Franco Saba in piazza San Pietro.

ha chiesto al popolo di pregare per il proprioVescovo, con la preghiera del popolo che chiede a Dio la benedizione del proprio Vescovo. Proprio partendo da questa immagine, che esprime l’idea di Chiesa-comunione e di Chiesa-popolo, è nato il sussidio per la preparazione a quello che, indubbiamente, è un evento di grazia e di speranza per tutti. Quale percorso è stato proposto? Papa Francesco giunge da pellegrino al Santuario di Nostra Signora di Bonaria: al centro del suo pellegrinaggio c’è la Celebrazione Eucaristica.

Alle comunità sarde è stato proposto di prepararsi all’incontro con il successore di Pietro con un percorso che parte dalla recita individuale, in famiglia o in parrocchia, di una preghiera, del Rosario, della Via Lucis. Sono stati poi proposti degli schemi per le celebrazioni comunitarie: per l’Adorazione Eucaristica, la Liturgia Penitenziale, la Novena e la Veglia. Infine, sono state suggerite alcune riflessioni in modo che anche il viaggio verso Cagliari per incontrare il Papa potesse essere vissuto con un significato spirituale, proprio come

in Cristo il centro unificatore della formazione. La foto ricordo mostra la visibile ed intensa gioia del rettore, mons. Efisio Spettu, recentemente tornato alla casa del Padre, che con fede e determinazione ha vissuto il complesso iter di costruzione del nuovo edificio. Nel 2008 la visita dell’amato Papa Benedetto XVI, il quale consumò il pranzo, con i vescovi sardi ed una cerchia ristretta di prelati, nel refettorio del Seminario. Non si conserva un messaggio specifico, ma il linguaggio dei segni: un uomo misticamente raccolto in intensa preghiera davanti al SS. Sacramento e la benedizione ai presenti . Ora siamo vicini all’arrivo di Papa Francesco, una visita che il seminario regionale in questi mesi ha vissuto nella preghiera e nell’attiva preparazione all’incontro ormai prossimo. Il Papa viene nella sua Casa: questa mi sembra la più bella spiegazione della visita del Santo Padre, segno della dimensione familiare che è costitutiva del seminario regionale e del filiale affetto e adesione al successore di Pietro, Pastore e Padre, da parte dei futuri sacerdoti sardi.

un pellegrinaggio. Cosa caratterizza i contenuti del sussidio? Alcuni testi, come ad esempio quelli del Rosario, sono stati proposti con due formulazioni, una per i giovani, l’altra per gli adulti. I testi partono dalla Scrittura e vengono accompagnati dalle parole di Papa Francesco. Potremmo dire che si è proposto di pregare per il Papa utilizzando le parole dello stesso Papa. Nell’insieme il sussidio mira a far sì che i singoli fedeli e le comunità possano vivere l’incontro con il successore di Pietro, accogliendo l’invito dello stesso Papa Francesco a risvegliare la vita di fede per poi ritornare nelle proprie comunità alla sequela di Cristo. Infatti, l’esperienza dell’incontro con il successore di Pietro, la franchezza del suo invito a tenere sempre accesa la fiamma della fede e a lasciarsi guidare, nelle tempeste della vita, dallo sguardo tenero e materno di Maria, costituiscono il senso dello storico appuntamento: un’immersione di fede e speranza per poi ritornare rinnovati e incoraggiati ad affrontare, nella carità di Cristo, la vita di tutti i giorni.


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IL PORTICO DI PA

il PoRtiCo

XXV DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)

dal Vangelo secondo Luca

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n quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L'amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d'olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Lc 16,1-13

DON ANDREA BUSIA

il portico della fede

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ormalmente quando Gesù parla in parabole lo fa per rendere più facile e immediato l’insegnamento che vuole presentare, spesso lasciando all’interlocutore il compito di interpretare la sua parabola e trarne l’insegnamento in essa contenuto. In alcuni casi Gesù si discosta da questo modo di procedere: alcune volte spiega lui stesso la parabola su richiesta dei suoi interlocutori (come nel caso della parabola del seminatore) o, come in questo caso, senza alcuna richiesta esplicita in tal senso. In effetti la nostra parabola richiede una spiegazione perché, paradossalmente, il personaggio che viene preso come esempio non è di certo portatore di valori ineccepibili: nonostante non possiamo sapere se l’accusa iniziale fosse fondata, sicuramente il comportamento assunto in seguito è improntato a una gestione fraudolenta di quanto era stato chiamato ad amministrare. Così come nel brano di vangelo letto due

Non potete servire

settimane fa (di cui invito a rileggere anche il commento) in fin dei conti le parabole sembrano, paradossalmente, portare l’interlocutore in direzione contraria a ciò che Gesù vuole dire: nella parabola abbiamo un amministratore che amministra in maniera disonesta, nell’interpretazione troviamo una domanda retorica che indica che il protagonista della parabola non andrebbe preso come esempio. Prima di cercare di chiarire questa problematicità vediamo prima la parabola in sé. Un amministratore viene, giustamente o meno, accusato di mala amministrazione, non prova neppure a dimostrarsi innocente, quello che sa per certo è che, innocente o colpevole, sta per essere licenziato perché ha perso la fiducia del suo padrone, di fatto sa che il suo tempo come amministratore sta “morendo”. Le alternative, esemplificate nello zappare e nel mendicare, non sono per lui delle vere e proprie opzioni, non gli rimane altro a disposizione che quel poco tempo prima che il padrone gli tolga il suo posto. L’u-

nica soluzione che trova è quella di usare questo poco tempo per farsi nuovi amici modificando le cambiali dei debitori e truffando così il suo padrone. La conclusione della parabola a questo punto dovrebbe, in teoria, essere che il padrone, scoperto l’inganno, consegni l’amministratore alle guardie per farlo chiudere in prigione e farsi restituire il maltolto, paradossalmente invece la parabola si chiude a questo punto con una frase sconcertante: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza”. Inizia qui l’interpretazione di Gesù, di cui la prima frase è la più importante, la lode riguarda la scaltrezza, la capacità di trovare una soluzione ai problemi assieme alla rapidità e l’efficacia con cui la si mette in pratica. Il cristiano è un uomo che, avendo delle responsabilità, ha anche il dovere di ingegnarsi e impegnarsi per vivere in maniera fruttuosa il tempo che gli è concesso su questa terra. La spiegazione di per sé è tutta in questa frase, quello che segue ha una funzione di am-

pliamento e serve a mostrare come questa scaltrezza debba essere sempre utilizzata con uno sguardo attento al futuro, senza mai pensare che ciò che abbiamo qui sia eterno. Però la difficoltà è nel fatto che l’amministratore è presentato e definito esplicitamente come “disonesto”. Per questa ragione si aggancia una seconda spiegazione che, da una parte ha il compito di controbilanciare la parabola, e dall’altra risulta un insegnamento sull’importanza della responsabilità: nel piccolo si vedono le cose a cui realmente teniamo. Nella vita del cristiano non esistono “parentesi” in cui tutto è sospeso, compresa la nostra identità cristiana e la nostra responsabilità, perché quando ci prendiamo tali pause stiamo macchiando l’abito della festa che deve essere perfettamente bianco. Per usare le parole di papa Francesco in un famoso monito, poi ripreso con i giovani in brasile due mesi fa: “Non possiamo essere cristiani part-time. Se Cristo è al centro della nostra vita, Lui è presente in tutto ciò che facciamo”.

DIO ENTRA NELLA STORIA Papa Francesco nella Lumen fidei dopo aver approfondito la centralità della persona di Cristo nella fede cristiana fa emergere un altro aspetto importante: Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo ma anche «Colui al quale ci uniamo per poter credere» (LF, 18). Quando consideriamo la fede non soltanto guardiamo a Gesù ma facciamo nostro il suo sguardo, la fede infatti, spiega Papa Francesco, «è una partecipazione al suo modo di vedere» (LF, 18). Nella vita comune continuamente ci affidiamo a persone che conoscono le cose meglio di noi, per esempio l’architetto che progetta una casa, il farmacista che consiglia una medicina e così via, quando parliamo di fede abbiamo la necessità di qualcuno che apra una prospettiva che possa illuminare la via di Dio. In questo caso non si tratta semplicemente di un “esperto” ma di Dio stesso che con la sua incarnazione ci viene incontro e

si rivela a noi. La vita di Cristo «il suo modo di conoscere il Padre, di vivere totalmente nella relazione con Lui, apre uno spazio nuovo all’esperienza umana e noi vi possiamo entrare» (LF, 18). San Giovanni esprime le diverse sfaccettature del rapporto con Cristo utilizzando in vario modo in verbo “credere”: «insieme al "credere che" è vero ciò che Gesù ci dice (cfr Gv 14,10; 20,31), Giovanni usa anche le locuzioni "credere a" Gesù e "credere in" Gesù. "Crediamo a" Gesù, quando accettiamo la sua Parola, la sua testimonianza, perché egli è veritiero (cfr Gv 6,30). "Crediamo in" Gesù, quando lo accogliamo personalmente nella nostra vita e ci affidiamo a Lui, aderendo a Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada (cfr Gv 2,11; 6,47; 12,44)» (LF, 18). Con l’incarnazione Dio entra nella storia e si fa vicino ad ogni uomo donandogli la possibilità di un incontro che

non è fuori ma dentro la realtà: «la fede cristiana è fede nell’Incarnazione del Verbo e nella sua Risurrezione nella carne; è fede in un Dio che si è fatto così vicino da entrare nella nostra storia. La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret non ci separa dalla realtà, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta incessantemente verso di Sé; e questo porta il cristiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più intenso il cammino sulla terra» (LF, 18).

di don Roberto Piredda


APA FRANCESCO

Dio e il denaro...

domeniCa 22 SettembRe 2013

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I numeri rilevati dalla Caritas regionale.

Nell’Isola 147mila famiglie in povertà GIOVANNI LORENZO PORRÀ

estremamente significativo che la Caritas regionale abbia scelto l’indomani della conclusione della Settimana sociale dei Cattolici Italiani, dedicata quest’anno alla famiglia, per presentare i suoi dati sulla povertà dei sardi. Concludendo l’Angelus di domenica scorsa, Papa Francesco ha infatti aggiunto: “Oggi, a Torino, si conclude la Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, sul tema “Famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. Saluto tutti i partecipanti e mi rallegro per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese. Coraggio! Avanti su questa strada della famiglia!” Sono 147mila le famiglie povere, più di 6000 richieste di aiuto ai “centri d'ascolto” nell'ultimo 2012, un numero destinato a crescere ancora per quest'anno, e che è triplicato dal 2007, quando le prime avvisaglie della crisi si facevano sentire. Impressionano i dati diffusi dalla Caritas, all'interno di un breve ma esauriente rapporto la scorsa settimana. Lo spunto è la visita di papa Francesco “contiamo su di lui perché la sua vocazione pastorale parte dal basso” – ha dichiarato Don Marco Lai, direttore della Caritas Diocesana, e mons. Giovanni Paolo Zedda, delegato per il servizio della carità della CES ha aggiunto: “La Chiesa si accorge della crisi, per questo serve uno studio approfondito”. Il 42% di coloro che chiedono aiuto è sposato, mentre tra i separati e vedovi le donne risultano in netta prevalenza. Sono donne che senza il marito per-

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RISCRITTURE

DA UN INCONTRO LA FEDE La fede, per me, è nata dall’incontro con so i Sacramenti, alla fraternità con tutti e al Gesù. Un incontro personale, che ha toc- servizio dei poveri, immagine vera del Sicato il mio cuore e ha dato gnore. un indirizzo e un senso nuoSenza la Chiesa — mi creda vo alla mia esistenza. — non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consaMa al tempo stesso un inpevolezza che quell’immencontro che è stato reso posso dono che è la fede è cusibile dalla comunità di fede stodito nei fragili vasi d’argilin cui ho vissuto e grazie a la della nostra umanità. cui ho trovato l’accesso all’intelligenza della Sacra Papa Francesco, lettera a Scrittura, alla vita nuova che come acqua Repubblica, zampillante scaturisce da Gesù attraver11 settembre 2013

dono l'unica fonte di sostentamento, o madri e mogli che trovano il coraggio di chiedere aiuto. Per loro è sempre più difficile trovare lavoro, e in parecchi casi si fanno carico anche dei familiari. La famiglia si conferma il vero ammortizzatore sociale. Solo il 5% dei bisognosi è senza fissa dimora e i sardi prevalgono sugli stranieri; in aumento i quarantenni disoccupati, e anche i lavoratori sottopagati o comunque in povertà. L'istruzione può ancora fare la differenza: ben 4 bisognosi su 5 hanno un livello d'istruzione basso, mentre solo il 2% è laureato. In tanti hanno perso il lavoro, o hanno difficoltà economiche: ma spesso queste sono dovute a una cattiva gestione del reddito o ai debiti (4,4%), a separazioni o divorzi (14%), o a dipendenze patologiche tra cui quella dal gioco d'azzardo(0,3%); quest'ultimo è un dato sottostimato, perché in molti non hanno il coraggio di ammetterlo. La Caritas offre viveri (63%), che è anche la richiesta maggiore, seguono aiuti economici (17,3%), ma anche corsi di formazione, offerta di lavoro, orientamento, consulenza professionale e persino alloggio e assistenza sociale. “Non vogliamo fare il verso all'Istat – ha dichiarato Raffaele Calia responsabile del Centro studi e Ricerche Caritas – ma offrire dati precisi per fronteggiare il disagio in modo mirato”. In conclusione anche delle proposte “non basta l'assistenza economica, bisogna responsabilizzare le persone, offrire servizi, formazione e lavoro – ha affermato Calia – le risorse non devono partire da Roma, ma dai Comuni”. “Auspico che questo incontro offra spunti di riflessione a tutti”- ha concluso l'arcivescovo Arrigo Miglio.


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domeniCa 22 SettembRe 2013

LE VOSTRE LETTERE INVIATE A PAPA FRANCESCO Mio caro e amato Papa Francesco, certamente questa mia lettera ti giungerà inattesa, forse ti sorprenderà un pochino, ma sono certo che con la tua grande sensibilità e premura per le necessità dei fratelli, soprattutto dei più deboli e dei più bisognosi di tutto, la leggerai con attenzione e ti sarà di consolazione e di sostegno nel gravoso servizio che sei stato chiamato ad esercitare come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Fin dal primo momento della tua elezione, quando ti sei affacciato alla loggia delle benedizioni per presentarti a Roma e al Mondo, ascoltando alla televisione la tua voce, che esprimeva il tuo modo semplice e diretto di comunicare con la gente, mi hai aperto il cuore e mi hai fatto esclamare: che bel dono ci ha fatto il buon Dio! Ci ha dato il Papa giusto per guidare la Sua Chiesa in questi tempi così turbolenti e difficili. Poi, seguendoti ogni giorno attraverso le notizie della televisione, mi ha conquistato il tuo modo di parlare e di rapportarti con le persone: sei sceso in mezzo a noi, sei come uno di noi, sei un Papa che fa sentire il suo affetto, la sua prossimità a chi lo avvicina. E tu con gioia e senza alcun timore ti avvicini a tutti con gesti e modalità finora sconosciute. Mi sono detto più volte: come sarebbe bello per me poterlo avvicinare, conoscere e abbracciare, per dirgli “grazie Papa Francesco, ti voglio bene anch’io”. Ma come fare per realizzare questo mio sogno? Forse sarà difficile. Ti do qualche notizia sul mio conto: mi chiamo Antonio, sono nato in Sardegna, a Carloforte – nella bella isola di San Pietro – il 31 ottobre del 1923, perciò, fra quattro mesi, compirò 90 anni. «Un bel traguardo!», mi dirai sicuramente. E avresti ragione. Il problema è sapere come ho raggiunto questo traguardo, quali strade tortuose e impervie la vita mi ha costretto a percorrere. Da 63 anni combatto una battaglia che mi ha sfiancato, troppo dura per essere portata da fragili forze umane: all’età di 26 anni, nell’Anno Santo 1950, sono stato colpito dal morbo di Hansen (scusami, ma non ho il coraggio di riportarlo col nome con cui sempre è stata ed è tuttora chiamata questa orrenda malattia, che assale e deturpa non solo il fisico, ma cerca di mangiarti anche lo spirito). Per circa un decennio dall’insorgere del male ho trascorso i miei giorni alternando periodi di degenza nel reparto dell’Ospedale SS. Trinità di Cagliari – riservato esclusivamente agli hanseniani – a periodi vissuti in famiglia coi miei cari genitori e con mio fratello. Poi, dal 1960, sono stato ricoverato/internato in modo definitivo in questo reparto, da dove non sono mai più uscito, e dove tutt’ora mi trovo, insieme ad un’altra amica ammalata, che ha contratto la malattia nei primi anni ’50. Siamo gli ultimi due!

La mia esistenza – come per tutti coloro che vengono colpiti da questo morbo – è stata infernale: espulso dalla società, segregato in un luogo opprimente, condannato senza colpe. Questa esclusione sociale che dura da più di sei decenni è pesante da sopportare. È una vita per la quale è difficile trovare il senso! Mio amato Papa Francesco, posso e devo tuttavia confidarti che in questo luogo, dove in molti abbiamo sperimentato il dolore estremo, abbiamo avuto la fortuna di fare esperienza anche di tante espressioni d’amore, che ci hanno sostenuto nei momenti più dolorosi. Anche nell’inferno della vita si può assaporare l’amore. Quello che viene manifestato con gesti semplici, come un sorriso, una carezza, una telefonata, la vicinanza senza paura; gesti che fanno sbocciare un’amicizia vera, che radica profondamente rendendo solido il rapporto. Potrei raccontarti tanti episodi a sostegno di quanto affermo. Mi limito a riferirti di uno, che dura da cin-

quant’anni, che ha reso possibile la nascita di tante relazioni che perdurano tuttora: il suo nome è don Efisio Spettu. È stato per noi il nostro Angelo Custode, l’unico sacerdote che non ci ha mai abbandonato, che è rimasto sempre fedele all’impegno di seguirci e di non lasciarci mai soli. Così è stato. Don Efisio, per cinquant’anni, ogni mercoledì e per le più importanti festività è venuto a celebrare la messa solo per noi – quando altri preti non mettevano piede nel reparto per paura del contagio. Non è mai mancato all’appuntamento, per noi motivo di grande conforto. È venuto fino a qualche settimana fa, nonostante la grande debolezza causata dalla chemioterapia cui è sottoposto per un cancro che lo ha colpito. E così lui, che svolge il suo ministero come cappellano dell’Ospedale Oncologico di Cagliari, vi si trova ora ricoverato, come tanti altri ammalati. Il prossimo 29 giugno ricorre il 50° della sua ordinazione sacerdotale e spera tanto di avere le forze sufficienti per celebrare la Messa. Noi preghiamo in ogni momento per lui il Signore perché gli dia questa gioia e gli ridoni la salute, anche per continuare a sostenere la nostra vita. È sempre stato un fedele testimone dell’amore e della tenerezza misericordiosa del Padre. Sapessi quanto ti vuole bene! Per concludere, mi sono detto: caro Papa Francesco, poiché hai deciso di venire a Cagliari il prossimo 22 settembre per pregare la Madonna di Bonaria, forse il mio sogno di incontrarti e di abbracciarti, in compagnia di don Efisio, si può realizzare. Pen-

sa come sarebbe bello! Tu forse un hanseniano qualche volta avrai avuto modo di abbracciarlo, io un Papa non l’ho mai potuto avvicinare. Ora è diverso, il Papa sei tu Francesco, e il desiderio di incontrarti è veramente grande e sincero. So che mi aiuterai a farlo diventare realtà. Sono certo che vorrà aiutarmi anche il nostro stimato Arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, al quale doverosamente trasmetto questa mia lettera. Desidero precisare che ho già avuto l’autorizzazione del primario del reparto a partecipare alla manifestazione in luogo pubblico. Grazie per la tua pazienza e scusami per il disturbo. Ricordaci nelle tue preghiere, noi ci ricorderemo di te nelle nostre. Dio ti benedica, ti accompagni nel tuo ministero e ti aiuti ad essere sempre un Papa Buono, al servizio soprattutto dei più bisognosi. Antonio Cagliari, 23 giugno 2013

Ciao caro Papa Francesco, mi chiamo Nicola e vivo a Dolianova in provincia di Cagliari. Vorrei tanto, quando viene a Cagliari poter parlare con lei e avere un abbraccio. E chiederti un consiglio per la mia vocazione! Aspetto con ansia una sua risposta! Nicola Buon giorno caro Papa Francesco – Padre – Guida, il mio nome di battesimo è Maria Bonaria e ho 65 anni, sono sposata con Virio 66 anni e abbiamo ricevuto in dono 2 figli : Dhevid 40 anni e Daniel 36 anni. Sono una grande peccatrice ma ho sperimentato e sperimento la MISERICORDIA di DIO il Suo continuo PERDONO, il Suo QUOTIDIANO INFINITO AMORE che non contiene ne SE ne MA. Vivo a Cagliari, dove – LODE A DIO – attendiamo con infinita gioia – il DONO della Sua venuta, e già da ora ci prepariamo – in preghiera – per ascoltare ed accogliere le PAROLE di VITA che nostro PADRE vorrà mettere nel Suo cuore per noi. DIO SCRIVE DRITTO (Card. Comastri), è vero, ha scritto nel grave incidente subìto da Dhevid nel 1995, da me vissuto nella disperazione, poi con UN CAMMINO DI FEDE iniziato nel 1999, ha ammorbidito il mio cuore – svelandomi che CONDIVIDERE CON LUI la sofferenza è essere AMATI SENZA MISURA – questo immenso dono non può morire con me e allora, da OTTO anni mi GUIDA a portare QUESTA VERITA’ con un Pellegrinaggio – una notte in Preghiera girando tutti gli Ospedali e il Carcere di Cagliari – luoghi di sofferenza ma, che se vissuta nella PREGHIERA FIDUCIOSA CHE: NULLA ACCADE SE NON VUOLE, E CHE, LUI FA BENE TUTTE LE COSE, ESSENDO DIO DEI VIVI E NON DEI MORTI, diventa BENEDIZIONE. Santo Padre, caro Papa Francesco,

Le chiedo – se può e vuole – farmi avere Sue parole (particolarmente da leggere ai carcerati), visto che quest’anno CAMMINEREMO la notte tra il 14 e 15 settembre, abbiamo anticipato di una settimana – con approvazione e Benedizione del nostro Arcivescovo Mons. A. Miglio, dato che il 22 settembre, LEI SARA’ CON NOI E LA VERGINE MARIA. Perdoni l’ardire ma Le chiedo anche, BENEDICA QUESTO PELLEGRINAGGIO, Benedica la mia famiglia, Benedica me (serva inutile) perché quella notte – più che mai – sia strumento docile nelle mani di DIO, nostro UNICO PADRE. Lei Santo Padre Francesco è nelle mie Lodi Mattutine e nella recita del Santo Rosario. Grazie di tutto, La saluto in attesa del 22 settembre, con infinito BENE e RISPETTO. Maria Bonaria Santità, Papa Francesco, Mi chiamo Loredana, ho 48 anni, sono mamma di due figli adulti e le scrivo a nome di tante colleghe e madri. La nostra è una famiglia cristiana e questa mia lettera vuole esprimere il disagio, il disappunto, il lamento del cuore, il grido dello spirito mio e di tante colleghe e colleghi. Sono commessa in una azienda e sono costretta a lavorare tre domeniche al mese. Ogni giorno della settimana è dono del Signore, ma avere libero il lunedì o il mercoledì o qualsiasi giorno della settimana, non è come avere a disposizione la Domenica, giorno del Signore, tempo da dedicare alla preghiera, alla famiglia, alla condivisione fraterna con parenti e amici. Cosa chiediamo, Santità, per questo nostro disagio? Prima di tutto la Sua intercessione presso il SIgnore che tutto può e che non mancherà di ascoltare il nostro grido e poi nel limite del possibile presso chi, a livello politico, può risolvere questo problema. Anche ora in occasione della Sua visita in Sardegna, nella nostra terra, i commercianti non mancheranno di “spalancare le porte” per un maggiore profitto. Il suo predecessore, il beato Giovanni Paolo II, in contrapposizione gridò al mondo: “Spalancate le porte a Cristo”. Noi tutto questo desideriamo. Noi, nel giorno della Sua visita, vorremmo starle vicino, vorremmo avere il Suo abbraccio che è l’abbraccio di Cristo, incrociare il Suo sguardo per avere consolazione, ma quel giorno forse dovremo accontentarci della televisione e neanche in diretta perchè costretti dietro ad un bancone per soddisfare le brame dei nostri imprenditori. Santità, Francesco nostro, noi Ti vogliamo bene, Ti abbiamo amato subito perchè esprimi l’amore di Cristo e preghiamo tanto per Te e il Tuo Ministero, aiutaci. Perdona se siamo passati al “Tu”, ma Ti consideriamo uno di noi, capace di condurci a Cristo. L’abbraccio di tante e tante mamme Ciao Loredana

Alla B.V. di Bonaria in occasione della visita di Papa Francesco 22 settembre 2013 Da tanto nel suo altare dorato la Santa Patrona in piedi attende, il Figliuol abbraccia e lume ostende a pellegrin devoto che avvicina. O Tu che sali ‘ gradi del pio colle, venuto pur da lontano mondo, vedi ghirlanda di mare profondo, il ciel limpido e di chiaro adorno; a Te affido ‘l prego e la speme d’un popolo in affanno e pena; a Te affido questa cantilena che, non dico grida, ma ben sospira le attese lunghe e smisurate di promesse fatte e mai risolte. E sian le molte istanze accolte da Te, Patrona, che benign’ascolti il prego di Francesco pellegrino che ai Tuoi piedi santi scioglie voto: prego accorato e sì devoto per chi serve e per chi è servito a sì che ognuno in suo mestiere divenga utile e riverente. Mai il potere sia indifferente a istruzione, salute, pensiero, all’ambiente, all’arte, all’altruismo. Torni nei petti di smarrita gente la fiducia che invoca sovente nelle doti che Natura li diede. E le ferite da fallaci scelte siano monde e pure ricucite, le nostre ricchezze non più fruite da ingordi e strani avventurier. Santa Patrona, dal dorato altar ascolta a Francesco pellegrino. A Te viene per fatale destino l’ultimo, il semplice a celebrar. Paolo Demuru ATTO DI AFFIDAMENTO ALLA MADONNA DI BONARIA A te Madre ammirabile, affidiamo quest'isola che devotamente ti onora come Patrona massima della Sardegna. Accogli nel tuo manto, tutti i suoi abitanti affinchè in te possano trovare rifugio sopratutto coloro che soffrono e gemono sotto il peso della prova. Avvolgili nella luce e accompagnali nel loro cammino di fede e intercedi presso tuo Figlio perchè si rinsaldi quel vincolo di amore che a te li unisce. Benedici e concedi la tua protezione alla Sardegna e al mondo intero perchè illuminati dalla Parola del Vangelo e mediante il tuo esempio possiamo rinnovati e sostenuti dal tuo amore offrire la nostra testimonianza di vita. Maria Bonaria Scano


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L’incontro con il mondo delle povertà e i detenuti. Il direttore della Caritas ci introduce all’incontro in Cattedrale

“Ripartiamo dagli ultimi, cuore vivo della Chiesa, per affrontare le nuove sfide alla luce del Vangelo” Tra le navate del Duomo il Papa incontrerà i poveri, i genitori separati, i senza fissa dimora, le vittime dell’usura e le vittime di dipendenze. Ma anche i rom e i richiedenti asilo DON MARCO LAI IPARTIRE DA UNA pastorale di promozione umana, da una ‘teologia della speranza’ e dalla sobrietà degli stili di vita. L’incontro di Papa Francesco con i poveri della Caritas e i detenuti, il prossimo 22 settembre, nel quadro della visita del Santo Padre nell’Isola, sarà un’occasione per ripartire dagli ‘ultimi’, cuore pulsante della Chiesa, per ripensare l’identità di quest’ultima, partendo proprio da chi vive ai margini della società. Innanzitutto, un luogo ‘simbolico’, la Cattedrale, Chiesa-madre di tutte le Chiese della Diocesi, fulcro dell’intera Chiesa sarda: è qui che Papa Francesco incontrerà a cuo-

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L’incontro tra mons. Miglio e un gruppo di rom. In basso, don Marco Lai.

re aperto il mondo degli ‘ultimi’. Circa 200 in tutto, tra poveri (della Caritas e di altre realtà ecclesiali e non impegnate nel supporto alle fragilità estreme) e detenuti provenienti dalle carceri di Cagliari e Sassari, accompagnati dagli operatori, che quotidianamente li affiancano nel loro percorso di risalita e reinserimento sociale. Un luogo centrale, capace di evocare la priorità di un Vangelo che va annunciato agli ‘ultimi’ della fila, ai pec-

catori, in linea con quanto espresso, fin dall’inizio del suo Pontificato, dal Santo Padre ‘Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!’: una Chiesa capace di rappresentare quell’umanità che viene tenuta ai margini della società civile, che non riesce ad accedere ai palazzi del potere, alle finanze, al prestito bancario, e, spesso, neanche ai diritti inalienabili, come il lavoro, la salute, la casa. Un universo diversificato e frammentato, ma accomunato dalla stessa logica di esclusione: a iniziare dalle famiglie povere che frequentano i nostri centri d’ascolto, la mensa, l’ambulatorio, e gli

altri servizi della Caritas diocesana, dalle famiglie accompagnate dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta; dai padri separati e dalle mogli separate che con i loro bambini trovano accoglienza presso i centri gestiti dalle religiose, come le Suore Vincenziane; senza dimenticare le povertà estreme, come i ‘senza fissa-dimora’, e coloro che sono vittime del sovra-indebitamento, dell’usura, di varie forme di dipendenze, come le persone seguite dalla Comunità l’Aquilone; e ancora alcuni immigrati e richiedenti asilo che fanno capo al Centro d’ascolto per stranieri Kepos e le famiglie rom, che oggi più che mai sperimentano l’esclusione e i pregiudizi mediatici e che, pur vivendo da 30-40 anni nella nostra città, faticano ad essere considerate cittadini a tutti gli effetti. Il Santo Padre invita la Chiesa a ripensare la propria azione pastorale, a comunicare con tutti, a promuovere una logica inclusiva, attraverso la testimonianza della carità e l’annuncio del Vangelo non solo all’interno delle chiese ma nelle strade; una pastorale integrata, che tenga conto della persona nella sua globalità, in modo da far crescere fraternità e giustizia sociale. Ancora, siamo chiamati a promuovere e affermare una ‘teolo-

“Con Papa Francesco mi sentirò uomo libero” Parla Antonio, l’hanseniano da 63 anni al SS. Trinità MARIA CHIARA CUGUSI NA MALATTIA, IL MORBO di Hansen, che dura da 63 anni e un grande sogno: abbracciare Papa Francesco il prossimo 22 settembre a Cagliari. Antonio, classe 1923, origini carlofortine, lo scorso giugno, dopo aver saputo che il Santo Padre avrebbe visitato il Santuario di Bonaria, gli ha spedito una lettera, per chiedergli di poterlo incontrare. Una pagina e mezzo che racconta la sua storia, il suo desiderio di fornire una testimonianza di fede e di vita, a cui ha dato voce un suo caro amico, perché Antonio da vent’anni non può più scrivere, a causa della cecità che l’ha colpito. Era il lontano 1950 quando, a soli 26 anni, si ammalò; dopo aver alternato, per circa un decennio, periodi di degenza nel reparto dell’Ospedale SS. Trinità di Cagliari - riservato esclusivamente agli hanseniani - a momenti vissuti in famiglia, nel 1960 è stato ‘internato’ definitivamente nello stesso reparto hanseniani, da cui non è più uscito. Sono rimasti in

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due, lui e un’altra paziente, che ha contratto lo stesso male negli anni ’50. Un periodo, in cui il morbo di Hansen - allora chiamato ‘lebbra’ era molto diffuso nell’Isola, mentre oggi questa malattia è circoscritta, perfettamente curabile e, se curata, non contagiosa. Un’esistenza, quella di Antonio, segnata dalla sofferenza, ma anche da tante passioni: come quella per la Juve, di cui è tifoso da sempre. E poi la più grande, quella per Papa Francesco: «Fin dal primo momento della tua elezione - si legge nella lettera di Antonio -, ascoltando alla televisione la tua voce, che esprimeva il tuo modo semplice e diretto di comunicare con la gente, mi hai aperto il cuore e mi hai fatto esclamare: che bel dono ci ha fatto il buon Dio!». Un Papa «senza ambizioni - aggiunge Antonio -, attento ai piccoli, capace di donare parole di conforto e amore a tutti, con gesti e modalità sconosciute». Nei giorni scorsi, l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio è andato a trovare Antonio, per prepararlo al-

l’incontro con il Papa: «Non conoscevo l’Arcivescovo - racconta -, ha tenuto la mano nella mia per tutto il tempo: essere trattati con una tale attenzione fa resuscitare». Accanto a sé, il prossimo 22 settembre, Antonio avrebbe voluto don Efisio Spettu, cappellano dell’Ospedale oncologico di Cagliari, una vita dedicata ai sofferenti, punto di riferimento e motivo di vita per gli hanseniani: «È venuto qui per 50 anni, dal giorno in cui è stato ordinato sacerdote - racconta Antonio - per celebrare la messa, ogni mercoledì e in tutte le festività più importanti. Era come Papa Francesco, aveva lo stesso amore per l’ammalato: spe-

ciale per la sua bontà, il suo amore, la sua fede, il dialogo con la gente: vedeva tutti allo stesso modo, tutti fratelli e sorelle». E uno dei maggiori meriti di don Efisio è stato quello di aver introdotto in questo ‘microcosmo’ tanti sacerdoti giovani, invitandoli a celebrare in quella piccola cappella, ricavata da un angolo di corsia, le loro prime messe. Con quella ‘sua’ famiglia il sacerdote celebrava, il 29 giugno di ogni anno, anniversario della sua ordinazione sacerdotale, la messa di ringraziamento. Anche quest’anno lo avrebbe voluto fare, ma la malattia non glielo ha permesso. «Un giorno, prima di morire - racconta Antonio -

gia della speranza’, dell’annuncio, nella certezza che Gesù Cristo sta dalla parte dei poveri: così, la fede - ancora di più alla luce dell’Anno che le è stato dedicato - deve aprirsi alla speranza, con l’auspicio che possa cambiare qualcosa nelle politiche sociali, nell’atteggiamento individuale di ciascuno e in quello comunitario, e che il contrasto alla povertà possa essere messo al primo posto in un’agenda comune e responsabile. E, infine, occorre rivedere i propri stili di vita, alla luce di quella ‘sobrietà’, a cui ci invita Papa Francesco, il Papa delle periferie, delle ‘villas miseria’ argentine, che ben conosce le contraddizioni dei paesi, in cui la ricchezza di pochi convive con enormi sacche di povertà estrema; che ci insegna che anche chi è povero ha sempre qualcosa da donare agli altri. Ed allora è importante che la nostra Chiesa rafforzi la propria azione pedagogica, nel contrasto di tutte le forme di spreco, nell’educazione al giusto utilizzo del denaro, per promuovere modelli di vita nuovi, più etici. L’auspicio è che l’incontro con il Santo Padre possa costituire per la nostra Chiesa locale l’occasione di far germogliare nuovi frutti e di affrontare le nuove sfide dell’oggi, alla luce dell’insegnamento del Vangelo.

ci disse: ricordatevi una cosa, quando pregate non fatelo solo per me, ma per tutte le persone del mondo che soffrono». In vista dell’arrivo del Santo Padre, per la prima volta in oltre sessant’anni Antonio ha chiesto di partecipare a una manifestazione pubblica: come racconta lui stesso, questa gioia gli ha permesso di aprirsi, di superare quelle paure e difficoltà che lo hanno segnato in tanti anni di emarginazione. In quel giorno si rivolgerà al Papa usando quel termine che gli hanseniani non vogliono sentire dagli altri, per far capire che le persone colpite da ogni forma di malattia devono essere amate e rispettate come tutti gli altri. «Io gli dirò - racconta -: Papa Francesco, ti voglio tanto bene. Sappi che io sono un lebbroso, ma oggi mi sento un uomo libero».


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LE VOSTRE LETTERE INVIATE A PAPA FRANCESCO Gentile direttore, con tanta gioia e con tutto il cuore invio questa povera offerta ricevuta da povera gente per aiutare i poveri di Papa Francesco. Grazie anche a lei e ai suoi bravi collaboratori che si offrono per fare questo servizio. Lettera in busta chiusa Beatissimo Papa Francesco, come religioso appartengo alla provincia veneta-trentina da 65 anni: ho solo 92 anni. Sono nato vicino a Cagliari. Seguendo il consiglio del nostro venerato e amato mons. Arrigo Miglio, benemerito arcivescovo di Cagliari, Le scrivo e Le chiedo che accetti questa povera offerta data con gioia e con tutto il cuore da amici poveri. Sarei stato felice di essere presente alla bellissima cerimonia presso Nostra Signora di Bonaria con Lei, ma proprio in quei giorni nella Cattedrale di Bergamo verrà beatificato il servo di Dio Tommaso da Olera, cappuccino veneto, così non ho chi possa sostituirmi, sia in portineria, sia in sagrestia, che questo da tanti anni è il mio ufficio. Ho già pregato per il felice esito del Suo pellegrinaggio presso la nostra venerata Patrona della Sardegna! E continuerò offrendo anche questa rinuncia. Pensando di facilitare il Suo lavoro a leggere tutte le lettere che Le sono arrivate, Le ho scritto in stampatello, Lei che tutti perdona, perdoni anche questo vecchio frate, ma ancora di buona fame! Pace e bene a tutti. Frate Remigio Carissimo Santo Padre, avete tutta la mia ammirazione filiale. Però quello che vorrei da Lei è questo: che Lei con l’aiuto di tutti, del mondo, organizzasse e gestisse i viaggi della speranza del Canale di Sicilia, e di tutti i canali del mondo. Che rendesse veramente “campi di prima accoglienza” le prigioni infer-

nali che so esistere sulle coste africane. So che la Chiesa è una grande potenza! Se vuole è la più grande nel mondo. Bellissimo il viaggio a Lampedusa, ma ora? Anche oggi mentre mangiavo comodo a casa mia, il telegiornale ha dato notizia di altre due povere donne incinte morte e buttate in mare. Il camposanto dei disperati, assassinati da tutto il mondo. Lei deve noleggiare le navi e farle scortare, e deve aprire le porte di tutte le case che ha, sistemando tutti nel migliore dei modi, Se avrà l’umiltà e

la bontà di rispondermi, non venga a dirmi che non è possibile, perché allora replicherò che anche Lei predica bene e razzola male. Con la poca fede che ho, io pregherò per Lei. Paolo Santo Padre Mi chiamo Anna Maria, sono nata ad Olzai (NU) nel 1936, sono cresciuta all’ombra del Monastero benedettino “Mater unitatis”. Nel 1963 mi sono sposata con Umberto, abbiamo iniziato il viaggio di nozze nel Monastero di Olzai. Nel 1964 è nato

Carlo e nel 1965 è nata Maddalena. Io sono stata molto male e i medici hanno diagnosticato che non avrei più potuto avere altri figli. Non accettavo questa situazione perché dedideravo averne altri. Avevo la stessa malattia di mia madre, e così dopo tante sofferenze accettai di essere sottoposta a “isterectomia”. La mia fede ha iniziato a vacillare. Ritenevo Dio responsabile dell’impossibilità di avere altri figli. Mi ritenevo “maledetta da Dio” e mi chiedevo quale era stato il mio grande peccato da meritare una tale punizione.

Non sentivo l’Amore di Dio per me. Il matrimonio era in crisi profonda, entrambi ci stavamo allontanando dalla Chiesa. Nel 1986 abbiamo iniziato a frequentare il Cammino neocatecumenale. La Parola di Dio ha parlato alla mia vita, facendomi sentire l’Amore di Dio per me, un Amore tanto grande da pregarlo ogni giorno perché mi conceda, prima del dono della morte, di amare il mio prossimo come Dio ama me. Le mie domande sono: E’ cristiano credere la morte come dono di Dio? E’ cristiano credere che l’Amo-

re di Dio per me è talmente grande da consegnarmi il dono della morte nel giorno in cui mi sarò liberata da tutti i miei peccati e amerò il mio prossimo come Lui ama me? E’ cristiano credere che il giorno della mia morte andrò subito in Paradiso? Credere che anche i miei genitori saranno là ad attendermi per presentarmi al Padre? Per alcuni cristiani non è giusto che io pensi queste cose. Nel richiederLe la Paterna Benedizione Le porgo i miei filiali saluti. Anna Maria Carissimo Santo Padre, Quale grande gioia avere l’opportunità di scrivere al Papa e poter fare delle domande nella speranza di ricevere una risposta. Scrivo dopo essere tornata da Medjugorie. Per me e mio marito è stata ancora una volta un’esperienza unica e indescrivibile anche se ci siamo stati 16 volte. La gioia è troppo grande per essere raccontata. Siamo arrivati mentre si svolgeva il Festival dei giovani. Noi, anagraficamente, non siamo più considerati giovani in quanto siamo anche nonni! Ci sentiamo spiritualmente giovani e ci fa immensamente bene partecipare alle catechesi e a tutti i momenti di preghiera. La presenza di 600 sacerdoti durante le celebrazioni eucaristiche è una grande Grazia. E’ tanto commovente partecipare al Rosario di circa 100mila persone provenienti da 60 Paesi diversi, Russia e Cina. Il mondo che loda il Signore in questa terra visitata dalla Madonna! Quante volte nelle omelie il celebrante di turno ha fatto memoria di frasi che in questi mesi Lei ha detto! Quanto affetto traspariva nel nominarla. Carissimo Padre, tutti la stimano. Ciò che colpisce a Medjugorie è la grande manifestazione di fede e la voglia di confessarsi dei pellegrini, in fila ad attendere anche per ore. I sacerdoti confessano anche 12 ore al

giorno! Loro sono i grandi testimoni delle conversioni. Ancora una volta ho capito che la conversione e la penitenza sono il filo conduttore di queste apparizioni. Al sacramento di riconciliazione si accostano persone lontane dalla Chiesa da 40 anni. Non è grande questo miracolo? Ho lasciato Medjugorie con le lacrime agli occhi e con il proposito di “cercare” di mettere in pratica ciò che da 32 anni la “Gospa” maternamente ci chiede. Riconosco la cautela che la Chiesa deve avere in queste circostanze, non impedisce i pellegrinaggi a Medjugorie si va a pregare e chi disapprova non sa cosa perde. Mi è difficile capire chi diffonde notizie false, L’albero si vede dai frutti: quante vocazioni scaturire tra i pellegrini e quante belle iniziative di carità sono seguite alle apparizioni della Regina della Pace e nonostante ciò troppo spesso si deride chi crede che la Madonna ogni giorno appaia. Carissimo Papa, so che Lei conosce tutto ciò che riguarda queste apparizioni e anche i miracoli fatti in tutti questi anni: che esempi Radio Maria e il Cenacolo di Suor Elvira. Dico questo perché ho visto una foto che ritrae Lei e questa straordinaria suora! Un’ultima domanda: ma carissimo Santo Padre, quando ancora non era Papa è stato a Medjugorie? La saluto con tanta stima e affetto, andrò a Cagliari sperando di riuscire a stringere e baciare la sua mano. Ho la certezza di ricevere in diretta la Sua benedizione. Un abbraccio Maria Josè L’Arcivescovo, i Vicari, con tutto il Presbiterio partecipano al dolore dei familiari per la morte di Padre Giuseppe Ferraro sj, e di don Antonio Mocci e offrono preghiere di suffragio.


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Con il mondo della cultura. La prima volta di un Papa in Facoltà teologica: incontrerà anche i rettori sardi.

Un impegno comune tra Università e Chiesa per formare le coscienze e aiutare i giovani Insieme sui temi della crescita dei posti di lavoro, del contrasto alle povertà emergenti e della ricerca di un equilibrio tra difesa dei redditi e sostegno agli investimenti produttivi

zione alla distribuzione della ricchezza non può essere separata dalla capacità di concorrere a crearla, nell’amministrazione della cosa pubblica l’utilizzo efficiente delle risorse assume un valore etico e sociale. La classe politica deve esprimere modelli comportamentali guida per le nuove generazioni e non essere considerata portatrice di privilegi. L’impegno della Chiesa nella società è stato ed è importante per formare le coscienze, recuperare valori sociali ed etici, creare la necessaria solidarietà verso i più deboli. Non me-

no importante è stato ed è l’impegno dell’Università in una sfera che per molti versi coincide, per altri è limitrofa a quella della Chiesa. Non si può non concordare con le parole del Pontefice che “i giovani sono un motore potente” per la società, e che dobbiamo accompagnarli “nel diventare protagonisti”. Troppo spesso le nuove generazioni subiscono la mortificazione derivante dall’incapacità del mercato e delle istituzioni di offrire adeguate opportunità di lavoro. Sempre più spesso sono spinti verso l’emigrazione e costretti a ripercorrere esperienze di un passato che speravamo dimenticato. Crolla il reddito disponibile per le famiglie, la disoccupazione giovanile e, soprattutto femminile, non è più accettabile. Questa situazione alimenta il diffondersi di atteggiamenti privi di speranza. Preoccupa il continuo ad aumentare del numero dei giovani che non studiano e non lavoro. Oggi trovare lavoro è difficile per tutti, ma lo è sicuramente di meno per i giovani in possesso di una solida preparazione culturale e professionale. Tale considerazione va diffusa fra le famiglie e nella classe dirigente della nostra Regione e del Paese. Occorre far capire quali siano i pericoli insiti in modelli di vita, tanto enfatizzati dai media quanto effimeri,

e riprendere le politiche di sostegno al diritto allo studio dei meno abbienti. Lo studio non è solo un diritto dei singoli, ma un investimento della collettività la cui valenza sociale ed economica è stata spesso sottovalutata. Condividiamo le affermazioni del Pontefice, preoccupate ma ricche di incoraggiamenti, che riguardano il ruolo degli adulti e degli educatori, e le intendiamo rivolte alle istituzioni laiche, oltre che a quelle religiose. Per questo mi chiedo se, animati da questa comunanza di vedute, possiamo trovare forme di collaborazione che si aggiungano a quelle già in essere e che vedono, ad esempio, importanti sinergie nella didattica e nella ricerca tra la nostra Facoltà di Studi Umanistici e la Pontificia Facoltà Teologica di Cagliari. Lo stesso impegno ci vede insieme sui temi della crescita dei posti di lavoro, del contrasto alle povertà emergenti e della ricerca di un equilibrio non facile fra la difesa dei redditi che vengono a mancare e l’indispensabile sostegno agli investimenti in grado di generare nuova ricchezza: temi che devono rappresentare i riferimenti centrali dei programmi politici per un futuro migliore. * Rettore Università di Cagliari

1612. Nel corso degli anni successivi il Collegio gesuitico di Sassari, nel quadro dell’ordinamento spagnolo del tempo, ha contribuito a formare un certo numero di studiosi e intellettuali che hanno cominciato a porsi la particolare specificità storico-culturale dell’Isola. Tra i 110 gesuiti sardi che si recarono in America latina e Filippine tra il 1615 e il 1763, ve ne furono 24 destinati all'antica provincia del Paraguay che allora comprendeva anche il territorio dell'attuale Argentina; tutti, al loro arrivo, sbarcarono a Buenos Aires, alcuni lavorarono anche in quel collegio, qualcuno vi passò gli ultimi giorni. Vi arrivò anche il tempiese Guglielmo Giovanni Giuseppe (noto come Guillermo Juan José), destinato alla missione del Cile, che in seguito scoperse un nuovo passo nella Cordillera delle Ande tra Cile e Argentina, quello nel quale si incontra Bariloche, ora importante stazione turistica argentina; compì 12

volte quella traversata e col suo nome è stato anche nominato il lago Guillermo. Solo il 10 luglio 1612, quattrocento anni fa, un altro Generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva autorizzò il rettore del collegio turritano (riconosciuto come università di diritto pontificio) a conferire i gradi accademici di “bachiller, licenciado y doctor”. Cinquanta anni fa il celebre gesuita Padre Miquel Batllori è stato il primo a porre le basi per una storia scientifica dell'Università di Sassari, poi tracciata da Raimondo Turtas, Giampaolo Brizzi, Antonello Mattone. Il solenne sigillo storico del nostro Ateneo rimanda alle radici cristiane della Sardegna, alla colonia di Turris Libisonis fondata da Giulio Cesare nell’isola d’Eracle (l’Asinara) e al martirio sotto Diocleziano e Massimiano del soldato palatino Gavino, del presbitero Proto, del diacono Gianuario. Negli anni immediatamente successivi alla persecuzione, un’iscrizione latina ricorda che il vulgus e il populus di Turris Libisonis era concorde,. forse sotto l’autorità del suo vescovo, nell’apprezzare gli operatori di giustizia e nel definire la nobile Matera auxilium peregrinorum saepe quem censuit vulgus; ed esisteva un culto dei martiri, se per la Puella dulcia inmaculata Ad[e]odata si diceva che era stata accolta presso le tombe dei santi martiri, a sanctis marturibus suscepta. L’immagine dei martiri testimoni

della fede non è solo un lontano richiamo privo di significato, ha il senso di una storia che attraversa quasi duemila anni, che passa attraverso i pontefici di origine sarda Ilaro e Simmaco, tocca il sardo Eusebio di Vercelli e il caralitano Lucifero. Ma anche la vicenda delle spoglie di Agostino di Ippona tra Karales e Pavia in età longobarda rimanda ad una storia lunga che in qualche modo è patrimonio dell’intera Sardegna, passando dopo la parentesi bizantina, per l’autonomia dei quattro regni giudicali, l’arrivo dei catalano aragonesi, i legami con la chiesa di Roma. Nel richiamare la vitalità delle proprie radici storiche, l’Ateneo ha avviato negli ultimi anni un percorso di rifondazione come Università pubblica, all’interno di un sistema internazionale più competitivo e globale, ispirandosi ai principi di autonomia e di responsabilità, nella consapevolezza della ricca complessità delle tradizioni accademiche e del valore delle diverse identità. Attraverso il nuovo statuto si è dato un ordinamento stabile, ha affermato il metodo democratico nella elezione degli organi, si è dichiarato attento al tema della formazione delle giovani generazioni e alle esigenze del diritto allo studio; ha collocato lo studente al centro delle politiche accademiche e ha dichiarato di voler promuovere la cultura come bene comune. * Rettore Università di Sassari

GIOVANNI MELIS* A SPINTA INNOVATIVA che l’azione del Pontefice sta imprimendo verso un maggiore impegno sociale, una nuova prospettiva nel rapporto con i non credenti, la diversa sensibilità sui confini etici della ricerca scientifica, l’attenzione al mondo dei giovani e della scuola, dà forza alla speranza di poter superare la crisi, incoraggia l’impegno di tutte le componenti dell’Ateneo a migliorare la formazione delle giovani generazioni e ad ampliare le conoscenze scientifiche e tecnologiche da trasferire al sistema delle imprese e delle istituzioni. In altre parole, dà forza alla missione culturale e sociale dell’Ateneo. Appare sempre più chiaro che la possibilità di riprendere a crescere nell’attuale contesto economico, per

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Giovanni Melis e Attilio Mastino, rettori delle Università sarde.

superare la crisi del Paese, richiede una nuova progettualità e un diverso impegno delle parti sociali. Progettualità ed impegno tesi a superare l’individualismo edonistico e lo statalismo assistenziale che negli ultimi decenni si sono confrontati nello scenario politico con risultati deludenti. Si sono quasi smarriti valori etici e comportamentali fondanti l’agire delle persone e delle istituzioni. Nella società e nel mondo del lavoro il riconoscimento dei meriti non va disgiunto dalla garanzia delle pari opportunità per i più deboli, l’atten-

“Il valore della cultura è davvero bene comune” La storia dei due atenei si intreccia con quella della fede ATTILIO MASTINO* APPRESENTERÒ L’UNIVERSITÀ di Sassari, gli studenti, i professori e il personale, in occasione della prima visita di Papa Francesco in Sardegna, in quella terra che un commentatore di Platone chiamava e argurofleps nesos, l’isola dalle vene d’argento, Ichnussae Sandaliotis. Una così alta presenza rende omaggio alla Pontificia Facoltà Teologica e insieme alla storia e alla funzione educativa delle due Almae Universitates in Sardinia, che hanno alle spalle quattro secoli di vita a partire dall’età spagnola. Alle origini dell’Università di Sassari c’è l’accettazione nel 1559 da parte del Generale della Compagnia di Gesù padre Diego Laínez del testamento del cav. Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V e in relazione con Ignazio di Loyola: Nel 1562, durante il regno di Filippo II, nell’ultimo anno del Concilio di Trento, iniziavano a Sassari le lezioni nel Collegio gesuitico. I primi docenti che incominciarono ad insegnare a Sassari grammatica, uma-

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nità e retorica dal martedì 1° settembre 1562 furono: Juan Olmeda, di Cuenca (Castiglia), classe di mayores, poco più di 20 studenti; Juan Naval, spagnolo, classe di medianos, circa 50 studenti; Antonio Bosch, diocesi di Barcellona, classe di menores, circa 80 studenti Nei primi anni un fratello laico venne designato a insegnare a leggere e scrivere a circa 200 ragazzi. La mortalità tra i gesuiti non abituati alla malaria fu alta: dei primi tre, solo uno sopravvisse entro i primi tre anni; nel secondo anno insegnò straordinariamente grammatica anche il portoghese Francisco Antonio. Pio IV aveva concesso al generale della Compagnia e ai rettori di collegi da lui designati il potere di conferire tutti i gradi accademici in filosofia e teologia anche a studenti non gesuiti, a condizione che negli stessi collegi si svolgessero i corsi di quelle facoltà, gli studenti ne avessero frequentato i corsi e ne avessero superato gli esami. Entro la fine degli anni Sessanta del 1500 a Sassari si svolgevano già quei corsi ma il generale non autorizzò il conferimento di gradi accademici se non nel


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

il PoRtiCo

brevi I NOSTRI SANTI E BEATI

Una lunga schiera di esistenze cambiate In fondo ha ragione Ilaria Muggianu Scano quando - nell’articolo qui accanto - parla di Maria Cristina di Savoia come di un fiore da offrire al Papa. Per lei si attende soltanto la data della celebrazione durante la quale sarà proclamata beata: stupisce la coincidenza. Cinque anni fa la visita di Benedetto XVI portò in dote la beatificazione di suor Giuseppina Nicoli (nell’immagine), ora è la volta della “reginella santa”. Cagliari - la diocesi, la provincia - è ricca di questi fiori: in queste pagine riproponiamo la storia di tre di loro, che i nostri lettori conoscono bene. I santi, i beati - coloro che lo sono già per il popolo, e che la Chiesa riconosce a seguito di un rigoroso processo - sono testimoni della nostra fede, sono coloro che l’hanno mostrata agli altri indicandola con la vita. Sarebbe dunque un torto non ricordare tanti altri che, solo per motivi di spazio, non riusciamo a raccontare: a partire dalla già ricordata beata Giuseppina Nicoli fino all’umile frate cappuccino Fra’ Nazareno (che così bene ha raccontato fra’ Lorenzo sul numero scorso). Ma un posto ugualmente di rilievo occupano - nella fede dei sardi - anche coloro che li accompagnano, come i sacerdoti padre Felice Prinetti (fondò in città le Giuseppine), mons. Virgilio Angioni (sua l’Opera del Buon Pastore), o il più recente padre Giovanni Puggioni, il gesuita che creò dal nulla “Operazione Africa”. E i tanti altri che - anche se non li citiamo qui occupano il cuore dei sardi (sn).

domeniCa 22 SettembRe 2013

I nostri santi e beati. Si attende solo la data della tanto attesa beatificazione della Venerabile.

Un fiore in più da offrire al Papa: la vita di Maria Cristina di Savoia Duecento anni orsono la nascita in Castello della ragazza che sarà presto elevata alla gloria degli altari, appena cinque anni dopo suor Giuseppina Nicoli ILARIA MUGGIANU SCANO AGLIARI È IN FERMENTO, la Sardegna tutta si tira a lustro come tutte le gioiose famiglie in frementi per la visita dell’ospite più atteso. La Sardegna, il prossimo 22 settembre, avrà un fiore in più da offrire al più gradito degli ospiti della Chiesa Sarda, e non solo - tanta è la devozione al Santo Padre elevato al soglio pontificio appena sei mesi fa perché è proprio nel cuore dei festeggiamenti del bicentenario della nascita a Cagliari di Maria Cristina di Savoia che giunge lieta e improvvisa la notizia del placet di Papa Francesco I per l’imminente Beatificazione. Poco si conosce di Maria Cristina Efisia di Savoia, unica regina nata a Cagliari, figura dalla statura morale, religiosa e sociale che torreggia sulla storia della Sardegna risorgimentale. Poco si conosce della forte spiritualità Eucaristica e Mariana della fanciulla consacrata a Nostra Signora di Bonaria subito dopo la nascita avvenuta duecento anni orsono in Castello, cuore storico del capoluogo

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sardo, fino allora luogo del privilegio alimentare, è funestato da una fame inaudita e insopportabile. Sono trascorse esattamente due settimane dalla congiura di Palabanda quando la Corte Sabauda dovrà rinunciare per sempre alla speranza dell’erede sospirato. Dopo la morte del piccolo Carlo Emanuele nel 1799 Maria Teresa e Vittorio Emanuele I vedono nella nuova gravidanza della Sovrana una speranza che si spegnerà col primo vagito della bambina Maria Cristina, bellissima e sana, ma femmina. La Corona passerà dunque al ramo cadetto dei Carignano nella persona di Carlo Alberto, che alla morte dei genitori della Venerabile ne diverrà tutore legale. La Venerabile, nonostante le tangibili prove del proprio misticismo, in totale spirito di obbe-

dienza alla ragion di stato, si persuase che la vita di Corte avrebbe potuto permetterle di applicare quella “politica della carità” come ebbe a definirla Benedetto Croce, che unanimemente con insospettabili protagonisti della storia quali Cavour, ammirava la Sovrana di Napoli. Lo strappo nella carne provocato dalla coscienza di tanta miseria portò Cristina a ritenere sempre più urgente un intervento radicale, un progetto caritatevole che fosse utile contemporaneamente al maggior numero di persone, la sola idea di far rinascere la seteria di San Leucio, vicino a Caserta, la riempiva di vigore: i sette articoli dello statuto della Colonia di San Leucio fissavano le regole per un’idilliaca vita in comune. Alcune norme, straordinariamente avanzate, hanno fatto parlare certi storici di

«comunismo» borbonico: eguali diritti ereditari per uomini e donne, libertà assoluta per i giovani di contrarre matrimonio senza il consenso dei genitori, istruzione obbligatoria, una casa per gli orfani, una magistratura elettiva, una serie di attività e risorse con una gestione collettivizzata. Il senso della regina per il bene pubblico la condusse a privilegiare i sistemi lavorativi meno faticosi, non desiderava solamente concedere un salario ai suoi sudditi ma il suo piano comportava la restituzione della propria dignità di uomini. un tratto distintivo dell’emancipazione sociale di Cristina risiede proprio nel rapporto con le donne, ma non di una solidarietà tra donne si tratta ma dell’emergenza di restituire a delle persone la sovranità sulla propria esistenza. Le donne, prima ridotte a tante automi, spesso vittime delle violenze e dell’alcolismo dei loro mariti, se non dei genitori o dei fratelli, una volta recuperate alla vita, diventano le interlocutrici principali della Reginella. Prega con loro, le istruisce, spiega il valore dell’operosità cristiana, scrivendo per loro canti e preghiere religiose. La gioia più grande è raggiunta da Cristina nella nascita trionfale di un’erede, ma la medesima, oceanica folla che il 16 gennaio 1836 si stringe in commozione attorno alla puerpera reale convertirà il proprio pianto in dolorosa mestizia per la morte improvvisa di quella fanciulla che il destino strapperà al suo talento di sovrana, fiore gentilissimo di un ingegno non ancora ventiquattrenne.


domeniCa 22 SettembRe 2013

IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

I nostri santi e beati. Proponiamo alla riflessione e al ricordo alcune figure particolari.

“Tutto con gioia, serenità e amore”: le quattro mète di don Antonio Loi Gravemente ammalato, nel 1964 incontrò Paolo VI. Morì nel 1965 cantando il Te Deum con i parenti, gli amici e tanti confratelli. Quest’anno ricorrono i suoi 50 anni di sacerdozio

la sofferenza furono “In ogni momento dirò ‘O Signore, queste mie sofferenze per te solo!’. Tra un ricovero e l’altro, tenacemente continuò i suoi studi sacerdotali fin quando il 21 settembre del 1963 arrivò l’ordinazione sacerdotale. Non desiderava altro: l’incontro con Cristo per diventarne umile servitore. E dopo un calvario faticoso durato due anni, il 29 maggio del 1965 morì, dopo aver parlato con tutti i componenti della famiglia e dopo aver benedetto tutti, cantando il Te Deum e recitando il Magnificatcon tutti i sacerdoti presenti e i compaesani. Aveva raccomandato a tutti di amare forte-

mente la Madonna e non stancarsi mai di recitare il Santo Rosario. Ascoltando alcune testimonianze importanti, si apprende che uno dei tratti più palesi della personalità di questo giovane sacerdote sono la bontà e la serenità, la forza, la tenacia, la determinazione di sconfiggere il male fisico per arrivare comunque a qualcosa di grande: Gesù, Amore Infinito. Nei diari si riscontrano quattro mete importanti da raggiungere, una volta diventato servo di Dio: un battesimo, un matrimonio, una estrema unzione [ne impartì tante] e importantissimo il ringraziamento al Papa Paolo VI per la dispensa per gli studi. L’incontro con il Papa Paolo VI - il 4 maggio del 1964 - fu uno dei momenti più importanti della sua vita (nella foto). L’udienza privata con il Santo Padre fu sicuramente una grazia specialissima. Commozione, trepidazione, pianto . Così scrive nel suo racconto giornaliero: “Mi ha detto di stare tranquillo, che il Signore può fare tutto, e sa quello che fa e se mi vorrà nel campo apostolico farà tutto Lui. Se la volontà è diversa accettare tutto con gioia, serenità e amore”. Da quel giorno si sentì forte, rinvigorito per poter affrontare la vita giorno per giorno. I 50 anni di ordinazione sacerdotale cadono proprio alla vigilia della visita pastorale di Papa Francesco in Sardegna.

sumò il suo corpo neanche tanto lentamente. Ma il dramma fu solo nel corpo. Il suo spirito invece cantava, scrisse: “Sento dentro di me rinnovarsi la mia vita ascolto un certo coraggio che mi fortifica, una nuova fede che mi consola, una nuova gioia che mi fa testimone instancabile”. Il Cappuccino P. Clemente Pilloni, Vice-postulatore della causa di beatificazione di Fra' Nicola e profondo conoscitore di Santi, qualche anno fa ha dedicato, a Simona e alla sua spiritualità, il libro Innamoratissima di Gesù. In questo libro è Simona che parla attraverso le pagine del suo diario, meravigliosa e sorprendente raccolta dei sentimenti spirituali più intimi e nascosti, che fa intravedere, almeno parzialmente, uno scorcio della sua anima che si eleva totalmente a Dio in un abbandono incondizionato. Simona si spense, consumata lentamente nel suo corpo come un cero pasquale, offrendo e ancora offrendo a tutti anche il suo ultimo bagliore di luce, lasciando questa vita terrena con un grazie che sgorgava dalle sue labbra ormai mu-

te. La comunità e i suoi cari la ricordano con un dolore ormai guarito dal Signore, con un amore immutato... Simona: che attraverso la sua testimonianza di vita, fatta più di fatti che di parole, ha fatto innamorare di lei tanti amici che qui non l'hanno conosciuta. Nell'Agosto 2003 si è avverato quanto Padre Clemente si augurava: è stata aperta l'Inchiesta Diocesana per la Causa di Beatificazione. Dopo la morte di Padre Clemente Pilloni la causa fù portata avanti dalla postulazione per l’opera del compianto Padre Beppe Pireddu.Venuto a mancare Padre Pireddu la causa è ora seguita da don Riccardo Pinna in qualità di Postulatore Diocesano. La fase istruttoria della causa prevede la raccolta delle testimonianze di coloro che hanno conosciuto Simona, in modo particolare i parenti stretti e gli amici con i quali ha condiviso le sue giornate e la sua giovinezza. Per essere dichiarata Venerabile la Serva di Dio deve dimostrare nella sua vita di avere vissuto in grado eroico una delle virtù teologali. Nel qual caso per Simona è privilegiata la via della Speranza: affrontare la malattia con la gioia del cuore e col sentimento della continua gratitudine al Signore per tutti i doni rievuti, non ultimo la malattia stessa. Simona è stata capace di trasformare la malattia da un vuoto di non senso ad una pienezza di Spirito Santo traboccante nella letizia e nella gioia cristiana. * postulatore diocesano

LIDIA LAI

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ON ANTONIO LOI NACQUE a

Decimoputzu il 6 dicembre del 1936, il più piccolo di 7 fratelli. Trascorre l’infanzia nel suo paese, frequentando le elementari e cercando di arrivare a una sua realizzazione di vita, come tanti giovani. Dai suoi diari apprendiamo la voglia di accettare la chiamata di Cristo quando ancora frequentava i primi anni di scuola. Bambino come tanti altri, ma la giovialità, la bontà, la sensibilità, la passione per Gesù Eucarestia, per la Madonna e per il Rosario, erano caratteristiche particolari peculiari. Preparato l’esame di ammissione affiancato da sua sorella, nel 1949 ad Iglesias entrò in seminario dove frequentò il Liceo e l’11 febbraio 1953 vestì l’abito talare. L’anno successivo decise di andare a Cuglieri per frequentare la facoltà Teologica, dai

Padri Gesuiti, dove avrebbe approfondito gli studi filosofici e teologici. In quegli anni si dedicò a tantissime cose: al canto, la sua più grande passione, alla musica, alla recitazione, allo sport seguendo i giovani e dando vita al Grest, nel paese natio, con l’aiuto di don Eugenio Zucca, compagno di seminario, durante il periodo della reggenza del dr. Luigi Cherchi, parroco allora di Decimoputzu. Nel 1961 scopre la malattia, ma non si capiva cosa avesse e non si trovò cura. Dopo vari interventi, nel 1963 venne diagnosticata la presenza di un linfogranuloma maligno. Davanti alla malattia don Antonio Loi è forte, le sue parole davanti al-

“Dal vuoto di non senso alla pienezza di Spirito” Così la serva di Dio Simona Tronci trasformò la malattia RICCARDO PINNA

a serva di Dio Simonetta Tronci nacque a Cagliari il 13 Ottobre 1960, figlia di Leonardo e Maria Laura Lecis, visse un'infanzia ed una adolescenza normale, come quella di tante altre bambine e ragazze. Educata alla religione cattolica dai suoi genitori, condusse una tradizionale vita cristiana con un accostamento regolare ai sacramenti. Dopo il Liceo Classico si iscrisse in Giurisprudenza, facoltà che la appassionava, ma che abbandonò per iscriversi a quella di Teologia, ramo tradizionalmente maschile, nel quale riuscì ad inserirsi dopo le prime titubanze dell'allora Preside Padre Burroni, che intravide in lei un ardore ed un interesse spirituale motivato da una profonda ricerca di Dio. In questo desiderio spirituale Simona conobbe i gruppi di preghiera del Rinnovamento e ne rimase affascinata: li intuì che era proprio quella la strada che il Signore le stava mostrando.

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Era l'anno 1977. Simona insieme ai suoi amici stretti fondò un gruppo di preghiera, secondo le linee del Rinnovamento, composto, inizialmente, ed essenzialmente da giovani. Un gruppo fresco e particolare caratterizzato da una decisa impronta nell'animazione della preghiera di lode e del canto. Lei ne era l'animatrice principale, sapeva suonare e cantare, e testimoniava senza stancarsi di quale eredità santa noi eravamo partecipi e destinatari. Coinvolgeva col suo entusiasmo evangelico quanti si accostavano al gruppo. Il Padre Natale Merelli, che con grande stima ed affetto seguì ed incoraggiò il nostro cammino spirituale, battezzò il gruppo nascente col nome di Primavera, a sottolineare la freschezza e la voglia di vivere, ma anche il cammino segreto della sofferenza. Simona fu per tutti una maestra nella preghiera, la cui intensità portava coloro che avvicinava ad inabissarti nell'amore di Dio. Nel gennaio del 1983 ebbe inizio il suo calvario. Un tumore che con-

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detto tra noi Curiosando su buste paga eccellenti di D. TORE RUGGIU

Curiosando tra le “brevi” di diversi quotidiani, si viene a conoscenza di tante cose per lo più sconosciute dall'opinione pubblica, proprio per il poco risalto dato dai mezzi di comunicazione sociale. Così, invece, curiosando, si viene a sapere che la regione Abruzzo ha deciso di rinnovare il proprio parco vetture (11 per governatore, assessori e personale del Consiglio regionale), passando dalle Lancia Thesis, ormai fuori catalogo, alle Audi A6. le auto degli assessori costeranno 1.579,38 €al mese, mentre la vettura per presidente, a trazione integrale, 1.791,91 € al mese. La spesa complessiva annuale è pertanto di 250 mila €. Altra notizia, sempre curiosando: il Parlamento europeo ha di recente votato un aumento di stipendio di 1.500 € a deputato. La somma dovrebbe servire la pagamento dei collaboratori. La busta paga degli onorevoli a Bruxelles è passata da 17.864 a 19.364 €al mese. Altra curiosità: volete sapere quanto spetta di appannaggio al re Juan Carlos di Spagna? 8,9 milioni di €l'anno! Tutto questo, con il recente varo di una manovra economica da 15 miliardi di €che colpirà otto milioni e mezzi di spagnoli fra impiegati statali e pensionati. Riuscirà il premier spagnolo a ridurre anche la quota destinata alla corona? E volete sapere come se la passa la regina Elisabetta? La regina delle regine riceve dallo Stato 45 milioni di € più una quota annuale di circa 9 milioni di € per riparare castelli, spese di rappresentanza e quant'altro. Udite udite….la regina si è lamentata che i soldi non bastano e vorrebbe un aumento mentre il governo britannico ha ridotto del 5% (arrazze sfrorzu…per dirla in inglese), lo stipendio dei membri del governo. Come si vede, queste notizie ricavate dalle “brevi” dei giornali sulle buste paga di alcuni personaggi eccellenti, incuriosiscono e, nel contempo, pongono seri interrogativi. In un momento in cui, a livello mondiale, si vive una imponente crisi economica e con il perdurare dei problemi cronici (quali, per esempio, la fame nel mondo), che non si vogliono affrontare e risolvere, i governanti di tutte le Nazioni, incuranti di questi e altri problemi macroscopici, cercano solo i propri interessi. E, qui, dispiace constatarlo, anche le opposizioni non fanno nulla per ridimensionare i loro emolumenti, anzi, quando si decidono gli aumenti, il voto favorevole è pressoché unanime. Davvero il grande valore della giustizia sociale e della difesa dei diritti fondamentali, purtroppo restano sogni sempre più lontani dal realizzarsi. Certo, quando dall'alto non si vede la volontà di cambiamento, al povero cittadino non resta che rivolgersi a Dio perché faccia il miracolo di cambiare molte teste di zucca in teste pensanti.


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

Con i giovani nel Largo Carlo Felice. La trepidazione dei ragazzi per l’atteso incontro.

Con le parole di Papa Francesco inizierà il nuovo Anno pastorale DON ALBERTO PISTOLESI

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L TEMPO È PASSATO alla svelta, e

dopo un’estate ricca di impegni e appuntamenti tra cui la JMJ di Rio de Janeiro, la Sardegna è pronta ad ospitare il grande e atteso evento del 22 settembre: la visita di papa Francesco. Questa importantissima giornata è stata ideata dallo stesso pontefice, che spinto dal desiderio di visitare come pellegrino la basilica di Nostra Signora di Bonaria, coglie anche l’occasione di incontrare i lavoratori, i giovani e il mondo dell’istruzione attraverso momenti dedicati ad ogni particolare categoria. L’Ufficio della Pastorale Giovanile della nostra diocesi, sin dalle prime settimane successive alla notizia, si è messo in moto per preparare nel migliore dei modi tutte le realtà giovanili e le parrocchie, col fine di contare su una partecipazione attiva e consapevole. L’approccio seguito dalla PG in tutto questo periodo è stato dettato dalla voglia di incontrare più persone possibili, fornendo loro il materiale necessario e la possibilità di conoscersi ed interagire tra di loro. Il punto di partenza di questo approccio è stato proprio l’incontro; conoscere realtà lontane ma vicinissime all’interno dello stesso territorio e cercare di sopperire le di-

verse difficoltà ed esigenze della diocesi è stato il punto di partenza del lavoro portato avanti con l’equipe dell’ufficio: abbiamo visitato diverse parrocchie, proposto giornate di formazione e creato un sussidio di preparazione alla giornata del 22 settembre rivolto e quindi pensato per i giovani. Il lavoro di quest’anno è stato scandito da una molteplicità di iniziative che hanno coinvolto tantissimi ragazzi, animatori ed educatori, ma tra i tanti appuntamenti spicca di sicuro quello della JMJ, dato non dall’Ufficio di PG ma direttamente da papa Francesco. Una delegazione formata da circa 40 giovani della diocesi è partita alla volta del Brasile per prendere parte a questa settimana creata proprio per riunire i giovani cristiani di tutto il mondo, e condividere la fede e le diverse culture attraverso il messaggio cristiano

che il pontefice interpreta in chiave moderna e accessibile a tutti. Durante quei giorni Bergoglio ha donato messaggi di speranza e di fede, spronando il mondo cristiano ad essere testimone di Cristo. Per i giovani papa Francesco è innanzitutto un esempio di testimonianza vivente, che mostra come le parole delVangelo non sono un testo datato e incomprensibile nel 2013, ma anzi, se seguite con fede e cura possono diventare uno strumento che crea ponti, pace e collaborazione. Dopo un’esperienza così forte e ricca di input, la giornata del 22 settembre vuole essere l’apertura di un nuovo anno pastorale, che avrà inizio con le parole che il Papa vorrà donare alla comunità, che saranno sicuramente incentrate su tematiche molto vicine alle varie categorie che parteciperanno all’evento; parliamo infatti di speranza e futuro.

Futuro: una parola che affascina ma spaventa i tanti giovani che investono il presente puntando sullo studio ma che purtroppo sentono già parlare di disoccupazione e precariato, per non parlare di tutti coloro che questo disagio sociale lo sperimentano nel presente. Proprio qui si inserisce la speranza, che se accompagnata dalle solide basi dell’impegno e della solidarietà, costituisce la via d’uscita ad una situazione sociale difficile. Il comune denominatore che sta alla base dell’imminente giornata di domenica e dell’esperienza oltre oceano si può allora ricondurre al vivere la propria vita in totale pienezza, mettendosi in gioco come cristiani attraverso la testimonianza e come uomini attraverso la solidarietà e l’impegno per il proprio e l’altrui futuro. Non resta quindi che attendere e vivere al meglio questi ultimi giorni che ci separano dalla visita papale, aderendo alle varie iniziative che l’Ufficio di PG ha preparato, come le due giornate di workshop con il gruppo musicale “Gen Rosso” e la partecipazione alle veglie che molte parrocchie propongono come momenti di preparazione personale e comunitaria. Aspettando domenica auguriamo a tutti una buona conclusione dei lavori!

La preghiera e l’attesa del grande incontro I sentimenti della vigilia, l’impegno per la buona riuscita VALENTINA DESSÌ

drenalina, ansia, impazienza, eccitazione, gioia pura. Nomi attribuiti di petto ad un’emozione che, ad un passo dall’incontro desiderato, si agita nei giovani cuori sardi, ai quali, di nuovo, Qualcuno ha concesso il privilegio di fermare per sempre nel più segreto intimo, l’immagine del successore di Pietro che poggia piede nella nostra amata isola. Un’emozione tuttavia, dal sapore nuovo, particolare, quasi “strano”.La voce tremante, non di rado interrotta da qualche singhiozzo commosso, di chi prova ad esprimere il suo personale vivere l’attesa, si confronta con l’alone di familiarità semplice che avvolge l’idea di Papa Francesco da tutti condivisa. “E’ come se lo conoscessi da sempre”, “Trepido, perché il 22, finalmente, incontrerò un caro amico lontano”. Francesco è amico dei giovani, è punto di riferimento solido, parola di conforto e orecchio che ascolta. Amico, ma anche papà, nell’accezione più affettuosa e intrisa di dolcezza del

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termine. “Ho desiderato tante volte d’essere io il bimbo di turno stretto tra le sue braccia”, confessa timidamente Luisa. Di un papà amorevole, il Santo Padre, ha tutte le caratteristiche: ha mani tese e forti, ha quel sorriso che entra dentro e rassicura, ha lo sguardo fiducioso e fiero, rivolto con attenzione riguardosa a quella finestra, passaggio d’eccellenza del futuro nel mondo, che è la gioventù. Quello stesso sguardo che Marianna, tra i fortunati volati in Brasile con la delegazione cagliaritana, ricorda, tremante, d’aver incrociato e prega di ritrovare in mezzo agli occhi di chi ha un cognome più simile al suo. Poche paure e preoccupazioni allora, molte speranze. Colpisce la semplicità umile delle aspettative e preghiere che accompagnano l’attesa: c’è chi, come Chiara e Sara, si appresta a divenire artigiano del proprio domani, ed è certo di rintracciare nella parole del Papa, quel coraggio di lottare per un prezioso, sebbene puntellato d’ostacoli, avvenire lavorativo. Il Signore non ha detto “Va, ma andate”. Ed è seguendo la Sua parola che i gio-

vani sardi si preparano alla grande festa: insieme. Col proprio gruppo parrocchiale, condividendo momenti di preghiera e veglia, lodando e ringraziando Dio col canto. La musica è sinonimo di festa e la festa è sinonimo dell’Incontro: da tutta la Diocesi, giovani tra i 16 e i 35 anni accomunati dall’amore per la musica e per Gesù hanno risposto ad un libero invito e si sono fatti voce melodica della Pastorale Giovanile cittadina, a disponibile servizio d’ogni importante evento da essa promosso. Rappresentanti di realtà diverse dunque, ciascuno a proprio modo rapito dal coinvolgimento forte che il “pregare due volte” concede: cantare e cogliere, nel tempo di una strofa, l’armonia che del Signore è metafora autentica, suonare e comporre, riconoscendo nella medesima capacità di farlo, la presenza di Chi silenziosamente costituisce, della nostra vita, vera sinfonia. Musica e parole dell’inno “Getta le tue reti”, colonna sonora del pomeriggio

sospirato, sono frutto dell’artistico impegno che Don Davide Collu e Alessandro Moro, rispettivamente direttore e membro equipe del neonato Coro Diocesano, han profuso al fine di regalare al Papa pellegrino in Sardegna un saluto e un ricordo in note. Forse non a caso nel brano riecheggia l’esortazione “Non aver paura, Io sarò con te”. Colui che ha espresso il desiderio di incontrarci e assisterà al vivace prendere vita dell’inno, è massima risoluzione nella ricerca instancabile dell’immagine più nitida di un volto che sia, ai giorni nostri, speranza. Specchiarsi negli occhi di Francesco significherà per tanti giovani occhi sardi, porgere animo e mente verso la possibilità di un cambiamento, quello che si concretizza solo quando si diventa di esso protagonisti, si abbandona il balcone che trasforma in osservatori passivi per immergersi a pieno nella vita. Senza paura, né apatia. Con la voglia inarrestabile di riconquistare quella speranza tristemente rubata e poter così ricominciare, con l’ardore di chi sa lasciarsi sorprendere, a scommettere sui grandi ideali che, per definizione, ai giovani appartengono e ai giovani devono tornare.

domeniCa 22 SettembRe 2013

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

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