Poste Italiane SpA - Spedizione in abb.to postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB Cagliari
Ascolta!
FM: 95,000 - 97,500 - 99,900 102,200 - 104,000 Tel. 070 523162 Fax 070 523844 www. radiokalaritana.it
DOMENICA 24 NOVEMBRE 2013 A N N O X N . 43
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
Il regalo più grande SERGIO NUVOLI
on questo numero termina la mia direzione responsabile de Il Portico. Fosse dipeso solo da me, avrei lasciato ad altri il compito già ad aprile dello scorso anno, in coincidenza del cambio dell’editore: per i giornali è un fatto normalissimo. Mons. Miglio ha deciso ora la sostituzione. Sono contento, e orgoglioso, di avere avuto anch’io i miei “tempi supplementari”. Nove anni (dieci per la registrazione in Tribunale) sono un periodo sufficientemente lungo in un incarico così complesso, provate a pensare a quante cose sono accadute: sono cambiati tre Papi, due arcivescovi, ma anche due sindaci e numerosi presidenti di Regione. Due Pontefici hanno fatto visita a Cagliari: e noi c’eravamo. Mi era stato chiesto di far nascere - da zero e crescere un giornale con l’ambizione e l’obiettivo di raccontare tutto ciò che di bello c’è nella Chiesa. E fatti di amicizia. Anche in questo momento di distacco, in me nulla cambia rispetto all’amore iniziale. Per i dettagli tecnici vi rimando all’articolo di pagina 2. In queste righe voglio ringraziare prima di tutti mons. Giuseppe Mani: nove anni fa ha avuto il coraggio – l’ho capito dopo, mi è sempre più chiaro adesso – di affidare un compito così delicato ad un giovane laico, giornalista anche nella vita. E scopro ogni giorno di più quanto quella scelta fosse impegnativa e profetica, per nulla scontata, assolutamente controcorrente. Ringrazio
C
mons. Miglio perché – con l’indicazione del mio successore – rende storica la decisione del suo predecessore: sono il primo, e per ora resto l’unico, laico ad avere avuto l’onore di dirigere il settimanale diocesano di Cagliari. Grazie a don Francesco Mariani, amico e maestro: senza di lui tutto questo semplicemente non sarebbe stato possibile. Ringrazio la Chiesa, che mi ha fatto un regalo grandissimo. Ha consentito a me, e con me ai miei collaboratori, di applicare da laici il criterio con il quale sono stato educato nell’esperienza ecclesiale che mi ha reso adulto nella fede: “Vagliate tutto, e trattenete il valore”. Ma ho sempre avvertito, in ogni momento di questa avventura, anche tutto il calore di quell’amore che nella parrocchia dove sono cresciuto mi ha generato all’esperienza cristiana, nella persona e nell’affetto di mons. Gavino Pala: con l’esempio appena un anno e mezzo fa ha mostrato a me e a tanti altri cosa significa obbedire. Non mi sono mai sentito solo. Ringrazio con stima sincera, ed un pizzico di vera ammirazione, i collaboratori di questi anni, ad uno ad uno: con ciascuno di loro abbiamo fatto un pezzo di strada, tutti insieme abbiamo vissuto una straordinaria esperienza umana e professionale. Abbiamo innovato, nel mondo dei settimanali cattolici, con un progetto grafico eccezionale e la volontà di inviare nelle vostre case un giornale di qualità. Mai autoreferenziali (il cancro dell’informazione, non solo diocesana), mai dilettanti e approssimativi, sempre li-
beri e autonomi, convinti che l’Incontro che cambia la vita dà un criterio per giudicare tutto ciò che accade. L’abbiamo sperimentato: è davvero così. Un’identità così chiara ha reso possibile trasformare Il Portico in uno spazio aperto che non ha mai temuto il confronto, anche con posizioni molto distanti dalle nostre. Il mio orgoglio professionale più grande ha il nome di Antonietta Demurtas e di Antonella Pilia: due ragazze che hanno cominciato a vivere questa professione con Il Portico, e oggi stanno la prima a Milano, dove scrive dopo Panorama e IlSole24ore - per Lettera43 e coordina in questi giorni dibattiti sulla violenza sulle donne, la seconda a Roma, dove collabora con Radio Vaticana. Nella loro cassetta degli attrezzi hanno certamente anche l’esperienza fatta con noi, come gli altri che – con noi – si sono iscritti all’Ordine dei giornalisti. Oggi siamo tanti sotto Il Portico. Porto nel cuore i volti e le storie delle centinaia di persone che abbiamo incontrato e vi abbiamo raccontato su queste pagine. Ho conosciuto uomini e donne eccezionali: di alcuni conservo gelosamente l’amicizia, con altri nutro la misteriosa comunione generata dall’appartenenza a Cristo anche a migliaia di chilometri. “Ciascuno trova il suo bene – ha detto il mio amico don Giovanni Diaz ad Iglesias, quattro anni fa, pochi mesi prima di morire – aderendo al progetto che Dio ha su di lui. Ed è lieto: magari stanco, ma lieto”. La Chiesa, tutta la Chiesa, sa che in ogni momento della mia vita potrà continuare a contare sul mio servizio. Auguri a tutti. sergio.nuvoli@gmail.com
Il saluto dell’arcivescovo Nel momento in cui avviene l'avvicendamento nella direzione de Il Portico desidero anzitutto esprimere grande riconoscenza al dott. Sergio Nuvoli per il servizio offerto per lunghi anni al settimanale diocesano e alla vita della Diocesi, un servizio competente e fedele, caratterizzato dalla sua sensibilità culturale e dalla sua esperienza professionale. Gli subentra d. Roberto Piredda, una firma nota ai lettori de Il Portico, che assume questo nuovo servizio portando la ricchezza della sua esperienza pastorale sia nel mondo della scuola sia nella parrocchia della Madonna della Fede a Cagliari Pirri e prima ancora nella parrocchia di Quartu S. Elena e nel Seminario Regionale. Auguro al settimanale diocesano di essere sempre più strumento di conoscenza e di comunicazione reciproca tra le parrocchie e tutte le realtà ecclesiali della Diocesi, in particolare sinergia con i media della realtà cattolica cagliaritana, ma anche in modo speciale con tutte le realtà culturali e sociali del territorio. Nel mondo vario e complesso della comunicazione possa essere come il granello di senape di cui parla il Vangelo, un seme piccolo ma capace di sviluppare spazi di dialogo sereno e costruttivo. + Arrigo Miglio
2
IL PORTICO DEL TEMPO
iL PortiCo
domeniCa 24 novembre 2013
Comunicazione. La missione dei giornalisti, e della stampa cattolica, nelle parole del Papa ai dipendenti Ctv.
Professionisti che creano legàmi C
Papa Francesco riceve in udienza dirigenti, dipendenti e collaboratori del Centro Televisivo Vaticano.
MASSIMO LAVENA
A
BBIAMO GIÀ SCRITTO SU queste pa-
gine del trentennale dalla fondazione del Centro Televisivo Vaticano. L’occasione della recente udienza concessa dal Santo Padre ai dipendenti ed ai collaboratori, tutti con le loro famiglie, diviene lo spunto per una riflessione sul signifcato dell’essere oggi comunicatori cristiani. Nel discorso, due punti in particolare sono stati indicati da Papa Francesco come fondamentali per la riuscita del lavoro del CTV, e per traslato possiamo allargare il discorso a chiunque si dedichi all’evangelizzazione, alla missione, all’apostolato attraverso i mezzi di comunicazione. In primo luogo il Papa ha espresso l’importanza della preparazione e della coscienza del proprio ruolo, che si deve esprimere con la massima professionalità e preparazione possibile, lasciando da parte improvvisazioni e banalità: “Voglio ringraziarvi, non solo per la professionalità oggi riconosciuta in tutto il mondo, ma soprattutto per la disponibilità e la discrezione che ogni giorno mi testimoniate e con cui mi accompagnate [..]Siate professionisti al servizio della Chiesa. Il vostro lavoro è di grande qualità, e così dev’essere per il compito che vi è assegnato. Ma la professionalità per voi sia sempre servizio alla Chiesa, in tutto: nelle riprese, nella regia, nelle scelte editoriali, nell’amministrazione… Tutto può essere fatto con uno stile, una prospettiva che è quella ecclesiale”. Il concetto è forte e deve far pensare chiunque si occupi, in ogni ordine e grado, laico o ordinato, di comunicazione ecclesiale che primariamente non deve apparire per il suo personale tornaconto, la sua gloria, ma “la maggior gloria di Dio” citando il motto “ad majorem Dei gloriam” della Compagnia di Gesù. L’essere comunicatori cristiani deve essere piuttosto un modo di proporsi ai lettori, agli spettatori a partire dal Vangelo,
dalla testimonianza di uno stile che sia generato dalla necessità di essere portatori della Parola tra gli ultimi degli ultimi. Questo può e deve essere fatto con la massima professionalità, dando luce alla capacità di narrare e far crescere, aborrendo la vanagloria con la discrezione e con l’inserimento appieno nella vita reale. Troppo spesso rischiamo di assistere ad una replica scarsa e mal riuscita della spettacolarità chiassosa e volgare della comunicazione generalista, laddove non c’è la notizia ma si deve fare chiasso, produrre lustrini, presentare una realtà che non è quella del cristiano che è nel mondo ma non ne è proprietà. Il secondo aspetto da rileggere del discorso
del Papa al CTV è quello in cui esprime la necessità di non essere mai battitori liberi, ma invece pedine di un articolato congegno meccanico nel quale l’opera di tutti si esalta con l’opera del singolo: “Giocate come squadra. L’efficacia della pastorale della comunicazione è possibile creando legami, facendo convergere attorno a progetti condivisi una serie di soggetti; una «unione di intenti e di forze» (Decr. Inter mirifica, 21). Sappiamo che questo non è facile, ma se vi aiutate insieme a fare squadra tutto diventa più leggero e, soprattutto, anche lo stile del vostro lavoro sarà una testimonianza di comunione”. Un concetto tanto semplice quanto desue-
to e spesso dimenticato da chi ritiene che la sua realizzazione possa passare attraverso la comunicazione di Gesù e della Chiesa: troppo spesso si assiste alla scarsità di argomenti, alla incapacità di reagire ad una violazione della vita, della carità, dell’amore solo e soltanto perché ci si allontana dal primario senso della comunità evangelica, che deve accompagnare tutti, nel proprio lavoro alla realizzazione del regno di Dio. Ecco allora che il Papa richiama chiunque si faccia antenna trasmittente della Chiesa ad un pudore comportamentale che diviene forza solo e soltanto nella condivisione degli intenti, senza strilli e senza autoreferenzialità.
Instancabile apertura, incrollabile fedeltà inalmente un laico”. Così Mario Girau commentava su La Nuova Sardegna la mia nomina - “scelta opportuna e innovativa”, la definiva il collega - a direttore de Il Portico, sottolineando come alla guida dei settimanali diocesani negli ultimi 50 anni ci sia sempre stato un prete. E descriveva la nascita del giornale che ho contribuito a fondare come “un rinnovamento nella continuità”. Nasceva in quei giorni del 2004, intorno ad un gruppo di laici e sacerdoti la nuova testata, che ha visto fino a questo numero la collaborazione di una quarantina tra giornalisti, liberi professionisti, analisti finanziari, medici, fotografi, docenti universitari e preti, intorno ad un nucleo stabile, redazionale, di sei persone. Ogni settimana un numero più o meno equivalente di persone (40) ha ricevuto il giornale in anteprima per commentarlo e sostenerlo. In nove anni sono state iscritte all’Ordine dei Giornalisti una quindicina di persone (l’ultimo, Matteo Meloni, venerdì scorso) che hanno cominciato questa professione con noi: un numero altissimo, rapportato agli
F
anni necessari per iscriversi. “Nulla ci è estraneo – era la mia dichiarazione riportata da Giacomo Mameli sul numero di ottobre 2004 di Sardinews – perché l’appartenenza alla Chiesa, cordialmente vissuta, porta con sé un criterio nuovo con cui giudicare tutto ciò che accade: è quello che vogliamo fare, offrendo ai nostri lettori un prodotto realizzato con criteri assolutamente professionali”. Così, anche grazie all’aiuto e ai consigli di giornalisti professionisti più avanti di noi, siamo partiti in un’avventura entusiasmante. Fino ad oggi Il Portico ha proposto il chiaro punto di vista della Chiesa sulle cose: si sono aggiunte nuove firme, finendo per costituire un luogo di dialogo con tutti (anche questo numero ne è un esempio) e facendo del giornale della diocesi un interlocutore ricercato e ascoltato. Abbiamo fatto informazione, e tanta, e battaglie importanti: l’ultima, in ordine di tempo, sul sostegno scolastico negato (pochi mesi fa), ma non minore importanza ha avuto la denuncia del razzismo strisciante in città, o la paziente costruzione della proposta di legge regionale su affido e adozione. Sono so-
lo alcuni esempi, spesso ripresi dai quotidiani: i lettori sanno di cosa parliamo. E - in obbedienza al mandato ricevuto - abbiamo raccontato la Bellezza, ovunque la incontrassimo: fuori e dentro la Chiesa. Non c’è comunità, movimento, parrocchia, ufficio diocesano, espressione ecclesiale che non sia stata raccontata su queste pagine. Non abbiamo mai pubblicato notizie di agenzia, il copiaincolla non ha abitato qui. Ultima annotazione: lascio un giornale in salute, anche finanziaria. Oggi abbiamo duemila abbonati (su circa 4mila copie stampate, la tiratura è stabile), e ogni numero si ripaga da solo due volte e mezzo con le vendite (senza contare la pubblicità, lascio contratti già firmati da miei amici imprenditori). Frutto di un’organizzazione ben affinata che vede, oltre alle persone citate, Natalina Abis gestire abbonamenti e parrocchie, Franco Nieddu affiancarci nella realizzazione grafica (dopo Guido Pusceddu), e Marco Ghiani stampare un giornale sempre bello (nella consegna non ha mai sgarrato un numero). Un grande grazie di cuore anche a loro (sn).
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
L’intervento. Silvano Tagliagambe spiega le conseguenze negative del blocco del progetto
I mancati benefici per le famiglie di Semid@s, Scuola digitale in Sardegna SILVANO TAGLIAGAMBE A CRISI che stiamo vivendo rende insostenibile per molte famiglie, specie se numerose, i crescenti costi dell’istruzione, sia scolastica, sia universitaria. In Sardegna era stato messo a punto ed era ormai in fase di decollo un progetto, poi inspiegabilmente bloccato nella sua realizzazione, che, almeno per quanto riguarda l’istruzione scolastica, avrebbe drasticamente ridotto e praticamente azzerato l’onere a carico delle famiglie. I cardini e i punti qualificanti del progetto, denominato Semid@s, “Scuola digitale in Sardegna”, possono essere così sintetizzati: - Banda larga per l’e-lerning nelle scuole; nuovi materiali didattici digitali, appositamente progettati e realizzati per la migliore efficacia dei processi d’insegnamento e di apprendimento; Lavagne Interattive Multimediali; nuovi ambienti di apprendimento; servizi in rete a beneficio degli studenti bisognosi di sostegno per il recupero dei debiti scolastici; modalità digitali per l’accertamento delle competenze e degli apprendimenti: innovazione nella gestione degli spazi e del tempo di insegnamento e apprendimento mediante l’applicazione delle nuove tecnologie della comunicazione; uso delle tecnologie per la gestione dei gruppi di studenti (di livello, di compito o elettivi) e per la effettiva personalizzazione dei percorsi di
L
apprendimento; Innovazione delle pratiche della funzione docente mediante l’utilizzo delle strumentazioni infotelematiche; formazione specifica e “mirata” di tutti i docenti del sistema scolastico regionale; agevolazione e semplificazione dei rapporti con le famiglie grazie alla comunicazione digitale e al tutoraggio telematico dei docenti per i compiti a casa. La realizzazione del progetto, così come era previsto dal Bando di gara pubblicato il 27 aprile del 2012 e poi revocato, senza motivazioni convincenti, dalla Giunta regionale con deliberazione del 31 luglio 2012, avrebbe comportato un notevole risparmio sia per le famiglie, come detto, sia per la stessa amministrazione regionale. Per quanto riguarda i materiali didattici il bando prevedeva espressamente: - La produzione di contenuti didat-
La lettera alla Regione delle Famiglie numerose Chiedono un incontro a Governatore e assessore EUGENIO LAO
elle settimane scorse una delegazione di ANFN Sardegna ha incontrato Silvano Tagliagambe, già direttore scientifico del Progetto “Semid@s – Scuola Digitale in Sardegna”. Il Prof. Tagliagambe ci ha parlato del progetto e della sue incredibili peripezie. Esso, articolato in diverse misure (acquisto hardware e software, connettività, formazione degli insegnanti, servizi di tutoraggio per il recupero dei debiti formativi, acquisizione dei contenuti didattici) era dotato di un ingente finanziamento proveniente dall'Unione Europea e da fondi di bilancio della Regione e prevedeva la realizzazione di una rete per la connessione ad alta velocità di tutte le scuole, la fornitura di un tablet agli studenti delle scuole medie e superiori e il loro interfacciamento con le L.I.M. (Lavagne Interattive Multimediali) installate nelle classi scola-
N
stiche di tutta la Sardegna. La piattaforma tecnologica era funzionale a veicolare i contenuti didattici in formato digitale, contenuti che sarebbero stati acquisiti direttamente dalla Regione dagli autori e dagli editori per circa 20 milioni di euro. E' evidente come una simile strategia avrebbe rivoluzionato la didattica e lo stesso modo di fare scuola ma soprattutto, prevedendo la fornitura gratuita dei libri di testo sui tablet, in modalità aperta avrebbe sgravato le famiglie dall'onere rilevantissimo dell'acquisto dei testi scolastici. Il progetto, per ragioni misteriose è sparito dalla programmazione regionale e il bando per l'acquisto dei contenuti editoriali è stato revocato. Si dice anche che il finanziamento sia andato perduto o dirottato verso altri lidi. Abbiamo chiesto al Presidente della Regione e all'Assessore alla Pubblica Istruzione un incontro per fare chiarezza sulla sorte di Scuola Digitale, ma non abbiamo ricevuto risposta.
tici digitali originali per tutte le discipline e per tutti gli ordini di scuola appositamente progettati e realizzati per essere fruibili in modi diversi, quindi realmente personalizzabili, grazie a un innovativo processo redazionale che consentisse di trattare fonti grezze per trasformarle in contenuti aggregati flessibili e in grado di sfruttare la multicanalità; - La produzione di contenuti didattici digitali mirati a sviluppare le capacità e le competenze di base (saper ragionare, saper argomentare, saper comunicare, saper sostenere una discussione portando valide motivazioni a sostegno del proprio punto di vista; - La creazione di un centro di competenze in grado di fare il punto sulle innovazioni di prodotto e di processo di carattere tecnologico e metodologico via via emerse, di recepire quelle più significative e di favorirne il trasferimento al sistema scolastico regionale. Queste scelte erano scaturite dall’ampio confronto con la comunità scolastica regionale che l’Assessorato aveva compiuto presentando la proposta progettuale in tutte le province prima di emetterne la versione definitiva. Da questo confronto era appunto emersa l’opzione in favore di materiali didattici modulari da strutturare e organizzare secondo le specifiche esigenze didattiche dei docenti. Tutto ciò - si diceva esplicitamente nel Capitolato tecnico - “al fine di garantire un alto livello di personalizzazione al docente, che può navigare tra i contenuti e costruire percorsi didattici tarati sui bisogni della classe. La scomposizione dei contenuti didattici digitali editoriali in asset (atomi di contenuto) aggregabili liberamente da parte dei docenti - prosegue il capitolato - è il passaggio-chiave per la trasformazione del tradizionale libro di testo cartaceo in materiale aperto e “calibrato” sui bisogni dello studente”. Il risparmio per la Regione risulta evidente da una clausola espressamente prevista nei documenti di Gara. In particolare, il Capitolato tecnico stabiliva che, a fronte dei 20 milioni di euro complessivi assegnati per la produzione dei contenuti (articolata in 12 lotti e con un limite massimo di 2 lotti di aggiudicazione da parte dello stesso concorrente,
in modo da evitare situazioni di monopolio o comunque dominanti) e che: la Regione si assicurava la proprietà dei materiali acquisiti, in modo da poterne disporre senza limiti di tempo o di utilizzo. Questa scelta, oltre a essere on linea con la filosofia complessiva del progetto, era tra l’altro imposta dall’Unione europea, che diversamente avrebbe considerato «aiuti di stato» all’editoria scolastica le risorse erogate; i vincitori della gara avrebbero dovuto aggiornare gratuitamente per cinque anni i contenuti didattici e poi renderli disponibili per l’aggiornamento successivo da parte del sistema scolastico regionale, in modo che fossero sempre al passo con i tempi. Pertanto, avendone la libera disponibilità, la Sardegna avrebbe potuto esportarli e renderli fruibili in altre Regioni, previ accordi di collaborazione e scambio di servizi che già si cominciavano a impostare e realizzare, e anche con altri Stati, essendo i contenuti in inglese, oltre che in italiano e in sardo. Con questo investimento la Regione si sarebbe quindi assicurata la disponibilità dell’archivio dei contenuti didattici digitali per tutte le discipline e per tutti gli ordini e i gradi di scuola. La spesa di 20 milioni di euro corrispondeva a una spesa per studente e per anno pari ad euro 49,57, contro una spesa media che per le superiori supera ormai i 500 euro. Inoltre l’amministrazione regionale avrebbe in breve recuperato l’intera cifra investita considerando che ogni anno vengono spesi 2.500.000 euro per la fornitura di libri in comodato d’uso (L.R. 1/2006, art. 8, comma1 lett. B) ed euro 3.338.801 per la fornitura gratuita e semigratuita di libri di testo (L. R. 448/1998). Con un risparmio complessivo in un triennio di euro 17.516.403, ai quali andavano aggiunti gli altri due anni di aggiornamento gratuito dei materiali prodotti richiesti agli aggiudicatari, il che avrebbe portato il risparmio complessivo ad euro 28.694.005, che avrebbe coperto l’intero ammontare dei 20 milioni di euro messi a gara e degli 8 milioni di euro di cui era prevista l’erogazione al sistema scolastico regionale per l’autoproduzione dei contenuti. Le famiglie, grazie a questo intervento, sarebbero state a loro volta sgravate totalmente e definitivamente del costo, sempre più oneroso, dei libri di testo. Un altro consistente risparmio per le famiglie era quello reso possibile dall’Azione C del bando (importo a base d’asta 6.033.057,85), che prevedeva la Costituzione di un Centro di competenze per l’erogazione di servizi di eccellenza, tra i quali il già citato servizio di tutoraggio on line, che avrebbe consentito agli studenti con debiti formativi di recuperarli nel corso dell’anno con un supporto gratuito e qualificato. Ciò avrebbe significato l’eliminazione delle ripetizioni private e l’azzeramento dei relativi costi.
iL PortiCo
3
aerei LA DISCONTINUITÀ
Breviario minimo per chi vuole volare Tutto si avvera. La geniale ideazione della attuale continuità territoriale aerea manifesta la sua faccia crudele e devastante che, ogni giorno che passa, peggiora pesantemente la qualità della vita dei sardi. Attenzione: se dovete partire, se dovete decidere un viaggio, che sia di piacere, di lavoro, di urgente necessità sanitaria potete cominciare a pregare che, nell’ordine: se partite da Cagliari Alitalia non faccia sciopero o che i biglietti dei voli siano disponibili. Se partite da Olbia pregate che Meridiana esista ancora e che i vetusti MD80 assicurino ancora di reggere per tante ore. Se partite da Alghero pregate che la compagnia New Livingston non faccia la fine della precedente compagnia con lo stesso nome, che si vide cancellata la licenza di volo per gravi difficoltà finanziarie. Ecco a chi la Regione Sardegna ha consegnato il futuro dei trasporti aerei: e soprattutto il futuro dei sardi che viaggiano, qual che ne sia il motivo. I voli sono di meno, non c’è la certezza di trovare i posti, c’è la sensazione che tutto andrà peggio quando arriveranno i mesi estivi ed i prezzi saranno differenziati tra residenti e tutti gli altri. Sono cose scritte, dette, e ripetute. Eppure davanti alla messe di lamentele per liste di attesa inevase dalle tre compagnie; davanti al rifiuto a partecipare al bando per la cosiddetta Continuità territoriale 2 per le altre tratte nazionali (Verona, Napoli, Bari, Torino ecc.); davanti all’accondiscendenza delle istituzioni sarde prone a qualsiasi pretesa dei vettori aerei (e non parliamo delle compagnie di navigazione marina) tanto da permettere che se un volo non dovesse essere pieno al 50% può esser cancellato; davanti alla costante minaccia dei licenziamenti, della cassa integrazione, della perdita di posti di lavoro, della distruzione di un comparto fondamentale per la ripresa della Sardegna, non si vede alcuna volontà di creare un piano che permetta all’Isola di non allontanarsi sempre di più dal Continente. Davanti all’assoluta mancanza di prospettive, con pendolari abbandonati a se stessi, costretti a sperare nelle compagnie internazionali low cost, con gli emigrati che non possono continuare a sentirsi figli di un Sardus Pater minore (o sarebbe meglio dire abbandonati dal Sardus Pater); bene, davanti a tutto ciò la costernazione è assoluta per la svendita dei diritti di tutti i sardi da parte di chi dovrebbe difenderli, la Regione, offrendo opportunità di crescita e di lavoro, e non di disperazione e di delusione. Massimo Lavena
4
iL PortiCo
IL PORTICO DEL TEMPIO
Il Papa. Videomessaggio ai partecipanti all’incontro al Santuario di N. S. di Guadalupe.
“Stato e Chiesa collaborino al servizio della persona umana” ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL SANTO Padre si è soffermato sul vangelo domenicale (Lc 21, 519) che presentava un discorso di Gesù sugli ultimi tempi: «questo discorso di Gesù è sempre attuale, anche per noi che viviamo nel XXI secolo. Egli ci ripete: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome” (v. 8). È un invito al discernimento, questa virtù cristiana di capire dove è lo spirito del Signore e dove è il cattivo spirito. Anche oggi, infatti, ci sono falsi "salvatori", che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani». Il Papa sottolinea nel testo evangelico il riferimento che Gesù fa alla perseveranza nella fede in mezzo alle prove: «pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro». Al termine dell’Angelus Papa Francesco ha spiegato il significato della consegna in Piazza San Pietro di una piccola scatola la “Misericordina”, simile a quella di un medicinale, che conteneva un rosario e un’immagine di Gesù misericordioso: «è una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’Anno della Fede, che volge al termine». In settimana all’Udienza generale
A
Il Papa mostra la scatola della “Misericordina”.
Papa Francesco ha approfondito il Sacramento del Battesimo, mostrando anche il suo legame con quello della Penitenza: «nel giorno del Battesimo ci ha aperto la porta della sua Chiesa. Al tempo stesso, al Battesimo è legata la nostra fede nella remissione dei peccati. Il Sacramento della Penitenza o Confessione è, infatti, come un "secondo battesimo", che rimanda sempre al primo per consolidarlo e rinnovarlo». Durante la settimana si è svolta al Quirinale la visita di Papa Francesco al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Nel suo discorso il Santo Padre, richiamandosi anche alle parole di Benedetto
XVI in una precedente visita, ha ricordato il senso della presenza della Chiesa nella società italiana: «vorrei ricordare l’inserimento nella Costituzione repubblicana dei Patti Lateranensi e l’Accordo di revisione del Concordato. […] Abbiamo qui il solido quadro di riferimento normativo per uno sviluppo sereno dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, quadro che riflette e sostiene la quotidiana collaborazione al servizio della persona umana in vista del bene comune, nella distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti d’azione». In modo particolare il Papa ha sottolineato i temi della mancanza di lavoro e della promozione della famiglia: «il momento attuale è segnato
dalla crisi economica che fatica ad essere superata e che, tra gli effetti più dolorosi, ha quello di una insufficiente disponibilità di lavoro. È necessario moltiplicare gli sforzi per alleviarne le conseguenze e per cogliere ed irrobustire ogni segno di ripresa. Il compito primario che spetta alla Chiesa è quello di testimoniare la misericordia di Dio e di incoraggiare generose risposte di solidarietà per aprire a un futuro di speranza; perché là dove cresce la speranza si moltiplicano anche le energie e l’impegno per la costruzione di un ordine sociale e civile più umano e più giusto, ed emergono nuove potenzialità per uno sviluppo sostenibile e sano […] Con rinnovata convinzione, la Chiesa, continua a promuovere l’impegno di tutti, singoli ed istituzioni, per il sostegno alla famiglia, che è il luogo primario in cui si forma e cresce l’essere umano, in cui si apprendono i valori e gli esempi che li rendono credibili. La famiglia ha bisogno della stabilità e riconoscibilità dei legami reciproci, per dispiegare pienamente il suo insostituibile compito e realizzare la sua missione. Mentre mette a disposizione della società le sue energie, essa chiede di essere apprezzata, valorizzata e tutelata». Nei giorni scorsi il Papa in un video-messaggio rivolto ai partecipanti ad un incontro che si svolgeva in Messico al Santuario di N.S. di Guadalupe ha proposto una riflessione sul tema della nuova evangelizzazione.
domeniCa 24 novembre 2013
curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
Direttore responsabile Sergio Nuvoli Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Lidia Lai, Roberto Pili Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Hanno collaborato a questo numero: Massimo Lavena, Eugenio Lao, Silvano Tagliagambe, Alessandra De Valle, Matteo Venturelli, Franco Camba, Matteo Meloni, Roberto Piredda, Roberto Comparetti, Andrea Busia, Lidia Lai, Maria Grazia Catte, Laura Cabras, Gianni Loi, Massimo Pettinau, Francesco Furcas, Tore Ruggiu. L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).
Abbònati a Il Portico 48 numeri a soli 30 euro
La tentazione del clericalismo, ostacolo per lo sviluppo della maturità “La tentazione del clericalismo, che tanto danno fa alla Chiesa in America Latina, è un ostacolo per lo sviluppo della maturità e della responsabilità cristiana di buona parte del laicato. Il clericalismo implica un atteggiamento autoreferenziale, un atteggiamento di gruppo, che impoverisce la proiezione verso l’incontro del Signore, che ci fa discepoli, e verso gli uomini che aspettano l’annuncio. Perciò, credo che sia importante, urgente, formare ministri capaci di prossimità, di incontro, che sappiano infiammare il cuore della gente, camminare con loro, entrare in dialogo con le sue speranze ed i suoi timori. Questo lavoro, i Vescovi non lo possono delegare. Lo devono assumere come qualcosa di fondamentale per la vita della Chiesa, senza risparmiare sforzi, attenzioni e accompagnamento. Inoltre, una formazione di qualità richiede strutture solide e durature che preparino ad affrontare le sfide dei nostri giorni e a portare la luce del Vangelo alle diverse situazioni che i presbiteri, i consacrati, le consacrate ed i laici incontreranno nella loro azione pastorale. La cultura di oggi esige una formazione seria, bene organizzata. Ed io mi chiedo se abbiamo la capacità autocritica sufficiente per valutare i risultati di seminari molto piccoli, con carenza di personale formativo sufficiente”. Videomessaggio di Papa Francesco al Pellegrinaggio e incontro di Guadalupe, 16 novembre 2013
Hanno collaborato a questo numero: Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo Vaticano, Eugenio Lao, coordinatore regionale Famiglie numerose - Sardegna, Silvano Tagliagambe, filosofo ed epistemologo, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori e parroco della Madonna della Fede, Alessandra De Valle, laureata in Scienze politiche e mamma di quattro figli, Matteo Meloni, giornalista pubblicista e laureato in Governance e Sistema Globale, Matteo Venturelli, giornalista pubblicista, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Franco Camba, segretario del Rettore del Seminario Regionale Sardo e insegnante di religione, Lidia Lai, laureata in Lettere moderne e mediatrice civile, Laura Cabras, presidente dell’associazione “Il colle verde”, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, Maria Grazia Catte, salesiana cooperatrice e catechista della parrocchia SS. Redentore (Monserrato), Gianni Loy, professore ordinario di Diritto del lavoro all’Università degli studi di Cagliari, Massimo Pettinau, insegnante di religione al Liceo Pacinotti di Cagliari, Francesco Furcas, giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri. Il direttore della testata, Sergio Nuvoli, è giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica. La tiratura di questo numero è stata di 3900 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.
1. conto corrente postale Versamento sul CONTO CORRENTE POSTALE n.
53481776 intestato a: Associazione culturale “Il Portico” - via Mons. Cogoni, 9 09121Cagliari.
2. bonifico bancario Versamento sul CONTO CORRENTE BANCARIO n.
1292 intestato a: Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 09121Cagliari presso Banca Prossima Sede di Milano, IBAN IT 39 U033 5901 6001 0000 0001 292
3. L’abbonamento verrà immediatamente attivato Inviando tramite fax la ricevuta di pagamento allo 070 523844
QUESTO SETTIMANALE È ISCRITTO ALLA FISC FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
iL PortiCo
5
Arte e cultura. Colloquio con Sofia, la nipote di Maria Lai: “Le sue opere si stanno lentamente deteriorando”.
“Noi siamo soltanto un punto in un telaio, ma siamo pure insostituibili per l’Infinito” ALESSANDRA DE VALLE ONOSTANTE LA grandezza della sua arte Maria Lai, anche per sua scelta, non è “famosa” come meriterebbe. Perfino la Presidente della Camera Laura Boldrini ha scoperto il genio della sua arte solo recentemente, ma ne è rimasta affascinata, come testimoniano le sue appassionate parole: «Era una donna di poche parole, Maria, e di molto pensiero; di raffinata sensibilità umana e di profonda saldezza interiore, capace di sentimenti intensi e mai ostentati. E' forse in ragione di questa indole che dopo la poesia, scoperta e assimilata negli anni giovanili, è la scultura ad attrarla: un'arte difficile, in cui il vuoto ha la stessa dignità del pieno. All'inizio, tutto sembra ostile, scoraggiante e senza prospettive. E' stata dura la sua infanzia, come duri saranno i suoi anni di studio all'Accademia di Venezia, fra il 1942 ed il 1945. Eppure - dice Maria - "in quegli anni ero carica di futuro"; e quella carica le consentirà di intraprendere, nell'immedia-
N
to dopoguerra, un proprio itinerario di maturazione artistica alla costante ricerca di una propria originale cifra espressiva. Non è stata certo una donna distante dalla realtà, o che sfuggisse ai suoi drammi per cercare conforto nella fantasia». Il Portico ha chiesto alla nipote Sofia di suggerirci quale scultura rappresenti meglio Maria Lai. Ulassai, 1600 abitanti, dispone di un gran numero di opere molto significative, tra le quali “La Scarpata” ricavata su una parete obliqua dalla bonifica di una discarica: «In una prima fascia Maria ha riprodotto lo scheletro di un dinosauro, come un riaffiorare di preistoria che non pos-
siamo ignorare, nella seconda fascia c’è un grande cielo stellato su fondo nero con delle pietre bianche e nella terza fascia un traliccio con dei prismi di acciaio che capta la luce e la riflette. Il significato è chiaro: dalla preistoria in poi abbiamo sempre guardato il cielo in cerca di indizi che possano dimostrarci l’esistenza di altre vite nell’universo… come una necessità di essere capiti, di avere un dialogo con un altrove, e ancora oggi siamo invitati a guardare il cielo, ad alzare lo sguardo. In un giorno di vento il traliccio è crollato, ma Maria ha voluto lascarlo giù, per indicare che da una frana si può rinascere e che anche da un crollo può
continuare a sorgere una richiesta: gli specchi continuano infatti a riflettere il sole, anche se sono a terra. Purtroppo anche questa, come tante altre sue opere sparse nel territorio, si sta deteriorando e le bande che avrebbero dovuto essere nere sono grigie: vorrei sottolineare che ricordare Maria significa anche tutelare le sue opere che si sono rivelate in tutti i sensi una risorsa per il paese. Mi rivolgo alle istituzioni, ma anche ai privati: sarebbe bello, e neanche troppo oneroso, se in tanti adottassero una sua opera e se ne prendessero cura una volta all’anno, contribuendo alla conservazione di questo enorme patrimonio». Qual era la funzione dell’arte per Maria Lai in relazione alla terra e all’uomo? Tra le sue opere anche la “La strada del rito”, lungo la strada che collega il paese e la chiesa di Santa Barbara, è emblematica del modo di creare di Maria, perché si rifà alla tradizione e ai riti della terra, utilizza materiali del suo tempo come il cemento ed esprime il forte senso del ritmo presente in tutte le sue opere. Ma in fondo in ogni sua creazione si trova
Quel sottile filo azzurro annodato alla Madonna Il nastro celeste che ci lega tutti, il miracolo di Maria A. D. V. N RITO ANTICO E MOLTO sentito si è ripetuto in modo del tutto particolare nei primi giorni di novembre a Ulassai dove la tradizionale questua dei bambini per il bene delle anime si è unita al ricordo della sua artista più illustre scomparsa lo scorso aprile all’età di 93 anni. Per tre giorni poesie, musica e immagini si sono susseguite nell’evento “Is Animas… e tributo per Maria Lai”: la compagnia Fueddu e Gestu ha portato in scena la favola di Maria Lai “Lucertolina” al termine della quale le donne hanno offerto il pane de is animas, mentre la Coop Tessile Su Marmuri ha offerto un omaggio agli artisti intervenuti, e illustri esperti hanno guidato la visita alle opere dell’artista. Significativo il percorso che ha coinvolto i bambini e Sergio Flore, uno dei responsabili del museo Ni-
U
vola: dopo aver rappresentato le proprie paure in una serie di disegni che confluiranno in un calendario, hanno realizzato delle barchette di carta, un simbolo molto caro a Maria Lai, che vi riconosceva il senso della speranza del viaggio nonostante la sua evidente fragilità. Le barchette, idealmente pronte a salpare, sono state poi portate sulla sua lapide al posto dei fiori. Lì un nastro azzurro ha voluto evocare, spiega la nipote Sofia Pisu, una delle sue opere più clamorose, quando Maria, invece di realizzare il richiesto monumento ai caduti, riuscì a coinvolgere l’intero paese nella realizzazione di “Legarsi alla Montagna”. Per tre giorni la popolazione tagliò la stoffa azzurra, annodò l’una all’altra le case segnando i legami di amicizia con un pane decorato e con il semplice passaggio del nastro i confini del rispetto tra le famiglie avverse. Infine lo portò, legandolo alla statua
della Madonna nel giorno di Maria Bambina del 1981, ai piedi della montagna che sovrasta Ulassai dove un gruppo di scalatori ne fissò l’ultimo capo alla vetta. Fili, pane, passi, storie, stoffa: i materiali semplici e quotidiani della tradizione sono spesso stati l’intreccio su cui l’artista ulassese ha profuso, come un dono trasmesso, la sua capacità di ascoltare e tradurre in “preghiera delle mani” (anche se lei si definiva laica) i segreti della natura, il ricordo dell’eternità, i fecondi dilemmi dell’umanità. La nipote dell’artista, che con lei ha vissuto e ha lavorato a lungo, parlando de “Is Animas...” ha spiegato: “Il nastro azzurro non solo ci lega alla montagna e ci lega l’uno all’altro
da vivi, ma ci deve anche legare con chi non c’è più… noi siamo il risultato di quelle vite, di quelle esperienze, di quel coraggio che ci ha preceduto,… noi non siamo altro che un filo nel telaio che Maria ha tante volte rappresentato: un filo che conduce all’infinito”. E un “filo” di commozione conduceva queste sue parole mentre si concludeva la conferenza commemorativa “Maria Lai –L’arte tra gioco e magia” aperta il 17 ottobre dalla Presidente Laura Boldrini nella Sala della Regina della Camera dei Deputati gremita da centinaia di persone. Prima dell’intervento dei prestigiosi ospiti e della proiezione del documentario “La tela Infinita”, le parole della Presidente esprimo-
Lo stupore grato per la comunione dei santi Appena poche settimane fa una bellissima testimonianza al Convegno pastorale dio-
cesano. Beppe e Alessandra avevano raccontato la loro storia d’amore: 26 anni che il Signore ha benedetto con la nascita di quattro figli, l’ultimo - Filippo - di appena un anno e mezzo. Venerdì scorso Beppe è morto improvvisamente: un fatto che butterebbe giù tutti, contrastato dalla Grazia di poter assistere - sabato a La Palma - al saluto funebre, nel dolore ma nella certezza granitica della Resurrezione. Un evento di fede difficile da dimenticare, vissuto con il dolore del distacco ma da veri figli di Dio. Beppe era un grande: nonostante problemi di salute, continuava come un trattore ad annunciare Cristo nel carisma del Cammino neocatecumenale, con il pallino dei giovani. Perfettamente integrato in parrocchia, ha fondato anche un’associazione - la Didakè - che ora continuerà nel suo nome. Alessandra ha firmato questa stupenda pagina su Maria Lai, poche ore prima che il suo sposo se ne andasse. A lei, a Beppe, ai figli, ai fratelli del Cammino il nostro più affettuoso ringraziamento per la testimonianza offertaci, con la promessa di una preghiera in comune (sn).
sempre un volume aperto. Uno spazio fisico aperto all’infinito che stimola il dialogo per interrogarsi anche su se stessi. Un’opera d’arte può considerarsi tale solo se ti “parla”, se può esser interpretata al di là della sua apparenza e ti ci puoi riconoscere dentro, se ti porta a riflettere sulla tua vita, sul tuo scopo, il tuo valore. Se ci puoi crescere dentro, allora è arte. Da questo punto di vista il percorso artistico, per quanto si dichiari laico, ha una forte dimensione religiosa: invita a fare silenzio per “pensare se stessi” in relazione al mondo e a gli altri e arrivare infine a una condivisione autentica. Noi siamo solo un punto in un telaio infinito, ma siamo insostituibili. Maria Lai perciò invita attraverso l’arte ad ascoltare la realtà per comprendere se stessi e il proprio posto? La funzione dell’arte è invitarci a riflettere sul nostro ruolo non solo nel mondo, ma nell’Essere.
no tutto il suo apprezzamento: “L'onore di aprire i lavori […] mi offre la preziosa opportunita' di accogliere, simbolicamente, Maria Lai, in questa sede istituzionale, dopo che una delle sue opere piu' significative, le ''Orme di leggi'', vincitrice del ''Premio Camera dei deputati per il 150* dell'Unita' d'Italia'', vi ha gia' fatto ingresso e si trova oggi nella nuova Aula dei gruppi parlamentari. Ma dopo la sua opera, e' lei in persona che, nel ricordo, mi piacerebbe oggi accogliere […]. Lo sguardo penetrante della sua sensibilita' artistica la porto' presto a maturare una profonda consapevolezza della precarieta', della solitudine, della fatica e della sofferenza della condizione umana. Nasce certamente da questa consapevolezza il suo famoso 'nastro celeste', per legare tutte le cose tra loro in segno di solidarieta' e superamento delle barriere. […] all'immobilita' di un monumento preferi' un'azione per i vivi e non solo per i morti, 'un'azione a cui potessero partecipare tutti'. […] Fu un ''miracolo laico'', come solo Maria Lai poteva fare'' […] E’ questo il senso della presenza di Maria Lai nella sede della Camera dei deputati, in un tempo in cui c'e' tanto bisogno di figure femminili positive pensanti, capaci di guardare avanti”.
6
IL PORTICO DEL TEMPO
iL PortiCo
domeniCa 24 novembre 2013
La guerra dell’acqua. Giuseppe Stocchino spiega il senso della battaglia contro un provvedimento della Giunta.
“La privatizzazione provocherebbe il caos con distorsioni sociali nefaste e inaccettabili” E a pagare il costo di cattive decisioni sarebbero ancora una volta i lavoratori. “L’acqua è un bene primario che deve rimanere pubblico” MATTEO MELONI L DIRITTO DI ACCESSO all’acqua pubblica è alla base della nostra società, non possiamo permettere che i privati gestiscano una risorsa così preziosa”. Le parole del consigliere regionale Giuseppe Stocchino sono ferme e decise: la sua battaglia è contro la delibera della Giunta di via Roma che prevede la possibilità di cessione al mercato di Abbanoa: “Va in direzione opposta rispetto al referendum del giugno 2011, e non è possibile dimenticarsi del volere dei sardi come se niente fosse”. Come si è giunti a questa situazione? Abbanoa nasce con lo spirito di raccogliere le esigenze dei vari territori della Sardegna, unendo tutti gli en-
I
ti di gestione delle acque a livello regionale. Il management della società ha toppato negli obiettivi di razionalizzazione che si era prefissato, ma come al solito rischiano di pagare per le cattive decisioni non i dirigenti, bensì i lavoratori. E il fallimento di Abbanoa ha portato la Regione Sardegna al suo salvataggio, con i soldi dei contribuenti. L’Unione Europea non ha potuto accettare quello che si è rivelato un aiuto di Stato, imponendo così le misure che
Cappellacci, senza batter ciglio, ha accettato ed imposto con la deliberazione di agosto. Faccio notare che i rischi ai quali va incontro Abbanoa sono i rischi del popolo sardo: in primis, la privatizzazione della gestione dell’acqua. Con risultati imprevedibili: nei Paesi dove è stata presa una misura di privatizzazione, abbiamo assistito a distorsioni sociali gravissime, come i meno abbienti doversi recare ai fiumi per poter avere accesso all’acqua. Non è questo
che vogliamo: la globalizzazione e le multinazionali aspettano decisioni simili, e il volere delle popolazioni verrebbe così calpestato. Anche Papa Francesco ha parlato del diritto ai beni comuni dell’essere umano: diritto alla terra e alla salvaguardia dell’ambiente, insieme al bisogno di giustizia. Il Referendum del giugno 2011 ha visto la schiacciante vittoria del fronte del sì all’abrogazione della “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”. La vittoria del 2011 ha sancito la fiducia dei cittadini verso lo Stato per la gestione delle acque: perché tornare indietro su una decisione così popolare? Dovremmo, semmai, spingere per una maggiore efficienza degli enti che gestiscono – e gestiranno – le risorse idriche. Al contrario, le misure imposte dall’Europa, viste nella deliberazione della Giunta, avranno due effetti: la chiusura anticipata di tre anni di Abbanoa, e la sua messa in vendita, con un bando a livello europeo. A quel punto l’ente diventerà privato. La questione della privatizzazione dei be-
ni considerati pubblici è ampia, non solo relativa all’acqua. Se parliamo, ad esempio, dei trasporti, un caso pratico è quello della Gran Bretagna e della concessione della rete ferroviaria ai privati: servizi diminuiti, manutenzione scarsa, maggior numero di incidenti. Oggi sta avvenendo il passaggio contrario: il mercato privato ha fallito, e i sudditi di Sua Maestà devono coprire i buchi di bilancio, lasciati alla collettività. Volete far luce, dunque, sul caso societario di Abbanoa? Chiediamo dei chiarimenti rispetto alla gestione della società. La questione è da inserire all’interno del problema della proliferazione degli enti, buchi neri che attingono alle risorse regionali impoverendo i vari settori. E la Sardegna ha un disperato bisogno di fondi, non di sprechi: serve un piano di rilancio per il lavoro e per la scuola, legare quindi il tema della giusta spendita dei soldi a quello di una riorganizzazione complessiva. Abbanoa si è dimostrata come il classico “carrozzone”: non è di questo che ha bisogno la Sardegna, e tantomeno di un ente per la gestione delle acque privatizzato.
efficacia ed efficienza amministrativa la situazione in cui versa “Abbanoa”, azienda che è addirittura costretta a ricorrere ad una società di revisione perché non è in grado di quantificare i propri debiti; se è capace di fornire rassicurazioni in merito alla continuazione del servizio pubblico di distribuzione della risorsa idrica così come chiesto durante i mesi estivi dalla Prefettura di Cagliari; se in-
tende presentare un proprio disegno di legge con sui sancire – una volta e per tutte – il divieto di concessione ad investitori privati della gestione delle acque presenti sul territorio sardo. All’iniziativa consiliare di Stocchino si aggiunge l’azione politica che i Comunisti porteranno avanti in tutta la Sardegna. In una nota, Giovannino Deriu e Alessandro Corona spiegano che si partirà a livello territoriale con una proposta di Deliberazione che sarà presentata nei Consigli Comunali e Provinciali. “Cappellacci – dicono Corona e Deriu – sancisce la svendita dell’acqua dei sardi. Promette di abbassare le accise sui carburanti ma si dimentica di spiegare che vorrebbe privatizzare l'acqua. Noi invece continuiamo a ritenere che l’acqua sia un bene comune che non deve essere lasciato alla gestione privata, così come chiaramente espresso con i Referendum del 2011. Faremo in modo – continuano i dirigenti di PRC e Pdci – di favorire un fronte compatto contro il tentativo di Cappellacci di privatizzare l’acqua dei sardi, a partire dai Comuni”.
Il pericolo concreto di avviare una deriva Una delibera che va contro il risultato del referendum MAT. MEL. NCORA UNAVOLTA IL diritto all’acqua pubblica sembra essere in pericolo. Nonostante il referendum regionale del 12 e 13 giugno 2011 abbia sancito con largo consenso il divieto all’affidamento a soggetti privati della gestione delle risorse idriche, una delibera della Regione Sardegna rischia di comprometterne l’esito. Abbanoa, la società che ha in carico la gestione della rete idrica isolana, versa in una nota condizione di difficoltà contabile e finanziaria, fatto che sarebbe addirittura in grado di compromettere non solo il soddisfacimento di centinaia di creditori, ma la stessa continuità nel servizio di distribuzione e potabilizzazione delle acque. E la delibera regionale del 28 agosto 2013 “Provvedimenti urgenti per la continuità dell’erogazione del servizio pubblico di acquedotto, fognatura e depurazione” sembra andare verso una concessione ai privati delle quote societarie di Abbanoa, fatto che renderebbe vano il referendum del giugno 2011. Giuseppe Stocchino, Consigliere Regionale di Rifondazione Comu-
A
nista appartenente al Gruppo Misto, ha presentato una interpellanza nella quale si legge che il documento dell'Esecutivo regionale “Oltre a prevedere una procedura concordata con la Commissione europea per la concessione di finanziamenti milionari senza che questi vengano considerati “aiuti di Stato indebiti”, prevede di poter affidare al mercato il futuro della società per azioni “Abbanoa” una volta che venga a scadenza la concessione da lei posseduta e successivamente al raggiungimento dello status di “socio di maggioranza” da parte della Regione Sardegna”. La delibera regionale, così, contrasterebbe col volere del popolo sardo, creando un conflitto col territorio e portando la materia anche a livello europeo.
L’interpellanza propone alcuni quesiti cruciali alla Giunta Regionale e, nello specifico, chiede quali azioni intenda intraprendere per evitare che la gestione del servizio idrico finisca nelle mani di investitori privati; se intende rivedere le parti della deliberazione de quo in grado di entrare in contrasto con il risultato del referendum abrogativo nazionale del giugno 2011; se ritiene compatibile con i principi di
A parlare apertamente di “guerra dell’acqua” a Cagliari è stato Papa Francesco. Nel suo discorso in Facoltà teologica il 22 settembre aveva detto: “Ogni epoca della storia porta in sé elementi critici, ma, almeno negli ultimi quattro secoli, non si sono viste così scosse le certezze fondamentali che costituiscono la vita degli esseri umani come nella nostra epoca. Penso al deterioramento dell’ambiente: questo è pericoloso, pensiamo un po’ avanti, alla guerra dell’acqua che viene; agli squilibri sociali; alla terribile potenza delle armi – ne abbiamo parlato tanto, in questi giorni; al sistema economico-finanziario, il quale ha al centro non l’uomo, ma il denaro, il dio denaro; allo sviluppo e al peso dei mezzi di informazione, con tutta la loro positività, di comunicazione, di trasporto. È un cambiamento che riguarda il modo stesso in cui l’umanità porta avanti la sua esistenza nel mondo”.
Quel riferimento passato inosservato
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
In Comune. A metà mandato è imminente il rimpasto, non solo per Bilancio e Personale.
Il sindaco fa il tagliando e riparte: “I risultati arriveranno presto” SERGIO NUVOLI ER MASSIMO ZEDDA sono giorni di bilanci: da due anni e mezzo è sindaco di Cagliari. Da qualche mese ha l’interim degli assessorati al bilancio e al personale: per questo – e non solo – si è guadagnato più di un mugugno, anche dalla maggioranza che lo sostiene. Sindaco, qualcuno sostiene che lei non è Supermario: non può tenere due assessorati per sé. Ho sempre preferito Tex. Scherzi a parte, il rimpasto? Non posso certamente tenere le deleghe che ho: ci sarà senz’altro qualche modifica e qualche nuovo ingresso. Spero di fare presto. Gli attacchi le arrivano dal fuoco amico. Che succede? Alcune critiche sono giuste. Quali? Bisogna fare di più, ma mi dispiace che non si riconoscano i risultati e non si gioisca insieme, consci che in alcuni settori ci sono ancora difficoltà. Il mandato dura cinque anni: alcune critiche sono cominciate tre mesi dopo le elezioni. Altri sono eterni commentatori della fatica altrui. Come si sta al centro di una polemica continua? Ènormale, specie in una fase difficile per famiglie e tessuto economico. I sindaci vengono ancora visti come
P
Il sindaco Massimo Zedda.
vicini ai cittadini, rispetto al distacco degli altri livelli. Preferisco il contrasto e la critica, la richiesta di confronto, all’indifferenza nella percezione che tanto nulla possa cambiare. In tutta Italia ci si rivolge ai sindaci: stiamo colmando il deficit di politica lasciato da altre istituzioni. Sono passati due anni e mezzo.Che bilancio stila? Intanto un conto è ciò che si vede, un conto è ciò che è programmato. Sono certo che alla fine del mandato i cagliaritani vedranno una città trasformata, dai servizi per la pulizia delle strade alle manutenzioni stradali (portati da 700mila euro a 15 milioni di euro
in tre anni), dal lungomare Poetto e Sant’Elia alla riqualificazione di edifici da sempre coperti da impalcature (Palazzo sorcesco e l’edificio di Piazza Yenne). Sicuro che i risultati si vedranno? Alcuni cantieri finiranno prima: si vedrà una città che cambia. Sull’edilizia privata stiamo recuperando ritardi storici, e abbiamo stanziato 6 milioni per il microcredito e 9 per le start-up di imprese. Cosa non va? Ci siamo concentrati molto sul bilancio e sulle strategie future: adesso bisogna intervenire su alcuni settori. Ad esempio, i servizi sociali devono diventare politiche sociali, sia
per rispondere a chi è in difficoltà, sia per creare percorsi di autonomia. Che effetto fa vedere un intervento così frequente della magistratura sulla politica? Quando la politica perde il senso e si distacca dalle esigenze dei cittadini, altre istituzioni colmano il vuoto. Percepisce il pericolo di una deriva verso l’antipolitica? Fortissimo. Quando i partiti sono in difficoltà e la politica si occupa d’altro, sorgono altri gruppi che cavalcano l’onda del dissenso. Preferisco il movimento Cinquestelle, che almeno in Italia ha arginato il dissenso che in altre parti d’Europa è andato verso movimenti neonazisti. Almeno tiene il consenso dentro l’alveo democratico del vivere civile. C’è un momento in questi due anni e mezzo in cui ha pensato “Chi me l’ha fatto fare?” Ho deciso da me di rinunciare a un posto superpagato e al vitalizio per fare il sindaco. Quindi non c’è stato finora un momento così, anche se non aiutano a stare sereni le vicende del Lirico, specie quando si è convinti di aver agito bene. Come se ne esce? Quando sono arrivato, gli stipendi non venivano pagati. Ora non è più così: abbiamo salvaguardato il teatro e le risorse. Nessuno mi può chiedere di usare risorse pubbliche per finalità che non sono tali.
iL PortiCo
7
blocnotes MENTRE ARRIVA IL RIMPASTO
Capitale europea, Cagliari è finalista La spilla da appuntare al petto è l’essere entrati tra le sei città finaliste per la Capitale europea della cultura 2019: nella prestigiosa competizione il capoluogo ha superato l’agguerrita concorrenza di altri centri, inizialmente favoriti per il risultato finale. Merito della presentazione del progetto - a Roma nei giorni scorsi - e della rete di enti schierati insieme per centrare l’obiettivo. Anche l’immagine nazionale del giovane sindaco non è mai stata sfiorata dalle beghe interne. Le grane si chiamano Teatro lirico e Poetto, mentre la questione stadio - come riferito su queste pagine - è ridotta ad un problema di tempi. Sul fronte dei problemi, c’è da registrare l’ennesimo atto d’accusa da parte del capogruppo Pd in Consiglio comunale, Davide Carta, con una lettera aperta pubblicata sui quotidiani. Conoscendo il primo cittadino, l’effetto della missiva di Carta sarà con ogni probabilità quello di ritardare un rimpasto di giunta giunto ormai quasi al completamento nella testa del sindaco. Zedda non si nasconde: come spiega nell’intervista qui a lato, non si tratta soltanto di occupare le caselle vuote con alcuni nomi, magari suggeriti o imposti dai partiti. C’è da dare nuove linfa ad alcuni settori rimasti indietro in questi due anni e mezzo.
San Sperate in festa con i padri redentoristi Padre Vito Lombardi: “Una testimonianza per i giovani” MATTEO VENTURELLI RE GIORNI INTENSI di preghiera e festa hanno caratterizzato l’inizio di novembre per molti giovani di San Sperate e le loro famiglie in occasione dell’anniversario della nascita della Congregazione del Santissimo Redentore avvenuta il 9 novembre 1732. “Quest’anno la festa della PGVR – sostiene Padre Vito Lombardi, superiore della comunità sansperatina e responsabile dei giovani- ha assunto per tutti noi un significato più forte. Oltre a essere un continuo del decimo meeting dei giovani redentoristi, ha aperto qua a San Sperate tutte le iniziative per l’anno delle voca-
T
zioni Redentoriste. Durante il meeting abbiamo vissuto la Professione Temporanea di Massimiliano Mura, in questi tre giorni invece gli studenti professi Daniele Carta e Habib Badran hanno ricevuto il Lettorato. Siamo molto fortunati a vivere questi momenti qua a San Sperate poiché sono una gran testimonianza per i nostri giovani e danno un significato più forte alla nostra festa”. Il programma della tre giorni ha visto l’alternarsi di momenti forti come la celebrazione eucaristica per il lettorato o l’adorazione notturna per i giovani, con momenti di convivialità e incontri di studio e formazione. “La risposta dei ragazzi è stata numerosa. Son rimasto - chiarisce padre Vito - molto felice della loro partecipazione sia per i momenti di preghiera, per la sola adorazione notturna si sono alternati circa 30 giovani, sia per i momenti ricreativi come il pranzo con le famiglie che ha coinvolto più di 200 amici. Particolarmente significativa è stata inoltre la partecipazione del nostro parroco don Mario Montis, ormai consi-
derato da noi e dai ragazzi un nuovo redentorista, ma altrettanto importante è stata la risposta della popolazione, tanti in questi giorni hanno partecipato alle attività. Non posso che ringraziare il Signore per le gioie ricevute”. Una formula quella della Pastorale giovanile vocazionale redentorista che nel corso degli anni non conosce crisi ma rimane centrale nella vita di molti giovani della comunità. “La PGVR è ormai ben consolidata all’interno del paese – spiega Ilaria Pili, storica responsabile dei giovani - e son tante le attività che porta avanti con la collaborazione di molti volontari. Son ripartiti i cammini formativi per i gruppi e la preparazione dell’ottava edizione del presepe vivente che oltre allo scopo di far riscoprire il Natale ha uno scopo caritatevole in favore delle famiglie in difficoltà del paese. Inoltre molti di noi, motivati dal cammino redentorista, scelgono di mettersi a
disposizione della vita Parrocchiale come catechisti o animatori. Altri invece hanno avuto la grazia e la fortuna di poter partecipare come laici alle Missioni popolari animando momenti di formazione, centri d’ascolto, attività oratoriali e di intrattenimento”. Parole confermate dalla preziosa testimonianza di alcuni giovani. “Attraverso i padri e gli animatori – confessa Giacomo, 19 anni - non ho trovato chi cerca di abbindolarmi con paroloni ma chi con zelo e semplicità è riuscito ad arrivare a me testimoniandomi la quotidianità del Vangelo”. Invece perValentina, studentessa diciottenne “i Padri Redentoristi hanno un gran carisma, riescono ad arrivarti al cuore ma soprattutto trovi in loro la tua seconda casa e nel gruppo PGVR la tua seconda famiglia. Trovi un gruppo dove non preghi e basta, ma cresci insieme e ti sostieni l’uno con l’altro nella scoperta della propria vocazione”.
Il perchè è presto detto: si tratta di assessorati - come quello ai Servizi sociali, non è più un mistero e nessuno si offenda - in cui la novità proprio non si vede. Un abbozzo di mini-riorganizzazione interna ha prodotto solo mugugni tra gli operatori del settore e gli stessi dipendenti comunali. E, quel che è peggio, ha finito per ingessare molte azioni in corso, con ritardi inammissibili specie quando - come ripete Zedda - i destinatari sono famiglie in condizione di bisogno, spesso estremo. Mentre alcuni altri settori corrono (Strade e Commercio su tutti), nei servizi sociali c’è da cominciare a pensare in modo nuovo, da aggiornare le strategie di intervento e rimotivare nel minor tempo possibile le ottime professionalità di cui l’assessorato dispone da tempo, proprio quando si stanno completando i concorsi per alcune figure finora carenti. C’è da scommettere su nuove linee di intervento, con nuova linfa e nuove idee, ma - fa capire il sindaco - le novità saranno anche altre.
8
IL PORTICO DE
iL PortiCo
SOLEN NITA’ DI CRISTO RE (ANNO C)
dal Vangelo secondo Luca n quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Lc 23, 35-43
I
DON ANDREA BUSIA
il portico della fede
P
er la solennità di Cristo Re quest’anno ci viene proposto il vangelo della crocifissione, o meglio ci viene proposto di meditare su ciò che Gesù fa, vede e sente mentre si trova sulla croce. Ciò che il brano evidenzia in primo luogo sono i titoli con cui Gesù viene chiamato: i capi usano per lui il titolo di “Cristo” e di “eletto” e implicitamente quello di “salvatore”, i soldati quello di “re dei giudei” e Pilato, attraverso il titolo della croce (cioè il pezzo di legno su cui era scritta la motivazione della condanna affinché fosse nota pubblicamente) lo chiama anch’egli “re dei giudei”. Nella frase rivolta dal malfattore “impenitente” troviamo ancora due di questi titoli: “Cristo” e, ancora implicitamente, “salvatore”. In tutti questi casi, anche se in misura minore nel caso della scritta sopra la croce, questi titoli sono usati in sen-
Non sei tu il Cristo?...
so dispregiativo per evidenziare la grande distanza tra il “potere” significato da quei titoli e “l’impotenza” di un uomo condannato a morte e posto sulla croce, impossibilitato a fare qualsiasi movimento importante. Il malfattore non usa nessuno di questi titoli visti finora, implicitamente usa il titolo di “giusto” (“non ha fatto nulla di male”) e quello di “re” (“nel tuo regno”) ma soprattutto si rivolge a lui usando il suo nome. È paradossale che un malfattore, condannato alla crocifissione probabilmente anche per aver ucciso innocenti durante le sue scorribande, un uomo probabilmente incolto, sia l’unico capace di vedere: da un lato è in grado di riconoscere un uomo dietro quella maschera di sangue, riconoscergli un umanità che nessuna autorità umana potrai mai togliergli, il chiamarlo per nome, con il nome che gli aveva dato Giuseppe, ha proprio questo effetto: rico-
noscere che accanto a lui c’è un uomo, non un semplice condannato a morte, non uno da deridere e insultare, non uno da cui semplicemente pretendere di essere salvati (come faceva il malfattore impenitente). L’invocazione “Gesù” con cui il brigante si rivolge a Gesù è unica in tutto il vangelo di Luca, in nessun altro passo qualcuno chiama Gesù usando il suo nome. La seconda cosa che fa è riconoscersi peccatore: in un contesto in cui tutti coloro che vengono presentati sono dei peccatori che perseverano nel loro male (non si parla infatti qui di Maria, di Giovanni e delle altre donne ai piedi della croce), un brigante è l’unico che riesce a fare verità della sua vita e riconoscere che la sua pena è rispondente alla sua colpa. La preghiera del buon ladrone riconosce a Gesù il suo potere, lo riconosce come veramente “re”, ma non semplicemente questo: lo riconosce come “re mi-
sericordioso”: leggendo la sua richiesta (“ricordati di me”) risuona, per il lettore del vangelo, il canto di Zaccaria: “Egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza” (Lc 1,72). Il ricordo di Dio si manifesta sempre in uno sguardo premuroso verso colui che viene ricordato. Un conto è però sperare in uno sguardo di misericordia, in una pena non troppo severa, ma grande deve essere stata la sorpresa nel sentirsi dire che quel ricordo avrebbe avuto effetti immediati e radicali sulla sua persona. “Ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi” (Lc 13,30) aveva detto Gesù, ecco: i capi (o molti di loro) che erano sicuramente tra i primi hanno rifiutato il Cristo, mentre un brigante, peraltro conosciuto alla fine della vita terrena di Gesù, risulta essere nel vangelo di Luca il “primo” ad entrare in paradiso. Colui che non ha rifiutato Gesù si trova ad essere con Gesù nel suo “oggi” e per l’eternità.
UNA CATENA ININTERROTTA DI TESTIMONI Quando una persona si apre autenticamente alla fede percepisce con chiarezza come non possa trattenere questo tesoro unicamente per sé, si sente immediatamente portata a condividerlo con gli altri. In diversi passaggi della Lumen fidei Papa Francesco ha mostrato come la fede sia “ascolto” e “visione”, di conseguenza essa si diffonde come “parola” e “luce”: «la parola ricevuta si fa risposta, confessione e, in questo modo, risuona per gli altri, invitandoli a credere […] La luce di Gesù brilla, come in uno specchio, sul volto dei cristiani e così si diffonde, così arriva fino a noi, perché anche noi possiamo partecipare a questa visione e riflettere ad altri la sua luce, come nella liturgia di Pasqua la luce del cero accende tante altre candele. La fede si trasmette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma» (LF, 37). L’incontro con Cristo può accadere oggi perché grazie ad
una catena ininterrotta di testimoni ci arriva il messaggio della fede. A questo punto ci si potrebbe chiedere come sia possibile conoscere con sicurezza, dopo tanti secoli, il vero Gesù. Il Papa risponde facendo riferimento al fatto che la persona viva sempre in relazione: «anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno preceduto: in primo luogo i nostri genitori, che ci hanno dato la vita e il nome. Il linguaggio stesso, le parole con cui interpretiamo la nostra vita e la nostra realtà, ci arriva attraverso altri, preservato nella memoria viva di altri. La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo a una memoria più grande» (LF, 38). Questa prospettiva si applica anche alla fede: «il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa. La Chiesa è una Madre che ci insegna a parla-
re il linguaggio della fede» (ibidem). Il riferimento alla Chiesa ci ricorda come la fede non sia soltanto una scelta individuale che avviene nell’interiorità del singolo credente ma è una realtà per sua natura sempre interna alla comunione della Chiesa. A tale proposito Papa Francesco si collega alla forma dialogata del Credo battesimale: «il credere si esprime come risposta a un invito, ad una parola che deve essere ascoltata e non procede da me, e per questo si inserisce all’interno di un dialogo, non può essere una mera confessione che nasce dal singolo. È possibile rispondere in prima persona, "credo", solo perché si appartiene a una comunione grande, solo perché si dice anche "crediamo". Questa apertura al "noi" ecclesiale avviene secondo l’apertura propria dell’amore di Dio, che non è solo rapporto tra Padre e Figlio, tra "io" e "tu", ma nello Spirito è anche un "noi", una comunione di persone» (LF, 39). di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
domeniCa 24 novembre 2013
9
Lo storico discorso del Papa al Quirinale.
Al centro c’è la famiglia Luogo primario in cui nasce e cresce l’essere umano ignor Presidente! Con viva gratitudine ricambio oggi la cordiale visita che Ella ha voluto farmi lo scorso 8 giugno inVaticano. La ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto con cui mi ha accolto, facendosi interprete dei sentimenti del Popolo italiano. Nella consuetudine istituzionale dei rapporti tra Italia e Santa Sede, questa mia visita conferma l’eccellente stato delle reciproche relazioni, e prima ancora intende esprimere un segno di amicizia. Infatti, già in questi primi otto mesi del mio servizio petrino ho potuto sperimentare da parte Sua, Signor Presidente, tanti gesti di attenzione. Essi si aggiungono ai molti che Ella ha progressivamente manifestato, durante il Suo primo settennato, nei confronti del mio predecessore Benedetto XVI. A lui desidero rivolgere in questo momento il nostro pensiero e il nostro affetto, nel ricordo della sua visita al Quirinale, che in quell’occasione egli definì «simbolica casa di tutti gli italiani» (Discorso del 4 ottobre 2008). RendendoLe visita in questo luogo così carico di simboli e di storia, vorrei idealmente bussare alla porta di ogni abitante di questo Paese, dove si trovano le radici della mia famiglia terrena, e offrire a tutti la parola risanatrice e sempre nuova delVangelo. Ripensando ai momenti salienti nelle relazioni tra lo Stato italiano e la Santa Sede, vorrei ricordare l’inserimento nella Costituzione repubblicana dei Patti Lateranensi e l’Accordo di revisione del Concordato. Di tale Accordo ricorrerà tra poche settimane il trentesimo anniversario. Abbiamo qui il solido quadro di riferimento normativo per uno sviluppo sereno dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, quadro che riflette e sostiene la quotidiana collaborazione al servizio della persona umana in vista del bene comune, nella distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti d’azione. Tante sono le questioni di fronte alle quali le nostre preoccupazioni sono comuni e le risposte possono essere convergenti. Il momento attuale è segnato dalla crisi economica che fatica ad essere superata e che, tra gli effetti più dolorosi, ha quello di una insufficiente disponibilità di lavoro. E’ necessario moltiplicare gli sforzi per alleviarne le conseguenze e per cogliere ed irrobustire ogni segno di ripresa. Il compito primario che spetta alla
S
RISCRITTURE
DONNA, NON PIANGERE! «Donna, non piangere!». Che cosa inimmaginabile è che Dio – “Dio”, Colui che fa tutto il mondo in questo momento –, vedendo e ascoltando l’uomo, possa dire: «Uomo, non piangere!», «Tu, non piangere!», «Non piangere, perché non è per la morte, ma per la vita che ti ho fatto! Io ti ho messo al mondo e ti ho messo in una compagnia grande di gente!». Uomo, donna, ragazzo, ragazza, tu, voi, non piangete! Non piangete! C’è uno sguardo e un cuore che vi penetra fino nel midollo delle ossa e vi ama fin nel vostro destino, uno sguardo e un cuore che nessuno può fuorviare, nessuno può rendere incapace di dire quel che pensa e quel che sente, nessuno può rendere impotente! «Gloria Dei vivens homo». La gloria di Dio, la grandezza di Colui che fa le stelle del cielo, che mette nel mare goccia a goccia tutto l’azzurro che lo definisce, è l’uomo che vive.
Non c’è nulla che possa sospendere quell’impeto immediato di amore, di attaccamento, di stima, di speranza. Perché è diventato speranza per ognuno che Lo ha visto, che ha sentito: «Donna, non piangere!», che ha udito Gesù dir così: «Donna, non piangere!». Non c’è nulla che possa fermare la sicurezza di un destino misterioso e buono! Noi siamo insieme dicendoci: «Tu, non t’ho mai visto, non so chi sei: non piangere!». Perché il pianto è il tuo destino, sembra essere il tuo destino inevitabile: «Uomo, non piangere!». «Gloria Dei vivens homo»: la gloria di Dio – quella per cui sorregge il mondo, l’universo – è l’uomo che vive, ogni uomo che vive: l’uomo che vive, la donna che piange, la donna che sorride, il bambino, la donna che muore madre. Luigi Giussani
Chiesa è quello di testimoniare la misericordia di Dio e di incoraggiare generose risposte di solidarietà per aprire a un futuro di speranza; perché là dove cresce la speranza si moltiplicano anche le energie e l’impegno per la costruzione di un ordine sociale e civile più umano e più giusto, ed emergono nuove potenzialità per uno sviluppo sostenibile e sano. Sono impresse nella mia mente le prime visite pastorali che ho potuto compiere in Italia. A Lampedusa, anzitutto, dove ho incontrato da vicino la sofferenza di coloro che, a causa delle guerre o della miseria, si avviano verso l’emigrazione in condizioni spesso disperate; e dove ho visto l’encomiabile testimonianza di solidarietà di tanti che si prodigano nell’opera di accoglienza. Ricordo poi la visita a Cagliari, per pregare davanti alla Madonna di Bonaria; e quella ad Assisi, per venerare il Santo che dell’Italia è patrono e di cui ho preso il nome. Anche in questi luoghi ho toccato con mano le ferite che affliggono oggi tanta gente. Al centro delle speranze e delle difficoltà sociali, c’è la famiglia. Con rinnovata convinzione, la Chiesa, continua a promuovere l’impegno di tutti, singoli ed istituzioni, per il sostegno alla famiglia, che è il luogo primario in cui si forma e cresce l’essere umano, in cui si apprendono i valori e gli esempi che li rendono credibili. La famiglia ha bisogno della stabilità e riconoscibilità dei legami reciproci, per dispiegare pienamente il suo insostituibile compito e realizzare la sua missione. Mentre mette a disposizione della società le sue energie, essa chiede di essere apprezzata, valorizzata e tutelata. Signor Presidente, in questa circostanza mi è caro formulare l’auspicio, sostenuto dalla preghiera, che l’Italia, attingendo dal suo ricco patrimonio di valori civili e spirituali, sappia nuovamente trovare la creatività e la concordia necessarie al suo armonioso sviluppo, a promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona, e ad offrire nel consesso internazionale il suo contributo per la pace e la giustizia. Mi è particolarmente gradito infine associarmi alla stima e all’affetto che il Popolo italiano nutre per la Sua persona e rinnovarLe i miei auguri più cordiali per l’assolvimento dei doveri propri della Sua altissima carica. Iddio protegga l’Italia e tutti i suoi abitanti.
10
IL PORTICO DEI LETTORI
iL PortiCo
uscito nelle scorse settimane il volume “Il Settecento in Sardegna tra fede e storia”, curato da padre Fabrizio Congiu e contenente gli atti del convegno di studi sul francescanesimo in Sardegna svoltosi a Laconi il 12 maggio dello scorso anno. Il libro, uscito per i tipi della collana della Facoltà teologica della Sardegna, è uno strumento imperdibile per comprendere meglio il contesto storico e culturale in cui visse ed operò Sant’Ignazio da Laconi, attraverso i saggi dedicati alla sua figura scritti da Tonino Cabizzosu, Gianni Murgia, Umberto Zucca e Antonio Piras, tutti molto profondi e
È
LETTERE A IL PORTICO Riceviamo e pubblichiamo. Gentili Famiglie della Parrocchia “Sacra Famiglia” Ho letto con simpatia la vs cortese lettera indirizzatami tramite il settimanale “Il Portico” ed ho molto apprezzato le motivazioni sulla necessità, così urgente ai nostri tempi, dell’educazione dei nostri giovani ed i gravosi compiti che vengono lasciati interamente sulle famiglie e pochi altri, lasciati troppo spesso soli. Le Istituzioni scolastiche non sono proprietarie dei locali che utilizzano; questi vengono ad esse assegnati, per quello che riguarda gli Istituti secondari di II grado, dalla Provincia. L’utilizzo dei locali è da questa regolamentato e le richieste per l’utilizzo della palestra (ad es.) arrivano tramite la Provincia stessa, che richiede a noi solo il “nulla osta”. Le Istituzioni scolastiche possono rilasciare il benestare ad utilizzo dei locali in condizioni differenti (p. es. onerose, come capita per enti di formazione professionale, che lo scorso anno lo hanno richiesto con insistenza) solo entro la regolamentazione dalla Provincia predisposta. Mi scuso per questa precisazione, forse noiosa, ma è per evidenziare come, se si uscisse da questa delimitazione, le richieste di utilizzo dei locali da parte di associazioni, enti e altre organizzazioni che potrebbero utilmente usufruirne, al di fuori del tempo scolastico, sarebbe frequente e sarebbe difficile discriminare in quali casi sia opportuno dire sì ed in quali no. L’anno scorso il nostro Istituto, a fronte di varie richieste di Enti di formazione professionale per l’uso dei locali (con pagamento di corrispettivo orario) ha risposto no a tutti. Fatta questa premessa vengo al vostro problema concreto: a) Sarebbe stato utile se la Provincia avesse presentato la vostra richiesta, richiedendo la concessione di nulla
“il Settecento in Sardegna tra fede e storia”, di Fabrizio Congiu
Uno scrigno prezioso di SERGIO NUVOLI
fecondi di riflessioni. Si tratta di un volume che - come scrive Raimondo Turtas nella prefazione - “si trova in buona compagnia”: il riferimento è alla monumentale opera di padre Leonardo Pisanu (il frate recentemente scomparso) su I Frati minori in Sardegna, composta di ben 18 volumi e all’opera di padre Umberto Zucca sui
osta all’uso dei locali (come fa per le associazioni sportive per l’utilizzo della palestra): ma, tranne che per una conversazione telefonica avvenuta nel mese di giugno con l’allora Presidente f.f., nessuna comunicazione o richiesta è pervenuta da essa; b) Il Consiglio di Istituto è l’unica organo che ha titolo per concedere il nulla osta all’utilizzo dei locali: la sua decisione può essere valutata da ciascuno come crede (d’altronde è stata presa a maggioranza), ma è certamente una decisione legittima, presa da persone, sino a prova contraria, non animate da pregiudizi, ma valutano l’interesse della scuola; c) Il nostro Istituto si trova in una situazione difficile: non voglio annoiarvi a descriverla, ma certamente questa non ha indotto a prendere una decisione coraggiosa ed ha spinto a una decisione prudente; posso chiedervi una preghiera per i nostri 380 allievi del settore alberghiero che non hanno i laboratori nella loro scuola e per gli altri 70 che da via Codroipo ho mandato (con mia decisione personale) in via Sulcis, perché lì vi sono laboratori adeguati al biennio tecnologico, ma che torneranno in via Codroipo per il triennio? d) Chiederò al Presidente del Consiglio di Istituto (che non sarà certamente contrario) di riportare all’o.d.g. la vostra richiesta e presenterò la vostra lettera (vi pregherei di inviarla anche per posta): certamente alcune garanzie (per me ovvie, ma per qualcuno, legittimamente no) in essa contenute (la temporaneità della richiesta e la vigilanza degli educatori) sono fattori che potrebbero fare mutare la decisione; e) E’ opportuno che la Parrocchia rinnovi la richiesta alla Provincia, e che questa fornisca quanto meno un parere (non mi risulta lo abbia fino ad ora fatto): occorre ricordare che è la Provincia che paga luce, acqua e servizi, il suo parere non è superfluo;
Frati minori conventuali. Attraverso la ricostruzione della società dell’epoca, il volume curato da padre Congiu permette di capire bene in quale contesto il santo cappuccino formò la sua coscienza, in un ambiente evidentemente permeato da sentimenti profondamente religiosi, e un approccio alla vita certamente intriso di devozione popo-
f) Infine, vi chiederei di essere certi che non si tratta affatto di “niet” verso i cattolici: al contrario, forse è la preoccupazione che se si dice “da” a qualcuno, occorre dire “da” a tutti; è questo è, per una scuola, davvero complicato a farsi. Vi ringrazio per la cortesia e saluto voi e don Fabrizio con stima e simpatia Vincenzo Porrà Sorvoliamo volentieri su alcune contraddizioni contenute nella lettera, e aspettiamo i fatti, caro Preside. Nel frattempo preghiamo per una cosa: perchè ciascuno faccia il suo dovere. Caro direttore, leggo su un quotidiano dell’isola la notizia che un professore/preside, con il pallino dell’integrazione, decide di non far partecipare ad una manifestazione a carattere forse religioso, due classi della scuola, sul presupposto che alcuni studenti di diversa estrazione religiosa (mussulmani nel caso concreto). Si badi bene una manifestazione tesa ed organizzata al fine di ricordare i caduti in guerra il 4 novembre. L’accaduto ha dell’incredibile perché proposto da insegnanti che intendevano così “integrare” i giovani delle classi; decisione presa maldestramente ( come quando si decide sulla pelle della scuola e dei giovani!) di fatto un chiaro esempio di non integrazione, vera e propria ghettizzazione per tutti i giovani delle classi, checché ne dica lo storico chiamato ad esprimere il suo pensiero: ha inteso sostenere come normale e dovuta l’imposizione della rinuncia agli studenti alla loro identità religiosa (una imposizione di stampo politico laicista antireligiosa di altri tempi). Io che insegnante non sono, ritengo che una vera integrazione poteva proporsi organizzando una manifestazione che contemperasse le diversità religiose dei giovani, da tenersi ad esempio avanti alla stele del
domeniCa 24 novembre 2013
lare e di fede autentica. “Non si può fare riflessione teologica - avverte infatti mons. Cabizzosu - senza un’adeguata analisi storica, non si può cogliere la sua matrice spirituale e il carisma che ha guidato la sua esistenza senza un’adeguata ricostruzione dei maggiori fermenti spirituali e sociali presenti nell’arco di tempo in cui visse”.“I santi sono coloro che meglio dei vescovi, dei preti e dei religiosi - conclude il direttore dell’Archivio storico diocesano di Cagliari - hanno saputo gettare un ponte tra Chiesa e società sarda, facendo propri i problemi della gente, rimboccandosi le maniche e indicando valori molto alti”. La memoria storica della Chiesa va difesa e conservata anche a costo di sacrifici, perchè è la storia di un popolo: questo libro ne è una testimonianza palpitante.
milite ignoto, ove i rappresentanti dei due gruppi di studenti, anche seguendo propri riti potessero esprimersi sulla guerra ed i danni incalcolabili che comporta. O anche chiedendo ai giovani di diversa estrazione religiosa se intendessero partecipare a quella manifestazione (od ai loro genitori): per rispettarsi tra loro devono imparare a stare insieme, anche nel corso delle manifestazioni di diverso culto e paese. Assurdi comportamenti che troviamo finanche nella asserita libera Norvegia ove una giornalista della TV nazionale è stata licenziata in quanto presentatasi in una trasmissione con una piccolissima croce al collo; fatto questo che ha scatenato le ire di una minoranza di diversa estrazione religiosa. Operosità del tutto assurda e irrazionale, anche perché dimostrante una integrazione mai avvenuta, o non voluta da parte di quella minoranza; una scarsa democraticità, forsanche una voluta ghettizzazione di cristiani. Fa parte della democrazia che ognuno si vesta come crede (se non oltrepassa la linea del pudore) e che una maggioranza organizzi una manifestazione nei limiti del lecito; atteso che una piccola croce od una messa non possono considerarsi offesa o mancanza di rispetto. La vera ragione è che i temi religione e giovani sono diventati tabù e scottanti e le decisioni prese in maniera frettolosa e maldestra: quando il nostro ministro ha deciso di proporre le ore di sessuologia nelle scuole medie certamente non ha pensato alla diversità di religione, ancor meno alla diversità di maturazione degli studenti. Carlo Ponticelli
voler avere sempre la valigia pronta, che prima o poi per lui sarebbe arrivato un treno: il suo. Venerdì mattina lo aveva svegliato il piccolo Filippo, infilandosi nel letto tra lui e Alessandra, felice di riaddormentarsi tra i genitori; e Beppe gli aveva sussurrato: “Ricòrdati, Filippo, che papà ci sarà sempre, anche se non lo vedi, io ci sarò sempre”. Beppe era preparato, lui, ma noi no! Noi, che nel condominio lo vedevamo spesso affaticato, andando e tornando da casa alla macchina, da lì di nuovo a casa, e così via. Sulle scale, sempre, incontrandolo, incontravamo il suo sorriso aperto e ironico: se la prendeva bonariamente con le fatiche della famiglia, ma si vedeva che la amava, come amava tutti noi. E si fermava con i nostri figli, informandosi su cosa facessero, cosa li appassionasse, come un padre che allargava a dismisura la sua paternità, e questo gli riusciva benissimo e senza alcuna fatica. Diceva sempre di essere un miracolato dal Cielo, dalla bontà divina: lo aveva infatti salvato da una emorragia che avrebbe portato via chiunque; lui, no! Dio gli ha quindi, e ci ha, regalato 26 anni ancora tra noi, e con Alessandra, e i suoi figli, e gli altri che ha idealmente adottato, nel nostro condominio, come fossero suoi. E allora noi tutti, in questo piccolo condominio che ha avuto la fortuna di conoscere lui, la sua famiglia bella e numerosa, la loro testimonianza, vogliamo ringraziare il Signore che ce lo ha lasciato in tutti questi anni, e lo vogliamo ricordare come lui preferiva sempre farsi riconoscere e ricordare: il suo caldo e affettuoso sorriso. Arrivederci, Beppe. Un condomino di via Borea
Totalmente d’accordo (sn). Caro direttore, abbiamo accompagnato Beppe nel suo ultimo viaggio; proprio lui, che aveva sempre il trolley al seguito, che incontrandoci sulle scale diceva di
Grazie, di cuore, per la testimonianza immediata della grandezza di un uomo. Sono questi i fatti che porteremo sempre nel cuore: fatti di amicizia, di cui questo giornale è stato testimone continuo (sn).
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
Personaggi. Parla il portavoce della comunità musulmana di Cagliari, Sulaiman Hijazi.
“Con Papa Francesco nuove prospettive di dialogo tra i cattolici e i musulmani” A Milano, Genova e Roma sono numerosi i momenti interreligiosi di confronto. Il problema degli Stati governati secondo la tradizione, come Arabia Saudita e Afghanistan
sì. È bene ricordare, però, che nel mondo arabo contemporaneo in politica è presente il 15% delle donne, mentre in Italia solo il 3%: per questo ritengo che non si possa generalizzare quando si trattano certi argomenti, ma è necessario analizzare, Paese per Paese, quali sono le varie realtà. Che valore può avere,per il bene della società, il dialogo tra cattolici e musulmani? Sono in tanti a non credere nel dialogo, ma già con la recente elezione di Papa Francesco vedo nuove prospettive nei rapporti tra il mondo cattolico e quello musulmano. Sono convinto che Francesco sia l’uomo giusto al momento giusto: una figura sobria, umile, capace di unire e non di dividere. È la figura che do-
vrebbe rappresentare ogni religione: non una persona intoccabile, ma che sta tra la gente. Saranno tantissimi i cristiani che torneranno a praticare la loro fede. Questo ha riflessi anche verso le altre confessioni. E sono tanti i punti d’incontro tra il credo cattolico e quello musulmano. Quali? Fondamentalmente le due religioni nascono dagli stessi principi; nell’Islam, Gesù è uno dei profeti più importanti, e Maria la donna più pura. I capi musulmani di Milano, Genova e Roma negli ultimi mesi hanno preso parte a numerosi eventi di carattere interreligioso con la Chiesa. Le questioni sociali sono quelle che concretamente faranno la differenza, perché sia i cattolici che i musulmani credono nel miglioramento della vita delle persone. C’è da dire che la comunità musulmana italiana, giovane e formatasi abbastanza recentemente, è povera. Questo comporta una serie di situazioni difficili da gestire. Per quanto riguarda la sfera prettamente religiosa, ad esempio, manca ancora un Imam che riunisca l’intera comunità italiana, e anche questo è un problema. In Francia, dove i flussi migratori dal mondo arabo – e non solo – ha portato a situazioni e realtà completamente differenti, i musulmani presenti sono numerosissimi, e c’è una diversa concezione anche della diversità religiosa, dei costumi, e del modo di rapportarsi dello Stato francese con la comunità.
chiesto della comunità musulmana. All’epoca la situazione era terribile: la sala di Via del Collegio era mal organizzata, e con poca cura per la pulizia – ricorda l’attuale portavoce –. Serviva, soprattutto, una guida che portasse avanti le istanze dei musulmani residenti in città. Specialmente dopo l’11 settembre, era necessario spiegare che i gesti compiuti dai terroristi non avevano nulla a che fare con l’Islam: ancora oggi paghiamo il peso della disinformazione. Si parla sempre dell’Islam come della religione che mette regole ed obblighi. Non è così: vivere da musulmano è seguire il normale rispetto verso la vita. Ho due sorelle: una mette il velo, l’altra no. L’Islam lascia libertà di scelta all’individuo, che sia maschio o femmina”. E a Cagliari, così come in altre grandi città, la questione della comunità islamica sta divenendo sempre più importante perché il numero di fedeli cresce di giorno in giorno.
“Non c’è abbastanza spazio nell’attuale centro di preghiera, e siamo costretti a pregare per strada: in estate sotto il sole, e d’inverno sotto la pioggia. Ma sono convinto che un giorno Cagliari avrà la sua moschea”. Sono anni che si discute sui fondi per la costruzione di un luogo di culto per i musulmani. “La colpa di questa situazione è da spartire al 50 per cento tra comunità musulmana e Comune – sostiene Hijazi –. Spesso, noi siamo i primi a dividerci sulle scelte importanti. Al tempo della giunta di Emilio Floris c’erano i soldi pubblici per la costruzione della moschea, ma non la volontà politica. Ora non ci sono più le risorse economiche statali, e con l’elezione di Massimo Zedda credevamo che ci sarebbe stato un cambiamento di rotta. Quando il Sultano dell’Oman venne in visita a Cagliari – racconta Hijazi – gli scrissi una lettera nella quale spiegavo la situazione della nostra comunità. Inaspettatamente il Sultano rispose, affermando che avrebbe contribuito alla costruzione della moschea in città solo ed esclusivamente se il Comune fosse stato propenso a darci le concessioni, e se avessimo avuto, o individuato, un terreno sul quale erigerla. Purtroppo – conclude il portavoce della comunità – non abbiamo visto l’intervento concreto del Sindaco sulla questione: basterebbe una chiamata al Sultano, e i tempi per la costruzione della moschea si accorcerebbero repentinamente”.
MATTEO MELONI L PORTAVOCE DELLA Comunità musulmana di Cagliari, Sulaiman Hijazi, spiega a Il Portico le differenze esistenti tra i Paesi a maggioranza islamica rispetto ai temi della libertà religiosa, e quali sono i punti d’incontro tra l’Islam e le altre religioni. Cosa pensa degli Stati che non consentono l’espressione libera del proprio credo? Per rispondere a questa domanda partirei dalla mia terra, la Palestina, e in particolare dalla mia città, Hebron, dove risiedono 17 cristiani. Abbiamo una bellissima chiesa, grande quanto quella di Monte Urpinu. A Betlemme, per ogni moschea c’è una chiesa. In Giordania, solo ad Amman sono presenti 8 chiese, e in Egitto il 30% della popolazione è cristiana. C’è un grande rispetto reciproco: quando sentono il richiamo alla preghiera del Muezzin, i cristiani spengono, ad esempio, l’autoradio. Chi compie gesti vio-
I
Sulaiman Hijazi con il giocatore del Cagliari Andrea Cossu.
lenti, come bruciare le chiese o uccidere cristiani, non lo fa in nome dell’Islam, ma di una logica di morte estranea alla nostra religione. Può spiegarsi meglio? Certi detti del Corano sono molto forti, e se vengono mal interpretati, non capendo la storia della frase presente nel nostro Libro sacro, si arriva a compiere azioni malvagie, come quelle dell’11 settembre. I problemi esistono negli Stati governati secondo la tradizione; mi riferisco, in particolare, ad Arabia Saudita e Afghanistan. Questi Paesi sono letteralmente in mano a beduini. Allargando il discorso alla condizione della donna, se nell’antichità il genere femminile era considerato quello debole, secondo questi popoli oggi ancora è, e dev’essere, co-
“Paghiamo il peso della disinformazione” La speranza di avere un giorno un luogo per pregare MAT. MEL.
n fondo, la Sardegna non è molto diversa dalla Palestina, anche se qui non ci sono i checkpoint…”, sorride Sulaiman Hijazi, portavoce della Comunità Musulmana di Cagliari. In Sardegna dal 2006, Sulaiman racconta, per la prima volta, la sua storia di vita, che si intreccia in un melting pot fatto di esperienze felici, tragiche, e costruttive. “Il primo giorno di scuola generalmente i bambini piangono per l’emozione, o perché fanno i capricci. Io e i miei compagni, invece, piangevamo dalla paura perché i militari israeliani iniziarono a sparare contro la scuola: ancora non sappiamo il motivo di quel gesto. Vivere senza sicurezze – continua Sulaiman – ti segna per tutta la vita. Per fortuna, essendo cresciuto in una famiglia unita e numerosa, ho sempre avuto la forza di andare avanti nonostante le difficoltà”. Ricorda con dolore i giorni successivi all’attentato della moschea di Hebron, la sua città, al quale seguirono 45 giorni di coprifuoco, di
I
cui 18 senza poter mai uscire di casa. In tanti morirono di fame e di stenti, perché non ci si poteva rifornire nemmeno dei generi alimentari. Con la decisione dell’esercito israeliano venne intaccato il tessuto sociale della città: un lungo coprifuoco segna l’economia, e la vita della gente. Nell’adolescenza, Sulaiman si appassionò alla musica, divenendo membro di un gruppo che suonava canzoni patriottiche. “Un giorno arrivò a casa una lettera dell’esercito. Convocarono mio padre in caserma, e un generale gli disse che se non avessi smesso di cantare, gli sarebbe stato ritirato il permesso per andare a trovare la sorella a Gaza. Così, il mio sogno musicale si infranse”. Dopo tale delusione, portò avanti studi di carattere religioso, fino a quando decise di emigrare in Europa per non pesare sulla famiglia.“Lasciare la Palestina – racconta Hijazi – è stato il momento più duro della mia vita, come lasciare realmente una parte di me stesso”. Lavorerà in Francia, in Germania, in Svezia, per poi scegliere di stabilirsi in Sardegna. “A Cagliari ho subito
iL PortiCo
11
editoria L’ALLEGATO AL NUMERO 42
L’eco del Regionale, un nuovo numero «Non camminate da soli!». È con questa esortazione di Papa Francesco, ripresa dal discorso pronunciato ai seminaristi del Seminario regionale in occasione della visita a Cagliari, che viene titolato l’editoriale dell’ultimo numero del periodico L’Eco del Regionale, organo di studio, formazione e collegamento del Pontificio Seminario Regionale Sardo, la cui pubblicazione è ripresa due anni e mezzo fa. A scriverlo è monsignor Gian Franco Saba, rettore del Seminario regionale: ripercorrendo le due ore trascorse da Papa Francesco nel Seminario di via Monsignor Parra-
guez, l’articolo offre dei fotogrammi ricchi di spunti e messaggi per la riflessione sulla formazione sacerdotale. Con un inserto speciale sulla visita di Papa Francesco a Cagliari ed un ricordo di monsignor Efisio Spettu, il numero di novembre, oltre alle consuete rubriche, tra le quali quella dedicata alle recensioni bibliografiche, è ricco di articoli sulla vita in seminario e sulla Chiesa sarda, tra cui un’intervista a monsignor Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano, sulla realtà socio-economica sarda. Scritto interamente dai seminaristi e dagli animatori del seminario maggiore, L’Eco del Regionale si inserisce nell’ambito delle attività del Progetto educativo del Seminario, realtà pedagogica ed ecclesiale che, anche attraverso questo strumento, dimostra di saper affrontare le sfide della cultura digitale, in piena sintonia con l’identità della missione sacerdotale e con le finalità formative dello stesso seminario. «La redazione del giornale – afferma monsignor Gian Franco Saba – si presenta come un laboratorio di pensiero, ancor prima che di composizione di testi o di notizie, spazio di incontro e di confronto, rispettoso dell’umana interiorità e di un costante esercizio nella distinzione tra opinioni frutto di mode e di emozioni e nella ricerca della verità e dei valori dell’umanesimo cristiano». Un progetto formativo elevato e impegnativo quello dell’organo di informazione del Seminario regionale, ma colmo di fiducia nelle energie spirituali e intellettuali dei giovani seminaristi, impegnati anche nella gestione del proprio sito internet (www.seminarioregionalesardo.com). Quanti sono interessati a ricevere una copia de L’Eco del Regionale possono richiederla telefonando al numero 070.504768 oppure inviando una e-mail a seminariosardo@libero.it. Franco Camba
12
IL PORTICO DELLA DIOCESI
iL PortiCo
brevi IL 24 NOVEMBRE ALLE 17
Conclusione dell’Anno della fede Domenica 24 novembre alle ore 17, nella Cattedrale di Cagliari, si terrà la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo in occasione della festa di Cristo Re e della conclusione dell’Anno della fede. In questa circostanza si celebrerà il mandato diocesano agli operatori pastorali dei diversi ambiti di azione ecclesiale. Nell’occasione mons. Miglio farà dono a tutti i presenti dell’enciclica Lumen Fidei del Santo Padre Francesco.
POZZO DI SICHAR 1 DICEMBRE
Esercizi spirituali con padre Deidda L’Opera Esercizi Spirituali di Cagliari informa che dalle ore 16 di sabato 30 novembre al pranzo della domenica primo dicembre, padre Enrico Deidda sj (nella foto) terrà il Ritiro di Avvento sul tema: “Maria va da Elisabetta: e il tuo cammino verso il Natale?”. Il luogo sarà la Casa di Esercizi Spirituali “Pozzo di Sichar” loc. Capitana – via dei Ginepri, 32 Quartu S. Elena (tel. 070 805236) Per informazioni e adesioni: Marisa tel. 070 403108.
domeniCa 24 novembre 2013
Iniziative. i catechisti di cinque parrocchie allla XXXiv edizione della Scuola aperta a Sestu.
Un progetto integrato nella diocesi per offrire formazione permanente Ripartono i momenti proposti dall’iniziativa organizzata di concerto con l’Ufficio catechistico. I docenti dalla Facoltà Teologica e dall’Istituto di Scienze religiose ROBERTO COMPARETTI IUNTA AL XXXIV ANNO di vita la Scuola di formazione per catechisti di Sestu ripropone i suoi appuntamenti formativi. “Alla base dell’iniziativa – ha detto Franco Usai, diacono permanente della parrocchia di San Giorgio e animatore della Scuola - c’è la formazione permanente con una chiara accentuazione catechistica che tende a promuovere una mentalità nuova che favorisca l’organicità e la sistematicità della formazione dei catechisti”. I partecipanti alla scuola provengono dalle parrocchie di Sestu, San Giorgio martire e Nostra Signora delle Grazie, da quelle di San Sebastiano ad Elmas, di San Sebastiano ad Ussana e di San Tarcisio a Pirri. I docenti sono della Facoltà di Teologia e dell’Istituto di Scienze Religiose, che nel corso delle lezioni proporranno, ai circa 70 - 80 partecipanti, temi che attingono da diverse discipline: dalla Sacra Scritture alla Liturgia, dalla Metodologia alla Pedagogia fino alla
G
Nelle immagini, due momenti della presentazione.
Teologia Dogmatica. Al termine di ogni è previsto un esame scritto, mentre alla fine del terzo anno si consegue l’attestato di catechista. Alla consegna degli attestati anche quest’anno era presente l’Arcivescovo, monsignor Arrigo Miglio che, dopo la celebrazione eucaristica in parrocchia nel vicino salone di San Giorgio, prima di dare i diplomi, ha voluto ricordare l’importanza della formazione non solo per i catechisti. “Il Padre Nostro ed il Credo che andrete ad approfondire quest’anno – ha affermato l’Arcivescovo - non sono solo delle formule o delle parole ma sono condensato di Vangelo che deve tradursi in esperienza quotidiana. Vivere ciò che il Vangelo ci suggerisce e testimoniarlo a tutti: è l’esperienza che voi cate-
chisti, noi pastori ed i credenti tutti devono portare avanti. La vostra Scuola deve indirizzarsi su questa strada”. Nella sua riflessione monsignor Miglio, da fine biblista, ha proposto anche una breve disamina sulle differenze del Credo, nelle sue versioni: quello niceno costantinopolitano ed il simbolo apostolico. Due versioni ma un’unica sostanza al di là delle formule: quella del Credo che deve essere fatta propria da tutti. Una scuola, come quella di Sestu, trova le sue fonti bibliografiche nella Bibbia, nei documenti del Concilio Vaticano II, in quelli del Concilio Plenario Sardo, nei catechismi CEI, nel direttorio Generale per la catechesi, nel testo “Il rinnovamento della Catechesi”, nel
Catechismo della Chiesa Cattolica e negli Orientamenti Pastorali della CEI. “La scuola – ha concluso Franco Usai – è realizzata grazie alla collaborazione di tutti i parroci che inviano i catechisti per la formazione e che quindi dimostrano di credere nel progetto. La nostra realtà è organizzata sempre di concerto con l’Ufficio catechistico diocesano e con quello delle scuole, il cui direttore è responsabile anche della nostra Scuola di Catechismo”. Un progetto integrato nella vita della Diocesi che vuole offrire spazi formativi per chi desidera crescere: da 34 anni questo è il fine della scuola per catechisti di Sestu.
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
iL PortiCo
13
Personaggi. Dialogo aperto con Michele Antonio Ziccheddu, maestro iconografo sassarese, sull’arte visiva.
Per capire tutti i segreti dell’iconografia, la strada alla Bellezza possibile per tutti Nelle immagini un vero trattato di teologia da studiare con molta cura e attenzione. Insostituibile la preghiera, da cui l’icona nasce e prende pian piano forma FRANCESCO FURCAS
ICONOGRAFIA È UN cammino di fede, prima che un percorso artistico, è molto esigente e richiede le giuste motivazioni”. Questo il punto di partenza per parlare di iconografia con Michele Antonio Ziccheddu, giovane maestro iconografo sassarese che su quest’arte tiene da alcuni anni corsi tra l’Emilia e la Sardegna. Come si sviluppa la sua passione per l’arte iconografica? Fin dalla mia infanzia, grazie al maestro delle scuole elementari: ottimo pittore, mi seppe trasmettere l’amore per la pittura come per la letteratura. Mi accorsi presto
L’
Michele Antonio Ziccheddu, giovane iconografo sassarese.
di riuscire a esprimere bene i miei pensieri e i miei sentimenti attraverso questi due linguaggi. A questo si affiancò più tardi un desiderio crescente di preghiera e spiritualità che sfociò nella scelta di entrare in un Ordine religioso dove continuare un cammino di ricerca vocazionale. Durante gli anni di formazione ebbi la grazia di poter frequentare un corso di Teologia dell’Icona con il prof. Giancarlo Pellegrini in Facoltà teologica a Bologna, dove poi ho conseguito il
baccalaureato in Teologia. Nel frequentare i corsi d’iconografia, nello studio, nella preghiera e nel confronto con iconografi di alto livello, iniziai a capire che il Signore mi stava chiamando a servirlo proprio su questa via di santità. Un'altra esperienza fondamentale per le mie scelte di vita fu un viaggiostudio sul Monte Athos. Che cosa accadde? Nel dialogo con i monaci e gli “zoografi” – maestri iconografi che dirigono i laboratori, veri maestri di
vita spirituale – scoprii e imparai che l’Iconografia è parte integrante della spiritualità della Chiesa e che non è solo un’arte decorativa a soggetto religioso, ma è l’arte sacra per eccellenza, l’arte liturgica, che si comprende solo all’interno della vita liturgica della Chiesa. In seguito, confrontandomi col mio padre spirituale, capii che, se veramente sentivo che il Signore mi chiamava a percorrere questa “Via della bellezza”, dovevo dedicare la mia vita in maniera esclusiva all’Iconografia. Cos’è un’Icona? Il termine “icona” deriva dal greco “eikon”, che significa “immagine”, da cui “iconografia”, cioè “Scrittura dell’Immagine”, dove per “scrittura” s’intende l’atto proprio di esecuzione di un’icona che, essendo un trattato di teologia a colori, richiede di essere scritto con un particolare linguaggio simbolico e conseguentemente letto nella maniera corretta, anche perché ogni icona si fonda sulla Sacra Scrittura, per cui gli antichi maestri parlavano anche di “dipingere la Parola (di Dio)”. Il termine greco “graphein”, infatti, indica sia l’atto
dello scrivere che quello del dipingere. Oltre che alla Sacra Scrittura l’icona è inscindibilmente legata alla Tradizione della Chiesa. Come nasce? L’icona come tale nasce dalla preghiera e senza la preghiera non vi può essere una vera icona: per questo motivo anticamente gli iconografi digiunavano e pregavano fino a quando lo Spirito Santo – iconografo divino poiché è colui che opera l’Incarnazione del Figlio, Immagine (icona) del Padre – non scriveva nella loro anima l’Immagine divina da dipingere. Attraverso una lunga e continua esperienza di studio, fede e preghiera, l’immagine prende forma nell’interiorità della persona che può rappresentarla esteriormente con la materia solo dopo averla dipinta interiormente. Un’icona non nasce quindi solo dalla copiatura meccanica di modelli antichi o dal semplice accostamento e comparazione di modelli, ma scaturisce dall’anima dell’iconografo che rappresenta, nella luce della Trasfigurazione, prefigurazione della Gloria del paradiso, la Bellezza di Dio.
re la Luce divina, la gloria. Ogni santo ha i suoi colori e le sue caratteristiche specifiche che lo identificano e aiutano a riconoscerlo”. Chi volesse avvicinarsi a quest’arte può partecipare a corsi specifici: “Quello di base, per princi-
pianti, è aperto a tutti, in particolare a chi ha un ruolo formativo nella Chiesa – precisa il maestro Ziccheddu – ma chi vuole partecipare deve accettare determinate regole, come la preghiera, il silenzio e il raccoglimento durante il corso, e deve dimostrare perlomeno il desiderio di impegnarsi in una più profonda ricerca di fede. Non sono richieste particolari esperienze artistiche, anche perché le tecniche pittoriche usate in iconografia sono totalmente differenti da quelle comunemente conosciute. Una buona attitudine al disegno, sia tecnico che artistico, può aiutare, ma all’inizio non è fondamentale. Per chi invece dopo il primo corso vorrà proseguire in questo cammino e frequentare i corsi di livello superiore, sarà valutato se è in grado di poter andare avanti e, nel caso, quale percorso di studio convenga, sia sotto l’aspetto teorico che pratico: più si va avanti e più la preparazione teologico-spirituale e tecnico-artistica deve crescere”.
Un’arte antica intrisa di simbologia Ogni particolare ha un significato che va oltre l’opera FRA. FUR. ARTE ICONOGRAFICA, come spiega il maestro Michele Antonio Ziccheddu, è profondamente intrisa di simbologia, tanto nei materiali quanto nelle immagini rappresentate: “Le tecniche classiche della pittura su tavola si riducono sostanzialmente alla tempera a uovo e all’encausto, oggi utilizzato raramente per via delle difficoltà tecniche che presenta. Ne è un esempio l’icona del Cristo Pantokrator conservata al monastero di santa Caterina al Sinai. Prima che su tavola l’iconografia cristia-
L’
na si sviluppa su affresco e mosaico, e solo in seguito le icone diventano “trasportabili”. Tutto nell’icona ha valore simbolico: il legno della tavola rimanda a quello della Santa Croce e dell’Arca dell’Alleanza, poiché destinato a ospitare la Presenza divina; la tela che s’incolla sulla tavola rimanda alla Sindone e ai lini che avvolsero il corpo di Cristo nella deposizione; il gesso che viene posto sulla tavola telata riporta alla memoria la solidità della roccia e della “pietra angolare”, che è Gesù, come pure la pietra sepolcrale su cui è adagiato il corpo del Signore. L’uovo che si mi-
schia ai pigmenti minerali naturali rimanda alla simbologia della vita e della risurrezione. Ogni colore ha poi un suo significato specifico: il rosso il martirio, il bianco la purezza, il blu la trascendenza divina, il verde la vita, il nero la morte e gli inferi. L’oro si usa per indica-
Cresime a Villasor: grande attesa e fervore religioso Sabato 16 novembre, a Villasor - San Biagio -, abbiamo avuto la solenne celebrazione delle Sante Cresime di 40 ragazzi-adolescenti: il nostro Vescovo mons. Arrigo Miglio ci ha trovati ben accoglienti e e in grande attesa, nella parrocchiale, e tutto il rito liturgico si è svolto nel fervore e nell'attenzione religiosa dell'assemblea che, come in tanti altri momenti hanno gremito la nostra bella chiesa, rinnovata per l'occasione, e ben luminosa con la gioia dei nostri cresimati, delle loro famiglie e del nostro popolo, in particolare dei nostri Catechisti che hanno visto coronato il loro impegno costante, durato parecchi anni: per loro e per i ragazzi e per tutta la Comunità, chiediamo ancora tante benedizioni e l'abbondanza di doni del Divino Spirito Santo, tanto preziosi e necessari e sempre ben accolti da tutte le categorie del nostro popolo sorrese. I catechisti col parroco don Salvatore Collu
14
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
iL PortiCo
stampa LA NUOVA CHIUDE A CAGLIARI
L’informazione sarda è in emergenza Come anticipato su queste colonne dal segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, non è un bel momento per l’informazione in Sardegna.
Iniziative. assegnate nella parrocchia di Sant’isidoro le borse di studio intitolate a mons. Pintus
Un modo per incentivare lo studio e sostenere con fiducia i più giovani
ci chiede don Walter, perché preparandoci bene riusciremo ad affrontare meglio le cose quando andremo alle scuole medie e poi alle su-
periori. Saremmo preparati e quindi studieremo meglio”. Dello stesso parere anche Lorenzo Alberti, uno dei tre premiati per la scuola media. “Sono contento per il premio ma ancor di più per i risultati a scuola. Mi piace sapere che quanto riesco a realizzare sia in linea con ciò che il nostro don Erasmo ci diceva sempre, “Studiate perché vi servirà di certo”. È quello che sto cercando di fare anche perché i miei genitori sono contenti”. Anche se fuori concorso, don Walter ha voluto rinnovare quest’anno il premio a due giovani delle scuole superiori, collaboratori attivi nella vita parrocchiale, distintisi per l'impegno e i risultati raggiunti. I premiati sono Marini Marta e Uda Matteo. Un ulteriore motivo di riconoscenza per la comunità parrocchiale che continua ad essere riferimento per giovani e adulti di Sinnai.
la comicità, senza trascurare Tommasino un altro cavallino capace di giocare con la matematica o i serpenti. Il centro dello spettacolo però sono i giochi con i bambini. Oggi i più piccoli hanno bisogno di essere protagonisti nella vita e non spettatori. Sono abituati a stare davanti alla televisione a guardare gli altri che si divertono. Realizzare quindi uno spettacolo dove loro sono i protagonisti che si mettono in gioco, si confrontano in modo sano permette anche alle famiglie di andar via con gli occhi lucidi per la bella sera-
ta”. I problemi però soprattutto in questo periodo non mancano. “ L’ostacolo più grosso sono le spese. Cerchiamo di affrontarle come meglio possiamo. Non abbiamo un biglietto di ingresso per i più piccoli ma semplicemente un offerta. Se poi un bambino non ha i soldi in tasca come è naturale entra lo stesso. Un altro problema preoccupante è il rapporto con il territorio. Un tempo era naturale lavorare con le scuole. Essere ospitati dalle scuole in modo da poter raggiungere quanti più bambini possibile oggi è diventato molto difficile. I direttori hanno dimenticato quanto fosse bello per loro il circo da bambini. Troviamo risposte invece nei parroci che si dimostrano più sensibili nell’offrire gli spazi”. A giudicare dall’entusiasmo dei più piccoli a fine serata, il Circo Sardo può continuare il giro dei centri dell’isola sicuro di far breccia. “ La magia – conclude Priamo – è questa. Con poco è ancora possibile fare sognare i bambini. Non c’è bisogno di grandi cose per un bambino, basta poco anche solo uno zucchero filato”.
R. C. ONO STATE ASSEGNATE nella parrocchia di S. Isidoro a Sinnai le borse di studio in onore di monsignor Erasmo Pintus, il parroco fondatore della comunità nell’omonimo rione del paese. “Nel corso della solenne inaugurazione dell’Anno Catechistico – ha detto il parroco don Walter Onano alla presenza di genitori e bambini, abbiamo assegnato le borse di studio intitolate alla memoria del caro monsignor Erasmo. Il concorso, di concerto con l’associazione della scuola materna “S. Isidoro”, è destinato ai bambini ed ai ragazzi delle scuole elementari e medie inferiori. Lo abbiamo indetto perché vogliamo onorare la memoria del compianto e amato parroco monsignor Pintus, venuto a mancare tre anni fa. Vogliamo ricordarne e riscoprirne il forte messaggio educativo e culturale, che ha sempre voluto trasmettere ed infondere nei ragazzi”. Monsignor Erasmo Pintus ha fondato e guidato la comunità dal 1968 al 2009. Per ben 42 anni è stato riferimento per quella zona di Sinnai, che è man mano cresciuta sempre più, per via dell’espansione urbanistica. “La figura di monsignor Pintus è un modello da seguire – ha affermato ancora don Walter - è stato e può ancora essere un esempio per le giovani generazioni. Ai ragazzi auguro di imparare i valori dell'impegno, della coerenza e della tenacia nel lavoro, come dell'onestà e della
S
Alla chiusura di SardegnaQuotidiano e di alcune altre realtà editoriali, si affianca ora la cancellazione delle pagine de La Nuova Sardegna dedicate a Cagliari, e la profonda revisione de L’Unione Sarda, che dal 10 dicembre avrà una nuova foliazione e una nuova struttura, con cambiamenti significativi nella distribuzione dei colleghi nei reparti del giornale. Il quotidiano di Sassari, sotto la guida peraltro saggia ed equilibrata di Andrea Filippi, cede le armi all’omologo cagliaritano, che come detto - vedrà una nuova ripartizione delle pagine. I colleghi che finora si occupavano delle cronache cagliaritane vengono distribuiti in questi giorni in altre parti: chi alla politica regionale, chi al web. Spiace che colleghi con una grandissima professionalità debbano affrontare profonde modifiche nell’organizzazione di un lavoro che hanno sempre mostrato di saper fare rispetto anche ai diretti concorrenti. Ma pare che - ultimamente - queste siano doti poco richieste e apprezzate, da più parti, purtroppo. Resta tuttora sul campo anche l’amara vicenda di Sardegna1, la televisione che l’imprenditorebanchiere Giorgio Mazzella avrebbe ceduto ad un trio di suoi dipendenti, i quali dichiarano di non essere in grado neppure di pagare gli stipendi. Stimati e validi professionisti, già in contratto di solidarietà, non percepiscono lo stipendio da troppi mesi, nell’indifferenza quasi generale della società sarda. La redazione del tg di via Venturi, guidata da Mario Cabasino, sta inanellando numerosi giorni di sciopero, mentre non si contano quelli di assemblea permanente per protestare contro la situazione, ma soprattutto attirare l’attenzione di una classe politica sorda ai troppi disastri lasciati spesso da imprenditori con pochi scrupoli. In Regione sono troppo occupati con le inchieste che squassano la tranquilla quiete, per occuparsi anche di queste vicende.
domeniCa 24 novembre 2013
solidarietà nei rapporti con gli altri, tutti elementi presenti nell’operato del compianto monsignor Erasmo”. Altro obiettivo dell’iniziativa avviata dal parroco è quello di incentivare nei giovani la prosecuzione degli studi. Infatti i premi in denaro sono buoni acquisto per libri scolastici e materiale didattico. L’idea del parroco è quindi quella di sostenere, di valorizzare e di premiare il merito scolastico fra i ragazzi e le famiglie della parrocchia sinnaese. Tra i vincitori per l’anno scolastico 2012/2013 tre bambini delle scuole elementari, e tre ragazzi delle scuole medie. Tra loro Rebecca Spanu che così racconta del premio ricevuto. “Credo – dice – che la figura di don Erasmo sia stata importante per Sinnai. Per noi della parrocchia di Sant’Isidoro è stato un riferimento per tutti. Voglio continuare ad impegnarmi a scuola così come
Ad Assemini spopola la magia del circo sardo Il maestro circense Priamo Casu ospite al Carmine MAT. VENT. ASO ROSSO, ARIA DA giocoliere presentatore e pitone al collo. Gli occhi invece rimangono quelli di chi portando avanti la tradizione riesce a far sognare ogni giorno centinaia di bambini in tutta l’isola. Il ritratto è di Priamo Casu, maestro circense che con tenacia mantiene in vita l’ultimo circo sardo. Ospite per una serata nei locali della parrocchia del Carmine ad Assemini, Priamo è riuscito ancora una volta nella magia di stupire un nutrito pubblico di bambini sempre meno abituati alla spontaneità delle cose semplici e sempre più prigionieri di un mondo a misura di soli grandi. “Il nostro circo – racconta Priamo - è stato il primo circo
N
nato in Sardegna, parliamo infatti degli anni ’30 del secolo scorso. Il fondatore fu mio zio e successivamente intorno agli anni ’40, per sfuggire a un destino segnato nelle miniere, si unì anche mio padre Piero del famoso circo Piero Bello-bello. L’incontro con mia madre, del Circo Fiacca, ha fatto si che si consolidasse negli anni questa tradizione. I più grandi si ricordano di noi per il famoso cavallino Paolino, il cavallo che sa far di conto. Siamo stati i primi e ora purtroppo rimaniamo l’ultimo circo sardo”. Uno spettacolo unico, dai sapori di un mondo di una volta che oggi con fatica ci sforziamo di ricordare. “I numeri che portiamo in scena – rivela il maestro – sono semplici ma entusiasmanti. Dal mangiafuocoal-
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Anniversari. don Sergio manunza ha tagliato il traguardo dei 29 anni di ordinazione sacerdotale
Discepolo innamorato di Gesù Cristo, missionario ardente servitore di vita don Sergio il ringraziamento per il servizio prestato nella comunità, senza mai mostrare stanchezza, non mancando di assicurargli preghiere. Al termine della celebrazione don Sergio ha incontrato tutti i presenti rivolgendo loro parole di ringraziamento ed affetto.
Una messa di lode per ringraziare dei doni ricevuti e una bella festa con i tanti che lo seguono. Da 14 anni è la guida amata della parrocchia del Santissimo Redentore MARIA GRAZIA CATTE
10 novembre don Sergio Manunza ha celebrato al mattino la santa messa di lode e ringraziamento in occasione del 29mo anniversario dell’ordinazione sacerdotale e del 14mo anno dall’ingresso nella parrocchia del SS. Redentore. I ragazzi del catechismo nella preghiera dei fedeli, porgendogli gli auguri per il doppio anniversario, lo hanno ringraziato per l’impegno loro dedicato, invocando la protezione della Madonna per il suo ministero sacerdotale.
D
iL PortiCo
15
brevi MEIC
Il centenario di Giuseppe Dossetti Sarà Giovanni Bianchi, presidente e fondatore dei Circoli Dossetti, in passato presidente nazionale delle Acli e parlamentare ad intervenire al convegno organizzato dal Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) giovedì 28 no-
vembre alle 18 nell’Aula Magna della Facoltà teologica (in via Sanjust). L’iniziativa cade nel centenario di Giuseppe Dossetti, e rientra nel fitto programma proposto con convinzione dall’associazione.
OMENICA
Alla Santa Messa vespertina, concelebrata con don Angelo Cardia, presenti i familiari, numerosi parrocchiani e amici anche provenienti dalla parrocchia di Villamar, don Sergio ha ricordato che il sacerdote è configurato a Cristo Buon Pastore nelle due dimensioni: ad intra come discepolo innamorato di Gesù Cristo, e ad extra
come missionario ardente e servitore della vita. Come ha detto Papa Francesco il sacerdote deve corrispondere all’attesa del popolo fedele, che “ci vuole pastori di popolo e non chierici di Stato, funzionari”, “presbiteri che si difendono dalla ruggine della mondanità spirituale”. L’intera assemblea ha espresso a
A ORISTANO E A CAGLIARI
Due iniziative per le famiglie L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Familiare organizza un Ritiro spirituale per famiglie presso la Parrocchia di San Pietro (Settimo San Pietro) il primo dicembre dalle 17.30 alle 20. Sempre per la prima domenica d’Avvento la Conferenza Episcopale Sarda - Commissione Regionale per la Pastorale della Famiglia - ha organizzato un Incontro di formazione e condivisione per le famiglie della Sardegna, sul tema: “A 50 anni dal Concilio Vaticano II - Papa Francesco: un Sinodo per la famiglia” che si terrà a Oristano, nei locali della Parrocchia di san Giovanni Evangelista. Per info: Stefano Galletta, Presidente dell’Associazione Oltre la Porta, tel. 3292965383, Sonia Cannas, Vice-Presidente 3280549744, P. Christian-M. Steiner op - Direttore 3337468785. E’ possibile mandare una mail a: centrofamiglia.oltrelaporta@gmail.com.
I SACERDOTI FANNO TANTO PER TUTTI NOI Con un’Offerta possiamo ringraziarli tutti
VICINO AI SACERDOTI, VICINO AL CUORE DELLA CHIESA Ognuno di noi è parte della Chiesa. La Chiesa è cosa mia, io le appartengo e lei mi appartiene. Se credo in Gesù Cristo, se ho questa speranza dentro il cuore, e non la disperazione, è merito suo, è della Chiesa che mi ha accolto. Perciò mi sento responsabile: tocca anche a me contribuire perché questa Chiesa possa accogliere tanti altri come me.
Al cuore di tutto l’Eucarestia. E con Essa i sacerdoti. Vicini. E lontani, lontanissimi, che mai vedrò ma che esistono e hanno bisogno di me, perché io appartengo a loro e loro a me. Don Donato, a Roma è parroco di una delle 26.000 parrocchie italiane, e fa parte della Chiesa. Così come anche don Luigi a Rimini,
don Giancarlo a Lamezia Terme, don Antonio a Napoli e via via, insieme a tutti i 37.000 sacerdoti diocesani, compresi quelli anziani e malati. Tutti sono nel cuore della nostra Chiesa. La responsabilità di provvedere economicamente al loro sostentamento torna su ogni fedele, proprio come un tempo, alle origini, quando tutto cominciò. Questione di “dovere” penserà qualcuno. Giusto. Prima ancora è questione di “fede” e di “affetto”, che danno senso al dovere. Innanzitutto c’è questo pensiero. Allora l’offerta, destinata esclusivamente al loro sostentamento, smette di essere un semplice esborso di denaro e diventa un gesto di comunione. Questo il senso della Giornata Nazionale che si celebra il 24 novembre. Comunione e libertà di donare. Il tempo donato è un gesto d’amore importante, verso il prossimo e verso Dio. E il Signore ama chi dona e chi “si” dona con gioia. Siamo liberi di donare tempo, sorrisi, confortare e aiutare. E liberi di sostenere economicamente la Chiesa anche tramite una piccola offerta destinata non solo al nostro parroco, ma a ogni “don” che si è offerto di servire Gesù e la Chiesa attraverso un “sì” alla Sua chiamata. Maria Grazia Bambino
ESISTONO REALTÀ IN CUI I SACERDOTI SONO L'UNICA LUCE. AIUTALI A TENERLA ACCESA A difesa delle creature, di terra e acqua, dono di Dio. Don Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo apostolo a Caivano, è oggi voce di tanti senza voce nella Terra dei fuochi. Un’area di due milioni di abitanti tra le province di Napoli e Caserta, dove da anni bruciano senza sosta roghi tossici, controllati dalla camorra. Un business senza fine, alimentato dallo smaltimento illegale di rifiuti tossici da parte di imprese di tutta Italia, nel silenzio di amministratori e politici corrotti o collusi con i clan. “L’anticamera dell’inferno” l’ha definita un comandante del Corpo Forestale. Oggi la mortalità sul territorio è doppia rispetto al resto del Paese. Non c’è ormai una famiglia che non conti uno o due vittime. Hanno dai 9 ai 55 anni i nomi di quelli che don Maurizio ricorda nelle celebrazioni. “La terra avvelenata e tradita avvelena e tradisce l’uomo - dice il sacerdote - oggi i rifiuti vengono sia interrati, sia bruciati per non lasciare
DOMANDE E RISPOSTE SULLE OFFERTE INSIEME AI SACERDOTI CHI PUÒ DONARE L’OFFERTA PER I SACERDOTI? Ognuno di noi. Per se stesso, ma anche a nome della famiglia o di un gruppo parrocchiale. Importante è che il nome del donatore corrisponda ad una persona fisica. COME POSSO DONARE? Con conto corrente postale n. 57803009 intestato a “Istituto centrale sostentamento clero – Erogazioni liberali, via Aurelia 796 00165 Roma” Con uno dei conti correnti bancari dedicati alle Offerte, indicati sul sito www.insiemeaisacerdoti.it Con un contributo diretto all’Istituto sostentamento clero della tua diocesi. La lista degli IDSC è su www.insiemeaisacerdoti.it Con carta di credito CartaSì, chiamando il numero verde CartaSì 800-825 000 o donando on line su www.insiemeaisacerdoti.it DOVE VANNO LE OFFERTE DONATE? All’Istituto Centrale Sostentamento Clero, a Roma. Che le distribuisce equamente tra i circa 37 mila preti diocesani. Assicura così una remunerazione mensile tra 883 euro netti al mese per un sacerdote appena ordinato, e 1.380 euro per un vescovo ai limiti della pensione. Le Offerte sostengono anche circa 3 mila preti ormai anziani o malati, dopo una vita intera a servizio del Vangelo e del prossimo. E 600 missionari nel Terzo mondo. PERCHÉ OGNI PARROCCHIA NON PUÒ PROVVEDERE DA SOLA AL SUO PRETE? L’Offerta è nata come strumento di comunione tra sacerdoti e fedeli, e delle parrocchie tra loro. Per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della “Chiesa-comunione” delineata dal Concilio Vaticano II. CHE DIFFERENZA C’È TRA OFFERTE PER I SACERDOTI E L’OBOLO RACCOLTO DURANTE LA MESSA? È diversa la destinazione. Ogni parrocchia infatti dà il suo contributo al parroco. Che può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento. È pari a 0,0723 euro al mese per abitante. E nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le Offerte e l’8xmille vengono allora in aiuto alla quota capitaria.
tracce”. In Italia, tra diffuse violazioni ambientali e cambiamenti climatici, sono sempre più numerosi i preti diocesani che si dedicano a questa nuova evangelizzazione, attraverso la custodia del creato. Perché dalla salvaguardia del patrimonio naturale dipendiamo per la salute e la vita. Don Patriciello non è solo. L’intera Chiesa è con lui. Dai vescovi e parroci campani a tutti i fedeli italiani che sostengono la sua missione, anche attraverso le Offerte per il sostentamento. Segno di vicinanza e corresponsabilità verso i nostri preti diocesani, che si fanno pane spezzato nell’annuncio del Vangelo e nel servizio ai più deboli.
PERCHÉ DONARE L’OFFERTA SE C’È GIÀ L’8XMILLE? Offerte e 8xmille sono nati insieme. Nel 1984, con l’applicazione degli accordi di revisione del Concordato. L’8xmille oggi è uno strumento ben noto, e non costa nulla in più ai fedeli. Le Offerte invece sono un passo ulteriore nella partecipazione: comportano un piccolo esborso in più ma indicano una scelta di vita ecclesiale. Tuttora l’Offerta copre circa il 3% del fabbisogno, e dunque per remunerare i nostri sacerdoti bisogna ancora far riferimento all'8xmille. Ma vale la pena far conoscere le Offerte perché questo dono indica una scelta consapevole di vita ecclesiale. E raggiunge anche i sacerdoti di parrocchie piccole e lontane. PERCHÉ SI CHIAMANO ANCHE “OFFERTE DEDUCIBILI”? Perché si possono dedurre dal reddito imponibile nella dichiarazione dei redditi fino a un massimo di 1.032,91 euro l’anno.
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Storia e fede. Il culto per San Basilio Magno, un vero pilastro della devozione popolare.
Una fede intatta, forte e duratura vive ancora oggi nei nostri paesi L’affetto della popolazione per uno dei più grandi santi della Chiesa mostra quanto il fatto religioso si saldi ancora con forza all’identità dei centri e delle tradizioni dell’Isola LIDIA LAI AN BASILIO MAGNO è sicuramente una delle figure più importanti all'interno della Chiesa. Nacque intorno al 330 a Cesarea di Cappadocia, in una famiglia di santi, ebbe grandissime doti quali intelligenza, bontà, senso organizzativo, capacità realizzatrice, energia, moderazione e straordinario equilibrio; fu uno degli uomini più completi della Chiesa, detto «il grande» e «un romano fra i greci». Compiuti gli studi inferiori in patria, andò a perfezionarsi prima a Costantinopoli, poi ad Atene, dove incontrò il suo compagno Gregorio di Nazianzo. Ecco cosa scrive della loro amicizia, nei «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno,vescovo: ”Eravamo ad Atene, partiti dalla stessa patria, divisi, come il corso di un fiume, in diverse regioni per brama d’imparare, e di nuovo insieme, come per non accordo, ma in realtà per disposizione divina. Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi inducevo a fare altrettanto anche altri che ancora non lo conoscevano”. Ritornato in patria, si dedicò alla vita ascetica. Costruì un monastero e compose due regole: una più estesa, l'altra più breve. Per questo è considerato l'organizzatore della vita monastica in Asia Minore. Presto, però, il suo vescovo lo volle come collaboratore e alla sua morte, nel 370, venne chiamato a succedergli. Basilio prese molto sul serio il suo ufficio di vescovo di Cesarea e primate della Cappadocia. Infatti diede un contributo davvero importante sul piano dottrinale, con la precisazione del dogma trinitario, e alla definizione della divinità dello Spirito Santo. Intervenne poi nella vita della Chiesa denunciando gli abusi e adoperandosi per far eleggere vescovi degni del proprio ruolo. Lottò contro la miseria ed organizzò istituzioni di beneficenza aperte a tutti. Fu un rappresentante di una eminente e facoltosa famiglia e con grande coraggio divenne difensore e padre dei poveri. Uomo di cultura, Basilio aiutò i cristiani a superare la sfiducia verso l'eredità greco-latina. Nel Trattato ai giovani difese l'esigenza di una buona formazione classica come presupposto dello studio della Bibbia e della teologia. Monaco a 28 anni, riformò il mona-
S
chesimo perché non si estraniasse dal mondo, ma vi esercitasse un vitale influsso cristiano. Coltissimo, a 40 anni vescovo della sua città natale, Cesarea di Cappadocia (in Turchia), organizzò la Chiesa in autonomia dal potere civile e la difese contro le invadenze imperiali. Vigoroso predicatore,andò contro l’avidità dei ricchi e le manchevolezze dei cristiani,dimentichi dei loro doveri. Riformò il culto liturgico e consigliò la comunione quotidiana. Fonda una vera «città» per i poveri, con ospedali, scuole, opifici, manifatture; e fonda in tutte le chiese dipen-
denti da lui, degli ospizi per ogni necessità. Le sue omelie e i trattati di teologia ne fanno uno dei quattro grandi dottori della Chiesa orientale. Dottore della Chiesa, Basilio è una delle più belle figure di cristiano, monaco e vescovo. Figura importantissima che spesso si associa a Lui è proprio quella del suo più caro amico: Gregorio di Nazianzo, legati dall'amore allo studio e dalla dignità episcopale. Poco dotato per il governo, Gregorio ebbe sensibilità poetica. Viene chiamato "il teologo" per il profondo senso del mistero di Dio. Morì a 49 anni, bruciato dal suo ze-
Ogni anno sono i comitati insieme al parroco a gestire i festeggiamenti. Quest'anno un ringraziamento particolare va a tutti i componenti del comitato in onore di San Basilio: Alessandro Stara (presidente) – Daniela Meloni Dino Scano (vicepresidente) – Rita Piras Marco Piscedda (segretario) – Cristina Ena Efisio Corona (vicesegretario) – Daniela Munzittu Adolivo Manca Efisio Pibia – Maria Carmen Atzori Riccardo Ena – Delia Scanu
lo. In Sardegna queste due figure sono molto venerate: San Basilio e San Gregorio insieme a Maracalagonis, mentre San Basilio accompagnato dalla Madonna a Decimoputzu. Qui il suo un culto è antichissimo, e risale al 1365 ; nelle rendite pisane si parla per la prima volta della Iglesia de Santu Basili nel borgo di Deximo Putzus. Nel 1642 in un atto notarile, del 24 marzo, si espone lavolontà di costruire l'edificio, con le mura uguali a quelle della chiesa di San Pietro, accrescendo lievemente l'altezza e la lunghezza ed innalzando il campanile. Nel 1661 è registrata la somma di due lire per la festa e l'anno successivo, vengono spese 12 lire ed 8 soldi per intonacare l'edificio. Dalle Respuestas del 1777 si apprende che la chiesetta possedeva dodici starelli di terra aratoria, 60 vacche, 35 capre ed altri armenti. Una piccola curiosità: anche negli anni più vicini a noi esisteva il gregge di San Basilio, ogni anno gli allevatori donavano un capo ovino per crearne un gregge. Si stava per un intera settimana nella località di campagna a vivere in cordialità e in preghiera. E' pur vero che da allora, ancora oggi, ogni anno nella seconda metà di settembre, i festeggiamenti di san Basilio, hanno subito tante variazioni... l'unicità sta nel fatto che la fede, l'amore,la devozione in questo santo è viva da allora fino ai nostri giorni, rimasta intatta, forte, duratura.
Andrea Bellu – Stefania Schirru Antonello Ena – Manola Ruvioli Antonio Concas – Katiuscia Marongiu Antonio Deidda – Patrizia Ena Antonio Mereu – Maria Laura Orrù Mariano Ena – Licia Basciu Massimo Meli – Mariagrazia Sanna Renzo Piras – Antonella Moi e chiaramente a tutti i collaboratori parrocchiali che dedicano il loro tempo per la buona riuscita dei festeggiamenti.
iL PortiCo
17
opere ASSOCIAZIONI
Amici di fra’ Lorenzo è ormai una realtà Amici di fra Lorenzo onlus è ormai una realtà. Un’associazione non assistenziale ma caritatevole come da insegnamento francescano di fra Lorenzo Pinna, frate cappuccino. L’associazione permea il suo scopo in 4 punti essenziali: assistere la persona nella necessità anche materiale, sempre e comunque nel pieno rispetto e nella dignità della stessa; promuovere ed incentivare l’opera di ascolto e di accoglienze; rivolgere la propria operosità ed i servizi connessi ai bambini di età scolare, ai giovani, alle famiglie e agli anziani e ai malati; ideare, creare, organizzare e gestire iniziative, servizi, attività artistiche, culturali, sportive, ricreative atte a soddisfare i fini primari dell’associazione e le esigenze di conoscenza-formazione per la persona. Dopo l’inaugurazione della sede di Sardara il 26 giugno scorso, altri due punti di riferimento son stati aperti: uno a Burcei ed uno a Sinnai. Le aspettative son andate ben oltre ciò che si pensava, ossia alla fine del mese scorso ha raggiunto gli oltre 500 iscritti. I soci posso esser di due tipi: 1) benemeriti-sostenitori sono tutti coloro che son disposti ad operare nell’associazione per il raggiungimento dello scopo istituzionale e che vengono insigniti di tale qualifica dal consiglio direttivo, non hanno diritto di voto ne obblighi, anche se contribuiscono dinamicamente al reperimento dei fondi necessari al sostentamento; 2) i soci ordinari che invece hanno doveri e diritti verso l’associazione compreso il diritto di voto oltreché una partecipazione più coinvolgente anche come volontari. Per esser soci si chiede l’iscrizione attraverso un modulo da compilare e versando, per questo anno corrente, la quota di un euro, il direttivo poi registra il richiedente al libro soci. Attualmente l’associazione sta lavorando per trovare una sede per Cagliari, in comodato ad uso gratuito, e poi sta organizzando con i volontari-soci ed alcuni artisti dei lavori per il Santo Natale che verranno esposti e venduti, per reperire i fondi, presso la Fiera Natale di v.le Diaz a Cagliari. I lavori son diversi come diversi son i materiali usati: polistirolo, creta, conchigliecapesante ed altro, tutti hanno in comune la natività. Proprio questo scorso fine settimana nella sede di Sardara si è lavorato per la realizzazione di questa iniziativa. Chi volesse avere informazioni ulteriori può contattare l’associazione attraverso l’indirizzo di posta elettronica amicidifralorenzo@tiscali.it. Laura Cabras
18
IL PORTICO DEL TEMPIO
iL PortiCo
domeniCa 24 novembre 2013
La Chiesa oggi. Solo dal basso, dalle famiglie e dagli ultimi, può germogliare il desiderato rinnovamento.
Quando la Chiesa è accolta e tollerata subisce la violenza occulta dell’apatia Benedetto XVI ammoniva che “al centro della fede c’è un’intelligenza che chiama in causa il cuore: abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita” MASSIMO PETTINAU LLA BEATA MADRE Teresa fu richiesto una volta di dire quale fosse, secondo lei, la prima cosa da cambiare nella Chiesa. La sua risposta fu: Lei ed io! Qual è la strada evangelica per il rinnovamento della Chiesa? Noi crediamo che la Chiesa è il Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo che cammina sulle strade di questo mondo. Il demonio ha fatto e fa ma non ha il potere di distruggere la Chiesa. Può attrarre e conquistare papi, cardinali, vescovi, preti, diaconi, frati, suore, laiche e laici ma niente può contro la potenza che lo Spirito Santo dà alla Chiesa guidata dal suo Capo Gesù Cristo. In questi ultimi 200 anni essa si è spesso lasciata omogeneizzare dal mondo che ha saputo approfittare delle sue debolezze umane. Nello stesso tempo donne e uomini di Chiesa hanno attraversato il mondo con una vita santa al servizio di Dio e della salvezza, con quel silenzio at-
A
tivo, operoso e amorevole che contraddistingue chi lavora per Gesù. Per molti anche oggi non essere abbandonati dalla Chiesa è la prova evidente del non essere abbandonati da Dio: “Là dove sono io sarà anche il mio servo”. Al contrario di ciò che pensano tanti, è vero quello che dice Madre Teresa e cioè che dal basso germoglia il desiderato rinnovamento della Chiesa. Dallo Spirito Santo e dal Capo della Chiesa, Gesù, arrivano continui soffi vitali e forza d’Amore, ma sono i singoli e le comunità a doverli testimoniare. Papa, cardinali e vescovi, sono esattamente il prodotto delle predicazioni ordinarie e dell’opera delle famiglie cristiane. La Chiesa, nella sua parte umana, nasce in famiglia, prima che nelle parrocchie e nei seminari. Il bambino, che Dio poi chia-
merà ad essere sacerdote o suora o genitore, deve poter conoscere Dio in casa, in famiglia. E come potrà conoscerlo se di Dio gli si mostrerà una faccia inesistente? Il popolo di Dio in questi tempi, almeno nei nostri territori, appare catechizzato e sacramentalizzato piuttosto che evangelizzato. Prima le famiglie compivano davvero la prima evangelizzazione, ora si limitano ad iscrivere i figli al catechismo. Solo l’Amore riconosce e fa riconoscere Gesù. Non l’altruismo, non l’umanitarismo, non le buone maniere, non i buoni sentimenti. O i sentimenti sono gli stessi di Gesù o si sta da un’altra parte rispetto ai suoi piani di salvezza. Le Chiese non sono musei e Gesù Cristo non è una mummia. Non si tratta di andare “a vedere” un reperto autentico, storicamente datato e non più vivo, ma ci
Si terrà domenica 24 novembre in tutte le parrocchie
Denuncia di don Marco Lai alla presentazione del dossier con la miccia in mano, con la bomba pronta ad esplodere”. Non l’ha mandata a dire don Marco Lai, direttore di Caritas diocesana e regionale, nei giorni scorsi al convegno per la presentazione del Dossier Immigrazione. Il riferimento è all’emergenza Nord Africa, e ai passaggi successivi: “Per tre anni un certo assessorato non è riuscito a mettere in mano le risorse ai comuni. E qualche irresponsabile oggi cavalca il conflitto sociale tra i poveri”. “Sul tappeto restano problemi enormi - ha proseguito il sacerdote - nonostante le promesse e i tavoli costituiti”. E’ stato messo su un modello di accoglienza, non di massa: tantissimi volontari si sono impegnati - notte e giorno per un’accoglienza a misura familiare. “Invece da parte delle isti-
I
L RISCHIO È DI RIMANERE
tuzioni nessuna presenza concreta e solo ritardi”, ha denunciato don Marco. “E’ mancato il governo di questa accoglienza in Sardegna. C’è un vuoto oggi, facciamo una difficoltà enorme: bisogna rovesciare il pregiudizio, non mettere sempre le mani avanti, chiusi negli uffici blindati perchè tanto la cosa non ci riguarda finchè non abbiamo gli immigrati sotto casa”. Durante la presentazione dei dati da parte dell’Unar, quella del direttore della Caritas è stata una denuncia secca, relativa anche alla situazione quotidiana: “Ne sanno qualcosa le famigliole di immigrati che escono dall’emergenza del primo periodo, e fanno i conti con l’assenza di politiche serie”. “Serve una nuova pedagogia - ha quindi aggiunto - La sfida vera è nella nostra testa, non possiamo sfuggire. Sono convinto che dal
sere al primo posto. Niente, nemmeno la nostra coscienza può sovrastarlo, perché certamente Lui rispetta la nostra libertà di coscienza. Ma è proprio Lui che quella coscienza ci ha dato e a Lui dovremo rispondere di ogni parola e azione. Della fede professata e testimoniata e di quella fatta spegnere. E’ qui che risalta la domanda di Gesù che chiede: ”Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra”? (Lc 18, 8). “Per quanto attiene alla fede come dono di Dio, la fede che opera attraverso la carità, questa passa attraverso motivi di credibilità, perché l’atto di fede non annulla la ragione, non è un salto nell’assurdo. Ma i motivi ragionevoli non sono sufficienti a costringere l’intelligenza umana alla fede. L’uomo entra in essa attraverso una sorta d’umiltà, di abbandono. Al cuore della fede come dono c’è un atto di amore: non c’è semplicemente l’intelligenza che riconosce un fatto oggettivo, come nel caso dei demoni, ma un’intelligenza che chiama in causa il cuore e implica un atto di volontà. Alla fine, solo l’amore è degno di fede e risulta credibile. La vita dei santi, dei martiri, mostra una singolare bellezza che affascina e attira, perché una vita cristiana vissuta in pienezza parla senza parole. Abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita, che sappiano comunicare il Vangelo, con chiarezza e coraggio, con la trasparenza delle azioni, con la passione gioiosa della carità” (Benedetto XVI).
Colletta diocesana per le Filippine
Immigrazione, nessuno governa l’esistente S. N.
troviamo di fronte a chi in Corpo Sangue, Anima e Divinità continua a rimanere tra noi vivo per salvarci ad uno ad uno e tutti insieme. La Chiesa è il luogo di incontro con Dio: chi entra in una parrocchia, chi incontra un sacerdote, una religiosa o un fedele laico deve poter incontrare Nostro Signore. Siamo noi a dover seguire Lui e non Lui a doversi mettere dietro di noi. In questi ultimi 200 anni, e anche oggi, solo sotto un regime oppressivo emerge il vero cristianesimo e la forza mite ma invincibile del Vangelo. Ma quando la Chiesa è accolta, tollerata, come nei paesi della prima evangelizzazione, subisce la violenza occulta dell’apatia, dell’invito all’apostasia silenziosa e dell’idolatria consumistica; le carezze dei privilegi per le chiese, con l’apparenza di ciò che è legale, in un modo che svela l’operare occulto del demonio padre della menzogna e della tolleranza e di tante leggi firmate anche dai cristiani. Se ad un cristiano si chiede di partecipare ad una messa, di fare un rosario o un pellegrinaggio, magari dice di sì ed è contento. Se invece gli si chiede di rinunciare a pensare come vuole lui, di ancorarsi alle parole del Vangelo e del Santo Padre, allora le cose si fanno complicate. Entra in causa la coscienza e ciò che conviene. Così, in questo modo, è facile essere cristiani una volta alla settimana e lasciare tutto il resto del tempo a se stessi. Ma Dio è il Nostro Signore in ogni momento della nostra vita e solo Lui deve es-
I. P.
basso le cose possano ancora cambiare: università, scuola, associazionismo, Chiesa. Cerchiamo di fare opinione perchè le cose possano cambiare velocemente”. Ricordando poi il viaggio del Papa a Lampedusa, don Marco ha richiamato il rischio dell’indifferenza: “L’Italia ha norme bellissime, eppure su questioni come i rom, non riusciamo a gestire serenamente una comunità di 200 persone, il cui 80% è costituito da minorenni. Bisogna chiedere che l’Unar (l’Ufficio dell’Onu che si occupa delle minoranze, ndr) apra un ufficio anche a Cagliari”. Infine il ruolo della Chiesa: “Non siamo uno Stato parallelo, la responsabilità è di tutti, pensate a quei politici che trattano i rom ancora come nomadi”.
er rispondere all’appello lanciato da Papa Francesco nei giorni scorsi: «Ricordiamo le Filippine, ilVietnam e l’intera regione colpita dal tifone Haiyan. Siate generosi nella preghiera e con l’aiuto concreto», anche la nostra Caritas diocesana, su invito dell’Arcivescovo di Cagliari, Mons. Arrigo Miglio- promuove una raccolta fondi (e non di materiale) a favore di queste popolazioni, da organizzare domenica 24 novembre, in tutta la Diocesi di Cagliari”. Lo scrive il direttore della Caritas, don Marco Lai, a tutte le parrocchie diocesane. “Un’iniziativa in linea con Caritas Italiana (attiva da decenni nelle Filippine, in particolare nell’ambito delle ricorrenti emergenze naturali) che ha messo a disposizione 100mila euro - prosegue don Marco - attivando una rac-
P
colta fondi a sostegno degli interventi Caritas nelle zone colpite, e con la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) che ha stanziato per la prima emergenza tre milioni di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille e ha indetto una colletta ‘straordinaria’ nazionale per il prossimo 1 dicembre”. I fondi raccolti grazie alla colletta promossa dalla Caritas saranno finalizzati a sostenere l’azione di Caritas Filippine, in collaborazione con le altre realtà locali, e permetterà la promozione di progetti di ricostruzione, anche nelle fasi successive. La colletta potrà essere versata sul conto intestato a Arcidiocesi di Cagliari - Caritas Diocesana IBAN IT70Z0335901600100000070158. È possibile chiedere ulteriori informazioni mandando una mail a: caritas.cagliari@gmail.com, oppure telefonando al numero 070/52843238.
domeniCa 24 novembre 2013
IL PORTICO DELL’ANIMA
Un racconto. Un anziano gesuita, quattro persone e la forza autentica della preghiera.
Il segreto di Padre Nicholas e l’elezione a Papa di Mario Bergoglio pire le cose occorre saper guardare con occhi giusti. Solo chi guarda con occhi giusti può comprendere la realtà.
GIANNI LOY NA CAPPA DI NUVOLE sovrastava la città di Buenos Aires, all’alba del 20 aprile del 2005. L’autunno aveva preso possesso della città. Cristina uscì di casa di primo mattino, come d’abitudine, per recarsi nella vicina chiesa del Salvador, nell’avenida Callao. Alle 7,30 del mattino padre Nicolas avrebbe celebrato la messa. Padre Nicolas era un anziano gesuita, alto e magro, con pochi capelli bianchi a decorargli la nuca. La fronte ed il cranio, al pari delle mani, mostravano le macchie che, per l’età, avevano conquistato la sua pelle. Il morbo di Parkinson si era impadronito del corpo, ma aveva lasciato indenne la mente dell’anziano sacerdote. Cristina frequentava quella messa mattutina da quasi 15 anni, occupava sempre lo stesso posto, nella seconda fila della cappella. Anche padre Nicolas era consuetudinario, rigido nel rispettare i tempi che si era imposto: la messa sarebbe durata 20 minuti, l’omelia non avrebbe superato i 7. Amava ripetere che 7 minuti sono più che sufficienti per trattare qualsiasi argomento. Argomenti che affrontava in maniera diretta, a volte rude. Quella mattina aveva interrogato i fedeli: immaginate che la morte vi colga all’improvviso, avete fatto un bilancio di tutto il tempo che avete sprecato durante la vostra vita? Dopo l’omelia sempre tre minuti di silenzio, per tutti. Al termine della messa, quel giorno, aveva riservato ai fedeli un’ultima ammonizione: andate in pace e non peccate più! Padre Nicolas veniva dalla lontana Croazia, ma la sua casa era ormai in Argentina. La sua casa terrena, a volte scomoda, perché chi è fatto per l’altra vita, era solito ricordare, potrebbe trovarsi non del tutto a suo agio in questa terra. Dopo la messa, Cristina uscì dalla chiesa per recarsi nel collegio dei gesuiti, che si trova, anch’esso, nell’avenida Callao, poco più avanti, nella quinta manzana, il quinto isolato. Un rito che ripeteva ormai da quasi quindici anni. Tutte le mattine, dopo la messa, si intratteneva per un breve colloquio con il proprio padre spirituale, a volte nella sacrestia della chiesa, a volte nei locali del collegio. Si dice che i gesuiti non amino le donne. Per questo considerava una fortuna quella di essere stata ammessa nel piccolo gruppo di 4 persone, due sacerdoti e due laici, un maschio ed una femmina, che padre Nicolas dirigeva spiritualmente. Una fortuna, perché a padre Nicolas potevano mancare dei carismi, non aveva il dono delle lingue, ad esempio, ma aveva un carisma particolare, quello della profezia. Per questa sua dote era diventato un importante punto di riferimento per confratelli e per fedeli che accorrevano per un consiglio, o soltanto per una
U
………….
preghiera, perché la preghiera, per quell’anziano gesuita croato, aveva davvero il potere di cambiare il mondo. Era una specie di santone, insomma, una di quelle persone capaci di guardare le cose con altri occhi. Cristina salì i pochi gradini che introducono in una lunga sala d’attesa e si sedette. Quando la porta sul fondo del corridoio, alla sinistra della sala d’attesa, si socchiuse Cristina capì che padre Nicolas era pronto per riceverla. Entrò nel parlatorio, come migliaia di altre volte. Quel giorno, tuttavia, si respirava un clima particolare. Padre Nicolas l’attendeva in piedi. Indossava, come spesso gli capitava, un paio di jeans blu chiaro, di fattura grossolana, sartoria popolare, eccessivamente larghi le sue esili gambe, passeggiava nervosamente nella stanza. All’ingresso di Cristina si fermò, sollevò entrambe le braccia sino all’altezza della vita, poi le lasciò ricadere pesantemente sulle gambe. Si rivolse a Cristina scaricando la propria tensione: Hai visto? Begoglio non è stato eletto Papa! La sera prima, a Roma, la fumata bianca che si era levata dal comignolo della cappella Sistina aveva annunciato l’elezione a Papa di Josef Ratzinger. Padre Nicolas, che appariva visibilmente irritato, sembrava attendere una risposta. Cristina, superato lo stupore iniziale, rispose con queste parole: Il Cardinal Bergoglio? Non mi sembra potesse essere la persona adatta per fare il Papa, è un pescado frio (pesce freddo). Non si trattava, come si comprenderà dal seguito, di una battuta sulle cose che passano nel mondo, ma di un momento critico della vicenda che, da oltre 10 anni, con risvolti personali, si consumava in quel parlatorio o, alternativamente, in una saletta accanto alla sacrestia della chiesa del Salvador. Padre Nicolas, Cristina e Mario Bergolio erano implicati in una storia comune. Mario Bergolio, infatti, era una delle quattro persone che, ormai da molti anni, si erano affidate alla direzione spirituale di padre Nicolas,
era uno dei due sacerdoti. Anch’egli, quasi tutte le mattine, incominciava la giornata aprendo il proprio animo a quella specie di santone croato incartapecorito che si era assunto il compito di indicare la strada del bene a quel piccolo gruppo. Qualche volta, quando gli impegni di vescovo non gli consentivano di recarsi nella manzanadell’avenida Callao, era padre Nicolas a recarsi da lui in episcopio. Per questo motivo, a Cristina era capitato spesso di incontrarlo nella sala d’aspetto della casa dei gesuiti, nell’attesa di essere ricevuti. In qualche occasione, padre Nicolas li aveva ricevuti assieme per l’esercizio spirituale. Ma un giorno, molti anni prima di quel mercoledì, dopo aver pregato congiuntamente per un’intenzione di Cristina, padre Nicolas si era rivolto a lei: Ed ora preghiamo per un’altra intenzione. Preghiamo perché Mario Bergoglio possa diventare Papa. Ciò era avvenuto, per la prima volta, in una data imprecisata degli anni ’90 del secolo scorso. A partire da quel giorno, quella preghiera, evidentemente indirizzata allo Spirito Santo, era diventata una consuetudine. Cristina aveva pregato, ed avrebbe continuato a pregare, perché Mario Begoglio diventasse Papa. Eppure quel giorno, chissà per stemperare la delusione che si era impadronita del padre spirituale, non aveva dato importanza all’esito di un Conclave che deludeva le aspettative di quelle preghiere. Le preghiere levate al cielo perché Mario Bergoglio diventasse Papa, non erano state soltanto quelle di Cristina, evidentemente. Padre Nicolas aveva esteso quell’auspicio all’interno dell’ordine dei gesuiti ed al di fuori di esso. Si può dire che aveva creato un’aspettativa ai più generale. Per questo, quel giorno, padre Nicolas non poteva nascondere la delusione. La risposta di Cristina, che pure aveva pregato, per anni, per invocare quella elezione, lo aveva irritato, o profondamente deluso. Si fermò davanti a lei, la fissò con severità, con tono di rimprovero le disse: Ma con che occhi guardi? Per ca-
Dopo quell’episodio, Cristina continuò a pregare quasi quotidianamente, per anni, sotto la direzione di padre Nicolas, perché Mario Bergoglio diventasse Papa. Poi l’età e la malattia presero il sopravvento sul fisico del padre gesuita. Arrivò il momento in cui dovette congedarsi da Cristina e dalle altre persone che dirigeva spiritualmente, per trasferirsi a S. Miguel, in una residenza dei gesuiti che ospita i confratelli vecchi o malati. Cristina, per discrezione, non andò a trovarlo. Qualche mese fa, nel 2013, fu lui a farsi sentire inviandole un messaggio con un comune amico. Hai visto? Le mandò a dire qualche settimana dopo la fumata bianca che aveva annunciato l’elezione a Papa di Mario Bergoglio. Ho visto con occhi diversi, pensò Cristina, ripensando a quanto le aveva insegnato padre Nicolas quella mattina del 20 aprile 2005. Si era compiuta la profezia? Lo Spirito Santo aveva scelto quel lungo percorso per manifestarsi? Cristina ricordò un episodio. Un giorno, padre Nicolas le promise che si sarebbe trattenuto a pregare per il buon esito di un problema che l’angustiava. Dopo che l’episodio si fu concluso positivamente, le aveva chiesto: Sotto quale veste si è presentato l’angelo del Signore? E ricordò di come padre Nicolas insistesse sul concetto che il peccato fa male. A volte accompagnava quell’ammonimento, quasi a voler materializzare il concetto, stringendo con l’artiglio delle sue mani l’omero di Cristina, certamente lo aveva fatto anche con il futuro Papa, sino a provocare dolore. Ora Buenos Aires si prepara alla primavera. Cristina, nel congedarsi, mi ha chiesto un piccolo favore, mi ha fatto fare una promessa: Se ti capita di incontrare Papa Francesco, per favore, non dirgli di quella mia infelice uscita del 20 aprile del 2005. Ora, come mi ha insegnato padre Nicolas, guardo con altri occhi… Gianni Loy Buenos Aires 9-10 novembre 2013
iL PortiCo
19
detto tra noi Quando l’informazione è falsa di D. TORE RUGGIU
Fra i peccati più gravi sono la falsità, la calunnia e la diffamazione, fatti che sono anche reati perseguibili penalmente (art. 368 c.p. la calunnia e art. 595 c.p. la diffamazione), perché offendono la onorabilità della persona e perfino lo Stato interviene a tutela e in difesa delle vittime. I giornali possono scrivere di tutto e su tutti? No, certamente, tant’è che non sono poche le querele nei confronti dei giornalisti e dei direttori per i quali, peraltro, la diffamazione è una ipotesi aggravata di reato (art. 56 c.p.). Di recente un parroco è stato accusato di non avere permesso la processione in onore di un Santo. La pseudo giornalista (non risulta sia neppure pubblicista ma una semplice corrispondente di zona), nel caso specifico ha con arte “inventato” la notizia. A parte che sarebbe stato sufficiente telefonare al parroco che avrebbe spiegato che non c’è stato nessun divieto ma, semplicemente, una decisione presa dal comitato perché a corto di soldi per sovvenzionare i gruppi. Tuttavia, pur accertatasi che questa era la verità, avendo dialogato a lungo con i componenti del comitato, con testardaggine e arroganza ha pubblicato nel quotidiano locale, addebitando le colpe al parroco e mettendo tra virgolette espressioni che sembrerebbero provenire dal parroco, senza averlo assolutamente sentito. Questi, basito, ha cercato inutilmente di contattare l’autrice e la direzione. Ora non resta che procedere per vie legali, perché le falsità non si possono e non si devono sempre lasciar passare come se nulla fosse. Inoltre, sempre la stessa corrispondente, disinformata (o male informata) in tutto, ha scritto nell’articolo che perfino il Comune non aveva contribuito per la festa. Falso! Il Sindaco assicura a persone fidate, con esibizione di documenti, una sovvenzione di 1.200 €. Un’ultima accusa, sempre della pseudo giornalista, è che il parroco pretende che le feste si celebrino nel giorno stabilito dal calendario liturgico pastorale: dov’è la cosa strana? In tutte le parrocchie le feste si celebrano il giorno loro proprio. Non è forse normale festeggiare il proprio compleanno il giorno in cui uno è nato? O vogliano celebrare il Natale, che ne so?, magari il 30 dicembre anziché il 25? Come si è conclusa la faccenda di cui sopra? Il parroco, la sera stessa della pubblicazione dell’articolo, ha ricevuto un documento olografo in cui i componenti del comitato, attestano di avere richiesto espressamente che non ci fosse la processione folcloristica, lasciando quella strettamente spirituale del rientro del Santo dalla chiesa parrocchiale alla sua chiesetta, dopo la Messa solenne, in raccoglimento e preghiera, cosa che ha meravigliato la pseudo giornalista. Evidentemente capisce poco di processioni e riti liturgici (“cosas de cresia”, per capirci). Il comitato, nel documento di cui sopra, esprime al parroco solidarietà e ringraziamenti, come al sindaco e a tutta l’amministrazione comunale e a tutti coloro che hanno contribuito alla festa che si è svolta in tutti i particolari in modo magnifico. Un po’ di gassosa in meno in questa e in altre feste religiose non guasterebbe, poiché ogni sacerdote ha il dovere, oltre che il diritto, di ricordare che si tratta pur sempre di una azione sacra e che, come tale, è vincolata al rispetto delle regole della chiesa.
ghiani