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DOMENICA 4 MAGGIO 2014 A N N O X I N . 18
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
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CAGLIARI
Il lavoro è dignità ROBERTO PIREDDA
l lavoro fa parte del piano d’amore di Dio» (Udienza Generale, 1 maggio 2013). A partire da questa affermazione di Papa Francesco siamo immediatamente portati a comprendere che quando si parla di lavoro non siamo davanti ad un elemento qualsiasi del discorso economico. Qui c’è in gioco qualcosa di più profondo. Dire lavoro significa parlare dell’uomo, della sua vocazione e della sua dignità. Nell’occasione già citata il Papa esplicitava la sua riflessione dicendo che «il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre». Dio affida al lavoro dell’uomo la sua creazione e in questo modo lo chiama a collaborare alla sua stessa opera (cfr. Gen 2,15). È attraverso il lavoro che l’uomo si realizza, condivide i doni di Dio e si mette al servizio degli altri. Risuona ancora nelle nostre orecchie il grido carico di passione di Papa Francesco nell’incontro con i lavoratori a Cagliari, lo scorso 22 settembre: «Una sofferenza - la mancanza di lavoro - che ti porta - scusatemi se sono un po’ forte, ma dico la verità - a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità!». Queste considerazioni permettono di comprendere la portata del dramma della disoccupazione che affligge l’Italia e la Sarde-
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gna in modo particolare. Si sperimenta quanto il Santo Padre affermava sempre a Cagliari: «La crisi non è solo economica, è anche etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune, sia da parte di singoli che di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene comune». Per fare una vera “promozione umana” occorre «perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento per tutti» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 32). Uno sguardo di predilezione va dato in questo campo ai giovani, come hanno ricordato anche i Vescovi Sardi nella loro recente Lettera Pastorale, Un cammino di speranza per la Sardegna: l’Isola è «un territorio tutt’altro che a misura delle giovani generazioni, risultando incapace di valorizzare i loro talenti e non affidando loro significative quote di partecipazione e responsabilità». Chi in campo politico e amministrativo è chiamato a decidere, dovrebbe superare due tentazioni ben radicate, anche in Sardegna: il rinvio e l’assistenzialismo. Si rinvia sempre ad un futuro che non arriverà mai. Non si propongono soluzioni, ma solo mezze misure, “provvedimenti tampone” e via dicendo. Addirittura si teorizza, considerando forse l’ignavia come una virtù, che si può attendere, che serve “approfondire”, “cercare di capire”, ecc. E così si lasciano
passano gli anni, anzi i decenni, e i risultati tragici sono sotto gli occhi di tutti. Un buon medico fa la diagnosi, ma cerca anche di dare la cura prima che il paziente passi a miglior vita. L’altra tentazione è quella dell’assistenzialismo. Nessuno nega la necessità d’intervenire sulle emergenze, ma non si può vivere solo di quelle. Ciò che deve essere fatto per dovere di giustizia e per servire il bene comune non può essere sostituito da aiuti pietosi che lasciano le cose come stanno. Con i continui rinvii e il mero assistenzialismo si uccide la speranza di chi lotta per avere o mantenere il lavoro, oppure auspica di poter svolgere un compito all’altezza del suo percorso di studio. Una società aperta alla speranza, riprendiamo ancora le parole ai lavoratori di Papa Francesco, «non si chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma guarda avanti nella prospettiva del bene comune». Non va poi dimenticato che per il cristiano, come ha insegnato San Giovanni Paolo II, il lavoro è un mezzo di «santificazione e di apostolato, quando è vissuto in unione con Cristo» (Omelia, 17 maggio 1992). Quando si esercita il proprio lavoro con un senso soprannaturale, si ha l’occasione di amare e servire Dio e i fratelli. Ci si santifica sul serio non nonostante le occupazioni, ma attraverso di queste. Il lavoro diventa allora non solo la via per affermare la dignità dell’uomo, ma un vero cammino di santità da percorrere giorno per giorno.
SOMMARIO PONTEFICI SANTI
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Un testo di Mons. Miglio su Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II GIOVANI
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A Cagliari e Senorbì la grande festa di tutti i Ministranti CAGLIARI
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La Città celebra la tradizionale festa di Sant’Efisio DIOCESI
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Si rinnova la grazia del Pellegrinaggio da Sinnai a Bonaria VOCAZIONI
Il 4 maggio a Roma il Rito di ammissione di due seminaristi
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IL PORTICO DEGLI EVENTI
IL PORTICO
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CANONIZZAZIONE. Oltre un milione di persone hanno partecipato a Roma alla celebrazione per i due Papi Santi.
Una grande festa della fede cristiana
R.P. NA GRANDE FESTA della fede. Questa appare la definizione più pertinente per descrivere le giornate romane segnate dall’evento della Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Tante volte si abusa di termini come “storico”, “eccezionale” e via dicendo. Appaiono invece più che appropriati per parlare della circostanza del 27 aprile. Cosa si poteva vedere a Roma alla vigilia della celebrazione e poi la domenica? La risposta è molto semplice: la fede del popolo di Dio. Quella di persone provenienti dall’Italia, dalla Polonia, e dal resto del mondo. Una babele umana si potrebbe dire, ma che però riusciva ad intendersi, perché tra cristiani c’è un linguaggio comune, quello della fede, che permette di pregare insieme, aiutarsi, sorridersi, condividere le fatiche. Colpisce la distanza siderale tra le chiacchiere di alcuni opinionisti, sempre in prima linea nei salotti tv oppure su qualche giornale, che parlano di cose di Chiesa con una disinvoltura superficiale, e la realtà che si aveva davanti a Roma. Nel pomeriggio di sabato nella zona attorno a Piazza San Pietro tantissime persone incominciavano a prendere posizione in previsione della notte da trascorrere all’aperto. Molti si recavano in preghiera nella Basilica di San Pietro che ospita le tombe dei due nuovi Santi. Ognuno portava con sé la sua storia, la sua preghiera, il desiderio di dire grazie al Signore per il dono di questi due uomini che in tempi diversi hanno guidato la Chiesa di Cristo. Ci sono i giovani, ormai un po’ cresciuti, della “generazione” di Giovanni Paolo II. Quelli che nel corso di tanti anni hanno avuto la grazia di essere guidati dal
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suo esempio e dalle sue parole, in modo speciale con le Giornate Mondiali della Gioventù. Per loro è arrivato al traguardo il cammino che è passato dagli striscioni con la scritta “Santo Subito”, innalzati in occasione del funerale di Wojtyla, fino alla sua canonizzazione ad opera di Papa Francesco. Ci sono i tanti polacchi che hanno visto nell’antico vescovo di Cracovia il volto della speranza negli anni tragici del regime comunista. Ci sono i tanti fedeli di Bergamo e della Lombardia, la terra natale di Giovanni XXIII, proveniente da un’umile famiglia contadina. Ci sono persone legate a Papa Roncalli non solo per via dell’età, ma semplicemente perché ne conoscono la figura e il messaggio e comprendono che le varie figure di santità sono nostre contemporanee. Un po’ come diceva proprio San Giovanni XXIII quando invitava a prendere dei santi non gli “accidenti” (che sono legati alle circostanze del tempo) ma la “sostanza”, che ha un valore perenne. L’attesa in strada veniva animata da canti e preghiere. Nonostante la fatica del pellegrinaggio, si sentiva nell’aria la gioia di poter essere presenti a questo avvenimento. La notte romana si è arricchita delle veglie di preghiera che si sono tenute in diverse chie-
se. I luoghi stabiliti per i momenti di preghiera organizzati erano pieni di persone che nel silenzio adoravano il Signore e si preparavano a vivere la celebrazione del giorno successivo, così come tante altre chiese sparse per varie zone della Capitale. Già prima dell’alba moltissimi pellegrini si sono diretti verso la zona di Piazza San Pietro, tanti sono riusciti ad entrare, tantissimi si sono invece sistemati lungo via della Conciliazione, intorno a Castel Sant’Angelo, lungo i ponti e le strade vicine. In preparazione alla Messa c’è stata la recita della Coroncina alla Divina Misericordia e la lettura di alcuni testi dei nuovi Santi. Qualche minuto prima dell’inizio della Celebrazione un grande applauso ha accompagnato l’ingresso sul sagrato di Benedetto XVI. Il suo legame spirituale con i fedeli è sempre rimasto saldo e continua ancora adesso nella sua vita dedicata allo studio e alla preghiera. Nella prima parte della celebrazione si è svolto il rito della Canonizzazione culminato con le parole della formula pronunciata da Papa Francesco: « … dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta le Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi». Nell’omelia il Papa ha sottolineato il coraggio fondato sulla fede che ha caratterizzato i nuovi Santi: «Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia». È stato detto che si è trattato della domenica
dei “quattro Papi”. In qualche modo è stato così. Il popolo cristiano ha manifestato il suo amore e la sua fiducia nel Successore di Pietro. Lo ha fatto ricordando la santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, salutando con riconoscenza Benedetto XVI, unendosi alla preghiera e ascoltando con attenzione gli insegnamenti di Papa Francesco. In questa grande festa della fede si è visto con chiarezza come la Chiesa non è una massa indistinta, oppure un’associazione in cerca di autopromozione con qualche evento, ma davvero è una comunione di persone che continua ad essere guidata da Cristo stesso per mezzo di Pietro che è «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli» (Lumen gentium, n. 23).
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IL PORTICO DEGLI EVENTI
IL PORTICO
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Canonizzazione. Una riflessione di Mons. Miglio sulle figure dei nuovi Santi alla luce del Concilio.
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due profeti coraggiosi alla guida della Chiesa del Vaticano II + ARRIGO MIGLIO
di Giovanni XXIII e quella di Giovanni Paolo II sono legate in modo particolare dall’evento centrale per la vita della Chiesa del XX secolo, il Concilio Vaticano II. Giovanni XXIII è il Papa che l’ha pensato e iniziato, Giovanni Paolo II è il Papa che più a lungo ne ha guidato l’interpretazione e applicazione. È comunque interessante notare che anche per gli altri due Papi del post-Concilio, Paolo VI e Giovanni Paolo I, è in corso la Causa di Beatificazione. Viene da chiedersi: è il Concilio che ha portato i Papi sulla via della santità oppure il Signore ha voluto per la Chiesa del Concilio dei Papi santi? Forse sono vere tutte e due le cose e non dimentichiamo che anche per Pio XII è pronta la Beatificazione, ma si attende un clima più sereno sul fronte ebraico, benché alla sua morte nel ’58 tutte le autorità ebraiche del tempo gli avessero reso sincero omaggio. La “Leggenda nera” di un suo silenzio colpevole e complice sulla Shoà spuntò cinque anni dopo, per motivi strumentali che sono già stati chiariti storicamente. Per quanto riguarda il Concilio si sa che Pio XII vi pensò seriamente, ma le sue condizioni di salute lo dissuasero dal passare all’attuazione concreta. In una occasione come questa è giocoforza lasciarsi andare anche ad alcuni ricordi. Il primo, su Giovanni XXIII, è quello di una certa delusione che noi giovani seminaristi dell’epoca vivemmo alla sua elezione. La TV (in bianco e nero!) ci presentava un papa così diverso
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A CANONIZZAZIONE
Gli arazzi con le immagini dei Santi Papi. Sotto: i reliquiari. In basso a sinistra: il saluto tra Papa Francesco e Benedetto XVI.
dalla figura ieratica di Pio XII. Ben presto dovemmo ricrederci, conquistati dalle sue “uscite”, cioè dalle battute gustose e dai suoi viaggi fuori dal Vaticano. Se Pio XII in vent’anni era uscito dal Vaticano una ventina di volte, in tre mesi Giovanni XXIII lo aveva già superato. Qualche delusione però ci venne, ad esempio dal Sinodo Diocesano per la Diocesi di Roma, nel ’60, che ci pareva poco innovativo, e dalla Costituzione Veterum Sapientia del ’62, che imponeva a tutti i seminari le lezioni in lingua latina. Qualche nostro professore ci provò: ma l’exploit fu di breve durata. Furono piccole nubi, spazzate via dai gesti e dalle parole di un papa che si rivelava un grande padre, una paternità universale, manifestata in mille occasioni e
“consacrata” dalla folla in preghiera in piazza San Pietro la sera della sua morte, il 3 giugno del ’63, lunedì di Pentecoste. È bene ricordare che la Beatificazione e la Canonizzazione di un cristiano, sia pure Papa, non riguarda tanto il valore storico delle sue scelte ma il livello della sua vita cristiana di fede, speranza, carità e tutte le altre virtù, cosicché la Chiesa lo propone come modello e intercessore per tutti i cristiani. Viene riconosciuta la santità delle persone, mentre il magistero dei Papi canonizzati rimane inserito nella Tradizione del Magistero pontificio e va interpretato con gli stessi criteri usati per tutti i Pontefici. Sono colpito dai Papi che il Signore ci ha donato negli ultimi decenni: maestri coraggiosi, capaci di andare controcorrente,
ma soprattutto una vera e propria “galleria” di profeti del nostro tempo, capaci di precedere il cammino del popolo cristiano e dell’umanità intera: profeti della pace, spesso solitari; voce profetica per i giovani, per la famiglia, per il primato della persona sempre, in ambito economico, scientifico, sociale. Il Signore ha voluto dirci, e oggi più che mai ce lo ripete, che Lui è il vero pastore della Chiesa, ci guida, ci parla attraverso il suo Vicario e attraverso i pastori che lo seguono. È la speranza che nasce dalla presenza del Risorto. Con Giovanni Paolo II la Chiesa ha vissuto un cambiamento profondo e progressivo. Mi colpì subito l’energia del nuovo Papa, dopo gli anni di sofferenza vissuti da Paolo VI e dopo la morte improvvisa di papa Luciani. Grande novità fu pure la sua provenienza da oltre cortina di ferro, cosa che pareva impossibile fino a quel momento. Dopo meno di un anno dalla sua elezione andò in Polonia e fu un evento epocale non solo per quel Paese. Giovanni Paolo II ci aiutò inoltre a fare un profondo discernimento spirituale e culturale sulla nostra vita e sulla cultura secolarista occidentale di quegli anni, che poteva condizionare anche il cammino di attuazione del Concilio. Furono anni intensi: i viaggi, l’attentato in Piazza San Pietro, il suo amore per lo sport, la vicinanza ai giovani. I giovani e la famiglia! Anche in questo campo Giovanni Paolo II ha saputo vedere lontano e offrirci un magistero illuminato, positivo e propositivo, portandoci a monte delle indicazioni
etiche della morale cristiana, portandoci alla sorgente, al Vangelo della Famiglia, per aiutarci a cogliere le motivazioni profonde che stanno alla base dell’etica matrimoniale cristiana. Il Vangelo della Famiglia è la vera bussola che indica la direzione dell’Amore che è Dio stesso, Amore che si comunica a noi e ci rende partecipi della sua fedeltà e bellezza. Giovani, famiglia e lavoro! Il popolo sardo ha visto in Giovanni Paolo II un pastore che prima di parlare delle difficoltà dei lavoratori le aveva sperimentate sulla sua pelle. Così si è stabilito un forte legame tra il mondo del lavoro sardo e il Papa, rapporto che è continuato con i suoi successori e dura tuttora. Il gesto di Giovanni Paolo II di scendere nella miniera è stato profondamente simbolico, ha reso visibile in modo plastico lo stile pastorale del Papa, che come Gesù è venuto a offrire la Parola della salvezza condividendo la nostra condizione di sofferenza. Un’altra eredità importante è stata la “celebrazione del perdono”, cioè l’importanza che il Papa ha voluto dare alle parole e ai gesti di perdono da parte delle famiglie colpite dalla violenza. Fu un momento fortissimo, che lasciò anche nel cuore del Papa un segno profondo, che Giovanni Paolo II ricordava a distanza di anni. A questo proposito non dimentichiamo la parte importante avuta dall’allora arcivescovo di Cracovia nel promuovere un grande gesto di riconciliazione tra il popolo polacco e quello tedesco attraverso l’incontro dei due episcopati: fu un grande momento di speranza per tutta l’Europa, ancora ferita dalla guerra. Ecco dove nasce quel grido: “Aprite le porte a Cristo”, che ho ancora negli occhi e nel cuore da quel 22 ottobre 1978, giorno del solenne inizio del ministero papale di Giovanni Paolo II. Il Papa quasi gridò quelle parole, rivolto in modo speciale ad un’Europa divisa: quella dei regimi comunisti, convinti di avere in Cristo un nemico da combattere e quella dell’occidente consumista convinto di poter fare a meno di Cristo, ritenuto ormai superato e superfluo. Guardando al tempo trascorso, è per noi oggi più facile comprendere la grande fede che guidava Giovanni Paolo II, la fede di un vero profeta e santo, di cui ancora abbiamo bisogno.
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IL PORTICO
IL PORTICO DEL TEMPIO
Il Papa. In due messaggi Francesco ha ricordato le figure dei Pontefici Santi.
Il cristiano deve lasciarsi conquistare dal Risorto senza aver paura della gioia ROBERTO PIREDDA
l Regina Coeli della domenica delle Canonizzazioni il Santo Padre ha invitato tutti i fedeli a «onorare la memoria dei due santi Papi seguendo fedelmente i loro insegnamenti». La giornata del 27 aprile, ha sottolineato Papa Francesco, è stata una «grande festa della fede». In questo numero de Il Portico pubblichiamo anche il testo dell’omelia della Messa. Nei giorni precedenti all’evento sono stati diffusi due messaggi del Papa ai fedeli polacchi e a quelli bergamaschi, nei quali vengono sottolineati alcuni tratti delle figure dei nuovi Santi. L’eredità di Giovanni XXIII, ha mostrato Papa Francesco, «può ispirare ancora oggi una Chiesa chiamata a vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare, ad essere compagna del cammino di ogni uomo, "fontana del villaggio" alla quale tutti possono attingere l’acqua fresca del Vangelo. Il rinnovamento voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II ha aperto la strada, ed è una gioia speciale che la canonizzazione di Papa Roncalli avvenga assieme a quella del beato Giovanni Paolo II, che tale rinnovamento ha portato avanti nel suo lungo pontificato. Sono certo che anche la società civile potrà sempre trovare ispirazione dalla vita del Papa bergamasco e dall’ambiente che lo ha generato, ri-
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Un momento della Celebrazione Eucaristica nella chiesa di Sant’Ignazio.
cercando modalità nuove ed adatte ai tempi per edificare una convivenza basata sui valori perenni della fraternità e della solidarietà». Giovanni Paolo II ha invitato tutti, come ha sottolineato il Santo Padre, a «non avere paura e di spalancare le porte a Cristo» ed «egli stesso lo ha fatto per primo». Tutti quanti sono stati arricchiti dal dono della sua persona che rimane una fonte d’ispirazione: «Ci ispirano le sue parole, i suoi scritti, i suoi gesti, il suo stile di servizio. Ci ispira la sua sofferenza vissuta con speranza eroica. Ci ispira il suo totale affidarsi a Cristo, Redentore dell’uomo, e alla Madre di Dio». Nello stesso messaggio Papa Francesco ha ripreso le parole di Benedetto XVI in occasione della
L’UDIENZA GENERALE
La fede nella Risurrezione uesta settimana è la settimana della gioia: celebriamo la Risurrezione di Gesù. È una gioia vera, profonda, basata sulla certezza che Cristo risorto ormai non muore più, ma è vivo e operante nella Chiesa e nel mondo. Tale certezza abita nel cuore dei credenti da quel mattino di Pasqua, quando le donne andarono al sepolcro di Gesù e gli angeli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" Queste parole sono come una pietra miliare nella storia; ma anche una "pietra d’inciampo", se non ci apriamo alla Buona Notizia, se pensiamo che dia meno fastidio un Gesù morto che un Gesù vivo! Invece quante volte, nel nostro cammino quotidiano, abbiamo bisogno di sentirci dire: "Perché stai cercando tra i morti colui che è vivo?". Quante volte noi cerchiamo la vita fra le cose morte, fra le cose che non possono dare vita, fra le cose che oggi sono e domani non saranno più, le cose che passano… "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" Ne abbiamo bisogno quando ci chiudiamo in una qualsiasi forma
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di egoismo o di auto-compiacimento; quando ci lasciamo sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo, dimenticando Dio e il prossimo; quando poniamo le nostre speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo. Allora la Parola di Dio ci dice: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?". Perché stai cercando lì? Quella cosa non ti può dare vita! Sì, forse ti darà un’allegria di un minuto, di un giorno, di una settimana, di un mese… e poi? "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?". Questa frase deve entrare nel cuore e dobbiamo ripeterla. La ripetiamo insieme tre volte? Facciamo lo sforzo? Tutti: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" [ripete con la folla] Oggi, quando torniamo a casa, diciamola dal cuore, in silenzio, e facciamoci questa domanda: perché io nella vita cerco tra i morti colui che è vivo? Ci farà bene. Non è facile essere aperti a Gesù. Non è scontato accettare la vita del Risorto e la sua presenza in mezzo a noi. Il Vangelo ci fa vedere diverse reazioni: quella dell’apostolo Tommaso, quella di Maria di Màgdala e quella dei due discepoli di Emmaus: ci fa bene
Beatificazione di Papa Wojtyla, indentificandosi pienamente in queste: «Ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile. Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia della libertà (Omelia, 1 maggio 2011)».
confrontarci con loro. Tommaso pone una condizione alla fede, chiede di toccare l’evidenza, le piaghe; Maria Maddalena piange, lo vede ma non lo riconosce, si rende conto che è Gesù soltanto quando Lui la chiama per nome; i discepoli di Emmaus, depressi e con sentimenti di sconfitta, giungono all’incontro con Gesù lasciandosi accompagnare da quel misterioso viandante. Ciascuno per cammini diversi! Cercavano tra i morti colui che è vivo e fu lo stesso Signore a correggere la rotta. Ed io che faccio? Quale rotta seguo per incontrare il Cristo vivo? Lui sarà sempre vicino a noi per correggere la rotta se noi abbiamo sbagliato. «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). Questa domanda ci fa superare la tentazione di guardare indietro, a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro. Gesù non è nel sepolcro, è il Risorto! Lui è il Vivente, Colui che sempre rinnova il suo corpo che è la Chiesa e lo fa camminare attirandolo verso di Lui. "Ieri" è la tomba di Gesù e la tomba della Chiesa, il sepolcro della verità e della giustizia; "oggi" è la risurrezione perenne verso la quale ci sospinge lo Spirito Santo, donandoci la piena libertà. Oggi viene rivolto anche a noi questo interrogativo. Tu, perché cerchi tra i
In settimana Papa Francesco ha presieduto nella chiesa di Sant’Ignazio una Celebrazione Eucaristica di ringraziamento per la Canonizzazione di San José de Anchieta, missionario gesuita vissuto nel 1500. A partire dalla pagina evangelica dei discepoli di Emmaus, il Santo Padre ha invitato tutti a superare lo scetticismo di fronte all’evento della Risurrezione di Cristo, per aprirsi alla gioia dell’incontro con il Signore vincitore della morte: «È più facile credere in un fantasma che in Cristo vivo! […] è più facile un’idea, una immaginazione, che la docilità a questo Signore che risorge dalla morte e che vai a sapere a che cosa ti invita! Questo processo di relativizzare tanto la fede finisce per allontanarci dall’incontro, allontanarci dalla carezza di Dio. È come se "distillassimo" la realtà dell’incontro con Gesù Cristo nell’alambicco della paura, nell’alambicco dell’eccessiva sicurezza, del voler controllare noi stessi l’incontro». San Josè ha testimoniato questo con la sua vita di missionario che è iniziata quando aveva soltanto 19 anni: « Era tanta la gioia che aveva, era tanta la gioia che fondò una nazione: pose le fondamenta culturali di una nazione, in Gesù Cristo. Non aveva studiato teologia, non aveva studiato filosofia, era un ragazzo! Però aveva sentito lo sguardo di Gesù Cristo, e si lasciò riempire di gioia, e scelse la luce. Questa è stata ed è la sua santità. Non ha avuto paura della gioia».
morti colui che è vivo tu che ti chiudi in te stesso dopo un fallimento e tu che non ha più la forza di pregare? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo, tu che ti senti solo, abbandonato dagli amici e forse anche da Dio? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che hai perso la speranza e tu che ti senti imprigionato dai tuoi peccati? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che aspiri alla bellezza, alla perfezione spirituale, alla giustizia, alla pace? Abbiamo bisogno di sentirci ripetere e di ricordarci a vicenda l’ammonimento dell’angelo! Questo ammonimento, «Perché cercate tra i morti colui che è vivo», ci aiuta ad uscire dai nostri spazi di tristezza e ci apre agli orizzonti della gioia e della speranza. Quella speranza che rimuove le pietre dai sepolcri e incoraggia ad annunciare la Buona Novella, capace di generare vita nuova per gli altri. Ripetiamo questa frase dell’angelo per averla nel cuore e nella memoria e poi ognuno risponda in silenzio: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" Guardate fratelli e sorelle, Lui è vivo, è con noi! Non andiamo da tanti sepolcri che oggi ti promettono qualcosa, bellezza, e poi non ti danno niente! Lui è vivo! Non cerchiamo fra i morti colui che è vivo! 23 aprile 2014
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
pietre ISRAELE
Scritte blasfeme su un monastero Nei giorni scorsi due ignoti vandali hanno tracciato scritte blasfeme sulle mura di due case appartenenti al Monastero cattolico latino di Deir Rafat, nei pressi di Beit Shemesh, nel centro di Israele. Le suore del monastero, appartenenti alla Famiglia monastica di Betlemme, dell'Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno, hanno affermato che tra le scritte tracciate in ebraico, alcune esprimono “frasi blasfeme contro Gesù e la Vergine Maria”. Altre scritte invocano “vendetta” e accusano di “nazismo” la Germania e gli Stati Uniti. Anche alcune auto parcheggiate nella zona sono state vandalizzate e hanno avuto le gomme squarciate. CENTRAFRICA
Sacerdote ucciso dai ribelli Il 18 aprile, Venerdì Santo, è stato ucciso don Christ Forman Wilibona. Il sacerdote - stava rientrando in moto dalla Messa Crismale (che per ragioni logistiche è stata celebrata il Venerdì Santo anziché il Giovedì) quando è incappato in un posto di blocco dei ribelli Seleka associati ad elementi Peuls (una popolazione di pastori di fede musulmana, presenti in diversi Paesi della regione.) che lo hanno ucciso, sparandogli contro ben 12 pallottole. Don Wilibona è morto all’istante . La popolazione locale ha cercato di recuperare il corpo ma i suoi assassini hanno impedito per 3-4 ore di avvicinarsi alla salma. Finalmente gli abitanti del villaggio locale hanno potuto seppellire il cadavere, che però è stato poi traslato con l’aiuto della Croce Rossa, presso la missione di Paoua dove don Wilibona era parroco. PAKISTAN
Giovane cristiano ucciso Un giovane di 22 anni, è stato ucciso a Lahore da un musulmano perché aveva rifiutato di convertirsi all’islam. Il giovane aveva da poco iniziato a lavorare facendo le pulizie nell’abitazione di una famiglia borghese musulmana, e lavorava accanto ad un musulmano, guardia della casa. Questi ha iniziato a deridere quotidianamente la fede del 22 enne, minacciandolo e invitandolo a convertirsi all’Islam. Il giovane ha resistito, rifiutando di lasciare la fede cristiana. La guardia della casa gli ha chiesto i motivi della sua irremovibilità, giustificata dal giovane dall’essere “un vero seguace di Cristo”. A quel punto la guardia è diventata aggressiva e ha ucciso il cristiano,gridando che aveva tentato il suicidio. La polizia ha condotto la guardia in custodia ma non ha registrato la denuncia ritenendo plausibile la versione del suicidio.
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Ministranti. Le manifestazioni si sono tenute in Seminario a Cagliari e a Senorbì.
L’attività con i Ministranti è parte attiva della Pastorale vocazionale I. P.
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ue appuntamenti vissuti con il medesimo spirito. La Giornata diocesana dei ministranti ha avuto quest’anno la novità del doppio appuntamento, dato che l’Ufficio di Pastorale Vocazionale ha organizzato due momenti distinti. Uno, quello classico, il 25 aprile negli spazi del Seminario Arcivescovile, l’altro, la novità, nella parrocchia di Santa Barbara di Senorbì, per tutti i ministranti delle comunità dislocate nella parte nord - orientale della Diocesi. Complice la canonizzazione di due Papi ed il tempo incerto, a Senorbì solo una quarantina di bambini ha partecipato all’appuntamento “che comunque – afferma don Davide Curreli, dell’Ufficio di Pastorale Vocazionale – è stato vissuto pienamente, con una particolare attenzione da parte degli assistenti ed educatori giunti dagli oratori della Diocesi. Grazie a loro le due giornate hanno avuto un esito positivo, perché sono riusciti ad essere vicini ai bambini nelle attività portate avanti. A Senorbì abbiamo avuto un’accoglienza incredibile, con le persone che ci hanno mo-
L’equipe della Pastorale Vocazionale insieme ad altri animatori della giornata.
strato tutta la loro disponibilità e bontà. Una bella giornata anche se con una quarantina di bambini”. Altra novità di quest’anno l’equipe che ha curato i due momenti. Un gruppo che va affiatandosi, guidato da don Paolo Sanna, Rettore del Seminario regionale ma anche Direttore del Centro Diocesano Vocazioni e Delegato diocesano per i ministranti, con don Davide Curreli, vicario parrocchiale a Monserrato, ed alcuni giovani che da qualche tempo portano avanti un prezioso lavoro in questo delicato ambito. “L’attività portata avanti in queste settimane - afferma Elena
Sciola, giovane liceale – è stata dedicata alla Giornata del Ministrante, che rientra in un percorso avviato da tempo per sensibilizzare quante più persone al tema delle vocazioni e al lavoro dei ministranti. Nelle ultime settimane ci siamo concentrati sull’aspetto organizzativo delle due giornate: abbiamo cercato di trovare modalità per trasmettere valori forti ai bambini, in modo tale che fosse per loro comprensibile. Dalla risposta avuta sia a Cagliari sia a Senorbì i bambini hanno compreso bene ciò che attraverso il gioco abbiamo voluto donare loro”. Una conferma arriva anche da
don Davide. “In effetti a fine giornata – afferma il sacerdote - i bambini ed anche i genitori sono parsi contenti. I piccoli hanno dimostrato di aver appreso quanto proposto loro nei giochi, specie quello relativo alla sagoma di Gesù, alta oltre due metri, sulla quale dovevano appendere il loro biglietto colorato su una delle verità di Gesù presentate loro. I cartoncini con tutte le verità finivano così su Gesù che raccoglie tutte le verità, d’altronde il tema della giornata era “Apriti alla verità, porterai la vita”, e richiamava quello del Convegno nazionale delle Vocazioni”. Non è mancata poi la celebrazione della Messa che a Cagliari è stata presieduta dall’Arcivescovo. “Quello che più ha colpito – conclude don Curreli – è che in entrambe le celebrazioni il silenzio è stato il dato più evidente. Non capita spesso che una celebrazione Eucaristica, con tanti bambini, sia vissuta in raccoglimento come quello percepito sia a Cagliari che a Senorbì, segno che i ministranti hanno compreso l’importanza di ciò che accade nella Messa”. Per seguire le attività della pastorale vocazione è stata aperta una pagina facebook: https://www.facebook.com/vocazionicagliari.
Le Giornate diocesane dei Ministranti
IL PORTICO
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brevi L’8 MAGGIO
Mons. Atzei guiderà il ritiro del clero Giovedì 8 maggio si terrà il ritiro mensile del clero. L’inizio è per le 9 con l’adorazione eucaristica e alle 9.30 la recita dell’Ora media. A guidare il ritiro monsignor Paolo Atzei, arcivescovo di Sassari. La conclusione è prevista per le 13 con il buffet.
AL MUSEO DIOCESANO
La mostra personale di Franco Nonnis È visitabile al Museo Diocesano in Castello fino al 30 maggio la personale di Franco Nonnis "Segni di Vita". 20 opere le opere esposte alle quali Franco Nonnis ha lavorato nel corso degli ul-
timi anni. “Segni di Vita” propone momenti di vita con una forte connotazione autobiografica, tenta di rappresentare la realtà deformando, alterando, mascherandone i sentimenti, le sensazioni, analizzando figure dalle apparenze ipotetiche. Alcuni lavori evolvono verso un surrealismo contaminato da culture e produzioni estetiche antico-primitive e verso un´arte etnografica. In seguito si osservano figure semplificate, che iconizzano, fanno grumi, tracciano linee, danno vita a segni, simili a certe rappresentazioni murali. Franco Nonnis, 55 anni, artista autodidatta, vive e lavora a Cagliari. La mostra è visitabile dal martedì alla domenica, dalle 16.30 alle 19.30, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13.
A VILLA TECLA
A maggio non ci sarà il consueto ritiro Il ritiro mensile a Villa Tecla in programma per il mese di maggio è stato sospeso. Per le date degli Esercizi Spirituali di giugno, animati da Mons. Tore Ruggiu, verrà data comunicazione alle parrocchie e a il Portico. A Villa Tecla, il S. Rosario durante il mese di Maggio, viene pregato tutte le sere alle 18 mentre la Santa Messa prefestiva è sempre alle 18.
8xmille alla Chiesa cattolica
LA TUA FIRMA CONTRO L’INDIVIDUALISMO AL SERVIZIO DELLA SOLIDARIETÀ n una campagna di comunicazione fondata sulla trasparenza, come Chiediloaloro, è doveroso presentare storie vere. Le persone coinvolte sono autentiche e hanno realmente trovato risposte concrete ai propri bisogni nelle strutture realizzate con i fondi dell’8xmille destinati alla Chiesa cattolica. Il volontario, il sacerdote o la religiosa è ben consapevole che ogni atto di solidarietà che offre, l’ascolto, un pasto caldo, il sostegno spirituale, non rappresenta solo un servizio sociale, ma rende visibile l’amore di Dio e la tenerezza della Chiesa verso quel “prossimo” che bisogna amare come se stessi. Coloro che testimoniano con i propri volti questo sostegno non sono, dunque, dei “personaggi pubblicitari” ma sono quel “mio prossimo” al cui servizio la Chiesa deve potersi mettere con amore. E quei visi ora possono esprimere serenità e gratitudine. Le risorse che provengono dall’8xmille concorrono a raggiungere questo obiettivo grazie ad un gesto semplice ma importante. Tutto si gioca sulla motivazione. Chi firma ogni anno in modo consapevole non fa l’elemosina, ma provvede corresponsabilmente ad attuare una solidarietà vera, permanente ed efficace. Destinare l’8xmille è un appuntamento con l’altruismo e contro l’individualismo. Non deve essere mancato perché renderà più dignitosa la vita di tante persone. Anche questo può essere un modo, certo non l’unico, per “prenderci cura dei più fragili della Terra” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n.209).
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MARIA GRAZIA BAMBINO
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a Conferenza Episcopale Italiana è impegnata da anni in un grande progetto di trasparenza: la mappa 8xmille attraverso la quale si possono localizzare e visionare le opere sostenute da questi fondi nelle diocesi italiane. Unica e innovativa, in continuo
aggiornamento, essa permette di consultare migliaia d’interventi anche attraverso un’app gratuita su iPhone, iPad, iPod Touch e su sistema Android e scoprire cosa è stato realizzato lontano o proprio vicino a noi (www.8xmille.it).
NELLA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE TELEVISIVA 2014 CHIEDILOALORO SONO STATE RACCONTATE ALCUNE DI QUESTE OPERE.
IN ITALIA A Lamezia Terme don Giacomo Panizza, uno dei 36 mila sacerdoti diocesani, da anni s’impegna in progetti per l’integrazione di disabili, immigrati e donne in difficoltà utilizzando per le sue attività beni confiscati alle mafie.
Nel quartiere Archi, nella periferia di Reggio Calabria, un gruppo di suore cerca di riscattare i giovani attraverso l’animazione di strada. Sport, giochi e sostegno scolastico per educare e dare nuove prospettive ai ragazzi.
A Bari la Fondazione antiusura lotta contro il gioco d’azzardo che, con la crisi economica, coinvolge sempre più persone. Operatori e volontari sostengono non solo finanziariamente ma soprattutto psicologicamente “i giocatori” che spesso, finendo nelle mani degli usurai, perdono tutto.
A Matera La Tenda ospita il centro ascolto della Caritas diocesana ed è una casa aperta per le famiglie in difficoltà, ex-detenuti con percorsi di integrazione, immigrati e senza fissa dimora.
A Trieste il centro La Madre della Caritas diocesana prevede l’accoglienza di donne, gestanti, mamme e bambini. Qui hanno la possibilità di rimanere fino ad un anno ritrovando le forze necessarie per una nuova vita.
A Bologna l’Associazione L’Albero di Cirene, di don Mario Zacchini, tra le tante attività gestisce il progetto Non sei sola. Operatori e volontari entrano, attraverso l’unità di strada, in contatto con donne vittime della tratta per liberarle dalla schiavitù. Ad Alessandria la Caritas tiene aperta tutti i giorni una mensa, distribuisce vestiti e gestisce due dormitori. È punto di riferimento per i nuovi poveri.
ALL’ESTERO Nelle Filippine, a Roxas, nell’isola di Panay colpita dal tifone Hayan, la Caritas italiana in collaborazione con la Caritas locale, dopo aver distribuito aiuti di prima e seconda necessità, è in prima linea per la ricostruzione.
8XMILLE: ISTRUZIONI PER L’USO ANCHE QUEST’ANNO PER DESTINARE L’8XMILLE ALLA CHIESA CATTOLICA SI PUÒ USARE: • la scheda 8xmille allegata al modello CUD che può essere consegnata entro il 30 settembre ad un intermediario fiscale, agli operatori degli uffici postali in busta chiusa oppure trasmessa direttamente via internet. Anche chi non è più obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi, in prevalenza pensionati e lavoratori dipendenti senza altri redditi né oneri deducibili, può comunque destinare l’8xmille attraverso la scheda allegata al CUD oppure con quella allegata alle istruzioni del modello Unico (fascicolo 1); • il modello Unico da inviare entro il 30 settembre tramite internet oppure l’intermediario fiscale. Dal 2 maggio al 30 giugno invece, per chi non è obbligato all’invio telematico, può usufruire degli uffici postali; • il modello 730-1 allegato al modello 730 da presentare fino al 31 maggio per chi si rivolge ai Centri di Assistenza Fiscale (CAF).
In Etiopia, ad Addis Abeba, le suore della Consolata gestiscono una scuola per bambini in un quartiere estremamente disagiato nella zona dei malati di lebbra. Più di 200 fanciulli hanno potuto seguire percorsi formativi gratuitamente.
IL PORTICO DI CAGLIARI
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
La Sagra di Sant’Efisio. L’impegno corale di Diocesi, Comune e Arciconfraternita.
Sant’Efisio, un patrimonio per la Città che mette insieme fede e cultura Mons. Miglio: “La festa è sempre un’icona della vita umana dove le dimensioni culturale, folkloristica e religiosa si fondono” SUSANNA MOCCI A FESTA DI SANT’EFISIO patrimonio immateriale dell’umanità. L’annuncio dell’avvio formale dell’iter per il riconoscimento come patrimonio dell’UNESCO è stato dato dall’assessore al Turismo Barbara Argiolas nella conferenza stampa del 24 aprile. “Stiamo candidando non la festa del primo maggio ma lo scioglimento del voto”, ha detto l’assessore “ cioè tutto quello che succede dal 1° al 4 di maggio”. L’altro grande obiettivo è quello di creare il cammino di Sant’Efisio, un percorso per viandanti che vada da Cagliari a Nora (luogo del martirio) percorribile tutti i giorni dell’anno. Novità di quest’edizione sarà l’indicazione delle 34 sub-regioni storiche della Sardegna: un guidoncino (un piccolo stendardo) precederà le varie comunità dei paesi della Sardegna che sfileranno, “rendendo omaggio al santo con il linguaggio dei loro costumi”. Apriranno il corteo le comunità del Sulcis, per poi proseguire con quelle del centro della Sardegna fino ad arrivare nella Gallura, in una sorta di itinerario ideale di fede.
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Il simulacro di Sant’Efisio a Villa d’Orri.
“È un momento di incontro della comunità e di tutta la Sardegna” ha evidenziato il Sindaco Massimo Zedda “dove si incrociano riti, canti, colori, cultura, tradizione e devozione” auspicando il tanto ambito riconoscimento che darebbe – a livello internazionale- grandissima visibilità alla città di Cagliari. È stato necessario fare alcune piccole modifiche ma senza stravolgere il rito. Quest’anno il Comune, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Cagliari e l’arciconfraternita del Gonfalone, ha avviato un progetto di diffusione della conoscenza della festa e del suo significato nelle scuole. L’arcivescovo Arrigo Miglio ha parlato della festa come “icona completa della vita umana” dove le varie dimensioni – culturale, folkoristica e religiosa- possono convive-
re, sottolineando l’importanza per la collettività di momenti come questi. “Ma- ha continuato- è anche un’occasione per guardare ai problemi della nostra regione e unire le forze per trovare una soluzione e una via d’uscita”. Emozionato l’Alter Nos Giovanni Dore che si è detto “onorato e orgoglioso di rappresentare il Comune di Cagliari in questa importante festa che da sempre suscita grande commozione in chi vi assiste”. Il rito è rimasto immutato –seppur arricchito- dal 1657, anno in cui si svolse la prima processione solenne per sciogliere il voto fatto dalla municipalità di Cagliari nel 1653 a Sant’Efisio affinché liberasse la città dal terribile morbo della peste che decimava la popolazione. Al martire è attribuita un’ulteriore grazia: l’aver liberato la città dalle milizie
francesi nel 1793. La festa, iniziata il 25 aprile con l’intronizzazione del cocchio e – nei giorni seguenti-con la vestizione del simulacro nella chiesa di Sant’Efisio in Stampace, ha il suo clou il 1° maggio, giorno in cui i sardi lo ringraziano con la processione ( la più lunga d’Italia) che, in quattro giorni, va da Cagliari a Nora passando per Giorgino, località nella quale vengono cambiati sia il cocchio di città con quello di campagna che gli abiti del santo. Si prosegue poi per Capoterra, Sarroch, Villa San Pietro, Pula e Nora. Da lì rientra a Cagliari il 4 maggio, dove, entro la mezzanotte, il presidente dell’Arciconfraternita deve pronunciare lo scioglimento del voto alla municipalità e all’arcivescovado nella chiesetta stampacina.
IL PORTICO
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brevi UN WEEKEND DI SPORT PER TUTTI
Il 10 e 11 maggio arriva a Cagliari il CSI Day Il Centro Sportivo Italiano compie 70 anni e sabato 10 e domenica 11 maggio ci sarà in contemporanea in tutta Italia il CSI Day, un weekend all’insegna dello sport all’aria aperta gratuito per tutti. Il Comitato Provinciale di Cagliari organizza l’evento in Piazza Centomila il CSI Day dedicato allo “Sport, Giovani e Disabilità” con attività, giochi e animazione, per avvicinare i cittadini al mondo dello sport e dei disabili. Sabato, dalle 9.00 alle 21.00, ci saranno mini tornei di pallavolo, dodgeball, calcio balilla umano e le finali del torneo oriatoriale “I Campanili”. Domenica fino alle 14.00 ci saranno la mini maratona dei bambini e amichevoli di calcio a 5 per diversamente abili. L’8 MAGGIO
Una Messa in ricordo di d. Fernando Sanna La chiesa dei Santi Giorgio e Caterina in via Scano a Cagliari, ospita giovedì 8 maggio, alle 19, una celebrazione Eucaristica in ricordo di don Fernando Sanna, ad un anno dalla sua scomparsa. SABATO 3 MAGGIO
Presidenti parrocchiali di AC dal Papa
Momenti di preghiera e incontri culturali Il programma della 358esima Sagra del 1 maggio. S.M. GIUNTA ALLA 358esima edizione la Festa di Sant’Efisio. Quest’anno ad essere rappresentate sono 95 comunità, per un totale di 2500 persone che sfilano a piedi e 270 a cavallo. Venerdì 25 aprile si sono aperti i riti con l’intronizzazione del cocchio, consegna della bandiera e degli stendardi ai miliziani e consegna della bandiera al Terzo Guardiano. Martedì 29 alle 18 la vestizione del simulacro in piazzetta Sant’Efisio, a seguire la Santa messa. Mercoledì 30 alle 10 paludamento con gli ex-voto. Alle 12 intronizzazione del santo nel cocchio e Messa solenne; alle 19.00 Messa solenne presieduta dall’arcivescovo Mons. Arrigio
È
Miglio, a cui segue la veglia di preghiera. Giovedì 1° maggio nella chiesa di Sant’Efisio dalle ore 7 celebrazione della Santa Messa ad ogni ora. Alle 10 da viale Sant’Ignazio la partenza della processione, aperta dalle traccas, seguite, nell’ordine, dalle Comunità, cavalieri campidanesi, miliziani a cavallo, Guardiania, Alter Nos e Arciconfraternita del Gonfalone che precede il santo. Alle 11 la “Messa dell’Alter Nos”. Il cocchio con il simulacro, guidato da “Su Carradori”, a cui spetta il compito di addobbare il giogo di buoi, lascia la chiesetta alle 12. La processione prosegue per via Azuni, Corso Vittorio Emanuelle II, via Sassari, Piazza del Carmine, via Angioy, Largo Carlo Felice, via
La processione del santo in spiaggia a Nora.
Roma e viale La Playa e poi il viaggio verso Nora. La sera del 4 maggio è previsto il rientro a partire dalle ore 20. Seguirà il rito religioso in latino e i canti de is goccius in onore del santo. Numerosi anche gli eventi collaterali. Nel pomeriggio del 1° maggio la Festa delle Tradizioni in piazza del Carmine con le esibizioni dei gruppi folkloristici provenienti da 24 comuni, i Tenores
di Bitti e di Oniferi, Luigi Lai e Ignazio Erbi. Al Teatro Lirico, fino al 4 maggio, la Norma di Bellini per il XIV festival di Sant’Efisio. Dal 30 aprile il Festival musicale Echi di Suoni Lontani. Dal 2 al 4 maggio Festival della Filosofia al Teatro Massimo: dialoghi e incontri durante mattina e pomeriggio, mentre la sera verrà messa in scena “Elena” di Euripide.
Sabato 3 Maggio a conclusione della XV Assemblea nazionale elettiva dell’Azione Cattolica Italiana, Papa Francesco incontrerà insieme ai delegati all’assemblea tutti i presidenti parrocchiali di Ac accompagnati dai loro assistenti. Un appuntamento posto simbolicamente al centro tra due grandi eventi: la canonizzazione dei due pontefici e l’incontro promosso dalla Conferenza Episcopale “ La Chiesa per la scuola” che si terrà il prossimo 10 Maggio. Sarà presente dalla Diocesi di Cagliari una delegazione composta dai presidenti territoriali, che porteranno il saluto di tredici comunità parrocchiali, la Presidenza diocesana e diversi sacerdoti assistenti. L’incontro vuole sottolineare il forte legame che ancora oggi esiste tra l’Azione Cattolica e la Chiesa locale, le comunità parrocchiali e le realtà territoriali.
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IL PORTICO DE
IL PORTICO
III DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)
dal Vangelo secondo Luca
E
d ecco, in quello stesso giorno il primo della settimana due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Lc 24, 13-35 DON ANDREA BUSIA
il portico della fede
L
uca è l’unico tra gli evangelisti a presentarci l’episodio dell’apparizione di Gesù a Cleopa e all’altro discepolo che con lui si recava a Emmaus. L’episodio, così come viene descritto assume una funzione di sintesi dell’intero vangelo: troviamo l’invito rivolto a Gesù di “restare” con i discepoli per la notte, così come Gesù aveva invitato poche notti prima alcuni discepoli a stare con lui nell’orto degli ulivi; abbiamo il racconto della passione; abbiamo la spiegazione delle scritture in cui Luca ci dice che Gesù, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”, allo stesso modo di come aveva attribuito a sé stesso la profezia di Isaia presentata nel quarto capitolo del vangelo: “Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me;… Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»” (Lc 4,17-18.20-21); ancora è
Resta con noi, perché si fa sera...
evidente, nel racconto dei due discepoli, l’attesa del messia, lo stupore che si provava ascoltando Gesù quando era con loro (“Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca” Lc 5,22); è ancora più evidente nella presentazione di Gesù come colui che spezza il pane la ripresa del racconto dell’ultima cena e, ultimo ma non meno importante, il tema dell’annuncio della Pasqua è un’anticipazione del tema di tutto il libro degli Atti degli Apostoli che per Luca è come il “secondo volume” del vangelo. Sono quindi tanti i legami tra questo brano e l’insieme dell’opera lucana, questo sta ad indicarci che è buona cosa leggere questo brano dopo aver riletto tutto il vangelo, anche i discepoli, sebbene riconoscano Gesù solo nello spezzare il pane, vengono preparati a questo riconoscimento attraverso la spiegazione di Gesù riguardante la sua vita (“Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria”) e attraverso l’Antico Testamento. Al lettore cristiano, che conosce il vangelo almeno nelle sue parti essenziali, fa sorride-
re che questi due discepoli spieghino proprio a Gesù cosa gli è capitato, e questo è ancora più vero se si tiene conto che i discepoli avevano capito molto poco in realtà! Quante volte può capitare anche a noi di porci davanti a Gesù e sommergerlo di parole per spiegargli la nostra tristezza, per descrivergli le nostre prove e sofferenze (che lui conosce anche meglio di noi), per giustificarci dei nostri errori invece di affidarci semplicemente al suo amore. I discepoli erano “disperati”, non riuscivano più a credere in ciò che avevano sperato fino ad allora, e questo perché non riuscivano a guardare oltre la loro umanità e l’umanità di Gesù. Cosa cambia nel corso del vangelo? Non si tratta di certo di un semplice apprendimento “culturale” dovuto alla “lezione” di Gesù; ciò che avviene è che i discepoli riconoscendo il risorto ritrovano la speranza: si apre davanti a loro un orizzonte nuovo e questo viene sottolineato da Luca in due modi, uno più evidente e immediato, e il secondo più nascosto ma anche più efficace dal punto di vista “poetico”. L’espressione più evidente di questo cambiamento è l’annuncio che i due discepoli por-
tano a Gerusalemme, quello meno evidente è che essi “Partirono senza indugio”. Cleopa e il suo amico avevano trattenuto Gesù dicendogli, giustamente, che era pericoloso proseguire il suo cammino, perché era notte e quindi era pericoloso, ma quando loro riconoscono Gesù loro stessi si muovono “senza indugio”, senza paura, nonostante sia notte e debbano fare circa undici chilometri al buio con il rischio di incappare nei briganti, ma la paura non li ferma, è la gioia a muoverli. Un’ultima nota per sottolineare ancora una volta come questo brano richiami il resto del Vangelo. C’è un'altra persona, stavolta all’inizio del vangelo, che si mette in viaggio dopo aver ricevuto un annuncio portatore di gioia ed è ovviamente la Madonna: “Allora Maria disse [all’angelo]: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei. In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc 1,38-39). Come Maria e come i discepoli di Emmaus anche noi, destinatari di un tale annuncio di gioia e di speranza, siamo chiamati a trasmetterlo a tutto il mondo.
UNA CHIESA “IN USCITA” PER EVANGELIZZARE Per il Papa una Chiesa dalle “porte aperte” significa soprattutto “uscire”; uscire dalle sacrestie, uscire dalle proprie sicurezze, e dalle proprie certezze, per andare incontro agli altri, forse al figlio prodigo che non potrebbe ritornare di nuovo nella casa del padre se trovasse la porta chiusa, forse a chi è rimasto ai bordi della strada e per il quale sarebbe il caso di rallentare il passo, per poterne ascoltare i bisogni e i problemi, per poterlo guardare negli occhi...e rinvigorirne il passo… Per Papa Francesco, le porte aperte significano anche “accogliere”, “accompagnare”, “incontrare”, permettere a chiunque, mosso dallo Spirito, di partecipare alla vita della comunità cristiana, nella quale si fa esperienza dell’amicizia con Gesù Cristo. L’enciclica introduce anche il tema della “porta” aperta del Battesimo, che dal punto di vista sacramentale fa entrare nel dinamismo della vita della Chiesa, la quale attraverso il dono dell’Eucaristia, nutre i deboli alimenta la vita del cristiano, nel faticoso cammino quotidiano.
Papa Francesco fa derivare direttamente dal vangelo l’attenzione ai poveri e agli infermi: “Oggi e sempre, i poveri sono i destinatari del Vangelo!”. Appare ovvio che la categoria dei poveri, non è relegabile nella sola povertà materiale o fisica, certamente anche quelle; il termine “povertà” abbraccia una varietà di sfaccettature…; è povero anche colui che non ha avuto la gioia di ascoltare il messaggio evangelico… è povero anche colui che non ha avuto il dono di incontrare qualcuno che gli abbia fatto conoscere Gesù! Basterebbe aprire gli occhi e il cuore per riconoscere quanti poveri, vi sono attorno a noi! Esistono, dunque, anche le povertà intellettuali, spirituali, quelle dell’anima, che attendono e invocano di essere colmate e risanate con un annuncio di misericordia e di amore. Papa Francesco auspica comunità di fede santamente inquiete, capaci di accogliere tutti, come una “madre dal cuore aperto” che aiuta a compiere i primi passi, con trepidazione,
perché i figli possano camminare accompagnati dall’amore, ricevendo quegli insegnamenti che possano orientare la vita e trovarne il senso. Dunque, non già perfetti, ma col cuore aperto a ricevere gratuitamente il bell’annuncio del Regno di cui la Chiesa deve diventare ogni giorno, sempre più, il segno visibile e tangibile dell’amore di Dio, per chiunque presti l’orecchio all’azione dello Spirito del Risorto. Tutti i cristiani sono invitati a guardarsi dentro, a interrogare la propria coscienza, in ordine al loro agire e al proprio stile di vita: infatti, essi non possono sentirsi tranquilli “mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare»”. In queste parole del Vangelo, troviamo l’indicazione chiara per operare nella carità per diventare veri costruttori di comunità aperte e accoglienti. di Maria Grazia Pau
ELLA FAMIGLIA
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
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Il Messaggio della Cei per l’Università Cattolica
“Con i giovani protagonisti del futuro” a celebrazione della 90a Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore ci rende consapevoli del lungo cammino fatto fino ad oggi e nello stesso tempo ci spinge a far emergere, in modo sempre più chiaro, la sua rilevanza e il suo significato per i cattolici italiani. Il bene dei giovani, la loro educazione e il loro futuro sono le ragioni per cui P. Agostino Gemelli ha fondato l’Università Cattolica. Con il passare degli anni tali motivi non sono venuti meno, anzi trovano nuove ragioni nell’impegno della Chiesa italiana sul versante dell’emergenza educativa. “Con i giovani, protagonisti del futuro” è il tema con cui, proseguendo nella riflessione già avviata lo scorso anno sulla base del Rapporto Giovani promosso dall’Istituto Toniolo, si vuole sottolineare l’impegno dell’Università Cattolica per favorire l’ingresso delle nuove generazioni nella società, nel mondo produttivo, nei luoghi dell’impegno civile. La Chiesa italiana sente la responsabilità di continuare a richiamare su di loro l’attenzione, perché qualcosa possa cambiare nelle dinamiche sociali, negli atteggiamenti diffusi, nel modo con cui il mondo adulto si pone di fronte alla condizione giovanile. Come ci ricorda Papa Francesco: «I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite. A noi adulti costa ascoltarli con pazienza, comprendere le loro inquietudini o le loro richieste, e imparare a parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono» (Evangelii gaudium, n. 105). L’Università è un luogo decisivo per la vita dei giovani. Attraverso lo studio, la ricerca della verità, il dialogo e il confronto si plasma la loro personalità e si concretizza il progetto di vita secondo le attese più belle e profonde del loro cuore. In un momento di profonde trasformazioni sociali, e del mondo universitario in particolare, resta fondamentale continuare ad inve-
L
RISCRITTURE
IL FUOCO DELLA FEDE La località di Emmaus non è stata identificata con certezza. Vi sono diverse ipotesi, e questo non è privo di una sua suggestione, perché ci lascia pensare che Emmaus rappresenti in realtà ogni luogo: la strada che vi conduce è il cammino di ogni cristiano, anzi, di ogni uomo. Sulle nostre strade Gesù risorto si fa compagno di viaggio, per riaccendere nei nostri cuori il calore della fede e della speranza e spezzare il pane della vita eterna. Nel colloquio dei discepoli con l'ignoto viandante colpisce l'espressione che l'evangelista Luca pone sulle labbra di uno di loro: "Noi speravamo..." (24, 21). Questo verbo al passato dice tutto: Abbiamo creduto, abbiamo seguito, abbiamo sperato..., ma ormai tutto è finito. Anche Gesù di Nazaret, che si era dimostrato profeta potente in opere e in parole, ha fallito, e noi siamo rimasti delusi. Questo dramma dei discepoli di Emmaus appare come uno
specchio della situazione di molti cristiani del nostro tempo: sembra che la speranza della fede sia fallita. La stessa fede entra in crisi, a causa di esperienze negative che ci fanno sentire abbandonati dal Signore. Ma questa strada per Emmaus, sulla quale camminiamo, può divenire via di una purificazione e maturazione del nostro credere in Dio. Anche oggi possiamo entrare in colloquio con Gesù, ascoltando la sua parola. Anche oggi Egli spezza il pane per noi e dà se stesso come nostro Pane. E così l'incontro con Cristo risorto, che è possibile anche oggi, ci dona una fede più profonda e autentica, temprata, per così dire, attraverso il fuoco dell'evento pasquale; una fede robusta perché si nutre non di idee umane, ma della Parola di Dio e della sua presenza reale nell'Eucaristia. Benedetto XVI - Regina Coeli 6 aprile 2008
stire sulle nuove generazioni con proposte valide e qualificate nell’ambito dell’alta formazione e della ricerca. L’Università Cattolica lo fa offrendo una vasta gamma di percorsi formativi e la possibilità di sviluppare un fecondo dialogo tra fede e ragione, cristianesimo e cultura, esperienza ecclesiale e impegno sociale. Ai giovani che la scelgono viene data la possibilità di pensare il futuro, il lavoro, la famiglia, la convivenza umana alla luce di una cultura fecondata dall’incontro con Cristo e della inesauribile novità del Vangelo. In questo compito di educazione delle nuove generazioni l’Università Cattolica non è sola: può e deve contare sulla vicinanza solidale di tutti i cattolici, sull’impegno delle famiglie e delle comunità ecclesiali, nella logica delle alleanze educative suggerite dagli Orientamenti per il decennio (Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 35). La Giornata per l’Università Cattolica è l’occasione per rinsaldare di anno in anno il legame tra l’Ateneo e le comunità cristiane, nel comune servizio alla crescita delle nuove generazioni. Fin dalle sue origini l’Università fu sorretta da un cattolicesimo popolare e militante. Poté contare sul contributo concreto delle persone comuni, di coloro che non l’avrebbero mai frequentata ma che erano convinti della necessità di investire sulla formazione culturale, umana e spirituale delle nuove generazioni. […] In questa ricorrenza, invitiamo tutte le comunità ecclesiali a innalzare un’intensa preghiera al Sacro Cuore di Gesù, che ha ispirato la nascita e custodito lo sviluppo dell’Università Cattolica, affinché continui a guidarne e sostenerne il cammino nel nostro tempo. Roma, 19 marzo 2014 Solennità di San Giuseppe, Sposo della B.V. Maria La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana
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IL PORTICO DEI LETTORI
IL PORTICO
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
TESTIMONIANZE Ogni anno nella parrocchia di S. Eusebio, nel giorno di Pasquetta, si tiene un pranzo speciale, dove i volontari dell’oratorio, insieme al parroco Giuseppe Cadoni, condividono momenti di allegria con persone sole e meno abbienti in un clima di solidarietà e fratellanza. Quest’anno il pranzo è stato particolarmente gioioso perché allietato dalla presenza dell’Arcivescovo, nell’emozione di tutti i commensali. I volontari si sono prodigati in cucina e in sala dando il meglio di sé perché tutto si svolgesse in modo perfetto. I commensali erano felici in un clima di giocosa familiarità, il cibo ottimo condito dalla bella compagnia e simpatia. L’atmosfera familiare ha contagiato tutti. Mons. Miglio ha fatto il giro dell’enorme tavolata di quasi cento persone e con squisita gentilezza si è fatto fotografare con chiunque glielo chiedesse, chiacchierando con tutti in modo molto affabile. Abbiamo conosciuto un vescovo molto attento ai bisogni dei suoi fedeli, gentile e desideroso di rispondere alle domande di chi gli è stato accanto anche per poco, come un padre premuroso e tollerante. Che dire? Una giornata semplice ma indimenticabile, che ci ha riempito il
cuore di gioia vera e di bei ricordi indelebili. L’augurio che faccio a tutti è che l’anno prossimo si possa ripetere. Giovanna
Mi dicono: “Non è che scriveresti due righe sul pranzo di Pasquetta in parrocchia?”. Beh, non so … Non è facile parlare di un avvenimento in cui si è stati troppo coinvolti. Quest’anno io c’ero solo perché mi è stato detto “serve una mano” e quindi ho vissuto la festa in modo diverso e ho visto le cose sotto una diversa ottica. Però mi sono divertita allo stesso modo che se fossi stata lì solo a pranzare. Devo dire che da un certo punto di vista ho goduto di una posizione privilegiata: ho fatto l’aiuto cuoco, l’aiuto cameriere e l’aiuto lavapiatti, insomma un po’ di manovalanza qua e là. E poi la gente: che spasso! Mi è capitato spesso di partecipare a pranzi di famiglia con oltre trenta
persone (fratelli e figli di fratelli e mogli o mariti dei figli e relativi figlietti), caos a non finire, ma tanta allegria. Qui si era più composti, naturalmente, ma un campionario umano di un centinaio di persone mette allegria anche solo per la sua varietà e a me la gente piace. E il vescovo? Non trovate che sia una cosa deliziosa che abbia scelto di pranzare con una compagnia della nostra nonché sua parrocchia? Come dire: questa è anche casa mia, sto in famiglia. E davvero si è mosso con tale discreta disinvoltura da far sentire tutti a proprio agio e dandoci l’impressione di trovarsi altrettanto bene con noi. Che simpatico! L’unico ad essere un po’ rigido era don Giuseppe, ma sappiamo tutti che era solo colpa del suo mal di schiena. Sì, è stato bello, incontrarsi di tanto in tanto per trascorrere qualche ora in allegria insieme fa solo bene. Mariella
B
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Oggi parliamo di… arte e fede Le parrocchie di Senorbì, Arixi e Sisini - (Terenzio Puddu) Domenica 4 maggio ore 18.10 Lunedì 5 maggio ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie-Claire Alain (a cura di Andrea Sarigu) Domenica 4 maggio ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione Il culto della mela (Simone Bellisai) Martedì 6 maggio ore 19.10 Mercoledì 7 maggio ore 8.30 L’ora di Nicodemo Evangelii Gaudium Lettura dell’Esortazione (nn.217258) di Papa Francesco Mercoledì 7 maggio 21.30
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
rilla la luna della Gallia sul palco del Teatro Lirico di Cagliari: la “Norma”, di Vincenzo Bellini apre la Stagione Lirica 2014, che ancora una volta si preannuncia esaltante. Il nuovo allestimento del Teatro è firmato da una vecchia conoscenza del capoluogo, Stephen Medcalf, che compie la scelta audace di trasformare in un ottocentesco conflitto franco-spagnolo le opposizioni fra galli e romani; ma la bandiera cattolicissima non convince tutto il pubblico in sala. Sull’evocativa scenografia di Nicky Shaw si alternano i protagonisti dell’opera, diretti con maestria da Julian Kovatchev, star internazionale attiva già nel passato a Cagliari e Sassari. Alberi scuri nella nebbia accolgono le voci possenti delle sezioni maschili e dell’ineccepibile Oroveso (Riccardo Zanellato), che guida il corteo di soldati e druidi galli che attendono dal Dio l’aiuto per respingere l’oppressione romana. Nella selva, poi, riecheggiano i timbri tenorili di Pollione (Roberto Aronica), legato a Norma ma ora innamorato di Adalgisa, e Flavio (Gilberto Mulargia); la loro tecnica, però, sembra mancare di partecipazione in tutta l’opera. Di nuovo si snoda il corteo dei galli e fra di essi appare la splendida e temibile Norma (Iano Tamar). Una tiepida Casta Diva ricorda allo spettatore la particolare difficoltà del ruolo; ma la druidessa si riprende alla fine dell’atto I, coinvolgendo il pubblico nel vortice delle passioni e del sangue. Ancora più calata nella parte è Adalgisa (Veronica Simeoni): Pollione la persuade a seguirlo a Roma, ma
In onda su Radio Kalaritana
Oggi parliamo con… Romina Pinna Attività comunità padri Somaschi Sabato 3 maggio 19.10 Domenica 4 maggio ore 10.30
L’opera ha aperto la stagione 2014 del Teatro cagliaritano
Successo al Lirico per la “Norma”di Bellini ALESSIO FAEDDA
da Norma ella ottiene il perdono e l’amicizia. La sua limpida voce lascia stupiti nei fenomenali duetti con la druidessa. Lo struggimento è forte quando Adalgisa confessa il suo amore proibito all’amica, e l’angoscia ancor più quando Norma afferra il pugnale e tenta l’infanticidio di fronte all’atterrita Clotilde (Rosanna Lo Greco). Alla fine, l’amore materno ha il sopravvento: Norma affida i figli ad Adalgisa, che li porterà con sé a Roma. L’amica rifiuta, preferisce convincere Pollione a tornare con la druidessa, ma non ci riesce. L’ira di
Norma è incontenibile, convoca i guerrieri galli in attesa al tempio, interroga invano Pollione. A nulla vale la promessa di libertà se lascerà Adalgisa (Pel tuo Dio, pei figli tuoi…): il proconsole è irremovibile. Furiosa, Norma prepara per il sacrificio rituale: è giunto il tempo della rivalsa dei galli sui romani. La vittima sarà una sacerdotessa spergiura e sacrilega. Al culmine della tensione, lo svelamento della vittima: Norma stessa. La sacerdotessa, ormai folle di disperazione, confessa la sua colpa al padre Oroveso;
L’udienza La catechesi di Papa Francesco Il giovedì ore 21.10 circa Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana - Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal lunedì al venerdì 10.30 / 12.15
Lampada ai miei passi (5 - 11 maggio) Commento al Vangelo quotidiano a cura del diacono Ignazio Boi Dal lunedì al venerdì 5.00 / 6.48 / 21.00 Sabato 5.00 / 6.48 / (21.00 vangelo domenicale) Domenica 5.00 / 7.30 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Ogni giorno alle 00.01 circa
Pollione grazie al rimorso torna ad amare la sua prima donna, riconoscendone la grandezza d’animo (Ah! Troppo tardi t’ho conosciuta); ed insieme si avviano al rogo, sotto gli sguardi attoniti del pubblico. Un applauso di quattro minuti copre le ultime note di Bellini, mentre ancora cala il sipario sulla prima impresa della Fondazione cagliaritana. Non tutti apprezzano le scelte di regia: i costumi ottocenteschi, il conflitto fra Spagnoli e Francesi, le sacerdotesse vestite come monache cristiane, la presenza di flagellanti in un corteo di galli del 50 a. C., la casa di Norma con archi gotici, il tempio di Irminsul non convincono a sufficienza. Bandiere gialle e rosse con lo stemma dei Re cattolici sventolate nell’ultima scena confermano lo spostamento cronologico; ma la difficile attualizzazione trae giovamento dalla scenografia molto evocativa, di sapore romantico: alberi poco frondosi, alti, fitti nella nebbia, e sul fondo la luna piena. Il successo è comunque assicurato: il pubblico apprezza e loda il riscatto di Norma nel corso dell’opera, anche se non le concede una ovazione; Adalgisa riceve grande entusiasmo per la recitazione fenomenale; del pari, Pollione, nonostante il suo maggiore distacco dalla parte; calore anche per Clotilde, vista l’aggressione subita dall’interprete nei giorni precedenti. Impeccabili, tecnicamente lodevoli e ampiamente comunicativi il Coro e l’Orchestra del Teatro Lirico. Aspettiamo, quindi, il prossimo appuntamento, Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart: se questo è stato l’antipasto, il primo piatto si preannuncia gustoso.
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
IL PORTICO DELLA DIOCESI
Pellegrinaggio. L’appuntamento ha unito in preghiera una moltitudine di persone.
Il Pellegrinaggio Sinnai-Bonaria un gesto di fede, un fatto di grazia Il tema di quest’anno è stato quello della Giornata della Gioventù: “Beati i poveri in Spirito perchè di essi è il Regno dei cieli”. Quasi 7000 sono stati i partecipanti GIUSEPPE ENNAS N GESTO DI fede: semplice, commovente, coinvolgente. Il miracolo di un avvenimento di Grazia che ogni anno si manifesta come dono imprevisto e imprevedibile. E così una fila interminabile, almeno 6/7000, ha percorso con canti e preghiere Sinnai, Settimo S. Pietro, Selargius, Monserrato, Pirri e Cagliari sino alla Basilica di Bonaria. Moltissimi fedeli si sono uniti lungo il cammino. Molti vengono anche da paesi che non sono nel percorso come Villanovafranca, Capoterra, Assemini. Alcuni vengono da lontano come le comunità di Sassari e Calangianus. Molti sono gli affezionati che hanno partecipato anche a 10-15 edizioni. E’ la famiglia degli “Amici del Pellegrinaggio”. Radunati sin dalle 22.30 per un Happening di attesa, con la celebrazione della messa di mezzanotte padre Damian Mrugalski ha dato l’avvio al 28° Pellegrinaggio. Domenicano, docente di teologia e filosofia antica presso la Pontificia Università Giovanni
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Paolo II di Cracovia, il sacerdote polacco è stato invitato dal ”Comitato organizzatore” a causa della straordinaria concomitanza con la canonizzazione di Giovanni Paolo II (assieme a Papa Giovanni XXIII). Il Papa polacco, infatti, è considerato come il patrono del pellegrinaggio in quanto, proprio mentre nel 1987 si trovava a Buenos Aires per la GMG, un gruppo di amici di Comunione e Liberazione coinvolgendo il parroco ha dato vita al 1° PELLEGRINAGGIO. Si è così rinnovato la storica direttrice Madonna di Bonaria - Buenos Aires, sottolineata anche da Papa Francesco con la scelta del Santuario di Bonaria per la sua prima visita pastorale. “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3), tema della XXXIX GMG, è stato scelto come tema del pellegrinaggio. Durante l’omelia
padre Damian ha spiegato che per capire le beatitudini, chi sia il povero di spirito, dobbiamo spostarci nel cenacolo dove gli apostoli inizialmente non capivano come si possa essere felici se si è poveri e perseguitati, vivevano come prigionieri dello scetticismo e della paura. Solo dopo il dono dello Spirito Santo hanno acquistato la consapevolezza della Resurrezione e della presenza di Cristo da cui è scaturita la gioia che ha dissolto ogni timore. Di conseguenza gli apostoli hanno aperto le porte del cenacolo e hanno diffuso nel mondo l’annuncio del Regno di Dio. Padre Damian ha ricordato che le parole del famoso “Non abbiate paura … spalancate le porte a Cristo“ con cui Papa Woityla ha aperto il suo pontificato ricalcano le parole di Gesù nel cenacolo. Dopo la
messa la partenza al seguito della croce e della statua della Madonna. Gli oltre 20 Km del cammino sono stati scanditi da canti, preghiere e recita del rosario guidata ormai da molti anni da Don Eugenio proveniente da San Basilio. Lo stesso sacerdote ha commentato il messaggio di Papa Francesco per la XXXIX GMG evidenziando come esso rappresenti per i giovani una provocazione a “smascherare e respingere le tante offerte a basso prezzo” che tendono a produrre “un falso senso di appagamento” ed una “gioventù sazia ma debole”, li aiuti a scoprire “le aspirazioni più profonde del cuore” e li sproni al coraggio di seguire fino in fondo il “desiderio inestinguibile di felicità” nell’incontro con Dio. Durante l’itinerario con semplicità ognuno ha offerto la fatica del cammino come preghiera per sé, per i propri cari, per i propri amici. Le preghiere, a centinaia, sono state scritte in un apposito foglietto e consegnate durante l’offertorio della messa. Durante il cammino, in più fasi, sono state lette a voce alta ed i “pellegrini” hanno risposto con partecipazione. Si prega per tutto: malattie, operazioni, lavoro perso che non si trova, divisioni in famiglia, ingiustizie subite, conflitti, per la pace e la giustizia nel mondo. Ma dentro ogni cosa e più di ogni cosa si chiede la fede, fiducia e speranza per sé e per altri. Alle 8.00 del mattino, all’arrivo a Bonaria Mons. Miglio ha accolto e benedetto i pellegrini i cui volti pur segnati dalla fatica esprimevano gioia e felicità.
Il 28 ° Pellegrinaggio a piedi Sinnai - Bonaria
IL PORTICO
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detto tra noi L’ironia sul giovane Matteo Renzi di D. TORE RUGGIU
Fermo restando che il premier deve venir fuori dalla consultazione popolare, cosa che non è capitata per Matteo Renzi, per tutte le vicissitudini che ben conosciamo, è tuttavia indiscutibile che il Presidente della Repubblica, come già aveva fatto con il Senatore Monti, gli abbia conferito l’incarico di formare il nuovo governo, in seguito alle dimissione dell’Onorevole Letta. Il giovane rampollo sindaco di Firenze, ad appena 39 anni, si è trovato a dover assumere un incarico a cui certamente ambiva, dopo altre esperienze politiche, ultima quella di sindaco di Firenze. Il giovane premier ha composto una squadra prevalentemente di giovani, 8 uomini e 8 donne, e si è subito messo a lavoro con discorsi marcatamente toscani ed ha, quindi, avviato i primi passi nella non facile intrapresa. Ciò premesso, tuttavia, non sono a mio avviso giustificabili gli interventi ironici dei cosiddetti satirici che, come in altre circostanze per altri personaggi, passano facilmente dalla satira giustificabile, alle prese in giro e alle offese personali. Non sono da meno certi editoriali di diversi giornali che ironizzano sul fatto che sia troppo giovane. In un dibattito televisivo, un giornalista abbastanza affermato, ha incalzato un politico ospite affermando: “veramente di giovane lei ha poco perché è 13 anni in parlamento”. La risposta immediata e intelligente del politico è stata: “ ricordi, caro giornalista, che lei il primo articolo l’ha scritto quando aveva 20 anni…”. Ora, senza entrare nello specifico ideologico dei diversi schieramenti politici che in Italia proliferano come il prezzemolo, una certa “rottamazione” di personaggi che non hanno mai lavorato ma hanno sempre vissuto da parlamentari, era non solo necessaria ma doverosa. Purtroppo qualche residua cariatide di ambo i sessi e schieramenti, sono ancora lì e ricompaiono ogni tanto per proporre soluzioni ai problemi che loro stessi avrebbero dovuto affrontare e risolvere ben prima d’oggi, per non dire che li hanno creati loro stessi. Pare evidente a tutti che, se anche il premier Renzi, ubriacato dal potere, fa la stessa fine di molti altri che hanno solo promesso e mai realizzato le promesse, gli italiani intelligenti (se ve ne sono rimasti…politicamente parlando), hanno in mano il potere di entrare nella cabina elettorale, alla prossima tornata, e mandare via Matteo Renzi “ a sonu de corru” (come si dice in inglese). Personalmente ricordo che il sindaco migliore che ho conosciuto al mio paese, era una donna giovane, con la quinta elementare, tutta dedita al servizio dei cittadini e della quale in Regione avevano terrore solo quando sentivano da lontano i suoi passi. Ma era nuorese! E ha fatto ben 5 legislature. Purtroppo gente così, non ne nasce più….ahinoi! E si faceva spazio anche senza bisogno di rivendicare quote rosa o parità di genere, precorrendo di molto in maniera equilibrata e seria il femminismo.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
IL PORTICO
brevi NELLA CHIESA DI SAN MICHELE
Conversando sulla “Evangelii gaudium” Martedì 29 aprile sono iniziate presso la chiesa di S. Michele, una serie di incontri-dibattito sulla recente esortazione apostolica di papa Francesco: «Conversando sulla Evangelii gaudium: Il progetto di chiesa di papa Francesco … e noi?” Si tratta di cinque incontri settimanali, corrispondenti ai cinque capitoli del documento, introdotti e moderati dai padri gesuiti della comunità di S. Michele. Non si tratta semplicemente di “conferenze”, in quanto dopo l’introduzione curata dai diversi padri, seguirà un dibattito tendente a rispondere alle sollecitazioni che l’esortazione papale suscita in quanti si impegnano a costruire una comunità cristiana locale, in uscita, aperta alle periferie esistenziali del territorio, che dialoga e si confronta per condividere uno stile evangelico di evangelizzazione urbana. I temi dei cinque incontri saranno: 29 aprile : P. Gabriele Semino – Lasciare le cose come stanno? No grazie! 6 maggio. P. Guglielmo Pireddu – Non facciamoci rubare la speranza! 13 maggio: P. Enrico Deidda – Chi annuncia il vangelo a chi 20 maggio: P. Graziano Calci – Dalle periferie al centro 27 maggio: P. Gabriele Semino – Il Gesù che affascina Tutti gli incontri terranno luogo presso la sacrestia monumentale della chiesa di S. Michele, in via Ospedale 2; l’orario di inizio è previsto alle ore 19.
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
Fede e cultura. Uno spettacolo di Gianluca Medas ha ricordato la visita di Wojtyla.
Il ricordo grato di Giovanni Paolo II diventa occasione di carità vera La serata del 23 aprile si è svolta nella Parrocchia della Vergine della Salute. Sono state rievocate le varie tappe della visita in Sardegna del 1985. Il ricavato è stato destinato alla Caritas diocesana MATTEO MAZZUZI OMENICA SCORSA Giovanni Paolo II è stato proclamato santo insieme al suo predecessore, Giovanni XXIII. Per la sua azione religiosa, politica e sociale, Wojtyla è stato certamente un punto di riferimento nella storia del Novecento. Alla Sardegna sono bastati tre giorni per amarlo: i giorni della visita pastorale nell’ottobre del 1985, in cui il pontefice polacco è entrato in contatto diretto con il popolo dell’Isola. Quelle emozioni sono riemerse mercoledì 23 aprile grazie alla serata organizzata dalla compagnia teatrale Figli d’Arte Medas e dalla Caritas Diocesana di Cagliari. Un evento benefico, ospitato dalla Parrocchia della Vergine della Salute, in cui l’incontro fra arte e solidarietà è servito per ricordare la visita del 1985 e per combattere l’emergenza alimentare nella città di Cagliari. L’incipit di Gianluca Medas, il narratore della serata, è molto chiaro:
D
«La Caritas di Cagliari distribuisce 700 pasti al giorno ma l’emergenza alimentare nel capoluogo continua. Siamo qui per ricordare l’insegnamento di Giovanni Paolo II: dobbiamo prendere in mano la nostra vita, combattere l’indifferenza e aiutare chi ha bisogno». Lo spettacolo allora inizia. Medas racconta, tra cronaca e teatro, le tappe della visita: prima Iglesias, poi Oristano, Nuoro e Sassari, infine Cagliari. Ad accompagnarlo l’immancabile chitarra di Andrea Congia. Parola e musica diventano un unico elemento, il pubblico è attento: alcuni aprono i cassetti della memoria e sorridono; altri, i più giovani, ascoltano con la curiosità di chi avrebbe voluto esserci. L’interesse maggiore è per gli aneddoti: la visita alla miniera di Monteponi con le parole di vicinanza per il duro lavoro operaio; l’appello a Nuoro per la li-
berazione di Gigino Devoto; l’incontro con i malati degli ospedali; la visita al carcere di Buoncammino. Anche per chi ha esperienza da vendere, come Medas, raccontare quelle sensazioni non è facile. In aiuto del narratore arrivano allora cori e cantori in rappresentanza delle diverse espressioni canore della Sardegna. Su Cuncordu Lussurzesu si esibisce con un’Ottava Trista scritta ad hoc per Giovanni Paolo II, e il Coro di Aggius Galletto di Gallura, esponente del canto a tasgia, interpreta Regina Coeli e Miserere. Il Tenore Murales Orgosolo porta in scena Sero de Istiu e il coro Populos Tenore Nugoresu canta la povertà, l’amore e la preghiera. A turno tutte le voci dell’Isola impreziosiscono racconti e ricordi. Il canto A Gesu Cristu del Coro Ogliastra e la preghiera in sardo logudorese del Coro Universitario Terra Mea
sono l’elemento polifonico della serata. Arrivano poi il canto popolare La Divina Provvidenza dei Rosarianti di San Pantaleo di Dolianova e i mutetus su fame e povertà delle improvvisatrici campidanesi Paola e Dolores Dentoni (accompagnate da su basciu Luca Farci e sa contra Angelo Secci). Ma a coinvolgere è soprattutto il canto finale, Deus ti salvet Maria, interpretato da cori e pubblico insieme. La serata termina ufficialmente. Il pubblico va via, non prima di aver contribuito alla lotta contro l’emergenza alimentare. La chiesa si svuota, ma la voglia di cantare e raccontare rimane. Don Marco Lai fa gli onori di casa a tutti gli artisti. Dopo un piatto di pasta e un bicchiere di vino i cori si esibiscono ancora. Medas racconta i suoi personali ricordi del 1985. Si divertono e fanno divertire. Arte, amicizia e solidarietà diventano indistinguibili. Papa Wojtyla ci ha insegnato anche questo.
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IL PORTICO DELLE VOCAZIONI
IL PORTICO
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Seminario. Le testimonianze di Francesco Deffenu ed Enrico Murgia che il 4 maggio faranno il Rito di ammissione.
Il Rito di ammissione, mettersi a disposizione di Cristo per seguirlo sempre più da vicino
I
l rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, che conclude il primo biennio formativo, manifesta pubblicamente l’orientamento vocazionale di coloro che aspirano al diaconato e al presbiterato, esprime l’accettazione della loro offerta da parte della Chiesa particolare, richiede ai nuovi candidati di applicarsi con rinnovato impegno nel portare a termine la preparazione” (Conferenza Episcopale Italiana, La formazione dei Presbiteri nella Chiesa Italiana, n. 111). Pubblichiamo le testimonianze di Enrico e Francesco, alunni del Seminario Romano, che il 4 maggio faranno il Rito di ammissione a San Giovanni in Laterano.
Enrico Murgia «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv. 15,13). Sono queste parole, quelle del Vangelo di Giovanni a colorare il prossimo 3 maggio, quando nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, verrò ammesso tra i candi-
dati agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato. Condivido questo primo passo verso l’altare del Signore con la mia famiglia, la mia diocesi di Cagliari e la mia comunità parrocchiale dello Spirito Santo a Su Planu. È il mio primo “eccomi”, il mio primo “sì” verso il sacerdozio. Custodisce insieme tutti gli altri detti nella preghiera e nel silenzio del mio cuore. Un “sì” che per me giunge dopo quattro anni trascorsi nel Seminario Minore di Cagliari e tre, qui nel Pontificio Seminario Romano Maggiore. Per questo, guardo con tanta gratitudine e affetto chi mi ha accompagnato fino ad oggi: volti e incontri precisi che con il senno di poi, mi fanno sentire tutta la premura con cui la Chiesa che è madre e maestra, prepara i suoi figli. Del cammino fatto fino ad oggi, porto con me soprattutto la bellezza della preghiera, il fascino della vita comunitaria insieme a quella pastorale, soprattutto verso gli ultimi. Mi accosto all’altare del Signore grazie alla testimonianza della mia famiglia che nonostante le difficoltà iniziali reputo con orgoglio il mio primo vero seminario; dei miei vescovi, del mio parroco missionario, don Salvatore Scalas, che fin da quando ero bambino mi propose l’avventura di stargli accanto nelle celebrazioni e dei sacerdoti che man mano si sono succeduti nella mia formazione. Ritorno però sulla preghiera, quella di tante persone: dei compagni, degli amici e delle famiglie che fanno corona alla testimonianza
esemplare di chi non mi ha mai pensato “arrivato”, ma al contrario, mi ha sempre visto principiante addirittura nello stesso cammino di vita cristiana. Così, la gioia di seguire il Signore, il desiderio di essere suo prete non saranno più soltanto per me: è la Chiesa, nella persona del mio vescovo che mi conferma nel cammino. Oggi, la mia ammissione agli ordini sacri è dire essenzialmente grazie anche a chi ci ha preceduto in Paradiso. Come non pensare alla zia che scherzando mi parlò per prima di una mia probabile vita da prete e che ora si sta godendo dal cielo i miei passi, insieme al mio turbinio di sentimenti e di emozioni? Come non abbracciare la mia comunità in cammino, da cui proviene la mia vocazione? Penso in particolare agli amici miei e del quartiere, che soprattutto negli ultimi tempi, ho scoperto essermi così vicini. Sono quindi certo che lo Spirito ha lavorato e non smetterà di farlo anche davanti alle mie resistenze, alle mie fragilità e i miei limiti. Non riuscirei, diversamente, a spiegarmi almeno un po’ del “perché proprio io Signore?” Oggi, però nella libertà e per amore rispondo. Francesco Deffenu Molti mi dicono: “Non sei troppo giovane per intraprendere questa strada?”. Io credo di no. Proprio perché il Signore si è sempre servito di ciò che la ragionevolezza umana non avrebbe mai preso nemmeno
in considerazione Perché Dio non guarda ciò che guarda l’uomo, l’apparenza, ma guarda il cuore. E a volte mi son chiesto che cosa mai abbia potuto vedere il Signore in questo mio piccolo cuore, ma questa è la prova che il Signore si fida molto più di noi, rispetto a quanto noi ci fidiamo di noi stessi. La mia vocazione affonda giovani radici, e tante son le cose per cui desidero ringraziare Dio. La prima è di essere nato in una famiglia credente e praticante, che mi ha trasmesso la fede mediante un’educazione cristiana. Essa è stata il primo seminario. In essa ho potuto godere anche della presenza di Suor Chiara dell’Opera del Buon Pastore di Cagliari, sorella di mio padre. Tanto devo poi anche alla mia parrocchia di origine che è entrata sempre di più a far parte della mia vita, diventando una vera e propria seconda famiglia. Voglio ricordare in particolare i parroci don Efisio Zara e don Marco Orrù, e insieme a loro don Evaristo Carta e don Simone Scalas. Poi dal 2006 l’ingresso al Seminario Minore dove ho avuto la fortuna incontrare dei bravi sacerdoti che
mi hanno saputo sapientemente guidare, penso a Don Michele Fadda e Don Roberto Ghiani come educatori e Don Albino Lilliu e Don Roberto Maccioni come padri spirituali. Tornando indietro rifarei tutti da capo i miei anni di seminario, e possibilmente anche meglio, perché di certo il seminario e ancor di più il Signore non mi hanno mai tolto proprio niente, anzi mi hanno dato tutto, mi hanno permesso di vivere come tutti gli altri ragazzi, ma con una marcia in più, quella di chi prova a vivere un cammino di fede. Nel 2011 dopo l’esame di maturità classica c’è stato il passaggio al seminario maggiore e la partenza per Roma, per essere accolto nella comunità del Pontificio Seminario Romano Maggiore, dove i primi due anni sono stato seguito da don Manrico, il nostro educatore. Mi è stato chiesto di scegliere un versetto del Vangelo che sintetizzasse tutto il mio percorso vocazionale: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore». (Gv 10, 11). Ho scelto questo perché il mio programma di vita è molto breve: dare la vita per i fratelli. Si, ho capito durante tutti questi anni che non c’è cosa che mi rende più felice, non c’è altra cosa che desidero se non dare la mia vita gratuitamente e spenderla concretamente per tutte quelle persone che il Signore di volta in volta pone nel mio cammino. Sento di essere chiamato a vivere in santità il mio sacerdozio diocesano, in una vita tutta spesa in costante donazione di se stessi per il Popolo di Dio.
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IL PORTICO DELLA DIOCESI
IL PORTICO
brevi MEIC
Incontri alla Facoltà Teologica Venerdì 9 maggio alle 18 nell’Aula Magna della Facoltà Teologica a Cagliari è in programma il primo di tre incontri organizzati dal Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, MEIC, sul tema “La Chiesa e le sue novità”. Ospite del primo incontro l’antropologo Bachisio Bandinu che parlerà del tema “Il linguaggio che la Chiesa deve usare per essere fedele al Vangelo e percepibile al mondo”. IL 25 MAGGIO AD ARBOREA
Pastorale del lavoro. Un’occasione di approfondimento sulla crisi sarda.
I futuri sacerdoti si confrontano con la realtà dell’economia e del lavoro Lo scorso 18 aprile i seminaristi di Cagliari insieme a Mons. Miglio hanno discusso sul tema del lavoro con la segretaria della Cisl Oriana Putzolu.
Convegno regionale dei giovani Il centro fieristico di Arborea ospita il 25 maggio il Convegno regionale di Giovani, organizzato dal Servizio di Pastorale Giovanile della Sardegna. Il programma prevede 09,30 raduno a Terralba in Piazza Caduti sul Lavoro. Alle 10 la Partenza della Via Lucis verso Arborea, alle12,30 l’arrivo presso il Centro Fieristico e la conclusione della Via Lucis. Alle 13 il pranzo al sacco e alle 14,30 il Pomeriggio dei talenti guidato dal gruppo pop-rock “Le Kanusie”, con l’avvio degli Stand tematici (a cura di Associazioni, Gruppi e Movimenti), della Tenda dell’adorazione dalle 13 alle 17,30, della Tenda della riconciliazione dalle 14,30 alle 17,30. Alle 17.30 prenderà avvio la preparazione alla S. Messa, prevista per le 18 con una solenne Concelebrazione Eucaristica e al termine della quale sono previsti i saluti e le partenze. I destinatari dell’evento sono i giovani a partire dai 14 anni. I contatti della Segreteria organizzativa sono al mattino: 347.6847881, al pomeriggio/sera: 346.5808045, e la sera: 328.4258608. La mail di contatto è: pgrsardegna@gmail.com.
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I. P.
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N VENERDÌ SANTO all’inse-
gna dell’emergenza Sardegna per oltre 20 seminaristi cagliaritani prossimi al sacerdozio. Entrare dentro il pianeta lavoro “ è’ stato il modo attuale e forse un po’ originale, ma molto concreto, per riflettere – dice monsignor Arrigo Miglio – sui molti significati di questo giorno che ripropone e ricorda la Passione”. Per quasi tre ore i chierici “teologi” della diocesi cagliaritana hanno discusso e si sono confrontati col segretario generale della Cisl, Oriana Putzolu, su cause, origini ed effetti drammatici di una crisi socioeconomica devastante: oltre 147 mila lavoratori nelle varie forme di ammortizzatori sociali, disoccupazione al 17,5%, 464 mila persone inattive in età 15-64 anni, di cui ben 117 mila nella fascia 15-24 anni. Un malessere diffuso che costringe più della metà dei giovani sardi tra 15 e 29 anni a scegliere tra non lavoro ed emigrazione. L’arcivescovo Arrigo Miglio, promotore e animatore dell’incontro, ha ribadito una preoccupazione annunciata una decina di anni fa dal Concilio Plenario: “La società sarda attraversa un periodo di grave disoccupazione, con risvolti talvolta drammatici. Questo interpella fortemente, per i suoi effetti
Mons. Miglio con i seminaristi insieme alla sindacalista Oriana Putzolu.
umani devastanti, anche la Chiesa. Devo constatare – aggiunge il presidente della Conferenza episcopale sarda - che oggi registro dimensioni numeriche di disoccupazione percepite negli anni trascorsi, tra il 1992 e il 1999 , quand’ero vescovo di Iglesias. Segno che nulla è cambiato se non in peggio”. Futuri preti molto interessati a entrare dentro la realtà di questa crisi. Alcuni la vivono direttamente nell’esperienza delle loro famiglie, dei parenti e degli amici. Altri – laureati e diplomati, vocazioni adulte - prima di entrare in seminario si sono scontrati con la precarietà occupazionale e hanno fatto i conti col lavoro nero. I seminaristi non hanno solo ascoltato. Raffiche di domande al segretario generale Cisl sul rapporto scuola-lavoro, formazione professionale, apprendistato, dispersione
scolastica, disoccupazione, ingiustizie, povertà crescente. “La povertà sarda è ben visibile – dice Oriana Putzolu - dal numero delle persone che in tutta la Sardegna frequentano le mense Caritas, dalla media delle pensioni INPS che nell’isola supera di poco 670 euro/mese. Secondo l’Istat nel 2012 in Sardegna sono state registrate 166.125 famiglie in condizioni di deprivazione, più di 23,7 per ogni 100 famiglie residenti. Sono migliaia le persone che rinunciano o ritardano le cure per l’impossibilità di acquistare i farmaci necessari”. Futuri preti a scuola di economia perché monsignor Miglio li vuole pronti a immergersi nella realtà particolare dell’isola. “ La disoccupazione genera non solamente problemi sociali, ma addirittura antropologici – dice il presule – che investono l’uomo nei suoi diritti
fondamentali e nella sua dignità”. Sacerdoti per questa Chiesa e per la nostra gente è la principale preoccupazione formativa del vescovo e dei suoi collaboratori, il rettore don Paolo Sanna e l’animatore spirituale don Giulio Madeddu. Il messaggio dell’episcopato sardo dello scorso mese di marzo, “Un cammino di speranza per la Sardegna”, è stato chiaro: “Le nostre chiese siano attente a superare le tentazioni dello sconforto e della rassegnazione, sappiano mettersi in costante ascolto della Parola, si impegnino concretamente a seguire lo spirito di Dio che ci spinge a testimoniare la carità e la fraternità nella ricerca del vero bene comune”. “ “Se tutti si muovono nella stessa direzione e la politica fa un salto di qualità – ha detto il segretario generale Cisl, Oriana Putzolu – dal tunnel della crisi si può uscire”.
IL PORTICO DELL’ANIMA
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
IL PORTICO
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Pasqua e vita spirituale. Una riflessione a partire dall’incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus.
Emmaus, l’ascolto della Parola di Dio è la via necessaria per fare esperienza del Risorto La condizione essenziale per riconoscere il Risorto è quella di comprendere la Croce, che a sua volta richiede l’intelligenza delle Scritture ROSSANA CAOCCI L CAMMINO dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) è un cammino interiore e spirituale: dalla speranza perduta alla speranza ritrovata, dalla tristezza alla gioia, dalla Croce alla Risurrezione. I due hanno perso la speranza, e tuttavia continuano a pensare, a parlare e a discutere sulla speranza perduta. Certamente avevano l'impressione che il Crocifisso, che pur aveva fatto fallire la loro speranza, nascondesse qualcosa rimasto sconosciuto. Mentre conversano e discutono insieme, Gesù in persona si affianca e cammina con loro facendosi compagno di quella strada. Tuttavia i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo, incapaci di riconoscere quel viandante che si unisce a loro: sono troppo centrati sul loro dolore, sono troppo presi da se stessi. Ce li sentiamo vicini. Nasce forse una simpatia nei loro confronti. Le loro strade si intrecciano con le nostre, le loro storie sono
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Caravaggio, Cena in Emmaus, 1601. Londra, National Gallery.
tanto simili alle nostre. Il loro camminare senza sosta, la loro tristezza ci appartiene, ci tocca e ci coinvolge, la loro cecità è simile alla nostra. Come i due discepoli di Emmaus anche noi, a volte, siamo tristi e appesantiti, confusi e soli, disorientati, con tante contraddizioni, con sogni delusi e spezzati. Mentre i discepoli di Emmaus parlano, Gesù li ascolta facendo in modo che esprimano le proprie ansie, le proprie amarezze e angosce e dopo averli fatti sfogare dice loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportas-
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se queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” E iniziando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Solo quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro solo allora lo riconobbero. Ma Gesù sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc.24,13-22). La ricerca dell'uomo, al pari di quella dei discepoli di Emmaus, anche se correttamente condotta, non riesce da sola a comprendere
tutto quello che è accaduto. Occorre un «evento» rivelatore che si inserisce nella ricerca dei due discepoli, imprimendovi una svolta inaspettata, è il Risorto che si avvicina e si fa loro compagno di viaggio. Anche per noi la strada che abbiamo imboccato con tanti interrogativi e nessuna risposta sarebbe senza speranza se Dio non avesse pietà di noi e non decidesse di rivelarsi. Ma l’intervento che noi vorremmo è spesso simile a quello che vorrebbe il ladrone : “ Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi” (Lc 23,39). L’intervento che Dio decide è invece un altro: riconquista il nostro cuore venendo a portare con noi e per noi il peso del dolore, gloriandosi soltanto di quell’amore che lo ha spinto a rendersi solidale con noi fino alla morte e alla morte di croce. Ecco l’aiuto che Dio ci offre, non l’eliminazione della sofferenza e della morte, ma il dono della pazienza e delle forze necessarie per passare attraverso queste realtà. Come i discepoli di Emmaus noi siamo in cammino e bisognosi di comprendere e riconoscere la Parola di Dio che ci incalza, ci interpella continuamente nel nostro viaggio per spiegarcene il senso; la nostra felicità consiste nell’accogliere questa Parola, nell’aprire gli occhi e il cuore al disegno di Dio rivelatoci pienamente nel mistero del suo Figlio Gesù morto e risorto per noi, vivo e operante in mezzo a noi. I due discepoli conoscevano le
Scritture, ma non ne avevano colto il significato più profondo. Gesù gliele spiega, spiega il mistero dell’uomo, della storia, degli avvenimenti, delle vicende ed ecco che il loro cuore arde: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto…quando ci spiegava le Scritture?”. Il fuoco che brucia produce scuotimento, sconvolgimento interno, emozione forte, inquietudine e tormento; è l’esperienza che nasce dall’ascolto vero, profondo della Parola di Dio, quella Parola vivente che è Gesù morto e risorto. Ne consegue un insegnamento prezioso: è basilare conoscere la Parola di Dio per scoprire l’amore di Dio per l’uomo e la sua lunga storia d’amore per noi tutti che si è dispiegata nella storia della salvezza. Il problema che il racconto si pone non è la presenza o l'assenza di Gesù risorto (egli si avvicina ai due discepoli e cammina con loro), ma come e dove riconoscerlo. La condizione essenziale per riconoscere il Risorto è la comprensione della Croce, che a sua volta richiede l'intelligenza delle Scritture. Nella sua Parola è Dio stesso a raggiungere e trasformare il cuore di chi crede: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4,12).
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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO
IL PORTICO
Il Santo Padre. L’omelia per la Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
I due Santi Papi sono dei testimoni della speranza e della gioia pasquali l centro di questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, e che san Giovanni Paolo II ha voluto intitolare alla Divina Misericordia, ci sono le piaghe gloriose di Gesù risorto. Egli le mostrò già la prima volta in cui apparve agli Apostoli, la sera stessa del giorno dopo il sabato, il giorno della Risurrezione. Ma quella sera, come abbiamo sentito, non c’era Tommaso; e quando gli altri gli dissero che avevano visto il Signore, lui rispose che se non avesse visto e toccato quelle ferite, non avrebbe creduto. Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo nel cenacolo, in mezzo ai discepoli: c’era anche Tommaso; si rivolse a lui e lo invitò a toccare le sue piaghe. E allora quell’uomo sincero, quell’uomo abituato a verificare di persona, si inginocchiò davanti a Gesù e disse: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Le piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono, perché quelle piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà. San Pietro, riprendendo Isaia, scrive ai cristiani: «Dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2,24; cfr Is 53,5). San Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di
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toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia. Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria. In questi due uomini contempla-
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tivi delle piaghe di Cristo e testimoni della sua misericordia dimorava «una speranza viva», insieme con una «gioia indicibile e gloriosa» (1 Pt 1,3.8). La speranza e la gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino alla nausea per l’amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza. Questa speranza e questa gioia si respiravano nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme, di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli (cfr 2,42-47), che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura. E’ una comunità in cui si vive l’essenziale del Vangelo, vale a dire l’amore, la misericordia, in semplicità e fraternità.
E questa è l’immagine di Chiesa che il Concilio Vaticano II ha tenuto davanti a sé. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata, guidata dallo Spirito. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo. In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene. Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia. Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama. 27 aprile 2014
DOMENICA 4 MAGGIO 2014
curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
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