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DOMENICA 26 GENNAIO 2014 ANNO XI N.4

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Papa Francesco durante la lavanda dei piedi dell’ultimo Giovedì Santo.

Una questione di stile ROBERTO PIREDDA

occasione questa volta era troppo ghiotta: l’annuncio dei nuovi Cardinali da parte di Papa Francesco. Subito nei vari media si è parlato di “rivoluzione”, oppure di “nuovo corso in Vaticano”, di “rimpasto di governo nella Chiesa” e poi anche degli, immancabili, “esclusi eccellenti”. A dire il vero però non sono neanche mancati gli elogi sinceri, spesso però legati ad una visione un po’ parziale, potremmo dire semplicemente “socio-politica”, della vita ecclesiale. Come sempre per leggere con verità questo e altri atti della vita della Chiesa è d’obbligo far riferimento diretto alle parole del Papa. Ai nuovi Cardinali il Santo Padre ha indirizzato una breve lettera che fa emergere con chiarezza quale debba essere lo stile da seguire. Il Cardinalato «non significa una promozione, né un onore, né una decorazione», esso è soltanto «un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore». A ciascuno dei nuovi porporati il Papa si rivolge in modo diretto e confidenziale: «Ti chiedo, per favore, di ricevere questa designazione con un cuore semplice e umile. E, sebbene tu debba farlo con gaudio e con gioia, fa’ in modo che questo sentimento sia lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà». Una questione di stile, è questo il punto in-

L’

dicato dal Papa. Da un lato ci potrebbe essere l’ambizione umana, l’effimero, e spesso passeggero, applauso e consenso del mondo, dall’altro l’umiltà e la discrezione di chi cerca ogni giorno di stare dentro la storia come “colui che serve”, prendendo come riferimento lo stile del Signore Gesù, che, come ha ricordato il Papa ai nuovi Cardinali, ha scelto per primo «la via dell’abbassamento e dell’umiltà, prendendo forma di servitore (cfr Fil 2,5-8)». Lo stile suggerito da Papa Francesco non è quello di un modello esteriore costruito per attirare attenzione, quasi come se si trattasse di una mera logica di marketing, ma è qualcosa che viene dal di dentro, dal fatto che ci si lascia trasformare sempre più dalla logica di Cristo che è quella del dono, del sacrificio che non dice mai basta, ma va avanti fino in fondo. Se si vuole proprio parlare di “rivoluzione”, possiamo dire che è quella del Vangelo. Lo stile che il Papa suggerisce è quello del rifiuto della “mondanità spirituale”, per usare un’espressione di De Lubac a lui molto cara. Tra i nuovi Cardinali c’è anche l’antico segretario del Beato Giovanni XXIII, mons. Loris Capovilla. Un episodio della sua vita accanto a Papa Roncalli può aiutare a capire meglio lo stile di chi è chiamato ad assumere delle responsabilità. Dopo che il Papa gli aveva confidato l’intenzione di convocare il nuovo Concilio, Capovilla e altri erano preoccupati delle difficoltà da affrontare, anche a motivo della sua età avan-

zata. Giovanni XXIII gli disse in quella circostanza: «Tu dimentichi che le cose non si fanno per fare bella figura, ma per obbedire a Dio. È solo quando avrai messo il tuo io sotto i piedi che potrai dirti davvero un uomo libero!». La libertà della quale parlava Giovanni XXIII con il suo segretario Capovilla è proprio quella di “colui che serve”. Anche in questo caso si potrebbe cadere in un errore tipico del cristiano tiepido di fronte alle parole del Papa: rimanere alla finestra. Lo si ascolta, lo si applaude, ma si rischia di riferire la sua azione sempre ad altri. Dice tante cose buone sì, ma per gli altri, mai per se stessi. Invece il Papa parla proprio a tutti, andando anche oltre il riferimento immediato. Lo stile di servizio umile e disinteressato che indica ai Cardinali non ha proprio niente da dire ai politici o agli amministratori? Può lasciare indifferenti professionisti, insegnanti o chi svolge qualsiasi altra mansione? Con il distacco di chi si mette a servire gli altri puoi occupare anche un’alta responsabilità ma allo stesso tempo ti puoi affannare per avere anche un piccolo podio semplicemente per metterti un po’ in mostra nel tuo ambiente. Dove sta la differenza? Nel proprio atteggiamento, nel cercare soltanto se stessi, volendo essere padroni di tutto; oppure nel servire con distacco e rettitudine d’intenzione. Tutta una questione di stile, appunto.

SOMMARIO REGIONE

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Il Seminario di Cuglieri rivivrà come centro dedicato alla carità GIOVANI

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Riapre i battenti l’oratorio parrocchiale di Sant’Elena CAGLIARI

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Le Figlie della Carità e l’Arma dei Carabinieri in difesa delle donne CATECHESI

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Inizia l’attività della Scuola diocesana per i catechisti DIOCESI

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Il secondo incontro dell’Arcivescovo con gli amministratori


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IL PORTICO DEL TEMPO

IL PORTICO

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

Regione. A Cuglieri l’incontro sulla Intima Ecclesiae natura e la firma del protocollo d’intesa sul Seminario.

La bellezza della carità cristiana

La facciata del Seminario di Cuglieri. Sopra Mons. Dal Toso.

in cui confluiscano le diverse iniziative di carità, in modo che il Vescovo le possa coN INVITO rivolto ai Vescovi dell’inoscere tutte e orientare»: occorre puntare sola a rafforzare gli organismi alle consulte diocesane e regionale, non impegnati nell’esercizio della solo per valorizzare l’unità dell’azione delcarità, sulla base delle linee guila Chiesa, ma anche «per rafforzarsi nel da tracciate da Benedetto XVI nella lettera rapporto con gli enti pubblici e per affronapostolica in forma di Motu proprio Intitare le sfide che da esso scaturiscono». ma Ecclesiae natura sul servizio della caUn appello all’unità del volontariato, coerità. È il messaggio lanciato da Mons. Dal Torente con la sede scelta: l’ex-Seminario, ceso, segretario del Pontificio Consiglio “Cor duto dalla Regione Autonoma della SardeUnum”, ospite della Conferenza Episcopagna al Comune di Cuglieri, accoglierà, inle Sarda (CES) e della Delegazione regionafatti, il progetto della CES, ‘Un’isola per il le Caritas in occasione dell’iniziativa orgaMediterraneo’: un centro studi e un camnizzata, nei giorni scorsi, nell’ex-Seminapus, finalizzati a formazione, ricerca e servizi. rio pontificio di Cuglieri, per riflettere sul «Un progetto nato dal desiderio di avere un documento. luogo comune - ha spiegato Mons. Miglio -, Un momento corale che ha riunito l’intera in cui tutte le forze di volontariato possano Chiesa Sarda: 300 partecipanti delcollaborare per il bene del territole diverse diocesi, Vescovi, diretrio». Esso è stato definito insieme tori e operatori delle Caritas dioalla Caritas regionale, realizzato cesane, e altre associazioni del vograzie alla collaborazione tra istilontariato regionale. tuzioni formalizzata con la firma Dopo i saluti di Mons. Mauro Madel protocollo tra CES, Regione ria Morfino, Vescovo di AlgheroSardegna e Comune di Cuglieri. «Si Bosa, e di Mons. Giovanni Paolo tratta di un’iniziativa - sottolinea Zedda, Vescovo delegato della CES Don Marco Lai, delegato regionaper il servizio della carità, l’introle Caritas -, finalizzata a fare di duzione di Mons. Arrigo Miglio, questo seminario un cuore pulArcivescovo di Cagliari e Presisante dell’azione pastorale della dente della CES: «Occorre recupeChiesa sarda, ma anche uno spazio rare il senso pieno della parola ‘caaperto, ecumenico, di dialogo e rità’, la ‘agape’ del Nuovo testaconfronto». Accanto alla dimenmento, troppe volte intesa in sensione della ‘regionalità’, quella delso riduttivo». Un concetto correla ‘mediterraneità’, con l’idea di fislato a quello di verità e di giustisare a Cuglieri la sede di MigraMed, zia: «Senza la verità, la carità è relaboratorio stabile d’incontro tra legata in un ambito ristretto e prile Caritas del Mediterraneo, e della ‘MigraMed summer school’, vato di relazioni, esclusa dai proscuola estiva di formazione rivolta getti di costruzione dello svilupagli operatori che lavorano sui tepo umano universale»: da qui, il La firma del Protocollo d’intesa tra Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari e Presidente della Conferenza Episcopale mi della mobilità umana. diritto della Caritas «a partecipare Sarda, l’On. Ugo Cappellacci, presidente della Regione Sardegna e Andrea Loche, sindaco del Comune di Cuglieri. MARIA CHIARA CUGUSI

U

ai tavoli delle istituzioni, per tenere presente il primato della persona». Il segretario di ‘Cor Unum’ - istituito da Paolo VI, con lo scopo di ‘orientare’ l’attività caritativa degli organismi di carità nell’ambito della Chiesa cattolica - ha sottolineato come il documento sia stato emanato per rimediare «alla lacuna nel codice di diritto canonico - già evidenziata da Benedetto XVI nell’ enciclica Deus Caritas Est, sulla responsabilità del Vescovo in ordine alla pastorale della carità». Nel suo intervento, Mons. Dal Toso è partito dalla sorgente teologica della carità, «che trova il suo fondamento in Dio stesso, e dunque è il compito della Chiesa in quanto tale», la cui missione si esplica «nel legame indissolubile tra carità, parola e sacramenti»: e

allora «una parrocchia può dirsi realmente cattolica se non ha il servizio della carità?». Tra i punti del documento, l’invito a «non omologare il servizio della carità alla Caritas, ma a valorizzare le molteplici iniziative pastorali». Si dedica attenzione anche agli organismi di ispirazione cattolica, che, nel tempo, hanno perso di vista la loro vocazione, rischiando di sentirsi «non parte della Chiesa ma partner della Chiesa». Si insiste sull’importanza della formazione spirituale degli operatori, perché «è la testimonianza della persona che convince della verità del Vangelo». Strettamente connessa è la funzione pedagogica dei singoli organismi, che «devono aiutare la comunità cristiana a sentirsi protagonista della carità». Ancora, l’importanza di «un luogo


DOMENICA 26 GENNAIO 2014

IL PORTICO DEGLI EVENTI

Economia. Approvata dal Parlamento la nuova manovra economica per il 2014.

Legge di Stabilità: è ancora lunga la strada verso equità e crescita La Legge di Stabilità approvata di recente non appare in grado di incidere con forza sui principali nodi del quadro economico

non è altro che la diminuzione delle tasse per le imprese (IRAP), accompagnate da maggiori risorse nella busta paga dei lavoratori (maggiori detrazioni). L’obiettivo finale è dunque quello di migliorare le condizioni di vita delle famiglie e allo stesso modo aumentare la domanda interna del nostro Paese. Purtroppo tale diminuzione del cuneo fiscale ha determinato nelle tasche degli italiani un beneficio di circa 14 euro al mese. Poca roba! Oggi più che mai si avverte la necessità di accelerare sul versante della cosiddetta Spending Review, ovvero incrementare sempre di più i tagli alla spesa improduttiva dello Stato al fine di incrementare i servizi reali di

cui i cittadini e le famiglie avvertono la carenza cronica. Un caso per tutti la carenza di asili nido e strutture per anziani. Un altro degli aspetti curiosi della Legge di Stabilità del 2014 è senz’altro da ricercarsi nello sforzo compiuto dai nostri governanti nel ricreare il sistema delle Imposte sugli immobili attraverso un pittoresco gioco di acronimi capaci di mischiare le carte e lasciare tutto sostanzialmente invariato. Si è passati dalla soppressa ICI (Imposta Comunale sugli Immobili), all’IMU (Imposta Municipale Unica). Soppressa l’IMU, si è passati alla IUC (Imposta Unica Comunale) per poi ripristinare la mini-IMU. Per non parlare della vecchia Tarsu (Tassa smaltimento rifiuti) diventata prima TIA (Tariffa di Igiene ambientale), per poi scindersi in TARI (Tassa rifiuti sul modello Tares) e TASI (Tassa sui servizi indivisibili). Tutto questo “gioco” ha determinato sostanzialmente un nulla di fatto, lasciando invariato il carico fiscale sulle famiglie. Ma ciò che invece è preoccupante è il dispendio di risorse profuso dalla Pubblica Amministrazione per tutte queste modifiche. Ma quanto sarà costato tutto questo alla Pubblica Amministrazione in termini di impegno dei Funzionari Statali, Regionali e Comunali, Consulenze Legali e Fiscali, Corsi di Formazione, predisposizione di modulistica, creazione dei sistemi di riscossione, software gestionali e quant’altro?

mensioni, inclusa quella spirituale; se non viene trascurato nessuno, compresi i poveri, i malati, i carcerati, i bisognosi, i forestieri (cfr Mt 25,31-46); se si è capaci di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza. È necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla “cultura dello scarto” – ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore. Anche i mezzi di comunicazione sono chiamati ad entrare in questa “conversione di atteggiamenti” e a favorire questo cambio di comportamento verso i

migranti e i rifugiati. (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”, 5 agosto 2013). Rivolgo un saluto speciale alle rappresentanze di diverse comunità etniche qui convenute, in particolare alle comunità cattoliche di Roma. Cari amici, voi siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il Regno di Dio, che Gesù Cristo ha portato in mezzo a noi. Non perdete la speranza di un mondo migliore! Vi auguro di vivere in pace nei Paesi che vi accolgono, custodendo i valori delle vostre culture di origine.Vorrei ringraziare coloro che lavorano con i migranti per accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il beato Scalabrini definiva "i mercanti di carne umana", che vogliono schiavizzare i migranti! In modo particolare, intendo ringraziare la Congregazione dei Missionari di San Carlo, i padri e le suore Scalabriniani che tanto bene fanno alla Chiesa e si fanno migranti con i migranti. In questo momento pensiamo ai tanti migranti, tanti rifugiati, alle loro sofferenze, alla loro vita, tante volte senza lavoro, senza documenti, tanto dolore. (Papa Francesco, Angelus 19 gennaio 2014).

RAFFAELE PONTIS

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EL PAESE dove tutto cambia e tutto resta invariato, anche il principale strumento di politica economico-fiscale da qualche anno ha la stessa sorte. Un tempo le manovre economiche italiane erano concentrate nel la cosiddetta “Legge Finanziaria”. Oggi lo stesso documento legislativo, che incuteva terrore fra i cittadini italiani, è placidamente ribattezzato “Legge di Stabilità”. La differenza fondamentale tra il passato ed il presente è il fatto che il passaggio dalla Legge Finanziaria alla Legge di Stabilità ha segnato lo spartiacque fra una sovranità nazionale ed una sovranità sovra-nazionale in tema di conti pubblici e vincoli di bilancio. Questo aspetto fa si che ogni manovra economica nazionale deve rispettare alcuni parametri imposti dall’Unione Europea tra i quali il famigerato rapporto del 3% tra disavanzo pubblico e Prodotto Interno Lordo. Ma quali sono in poche parole gli obiettivi che la legge di stabilità si pone? Essi sono fondamentalmen-

te quattro: impegno a conseguire gli obiettivi di Finanza Pubblica concordati con l’Unione Europea; impegno al sostenimento della crescita economica del Paese; diminuzione della pressione fiscale con particolare riferimento al mercato del lavoro, conseguimento del binomio crescita/equità. A differenza degli anni passati, la Legge di stabilità del 2014 ha potuto beneficiare di un piccolo bonus di 5 miliardi di euro dovuto alla riduzione dei tassi e del tanto temuto spread nel corso del 2013. Tale beneficio però è stato per così dire polverizzato attraverso la riduzione del cosiddetto “Cuneo Fiscale”. La riduzione del “Cuneo Fiscale”

La cultura dell’incontro per servire i migranti Il Papa e la Giornata del Migrante e del Rifugiato I. P.

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RA I RISULTATI dei mutamenti

moderni, il crescente fenomeno della mobilità umana emerge come un “segno dei tempi”; così l’ha definito il Papa Benedetto XVI (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006). Se da una parte, infatti, le migrazioni denunciano spesso carenze e lacune degli Stati e della Comunità internazionale, dall’altra rivelano anche l’aspirazione dell’umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze, l’accoglienza e l’ospitalità che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano. Dal punto di vista cristiano, anche nei fenomeni migratori, come in altre realtà umane, si verifica la tensione tra la bellezza della creazione, segnata dalla Grazia e dalla Redenzione, e il mistero del peccato. Alla solidarietà e all’accoglienza, ai gesti fraterni e di comprensione, si contrappongono il

rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte. A destare preoccupazione sono soprattutto le situazioni in cui la migrazione non è solo forzata, ma addirittura realizzata attraverso varie modalità di tratta delle persone e di riduzione in schiavitù. Il “lavoro schiavo” oggi è moneta corrente! Tuttavia, nonostante i problemi, i rischi e le difficoltà da affrontare, ciò che anima tanti migranti e rifugiati è il binomio fiducia e speranza; essi portano nel cuore il desiderio di un futuro migliore non solo per se stessi, ma anche per le proprie famiglie e per le persone care. Il nostro cuore desidera un “di più” che non è semplicemente un conoscere di più o un avere di più, ma è soprattutto un essere di più. Non si può ridurre lo sviluppo alla mera crescita economica, conseguita, spesso, senza guardare alle persone più deboli e indifese. Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue di-

IL PORTICO

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cronaca IL PAPA AI DIPENDENTI RAI

Servire la verità nei diversi media Udienza di Papa Francesco, ad 8mila persone, familiari compresi, dipendenti della Rai. Guidati dal presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, e dal direttore generale, Luigi Gubitosi, i dipendenti hanno ascoltato le parole del Papa. “La Rai - ha detto il Papa è stata testimone dei processi di cambiamento della società italiana nelle sue rapide trasformazioni, e ha contribuito in maniera speciale al processo di unificazione linguistico-culturale dell’Italia”. Parla di “etica nella e della comunicazione”, e di “impegnativo e cruciale processo di cambiamento” come servizio pubblico e “punto di riferimento” che rappresenta tutti. I temi al centro della riflessione: il valore e le esigenze del servizio pubblico, l’etica nella comunicazione: Il Papa ha voluto sottolineare come la qualità etica della comunicazione sia “frutto, in ultima analisi, di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto di informazione, sia dei destinatari del messaggio. Ciascuno, nel proprio ruolo e con la propria responsabilità, è chiamato a vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione, ed evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia”. “La vostra professione - Francesco ricorda - oltre che informativa, è formativa, è un servizio pubblico, cioè un servizio al bene comune. Un servizio alla verità, un servizio alla bontà e un servizio alla bellezza. Tutte le professionalità che fanno parte della Rai, dirigenti, giornalisti, artisti, impiegati, tecnici e maestranze sanno di appartenere ad un’azienda che produce cultura ed educazione, che offre informazione e spettacolo, raggiungendo in ogni momento della giornata una gran parte di italiani. È una responsabilità a cui chi è titolare del servizio pubblico non può per nessun motivo abdicare”. Parla di collaborazione, Francesco, con la Radio Vaticana, con il Centro Televisivo Vaticano; parla di un ruolo che nel tempo la Rai ha svolto, portando nelle case degli italiani, la voce e la persona del Papa, gli avvenimenti della Chiesa, i viaggi dei Pontefici, il Giubileo, i funerali di Giovanni Paolo II, solo per ricordare alcuni momenti. Far memoria “di un passato ricco di conquiste – afferma il Papa – ci chiama a un rinnovato senso di responsabilità per l’oggi e per il domani. Il passato è la radice, la storia diventa radice di nuovi slanci, radice delle sfide presenti, e radici di un futuro, di un andare avanti. Che il futuro non ci trovi senza la responsabilità della nostra identità”. L’augurio di Francesco è quello di riuscire a trasmettere “fiducia e speranza”, ponendosi sempre “al servizio della crescita umana, culturale e civile della società”.


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IL PORTICO DEL TEMPIO

IL PORTICO

Il Papa. Desta orrore il solo pensiero che vi siano dei bambini vittime dell’aborto.

Non c’è altro modo di vincere il male se non quello di donare la propria vita ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS il Santo Padre si è soffermato in particolare sul vangelo domenicale che presentava l’incontro tra Gesù e Giovanni Battista. Quando vede venire incontro a sé Gesù il Battista lo indica con queste parole: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29). Gesù, spiega Papa Francesco, «è venuto nel mondo con una missione precisa: liberarlo dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe dell’umanità. In che modo? Amando. Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri». La massa del male, ha proseguito il Papa, «viene tolta e portata via da una creatura debole e fragile, simbolo di obbedienza, docilità e di amore indifeso, che arriva fino al sacrificio di sé. L’agnello non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo. E così è Gesù! Così è Gesù, come un agnello». Al termine dell’Angelus il Papa ha ricordato in modo speciale la Giornata del Migrante e del Rifugiato. Nel pomeriggio di domenica Papa Francesco è ritornato sul tema della misericordia nel corso della sua visita alla Parrocchia romana del Sacro Cuore a Castro Pretorio: «Gesù

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Papa Francesco visita la basilica del Sacro Cuore in via Marsala.

[…] ha ha avuto la forza di portare su di sé tutti i nostri peccati: tutti. “Ma, Padre, Lei non sa la mia vita: io ne ho uno che … ma, non posso portarlo nemmeno con un camion …”. Tante volte, quando guardiamo la nostra coscienza, ne troviamo alcuni che sono grossi, eh? Ma Lui li porta. Lui è venuto per quello: per perdonare, per fare la pace nel mondo, ma prima nel cuore. Forse ognuno di noi ha una tormenta nel cuore, forse ha un buio nel cuore, forse si sente un po’ triste per una colpa … Lui è venuto a togliere tutto quello, Lui ci dà la pace, Lui perdona tutto». In settimana il Santo Padre, ricevendo in udienza i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso

la Santa Sede, ha ricordato i conflitti presenti in varie aree del mondo, in Siria e nel Medio Oriente, in Africa e in Asia. Il Papa ha poi richiamato l’urgenza di «politiche appropriate che sostengano, favoriscano e consolidino la famiglia» e l’attenzione da porre verso gli anziani e i giovani: «capita, inoltre, che gli anziani siano considerati un peso, mentre i giovani non vedono davanti a sé prospettive certe per la loro vita. Anziani e giovani, al contrario, sono la speranza dell’umanità. I primi apportano la saggezza dell’esperienza; i secondi ci aprono al futuro, impedendo di chiuderci in noi stessi». La pace nel mondo è ferita anche dalla fame:

«non possono lasciarci indifferenti i volti di quanti soffrono la fame, soprattutto dei bambini, se pensiamo a quanto cibo viene sprecato ogni giorno in molte parti del mondo, immerse in quella che ho più volte definito la "cultura dello scarto"». Allo stesso tempo, afferma Papa Francesco, «desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità». All’Udienza generale il Papa ha proseguito la sua riflessione sul Sacramento del Battesimo: «come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione, attraverso la rinascita dal fonte battesimale, si trasmette la grazia, e con questa grazia il Popolo cristiano cammina nel tempo […] ognuno di noi è un anello di quella catena: un passo avanti, sempre; come un fiume che irriga. Così è la grazia di Dio e così è la nostra fede, che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, trasmettere ai bambini, perché essi, una volta adulti, possano trasmetterla ai loro figli». Sempre in settimana è stato diffuso il Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che avrà per tema «Le vocazioni, testimonianza della verità”.

LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA

Fedeli alla Parola di Dio unedì 13 gennaio Papa Francesco, a partire dal brano evangelico della chiamata degli apostoli (Mc 1,14-20), si sofferma sull’opera di Cristo che “prepara” le persone che ha chiamato.

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«Sembra che Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni siano stati qui definitivamente eletti, sì sono stati eletti! Ma loro in questo momento non sono stati definitivamente fedeli! Dopo questa elezione hanno sbagliato, hanno fatto proposte non cristiane al Signore: hanno rinnegato il Signore! Pietro in grado superlativo, gli altri per timore: sono spaventati e sono andati vita. Hanno abbandonato il Signore. Il Signore prepara. E poi, dopo la Resurrezione, il Signore ha dovuto continuare questo cammino di preparazione fino al giorno di Pentecoste. E dopo Pentecoste anche qualcuno di questi - Pietro, per esempio - ha sbaglia-

to e Paolo ha dovuto correggerlo. Ma il Signore prepara». Il 14 gennaio il Papa prende spunto dalla frase del Vangelo del giorno (Mc 1, 21b-28) in cui si dice che Gesù «insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi». Questi ultimi si limitavano soltanto a mettere dei pesi sulle persone senza assumersi nessun impegno. «E Gesù stesso dice che loro non muovevano queste cose nemmeno con un dito, no? E poi, dirà alla gente: ‘Fate quello che dicono ma non quello che fanno!’. Gente incoerente… Ma sempre questi scribi, questi farisei, è come se bastonassero la gente, no? ‘Dovete fare questo, questo e questo’, alla povera gente… E Gesù disse: ‘Ma, così voi chiudete – lo dice a loro! – la porta del Regno dei Cieli. Non lasciate entrare, e neppure voi entrate!’. E’ una maniera, un modo

di predicare, di insegnare, di dare testimonianza della propria fede… E così, quanti ci sono che pensano che la fede sia cosa così…».

successo? Hai fatto di noi il disprezzo dei nostri vicini. Lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno. Ci hai reso la favola delle genti! Su di noi i popoli scuotono il capo’».

Giovedì 16 gennaio per la sua omelia Papa Francesco si rifà alla prima lettura della Messa (1 Sam, 4,1b-11) che parla del popolo d’Israele che viene duramente sconfitto dai filistei nonostante la presenza dell’arca del Signore, ridotta però da loro quasi ad un elemento “magico”.

Il 17 gennaio il Santo Padre prende spunto dalla richiesta fatta dal popolo al vecchio Samuele di avere un re “come avviene per tutti i popoli” (cfr. 1 Sam 8,4-7.1022a) per mostrare il rischio del tralasciare la Parola di Dio per seguire quella più alla moda.

«Questo brano della Scrittura ci fa pensare come è il nostro rapporto con Dio, con la Parola di Dio: è un rapporto formale? È un rapporto lontano? La Parola di Dio entra nel nostro cuore, cambia il nostro cuore, ha questo potere o no, è un rapporto formale, tutto bene? Ma il cuore è chiuso a quella Parola! E ci porta a pensare a tante sconfitte della Chiesa, a tante sconfitte del popolo di Dio semplicemente perché non sente il Signore, non cerca il Signore, non si lascia cercare dal Signore! E poi dopo la tragedia, la preghiera, questa: ‘Ma, Signore, che è

«La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana. Questa è la tentazione del popolo, e anche la nostra. Tante volte, dimentichiamo la Parola di Dio, quello che ci dice il Signore, e prendiamo la parola di moda, no?, anche quella della telenovela è di moda, prendiamo quella, è più divertente! L’apostasia è proprio il peccato della rottura con il Signore, ma è chiara: l’apostasia si vede chiaramente. Questo è più pericoloso, la mondanità, perché è più sottile».

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

pietre IRAN

Violenze e soprusi sui cristiani Le autorità di sicurezza iraniane hanno arrestato quattro cristiani iraniani, riunitisi per celebrare il capodanno con un momento di preghiera nella cittadina di Karaj. La polizia ha fatto irruzione, ha percosso e arrestato i quattro trasferendoli in un luogo sconosciuto. Gli agenti in borghese hanno sequestrato effetti personali, libri, appunti, computer, CD e DVD. Nei giorni scorsi i familiari dei quattro, recatisi al carcere di Evin per avere informazioni sui loro cari, sono stati allontanati. Durante il periodo natalizio, un altro gruppo di cristiani era stato arrestato: mentre erano riuniti in una chiesa a Teheran.

IN SIRIA

Giovane cristiano ucciso e decapitato Gruppi islamisti hanno ucciso e decapitato un giovane cristiano, ferendone gravemente un altro. L’episodio, avvenuto l’8 gennaio scorso, è stato riferito solo ora a Fides da un sacerdote nella diocesi di Homs. I due, di 29 anni e di 34 anni, stavano recandosi in automobile da Homs al villaggio cristiano di Marmarita. Un gruppo di cinque jihadisti armati ha intercettato il mezzo e ha aperto il fuoco sulla vettura. Raggiunta l’auto, i miliziani, notando che uno portava una croce al collo, lo hanno decapitato, piantando la croce nel suo petto. Hanno poi preso denaro e documenti, lasciando l’altro per terra ferito, credendo fosse già morto. Questi, testimone oculare di quanto avvenuto, è invece riuscito a mettersi in salvo, raggiungendo a piedi la cittadina di Almshtaeih ed è stato poi trasferito in ospedale. Alcuni fedeli sono riusciti a recuperare il corpo del giovane, portandolo a Marmarita, dove la comunità cristiana locale e nel lutto e nel dolore. Secondo gli ultimi rapporti, oltre 600.000 cristiani – un terzo del totale dei fedeli siriani – sono sfollati all'interno del paese o vivono da rifugiati in paesi confinanti.

SRI LANKA

Famiglie cattoliche vivono nella giungla Relegati in una giungla-ghetto, senza poter pescare o coltivare in modo libero, né cogliere i frutti dagli alberi per potersi nutrire: è la vita che circa 200 famiglie di tamil cattolici, originari del villaggio di Mullikulam, nel distretto di Mannar conducono ormai da oltre un anno e mezzo. “Non abbiamo alcuna libertà - raccontano queste persone - e veniamo trattati come stranieri nella nostra stessa terra. Siamo stati dimenticati da tutti. Oltre alla nostra casa, abbiamo perso la speranza”.


DOMENICA 26 GENNAIO 2014

IL PORTICO DEI GIOVANI

IL PORTICO

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Ecumenismo. Frère John della Comunità di Taizé ha guidato un incontro di riflessione e preghiera

Da Taizé arriva l’invito a rendere sempre più visibile la comunione di quanti amano Cristo Nella casa dei Salesiani in viale fra Ignazio si è tenuto l’incontro con frère John. Al centro della riflessione la lettera di frère Alois priore di Taizè FEDERICA BANDE

a scorsa settimana frère John della comunità di Taizè ha incontrato in due episodi i giovani e tutti coloro che hanno voluto partecipare ad un momento di incontro, condivisione, preghiera e dibattito. L'appuntamento è stato per tutti di lunedì sera presso le strutture dei Salesiani, che hanno ospitato il primo incontro di queste giornate dedicate a Taizè. Lo svolgersi della serata ha previsto la lettura di un bra-

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La preghiera secondo lo stile di Taizé; sotto a sinistra frère John; sotto a destra il momento della conferenza.

no del Nuovo Testamento, la presentazione della comunità di Taizè e di frère Jhon e la proposta di alcune domande da parte di diversi ragazzi e adulti, che hanno colto l'occasione per porre quesiti rispetto alla vita di fede, alla testimonianza e al vivere in comunità. Frère Jhon ha colto le tante provocazione e gli interrogativi dando vita ad un momento di incontro e condivisione dove l'interazione tra le tante persone presenti e la condivisione di tanti punti di vista da persone di fasce generazionali differenti, ha portato ad un dibattito costruttivo e sentito da tutti. Tema importante

della serata è stato quello della solidarietà e della fiducia, che è stato possibile approfondire grazie alla lettera da Taizè, nella quale frere Alois affronta queste difficili tematiche in maniera chiara e concisa. Il testo presenta degli obiettivi che hanno scadenze annuali, ed è un progetto partito nel 2012 che si concluderà nel 2015. Per quest'anno appena iniziato si cercherà di rendere "la comunione visibile di tutti coloro che amano Cristo", e tra le righe di questa lettera si ritrovano concetti semplici ma ormai poco utilizzati e approfonditi dalla società. Solidarietà : questa deve es-

sere presente a tutti i livelli del vivere dell'uomo nonchè tra istituzioni sociali e politiche senza che le complessità economico sociali ne provochino il disincanto. Per evitare che la solidarietà muoia c'è uno strumento : la fiducia, che non deve essere intesa come cieca ingenuità ma come risultato di una scelta e frutto di una lotta interiore. La fiducia a sua volta si snoda in diverse componenti, come la fiducia negli essere umani che spazzerebbe via i pregiudizi tra popoli differenti e favorirebbe l'attenzione verso i deboli della società, utilizzando non la violenza ma le convinzione

ti in corso nella nostra diocesi, e come comune denominatore ci sarà proprio l'oratorio come strumento di pastorale giovanile. L'esperienza oratoriale è importante per i bambini ed i ragazzi che frequentano le nostre parrocchie, perchè è proprio in questo ambiente dove sono costretti dal catechismo, che devono riuscire a vedere ed imparare dei valori fondamentali per la vita come quello della comunità; un occhio immaturo vede nel catechismo una costrizione quasi scolastica e l'oratorio o i movimenti ecclesiali e le associazioni presenti nelle nostre parrocchie sono uno strumento importantissimo, perchè mostrano ai

nostri ragazzi un modo di stare insieme e vivere la comunità parrocchiale diverso. Avere nell'età dell'adolescenza un luogo dove si può essere protagonisti e dove qualcuno si prende cura di te attraverso delle attività su misura per la tua età, è un ambiente raro da trovare, ed è proprio per questo motivo che dobbiamo impegnarci per migliorare e valorizzare i nostri oratori e le comunità parrocchiali della diocesi. Fondamentale è anche investire sui giovani, e l'Ufficio di PG propone anche quest'anno dei corsi di formazione per animatori. A cavallo tra il mese di Aprile e di Maggio saranno attivi due corsi; il primo si

radicate e la collaborazione; la fiducia in Dio, un tema molto complicato perchè tanti "non credono in un Dio che li ama personalmente". Oggi avere fede è un rischio, il "rischio della fiducia", ma è una fede che rende liberi, ed è una fede che si traduce in un rapporto, cioè con l'incontro, una relazione vivente con Gesù, anche se questa non ci darà mai modo di comprenderlo fino in fondo. Questi sono i passaggi fondamentali che frère Alois regala a tutti nella lettera che è stata consegnata ai partecipanti dell'incontro della scorsa settimana, a cui è seguito un altro incontro conclusivo di preghiera accompagnato da musica e silenzio. La comunità di Taizè è una ricchezza, uno dei luoghi dove tantissimi giovani possono fare esperienza di servizio, preghiera fede e solidarietà per ricaricare le batterie e portare una testimonianza forte nell'ambiente che li circonda e che vivono nel quotidiano.

Un’occasione d’incontro: “Intervista sui Giovani” Gli animatori della PG in visita nelle parrocchie F. B. ONCLUSO IL 2013 la squadra dell'Ufficio di Pastorale Giovanile torna all'opera con tanti nuovi progetti per questo 2014 appena iniziato ma con un calendario già ricco di date da segnare ed eventi da non perdere. Nell'ultimo anno si è tanto lavorato per costruire una rete di rapporti che possa contenere le tante e diverse esperienze oratoriali della diocesi e proprio a partire da questo Gennaio l'equipe di PG con il lancio del progetto "Intervista sui Giovani" ha il desiderio di incontrare, conoscere e ascoltare tutti gli oratori e le parrocchie della nostra diocesi. L'iniziativa ha lo scopo di rendere protagonisti i giovani, attraverso la visita di un pool di animatori di PG che incontreranno sacerdoti, catechisti e animatori per conoscere nel-

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lo specifico le comunità giovanili che caratterizzano le nostre parrocchie. Al centro di questa nuova avventura vi è l'oratorio come strumento di pastorale giovanile parrocchiale, e l'inchiesta portata avanti avrà come fine ultimo quello di conoscere le risorse umane e spirituali che le comunità parrocchiali della nostra diocesi stanno investendo in favore delle nuove generazioni, ma anche occasione per scoprire le attività proposte dai movimenti, le associazioni ed i religiosi. Nel corso di questo mese l'Ufficio di PG si occuperà quindi di contattare le parrocchie per concordare assieme una data per la visita, una giornata in cui gli animatori, i catechisti e tutti coloro che si occupano di giovani potranno raccontare e condividere con l'equipe di PG i loro progetti, problemi iniziative e attività. Questi incontri vogliono essere innanzitutto un'occasione di crescita e condivisione dei tanti proget-

terrà dal 25 al 27 aprile per i ragazzi dai 18 ai 25 anni ed il secondo dal 29 aprile al 1 maggio per i ragazzi dai 15 ai 19 anni. Il primo corso sarà per animatori di gruppo ed avrà la caratteristica di poter offrire un corso base per coloro che faranno il corso per la prima volta, mentre per coloro che hanno già partecipato l'anno passato ci sarà parallelamente un corso più specifico. Il secondo corso invece focalizzerà l'attenzione sugli animatori di oratorio con uno sguardo particolare rivolto verso la cura e l'introduzione dei giovani al servizio dei più piccoli e l'organizzazione di attività invernali ed estive.


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IL PORTICO DEI GIOVANI

IL PORTICO

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

Oratorio. A Quartu S.E. una settimana ricca di eventi celebra l’apertura del rinnovato oratorio parrocchiale.

Far crescere i ragazzi come uomini e cristiani: a Quartu S. Elena si scommette sull’oratorio Dopo due anni di lavoro a Quartu S.E. riapre i battenti la storica struttura del “Ferrini” in via Eligio Porcu. Un punto di riferimento per tutti i giovani quartesi RA TRE ANNI la storica struttura quartese del Ferrini, in Via Eligio Porcu a Quartu, compirà i suoi cent’anni: un secolo di formazione umana, cristiana e sociale grazie alle società sportive parrocchiali e all’Azione Cattolica presenti fino a qualche tempo fa. In preparazione alla celebrazione di questo centenario la struttura, dopo due anni di lavori e ristrutturazione, riapre con un volto nuovo, ma soprattutto con un Progetto nuovo: la realizzazione dell’Oratorio Parrocchiale che vuole essere anche un Centro Giovanile Cittadino. Tanti sacerdoti sono passati nella parrocchia di Sant’Elena e hanno sempre avuto cura della realtà giovanile del territorio; in continuità con queste linee, insieme ad un gruppo di giovani e in collaborazione con l’Azione Cattolica e il gruppo scout Quartu 3 ci stiamo impegnando per offrire a tantissimi ragazzi e giovani un nuovo progetto educativo. L’Oratorio per noi, dunque, non risulta essere solo una sala giochi o un campetto, ma si tratta di uno spazio e di un tempo in cui tutti cercano di scoprire i pro-

che, a sua volta, abbraccia i giovani e tutta la comunità; è Cristo il centro di tutto questo nuovo progetto; sono la fede e la speranza che ci nutrono in ogni nostra attività; è la carità che ci ispira un senso di accoglienza e collaborazione. In piena collaborazione con il parroco, Mons. Alfredo Fadda e tutta la comunità, per celebrare l’inaugurazione del nuovo Oratorio, l’equipe dei giovani ha programmato un’intensa settimana di attività: attraverso il teatro, il cinema, lo sport e la musica tutti bambini e ragazzi del catechismo saranno coinvolti

in varie iniziative. Lunedì 27 al mattino, con una conferenza stampa verrà presentato il progetto, mentre dalla sera sarà allestita una mostra fotografica che narrerà la storia del Ferrini; martedì 28 il teatro dei più piccoli con i burattini e per i più grandi una commedia in sardo allestita dalla compagnia teatrale parrocchiale; giovedì ci sarà l’incontro con alcuni oratori parrocchiali che si divertiranno giocando a calcetto; venerdì 31 alle 18, festa di Don Bosco, ci sarà una solenne celebrazione presieduta da Don Alberto Pistolesi con la concelebrazione di alcuni vice-parroci degli ultimi anni; sabato 1 Febbraio la grande serata in musica con una scuola di ballo locale, Dance Outremer, e in serata “I Vaghi” per gli amanti dei Beatles. Domenica 2 Febbraio ci sarà la Santa Messa con tutti i bambini e ragazzi del catechismo e a seguire sarà l’Arcivescovo a benedire e inaugurare la nuova struttura e tutti coloro che vi lavoreranno. L’oratorio del Ferrini offrirà ai giovani un nuovo campetto in erbetta sintetica per giocare a calcetto e pallavolo; un grande salone da utilizzare come cinema, teatro e grandi eventi; una sala musica completamente attrezzata; altre sale per riunioni o momenti formativi. La sua collocazione nel centro cittadino sarà un’occasione per ridare a Quartu uno dei suoi “polmoni giovanili” che da sempre le è appartenuto. don Davide Collu don Andrea Secci e l’equipe giovanile

liturgici, attivo nella stessa parrocchia, da cui prende il nome della patrona. A dare ulteriore movimento l'esordio, in questa occasione, del Coro “ Pueri Cantores Don Antonio Loi”- Decimoputzu, che si è formato da due mesi . Di circa 40 elementi, comprende una fascia di età che va da bambini di 4 anni ai ragazzi di 14 anni ed è di tipo monodico, cioè a un unica voce, comincia ad affacciarsi al polifonico, cioè a due o piu voci. I canti del repertorio sono di tipo liturgico e se ne sono introdotti alcuni nazional-popolari tratti anche dalla tradizione

di alcuni paesi stranieri e dalla nostra realtà sarda. Importante l'uso di alcuni strumenti: a percussione , nacchere, campane, legnetti, xilofono, triangolo, maracas, cembali, tastiera. Il nome di Don Antonio Loi, oltre ad essere un sacerdote modello putzese , appassionato di musica, ma era sopprattutto attratto dal canto; pare infatti avesse una bellissima voce , davvero melodiosa. Accompagnati e diretti alla chitarra dalla M. Lidia Lai. La realizzazione di tutto è stata possibile grazie alla collaborazione tra la Parrocchia e il Comune di Decimoputzu, ed alcune associazioni quali “Mondo Idee”, “Laboratorio Sociale” , “Consorzio Regionale Territoriale”, Campus- prodotti agroalimentari. Un grazie speciale agli organizzatori e in particolare a Don Gian Marco Casti che palesa disponibilità e sensibilità sempre . Il ringraziamento doveroso va rivolto a tutti , per essere riusciti negli intenti e sperando che manifestazioni di questo genere se ne possano ancora realizzare: vivere attraverso la musica, mantenedo viva la fede . Il canto e la musica possano essere espressione di servizio e non di esibizione .

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La facciata della Basilica di Sant’Elena; sotto il logo dell’oratorio.

pri talenti e le proprie capacità mettendole a disposizione degli altri; un centro giovanile per i tanti giovani che trovano solo nelle piazzette un luogo di aggregazione e apparente divertimento; un progetto che responsabilizza tutta la comunità parrocchiale nell’educazione religiosa e civile dei più piccoli. Un vero e proprio “Laboratorio dei talenti” così come l’Oratorio è stato definito ultimamente dai nostri Vescovi.

I giovani chiedono spazi, formazione e attenzione. Questa nuova realtà che sta nascendo sarà una risposta alle loro esigenze. Progettare insieme ai giovani per i giovani: questa è l’intenzione che ci accompagna nella nuova impresa che stiamo iniziando. Tutta la parrocchia attende un nuovo volto, una nuova evangelizzazione e delle nuove prospettive. Nel nuovo logo creato per l’Oratorio spicca la croce abbracciata da Sant’Elena e

La bellezza della musica come via che porta a Dio Si è tenuta a Decimoputzu una rassegna di cori LIDIA LAI OME OGNI anno, a Decimoputzu, nella Parrocchia Nostra Signora delle Grazie, in occasione della chiusura delle feste natalizie,viene dedicata, per volonta' dei maestri e dei parroci insieme , una serata all'insegna della cultura ,dove domina la passione della musica e del canto. Questo è il “Dono a Gesù bambino”, nome della manifestazione, : ogni artista offre a Gesù il sacrificio del proprio lavoro . Il 5 gennaio alle 18.00 l'appuntamento per tutti i parrocchiani e non, per seguire nella rassegna canora dei cori intervenuti, locali e ospiti. All'insegna della serenità, della condivisione, della pace è stata sicuramente una serata importante, prima nel suo genere, dove si sono susseguiti i seguenti gruppi in

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ordine di esecuzione: - Corale Mons. Eugenio Zucca - Decimoputzu, di recente formazione, lavora da due anni circa, di tipo prevalentemente liturgica , comprende 25 elementi ed è dedicata proprio a un putzese, compositore di brani per corale, appassionato di musica da sempre. “Cantu e Sentimentu”Siliqua: di cui l'organico corale formato da voci femminili,questa la peculiarità, con un percorso decennale incentrato su canti in lingua sarda. A dirigere e sostenere il tutto M. Alida Cabitza, insegnate di pianoforte e direttore di corale ormai da tanti anni. - Coro “ Sant'Amadu ” - Gesico . Si esprime prevalentemente in limba, esiste da diverso tempo, circa nove anni,ed è promotore di un concorso che comprende le due sezioni di ballo e di canto che si svolge ogni anno

Un momento della rassegna dei cori.

proprio in occasione dei festeggiamenti liturgici del compratrono; M. Andrea Pilloni ne è la guida e il direttore da circa un anno e mezzo. Coro “SS Felicita e Perpetua”-Silius. Con esperienza ultradecennale, trattasi di un coro pretamente parrocchiale , si esprime soprattutto con il canto liturgico e partecipa a tante rassegne locali e non ; il compito primario è quello di animare la liturgica. Coro “Nostra Signora delle Grazie”- Decimoputzu . Si ricostituisce alla fine del 2011, corale mista con voci femminili e maschili, si esprime soprattutto con brani


DOMENICA 26 GENNAIO 2014

IL PORTICO DI CAGLIARI

Nuove schiavitù. Siglato il protocollo d’intesa tra le Figlie della Carità e i Carabinieri.

Figlie della Carità e Carabinieri contro lo sfruttamento delle donne Per sostenere il lavoro delle suore in difesa delle donne sfruttate il 26 gennaio si terrà un concerto di beneficenza nella Casa provinciale FRANCESCO ARESU N IMPEGNO che va avanti da quattordici anni, pur con le tante difficoltà economiche dell'ultimo biennio. La missione scelta da suor Ignazia Mercede Miscali e dalle sue consorelle della Congregazione delle Figlie della Carità di San Vincenzo dè Paoli è troppo importante per arrendersi: aiutare le tante vittime (specie donne) di situazioni drammatiche come la tratta di schiavi e la prostituzione. Per proseguire in questa lodevole opera, però, servono nuovi fondi: per questo motivo, domenica 26 gennaio è in programma un Concerto di beneficenza, organizzato per sostenere le donne schiavizzate aiutandole a uscire dal mondo della prostituzione e a reinserirsi liberamente nella società. Protagonisti della serata – con orario di inizio alle ore 18, presso la Casa Provinciale della Congregazione delle Figlie della Carità (via dei Falconi 10, a Cagliari) – saranno il coro del “Collegium Karalitanum”, diretto da Gia-

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Suor Miscali con il Generale Robusto il giorno della firma del protocollo d’intesa.

como Medas e il “Gruppo Machapu”, che si sono resi disponibili per l'iniziativa organizzata dalle suore vincenziane. «Non ci dovranno essere più – dice suor Ignazia Miscali, coordinatrice dell'equipe di educatori, pedagogisti e psicologi impegnati nel progetto – donne con le “ali spezzate”, cioè vittime della tratta cui sono state inconsapevolmente costrette, impossibilitate a realizzare una vita senza violenza». L'opera delle suore vincenziane va avanti anche grazie alla fitta rete di collaborazione instaurata con le principali istituzioni cittadine e non solo. Dal 2010 è in vigore il protocollo d'intesa tra la

Congregazione e Carabinieri: è dei giorni scorsi la firma congiunta di suor Ignazia e del generale di divisione Luigi Robusto, comandante della Legione Sardegna, che attesta il rinnovo del documento, il cui testo è stato trasmesso a tutte le stazioni dei carabinieri operanti nell'isola. «Il primo protocollo lo firmammo con il generale Adinolfi, mentre con il suo successore Robusto è la terza volta che si rinnova», spiega suor Ignazia, che ricorda come siano in vigore analoghi provvedimenti anche con la Questura e la Prefettura di Cagliari. Un progetto che, in quattordici anni di vita, è riuscito a sostenere oltre duecentocin-

quanta donne e ragazze nel processo di autodeterminazione e di recupero della propria dignità, portata loro via da persone senza scrupoli. «Dal 2000 – argomenta suor Ignazia – andiamo avanti con la nostra equipe di lavoro per aiutare le ragazze a reinserirsi appieno nel mondo del lavoro: il nostro progetto può dirsi concluso soltanto quando la persona in questione riesce a essere indipendente sia lavorativamente che a livello sociale». Un percorso che può durare anche una decina d'anni: «Spesso ci scontriamo con alcune lungaggini della burocrazia, specialmente per quanto riguarda la concessione del primo permesso di soggiorno. Ma andiamo avanti ugualmente, sempre rifuggendo il lavoro nero: meglio qualche mese in più di attesa, ma nel rispetto delle regole». Il ricavato del Concerto (ingresso a offerta libera) verrà utilizzato per continuare a finanziare le tre unità operative delle suore vincenziane in tutta l'isola (a Cagliari, Sassari e Olbia), due case di accoglienza e, soltanto nel capoluogo, ben cinque mamme con figli a carico, insieme a due ragazze in attesa. «Usufruiamo di alcuni fondi provenienti da un bando del Ministero per le Pari Opportunità che copre, però, solo il 70 per cento delle risorse per il progetto. Ecco perché auspichiamo una forte partecipazione all'evento: abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti».

La cultura può essere un veicolo di sviluppo Cagliari si candida a Capitale Europea della Cultura MARIA LUISA SECCHI ONO CAGLIARI, Lecce, Matera, Perugia-Assisi, Ravenna e Siena le sei candidate italiane per Capitale Europea della Cultura 2019, scelte dalla giuria europea, presieduta da Steve Green. Lo annuncia il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo. La giuria tornerà a riunirsi nell'ultimo trimestre dell’anno in corso, per valutare i progetti modificati delle città preselezionate, sulla base delle raccomandazioni formulate dalla stessa e nel 2015 vi sarà quindi la nomina ufficiale. Per le città candidate già la sola nomination "può arrecare (…) importanti benefici a livello culturale, economico e sociale, a condizione che la loro offerta sia inserita in una strategia di sviluppo a lungo termine basata sulla cultura". Lo dice la Commissaria europea per l'istruzione e la cultura, Androulla Vassiliou. Si basa su un percorso lungo

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cinque anni la candidatura di Cagliari e del sud Sardegna, attraverso un processo che prevede la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni nelle creazione di idee e contenuti. Per il primo cittadino Massimo Zedda “solo il fatto di essere tra le prime sei città porta già, in prospettiva, un indotto inimmaginabile”. “La candidatura al titolo di capitale europea – ha spiegato l'Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari Enrica Puggioni - offre la possibilità di dimostrare le ricchezze culturali della nostra città, dell'area vasta e del sud Sardegna, e rappresenta uno snodo importante in un profondo processo di trasformazione urbana in cui tutte le politiche, le programmazioni e investimenti economici sono frutto di un pensiero comune: ripensare il territorio su base culturale”. La struttura del programma che caratterizza il progetto sardo è segnato dal tema del passaggio: passaggio dalla

IL PORTICO

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brevi INIZIATIVE

Concerto a sostegno delle donne schiave Domenica 26 gennaio alle 18 nella cappella della Casa Provinciale delle Figlie della Carità in via Dei Falconi, 10 a Cagliari, si terrà un concerto per sostenere le d o n n e schiavizzate vittime della tratta. Ogni giorno in Sardegna si contano più di 200 vittime di sfruttamento sessuale. Centinaia di annunci rivelano una diffusa prostituzione indoor che coinvolge donne dell'Est Europa, del Centro e del Sud America e della Cina. DON BOSCO

I festeggiamenti a Cagliari In occasione della festa per don Bosco a Cagliari nella parrocchia di San Paolo e nell’istituto di viale S. Ignazio, sono previsti diversi appuntamenti. A San Paolo il 29 gennaio alle 18,30 giochi e animazione per i ragazzi delle medie; il 30 alle 17 giochi e animazione per i bambini delle elementari; ancora il 30 alle 17,30 Santa Messa per gli sportivi ed il 31 alle19 Messa con l’Arcivescovo Nell’istituto “Don Bosco” questi gli appuntamenti. Il 27 gennaio alle 19,15 Santa Messa di S. Francesco di Sales; il 28 alle 17,30 strenna per la Famiglia Salesiana ovvero il commento al messaggio per il 2014 del Rettor Maggiore dei salesiani. Interverrà Don Gianni Ghiglione, salesiano del Piemonte, il 29 alle 8 Santa Messa per docenti e studenti ed il 31 al mattino Messa per le Medie e per i Licei presente l’Arcivescovo, alle 18 una Messa per gli ex-allievi. IL 9 FEBBRAIO

Adorazione eucaristica vocazionale La Galleria Comunale d’Arte.

cultura immateriale al fare, dall’arte antica a quella contemporanea, dall’Europa Mediterranea a quella continentale, dall’identità alle identità, passaggio dall’isolamento alla contaminazione e all’integrazione. Cinque sottotrame vanno a delineare il disegno del tessuto che si vuole realizzare: paesaggi visivi, paesaggi immaginari, paesaggi letterari, paesaggi sonori e paesaggi creativi. l titolo di Capitale europea rappresenterebbe il punto di passaggio dalla Cagliari attuale alla Cagliari Capitale Europea. La principale sfida consiste nel riuscire a cambiare l’immagine della Città e della Sardegna, che non sarebbe più solo meta del

turismo balneare ma luogo capace di produrre cultura e innovazione. Cagliari, da sempre crocevia di culture e civiltà, vuole cogliere l’opportunità di diventare luogo di incontro in cui il bene immateriale si trasforma in bene materiale attraverso l’impegno congiunto e sinergico di uomini e donne “europei”. Il 2019 rappresenta il momento conclusivo di un percorso di sperimentazione, produzione e formazione che sarà portato avanti a partire dal 2015. Tra i principali obbiettivi la riscrittura del territorio, la trasformazione della città e la creazione di nuove opportunità occupazionali e di formazione.

Domenica 9 febbraio alle ore 16,30 presso il Monastero delle Clarisse Cappuccine in Cagliari si ripete l’appuntamento mensile dell’adorazione eucaristica vocazionale, curata dal Centro Diocesano Vo c a z i o n i . Sono invitati tutti gli operatori della pastorale vocazionale e quanti vogliono unirsi nella preghiera al padrone della messe perché mandi operai (consacrati e consacrate) alla sua Chiesa.


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IL PORTICO DE

IL PORTICO

III DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)

dal Vangelo secondo Matteo

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uando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Si ritirò sulla riva d

Mt 4, 12-23 DON ANDREA BUSIA

il portico della fede

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l nostro brano inizia in modo particolare e questo ci aiuta a capire che, all’interno del vangelo, le informazioni non sono ci vengono necessariamente fornite in ordine cronologico: Giovanni ci dice qui che Giovanni era stato arrestato, ma un lettore che leggesse per la prima volta dovrebbe andare avanti per dieci capitoli prima di sapere da chi e perché Giovanni era stato preso. All’inizio del capitolo 14 Matteo ci informa che “Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla!»” (Mt 14,3-4). Perché Matteo non si dilunga a spiegare il motivo dell’arresto in questo punto, ma rimanda fino a quando non racconterà anche il suo martirio? La risposta è semplice e allo stesso tempo fondamentale per la comprensione del Vangelo: Dopo

aver narrato alla fine del terzo capitolo il Battesimo di Gesù amministrato da Giovanni, Matteo ci dice che non c’è più necessità di dilungarsi sul precursore perché la missione pubblica di Gesù sta finalmente iniziando, dopo che è stata pronunciata dal Padre l’affermazione “Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3,17) l’attenzione non può che essere rivolta su Gesù, e anche noi siamo chiamati a fare lo stesso sforzo, quello di guardare a Gesù, le sue azioni, e ascoltare le sue parole. Matteo presenta l’inizio della missione di Gesù in Galilea come la realizzazione della profezia di Is 8,23b-9,1, una profezia che potremmo definire “geografica” nella prima parte e “messianica” nella seconda, almeno secondo l’uso che ne fa Matteo. Di per sé la prima parte, quella geografica, caratterizzata da cinque nomi di luoghi, risulta abbastanza problematica perché è poco adatta al contesto

se interpretata letteralmente: La città in cui Gesù si reca è Cafarnao e questa si trova nel territorio di Neftali, e non anche di Zabulon il che non stupisce essendo questi due territori separati, seppur confinanti; la seconda difficoltà è data dal fatto che Cafarnao non si trova “al di là del Giordano”. Queste difficoltà vengono facilmente superate se si pensa a questa lunga denominazione come non riferita sempre allo stesso luogo ma come un insieme di territori che vengono tutti riassunti in quella formulazione, forse un po’ imprecisa ma fondamentale, che è “Galilea delle genti”. Quest’ultima espressione è quella che a Matteo preme di più in quanto esplicita che la missione di Gesù riguarderà, soprattutto dopo la sua risurrezione, anche i gentili (cioè i non ebrei). Non è un caso che il vangelo di Matteo si chiuda proprio con la narrazione di un episodio che ha luogo in Galilea: “Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte

che Gesù aveva loro indicato. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»” (Mt 28,16.18-19). Inizia quindi dalla Galilea la predicazione di Gesù, una predicazione che ha un carattere “costante”: Matteo ci dice infatti che Gesù predicava la conversione “da quel momento in poi”. Questa è la sintesi in Matteo dell’insegnamento di Gesù, ed è in perfetta consonanza con quello di Giovanni battista (Mt 3,1-2), in questa sintesi assume particolare importanza, maggiormente rispetto alla versione di Marco ("Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo" Mc 1,15), il verbo “convertitevi”; questo verbo così forte sottolinea il cambio di vita, realizzato nel Battesimo e fatto maturare nella vita del cristiano, necessario per prendere parte al regno di Dio che è vicino.

LA FEDE ILLUMINA LA REALTÀ DELLA SOFFERENZA Nella parte finale della Lumen fidei Papa Francesco si sofferma sul rapporto tra fede e sofferenza. San Paolo scrive che «noi […] non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore » (2 Cor 4,5). Queste parole fanno intendere con chiarezza come la testimonianza della fede non sia una realtà comoda ma abbia a che fare anche con il sacrificio e l’incomprensione. A questo proposito il Papa fa notare che «è nella debolezza e nella sofferenza che emerge e si scopre la potenza di Dio che supera la nostra debolezza e la nostra sofferenza» (LF, n. 56). Più in generale per il cristiano la sofferenza, anche quella più grande, perfino la morte, può davvero essere vista con una luce diversa se ci apre alla prospettiva di Cristo: «Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell’amore. Con-

templando l’unione di Cristo con il Padre, anche nel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr Mc 15,34), il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù. Perfino la morte risulta illuminata e può essere vissuta come l’ultima chiamata della fede, l’ultimo "Esci dalla tua terra" (Gen 12,1), l’ultimo "Vieni!" pronunciato dal Padre, cui ci consegniamo con la fiducia che Egli ci renderà saldi anche nel passo definitivo» (ibidem). La luce della fede permette anche di vedere le sofferenze del mondo. Lo sguardo illuminato dalla fede ha permesso a San Francesco e alla Beata Madre Teresa, per esempio, di riconoscere Cristo nei poveri e capire il mistero presente in questi fratelli e sorelle. Non si tratta di cancellare il male o di spiegarlo, ma in primo luogo di poter essere accanto a chi soffre portando una luce nuova: «la fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che

soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce» (LF, n. 57). Quest’apertura sincera alla sofferenza di ogni uomo si lega al servizio al bene comune che è «sempre un servizio di speranza» (ibidem) nutrito dalla certezza che «solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società» (ibidem). La speranza, unita alla fede e alla carità, spiega Papa Francesco, «ci proietta verso un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere quotidiano» (ibidem). lla fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (ibidem). di don Roberto Piredda


ELLA FAMIGLIA

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

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Saper gestire il rapporto con i “genitori suoceri”

del mare...

Giovani sposi e famiglie di origine M. G. GIRAU E C. CONGIU

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RISCRITTURE

IL REGNO DEI CIELI È VICINO L'evangelista Matteo presenta l'inizio della missione pubblica di Cristo. Essa consiste essenzialmente nella predicazione del Regno di Dio e nella guarigione dei malati, a dimostrare che questo Regno si è fatto vicino, anzi, è ormai venuto in mezzo a noi. Il termine "vangelo", ai tempi di Gesù, era usato dagli imperatori romani per i loro proclami. Indipendentemente dal contenuto, essi erano definiti "buone novelle", cioè annunci di salvezza, perché l'imperatore era considerato come il signore del mondo ed ogni suo editto come foriero di bene. Applicare questa parola alla predicazione di Gesù ebbe dunque un senso fortemente critico, come dire: Dio, non l'imperatore, è il Signore del mondo, e il vero Vangelo è quello di Gesù Cristo. La "buona notizia" che Gesù proclama si riassume in queste parole: "Il regno di Dio - o regno dei cieli - è vicino" (Mt 4, 17; Mc 1, 15). Che significa questa espressione? Non indica certo un regno terreno delimitato nello spazio e nel

tempo, ma annuncia che è Dio a regnare, che è Dio il Signore e la sua signoria è presente, attuale, si sta realizzando. La novità del messaggio di Cristo è dunque che Dio in Lui si è fatto vicino, regna ormai in mezzo a noi, come dimostrano i miracoli e le guarigioni che compie. Dio regna nel mondo mediante il suo Figlio fatto uomo e con la forza dello Spirito Santo, che viene chiamato "dito di Dio" (cfr Lc 11, 20). Dove arriva Gesù, lo Spirito creatore reca vita e gli uomini sono sanati dalle malattie del corpo e dello spirito. La signoria di Dio si manifesta allora nella guarigione integrale dell'uomo. Con ciò Gesù vuole rivelare il volto del vero Dio, il Dio vicino, pieno di misericordia per ogni essere umano; il Dio che ci fa dono della vita in abbondanza, della sua stessa vita. Il regno di Dio è pertanto la vita che si afferma sulla morte, la luce della verità che disperde le tenebre dell'ignoranza e della menzogna. Benedetto XVI - Angelus 27 gennaio 2008

N QUESTE poche righe proponiamo una breve riflessione sui rapporti tra giovani sposi e le loro famiglie d'origine. Ogni situazione familiare ha caratteristiche difficilmente omologabili, tuttavia non si può nascondere il fatto che i rapporti tra giovani sposi e le famiglie d'origine siano spesso conflittuali e che questi conflitti minaccino la serenità e la tenuta della coppia. Partiamo allora da una facile ed ovvia considerazione: ogni famiglia nasce da una famiglia, nessuna famiglia nasce dal nulla! Gli “sposi genitori” rappresentano l'anello di congiunzione tra la generazione passata e quella futura. Tuttavia è innegabile che i loro comportamenti e atteggiamenti siano condizionati in modo conscio o inconscio dal loro vissuto e dal loro tempo storico. Il progetto di Dio sull'uomo e la donna ci presenta un invito chiaro: “lasciare il padre e la madre”! Il distacco dalla famiglia di origine è un passaggio necessario anche se a volte doloroso, è il momento fondante del nuovo nucleo famigliare, mattone costruttivo di una comunità e dell'intera società. Per molte coppie il figlio, e spesso quello unico, diventa l'unico scopo della relazione e convivenza coniugale e non è raro assistere alla separazione di sposi anche dopo trenta o quaranta anni di matrimonio. I “genitori sposi” hanno dato tutto per i figli, risorse ma soprattutto energie mentali e fisiche ed ora dopo il matrimonio del figlio non hanno più nulla da dirsi. Quando i figli si sposano, è data ai “genitori suoceri” una grande opportunità: quella di rivitalizzare la loro relazione, sponsale in tutte le componenti fisiche, spirituali, affettive, sentimentali e di tenerezza, che sono i principali antidoti al senso di vuoto, dopo il distacco del figlio. L’obiettivo è ritornare ad essere genitori che sanno vivere la loro quotidianità senza il bisogno di intromettersi nel vissuto della

nuova coppia. Per superare i conflitti è indispensabile che “genitori suoceri” e giovani sposi siano costruttori di pace e per favorire questo percorso i “genitori suoceri” dovrebbero domandarsi com’è avvenuto il distacco dalla propria famiglia d'origine, se i genitori li hanno aiutati o contrastati e perché hanno desiderato dei figli. Saranno proprio queste domande ad aiutare gli “sposi genitori” al momento del distacco e, in certi casi, a superare autoritarismi, rivendicazioni e paure di abbandono da parte dei figli. I figli non sono i nostri figli ma sono un dono del Signore. D'altra parte i nuovi sposi, specialmente quelli che hanno vissuto per parecchi anni nella casa dei genitori, hanno la “tendenza” a non uscire da se stessi, e spesso adottano un comportamento non paritario con il partner. L'amore li aiuterà a superare le difficoltà iniziali e a sapersi adattare alla nuova situazione. Nei rapporti con i “genitori suoceri” la nuova coppia dovrà imparare a stare insieme e a curare la relazione, senza preconcetti e senza rigettare opinioni e consigli da parte delle famiglie di origine sempre come interferenze non volute e non richieste. Occorre prendere atto delle diversità e saperle valorizzare: le “cose vecchie” non vanno imposte ma neanche buttate via, occorre semmai saper sapientemente scegliere tra “cose vecchie” e “cose nuove”. In conclusione, le problematiche relazionali tra una giovane coppia che si avvicina al sacramento del matrimonio o l’ha appena celebrato, richiedono un’attenzione particolare. Questa tematica andrebbe affrontata anche nei percorsi di preparazione al sacramento. Come fare? Come affrontare l'argomento? Quali sono le esperienze in atto nella nostra Diocesi? Vi invitiamo a segnalarci le attività in questo campo e ogni altra iniziativa utile all'indirizzo mail ufficiofamiglia@diocesidicagliari.it.


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IL PORTICO DEI LETTORI

IL PORTICO

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

LETTERE A IL PORTICO Il Documento comune “Dal conflitto alla comunione” della Commissione luterano – cattolica sull’unità, è stato preparato in vista del 2017, anniversario di un evento drammatico, lacerazione della Chiesa (dal Conflitto), per portare, ad una piena riconciliazione (alla Comunione), è ricco di speranza, desiderio di riportare la Chiesa alla Verità intesa da Cristo, Verità che viene sempre meglio individuata nel Dialogo . Esponiamo brevemente i quattro Temi considerati: sempre si parte dalla posizione di Lutero, per poi individuare la reazioni cattoliche, che hanno suscitato un dialogo di Verità, non concluso, che non nasconde le differenze vigenti. Il primo argomento è la Giustificazione, come trovare un Dio misericordioso, ricerca che attraversa tutta la vita di Lutero; si stabilisce così il primo principio, che tutto regge: Dio giustifica gratuitamente nella Croce di Cristo, che accolta nella fede, ci rende capaci

di Preghiera, osservanza dei comandamenti. La difficoltà cattolica dipende da una certa “solitudine” di questo comune principio fondamentale, rispetto agli altri articoli della comune professione di fede. Di questo tema, dell’accordo ritrovato, è ora facile trattare dopo la Dichiarazione, impegnativa per ambo le parti del 1999: è costruita sulla confessione comune di verità fondamentali, accoglienti sviluppi complementari di posizioni luterane e cattoliche, che non si escludono a vicenda. Passando al secondo Tema, la Cena del Signore, l’Eucaristia, notiamo come nel dialogo si sia raggiunto un accordo non solo sulla ribadita Presenza reale del corpo e sangue del Signore, ma inoltre notevoli convergenze sul Sacrificio. La difficoltà di Lutero dipendeva da un certo oscuramento nella Teologia medioevale del Memorialeanamnesi, che realizza la ri-presentazione dell’unico Sacrificio della Croce nella celebrazione del-

la Cena. Notiamo come il Tridentino abbia ricuperato l’uso di questa categoria biblica decisiva per la natura sacrificale della Cena stessa. Per Lutero un sacrificio che è opera umana, contraddice il principio della giustificazione per la Fede nella Croce di Cristo; l’accoglienza attuale della categoria biblica del Memoriale, che ripresenta l’unico evento salvifico della Pasqua, si dimostra in sintonia col pensiero del Riformatore. Infatti riconoscere la presenza reale del Corpo e Sangue del Crocifisso glorioso significa riconoscere una presenza sacrificale; Cristo rende presente l’unico sacrificio salvifico della Croce, capace di unire, inserire in sé il sacrificio del suo Corpo ecclesiale, intensificare i vincoli di carità tra tutti i suoi discepoli, edificare la Chiesa. Nessuna difficoltà con il primo principio fondamentale della giustificazione per la fede in Cristo, anzi ne assicura la realizzazione piena: Cristo non ci giustifica per la sua Croce gloriosa ?. Ora questo evento, l’unico Salvifico, è reso presente, pienamente operante, per il singolo Cristiano, nell’intera comunità, locale ed universale. (continua nel prossimo numero) Stefano Maria Moschetti, SJ

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

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iamo di nuovo sul tetto del mondo. Almeno per ciò che riguarda il cinema. L'ultimo film di Paolo Sorrentino, che riproduce l'incanto della nostra capitale oltre il “chiacchiericcio” per concentrarsi sulla sua “grande bellezza”, vince per l'Italia un Golden Globe dopo quattordici anni, una nomination agli Oscar dopo sette, e speriamo anche la statuetta nella notte magica del prossimo 2 marzo a Los Angeles. Al centro c'è una storia di decadenza che inizia nel singolo e finisce per allargarsi come un abbraccio ad una città, ad un paese e infine ad un modo di stare al mondo che ci riguarda tutti, italiani e non. Probabilmente è questo che ha colpito oltreoceano, e che come spesso accade stentiamo ad apprezzare 'in casa'. Si, perchè al centro, nelle ultime settimane, più che l'arte c'è stata la polemica. Sul lato tecnico nessuno ha niente da dire: Sorrentino è da parecchio una delle teste di serie del cinema italiano e la sua bravura nell'usare la macchina da presa non si può negare. Allora non resta che attaccare l'idea di fondo che pervade il film. Il cinema si fa forte di una ricchezza che riguarda l'arte in generale, la soggettività, e che rende liberi di avere ognuno il suo pensiero, e con esso la possibilità di esprimerlo. In questo caso però, più che una critica strettamente cinematografica, sembra che il disaccordo sia sull'immagine, in particolare quella che diamo al resto del mondo con un film come questo. E allora sembra che per l'ennesima volta si premi la figura dell'italiano fannullone, superficiale (quando non mafioso) e borioso. Immagine che quando non ci danno gli ameri-

In onda su Radio Kalaritana Frequenze in FM: 95,000 - 97,500 - 99,900 - 102,200 - 104,000 www.radiokalaritana.it - e-mail: info@radiokalaritana.it

Oggi parliamo di… arte e fede Le chiese di San Vito. (Terenzio Puddu) Domenica 26 gennaio ore 18.10 Lunedì 27gennaio ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie- Claire Alain. (a cura di Andrea Sarigu) domenica 26 gennaio ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione “Un medico tra gli orsi”, serie tv dal 1995 al 1999 (Simone Bellisai) Martedì 28 gennaio ore 19.10 Mercoledì 29 gennaio ore 8.30 L’ora di Nicodemo Il Vangelo di Matteo (Commento esegetico - spirituale a cura di Sabino Chialà – Biblista) Mercoledì 29 gennaio 21.30

Il film di Sorrentino vincitore del Golden Globe e in gara per gli Oscar

Una “bellezza” da riscoprire VALERIA USALA

cani, ci diamo da soli. E poi ancora il limite di non riuscire a raccontare altre cose che non siano crisi o concetti stereotipati di un'Italia che è altro oltre all'autocommiserazione. La verità è che non siamo tanto bravi a raccontare né il passato né il futuro, e lo dimostrano i generi dei film in sala (pochissimi storici, niente fantascienza). Da sempre siamo invece molto acuti nel raccontare il presente: lo faceva Fellini con La dolce vita e I vitelloni (e le somiglianze sono visibili, ma ben lontane dalla copia e ancor più dal plagio) ;lo fa ora Sorrentino. Questo presente ci spaventa perchè ci viene mostrato in modo gelido, distante e quasi grottesco; ma ci spaventa ancora di più perchè sappiamo che in fondo è tutto vero. I trenini che non portano da nessuna parte, le cose che non ci va di fare e che facciamo comunque, gli amici d'occasione che ci stancano presto e che non ci conoscono, perchè forse non ci conosciamo più tanto bene nemmeno noi. Il protagonista Jep (un Toni Servillo in stato di grazia alla quarta collaborazione con il regista) osserva una vita romana che non è più dolce, la

sua, e ci accompagna nella Roma deserta dell'alba senza darci la mano. Tanto bella da farci morire se la guardiamo troppo a lungo, come capita al il turista giapponese all'inizio del film, tanto decadente da far venire malinconia e riportare in superificie “lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile”. Fuori dall'Italia ci riconoscono così? Beh, forse lo siamo. E se avessimo un po' di umiltà per ammettere che abbiamo toccato il fondo, potremmo magari iniziare a risalire. Il fasto e le feste non bastano più, la bellezza è stata svalutata in abbondanza, Roma diventa improvvisamente un gigante coi piedi d'argilla che stenta a rimanere in piedi, e finisce per deluderci (che detto da Carlo Verdone suona come una ferita che brucia il doppio). Fuori dalla metafora della vita, condivisibile o meno, il film resta comunque una grossa testimonianza di capacità registiche e qualità narrativa-attoriale notevoli; ma in questo siamo sempre stati bravi, e non ci dispiace ammetterlo.

Oggi parliamo con… Rosaria Boi, missionaria laica Sabato 24 gennaio 19.10 Domenica 25 gennaio ore 10.30 Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal Lunedì al venerdì 10.30 / 12.15 / 13.30 Lampada ai miei passi (27 gennaio- 1 febbraio) Commento al Vangelo quotidiano a cura del diacono Ignazio Boi Dal lunedì al venerdì 5.00 / 6.48 / 21.00 Sabato 5.00 / 6.48 / 21.00 (vangelo domenicale) Domenica 5.00 / 7.30 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Ogni giorno alle 00.01

Sta di fatto che torniamo di fronte all'Academy con una rappresentanza d'eccezione e con qualcosa che finalmente ha un peso, dato che il resto della produzione nazionale è da scartare. Lo facciamo parlando della crisi più preoccupante che ci ha colpito, quella dei valori e dei costumi, commiserando noi stessi e quello che siamo diventati, dando un'ammissione di colpa degna di quell' amanate che riconosce di aver rovinato una famiglia senza assumersene fino in fondo la colpa. Invece di chiedersi perchè continuiamo a farlo, dovremmo ringraziare di esserne ancora capaci. Il talento di cui l'Italia brulica, nei giovani come negli adulti, viene dissipato, sperperato e buttato via come l' ennesimo drink in una delle feste di Jep, e non ci rimane altro che pensare con malinconia alle occasioni perdute. Come a dire che chi ha fatto il suo tempo può solo assistere alla fatiscente grande bellezza che lascia in eredità, e chi invece può fare qualcosa è il caso che si alzi e cominci a non perdere un'altra occasione. I critici non l'hanno fatto, e ancora una volta hanno tarpato le ali ad un'opera che viene da noi ed è per noi, prima che per il resto del mondo. Sorrentino non l'ha fatto, anzi l' occasione l'ha colta al balzo e ha confezionato un raffinato gioiello, che andrebbe maneggiato con cura se non altro per il fatto che ora come ora è davvero raro da trovare. Ed è opportuno che nemmeno noi allora perdiamo quest'occasione, per chi non ha visto il film di farlo, e per chi l'ha già fatto di riguardarlo con il coraggio introspettivo di chi si vede e non si piace, ma continua comunque a volersi bene.


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Carità. L’impegno della Caritas e del Consolato per le isole colpite dal Tifone Haiyan

La carità operosa della Sardegna verso gli amici delle Filippine Parla Danilo Cannas, console onorario in Sardegna: “C’è stata una grande affluenza in tutti i centri di raccolta del materiale” MARIA CHIARA CUGUSI

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NA GRANDE generosità dei sardi verso le popolazioni filippine». Danilo Cannas, console onorario delle Filippine in Sardegna, traccia un primo bilancio della raccolta di materiali promossa nei mesi scorsi a favore delle isole devastate dal Tifone Haiyan. Nel frattempo, continua la raccolta fondi promossa dalla Caritas diocesana, in collaborazione con il Consolato, che «permetterà di promuovere un progetto mirante alla ricostruzione e a un accompagnamento nel tempo». Che risposta c’è stata da parte del territorio regionale verso le popolazioni colpite? «C’è stata una risposta pronta e capillare, nonostante dieci giorni dopo si sia verificato il Tifone Cleopatra che, inevitabilmente ha ‘distratto’ la raccolta. In tutti i centri Mobil Discount allestiti nell’isola c’è stata una grande affluenza di persone che hanno consegnato beni per le popolazioni filippine, dagli indumen-

Un’immagine dei danni dopo il passaggio del tifone “Hayan”.

ti e dalle coperte ai generi alimentari inscatolati o sottovuoto. Sono stati raccolti anche numerosi medicinali, grazie alla collaborazione della Croce Rossa Italiana. Inoltre, ci sono stati dei gesti di grande solidarietà, tra cui quello dimostratoci da Francesco Manconi, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di via Garavetti - dove come Consolato abbiamo organizzato degli incontri -, che è riuscito a mobilitare insegnanti e bambini in questa gara di solidarietà. Senza dubbio, ha giocato un ruolo importante anche la presenza della comunità filippina a Cagliari, fortemente radicata nel territorio e ben voluta dai datori di lavo-

ro, che si sono mobilitati a loro volta, attraverso un ‘effetto domino’; le stesse associazioni ‘Bahianian’ e ‘Filippini in Sardegna’ si sono attivate immediatamente». Qual è stato il ruolo del Consolato? «Abbiamo coordinato le varie azioni di raccolta, smistamento e invio dei materiali presso i centri di destinazione, insieme alla Caritas diocesana. Il ruolo di quest’ultima è stato determinante, non solo per la sua grande capacità ed esperienza organizzativa, ma anche per la sua incisività e il profondo radicamento sul territorio, che ha permesso di raggiungere e sensibilizzare le singole comunità regionali, consen-

tendo di avere una risposta corale». Quale sarà l’importanza di realizzare un progetto per le popolazioni colpite? «Nei territori colpiti ci sono ancora molti dispersi e ancora cadaveri da recuperare. Attualmente, si sta valutando un riassetto del territorio, per poi procedere con la pianificazione degli interventi. In questo contesto di devastazione, la generosità della Sardegna è stata fortemente apprezzata: lo stesso ambasciatore delle Filippine Virgilio Reyes jr. ha ringraziato ufficialmente la Regione e la Caritas regionale per il supporto assicurato, facendosi portavoce della gratitudine da parte del Governo Filippino. Il vero problema è promuovere interventi mirati per superarre un’ottica meramente emergenziale, secondo la peculiarità dell’approccio Caritas: non solo garantire la ricostruzione immediata, ma anche un accompagnamento nel tempo, con un’attenzione particolare all’istruzione e al supporto sanitario, due settori che nel paese sono tuttora ‘elitari’, limitati ad alcune fasce della popolazione». Le offerte per le Filippine potranno essere versate sui conti intestati a Arcidiocesi di Cagliari - Caritas Diocesana: Banca Prossima IBAN IT70 Z033 5901 6001 0000 0070 158; Bancoposta IBAN IT87 Z076 0104 8000 0101 2088 967, indicando la causale ‘Emergenza Filippine’; la raccolta fondi durerà anche nei prossimi mesi.

Sardegna e Filippine, unite dalla solidarietà A due mesi dalla tragedia la grande risposta dei sardi M.C.C. QUASI OLTRE due mesi dal Tifone Haiyan che ha devastato le Filippine, continua l’impegno della Caritas diocesana per portare avanti la colletta, lanciata lo scorso dicembre su volontà della CES e tuttora attiva, finalizzata alla realizzazione di un progetto regionale destinato alle popolazioni colpite. «C’è la disponibilità della Caritas Italiana - spiega don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana e delegato regionale Caritas - a sovraintendere a un progetto regionale, che mira non solo a ricostruire, ma anche ad accompagnare le famiglie colpite, attraverso un’azione di medio - lungo termine». Si tratterà di un ‘progetto corale’, ancora da definire nello specifico, portato avanti insieme al Consolato delle Filippine in Sardegna, alla comunità filippina presente a Cagliari e ad alcune

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realtà del mondo del volontariato locali, tra cui il CVS Sardegna Solidale e Solidarietà sarda. Quest’ultima è già impegnata in un progetto nell’isola di Samar, devastata dal tifone. Qui, nella località di Dolores, una decina di anni fa, è nato il ‘Villaggio Sardegna’, grazie alla generosità dei sardi: una struttura ospedaliera, il ‘Policlinico Sardegna’, scuole primarie, secondarie e professionali che accolgono oltre 400 ragazzi, centri di accoglienza, creati per volontà della suora francescana Madre Flora Zippo, 87anni, definita ‘la ‘Madre Teresa delle Filippine’ per il suo spirito carismatico, oltre che per la profonda amicizia che la legava alla suora. Origini campane, una vita dedicata alle missioni, soprattutto a Manila, dove dieci anni fa ha conosciuto Costantino Flore, medico e presidente di Solidarietà Sarda. Così, è nato un progetto, caratterizzato dalla «massima tra-

Filippini della comunità di Cagliari.

sparenza - spiega Flore - : la stessa Madre Flora, a partire dal 2000, è venuta, sistematicamente in Sardegna, dove ha tenuto incontri nelle scuole, università, parrocchie, per raccontare la situazione delle Filippine e ciò che abbiamo costruito nel corso del tempo». Un legame che da allora non si è più spezzato: grazie alla missionaria - da anni cittadina onoraria di Capoterra e dal 2012 di Cagliari - sono nate nell’isola tre case di francescane dei Sacri Cuori a Orune, Orotelli e Budoni, e ora «c’è il progetto di crearne una quarta nella Diocesi di Ales-Terralba». Oggi, nel ‘Policlinico’, opera il padre camilliano Amelio Troietto, origini venete, unico medico pre-

sente nella struttura, in un paese in cui la mortalità infantile raggiunge il 70 – 75%, e in cui si combatte ogni giorno contro tubercolosi e malnutrizione. Nella mail inviata all’associazione sarda lo scorso 30 novembre, il religioso racconta le difficoltà vissute a Dolores dopo il tifone, dove – nonostante i danni – le strutture hanno tenuto. Il legame con la Sardegna è tuttora costante. «Tra i maggiori benefattori delle strutture realizzate – spiega Flore – c’è una comunità di olbiesi, che anche quest’anno, qualche giorno dopo l’alluvione in Sardegna, non hanno esitato a raccogliere fondi destinati alle famiglie di Dolores».

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cronaca MONSERRATO

La devozione a San Sebastiano Dell’antica chiesa di S. Sebastiano, restano, parzialmente, solo i muri perimetrali e i tre gradini di accesso. Ubicata nell’odierna via G. Zuddas, in antico si trovava fuori dell’abitato di Monserrato, nei pressi del confine con Pirri, laddove è ubicata “Sa cruxi e’ marmuri”, luogo in cui veniva innalzato il patibolo per le esecuzioni capitali e le pubbliche fustigazioni. Secondo il testo “Uno sguardo al passato” di M. Vincis (Trois ed., Cagliari,1989, pag. 80-81), la chiesa è stata ricostruita nel XVII sec. e adibita a cappella cimiteriale, dedicata al culto dei santi Antioco e Sebastiano. Ora, proprio il martire sulcitano e il fratello Platano, erano entrambi medici e, questa intitolazione, avvalorerebbe l’ipotesi che propongo in questa sede cioè che la chiesa fosse parte integrante di un antico lazzaretto. Infatti, il luogo in cui sorge era isolato rispetto all’abitato, da S’Arriu, il corso d’acqua stagionale che divideva in due il paese e corrispondente all’attuale Via del Redentore, che confluiva nello stagno che arrivava, più o meno, all’odierna Via C. Cabras . Stando, infatti, alla consuetudine di molti paesi della Sardegna, al santo martire erano intitolate le chiese in cui venivano ricoverati i malati considerati “inguaribili” e isolati dal contesto urbano. Nella penisola il santo protettore della peste, era S. Rocco, ma esiste una chiesetta campestre vicino a Spoleto, dove sorge oggi il Santuario della Madonna della Stella, intitolata ai santi Bartolomeo, Biagio (che era un medico), Sebastiano e Rocco, tutti santi che hanno a che vedere con le malattie della pelle e con la medicina. Il quadro di C. Cabras è forse l’unica testimonianza iconografica esistente, che ci permette di vedere come fosse l’alzato della chiesetta: facciata a capanna sormontata da un campanile velare, semplice ed essenziale, senza pretese artistiche. E’ rappresentata durante la festa, quando si accendeva “su fogadoni”, nello spiazzo antistante e decorata con festoni intrecciati e rami di mandarino. Nella seconda metà del 1800 fu adibita a prima scuola elementare di Monserrato. Il crollo del tetto degli anni ’60, ha inevitabilmente segnato l’abbandono del luogo, il recente restauro non ha potuto far altro che salvare il salvabile. Prof.ssa Luisa Rossi L’Arcivescovo, i Vicari, con tutto il Presbiterio partecipano al dolore dei familiari per la morte di Padre Francesco Piras sj, don Clemente Liggi e Padre Bruno Masala osb, e offrono preghiere di suffragio.


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brevi EVANGELIZZAZIONE

Comunità Magnificat Dominum La comunità Magnificat Dominum anche quest’anno organizza un’attività di evangelizzazione carismatica diretta ai giovani dai 14 ai 24 anni. La comunità è un’associazione privata di fedeli laici di Diritto Diocesano, avente per scopo, tra gli altri, la promozione dello sviluppo umano integrale, soprattutto dei giovani. Aderisce al Rinnovamento nello Spirito italiano e alla Fraternità Cattolica. Partendo dall’evidente bisogno di una nuova evangelizzazione, tanto auspicata negli ultimi anno nella Chiesa già da Giovanni Paolo II e fino a Papa Francesco, intende portare l’annuncio kerigmatico attraverso nuovi linguaggi multimediali ed in particolare l’arte, la musica e tante dinamiche interattive. Al termine di questo percorso di dieci incontri una testimone d’eccezione di come Gesù può dare una svolta significativa alla nostra vita e soprattutto ci può donare la vera gioia: suor Anna Nobili, ex cubista e fondatrice della scuola di danza sacra: “Holy Dance” che sta riscuotendo tanto successo in tutta Italia. Gli incontri che si svolgeranno nei pressi dell’oratorio di San Massimiliano Kolbe e che vedranno la partecipazione oltre che dell’equipe della comunità anche del viceparroco don Guido Rossandich, inizieranno domenica 2 febbraio alle 16,30. Per informazioni Anna Maria 3472986288.

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Catechesi. Parla la responsabile della scuola di formazione diocesana Maria Paola Piras.

L’impegno per formare i catechisti della nuova evangelizzazione DAVIDE LAI O SCORSO 15 gennaio ha preso il via nei locali del Seminario Arcivescovile di Cagliari, la Scuola diocesana di formazione per catechisti, ma aperta a tutti gli operatori pastorali e a coloro che sono impegnati nel campo dell'evangelizzazione. Il corso, di durata triennale, sarà basato sullo studio, la riflessione ed il lavoro sui documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II. La responsabile della Scuola diocesana, è la Prof.ssa Maria Paola Piras, docente di Religione Cattolica e di formazione per catechisti e collaboratrice dell' Ufficio Catechistico Diocesano. Perché la scelta di un corso di formazione sul Concilio Ecumenico Vaticano II? Da cosa nasce questa esigenza? Il Concilio Vaticano II ha portato un vento di novità che ha investito anche la catechesi. Il suo è stato un influsso indiretto, ma decisivo che ha messo le basi per intendere e impostare la catechesi in modo nuovo, rispondente alle esigenze del nostro tempo. È stata la risposta a un mondo attraversato da nuove istanze, la risposta alle nuove sfide presenti in una società profondamente cambiata. Il Concilio ha aperto la catechesi alla Bibbia, alla celebrazione liturgica significativa, alla testimonianza e al servizio. Si tratta di un cambiamento che indica l'esigenza e l'impegno di rinnovare il modo

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di trasmettere la fede cristiana, con un ritorno alla freschezza, all'autenticità e alla forza delle origini, insieme a una decisa attenzione alle istanze del nostro tempo. Proprio per questo, è fondamentale per tutti coloro che sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni, nel ministero dell’evangelizzazione e della catechesi, percorre i grandi temi del Concilio, che sono entrati nell’orizzonte del Documento di Base per il Rinnovamento della Catechesi e del Direttorio Generale per la catechesi, attraverso la lettura e la conoscenza dei documenti. Come è organizzato questo primo anno? Il tema di questo primo anno sarà: Educazione – Vangelo – Catechesi e Lumen Gentium. Si tratta di una rilettura del Direttorio Generale per la catechesi alla luce dei Nuovi orientamenti della CEI “Educare alla vita buona del vangelo”. Sono previsti 15 incontri, da Gennaio ad Aprile, ogni

mercoledì dalle 17.00 alle 19.30 Si lavorerà utilizzando il metodo della cooperative learning, mediante la tecnica laboratoriale. Ogni incontro prevede: Accoglienza, Presentazione del tema con relazione di un esperto, lavoro di gruppo, condivisione, conclusione. Perché questo percorso dovrebbe essere d'aiuto ad un nuovo e ad un "vecchio" catechista? Per quale motivo è importante partecipare a questa iniziativa? Nella Chiesa italiana a partire dal Vaticano II, la formazione risulta uno degli impegni prioritari e più richiamati nei pronunciamenti programmatici. La formazione dei catechisti è un compito vitale perché dalla loro qualità dipende in gran parte la capacità evangelizzatrice delle nostre comunità. Per questo, oggi più che mai ogni parroco dovrebbe farsi carico di questo compito invitando i propri catechisti, sia coloro che iniziano un

cammino sia coloro che, impegnati da tempo, sentono il bisogno di una verifica e di un aggiornamento per il loro ministero ad essere davvero persone di fede capaci di comunicare ed educare alla fede: maestri, educatori e testimoni, «prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali» (Documento di Base n.200). Come pensi debba rapportarsi, oggi, chi vive il servizio della evangelizzazione e della catechesi, con le persone verso le quali è chiamato ad operare? La catechesi è annuncio, proposta, comunicazione del Vangelo di Gesù Cristo; essa avviene in un tempo particolare della vita dell’uomo e in un contesto particolare che è la comunità cristiana. La catechesi ha bisogno di una relazione educativa, perché è un momento ‘alto’ di educazione della persona. Il catechista compie questo atto di comunicazione e di annuncio nel rispetto della personalità di ogni ragazzo, giovane o adulto. Dovendo compiere opera di mediazione tra la Parola di Dio e gli uomini di oggi, chi fa catechesi deve vivere una duplice conversione: capire sempre meglio la Parola di Dio per annunciarla in tutta la sua integrità, avvalendosi degli studi moderni e delle riflessioni teologiche incarnate nella cultura contemporanea; capire sempre meglio l'uomo, segnato dalla storia, capace di esprimersi con nuovi linguaggi, affezionato a nuovi luoghi di appartenenza, sviluppato in nuove direzioni.


DOMENICA 26 GENNAIO 2014

IL PORTICO DELLA DIOCESI

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brevi

Iniziative. Secondo incontro dell’Arcivescovo con gli amministratori e i politici locali.

Cercare di servire il bene comune stando vicini a tutte le persone Un gruppo di politici, amministratori locali e imprenditori ha accolto l’invito di Monsignor Miglio per una serata di dialogo sui temi sociali ROBERTO COMPARETTI N APPUNTAMENTO che si è rinnovato anche quest’anno. Nella memoria liturgica di Sant’Efisio martire, patrono della Diocesi, l’Arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio, ha incontrato politici ed amministratori locali nell’Aula Magna del Seminario. Al centro i temi di stretta attualità come la difficile situazione dell’Isola, stretta dalla crisi economica, le imminenti elezioni regionali e l’avvio della campagna elettorale. In apertura il saluto di monsignor Miglio che ha parlato dell’iniziativa definendo una necessità il dialogo tra Chiesa ed Istituzioni. Poi un breve filmato ha proposto i punti principali degli interventi sui temi scioeconomici di Papa Francesco a Cagliari. Ne è seguito un dibattito nel corso del quale sono stati diversi gli interventi. Il rappresentante della Giunta regionale, Franco Manca, il presidente Cappelacci aveva indoregabili impegni istituzionali, ha evidenziato come il valore della coesinone sociale non possa essere messa in discussione da fini ideologici in un periodo di crisi come quello attuale, per cui è necessario- a suo dire - unire le forze per dare risposte alle esigenze sempre più pressanti dei sardi. Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, ha invece posto l’accento sulla

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IL 1 FEBBRAIO

In Cattedrale messa per la vita consacrata La Celebrazione in Cattedrale della Presentazione di Gesù al Tempio, Festa della Vita Consacrata è anticipata a sabato 1 Febbraio. L’incontro alle 15.30 nella Chiesa della Purissima, via Lamarmora, dove si terrà il rito della benedizione delle candele, subito dopo seguirà la processione verso la Cattedrale per la solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da monsignor Arrigo Miglio.

UFFICIO CATECHISTICO

L’iniziazione cristiana con le persone disabili

Mons. Arrigo Miglio saluta gli amministratori intervenuti; sotto il sindaco di Cagliari Massimo Zedda.

necessità di investire maggiormente in formazione e ricerca, perché le classifiche europee pongono l’Isola agli ultimi posti nella preparazione dei giovani laureati e diplomati, “anche perché - ha detto Zedda - il pubblico non può più assorbire coloro che a fronte di una bassa scolarizzazione trovavano un lavoro in alcune realtà legate alla pubblica amministrazione”. Il consiglire comunale Pd di Cagliari, Davide Carta, ha invece ricordato come uno dei concetti presenti nella Laborem Exercens, di Giovanni Paolo II, era il cosidetto datore di lavoro indiretto, ovvero la capacità del singolo di influire sulle scelte economiche sociali, e che una sua rivalutazione potrebbe offrire occasione di ripensamento anche del modello di sviluppo in Sardegna. Il sindaco di Elmas, Walter Piscedda, ha invece chiesto un rapporto più stretto tra Chiesa di Cagliari ed amministratori locali. Nel concludere la serata monsignor Miglio ha ricordato come nel corso

dell’incontro ci sia stato più posto per le tante cose che non vanno “ma - ha affermato - le provocazioni che ci sono state proposte suscitano grande interesse”. Quanto poi alla campagna elettorale in vista della elezioni regionali del prossimo 16 febbraio monsignor Miglio ha ribadito come “un vescovo in una situazione di questo genere può dire una parola decisa sulla partecipazione e sul valore della politica, e di condanna del qualun-

quismo e dell’antipolitica. Ma non basta invitare alla partecipazione, è necessario che chi si occupa dell’amministrazione del bene comune crei le condizioni ideali per un maggiore incontro con la gente. Spero di poter ricordare, soprattutto dopo le elezioni, l’importanza di creare un maggiore rapporto di vicinanza con le persone”. Un nuovo appuntamento per politici ed amministratori è fissato per il 19 marzo, festa di San Giuseppe.

Il Settore dell’Ufficio Catechistico Diocesano che si occupa di questo aspetto, ha organizzato un incontro con Suor Veronica Donatello, Responsabile Nazionale del Settore per la catechesi delle persone disabili. L’appuntamento è previsto per giovedì 30 in Seminario alle 10.30 per i sacerdoti ed i parroci che intendono confrontarsi sul tema della Catechesi per le persone disabili. “L’iniziazione cristiana con persone disabili. Percorsi di inclusione pastorale”. Alle 16.30 invece è previsto l’incontro con i catechisti, con i genitori di ragazzi disabili ed operatori pastorali, sul tema “L’iniziazione cristiana con persone disabili. Percorsi d’inclusione pastorale. Una Chiesa per e con tutti.”

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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PORTICO

brevi SAN PIETRO DI SORRES

La scomparsa di padre Bruno Masala Domenica scorsa a San Pietro di Sorres è stato celebrato il funerale di Padre Bruno Masala, monaco benedettino deceduto il 17 gennaio. Nato a Ossi (SS) il 19 ottobre 1937, entrò giovanissimo nel monastero benedettino di San Giovanni Evangelista in Parma, nella prospettiva di ritornare in Sardegna per far parte della nascente comunità benedettina che, il 7 settembre del 1955, aveva iniziato la vita monastica nell’antica Cattedrale di San Pietro di Sorres, facendo rifiorire il monachesimo in Sardegna. Fece la professione monastica il 7 ottobre 1956 e fu ordinato sacerdote il 18 luglio 1965 da Mons. Enea Selis. Aveva compiuto gli studi teologici a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia Accademia Alfonsiana. Entusiasta della vita monastica, non si allontanò mai dal monastero, svolgendovi l’ufficio di direttore di coro e di primo cantore e occupandosi a tempo pieno dell’accoglienza degli ospiti. USMI

Ritiro mensile a Cagliari Sabato 25 dalle 9 alle 12.30 nella casa provinciale delle Figlie della Carità in via dei Falconi a Cagliari, è previsto il ritiro mensile delle religiose. Relatore sarà don Fabio Trudu, docente di Liturgia alla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

I nostri preti. Il sacerdote è chiamato a vivere la santità nell’esercizio del suo ministero.

Una lunga vita da prete: semplicità e fiducia incondizionata in Dio Padre Parla monsignor Antonio Porcu: “la pastorale stessa è espressione del proprio rapporto personale con Dio. Oggi bisogna uscire dalle chiese e andare fuori” FABIO FIGUS

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UÒ SEMBRARE strano ritro-

varsi a leggere la biografia di un sacerdote diocesano contemporaneo conosciuto in tutta la diocesi. Ma quando si ha tra le mani il suo libro e si comincia a leggere le prime righe si viene trasportati in un viaggio semplice ma coinvolgente. Mons. Porcu, perché ha deciso di scrivere un libro che racconta la sua vita? Agli incontri con i giovani e nelle giornate vocazionali, spesso mi chiedevano di raccontare la mia storia di sacerdote. Ma la decisione di scrivere “Vita da prete” l'ho presa nell'estate del 2012, mentre completavo il libro storico della parrocchia. Avevo inserito anche i principali fatti della Chiesa, ed in quel periodo si parlava molto dei problemi della pedofilia. E mi chiesi: possibile che si parli della Chiesa solo partendo delle cose negative? Per questo decisi di scrivere la mia vita, semplicemente, così come l'ho vissuta. Oltre sessant'anni di vita sacerdotale, come è cambiata la vita del prete diocesano? Il Concilio Vaticano II ha cambiato molto nella vita della Chiesa, dando nuova vita, ma anche cancellando ciò che era il passato. La modernità in alcuni casi ha portato i sacerdoti a non seguire ve-

Monsignor Antonio Porcu.

ramente le indicazioni dello stesso Concilio, ad una “liberalizzazione” della propria vita. Il Concilio però, ha anche ripulito dalle visioni distorte della vita del sacerdote. L'aspetto positivo è stata una vitalità straordinaria, con una più attiva partecipazione dei fedeli. Spesso oggi però il prete vive una chiusura in se stesso, nella propria vita spirituale, una non-apertura al mondo. E non educa alla vita di “comunità”. Gesù parlava a tutti non solo dentro le sinagoghe, ma in mezzo alla gente. Tante difficoltà ed impegni nella sua vita, tutti vissuti con un fiducia incondizionata in Dio. I valori principali della fede, li ho imparati in famiglia. È li che si vivono i problemi normali, la vita concreta. È li che ci si allena alla fiducia in Dio. È un cammino lento ma che ti coinvolge ogni giorno. Se la si vive nella quotidianità,

quando arrivano le difficoltà più grandi, Dio ti viene in soccorso con un supplemento di grazia. In tutte le mie esperienze pastorali, non ho mai messo limiti, non ho mai pensato ai fallimenti. Nella vita di fede, non esistono i fallimenti. Lui provvede sempre. Cosa consiglia a tutti coloro che si preparano a diventare sacerdoti? Prima di tutto avere un padre spirituale. Una persona con cui confrontarsi sempre. Io ne ho avuto diversi ed anche contemporaneamente. A seconda della situazione che mi trovavo ad affrontare, avevo chi mi sapeva consigliare in modo più specifico. È fondamentale. Poi, una buona spiritualità individuale. Quando si diventa sacerdoti la vita è così frenetica che se non sei abituato a fermarti da solo con Dio, la spiritualità ufficiale, il breviario, la celebrazione

eucaristica, non ti basta. E ancora, rendersi conto di far parte di una comunità diocesana alla cui guida c'è il Vescovo. Bisogna avere un rapporto profondo con lui. Consultarlo spesso, perché il vescovo è il nostro riferimento. Uno è prete perché obbedisce, e se non obbedisce, non può ad esprimere la sua vita sacerdotale. Papa Francesco in diverse occasioni si è rivolto anche duramente ai preti: su cosa insiste maggiormente? Prima di tutto su una vita non all'insegna delle comodità. Il Papa insiste molto sul fatto che il servizio non può e non deve diventare un potere. E poi, perché la propria spiritualità sia vissuta nella comunità che gli viene affidata. La pastorale stessa è espressione del proprio rapporto personale con Dio. Oggi bisogna uscire dalle chiese ed andare fuori. La comunità cosa può fare per sostenere maggiormente i suoi sacerdoti? Per prima cosa con la preghiera. Purtroppo oggi tutti rischiamo di essere dei single. Anche il prete vive questo rischio, perché lui dovrebbe vivere “con”. Ma anche marito e moglie, nella fede, spesso vivono da single la loro spiritualità. Tutti siamo chiamati a santificarci insieme. Ognuno con la sua specificità, nel modo in cui è chiamato a servire. Un sostegno da parte dei laici, quindi, è proprio quello di sentirsi uniti al proprio parroco, e mettersi a servizio della comunità. Ora io mi trovo a vivere la realtà di Santa Maria degli Angeli a Flumini di Quartu, una comunità dalla quale mi sono sentito subito accolto, prima di tutto dal parroco, don Gianni Paderi. Una famiglia, che pur vivendo le sue difficoltà, è in cammino per la santificazione dei suoi componenti.


IL PORTICO DELL’ANIMA

DOMENICA 26 GENNAIO 2014

L’intervista. Padre Bartolomeo Sorge, gesuita, teologo ed esperto di tematiche sociali.

Il Papa ci spinge ad essere luce che guida l’uomo nella notte Parla Padre Sorge: “Papa Bergoglio ha ripreso con fede i dettami del Concilio e li sta presentando con una semplicità che sta conquistando le persone”

profeti. Che significa? Nella chiesa di Subiaco si legge “Più profonda è la notte e più splendono le stelle”. Credo che quando le cose vanno male è il tempo dei cristiani, perché il cristiano porta la luce di Cristo e questa splende proprio se c’è il buio. Quando la notte è buia noi portiamo la luce la speranza, la gioia che è la missione di ogni cristiano. A Paolo VI hanno attribuito una frase di Pio XI “La politica è la forma più alta di Carità”. Oggi non è così?

L’attuale Pontefice nella Evangelii Gaudium ha messo una definizione bellissima di politica “Una delle altissime forme si servizio e di amore ed incoraggio i cristiani a impegnarsi”, in modo nuovo: non fare un partito, un ghetto, noi di qua e gli altri di là, ma essere nel mezzo con tutti gli altri costruttori del bene comune. Papa Francesco indica quattro punti concreti che a me sembrano i punti di una bussola, validi anche per chi non è credente. Senza un unico riferimento in politica sembra che il peso specifico dei cattolici sia ridotto. E’ d’accordo? La situazione è diversa. Il popolarismo di Sturzo, che è stata l’espressione più alta e l’iniziatore del movimento cattolico in politica, è avvenuto in una situazione ideologica, per cui si era ridotto ad essere un partito tra gli altri. Oggi che la stagione ideologica è finita e quindi bisogna trovare un modo nuovo. Il Papa senza sapere quello che aveva detto don Sturzo, da un rilettura moderna della presenza nuova dei cattolici nella società pluralistica post – ideologica, il grosso problema che ci condannava alla sterilità o all’assenza. Questa è una novità che andrà rilanciata: finalmente il Papa ci da degli orientamenti, con un nuovo modo di presenza dei cattolici in politica, non è più il ghetto, il partito opposto agli altri, ma una forma di collaborazione per mandare avanti la visione cristiana del mondo in modo laico.

e la corte babilonese. Se da una parte, i rimasti accusavano i rimpatriati, dall’altra venivano, a loro volta, tacciati da meticci e mischiati, senza un ideale, una religione e uno stile civico degno di nota. Zorobabele si adoperò senza sosta per ottenere nuovamente i permessi di costruire il tempio e potervi celebrare la solenne festa di Pasqua del 515. In Zorobabele si scontrano il suo carattere nazionalista ed integralisticamente giudaico, con il suo nome di inequivocabile etimologia babilonese: Zeru-Babele, ‘seme di Babilonia’. Tale contrasto forte è segno del profondo dissidio, a cui si accennava all’inizio, che segnò il ritorno in patria dopo una lunga e, per certi versi, piacevole per-

manenza coatta nel paese tra i due Fiumi. Si pensi che sono stati ritrovati dei documenti che attestano l’attività di banchieri e creditori di denaro da parte di alcuni esiliati. Il capitolo 12° del libro di Neemia ricorda la situazione sociale e religiosa al tempo di Zorobabele con toni mitici ed utopici, quasi nostalgici a favore della classe dei sacerdoti e dei leviti, a cui il nostro personaggio apparteneva: “Tutto Israele, al tempo di Zorobabele e di Neemia, dava ogni giorno le porzioni assegnate ai cantori e ai portieri; dava ai leviti le cose consacrate e i leviti davano ai figli di Aronne le cose consacrate che loro spettavano” (12,47).

R. C.

da sola può cambiare il clima del mondo. Ciò significa che c’è un’effusione dello Spirito Santo paragonabile alla Pentecoste del Concilio”. Così padre Bartolomeo Sorge, Gesuita, teologo ed esperto di temi sociali parla dell’inizio di pontificato di Papa Francesco. Dopo l’esperienza di direttore di “Civiltà Cattolica”, la rivista della Compagnia di Gesù, padre Sorge ha proseguito nel suo ruolo di divulgatore, di formatore e di animatore del dibattito politico e sociale del nostro Paese. In Sardegna per un ciclo di conferenze, il Gesuita racconta della novità che Papa Francesco ha portato nella Chiesa. “Papa Bergolio – afferma Sorge - ha ripreso con fede i dettami del Concilio, lui primo Pontefice che non è stato padre conciliare, li sta presentando con quella semplicità e immediatezza che stanno conquistando i cuori di tante persone”.

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ESSUNA PERSONA

Padre Bartolomeo Sorge.

Perché tanto entusiasmo verso Papa Bergoglio? Nessuna persona riesce ad avere un tale entusiasmo di fronte a sé, senza l’intervento dello Spirito che lo illumina. Questo che stiamo vivendo è un momento carismatico e tocca a noi profittare della grazia lavora anche in noi. È necessario riprendere fiducia perché è Gesù che costruisce la Chiesa, noi possiamo solo mettere a disposizione la nostra piccolezza. Lei ha affermato che nei tempi bui per i cristiani vengono fuori i

PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Zorobabele di MICHELE ANTONIO CORONA

urante il periodo di esilio (597-531 a.C.) il popolo ebraico conobbe le tradizioni di Babilonia e visse una doppia reazione: alcuni furono sdegnate della vita impura, altri invece si adattarono e apprezzarono il lusso, lo sfarzo e la rinomata cultura. Un doppio atteggiamento che spaccò gli esiliati in due principali fazioni. Nei libri di Esdra e Neemia sono rimasti le evocazioni di tali divergenze politiche, religiose, culturali. Una seconda ondata di problemi si ebbe al ritorno degli esuli in Gerusalemme nell’incontro/scontro con coloro che erano rimasti nella terra. I primi richiamavano i diritti di proprietà e di purezza etnica, i secondi sostenevano la loro legittimità, in quanto rimasti continuativamente nella terra promessa. Zorobabele è uno dei personaggi chiave per l’o-

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pera di ricostruzione delle mura, della città e del tempio. Egli, insieme a Giosuè e ad un piccolo gruppo di funzionari, sovraintese alla progetta ed esecuzione dei lavori edili, oltre ad aver avuto un ruolo decisivo nella gestione delle contese tra i ‘ritornati’ ed i rimasti’. La sua posizione era tutt’altro che conciliante, dal momento che non concesse alle popolazioni locali di collaborare ai lavori. Disse: «Non conviene che costruiamo insieme la casa del nostro Dio; ma noi soltanto la ricostruiremo al Signore Dio d' Israele, come Ciro re di Persia ci ha ordinato» (Esdra 4,3). A tale risposta così brusca, la popolazione locale creò notevoli problemi sociali e logistici. Inoltre, si cercò di accusare i rimpatriati di essere un popolo ribelle e pronto a tradire la fiducia ricevuta dal re. A questo riguardo è piuttosto curiosa la presenza di uno scambio epistolare tra i due gruppi

IL PORTICO

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detto tra noi Quando la pubblicità scantona di D. TORE RUGGIU

Per pubblicizzare un prodotto, si ricorre a tutto, pur di ottenere lo scopo: vendere. Generalmente, per fare più effetto, si ricorre al nudo femminile (più o meno velato), senza che ovviamente le donne non si indignino pubblicamente in difesa della loro dignità. Ma, lasciamo perdere! Tanto la coerenza, il pudore e l’onestà non sono virtù comuni nel tessuto sociale. Che dire poi quando per far mercato si ostentano crocifissi e crocifissioni? Beh, minimo si deve dire che si tratta di grossolani e offensivi pasticci di produttori senza scrupoli e rispetto. Non citiamo gli autori, perché non meritano pubblicità ulteriore. Ma solo due città, Firenze e Milano e i fatti. In un manifesto pubblicitario c’è appeso ad una croce senza legno, né sangue, né chiodi, né corona di spine, un Cristo vestito di tutto punto con un abito firmato, con uno slogan: “devoti allo stile”. In un altro manifesto Cristo indossa uno straccio ai fianchi, con uno slogan che recita: “perdona loro perché non sanno quello che indossano”. Ad aggravare il fatto è che il volto dell’uomo è quello dello stilista. Nel quotidiano Avvenire è comparso tempo fa un “pezzo” che riporta le notizie su citate, con questo commento: “la creatività delle due campagne è pari soltanto alla modestia dei protagonisti…Intanto deve far riflettere che per colpire l’immaginario collettivo di una società scristianizzata, la scorciatoia sicura resti il simbolo cristiano. Forse non siamo scristianizzati abbastanza, forse -per quanto ci sforziamonon lo saremo mai del tutto. E certi simboli continuano a parlarci anche se pretendiamo di estirparli o ricacciarli in qualche angolo buio dell’anima”. È triste comunque, constatare ancora una volta che tutto sia lecito purchè faccia cassa. Davvero gente priva di ogni scrupolo. Ciò che rende la vicenda ancora più preoccupante è il fatto che uno dei due produttori si presenta così: “io sono cristiano, la mia famiglia è cristiana, l’azienda è sempre vicina alla Chiesa”. Meno male! Altrimenti, se la produttore gli fosse venuto in mente di metterci Maometto al posto di Cristo, sarebbe già morto e sepolto. Ma, questo, non lo faranno mai né i produttori, né i satirici, né i vignettisti e gente simile. Conviene infatti attaccare ed essere irriverenti verso Cristo e i cristiani, perché sanno che la vendetta non fa parte dei precetti evangelici. Interessante la conclusione dell’articolo di Umberto Folena in Avvenire: “Urge pietosa lezione di catechismo”.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PORTICO

In ricordo/1. Padre Francesco Piras SJ.

In ricordo/2. Don Clemente Liggi.

Una guida spirituale Una vita da prete per tanti fedeli al servizio di Cristo o scorso 15 gennaio è venuto a mancare il Padre gesuita Francesco Piras, la cui figura spirituale era molto amata e seguita non solo a Cagliari ma in tutta la Sardegna. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1933, dopo gli studi e l’attività apostolica in varie parti d’Italia dal 1980 era a Cagliari. Dal 1987 è Direttore della “Scuola di Orazione” che dal 1992 diventa

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“Scuola di Meditazione ” (con sedi a Cagliari, Sassari, Alghero, Oristano e Nuoro). Per diversi anni è anche confessore nella chiesa di S. Michele. Padre Enrico Deidda, suo confratello gesuita lo ricorda così: «Un cero che lentamente si consuma, ma, sorprendentemente, la fiamma e la luce diventano più vivide, così era p. Piras: a mano a mano che le forze fisiche venivano meno la sua attenzione per le situazioni e la fine tenerezza per le persone si acuivano. Capitava, talvolta che nel mezzo della notte, avesse qualche necessità, ma la prima cosa non era manifestare il suo biso-

gno, ma guardare il volto del soccorritore e spesso traspariva la sua affettuosa preoccupazione: “Non hai il volto stanco? Stai riposando bene?” Un aneddoto dice la sua umanità e nel contempo la sua fede diamantina. A un visitatore che vedendo p. Piras un po’ pensieroso gli manifestò questa impressione, dopo uno spazio di silenzio rispose: “Anche Gesù ha avuto paura della morte” e soggiunse “ma, hai visto dopo?”, affermando così ad un tempo il naturale e sentito timore della morte e la certezza della resurrezione». In occasione del suo funerale è stato letto un messaggio di Mons. Mani, Arcivescovo emerito di Cagliari, che lo ha ricordato con queste parole: «Era un vero religioso: libero, essenziale, spirituale , felice. Era un vero Gesuita :sapeva trovare Dio in tutte le cose. Un cristiano ben riuscito[…] Ha lavorato fino alla fine facendo la cosa più importante per un gesuita ”aiutare le anime” e le ha aiutate, anzi ci ha aiutato perché anch’io faccio parte della sua scuola di preghiera. La sua immagine di Dio era quella di un Dio allegro e felice della felicità dei suoi figli. […] Era un uomo pieno di pace, completamente pacificato, pieno di gioia e di allegria, un vero uomo spirituale. Mi hanno detto che da giovane era molto esigente ma il Signore gli ha concesso ben novantanove anni per fare di lui un’immagine del suo amore, addirittura della sua “tenerezza” e ci è riuscito davvero».

l 16 gennaio è tornato alla casa del Padre don Clemente Liggi. L’anziano sacerdote era nato nel 1923 a Samassi, e, dopo gli studi in seminario, era stato ordinato sacerdote nel 1948 da Mons. Ernesto Maria Piovella. Era l’ultimo dei sacerdoti ancora in vita tra quelli ordinati da Mons. Piovella. All’inizio del suo ministero per breve tempo ha collaborato nelle par-

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rocchie di Senorbì e di Suelli per diventare nel 1950 parroco a Burcei, dove è rimasto fino al 1967. Successivamente è diventato parroco a Decimoputzu, comunità che ha servito dal 1967 al 1991. L’ultima parte della sua esistenza don Clemente l’ha trascorsa a Dolianova, nella Casa della serenità intitolata a Mons. Piovella, della quale fu il primo ospite in assoluto. Le suore Compassioniste, responsabili della casa di riposo, ricordano come nel primo periodo a Dolianova, quando le forze ancora glielo permettevano, collaborava con la parrocchia del paese. Negli ultimi anni la malattia non gli consentiva più di uscire e nella sua esi-

stenza ritirata viveva la preghiera in modo semplice e intenso, con un attaccamento speciale alla Vergine Maria, che l’ha accompagnato fino agli ultimi passaggi della sua esistenza. Mons. Gianni Spiga, provicario generale con delega per il clero anziano e ammalato, lo ricorda così: «era un uomo che ha vissuto il suo sacerdozio dedito alla vita parrocchiale, spendendosi sempre con impegno per le comunità che gli furono affidate. Come ha ricordato anche Mons. Tiddia, in occasione del funerale, l’attenzione alle famiglie, ai ragazzi, agli anziani e i malati, sono state le direttrici di fondo del suo ministero». Don Mario Pili, vicario parrocchiale di S. Pantaleo a Dolianova, negli ultimi anni ha incontrato don Clemente nella casa di riposo, e di lui sottolinea in particolare la richiesta continua di preghiere: «non mancava mai di chiedere ai sacerdoti che incontrava di ricordarlo nella preghiera, in modo speciale nella celebrazione della Messa e nella recita del Rosario. Questo faceva emergere la sua umiltà e semplicità. Anche nell’ultimo Natale, pur particolarmente provato dalla malattia, non ha mancato di accogliere con gioia la visita di Mons. Miglio e di chiedere la sua benedizione». L’importanza di un ministero sacerdotale vissuto in mezzo alla gente e di una vita di preghiera assidua, questi sono gli insegnamenti che ci lascia la testimonianza di don Clemente.

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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Roberto Piredda Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Alessandro Orsini, Lidia Lai Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Redazione: Francesco Aresu, Federica Bande, Roberto Comparetti, Maria Chiara Cugusi, Fabio Figus, Andrea Pala, Maria Luisa Secchi. Hanno collaborato a questo numero: Tore Ruggiu, Andrea Busia, Valeria Usala, Raffaele Pontis, Lidia Lai, M.G. Girau, Claudio Congiu, Davide Lai, Michele A. Corona Per l’invio di materiale scritto e fotografico e per qualsiasi comunicazione fare riferimento all’indirizzo e-mail: settimanaleilportico@gmail.com L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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