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DOMENICA 6 OTTOBRE 2013 A N N O X N . 36

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Lo stupore dell’inizio GABRIELE COLOMBINI

ettembre: per un pastore d'Abruzzo è tempo di migrare, per un docente precario è tempo di convocazioni. La scena madre, ultimamente, si svolge sempre presso l'istituto Pertini di Monserrato, perché il vecchio Provveditorato (o Usp o Csa) di Elmas non è adeguato per sostenere la carica di centinaia di persone in attesa di un lavoro. E così, dopo giorni di spasmodica attesa passati visitando una dozzina di volte al dì il sito dell'Ufficio Scolastico Provinciale, si scopre o meno se ci sono abbastanza disponibilità di cattedre tali da avere speranza di un contratto sino al 30 giugno, oppure se occorrerà sperare nella voglia di maternità delle giovani colleghe o orribile dictu nella malattia di colleghi anziani! Chi frequenta queste convocazioni da qualche anno vede ormai volti noti, amici di università, di scuola di specializzazione, colleghi incrociati un anno o pochi mesi e poi persi, qualcuno tristemente invecchiato. In media, la preparazione universitaria è piuttosto alta, sicuramente sovradimensionata rispetto al lavoro inseguito, cifra normale di questi tempi. Salutati amici e conoscenti, informatisi un po' per curiosità e un po' per cortesia sulle ultime destinazioni frequentate, si viene indirizzati e incolonnati verso la palestra della scuola e qualcuno che vuol dimostrare di aver fatto

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letture intellettuali evoca ricordi cileno-argentini. In palestra fa caldo e le sedie sono ben poche, così all'ansia della convocazione si unisce il disagio fisico per la sola idea di dover rimanere in piedi due-tre ore in attesa. Altre facce note, quelle dei dipendenti dell'Usp, si aggiungono al panorama e la massa degli insegnanti, sino a poco prima vociante, si zittisce all'unisono come al gesto d'un direttore d'orchestra. Inizia la chiama: "Classe A345... classe A245... classe A030... classe A037...". Ad ogni classe segue una lista di nomi che dovranno seguire l'impiegato in una delle tante stanze che si aprono su un lungo corridoio e là conoscere il proprio destino. Non posso fare a meno di ricordare la scena di uno degli ultimi film di Fantozzi, quando il ragioniere, ormai defunto, ascolta un angelo che pronuncia i nomi dei beati destinati al Paradiso e, quando lui rimane solo, i cancelli si chiudono perché non c'è più posto. Quasi tutti temono di fare la stessa fine. La situazione di una scuola pubblica sempre più falcidiata dalla mancanza di fondi e dai tagli lineari di tutti i governi si evidenzia nel numero sempre minore di cattedre disponibili per ogni classe di concorso e, in misura inferiore ma sempre significativa, nel megafono che viene usato per chiamare i docenti: non funziona, ma gli impiegati dell'Usp continuano ad usarlo mettendoselo davanti alla bocca e, possibilmente, riducendo ancora di più il volume della propria voce, convinti che l'apparecchio stia

spandendo le informazioni a distanza. Qualcuno urla che non funziona ma chi lo usa continua imperterrito. Alla fine si entra nella stanza del destino e ci si informa da chi c'era prima cos'è rimasto. "Perdaxius... Nuxis... Narcao... Teulada... Ballao...". Qualcuno si guarda con i vicini con aria interrogativa e una tira fuori una cartina della Sardegna ed inizia a cercare Perdaxius nel Sarrabus e Ballao nel Sulcis sinché altri non la indirizzano nelle zone giuste. La "tragedia" è finire a cento-centoventi km da casa con uno spezzone da 9 ore, il che vorrebbe dire consumare 3-400 euro di carburante al mese con uno stipendio di 900 euro, ovvero andare a lavorare per passione, per sport. Iniziano le alchimie più disparate, si cercano di unire cattedre non troppo lontane, alcuni rinunciano sperando nelle suddette concause di lavoro e se ne va. Poi arriva anche il mio turno. Avevo puntato uno spezzone, lo stesso che avevo l'anno scorso e la Provvidenza me lo rimette davanti, unico e solo. Lo scelgo e firmo come se avessi fatto 6 al Superenalotto. Due giorni dopo mi richiamano da una scuola vicina in cui avevo lavorato due anni fa. Anche quest'anno ho completato la cattedra e – da non credere! – i circa 30 mila km complessivi che farò da ora a giugno mi sembrano una strada lastricata di fiori. Ma ci sono i ragazzi che conosco già. Non vedo l'ora di rivederli. Ed altri nuovi. Non vedo l'ora di conoscerli.

SOMMARIO SOCIETA’

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La civiltà dello scarto finisce per rovinare anche se stessa VISITA DEL PAPA

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Ricordi e riflessioni dalla Facoltà teologica all’incontro con i giovani CAGLIARI

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Quando l’arte ci fa bene: al Teatro lirico la magia dei Sarzi per i bambini PARROCCHIE

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Sulle orme di Benedetto a Roma e a Montecassino per riscoprire la fede I NOSTRI PRETI

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Padre Giuseppe Ferraro, ricercatore rigoroso e uomo di gran cuore


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il Portico

IL PORTICO DEL TEMPO

domenicA 6 ottobre 2013

Vita. Attaccando la cultura dello scarto, Papa Francesco indica una strada: prima di tutto viene la cultura, poi la legge.

La società del rifiuto consuma e scarta le cose: facendolo con le persone, distrugge se stessa Rilettura delle parole del pontefice pronunciate e malinterpretate: nessuna rinuncia sui temi di bioetica ma la contestualizzazione dello sguardo cristiano nei confronti dell’uomo CARLO BELLIENI LCUNI HANNO malinterpretato le parole del Papa espresse nell’intervista a Civiltà Cattolica. Malinterpretando, hanno subito commentato: “Il Papa apre a questo e a quello…!”, “Il Papa non parla più di bioetica!”. Commento sbagliato: le novità non sono nella direzione che pensano loro. Il Papa parla di abbracciare anche chi sbaglia… ma con uno sforzo di ricostruzione di un “io” dell’uomo occidentale distrutto e immiserito, dove sarebbe stravolgente puntare il dito su questo o quell’errore, quando il disastro è dentro. In questo ci apre il cuore, perché risuonano parole antiche e un’urgenza che avvertivamo e proponevamo da tempo: meno leggi e più cultura che parli al cuore. Bisogna mirare prima a chi fa sbagliare, invece che a chi – per dolore o per solitudine o ignoranza - sbaglia. Il Papa chiama questa disastrosa cultura che ti porta a sbagliare “cultura

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dello scarto”, e da buon medico addita la malattia piuttosto che i sintomi; poi richiama anche i sintomi (sfruttamento, abbandono, aborto), ma prima chiama col suo nome la malattia. E’ la cultura dello scarto quello che fa pensare che ci sono persone che devono essere scartate (e non è un’esagerazione: tanti filosofi oggi sostengono che neonati e disabili mentali non sono persone), e se qualcuno poi scarta davvero qualcun altro, è perché – come diceva la Litizzetto in una azzeccatissima satira sulla discriminazione – “il fiammifero in mano glielo abbiamo messo noi”, cioè la società occidentale così come la viviamo e di cui siamo parte. Il Papa non tace dei temi etici: contestualizza. “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso

dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto”. “Contestualizzare”, dunque dice nell’intervista. Ed è esempio per tutti: mai parlare dell’errore come se fosse un puro fatto di malvagità spuntato come un fungo, ma andare a cercare sempre il perché: un perché da combattere e una persona che sbaglia da abbracciare. Questo è contestualizzare. Altrimenti, continua, si ha una pastorale missionaria “ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza”. Invece nulla deve essere disarticolato, nulla deve essere decontestualizzato, come servisse un mansionario e non una cultura che amando mette in guardia

dall’errore, perdona e abbraccia chi capisce di aver sbagliato. Torneremo sulla cultura dello scarto! Resta qui la soddisfazione di veder premiata una linea: in primo luogo non la legge, ma la cultura. Per questo scrivemmo pochi anni or sono il libro “Una gravidanza ecologica” (Ed SEF) in cui con dei chimici ed ecologisti – invece di dare giudizi etici negativi sui soliti temi - puntammo il dito sulla cultura occidentale che genera sterilità per l’ambiente insalubre, per il rimandare obbligatorio dell’età feconda, e per dare come unica soluzione invece della prevenzione della sterilità la sua incompleta soluzione medicalmente assistita. Per questo da anni ho parlato e scritto che il problema è risolvere quella che io chiamavo “la cultura del rifiuto” in cui nessuno ormai è in grado di accettare se stesso e il diverso, e che crea rifiuti urbani, problema ecologico emerso prepotentemente da 50 anni. E’ la cultura del rifiuto di cui parlavano Zigmunt Bauman e tanti ecologisti, che produce rifiuti umani e rifiuti urbani. Il termine “rifiuto” è pari al termine “scarto”, traduzione entrambi del termine “cultura del volquete” che papa Bergoglio usava quando era a Buenos Aires… e il volquete è il camion della immondizia! Come scrivevo sull’Osservatore Romanoil 3 febbraio, “La ’società del rifiuto’ consuma e scarta, finisce per farlo con le stesse persone, diventando autodistruttiva. E nella prima era in cui l’uomo produce rifiuti in

Siria, effetto Francesco sulle decisioni dell’Onu Approvato nei giorni scorsi un documento interlocutorio MATTEO MELONI LL’INDOMANI DELLA pubblicazione del rapporto ONU sull’uso delle armi chimiche in Siria, la comunità internazionale si interroga su quali siano le soluzioni attuabili per risolvere la guerra civile in atto. Se dal dossier degli ispettori si evince che le armi proibite sono state effettivamente utilizzate, rimane ancora oscura la matrice: sia l’esercito governativo di Assad sia i ribelli respingono al mittente le accuse. Stati Uniti e Russia muovono con attenzione le pedine sullo scacchiere mediorientale, con Washington immediatamente stoppata da Mosca all’idea di un intervento militare nel Paese. Con una lettera pubblicata sul New York Times, Vladimir Putin chiede a Barack Obama se ritiene utile un’azione di forza in Siria per gli interes-

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si americani nella regione, invitandolo a ragionare sui possibili risvolti negativi dell’eventuale intervento. Intanto i ministri degli esteri di Russia e USA, Lavrov e Kerry, si sono incontrati a Ginevra per segnare la strada che Damasco dovrà percorrere per uscire dalla crisi: è stato elaborato un calendario di controlli sull’arsenale siriano, che dovrà essere approvato dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. In questa fase, sarà molto importante il ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È l’ambasciatore britannico presso l’ONU, Mark Lyall Grant, a confermare formalmente l’avvenuto accordo: i cinque membri permanenti hanno elaborato una risoluzione comune che affronta la questione in maniera partecipata e condivisa. Il voto del Consiglio, arrivato nella giornata di venerdì 27 settembre, è stato unanime e ha tenuto conto delle richieste principalmente di

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.

Stati Uniti e Russia, che in un certo modo si sono venute incontro. Il documento, seguendo l’indicazione russa, non è stato posto sotto l'ombrello del Capitolo 7 della Carta dell'Onu che prevede l'automatismo di misure punitive e, se necessario, anche l'uso della forza in caso di inadempienza. Pertanto, nel caso in cui Bashar alAssad non dovesse rispettare gli accordi, la comunità internazionale potrà ricorrere all’uso della forza solo dopo l’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza di una ulteriore risoluzione. Il testo in discussione potrebbe inoltre dare nuovo impulso alla convocazione di una Conferenza interna-

zionale per trovare una soluzione politica alla crisi siriana. La bozza, infatti, riafferma l’impegno comune a convocare un summit a Ginevra dove tutti gli attori coinvolti e le differenti posizioni del popolo siriano siano rappresentati. Tuttavia, molti sono i possibili ostacoli al dialogo politico a partire dalla difficoltà di portare attorno ad un tavolo i rappresentanti dell’opposizione siriana sempre più frammentata, dalle richieste avanzate dal governo di Damasco e dal ruolo che potranno svolgere paesi chiave quali l’Iran. Soddisfatta l'ambasciatrice degli Stati Uniti all'ONU Samantha Power che, in una dichiarazione, ha affermato che “la bozza di risoluzione

maniera irresponsabile, è significativo l’allarme di Zygmunt Bauman: accanto a quelli urbani, la società consumistica produce “rifiuti umani”, entrambi assimilati da una presunta inutilità. Senza rispetto per la vita non si ama l’ambiente e il bene dell’uomo, e senza un amore che comprenda ambiente e scelte sociali a favore di chi ha bisogno, la difesa della vita resta zoppa. Invece scelta per la vita e scelta per l’uomo vanno di pari passo; non a caso laici e credenti si sono incontrati fianco a fianco in alcune lotte contro le manipolazioni genetiche o contro la brevettabilità degli esseri viventi, incontro che potrebbe continuare in tanti altri ambiti dell’alba e del tramonto della vita. Non è un incontro impossibile.” Dalla condanna della cultura che fa sbagliare nasce anche un abbraccio che arriva a tutte le “periferie”: quelle di chi sbaglia e deve essere redento, quelle di chi è emarginato per la povertà… ma anche quelle di chi è emarginato perché resiste e non accetta di fare lo “scartatore”: la persecuzione è nelle nostre scuole, uffici, ospedali verso chi si oppone con le parole e i gesti ad un mondo che “scarta”. Prima la cultura, poi le leggi, ci mostra il Papa… perché questo è l’ordine logico, e perché i primi cristiani non si misero a far leggi ma a far comunità, a fare un mondo nuovo; le leggi poi furono la conseguenza ovvia. Ma non si illuda qualcuno che il Papa guardi di buon occhio quello che sa tuttavia perdonare.

della Siria stabilisce che l'uso di armi chimiche è una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale e crea una nuova norma contro l'uso di gas letali”. La strada che ha portato all’accordo della comunità internazionale è stata segnata da numerose discussioni, incomprensioni, e appelli, questi ultimi giunti in particolar modo da Papa Francesco che in più di un’occasione ha chiesto con fermezza la fine della guerra e una soluzione pacifica del conflitto. “Rimane sempre il dubbio se questa guerra, così come le altre, siano finalizzate alla vendita di armi, o al loro commercio illegale”, ha detto Francesco durante l’Angelus dell’8 settembre, già richiamato su queste colonne. “C’è una guerra più profonda che dobbiamo combattere, tutti! È la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona: ecco il seguire Cristo, ecco il prendere la propria croce! Questo comporta, tra l’altro – ha continuato il Pontefice – dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve, alla violenza in tutte le sue forme, alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Questi sono nemici da combattere uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune”.


domenicA 6 ottobre 2013

IL PORTICO DEGLI EVENTI

il Portico

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Dopo la Visita del Papa. La volontà di dialogare con tutte le componenti della società è un’indicazione preziosa.

L’esempio del Papa per superare la crisi: una stagione di collaborazione e speranza Il Pontefice non si limita all’ascolto e al conforto delle situazioni di difficoltà, ma si spinge all’analisi critica dei capisaldi del nostro sistema politico, economico e sociale

Sardegna e prima a Lampedusa, e sia all’estero, come è già stato nei mesi scorsi in Brasile. Benché privo di poteri temporali, il Papa riesce ad assumere un ruolo fondamentale che non si limita all’ascolto e al conforto delle popolazioni in sofferenza, ma si spinge all’analisi critica dei capisaldi del sistema politico, economico e sociale, con sottolineatura delle peggiori degenerazioni che affliggono il mondo. In questo contesto globale, il Papa contribuisce alla presa di coscienza collettiva della situazione di crisi ed alla elaborazione delle strategie di superamento, condividendole con le popolazioni che accorrono ai suoi incontri o ascoltano le sue parole di speranza.

L’invito ad evitare atteggiamenti rinunciatari di rassegnazione o disperazione, così come i comportamenti egoistici di abbandono e di esclusione dei più deboli, si accompagna alla predicazione della solidarietà e della speranza, con puntuale assunzione di responsabilità da parte di ciascuno. La situazione di crisi, sottolinea il Santo Padre, determina difficoltà che costituiscono al contempo delle opportunità che, soprattutto i più giovani, devono sapere correttamente interpretare per ricostruire un nuovo sistema mondiale che riporti al centro i bisogni degli uomini, evitando le catastrofi passate e presenti. Nessuno si senta escluso e tutti partecipino a questo processo di superamento della crisi che non ha connotati solamente economici, ma involge anzitutto la perdita dei valori fondanti la società ai vari livelli locali, nazionali e internazionali. L’utilizzo di un linguaggio semplice e diretto, accompagnato da gesti elementari e simbolici di affettuosità rivolti al pubblico permette al Papa di realizzare un’effettiva vicinanza con le persone. La deroga ai rigorosi protocolli dei cerimoniali ufficiali costituisce un elemento di innovazione, apertura e condivisione. Così anche a Cagliari è stata scelta una comunicazione immediata e dialettica, che alla lettura dei testi scritti ha preferito il dialogo a più voci fatto

di alternanza di ascolti, riflessioni e confronti. Il percorso sulla papamobile, inoltre, è stato di continuo accompagnato dal contatto fisico con i bambini, i malati e quanti hanno cercato una carezza o parola di conforto. Un autentico bagno di folla, che ha esaltato l’umanità di questo Papa che davvero si è immerso tra la moltitudine dei presenti, riconoscendo la sofferenza e la frustrazione che promanano dai volti, dagli sguardi e dalle parole delle donne e degli uomini che l’hanno affettuosamente abbracciato. Nel predicare la solidarietà, Egli per primo ha dato l’esempio di chiedere l’aiuto degli altri, affinché lo facciano tutti vicendevolmente per cementare un nuova stagione di collaborazione e speranza. * docente Università di Cagliari

reali e certi: dagli asili nido ai servizi ludico-educativi, da strumenti che consentendo di alleviare il carico familiare e, nel caso di famiglie numerose, che ci sia un'equità contributiva come l'introduzione del quoziente familiare garantirebbe. Oggi più che mai, mentre si levano richieste di riconoscimento di "nuovi tipi di famiglia", occorre partire dalla valorizzazione di quella cosiddetta tradizionale. E' questo il tempo delle responsabilità, il tempo di mettere in campo scelte politiche che l'impegno dei cattolici, in questo specifico ed importante tema, può volgere nella giusta direzione. Partendo, come ho accennato, dal dettato costituzionale che, se attuato nella sua interezza, realizza veramente il so-

gno di uno Stato che nella tutela dei diritti universali, riconosce nell'istituto familiare, il motore, il perno della comunità civile. A questo impegno siamo chiamati oggi. E, sempre citando il Santo padre, evitando di essere meri parolai, ma soggetti responsabili, consapevoli nell'adozione di scelte non più rinviabili. Il tempo delle discussioni va superato da quello delle scelte che indirizzino il prossimo futuro. Il messaggio giunto da Torino è proprio questo. La speranza, unita alla fiducia, possono e devono essere i "carburanti" di questa nuova stagione politica che può segnare positivamente il futuro del paese. La riflessione scaturita dalla Settimana sociale di Torino non lascia spazio a dubbi: dal messaggio di Papa Francesco, alla prolusione del Cardinale Bagnasco, alle relazioni e interventi, è emerso che occorre adottare scelte precise per difendere questo patrimonio unico. In un'ottica che, aldilà degli aspetti meramente religiosi, riconosca, a partire dal dato naturale, quello che la famiglia è sempre stato: il caposaldo, il fondamento di ogni singola comunità civile. Il mio convincimento, dopo le analisi sentite, le relazioni proposte, è che oggi più che mai occorra una sinergia interistituzionale (Comuni, Regioni e

Stato) per un percorso che a partire dalla fiscalità riconosca alle famiglie, soprattutto quelle numerose, il diritto alla "diversità". Non più parametri economici, ma indicatori sociali che aiutino, sostengono realmente la famiglie nelle sue varie componenti e, soprattutto, dia la giusta direzione: a partire da garanzie nel caso in cui il capofamiglia perda il posto di lavoro, al sostegno dei figli in età scolare, ad inserimenti nel campo professionale o scolastico. Non sarebbe male una sfida che parta propria dalla nostra isola, dove la famiglia ha sempre avuto un ruolo fondamentale: una Sardegna basata sula famiglia per superare la crisi in atto. Chiudo pensando ad una parola più volte citata a Torino: la dignità. Ecco penso proprio alle famiglie di contadini dei nostri paesi che, pur davanti a una crisi spaventosa, a figli disoccupati, a difficoltà terribili, non hanno mai perso la speranza, grazie ala dignità che è convinto che grazie alla famiglia tutto si può superare. E, per quanto mi riguarda, i piccoli paesi sono come delle famiglie che oggi più che mai hanno colto e vogliono cogliere sempre di più il messaggio di Torino: la famiglia speranza e futuro della società italiana. * direttore ANCI Sardegna

CARLO PILIA* A RECENTE VISITA DI Papa Francesco in Sardegna ha suscitato un interesse profondo e generalizzato che supera l’ondata emotiva della intensa giornata domenicale trascorsa a Cagliari e non si limita ai numerosissimi fedeli che hanno assiepato il quartiere di Bonaria per partecipare alla cerimonia religiosa officiata durante la mattinata. Il significato dell’importante visita non si esaurisce nella dimensione confessionale e perciò non si rivolge ai soli cristiani sardi, ma assume ulteriori significati che coinvolgono l’intera società avvolta in una prospettiva di crisi globalizzata. Il fitto calendario della visita papale in Sardegna, densa di impegni concatenati che avrebbero fiaccato il fisico di chiunque, se non animato da straordinaria forza d’animo, indica la volontà di dialogare con le varie componenti della società isolana, da quelle

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istituzionali, a quelle economiche e sociali. Ciascun rappresentante ha portato i problemi e le difficoltà del proprio settore, così da offrire uno spaccato drammatico della complessiva situazione sarda. La denuncia ha accomunato tutti, dalle persone più umili e disperate che subiscono l’attuale situazione di difficoltà, agli stessi governanti delle maggiori istituzioni pubbliche e private, anche quelle di vertice, che pure dovrebbero affrontare e, per lo meno tentare di, risolvere le questioni sarde, senza abbandonarsi alla sterile protesta. La condivisione della denuncia delle situazioni di crisi, peraltro, è la costante delle visite pastorali del Papa sia in Italia, nei viaggi in

La Sardegna laboratorio di politiche familiari? Una proposta concreta dopo la Settimana sociale di Torino UMBERTO OPPUS*

i rallegro per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo per le istituzioni e per il Paese". Nelle parole di Papa Francesco il senso e l'impegno, per il prossimo futuro, emerso dalla 47^ Settimana Sociale dei Cattolici italiani. Quattro giorni densi di incontri, riflessioni e di dibattito che, oggi più che mai in questa difficile congiuntura di crisi sociale ed economica, ha confermato l'importanza della famiglia come fondamento della nostra nazione. Famiglie che, dopo l'importante ruolo sancito nella nostra Costituzione, ha bisogno di scelte concrete, legislative e finanziarie, per tutelarne la sua stessa esistenza, il suo ruolo, ma soprattutto la sua funzione ne prossimo futuro. Per quanto mi riguarda, avendo

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partecipato alle assemblee sulla fiscalità e famiglie, ho colto il disagio che si vive oggi per scelte normative (ultima fra tutte la TARES) spesso e volentieri penalizzanti per le famiglie numerose. Bene ha fatto la Chiesa italiana a porre la famiglia al centro di queste Settimane Sociali per indicare soluzioni concrete e operative che difendano l'istituto famiglia, ma lo mettano soprattutto in condizione di poter esprimere tutte le sue potenzialità. Sono convinto, soffermandomi sula nostra Regione, che la Sardegna possa diventare un laboratorio in tal senso con politiche mirate che, oltre all'atavico problema delle coperture finanziarie, metta al centro la creazione di servizi in rete in favore della famiglia. se da un lato, infatti, occorre puntare su interventi che incidano sul "bilancio economico familiare", dall'altro occorre mettere le famiglie stesse in condizione di poter usufruire di servizi

foto gabriella carta


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IL PORTICO DEL TEMPIO

il Portico

Il Papa. Una settimana contrassegnata dal Congresso internazionale sulla catechesi.

“Essere catechista significa rendere testimonianza con la coerenza di vita” ROBERTO PIREDDA A SETTIMANA DEL SANTO Padre è stata segnata in particolare dal Congresso Internazionale sulla Catechesi e la Giornata dei catechisti che si sono svolti in occasione dell’Anno della Fede. Nell’omelia della Messa per la Giornata dei catechisti Papa Francesco ha posto in evidenza il rischio per l’uomo di perdere la memoria di Dio: «"Guai agli spensierati di Sion", diceva il profeta. Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia (cfr Ger 2,5). Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli!». Il catechista è chiamato a portare avanti la memoria di Dio nel nostro tempo: «è colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. E’ bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze,

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non si chiude in se stessa […] Il catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere». Nell’udienza concessa ai partecipati al Congresso Internazionale sulla Catechesi il Papa ha messo in evidenza la vocazione del catechista: «”essere catechista”, questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma "esserlo", perché

coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto: “La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”. E quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E questo non è facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza». Papa Francesco ha poi indicato ai catechisti delle piste concrete per riuscire ad essere testimoni e annunciatori di Gesù Cristo: «rima-

niamo con Cristo - rimanere in Cristo - cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di tracciare strade nuove per l’annuncio delVangelo». In settimana all’Udienza Generale il Santo Padre ha proseguito la sua riflessione sul mistero della Chiesa soffermandosi sulla sua unità: «unità nella fede, nella speranza, nella carità, unità nei Sacramenti, nel Ministero: sono come pilastri che sorreggono e tengono insieme l’unico grande edificio della Chiesa. Dovunque andiamo, anche nella più piccola parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa; noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. E questo è un grande dono di Dio! La Chiesa è una sola per tutti». Sempre in settimana è stato diffuso il Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (19 Gennaio 2014) dal titolo “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”. Nel testo il Papa afferma che «non si può ridurre lo sviluppo alla mera crescita economica, conseguita, spesso, senza guardare alle persone più deboli e indifese. Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue dimensioni, inclusa quella spirituale».

Abbònati a

domenicA 6 ottobre 2013

pietre LAOS

Cristiani espulsi a causa della loro fede Le autorità civili della provincia di Savannakhet, hanno stabilito che i cittadini laotiani cristiani, presenti nei diversi villaggi, devono rinunciare alla loro fede, pena l'espulsione dal territorio distrettuale. Il provvedimento è stato emanato visto il numero crescente di conversioni al cristianesimo in diversi villaggi. La decisione è stata resa nota nel corso di una riunione ufficiale di membri delle autorità civili con la popolazione del villaggio di Huay. Diramata la notizia, i cristiani hanno respinto la decisione, sostenendo che il loro diritto alla libertà religiosa è garantito dalla Costituzione laotiana e dicendosi pronti a subire l'espulsione, pur di non abiurare alla fede cristiana. SIRIA

Sempre più problemi per i cristiani Si fa sempre più difficile la vita per le minoranze religiose siriane che, nel conflitto, risultano i settori più vulnerabili della società. Trentasei leader religiosi islamici di Douma, uno dei maggiori sobborghi di Damasco, hanno emanato un decreto giuridico che legittima il diritto dei fedeli musulmani sunniti a requisire e appropriarsi di beni, case, proprietà appartenenti a cristiani, drusi e alawiti e membri di altre minoranze religiose “che non professano la religione sunnita del Profeta”. La fatwa invita a apertamente a “boicottare e rompere qualsiasi relazione gli abitanti di Damasco che hanno tradito i rivoluzionari o li hanno abbandonati”. Le proprietà confiscate saranno utilizzate in parte “per acquistare armi”, in parte per aiutare orfani, poveri, le famiglie dei martiri e delle vedove. SUDAN

48 numeri a soli

30 euro

Hanno collaborato a questo numero: Gabriele Colombini, insegnante di materie letterarie nelle scuole medie, Carlo Bellieni, neonatologo, membro della Pontificia Accademia Pro Vita, Matteo Meloni, laureato in Governance e Sistema Globale, Carlo Pilia, professore associato di Diritto privato all’Università degli Studi di Cagliari, Umberto Oppus, direttore dell’Anci Sardegna, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, padre Maurizio Teani, preside della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, Matteo Campagnola, componente del Coro giovanile diocesano, Giovanni Lorenzo Porrà, giornalista pubblicista laureato in Filologie e Letterature Classiche e Moderne, Davide Lai, collaboratore dell’Ufficio catechistico diocesano, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Rosalba Crobu, funzionario del Ministero Istruzione, Università e Ricerca, Mario Marini, presidente regionale Oftal Sardegna, Maria Vittoria Pinna, collaboratrice di Radio Bonaria, autrice del blog Annavercors, Simone Milletti, seminarista della Diocesi di Cagliari, mons. Giovanni Ligas, vicario generale della Diocesi di Cagliari, Andrea Agostino, studente della Facoltà teologica, Antonio Girardi, parrocchiano della Sacra Famiglia (Cagliari), Maria Grazia Catte, catechista della parrocchia SS. Redentore (Monserrato), Michele Antonio Corona, specializzato in Teologia Morale e Sacra Scrittura, dottorando in Fonti scritte della civiltà mediterranea, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana. Il direttore della testata è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3730 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.

Atti intimidatori contro la Chiesa Sono in aumento gli atti intimidatori nei confronti di sacerdoti e missionari da parte delle autorità del Sudan. Lo denunciano fonti della Chiesa locale. In particolare nel mese di settembre quattro sacerdoti sono stati convocati a più riprese dai servizi di sicurezza per essere interrogati. Negli ultimi tempi infatti alcuni centri ecclesiali sono stati chiusi, diversi sacerdoti e missionari stranieri sono stati costretti a lasciare il Paese, mentre ad altri non è stato rinnovato il permesso di soggiorno oppure rifiutato l'ingresso nel Paese. Infine le riunioni ecclesiastiche e i movimenti dei fedeli sono controllati da una rete di informatori. Il governo di Khartoum ha già espulso tutti i missionari stranieri delle altre chiese cristiane.


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IL PORTICO DEGLI EVENTI

il Portico

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La Visita del Papa. Il modo di porsi di Francesco rivela e mostra la vicinanza di Dio nei confronti di ogni uomo.

Lo stile Bergoglio richiede a tutti un ritorno all’essenziale della fede, al cuore del Vangelo Le indicazioni impegnative e chiare fornite dal Papa durante lo storico incontro in Facoltà teologica dovranno ora orientare la ricerca e l’insegnamento anche di chi studia teologia PADRE MAURIZIO TEANI* ELL’INCONTRO CON IL mondo della cultura tenutosi nell’Aula Magna della Facoltà Teologica, papa Francesco ha esordito invitando a reagire di fronte alla crisi che stiamo attraversando, evitando di cadere in un atteggiamento rassegnato e disfattista, «che porta alla paralisi dell’intelligenza e della volontà». Ha quindi evidenziato ciò che caratterizza un’istituzione di carattere universitario: l’essere un luogo di discernimento, di prossimità e di solidarietà. Ciò significa che essa, da una parte, deve caratterizzarsi come lo spazio in cui si opera una lettura critica della realtà, «un ripensamento dei modelli economicosociali, di una certa concezione del progresso che ha alimentato illusioni, per recuperare l’umano in tutte le sue dimensioni». Dall’altra, deve caratterizzarsi come lo spazio in cui si elabora una cultura del dialogo, del confronto costruttivo, così da contrastare la «cul-

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Nella foto di Gabriella Carta, l’incontro del Papa con padre Maurizio Teani.

tura dello scarto» e dell’esclusione, che tende a imporsi nel mondo globalizzato. Sono indicazioni chiare e impegnative, che dovranno orientare la ricerca e l’insegnamento svolti in Facoltà Teologica. Qui vorrei sottolineare come sia il modo di porsi e di relazionarsi del papa, segnato da mitezza e umiltà, a risultare in se stesso eloquente. Esso, prima ancora di ogni intervento verbale, «parla» della vicinanza di Dio nei confronti di ogni uomo e donna, della Misericordia che non abbandona nessuno. Ne hanno fatto esperienza anche le persone presenti all’incontro in Aula Magna. Quello che possiamo chiamare «lo stile Bergoglio» richiede a tutti, anche a chi si occupa di teologia, un ritorno all’essenziale della fede cristiana, una concentrazione su ciò

che costituisce il cuore dell’evangelo. Rivolgendosi all’episcopato brasiliano durante il recente viaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù, il papa ha evidenziato l’urgenza di promuovere una figura di Chiesa capace di farsi compagna di strada dell’uomo d’oggi che, come i discepoli di Emmaus, è spesso preda del disorientamento: «Oggi serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascol-

to. Una Chiesa che accompagna il cammino, capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme». A queste parole ha fatto seguire una domanda a bruciapelo: «Siamo ancora una Chiesa capace di scaldare i cuori?». È una domanda che chiama in causa anche chi opera in Facoltà: la teologia, che viene insegnata e appresa, è capace di scaldare i cuori? Oppure - come ammoniva l’allora cardinale Bergoglio in un intervento tenuto a Roma nel febbraio 2009 – è fatta di «formulazioni astratte» e di «sillogismi irrefutabili», espressione di «un paradigma razionalista che è altro dalla solidità della verità di Cristo, verità della misericordia e dalla fedeltà che salvano»? È proprio l’annuncio della misericordia a far sì che l’evangelo sia «buona notizia». È questo annuncio che deve rimanere centrale nella testimonianza della Chiesa e che deve ispirare la stessa pratica teologica. «Senza misericordia – ha ribadito il papa ai vescovi brasiliani lo scorso luglio – c’è poco da fare oggi, per inserirsi in un mondo di feriti che hanno bisogno di com-

prensione, di perdono, di amore». Di fronte a tanti feriti nel corpo e nello spirito, la Chiesa deve farsi «ospedale da campo», secondo l’immagine suggestiva usata dal papa nella recente intervista rilasciata al Direttore di Civiltà Cattolica. Ecco le sue parole: «… la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto». In un ospedale da campo non si lanciano condanne, si cura. Lo aveva solennemente annunciato Papa Giovanni nel grande discorso di apertura del Concilio: la Chiesa «preferisce far uso della medicina della misericordia piuttosto che della severità: essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che con la condanna». * Preside Pontificia Facoltà teologica della Sardegna

foto francesco cogotti

“L’Università è luogo privilegiato in cui si promuove, si insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi - uno dei rischi della globalizzazione è questo -, e neppure li estremizza facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita” (Papa Francesco, Incontro alla Pontificia Facoltà della Sardegna, 22 settembre 2013). foto gabriella carta


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il Portico

IL PORTICO DEI GIOVANI

DOMENICA 6 ottobre 2013

La Visita del Papa. la testimonianza di chi ha cantato durante l’incontro con il Santo Padre nel largo carlo Felice

Battesimo di fuoco per il coro giovanile diocesano Con gioia ed entusiasmo davanti a Papa Francesco Prove e appuntamenti quotidiani per arrivare preparati al grande evento. Esperienza indescrivibile a contatto con il Pontefice: così il canto è diventato pian piano una preghiera MATTEO CAMPAGNOLA ETTA LETUE RETI": SONO state le parole più ricorrenti della giornata del 22 settembre. Parole che ci spingono sicuramente a fidarci e ad affidarci a Gesù, così come accade all'apostolo Pietro nel brano del Vangelo di Luca, la chiamata dei primi discepoli. È stata un'esperienza davvero indescrivibile. Faccio parte del coro giovanile diocesano che è stato creato per l’evento del Papa in Sardegna, un battesimo di fuoco che ci ha concesso di vivere la visita di Papa Francesco con molta emozione ed entusiasmo. Sant’Agostino diceva “chi canta bene prega due volte”. E' proprio vero, il nostro canto è diventato una preghiera dal giorno in cui sono iniziate le prove. Siamo riusciti tutti insie-

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Alcune immagini dell’incontro del Papa con i giovani a Cagliari.

me a conciliare divertimento e preghiera. Il gruppo, creato dal nulla, è riuscito in poco tempo, con l’aiuto di tutta l’equipe e guidato da don Davide Collu, ad animare l'incontro dei giovani con Papa Francesco. L'esperienza è nata apparentemente per caso, in seguito alla proposta di far parte di questo coro. Ma sappiamo che il Signore non agisce mai per caso e che volutamente ha deciso di chiamarmi a questo servizio. Si è trattato di un'esperienza non solo di divertimento e di servizio ma

sione fraterna. Mi ha colpito trovare all'interno del gruppo tanti altri ragazzi che condividono come me l'amore per Gesù, che è stato il fine e l'artefice di questa esperienza. L'incontro con Papa Francesco mi ha insegnato a fidarmi ma sopratutto ad affidarmi a Gesù in ogni momento della mia vita, ad avere speranza nel futuro specialmente nelle difficoltà, a non aver paura e a credere che non sarò mai solo nel mio cammino. Il mio desiderio è di far arrivare a chi incontrerò sulla mia strada tutti i valori e la gioia che questa esperienza mi ha lasciato e mi impegnerò affinché nella mia comunità e nella mia parrocchia giovani e ragazzi si ritrovino nello stesso amore e riscoprano il valore del-

l'unità, sentendosi parte di una stessa famiglia. Tornando alla giornata di domenica, ma soprattutto alla preparazione all’evento, posso solo dire che è stato faticoso; le prove e gli appuntamenti quotidiani sono stati vissuti con tantissima gioia e ansia in vista dell’incontro che è stato il culmine di tutta la fatica e soprattutto il coronamento di un sogno che una persona ricca di fede ricerca e spera di vivere appieno. Ringrazio sentitamente tutti i ragazzi che hanno partecipato al coro, l'equipe che ci ha guidati e don Davide che magistralmente è stato per noi una guida "musicale" e sopratutto spirituale. ha collaborato Barbara Rotondo

soprattutto di fede, quella stessa fede che da diversi anni mi accompagna e che mi ha permesso di far parte del coro diocesano. È vero, Papa Francesco ha detto che la Cresima è il Sacramento dell’addio. E così è stato nel mio caso, ma dopo qualche anno la fede ha nuovamente fatto il suo ingresso nella mia vita. Grazie al coro diocesano la mia fede è stata ulteriormente confermata e ho potuto mettere in pratica valori quali l'unità, l'amore e la condivi-

“Cari giovani sardi, la terza cosa che voglio dirvi, e così rispondo alle altre due domande, è che anche voi siete chiamati a diventare “pescatori di uomini”. Non esitate a spendere la vostra vita per testimoniare con gioia il Vangelo, specialmente ai vostri coetanei. Io voglio raccontarvi un’esperienza personale. Ieri ho fatto il 60° anniversario del giorno in cui ho sentito la voce di Gesù nel mio cuore. Ma questo lo dico non perché facciate una torta, qui, no, non lo dico per quello. Ma è un ricordo: 60 anni da quel giorno. Non lo dimentico mai. Il Signore mi ha fatto sentire fortemente che dovevo andare per quella strada. Avevo 17 anni. Sono passati alcuni anni prima che questa decisione, questo invito, fosse concreto e definitivo. Dopo sono passati tanti anni con alcuni successi, di gioia, ma tanti anni di fallimenti, di fragilità, di peccato… 60 anni sulla strada del Signore, dietro a Lui, accanto a Lui, sempre con Lui. Soltanto vi dico questo: non mi sono pentito!” (Papa Francesco, incontro con i giovani, 22 settembre 2013)


DOMENICA 6 ottobre 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Iniziative. Entra nel vivo il progetto ideato da Mauro Sarzi “Pierino, il lupo e l’autismo”.

Al Teatro lirico le emozioni dei colori: così la musica aiuta tutti i bambini Il genio dei Sarzi ancora una volta al servizio dei più deboli: vola alto l’accordo con il Centro per i disturbi pervasivi dello sviluppo e il Teatro lirico del capoluogo GIOVANNI LORENZO PORRÀ IOCARE CON I BURATTINI, per non sentirsi come dei burattini. Potrebbe riassumersi così il significato del nuovo progetto del Brotzu “Pierino, il Lupo e l'Autismo”, nato anni fa da un'idea del fisiatra reggiano Adriano Ferrari, e del burattinaio Mauro Sarzi: usare i burattini per aiutare i bambini autistici a imparare a relazionarsi con maggiore facilità con gli altri. Un'idea portata in tutto il mondo, prima di tornare in Sardegna. Sarzi è figlio d'arte: “mio bisnonno è stato il primo, poi sono venuti mio nonno e mio padre – ricorda – far emozionare le persone è una tradizione di famiglia”. E per raccontare la sua storia forse potrebbe bastare l'intero giornale: collaborazioni con grandi artisti, esibizioni in tutto il mondo, lezioni all'università, e molto altro ancora. Al Brotzu poi è di casa: gli alberi e le figure colorate che da anni ornano la Pediatria sono una delle sue tante idee: “Avevo mio nipotino ricoverato - ricorda - e fu il primario, Mario Silvetti, a propormi di esibirmi con i bambini: è così che tutto è cominciato”. Sempre come volontario, e ora con la sua onlus

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Nelle foto di Pier Paolo Fusciani, la rappresentazione al Teatro lirico.

“Human arts e le mani dei Sarzi”. “L'opera Pierino e il Lupo è un classico amatissimo da piccoli e adulti – spiega Pier Paolo Fusciani, che ha curato la parte fotografica – composto nel 1936 da Sergej Prokofiev, è nata come opera musicale con funzione educativa: la storia è semplice, ma la sua caratteristica è che ogni personaggio è annunciato da un diverso strumento musicale. Sarzi poi ci ha aggiunto la narrazione e naturalmente i burattini”. Minimali anch'essi: il mondo di “Pierino e il Lupo” è fatto di figure di carta, ma soprattutto è tutto bianco; solo gli occhi sono colorati: “per aiutare a riconoscere l'espressione”. Dopo alcuni mesi di preparativi il progetto è finalmente pronto a partire, ma intanto i primi risultati si sono già visti, con un'esibizione al Teatro Lirico a Cagliari ad aprile: “avevamo due classi, e fra il pubblico c'erano diversi bambini autistici; 38 musicisti erano vicinissimi a loro – ricorda Sar-

zi – si sentivano la musica arrivare addosso! Io raccontavo la storia. Fra il pubblico c'erano, attentissimi, Giuseppe Doneddu, direttore del Centro per i disturbi pervasivi dello sviluppo, e la sua équipe. È stato quasi come un miracolo vedere tutti i bambini seguire con grande interesse, e poi ci hanno fatto avere dei disegni bellissimi. Uno di loro ha parlato di “emozioni dei colori”. Ora si comincia con la seconda parte del progetto: coinvolgere diretta-

“Il grande valore sociale della musica” Parla il direttore artistico del Lirico, Umberto Fanni G. L. P. NA “PRIMA” A LIVELLO mondiale per il Teatro Lirico: rappresentare la celebre opera musicale “Pierino e il Lupo” nell'ambito di un laboratorio rivolto ai bambini autistici. Un progetto voluto da Mauro Sarzi e Daniele Sanna, realizzato con la collaborazione della Onlus “Human Arts e le Mani dei Sarzi”, del centro per i disturbi pervasivi dell'azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari, e naturalmente dello staff del Lirico: l'orchestra, il maestro Eugenio Milia, responsabile del coordinamento artistico del territorio, il direttore della programmazione Marco Maimeri, il direttore operativo Paolo Paoli e il “mago delle luci” Marco Mereu. Ne parla con grande entusiasmo il

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maestro Umberto Fanni, direttore artistico del teatro: “Sono giunte voci anche a livello ministeriale di grandissimo apprezzamento. La musica è il nostro lavoro, ma il valore aggiunto è la destinazione sociale e umanitaria. I bambini erano accompagnatati dai genitori, anche loro emozionati,e sedevano vicinissimi all'orchestra e al narratore: anche la scenografia era molto semplice. Qualcosa di diverso da una tipica rappresentazione al Lirico: sono sicuro che rimarrà impresso nel cuore di coloro che ci hanno lavorato”. Com'è andata la rappresentazione? Un grandissimo successo di pubblico. I bambini erano estasiati, e recepivano moltissimo anche le differenze tra i personaggi e le musiche li accompagnavano: è come se la musica, le immagini e la voce narrante

formassero un linguaggio che per loro diventava comprensibile nonostante le difficoltà di relazione. Tutto a titolo gratuito... È una delle attività della Fondazione del Teatro Lirico Cagliari, e siamo orgogliosi, perché è la prima volta che svolgiamo uno scopo sociale così importante. Speriamo di ripeterla, e ci auguriamo divenga un progetto pilota per tutti i teatri della Sardegna

mente i bambini. Prima insegnando loro a lavorare sulle emozioni trasmesse dall'opera, poi gradualmente impareranno a realizzare burattini, e a raccontare storie. Persino i musicisti del teatro parteciperanno, e porteranno i loro strumenti per mostrarne il funzionamento da vicino: “Questo progetto li educa all'arte della finzione e della rappresentazione – spiega Sarzi - e sviluppa l'empatia con gli altri e l'abilità sociale: ci aspettiamo grandi cose”. Si lavorerà con bambini cosiddetti ad “alta funzionalità”, che potranno trarne i massimi benefici; il progetto in termini scientifici stimola i cosiddetti neuroni specchio,fondamentali per apprendere l'espressione e del linguaggio. Qualcosa di simile Sarzi l'ha già fatta con gli anziani: “insegnavo loro a costruire burattini, per raccontare ai nipotini delle storie, e mantenere così la mente sempre giovane - ricorda - Amo i bambini e gli anziani, perché sono innocenti e spesso indifesi, ma soprattutto sono veri e spontanei: nel teatro della vita sono gli unici che non portano maschere”. E forse per questo a vederle nella finzione si divertono di più.

e d'Italia, per poter aiutare questi bambini. Che ne pensa del fatto che molti musicisti del Lirico presto si recheranno al Brotzu per esibirsi per i bambini? Faceva parte del progetto; per me sono grandissimi professionisti che dimostrano valori oggi molto difficile da trovare. Il Lirico ha fatto altri progetti di volontariato? Questo è il primo esperimento, ma ci auguriamo di poter svolgere ancora altre attività con vari fini sociali. La musica ha un valore terapeutico? Assolutamente si: l'origine della vita è stata tra i rumori, che col tempo si trasformano in musica, e anche il bambino, nel ventre materno, percepisce un mondo sonoro tutto particolare. E poi la musica ha un messaggio universale che non necessita di traduzione e arriva direttamente ai cuori e alle menti delle persone.

IL PORTICO

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convegno IL 9 E IL 10 OTTOBRE

Comunità, catechisti e iniziazione cristiana Mercoledì 9 e giovedì 10 ottobre, a partire dalle ore 16, presso l’Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Cagliari, la nostra Diocesi vivrà l’annuale Convegno dei catechisti.

Il tema scelto per il convegno, “Generare alla fede nel tempo della Nuova Evangelizzazione”, si colloca in prospettiva comunionale con tutta la Chiesa che vive e celebra l’Anno della fede, convinti dell’importanza e dell’attenzione del grande dono della fede, in un contesto sempre più che mai di Nuova Evangelizzazione: occorre, infatti, proporre il messaggio evangelico prestando ascolto ad un mondo che continuamente cambia. Compito affidato ai Catechisti e agli educatori delle comunità parrocchiali, movimenti ed associazioni, è quello di seminare, coltivare, far germinare il seme della fede in coloro, specialmente bambini e ragazzi, che vengono affidati alla loro cura, accompagnandoli in un processo di formazione e di crescita in sinergia con le famiglie e il contesto educativo-sociale di riferimento. Il Convegno catechistico è aperto non soltanto a coloro ai quali è affidato il compito della catechesi nelle comunità parrocchiali, ma a tutti gli operatori pastorali che prestano il proprio servizio nelle comunità cristiane e che, dunque, non possono sottrarsi al compito che la Chiesa stessa affida loro: essere autentici evangelizzatori con la testimonianza della propria vita. Le due giornate di convegno vogliono favorire l’incontro, la conoscenza, il confronto e lo scambio tra i catechisti e gli operatori pastorali che operano nelle diverse realtà parrocchiali della Diocesi di Cagliari. Saranno coordinate dall’Ufficio Catechistico Diocesano e guidate nella riflessione da don Luciano Meddi, docente ordinario di catechetica missionaria presso la Pontificia Università Urbaniana, e da Mons. Paolo Sartor, responsabile del servizio per il catecumenato dell’Ufficio Catechistico Nazionale. Come ha voluto sottolineare Papa Francesco all’udienza per i catechisti, il 27 settembre, in occasione Congresso Internazionale per la Catechesi “La catechesi è un pilastro per l’educazione alla fede”. Per svolgere questo servizio, occorre, dunque, “essere catechisti, non lavorare da catechisti. Essere catechista è una vocazione”. Davide Lai


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IL PORTICO DE

il Portico

XXVI DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)

dal Vangelo secondo Luca

DON ANDREA BUSIA

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l brano inizia con una domanda “fondamentale” degli apostoli, nel senso che la fede è il fondamento, la base su cui si radica il rapporto con il Signore. La richiesta è formulata nel senso di un accrescimento di una fede già presente: gli apostoli hanno già conosciuto Gesù, hanno imparato a riporre in lui la fiducia, ma si rendono conto che ancora questa è insufficiente perché vedono che non sono in grado di entrare in perfetta sintonia con lui perché le sue richieste, la sua adesione alla volontà del Padre appaiono esageratamente alte per poter essere realizzabili, il brano precedente (Lc 17,1-4) ci parla infatti della necessità di perdonare. Questa è probabilmente la stessa situazione che viviamo noi, a meno che non siamo indifferenti al problema o che siamo giunti a un livello mistico di unione al Signore. Dobbiamo chiederci quanto spesso

il portico della fede

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n quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Lc 17, 5-10

Servi inutili...

e con quanto fervore e perseveranza finalizziamo la nostra preghiera all’ottenimento di una fede più abbondante e matura. Gesù risponde in due tempi in maniera per certi versi sorprendente. La prima parte della risposta, quella che dovrebbe funzionare come una introduzione, ha il duplice effetto di mostrare quanto sia piccola la fede degli apostoli e di mostrare quanto possa essere potente. Dicendo “se aveste fede quanto un granello di senape”, Gesù sta affermando che la fede degli apostoli è inferiore metaforicamente a quella di un minuscolo seme. D’altra parte indicando che anche quella piccolissima fede sarebbe sufficiente a compiere un’azione straordinaria e, implicitamente, sta dicendo agli apostoli che la loro è una richiesta che è doveroso porre. Da un lato Gesù sottolinea quanto abbiano (e abbiamo) bisogno della fede e dall’altra li (e ci) invoglia a chiederne con fervore. La seconda parte della risposta, quella che

in teoria dovrebbe essere la risposta vera e propria alla richiesta degli apostoli, apparentemente abbandona completamente il tema della fede per passare a quelli del servizio e dell’umiltà, ma non è esattamente così, in ogni caso è opportuno analizzare questa parte della risposta in sé e poi vedere come questa è connessa con il tema della fede. All’inizio Gesù pone agli apostoli una situazione esemplare che a noi può sembrare anacronistica ma che, ai loro tempi, era abbastanza comune visto che la servitù era parte integrante della situazione sociale. Un servo dopo la giornata lavorativa è chiamato, nonostante la stanchezza, a continuare a servire il suo padrone senza ricevere neppure un ringraziamento. Gesù non dà un giudizio sull’atteggiamento del padrone, ciò che è invece rilevante è ciò che gli apostoli, seguendo l’esempio del servo, devono dire (e noi con loro) alla fine del servizio: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto

dovevamo fare”. La prima parte può essere fraintesa e a questo bisogna fare attenzione: l’essere servi “inutili” non va inteso nel senso di infruttuoso o superfluo, ciascuno di noi è importante in sé e agli occhi di Dio; essere servi “inutili” ha, invece, il significato di essere servi “che agiscono senza cercare un proprio utile”, potremmo dire “servi disinteressati”. Detto questo per capire il significato del legame tra la fede e il nostro essere “servi inutili” possiamo ricordare che una formulazione simile a “stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi” l’abbiamo trovata precedentemente, sempre in Luca, per indicare Gesù stesso: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37). La fede in Gesù deve essere attiva (come ricordano i tanti verbi di azione) ma allo stesso tempo è una fede che ci mette in sintonia con lo stesso atteggiamento di Gesù. Gli apostoli hanno chiesto di aumentare la loro fede e Gesù ha detto loro di imitare la sua fede attiva.

UN DONO ORIGINARIO CHE CI PRECEDE Papa Francesco nella Lumen Fidei, rifacendosi in particolare agli scritti di San Paolo, pone in evidenza il fatto che il credente nel momento in cui accoglie la fede viene trasformato in una creatura nuova. Questo rinnovamento è costituito dal dono della filiazione divina: «”Abbà, Padre” è la parola più caratteristica dell’esperienza di Gesù, che diventa centro dell’esperienza cristiana (cfr Rm 8,15). La vita nella fede, in quanto esistenza filiale, è riconoscere il dono originario e radicale che sta alla base dell’esistenza dell’uomo» (LF, 19). San Paolo rifiuta l’atteggiamento del fariseo che lega la giustificazione unicamente al proprio operare: «costui, anche quando obbedisce ai comandamenti, anche quando compie opere buone, mette al centro se stesso, e non riconosce che l’origine della bontà è Dio. Chi opera così, chi vuole essere fonte della propria giustizia, la vede presto esaurirsi e scopre di non potersi neppure mantenere nella fedeltà

alla legge. Si rinchiude, isolandosi dal Signore e dagli altri, e per questo la sua vita si rende vana, le sue opere sterili, come albero lontano dall’acqua» (LF, 19). L’inizio della salvezza invece, spiega il Santo Padre nell’enciclica, è l’apertura a un dono originario che ci precede: «solo nell’aprirci a quest’origine e nel riconoscerla è possibile essere trasformati, lasciando che la salvezza operi in noi e renda la vita feconda, piena di frutti buoni. La salvezza attraverso la fede consiste nel riconoscere il primato del dono di Dio, come riassume san Paolo: “Per grazia infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio”» (LF, 19). Nell’incontro con Cristo l’uomo può aprirsi alla novità di Dio e lasciarsi trasformare dal suo amore: «la fede in Cristo ci salva perché è in Lui che la vita si apre radicalmente a un Amore che ci precede e ci trasforma dall’interno, che agisce in noi e con noi […] Cristo è disceso sulla terra ed è ri-

suscitato dai morti; con la sua Incarnazione e Risurrezione, il Figlio di Dio ha abbracciato l’intero cammino dell’uomo e dimora nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo. La fede sa che Dio si è fatto molto vicino a noi, che Cristo ci è stato dato come grande dono che ci trasforma interiormente, che abita in noi, e così ci dona la luce che illumina l’origine e la fine della vita, l’intero arco del cammino umano» (LF, 20). Il Signore rendendo partecipe l’uomo del suo amore gli dona un nuovo sguardo sulla realtà: «il cristiano può avere gli occhi di Gesù, i suoi sentimenti, la sua disposizione filiale, perché viene reso partecipe del suo Amore, che è lo Spirito. È in questo Amore che si riceve in qualche modo la visione propria di Gesù. Fuori da questa conformazione nell’Amore, fuori della presenza dello Spirito che lo infonde nei nostri cuori (cfr Rm 5,5), è impossibile confessare Gesù come Signore (cfr 1 Cor 12,3)» (LF, 21). di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

domenicA 6 ottobre 2013

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Ne ha dato notizia la Caritas.

Una nuova donazione per i poveri sardi I. P.

ei giorni scorsi, nel piazzale dello stabilimento As do Mar nella zona industriale di Olbia, i furgoni delle dieci Caritas diocesane sarde hanno preso in consegna la seconda tranche composta da 33 mila scatolette da 100 grammi di tonno As do Mar blu che la Generale Conserve ha deciso di donare all'organizzazione di volontariato nell’ambito del progetto Operazione solidarietà – As do Mar con Caritas. La prima donazione è avvenuta il 10 luglio sempre ad Olbia, giorno in cui l’azienda di proprietà dell’imprenditore Vito Gulli donò una prima tranche di 33mila scatolette di tonno alle dieci Caritas diocesane della Sardegna. Alla cerimonia di consegna hanno partecipato i rappresentanti delle Caritas guidati dal delegato regionale Don Marco Lai. Insieme a lui, in rappresentanza della As do Mar, era presente il consigliere delegato Ruggero Bogoni (nella foto in alto). “La nuova donazione rappresenta un segno di continuità con quella di luglio e dimostra la straordinaria coerenza della As do Mar - ha spiegato don Marco Lai, delegato regionale della Caritas in un momento di estrema necessità dovuto alla crisi che fa ancora sentire i suoi nefasti effetti sulle famiglie sarde”. “Secondo il rapporto presentato dalla Caritas durante la recente visita di Papa Francesco - prosegue don Lai - aumentano le situazioni di povertà estrema : 147 mila famiglie sarde, ovvero circa 500 mila persone (un terzo della popolazione sarda residente, ndr), si trovano in stato di indigenza e un numero sempre maggiore si rivolge ai centri di assistenza della Caritas. La Caritas Sardegna auspica che l’Operazione solidarietà di As do Mar possa rappresentare un esempio per altre aziende”. “Preferiamo attuare questo tipo di operazioni piuttosto che fare sponsorizzazioni - spiega Ruggero Bogoni, direttore generale di As do Mar - , l'iniziativa dimostra l'attenzione di questa azienda verso la Sardegna e ci auguriamo che venga ripresa da altre realtà produttive del territorio”. Le scatolette di tonno scadranno

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RISCRITTURE

STARE CON GESÙ In una delle uscite che ho fatto, qui a Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente giovane, e mi ha detto: “Padre, piacere di conoscerla, ma io non credo in niente! Non ho il dono della fede!”.

modo adatto per stare con il Signore; e questo si può, è possibile in ogni stato di vita.

Capiva che era un dono. “Non ho il dono della fede! Che cosa mi dice lei?”. “Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui! Niente di più”. E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore! Capisco che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e ha figli, è difficile trovare un tempo lungo di calma.

In questo momento ognuno può domandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? Questa è una domanda che vi lascio: “Come vivo io questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù?”. Ho dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo!

Ma, grazie a Dio, non è necessario fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di forme spirituali; l’importante è trovare il

Papa Francesco, Congresso internazionale dei catechisti, 27 settembre 2013

nel 2018 e questo garantisce la loro consumazione in un lasso di tempo molto ampio. Di recente, inoltre, Greenpeace International ha stilato una classifica sulle aziende che rispettano maggiormente l'ambiente e le norme che regolano l'attività della pesca: la Generale Conserve, azienda produttrice del tonno As do Mar, è stata inserita al primo posto ed è quindi risultata come il produttore maggiormente attento alla sostenibilità ambientale. Inizialmente l'operazione solidarietà riguardava la donazione di 33mila scatolette di tonno. Durante la conferenza stampa di presentazione dell'operazione, svoltasi a Cagliari il 6 luglio scorso, Vito Gulli (in presa diretta) annunciò la volontà di raddoppiare la donazione alla luce della disastrosa situazione presentata da don Marco Lai delegato regionale Caritas Sardegna. Don Lai e Gulli si accordarono per la donazione, quindi, di 66mila scatolette suddivise in due tranche. L’intera operazione rappresenta una novità assoluta: per la prima volta, infatti, un'azienda privata sceglie di sostenere l’organizzazione diocesana con una donazione imponente e strutturata. Il progetto nasce dall’esigenza di dare un sostegno concreto alla Caritas Sardegna e sottolinea ancora una volta l’impegno di As Do Mar su questo territorio particolarmente caro all’azienda: cinque anni fa l’azienda ha rilevato impianti e macchinari della Ex-Palmera che aveva cessato la produzione. Nel 2010 Generale Conserve ha inaugurato uno stabilimento tutto nuovo che oggi significa 330 posti di lavoro diretti (di cui 120 a tempo indeterminato), anche per i lavoratori che erano stato posti in cassa integrazione.


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il Portico

IL PORTICO DELLA DIOCESI

domenicA 6 ottobre 2013

Iniziative. Verso il bicentenario della nascita del grande santo, la cui opera ha formato intere generazioni di giovani.

A Cagliari l’urna delle reliquie di S. Giovanni Bosco Salesiani in festa per la grande occasione di fede Il calendario degli incontri previsti l’11 e 12 settembre per consentire a tutti coloro che lo desiderano di venerare la reliquia del santo, grandissimo apostolo dei giovani

vani dei cinque continenti realizzati dallo scultore Gabriele Garbolino. Lo stemma della Congregazione Salesiana, che ha recentemente celebrato i 150 anni di fondazione, e il motto carismatico adottato dallo stesso don Bosco – da mihi animas cetera tolle – completano la decorazione. L’urna, compresa di basamento, misura 253 cm di lunghezza, 100 di larghezza e 152 di altezza; il peso totale

è di 530 kg. All’interno è posta una statua di don Bosco, contenente la reliquia del santo, simile a quella che si trova nell’urna nella basilica di Maria Ausiliatrice di Torino. La prima tappa è stata la regione del Lazio nel 2009, poi l’urna è salpata per i cinque continenti iniziando la sua peregrinazione dall’ America Latina. Dall’ 11 al 15 ottobre “don Bosco” percorrerà a Sardegna.

FRANCESCO FURCAS

PEREGRINAZIONE DELL’URNA DI DON BOSCO

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IUNGEANCHEIN Sardegna, e

a Cagliari, l’urna contenente la reliquia di San Giovanni Bosco. Lo speciale pellegrinaggio, che ha attraversato i cinque continenti, è stato voluto dal Rettor Maggiore dei Salesiani, don Pascual Chàvez Villanueva, in preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco che sarà festeggiato nel 2015. L’urna, progettata dall’architetto Gianpiero Zoncu, è realizzata in alluminio, bronzo e cristallo. Il basamento rappresenta un ponte sostenuto da quattro piloni sui quali sono riportate le date che definiscono il bicentenario: 1815-2015. I piloni sono decorati, ai lati dell’urna, da formelle quadrangolari con volti di gio-

VENERDI’ 11 ore 16: Processione dalla piazza del cimitero di bonaria alla basilica di bonaria e preghiera comunitaria ore 18: s. Messa presieduta dall’arcivescovo di cagliari Mons. arrigo Miglio ore 19,30: Processione lungo via Dante fino a s. Paolo guidata da Mons. Mauro Morfino vescovo di alghero bosa ore 21,30: s. Messa nella Parrocchia di s. Paolo presieduta da Mons. Morfino SABATO 12 ore 08.30: s. Messa alla Parrocchia di s. giovanni bosco di selargius ore 11: s. Messa istituto don bosco via sant’ignazio presieduta da don fabio attard, consigliere Mondiale per la Pastorale giovanile Inaugurazione ufficiale dell’anno centenario della presenza dei Salesiani a Cagliari Partenza per lanusei intorno alle 14.00

Grande festa a Decimoputzu per San Basilio

foto elio Piras


domenicA 6 ottobre 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Iniziative. La parrocchia guidata da don Noli nei giorni scorsi a Roma e a Montecassino

Pellegrinaggio sulle orme di Benedetto per riscoprire le vere radici della fede I pellegrini erano presenti all’Udienza generale, quindi hanno visitato alcune Basiliche maggiori. Il gruppo è stato ricevuto dall’abate di San Paolo fuori le Mura nella capitale ROSALBA CROBU CONCLUSIONE dell’Anno della Fede, un gruppo di fedeli della parrocchia di San Benedetto si sono recati a Roma e a Montecassino per un pellegrinaggio organizzato dal parroco don Massimo Noli, per proseguire il cammino “per la gioiosa riscoperta e la rinnovata testimonianza della fede”. Il pellegrinaggio a Roma, sede di San Pietro, oltre a restituire la visita a Cagliari al Santo Padre Francesco, ha consentito ai pellegrini di rinnovare la propria fede nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica; e, infatti, nell’udienza generale del 25 settembre in Piazza San Pietro, cui i pellegrini hanno partecipato, Papa Francesco ha parlato dell’unità, in-

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I pellegrini in piazza San Pietro. A destra, a Montecassino.

vitando i cristiani a superare le divisioni, perché la Chiesa è una sola, “dovunque andiamo, anche nella più piccola parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa; noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. La Chiesa è una sola per tutti.” Anche se in tutto il mondo la Chiesa è formata da tante diocesi con diverse lingue e culture, la sua unità è una certezza. Il Papa ha sottolineato che l’unità nella fede, nella speranza, nella ca-

rità, nei sacramenti e nel ministero sono pilastri che sorreggono e tengono insieme l’unico grande edificio della Chiesa. “Un cristiano prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! - ha detto il pontefice - Mordersi la lingua: questo ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare”. L’unità, ha proseguito il Santo Padre, non è solo frutto del nostro consenso ma proviene dallo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo e nella Cresima che “fa l’unità nella diversità, perché lo Spirito Santo è armonia”. Papa Francesco ha concluso la catechesi con una preghiera di San Francesco per chiedere al Signore di essere più uniti e di non essere mai strumenti di divisione, e che tutti si impegnino in questo proposito. Nel programma del pellegrinaggio erano contemplate anche le visite alle Basiliche maggiori di Roma: San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura in cui i pellegrini hanno avuto modo di restituire la visita all’Abate Padre Edmund Power, il

Oftal, il pellegrinaggio alla grotta di Lourdes L’esperienza di malati, accompagnatori e pellegrini MARIO MARINI

abato 14 siamo rientrati in Sardegna con circa 200 malati, 300 accompagnatori e 300 pellegrini con i quali abbiamo vissuto il tempo di pellegrinaggio a Lourdes dal 7 al 14 settembre Un viaggio coraggioso: bus-nave-busnave con rientro da Barcellona su una bella nave “tipo crociera”. La guida spirituale doveva essere S.E. Mons. Miglio Arcivescovo di Cagliari, ma l’imminente visita del Santo Padre e gli altri impegni non gli hanno consentito di essere presente. Avevamo però uno staff di sa-

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cerdoti coordinati dal Padre Alberto Fazzini e la presenza tra noi del Presidente Centrale dell’ Oftal Mons. Paolo Angelino. Il tempo (spesso bizzarro a Lourdes) è stato con noi clemente e ci ha consentito di celebrare quasi tutte le funzioni all’ aperto: Santa Messa alla Grotta, Via Crucis con i malati alla prateria e con i pellegrini al “calvaire”, Benedizione Eucaristica, fiaccolata mariana. Altre funzioni si sono svolte nella chiesa S. Bernardette e alla Basilica sotterranea S. Pio X (la Messa Internazionale presieduta dal Cardinale di Utrech). I malati sono stati accolti presso l’ac-

cueil St.e Marie Frai al 1° e 2° piano nelle belle e spaziose camere a 2 – 4 – 6 letti. Sulla nave all’andata e al ritorno abbiamo celebrato la S. Messa domenica 8 alle ore 7.00 e sabato 14 alle ore 9.30. Al rientro a Porto Torres saluti, qualche lacrima e arrivederci a presto. Ora è tempo di sintesi su ciò che ab-

quale aveva predicato in parrocchia il 21 marzo scorso in occasione della festa di San Benedetto, partecipando ai sacri vespri comunitari. I pellegrini sono stati ricevuti in udienza privata dall’Abate che ha pregato con loro e li ha salutati con la sua benedizione. La visita alla Basilica di San Paolo fuori le mura è proseguita con l’omaggio alla tomba di San Benedetto all’Abbazia di Montecassino che si innesta, tra l’altro, con la ricorrenza dell’ottantesimo anniversario della fondazione della parrocchia di San Benedetto. Il pellegrinaggio è terminato con l’emozionante visita alle catacombe di San Callisto: il gruppo è rimasto edificato davanti alla testimonianza del fervore spirituale che animò i primi cristiani. Guida infaticabile ed entusiasta, non solo spirituale ma anche culturale, don Massimo ha annunciato, per il prossimo anno, il proseguimento dei pellegrinaggi oltre che ai Santuari Mariani anche ai luoghi santi dell’amato patrono Benedetto da Norcia.

il Portico

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la festa ANNIVERSARIO DI ORDINAZIONE

Settembre particolare a Settimo San Pietro Don Elenio è con noi a Settimo solo da due anni ma sembra che ci sia da sempre. Grazie a lui, infatti, stiamo imparando a sperimentare che la fede è l'unica capace di reggere all'urto di qualsiasi situazione, ma soprattutto riempie la vita e le circostanze di un gusto insospettato. Settembre è un mese per lui importante: celebra l'anniversario della sua ordinazione sacerdotale e della sua venuta a Settimo. In particolare, per la festa di San Vincenzo de' Paoli, ha voluto una solenne celebrazione, preavvisando che la Chiesa sarebbe rimasta aperta tutto il giorno per ricevere i pacchi che, in occasione della giornata della Carità parrocchiale, gli abitanti di Settimo avrebbero portato. Durante la Santa Messa l'edificio era gremito e per l'occasione erano con noi le suore della carità di Madre Teresa, le suore della carità di Santa Maria, diverse autorità, amici dai

foto M. rosalba Montisci

biamo vissuto nei giorni di Lourdes: la preghiera intensa, l’incontro con Gesù nei Sacramenti del perdono e dell’ Eucaristia, il rapporto con i malati sempre desiderosi di conoscere nuove persone, l’impegno a continuare il cammino cristiano nella vita di tutti i giorni testimoniando con le azioni la crescita spirituale che questi incontri hanno prodotto. Abbiamo avuto il tempo di prepararci all’incontro con il Santo Padre domenica per il 22 settembre . I nostri amici rimasti in Sardegna insieme ai colleghi dell’Unitalsi si sono impegnati nella iscrizione dei malati e dei volontari per partecipare agli incontri in programma: con il mondo del lavoro, con i giovani, con i poveri e i detenuti, ma soprattutto per partecipare alla grande celebrazione ai piedi del Santuario di N.S. di Bonaria Patrona della Sardegna e dal cui titolo ha preso il nome la Città di Buenos Aires in Argentina. I discorsi del S. Padre saranno tema di riflessione per tutti noi. Grazie Papa Francesco.

paesi vicini. A conclusione della bellissima liturgia l’ing. Felice Pisu ha voluto esprimere la gratitudine di tutti noi con il discorso che riportiamo: “Carissimo don Elenio, a nome di tutta la comunità di Settimo san Pietro le voglio esprimere il nostro più sincero grazie per il ministero sacerdotale che svolge da noi dal 24 settembre 2011. Grazie al Signore che ha voluto donarci Lei come pastore e guida, ma anche come padre, fratello, amico. Sappiamo che settembre è per lei un mese particolare, perché oggi, oltre alla festa in onore di San Vincenzo de' Paoli, sacerdote che spese la propria vita nella cura dei poveri, ricorre l'anniversario della sua ordinazione sacerdotale, domani la celebrazione della sua prima Messa e, credo lo si possa dire perché noto a tutti, in questo mese festeggia il suo compleanno. Ciascuno di noi nutre la speranza di un suo lungo ministero tra noi. Nel farle gli auguri vogliamo ringraziarLa: per l'impegno, l'energia, la tenacia nelle catechesi rivolte all'intera comunità; per la capacità di trasmetterci il desiderio di conoscere e approfondire la sacra scrittura attraverso la lettura e la meditazione giornaliera; per la particolare attenzione rivolta ai giovani della Parrocchia; per il costante richiamo al sacramento della Riconciliazione; per essere riuscito a creare uno spirito di collaborazione tra gruppi, associazioni e comitati. Tutto questo, e non solo, ha contribuito alla crescita spirituale della comunità affidatale. Vogliamo pertanto ancora dire grazie al Signore per tutto il tempo che vorrà lasciarLe accompagnare e guidare questa comunità nella fede. Grazie”. Maria Vittoria Pinna


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

il Portico

brevi ESERCIZI SPIRITUALI

Apostolato della preghiera Dal pomeriggio del 22 a mezzogiorno del 25 ottobre, nei locali delle Suore Giuseppine del Rimedio (Donigala Fenughedu) si terranno gli esercizi spirituali organizzati dall’Apostolato della Preghiera. Gli

esercizi saranno guidati dal padre gesuita Gabriele Semino (nella foto). La quota di partecipazione è di 140 euro a persona. Le prenotazioni devono pervenire entro il 17 ottobre alla signora Gina Portoghese (tel. 070 7279060 - cell. 3334356852).

nomine dell’Arcivescovo S.E. Rev.ma mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, In data 1 ottobre 2013, ha provveduto alle seguenti nomine: Don Giuseppe Pisano Parroco di burcei Don Ignazio Giovanni Agabbio Parroco di siurgus-Donigala Don Salvatore Schirru cappellano all’ospedale “ss. trinità” – cagliari Don Sandro Piludu cappellano all’ospedale “ss. trinità” – cagliari Don Francesco Farris cappellano - Parroco all’ospedale “s. giovanni di Dio” – cagliari Don Davide Meloni Vicario parrocchiale “Madonna della strada” cagliari

DOMENICA 6 ottobre 2013

Giovani. Un campo con i ragazzi delle parrocchie del Santissimo redentore e di San Gregorio magno.

Harry Potter con la catechesi: è forse un’accoppiata possibile? Intorno al curioso tema un’iniziativa estiva davvero coinvolgente, ospitata dalla casa dei Padri Redentoristi a San Sperate e guidata dai parroci delle comunità SIMONE MILLETTI AL 26 AL 30 AGOSTO nella casa dei padri Redentoristi di San Sperate, con una formula ben collaudata precedentemente, si è svolto il campo scuola a cui hanno partecipato i ragazzi delle parrocchie del Santissimo Redentore di Monserrato e San Gregorio Magno di Pirri. Il tema del campo “Harry Potter e le ceneri perdute”, vedeva impegnati i ragazzi e gli animatori non solo in una dimensione ludica ma anche e soprattutto nella formazione spirituale. Don Costantino Tamiozzo e don Sergio Manunza sono stati validi promotori dell’evento e instancabili guide spirituali durante tutto il percorso. Le giornate, scandite dalla pre-

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Nelle foto, alcuni momenti del campo estivo a San Sperate.

ghiera, dai giochi di ambientazione e dalle lezioni in cui si riproponevano le basi della formazione cristiana, avevano come punto centrale la celebrazione Eucaristica. I ragazzi si sono confrontati sui temi più importanti per la vita di un cristiano: la Trinità, i Comandamenti, i Sacramenti, la composizione dell’Anno Liturgico, i vizi capitali, i Doni dello Spirito Santo. Prendendo spunto dalla storia di Harry Potter gli animatori hanno saputo coinvolgere i ragazzi in un’avventura fantastica ricca di

giochi, personaggi e mostri (finti) dove nonostante la divisione in squadre e in gruppi di servizio, hanno prevalso il senso di appartenenza ad un gruppo più ampio

to di n pun rdegna 978 u dal 1 ento in sa urali, im ult c r i e iro g if g r via resp per i iosi e di le relig spiritua

e la voglia di condividere tutti i momenti proposti come una sola famiglia secondo il motto: da soli si va più in fretta, ma insieme si va più lontano. Per questo motivo ringraziamo la lungimiranza dei parroci. Essi hanno saputo proporre l’interparrocchialità come una delle vie possibili per educare i giovani alla Vita Buona del Vangelo confidando nel fatto che questa esperienza non rimanga un avvenimento isolato ma che possa essere l’inizio di un percorso più ampio all’interno della Chiesa.

pellegrinaggi paolini

san giovanni rotondo

9 - 12 ottobre

santiago de compostela e fatima

14 - 18 ottobre

terra santa e giordania

17 - 24 ottobre

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IL PORTICO DELLA DIOCESI

il Portico

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Il ricordo. E’ scomparso nei giorni scorsi il padre gesuita Giuseppe Ferraro, per tanti anni docente di teologia.

Sacerdote ricco di virtù umane e cristiane, educatore amato e grande amico dei sardi Nato nel vercellese nel ‘32 durante un’udienza ricevette dal Papa Pio XII l’indicazione di entrare nella Compagnia di Gesù. Autore di numerosi testi, è stato ricercatore rigoroso MONS. GIOVANNI LIGAS ENERDÌ 13 settembre scorso, nella memoria liturgica di san Giovanni Crisostomo, ha concluso la sua esistenza terrena il Gesuita Padre Giuseppe Ferraro. Da oltre un anno, a motivo delle precarie condizioni di salute, dimorava nella casa religiosa di Gallarate. Era nato a San Germano di Vercelli il 29 giugno 1932 ed è stato per tanti anni docente di teologia biblica e dogmatica presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna a Cagliari, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale a Napoli e presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. E’ stato autore di numerosissime pubblicazioni, seguendo soprattutto il filone della teologia biblica, con studi dedicati alle Persone trinitarie nel vangelo di san Giovanni, e quello della teologia dei sacramenti. Tra le pubblicazioni possiamo ricordare: L’ora di Cristo nel quarto vangelo; Lo Spirito e Cristo nel quarto vangelo; I racconti dell’infanzia nel van-

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Al centro della foto, un giovanissimo padre Ferraro.

gelo di Luca; Lo Spirito Santo nel “De Trinitate” di S. Agostino; Ministri di salvezza. Per una teologia del ministero ordinato a partire dall’esegesi delle preghiere d’ordinazione. Tra le tante cose che si potrebbero scrivere della sua vita possiamo considerare tre aspetti: il docente, il sacerdote, l’amico. Come docente Padre Ferraro si distingueva per la chiarezza e la precisione con cui esponeva agli alunni le lezioni di teologia, sia nell’ambito biblico che dogmatico. Aveva la capacità di rendere accessibili anche gli argomenti teologici più complessi e nello stesso tempo aiutava gli studenti ad acquisire un metodo di studio e di ricerca. Rigoroso nella ricerca scientifica, era un lavoratore instancabile e metodico. Sino agli ultimi giorni di per-

manenza a Cagliari lo si poteva incontrare ogni giorno intento a studiare, alla postazione solita, nella sala della biblioteca della Facoltà di via Sanjust. Come sacerdote Padre Giuseppe che venne ordinato l’8 luglio 1962 dall’Arcivescovo di Torino Maurilio Fossati - amava recarsi nelle parrocchie per collaborare all’attività pastorale. Ogni fine settimana, in auto, in treno o in bicicletta, si recava in qualche chiesa per celebrare la santa Messa oppure per delle conferenze o catechesi. I fedeli che ascoltavano le sue omelie restavano ammirati per la precisione e la chiarezza con cui spiegava le letture bibliche e per la modalità con cui applicava gli insegnamenti alla vita personale. Il suo grande desiderio era di cele-

brare i sacramenti e particolarmente i battesimi. Se veniva invitato da qualche parroco per celebrare dei battesimi faceva di tutto per adempiere quel compito e, puntualmente, aggiornava il totale di battesimi amministrati negli anni di sacerdozio. Sicuramente un record difficile da eguagliare per tanti sacerdoti. Ma questi due aspetti sono incompleti se non si considera anche il terzo, quello dell’amicizia. Padre Ferraro aveva amici dovunque, in Sardegna e nel resto d’Italia. Era amico dei seminaristi, dei sacerdoti, dei laici e delle famiglie. Aveva rapporti epistolari con tantissime persone. Ne è prova la pubblicazione di due libri: Lettere a preti, del 1996, e Pellegrino dell’amicizia, del 2004. Quest’ultimo consiste in una raccolta selezionata di lettere inviate a diaconi, presbiteri e vescovi, in prossimità della loro ordinazione sacra, e di altre indirizzate a varie categorie di persone, tra cui un guidatore di treni, una guida di montagna, un agricoltore e una coppia di sposi in occasione del loro matrimonio. Poi, a dimostrazione di una vena ironica che possedeva e che manifestava anche nei confronti di se stesso, vi è una lettera, inviata agli amici, dedicata all’asinello che, secondo il racconto evangelico, è stato il mezzo di trasporto di Gesù. E’ una simpatica descrizione della simbologia legata a questo animale, unita a delle belle considerazioni spirituali sulla necessità di essere tutti disponibili e servizievoli nei

confronti di Dio. Un’altra lettera parla del “monte”, termine usato spesso nella Bibbia sia al singolare come il simbolo di Cristo sia al plurale come simbolo degli uomini di valore, nel bene o nel male. Tutte le lettere sono intrise di citazioni bibliche e letterarie, a conferma di una cultura vasta e profonda. Padre Giuseppe entrava subito in amicizia con i seminaristi e i sacerdoti e presto andava a conoscere la loro famiglia, diventando lui stesso uno di famiglia. Inoltre, amava parlare della sua terra d’origine, il Vercellese, della sua parrocchia, del parroco della sua infanzia e della sua vocazione. Raccontava come l’ingresso nella Compagnia di Gesù fu determinato dal fatto straordinario che, una volta scoperta la vocazione al sacerdozio, in un’udienza con il Papa Pio XII ricevette da lui stesso l’indicazione di entrare nella Compagnia di Gesù. Era, poi, molto attaccato alla Chiesa, avendone approfondito il significato teologico e spirituale, e l’immagine che di essa trasmetteva era quella di una comunità accogliente e misericordiosa, nella quale ci si sente a casa propria e nella propria famiglia. Padre Giuseppe Ferraro era un sacerdote religioso ricco di virtù umane e cristiane, educatore amorevole ed amato, umile, amico dei sardi e della Sardegna. A lui va la riconoscenza e la gratitudine per quanto ha operato con generosità e sapienza, in tanti anni di ministero sacerdotale.

sica con il gruppo “Rakija” che ha valorizzato la musica sudamericana accompagnandola con il tan-

go, il tutto eseguito da sei musicisti di educazione ed esperienza musicale differente. Domenica sera invece è stato il turno del gruppo giovanile, gli “Etnoboys “ che hanno riproposto al numeroso pubblico le canzoni dei “grandi” della musica sarda, ma allo stesso tempo omaggiato Fabrizio De Andrè. Alla sera inoltrata del lunedi ha fatto ritorno nella parrocchiale il simulacro della martire Margherita accompagnato da numerosi fedeli che con il parroco hanno percorso a piedi la strada di ritorno. I festeggiamenti si sono conclusi il martedì con il ricordo di un altro martire, San Sebastiano.

Siliqua in festa per Santa Margherita Nel paese l’appuntamento si ripete immutato dal 1758 ANDREA AGOSTINO UN APPUNTAMENTO molto sentito per i siliquesi la festa di Santa Margherita, che ogni terza domenica di settembre rivive con la gioia e la fede di portare processionalmente dalla parrocchia il simulacro ligneo della santa nella sua chiesa campestre. I festeggiamenti quest'anno hanno avuto un'importanza ancora maggiore grazie al contributo del comune, della parrocchia, della Pro Loco e del Centro Ippico che hanno fatto sì che ancora una volta l’appuntamento si potesse svolgere nel miglior modo possibile coinvolgendo tutta la popolazione. Don Giuseppe Orrù, parroco di Siliqua, ha ribadito come questa festa unisca tutta la comunità, ma

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allo stesso tempo inviti a mettere Cristo al primo posto. Don Giuseppe, proprio in questa occasione, ha festeggiato gli otto anni di permanenza nella comunità siliquese, e anche quest'anno ha voluto che la santa - andando verso la chiesa campestre - potesse compiere il vecchio tragitto di campagna. Numerosi sono stati i fedeli che hanno partecipato alle funzioni sia la mattina sia la sera - nella chiesa campestre: la processione intorno al tempio, il rosario e la messa sono stati i tre momenti forti della permanenza della santa nella chiesetta accompagnata da un via e vai di devoti. Il sindaco Andrea Busia e tutta la giunta - nonostante le difficoltà che ogni comune sta vivendo con la crisi economica - è riuscito ad organizzare la festa più sentita dai

siliquesi con tante novità come la degustazione della vitella e dei fichi d'India. Altra novità di quest'anno sono state le pariglie con l'esibizione di cavalieri provenienti da Assemini, Fonni, Abbasanta, Norbello e Olmedo. Al Monte Granatico sono state allestite alcune mostre di scultura, fotografia e pittura che hanno registrato numerose visite. Domenica sera si è svolta l'esibizione degli ultraleggeri della “Tana del Volo” del paese. Anche gli spettacoli della notte hanno convinto i siliquesi a trattenersi: il venerdi sera è stata riproposta la bellezza delle canzoni dei Nomadi, il sabato tutt'altro genere e tutt'altra mu-


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brevi I LAUREATI DI AZIONE CATTOLICA

Un’originale intuizione, un azzardo del pensiero “Un’originale intuizione, un azzardo del pensiero: la nascita del Movimento Laureati di Azione Cattolica”: è il titolo del convegno organizzato per il 5 ottobre dal Meic. Dalle 10 del mattino, nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Cagliari si svolgerà la prima parte dei lavori, con interventi e testimonianze. Nel pomeriggio, alle 16.30 nel Teatro di N. S. di Bonaria Maria Margotti terrà una lezione dal titolo “Scrutare più addentro nel mistero della vita”: lo sguardo profetico di Igino Righetti”. Alle 19.30 mons. Miglio celebrerà la messa nel Santuario di Bonaria, mentre alle 21 è previsto un incontro conviviale. Promuove l’incontro di studio la Presidenza nazionale del Meic e i Gruppi Meic della Sardegna, per gli 80 anni del Movimento Laureati di Azione Cattolica.

INAUGURAZIONE

Facoltà teologica, si apre il nuovo anno Mercoledì 9 ottobre si terrà l'inaugurazione dell'Anno accademico 2013/2014 della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna. Si inizierà alle 16,30 con la concelebrazione eucaristica nella Chiesa "Cristo Re", presieduta dall'Arcivescovo di Cagliari e Gran cancelliere della Facoltà, monsignor Arrigo Miglio, per proseguire alle 17,30 circa con la cerimonia inaugurale in aula magna (via Sanjust 13, a Cagliari). Alla prolusione del preside, professor Maurizio Teani, seguirà la consegna dei diplomi accademici e la proclamazione ufficiale dell'apertura del nuovo anno.

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Ricordi d’estate. resoconto dettagliato del campo estivo della Parrocchia “Sacra Famiglia”.

Il gioco e la riflessione coniugati con la catechesi dalle opere d’arte Ad Arborea quattro giorni intensi e pieni di emozioni per un gruppo di ragazzi della comunità guidata da don Fabrizio Porcella. Un campo autofinanziato dai giovani partecipanti ANTONIO GIRARDI BBIAMO ASPETTATO tanto il primo Agosto, giorno di inizio del campo estivo per il Gruppo Giovani della Parrocchia "Sacra Famiglia" presso la casa salesiana d’Arborea: quattro giorni intensi e pieni di emozioni, quattro giorni attesi un anno intero, nel corso del quale si è lavorato a lungo sia per la preparazione spirituale, sia, domenica dopo domenica, adoperandosi in piccole opere di autofinanziamento per raccogliere fondi che ci hanno aiutato a pesare meno sulle nostre famiglie e ad apprendere l’importanza del nostro impegno, provando anche la soddisfazione di cogliere i meritati frutti coltivati col proprio lavoro. Durante il campo estivo, oltre a momenti di gioco e di semplice convivialità, si sono svolti importanti momenti di crescita spirituale grazie alle sapienti e chiare catechesi di don Fabrizio. È bello far parte di un gruppo dove gli animatori, i ragazzi, le loro

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Foto di gruppo ad Arborea per i ragazzi della Sacra Famiglia. Sotto, don Fabrizio Porcella.

guide si trovano bene così nel gioco e nel trascorrere semplici momenti di divertimento, come nella riflessione e nella preghiera. Se il campo è stato sempre vissuto piacevolmente in ogni parte della giornata è dovuto sicuramente alla compagnia e al gruppo che in questi ultimi anni si è andato a creare. La catechesi è riuscita a mantenere sempre viva l’attenzione sia per la sua chiarezza e semplicità e specialmente per come è avvenuta, in modo innovativo, ma grazie alla riscoperta di un vecchio metodo di insegnamen-

to, quello di analizzare i tanti capolavori d’arte sacra esistenti e cogliendo gli insegnamenti impressi dagli artisti in quelle opere antiche, che, come hanno insegnato a noi, così hanno insegnato a generazioni precedenti di cristiani e di pellegrini. È stato bello apprendere e maturare sotto questa nuova luce: la buona arte è quella che trasmette un qualcosa, che emoziona e segna l’animo dell’osservatore; se non viene compresa, è l’artista ad aver sbagliato il suo lavoro. Tra le varie immagini che abbiamo ammirato e commentato in-

sieme, ho trovato molto interessante un'opera che vorrei prendere come allegoria della nostra vacanza-ritiro, una delle icone che più è rimasta impressa nelle menti di tutti: “La Trasfigurazione di Cristo”, in cui si vedono appunto i discepoli salire sul monte, arrivare in cima dove Cristo si mostra trasfigurato per poi ridiscenderne. Allo stesso modo anche noi abbiamo scalato la montagna tutto l’anno, i quattro giorni del campo possono considerarsi l’arrivo sulla cima, dopo il quale abbiamo ripreso la nostra discesa verso la pianura tornando alla vita di tutti i giorni per dirigerci verso un nuovo cammino come gruppo, come amici, come cristiani ancora una volta tutti assieme.


IL PORTICO DELLA DIOCESI

domenicA 6 ottobre 2013

Noi e il Papa. Cominciano le testimonianze dalle parrocchie sull’intensa giornata di fede

Dignità, speranza, coraggio e fiducia Le parole da custodire per sempre Le comunità raccontano il 22 settembre con il Papa in una stupenda cornice di racconti, immagini e riferimenti commossi: cronache molto personali di una giornata storica

nelle strade da lui attraversate e, soprattutto i giovani si sono radunati nel Largo Carlo Felice per l’incontro a loro riservato. Al termine della giornata nessuna “lamentela” (secondo l’ammonimento del Santo Padre) ma solo Gioia e Grazie a Dio per il dono ricevuto. Una sintesi della giornata la potete trovare nel sito parrocchiale all’indirizzo: http://www.chiesaredentore.altervista.org/Papa_Francesco_a_Cagliari.html

MARIA GRAZIA CATTE L 22 SETTEMBRE LA SVEGLIA ha suonato molto presto per tutti i parrocchiani del SS. Redentore che dovevano andare ad incontrare Papa Francesco. Tutti erano rappresentati: il parroco, le suore di Maria Ausiliatrice, i ministranti, i catechisti, il gruppo S. Marta, il gruppo Padre Pio, i soci dell’Azione Cattolica, i componenti dei cori parrocchiali, il gruppo colora-

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tissimo dell’Oratorio delle FMA e alcuni parrocchiani impegnati come Volontari. È stata per tutti una grande emozione partecipare alla Santa Messa, vedere, anche se da lontano, il Papa,

ascoltare e custodire nel cuore le sue parole: Dignità, Speranza, Coraggio, Solidarietà, Fiducia. Dopo l’Angelus non tutti sono tornati a casa: chi ha atteso il Papa in Cattedrale, alla Facoltà Teologica,

PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Il gran coppiere di MICHELE ANTONIO CORONA

ra l’VIII ed il VII sec. a.C. il regno settentrionale di Israele e quello meridionale di Giuda erano divisi e governati da due dinastie differenti. I libri dei Re hanno una lunga sezione di questa narrazione parallela. In quel periodo storico due potenze imperiali dominavano la scena: Assiria ed Egitto. Gli stati minori erano spesso pressati in questa morsa dolorosa, obbligati a prendere posizione. Il regno di Giuda, con a capo il ‘devoto Ezechia’ scelse di stringere un patto con l’Egitto, capendo che il Signore benediceva questa scelta diplomatica e politica. 2Re 1819 presenta la figura di un coppiere assiro che riveste il ruolo di messaggero ed ambasciatore. Giunto da Lachish a Gerusalemme chiede di parlare col re. Ezechia invia, a sua volta, il maggiordomo, lo scriba e l’archivista per conoscere il motivo di tale venuta.

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Il coppiere assiro con voce altisonante e sicuro di sé inizia un discorso di fortissimo impatto, attraverso la constatazione delle vittorie del suo regno e del declino della forza egiziana. Inoltre, il dipanarsi del suo discorso non dimentica la riforma religiosa di Ezechia, stigmatizzandola come inutile e fuorviante. Infine, si arroga il diritto di attribuire al dio degli ebrei la propria ambasciata a Gerusalemme, con l’annuncio dell’imminente distruzione. I tre funzionari giudei temono che il popolo che sta sulle mura della città santa si intimorisca e si pieghi alla forza assira, così pregano il coppiere di parlar loro in aramaico e non in ebraico, del momento che ‘il popolo che sta sulle mura ha orecchi per sentire’ (2Re 18,26). Richiesta interessante a vari livelli, dal momento che evidenzia una diversa conoscenza linguistica, rivela una certa propensione alla ribellione contro le

decisioni regali, suggerisce una certa tendenza a tenere il popolo all’oscuro delle reali condizioni del conflitto. Il coppiere comprende che il desiderio di tenere il popolo all’oscuro può essere il grimaldello da usare per minare la compattezza (apparente) del popolo giudaico e urla con più forza e più enfasi la minaccia di distruzione e guerra. La proposta consiste in una resa incondizionata al re assiro, Sennacherib, in cambio di vita e di pace. Sebbene il timore di popolo e re sia cresciuto enormemente, il progetto del coppiere non va a buon fine a causa dell’intervento profetico di Isaia. Egli rivela la parola del Signore contro l’insulto di Sennacherib e

del suo coppiere contro il popolo scelto, la città santa e la promessa protezione. La parola profetica ribadisce la certezza che la sorte del popolo non dipende dal numero dei carri o dei cavalieri, né dalle alleanze col popolo più forte, ma dalla fedeltà al Signore, che guida, protegge e salva il suo popolo. Il coppiere, nel tornare dal re lo trova sul fronte meridionale impegnato nel difendere i propri confini dalla potenza etiopeegizia che cercava di pressare ed invade il territorio assiro. Il gran coppiere deve immediatamente prendere atto che la parola del Signore non tarda a compiersi.

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detto tra noi La guerra per vendere armi? di D. TORE RUGGIU

Dopo la giornata di sabato 7 settembre, dedicata da Papa Francesco al digiuno e alla preghiera per la pace, domenica 8, all'Angelus, il Papa si è chiesto: “ma le guerre si fanno per risolvere i problemi o per vendere armi?”. Dopo la riuscitissima veglia in piazza S. Pietro (e contemporaneamente in tante chiese del mondo), con oltre 100.000 presenze e con rappresentanti anche di altre religioni, Papa Francesco ha toccato il problema dei problemi: le guerre si fanno per vendere le armi. E, questa, una verità sacrosanta, che molti hanno sempre pensato e pensavo, ma che mai nessuno (credo), prima di Papa Bergoglio, ha avuto il coraggio di denunciare così apertamente e chiaramente. Va da se che la questione è logica: le armi si fabbricano per essere vendite e chi le acquista, prima o poi, le utilizza. Le multinazionali che fabbricano armamenti sono delle potenze economiche dai profitti inimmaginabili. A confronto i trafficanti di droga impallidiscono. Nelle numerose fabbriche, lavorano operai, ingegneri, matematici e fisici oltre che piloti, addetti alla manutenzione e così via. Insomma, un esercito di persone che si specializzano nel settore, cercano di fabbricare sempre più armi sofisticate e i clienti certamente non mancano visto che non si è mai saputo di un fallimento dei produttori di armi, con conseguenti licenziamenti o cassintegrati, così come, ahinoi, capita ogni giorno in tantissime fabbriche di altro genere. Il paradosso è che resistono alla crisi globalizzata le fabbriche che producono armi destinate a seminare distruzione e morte, e falliscono invece fabbriche che producono beni necessari per il benessere delle persone. Ci viene da pensare che l'uomo usi la sua intelligenza per autodistruggersi più che per adoperarsi per stare meglio in questa terra che Dio ci ha donato, perchè sia la casa di tutti, senza che nessuno si arroghi il diritto di rovinare quello che Dio ha fatto bene e per il bene di tutti. Si rimane non solo esterrefatti ma perfino basiti quando si viene a sapere che ogni anno si spendono circa 400 miliardi di dollari per l'acquisto di armi: una cifra da capogiro. Se pensiamo che ogni minuto muoiono di fame 30 bambini e che ogni minuto si spende un miliardo di vecchie lire per gli armamenti, ci viene spontaneo strapparci le vesti e gridare a Dio tutta la nostra indignazione per il perpetrarsi di siffatte cattiverie che rendono l'uomo un essere spregevole. Aveva ragione don Primo Mazzolari quando diceva: “le armi, quando sono ammucchiate, sparano da sole”. E Oscar Luigi Scalfano: “ le armi sono il no all'intelligenza e alla ragione dell'uomo”. Se si continua a non ascoltare il monito del Papa e di tanti uomini di buona volontà, un giorno si avvererà la profezia di Einstein: “non so con quale armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta sarà combattuta con i sassi”. Conviene a tutti tornare al Vangelo: “beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio”. Grazie, Papa Francesco!!!


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

il Portico

Parrocchie. Un appuntamento irrinunciabile per la comunità guidata da don Abis.

A Sinnai tutti con devozione dietro ai santi Cosma e Damiano ROBERTO COMPARETTI

È

LA FESTA CHE SEGNA l’av-

vio, anche se non ufficiale, del nuovo anno pastorale. La celebrazione dei santi Cosma e Damiano per la comunità di Santa Barbara a Sinnai rappresenta la fine delle ferie e la ripresa delle attività in parrocchia. “La celebrazione - dice il parroco don Giovanni Abis - è sentita dalla gente, che partecipa numerosa, anche se negli ultimi anni il difficile ricambio generazionale ha cominciato a segnare soprattutto il comitato ed i soci. A questo si aggiunge il fatto che molti dei residenti non sono originari di Sinnai, per cui stentano un po’ a sentire come propria la festa. Tuttavia le celebrazioni, specie quella che viene fatta appositamente per i malati, sono particolarmente seguite e partecipate”. Alla festa dei due santi di origine bizantina è legata anche la storia della piccola chiesa, che ha avuto un destino travagliato, segnato da numerosi problemi di staticità, che parevano superati con l’ultimo restauro ma qualche crepa comincia a riaffiorare. Nonostante ciò i sinnaesi hanno

sempre solennizzato i due santi. “Quando per alcuni anni la chiesa è rimasta chiusa perché dichiarata pericolante – dice ancora il parroco – le celebrazioni si sono svolte in parrocchia, ma la partecipazione non è mancata. Certo la bellezza di quella chiesetta è un ulteriore motivo di attrazione per la gente, e tra l’altro lì è possibile avere sempre a disposizione un confessore. Questo è un elemento importante che mi preme sottolineare: durante la permanenza dei San-

ti nella loro chiesa è un continuo pellegrinaggio di fedeli di Sinnai e dei paesi vicini. Una devozione quella dei sinnaesi per Cosma e Damiano che la festa diventa occasione per celebrare il sacramento della Penitenza come a Pasqua. La festa dei Santi è un elemento per ritrovare la via della riconciliazione e la presenza anche quest’anno del confessore è stata apprezzata dalla gente”. Uno dei momenti maggiormente sentiti è senza dubbio il rien-

Sant’Eulalia, successo per la Misa criolla

tro dei due simulacri che, lasciata la chiesa alla periferia del paese, vengono trasportati con un giogo di buoi alla parrocchiale. Questo momento è sempre contrassegnato da una grande presenza di fedeli. “Quando il rientro avviene di domenica – afferma don Abis - la partecipazione è maggiore, tanto è vero che sto pensando di portare i momenti più importanti proprio alla domenica. Questo permetterebbe a tanti, che nel corso dei giorni feriali sono impegnati, di poter vivere insieme al resto della comunità la festa dei Santi Cosma e Damiano. D’altronde la permanenza di molte famiglie nelle seconde case sparse tra il litorale di Solanas e le altre località della costa è terminato, per cui tanti fanno ritorno anche alle celebrazioni domenicali, come accade per i bambini e per le loro famiglie che riprendono così a frequentare in parrocchia”. Non mancano i festeggiamenti civili con forti legami alla tradizione delle musica e del canto in limba ma centrale resta l’aspetto religioso. “Per i compatroni del paese – conclude il parroco - i sinnaesi non mancano di testimoniare le loro fede autentica”.

domenicA 6 ottobre 2013

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Gabriella Carta, Elio Piras Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Gabriele Colombini, Carlo Bellieni, Matteo Meloni, Carlo Pilia, Umberto Oppus, Roberto Piredda, Maurizio Teani, Matteo Campagnola, Giovanni Lorenzo Porrà, Davide Lai, Andrea Busia, Francesco Furcas, Rosalba Crobu, Mario Marini, Maria Vittoria Pinna, Simone Milletti, Giovanni Ligas, Andrea Agostino, Antonio Girardi, Maria Grazia Catte, Tore Ruggiu, Roberto Comparetti. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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L’opera di Ramirez è stata eseguita dal gruppo Machapu FRA. FUR.

l concerto di sabato 28 settembre in onore di Papa Francesco, organizzato dal Conservatorio di Musica di Cagliari e dalla Caritas - nell’ambito del fitto calendario di concerti organizzati in onore del Pontefice in queste settimane - non verrà certamente dimenticato dagli oltre 400 spettatori che hanno gremito la Chiesa di Sant’Eulalia a Cagliari per ascoltare la musica di Mozart e la Misa Criolla di Ramirez. Il concerto è iniziato con una bellissima interpretazione dell’Exultate jubilate di Mozart eseguito con maestria e competenza dal soprano cagliaritano Elisabetta Scano che, accompagnata dall’orchestra del Conservatorio, diretta sapientemente da Giacomo Medas, con la sua duttile voce ha messo in evidenza tutta la bellezza e la spiritualità di questo brano di Mozart riscuotendo grandi applausi dal pubblico presente. Applauditissimo il proseguo del

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concerto con tre brani di musica sudamericana eseguiti dal Grupo Machapu che hanno introdotto con la bella spiegazione del solista del Grupo Luigi Collu la famosissima Misa Criolla di Ramirez a cui si sono aggiunti il Coro del Collegium Karalitanum e l’orchestra del Conservatorio sempre diretti con grande vigore da Giacomo Medas. Le parti della Misa, sempre interrotte da scroscianti applausi, si sono susseguiti in un crescendo di sensazioni e di emozioni. Una bella prova per le belle voci dei coristi del Collegium che hanno dimostrato grande duttilità e carattere ben supportati dall’orchestra del Conservatorio e ben amalgamati con i precisi musicisti del Grupo Machapu e con i solisti in una miscellanea di voce e coro che ha ben reso lo spirito della sudamericana Misa. Alla fine pubblico entusiasta e applausi per oltre 10 minuti e la richiesta a di ben tre bis che gli artisti hanno generosamente regalato al pubblico (le foto sono di Mariano Uccheddu).

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QUESTO SETTIMANALE È ISCRITTO ALLA FISC FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI


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