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DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014 ANNO XI N.6
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
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CAGLIARI
La cultura del “noi” ROBERTO PIREDDA
n una delle scene più acute del film La grande bellezza il protagonista, il giornalista mondano e disincantato Jep Gambardella, smonta la sua amica scrittrice, che aveva appena finito di sbandierare il suo presunto impegno civile, con queste parole: «Tutte queste vanterie, tutta questa ostentazione seriosa di io, io, io …». Nel commento del protagonista del film c’è la capacità di cogliere quello che potremmo definire, in un certo senso, il “dramma dell’io” del nostro tempo. Dramma perché si tratta di un “io” chiuso agli altri come non mai, rivolto unicamente al puro soddisfacimento delle proprie aspirazioni individualistiche. Gli altri, dentro questa visione, al massimo possono essere un po’ antagonisti e un po’ zavorra, ma niente di più. Questa è la “non-cultura”, che, ponendo al centro una concezione meramente individualistica dell’uomo, ha finito per isolarlo dai suoi fratelli, riducendo gli spazi d’incontro e di comunione tra le persone. È la chiusura nel proprio “io” individuale,che, nelle parole di Papa Francesco, genera la cultura dello “scarto”: «Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di usci-
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ta. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa» (Evangelii gaudium, n. 53). È proprio per reagire a questa visione schiacciata sull’io individuale che il Cardinale Bagnasco, nella prolusione dell’ultimo Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, ha proposto una via radicalmente opposta: la cultura del “noi”. Nelle parole del Presidente dei vescovi italiani la cultura del “noi” ha una radice chiara, parte da una certezza: «Dio c’entra con la vita, non è lontano e indifferente, non è nemico oscuro della gioia, ma ne è la perenne sorgente, non è concorrente geloso della libertà, ma ne è la più sicura garanzia». Da tale affermazione ne può derivare un’altra, che ha la forza di indicare all’uomo un modo diverso di concepire la propria esistenza e i rapporti con gli altri: «Se Dio c’entra con la vita di ciascuno, infatti, allora ognuno c’entra con la vita degli altri. E questo capovolge i rapporti, il modo di guardarci, di stare insieme» (Cardinale A. Bagnasco, Prolusione, 27-01-2014). A volte può sembrare quasi che il “noi” possa annullare l’io, togliendo la libertà e la possibilità di esprimersi. Le cose non stanno così, anche se un falso concetto dell’autonomia dell’uomo lo voglia far credere. È vero invece il contrario. Non esiste realizzazione umana che non passi per la
relazione. Spiegava questo con la sua profondità Benedetto XVI: «È essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro […] solo l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’“io” a se stesso» (Discorso all’Assemblea Generale della CEI, 27-05-2010). Questa scommessa del “noi” è un dono che i cristiani possono portare dentro il nostro tempo capovolgendo, per usare ancora le parole di Bagnasco, «i rapporti, il modo di guardarci, di stare insieme», e il «modo di fare economia e finanza, politica e lavoro». La cultura del “noi” rimarrebbe però una semplice utopia se mancasse un modello. Si tratta qui di guardare a Cristo. Lui con il suo dono totale ha scelto il “noi”, una via di solidarietà con ogni uomo. Così hanno fatto anche i santi. Non si tratta di una nuova “ricetta sociale”, nata soltanto per rispondere meglio alle esigenze dei tempi, ma semplicemente del Vangelo, che non smette di indicarci la novità di Dio. Il dono della cultura del “noi” non riguarda però soltanto i credenti, ma deve spingere a trovare campi di dialogo e di collaborazione anche con persone di diverso orientamento. La cultura del “noi” passa per una capacità nuova di guardare agli altri: non estranei, né tantomeno nemici, ma fratelli. È il “rischio” della relazione e della solidarietà. Solo questa scommessa apre la possibilità di costruire, nella vita personale e dentro la società. Spetta a ciascuno di noi scegliere da che parte stare.
SOMMARIO REGIONE
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Le prime risposte dei candidati Presidenti alle domande de Il Portico GIOVANI
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Inaugurato con una settimana di eventi l’Oratorio di Sant’Elena DIOCESI
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I Salesiani in festa per San Giovanni Bosco patrono della gioventù SALUTE
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L’intervista a P. Carrucciu in vista della prossima Giornata del Malato CARITÀ
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Il lavoro delle Vincenziane per la difesa delle donne sfruttate
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IL PORTICO DEL TEMPO
IL PORTICO
DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014
Oriente. Monsignor Dionisio Lachovicz, Vescovo della Chiesa greco-cattolica ucraina, in visita a Cagliari.
Pace e sviluppo per l’Ucraina
Una manifestazione di piazza a Kiev.
MARIA CHIARA CUGUSI
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migrati ucraini ritrovano la fede qui: provengono da zone dove non avevano un’assistenza pastorale, da un paese in cui, un tempo, esisteva l’ateismo militante: per loro è importante avere una guida, ancor più in questo momento, in cui si percepisce una forte ansia per i fatti politici attuali dell’Ucraina». Qual è la situazione in Ucraina e cosa chiede il popolo? «La situazione continua ad essere molto instabile. La scintilla, lo scorso novembre, è scoppiata dai giovani universitari: chiedono diritti, libertà, dignità, che associano all’apertura verso l’Europa; denunciano la corruzione politica e le disparità economiche del loro paese, in cui la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi oligarchi e la mag-
NA CHIESA CHE sta accanto al popolo, grazie alla quale si è evitata finora la guerra civile”. Mons. Dionisio Lachovicz, Vescovo della Chiesa greco-cattolica ucraina e visitatore apostolico per gli ucraini cattolici in Italia (140 comunità in tutto) e in Spagna, nei giorni scorsi a Cagliari per incontrare la comunità cattolica ucraina, sottolinea la necessità di garantire a quest’ultima un ‘maggior sostegno spirituale’, e traccia un bilancio degli ultimi fatti politici che hanno caratterizzato l’Ucraina. Eccellenza, quali sono le caratteristiche della comunità cattolica ucraina a Cagliari? «Si tratta di una comunità piccola, che ha bisogno di una maggiore organizzazione, di un lavoro più approfondito di liturgia e catechesi e di rafforzare il senso di comunità, attraverso il potenziamento del sostegno spirituale. Persone che chiedono un appoggio sociale, spirituale e culturale OLTRE DUE MESI dall’inizio delle proteste scopcostante, perché vivono con sofpiate in seguito alla mancata firma da parte del ferenza la distanza dalle loro famigoverno di Kiev dell’Accordo di associazione e liglie e dal loro paese, la solitudine, i bero scambio con la Ue, la situazione politica in Ucraiproblemi nel lavoro. Occorre la fi- na resta instabile. Qualche giorno fa, si è svolta una delgura stabile di un sacerdote che sia le più grandi manifestazioni anti-governative delle ulcapace di ascoltare e incontrare la time settimane, con circa 50mila persone radunate nel gente in modo continuativo. Inol- centro di Kiev, per chiedere le dimissioni del presidentre, sarebbe importante - come av- te Yanukovych. Intanto da Monaco di Baviera - dove si viene in altre parti d’Italia - attiva- sono incontrati i capi delle diplomazie di Usa, Francia e re percorsi scolastici per i bambini, Germania con i leader dell’opposizione ucraina - sono affinché possano studiare la lin- arrivate le prese di posizione da parte dei partner occigua, la storia e la geografia ucraine, dentali. «Il futuro dell’Ucraina è in Europa», ha dichiain modo da avere coscienza delle rato il presidente del Consiglio della Ue, Herman Van proprie origini; importante anche Rompuy, ricordando che l’accordo di associazione con garantire un accompagnamento la Ue è ancora sul tavolo. Sempre da Monaco il sottosedelle coppie miste. Molti degli im- gretario di Stato americano John Kerry, prendendo po-
gior parte della gente non ha lavoro. Accanto a loro, anche le donne, le prime che emigrano per cercare di mantenere la propria famiglia. All’inizio era una manifestazione pacifica, poi sono cresciute le tensioni, con l’arrivo di alcune frange estremiste e con le misure anti-democratiche da parte del governo». Qual è stato il ruolo della Chiesa greco-cattolica ucraina durante le proteste? «Dall’inizio delle proteste, il ruolo della Chiesa - grazie al Consiglio nazionale delle Chiese (creato una decina di anni fa e formato dalle diverse religioni e confessioni del paese) - è stato fondamentale: si può dire che finora esso abbia evitato lo scoppio della guerra civile. La Chiesa è scesa in piazza, accanto al popolo: in particolare quella greco-cat-
tolica, ma anche i sacerdoti delle altre confessioni, come quelli appartenenti alla Chiesa ortodossa di Kiev, che ha aperto le proprie strutture per accogliere i manifestanti; essi pregavano, confessavano, celebravano la messa, dandosi i turni per stare accanto ai manifestanti, notte e giorno, nonostante le minacce (poi ritirate) da parte del governo, che ha annunciato di voler negare il riconoscimento formale alla nostra Chiesa, costringendola alla clandestinità, se i nostri sacerdoti fossero restati in piazza. Gli stessi vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina in Europa occidentale ci hanno inviato un messaggio, in cui hanno ribadito l’importanza di stare accanto al popolo» In che modo il Consiglio nazionale delle Chiese ha portato avanti un ruolo di mediazione? «Con l’accentuarsi delle tensioni, è stata la stessa ‘piazza’ a riporre la propria fiducia nel Consiglio nazionale delle Chiese, affidando ad esso il ruolo di intermediario, senza distinzione tra le diverse consizione a favore dei manifestanti europeisti scesi nelle fessioni. Il Consiglio ha incontrato piazze della Repubblica ex-sovietica, ha affermato che governo e opposizione, portando Usa ed UE sono al fianco del popolo dell’Ucraina» nel- avanti la richiesta di eliminare le la sua «lotta per il diritto a unirsi con partner che lo aiu- leggi anti-democratiche e conceteranno a realizzare le proprie aspirazioni». Immediata, dere l’amnistia ai prigionieri: è stala replica del Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, che to un punto di svolta nella ‘rivoluha accusato i paesi della UE d’interferire nei fatti inter- zione’, anche se tuttora la gente ni dell’Ucraina e di appoggiare l’escalation di violenze manifesta. La Chiesa segue con atanti-governative. Vitali Klitschko, leader del partito del- tenzione l’evolversi della situaziol’opposizione Udar, ha detto che le forze politiche anti- ne, e continua a essere accanto al governative proporranno in Parlamento l’abolizione popolo: la sua funzione è quella di della legge di amnistia approvata lo scorso 29 gennaio favorire il dialogo tra le parti in modall’organo legislativo e criticata dai manifestanti perché do pacifico, senza entrare nelle ne subordina l’applicazione allo sgombero degli edifici questioni politiche. Intanto i leader statali occupati. L’opposizione ucraina, intanto, ha chie- dell’opposizione hanno chiesto sto la mediazione internazionale, per monitorare l’e- l’intervento della comunità europea per monitorare la situazione» voluzione delle trattative con il governo.
La difficile situazione ucraina
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DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014
IL PORTICO DEGLI EVENTI
IL PORTICO
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Elezioni Regionali. Le risposte di alcuni candidati alle domande poste dalla nostra redazione.
Questioni aperte per il futuro della Sardegna, le risposte di Devias, Pigliaru e Pili ell’editoriale dello scorso numero de IL PORTICO, in vista delle prossime elezioni regionali, abbiamo richiamato l’importanza degli atteggiamenti della reponsabilità e della concretezza e posto l’accento su alcune questioni prioritarie per l’Isola. Su tali temi abbiamo voluto sentire la voce dei candidati alla presidenza della Regione Sardegna. A loro abbiamo posto delle domande garantendo lo stesso spazio. In questo numero pubblichiamo le risposte finora pervenute in redazione, auspicando di poter completare la panoramica la prossima settimana con i testi dei candidati che ancora mancano. (rp) 1) ‘Il lavoro è dignità’, ha sottolineato Papa Francesco a Cagliari: quali iniziative concrete che riducano la disoccupazione giovanile e il sistema dei ‘sussidi’, promuovano reali opportunità,facilitino l’accesso al credito,sostengano attività di impresa, cooperazione, supportino le aziende danneggiate dall’alluvione? Devias: «I nostri 147mila disoccupati, più della metà giovani, ci impongono di investire in un futuro che sia fondato sul cooperativismo e l’associazionismo nei vari settori produttivi. Si impone una reale riforma del Credito sardo guidata da un’idea di sussidiarietà e sostegno del tessuto socio-economico della nostra isola. Siamo contrari alla cessione delle restanti quote di proprietà del Banco di Sardegna. Auspichiamo il recupero del gettito fiscale dovutoci dallo stato italiano». Pigliaru: «Concordo con le parole pronunciate da Papa Francesco. In Sardegna sono stati promessi 100mila posti di lavoro in più, ma oggi ne abbiamo 80mila in meno. La cassa integrazione è aumentata del 500%. Ciò, perché la politica di questi ultimi anni è venuta meno al suo compito primario, creare lavoro e dare dignità all’uomo. Noi diciamo: risolviamo l’emergenza, ma guardiamo al domani. Via la cattiva burocrazia, abbassiamo le tasse, apriamo l’accesso al credito, miglioriamo i Centri per il Lavoro, investiamo in formazione qualificata e in programmi per sviluppare la capacità di impresa. Con la Garanzia Giovani, ridaremo ai giovani spe-
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ranza nel proprio futuro. Inoltre, ineludibili risarcimenti certi e tempestivi per le aziende danneggiate dalle calamità». Pili: «Il lavoro è vita. Rimetteremo in marcia la Sardegna in sei mesi, con azioni mirate a eliminare la logica dei sussidi e sposare quella della produzione, della dignità per chi lavora. L’isola diventerà una grande piattaforma per le compagnie low-cost nel Mediterraneo, con l’arrivo, fin dal primo anno, di 3,5/4 milioni di turisti, nell’entroterra come sulle coste. Puntiamo a promuovere una sorta di presalario garantito per i giovani che vogliano perseguire l’immediato inserimento nel mondo lavorativo. Due giorni dopo l’alluvione ho presentato una proposta di legge organica per la ricostruzione e il risarcimento dei danni». 2) In che modo sarà possibile promuovere una legge regionale che metta a sistema tutti gli interventi proposti finora in tema di politiche familiari, con particolare riguardo alle misure a sostegno dell’infanzia,alle politiche abitative e a quelle fiscali che tengano conto delle peculiarità dei singoli nuclei? Quali altre azioni sono ritenute utili per sostenere la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio” (Costituzione,art. 29)? Devias: «Crediamo che tutti abbiano diritto ad un esistenza dignitosa, ad una casa accogliente e proporzionata alla dimensione del nucleo familiare, a prescindere dalle disponibilità economiche. Miriamo ad aiutare le fasce deboli della nostra società con politiche pensate per migliorarne il livello di vita».
Pigliaru: «Molte famiglie non vedono più speranza, sovraccariche di gravosi oneri che lo Stato sociale non riesce più a garantire. Cappellacci ha cancellato il fondo per la povertà e la sua proposta più forte (la zona franca integrale) è molto pericolosa: fa sparire servizi essenziali come la sanità pubblica. Noi con piani coordinati combattiamo povertà, discriminazioni e disuguaglianze». Pili: «La famiglia intesa come “società naturale fondata sul matrimonio” sarà assolutamente centrale nelle nostre iniziative sociali, abitative e formative. Promuoverò una legge che sappia rendere organici tutti gli interventi in merito, con la creazione di ‘agenzie del sociale’ sul territorio che possano rendere protagonisti tutti gli operatori, dalla Chiesa ai centri dell’impiego, dai centri di assistenza alle scuole». 3) Istruzione, formazione professionale, Università: come ridurre l’alto tasso di dispersione scolastica, rilanciare la formazione professionale, sostenere percorsi formativi e universitari adeguati a un concreto inserimento lavorativo; come intervenire sull’edilizia scolastica e sulla riorganizzazione degli istituti, in seguito ai ‘tagli’ scolastici? Devias: «Rilanceremo la formazione professionale di antichi mestieri ormai quasi scomparsi. Creeremo un Ente Sardo per lo Sviluppo e la Ricerca Scientifica, in cui siano rappresentate le due Università e la Regione, finalizzato a stabilire i settori prioritari per lo sviluppo economico e culturale dell’isola e le linee guida per ricerca e offerta formativa. Ci batteremo per l’istituzione di Poli Universitari autonomi che, partendo dai corsi di laurea già operanti dislocati sul territorio, incentivino la crescita culturale delle zone periferiche». Pigliaru: «L’istruzione di qualità è la priorità. Abbiamo scuole che cadono a pezzi, pericolose. Prevediamo un piano straordinario per l’edilizia scolastica da 120 milioni di euro all’anno per scuole piacevoli, funzionali e sicure. Una nuova legge regionale sul Diritto allo studio darà risposta a: dimensionamento, integrazione tra istruzione, formazione e mondo del lavoro, lotta alla dispersione scolastica, miglioramento dei trasporti scolastici, risorse all'autonomia scolastica, potenziamento delle at-
tività di doposcuola e sostegno ai ragazzi, ai diversamente abili e alle famiglie meno abbienti». Pili: «Attiveremo in ogni realtà vere e proprie agenzie-laboratori, con particolare attenzione verso lingua e cultura sarde, anche nella scuola primaria (con corsi ad hoc). Attiveremo un piano specifico per abbattere i livelli di dispersione scolastica, superando le logiche di mera didattica grazie a docenti ‘educatori’ e presidi di capacità innovativa. Progettiamo un vero e proprio Piano Marshall della crescita e della cultura con formatori itineranti, che riaprano le scuole chiuse dei piccoli paesi e fungano da animatori culturali e formativi». 4) Ambiente, edilizia e salvaguardia del territorio: su quali azioni punterete, in modo da coniugare prevenzione e sviluppo, nel rispetto di una reale ‘ecologia umana’, capace di unire l’attenzione all’ambiente con la centralità della persona? Devias: «Anzitutto, combatteremo per legge la speculazione edilizia, limitando immediatamente il consumo del territorio e i correlati danni idro-geologici, evidenziati dai recenti eventi. Sveltiremo il ripristino delle strade distrutte dalla passata alluvione. Tuteleremo zone verdi, zone umide, sistemi dunali, aree marine, operando attivamente a protezione della bio-diversità». Pigliaru: «Il tragico ed evitabile disastro idrogeologico di pochi mesi fa ci dice che servono cura e rispetto per l’ambiente. L’isola oggi soffre l’abbandono delle zone interne e una pressione edilizia eccessiva sulle coste. Serve equilibrio e sintonia, perciò semplificheremo la burocrazia, pur nel rispetto delle regole. Promuoviamo un’edilizia e stili di vita consapevoli, orientiamo alla prevenzione, riduciamo i rifiuti e gli sprechi, valorizziamo i prodotti tipici e le culture tradizionali». Pili: «I politici sinora si sono misurati sulla quantità delle volumetrie, non sull’obiettivo strategico della qualità, da correlare con una pianificazione funzionale alle modificazioni economiche. Noi ribalteremo questo approccio e, come primo provvedimento, punteremo al rapido recupero dell’esistente, dalle vecchie strutture minerarie a quelle militari a quelle dei piccoli paesi, consentendo, ad esempio, la riconversione in chiave turistico-ricettiva delle
abitazioni abbandonate e chiuse». 5) Quali linee di intervento su un sistema regionale inadeguato di infrastrutture e trasporti e quali politiche sulla continuità territoriale? Devias: «La situazione disastrosa dei trasporti sardi è la conseguenza dell’inefficienza politica pregressa. Occorrono un Piano dei Trasporti elaborato dalle aziende di trasporto con i lavoratori di settore, una Flotta Unica Sarda che abbracci la mobilità aerea, marittima e gommata, un miglioramento delle strade e delle tariffe, soprattutto quelle agevolate per i residenti sardi, un’attenta valutazione, attraverso un Osservatorio tecnico, della specificità di ciascuno dei tipi di trasporto». Pigliaru: «La Sardegna, in forza della condizione di insularità, ha necessità di reti infrastrutturali moderne ed efficienti per ridurre il divario rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa. Energia elettrica: i Sardi ne producono più di quel che consumano ma pagano il 30% in più degli altri, è ora di abbassare i costi. Spostarci su navi ed aerei confortevoli, efficienti ed economici è un diritto di cui purtroppo oggi non godiamo e che lo Stato deve garantirci finanziariamente. Alle nostre imprese serve continuità anche per le merci. Puntiamo a mezzi più efficienti, nuove soluzioni di trasporto, modernità nelle ferrovie e strade più sicure». Pili. «Metteremo in cantiere un piano infrastrutturale strategico per l’isola, con l’intenzione di attuare con un piano decennale una vera e propria piattaforma strategica del Mediterraneo, attraverso la connessione viaria e ferroviaria degli aeroporti di Cagliari, Olbia, Alghero, Fenosu e Tortolì e i porti di Cagliari, Olbia, Portotorres, Arbatax, Portovesme e Oristano. Apriremo un vero e proprio ‘Cantiere Sardegna’ con l’attivazione di cantieri organizzati su tre turni giornalieri, per realizzare e completare tutte le infrastrutture ferme da un decennio, comprese la SS. 131 e la Sassari-Olbia. E avvieremo il progetto viabilità della Sardegna centrale con le due dorsali di scorrimento veloce, soprattutto la Oristano-Tortolì.» Pagina a cura di Roberto Piredda e Maria Chiara Cugusi
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IL PORTICO DEL TEMPIO
IL PORTICO
Il Papa. Ognuno è chiamato a servire la vita dal grembo materno fino alla sua fine.
Tutti siamo chiamati ad offrire la vita a Dio Padre come ha fatto il Cristo ROBERTO PIREDDA LL’ANGELUS IL Santo Padre si è soffermato in modo particolare sulla Giornata della vita consacrata, che si celebra in occasione della Festa della Presentazione del Signore. Maria e Giuseppe portano il piccolo Gesù al tempio per offrirlo al Signore, e questo gesto diventa icona della donazione che tanti uomini e donne fanno di sé stessi seguendo la chiamata alla vita consacrata. Papa Francesco ha mostrato quindi la specificità della vita consacrata dentro la Chiesa: «Questa offerta di sé stessi a Dio riguarda ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, tale consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio». La vita consacrata è un dono irrinunciabile per la vita della Chiesa e per la società intera: «Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito
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Papa Francesco durante la Messa della Presentazione del Signore.
per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri». Il Papa ha poi incoraggiato a «pregare perché tanti giovani rispondano "sì" al Signore che li chiama a consacrarsi totalmente a Lui per un servizio disinteressato ai fratelli». Al termine dell’Angelus Papa Francesco ha ricordato la celebrazione della Giornata per la Vita: «Mi unisco ai Vescovi italiani nel ribadire che “ogni figlio è volto del Signore amante della vita, dono per la famiglia e per la società” (Messaggio per la XXXVI Giornata nazionale per la Vita). Ognuno, nel proprio ruolo e nel proprio ambito, si senta chiamato ad amare e servire la vita, ad accoglierla, rispettarla e promuoverla,
LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA
Grazie per i tanti preti buoni l 27 gennaio Papa Francesco nella sua omelia, a partire dall’episodio dell’unzione di Davide come Re (cfr. 2 Sam 5,17.10), ha richiamato il valore speciale del legame con Dio che si realizza con il sacerdozio ministeriale.
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«Quello che fa la Chiesa quello che dà l’unità alla Chiesa, è la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza. Perché è unto. E in questa unzione una Chiesa particolare ha la sua forza. E per partecipazione anche i preti sono unti […] non si può spiegare come la Chiesa vada avanti soltanto con le forze umane. Questa diocesi va avanti perché ha un popolo santo, tante cose, e anche un unto che la porta, che l’aiuta a crescere. Questa parrocchia va avanti perché ha tante organizzazioni, tante cose, ma anche ha un prete, un unto che la porta avanti. E noi nella storia conosciamo una minima parte, ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la
forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti!» «Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!”. “Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?”. Ah, no! Questa non è notizia. Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!». La scena della danza gioiosa di Davide davanti all’arca del Signore (cfr. 2 Sam 6,12b-15.17-19) è il motivo ispiratore dell’omelia del Papa di martedì 28 febbraio. «La preghiera di lode è una preghiera cristiana per tutti noi! Nella Messa,
specialmente quando è fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, dal grembo materno fino alla sua fine su questa terra». Sempre Domenica il Santo Padre, nell’omelia della Messa per la Festa della Presentazione del Signore, ha sottolineato come la vita consacrata sia un incontro tra “osservanza” e “profezia”, simbolicamente rappresentate dai “giovani” Maria e Giuseppe e dagli “anziani” Simeone e Anna: «alla luce di questa scena evangelica guardiamo alla vita consacrata come ad un incontro con Cristo: è Lui che viene a noi, portato da Maria e Giuseppe, e siamo noi che andiamo verso di Lui, guidati dallo Spirito Santo. Ma al centro c’è Lui. Lui muove tutto, Lui ci attira al
tutti i giorni, quando cantiamo il Santo… Questa è una preghiera di lode: lodiamo Dio per la sua grandezza, perché è grande! E gli diciamo cose belle, perché a noi piace che sia così. “Ma, Padre, io non sono capace… Io devo…”. Ma sei capace di gridare quando la tua squadra segna un goal e non sei capace di cantare le lodi al Signore? Di uscire un po’ dal tuo contegno per cantare questo? Lodare Dio è totalmente gratuito! Non chiediamo, non ringraziamo: lodiamo!». Il 30 febbraio, a partire dalla considerazione dell’attaccamento del re Davide al popolo di Dio (cfr. 2 Sam 7,18-19.24-29), Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del legame con la Chiesa. «Il cristiano non è un battezzato che riceve il Battesimo e poi va avanti per la sua strada. Il primo frutto del Battesimo è farti appartenere alla Chiesa, al popolo di Dio. Non si capisce un cristiano senza Chiesa. E per questo il grande PaoloVI diceva che è una dicotomia assurda amare Cristo senza la Chiesa; ascoltare Cristo ma non la Chiesa; stare con Cristo al margine della Chiesa. Non si può. E’ una dicotomia assurda. Il messaggio evangelico noi lo riceviamo nella Chiesa e
Tempio, alla Chiesa, dove possiamo incontrarlo, riconoscerlo, accoglierlo, abbracciarlo […] anche nella vita consacrata si vive l’incontro tra i giovani e gli anziani, tra osservanza e profezia. Non vediamole come due realtà contrapposte! Lasciamo piuttosto che lo Spirito Santo le animi entrambe, e il segno di questo è la gioia: la gioia di osservare, di camminare in una regola di vita; e la gioia di essere guidati dallo Spirito, mai rigidi, mai chiusi, sempre aperti alla voce di Dio che parla, che apre, che conduce, che ci invita ad andare verso l’orizzonte». In settimana il Santo Padre ha ricevuto in udienza una rappresentanza del Cammino Neocatecumenale in occasione dell’invio in missione di oltre quattrocento famiglie, alle quali si è rivolto in maniera speciale: «vi incoraggio a portare dovunque, anche negli ambienti più scristianizzati, specialmente nelle periferie esistenziali, il Vangelo di Gesù Cristo. Evangelizzate con amore, portate a tutti l’amore di Dio. Dite a quanti incontrerete sulle strade della vostra missione che Dio ama l’uomo così com’è, anche con i suoi limiti, con i suoi sbagli, anche con i suoi peccati. Per questo ha inviato suo Figlio, perché Lui prendesse i nostri peccati su di sé. Siate messaggeri e testimoni dell’infinita bontà e dell’inesauribile misericordia del Padre». Sempre in settimana, all’Udienza generale, il Papa si è soffermato sul Sacramento della Confermazione.
la nostra santità la facciamo nella Chiesa, la nostra strada nella Chiesa. L’altro è una fantasia o, come lui diceva, una dicotomia assurda […] Fedeltà alla Chiesa; fedeltà al suo insegnamento; fedeltà al Credo; fedeltà alla dottrina, custodire questa dottrina. Umiltà e fedeltà». Il Papa, nell’omelia del 31 gennaio, ha approfondito l’importanza del senso del peccato, prendendo spunto dall’episodio di Davide e Betsabea, presentato nella prima lettura (2 Sam 11, 1-4 a.5-10a.13-17). «A tutti noi può accadere questa cosa. Tutti siamo peccatori e tutti siamo tentati e la tentazione è il pane nostro di ogni giorno. Se qualcuno di noi dicesse: “Ma io mai ho avuto tentazioni”, o sei un cherubino o sei un po’ scemo, no? Si capisce… È normale nella vita la lotta e il diavolo non sta tranquillo, lui vuole la sua vittoria. Ma il problema – il problema più grave in questo brano – non è tanto la tentazione e il peccato contro il nono comandamento, ma è come agisce Davide. E Davide qui non parla di peccato, parla di un problema che deve risolvere. Questo è un segno! Quando il Regno di Dio viene meno, quando il Regno di Dio diminuisce, uno dei segni è che si perde il senso del peccato».
DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014
pietre SUD SUDAN
Distrutta la Diocesi di Malakal La diocesi di Malakal (capitale dell’Alto Nilo nel Sud Sudan) è stata completamente distrutta dai combattimenti tra le due fazioni rivali dell’SPLM (Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese, il partito di governo) rispettivamente capeggiate dal Presidente Salva Kiir e dall’ex Vice Presidente Riek Machar. Lo ha denunciato l’Amministratore Apostolico della diocesi, monsignor Roko Taban Musa, affermando che in un mese di combattimenti sono state distrutte tutte le strutture costruite in otto anni di sacrifici negli Stati dell’Alto Nilo, di Unità e di Jonglei. In questi Stati è concentrata la produzione petrolifera sud sudanese e le due fazioni si sono affrontate duramente per il loro controllo.
IN NIGERIA
Assalita una chiesa cattolica Almeno 26 persone hanno trovato la morte in un assalto ad una chiesa cattolica nel villaggio di Waga Chakawa, nello Stato di Adamawa nel nord della Nigeria. Secondo le testimonianze raccolte dal quotidiano nigeriano “The Guardian” l’assalto è stato
condotto da un gruppo di uomini armati, che si sospetta siano appartenenti alla setta Boko Haram, durante la messa domenicale. Nell’attacco durato 4 ore oltre alla chiesa sono state assalite diverse abitazioni. Il commando ha fatto uso di armi da fuoco e di ordigni esplosivi.
UN CRISTIANO IN IRAQ
Ucciso perché si rifiuta di costruire armi Si chiamava Laith Hadi Behnam, aveva 57 anni ed era un cristiano di confessione siro ortodossa di Mossul. Nel pomeriggio di mercoledì 29 gennaio, i suoi ignoti assassini l’hanno ucciso a colpi di pistola nella sua officina situata nell'area industriale di al-Karama, nella parte occidentale della città. Secondo la ricostruzione fornita dal website siriaco ankawa.com, l'uomo è stato freddato per essersi rifiutato di costruire e applicare silenziatori a delle armi da fuoco, come gli era stato richiesto dai suoi assassini circa una settimana fa. Laith Hadi era conosciuto da tutti come un esperto meccanico. L’uomo era sposato ed aveva un figlio di 16 anni.
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IL PORTICO DEI GIOVANI
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Oratorio. Un vero successo la settimana di attività a Sant'Elena tra musica, mostre, teatro e sport.
Oratorio S. Elena, mettersi in gioco per avvicinare tutti i ragazzi a Cristo Il 2 febbraio Mons. Miglio ha inaugurato i locali rinnovati di via Eligio Porcu. Una settimana ricca di eventi ha segnato la ripresa delle attività nell’oratorio della Parrocchia di S. Elena I. P. A COMUNITÀ parrocchiale di Sant'Elena ha di nuovo il suo Oratorio. Inaugurato lunedì 27 gennaio, per una settimana, ha visto i bambini e i ragazzi della parrocchia giocare tra musica, sport, teatro, balli in ricordo della tradizione che ha fatto dei locali del Ferrini, un luogo dove sono cresciuti tanti quartesi. Una nuova vita nata dal volere di Mons. Alfredo Fadda e dei due viceparroci vicari, Don Davide Collu e don Andrea Secci che, insieme ad una equipe formata da dieci giovani provenienti dalla realtà parrocchiali, il gruppo scout “Quartu 3 Freedom”, l'Azione Cattolica e il coro “Ave Verum” hanno costruito una intensa settimana di programmazione per presentare le prossime attività. La prima giornata è stata dedicata al ricordo con la storia della struttura, i lavori conclusi a poche ore dall'apertura. Una storia lunga quasi un secolo, a partire da quel lontano 1916, data di nascita del “Fer-
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L’attività in oratorio; sotto il momento dell’inaugurazione con Mons. Miglio.
rini” e che è stata ricordata attraverso le immagini di quel passato raccolte nella mostra aperta nel piccolo salone che ha ospitato circa un centinaio di foto storiche arrivate grazie all'aiuto dei parrocchiani. Accanto alle rappresentazioni storiche, i colori del nuovo simbolo e dei disegni dei bambini del catechismo che hanno partecipato al concorso “Colora il logo”. Musica e giochi nei pomeriggi dedicati esclusivamente ai piccoli che si sono divertiti a ballare e a far loro uno spazio che è stato di tanti loro coetanei nei tempi passati. La giornata di martedì è stata dedicata al teatro prima con la rappresenta-
zione del Teatro Tages, che ha affascinato la piccola platea con le sue marionette, e poi con la compagnia Filodrammatica Oratoriana Sant'Elena che ha presentato lo spettacolo dal titolo “Capellone”. Nella giornata di mercoledì, grande protagonista è stato il cinema con la proiezione del film di animazione Disney “Up” e della commedia francese “Quasi Amici”. Nella serata di giovedì, i ragazzi provenienti dalle diverse realtà parrocchiali e della Special Olympics si sono sfidati con tornei di biliardino e ping pong. Venerdì, la celebrazione in onore di Don Bosco che ha visto la partecipazione di tanti ragazzi provenien-
ti dalla Diocesi; don Alberto Pistolesi, che ha presieduto la celebrazione, ha ricordato che un oratorio che riapre è un segno di speranza per tutta la diocesi e che non ci dobbiamo scoraggiare davanti a questa sfida; poi la gara di dolci che ha coinvolto numerose famiglie che sono rimaste nel salone anche per l'animazione musicale per una serata alla ricerca della semplicità. Sabato l'attività dedicata ai ragazzi delle medie che si sono confrontati sui diversi significati della fede attraverso il web e le immagini, poi la musica con la baby dance per i bambini, la scuola di ballo “Dance Outremer” e il concerto de “I Vaghi”, gruppo cagliaritano conosciuto per le cover dei Beatles. Nella giornata di domenica, l'inaugurazione ufficiale con la messa alle ore 10, alla quale hanno partecipato tutte le classi catechistiche, il gruppo scout, i cori e l'Azione Cat-
La tappa cagliaritana della Junior Tim Cup Un’iniziativa congiunta di CSI, Lega Serie A e Tim. MATTEO PIANO NCHE QUEST ’ANNO, dopo il successo della scorsa e prima edizione, torna in campo la Junior Tim Cup, il torneo di calcio a 7, riservato ai giovani Under 14, che coinvolge i ragazzi degli oratori Italiani, con la possibilità di giocare la finale presso lo stadio “Olimpico” di Roma. La manifestazione potrebbe apparire come un semplice torneo di calcio fra oratori, ma non è esattamente così. La Junior Tim Cup, infatti, oltre a coinvolgere numerosi ragazzi nella cultura della sport e nella pratica del calcio, si fa portatrice di vari valori, quali il rispetto del prossimo, l’amicizia, l’aggregazione sociale, la lotta contro le discriminazioni (come razzismo e bullismo), e l’amore verso lo sport, in questo caso il calcio. L’evento nasce dalla stretta collaborazione
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tra il Centro Sportivo Italiano, Tim e Lega Serie A, con l’obiettivo di portare i veri valori sui campi da calcio. La Junior Tim Cup, che coinvolge tutte le 15 città, le cui squadre militano nella Serie A Tim 20132014, rinnova anche il supporto all’attività sportiva oratoriale grazie ad un fondo nel quale confluiscono sia parte delle ammende comminate ai tesserati e alle società di Serie A dal Giudice Sportivo durante il corso della stagione, sia un contributo di Tim nel ruolo di title sponsor del torneo. Tanto per citare qualche numero, nella scorsa edizione, sono stati coinvolti 513 oratori con la partecipazione di circa 8 mila ragazzi. Lo scorso anno, il trofeo è stato vinto da un oratorio della nostra Diocesi, il San Carlo Borromeo Teleco di Cagliari. Nella giornata di Martedì 28 Gennaio, presso i locali dell’Oratorio Madonna della Strada, è stata pre-
La conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa.
sentata la seconda edizione, che coinvolgerà anche gli oratori della nostra Diocesi (sono in tutto 32 i soggetti coinvolti tra Cagliari e Sassari). La manifestazione ha avuto inizio sabato 1 Febbraio, quando sul prato del Sant’Elia, prima del match tra Cagliari e Fiorentina, sono scese in campo per un amichevole le squadre degli oratori Madonna di Lourdes e San Massimi-
liano Kolbe. A dare il calcio d’inizio è stato Mons. Miglio che ha parlato di grinta e lealtà come valori fondamentali sia nel campo di gioco che nella vita. All’inaugurazione della manifestazione invece erano presenti i giocatori del Cagliari, Daniele Dessena e Nicola Murru, oltre che l’ex capitano rossoblù, nonché attuale osservatore, David Suazo. Gli atleti, dopo aver sottolineato
tolica. Una chiesa giovane, viva e che, ha ricordato don Davide Collu durante l'omelia, ha bisogno di mettersi in gioco. Al termine delle funzione, piccola processione verso via Eligio Porcu per il taglio del nastro alla presenza dell'Arcivescovo di Cagliari, Arrivo Miglio che ha ricordato l'importanza dell'oratorio nella comunità parrocchiale. Un nuovo spazio dedicato ai giovani nella terza città dell'isola. L'Equipe dell'Oratorio, quelli con la felpa arancione, accompagnati dalla parrocchia si prendono carico di riempire uno vuoto lasciato da chi amministra la città e investe sul futuro e sulle strutture per i più piccoli. La rinascita di una struttura per condividere un cammino di fede che avvicini i ragazzi a Cristo in modo sano, attraverso il confronto. Il cambiamento parte dai ragazzi che vogliono mettersi in gioco.
l’importanza della manifestazione, si sono intrattenuti nel campo della parrocchia per scambiare qualche passaggio e giocare una partitella con i giovani calciatori. A rappresentare la nostra Diocesi, Don Alberto Pistolesi, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale Giovanile: “L’oratorio è un aspetto veramente importante per la vita dei giovani, perché dà la possibilità di giocare, crescere, scoprire e mettere in pratica i talenti che il Signore ci dà. Come diocesi, cerchiamo di promuovere lo sport, attraverso la collaborazione con il CSI, perché riteniamo che lo Sport sia una grande scuola che educa verso i valori. Abbiamo anche il ruolo di formare coloro che dedicano il proprio tempo per stare a contato con i ragazzi, anche perché l’oratorio rimane una proposta. Non bisogna dimenticare che l’oratorio deve trasmettere i valori del Vangelo che devono far crescere e maturare le persone”. Soddisfatto anche Maurizio Siddi, presidente del Comitato Provinciale di Cagliari del Csi: “Sono contento di ripetere questa magnifica esperienza, lo sport è fondamentale per la crescita dei giovani. Poi non capita tutti i giorni, di poter giocare una finale all’Olimpico”.
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Salesiani. Il 31 gennaio è stata celebrata la festa di San Giovanni Bosco, Padre e Maestro della gioventù.
Don Bosco, vero maestro di vita spirituale e modello per tutti gli educatori dei giovani Le comunità salesiane, insieme a tanti fedeli, hanno ricordato la figura del Santo dei giovani. Il suo carisma spirituale ed educativo rimane sempre un punto di riferimento MARIO STERI GNI ANNO per la festa di San Giovanni bosco la famiglia salesiana ricorda il suo grande fondatore, il padre e maestro della gioventù, che continua a brillare come fulgido esempio di santità nell’Olimpo della santità cristiana e come propugnatore di un metodo, il metodo preventivo, che ancora oggi è seguito dai salesiani ed è apprezzato in tutto il mondo anche accademico per l’atmosfera di cordialità e di profondità spirituale dalla quale esso è caratterizzato. Anche quest’anno si è celebrata la festività con molta gioia Il 28 gennaio a Viale S. Ignazio si è tenuto il commento alla Strenna, cioè al messaggio che il Rettor maggiore dei salesiani, il superiore maggiore, rivolge ogni anno alla famiglia salesiana. Quest’anno è l’ultimo del triennio in preparazione al bicentenario di Don bosco che cadrà il 16 agosto del 2015. Il tema dell’anno sviluppato dalla strenna è la vita spirituale di Don Bosco. Il salesiano Don Gianni Ghiglione, autore di numerosi libri sulla spiritualità sale-
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L’urna con le spoglie di San Giovanni Bosco.
siana, proveniente da Torino, ha illustrato questo tema. Don Bosco ha una sua propria spiritualità che ha trasmesso ai suoi figli. Essa si incentra sulla carità pastorale: Da mihi animas, coetera tolle è il motto sacerdotale di Don bosco. In funzione del servizio alle anime e della maggior gloria di Dio, che sono i due temi centrali della spiritualità di Don Bosco, mutuati in parte da quella ignaziana è la vita del salesiano e il suo atteggiamento spirituale. La spiritualità salesiana è fatto di fi-
duciosa preghiera al Padre, di abbandono all’azione provvidente del Signore Gesù, di filiale fiducia nella Vergine Maria, Madre Ausiliatrice dei cristiani. Comporta una visione ottimistica della vita, la condivisione di valori in spirito di famiglia, ma anche un impegno fattivo nella mortificazione del quotidiano e nella carità apostolica che deve permeare tutta la vita del salesiano, sia esso consacrato o meno. Questa spiritualità si esprime e si nutre della pratica del sistema preventivo. Le tre grandi parole di esso
sono ragione, religione, amorevolezza. Senza questi tre pilastri nessuna educazione è possibile e nessuna maturazione spirituale, anche personale, diventa accessibile all’individuo, secondo il pensiero di Don bosco. Don Gianni nella casa salesiana di viale Sant’Ignazio ha commentato e illustrato questi elementi fondamentali della strenna. In attuazione pratica di questi insegnamenti si sono svolte attività ludico educative per i ragazzi sia nella sede di viale fra Ignazio, sia in
no la cecità e velocizzarono il decorso della malattia. Il povero Tobi divenne cieco. La sua prima preghiera verso Dio su un rendimento di grazie per i doni ricevuti, un’invocazione di perdono e una richiesta d’aiuto per gli ebrei che vivono nell’esilio. Tobi invia suo figlio a recuperare un prestito effettuato nella Media. Sarà quel viaggio a consentire un doppio miracolo: Tobi conobbe la sua sposa e questa sarà liberata da uno spirito malvagio che provocava la morte di ogni suo marito nella prima notte di nozze. Le raccomandazioni di Tobi per suo figlio sono estremamente interessanti e veicolano una
religiosità tutt’altro che concettuale e teorica. ‘Ricordati del Signore … compi opere buone … fa’ elemosine coi tuoi beni … non distogliere lo sguardo da ogni povero … guardati dalla fornicazione … ama i tuoi fratelli e non concepire disprezzo verso loro … non trattenere la paga del tuo salariato … sii educato in ogni tuo comportamento …’; condensando tutto con la famosa regola d’oro ‘Non fare a nessuno ciò che non piace a te’ (4,15). L’incontro di Tobia con l’angelo Raffaele (‘Dio guarisce’) sarà il segno della provvidenza divina verso un uomo giusto e retto. Al ritorno dal viaggio, Tobia imporrà un medicinale sugli occhi del padre, il quale miracolosamente otterrà nuovamente la vista, che gli permetterà di conoscere la tanto desiderata cognata e poter ringraziare con larghezza di cuore il Dio di Israele, che provvederà non solo ad ogni singolo ebreo con amore di padre, ristabilendo il popolo nella terra, lontano dalla cattività esilica.
PERSONAGGI DELLA BIBBIA
Tobi, uomo giusto di MICHELE ANTONIO CORONA
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utore e narratore nel libro che porta il nome di suo figlio, Tobia. Uomo giusto e molto pio, legato a valori religiosi concreti come la pratica di seppellire i morti e fare elemosine ai bisognosi. Il libro, non appartiene al canone ebraico, ma è ritenuto ispirato solo dalla lista greca e dalla chiesa cattolica, in quella sezione detta Deuteronocanonici. Tobi apparteneva alla tribù di Neftali, famosa per essere una tra le più ostili alla centralità del tempio di Gerusalemme a all’unicità sacrificale. ‘Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme per le feste, in ossequio ad una legge perenne prescritta a tutto Israele’ (1,6). La precisazione è notevolmente importante alla luce della vicenda di Tobi. In Israele vigeva la teo-
logia della retribuzione, secondo la quale il male fisico era segnato di peccato commesso e la longevità segno di rettitudine e benedizione divina. La presentazione enfatica di Tobi e la sua pratica religiosa, anche oltre i confini di Israele, non lo preserva dalla disgrazia della cecità. Nel capitolo 2 si narra un gesto egregio compiuto verso un uomo che non era stato seppellito. Dopo l’atto di pietà per il morto, Tobi si purifica, si lava, mangia e a causa del caldo si distende all’esterno ‘tenendo la faccia scoperta e ignorando che sopra di lui dormivano dei passeri. Caddero sui miei occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero macchie bianche’ (2,10). Le cure dei medici non produssero alcun beneficio, ma acuiro-
quella della parrocchia San Paolo parrocchia, consacrata il 20 maggio del 1961 e affidata da sempre ai salesiana. I ragazzi delle scuole che frequentano l’istituto o il catechismo e le squadre sportive che frequentano la parrocchia -oratorio di S. Paolo hanno potuto cimentarsi in giochi a carattere educativo, che hanno permesso loro di scoprire le loro potenzialità ed entrare in comunione e in contatto con i coetanei in una competizione favorevole allo sviluppo della spirito di emulazione nel rispetto delle regole, quindi con una funzione potentemente educativa. A viale Sant’Ignazio è tuttora in corso una mostra che illustra, attraverso pannelli didattici la spiritualità e la pedagogia di Don Bosco. Il clou è stato toccato nella giornata del 31 gennaio. A viale Sant’Ignazio il vescovo ha celebrato per i ragazzi del liceo, proponendo la sua parola viva e presentando il modello di Don Bosco come modello attuale per i ragazzi e per i giovani. Nella parrocchia di S. Paolo alla presenza di un folto gruppo di fedeli e di numerose autorità sempre Monsignor Miglio ha presieduto una numerosa concelebrazione.. Nell’omelia ha spiegato l’importanza della condizione giovanile nella società e ha illustrato alla figura di Don Bosco come maestro del suo tempo. I salesiani sono presenti in Sardegna dalla fine dell’ottocento: precisamente sono approdati a Lanusei nel 1898. Sono arrivati in seguito a una petizione rivolta allo stesso Don Bosco da parte del clero diocesano, di alcuni laici e di alcuni gesuiti, tra cui eccelle il padre Porcheddu. A Cagliari l’insediamento nella sede storica di viale Sant’Ignazio risale a 100 anni fa, l’anno scorso si è celebrato il centenario dell’opera.. Il raggio d’azione si è progressivamente esteso in altre parti della Sardegna: a Cagliari nella parrocchia San Paolo a partire dagli ultimi anni 50 e poi nella vicina sede di Selargius dove opera un centro professionale. Sono stati cent’anni ricchi con buona messe vocazionale, per la quale bisogna sempre pregare giacché negli ultimi anni ristagna. Molto bene è stato fatto Lo dimostrano le associazioni di ex allievi tuttora operanti, i quali continuano a ricordare con nostalgia gli anni passati nelle case salesiani e ringraziare Dio dell’educazione ricevuta. L’educazione è cosa di cuore, diceva Don Bosco. Non si educa se non si ha il cuore buono di chi vuole aiutare i ragazzi a crescere, non ama profondamente Dio e si pone a suo servizio per far crescere il regno di Dio. Concludiamo queste brevi righe ricordando che sia la scuola, sia la parrocchia -oratorio sono sempre aperte a coloro che vogliono venire in contatto con la freschezza del carisma del Don Bosco e inserire i loro ragazzi e giovani delle opere stesse..
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Pastorale della salute. Parla Padre Giuseppe Carrucciu, cappellano al Policlinico.
I malati e i sofferenti sono l’attuazione nel tempo del Mistero di Gesù Cristo Domenica 16 febbraio si celebra a Bonaria la Giornata Mondiale del Malato. La malattia deve essere parte integrante della pastorale ordinaria
inserito nella famiglia di Dio”. I malati quindi sono l’attuazione nel tempo del Mistero di Gesù. Il Santo Padre ci inviata a non vivere la Giornata Mondiale del Malato come una festa fine a se stessa, ma come momento per una presa di coscienza che impegna tutte le componenti ecclesiastiche a difendere la vita dalla nascita fino al suo tramo-
neto, curando attivamente tutte le attività che a questo fondamentale impegno volgono la loro azione. Una spinta per il nuovo anno che inizia? Il Papa ci sprona a seguire quanto già il Vaticano II indicava circa la Pastorale della Salute, tutti, presbiteri, religiosi, laici devono prendere coscienza che il servizio ai malati è parte integrante dell’annuncio del Vangelo. La Chiesa ha dunque il compito di annunciare la Buona Novella e contemporaneamente di servire con amore materno l’uomo che vive il mistero della sofferenza. Come si svolgerà l’appuntamento di domenica 16? Domenica prossima è prevista una celebrazione Eucaristica nella Basilica di Bonaria alle 15.30, con la presenza dei malati assistiti dai parenti e dalladalle associazioni Unitalsi e Oftal. Quest’anno l’Arcivescovo durante la Santa Messa consegnerà, ad alcuni laici che hanno frequentato un corso di preparazione, il mandato di ministri straordinaria della Comunione Eucaristica, ed amministrerà anche il sacramento dell’Unzione degli Infermi. Devo ricordare che questo gesto dell’Unzione degli Infermi non deve essere visto come il sacramento dei morti ma è lo strumento per vedere illuminato ed essere sostenuto nel momento della fragilità, della malattia seria.
ni l'anno e non solo i 10 giorni del pellegrinaggio a Lourdes, in tutte quelle attività che vedono protagonisti i malati, bisognosi di aiuto nelle piccole azioni del quotidiano. E i volontari prestano il loro tempo per questi piccoli servizi, soprattutto nell'ambito spirituale, nella preparazione di eventi religiosi, ma anche di momenti ricreativi, come ad esempio il concerto di alcune settimane fa, ad Oristano, per la raccolta di fondi per le popolazioni colpite dall'alluvione del novembre scorso, dove i partecipanti hanno devoluto una somma di 5000 euro”. Nel corso dell'anno vengono organizzati solitamente tre pellegrinaggi per la Sardegna. A maggio mediamente vi partecipano circa trecento persone, con l'utilizzo di due aerei e la sua durata è di cinque giorni. Il pellegrinaggio storico e più importante è quello di luglio, con l'utilizzo del famoso “treno bianco” e uno o due aerei, a seconda del numero delle richieste, che vede la partecipa-
zione di seicento-settecento persone. L'ultimo, quello nazionale, raccoglie tutte le diciannove regioni d'Italia e viene organizzato alla fine dell'anno. Dalla Sardegna vi partecipano in circa centocinquanta. “È difficile raccontare cosa rimane dopo aver vissuto l'esperienza del pellegrinaggio accompagnando i malati, prosegue Aresu. Per prima cosa perché in quel momento la stanchezza è tanta, la preparazione infatti inizia due mesi prima della partenza e si fa tutto durante il tempo libero, oltre alla propria attività lavorativa, incontrandosi alla sera. Ma sicuramente rimane la soddisfazione di far parte di una comunità in cammino nella diversità totale, e i sentimenti migliori li esprimono i malati nel momento dei saluti con un semplice “è stato bello, quando riprendiamo con le attività?”, perché abbiamo pregato insieme e questo arricchisce, ogni volta e sempre di più, il proprio cammino spirituale”.
ROBERTO COMPARETTI ORAMAI giunta alla XXII edizione la Giornata Mondiale del Malato, voluta dal Beato, Giovanni Paolo II, prossimo alla santificazione. “Nelle intenzioni di Papa Wojtyła – dice padre Giuseppe Carrucciu, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale della Salute – la sofferenza deve diventare centrale nell’azione pastorale della Chiesa. La Giornata che andremo a celebrare è l’occasione per stimolare le nostre comunità parrocchiali ad accogliere questo messaggio Insomma non una pastorale di esperti? Certo lo conferma anche l’ultimo documento delle CEI del 2006, “Predicate il Vangelo e curate i malati”, sul tema della Pastorale della Salute, che dovrebbe essere più conosciuto non solo dai sacerdoti ma anche dai fedeli. Questo documento ci indica con chiarezza la
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La celebrazione della Giornata del Malato; sotto padre Giuseppe Carrucciu.
strada che è necessario percorrere per testimoniare la continuità dell’agire di Gesù con la Chiesa del nostro tempo. Anche Papa Francesco, nel suo messaggio per questa giornata, si è calato con semplicità, rivolgendosi direttamente a chi vive nella sofferenza definendoli “coloro che nella Chiesa sono strettamente legati a Cristo Salvatore, che con la sua passione ci ha
Camminare nella fede stando accanto ai malati Parla Tito Aresu, coordinatore Unitalsi a Cagliari FABIO FIGUS ELL'IMMINENZA DELLA XXII Giornata Mondiale del Malato, dal tema Fede e Carità: «anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli», in programma il prossimo 11 febbraio, in concomitanza con la memoria liturgica della Madonna di Lourdes, è doveroso parlare di chi, da oltre 110 anni compiuti nel 2013 e culminati nell'incontro del 9 novembre scorso in piazza San Pietro con Papa Francesco, si dedica completamente al loro servizio. È l'Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali (Unitalsi). Il fondatore, Giovanni Battista Tomassi, un ragazzo poco più che ventenne, affetto da una grave forma di artrite deformante irreversibile che lo costringeva in carrozzella da quasi dieci anni, nel 1903 partecipò al suo primo pellegrinaggio a Lourdes, con una precisa volontà: giungere dinanzi la grotta di Massabielle e, qualora non avesse ottenuto la guarigione, si sarebbe tolto la vita con
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un gesto clamoroso. Cosa che non accadde in quanto colpito proprio dalla presenza dei volontari e dal loro amorevole servizio nei confronti dei malati, vedendo quanto la condivisione degli accompagnatori regalava conforto, speranza e serenità ai sofferenti presenti in quel luogo. Oggi l'associazione nazionale è divisa in 19 regioni. La Sardegna conta due sotto-regioni, quella Nord che comprende quattro diocesi con a capo Sassari, quella Sud le restanti sei, con a capo Cagliari. All'interno di questa struttura regionale ci sono le sottosezioni con un consiglio, un'assemblea di sezione, con al vertice un presidente, i suoi collaboratori del consiglio e l'assistente spirituale che garantisce il contatto con la comunità ecclesiale da cui dipende. “Il presidente della sezione, anzitutto è, e rimane un barelliere a servizio dei malati. Il suo incarico consiste nella preparazione più specifica delle varie attività che vengono proposte, spiega Tito Aresu, coordinatore della sezione di Cagliari. L'Unitalsi lavora trecentosessantacinque gior-
IL PORTICO
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brevi DIOCESI DI LANUSEI
Mons. Antonello Mura è il nuovo vescovo Il Santo Padre Francesco ha eletto Vescovo di Lanusei, diocesi suffraganea della metropolia di Cagliari, don Antonello Mura, del clero della diocesi di Alghero-Bosa. Sua Ecc.za monsignor Antonio Mura, è nato a Bortigali, provincia di Nuoro e diocesi di Alghero Bosa, il 28 dicembre 1952. Ha compiuto gli studi superiori all’Istituto Tecnico per Geometri di Macomer, frequentando, successivamente al diploma, due anni di Università, prima di entrare in Seminario nel 1974. Inviato a Roma ha conseguito il Baccalaureato in Filosofia e in Teologia all’Università Pontificia Salesiana, aggregato alla comunità dei seminaristi salesiani. Ha conseguito la licenza in Teologia Dogmatica alla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e la laurea in Pedagogia e poi in Filosofia, all’Università Statale di Sassari. È stato ordinato sacerdote il 1 agosto 1979, nel suo paese di origine. Incarichi e Ministeri 1979-1981 Vice parroco in San Francesco di Macomer 1981-1982 Vice parroco di San Leonardo in Villanova Monteleone 1982-1985 Animatore nel Seminario Regionale Sardo di Cagliari 1984-1993 Capo redattore del giornale diocesano “Dialogo” 1985-1988 Padre Spirituale nei seminari minori di Alghero e di Bosa 1986-1988 Responsabile della Pastorale Giovanile Diocesana 1985-1995 (e dal 2008 al 2001) Direttore del Centro Regionale Vocazioni 1988-1991 Parroco di San Leonardo in Villanova Monteleone 1991-1993 Parroco della Natività di Maria a Santa Maria La Palma 1993-2007 Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano 1993-2009 Rettore e Amministratore del Seminario diocesano a Bosa 1995-2012 Direttore della Scuola Diocesana dei Ministeri e del Diaconato permanente 20052012 Direttore del giornale diocesano “Dialogo” 2007-2012 Pro Vicario generale della Diocesi Dal 1986 è iscritto all’ordine nazionale dei Pubblicisti Dal 2004 Coordinatore regionale per il Progetto Culturale della CEI Dal 2012 Presidente dell’Istituto diocesano per il Sostentamento del Clero Dal 2012 parroco del SS Nome di Gesù in Alghero Dal 2012 Vicario Episcopale per la cultura È stato insegnante di Religione all’Istituto Tecnico di Macomer, alla Scuola Media di Villanova Monteleone e al Liceo Classico di Alghero; ha insegnato Storia e Filosofia al Liceo Classico di Bosa e in quello di Macomer e all’Istituto Magistrale di Bosa. Attualmente è Docente all’Istituto Superiore di Scienze religiose di Sassari, ed è membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei Consultori.Collabora periodicamente con il quotidiano Avvenire.
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IL PORTICO DE
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V DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)
dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 13-16 DON ANDREA BUSIA
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l brano odierno del vangelo, molto breve, è un concentrato di immagini: il sale, la luce, la città, la lampada. Queste immagini vengono poi riprese e interpretate in un’ottica di esortazione ai discepoli. La prima domanda che dobbiamo porci è: “a chi si sta rivolgendo Gesù?”, chi è quel “voi” iniziale? Per rispondere dobbiamo tornare un pochino indietro al versetto 11, alla fine del brano delle beatitudini dove troviamo: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11). Gesù sta quindi parlando alla comunità dei suoi discepoli, a quella comunità che per la fede rischia seriamente anche di essere accusata e giudicata ingiustamente, non è proprio un ritratto roseo quello del discepolo della beatitudini, ma il brano continua: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti
il portico della fede
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n quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Il sale della terra...
hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Mt 5,12). Sebbene, quindi, il ritratto del discepolo possa nel presente non essere molto roseo, l’appartenenza a Gesù è fonte di gioia perché certa è la ricompensa. Subito dopo Gesù ritorna con altre parole sullo stesso tema, ed ecco il nostro brano: non basta essere sale (cioè ufficialmente discepoli) se non si ha il sapore del sale (se non si è discepoli nel cuore e nelle azioni) e non si vuole salare il cibo; perché, come un sale insipido sarebbe totalmente inutile, allo stesso modo un discepolo che non ama è assolutamente privo di significato, non è un discepolo! Non capita spesso nei vangeli ma qualche volta, come nel nostro caso, Gesù con una sorta di minaccia intensifica l’immagine che sta proponendo: il sale inutile non serve ad altro che ad essere gettato via e calpestato. Il brano prosegue con un immagine parallela, anche se stavolta triplice, che è quella della luce. Anche in questo caso
ritorna il tema dell’“utilità”: ogni cosa è stata creata con uno scopo e lo scopo del discepolo è quello di essere “luce della mondo”. A ben vedere questa immagine può sembrare strana perché Gesù stesso dirà “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), il discepolo, e quindi in ultima analisi “noi”, è chiamato a imitare l’esempio di Gesù. Sia che si consideri l’immagine del sale, sia che si guardi a quella della luce, rimane un fatto: le azioni dei discepoli devono essere tali da illuminare la strada di chi le vede, non per mettersi in mostra, ma per la gloria di Dio. Torniamo al brano precedente, che dicevamo essere quello delle beatitudini, tenendo presente che il nostro brano ne è una specie di commento: non basta essere poveri in spirito, puri di cuore, miti, misericordiosi, ecc. se viviamo queste dimensioni in un’ottica intimistica, senza cercare cioè di aiutare anche gli altri a capire la bellezza della vita cristiana attraverso la nostra vita. La vita cristiana è una vita missionaria e
il discepolo è missionario per sua stessa natura, se così non è, avesse anche tutte le carte in regola ufficialmente per rientrare tra i “beati”, sarebbe sale senza sapore, luce che non illumina. Il cristiano è chiamato al difficile compito che è quello di essere trasparenza di Cristo per coloro che incontra, questo significa lasciar intravvedere Cristo in sé, nelle sue azioni, si pensi ad esempio alla parabola del buon samaritano (Lc 10,30-36) che è stato strumento dell’amore di Dio per quell’uomo che era stato malmenato dai briganti. La parabola del buon samaritano ci permette anche di far vedere come quest’uomo sia stato capace di compiere una buona azione senza però cercare un riconoscimento da colui che aveva aiutato, ha agito gratuitamente: devono essere visibili i frutti delle nostre azioni, deve essere chiaro che sono state fatte perché “rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” ma questo non significa che si debba cercare la gloria, la riconoscenza, degli uomini.
L’IMPORTANZA DELLA CONFERMAZIONE Papa Francesco all’Udienza generale del mercoledì ha iniziato recentemente un nuovo ciclo di catechesi dedicate ai Sacramenti. Nell’ultima udienza si è soffermato sulla Confermazione. Il Santo Padre ha mostrato in primo luogo lo stretto legame che unisce Battesimo e Confermazione: «questi due Sacramenti, insieme con l’Eucaristia, formano un unico evento salvifico, che si chiama — l’"iniziazione cristiana" —, nel quale veniamo inseriti in Gesù Cristo morto e risorto e diventiamo nuove creature e membra della Chiesa. Ecco perché in origine questi tre Sacramenti si celebravano in un unico momento, al termine del cammino catecumenale, normalmente nella Veglia Pasquale. Così veniva suggellato il percorso di formazione e di graduale inserimento nella comunità cristiana che poteva durare anche alcuni anni. Si faceva passo a passo per arrivare al Battesimo, poi alla Cresima e all'Eucaristia». Cresima e Confermazione sono i due termini utilizzati co-
munemente per indicare questo Sacramento: «"Cresima", parola che significa "unzione". E, in effetti, attraverso l’olio detto "sacro Crisma" veniamo conformati, nella potenza dello Spirito, a Gesù Cristo, il quale è l’unico vero "unto", il "Messia", il Santo di Dio. Il termine "Confermazione" ci ricorda poi che questo Sacramento apporta una crescita della grazia battesimale: ci unisce più saldamente a Cristo; porta a compimento il nostro legame con la Chiesa; ci accorda una speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere la fede, per confessare il nome di Cristo e per non vergognarci mai della sua croce». Il Papa ha posto l’accento sull’importanza di ricevere la Confermazione, preceduta sempre da un’adeguata formazione: «è importante avere cura che i nostri bambini, i nostri ragazzi, ricevano questo Sacramento. Tutti noi abbiamo cura che siano battezzati e questo è buono, ma forse non abbiamo tanta cura che ricevano la Cresima. In questo modo
resteranno a metà cammino e non riceveranno lo Spirito Santo, che è tanto importante nella vita cristiana, perché ci dà la forza per andare avanti […] Naturalmente è importante offrire ai cresimandi una buona preparazione, che deve mirare a condurli verso un’adesione personale alla fede in Cristo e a risvegliare in loro il senso dell’appartenenza alla Chiesa». Il Sacramento della Confermazione permette al credente di avere un rapporto speciale con lo Spirito Santo: «Quando accogliamo lo Spirito Santo nel nostro cuore e lo lasciamo agire, Cristo stesso si rende presente in noi e prende forma nella nostra vita; attraverso di noi, sarà Lui lo stesso Cristo a pregare, a perdonare, a infondere speranza e consolazione, a servire i fratelli, a farsi vicino ai bisognosi e agli ultimi, a creare comunione, a seminare pace. Pensate quanto è importante questo: per mezzo dello Spirito Santo, Cristo stesso viene a fare tutto questo in mezzo a noi e per noi». di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
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L’amore tra i coniugi è segno di quello di Dio
Accogliere l’altro come un dono TERESA E COSTANTINO CUNCU*
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RISCRITTURE
SALE E LUCE Nel Vangelo di questa domenica il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13.14). Mediante queste immagini ricche di significato, Egli vuole trasmettere ad essi il senso della loro missione e della loro testimonianza. Il sale, nella cultura mediorientale, evoca diversi valori quali l’alleanza, la solidarietà, la vita e la sapienza. La luce è la prima opera di Dio Creatore ed è fonte della vita; la stessa Parola di Dio è paragonata alla luce, come proclama il salmista: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105). E sempre nella Liturgia odierna il profeta Isaia dice: “Se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sa-
zierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (58,10). La sapienza riassume in sé gli effetti benefici del sale e della luce: infatti, i discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo “sapore” al mondo, e a preservarlo dalla corruzione, con la sapienza di Dio, che risplende pienamente sul volto del Figlio, perché Egli è la “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Uniti a Lui, i cristiani possono diffondere in mezzo alle tenebre dell’indifferenza e dell’egoismo la luce dell’amore di Dio, vera sapienza che dona significato all’esistenza e all’agire degli uomini. Benedetto XVI – Angelus 6 febbraio 2011
onostante la nostra epoca sia caratterizzata da un profondo individualismo, molti giovani scelgono ancora di dare senso alla propria vita insieme ad un’altra persona con cui condividere valori, aspirazioni, sentimenti, progetti per il futuro. L’incontro con l’altro determina un cambiamento radicale: non si è più soli a progettare, a scegliere, a crescere. Non si tratta di mettere in atto uno stato fusionale, ma di costruire una dualità che rispetti i criteri di uguaglianza, alterità, reciprocità, complementarietà senza sconfinare nel dominare o nel possedere l’altro, ma di accogliere. “Io accolgo te”, come esordisce la formula del consenso nel rito del matrimonio cristiano, è il cuore, il fondamento dell’incontro. Accogliere se stessi è però il presupposto per cominciare ad amare l’altro e lasciarsi amare così come si è. L’altro nel suo rivelarsi aiuta l’io a comprendersi nella sua autenticità. L’amore diventa così l’evento decisivo per entrambi, ma può diventare anche un banale passatempo se privato delle motivazioni e dei valori che sono alla base di una relazione amorosa significativa per entrambi. Accogliersi nella coppia significa intuire la bellezza e la grandezza della persona che mi sta davanti; significa fare esperienza di come Dio vede l’uomo. Dio non si ferma alla superficie, ma vede in profondità, sa vedere le nostre potenzialità piccole e grandi, curare le nostre ferite. Le difficoltà maggiori che i giovani e anche i meno giovani, oggi incontrano nei diversi contesti culturali, nascono da una distorta se non assente “verità sull’uomo”, che il più delle volte finisce per proporre modelli educativi spersonalizzati, privi di valori fondanti sulla vita, sull’amore umano che, nascondendo il vero significato della sessualità come dimensione di tutta la perso-
na, finisce per banalizzare il sesso riducendolo a pura funzione e fruizione fisiologica dei corpi. La sessualità umana se non si percepisce come l’insieme della vita affettiva, sensoriale e spirituale, razionale ed emotiva, diventa uno strumento per tiranneggiarsi a vicenda, ed è proprio su questo sottofondo di perdita di senso della sessualità, che si potrebbero spiegare molti disagi giovanili, ma anche il fallimento di molte relazioni amorose e di tanti matrimoni. La qualità cristiana dell’amore necessita di particolare attenzione per ridare respiro e orientare le relazioni amorose e farle uscire dalle ristrettezze dell’egoismo e dalle illusioni del sentimentalismo. Quando la Familiaris Consortio afferma: “partendo dall’amore e in costante riferimento ad esso”, non si riferisce all’amore genericamente umano, ma all’amore cristiano, cioè all’amore che Cristo con le sue stesse parole ha voluto rivelare: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. La singolarità dell’amore cristiano sta dunque nella qualità dell’amore. “L’esperienza dell’innamoramento e le tappe attraverso cui si impara ad amarsi in modo sincero e totale sono così grandi e coinvolgenti che lasciano trasparire l’amore stesso di Dio”. Il modo di amare di Dio, da cui ogni amore ha origine, diventa la misura dell’amore umano. La personale relazione con Dio della coppia si situa, dunque, nel più profondo dell’essere. Infatti l’uomo è chiamato a entrare in relazione con Dio e nulla è più importante per lui della risposta che dà a questa chiamata, in quanto essa condiziona tutte le altre relazioni. Amare come Cristo ha amato diventa il criterio ispiratore, la forza vitale della relazione amorosa. Non c’è niente di fatale o di automatico in tutto questo, c’è solo la concretezza dell’amore reciproco. *Commissione Diocesana di Pastorale Familiare
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IL PORTICO DEI LETTORI
IL PORTICO
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LETTERE A IL PORTICO Il 31 gennaio, come ogni anno, nell'istituto in cui noi seminaristi stiamo studiando, quello dei Salesiani in viale Sant’Ignazio (nella foto), si è festeggiato il santo patrono San Giovanni Bosco. La giornata è stata ovviamente diversa da tutte quelle di scuola, poiché essendo solennità per i Salesiani si è organizzato uno spettacolo con noi studenti e professori protagonisti. Prima dell’inizio dello spettacolo, il direttore, don Sergio Nuccitelli, ha raccontato sinteticamente la sua esperienza vocazionale, ricorrendo il cinquantesimo della sua professione religiosa come salesiano di Don Bosco. Poi è iniziato lo spettacolo, che sotto ispirazione di X Factor, si è trasformato in “DB Factor”, (abbreviazione di Don Bosco Factor), presentato da due alunni, uno al terzo e uno al quarto anno. Durante tutta la mattina si sono esibiti nove alunni di diverse classi del liceo classico e del liceo scientifico mentre la giuria era composta da tre professori: Ferrari, Pistis e Loggia. Tra i nove ragazzi, sei di questi hanno cantato, uno ha suonato un preludio di Chopin, una ragazza ha ballato ed un ragazzo si è esibito
pronunciando le parole al contrario. Dopo due ore di spettacolo un breve momento d’intrattenimento ha preceduto lo spostamento degli alunni nella Cappella per la Messa, presieduta dall’Arcivesvovo, monsignor Arrigo Miglio, e concelebrata da don Alberto Pistolesi, responsabile dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Giovanile e da don Paolo Sanna, Rettore del Seminario. Al termine della Messa sono stati
annunciati i vincitori dello spettacolo: due ragazzi che hanno cantato la canzone “Vivimi” di Laura Pausini e Tiziano Ferro (la ragazza, Debora Capra, è al quarto anno del liceo classico, mentre il ragazzo, Vittorio Piga, è al quinto anno del liceo scientifico). Il pranzo con docenti, Salesiani e presbiteri presenti ha chiuso la giornata di festa. Samuele Mulliri
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Frequenze in FM: 95,000 - 97,500 - 99,900 - 102,200 - 104,000
Oggi parliamo di… arte e fede La chiesa di Burcei e Villasalto (Terenzio Puddu) Domenica 9 febbraio ore 18.10 Lunedì 10 febbraio ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie- Claire Alain. (a cura di Andrea Sarigu) domenica 9 febbraio ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione Il traffico (Simone Bellisai) Martedì 11 febbraio ore 19.10 Mercoledì 12 febbraio ore 8.30
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
'ultima fatica di Martin Scorsese è uscita da quattro giorni nelle sale italiane e ha già guadagnato più di quattro milioni, un dato impressionante non solo se si guardano gli incassi degli ultimi film del regista (Hugo Cabret, Shutter Island e The departed non erano nemmeno arrivati ai due milioni) ma perfino analizzando la frequentazione media dei cinema italiani nell'ultimo periodo, il che è davvero sorprendente. Questo film è eccezionale, nel senso etimologico del termine, perchè esula dalla norma e la oltrepassa da quasi tutti i punti di vista. Favorito dall'attenzione mediatica avuta con il Golden Globe recente a Leonardo Di Caprio proprio per il ruolo di Jordan Belfort, il film racconta la storia vera di un broker che sogna di entrare a Wall Street, ci arriva a 22 anni e, una volta inghiottito e risputato fuori dal vortice capitalistico-finanziario anni '80, decide che può fare da solo e raccatta spacciatori e non qualificati di 'periferia' per creare la sua società, la Stratton Oakmont, dando inizio ad una festa e una ricchezza senza fine talmente invitante da fare invida alla stessa Wall Street. Tre elementi principali rendono questo film così eccezionale: Scorsese nella sua versione registica più allucinata e priva di limiti, Di Caprio nel ruolo più riuscito della sua carriera e un modo di raccontare intelligente ed esperto che è rimasto nell'incubatrice per sette anni e finalmente ci si mostra nel suo più osceno splendore. Una storia come quella di Jordan Belfort va mangiata, digerita, e poi vomitata. Il modo in cui Scorsese dirige i 180 minuti del film lasciano da parte le prime due parti del processo e si concentrano sull'ultima, mostrando una vita
In onda su Radio Kalaritana
L’ora di Nicodemo Il Vangelo di Matteo (Commento esegetico - spirituale a cura di Sabino Chialà – Biblista) Mercoledì12 febbraio 21.30
Sugli schermi l’ultima fatica di Martin Scorsese
The wolf of Wall Street VALERIA USALA
che fa dell'eccesso il suo punto cardine, e dell'uomo che la vive un lupo solitario e astuto, spaventoso ma vincente. Il regista decide di seguirlo e mostrarci tutto dal suo punto di vista, con una narrazione soggettiva dove tutto è lussuoso ed eccitante, e dove l'alternarsi di inquadrature stabili e 'barcollanti' vanno di pari passo con la mente del protagonista, lucida nel lavoro perchè sempre più dipendente dai tre idoli a cui anela senza sosta: soldi, sesso e droghe. Il film è impudico nelle immagini e scorretto nel messaggio (che, coerentemente con la narrazione, è quello del protagonista) ossia che dall'eccesso arriva la ricchezza e che essa non si ferma nemmeno di fronte alla Legge. Non c'è giustizia, non c'è redenzione, non c'è crescita soggettiva nè direttiva morale a condurre le azioni: tutto è corpo, tutto è istinto, tutto è bisogno rincorso con una foga quasi animale. E così Jordan divora le ricchezze dell'inconsapevole ceto medio americano che, secondo un copione infallibile, viene sistematicamente abbindolato da lui e i suoi adepti ad investire sul nulla perdendo tutto. Non c'è giudizio nell'oc-
chio di Scorsese, e quella morte che impaurisce l'uomo comune ed è in grado di arrestare anche la corsa più sfrenata rimane un semplice cartello stradale al fianco della carreggiata, perchè anche quando l'assuefazione alle ricchezze materiali diventa dipendenza pericolosa, quel corpo che è centro del godimento è l'ultimo a cedere. Di Caprio mette a servizio di questa visione Petroniana del lusso (Belfort ricorda molto il famoso Trimalcione del Satyricon) mente e corpo, e arriva quasi ad annullarsi per non solo interpretare Jordan, ma diventare Jordan. I discorsi motivazionali nella sua azienda come incipit di feste erotiche senza fine, il suo buttare banconote e aragoste fresche in faccia agli agenti dell' FBI che cercano di incastrarlo, l'intuizione geniale di chi sa che si può campare a discapito degli altri (basta non farsi troppe domande), tutto questo fa del protagonista un sovrano moderno la cui prestanza fisica ininterrotta è permessa dalla frequenza crescente nell'uso di droghe svariate che vanno dalla cocaina allo Xanax al Quaalude presi in razioni da quindici pastiglie al gior-
Oggi parliamo con… Suor Veronica Donatello, La catechesi per i disabili. Sabato 8 febbraio 19.10 Domenica 9 febbraio ore 10.30 Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal Lunedì al venerdì 10.30 / 12.15 / 13.30 Lampada ai miei passi (10 febbraio - 16 febbraio) Commento al Vangelo quotidiano a cura di don Walter Onano Dal lunedì al venerdì 5.00 / 6.48 / 21.00 Sabato 5.00 / 6.48 / 21.00 (Vangelo domenicale) Domenica 5.00 / 7.30 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Ogni giorno alle 00.01
no, funzionale ad anestetizzare il corpo dal mondo che lo circonda. Gli sforzi ciclopici della recitazione di DiCaprio sono innumerevoli, ma tra tutti spicca il momento in cui, insieme al socio Donnie (un ottimo Jonah Hill) ingerisce tre pastiglie di Lemmon 714 scadute (tipologia di Quaalud molto potente), si ritrova paralizzato in una hall d'albergo e cerca di tornare a casa in macchina, scena che da sola gli varrebbe la statuetta. Oltre a DiCaprio, tutte le altre prove attoriali minori sono perfette, perchè rinunciano alla competizione consapevoli di perdere in partenza e anzi diventano funzionali al racconto (Margot Robbie nella parte della seconda moglie di Belfort, Matthew McConaughey che lo instrada nel mondo della finanza, Rob Reiner come padre consapevole ma impotente e Jean Dujardin, bancario svizzero in cui Belfort si rifugia per conservare parte degli illeciti guadagni). Il film si allontana da Wall Street – Il denaro non dorme mai perchè il tema non è una critica a un mondo e ad un modo di fare affari ma è la storia di un uomo, e del suo riuscire comunque a farla franca nonostante le perdite, economiche e non. Si allontana pure da Il grande Gatsby per una visione del lusso eccessivo che lì era elegante e qui diventa oltremodo volgare, ma sopratutto per i toni da commedia che sostituiscono il dramma del romanzo. Ne viene fuori un capolavoro che mette insieme forza, talento e maestria di due uomini che fanno del cinema di oggi un mondo riconoscibile (e speriamo presto anche premiato nel modo giusto) ma ancora tanto inesplorato da continuare a sorprenderci.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
Catechesi. A Cagliari Suor Veronica Donatello, dell’Ufficio Catechistico Nazionale.
Le comunità devono accogliere e sostenere le famiglie con disabili La sfida è quella di realizzare delle alleanze educative tra parrocchie, famiglie, associazioni, per mettere al centro la vita dei fratelli disabili R. C.
S
UORA FRANCESCANA “Alcantarina”, 39 anni, Veronica Donatello, nell’Ufficio Catechistico Nazionale si occupa dei problemi connessi alla catechesi dei disabili. “Ho un dono grande, perché provengono da una famiglia dove la disabilità è presente, con i genitori sordi ed una sorella diventata disabile per un errore medico. Mi sono formata su queste problematiche in due università e da due anni in CEI mi occupo delle persone disabili”. In cosa consiste il suo impegno? Ho il grande dono di stare affianco alla fragilità, di operare con e per la fragilità, quelle vecchie, con i disabili che abitano nei nostri territori, quelle nuove che si stanno acuendo in questo periodo. Il primo grande lavoro consiste nel sensibilizzare le nostre diocesi in modo che la Chiesa locale accolga i disabili e permetta loro, in virtù del battesimo, di poter restituire il loro essere cristiani. Un po’ come hanno detto i Papi negli ultimi tempi: una Chiesa che include, che accoglie tutti. L’al-
Suor Veronica Donatello nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile.
tro grande lavoro è con il clero: i sacerdoti sono come dei direttori d’orchestra che aiutano il lavoro nelle diocesi. Per loro non è un onore in più, quanto di coinvolgere chi già vive nel loro territorio. E il secondo aspetto? È la pietra di scarto che diventa una provocazione, con le persone disabili ci aiutano a provocare il nostro modo di fare pastorale. Perché chiamano in causa l’utilizzo dei sensi, il corpo, l’uso delle pedagogie multiple e, come dice Papa Francesco, dalla “periferia” arrivano le risposte, i grandi doni. A questo va aggiunto il lavoro di formazione per i catechisti accanto a quello con le famiglie che hanno figli disabili, mettendoci al loro fianco per far
scoprire il dono della vita. La grande sfida è pensarci con loro ed il dono grande di un disabile, dentro la propria parrocchia, può restituire e testimoniare la sua fede. Quali le reazioni in una comunità che accoglie un disabile? Esplode la vita. Se si prepara la comunità, perché non ci si può improvvisare, questa diventa più ricca. Credo che sia importante evidenziare come prima di essere un disabile quell’uomo o quella donna è una persona come me, per cui fa parte come tutti della comunità ed è chiamato ad abitarla. Nel mio girovagare per le Diocesi e per le parrocchie colgo tanta disponibilità: spesso molti non sanno come fare, ma chiedono di voler fare qual-
cosa, offrono impegno nell’accogliere disabili e le loro famiglie, nel vivere la vita della propria parrocchia. C’è un altro elemento che deve essere messo in luce: la persona disabile non è chiamata solo a prendere dalla comunità ma è anche interpellato a dare il suo contributo alla crescita della propria parrocchia. Nella nostra Diocesi i dati parlano di una frequenza al cammino d’iniziazione cristiana che va oltre il 90%. Come seminare su questo terreno? Si può seminare di certo e partire con il vostro Ufficio Catechistico, in un progetto nel quale i disabili possano partecipare a pieno titolo al cammino di iniziazione cristiana. Sarà però necessario formare le persone con alcune pedagogie. Una legge, la 162, qui in Sardegna registra buone prassi per la disabilità. Come declinare questo aspetto anche nella catechesi? Io dico sempre che c’è un sapere genitoriale da sfruttare dentro le nostre proposte in parrocchia. Un papà e una mamma sanno come entrare in contatto con il figlio disabile, a loro si affiancano altre figure: insieme bisogna pensare ad un progetto per la persona con disabilità all’interno delle comunità. Questa sarà la sfida che ci attende: porre in essere alleanze educative, tra famiglie, catechisti, associazioni, movimenti e personale specializzato per realizzare insieme progetti di vita a favore dei disabili.
Visita pastorale ai SS. Pietro e Paolo e a S. Avendrace
Le foto sono di Furio Casini (Sant’Avendrace) e Lidia Lai (Santi Pietro e Paolo ).
IL PORTICO
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detto tra noi Un terzo del cibo prodotto va sprecato di D. TORE RUGGIU
Il Cardinale Comari, in un bellissimo commento alla Via Crucis, in una stazione ha scritto che il mondo è diviso in due stanze: “in una si mangia e si spreca e nell’altra si muore di fame”. Va aggiunta una denuncia della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che rende noto che un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano (pari a 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti), va perduto o sprecato. Sono soprattutto gli europei e i nordamericani a buttare la maggiore quantità di alimenti (soprattutto frutta e verdura ma non solo). Il totale di cibo sprecato ogni anno, equivale a oltre la metà dell’intera produzione mondiale di cereali (2,3 miliari di tonnellate nel 2010). Lo spreco vero e proprio è nei Paesi ricchi che spesso buttano il cibo anche se in perfette condizioni, solo perché meno perfetto o prossimo alla scadenza. E in Italia come siamo? La Coldiretti ha specificato, richiamandosi al rapporto della Fao, che in Italia si sprecano 10 milioni di tonnellate ogni anno. Le perdite economiche per il Paese vengono calcolate in circa 37 miliari di €, che sarebbero sufficienti per nutrire 44 milioni di persone. Cifre e numeri che si commentano da sé e che non possono non mettere interrogativi di ogni genere. Che ci fossero molti sprechi, si sapeva, ma francamente non si immaginava tanto. Sarebbe sufficiente un po’ di attenzione per non sprecare nulla o il meno possibile. Le persone adulte sopra i 50 anni ricordano bene che nelle nostre famiglie non si buttava nulla e che, soprattutto il pane, veniva considerato un alimento quasi sacro da non sprecare nel modo più assoluto. 37 miliardi di € sprecati annualmente, solo in Italia, francamente sono troppi ed è certo che non possiamo permetterci simili aberrazioni. E come conciliare questo con la crisi economica e con le lamentele degli italiani. Molti dei quali dichiarano di non arrivare a fine mese? L’eterno problema della fame nel mondo si potrebbe risolvere facilmente non buttando nella pattumiera il cibo ma, per utilizzare l’immagine del Cardinale Com’astri, passandolo agli inquilini della camera accanto. Purtroppo c’è spesso molta demagogia, non solo nei politici, ma anche nel popolo disinformato. E allora che questi dati della FAO aprano gli occhi a tutti e responsabilizzino ogni cittadino a fare il possibile per non sprecare nulla, ricordando che molti muoiono di fame.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
IL PORTICO
brevi PASTORALE GIOVANILE
Ad aprile campi di formazione Sono aperte le iscrizioni per i prossimi campi di formazione proposti dall’Ufficio di Pastorale Giovanile e previsti nel mese di aprile. Dal 25 al 27 aprile è previsto un corso di formazione per Animatori di gruppi preadolescenti e gruppi “postcresima” (età dei partecipanti prevista: 17 ai 25 anni). Dal 29 aprile al 1 maggio un corso di formazione per gli Animatori che degli Oratori che animano le attività invernali ed estive (età dei partecipanti prevista: 15 ai 19 anni). Per tutti i corsi previsti l’Ufficio di Pastorale giovanile rilascerà un attestato di partecipazione e una dichiarazione per il credito formativo scolastico da presentare a scuola. Il prima possibile saranno disponibili le schede di adesione con le notizie tecniche e le modalità di iscrizione. I corsi di formazione per gli animatori di Oratorio saranno organizzati con la collaborazione del Centro Sportivo Italiano e si terranno a Solanas, nella colonia “San Domenico Savio”. Per le informazioni si può contattare direttamente l’Ufficio di Pastorale Giovanile: don Alberto Pistolesi e-mail: apisto@tiscali.it oppure giovani@diocesidicagliari.it
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Il card. Poletto guida gli esercizi spirituali Dal 24 al 28 febbraio, nella casa di spiritualità “Pozzo di Sichar”, si terranno gli esercizi spirituali per il clero di Cagliari. Sarà il Card. Severino Poletto, Arcivescovo emerito di Torino, a guidare gli esercizi.
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Vita consacrata. In Cattedrale si è tenuta la Messa con i religiosi e le religiose.
Vita consacrata, essere memoria vivente del primato del Signore Mons. Miglio: “attraverso i carismi uomini e donne devono rendere visibile la nuova stagione dell’offerta a Dio, in cui si è chiamati ad offrire noi stessi senza riserve” I. P.
primo febbraio, vigilia della festa liturgica della Presentazione del Signore, si è tenuta la Celebrazione Eucaristica in occasione della Giornata per la vita consacrata. A presiedere la Messa in Cattedrale è stato l’Arcivescovo di Cagliari, Mons. Miglio. Al rito erano presenti numerosi religiosi e religiose appartenenti alle diverse realtà di vita consacrata operanti in diocesi. La celebrazione è stata animata dal canto del Coro S. Efisio e dai Pueri et juvenes cantores S. Efisio, entrambi di Capoterra. La liturgia della Presentazione del Signore si è aperta con la benedizione dei ceri e la processione verso la Chiesa Cattedrale dove ha avuto inizio la Celebrazione Eucaristica. Nell’omelia della Messa, Mons. Miglio ha prima di tutto mostrato il legame esistente tra la ricorrenza liturgica della Presentazione del Signore e la vita consacrata: «è finito il tempo in cui si sale al tempio per offrire a Dio qualcosa e comincia un’epoca nuova nella quale si sale al tempio per offrire a Dio tutto, non qualcosa di staccato da noi, ma tutto quello che noi siamo, tutta la nostra vita. Con le parole del vecchio Simeone si inaugura la nuova stagione dell’offerta a Dio gradita, come hanno fatto Gesù e Maria. Ecco perché diventa un momento chiaro
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A SERA DEL
Monsignor Arrigo Miglio guida la processione verso la Cattedrale. (foto Elio Piras)
per capire il mistero e il dono della vita consacrata, in tutte le sue forme, da quelle più antiche a quelle più recenti, maschili e femminili. Attraverso i vari carismi, le varie forme di consacrazione, uomini e donne sono chiamati a rendere visibile questa nuova stagione dell’offerta a Dio, nella quale il Signore ci chiede di offrire noi stessi senza riserve. La vita consacrata mette questo in evidenza nella forma particolare che è quella dei consigli evangelici». La via dei consigli evangelici, ha spiegato l’Arcivescovo, è per tutti i battezzati, tuttavia il Signore chiama alcuni a viverli in una maniera speciale perché diventino «il segno di questa offerta totale di sè stessi, che il Signore chiede ad ogni battezzato». La vita consacrata in tutte le sue forme, ha proseguito Mons. Miglio, non va confusa con «le opere gestite dalle varie famiglie religiose; queste cambiano nel tempo perché le situazioni cambiano. Deve rimanere
chiara «l’esigenza di un annuncio radicale e visibile dei consigli evangelici». Questo tempo, secondo Mons. Miglio, deve essere considerato favorevole per la vita consacrata: c’è un Papa che dopo tanto tempo proviene dalla vita religiosa, e c’è la grande opportunità dell’Anno della vita consacrata che sarà celebrato nel 2015. L’occasione dell’Anno dedicato alla vita consacrata offre lo spunto, ha
suggerito l’Arcivescovo, anche per riflettere su come vengono vissuti i consigli evangelici: «noi consacrati davvero siamo “diversi” dagli altri, oppure la nostra vita è troppo uguale a quella di tutti? Siamo sicuri di non aver assorbito la regola terribile del “fanno tutti così”? Vivere anche esteriormente secondo i consigli evangelici significa smarcarsi dal modo di fare della maggioranza, specie nel campo dei beni materiali, personali e comunitari, portando avanti uno stile di essenzialità e sobrietà. Si tratta poi di avere la capacità di amare in modo puro, senza egoismo, non pretendendo di avere qualcosa in cambio. Diventare segno della bellezza dell’amore che è tanto più bello quando più non cerca nessun appagamento personale, ma soltanto la libertà e il sostegno agli altri, specialmente verso i più piccoli e i deboli. Si è chiamati poi a vivere la comunione, con la capacità di condividere la vita con i compagni e le compagne di strada che il Signore ci ha messo accanto, vincendo dissidi e antipatie». L’auspicio è quindi quello che gli insegnamenti e l’esempio di Papa Francesco possano essere di stimolo e incoraggiamento per una vita consacrata che sia un segno sempre più evidente del primato di Dio dentro la nostra epoca.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
Solidarietà. La Casa Provinciale delle Vincenziane ha ospitato un concerto benefico.
Figlie della Carità, in prima linea contro lo sfruttamento delle donne La serata musicale ha avuto lo scopo di mettere l’accento sul lavoro delle Suore contro la tratta delle donne I. P.
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N CONCERTO della speran-
za per oltre mille donne con le “ali spezzate”. E’ stato promosso dalle suore “Figlie della Carità” che da quasi 14 anni hanno deciso di aprire un altro fronte della solidarietà, più difficile, complesso e attuale: quello delle ragazze sedotte dalle luci e dal successo a buon prezzo del mondo occidentale, che lasciano la povertà dei paesi africani e dell’Est europeo per tentare l’avventura in Italia. Ma pagano un dazio tremendo imposto dai trafficanti: l’esperienza della prostituzione. Domenica 26 gennaio nell’ampia cappella della casa provinciale delle Figlie della Carità il mondo solidale si è mosso, richiamato dal concerto del Collegium Karalitanum diretto del maestro Giacomo Medas e dalla trascinante musica del “grupo Machapu”.ma soprattutto dalla necessità impegnarsi a lottare contro la tratta. “La presenza di istituzioni, forze dell’ordine e semplici cittadini ha un valore ancora più importante, perché è segno che il problema della tratta è diventato un’emergenza
Il concerto di beneficenza nella cappella di via dei Falconi. (foto Stefano Ardau)
umana e culturale che interroga ogni uomo e donna di retta coscienza e di normale sensibilità”, ha detto suor Ignazia Miscali responsabile dei progetti per il recupero e il reinserimento sociale di queste donne. Da 14 anni le suore, con un’equipe di psicologi, pedagogisti e animatori, si cimentano in questa iniziativa solidale, sollecitate dalla “scuola vincenziana” di attenzione ai poveri e nello stile di san Vincenzo, cioè incontro personale con il fratello nel suo ambiente di vita. “Il nostro carisma ci ha portato e ci porta anche con qualche rischio e con non poche minacce – ha detto suor Ignazia nel saluto iniziale - nelle strade della prostituzione a parlare con le vittime della tratta. In quasi tre lustri abbiamo ottenuto rilevanti risultati, il più importante dei quali è l’uscita da quel mondo di ben 250 donne, che hanno iniziato un complesso, difficile recupero morale, umano, culturale, sociale e lavorativo”.
Le suore si muovono in un terreno complesso. Non esistono soluzioni facili del problema. “Dobbiamo vederlo nella sua duplice dimensione di chi lo subisce, le donne, e di chi ne trae vantaggio, prevedendo per questi ultimi meccanismi punitivi e l'introduzione di misure preventive volte, da una parte, ad aumentare la consapevolezza e la sensibilità e, dall'altra, ad affrontare le cause di questo fenomeno, fra le quali di certo non va trascurata - ha aggiunto suor Ignazia - la situazione macroeconomica. In questo i mezzi di comunicazione sociale hanno un ruolo determinante”. Tutti gli sforzi volti ad affrontare le attività criminali e a proteggere le vittime del traffico dovrebbero includere sia uomini sia donne e porre i diritti umani al centro di tutte le strategie". L’approccio sistematico al problema della tratta – secondo le suore deve necessariamente comprendere l’integrazione delle vittime nel-
la società. “È quello che noi tentiamo di fare nelle nostre comunità tre case d’accoglienza ( Cagliari, Sassari e Olbia), dove si fa un recupero psicologico, culturale, sanitario e lavorativo di queste donne. Non possiamo illuderle. Dopo l’uscita dalla strada, la più efficace azione di recupero è riportarle con tutti i diritti e con i migliori strumenti di vita dentro la nostra società. Oppure restituirle al paese d’origine non come donne sconfitte, allontanate con la forza, ma come vincenti, che ritornano nella loro terra d’origine per aiutare altre a ragazze a vivere con sicurezza nel loro paese , senza più bisogno di ricercare fortuna e successo in altri Stati. Quindi accompagnando il loro ritorno con microprogetti e/o prestiti, assicurando in tal modo che le vittime non ritornino nello stesso ambiente pericoloso e senza risorse”. Il concerto, presentato dalla giornalista Flavia Corda, ha registrato diversi momenti spettacolari, sottolineati dal pubblico che ha chiesto al maestro Giacomo Medas e al grupo Machapu il bis del “Gloria” della “misa Criolla”. Il coro Collegium Karalitanum da solo ha eseguito quattro brani: - Notre Père di (Maurice Duruflè 1902-1986), Cun d'unu biancu velu, Canto Mariano (di Antonio Sanna); Padre Nostro di Rimshy Korsakov (1844-1908) e Ninna Nanna de Anton'Istene di Pietro Allori. Assieme al Gruppo Musicale "Grupo Machapu" è stata eseguita la “Misa Criolla” di Ariel Ramirez. Infine da solo il Grupo Machapu, ha eseguito due brani popolari di musica sudamericana.
IL PORTICO
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brevi IN SEMINARIO
Incontro animatori della comunicazione Domenica alle 16, nell’Aula magna del Seminario diocesano di Cagliari (via mons. Cogoni, 9), si terrà l’annuale incontro diocesano per gli animatori delle comunicazioni sociali: membri delle redazioni dei giornali, delle radio e dei siti internet delle parrocchie, degli istituti religiosi, delle aggregazioni laicali, degli uffici diocesani; operatori pastorali impegnati nella diffusione e distribuzione della stampa cattolica. Il programma prevede la presentazione del messaggio di Papa Francesco per la 48ª giornata mondiale delle comunicazioni
sociali, a cura del Dott. Andrea Pala, giornalista professionista e collaboratore dell’Ufficio diocesano comunicazioni sociali; la relazione sul tema “Il settimanale diocesano: prospettive per una rinnovata valorizzazione nel territorio” a cura di don Roberto Piredda, direttore de “Il Portico”; la relazione “I media diocesani: novità in atto e ambiti di collaborazione con le realtà ecclesiali” di don Giulio Madeddu, direttore dell’Ufficio diocesano comunicazioni sociali”. Dopo gli interventi dei presenti alle 18 la Santa Messa.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
IL PORTICO
brevi SAN SEBASTIANO
Sabato concerto di Juan Paradell Solé Per chiudere i festeggiamenti in onore del Patrono S. di Sebastiano, dopo il successo dell'anno scorso torna a Cagliari l'organista del Vaticano Juan Paradell Solé che terrà sabato 8 febbraio alle 19 nella chiesa di via Bembo un concerto d'organo. Il programma dal titolo “Musiche per le celebrazioni Pontificie” prevede i seguenti brani: Bach (preludio in mib magg), Liszt (Angelus, Tu es Petrus), Gounod (Marcia Pontificia), Guilmant (Ave Maria), Longhi (Maria -Le trombe d'argento-), Silveri (largo religioso), Julià (Tu es Petrus Mistica gregoriana, Elevazione e Toccata dalla suite gregoriana), Iannitti-Piromallo (Tu es Petrus) ed ancora Bach (fuga in mib magg.)
A MAGGIO
In pellegrinaggio da Papa Francesco La Diocesi di Cagliari, insieme alle altre della Sardegna, ha organizzato un pellegrinaggio a Ro-
ma con i Vescovi dell’Isola per rendere visita a papa Francesco. Dal 13 al 15 maggio prossimo, i pellegrinaggio porterà i partecipanti nella capitale dove è prevista la presenza all’Udienza generale del mercoledì, la visita alle Basiliche maggiori. Un ulteriore appuntamento sarà la visita alla città. Per informazioni è possibile prendere contatto con l’agenzia Sardivet a Cagliari, telefono 070288978.
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Celebrazioni. Un triduo di preghiera ha preceduto la festa di Sant’Antonio Abate.
S. Antonio, un’oasi di spiritualità in mezzo alle vie dello shopping Nelle scorse settimane si sono tenuti i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio. La figura del Santo eremita rimane sempre attuale
FEDERICA BANDE
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N VIA MANNO, strada commer-
ciale tra le più frequentate a Cagliari, è presente la Chiesa di S. Antonio Abate, costruita nel Settecento sopra la cappella di un ospedale preesistente, facente capo ad un convento retto dall'ordine degli spedalieri di San Giovanni di Dio, a cui si deve l'edificazione di questo tempio consacrato nel 1723. Gli spedaliari si trasferirono nella sede del nuovo ospedale nel 1850 ed in seguito la Chiesa fu ceduta alla Confraternita della Madonna d'Itria che tutt'oggi si prende cura della struttura e che, come ogni anno, anche questo 17 gennaio ha curato la festa di Sant’Antonio Abate. Nell'arco di tre giornate dedicate alla preghiera e alla preparazione della festa del santo, si sono percorse le diverse tappe della vita di S. Antonio, che riusciva a coinvolgere persone appartenenti alle diverse classi sociali, le quali si recavano nel deserto per ricevere ed
Uno scorcio di via Manno con la chiesa di S. Antonio. Sotto Mons. Porru.
ascoltare parole di conforto e consiglio di questo uomo di Dio. Il giorno della festa di S. Antonio Abate, un mare di fedeli ha gremito tutte le celebrazioni mostrando grande devozione e partecipazione. Sono state davvero tanti coloro i quali hanno preso parte a questo importante evento, cogliendo quindi l'opportunità di vivere un momento di fede intenso e potere allo stesso tempo ammirare la bellezza di questa’antica chiesa, caratterizzata all'esterno da una facciata con un grande portale sopra il quale è presente una nic-
chia contenente la statua del santo, e all'interno delle decorazioni stile tardo barocco e dei particolari intonaci verdi con stucchi dorati. Durante le sante messe del mattino e del pomeriggio, sono state diverse le persone che si sono avvicinate al sacramento della Confessione, visitando la Chiesa per poi recarsi dai sacerdoti confessori presenti e a disposizione dei fedeli; ciò è stato denominato il "miracolo di S. Antonio", perché la testimonianza e il forte desiderio delle persone di riconciliarsi con
Dio non è un qualcosa appartenente alla quotidianità. Al termine delle celebrazioni è stato possibile ricevere il pane di S. Antonio, per poterlo consumare e portare a coloro che si trovano in situazioni di sofferenza, come segno di consolazione e di speranza. Cardine di questi giorni di festa e di preghiera è stata la Celebrazione solenne presieduta da monsignor Piergiuliano Tiddia, Arcivescovo emerito di Oristano, ed officiata con monsignor Francesco Porru, e monsignor Marco Lai, parroco di Sant’Eulalia che accompagnati dal coro della parrocchia "Sacra Famiglia", hanno condiviso con la comunità un momento di gioia e testimonianza. L'omelia di monsignor Tiddia è stata molto apprezzata per il rigore storico e per aver centrato gli insegnamenti dell'anacoreta S. Antonio Abate, presentando quindi la figura e la storia di un uomo che ha fatto della sua vita capolavoro di fede cristiana. Trascorse queste giornate, ciò che è rimasto nel cuore di coloro i quali hanno partecipato è la percezione di aver vissuto una festa, accompagnati e guidati dall'esempio e dalla benedizione di Sant’Antonio Abate.
DOMENICA 9 FEBBRAIO 2014
IL PORTICO DELL’ANIMA
IL PORTICO
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Ecumenismo. La seconda parte della riflessione sul documento “Dal conflitto alla comunione”.
Cattolici e luterani, il dialogo passa attraverso l’approfondimento dei temi dottrinali Il dialogo in campo teologico rappresenta una condizione necessaria per portare avanti il cammino ecumenico. STEFANO MARIA MOSCHETTI
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SPONIAMO I QUATTRO temi presi in esame nel documento della Commissione mista Luterano-Cattolica Dal conflitto alla comunione. Il primo argomento è la Giustificazione, come trovare un Dio misericordioso, ricerca che attraversa tutta la vita di Lutero; si stabilisce così il primo principio, che tutto regge: Dio giustifica gratuitamente nella Croce di Cristo, che accolta nella fede, ci rende capaci di Preghiera, osservanza dei comandamenti. La difficoltà cattolica dipende da una certa “solitudine” di questo comune principio fondamentale, rispetto agli altri articoli della comune professione di fede. Di questo tema, dell’accordo ritrovato, è ora facile trattare dopo la Dichiarazione, impegnativa per ambo le parti del 1999: è costruita sulla confessione comune di verità fondamentali, accoglienti sviluppi complementari di posizioni luterane e cattoliche, che non si escludono a vicenda. Passando al secondo Tema, la Cena del Signore, l’Eucaristia, notia-
La visita di Benedetto XVI alla Comunità Luterana di Roma nel 2010.
mo come nel dialogo si sia raggiunto un accordo non solo sulla ribadita Presenza reale del corpo e sangue del Signore, ma inoltre notevoli convergenze sul Sacrificio. La difficoltà di Lutero dipendeva da un certo oscuramento nella Teologia medioevale del Memoriale-anamnesi, che realizza la ripresentazione dell’unico Sacrificio della Croce nella celebrazione della Cena. Notiamo come il Tridentino abbia ricuperato l’uso di questa categoria biblica decisiva per la natura sacrificale della Cena stessa. Per Lutero un sacrificio che è opera umana, contraddice il principio della giustificazione per la Fede nella Croce di Cristo; l’accoglienza attuale della categoria biblica del Memoriale, che ripresenta l’unico evento salvifico della Pasqua, si dimostra in sintonia col pensiero del Riformatore. Infatti riconoscere la presenza rea-
le del Corpo e Sangue del Crocifisso glorioso significa riconoscere una presenza sacrificale; Cristo rende presente l’unico sacrificio salvifico della Croce, capace di unire, inserire in sé il sacrificio del suo Corpo ecclesiale, intensificare i vincoli di carità tra tutti i suoi discepoli, edificare la Chiesa. Nessuna difficoltà con il primo principio fondamentale della giustificazione per la fede in Cristo, anzi ne assicura la realizzazione piena: Cristo non ci giustifica per la sua Croce gloriosa? Ora questo evento, l’unico Salvifico, è reso presente, pienamente operante, per il singolo Cristiano, nell’intera comunità, locale ed universale. Mi scuso con i Fratelli Luterani se anticipo alquanto i prossimi sviluppi del concorde dialogo, che sarà evidentemente più ricco di quanto io possa individuare. Sicuramente l’accordo sul Sacrificio reso presente nella Cena, sarà deci-
sivo nel superare le difficoltà più numerose, individuate nel terzo tema, quello dei Ministeri. Esse promanano direttamente da come si sono svolti i fatti, quando la neonata comunità luterana ha cercato di darsi Pastori e Supervisori, Episcopi. Non dandosi Vescovi disponibili, nel 1535 si procedette a ordinazioni realizzate da Presbiteri, con il mancato inserimento in una collegialità universale, cattolica. Ricordando ora che la Cena del Signore realizza la presenza inaudita dello stesso Crocifisso glorioso, per la perfetta giustificazione e l’unità del corpo ecclesiale, è normale la richiesta di un Ministro proporzionato, qualificato in relazione a Cristo che rappresenta, nella collegialità degli Ordinati. Questo è l’evidente dato evangelico della chiamata degli Apostoli (primo sempre Simon Pietro) perché stessero con Lui e inviarli ad annunciare il Regno. Questo stare con Lui raggiunge le sua perfezione nell’ultima Cena (solo Pietro e i dodici menzionati), quando Gesù offre già se stesso al Padre nei segni del pane e del vino, ordina la celebrazione di questo suo Memoriale affidato a Pietro e agli Apostoli. Alla sublimità di un dono di così intensa presenza qualificante la Comunità, corrisponde la necessità di un Ministro qualificato nella sua persona in riguardo a Cristo, nei vincoli di una comunione collegiale. Inoltre costruiamo in conformità al desiderio esplicito del Riformatore di utilizzare tutti i ritrovati della ricerca storica. Ora possediamo
tanti documenti storici della vita liturgica della Chiesa apostolica dei primi secoli, lettere, pensiamo a quelle di Ignazio di Antiochia, che ci è possibile ipotizzare l’origine della Preghiera eucaristica, affermare la qualità del Ministro che La proclama, la sua relazione a Cristo, alla sua Chiesa. Tutti ricerchiamo la Verità rivelata, il millennio e mezzo di vita unitaria è una ricca miniera, radici profonde della nostra attuale realtà ecclesiale. Così viene qualificato l’accordo già esistente tra S. Scrittura e Tradizione; l’accoglienza della Parola di Dio, il suo indiscusso primato di Parola ispirata, avviene nel contesto di una Chiesa che professa la sua Fede nei Simboli, che la esprime per bocca del Celebrante qualificato nella Preghiera eucaristica, il momento più intenso della sua edificazione. Tutto è avvenuto nella Chiesa apostolica, la presenza qualificata di Pietro. La parte conclusiva del Documento, la riflessione sulla Chiesa, ne viene ulteriormente illuminata. Senza precorrere troppo i ritmi del futuro dialogo, è bene stare ai cinque Imperativi ecumenici indicati nella conclusione del Documento; li possiamo così riassumere. Partire sempre dall’unità gia riconosciuta, essere disposti a lasciarci interpellare e crescere nell’incontro con gli altri, ricercare costantemente l’unità visibile individuando i passi concreti per raggiungerla, confidare nella potenza del Vangelo di Gesù Cristo per i nostri tempi.
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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO
IL PORTICO
Il Papa. L’Episcopato Austriaco in visita ad limina Apostolorum dal Santo Padre.
I figli di Dio non si nascondono, portano il Vangelo nel mondo vangelizzazione e Sacramento della Penitenza Non dobbiamo soltanto amministrare ciò che abbiamo ottenuto e che è a disposizione, il campo di Dio deve essere lavorato e coltivato continuamente affinché porti frutto anche in futuro. Essere Chiesa non significa gestire, ma uscire, essere missionari, portare agli uomini la luce della fede e la gioia del Vangelo. Non dimentichiamo che l’impulso del nostro impegno di cristiani nel mondo non è l’idea di una filantropia, di un vago umanesimo, ma un dono di Dio, cioè il regalo della figliolanza divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo. E questo dono è allo stesso tempo un compito. I figli di Dio non si nascondono, portano piuttosto la gioia della loro figliolanza divina al mondo. E ciò significa anche impegnarsi a condurre una vita santa. Questo, inoltre, è doveroso per noi nei riguardi della Chiesa, che è santa, come la professiamo nel Credo. Certamente, «la Chiesa comprende nel suo seno i peccatori», come ha affermato il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 8). Ma il Concilio dice, in questo stesso passo, che non dobbiamo rassegnarci al peccato, cioè che «Ecclesia sancta simul et semper purificanda» - la santa Chiesa ha sempre bisogno di purificazione. E ciò significa che noi dobbiamo essere sempre impegnati per la nostra purificazione, nel Sacramento della Riconciliazione. La Confessione è il luogo in cui sperimentiamo l’amore mise-
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ricordioso di Dio e dove incontriamo Cristo, il quale ci dà la forza per la conversione e per la nuova vita. E come pastori della Chiesa vogliamo assistere i fedeli, con tenerezza e comprensione, nel riscoprire questo meraviglioso Sacramento e far sperimentare loro proprio in questo dono l’amore del Buon Pastore. Vi prego, quindi, di non stancarvi di invitare gli uomini all’incontro con Cristo nel Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione. La promozione della famiglia Un campo importante del nostro operare da pastori è la famiglia. Essa si colloca al cuore della Chiesa evangelizzatrice. «La famiglia cristiana, infatti, è la prima comunità chiamata ad annunciare il Vangelo alla persona umana in crescita e a portarla, attraverso una progressiva educazione e catechesi, alla piena maturità umana e cristiana» (Familiaris consortio, 2). Il fondamento su cui si può sviluppare una vita familiare armoniosa, è soprattut-
INDUSTRIA GRAFICA
to la fedeltà matrimoniale. Purtroppo, nel nostro tempo vediamo che la famiglia e il matrimonio, nei paesi del mondo occidentale, subiscono una crisi interiore profonda. «Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli» (Evangelii gaudium, 66). La globalizzazione e l’individualismo postmoderno favoriscono uno stile di vita che rende molto più difficile lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone e non è favorevole per promuovere una cultura della famiglia. Qui si apre un nuovo campo missionario per la Chiesa, ad esempio nei gruppi di famiglie dove si crea spazio per le relazioni interpersonali e con Dio, dove può crescere una comunione autentica che accoglie ciascuno allo stesso modo e non si rinchiude in gruppi di élite, che sana le ferite, costruisce ponti, va in cerca dei lontani e aiuta «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). Il ruolo della Parrocchia Dalla famiglia, chiesa domestica, passiamo brevemente alla parrocchia, al grande campo che il Signore ci ha affidato per renderlo fe-
condo con il lavoro pastorale. I sacerdoti, i parroci dovrebbero rendersi sempre consapevoli che il loro compito di governare è un servizio profondamente spirituale. È sempre il parroco a guidare la comunità parrocchiale, contando allo stesso tempo sull’aiuto e sul contributo valido dei vari collaboratori e di tutti i fedeli laici. Non dobbiamo correre il rischio di offuscare il ministero sacramentale del sacerdote. Nelle nostre città e nei nostri villaggi vi sono uomini coraggiosi e altri timidi, vi sono cristiani missionari e altri addormentati. E vi sono i molti che sono in ricerca, anche se non lo ammettono. Ognuno è chiamato, ognuno è inviato. Non è detto però che il luogo della chiamata sia solo il centro parrocchiale; non è detto che il momento sia necessariamente un piacevole evento parrocchiale, ma la chiamata di Dio ci può raggiungere nella catena di montaggio e in ufficio, nel supermercato, nella tromba delle scale, cioè nei luoghi della vita quotidiana. Vivere il Vangelo nel quotidiano Parlare di Dio, portare agli uomini il messaggio dell’amore di Dio e della salvezza in Gesù Cristo agli uomini è compito di ogni battezzato. E tale compito comprende non solo il parlare con parole, ma tutto l’agire e il fare. Tutto il nostro essere deve parlare di Dio, perfino nelle cose ordinarie. Così la nostra testimonianza è autentica, così sarà anche sempre nuova e fresca nella forza dello Spirito Santo. Affinché questo riesca, il parlare di Dio deve prima di tutto essere un parlare con Dio, un incontro con il Dio vivente nella preghiera e nei Sacramenti. Dio non soltanto si lascia trovare, ma anche si mette in moto nel suo amore per andare incontro a chi lo cerca. Papa Francesco Discorso alla Conferenza Episcopale dell’Austria, 30 gennaio 2014
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curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
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9 febbraio 2014 - 16.30 Adorazione Eucaristica per le vocazioni Monastero Clarisse Cappuccine Via Gaetano Cima, Cagliari A cura dal Centro Diocesano Vocazioni
13 febbraio 2014 - 9.00 Ritiro mensile del Clero. Seminario Arcivescovile Cagliari Guida il ritiro Mons. Giovanni Dettori, Vescovo di Ales- Terralba.
9 febbraio 2014 - 16.00 Incontro diocesano animatori della comunicazione sociale Aula magna del Seminario Arcivescovile - Cagliari A cura dell’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali
15 febbraio 2014 - 18.00 Incontro diocesano fidanzati. Aula magna del Seminario Arcivescovile - Cagliari A cura dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare.
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