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DOMENICA 27 OTTOBRE 2013 A N N O X N . 39

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Mickey Rourke nei panni di Francesco nell’omonimo film di Liliana Cavani.

La spiritualità dei gesti P. FABRIZIO CONGIU, ofmcap

rancesco d’Assisi che bacia il lebbroso e gli dà il suo mantello, papa Francesco che scende dalla papamobile e abbraccia un handicappato, madre Teresa di Calcutta che cura le piaghe dei barboni per strada, Giovanni Paolo II che sorride tra le fessure di un Parkinson, tutti gesti che ci fanno capire come in profondità non abbiamo bisogno di grandi cose, ma semplici e molto profonde, profondissime. Il Poverello assisiate ha vissuto una vita contornata di profonda gestualità: basti pensare alla spoliazione pubblica davanti a tutti i suoi compaesani per dire con un cuore libero: “D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone. Ecco, non solo gli restituisco il denaro, ma gli rendo pure tutte le vesti. Così andrò nudo incontro al Signore”. Si è spogliato davvero, si è messo veramente nudo davanti a tutti, mettendo in atto un gesto con il quale ha superato la vergogna, e contemporaneamente ha assaporato una grande libertà. Poi si è vestito con un sacco, perché non voleva avere nulla, non voleva possedere nessun vestito, nessuna preoccupazione per l’abbigliamento. Poi si è messo scalzo perché le calzature appartenevano ai ricchi, ma anche perché solo i piedi nudi

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sentono e conoscono la terra che calpestano. Egli parla con il Crocifisso, e Gli dice: “Illumina le tenebre del mio cuore, dammi fede diritta, speranza certa e carità perfetta”. E il Crocifisso risponderà col gesto dei gesti, le stimmate, il segno della sofferenza più famosa della storia, quella di Dio per l’uomo. Una volta frate Francesco, “…mentre si trovava presso San Damiano, fu supplicato più volte dal suo vicario di esporre alle sue figlie [le clarisse, ndr] la parola di Dio e, alla fine, vinto da tanta insistenza, accettò. Quando furono riunite come di consueto per ascoltare la parola del Signore, ma anche per vedere il padre, Francesco alzò gli occhi al cielo, dove sempre aveva il cuore, e cominciò a pregare Cristo. Poi ordinò che gli fosse portata della cenere, ne fece un cerchio sul pavimento tutto attorno alla sua persona, e il resto se lo pose sul capo. Le religiose aspettavano e, al vedere il padre immobile e in silenzio dentro il cerchio di cenere, sentivano l’animo invaso da grande stupore. Quando, a un tratto, il santo si alzò e nella sorpresa generale in luogo del discorso recitò il salmo Miserere. E appena finito, se ne andò rapidamente fuori”. Questo episodio mostra che, proprio come disse san Francesco, “…se ce ne fosse bisogno, predicate anche con le parole”. La predica del buon esempio è tra le caratteristiche della spiritualità francesca-

na, ma non solo. L’annuncio del Regno, anche attraverso le parole, non nasce per forza dalla necessità di predicare, si sa infatti che l’annuncio è e dovrebbe essere una conseguenza naturale di ciò che si vive, una emanazione della propria vita di fede. I gesti però, sono quelli che lasciano maggiormente il segno, sia in positivo che in negativo, ed è per questo che una gestualità che contagia non può che scaturire da ciò che già si vive profondamente, perché non si ha e non si deve avere vergogna di essere se stessi e di conoscersi sempre di più. Sant’Antonio abate lo ripete spesso nei suoi scritti: conosci te stesso, per combattere la buona battaglia della fede, allontanare i vizi e progredire nelle virtù, per essere preparati alla battaglia col nemico, il tentatore. Gestualità e fede si intrecciano con una sinergia stupefacente che portano una carica di significato grandissima. Le parole di papa Francesco, che fanno eco a quelle di Paolo VI “…il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni. Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita!”, probabilmente richiamano proprio a questo aspetto dell’atteggiamento, dei gesti, sia interiori che esteriori. In tal senso la vita può essere intesa come un grande gesto. A laude di Cristo.

SOMMARIO INFORMAZIONE

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Franco Siddi (Fnsi): “Stampa, in Sardegna è a rischio il pluralismo” SCUOLA

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Insegnanti e studenti alle prese con le lavagne informatiche multimediali CAGLIARI

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Quartieri storici, la giunta cerca di mediare tra cittadini e gestori CHIESA

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Seminario regionale, ruolo e prospettive secondo il rettore Saba COMUNITÀ

Festa di suor Nicoli, non un devoto ricordo ma proposta culturale

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il PoRtico

IL PORTICO DEL TEMPO

Domenica 27 ottobRe 2013

Scheda. Dopo il recente richiamo del Presidente della Repubblica sulla drammatica situazione delle carceri italiane.

Carceri affollate e nuova cultura della giustizia Servono modalità alternative alla detenzione Come dovrebbe agire, e di fatto non agisce, la normale pena detentiva nel nostro ordinamento. Il recupero del condannato è destinato a rimanere ancora a lungo sulla carta CARLO PILIA L PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA è di recente intervenuto per richiamare l’attenzione del Parlamento sulla drammatica situazione delle carceri italiane, nelle quali non sono garantiti i fondamentali diritti umani, e sulla necessità di varare un urgente piano di riforme della giustizia. Come hanno riconosciuto le condanne inflitte all’Italia dalle Corti europee, il sovraffollamento carcerario italiano integra un trattamento inumano, che si pone in contrasto con i principi cardine di civiltà giuridica e di dignità personale riconosciuti e garantiti dalle Carte nazionali e internazionali. La pena detentiva, lungi dal tendere alla rieducazione del condannato, infatti, integra un trattamento degradante e inumano, in palese violazione dell’art. 27 della Carta costituzionale e dell’art. 3 della C.E.D.U. La drammaticità della si-

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tuazione carceraria, peraltro, dovrebbe trovare tempestiva risposta entro la primavera del prossimo anno, al fine di ottemperare alla recente decisione della Corte di Strasburgo, alla quale si rivolgono i detenuti italiani per ottenere la tutela dei propri diritti fondamentali. Gli attesi interventi di ammodernamento e di incremento delle strutture penitenziarie, in ogni caso, non possono reputarsi risolutivi del problema del sovraffollamento carcerario, ma solamente lenitivi del grave disagio. Non sono solamente il grave ritardo e gli ingenti costi di attuazione a fare dubitare dell’efficacia risolutiva di tali interventi edilizi, quanto piuttosto la necessità di am-

modernare il sistema repressivo secondo alcune direttrici di riforma normativa e amministrativa. Si impone, altresì, un deciso cambiamento di prospettiva giuridica e culturale in relazione all’effettività della pena a carico del colpevole e alla necessaria tutela della vittima. L’urgenza di provvedere, secondo l’intervento del Capo dello Stato, impone l’adozione immediata di misure di clemenza (amnistia e indulto), che accompagnino il varo di una riforma strutturale del sistema penale repressivo che incida sui due momenti della limitazione degli ingressi in carcere e dell’utilizzo delle misure alternative. Gli studiosi e gli esperti della materia da tempo han-

no approfondito le varie questioni e prospettato le principali direttrici di intervento praticabili, anche sulla scorta delle più avanzate esperienze straniere. Così, per un verso, il sovraffollamento carcerario si dovrebbe contenere mediante la decisa riduzione sia delle custodia cautelare preventiva e sia delle pene detentive, da circoscrivere ai casi di maggiore gravità e pericolosità. Per altro verso, in luogo della detenzione si dovrebbero sviluppare altre misure restrittive cautelari e definitive, che garantiscano adeguata protezione dei valori sottesi alla tutela penale. Quest’ultima, peraltro, dovrebbe essere circoscritta nell’ambito applicativo, sostituendola o affiancandola con apparati repressivi differenti, amministrativi e civili, che si dimostrino maggiormente appropriati per i vari settori. Nella detenzione carceraria del colpevole, invero, si manifesta la più intensa misura privativa della libertà personale prevista dall’ordinamento che, anche nella durata e nelle modalità restrittive di espiazione, si giustifica in ragione dell’accertata gravità della violazione commessa e della avvertita pericolosità sociale. La carcerazione, invero, realizza un contenimento fisico del detenuto in uno spazio isolato e chiuso, separato dal mondo esterno. Da un lato, come accennato, una siffatta misura restrittiva frustra le finalità rieducative della pena e, inoltre, potrebbe

essere sostituita o combinata con altre misure sanzionatorie di carattere personale e patrimoniale, più appropriate e incisive a seconda dei reati commessi. Dall’altro lato, il sistema penale incentrato sulla carcerazione del colpevole finisce per trascurare la posizione della vittima e il ristoro del pregiudizio subito. La prospettiva di tutela della vittima, peraltro, non si impone solamente sul piano patrimoniale del risarcimento del danno dovuto, ma anche nella dimensione personale, familiare e sociale, di recupero della relazionalità e di pacificazione della vittima. In questo senso, è necessario che l’auspicata riforma superi l’idea diffusa e consolidata che l’unica ed effettiva tutela penale sia quella di “lasciar marcire in carcere il colpevole”, sviluppando una serie di meccanismi punitivi alternativi che tendano a realizzare la reintegrazione dei valori lesi e la protezione della vittima. Si apre la dimensione del recupero relazionale e sociale affidata alla mediazione penale che, al pari delle altre forme di tutela negoziata civile e familiare, stenta ad affermarsi in Italia. A differenza di quanto invece accaduto da tempo negli altri Stati occidentali che, nei diversi ambiti penale, civile e amministrativo, hanno sviluppato con successo le modalità di tutela alternative al carcere e allo stesso processo.

da un vetro sporco. Era sempre quello della mia vetrina colorata, ma più sporco. Quando ho aperto l'attività, avevo la sicurezza economica di sentirmi un uomo. Di essere qualcuno. Di poter realizzare qualcosa. Quando ti manca questo, perdi tutto. Mi manca il poter riposare di gusto. A fine giornata non sono più stanco per aver trascorso dodici ore in laboratorio. Sono stanco perché sono insoddisfatto. Pensi che se fossi nato in un altro luogo, la tua vita sarebbe stata diversa? Se io fossi nato e cresciuto in un altro territorio, tutto sarebbe stato diverso. Il territorio del Sulcis è pro-

blematico. Non lo è solo il momento storico. Ho pensato spesso di andare via, ma andare via significa anche avere la sicurezza economica di non finire in mezzo alla strada. Quando esci dal tuo mondo, inserirti in un'altra realtà è molto difficile. E' difficile imparare un nuovo lavoro se nessuno te lo permette. In questo posto il tuo curriculum è solo un foglio che va ad impilarsi sopra altri 7mila. E questo non è avere la possibilità di essere un uomo. Oggi ci si sposa meno, si comprano meno case, si arreda meno, non si rinnova. E’ tutto diverso. Ritieni che il concetto di famiglia sia andato in crisi in generale o solo per causa della nostra generazione? Pensi che avrai la possibilità di avere una famiglia, un giorno? Con il blocco del polo industriale di Portovesme, si è fermato tutto. Bisogna pagare le tasse, l’affitto dei laboratori, la merce. Alla fine, se vanno bene gli affari, si riesce a pagare le tasse ma difficilmente si può trattenere qualcosa per vivere. E’ così che si smette di avere senso. Improvvisamente la fantasia ed il colore non bastano più. Come si può essere un buon compagno per una donna, se non posso avere una vita mia? Un’individualità? Un’indipendenza? Se non ho un lavoro…

Quegli antichi mestieri scomparsi con la crisi Storie di giovani validi che rischiano di gettare la spugna FRANCESCA SANNA ALLA MAREA DELLA CRISI emergono piccole grandi storie di giovani che con la crisi devono farci i conti ogni giorno. Una di queste è la storia di Simone, 35 anni, corniciaio. Nato e cresciuto a Carbonia, città del Sulcis, quella che oggi è la provincia più povera d’Italia. Nei dodici anni in cui ha portato avanti la sua attività, ha curato uno stile particolare e differente rispetto a quello della corniceria classica. Lo ha fatto con l’orgoglio ed il coraggio del desiderio di rinnovare un’antica arte aggiungendo il colore qua e là, ad un’attività iniziata per caso, quando ancora si riusciva a sognare. Quasi un’occasione offerta dal destino, la possibilità di rilevare l’attività di un amico di famiglia. Un lavoro iniziato da zero, senza un mi-

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nimo di esperienza, ma con una grandissima voglia di fare. La sua priorità, dice, è sempre stata prestare attenzione al cliente, cercando di non annullare mai il suo gusto artistico. Simone ha impiegato un anno per imporsi sul mercato. Il grande desiderio di farsi apprezzare, creando opere vive, gli ha permesso di costruirsi un’identità tale per cui i clienti hanno imparato a riconoscerne lo stile, alla vista di ogni oggetto. La sua missione è stata conoscere fino in fondo in cliente, studiarne i gusti e le necessità. “Avevo voglia di fare”, racconta, “ho imparato da solo a tagliare il vetro. Ho cercato fino all’ultimo di comunicare la mia passione ai clienti. Ed ho sempre fornito anche assistenza dopo la vendita, perché l'artigiano lavora prima, durante, dopo. Il suo compito non si esaurisce mai con la consegna del singolo lavoro. Quando fai da solo, im-

pari da solo, ti fai male da solo, sai quanto ti costa. Il mio laboratorio è stato per me una culla nella quale fare i primi sogni. E' stata una scuola, una casa. Dall’altra parte del vetro, ho visto nascere, crescere, degradarsi, finire una generazione del Sulcis, che è la mia”. Com’è vivere senza lavoro adesso? Il lavoro ti da un'identità e per me era la vita. Era la vita che volevo. Volevo dare qualcosa a me stesso e agli altri. Utilizzavo le mie energie per creare qualcosa. Adesso è tutto finito. Ho deciso di chiudere dopo 12 anni di attività, di gioie, passioni, dolori. Da quattro anni a questa parte mi sembrava di vedere il mondo


Domenica 27 ottobRe 2013

IL PORTICO DEGLI EVENTI

il PoRtico

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Editoria. Durissima denuncia: nella nostra Isola cresce il rischio del silenzio su molte vicende che scottano.

È a rischio il pluralismo dell’informazione: la Sardegna non può cadere nell’omologazione Lo Stato e la Regione hanno il dovere di fare la loro parte per assicurare la tenuta del sistema: serve una nuova legge per l’editoria e contributi pubblici non per i soliti noti

l’altra faccia di una medaglia fino ad oggi solo dorata. Sul terreno delle televisioni locali, la Sardegna ha avuto per anni una leadership in termini di autorevolezza e qualità diffusa su tutto il territorio. Oggi resiste Videolina. Sardegna1è tra i marosi nei quali è finita sotto la gestione del banchiere e imprenditore turistico Giorgio Mazzella, che ha appena passato la mano a due suoi ex dipendenti. Dieci giornalisti da quasi due anni assicurano un lavoro di qualità tra mille difficoltà e nell’incertezza degli stipendi, per altro ridotti da un contratto di solidarietà. La vicenda presenta aspetti non del tutto chiari su cui si attende luce da tutti gli organismi competenti, pur essendo evidente che c’è comunque una reale crisi del business tipico dell’azienda. La carenza di risorse pubblicitarie in un’area debole come quella sarda tiene in sofferenza altre due emittenti qualificate come Telenova

(cooperativa con base principale a Oristano) e Cinquestelle(base principale a Olbia), dove l’attività prosegue “dimagrita” grazie ai contratti di solidarietà o ai processi di cassaintegrazione attivati nelle due aziende. Le Tv locali di Sassari quasi non si vedono più, tanto sono indebolite nella loro consistenza economica. Ci si rende conto del valore dell’importanza dei mezzi di informazione solo quando non ci sono più o quando non riescono più a farsi sentire con piena libertà e puntualità in confronto aperto con altre voci. E quanto ha bisogno di liberare voci, di non cadere nell’apatia e nella omologazione la Sardegna! Non è solo questione di povertà economica. Cresce il rischio di nuovi silenzi su molte vicende che contano e che scottano in Sardegna di una informazione che si pieghi verso una linea comoda e tranquilla del detto e del non detto per evitare problemi o, comunque, di linee accomodanti che poco si preoccupano di tenere desto lo spirito critico dei lettori in quanto cittadini. Sulla rete spesso si trovano delle alternative importanti che suonano la sveglia fino a farsi sentire anche dai grandi media organizzati su base industriale. Una sana concorrenza editoriale è base essenziale di pluralismo. Il mercato da solo non risolve tutto, il pluralismo e le identità sono beni assoluti da preservare ai fini di un equilibrio di sistema democratico e delle vocazioni di sviluppo di un territorio che tocca ai poteri pubblici garantire. I mercati pubblicitari seguono logiche di solo profitto. Lo Stato e la Regione hanno il dovere di fare la loro parte per assicurare un pluralismo diffuso dell’informa-

zione in tutta l’Isola, anche laddove non c’è una reale convenienza economica immediata in termini di ritorni mercantili. Dallo Stato serve una nuova legge per l’editoria e l’emittenza all’insegna di investimenti pubblici che non siano solo mero assistenzialismo o un’opportunità per favorire vecchie o nuove cerchie di potere. Trasparenza e rigore, con diretto collegamento agli investimenti che, nel settore dell’informazione, devono essere prioritariamente, se non esclusivamente, volti a sostenere l’impiego ordinato, rispettoso di leggi e contratti, di professionalità qualificate. Contributi per l’occupazione, per la democrazia e per lo sviluppo. In Sardegna, poi, non ci stancheremo mai di insistere, servono iniziative forti per una Rai 3 bis tutta regionale destinata ad essere voce dell’autonomia regionale speciale, della lingua, della cultura, dei beni identitari sardi, come consente una legge dello Stato per le regioni con minoranze linguistiche. La Rai oggi, in Italia, pur tra mille problemi, irrisolti anche per le interferenze delle contiguità politiche, rimane l’azienda editoriale di traino e di maggiore impegno sulla fiducia in un futuro basato sulle risorse umane qualificate. La declinazione di questo impegno con una attività specifica in Sardegna, sostenuta da Regione, Stato e Unione Europea, è quanto mai urgente rivendicarla con forza. L’attenzione dei sardi per la lettura e l’informazione merita questo e molto di più. * Segretario generale Federazione Nazionale Stampa Italiana

sizione, ancora non è nemmeno chiaro chi si presenterà ai blocchi di partenza: a 120 giorni dal voto, alcuni dei contendenti non sono ancora certi di restare sul campo da gioco. Chi non ha fatto mistero delle proprie intenzioni è Ugo Cappellacci, l’attuale Governatore, sul quale pende - come tutti sanno - una richiesta di rinvio a giudizio e una richiesta di condanna a tre anni. A complicare le cose al commercialista cagliaritano, c’è - per adesso - il silenzio (e non potrebbe essere diversamente, in

questi giorni) di Berlusconi e la sicura discesa in campo di Mauro Pili. L’ex Governatore, con il movimento Unidos, se davvero dovesse candidarsi sfilerebbe voti proprio nel campo del centrodestra, per la gioia dei supporter del campo avverso. Dalla sua Pili ha l’aver intuito il tracollo che rischia la politica tradizionale se non propone qualcosa di nuovo, di diverso dal solito film degli ultimi anni. L’avevano capito anche Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda, autori del primo movimento sovranista a venire allo scoperto, e dopo l’entusiasmo iniziale delle assemblee nei paesi, piombati da qualche settimana in uno stranissimo e misterioso silenzio. L’Alcoa che chiude, i disastri dell’Igea, le decine di fabbriche che serrano i battenti sono uno scenario impossibile da contrastare, specie per chi ha poche idee. Sarà certamente della partita Michela Murgia, che forte di un consenso trasversale, rappresenta una proposta nuova sulla scena politica regionale. Un’altra donna, France-

sca Barracciu, europarlamentare del Pd, dovrà vedersela proprio in queste settimane con gli alleati del centrosinistra, che non a caso non hanno partecipato alle primarie, appuntamento visto e vissuto come poco più che un regolamento di conti interno al partito guidato in Sardegna da Silvio Lai. Se l’ex sindaco di Sorgono dovesse restare in campo, e con lei Michela Murgia, c’è da scommettere che se Berlusconi fosse chiamato a dire un giorno la sua, non esiterebbe a schierare una donna anche per il centrodestra, con buona pace di Ugo e Mauro, che tornerebbero a più miti consigli. Il pronunciamento avrebbe l’effetto dell’Oracolo di Delfi, e d’incanto - in questa parte - sparirebbero anche le liti. Non è un mistero a Cagliari che tutti i partiti stiano puntando a colorare di rosa le loro liste, pur di inzeppare di donne gli elenchi, rafforzando quel tipo di presenza che dopo la bocciatura degli emendamenti sul doppio voto di genere viene ritenuta in grado di attutire il crollo della politica tradizionale.

FRANCO SIDDI* N CODA ALLE CLASSIFICHE come una delle regioni più povere e più colpite dalla crisi occupazionale, la Sardegna ora perde colpi anche su un terreno che l’ha vista a lungo stare nelle prime posizioni: quello dell’informazione, dove sta ancora nel gruppo di testa delle regioni (quarto posto in Italia) con più alto indice di lettura dei giornali. Nell’isola è in corso un inesorabile processo di impoverimento dell’offerta del pluralismo informativo e dell’occupazione nel settore. L’impoverimento del tessuto economico che sta portando al collasso il flusso delle risorse pubblicitarie (fonte essenziale dei ricavi editoriali) è elemento comune che offre poco di diverso rispetto a quanto accade in altre regioni. L’inadeguatezza imprenditoriale e l’assenza di politiche di visione e di sviluppo sono però altra causa, tutt’altro che secondaria, di un declino che va arrestato se si vuole bene all’isola. Le vicende recenti di crisi a Sardegna1e in molte altre emittenti sarde, la chiusura dopo pochissimo tempo di un quotidiano a Cagliari (Sardegna24), la sospensione delle pubblicazioni di SardegnaQuotidiano,

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e quella di alcuni periodici locali che si erano affermati negli anni a livello territoriale, come “Il Provinciale” di San Gavino Monreale, sono gli elementi più evidenti di una crisi che ha diverse facce e in alcuni casi dei veri e propri colpevoli. E ora persino le mosse dei media storici più robusti presentano elementi di preoccupazione per la qualità del pluralismo dell’informazione nella regione, per la tenuta del sistema e per l’occupazione. L’annunciata rinuncia all’edizione di Cagliari della Nuova Sardegna, proprietà del gruppo leader in Italia dell’ingegner CarloDe Benedetti, con il tentativo di ridurre gli organici giornalistici di almeno 4 unità, le imminenti rinunce a una consistente presenza delle redazioni de L’Unione Sarda nel Nord dell’isola (Olbia e Sassari), le controverse vicende organizzative dell’Unione Sarda on line(contratti di lavoro ancora da rimettere in quadro) sono

Pochi mesi alle Regionali e ancora nessuna certezza La politica tradizionale ha l’obbligo di risalire la china SERGIO NUVOLI

essanta consiglieri regionali indagati a vario titolo non sono certamente un buon biglietto da visita per la politica tradizionale. Le notizie che continuamente filtrano dalla Procura della Repubblica in merito alle indagini in corso (e a quelle che seguiranno) non aiutano certamente ad essere ottimisti. Eppure tra poco più di quattro mesi si vota per il rinnovo dell’Assemblea di via Roma, e lo scenario appare davvero confuso, specie se si pensa che indagini penali riguardano anche il presidente della Giunta (per responsabilità, sia ben chiaro, tutte da provare).

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In uno scenario - se fossero confermate alcune delle ricostruzioni - da “ladri di polli” (è davvero difficile pensare che uno sia così sprovveduto da pagarsi il conto del proprio matrimonio con denari della comunità), avrebbe certamente ragione chi - per nulla a fatica - profetizza per febbraio-marzo dell’anno prossimo un bagno di sangue per i partiti tradizionali. Ciò che non è dato per ora di comprendere è a favore di chi. Due le ipotesi: del Movimento Cinquestelle, o dei cosiddetti partiti indipendentisti, o - come ora si chiamano - sovranisti. A patto però di schierare una proposta almeno appena convincente. Nonostante il poco tempo a dispo-


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il PoRtico

IL PORTICO DEL TEMPIO

Domenica 27 ottobRe 2013

Il Papa. In settimana è stato inviato un messaggio al direttore generale della Fao.

“La nostra fede non si fonda su un’idea, ma solo sulla persona di Gesù Cristo” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre ha approfondito il messaggio del Vangelo domenicale che presentava la parabola del giudice iniquo e della vedova importuna (Lc 18,1-8). Dio, spiega Papa Francesco, «ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno, o perché non ci ascolta. Al contrario, Lui ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e dentro di noi, il Signore non è lontano, è al nostro fianco; noi lottiamo con Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua presenza accanto a noi, la sua misericordia, anche il suo aiuto». Il Papa all’Angelus ha ricordato anche la Giornata Missionaria Mondiale: «qual è la missione della Chiesa? Diffondere nel mondo la fiamma della fede, che Gesù ha acceso nel mondo: la fede in Dio che è Padre, Amore, Misericordia. Il metodo della missione cristiana non è il proselitismo, ma quello della fiamma condivisa che riscalda l’anima». Papa Francesco ha anche sottolineato il lavoro dei missionari e la figura di Afra Martinelli, recentemente uccisa in Nigeria: «in questa Giornata siamo vicini a tutti i missionari e le missionarie, che lavorano tanto senza far rumore, e danno la vita. Come l’italiana Afra Mar-

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tinelli, che ha operato per tanti anni in Nigeria: qualche giorno fa è stata uccisa, per rapina; tutti hanno pianto, cristiani e musulmani. Le volevano bene. Lei ha annunciato il Vangelo con la vita, con l’opera che ha realizzato, un centro di istruzione; così ha diffuso la fiamma della fede, ha combattuto la buona battaglia!». In settimana il Santo Padre ha ricevuto in udienza i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il Papa ha insistito in modo particolare sull’urgenza di una pastorale incentrata sull’es-

senziale del messaggio cristiano: l’opera dell’evangelizzazione «esige l’impegno comune per un progetto pastorale che richiami l’essenziale e che sia ben centrato sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo. Non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli come Lui ci ha amato. Un incontro con Cristo che è anche adorazione, parola poco usata: adorare Cristo. Un progetto animato dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spin-

ge anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!». In settimana il Papa ha inviato un Messaggio al Direttore generale della FAO in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Papa Francesco ha ricordato lo scandalo della fame e della malnutrizione ancora presenti nel mondo e ha invitato tutti a puntare sulla solidarietà: «educarci alla solidarietà significa allora educarci all’umanità: edificare una società che sia veramente umana vuol dire mettere al centro, sempre, la persona e la sua dignità, e mai svenderla alla logica del profitto». Sempre in settimana all’Udienza Generale Papa Francesco ha presentato l’aspetto dell’apostolicità della Chiesa: «la Chiesa è apostolica perché è fondata sulla predicazione e la preghiera degli Apostoli, sull’autorità che è stata data loro da Cristo stesso […] Gli Apostoli hanno vissuto con Gesù, hanno ascoltato le sue parole, hanno condiviso la sua vita, soprattutto sono stati testimoni della sua Morte e Risurrezione. La nostra fede, la Chiesa che Cristo ha voluto, non si fonda su un’idea, non si fonda su una filosofia, si fonda su Cristo stesso. E la Chiesa è come una pianta che lungo i secoli è cresciuta, si è sviluppata, ha portato frutti, ma le sue radici sono ben piantate in Lui e l’esperienza fondamentale di Cristo che hanno avuto gli Apostoli, scelti e inviati da Gesù, giunge fino a noi».

foto roberto pili

Hanno collaborato a questo numero: Padre Fabrizio Congiu, docente di teologia spirituale e francescanesimo alla Pontificia facoltà Teologica della Sardegna, Carlo Pilia, professore associato di Diritto privato all’Università degli Studi di Cagliari, Francesca Sanna, giornalista pubblicista, Franco Siddi, Segretario Generale Federazione Nazionale Stampa Italiana, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, parroco della Madonna della Fede, Gabriele Colombini, Docente di materie letterarie nelle scuole medie, autore del volume “Dai Cassinesi ai Cistercensi” edito per Arkadia editore, Franco Camba, insegnante di religione e collaboratore del Seminario Regionale Sardo, Alessandra De Valle, mamma di quattro figli laureata in Scienze Politiche, Giovanni Lorenzo Porrà giornalista pubblicista laureato in Filologie e Letterature Classiche e Moderne, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Carlo Pisano, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari della Sardegna, Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo Vaticano, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Davide Lai, collaboratore dell’Ufficio catechistico diocesano, Maria Vittoria Pinna, collaboratrice di Radio Bonaria, autrice del blog Annavercors, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri. Il direttore della testata, Sergio Nuvoli, è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3800 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.

pietre COLOMBIA

Espulsi sacerdoti dalle zone rurali I guerriglieri hanno espulso alcuni dei suoi sacerdoti dalle zone rurali del basso Putumayo, in particolare quelli che lavoravano nella zona rurale di Puerto Guzmán e Puerto Leguizamo, avvertendo che gli unici che possono frequentare la zona sono i guerriglieri. Secondo quando si apprende sono ormai sei i sacerdoti che hanno dovuto lasciare la regione in queste ultime settimane, e i guerriglieri consentono la loro presenza solo nella parte urbana della zona. La Colombia sta vivendo in un clima di tensione particolare a causa dei “dialoghi di pace” che si svolgono a Cuba. Il dialogo viene portato avanti tra membri del governo e rappresentanti delle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) ma anche la Chiesa cattolica, con le sue innumerevoli testimonianze, sta promuovendo una ondata di interventi pubblici a favore della pace. NIGERIA

Uccisa una missionaria italiana Una missionaria laica originaria della provincia di Brescia, Afra Martinelli, 78 anni, è stata uccisa, probabilmente nel corso di una rapina, nonostante il suo impegno per il diritto allo studio e l'inserimento professionale dei ragazzi e delle ragazze del delta del Niger: è accaduto questo alla missionaria laica italiana afra martinelli. La donna, 78 anni, da 30 al servizio della chiesa locale della Nigeria, è stata trovata riversa nella sua casa. La missionaria sarebbe stata colpita alla nuca con un machete e sarebbe deceduta a causa delle ferite alcuni giorni dopo l'aggressione. Da 30 anni dirigeva a Ogwashi-Ukwu il centro “Regina mundi”, una struttura che ospita ragazzi e ragazze, dove c'è una scuola di informatica e un collegio per chi viene da lontano e non può tornare a casa ogni giorno. Afra era originaria di Civilerghe, un paesino in provincia di Brescia. INDIA

Ancora violenza sui cristiani Nello Stato indiano del Karnataka è in corso una violenza "brutale e senza tregua" contro i cristiani e le chiese da parte degli ultranazionalisti indù. È la denuncia del Global Council of Indian Christians(Gcic), che ha scritto un appello al chief minister Siddaramiah perché intervenga. Anche il governo centrale ha riconosciuto la gravità della situazione, definendo il Karnataka uno dei sei Stati in cui le forze estremiste prendono di mira le minoranze per i loro obiettivi politici.


Domenica 27 ottobRe 2013

IL PORTICO DEI GIOVANI

il PoRtico

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Scuola. Per i ragazzi nelle prime settimane prevale l’attenzione alla novità, poi inevitabile subentra la routine

Scuole alle prese con le lavagne multimediali: gesta, vizi e virtù della classe insegnante sarda Dopo l’introduzione generalizzata dei supporti, apprezzatane l’utilità, ora si attendono sviluppi. Spesso però l’utilizzo può rallentare le lezioni. E che fare se si guasta? GABRIELE COLOMBINI RANDI NOVITÀ quest'anno a scuola. Abbastanza grandi. Insomma, diciamo che ci sono novità. Dopo aver trascorso buona parte dell'estate in fremente attesa di conoscere la sorte del fax, destinato alla pensione nelle scuole – e guardato con invidia, uno dei pochi che poteva andare in pensione! – ed appreso che neanche il vetusto strumento poteva farlo, ma doveva rimandare al 2015 la propria sostituzione con la posta certificata, al ritorno in classe si è manifestata, intanto, un'ingombrante presenza: la LIM, la lavagna informatica multimediale! Negli anni scorsi veniva tenuto un singolo esemplare in un locale della scuola adibito a sorta di sacrario tecnologico e quando ci passavi vicino guardavi con sospetto il suo schermo grande e bianco, il proiettore incombente e i fili elettrici quasi sempre pen-

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La presentazione di una LIM al Governatore Cappellacci.

denti, testimone silente dei quasi ventimila euro spesi e regolarmente inutilizzati. Di solito, se eri accompagnato da un collega anziano, accennando alla LIM con un mezzo sorriso commentava:" Eh, prima o poi ci faranno fare anche un corso per usarla..." che, detto così, sembrava quasi una minaccia, come quando si faceva il militare di leva. Con il passare degli anni, però, qualche LIM ha cominciato a fare veramente la sua comparsa nelle aule "vive" e diversi insegnanti hanno iniziato ad usarla, anche con buoni risultati ed una certa soddisfazione. Per i ragazzi vale sempre lo stesso discorso: nei primi giorni, nelle prime settimane, la novità rap-

presenta un incentivo all'attenzione, poi tutto diviene routine. Però è innegabile che avere un supporto del genere in aula può aiutare nell'esporre la propria materia, specie se è presente la connessione internet ed un insegnante impara ad automatizzare il proprio pensiero e a capire che, spiegato un argomento ostico alla comprensione, chiarirlo immediatamente col supporto informatico può essere molto più utile del classico "ve lo rispiego" a voce. Aggiungendo poi che, per ogni materia, esistono software con i quali è possibile preparare le lezioni in modo sintetico e sicuramente più accattivante. Tutto bene, dunque? Non per fare il pessimista ma si attendono svi-

luppi. Aldilà del fatto che queste LIM hanno un po' troppi supporti esterni (penne elettroniche, tastiera, mouse, telecomando) che, in una scuola, se lasciati inavvertitamente incustoditi spariscono alla velocità della luce o, nella migliore delle ipotesi, i ragazzi li rompono nella bramosia di poterli utilizzare, bisogna tener presente che la loro custodia rallenta le operazioni di utilizzo: un conto è trovare la LIM già accesa quando entro in aula, un altro firmare registri, prendere chiavi, aprire armadietti, controllare se c'è tutto, accendere la lavagna, aspettare che sia pronta, caricare il materiale da visionare. Il tutto, ovviamente, mentre una torma di adolescenti ti zompetta intorno incuriosita, chi offrendoti aiuto, chi chiedendoti se può andare in bagno, chi dicendoti che gli esercizi non li ha fatti perché non aveva capito, chi ha dimenticato il libro dalla nonna da cui era andato a fare i compiti, etc... In questo quadro tutto sommato non così problematico rimane però una grande incognita: e se un giorno si romperà? Tutti gli insegnanti hanno nella loro esperienza memoria di registratori, televisori, pc, dvd, accatastati in uno stanzino laddove attendono, come in una specie di valle di Giosafat tecnologica, che un giorno qualcuno li risvegli. Evento che, sino ad oggi, mai si è

La teologia in dialogo con la cultura odierna Un tesoro che non invecchia: prolusione di don Toniolo FRANCO CAMBA N TESORO CHE non invecchia. La teologia in dialogo con la cultura odierna”. È questo il titolo della prolusione che sabato scorso a Tempio Pausania don Andrea Toniolo, responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Conferenza episcopale italiana, ha tenuto in occasione dell’inaugurazione del nuovo Anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Euromediterraneo. Dopo la Celebrazione eucaristica, presieduta da monsignor Sebastiano Sanguinetti, vescovo della diocesi di Tempio-Ampurias, alla presenza di numerose autorità civili e militari, degli studenti e dei docenti, la cerimonia inaugurale è stata introdotta da don Raimondo Satta, direttore dell’Istituto Euromediterrano. Don Andrea Toniolo, nel presen-

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tare la traccia della lectio, ha richiamato l’intervento che Papa Francesco ha tenuto lo scorso 22 settembre alla Facoltà Teologica della Sardegna. “In esso – ha detto – sono evidenziati tre elementi che qualificano la formazione universitaria, il “luogo dell’università”: un luogo del discernimento, un luogo in cui si elabora la cultura della prossimità, un luogo di formazione alla solidarietà”. Riprendendo questi spunti – come sono stati chiamati nel discorso stesso del Papa – ha proseguito affermando che “il compito della teologia, come del resto di ogni formazione universitaria, è quello di presentare un tesoro che non invecchia, che non è immediatamente fruibile, consumabile, che non è valido solo in qualche momento dell’esistenza. Non cade vittima dell’immediatismo, ma forma una mentalità, un habitus interno che permane, un desiderio profondo”.

Alla domanda che cosa significa concretamente offrire un tesoro che non invecchia? il responsabile del Servizio della Conferenza episcopale italiana per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose ha risposto: “Vuol dire tenere desta e viva, rendere attuale la memoria della tradizione biblica e cristiana: il patrimonio straordinario della Sacra Scrittura e della fede, da rendere significativo anche per l’uomo d’oggi; rappresenta la radice principale della nostra storia, l’universo simbolico da cui attingiamo le parole forti dell’umano: padre, figlio, madre, misericordia, dignità umana, uomo, donna, storia”. La prolusione è poi proseguita con l’approfondimento degli altri spunti offerti dall’intervento di

Papa Francesco al mondo universitario sardo: la teologia come luogo del dialogo, della reciprocità tra Chiesa e mondo, e come luogo di discernimento della storia. Nell’approfondimento del significato e del valore di una realtà accademica-universitaria come quella degli Istituti Superiori di Scienze Religiose (che in Italia sono 80), nella Chiesa e nella società, la lectio ha evidenziato che queste istituzioni accademiche, secondo l’intento della riforma partita nel 2005, sono dei luoghi strategici per il dialogo e il discernimento della cultura, e per la preparazione di professioni importanti, significative per la Chiesa e per la società. Nel concludere la prolusione, ri-

verificato! Tutti i docenti animati da un po' di buona volontà hanno sempre supplito con strumenti portati da casa propria e, spesso, lasciati a scuola a disposizione di tutti, ma con la LIM come si potrebbe fare? Sarà prevista una manutenzione ordinaria e straordinaria? O anch'essa sarà destinata al cimitero degli elefanti perché un giorno, magari dopo qualche migliaio di ore d'uso, la lampada del proiettore avrà osato fulminarsi? A questa eventualità darà risposta soltanto il futuro e l'esperienza: questo è il pensiero che ogni professore ha mentre sta firmando i fogli fotocopiati dal registro dell'anno scorso che fungono da registro di classe, conservati nel cassetto senza maniglia della cattedra zoppicante, ricopiando gli assenti sulla propria agenda perché quest'anno i registri personali non sono ancora arrivati, non ci sono soldi per comprarli. In attesa, ovviamente, del registro elettronico.

chiamando la verifica in atto in Italia della qualità accademica e formativa di tutte le istituzioni ecclesiastiche universitarie, tra cui le Facoltà Teologiche e gli Istituti Superiori di Scienze Religiose, don Toniolo ha affermato che essa “ha anche la finalità di far prendere coscienza alla Chiesa dell’importanza di queste istituzioni, che possono diventare per un territorio ecclesiale e civile importanti centri formativi e culturali. Luoghi in cui si forma al dialogo e al discernimento della storia, in cui si formano uomini e donne che tengono viva la speranza, il primo motore educativo, l’antidoto contro la “passioni tristi”, quella speranza che si radica nella realtà viva della presenza di Dio nella storia degli uomini, e che come ricorda l’incipit di Gaudium et Spes si esprime nella solidarietà della Chiesa con le gioie e le sofferenze del mondo.


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IL PORTICO DEI GIOVANI

il PoRtico

DOMENICA 27 ottobRe 2013

Testimonianze. concluso l’ottobre missionario, scopriamo alcune esperienze portate avanti da laici nel mondo.

“I poveri, la parte più preziosa della comunità: così in America latina ci danno lezioni di vita”

ciaciòn) e la Mision Donadeu nella provincia di Santiago del Estero, una terra poverissima, dove non cresce un filo d'erba e la poca acqua che si ricava dai pozzi è contaminata dall'arsenico. Abbandonata dal governo, trova l'unica forza per sopravvivere nella solidarietà, frutto del fermento portato dalla comunità cristiana di cui è responsabile Anabel Vera, consacrata laica. Dopo aver collaborato per diversi anni con le scuole dei Figli di Maria, Anabel è stata inviata dal vescovo di quella diocesi come amministratore parrocchiale e, ad eccezione della Messa e del sacramento della Penitenza, fa tutto quello che farebbe un parroco. Lì non si fanno molti discorsi

sulla funzione dei laici nella Chiesa, ma si attua il Concilio in uno spirito di servizio molto diverso da quello di rivendicazione del nostro contesto europeo. Anabel ha lasciato il prestigioso incarico di preside e da lì ha continuato a seguire i ragazzi dei Figli di Maria, che ritornano ogni anno per rinnovare nel servizio ai poveri la gioia della loro fede. Quest’anno ero presente quando il pueblo ha accolto il gruppo dei giovanissimi missionari dei collegi (15-16 anni) e del diffuso Movimento de la Palabra, che offre ai cresimati un percorso a tappe di approfondimento in piccoli gruppi, dove l’esperienza missionaria è fondamentale. A sua volta Donadeu è missionaria nel pueblo vicino che non ha catechisti e ogni domenica i giovani percorrono molti chilometri in bicicletta per animare la Messa. Com'è la vita dei FMSI a Buenos Aires? Un popolo di Dio che cammina coi suoi pastori che, come dice il Papa, sanno guidare, ma anche camminare in mezzo al gregge e se necessario mettersi in coda. Un grande spirito di servizio, nella semplicità e nella gioia evangelica. C'è molta collaborazione coi laici che spesso amministrano e organizzano le parrocchie, sforzandosi di creare un

ambiente accogliente per i poveri (visibili e integrati nella comunità) e per i giovani. Nella parrocchia di Loreto un gruppo di persone, tra cui anche molti giovanissimi, sono impegnati nel Merendero: si preparano i dolci per i bisognosi ma soprattutto si sta con loro mentre si distribuisce cibo e vestiario, ascoltando i loro problemi. I poveri partecipano alle liturgie e la comunità prega per loro: non persone da assistere ma da accogliere, come la parte più preziosa della comunità, che risulta la prima a essere arricchita dalla loro presenza! Nulla a che fare col nostro assistenzialismo! Cosa ti ha impressionato di più in questa“comunicazione d'amore tra Chiese”? Il senso di popolo di Dio, una cosa diversa da una Chiesa "organizzata". E' la coscienza di essere un corpo, tutti sono importanti, e aggiungerei un popolo in cammino, che ha voglia di lasciarsi condurre dalla Parola. Ma soprattutto mi ha colpito la gioia: non c'è l'ansia del proselitismo, né il ripiegamento della nostra privatizzazione della fede mortificata dalla disillusione. Essere cristiani è godere di una gioia semplice, traboccante e contagiosa e ho capito perché il Papa dice che: "la fede si trasmette per attrazione!".

debba davvero essere un fatto privato, vedono indebolirsi il fervore, la gioia e la speranza dell’annuncio: «A volte si pensa ancora che portare la verità del Vangelo sia fare violenza alla libertà. Paolo VI ha parole illuminanti al riguardo: «Sarebbe ... un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza di Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà ... è un omaggio a questa libertà” […] Dobbiamo avere sempre il coraggio e la gioia di proporre, con rispetto, l’incontro con Cristo, di farci portatori del suo Vangelo»: è un servizio alla libertà di ogni uomo! [D’altra parte, quale scelta sarà mai libera se deve essere fatta “a scatola chiusa”?] «In questa prospettiva, è importante non di-

menticare [… che] evangelizzare non è mai un atto isolato, individuale, privato, ma sempre ecclesiale […] questo dà forza alla missione e fa sentire ad ogni missionario ed evangelizzatore che non è mai solo, ma parte di un unico Corpo animato dallo Spirito Santo». Questa è la Chiesa: non «un’organizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG, ma una comunità di persone, animate dall'azione dello Spirito Santo, che hanno vissuto e vivono lo stupore dell’incontro con Gesù Cristo e desiderano condividere questa esperienza di profonda gioia». Papa Francesco conosce bene il travaglio che l’umanità sta vivendo, per questo: «si rende ancora più urgente portare con coraggio in ogni realtà il Vangelo di Cristo […] L’uomo del nostro tempo ha bisogno di una luce sicura che rischiara la sua

strada e che solo l’incontro con Cristo può donare». L’invito quindi è a riprendere coraggio, a sostenere i cristiani perseguitati «ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli», a considerare con gratitudine che «donare missionari e missionarie non è mai una perdita, ma un guadagno» perché, riportando la loro esperienza e la loro gioia alle Chiese di provenienza «possono diventare una via per una sorta di “restituzione” della fede, portando la freschezza delle giovani Chiese, affinché le Chiese di antica cristianità ritrovino l’entusiasmo e la gioia di condividere la fede in uno scambio che è arricchimento reciproco nel cammino di sequela del Signore […] e sperimenteremo “la dolce e confortante gioia di evangelizzare”».

Parla Francesca Porcella: “Ho visto sacerdoti che camminano con il loro popolo, e una grandissima collaborazione con i laici. Mi ha impressionato il senso di popolo di Dio” ALESSANDRA DE VALLE ONIUGARE LO SPIRITO missionario con la vita di tutti i giorni: è l’esigenza espressa dallo slogan dell’Ottobre Missionario 2013 “Sulle strade del mondo”, risuonata per le 3 parrocchie cagliaritane dei Figli di Santa Maria Immacolata (FMSI) nel resoconto della visita fatta da Francesca Porcella alle parrocchie “sorelle” dell’Argentina. Foto di situazioni estreme e gente comune hanno ravvivato, alla luce del messaggio del Papa, quella missionarietà del quotidiano qui troppo spesso stretta tra la timidezza e la disabitudine. Cosa ti ha spinto in America Latina? Sono stata in Argentina con una consacrata di Oristano dal 28 agosto al 10 settembre scorso, su invito del padre Generale dei FMSI, per vede-

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re alcune nuove realtà interessanti per l'aspetto vocazionale e missionario. Ciò che papa Bergoglio ha detto ai vescovi alla GMG di Rio de Janeiro mi ha guidato per capire come la Chiesa argentina si stia rinnovando per essere realmente missionaria, aperta all'accoglienza dei poveri, creativa nelle modalità di celebrare e di testimoniare il Vangelo, emancipata dal clericalismo e proiettata invece a valorizzare l'impegno laicale, le donne e le nuove energie giovanili. Con Maria abbiamo visitato le tre parrocchie dei Figli di Maria di Buenos Aires coi relativi collegi (S. Felipe Neri, che ricadeva nella giurisdizione del card. Bergoglio e godeva della sua amicizia, Loreto e Anun-

La dolce e confortante gioia di evangelizzare Rileggiamo il messaggio per la Giornata missionaria A. D. V. REDICATE SEMPRE il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. (San Francesco d’Assisi). «Diffondere nel mondo la fiamma della fede, che Gesù ha acceso nel mondo: la fede in Dio che è Padre, Amore, Misericordia. Il metodo della missione cristiana non è il proselitismo, ma quello della fiamma condivisa che riscalda l'anima». Papa Francesco riassume mirabilmente qual è la missione della Chiesa nell’Angelus del 20 Ottobre riprendendo ancora una volta le parole del suo predecessore: “La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”, e ciò che attrae è la testimonianza della vita illuminata e sostenuta dalla speranza e dall’amore di Dio. Il messaggio per la 87ma Giornata Mondiale Missionaria, mentre si conclude l’Anno della fede, esordisce parlando del dono della fede che chiede solo di essere accettato per portare i suoi frutti gustosi: Dio «vuole entrare in relazione con noi per farci partecipi della sua stessa vita e rendere la nostra vita più pie-

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na di significato, più buona, più bella. Dio ci ama! […] Tutti dovrebbero poter sperimentare la gioia di sentirsi amati da Dio, la gioia della salvezza! Ed è un dono che non si può tenere solo per se stessi, ma che va condiviso. Se noi vogliamo tenerlo soltanto per noi stessi, diventeremo cristiani isolati, sterili e ammalati […]. Ogni comunità è “adulta” quando professa la fede, la celebra con gioia nella liturgia, vive la carità e annuncia senza sosta la Parola di Dio, uscendo dal proprio recinto per portarla anche nelle “periferie”, soprattutto a chi non ha ancora avuto l’opportunità di conoscere Cristo». E’ allora necessario che la Chiesa sappia qual è il suo posto e la sua funzione nel mondo, dove i confini più invalicabili sono quelli del cuore di «ciascun uomo e di ciascuna donna»: il compito di «allargare i confini della fede» affidato a ciascun battezzato e a ogni comunità non è secondario, ma va vissuto come un aspetto essenziale della vita cristiana, e deve trovare il suo posto di rilievo nei programmi pastorali e formativi .Gli ostacoli a questo slancio si trovano spesso tra i cristiani stessi: convinti che la fede


DOMENICA 27 ottobRe 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

La città. Continuano le polemiche tra residenti e gestori dei locali, Frau cerca di mediare

Nel quartiere Marina ancora proteste, l’amministrazione difende le scelte La scorsa settimana un incontro infuocato tra residenti e giunta. L’assessore all’urbanistica promette: “Ondata di turisti senza precedenti, le cose cambieranno” GIOVANNI LORENZO PORRÀ EL QUARTIERE MARINA non si placano le polemiche: dura ormai da anni il conflitto tra residenti e esercenti dei locali, con qualche problema anche con il Comune. Ultima puntata la scorsa settimana, nel corso della serata: “Vivere il centro storico: sviluppo, bellezza, diritti”, organizzata la scorsa settimana dal comitato Piazzetta san Sepolcro, per denunciare la situazione di un quartiere “ostaggio dei tavolini” dei locali. Invitati lo scrittore Paolo Berdini, autore di numerosi libri sull’urbanistica, e l’Assessore comunale all’Urbanistica Paolo Frau, sottoposto a un vero fuoco incrociato di domande. “Abbiamo già proposto due petizioni senza avere risposta, raccogliendo centinaia di firme: chiediamo solo una soluzione di compromesso, ovvero lasciare la piazza libera almeno nel pomeriggio – ha raccontato Elisabetta Carta, del comitato – lo facciamo per garanti-

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re ai nostri figli il diritto di giocare all’aperto, com’è sempre stato”; è seguita la proiezione di foto che raccontano di strade dove il colore dominante è il bianco delle tende, e carrozzine e passeggini passano a stento fra le sedie. “Ci hanno fatto credere alla grande bugia che basta deregolamentare tutto perché l’economia vada meglio, - ha esordito Berdini – e anche nel nuovo decreto del fare si parla di costruire ancora: ma è possibile che esista solo il commercio, e non ci si possa solo sedere in piazza per fare due chiacchere? A Roma in molte strade va anche peggio che qui”. Berdini ha raccontato anche di come nel corso della storia le cittadinanze

hanno saputo riappropriarsi dei loro spazi, già ad Avignone nel tredicesimo secolo: “l’urbanistica è l’unico sistema per difendere i diritti dei cittadini – ha detto con forza – non bisogna guardare solo a un guadagno immediato e spesso effimero, ma a un progetto a lungo termine che coinvolga tutti”. Dal canto suo l’assessore Frau ha dichiarato di condividere la relazione: “l’ondata di turisti e la conseguente apertura di nuove attività commerciali è senza precedenti: si è continuato a concedere spazi sulla base di vecchie norme, ma ora le cose cambieranno”; le novità? Niente più installazioni permanenti, nuovi canoni per l’occupa-

“La realtà è cambiata, servono nuove regole” Parla l’assessore comunale all’urbanistica Paolo Frau G. L. P. ONDATA DI TURISTI, la crescita di locali, concerti, festival ed eventi da una parte; e dall’altra i residenti che chiedono di continuare la loro vita di sempre. Paolo Frau, assessore all’Urbanistica del Comune di Cagliari crede che si possa trovare la quadratura del cerchio, partendo dalla convinzione che “Cagliari è diventata una città davvero bella, gradevole e vivace: lo dicono tutti quelli che vengono qui, non solo dall’estero, ma anche dal resto della Sardegna. È giunto il momento di governare questo fenomeno; le novità portano anche qualche scontro, ma sicuramente non dobbiamo rinunciare al turismo e a tutte le occasioni per creare nuove occasioni di lavoro”. In concreto quali sono i piani e i cambiamenti in arrivo per i quartieri storici? Il problema non è solo la mancanza delle norme, ma anche il decoro del-

L’

la città: non si possono trasformare vie e piazze in aree da ristorante e stravolgere la valenza paesaggistica di un luogo. Questo non vuol dire che sarà proibito prendere un caffè all’aperto, ma solo che le regole devono cambiare. Si arriverà a vietare i gazebo per esempio, e le strutture in pianta stabile: sono da preferire quelle rimovibili, da togliere a fine giornata. Tutto questo per consentire il godimento della città a tutti Uno dei problemi sollevati nel corso dell’assemblea è la mancanza in comune di un tecnico acustico. Credo che la maggior parte dei gestori dei locali abbiano capito che è bene seguire le regole, tranne qualche sconsiderato. Il problema vero non sono loro, ma piuttosto certi frequentatori, che anche dopo la chiusura rimangono in giro e creano disturbo: bisogna quindi rafforzare i controlli, attraverso un’azione coordinata delle forze dell’ordine perché spesso non bastano le sole risorse del Comune, ma sono d’aiuto anche

L’assessore Paolo Frau.

quelle dello Stato. Lei ha parlato anche della possibilità di aumentare il canone di occupazione del suolo per i locali: non saranno molto contenti… Io ho fatto un ragionamento da cittadino: migliorare per tutti la situazione significa appunto fare più controlli e pulire più spesso: questo comporta dei costi, che vanno in qualche modo ripartiti. I canoni per il suolo pubblico sono davvero irrisori. Un contributo può venire quindi aumentandoli Secondo lei perché l’altra sera man-

zione del suolo, nuove regole. “Abbiamo squadre che effettuano rilievi per la città e promettiamo una scadenza precisa, il 31 dicembre”. Le rassicurazioni non hanno comunque convinto molti, e alla fine la rabbia l’ha fatta da padrone: “nessuno dei locali rispetta le regole attuali, andrebbero tutti chiusi! L’inquinamento acustico ci sta uccidendo! – ha gridato Marco Marini, del comitato Rumore no Grazie, che a onta delle sue affermazioni si è mostrato piuttosto vitale e combattivo – ci siamo costituiti parte civile contro il Comune”; “non è la prima volta che ci fanno promesse ma non è mai cambiato nulla – ha aggiunto Maria Paola Morittu - vi dovreste solo vergognare!”.“Io devo chiedere permesso per entrare in casa - ha raccontato il comico Massimiliano Medda – non riesco nemmeno a citofonare a mia moglie: dite alle vostre squadre di parlare con la gente”. Numerosi gli interventi, anche da parte di membri comitati da altri quartieri, o addirittura da altre città. L’assessore non si è comunque lasciato mettere alle corde: “Ammetto errori, ma stiamo cercando di lavorare – Cagliari è una città che richiama tantissime persone da tutto il mondo, ai primi posti per qualità della vita: non ci lasciamo abbattere da professionisti della negatività”. Grandi assenti all’assemblea proprio i proprietari dei locali: forse sul fronte del dialogo c’è ancora molto da fare. cavano i gestori dei locali? Non so che tipo di pubblicità sia stata fatta all’evento, magari alcuni di loro semplicemente non lo sapevano. Non penso che siano contro le regole o il dialogo, spesso hanno un ruolo attivo nel cercare di moderare i comportamenti dei loro clienti, si sono dotati di tutti gli accorgimenti per limitare il rumore. Credo che ci sia lo spazio per lavorare bene, creare un sistema di regole e dare la possibilità di sviluppo alle imprese, però contemporaneamente garantire i diritti di chi la mattina dopo si deve alzare per andare a lavorare Come risponde alle dichiarazioni di Marco Marini, secondo cui i locali sono da chiudere tutti a norma di legge? Come ho detto bisogna dotarsi di regole, ma non ci devono neanche essere atteggiamenti di intolleranza. Il Comune non è inerte e sta lavorando. Penso che si possa trovare una via di mezzo. E per quanto riguarda le proteste dei residenti di Villanova sull’abbattimento degli alberi? La nostra è una delle città con la maggiore percentuale di verde; gestire tutto non è semplice, ma comunque quegli alberi non sono stati abbattuti ma espiantati. Invito chiunque critica la gestione del verde pubblico a fare un giro a Terramaini, a san Michele o in uno dei tanti parchi della città.

IL PORTICO

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brevi IL SALUTO DEL SINDACO

Lo stadio è rossoblù, bentornati a casa “Il Cagliari che torna a casa, al Sant'Elia, davanti ai propri tifosi e nella propria città, è un momento che aspettavamo da tempo. In questi mesi abbiamo lavorato senza proclami e senza dare peso alle polemiche per raggiungere questo risultato. Per questo motivo vorrei ringraziare pubblicamente gli assessori, i dirigenti, i funzionari e i tecnici del Comune per quanto fatto perché questo avvenisse”. Così, con poche righe, il sindaco Zedda ha salutato il rientro dei rossoblù tra le mura di casa. Nonostante i troppi uccelli del malaugurio, i tentativi più meno sboccati di remare contro, il risultato è stato raggiunto. Nonostante un presidente che fa le bizze, e una parte dell’informazione più ondivaga di un metronomo, che ogni volta spostava l’asticella più in avanti o più indietro. “Il “bentornati a casa” di oggi – alla squadra e ai tifosi – è solo il primo passo della ripartenza - ha aggiunto Zedda - come amministrazione, lo abbiamo sempre detto, siamo disponibili sin da subito a discutere del progetto del nuovo stadio Sant'Elia senza tribune Innocenti, accogliente per la squadra e i tifosi, con l'attenzione e la responsabilità che l'argomento richiede”. C’è un dato da non sottovalutare: i tempi rispettati da parte dell’amministrazione comunale. Già, “senza proclami” per usare le parole del primo cittadino. Come “senza proclami” la città sta cambiando, lentamente, come era ovvio che fosse. In poco tempo vengono concluse alcune opere: il riferimento è agli sterrati del quartiere Fonsarda. Da almeno 40 anni gli abitanti della zona chiedevano fossero sistemati: bene, in un quarantennio mai nulla era stato fatto, tanto che si erano inventati anche curiose forme di autogestione degli spazi di manovra e di passaggio. Tra qualche settimana, quegli spazi saranno vivibili normalmente. Pure questa colpa di Zedda? (sn)

AD ALGHERO

Esercizi spirituali per sacerdoti e diaconi Il Centro Pastorale Diocesano di Montagnese in Alghero ospiterà, dal 4 all’8 Novembre, gli Esercizi Spirituali riservati ai preti ed ai diaconi di tutta la Sardegna. Gli Esercizi saranno guidati da Mons. Antonio Donghi, Docente di Teologia al Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo. Tutte le informazioni tecniche necessarie ed i costi per la partecipazione sono disponibili sul sito internet www.diocesialghero-bosa.it. Per le iscrizioni è necessario contattare la Segreteria di Curia al numero 079.975209 o inviando un’e-mail all’indirizzo salvatori@diocesialghero-bosa.it.


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IL PORTICO DE

il PoRtico

XXX DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)

dal Vangelo secondo Luca

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n quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Uno era fariseo e l'a

Lc 18, 9-14 DON ANDREA BUSIA

il portico della fede

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nche il vangelo odierno ci propone una parabola con una introduzione che ne esplicita la categoria di persone a cui è indirizzata cioè coloro che intimamente presumono di essere giusti e disprezzano gli altri. Questa definizione che ci viene fornita dall’evangelista Luca non è priva di importanza: non si parla semplicemente di persone che giudicano gli altri, che si sentono superiori agli altri, ma di persone che si sentono intimamente giuste. I destinatari di questo insegnamento propriamente sono “alcuni”, non tutti, non le folle, questa parabola inizia, di fatto, con una provocazione: siamo o non siamo personalmente parte di questa cerchia di destinatari? In altre parole il nostro atteggiamento è quello del fariseo della parabola o quello del pubblicano? Anche se la parabola ancora non è iniziata ci

troviamo di fronte alla necessità di riconoscere quale sia il nostro posto, dove siamo collocati. La seconda parola è “intima”: una convinzione, una motivazione, è intima quando è parte del nostro modo di essere, quando volenti o nolenti essa si esprime in ciò che facciamo, ciò che diciamo fino a ciò che pensiamo. Non si tratta di una posizione passeggera, né di una “facciata”, la nostra intimità definisce ciò che siamo ed è per questo che risulta estremamente difficile, e spesso doloroso, cambiarla. La terza parola è “presunzione”, ma prima di vederla nel dettaglio passiamo alla parola “giusto”. Per la Bibbia il giusto è colui che vive alla presenza di Dio e lo loda costantemente con i suoi pensieri, le sue parole e le sue azioni. Per usare un altro termine potremmo dire “santo”. Al tempo di Gesù esisteva il gruppo dei farisei, i quali “misuravano” il loro livello di giustizia in base alla lo-

ro obbedienza alla Legge, era giusto colui che rispettava tutti i precetti in essa contenuti, questo può essere anche il nostro modo di pensare la giustizia e il nostro rapporto con il Signore. Non è un caso che il fariseo della parabola, affermi ad esempio di non essere un ladro, un adultero e di digiunare e versare regolarmente ai capi religiosi quanto dovuto (la decima). Sorge un problema e una seconda provocazione: il nostro rapporto con il Signore è basato su una semplice lista di cose da fare e da non fare oppure è qualcosa di diverso o di ulteriore? È un rapporto padrone/servo o è una relazione diversa? Poiché si parla di giustizia dobbiamo chiederci chi è in grado di giudicare. Il fariseo della parabola giudica sé stesso e si arroga il titolo di “giusto” ma noi sappiamo bene che di fatto uno solo può giudicare l’uomo perché ne conosce veramente il cuore, e questi è Dio, e soprattutto nessuno può dichiarare

giusto sé stesso se non Dio solo. La presunzione di giustizia è una delle più pericolose proprio perché attribuisce all’uomo una facoltà che è un’esclusiva di Dio. L’uomo non è Dio e può sbagliare, in casi eccezionali può ricevere una grazia particolare che lo preservi dal peccato per lunghi periodi, ma questa non è l’esperienza comune e siamo chiamati a prenderne atto. L’ultima affermazione è che questi “disprezzavano gli altri”, al peccato della erronea presunzione si aggiunge quello del giudizio degli altri, sono le due facce della superbia; un giudizio esageratamente positivo su di sé che, a sua volta, provoca un senso di superiorità nei confronti degli altri. È un tema caro a Gesù, si pensi ad esempio alla parabola della pagliuzza e della trave (Lc 6,41-42) in cui Gesù non usa mezze misure per rivolgersi ai suoi interlocutori, definiti “ipocriti”. Siamo chiamati a scegliere il nostro posto e soprattutto rimuovere l’eventuale nostra intima superbia per poter riconoscere con vera umiltà il nostro posto rispetto a Dio e nei confronti dei fratelli.

L’AMORE STESSO È CONOSCENZA Papa Francesco nella Lumen fidei approfondisce il legame tra la conoscenza della verità e l’amore. Nella lettera ai Romani San Paolo afferma che «con il cuore si crede» (Rm 10,10) e di primo acchito un’espressione del genere potrebbe apparire sorprendente per noi dato che comunemente si lega al “cuore” semplicemente ciò che fa riferimento al sentimento e all’emozione. Nella Scrittura però si intende il “cuore” con un’accezione più ampia: «è il centro dell’uomo, dove s’intrecciano tutte le sue dimensioni: il corpo e lo spirito; l’interiorità della persona e la sua apertura al mondo e agli altri; l’intelletto, il volere, l’affettività» (LF, 26). La forma di conoscenza propria della fede si può comprendere solo legandola all’amore: «la fede conosce in quanto è legata all’amore, in quanto l’amore stesso porta una luce. La comprensione della fede è quella che nasce quando riceviamo il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà» (Ibi-

dem). Il filosofo Wittgenstein paragonava il credere all’innamoramento, nel senso però di una realtà puramente soggettiva e quindi non riconoscibile come verità da parte di tutti. Nella Lumen fidei emerge tutta la parzialità di questa prospettiva nel momento in cui si mostra come l’amore abbia a che fare con il vero: «solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’"io" al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto». (LF, 27). Allo stesso tempo possiamo affermare che anche la verità

ha bisogno dell’amore: «senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona. La verità che cerchiamo, quella che offre significato ai nostri passi, ci illumina quando siamo toccati dall’amore. Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata» (ibidem). Questo modo d intendere il legame tra verità e amore lo si ritrova in San Gregorio Magno quando scrive che «amor ipse notitia est», l’amore stesso è conoscenza, offre la possibilità di una nuova visione della realtà. Nella Scrittura vediamo come lo stesso popolo d’Israele faccia esperienza di questo quando scopre l’amore di Dio che offre un senso, cioè una direzione ed un significato, nuovo al suo cammino nella storia. di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

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altro pubblicano

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Interviene il Presidente del Forum delle famiglie.

“Bisogna contrastare il gioco d’azzardo” Dai dati emerge un quadro drammatico e sconfortante CARLO PISANO

n anno fa il Forum delle Associazioni familiari aderiva alla campagna No Slot ribadendo come il gioco d’azzardo fosse divenuto "un vero dramma sociale reso ancor più odioso dal fatto che lo Stato si riempie le tasche con i proventi di questo commercio". Si stima che più della metà degli italiani, con diversi gradi di frequenza, ricorrano alle più svariate forme di gioco e che in 10 anni i giocatori siano aumentati del 700% . Secondo l’OMS siamo il paese europeo che detiene il record, dopo il Regno Unito, di ludopatici. Dietro i numeri ci sono storie di vita vissuta. Come quella di Andrea, un ragazzo sardo ventenne, costretto a lasciare la casa della madre separata e dipendente dal gioco. L’insufficiente reddito del padre costringe Andrea ad abbandonare gli studi e trovare occupazioni saltuarie che gli permettano di sostenere anche la sorellina minore. Questo ci aiuta a comprendere come la rete familiare, anche se fragile, genera nel proprio interno nuova linfa che spesso colma il vuoto istituzionale. Sviluppo tre brevi considerazioni. 1)La ludopatia può essere considerata come una risposta evasiva rispetto alla situazione esistenziale dell’uomo contemporaneo che, ancorato ontologicamente alla speranza, proietta la sua aspettativa in un progetto di vita migliore. Papa Francesco ha urlato ai sardi “non fatevi rubare la speranza”. Una società che si basa sul denaro ottimizzando il profitto di potenti lobbies, genera individui soli, disperati e depauperati della propria identità sociale e culturale. Ecco la necessità di operare una vera e propria rivoluzione copernicana attraverso la prospettiva antropologica, per la quale anche il lavoro costituisce una condizione indispensabile perché ciascuno di-

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RISCRITTURE

LA MISSIONE SALVIFICA DELLA CHIESA "La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell'Ordine ma anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio. (...) Meritano di essere qui riascoltate alcune espressioni particolarmente significative della Esortazione Evangelii nuntiandi di Paolo VI: «Strati dell'umanità che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d'interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza. Si potrebbe espri-

mere tutto ciò dicendo così: occorre evangelizzare - non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici - la cultura e le culture dell'uomo (...). La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture» (165). La via attualmente privilegiata per la creazione e per la trasmissione della cultura sono gli strumenti della comunicazione sociale (166). Anche il mondo dei mass-media, in seguito all'accelerato sviluppo innovativo e all'influsso insieme planetario e capillare sulla formazione della mentalità e del costume, rappresenta una nuova frontiera della missione della Chiesa. In particolare, la responsabilità professionale dei fedeli laici in questo campo, esercitata sia a titolo personale sia mediante iniziative ed istituzioni comunitarie, esige di essere riconosciuta in tutto il suo valore e sostenuta con più adeguate risorse materiali, intellettuali e pastorali”. Christifideles laici, Beato Giovanni Paolo II

sponga della libertà di poter costruire e progettare in maniera soddisfacente la propria vita. 2) La ludopatia, come tutte le altre forme di dipendenza, colpisce non solo la singola persona, ma la propria rete di relazioni affettive. Uno studio recente rivela che una famiglia su dieci rischia la rottura ed un numero sempre maggiore di adolescenti delinquono per reperire nuove risorse da reinvestire nell'azzardo. Una trama di questo genere colpisce la famiglia e la società intera, di cui la famiglia è prima cellula vitale. 3) I dati ci forniscono un quadro drammatico che sottolinea il preoccupante ritardo da parte dello Stato nell’ attuazione di interventi efficaci. Nel 2011 in Italia esistevano 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare i minorenni. Sassari, con 1780 slot-machine installate, detiene in Sardegna il primato per il consumo di giochi d’azzardo, è la quarta città italiana con una macchina ogni 70 abitanti e una spesa nel 2012 di 550 € pro-capite. Nel nostro paese, senza il gioco clandestino, il giro d’affari è di 80 miliardi, cioè il 4% del PIL (v. Azzardopoli ‘12). Se il Codacons calcola che l’85% dei giocatori subisce una perdita di 40 euro al giorno, le entrate dello Stato invece aumentano ma in misura direttamente proporzionale alla spesa pubblica necessaria per la cura. Da una parte si guadagna con il Monopolio dall’altra si finanziano i percorsi di recupero! In questi giorni è approdato nel Consiglio Regionale sardo un disegno di Legge per regolare il gioco d’azzardo in linea con quanto già approvato in Lombardia, Toscana e Abruzzo. Chiediamo che si arrivi presto con consenso trasversale a legiferare in materia, coinvolgendo anche le famiglie che aspettano di non vedersi calato dall’alto, senza sussidiarietà, il provvedimento.


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IL PORTICO DEI LETTORI

il PoRtico

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LETTERE A IL PORTICO Gentile Direttore, da questo giornale diocesano ho appreso la triste notizia della morte del padre gesuita P.Giuseppe Ferraro, e vorrei partecipare al lutto della nostra Diocesi, a modo mio, avendolo conosciuto tanti anni fa (25, mi pare), quand’egli venne a Monserrato. Teneva un corso “per adulti”, di catechesi sui Sacramenti, e tutte le volte veniva puntualmente da Cagliari, qualunque tempo facesse, con la sua immancabile bicicletta, e raggiungeva la chiesa di Sant’Ambrogio, donandoci il suo dolce sorriso di saluto e con parole semplici e comprensibili a tutti, religiosi e laici, offriva tutta la sua profonda sapienza su argomenti tanto importanti, “pilastri della nostra fede: i Sacramenti! Per me, completamente digiuna di queste tematiche (essendo rimasta ferma alle conoscenza catechistiche dell’infanzia), ma che a quarant’anni sentivo impellente il bisogno del ritorno alla Chiesa, egli fu determinante e posso af-

fermare che, insieme ad altre “vie” di cui il Signore si è -nel mio casoservito, egli ha inciso in modo incredibile sulla mia “maturazione” di fede ed al termine del corso glielo manifestai, ringraziandolo anche con un articoletto sull’allora giornale diocesano “NuovOrientamenti”, di cui col tempo divenni anche collaboratore e che lo pubblicò. Come una spugna, infatti, e per merito soprattutto di questo Padre, ciò che avevo capito, assimilato ed amato dei Sacramenti lo riversavo fuori di me, certa che la gioia e la bellezza della fede vada condivisa, e da allora è maturato in me il bisogno di approfondire e diffondere sempre con grande impegno ed entusiasmo le stupende tematiche religiose, anche tramite la stampa. Ecco l’importanza delle guide spirituali: sono strumenti di Dio, e come P. Ferraro esse portano anime a Dio, e perciò non sarà mai abbastanza il nostro “grazie” per quanto esse compiono, di gran-

de, nel loro ministero, con la carità, la dolcezza, il sorriso che P. Giuseppe Ferraro ha saputo donarci Grazie per l’attenzione e cari saluti, Graziella Chessa Gent.mo Direttore, a proposito del Consiglio Pastorale del nuovo anno. Nella mia lunga esperienza di genitore (con sei figli tutti sposati, e 12 nipoti) ma soprattutto lavorando in diversi organismi sociali, sportivi e religiosi,

ho tratto sempre la conclusione che “Chi ha può dare, chi non ha non può dare” (ciò che non ha o conosce solo per sentito dire). Questo giusto per deduzione logica della ragione e del sapere. Molto spesso la maggior parte delle persone siamo portati ad esprimere consigli, sentenze o giudizi su cose, fatti o persone che non conosciamo bene o per sentito dire o anche per annunci o letture del caso. Ma in nessun caso i conti tornano,

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@libero.it, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

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n questi giorni il Centro Televisivo Vaticano, organismo collegato alla Santa Sede che venne fondato dal Beato Giovanni Paolo II il 22 ottobre del 1983 celebrerà il suo compleanno: trent’anni di una istituzione che ha come scopo principale di contribuire all'annuncio universale del Vangelo, documentando con le immagini televisive il ministero pastorale del Sommo Pontefice e le attività della Sede Apostolica. Un diritto-dovere di evangelizzazione e comunicazione universale che in tutti questi anni ha raggiunto traguardi televisivi incredibili e un altissimo livello tecnologico, all’avanguardia nel mondo. È una storia semplice quella del CTV, fatta di donne e uomini che sono apparentemente pochi (attualmente i dipendenti tra giornalisti, operatori, tecnici e personale amministrativo non raggiungono le 25 unità) per un servizio che arriva agli estremi confini della terra. Ma andiamo per gradi. La storia del CTV ha radici lontane, con papa Pio XII che incaricò alcuni benefattori svizzeri e francesi di creare la TV vaticana: ma il progetto non andò in porto. Fu Papa Wojtyla che sentì il bisogno di rendere autonomo il Vaticano attraverso gli schermi televisivi. Fino agli anni ‘80 era la RAI ad assicurare le necessità televisive sempre crescenti dei Papi. Ma la spinta del Beato Karol fu decisiva: usando dell’esperienza comunicativa dell’ arcivescovo Foley, di mons. Sepe (oggi cardinale di Napoli) e di un gruppo di importanti consulenti di varia provenienza (dalla Germania, dagli Usa, ex dipendenti RAI e giornalisti della Radio Vaticana), il primo nucleo del CTV fu subito chiamato a mettersi in gioco. Invero i primissimi risultati ricordano più le riprese delle televisioni private italiane realizzate con mezzi di fortuna (quali in realtà erano quelli a disposizione), ma i primi cameramen vaticani si trovarono subito a dover riprendere le manifestazioni del Giubileo straordinario del-

Festa con messaggio del pontefice per il centro televisivo Vaticano

Trent’anni al servizio del Papa MASSIMO LAVENA

la Redenzione ed il lunghissimo viaggio che il Negli anni le immagini sono cambiate di qua-

Papa polacco realizzò nel maggio del 1984 in Estremo Oriente e Pacifico, stando al suo fianco (come poi accadde ed accadrà sempre). Certo queste riprese erano ancora “primitive” ma già erano i prodromi di tutte le immagini che si sarebbero prodotte e conservate gelosamente nel “sancta sanctorum” dell’archivio videoteca, con le sue oltre 20.000 cassette e le ore di registrazione che superano le 4.000: immagini che sono tesoro prezioso per chiunque, professionista della comunicazione o privato cittadino, abbia “incontrato un Papa”.

lità di ripresa e di supporto. La tecnologia permette oggi al CTV di trasmettere le udienze generali, gli Angelus, le messe pontificie, i viaggi in formato HD, e già si profila un super HD che trasformerà completamente il concetto stesso di ripresa televisiva. Il Giubileo dell’anno 2000 vide attuata la digitalizzazione delle riprese. La morte di Giovanni Paolo II è stata l’occasione per stabilire il record mondiale di diretta televisiva senza interruzioni, ma soprattutto per distribuire

prima di tutto non conoscendo bene la natura di cui si parla, e quindi ragionando solo per pettegolezzo o per sparlare (perchè tutti ne parlano). Secondo, perchè non è dato a nessuno di giudicare il prossimo, se non vuoi essere giudicato. Terzo, perchè fai del male alla società che ti circonda, e quindi ti proponi o accetti di fare cose di cui non sei capace o non le hai mai fatte, e se proprio le fai sbagli tutto, provocando danni al prossimo (insegnanti, allenatori, animatori, manager o dirigenti a vario titolo). Parlare con cognizione di causa vuol dire dire “pane al pane e vino al vino”, cioè: conosco perfettamente quello che sto per dire, perchè lo pratico, ne sono convinto e ritengo sia utile non soltanto a me, ma per quanti mi ascoltano e capiscono cosa intendo dire. Esempi ne potrei fare una infinità, ma ritengo non sia questo il momento opportuno di versare benzina sul fuoco. Occorre semplicemente volere il giusto, il vero, il bello e il sano progetto di Dio su ciascuno di noi perchè gli altri vedano ciò che Tu hai comandato di fare per il bene di tutti. Cordialmente Mario Soggiu

gratuitamente a tutto il mondo delle immagini che hanno fatto la storia della televisione. L’elezione di Papa Benedetto ha fatto iniziare l’era dello HD. E quella di Papa Francesco ha mostrato al mondo che il CTV può confermarsi ai vertici della comunicazione televisiva universale, con professionalità e abnegazione. Perché sempre meno di 25 sono i suoi dipendenti. Oggi Il CTV si è prepara per una rivoluzione totalmente digitale, con l’archivio che verrà informatizzato ed una sempre maggior attenzione alle necessità della Chiesa nel Mondo: e papa Francesco, che il prossimo 28 ottobre riceverà in udienza la famiglia del CTV ha inviato un messaggio all’attuale direttore, mons. Dario E. Viganò (nella foto centrale con Dino Boffo) nel quale ricorda l’ardua impresa diuturna della sua televisione: “Il vostro è un servizio ecclesiale, all’interno della missione evangelizzatrice della Chiesa […] Nel presentare gli eventi la vostra ottica non può essere mai "mondana", ma ecclesiale . Noi viviamo in un mondo in cui praticamente non esiste quasi nulla che non abbia a che fare con l’universo dei media […]Tutto questo si riflette anche nella vita della Chiesa. Ma se non è cosa semplice raccontare gli eventi della storia, ancora più complesso è raccontare gli avvenimenti legati alla Chiesa, la quale è "segno e strumento dell’intima unione con Dio", è Corpo di Cristo, Popolo di Dio, Tempio dello Spirito Santo […] Infine, vorrei ricordare che voi non svolgete una funzione puramente documentale, "neutrale" degli eventi, ma contribuite ad avvicinare la Chiesa al mondo, azzerando le distanze, facendo arrivare la parola del Papa a milioni di cattolici, anche là dove spesso professare la propria fede è una scelta coraggiosa. Grazie alle immagini, il CTV è in cammino con il Papa per portare Cristo nelle tante forme di solitudine dell’uomo contemporaneo, raggiungendo anche le "sofisticate periferie tecnologiche”.


Domenica 27 ottobRe 2013

IL PORTICO DI CAGLIARI

Iniziative. Il 4 novembre inaugurazione del nuovo anno per il Seminario regionale sardo

Esperienza ecclesiale di comunità, autentica scuola e casa di comunione FRANCO CAMBA POCHE SETTIMANE dalla ripresa delle attività formative, mentre è ancora viva la gioia e l’emozione provata in occasione della visita di Papa Francesco, al Pontificio Seminario Regionale Sardo tutto è pronto per l’inaugurazione del nuovo anno seminaristico, in programma lunedì 4 novembre. Il programma prevede alle 16,30 la Celebrazione eucaristica, presieduta da monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e Presidente della Conferenza episcopale sarda, e alle 17,30 la presentazione del tema dell’anno unitamente alle linee generali del Progetto educativo “Il Seminario: comunità, scuola e casa di comunione”, frutto della sperimentazione dell’Instrumentum laboris che nell’ultimo triennio ha accompagnato l’èquipe formativa. Per cercare di conoscere più da vicino il Progetto educativo del Seminario regionale abbiamo rivolto alcune domande a monsignor Gian Franco Saba, docente di Scienze Patristiche alla Facoltà Teologica di Cagliari e da tre anni rettore del Seminario. Da poco più di quarant’anni, cioè dal trasferimento del Seminario regionale da Cuglieri a Cagliari, Facoltà Teologica e Seminario in Sardegna costituiscono due realtà differenti e correlate della formazione dei futuri sacerdoti. In tale contesto, qual è il ruolo del Seminario nella promozione di

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Il Papa nella cappella del Seminario regionale durante la recente visita.

una proposta educativa integrale e unitaria? Nell’itinerario formativo dei futuri sacerdoti il seminario, che non è solo un’istituzione funzionale all’acquisizione di competenze teologiche e pastorali o un luogo di coabitazione e di studio, costituisce per i suoi alunni un’opportunità che garantisce, nella condivisione della comune chiamata alla vita sacerdotale, un’esperienza di vita viva e intensa del mistero della Chiesa. Esso è innanzitutto una vera e propria esperienza ecclesiale, una comunità educativa in cammino, una necessaria premessa al ministero apostolico, nella quale la formazione sacerdotale deve tendere all’educazione superiore dello spirito. Qual è la relazione tra il Progetto

educativo e la società contemporanea? Nella formazione seminaristica i processi formativi risentono, in forma diretta, di una cultura di stili di vita globalizzati e frutto di percorsi formativi di base fragili sotto il profilo culturale, ecclesiale ed umano. L’accelerazione dei ritmi, la pretesa di risultati a breve termine e l’interferenza nei processi di formazione rendono talvolta l’esperienza formativa del seminario oggetto di destabilizzazione e disorientamento in situazioni psicologiche, spirituali ed umane non sempre dotate di maturità critica e non fornite di sufficienti strumenti di valutazione, riguardo ad un quadro valoriale che non sia lasciato al dispotismo del soggettivismo. Educare ad uno spirito critico e di li-

Da Cuglieri a Cagliari cammino senza soste Le tappe della storia del Seminario regionale sardo F. C. NTITOLATO AL SACRO CUORE di Gesù, il Pontificio Seminario Regionale Sardo è nato a Cuglieri, in provincia di Oristano, nel 1927. In seguito ad un desiderio emerso durante il Concilio plenario sardo del 1924, papa Pio XI con la Costituzione apostolica Nostrarum partem del 5 agosto 1927, decretò la fondazione di un unico Seminario Maggiore con annessa la Facoltà di Teologia che, posti sotto il controllo diretto della Santa Sede, furono affidati ai padri della Compagnia di Gesù. Dotato di un’imponente struttura, il Seminario di Cuglieri è stato per quaranticinque anni punto di riferimento spirituale e culturale per il clero e gli ambienti cattolici di tutta la Sardegna. Tuttavia il cambiamento dei tempi e delle sensibilità comuni, portò a consi-

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derare la sede di Cuglieri isolata e decentrata rispetto ai poli culturali della regione. Così, nel 1971 la Conferenza episcopale sarda, da una parte per soddisfare l’esigenza di adeguamento alle normative conciliari per la vita dei seminari e dall’altra per acconsentire al desiderio dei Padri gesuiti di trasferire la Facoltà Teologica a Cagliari, decise di trasferire la sede del Seminario regionale nel capoluogo dell’isola. Mentre la Facoltà Teologica continuò ad essere diretta dai Padri della Compagnia di Gesù, la Santa Sede affidò alla Conferenza episcopale sarda il compito della formazione dei futuri sacerdoti della regione. La Comunità seminaristica giunse a Cagliari nell’anno accademico 1971-72. I seminaristi furono accolti provvisoriamente in un’ala del Seminario arcivescovile. Poiché il

Il Rettore, mons. Saba.

Seminario regionale non possedeva ancora una struttura propria, dal 1972 al 1978 i seminaristi furono ospitati in piccoli gruppi in diversi conventi e case religiose a Cagliari, in modo da consentire la partecipazione alla vita accademica nella Facoltà Teologica di via Sanjust. Nel novembre del 1977, mons. Giuseppe Bonfiglioli, arcivescovo di Cagliari, mise stabilmente a disposizione del Regionale un’ala del Seminario diocesano. L’accresciuto numero dei semina-

bertà esige un lungo lavoro sull’interiorità, percorso da non confondere con il fai da te, il qualunquismo delle scelte, la copertura dei pilastri fondamentali della formazione con teorie apparentemente avanguardistiche. Il Progetto educativo propone il seminario come comunità di pratica in cui pensiero organizzativo e teoretico favoriscono un clima educativo fondato su valori immutabili, ma aperto alla creatività e all’azione della grazia. Il seminario, che ha dei punti fermi donati dal Magistero e dalla tradizione pedagogica della Chiesa, si configura come comunità ecclesiale e, in modo particolare, come comunità educativa in cammino, una singolare comunità di discepoli chiamata a ripresentare il mistero di Cristo e a vivere in pienezza la hiamata ricevuta. Questo richiama il valore del Progetto di vita personale presente nel Progetto educativo. Il Progetto di vita personale è lo strumento necessario a far sì che dentro un discorso comunitario il singolo seminarista interiorizzi le linee formative comuni e le integri con la propria singolarità. Esso ha la finalità di fare in modo che il seminarista non si affidi alla spontaneità del momento o al dominio delle emozioni, ma viva la vita in modo profondo, coerente e unitario, dando una direzione precisa al suo cammino di conformazione a Cristo, attraverso quella maturità ed equilibrio progressivo dei diversi aspetti umani e teologici della formazione.

risti e la necessità di spazi più consoni alla formazione spirituale e culturale hanno richiesto la necessità di una nuova struttura. Così, grazie ad un contributo della Conferenza episcopale italiana e delle diocesi sarde, e all’impegno del rettore monsignor Efisio Spettu, nel 2000 hanno preso avvio i lavori di costruzione del nuovo edificio, contiguo al Seminario diocesano, con ingresso in via monsignor Parraguez. La prima pietra della Cappella della nuova costruzione è stata benedetta il 12 dicembre da papa Giovanni Paolo II durante l’udienza concessa alla Comunità del regionale. Da settembre del 2005 la Comunità seminaristica ha preso possesso della nuova struttura, ormai definitiva, che accoglie i seminaristi, l’èquipe educativa e la comunità delle Suore Figlie di San Giuseppe. Due eventi particolari hanno segnato la storia della nuova struttura: la visita di papa Benedetto XVI, avvenuta il 7 settembre del 2008, in occasione del centenario della proclamazione di Nostra Signora di Bonaria a patrona Massima della Sardegna, e la recente visita di papa Francesco, il 22 settembre scorso, durante la quale ha benedetto la campana della Cappella.

il PoRtico

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ricordi MEMORIE DA DIFENDERE

Sette anni senza Andrea Parodi Tempo fa organizzarono anche una mostra, nel Palazzo di città appena recuperato alla fruizione normale. Poi più nulla: solo il silenzio, ingiustificato e inammissibile. Sette anni fa si spegneva, nella sua casa di Flumini, Andrea Parodi, un talento indiscusso della musica e della cultura sarda. Già, perchè della sua persona ancora troppo poco si è scritto: di quanto amasse la Sardegna, di quanto la girasse, ne visitasse gli angoli più nascosti e meno conosciuti. Nato a Porto Torres, quello che per tanti anni era conosciuto come leader dei Tazenda, prima di rivelare la sua autentica statura di uomo e di artista, oggi è quasi dimenticato. Non dai sardi, ma dalle istituzioni. Un talento eccezionale, il suo, che tanto lustro ha dato alla nostra terra, eppure finito in un cono d’ombra, mentre avrebbe meritato - e meriterebbe tuttora - diverso destino. Parodi - la sua musica, la sua storia - è un patrimonio di tutti i sardi, anche di quelli che non lo hanno conosciuto. Difende la sua memoria, la custodisce, la conserva, la Fondazione che porta il suo nome, che ogni anno re-inventa un premio che porta nell’Isola il meglio della world music, che lui così tanto amava. Ma Parodi detestava, e avrebbe detestato ancora, i rimpianti. Quel-

la Fondazione va sostenuta, va ingrandita, va fatta conoscere. Esattamente come va fatta conoscere e amare la sua intera produzione, ancora troppo riservata ad un pubblico di intenditori. La maggior parte di noi conosce a memoria qualche canzone cantata con i Tazenda, ma è nella produzione successiva che si rivela una parte importante dell’artista di origini liguri. Qualche anno fa la moglie di Andrea mi concesse un’intervista, indimenticabile, in cui raccontò - forse con la sincerità della prima volta - tutta la loro grande storia d’amore, l’uno per l’altra e di entrambi per la Sardegna, anche di lei venuta da San Benedetto del Tronto per sposare un cantante visto in tv (roba d’altri tempi, che in questo stupido mondo dell’amore mordie-fuggi farebbe addirittura sorridere). Quell’intervista gira ancora sui social e si trova ancora su internet: all’epoca venne ripresa - non sempre a proposito - su altre testate. Bisognerebbe trovare una cordata di persone disposte a custodire la memoria dei sardi, perchè ciò che rischia di accadere con tutto quello che di bello Andrea ha regalato al nostro popolo non succeda. E non succeda ad altri (sn).


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

il PoRtico

Festa di

San Saturnino Martedì 29 ottobre alle ore 18.00 nella Cattedrale di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, presiederà i primi vespri solenni della festa di San Saturnino Martire, patrono della città. Mercoledì 30 ottobre alle ore 10.30 nella chiesa di S. Lucifero in Cagliari, mons. Arrigo Miglio, presiederà il canto dell’ora media della festa di San Saturnino Martire, patrono della città.

alle ore 11.00 mons. Arrigo Miglio, presiederà la Messa pontificale in occasione della festa di San Saturnino Martire, patrono della città. alle ore 18.00 nella Cattedrale di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, presiederà i secondi vespri solenni della festa di San Saturnino Martire, patrono della città.

nomine dell’Arcivescovo S.E. Rev.ma mons. Arrigo Miglio, ha provveduto alle seguenti nomine: In data 1 ottobre 2013 P. Salvatore Marco Locche OFM Capp. Cappellano all’Ospedale “Brotzu” di Cagliari P. Ivano Raffaele Liguori OFM Capp. Cappellano all’Ospedale “Brotzu” di Cagliari Don Giuseppe Casu Cappellano al Businco di Cagliari In data 15 ottobre 2013 P. Salvatore Ruiu O.S.M. Amministratore parrocchiale di Gergei e di Escolca Don Roberto Zuddas Collaboratore parrocchiale a Sant’Efisio in Capoterra e Santa Giusta V.M. in Uta Don Simon Bolomba Amministratore parrocchiale di Ortacesus Padre Ignazio Pili Amministratore parrocchiale di Serri

DOMENICA 27 ottobRe 2013

Iniziative. Domenica alle 19.30 la veglia missionaria alla parrocchia madonna della Strada.

Preghiere, simboli e racconti per testimoniare una vita di fede Parla don Ennio Matta, neo direttore del Centro Missionario diocesano: “Sentiremo il racconto dell’esperienza fatta dai nostri ragazzi alla Giornata Mondiale di Rio” R. C. ARÀ LA PARROCCHIA della Madonna della Strada a Cagliari ad ospitare domenica alle 19.30 la veglia missionaria. Attraverso la preghiera, i simboli e le testimonianze, alla presenza dell’Arcivescovo, monsignor Miglio, ci si soffermerà sull’importanza del testimoniare la fede, così come ha ricordato Papa Francesco nel messaggio pubblicato per la Giornata Missionaria Mondiale, e celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo avere sempre il coraggio e la gioia di proporre, con rispetto, l’incontro con Cristo, scrive tra l’altro il Papa - di farci portatori del suo Vangelo. Gesù è venuto in mezzo a noi per indicare la via della salvezza, ed ha affidato anche a noi la missione di farla conoscere a tutti, fino ai confini della terra. Spesso vediamo che sono la violenza, la menzogna, l’errore ad essere messi in risalto e proposti. E’ urgente far risplendere nel nostro tempo la vita buona del Vangelo con l’annuncio e la testimonianza, e questo dall’interno stesso della Chiesa. Perché, in questa prospettiva, è importante non dimenticare mai un principio fondamentale per ogni evangelizzatore: non si può annunciare Cristo senza la Chiesa”. Concetti ripresi anche domenica scorsa anche nel corso della recita dell’Angelus. Nella Veglia di Cagliari oltre alle

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preghiere e alle letture della Sacra Scrittura sono previsti alcuni simboli: tra tutti un paio di vecchie scarpe a simboleggiare la necessità di stare “Sulle strade del mondo”, che richiama il tema della Giornata. Ma per la Diocesi sarà una veglia particolare, perché alcuni giovani saranno chiamati a raccontare la loro esperienza di missione. Dopo la GMG di Rio infatti la delegazione diocesana ha visitato i due sacerdoti fidei donum che operano a Viana, nel

Nord Est del Brasile: don Gabriele Casu e don Giuseppe Spiga. “Una scelta precisa - dice don Ennio Matta, neo direttore del Centro Missionario Diocesano – frutto della collaborazione avviata con i diversi uffici della Curia. Mi riferisco ai diversi servizi che operano in Diocesi: da quello giovanile a quello con le famiglie, ai catechisti con i quali c’è un ottima collaborazione da tempo, che si esplicita nella “Giornata dei Ragazzi Missionari” (solo nell’ultima edizione 1.000 ra-

gazzini più accompagnatori hanno gremito la fiera), fino alla fattiva collaborazione con gli ordini strettamente missionari, dai Saveriani alla comunità maschile e femminile di Villaregia, senza dimenticare le decine di persone che operano nella parrocchie. Tutti insieme a lavorare per la missione”. La scelta delle testimonianze dei giovani partecipanti alla GMG e al successivo viaggio a Viana, è la conferma di un’intuizione che i collaboratori del Centro Missionario ebbero quando si diffuse la notizia. “Una volta appreso che il nostro Arcivescovo si sarebbe recato nella missione in Brasile conclude don Matta - ci sembrava importante chiedere che un’esperienza del genere fosse proposta a quante più persone possibili. Così abbiamo interessato il responsabile della pastorale giovanile per attivarsi e fare in modo che alcuni giovani presentassero la loro testimonianza, dopo aver vissuto quei giorni in missione. Questo perché la sensibilizzazione, che già viene portata avanti durante tutto l’anno dai collaboratori del Centro nelle parrocchie che ne fanno richiesta, fosse resa ancora più evidente proprio nel corso della Veglia che celebreremo domenica sera”.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

Feste e comunità. Nei giorni scorsi per le strade di Marina la festa per la beata Nicoli.

Non un ricordo, ma una proposta culturale formulata a tutta la città Ai momenti di riflessione e alle liturgie, si sono alternati quelli di memoria e di svago per i più giovani non soltanto della zona. Così is picciocus de crobi sembrano rianimarsi

applausi di turisti felicemente sorpresi di vedere uno sport praticato “dentro le mura” del quartiere, ben coordinato – per il settore atletica – da Sergio Lai, presidente e “voce” della Fidal. La manifestazione sportiva per alcuni momenti è diventata tutt’uno con la festa organizzata da “Save the Children”: i giovanissimi atleti, alla Marina per festeggiare la suora dei piccioccus de crobi, si sono messi per un’ora sotto le insegne dell’organizzazione impegnata a propagandare la tutela dei bambini, protagonisti di una corsa non competitiva, per alcuni soltanto una passeggiata. Non solo atletica nell’appendice più

antica e più mercantile di Cagliari, ma anche anche minivolley e minibasket. Via del Mercato vecchio è stata – sotto l’attenta regia di Paolo Ligas e del presidente provinciale Giovanni Viale – la palestra all’aperto per bambini alle prese con i primi rudimenti di bagher, muri e schiacciate. Il campo di Sant’Eulalia per un giorno è diventato un palazzetto per 60 cestisti alti un metro guidati dal professor Enzo Molinas e da Antonio Urban. La medicina dello sport, lo diceva anche suor Nicoli, è un efficace preventivo contro tanti malesseri giovanili. Messaggio condiviso dalle suore vincenziane di oggi che, modernamente, si sono rese protagoniste di una piena e convinta partecipazione agli eventi, aprendo le porte dell’istituto “Marina e Stampace” agli organizzatori e coinvolgendosi nel clima sportivo della festa e delle premiazioni. La festa di un quartiere è diventata, quindi, festa della città, potenza di sport e cultura, corollario ormai naturale dei festeggiamenti autunnali in suo onore. Ed era questo l’obiettivo con cui tre anni fa è nata l’associazione omonima: far conoscere questa suorina, venuta in Sardegna dal nord Italia, che il 3 febbraio 2008 ha raggiunto la gloria degli altari con la solenne beatificazione e che nei primi 25 anni del secolo scorso ha speso letteralmente la sua esistenza al servizio dei bambini sardi, cagliaritani in particolare, bisognosi di educazione, cure e, soprattutto, affetto.

della Schola Cantorum di San Sperate, domenica pomeriggio spazio al tradizionale ritrovo nei locali della parrocchia, per i giochi e le attività adatte a bambini e adulti impegnati fino a sera. “Domenica nel primissimo pomeriggio – ha continuato il parroco – abbiamo avuto la possibilità di avere con noi il professor De Luca: ci ha offerto una relazione nella quale è emerso un ritratto che in molti non conoscevano del nostro patrono. Il docente è a stretto contatto con il Santo Padre e ci ha regalato anche alcuni aneddoti sul nuovo Papa”. Musica e cultura hanno dunque fatto da cornice agli appuntamenti religiosi a San Luca. “Nel corso dei mesi scorsi – conclude don Albino - abbiamo puntato per quanto possibi-

le ad avere ospiti della parrocchia realtà culturali: dal Teatro Lirico a musicisti e cantori di fama. Questo perché, anche se non sempre si è preparati alla comprensione delle proposte musicali, è necessario comunque offrire opportunità di conoscenza e di contatto con qualcosa che è in grado di far crescere la nostra sensibilità: l’educazione al bello e a ciò che può fare elevare lo spirito credo sia una possibilità da offrire, specie in una parrocchia come questa, nella quale i momenti di aggregazione non sono facili da realizzare, per la conformazione territoriale e le diverse estrazioni dei residenti. Resta il fatto che la festa patronale è il momento nel quale la comunità di San Luca si ritrova insieme a tanti quartesi”.

FRANCESCO FURCAS ON LA CONSUETA E sentita partecipazione di numerose persone, si sono celebrati nei giorni scorsi a Cagliari i festeggiamenti in onore di Suor Giuseppina Nicoli, la religiosa della Compagnia delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli vissuta in città nei primi decenni del Novecento. Una festa durata 5 giorni che ha coinvolto il quartiere di Marina in quello che è voluto essere non solo un suo ricordo, ma anche e soprattutto una proposta culturale di memoria della città. Ai momenti di riflessione e liturgia, si sono alternati quelli di ricordi e svago, come nel caso dello spettacolo teatrale Una borta in sa Marina, messo in scena dalla compagnia “Cagliari si risveglia”, che ha proposto con apprezzata ironia i ricordi di vita cagliaritana, tra i quali quelli di due ex marianelli di Suor Teresa Tambelli, educatrice e insegnante all’asilo della Marina, che hanno presentato al folto pubblico le loro memorie. Suor Nicoli, pedagogista

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sperimentale, quindi donna di cultura, ha offerto spunti di riflessione commentati con il canto dal coro “Non solo note” diretto da Silvia Nardi. Domenica è stato dato spazio alle competizioni sportive, con centinaia di bambini, ragazzi e adulti che hanno corso nel nome di Suor Nicoli. Esordienti, allievi, cadetti, seniores, amatori, master maschili e femminili si sono alternati nelle strade della storica “Lapola” per la conquista di una coppa, di una medaglia o per il semplice gusto di confrontarsi con coetanei nella suggestiva cornice di strade strette odoranti di pesce e carne arrosto, tra gli

San Luca, il patrono del Margine Rosso Conclusa la festa della parrocchia guidata da don Lilliu ROBERTO COMPARETTI ARÀ IL CONSUETO PRANZO comunitario a chiudere domenica la serie di appuntamenti che hanno caratterizzato gli ultimi dieci giorni la vita nella parrocchia di San Luca, sul litorale di Quartu. La festa patronale rappresenta per la comunità quartese un momento di aggregazione, nel quale anche il resto della città viene coinvolta. “Quest’anno – dice il parroco don Albino Lilliu – siamo voluti partire con il triduo di preparazione, realizzando anche una serie di appuntamenti culturali legati alla musica e non solo, per mostrare le peculiarità della parrocchia e i suoi talenti”. In effetti a scorrere il programma nei giorni del triduo, accanto alla recita dei Vespri e del Rosario e alla celebrazione Eucaristica vespertina, si

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sono susseguiti appuntamenti musicali con alcuni artisti legati alla parrocchia: dai tre giovani musicisti reduci da un talent show regionale, nel quale non hanno sfigurato, al coro parrocchiale”. Significativa la presenza domenica scorsa del maestro Pinuccio Sciola, che ha proposto il concerto con le pietre sonore, insieme al coro di Orosei e i Tenores di Galtellì, protagonisti insieme ai gruppi folk, associazioni e ai comitati cittadini della processione del simulacro di San Luca, dalla spiaggia alla chiesa parrocchiale. Anche quest’anno la statua è sbarcata nei pressi di un ristorante sul lungomare per poi essere sistemata sull’arenile, dove don Albino ha celebrato l’Eucaristia. Accanto ad altre realtà che hanno caratterizzato le serate in parrocchia, come il concerto del coro Musica Viva, o l’accompagnamento liturgico

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brevi DAL 7 NOVEMBRE

Catechisti della nuova evangelizzazione In un contesto socio-culturale in contino mutamento, anche la Chiesa, nell’annuncio del Vangelo, necessita di strumenti adatti affinché la Buona Notizia di Cristo giunga a tutti, prestando attenzione e ascolto alla varietà dei destinatari ai quali è rivolto il messaggio. Perché avvenga questo, vi è l’esigenza che coloro che sono mandati dalla Chiesa per il servizio dell’annuncio, curino la propria formazione e accrescano le proprie competenze nella testimonianza dell’incontro con la Parola. La Chiesa di Cagliari, a tal proposito, ha pensato di offrire alcuni strumenti che possano consentire la realizzazione di questa esigenza. A partire dal 7 novembre 2013, infatti, avrà inizio il percorso formativo “Catechisti della Nuova Evangelizzazione”; tale cammino, promosso dall’Ufficio Catechistico Diocesano in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ha, come fine, di dare nuovo impulso alla formazione di tutti coloro che vivono, nella Chiesa, la missione evangelizzatrice. Il corso, di durata biennale, è rivolto a catechisti parrocchiali, operatori pastorali, animatori di gruppi, movimenti e associazioni, affinché, vivendo questo percorso di formazione, diventino a loro volta, formatori di catechisti ed animatori. Avrà una quantità oraria complessiva di 120 ore, suddivise in due sessioni, da 60 ore l’una: la prima da novembre 2013 a marzo 2014 e la seconda da novembre 2014 a marzo 2015. I corsi si terranno presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e saranno guidati da docenti ed esperti; l’intero percorso sarà suddiviso per aree disciplinari: area antropologica, area biblica, area ecclesiale, area morale, area pastorale metodologica. Le lezioni, nelle quali saranno presentati gli elementi teorici di base, saranno affiancate dal dialogo, dal confronto con i docenti e dai laboratori, i quali hanno la caratteristica «di produrre facendo, sperimentando, e di assumere l’esistenza e il vissuto dei partecipanti come luogo di ricerca , di analisi e d’intervento» e vanno, dunque, concepiti come «luoghi di incontro tra sapere e saper fare e tra ideazione e progettualità» (Ufficio Catechistico Nazionale, La formazione dei catechisti nella comunità cristiana); attraverso queste forme di lavoro viene, così, data a ciascuno l’opportunità di essere parte attiva del proprio percorso formativo. Tale iniziativa offre l’opportunità di approfondire e far maturare la propria fede e la propria esperienza pastorale anche attraverso il confronto con chi condivide lo stesso percorso di crescita e di formazione. Al termine del biennio formativo, inoltre, verrà rilasciato un attestato finale come “animatore per la catechesi”. Davide Lai


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IL PORTICO DEI PAESI TUOI

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Parrocchie. a Settimo San Pietro, alla casa Dessy, dal 3 al 10 novembre sarà in mostra l’esposizione “l’urlo e la luce”

Per concludere in bellezza l’Anno della fede in mostra il cammino umano di Caravaggio In 31 pannelli viene ricostruito il percorso spirituale e umano del grandissimo artista. Cinque stanze rivelano il travaglio profondissimo che attraversò nella vita MARIA VITTORIA PINNA ON ERAVAMO PIÙ abituati alla bellezza. La bellezza che ovunque nel creato si nasconde agli occhi ormai abituati alla mediocrità e alla mancanza di armonia. Eppure, se è vero che la bellezza salverà il mondo come diceva il grande Dostevskji, sarà necessario che la vera Bellezza, che sazia occhi e cuore di chi guarda e percepisce, venga rivalutata per riportare consolazione e speranza in un mondo che ormai vive per lo più di mediocrità, bassezze, brutture. Se uno non ha mai conosciuto la vera bellezza, non sospetta nemmeno che essa esista, anche se una nostalgia profonda, spesso censurata in mezzo alle meschinità della nostra quotidianità, si nasconde nel cuore. Eppure esiste e i pochi che ancora ne hanno coscienza hanno il dovere di fare riemergere ciò che è in grado di riempire di gusto ogni aspetto della vita . E’ questa nostalgia di bellezza e di redenzione che caratterizza la po-

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tente produzione pittorica di Michelangelo Merisi da Caravaggio, le cui opere contengono un anelito segreto, capace di ferire il cuore di chi contempla i suoi soggetti, alla ricerca del significato misterioso sotteso a tanta bellezza. Ma qual è il segreto di questa sofferta bellezza? Il nostro parroco che ha iniziato l'anno della fede proposto da Benedetto XVI con la

Mostra sulla Fede e per tutto l'anno ha curato in modo ininterrotto e affascinante la nostra formazione, impregnandola della Parola di Dio che è la sola capace di far presagire e gustare tutta la bellezza di una vita di fede -, ha voluto, con la Mostra su Caravaggio, concludere questo periodo di intensa educazione. Così il 3 novembre si aprirà a Set-

timo la Mostra "L'urlo e la luce": essa ci fa intuire il percorso spirituale ed umano che ebbe a fare il nostro pittore nella sua breve e travagliatissima vita e, poiché tutta la sua vicenda umana fu un alternarsi di angoscia e di anelito alla salvezza, la mostra ci si offre con la presentazione di 31 pannelli, la cui sistemazione non sarà cronologica, ma tematica, e si svolgerà in cinque stanze che mettono in rilievo i motivi ricorrenti nell'arte caravaggesca. La prima stanza, dal titolo Le pitture etichae (o comiche) è così chiamata perché la commedia suscita il sorriso e insieme contiene un insegnamento morale. Si tratta dei primi dipinti del Caravaggio, dipinti che, pur non essendo di soggetto devozionale, esercitano una funzione morale esortando alla virtù. Il tutto con una leggerezza nella comunicazione che vela l'insegnamento morale con una assoluta potenza pittorica, quasi rivoluzionaria per il tempo in cui il nostro operava. La seconda stanza ha come titolo L'urlo e sembra davvero urlare lo spasimo dell'anima inquieta dell'artista in quei forti chiaroscuri, teste mozzate, occhi sbarrati, bocche che si aprono a dismisura, e sangue, tanto sangue. La madre e il Bambino è il titolo della terza stanza e, a partire da questa fase, la luce entra prepotentemente con assoluta novità nei dipinti. In questa terza stanza l'artista si confronta col Mistero dell'Incarnazione, sfidando col

suo realismo la mentalità del tempo - in cui si era un po’ annacquata la consapevolezza che Dio si è fatto carne nel seno di una donna umile e semplice, una popolana , e suscitando lo scandalo di alcuni suoi contemporanei. La quarta stanza è dedicata al Redentore: in essa Caravaggio racconta il culmine della missione di Cristo, il Triduo Pasquale. Poco dopo la resurrezione di Lazzaro, Cristo viene tradito, catturato e flagellato: il suo corpo morto viene deposto nel sepolcro ma al terzo giorno risorge e si fa riconoscere dai discepoli di Emmaus. La quinta stanza è dedicata ai testimoni, cioè a coloro che hanno vissuto con Lui e hanno poggiato su di Lui la propria certezza e per testimoniarlo non hanno esitato a dare la vita; e la luce comincia ad avere, anche nella coscienza dell’autore, la fondamentale funzione di illuminare con la Grazia l’espressività dei personaggi. L’epilogo ci presenta il famosissimo quadro dell’incredulità di san Tommaso che documenta, in un realismo quasi disturbante, il quietismo di chi considera astratto e non profondamente legato alla carnalità il mistero della Salvezza.


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IL PORTICO DELL’ANIMA

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detto tra noi Cristiani perseguitati e ammazzati di D. TORE RUGGIU

LETTERE A IL PORTICO Gentile Direttore, L’occasione non era buona. Perchè un funerale non è mai una buona occasione per incontrarsi. Ma l’ultimo saluto a Mons. Efisio Spettu nel “suo” Seminario di via Parraguez è stato per me anche un’occasione per constatatare che un Uomo, unSacerdote, un Maestro ha lasciato un’impronta precisa nel suo percorso esistenziale. Io purtroppo l’ho conosciuto solo quest’ultimo anna scolastico come padre spirituale dei seminaristi nel Seminario minore. Ne ho apprezzato la cordialità, la cultura, l’umanità che ho intuito larghe e profonde. Mi dispiace non averlo conosciuto prima. La conferma di avere capito “chi era don Efisio” l’ho avuta da una frase colta al volo nel piazzale antistante la cappella del Seminario, alla fine della Messa. Un giovane diceva ad un altro: “Sono preoccupato, perchè quando toccherà a me sarò solo: io non sono e non sarò mai un grande come lui”. nel piazzale, come nella cappella prima, c’erano diverse centinaia di persone. Augusta Caboni Caro direttore, Si è allontanato con passi veloci ma silenziosi così che neanche io che, a momenti forse più di altri, ero vicino a lui, ne avevo capito il perchè. Un male nascosto con “furba intelligenza”, così da non creare nessuna attenzione particolare per il suo soffrire. L’ho conosciuto nel 1992 e mi ha, come faceva il vecchio sarto, rivoltato, da vecchio abito a abito “quasi nuovo”. Mi ha dato un o il colore giusto e spiegato il bello della vita. Un vantaggio che ha dato a molti. Io ero un tassello perso e da lui ritrovato e che poi con gioia mi ha dato da custodire. Per ripassare di “lui” parole e suggerimenti non basterebbero settimane intere tanto erano cariche di umanità, sensibilità, espressione per l’accoglienza. Mi ha curato il male che non è però il male o la malattia fisica, ma quel credere di avere io un passo più di altri, e senza mai paragoni o raffronti. Per don Efisio c’era un Vangelo aperto ed ogni pagina andava vissuta senza parlare di Vangelo, perchè, come è stato detto in un ricordo di lui all’Oncologico, la sua parola era sempre un “Vangelo ascoltato”. La presenza, in questi giorni di tri-

stezza, di migliaia di persone è la dimostrazione che lui è stato “calamita di Dio” per molti, tanti. Chi scrive lo sa, l’ho conosciuto bene, al suo fianco nei pellegrinaggi in Terra Santa o a Lourdes, in grotta o in prateria, nella recita del rosario, la notte. quei Rosari recitati con in sottofondo il silenzio dello scorrere del Gave, o magari sotto una pioggia, regalo improvviso, arrivata ad incorniciare e ricamare meglio le Ave Maria che si recitavano. Ed ancora le sue omelie semplici ma forti ed intense, piene di spiegazioni, e chi le ascoltava usciva sempre con il cuore pieno di gioia. L’oncologico, la sua celebrazione, le tante presenze. Il sabato e/o la domenica fotografavano questa realtà. arrivavano, le sue parole, al cuore. Quel sorriso sempre a metà nel farmi capire il bene da fare e come farlo bene. Era però anche un po’ burbero, ma non mi dava mai il tempo per un po’ di tristezza, perchè aveva già cambiato “pagina” e il suo sorriso era una dimastrazione del bene che a tutti voleva. La morte non chiude le portealla vita, ma apre alla vita le porte. Si è allontanato di domenica alle 10.10, come fosse alla fine di una sua celebrazione della Santa Messa, come ha fatto per 50 anni. Quel tuo segno di pace è un ricordo indelebile. Ciao don Efisio. Antonello Murtas Unitalsi Quartu S.Elena Dedicato a Monsignor Efisio Spettu, deceduto il 14 luglio 2013, dal giornalista Lucio Spiga, già diret-

tore responsabile di Videolina (1975-1983), amico d’infanzia di don Efisio. Se dai miei versi cogli i ricordi delle quattro stagioni della nostra vita, comprenderai amico mio, che nel cuore c’è spazio per ricordare soprattutto i grandi sentimenti che da sempre ci accompagnano in questa lunga autostrada che Domine Dio ci ha concesso di percorrere in questo mondo. La prima stagione ci ha visti crescere felici e spensierati nel nostro bel vicinato e nell’asilo dove fummo coccolati da Madre Fedele e dalla simpatica Suor Cellina La seconda stagione, quella della scuola elementare, già evidenziava quella scelta che nel tuo cuore e nei tuoi pensieri maturava nel nome del Signore. La terza stagione, quando eravamo studenti della Dante di Quartucciu, ti osservavo con interesse e dai tuoi sguardi, dalle tue parole dolci, dalla gioia che pervadeva il tuo essere, dall’amore che offrivi a noi tuoi amici e compagni di scuola, compresi quale via maestra ti aveva preparato nostro Signore La quarta stagione, la più importante e definitiva, la decisione più impegnativa,

quella del “lascia tutto e seguimi”, quando hai detto: “Io vado Madre, non dimenticherò mai quando mi addormentavo sul tuo seno e sussurravi a bassa voce: “dormi piccolo tesoro, dormi angelo prezioso, dormi gioia della mia vita”. Era vero e sincero, quel sussurrare di tua madre. Un altare sacro ti attendeva da sacerdote dove tutta lacomunità volle accompagnarti nella nostra chiesa di San Giorgio e della Madonna della Difesa. C’ero anch’io quel giorno di oltre mezzo secolo fa e come fosse oggi porto nel mio cuore quell’avvenimento che conservo come uno dei doni più preziosi che ho ricevuto: l’aver capito quando ancora ero un fanciullo, che il mio fraterno amico Efisio Spettu sarebbe stato scelto dal Signore come apostolo prediletto. Per ciò che hai fatto per il tuo prossimo, i malati, la povera gente, non ho dubbi, avrai l’amore di tanta gente qui in terra, e quando Dio vorrà, ci sarà un posto privilegiato accanto a Colui che ti ha scelto e Lui, stanne certo, ti farà godere la GLORIA che solo ai grandi è riservata. Con tanto affetto Lucio Spiga per i tuoi 50 anni di sacerdozio

Una indimenticabile immagine di don Spettu con mons. Miglio durante l’ultima celebrazione il 30 giugno all’Oncologico.

A parte la cronaca quotidiana che ci riporta persecuzioni anche violente nei confronti dei cristiani, non può lasciare indifferenti una notizia, tra le “brevi”, nell’ultimo numero del mese di luglio-agosto del mensili “il Timone”: 105.000 morti ammazzati all’anno, perché cristiani. Quindi, martiri. Impressionante! Già si sapeva (anche se spesso la stampa quotidiana tace), ma quando qualcuno ha il coraggio di denunciarlo, non può esimerci da prendere il fenomeno in seria considerazione. Il “pezzo” precisa che in questa cifra non sono comprese le vittime di guerre civili e fra nazioni, ma solo i veri e propri martiri, messi a morte perché cristiani. L’affermazione è attribuita a Massimo Introvigne, rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione il Europa, in un simposio, presso Budapest, per la lotta all’intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani. Introvigne, intervenendo, ha detto. <<ogni 5 minuti un cristiano muore ucciso per la sua fede. Se non si gridano al mondo queste cifre, se non si ferma questa strage, se non si riconosce che la persecuzione dei cristiani è la prima emergenza mondiale in materia di violenza e discriminazione religiosa, il dialogo tra le religioni produrrà solo bellissimi convegni, ma nessun risultato concreto>>. Accogliamo questo grido di dolore che sale a Dio da molte parti della terra. Certo, è capitato di peggio, almeno numericamente, se è vero come è vero che, nel XX secolo, sono stati ammazzati per la fede circa 20 milioni di cristiani. Il XX secolo è stato il secolo più sanguinario per i cristiani, ma anche oggi, come si è potuto constatare, non si scherza. E dove non c’è spargimento di sangue, non mancano le persecuzioni e le discriminazioni nei confronti dei cristiani in modi e forme vigliacche. Pensiamo agli insulti contro la chiesa, perché difende i temi etici; pensiamo alla blasfemia di certi concerti o sceneggiati e pensiamo alla lotta contro i crocifissi, i presepi e quant’altro. Per non tacere sulla ironia per i valori umani e cristiani che la chiesa difende fino all’effusione del sangue e ripropone con fedeltà al mandato di Cristo. Lo sappiamo che Gesù l’aveva predetto con chiarezza: <<hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi>>. Ciò bob toglie che, come uomini, prima ancora che come cristiani, dobbiamo promuovere la cultura della libertà religiosa come uno dei valori sociali a cui non si può e non si deve rinunciare. Comunque i persecutori anche del nostro tempo, si rassegnino, perché Gesù ha detto: <<io ho vinto il mondo>>. E Per la chiesa: <<le porte degli inferi non prevarranno mai contro di essa>>. E la storia, maestra della vita, lo conferma.


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il PoRtico

IL PORTICO DELLA DIOCESI

Ringraziamenti dell’Arcivescovo

curiosità

a festa di san Saturnino, patrono di Cagliari, è l’occasione in cui l’Arcidiocesi di Cagliari vuole dire Grazie a tutti coloro che hanno contribuito alla buona riuscita della Visita di Papa Francesco. Un grande Grazie va detto anzitutto a coloro che hanno pregato e offerto fatica e sofferenza per questo evento. Solo il Signore conosce i loro nomi. Ma non vogliamo certo dimenticare coloro che hanno contribuito materialmente in vari modi e in diversa misura alle necessità organizzative, richieste anzitutto dal grande afflusso di persone:

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