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DOMENICA 6 LUGLIO 2014 A N N O X I N . 27

SETTIMANALE DIOCESANO

DI

€ 1.00

CAGLIARI

Una recente manifestazione delle Sentinelle in Piedi a Genova.

Sosteniamo la famiglia ROBERTO PIREDDA

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e parole sono importanti!» gridava il personaggio interpretato da Nanni Moretti in una scena del film Palombella rossa. Le parole sono davvero decisive. Lo dovrebbe sapere anche la senatrice Monica Cirinnà, che forse ha fatto finta di dimenticare il significato di termini come “famiglia” e “matrimonio”, quando ha presentato alla Commissione Giustizia del Senato il testo unificato sulla "Regolamentazione delle unione civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze". Il testo verrà preso in esame in Commissione per arrivare poi ad una proposta che sarà oggetto del dibattito nell’aula di Palazzo Madama. Due sono i punti che vengono chiamati in causa dalla proposta della senatrice democratica: il contratto di convivenza e le unioni civili. Il primo, che riguarda coppie sia eterosessuali che dello stesso sesso, si potrebbe realizzare dopo tre anni di convivenza stabile o anche solo un anno se vi sono dei figli in comune. I conviventi che stipulerebbero questo tipo di contratto avrebbero garantite una serie di possibilità quali, ad esempio, l'assistenza in caso di malattia o ricovero, le decisioni in materia di salute e in caso di morte e l'inserimento nelle liste locali per gli alloggi popolari. Il secondo punto riguarda le unioni civili. In questo caso, riferito unicamente alle persone dello stesso sesso, sostanzialmente s’intende riconoscere tutti i diritti che attualmente sono

previsti per il matrimonio eterosessuale, tranne l’adozione dei figli. Sarebbe possibile allora ottenere, ad esempio, la reversibilità della pensione, il diritto alla successione in caso di morte, l’ereditarietà dei beni anche in assenza di testamento, l’iscrizione alle liste per l’assegnazione delle case popolari e il diritto all’assistenza. Per questo tipo di unioni è prevista anche una sorta di “cerimonia” in Comune. I figli di uno dei due contraenti il patto, nati magari attraverso la fecondazione eterologa, sarebbero riconosciuti come tali anche per l’altro convivente, nonostante sia dello stesso sesso. Le parole sono importanti si diceva all’inizio. Si utilizza il termine “unione” ma, di fatto, ci troviamo davanti, anche se per ora non lo si vuole dire con chiarezza, ad una vera e propria equiparazione al matrimonio tra un uomo e una donna. Questa sorta di “simil-matrimonio”, come è stata definita, in realtà non è altro che l’anticamera del matrimonio tra persone dello stesso sesso e della possibilità di adozione da parte di queste coppie. La fuga in avanti è talmente evidente che anche diversi compagni di partito della Cirinnà, hanno sentito l’esigenza di dissociarsi, proponendo delle forme diverse di tutela per le coppie di fatto, che con chiarezza lascino la condizione di queste persone distinta dal matrimonio. È del tutto evidente che qui in gioco c’è la concezione stessa di matrimonio. Si tratta di una parola che può essere utilizzata semplicemente come sinonimo di “amore”? In tal modo se “love is love”, basterebbe questo per dire che è “matrimonio” anche il legame tra due persone

dello stesso sesso? Oppure è qualcosa che ha a che fare con la natura dell’uomo e della donna? La nostra Costituzione non lascia spazio a molti dubbi e parla del riconoscimento dei «diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29), e utilizza parole che hanno un preciso significato come “paternità” e “maternità”, quando tratta dei diritti e dei doveri dei cittadini. La discussione non deve cadere nell’errore di contrapporre semplicemente “credenti “ e “non credenti”. Difendere il matrimonio e la famiglia, così come sono presentati nella nostra Carta Costituzionale, è semplicemente una battaglia a difesa della verità della persona umana. Non si tratta di andare “contro” qualcuno, ma semplicemente di lavorare a favore della famiglia che nasce dal matrimonio tra un uomo e una donna. Manifestazioni pacifiche e desiderose semplicemente di far circolare delle idee, come quella delle Sentinelle in piedi, non fanno che testimoniare tutto questo. Facendo riferimento al dettato costituzionale, Papa Francesco ha affermato che «la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta» (Messaggio ai partecipanti alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, 11 settembre 2014). Questa pista che si fonda su un’antropologia saldamente ancorata alla verità della persona umana, è l’unica capace di costruire futuro. Chi in Parlamento è chiamato a decidere su questi temi dovrebbe ricordarsi di tutto questo.

SOMMARIO SOCIETÀ

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A Cagliari il convegno della Cisl sulla famiglia GIOVANI

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A Bonaria il Grest 2014 sul tema del dono CAGLIARI

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Le attività in favore dei bambini cerebrolesi CARITÀ

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Presentati i dati della raccolta Cei per gli alluvionati IN MEMORIA

Ci hanno lasciato Don Nino Tolu e Padre Giulio Baldus

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IL PORTICO DEL TEMPO

IL PORTICO

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

Brasile 2014. Il fallimento della spedizione azzurra ai Mondiali è lo specchio della crisi del calcio nel nostro Paese.

Al calcio italiano serve una svolta

FRANCESCO ARESU

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RE PARTITE, due gol fatti (entrambi all'Inghilterra) e tre subiti, di cui due decisivi. I colpi di testa del costaricano Ruiz e del difensore uruguagio Godìn hanno condannato la Nazionale italiana di calcio a un mesto rientro a casa in anticipo dai mondiali brasiliani, dove poteva rivestire il ruolo della sorpresa. Invece nulla di tutto ciò: sonora eliminazione ai gironi, la seconda consecutiva dopo la figuraccia fatta quattro anni fa in Sudafrica dalla banda dei reduci dal trionfo mondiale del 2006, fatta a fettine da Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. Durante la conferenza stampa al termine della gara con l'Uruguay sono arrivate le dimissioni in contemporanea del commissario tecnico azzurro Prandelli e, a sorpresa, del presidente federale Abete. Uno choc che ha investito tutto l'ambiente azzurro e che potrebbe portare a una rivoluzione sia tecnica che dirigenziale, con alcuni nomi eccellenti (su tutti quelli di Roberto Baggio e Paolo Maldini) come potenziali nuovi volti del calcio nazionale. E dire che le premesse della vigilia avrebbero dovuto mettere in guardia il tecnico azzurro. Le polemiche sulle convocazioni – specialmente sull'attacco: dentro Insigne e Cassano (autori di prestazioni apatiche una volta impiegati), fuori i più freschi Destro e Giuseppe Rossi – hanno accompagnato il ritiro di Coverciano, creando un'aria pesante intorno a Buffon e compagni. La stessa (questa volta nel vero senso della parola, vista l'afa di Manaus e Recife) che ha fiaccato fisicamente gli azzurri una volta arrivati in Brasile. La famigerata “casetta”, una sauna ospitata in una sorta di capanno in legno, avrebbe dovuto aiutare gli azzurri ad abi-

tuarsi a umidità e alte temperature, ma è sembrata più una trovata di costume che altro. All'esordio di Manaus gli azzurri hanno disputato una gara accorta e tatticamente intelligente contro l'Inghilterra, ma sono risultati deludenti contro la sorpresa Costa Rica – per la prima volta ai Quarti di finale di un mondiale – e, nella gara decisiva, un modesto Uruguay. Contro i centroamericani, compatti e abili in contropiede, la differenza di condizione fisica è emersa in maniera netta: contro il difensivismo costaricano il palleggio ossessivo imposto da Prandelli ha potuto ben poco. Balotelli, capro espiatorio delle pesanti critiche dei senatori azzurri –

Buffon e De Rossi su tutti, ma pure Bonucci sarebbe quasi venuto alle mani con l'attaccante milanista – ha fallito due facili occasioni prima dell'unico gol costaricano, poi decisivo per le sorti della qualificazione. Non molto diverso il canovaccio del match contro la “Celeste” di Tabarez, ex allenatore del Cagliari. Il morso di Suarez a Chiellini (non visto dall'arbitro, ma sanzionato dalla Fifa attraverso la prova televisiva) e il rosso ingiusto a Marchisio non possono fungere da alibi per una gara scialba e senza coraggio da parte di Pirlo e soci, incapaci di impensierire seriamente il portiere Muslera. L'incornata del capitano uruguaiano Godìn ha messo la parola fine al mondiale azzurro, condi-

zionando pesantemente le scelte di Prandelli e Abete. I quali, è bene precisarlo, hanno affermato di aver deciso di lasciare i propri incarichi in polemica con una parte della stampa (su tutti gli attacchi del quotidiano Libero, diretto da Maurizio Belpietro), che aveva accusato tecnico e federazione di gravare con i propri stipendi e spese sulle spalle dei contribuenti italiani. Il flop mondiale è stato, però, soltanto l'ultima delusione per il movimento calcistico italiano sul piano internazionale. Prima l'eliminazione di tutte le rappresentanti del Tricolore dalle coppe europee: Juventus e Napoli fuori dalla Champions League fin dalla fase ai gironi, il Milan uscito con le ossa rotte dal doppio confronto con l'Atletico Madrid, senza contare il cammino delle varie Udinese, Lazio e Fiorentina in Europa League (da cui sono transitate senza successo anche le già citate Juve e Napoli). La mancanza di infrastrutture valide, poi, rende il nostro paese scarsamente competitivo nell'organizzazione di eventi calcistici come i campionati mondiali o europei. Al di là di pochissimi stadi, con lo Juventus Stadium unico esempio virtuoso, il panorama italiano ha ben poco da offrire. Gli scontri di Roma prima della finale di Coppa Italia, che hanno portato alla morte di un tifoso del Napoli (ucciso da un proiettile sparato presumibilmente da un ultrà della Roma), sono l'emblema di una situazione generale tutt'altro che rosea. Ai nuovi rappresentanti del calcio italiano, che dovrebbero essere nominati il prossimo 11 agosto, spetta ora l'onere di ridare linfa e credibilità al movimento, puntando su nuovi ed efficienti stadi – magari con l'aiuto di una legge nazionale dedicata – e sui settori giovanili, come punti di ripartenza per un futuro più sereno e (si spera) vincente.


IL PORTICO DEGLI EVENTI

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

IL PORTICO

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Famiglia. Il 26 giugno in Seminario Arcivescovile si è tenuto il Convegno di studio promosso dalla Cisl.

Mettere la famiglia al centro della politica per promuovere davvero il bene comune

della soglia di povertà relativa. La gran parte di queste sono da ricercare tra i 476.549 pensionati Inps il cui assegno medio mensile non supera 672 euro. «Lavorare in positivo per riconoscere i diritti fondamentali della famiglia – ha detto l'arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio in apertura dei lavori - - non significa difendere una bandiera cattolica, ma operare per il bene comune del paese”. Famiglia ovviamente intesa “come unione tra un uomo e una donna aperti alla vita”. La Chiesa rispetta le persone in tutte le situazioni: “In ogni tipo di relazione si creano diritti e doveri che possono essere regolati dal codice civile. Ma l'istituto

della famiglia – ha chiarito il presule - è un'altra cosa, c'è una differenza oggettiva”. Una crisi che fa cambiare strategia anche al sindacato. “D’ora in poi la tutela sindacale – ha annuciato Oriana Putzolu, segretario generale Cisl – sarà esercitata in termini familiari piuttosto che individuali. Le azioni sindacali nel futuro dovranno essere maggiormente ripensate come acccompagnamento di storie familiari”. “L’emergenza è tale che lo Stato – ha aggiunto monsignor Miglio - si ricordi che la famiglia è un soggetto pubblico, rafforzarla significa costruire un pilastro forte a sostegno della società e delle istituzioni, all’insegna della concretezza, della volontà e capacità di risolvere i problemi senza pregiudizi”. Niente filtri ideologici auspica anche il capo gruppo FI Pietro Pittalis nell’elaborare una legge regionale sulla famiglia: Nella scorsa legislatura vanamente si è tentato di fare sintesi di 7 proposte di legge e di un ddl sulla materia. La bussola normativa ora sembra indicare – come ha dichiarato Giuseppe Pintor, rappresentante dell’assessore Luigi Arru impegnato nella conferenza Stato-Regione - la stella polare di un maggiore coordinamento tra provvedimenti regionali dettati da progetti coordinati e condivisi. Cambiare è sempre più urgente. “Non può continuare così – ha concluso Francesco Belletti, presidente nazionale forum associazioi familiari - : il nostro è un paese che ha reso la famiglia un handicap”.

to sull’efficacia dei provvedimenti e sulla loro ricaduta in termini di benefici e servizi. “Il sindacato sollecita altresì la revisione dell’intero sistema assistenziale, in modo che si preveda un maggior riconoscimento – in termini sia economici che di servizi – del ruolo della famiglia come ammortizzatore sociale di pros-

simità. In questa direzione andranno rivisitati anche tutti i trasferimenti economici attualmente erogati in maniera universalistica, relativizzando il sostegno alla condizione reddituale e patrimoniale pur mantenendone la connotazione universalistica”. Condizione necessaria perché questa nuova architettura di sostegno alla famiglia possa funzionare è la corretta attuazione del principio di uguaglianza. “Con tale presupposto si deve addivenire - conclude il segretario generale alla costruzione di un welfare modulato in ragione dei carichi familiari, in generale, e in particolare laddove la famiglia deve sostenere propri componenti in condizioni di non autosufficienza. Stato e Regione devono per queste famiglie assicurare vantaggi fiscali, assegni familiari adeguati, voucher universali e servizi alla persona. Tutte le vigenti politiche del welfare non sono orientate ai bisogni dell’infanzia e non incentivano le giovani coppie a mettere su famiglia”.

MARIANO SIMONI A FAMIGLIA comincia ad accusare il peso delle responsabilità e della solitudine. Sola contro tutti nel tentativo di contrastare una crisi economica devastante - nel corso del 2013 il numero degli occupati in Sardegna è diminuito del 7,3% e i disoccupati con precedenti esperienze di lavoro sono aumentati dell’11,3 per cento – cerca disperatamente di reggere l’urto dei cambiamenti sociali, culturali, educativi, e chiede aiuto allo Stato e alla Regione. La Cisl sarda sollecita addirittura un “Assessorato della famiglia” per coordinare norme e provvedimenti trasversali a tutta l’amministrazione regionale oggi frammentati in numerosi rivoli. “Fare presto”: è il senso dell’appello lanciato dalla Chiesa, dal mondo universitario, ovviamente dal forum delle associazioni familiari, che hanno partecipato al seminario formativo, coordinato da Anna Piras, redattore capo TG3 regionale, organizzato il 26 giugno dal sindacato cislino sul tema “ La famiglia nel crocevia del malessere economico, sociale e culturale della Sardegna”. Aspettare ancora è un lusso non consentito a una regione all’ultimo posto nella classifica delle nascite: 1,14 figli per donna contro la media nazionale di 1,38. Tra meno di quarant’anni ogni lavoratore sardo dovrà farsi carico di un pensionato. “Un rapporto destinato a influenzare vita politica, econo-

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I relatori al convegno in Seminario.

mica e soprattutto - dice Vittorio Pelligra, docente di economia delle decisioni nell’Università di Cagliari - ci obbliga a costruire un welfare dedicato, con costi stratosferici per l’economia isolana”. Fare presto perchè la famiglia sarda economicamente è alla canna del gas. La Sardegna sta inanellando una serie di record negativi che hanno un unico comune denominatore e destinatario: la famiglia appunto. La nostra isola è la regione in cui nel 2012 è stato registrato il maggior incremento di sfratti eseguiti rispetto all’anno precedente: ben 315 con un aumento del 77 per cento sul 2011. Un dato in perfetta sintonia col 68,9% dei

sardi ( 62,3% la media italiana) che percepiscono decisamente troppo alte le spese per l’abitazione. La famiglia scoppia e in Sardegna ha esaurito sotto i colpi della disoccupazione il suo ruolo di primo “ammortizzatore sociale”: i senza lavoro sono ormai quasi al 20%. Il tasso di disoccupazione tra le persone 1534 anni è aumentato di 6,1 punti percentuali, attestandosi al 35,2 per cento nel 2013. Nella stessa fascia d’età, l’anno scorso non lavorava, non studiava e non frequentava corsi formativi il 33,9% della popolazione corrispondente. Tutti i dati Caritas e sindacali quantificano in 147 mila le famiglie povere, al di sotto

Dare risposte concrete alle famiglie in difficoltà L’intervento di Oriana Putzolu, segretario della Cisl sarda M. S.

della Cisl sarda per rilanciare il ruolo della famiglia in Sardegna. “La prima proposta richiede – dice Oriana Putzolu, segretario generale della Cisl sarda - un radicale cambiamento culturale. Bisogna pensare e organizzare le politiche sociali in modo trasversale, nella convinzione che politiche di pertinenza di diversi assessorati o di altri livelli istituzionali non sono indifferenti rispetto ai livelli di coesione nel territorio. Quindi casa, qualità del trasporto pubblico locale, politiche giovanili, sostegno alla volontà di auto organizzazione dei cittadini, educazione alla legalità, violenza di genere, bassa natalità integrazio-

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INQUE PROPOSTE

ne tra le politiche sociali e altre politiche territoriali: tutto deve essere pensato e interpretato in funzione della famiglia”. La seconda proposta riguarda l’istituzione, all’interno del processo di riforma regionale e di modifica della legge n. 1/77, di un Assessorato della Famiglia e Welfare (in subordine Dipartimento regionale per la famiglia). Attualmente il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali che intervengono su queste problematiche (province, autonomie scolastiche, assessorati ai servizi sociali, ecc.) è molto episodico e per niente strutturale. “La necessità dell’integrazione va vista – secondo la Cisl - anche alla luce delle ingenti quantità di risorse che la Regione investe nelle politiche so-

Oriana Putzolu

ciali, con le quali sarebbe possibile ottenere risultati infinitamente più efficaci proprio attraverso interventi concordati e coordinati”. Terza proposta: un Osservatorio sulla famiglia, per mantenere costante il monitoraggio del quadro regionale relativamente agli indicatori sulla famiglia e soprattut-


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IL PORTICO DEL TEMPIO

IL PORTICO

Il Papa. Nella Solennità dei SS. Pietro e Paolo l’imposizione del Pallio ai Metropoliti.

Non possiamo essere cristiani da soli ma grazie all’appartenenza alla Chiesa ROBERTO PIREDDA

ll’Angelus il Santo Padre si è soffermato sulle figure dei Santi Pietro e Paolo in occasione della loro solennità liturgica. I due Apostoli, ha ricordato Papa Francesco, «hanno accolto l’amore di Dio e si sono lasciati trasformare dalla sua misericordia; così sono diventati amici e apostoli di Cristo. Perciò essi continuano a parlare alla Chiesa e ancora oggi ci indicano la strada della salvezza». Al termine dell’Angelus il Papa ha fatto riferimento alla tragica situazione dell’Iraq: «Mi unisco ai Vescovi del Paese nel fare appello ai governanti perché, attraverso il dialogo, si possa preservare l’unità nazionale ed evitare la guerra». Nell’omelia della Messa per i SS. Pietro e Paolo, durante la quale ha imposto il Pallio a 24 nuovi Arcivescovi Metropoliti, Papa Francesco ha sottolineato il tema della libertà da ogni legame che non sia Cristo che deve contraddistinguere la vita dei pastori: «Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi – mi domando –, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo

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Papa Francesco celebra la Messa nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

la nostra sicurezza? La testimonianza dell’Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana». Dalla testimonianza dei Santi Apostoli nasce poi, ha mostrato Papa Francesco, un forte invito alla sequela: «Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro,

LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA

L’amore di Dio ci precede l 23 giugno Papa Francesco, partendo dal Vangelo del giorno (Mt 7, 1-15), si è soffermato sulle parole di Gesù contro il giudizio verso il prossimo.

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«Per questo chi giudica sbaglia, semplicemente perché prende un posto che non è per lui. Ma non solo sbaglia, anche si confonde. È tanto ossessionato da quello che vuole giudicare, da quella persona – tanto, tanto ossessionato! - che quella pagliuzza non lo lascia dormire! ‘Ma, io voglio toglierti quella pagliuzza!'… E non si accorge della trave che lui ha. Confonde: crede che la trave sia quella pagliuzza. Confonde la realtà. E’ un fantasioso. E chi giudica diventa uno sconfitto, finisce male, perché la stessa misura sarà usata per giudicare lui. Il giudice che sbaglia posto perché prende il posto di Dio – superbo, sufficiente – scommette su una sconfitta. E qual è la sconfitta? Quella di essere giu-

dicato con la misura con la quale lui giudica». «Se noi vogliamo andare sulla strada di Gesù, più che accusatori dobbiamo essere difensori degli altri davanti al Padre. Io vedo una cosa brutta a un altro, vado a difenderlo? No! Ma stai zitto! Vai a pregare e difendilo davanti al Padre, come fa Gesù. Prega per lui, ma non giudicare! Perché se lo fai, quando tu farai una cosa brutta, sarai giudicato. Ricordiamo questo bene, ci farà bene nella vita di tutti i giorni, quando ci viene la voglia di giudicare gli altri, di sparlare degli altri, che è una forma di giudicare». Nell’omelia del 24 giugno il Papa ha proposto una riflessione sulla figura di Giovanni Battista, in occasione della solennità liturgica a lui dedicata. «Tre vocazioni in un uomo: preparare, discernere, lasciare crescere il Si-

del dialogo e dell’amicizia. Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio». In settimana all’Udienza Generale il Pontefice ha proposto una riflessione sul tema dell’appartenenza alla Chiesa. «Non siamo isolati e non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio – ha spiegato Papa Francesco - la nostra identità cristiana è appartenenza! Siamo cristiani perché apparteniamo alla Chiesa. È come un cognome: se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo alla Chiesa”». Nella Chiesa, ha proseguito ancora il Santo Padre, « non esiste il "fai da te", non esistono "battitori liberi". Quante volte Papa Benedetto ha descritto la Chiesa come un

gnore e diminuire se stesso. Anche è bello pensare la vocazione del cristiano così. Un cristiano non annunzia se stesso, annunzia un altro, prepara il cammino a un altro: al Signore. Un cristiano deve sapere discernere, deve conoscere come discernere la verità da quello che sembra verità e non c’è: uomo di discernimento. E un cristiano dev’essere un uomo che sappia abbassarsi perché il Signore cresca, nel cuore e nell’anima degli altri». Il Santo Padre nella celebrazione del 26 giugno, ha mostrato come il popolo si sentisse legato a Gesù perché vedeva in lui il Buon Pastore, l’unico capace di indicare la via di Dio secondo verità. «Per questo il popolo seguiva Gesù, perché era il Buon Pastore. Non era né un fariseo casistico moralista, né un sadduceo che faceva gli affari politici con i potenti, né un guerrigliero che cercava la liberazione politica del suo popolo, né un contemplativo del monastero. Era un pastore! Un pastore che parlava la lingua del suo popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non negoziava

"noi" ecclesiale! Talvolta capita di sentire qualcuno dire: "Io credo in Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa non m’interessa…". Quante volte abbiamo sentito questo? E questo non va. C’è chi ritiene di poter avere un rapporto personale, diretto, immediato con Gesù Cristo al di fuori della comunione e della mediazione della Chiesa. Sono tentazioni pericolose e dannose. Sono, come diceva il grande Paolo VI, dicotomie assurde». Ricevendo in Udienza una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta a Roma per i SS. Pietro e Paolo, Papa Francesco ha insistito sul fatto che «abbiamo tutti bisogno di aprirci con coraggio e fiducia all’azione dello Spirito Santo, di lasciarsi coinvolgere nello sguardo di Cristo sulla Chiesa sua sposa, nel cammino di questo ecumenismo spirituale rafforzato dal martirio di tanti nostri fratelli che, confessando Gesù Cristo il Signore, hanno realizzato l’ecumenismo del sangue». Sempre in settimana il Papa ha incontrato un gruppo di giovani della Diocesi di Roma in ricerca vocazionale. Con loro ha insistito sul “per sempre” della vocazione: «Per scegliere una vocazione, una vocazione qualsiasi, anche quelle vocazioni "di stato", il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio, si deve scegliere con una prospettiva del definitivo. E a questo si oppone la cultura del provvisorio. È una parte della cultura che a noi tocca vivere in questo tempo, ma dobbiamo viverla, e vincerla».

mai le cose di Dio! Ma le diceva in tal modo che il popolo amava le cose di Dio. Per questo lo seguiva». Il 27 giugno, Solennità del Sacro Cuore di Gesù, la meditazione del Papa ha avuto come centro il tema dell’amore di Dio verso ogni uomo. «Ci sono due tratti dell’amore. Primo, l’amore è più nel dare che nel ricevere. Il secondo tratto: l’amore è più nelle opere che nelle parole. Quando diciamo che è più nel dare che nel ricevere, è che l’amore si comunica: sempre, comunica. E viene ricevuto dall’amato. E quando diciamo che è più nelle opere che nelle parole, l’amore sempre dà vita, fa crescere». «Quando noi arriviamo, Lui c’è. Quando noi lo cerchiamo, Lui ci ha cercato prima. Lui è sempre avanti a noi, ci aspetta per riceverci nel suo cuore, nel suo amore. E queste due cose possono aiutarci a capire questo mistero dell’amore di Dio con noi. Per esprimersi ha bisogno della nostra piccolezza, del nostro abbassarci. E, anche, ha bisogno del nostro stupore quando lo cerchiamo e lo troviamo lì, aspettandoci».

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pietre NEPAL

Arrestati 40 leader cristiani Oltre 40 leader cristiani sono stati arrestati, e poi rilasciati, accusati di presunte “conversioni forzate di fedeli indù”. La polizia nepalese ha eseguito l’ondata di arresti su pressioni di leader indù nepalesi. Gli arresti “costituirebbero una minaccia inquietante alla libertà religiosa in Nepal denuncia l’Ong “Barnabas team”. Una folla indù si è riunita fuori dal carcere, minacciando una rivolta se i cristiani fossero stati liberati. La maggior parte dei detenuti sono stati comunque rilasciati poche ore dopo l’arresto, ma 8 leader sono rimasti in custodia oltre 48 ore. SUDAFRICA

Uccisa una missionaria statunitense La polizia sudafricana ha arrestato due uomini sospettati di aver ucciso, nel corso di un tentativo di rapina, una religiosa statunitense di 82 anni, suor Mary Paule Tacke, della Congregazione delle Suore missionarie del Preziosissimo Sangue. La vettura di suor Mary era stata fermata da alcuni banditi mentre la religiosa stava recandosi a visitare uno degli orfanotrofi da lei fondato. L’auto, con i banditi a bordo, era stata successivamente inseguita dalla polizia, quando l’auto si era ribaltata i malviventi sono riusciti a fuggire. A bordo era stata ritrovata una pistola ma non c’era nessuna traccia della religiosa. Dopo giorni di ricerche il corpo di suor Mary è stato ritrovato 5 giorni dopo, in un ruscello. La salma non presentava segni di colpi di armi da fuoco e quindi possibile che la religiosa sia stata strangolata. Suor Mary era originaria dell’Idaho, e operava in Sudafrica fin dagli anni ’50. Aveva fondato un orfanotrofio per bambini abbandonati e un altro orfanotrofio per bambini più grandi, molti dei quali sono sieropositivi. IN TANZANIA

Religiosa uccisa durante una rapina Suor Clecensia Kapuli, una religiosa tanzaniana di 50 anni della Congregazione “Our Lady Queen of Apostols, è stata uccisa nel corso di una rapina a Dar es Salaam, la capitale economica del Paese. Suor Clecensia – dicono fonti della Chiesa locale - era appena uscita dalla banca con una somma di denaro necessaria per pagare gli operai che stanno ristrutturando la scuola secondaria della quale era l’economa. L’automobile con la religiosa è stata bloccata nei pressi di un’affollata stazione di autobus da quattro uomini armati. Forse c’è stato un tentativo di resistenza da parte di Suor Clecensia e i malviventi hanno sparato uccidendo la religiosa e ferendo l’autista.


IL PORTICO DEI GIOVANI

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IL PORTICO

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N.S. di Bonaria. Il centro giovanile della Parrocchia dei Mercedari propone ai ragazzi l’esperienza del Grest.

L’Oratorio Mercedario, sotto lo sguardo di Maria al servizio dell’educazione cristiana dei ragazzi Il tema del Grest 2014 è quello del dono. I ragazzi, guidati dai loro giovani animatori, sono aiutati a scoprire i propri talenti per condividerli I.P.

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AWADI IL SENTIERO del fuoco” è il titolo della storia che offre l’ambientazione del Grest organizzato dalla Parrocchia di N.S. di Bonaria, giunto alla sua decima edizione. Il programma di questa estate prevede due turni: dal 15 al 28 giugno per i bambini e i ragazzi dai 6 agli 11 anni; dal 30 giugno al 12 luglio per la fascia di età che va dai 12 anni in su. L’attività compre l’intera giornata dalla mattina alle 9.00 fino alla sera, alle 19.00. Per saperne di più su questa esperienza che vede coinvolti centinaia di ragazzi con decine di giovanissimi animatori impegnati per seguirli, abbiamo sentito Padre Nunzio Masiello, mercedario, responsabile dell’Oratorio di N.S. di Bonaria. Il tema di quest’anno è “Zawadi, il sentiero del fuoco”. Da dove nasce questa scelta e che spunti offre ai ragazzi? Ogni anno il Grest è impostato su

una storia che offre l’ambientazione di tutte le attività. Noi facciamo riferimento in particolare alla proposta di animazione portata avanti dalla realtà di “Oragiovane”. “Zawadi” in lingua swahili significa “dono” ed è questo il tema che si desidera approfondire nell’attività estiva di quest’anno. I ragazzi vengono così aiutati a scoprire che nella loro vita è presente un grande dono che è quello dell’amore di Dio, della sua presenza nella vita di ciascuno. In questo modo scoprono anche la possibilità di vivere la spiritualità del dono, comprendendo che la vita può essere più bella e fe-

lice se ci si apre agli altri dando il meglio di se stessi, con generosità e desiderio di servire. I ragazzi che partecipano al Grest sono seguiti da dei giovani animatori. Come si preparano all’attività estiva? Gli animatori sono divisi per fasce di età, e comprendono sia studenti delle scuole superiori che universitari. A loro si affiancano poi gli aiuto-animatori che stanno iniziando la loro esperienza di servizio. Durante l’anno loro partecipano agli incontri formativi proposti dall’Oratorio e, in particolare, nel periodo dopo Pasqua inizia la pre-

parazione specifica del Grest. Prima ancora della preparazione “pratica” delle varie attività, ciò che è più importante è che gli stessi animatori approfondiscono il tema nella loro formazione. Il loro impegno di servizio nasce così proprio dal confronto personale con la proposta che poi verrà rivolta anche ai ragazzi. In che modo l’attività dell’Oratorio è inserita nell’insieme della vita parrocchiale? Molti dei ragazzi che partecipano al Grest e alle altre attività frequenta la catechesi parrocchiale e quindi condivide la vita comunitaria della

parrocchia durante tutto l’anno. Diversi animatori sono anche impegnati nel servizio della catechesi. Le attività oratoriali vedono coinvolti poi molti adulti della comunità che aiutano gli animatori nel lavoro con i più piccoli. I ragazzi dell’Oratorio sono poi coinvolti nei momenti principali dell’anno pastorale della parrocchia. Attraverso l’Oratorio, che è aperto a tutti i ragazzi, c’è anche l’occasione per avvicinare persone lontane dalla vita parrocchiale. Per esempio abbiamo avuto l’esperienza di ragazzi non battezzati che poi hanno scelto di fare il cammino per ricevere i Sacramenti. Quello di Bonaria è un Oratorio un po’“speciale”, visto il suo legame con i Mercedari e la figura della Patrona Massima della Sardegna.Cosa porta tutto questo nel lavoro con i ragazzi? Il carisma dei Mercedari è legato alla “liberazione”. Solo conoscendo Cristo e impegnandosi a seguirlo, l’uomo raggiunge la sua vera libertà. L’Oratorio educa i ragazzi a scoprire i doni che hanno, a non farsi imprigionare da altre proposte che li illudono e alla fine non gli danno niente, rendendoli anzi “schiavi”. Con la fede i giovani scoprono le possibilità di bene che sono presenti nel cammino della loro vita. La figura di Maria poi è sempre presente nell’Oratorio, i ragazzi sono invitati a sentirla molto vicina. Nel Grest, ad esempio, ogni giornata inizia e finisce con un particolare riferimento alla preghiera mariana.

Il Grest a Nostra Signora di Bonaria


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IL PORTICO

IL PORTICO DEI GIOVANI

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

Iniziative. Oltre ottanta giovani hanno partecipato al Pellegrinaggio notturno organizzato dai Frati Minori.

“Un canto nella notte”, giovani in cammino verso Cristo sui passi di San Francesco L’esperienza trae origine dalla vita del Santo di Assisi che da Spoleto tornò verso la sua città natale dopo aver ascoltato “la voce di un Padre che lo amava più di chiunque altro” SUSANNA MOCCI

T

RA IL 21 E IL 22 GIUGNO si è

tenuto “Un canto nella notte”, iniziativa organizzata dai Frati Minori del convento di San Mauro. L’esperienza nasce sulla scorta di quella di Francesco D’Assisi, che, come si legge nel sito dei frati sardi, “tornò da Spoleto verso la sua città natale dopo aver ascoltato, nel cuore della notte, la voce di un Padre che lo amava più di chiunque altro”. L’evento, che ogni anno viene proposto ad Assisi, è stato organizzato per la prima volta anche a Cagliari. Un pellegrinaggio notturno che ha portato un’ottantina di marciatori dai 18 ai 33 anni da Santa Maria degli Angeli in Flumini di Quartu alla Basilica di Nostra Signora di Bonaria, passando per la parrocchia di San Luca e proseguendo lungo le saline di Molentargius. A guidare la marcia notturna le parole del vangelo di Matteo sulla visita dei Magi “Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”.

Abbiamo raccolto le esperienze di alcuni marciatori. Parla Silvia: “È stavo bello ripercorrere il cammino dei magi e affidarsi alle stelle, come hanno fatto loro andando verso Gesù. È stata un esperienza di abbandono e di affidamento alla Madonna, mi ha fatto riflettere tanto sulla fiducia che io tutti i giorni ripongo nel Signore e mi ha aiutato a prendere decisioni importanti, per esempio l’essenzialità del tagliare le cose che non portano frutto”. Maria Elisa aggiunge: "L'esperienza è durata una notte ma in realtà è come se avessi rivissuto tutti gli anni di cammino dal mio

Incontro. Il Signore mi ha fatto dono di Parole importanti, senza le quali non riuscivo ad andare avanti. Con la mia insicurezza e la mia mania del controllo, fin da subito ho dovuto adeguare il passo a quello degli altri e prendere strade buie che ci facevano tornare sui nostri passi, sperimentando così il dono dell'Obbedienza. Ho trovato angeli pronti a sfamarmi e a darmi parole di conforto, e ho conosciuto così il dono della Provvidenza e dell'Amicizia. Nell'ultimo tratto di cammino, quando non avevo neanche più le forze per parlare con chi avevo al mio fianco, Dio mi ha fatto co-

noscere il dono della Sapienza. Tante volte nel mio cammino di fede mi sono fermata davanti agli ostacoli perché stanca, debole, ma quella è stato proprio il riconoscermi piccola e bisognosa di aiuto a farmi arrivare alla Meta: il mio desiderio di raggiungerla era troppo forte e il Signore mi ha permesso di arrivare. Durante la messa ho pianto, perché non avevo più la forza neanche per alzarmi nei momenti solenni, ma una volta ricevuta l'Eucarestia ho capito che la Meta non sarebbe stata così dolce senza quelle sofferenze". Paolo racconta: “Io non so perché hai deciso di partecipare a

questa iniziativa”. Con queste parole Padre Vito ci ha accolto a Flumini. Una frase che ha suscitato il desiderio di trovare una risposta; le motivazioni possono essere molteplici, ma la spinta principale viene da due cose molto semplici: avere una Mèta nel cammino e avere Fiducia. Partecipare alla Marcia Notturna ha significato proprio questo; camminare, meditare, faticare fisicamente ma con la consapevolezza di avere una mèta ben precisa da raggiungere, ignaro del tragitto da percorrere, delle difficoltà che avrei incontrato, ma fiducioso che qualcuno prima di me avesse già pensato e voluto tutto quanto. È stata un’ esperienza che mi ha mostrato concretamente come deve essere il cammino di ogni Cristiano: puntare dritto a Gesù passo dopo passo, anche attraverso le fatiche quotidiane ma con la consapevolezza di avere un Padre ad accoglierti e un percorso tracciato appositamente per te”. La marcia si è conclusa all’alba con l’arrivo alla Basilica di Bonaria. “Un pellegrinaggio da Maria a Maria, che è donna del cammino – ha detto Padre Diego Entali ofm nell’omelia della Santa Messa conclusiva- abbiamo camminato per amare con il corpo, come ha fatto Gesù e come ricordiamo oggi nella solennità del Corpus Domini, che è la festa del corpo di Cristo”.

Il Pellegrinaggio notturno da Quartu a Bonaria

foto IVAN PEDRETTI


DOMENICA 6 LUGLIO 2014

IL PORTICO DI CAGLIARI

Solidarietà. A Cagliari il Seminario organizzato dall’Associazione Bambini Cerebrolesi.

“Abc”, stare accanto alle famiglie per servire i piccoli che soffrono Francesca Palmas: “Tra le nostre priorità c’è quella di voler collaborare con tutti al fine di vivere in una società che sia davvero inclusiva ” MARIA LUISA SECCHI

N

OI, ISTITUZIONI,

Comunità: persone con disabilità e famiglie protagonisti nello sviluppo di reti sociali Verso Nuove Frontiere”. E' questo il titolo del Seminario promosso a Cagliari la scorsa settimana dall'Associazione Bambini Cerebrolesi, regiTra le nostreTronale e nazionale, e dall'Associazione Italiana Sindrome X-Fragileonlus. All'evento hanno preso parte ospiti provenienti da tutta la Sardegna (operatori, famiglie, Istituzioni e Università) e dal continente (tra i quali Matteo Orlandini che con l’Università di Bologna da anni analizza il cosiddetto “modello Sardegna” giudicandolo uno dei migliori esempi europei di presa in carico).“È possibile imparare a vivere anche dalle situazioni più estreme, se non si resta soli o rinchiusi, ma se si guarda alla persona, e ci si mette in relazione, questo è stato il nostro punto di partenza” - spiega Francesca Palmas, dell'ABC Sardegna e membro dell'Osservatorio Permanente per l’integrazione Scolastica delle Persone in Situazione di Handicap del MIUR. Nel corso del Seminario è stato presentato il lavoro “Buone prassi e sviluppo delle reti di volontariato familia-

Il lavori del convegno; sotto Francesca Palmas

re e delle persone con disabilità, verso nuove frontiere. “Si tratta di un’attività iniziata oltre un anno fa che ha coinvolto diversi partner tra i quali: altre associazioni di familiari, volontari, operatori, professionisti, istituzioni dettaglia Francesca. L'evento conclusivo è stato organizzato con il sostegno della Fondazione CON IL SUD, e con la stretta rete di collaborazione del Comune di Bidonì, dell’Università di Cagliari Ufficio Disabilità e di Confcooperative. Il cooperare e potenziare la nostra rete di collaborazione e partnership, con lo scambio di esperienze raccontate direttamente dalla voce dei protagonisti, persone con di-

sabilità e loro famiglie, e prassi differenti ci ha portato con soddisfazione ad un completamento dei contesti e a rafforzare l’efficacia delle nostre azioni sia sul territori che in altre regioni”. In Sardegna attualmente i servizi personalizzati e domiciliari coinvolgono oltre 38 mila persone e circa 15 mila lavoratori nel territorio. “Tra le nostre priorità si trova senz'altro in cima quella di alimentare una maggiore consapevolezza della co-responsabilità, di dover e voler con-dividere, co-progettare, collaborare tutti – prosegue Francesca Palmas – al fine di vivere in una società che sia davvero inclusiva per tutti, nessuno escluso. Testimoniare le

buone prassi significa formare e informare tutti, spesso partendo dalle situazioni più difficili”. L'esperienza dell'Associazione, composta da un solido numero di famiglie che si fanno carico in prima persona della riabilitazione e del progetto di vita dei propri figli mirando in particolare all'integrazione sociale, dimostra quanto la famiglia stessa sia pienamente coinvolta nella “disabilità” del proprio congiunto. “Mettere al centro la persona significa lavorare con lei – spiega Francesca Palmas. Non prendere nessun tipo di decisione senza aver prima coinvolto la persona stessa e la sua famiglia nel caso questa non sia in grado di rappresentarsi da sola. Questo è fondamentale e rappresenta proprio una rivoluzione copernicana di tutto il sistema socio-sanitario. Si passa da una visione meramente assistenzialistica – prosegue Francesca – ad un pieno coinvolgimento della famiglia stessa”. L'Associazione Bambini Cerebrolesi promuove il diritto all'autonomia, per quanto possibile, del nucleo familiare che si trova a dover gestire una situazione di disabilità al suo interno.

La visita dei Vescovi piemontesi

La scorsa settimana la nostra diocesi ha ospitato un gruppo di Vescovi della Conferenza Episcopale Piemontese. La presenza dei Presuli ha avuto diversi momenti di carattere culturale, con la visita ad alcuni luoghi significativi della Città di Cagliari e della Sardegna, e occasioni di confronto e condivisione di esperienze con i responsabili degli uffici pastorali diocesani guidati da Mons. Arrigo Miglio.

IL PORTICO

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blocknotes L’ASSOCIAZIONE ABC

Il prezioso lavoro a favore dei disabili L’Associazione Bambini Cerebrolesi, Federazione Italiana, non ha scopo di lucro, è apartitica, si oppone ad ogni forma di razzismo, persegue fini esclusivamente sociali ed umanitari e quelli di cui alla legge 11.08.91 n. 226 (legge quadro sul volontariato). L' ABC. agisce come coordinamento nazionale su base e principi federali, nel rispetto dell’autonomia di ogni singola Regione o aggregazione di esse. “Vogliamo ripartire dalle buone esperienze in atto per costruire percorsi inclusivi per tutti”. Questa è la mission dell'Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna. Nata nel giugno del 1990, l'ABC riunisce al suo interno famiglie che si fanno carico in prima persona della riabilitazione e del progetto di vita dei propri figli mirando in particolare all'integrazione sociale. L'Associazione agisce a supporto delle famiglie associate sollecitando le autorità e gli enti pubblici e privati a svolgere efficacemente il loro dovere. Mostra attraverso la pro-

pria mission come la presenza di un cerebroleso fornisce numerosi stimoli per un arricchimento umano, morale e sociale sia per la famiglia stessa che per la società che la circonda. L'esperienza delle famiglie dell'ABC suggerisce che l'inclusione sia sempre possibile anche nelle situazioni più estreme. Ogni persona deve poter contare sulla possibilità e sul diritto di vivere all'interno del nucleo familiare, nella comunità che la circonda, in collaborazione con le istituzioni. L'Associazione Bambini Cerebrolesi promuove inoltre il diritto all'autonomia, per quanto possibile, del nucleo familiare che si trova a dover gestire una situazione di disabilità al suo interno. Autonomia nella gestione e nelle scelte che conduce alla partecipazione attiva dei percorsi personalizzati. In cima alle priorità dell'ABC quella di alimentare una maggiore consapevolezza della co-responsabilità, di dover e voler con-dividere, co-progettare, collaborare tutti.


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IL PORTICO DE

IL PORTICO

XIV DOMENICA DEL T. O. (ANNO A)

dal Vangelo secondo Matteo

Le hai rivelate ai pi

Mt 11, 25-30 DON ANDREA BUSIA

I

l brano odierno del vangelo pone in primo piano i “piccoli”, coloro che sono “stanchi e oppressi”, per capire il brano dobbiamo capire a chi Gesù stia facendo riferimento e per capire questo dobbiamo tornare all’antico testamento. Nella predicazione profetica ricorre spesso un termine, anawim, che indica un gruppo particolare di ebrei: i poveri, i piccoli. (Si possono vedere nella Bibbia, a titolo esemplificativo, Sofonia 2,3; Sofonia 3,12; Giuditta 9,11; Isaia 11,4 e Isaia 29,1724 dove non sarà difficile trovare delle assonanze con famosi brani del vangelo tra i quali quello delle beatitudini, la prima delle quali non a caso è rivolta ai “poveri in spirito”). “Povero”, in questo caso, non significa in primo luogo “mancante del necessario”, bensì umile: è povero chi non è superbo, colui che non prevarica l’altro, colui che per rimanere fedele alla volontà di Dio accetta anche di poter essere oggetto di angherie, chi sa che tutto ciò

il portico della fede

I

n quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

che gli permette di vivere è dono gratuito di Dio. In tutto questo l’aspetto economico è secondario anche se non di rado, come la Bibbia esprime bene, la ricchezza può trasformare in peggio un persona, per questa ragione “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19,24). Questi gruppo degli anawim è destinatario, nella predicazione profetica, di una particolare predilezione da parte di Dio, è uno dei tanti capovolgimenti divini, ma è un capovolgimento solo dal nostro punto di vista: Dio guarda il cuore e a lui importa molto poco il nostro conto in banca, la cosa importante è l’atteggiamento nei suoi confronti e di conseguenza quello verso i nostri fratelli. Nel nostro brano ai piccoli sono contrapposti i sapienti e i dotti, non tanto perché l’ignoranza sia una virtù, nella Bibbia non mancano infatti inviti alla trasmissione delle conoscenze e l’esaltazione di chi pa-

droneggia una tecnica, ma perché chi si ritiene sapiente è più facilmente uno che tende ad ergersi al di sopra degli altri, talvolta addirittura si concede il lusso di criticare Dio stesso, ma in confronto a Dio siamo tutti estremamente piccoli e ignoranti. Ritenere di sapere tutto o, peggio, di non aver bisogno di Dio perché si basta a sé stessi è il peccato capitale per l’uomo perché Dio rispetta la nostra libertà e non ci impone di seguirlo, anche sapendo che seguirlo vorrebbe dire giungere alla felicità, alla salvezza. Gesù ha parlato a tutti: a ricchi e poveri, come il seminatore non si è fatto problemi anche dove la sua parola sarebbe potuta essere rifiutata, ha sofferto per questo come si vede nei brani in cui si raccontano episodi di rifiuto; non a caso nei versetti immediatamente precedenti il brano riportano proprio un rimprovero di Gesù contro le città i cui abitanti non avevano accettato la sua parola e non si erano convertiti. A quel rimprovero fa da

contraltare questo elogio a Dio e, implicitamente, a coloro che si pongono in un atteggiamento di ascolto e di obbedienza alla volontà del Signore. Nella seconda parte del nostro brano Gesù identifica sé stesso come uno degli anawim, anzi come il primo tra loro, in quanto lui dice di essere “mite e umile di cuore” e, così facendo, si pone alla guida del popolo dei poveri di Dio: Dio stesso fa sua la caratteristica stessa dei suoi fedeli. Facendo questo però aggiunge un elemento, che diventa fondamentale nella vita del cristiano, che è quello di associarsi a Gesù che ha fatto dell’obbedienza alla volontà del Padre la sua stessa ragione d’essere, il suo giogo e chiede a chi vuole seguirlo di fare altrettanto, fino alla croce se necessario. Un gioco apparentemente impossibile da portare ma che diventa leggero se il cammino viene fatto al fianco di Gesù e non affidandosi esclusivamente alle proprie forze.

COMUNICARE LA GIOIA DEL DONO DEL BATTESIMO «In tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova le parole per esprimere la sua fede» (119). Questo insegnamento di papa Francesco, pone in luce come il battezzato, al di là dell’istruzione della sua fede, e qualunque sia la sua funzione nella Chiesa, è dotato con il battesimo di una energia che gli permette di evangelizzare e lo rende protagonista nella storia di quell’annuncio gioioso che fece dire ai discepoli: “abbiamo incontrato il Messia”. È ovvio che è necessario che qualcuno ce lo comunichi in maniera tale che ciascuno lo possa a sua volta testimoniare, come fece anche la Samaritana al pozzo di Giacobbe, che, dopo aver parlato con Gesù, lasciò la brocca e corse in città per dire che aveva incontrato un uomo che forse poteva essere

il Messia: si tratta di una vera e propria cordata di testimoni che prima ricevono e poi a loro volta trasmettono. Di fatto i Vangeli sono i racconti dei primi testimoni, di coloro che incontrarono e riconobbero il Messia e lo annunciarono, giungendo fino a noi. Il compito della nuova evangelizzazione, oggi è certamente quello di scoprire il senso del battesimo ricevuto, è quello di risvegliarne il significato più profondo, così da liberarne quella energia, magari tenuta sopita, in modo da lasciarci a nostra volta evangelizzare in modo nuovo, dalle testimonianze di altri battezzati, che attorno a noi continuano a scrivere la storia della salvezza, con le loro azioni i loro gesti, il più delle volte silenziosi e allo stesso tempo capaci di trasformare le situazioni concrete del quotidiano, per volgerle al bene. Un impegno, per tutti i battezzati, anche in vista del Convegno ecclesiale di Firenze del 2015, di scoprire nella nostra Chiesa locale i testimoni che hanno vissuto il vangelo nella storia particolare di un territorio, arricchendolo

ed elevandone la cultura, e le condizioni di molti. Nella forza evangelizzatrice che ogni battezzato può manifestare con la sua vita, non si devono trascurare, insegna papa Francesco, le forme semplici della pietà popolare, attraverso cui il Popolo di Dio continua incessantemente a evangelizzare se stesso. Dunque, dobbiamo guardare anche a quel “prezioso tesoro della Chiesa cattolica”, sviluppatosi nel corso dei secoli con antichissime tradizioni, radicato e presente anche nella nostra Sardegna, e dal quale possiamo attingere forme di evangelizzazione e modalità nuove attraverso le forme simboliche di cui è impregnata la pietà popolare, capace di trasmettere contenuti alti, in forme semplici. La pietà, popolare, infatti non è priva di contenuti anzi è un modo per vivere la fede cristiana nelle manifestazioni sociali, coinvolgendo la persona nella sua unità, cioè la sua sfera cognitiva quella emotiva/affettiva, nonché la sfera morale. di Maria Grazia Pau


ELLA FAMIGLIA

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

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Parla Belletti del Forum Associazioni Familiari

iccoli...

All’Italia occorre ripartire dalla famiglia I. P.

N

RISCRITTURE

IL “GIOGO” DI CRISTO Nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30). Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (cfr Mt 9,35-36). Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e an-

che nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Benedetto XVI - Angelus 3 luglio 2011

ATO NEL 1957, sposato, tre figli Francesco Belletti vive e lavora a Milano. Presidente del Forum delle Associazioni Famigliari è laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano nel 1983, ha lavorato per oltre 15 anni come consulente e ricercatore libero professionista per enti pubblici e privati no profit su tematiche sociali. Crisi economica e famiglia. Come stanno le cose? Per dare riposte alle richieste di tanti è necessario capire quale ruolo debba avere la famiglia nelle strategie del Paese. Ci siamo illusi che la crisi si contrastasse salvando le banche, le aziende, la pubblica amministrazione, manca però l’idea che è necessario ripartire dalla famiglia. Lo slogan dovrebbe essere ripartire dalla famiglia e per questo abbiamo insistito molto su una politica fiscale per la famiglia, perché significa restituire in partenza le risorse sui compiti dei nuclei familiari.Pensiamo che si debba vedere la famiglia come il luogo dove si costruisce il progetto del Paese, dove si genera il futuro dei figli, dove vengono mantenute le persone in solidarietà. Basti pensare che senza la famiglia la disoccupazione giovanile sarebbe un dramma da rivoluzione civile nel nostro Paese. Ma tutto ciò non viene riconosciuto dalla politica. Come se ne esce? Ripensando le politiche verso

ampi spazi di azione e di sostegno, anche semplicemente con segnali simbolici. Non si tratta solo di restituire delle risorse quanto di restituire titolarità alla famiglia. Oggi le persone si trovano a vivere la propria famiglia come uno spazio di totale privatezza, invece la famiglia genera bene comune, perché è il capitale sociale più prezioso del nostro Paese e purtroppo questo non riusciamo a valutarlo e ad apprezzarlo. L’esempio è che se una casalinga decide di stare a casa riduce il PIL del Paese ma aumenta la coesione sociale. Questo è ciò che chiediamo alla politica, sia a livello nazionale sia regionale che comunale: ci sono tantissime azioni che si possono fare, più o meno costose, ma certamente se uno ha in mente che il Paese riparte se riparte la famiglia. Da dove partire? Il Governo ha in mano il Piano nazionale per la famiglia, approvato nel 2012 dall’esecutivo Monti, ancora in attesa di un’esplicita attuazione. Quel documento propone la famiglia come soggetto sociale, politico ed economico individuando i carichi fiscali di ciascun nucleo. Non c’è bisogno di politiche assistenziali, ma di rimuovere gli ostacoli alla sua azione. La conciliazione tra padri, madri e lavoro è bloccata da vincoli, regole e pregiudizi organizzativi delle aziende: è quindi la famiglia a doversi adattare alle ferree leggi del mercato. Dobbiamo invertire la tendenza.


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IL PORTICO DEI LETTORI

IL PORTICO

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LETTERE A IL PORTICO Egregio Direttore, scrivo in merito ad un articolo apparso di recente sulla realtà dell’Oratorio di S. Elena. Mi ha colpito una frase che cito testualmente: “Purtroppo Sant'Elena non ha un passato recente di oratorio”. Faccio presente che fin dai primi anni del secolo scorso la parrocchia di Sant'Elena ha sempre vantato una fiorente attività oratoriana. Io stessa, che ho frequentato sin da piccolissima il Ferrini ricordo tante attività: la filodrammatica, la biblioteca, la scuola vedette, le crociatine, il movimento scouts e tanto altro. E se l'autrice dell'articolo parla di passato "recente" come non ricordare l'attività sia estiva che invernale promossa da don Marcello e proseguita, alla sua scomparsa, dagli altri vice parroci. Antonietta Pinna Gentile lettrice, la sua osservazione in merito all’articolo è senza dubbio corretta. L’espressione “passato recente” effettivamente non rende ragione del lavoro portato avanti negli ultimi anni nella realtà oratoriale di S. Elena. La sottolineatura del positivo lavoro svolto attualmente a Quartu va senza dubbio messa insieme alla lunga e ricca tradizione di attività per i giovani della Parrocchia di S. Elena. (rp)

In onda su Radio Kalaritana !

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Frequenze in FM: 95,000 - 97,500 - 99,900 - 102,200 - 104,000

Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30

L’udienza La catechesi di Papa Francesco Il giovedì alle 21.10 circa

Radiogiornale regionale Lampada ai miei passi (7 – 13 Dal lunedì al venerdì 10.30 /12.15 luglio) Commento al Vangelo Zoom - Dentro la notizia quotidiano Dal lunedì al venerdì 11.30 / 17.30 a cura di don Giuseppe Tilocca Dal lunedì al venerdì 5.00 / 6.48 / Oggi è già domani 21.00 Nel cuore della notte con lo Sabato 5.00 / 6.48 / (21.00 sguardo verso il nuovo giorno Vangelo domenicale) (A cura di don Giulio Madeddu) Domenica 5.00 / 7.30 / 21.00 Ogni giorno alle 00.01 circa

Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

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n successo strepitoso corona la prima rappresentazione della Turandot di Giacomo Puccini (18581924) nella versione incompiuta: il terzo appuntamento della Stagione Lirica e di Balletto del Teatro cagliaritano supera le aspettative e riscuote il profondo entusiasmo del pubblico in sala. L’opera, in tre atti e cinque quadri, su libretto di Giuseppe Adami (1878-1946) e Renato Simoni (1875-1952), che non tornava sul palco del capoluogo dal 2004, è curata dal talentuoso Pier Francesco Maestrini, attivo in città italiane (fra cui Roma, Napoli, Parma, Sassari) e nel panorama internazionale (Tokyo, Pechino, San Paolo, Manaus), in un esaltante nuovo allestimento del Teatro di Cagliari: sotto la bacchetta di Giampaolo Maria Bisanti, presente anche l’anno scorso per Otello, si succedono i protagonisti con costumi di Marco Nateri, luci di Simon Corder e scene dello scultore sardo Pinuccio Sciola. Proprio a quest’ultimo è legata la rievocazione della vicenda. La storia, che i librettisti hanno ricavato dall’omonima fiaba teatrale del veneziano Carlo Gozzi (1720-1806), s’incentra sulla crudele durezza della bellissima principessa cinese Turandot: se i suoi pretendenti non risolvono tre enigmi, ella li condanna a morte senza sposarli, così da vendicare l’onta subìta nel passato dalla sua ava Lo-u-Ling. Il regista, avendo già pensato ad una Cina di ghiaccio che si scioglie col progressivo cedere della principessa, compie insieme allo scultore sardo un passo audace e circonda di pietre sonore tutta la scena. «Il

Grande successo al Lirico per l’opera di Puccini

La Turandot ALESSIO FAEDDA

cuore di Turandot è di pietra, impenetrabile. La Cina stessa è pietrificata». Quando appare nel primo atto, la protagonista è nascosta dietro pareti calcaree insormontabili, mentre l’atto terzo mostra una Pechino di elevati grattacieli che, nelle intenzioni di Sciola, vogliono bucare la convenzionale limitatezza della scena. Sonorità orientali e costumi sono in perfetta simbiosi. Impegnato già nella passata stagione per I Shardana di E. Porrino, Nateri si ispira «ai colori della pittura cinese e soprattutto alle forme di certa scultura», eliminando però «tutta la parte decorativa più canonica»: il Mandarino (George Andguladze) che nel primo atto, con voce stentorea, annuncia la dura legge di Turandot appare in abiti tra-

dizionali arancioni; i coristi sono vestiti di blu; Turandot è ammantata di tre colori diversi, che cedono ciascuno ad ogni enigma soluto – il verde della speranza, il rosso del sangue, il bianco della fragile purezza della principessa. L’esecuzione catapulta senza fiato nel Celeste Impero. Il Mandarino, dato l’annuncio, e il popolo di Pechino accorrono all’esecuzione del Principe di Persia (Mauro Secci), ultima vittima di Turandot (Maria Billeri). La calca travolge un anziano cieco e la sua serva; sono soccorsi dal giovane Calaf (Francesco Medda, in sostituzione di Roberto Aronica), che riconosce il padre Timur (Carlo Cigni) nel vecchio e Liù (Maria Katzarava) nella ragazza, di lui perdutamente innamorata. Si-

curo del loro silenzio, Calaf si risolve ad affrontare Turandot, invano contrastato dai tre ministri del regno Ping (Gezim Myshketa), Pang (Gregory Bonfatti) e Pong (Massimiliano Chiarolla). Tre colpi di gong rendono irrevocabile la decisione. L’azione si stringe: sul folto piazzale della reggia, sotto lo sguardo vigile e paterno del Principe Altoum (Davide D’Elia), Calaf risolve gli enigmi; ma, di fronte allo sconforto di Turandot, lega la sorte nuziale ad un quarto quesito: se ella riuscirà a scoprire prima dell’alba il suo nome, egli morirà comunque. Calaf, sicuro di vincere, resiste alle lusinghe dei Pechinesi, ma perde l’amore di Liù che, per salvare Timur e non tradire il principe, s’infligge la morte. Il pubblico contempla, estasiato. La musica è forse troppo alta nel primo atto, ma Bisanti riesce a ridimensionarla a partire dal secondo e a conservarne tutta la forza. Non ben distinti sono i timbri di Altoum, assiso in alto trono in una posizione infelice per la voce, e di Calaf che tuttavia si difende benissimo nella celeberrima aria Nessun dorma. Ping, Pong e Pang formano insieme un trio di stridente comicità, all’inizio poco preciso, ma fenomenale nell’aria Addio amore. Turandot comunica tutto il suo sdegno, prima, e la sua fragilità, poi, mentre Liù cade nel più terribile dolore che sconvolge il palcoscenico. L’ovazione finale di dieci minuti al cast e allo scultore conferma ancora una volta l’eccellenza della Fondazione cagliaritana e risponde entusiasta agli sforzi profusi. Le repliche continueranno per tutto il mese di luglio e di agosto.


DOMENICA 6 LUGLIO 2014

IL PORTICO DELLA CARITÀ

Carità. Diffusi i dati sulle donazioni in favore delle popolazioni colpite dall’alluvione.

Una grande gara di solidarietà: la Chiesa vicina agli alluvionati Quasi tre milioni di euro sono stati raccolti attraverso la colletta promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana MARIA CHIARA CUGUSI

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di euro le risorse raccolte dalla colletta della Chiesa destinata alle famiglie sarde colpite dall’alluvione, compreso il milione stanziato dalla CEI (attraverso i fondi 8 per mille). Una cifra frutto della generosità dei ‘veri eroi’, come li ha definiti Mons. Sebastiano Sanguinetti, Vescovo di Tempio-Ampurias, durante l’incontro organizzato nei giorni scorsi a Olbia, città-simbolo dell’alluvione, da Caritas Sardegna e da Caritas Italiana. «I veri eroi - ha detto il Vescovo - sono coloro che hanno avuto fiducia nella Chiesa, che hanno donato una piccola offerta da mettere a disposizione di chi ha subito danni: il poco che la gente aveva lo ha messo a disposizione per gli altri, e ha reso possibile il nostro lavoro, ma non possiamo sostituirci allo Stato. Aspettiamo ancora l’intervento delle istituzioni, Stato e Regione, affinché diano quello che hanno promesso, secondo le necessità». Obiettivo dell’incontro, fare il punto sugli interventi effettuati UASI TRE MILIONI

La conferenza di presentazione dei dati ad Olbia.

finora, per garantire la massima trasparenza, come ha spiegato don Marco Lai, delegato regionale Caritas, che ha aggiunto: «Vogliamo far sapere alle famiglie colpite che si sta continuando a fare tutto il possibile, come segno di prossimità, vicinanza, per promuovere percorsi di risalita nel tempo». Mons. Sanguinetti ha ricordato la grande solidarietà tra le Chiese diocesane colpite. Un impegno che continuerà nel tempo: «Sappiamo - ha sottolineato il Vescovo - che in queste situazioni il lavoro vero è quello successivo, della ricostruzione, accompagnare le comunità, imprese e famiglie nel ritorno a una vita normale». E an-

cora, il Vescovo ha aggiunto: «I fondi raccolti sono stati completamente messi a disposizione degli alluvionati. Certo, le cifre messe in campo sono irrisorie rispetto alle necessità reali». Solo ad Olbia, ha ricordato, 1500 case colpite, danni alle abitazioni tra i 50-70 mila euro, senza parlare delle imprese artigiane, negozi, infrastrutture. «Secondo lo stile Caritas - ha spiegato Mons. Sanguinetti -, ci siamo rivolti alle famiglie più bisognose, assicurando un valore aggiunto, costituito dalla prossimità, una rete di vicinanza che consente alla gente di non sentirsi sola». Inoltre, il Vescovo ha ricordato che la sfida della Chiesa è «far emergere

l’enorme solidarietà e generosità che spesso costituiscono un ‘mondo sommerso’», in modo da elevare la qualità della vita di tutti. Le cifre ufficiali sono state fornite da Don Andrea La Regina, responsabile ufficio macro-progetti di Caritas Italiana. La colletta complessiva della Chiesa è di 1.900.000 euro (a cui ammontano le offerte giunte dalle diocesi a Caritas Italiana e Caritas Sardegna); colletta che arriva a 2.900.000 con il milione stanziato subito dalla CEI (attraverso i fondi 8 per mille). Per quanto riguarda le cifre in uscita, 155.000 euro per interventi di emergenza e primo aiuto (attraverso la Caritas Sardegna); 2.100.000 per interventi a sostegno di famiglie e piccole imprese, di cui 1.300.000 già approvati e finanziati per le diocesi di Tempio-Ampurias, Nuoro e Ales-Terralba. Inoltre, 500.000 già finalizzati al microcredito, 25mila per attrezzature varie. Le risorse rimanenti (oltre 100mila euro) saranno usate per progettualità sociali (per fasce deboli) o per incrementare il fondo per il microcredito. «L’organismo pastorale della Caritas - ha spiegato don La Regina - si muove secondo il criterio di ispirazione evangelica; la solidarietà degli italiani è quella di chi vuole essere prossimo, vicino, in un criterio di dono». Inoltre, «le istituzioni devono fare la loro parte, occorre riscoprirsi come comunità coese, capaci di farsi carico dei bisognosi».

Le Caritas diocesane sono in prima linea

IL PORTICO

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brevi CAPPUCCINI

Ordinato diacono Fra Amedeo Salis Lo scorso 27 giugno, nel convento di Sant’Ignazio a Cagliari, fra Amedeo Salis è stato ordinato diacono. La celebrazione è stata presieduta da monsignor Arrigo Miglio ed ha visto molti fedeli presenti nel santuario cappuccino. CHIESA SANT’ANTONIO ABATE

Conferenza sull’organo Agati-Tronci Venerdì 4 alle 19.30 nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Cagliari conferenza incentrata sull’organo Agati-Tronci del 1887. Lo strumento, uno fra i più grandi organi storici esistenti in Sardegna, da decenni è praticamente inutilizzabile e richiede un opportuno restauro. Per sensibilizzare l’opinione pubblica gli allievi e i docenti del Laboratorio Organi Storici del Conservatorio di Cagliari - che hanno schedato lo strumento nell’ambito del progetto “Organi storici della Provincia di Cagliari” - illustrano le caratteristiche dello strumento e ne ripercorrono la storia attraverso suoni ed immagini. È stato pubblicato un volume dal titolo “Arte Organaria in Sardegna. Costruttori e strumento fra XVI e XX secolo” di Roberto Milleddu che ricostruisce tre secoli di storia della fabbricazione d’organi a canne. L’evento si svolge con la collaborazione dell’Arciconfraternita della Vergine SS. d’Itria e sotto l’egida del Conservatorio G. Pierluigi Palestrina di Cagliari.

SOLIDARIETÀ

Cena di beneficenza per il Guatemala

Alcuni tra gli interventi portati avanti nel territorio M. C. C.

U

di prossimità, attento ai bisogni emersi e caratterizzato da un ascolto costante. Durante l’incontro organizzato nei giorni scorsi dalla Caritas regionale e da quella nazionale, i direttori delle Caritas diocesane più colpite dall’alluvione hanno descritto gli interventi portati avanti dalle loro diocesi, nell’ambito dei progetti già approvati da Caritas Italiana. A Olbia, dopo una prima fase di risposta immediata all’emergenza (oltre 700 volontari impegnati) c’è stata la seconda fase, caratterizzata dalla messa in rilievo dei bisogni e prossimità alle famiglie (circa mille quelle censite); infine, la terza fase che ha visto interventi mirati, in stretta sinergia con i parroci e le associazioni locali. Sono stati potenziati i servizi offerti dalla Caritas dioN INTERVENTO

cesana, tra cui il magazzino della distribuzione viveri per le parrocchie, l’ufficio del coordinamento emergenza alluvione, l’attività degli sportelli di ascolto, il sostegno psicologico, gli interventi di microcredito, il prestito della speranza, l’anti-usura. «La gente ha bisogno di supporto psicologico - ha spiegato Suor Luigia Leoni, direttrice della Caritas di Tempio-Ampurias -; presso le parrocchie continua l’opera di ascolto delle famiglie». Inoltre, la direttrice ha ricordato che per contribuire al riavvio dell’economia olbiese, gli acquisti dei viveri vengono fatti a Olbia e le squadre degli operai sono composte da persone alluvionate. Nella diocesi di Ales-Terralba, l’azione della Caritas si è caratterizzata per il lavoro di rete con i parroci e i comuni. «Oltre ai danni materiali ha spiegato don Angelo Pittau, di-

rettore della Caritas diocesana - abbiamo dato risposte a quelli psicologici, attraverso la creazione di un’équipe socio-psicologica»; inoltre, gli aiuti sono stati destinati anche ad artigiani, allevatori, agricoltori «che hanno perso tutto, ma che, seppur nella difficoltà, hanno mostrato grande solidarietà tra di loro». Nella diocesi di Nuoro, la Caritas diocesana sta portando avanti il progetto ‘Un sorriso di speranza’, già approvato dalla Caritas nazionale: tra gli interventi, 14 voucher di sostegno economico (valore medio 15mila euro l’uno) destinati ad aziende familiari colpite dall’alluvione (individuate grazie alla collaborazione con i parroci, i comuni e le associazioni di volontariato) e 10 borse di

studio (20% della spesa, valore medio tremila euro) per i giovani che rischiano di dover interrompere gli studi all’università o alle superiori, a causa delle difficoltà economiche vissute dalle famiglie, in seguito all’alluvione. Inoltre, sostegno alle imprese agro-pastorali, grazie alla collaborazione con la Coldiretti. «L’obiettivo - spiega don Francesco Mariani, direttore della Caritas di Nuoro - è far ripartire le aziende». Interventi, ricorda il direttore della Caritas nuorese, che devono fare i conti con le difficoltà burocratiche vissute dagli enti locali: a Bitti, uno dei comuni più colpiti del nuorese, le offerte ammontano a un milione di euro che tuttavia non può essere speso per via del patto di stabilità.

Da circa quattro anni i padri domenicani stanno portando a compimento l’intera ristrutturazione del Collegio San Martin de Porres in Guatemala. È stato avviato il dormitorio, i laboratori di chimica e di lingue e la cappella. Alla fine del 2013 sono stati realizzati dieci bagni con relative docce. Al fine di portare a compimento l’intero progetto di ristrutturazione del collegio è necessario rifare il tetto alle aule, alla biblioteca e al dormitorio. “Passi per il Mondo”, questo il nome del progetto avviato in Guatemala, in particolare a Dolores nel Petén, organizza sabato 5 luglio alle 21 (alle 20 viene celebrata una santa Messa) una cena di beneficenza a Selargius in Via del Lavoro 15 presso il Centro Giovanile Domenicano. Per informazioni di può contattare il Centro Giovanile Domenicano di Selargius.


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IL PORTICO DELLA DIOCESI

IL PORTICO

brevi IN LIBRERIA

Un volume per aiutare padre Renato Chiera Padre Renato Chiera opera in Brasile da oltre 35 anni fa. Nella periferia di Rio, viene a contatto con la tragedia dei meninos de rua. Nasce così la Casa do Menor, punto di riferimento per tanti bambini e adolescenti. Un’esperienza raccolta nel volume “Dall’inferno un grido per amore”. Per sostenere l’opera promossa da padre Renato, la casa editrice Paoline ha pensato di dar vita all’iniziativa “Le Paoline tifano Brasile”. Fino al 20 luglio, parte del ricavato della vendita del libro acquistato presso le Librerie Paoline d’Italia (e la libreria online libreria-online.paoline.it), sarà devoluto alla Casa do Menor. DAL 17 AL 24 AGOSTO

Campo di formazione e volontariato Dal 17 al 24 agosto per i giovani dai 16 ai 30 anni è possibile partecipare al Campo internazionale di formazione e volontariato. Un’esperienza di amicizia e fraternità con i giovani in arrivo dai diverse zone del Mediterraneo. L’iniziativa voluta dalla Caritas Diocesana prevede la mattina le attività di servizio nelle opere segno della Caritas diocesana di Cagliari ed in realtà associative di inclusione sociale, nel pomeriggio momenti di formazione attraverso la conoscenza di chi si impegna a vivere la solidarietà, con visite a realtà significative della città. Maggiori informazioni sul sito www.caritascagliari.it.

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

Formazione. Si è svolto a Cagliari il Corso di aggiornamento per i docenti di religione.

L’Irc è dentro il mondo della scuola al servizio dell’educazione dei giovani Roberto Romio e Cristina Carnevale hanno guidato l’iniziativa di formazione per i docenti promossa dall’Ufficio per l’Insegnamento della Religione Cattolica FRANCO CAMBA

I

L LINGUAGGIO RELIGIOSO nell’in-

segnamento della Religione Cattolica”: è questo il tema del corso di aggiornamento per gli insegnanti di religione dell’arcidiocesi di Cagliari, conclusosi lunedì scorso. Articolato in tre moduli, di cui il primo teorico-fondativo comune ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, il secondo e il terzo rivolti rispettivamente ai docenti del secondo ciclo, cioè della scuola secondaria di secondo grado, e ai docenti del primo ciclo (infanzia, primaria, secondaria di secondo grado), il corso è stato una valida opportunità di aggiornamento per i numerosi docenti di religione della diocesi. Gli incontri, che si sono tenuti a Cagliari nell’aula magna del seminario arcivescovile in via Monsignor Cogoni, sono stati introdotti da don Roberto Piredda, direttore dell’Ufficio per l’insegnamento della religione cattolica dell’arcidiocesi di Cagliari, il quale ha curato anche le riflessioni introduttive proponendo per la medita-

Un’immagine dei lavori del Corso.

zione personale alcuni stralci del discorso che papa Francesco ha tenuto il 10 maggio scorso nell’incontro con il mondo della Scuola italiana. Le relazioni sono state tenute dal professor Roberto Romio, docente di didattica dell’Insegnamento della Religione Cattolica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma e da Cristina Carnevale, esperta in Scienze dell’Educazione e Pedagogia religiosa e autrice del testo Progettare per competenze nell’IRC. Il nuovo quadro delle Indicazioni Nazionali (LDC-Il Capitello, 2013). Il corso ha preso avvio con le relazioni del professor Romio sull’o-

rizzonte pedagogico e didattico del linguaggio religioso, cui hanno fatto seguito le attività di laboratorio e di confronto con la restituzione delle riflessioni dei corsisti in assemblea. Dopo aver illustrato il passaggio che si rende necessario nel contesto attuale, «da un modello di scuola “trasmissiva” per andare verso lezioni partecipate, necessarie per accompagnare gli alunni in un processo di maturazione di competenze», il professor Romio si è soffermato ampiamente nell’illustrazione del “procedimento ermeneutico”, «quale modello che permette all’alunno di decifrare e orientare

l’esperienza attuale valorizzando i modelli della tradizione». Riprendendo alcuni contenuti sviluppati nel precedente corso di aggiornamento, la professoressa Carnevale si è invece soffermata sulla “valenza educativa” del linguaggio simbolico-religioso, in particolare di quello cristiano cattolico, «come un modo “altro” per dire la realtà e la vita, un modo che “mostra” aspetti altrimenti indicibili e “fa vedere” la realtà e la vita con occhi nuovi, scoprendone nuovi significati, nuove dimensioni, nuovi valori, nuove possibilità di azione». Dopo aver ricordato che l’insegnamento della religione cattolica si aggancia in particolar modo al linguaggio biblico fortemente segnato dal valore simbolico, la professoressa Carnevale ha illustrato in che modo tale disciplina «può promuovere una competenza dei simboli, come caso speciale della competenza ermeneutica, svolgendo una funzione pedagogica fondamentale: aprire gli alunni alla percezione simbolica in virtù della quale le cose, le esperienze, le situazioni diventano un segno, rinviano a qualcosa d’altro». Particolarmente attiva è stata la partecipazione dei docenti di religione delle scuole di ogni ordine e grado nelle attività laboratoriali che, grazie alla metodologia di lavoro proposta dai relatori, sono stati impegnati a delineare dei percorsi didattici ermeneutico-esistenziali, coniugando pensiero metaforico ed esperienza religiosa.


IL PORTICO DELLE VOCAZIONI

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

Pastorale vocazionale. Al via i Campi scuola rivolti ai ragazzi dei gruppi ministranti.

Vocazione, dare un nome preciso al proprio desiderio di felicità

to dall'ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni: “Apriti alla verità, porterai la vita”. Declinato nelle diverse attività, sarà ancora di più analizzato ed approfondito durante questa esperienza estiva.Verranno prese in esame alcune figure bibliche che insegneranno ai partecipanti ad aprire la propria vita a Gesù, seguendo le orme tracciate da loro. Oltre ai momenti di gioco, svago e divertimento al mare, saranno impegnati in attività più riflessive, di ricerca e di lavoro di gruppo, per fare prendere coscienza ai ragazzi il significato di “diocesi”. In che senso? Già dalla loro tenera età, è giusto far comprendere loro il significato di unità e di Chiesa per condividere l'esperienza della fede.

Come si inserisce il lavoro con i ministranti, nelle attività dell'ufficio per la pastorale delle vocazioni? Questo tipo di pastorale nella diocesi vuole raggiungere tutte le età. Ed è giusto partire dai bambini e dai ragazzi, per iniziare con loro un discorso che gli consenta di approcciarsi alla vita nel miglior modo possibile e affinché possano scoprire il progetto di felicità che Dio ha per la loro vita. Bisogna dunque aiutarli ad entrare in contatto con Gesù. Siete già al lavoro anche per il prossimo anno pastorale? Il lavoro ci vede già impegnati nello studio di nuove e diverse esperienze dedicate anche ai ragazzi più grandi, che concludono il loro percorso delle scuole secondarie di primo e secondo grado, soprattutto nel difficile momento dell'adolescenza e si affacciano al mondo giovanile, di fronte alle scelte di vita sempre più importanti da affrontare. In questi salti di maturità la nostra proposta dunque è proprio quella di una riflessione vocazionale, con dei progetti già provati in fase sperimentale durante lo scorso anno pastorale, come i ritiri spirituali vocazionali per i ragazzi delle scuole medie e gli incontri di testimonianza vocazionale per i ragazzi delle scuole superiori.

raggiunto i propri obiettivi. Obiettivi che sono stati chiaramente indicati nell’Annuario e nella programmazione delle attività annuali: favorire una maggiore apertura del seminario alla città, un radicamento nel territorio, la conoscenza e la condivisione dei cammini formativi, il dialogo e il confronto su tematiche riguardanti la Chiesa e la cultura contemporanea”. La cerimonia di chiusura dell’anno seminaristico ha consentito di presentare i lavori di sintesi dei laboratori degli itinerari formativi svolti durante l’anno, e di partecipare alla rappresentazione teatrale “Storia di un soldato”, diretta da don Salvatore Fois e dal maestro Gianluca Medas. Alla rappresentazione teatrale ha fatto seguito la presentazione della nuova edizione del sito web del Seminario, rea-

lizzato con la supervisione di don Riccardo Pinna. Nelle diverse attività i seminaristi hanno dato prova delle abilità acquisite nel corso dell’anno. Infatti, i giovani che si preparano per ricevere l’ordinazione sacerdotale, oltre alla formazione accademica impartita dalla Facoltà Teologica, nel Seminario regionale completano la propria formazione umana, culturale, spirituale e pastorale partecipando alle attività proposte annualmente attraverso i diversi laboratori. Tra questi vi è il laboratorio musicale, quello letterario e teatrale, quello linguistico e quello liturgico-iconologico. Inoltre, gli stessi seminaristi nel corso dell’anno formativo sono stati impegnati in diversi gruppi d’interesse come quello che si occupa della redazione del periodico L’Eco del Regionale.

Don Davide Curreli: “Partiamo dai ragazzi affinchè possano scoprire il progetto di felicità che Dio ha per loro” FABIO FIGUS

E

di vacanza, ma anche di crescita umana e spirituale. Questo l'intento principale dei responsabili dell'ufficio diocesano per la pastorale vocazionale che dal 9 al 12 luglio per i bambini delle scuole primarie, e dal 14 al 17 luglio per i ragazzi delle secondarie di primo grado, organizzano a Villaputzu il campo scuola diocesano per i ministranti. Don Davide Curreli, nominato pochi giorni fa dall'Arcivescovo vice rettore del Seminario arcivescovile e vice direttore dell'ufficio per la pastorale vocazionale, già durante lo scorso anno ha collaborato nella realizzazione di diverse attività proposte ai ministranti. Quali sono state le principali attività dell'ufficio diocesano per le vocazioni rivolte ai ministranti? Il principale impegno per i tanti ragazzi che offrono il proprio servizio STATE TEMPO

nelle diverse comunità parrocchiali, è stato nello scorso mese di aprile, la Giornata diocesana dei ministranti. Agli incontri di Cagliari e di Senorbì, erano circa trecento e considerando l'entusiasta risposta di parroci, educatori e degli stessi ministranti, abbiamo pensato di organizzare per loro anche i campiscuola estivi. Chi vi parteciperà? Visto l'elevato numero, abbiamo richiesto ad ogni parrocchia la partecipazione di massimo due rappresentanti, tenendo conto ovviamente di situazioni dove il gruppo dei ministranti è molto numeroso. Quale tema sarà sviluppato in questi giorni? Per dare continuità con il lavoro svolto finora, si riprende il tema delle giornate diocesane suggeri-

La conclusione dell’anno al Seminario Regionale

IL PORTICO

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brevi POZZO DI SICHAR

A luglio gli esercizi spirituali L’Opera Esercizi Spirituali di Cagliari ha organizzato nel mese di luglio, nella Casa di Esercizi Spirituali “Pozzo di Sichar” una serie di Esercizi spirituali. Da domenica 6 a domenica 13 padre Gabriele Semino s.j. terrà un corso di su "Credo in Dio e negli uomini" l'esperienza della fede accompagnati da Etty Hillesum. Da domenica 13 a domenica 20 padre Graziano Calci s.j. terrà un corso di su "Sono stato crocifisso con Cristo" (Gal 2, 20) - Evangelizzare i propri dolori e da lunedì 21 a domenica 27 padre Carlo Manunza s.j. terrà un corso di su "Le parole di Dio crescono con chi legge" (S. Gregorio, omelie su Ezechiele, VII, 8) Per informazioni e adesioni contattare il numero 070/650880. 29 GIUGNO

55° anniversario per mons. Meledina Monsignor Pietro Meledina, classe 1931, parroco emerito della Parrocchia Santa Lucia di Cagliari, domenica scorsa ha festeggiato il 55° anniversario di ordinazione sacerdotale. A concelebrare l’Eucaristia insieme a lui erano presenti monsignor Antonio Vacca, vescovo emerito di Alghero-Bosa, e monsignor Franco Puddu, vicario episcopale. Alla celebrazione, che si è tenuta nella cappella dell’Immacolata dell’Asilo Dessì di Quartu sant’Elena, dove cinquantacinque anni fa monsignor Meledina ha celebrato la sua prima messa, hanno partecipato numerosi amici, parenti ed ex parrocchiani.

Mons. Miglio ha presieduto la Messa di chiusura F. C.

C

ON UNA SOLENNE concelebrazione eucaristica sabato scorso si è chiuso ufficialmente l’anno seminaristico 2013-2014 del Pontificio Seminario Regionale Sardo. Alla celebrazione, presieduta da monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente della Conferenza Episcopale Sarda, hanno partecipato insieme ai quarantotto seminaristi provenienti dalle dieci diocesi sarde, all’équipe formativa e alle figure complementari, anche i familiari degli alunni impegnati nel percorso di preparazione al sacerdozio. La giornata era stata preceduta da un altro appuntamento importante: la celebrazione della festa del Sacro Cuore, patrono del seminario. Nell’occasione c’è stato l’incontro con la città di Cagliari e con il territorio della parrocchia Sant’Eusebio, in attuazione del progetto “Dal seminario al Quartiere, dal Quartiere al Seminario”,

condiviso con il parroco don Giuseppe Cadoni. Alla celebrazione, presieduta dal rettore monsignor Gian Franco Saba, ha fatto seguito una breve processione eucaristica fino alla parrocchia Sant’Eusebio e, successivamente, il rientro in seminario. La serata è poi proseguita non solo per i seminaristi per anche per numerosi parrocchiani nel chiostro del seminario con il momento di festa “Estate in Musica”. Particolarmente significativa è stata anche la presenza alle celebrazioni di una folta delegazione della sezione Unitalsi di Cagliari e dei rappresentanti delle istituzioni civili e militari. “La partecipazione alla cerimonia di chiusura e all’incontro del Seminario con il quartiere e la parrocchia Sant’Eusebio, di rappresentanti delle istituzioni civili e militari e di tante persone che, a diverso titolo, costituiscono gli ‘Amici del Seminario’ - ha detto monsignor Gian Franco Saba - credo ci possa permettere di dire che il progetto ‘Agorà del seminario’ abbia

DAL 28 LUGLIO AL 4 AGOSTO

Il “Cammino di Compostela” Un “Camino a Santiago” per giovani italiani under 35 è stato organizzato dal 28 Luglio al 4 Agosto. È possibile trovare informazioni sul tipo di esperienza che viene proposta da Guanelliani, padri e suore, per tentare di ri-dare al Cammino la sua direzione originaria sul sito www.guanellianisantiago.it.


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IL PORTICO DELL’ANIMA

IL PORTICO

brevi 5 LUGLIO

60° di ordinazione per mons. Tarcisio Pillolla Sabato 5 luglio ricorrono i 60 anni dall’ordinazione sacerdotale di mons. Tarcisio Pillolla, vescovo emerito di Iglesias, e già ausiliare di Cagliari. La messa solenne è prevista alle 19 nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Cagliari, comunità nella quale il presule spesso è presente per le celebrazioni.

IL 9 LUGLIO

A Cagliari prima veglia “Le Sentinelle in Piedi” Prima veglia a Cagliari, mercoledì 9 luglio 2014, dalle 20 alle 21, presso il Bastione Saint Remy, per le “Sentinelle in Piedi”. Per partecipare è necessario portare semplicemente un libro da leggere in piedi, in silenzio. Le sentinelle in piedi sono una realtà apartitica e aconfessionale, in piazza vegliano donne, uomini, operai e avvocati, insegnanti e genitori, bambini e anziani, cattolici, musulmani non credenti, e anche persone che si sono apertamente presentati come gay. Questo perché la libertà di espressione non conosce colore politico, o bandiera associativa, o religione, non conosce nemmeno inclinazione sessuale. Maggior informazioni su www.facebook.com/sentinelleinpiedicagliari. DOMENICANI

Quarta settimana delle Famiglie Dal 1 al 5 agosto il Movimento Domenicano delle Famiglie ha organizzato la Quarta settimana domenicana delle Famiglie nei locali del Convento di Cagliari. Il tema sarà “La carne come cardine della storia della salvezza”. Il programma prevede venerdì 1 agosto alle 10.30 la relazione di sr. Therese Boillat, op, sul tema “San Domenico e la sfida dei catari: dualismo o unità di spirito e corpo”. Sabato 2 agosto alle 18 i coniugi Ilaria Delicati e Francesco Maiorca parleranno del tema “Dall’attrazione erotica al compimento dell’eros: l’agape”. Domenica 3 agosto alle 10.30 i coniugi Sonia Cannas e Stefano Galletta proporranno il tema “Uno sposo e un padre in carne e ossa”. Lunedì 4 agosto alle 10.30 Luisa Mura e Stefano Fadda interverranno sul tema “Amare nella libertà: etica del corpo”. Infine martedì 5 agosto padre Christian Steiner proporrà il tema “Confusione dei ruoli familiari o centralità coniugale?”. Per informazioni ed iscrizioni famiglieop@gmail.com, oppure 3337468785.

In memoria/1. Don Nino Tolu.

DOMENICA 6 LUGLIO 2014

In memoria/2. Padre Giulio Baldus.

Una vita donata Un missionario al servizio di Dio vicino ai poveri

sari padre Giulio Baldus, frate cappuccino, aveva festeggiato lo scorso anno i 60 anni di messa a Sanluri. Nato a Samatzai nel 1929 aveva sentito la chiamata fin da giovane entrando nel 1940 al Seminario serafico di Cagliari ad Oristano. Dopo due anni però la guerra costringe il giovane Giulio a partire a Sassari, con successivo trasferimento nella Penisola, dove nel 1950 fa la professione solenne. Tre anni dopo a Sassari viene ordinato sacerdote. Da quel momento e fino al 1972 presterà servizio nei conventi di Cagliari, Oristano e Sanluri, diventando anche Direttore di “Voce Serafica”, la rivista dei cappuccini, che dirigerà per ben

14 anni. Il 1972 segna un cambio nella sua vita. La partenza per la missione, in particolare in Zaire, dove presterà il suo servizio per tre anni prima di ritornare in Sardegna. A Sassari sarà impegnato come parroco, per poi diventare guardiano del convento. Ma la missione è però entrata nel suo animo. Così lascia nuovamente la Sardegna per andare in Colombia prima e alle Seychelles poi, da dove rientrerà solo nel 1992, per i conventi di Sassari, Sorso e dal 2004 Sanluri. Amante della lettura, scrittore, con l’hobby della pittura, padre Giulio aveva un forte senso della giustizia, tanto da aver combattuto nel corso della sua vita a favore dei più deboli e degli indifesi, anche costo di mettere a repentaglio la sua vita. In occasione del suo 60° di ordinazione presbiterale nel ricordino donato ai presenti scriveva: “Mi piacerebbe che questo “cartoncino” venisse letto ai presenti durante il rito del mio funerale, sempre che il Superiore lo ritenga opportuno. In ogni caso A Deus Gratias e “a si bii totus impari in sa santa Gloria”. Padre Giulio Baldus è tornato alla casa del padre lo scorso 26 giugno ed ora il suo corpo riposa a Samatzai, il paese natale. In molti ricordano la sua disponibilità al dialogo e la grande cultura.

Paolo VI, il 24 ottobre 1964 proclamo' S. Benedetto Patrono d’Europa. Dinanzi a questa figura del padre del monachesimo il nostro pensiero va anche al Papa Emerito Benedetto XVI , più volte ne espresse la gioia di portare nel suo pontificato il nome di San Benedetto. [...] “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un perio-

do travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande “Patriarca del monachesimo occidentale”, san Benedetto da Norcia, compatrono d’Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell’Ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il Continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d’origine; costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà” […]. La sua memoria, a causa della Quaresima, è stata trasferita dalla data tradizionale del 21 marzo, ritenuto il giorno della sua morte, all'11 luglio, giorno in cui fin dall'alto Medioevo in alcuni luoghi si faceva un particolare ricordo del santo.

MONS. GIANNI SPIGA ATO A DOLIANOVA il 20 novembre 1940, ordinato sacerdote il 4 luglio 1965. Ha incominciato e concluso la sua attività pastorale nella parrocchia di origine: san Pantaleo in Dolianova. Forse la presenza del Seminario Minore ha contribuito a prendere sul serio la chiamata di Gesù: “Vieni e seguimi”. Don Nino ha offerto la sua disponibilità alla sequela andando con gioia nelle diverse parrocchie alle quali era stato inviato: Sisini, Soleminis, Donori, Sant’Andrea Frius, Maracalagonis e Ussana. Il suo apostolato è stato caratterizzato da uno stato precario di salute, ma finché ha potuto ha continuato con entusiasmo il suo ministero. Sappiamo che è il Signore per primo a condividere con noi la sofferenza, invitandoci nello stesso tempo a unire questa sofferenza alla sua, rendendola strumento di salvezza personale e comunitario. Don Nino è vissuto così, specialmente gli ultimi sei anni della sua vita, costretto per di più a vivere fuori dalla sua famiglia per essere ricoverato in una struttura di Sinnai (Villa Giovanna) per avere più assistenza. Non è rimasto solo: i sacerdoti di Sinnai e poi don Efisio Spettu, don Gianni Spiga e don Paolo Sanna andavamo spesso a trovarlo per condividere

N

l’amicizia sacerdotale e scambiare qualche parola. Gli ultimi giorni sono stati davvero un calvario: ricoverato d’urgenza prima al SS. Trinità e poi alla Clinica Lay ha condiviso in modo particolare con gli altri sofferenti la sua sofferenza. L’abbiamo incontrato il giorno prima della sua dipartita, abbiamo pregato insieme, ci è sembrato presente alla preghiera in quanto ha aperto gli occhi e muoveva anche le labbra. Ha ricevuto con fede l’assoluzione in articulo mortis e prima di andar via ho tracciato sulla sua persona il segno di croce. “Vieni e seguimi” è stata l’ultima chiamata del Signore. “Oggi sei con me nella Casa del Padre”: questo speriamo e crediamo per don Nino. Caro confratello, riposa in pace e prega per la nostra Chiesa cagliaritana.

I. P.

O

RDINATO NEL 1953 a Sas-

STORIE DI SANTI

S. Benedetto da Norcia di ANDREA AGOSTINO

S

BENEDETTO da Norcia, è fondatore del monachesimo occidentale, S. Gregorio Magno, scrisse di san Benedetto:“L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina”.La nascita di san Benedetto viene datata intorno all’anno 480. Proveniva, così dice san Gregorio, dalla“ex provincia Nursiae” – dalla regione della Nursia. I suoi genitori benestanti lo mandarono per la sua formazione negli studi a Roma. Dopo la conclusione dei suoi studi, Benedetto lasciò Roma e si ritirò nella solitudine dei monti ad est di Roma,dove per un certo periodo si associò ad una “comunità religiosa” di monaci, si fece eremita nella non lontana Subiaco. Lì visse per tre anni completamente solo in una grotta AN

che, a partire dall’Alto Medioevo, costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”. Nell’anno 529 Benedetto lasciò Subiaco per stabilirsi a Montecassino. Secondo Gregorio Magno, l’esodo dalla remota valle dell’Anio verso il Monte Cassio - un’altura che, dominando la vasta pianura circostante, è visibile da lontano - riveste un carattere simbolico: la vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita. Di fatto, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondata un patrimonio che ha portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo.


DOMENICA 6 LUGLIO 2014

IL PORTICO DELL’ANIMA

Pastorale. Una riflessione di mons. Antonio Porcu sulla figura del prete nel nostro tempo.

Essere presbiteri oggi per servire il cammino di fede del popolo di Dio MONS. ANTONIO PORCU

Q

uella che segue è una proposta di riflessione sui temi ecclesiali per suscitare un dibattito seguendo le sollecitazioni di Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, in particolare nei numeri 111-12 e 127-129, e della lettera pastorale di Mons. Miglio per il 2013-2014,“Sulla via di Emmaus”. Come ogni anno il Giovedì Santo abbiamo celebrato la Messa Crismale. Noi sacerdoti, partendo dalla chiesa di Santa Lucia in via Martini, siamo giunti in processione fino alla Cattedrale. Siamo stati accolti da un folto gruppo di ragazzi cresimandi, una rappresentanza delle religiose e diversi fedeli. Durante la processione iniziale l’assemblea cantava “Popolo regale, assemblea santa …”. Nel mentre io pensavo: il canto “popolo sacerdotale” e la successiva benedizione degli Oli santi, dovrebbero esprimere la gioia della comunità diocesana riunita in assemblea per celebrare la sua festa, quella del popolo di Dio. Anche l’Arcivescovo, all’omelia, faceva riferimento a Numeri 11, 25-30 e riportava la dichiarazione di Mosè in risposta a Giosuè -che gli chiedeva: ”Signore mio impedisci a Eldad e Medab di profetare”-, “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo e volesse il Signore dare loro il suo spirito”. Mons. Miglio si augurava che tutti i cristiani, sentendosi popolo di Dio, esercitassero il dono della profezia. Il Giovedì Santo dovrebbe essere rappresentata l’intera comunità diocesana esprimendo così il sacerdozio comune di tutti i fedeli. Nella mentalità collettiva dei fedeli invece il Giovedì Santo è la festa dell’Eucaristia e dei sacerdoti. Essi, infatti, con la formula del rito, rinnovano l’impegno di servire la Chiesa ricordando la propria donazione. Anche il gesto “della lavanda dei piedi” la sera alla Messa in Coena Domini, dovrebbe essere il gesto del servizio di ogni cristiano. Tutti infatti, siamo parte del Corpo mistico di Gesù Cristo, tutti siamo al servizio dei fratelli, consacrando la nostra vita al servizio del popolo di Dio. C’è coerenza tra il gesto del rito e il comportamento del clero verso la comunità cristiana? A parole diciamo di essere al servizio della comunità. Pur riempendoci la bocca della parola “servizio” questo, spesso, viene esercitato come potere. Il clero, nella realtà, spesso non è quello che serve ma quello che viene servito. Già nel XII secolo un canonista, Graziano, affermava che i cristiani si dividono in due categorie: i chierici e i laici. Ai chierici è riservata la santità, mentre ai laici poteva bastare lo stretto necessario per la salvezza dell’anima. Un tempo si utilizzava spesso l’espressione Chiesa “docente”,

che svolgeva la sua funzione attiva nell’istituzione ecclesiale, e Chiesa “discente”, composta dai fedeli, che avevano in rapporto alla gerarchica un ruolo subordinato e passivo. La Chiesa era considerata come una sorta di “piramide”. Al vertice il clero, mentre alla base stavano tutti gli altri. Per difendersi dalla riforma protestante, la Chiesa costruì attorno a sé, come una cittadella, mura e torri. Si cercò di rinnovare particolarmente il clero, costituendo i seminari minori e maggiori, con un rigoroso programma di studi per formare sacerdoti adatti ai nuovi tempi. Fu fatto obbligo ai vescovi e ai parroci della residenza e la recita del Breviario. L’organizzazione del sacro venne istituzionalizzata. Era necessario serrare le fila dell’ortodossia e guidare i laici secondo i dettami della gerarchia. Le parrocchie si esprimevano attraverso l’organizzazione del sacro. Non c’era bisogno dell’annuncio vero e proprio, dato che tutti erano cristiani. La pastorale non faceva altro che consolidare l’esistente. Alla fine dell’800 con la fondazione dell’Azione Cattolica (1867), che si ispirava al al suo motto “Preghiera, azione e sacrificio”, e dell’Opera dei Congressi (1872), cominciarono cambiare i vari ruoli nella Chiesa. La progressiva partecipazione dei laici alla vita ecclesiale sfociò poi nel Concilio Vaticano II, che fece cadere le mura e le torri della sua “cittadella”, rinnovando la vita comunitaria. Si cercò di riorganizzare la Chiesa con spirito della comunione e della corresponsabilità. Già con Pio XII si disse che la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo, di cui Gesù è il capo e tutti i cristiani le membra. Tutta la Chiesa è popolo sacerdotale con i suoi vari compiti e ministeri. Nel dopo Concilio i laici entraro-

no a pieno diritto nelle strutture ecclesiali. La Chiesa conobbe un grande risveglio, ma visse anche molte situazioni problematiche. Il Diritto canonico fa obbligo alle diocesi e alle parrocchie di costituire il Consiglio per gli Affari Economici e raccomanda la costituzione del Consiglio Pastorale. In questo modo i laici sono considerati non solo dei semplici esecutori e neanche dei collaboratori, ma corresponsabili della vita parrocchiale. Nell’epoca postconciliare l’idillio durò poco. Alcuni cercarono di portare in avanti le riforme oltre i desiderata del Concilio, e altri non accettarono nessun cambiamento. Dopo il boom iniziale, i due consigli persero della loro importanza. Ora i due consigli parrocchiali o non sono presenti nelle parrocchie oppure lo sono soltanto sulla carta. Ora, come contrapposizione, molti fedeli e sacerdoti si sono rifugiati nell’ansia del ritorno al passato. Anche tra i sacerdoti, addirittura giovani, molti sentono il richiamo del passato e non accettano le disposizioni pastorali del Concilio. Il devozionismo è la prassi di molti fedeli, alimentato talvolta dall’atteggiamento dei sacerdoti. Nella comunità accade che al vertice c’è il parroco e tutti gli altri sono alle sue dipendenze. Il parroco gestisce il sacro e i fedeli ne sono gli esecutori. Per essere ammesso al seminario, dovetti rispondere a una domanda: “Perché ti vuoi fare prete?”. Scrissi: “Perché il prete celebra la messa e perché tutti si levano il cappello quando passa”. Nella mia ingenuità e senza rendermene conto, fotografavo la vita parrocchiale del tempo. Infatti i personaggi riveriti erano il sindaco, il medico, il farmacista, il maresciallo dei carabinieri e il parroco. Ad una omelia dissi: “A che cosa servono i fedeli nelle parrocchie?

Ad aprire e chiudere la chiesa, fare le pulizie, tenere in ordine gli arredi sacri, fare la questua alla messa, fare il catechismo ai bambini, copiare i registri dei sacramenti e accompagnare il parroco in città a fare le compere”. Al termine della Messa, il sacerdote che nel mentre confessava, mi disse: «Mentre tu parlavi, un giovane ha bussato alla porticina del confessionale e mi ha detto: “Lo sa che anch’io sono d’accordo con quello che sta dicendo il prete?”». Tanti anni fa mi recai nella Parrocchia della Medaglia Miracolosa per parlare con il parroco, il Padre Abbo. Era in riunione con i sacerdoti collaboratori. Rivolgendosi a me disse: «I miei confratelli non vogliono programmare la vita parrocchiale con i laici. Dicono che è solo una perdita di tempo. Tra noi facciamo più in fretta». Ancora oggi si naviga a vista. I fedeli non hanno voce in capitolo. Quasi in nessuna parrocchia, per esempio, si rende conto alla comunità dell’amministrazione economica. Un tempo c'era però una fortissima coesione spirituale e il sacerdote che veniva mandato in una parrocchia conosceva molto bene il suo compito. L’Azione Cattolica coinvolgeva tutti dai fanciulli fino agli adulti. I laici cattolici che hanno ricostruito l’Italia nel dopo guerra si sono formati in questa associazione. Il seminario educava a seguire un cammino collaudato e valido per animare la vita delle parrocchie. Ora invece si esce dal seminario senza un riferimento particolare e si va verso una società sgranata e spesso non solidale. Ci sono sacerdoti che seguono un movimento o qualche altra realtà associata, altri, in particolare i giovani, fanno riferimento ad agenzie formative, purtroppo non evidenziabili; e guardano al “trapassato”. Ecco il punto: il sacerdote, innanzitutto, è “con” i fedeli prima di essere “per” loro. L’essere “con” gli altri li accomuna a tutti i membri del Corpo mistico di cui Gesù ne è il capo. Scopriamo di dover essere comunità o di doverla costruire assieme. Il Battesimo ci ha fatto diventare tutti sacerdoti, re e profeti. Siamo diventati tutti membri del popolo sacerdotale, gente santa. Tutti siamo chiamati a essere santi come Dio è santo. La partecipazione al Corpo di Cristo ci rende annunciatori del Vangelo, sempre impegnati ad esercitare la regalità con il servizio vicendevole. All’interno della comunità dei battezzati Dio chiama però alcuni e li consacra sacerdoti, attraverso il ministero del Vescovo, per amministrare i sacramenti, annunciare la Parola di Dio ed essere guide e accompagnatori della comunità nel cammino verso la santità. I sacerdoti sono chiamati a guidare la comunità, in comunione con il proprio Vescovo, scoprendo e valorizzando il carisma dei fedeli a loro affidati e testimoniando insieme la presenza di Dio.

IL PORTICO

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detto tra noi Riconoscere i peccati e chiedere perdono di D. TORE RUGGIU

“Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e raggiungano la conoscenza della verità”, ci ricorda S. Paolo “per la nostra letizia e nostra gioia”. Qualcuno ha, però, precisato che le porte del paradiso sono sempre spalancate, ma vi entra solo chi vuole entrarci. È quanto, in altre parole, ha dello S. Agostino: “quel Dio che ti ha creato senza di te, non ti salva senza il tuo contributo u il tuo assenso”. Dunque, riconoscere i propri peccati e chiedere umilmente perdono è condizione senza la quale non possiamo ricevere il dono della misericordia di Dio. Qualche volta ci siamo chiesti, analizzando le conversioni narrate dai Vangeli: che sarebbe successo al figlio prodigo se non fosse tornato alla casa del padre? Come sarebbe stata la vita di Zaccheo se non avesse accolto Gesù nella sua casa? E dove sarebbe il buon ladrone se non avesse chiesto a Gesù: “ricordati di me quando sarai nel tuo regno”?. La risposta è ovvia: non è la stessa cosa riconoscere i peccati e chiedere perdono o il contrario. Forse per una errata concezione che, siccome Dio è buono, tutti andremo in paradiso, qualcuno ha preso le cose alla leggera, dimenticando i molteplici passi biblici in cui il Signore ci invita a ritornare a Lui con il cuore pentito. La chiesa, nella sua saggezza, ci fa iniziare tutte le azioni liturgiche con l'atto penitenziale.... “per essere degni di celebrare i Santi Misteri”. Quante responsabilità ha soprattutto il sacerdote che dovesse presiedere la celebrazione con il peccato nell'anima. E così i fedeli. Ai consacrati, ci avverte Gesù, verrà chiesto molto di più. Non nascondiamoci mai dietro a un dito, giustificando i tanti peccati gravi che commettiamo a cuor leggero, come parlare male degli altri (perfino odiarli), tramare e remare contro per invidia, gelosia e accidenti vari. Lo Spirito distribuisce carismi e ministeri, diversi, ma “per l'utilità di tutti”. Per cui nessuno può misconoscere l'opera che lo Spirito compie nel cuore del fratello o della sorella. Le beghe, i tranelli e le malefatte contro gli altri, soprattutto tra noi discepoli del Signore, devono essere bandite per lasciare spazio alla gioia per quanto Dio opera di buono negli altri.... “gareggiamo perciò nello stimarci a vicenda”, come ci avverte S. Paolo. Può un cristiano, ancorchè ministro di Cristo di qualsiasi grado gerarchico partecipare alle celebrazioni con il cuore pieno di odio contro il fratello? Gesù, quasi infastidito, ci dice: “lascia lì la tua offerta e vai prima a riconciliarti”. Per favore, chiunque legge (o, per me, scrive) queste parole, esamini bene la propria coscienza perchè se non ci convertiremo “non entreremo in paradiso”. Tramare alle spalle, poi, è un atto di inqualificabile vigliaccheria. Potremo perfino azzardare di affermare che quando uno cade in questo tranello, non è degno neppure di dirsi uomo....altro che cristiano o consacrato! L'argomento è talmente serio che se lo snobbiamo, rischiamo la condanna eterna. Riflettiamo finchè c'è tempo.


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IL PORTICO DI PAPA FRANCESCO

IL PORTICO

Il Santo Padre. La seconda parte del Discorso al Convegno pastorale di Roma.

“Diventiamo audaci per scoprire nuoveviediannunciodelVangelo” a sfida grande della Chiesa oggi è diventare madre: madre! Non una Ong ben organizzata, con tanti piani pastorali … Ne abbiamo bisogno, certo … Ma quello non è l’essenziale, quello è un aiuto. A che cosa? Alla maternità della Chiesa. Se la Chiesa non è madre, è brutto dire che diventa una zitella, ma diventa una zitella! È così: non è feconda. Non solo fa figli la Chiesa, la sua identità è fare figli, cioè evangelizzare, come dice Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi. L’identità della Chiesa è questa: evangelizzare, cioè fare figli. […] Ma per questo la Chiesa deve fare qualcosa, deve cambiare, deve convertirsi per diventare madre. Deve essere feconda! La fecondità è la grazia che noi oggi dobbiamo chiedere allo Spirito Santo, perché possiamo andare avanti nella nostra conversione pastorale e missionaria. Non si tratta, non è questione di andare a cercare proseliti, no, no! Andare a suonare al citofono: "Lei vuol venire a questa associazione che si chiama Chiesa cattolica?...". Bisogna fare la scheda, un socio di più … La Chiesa - ci ha detto Benedetto XVI - non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per attrazione materna, per questo offrire maternità; cresce per tenerezza, per la maternità, per la testimonianza che genera sempre più figli. È un po’ invecchiata la nostra Madre Chiesa… Non dobbiamo parlare della "nonna" Chiesa, ma è un po’ invecchia-

L

ta…. Dobbiamo ringiovanirla! Dobbiamo ringiovanirla, ma non portandola dal medico che fa la cosmetica, no! Questo non è il vero ringiovanimento della Chiesa, questo non va. La Chiesa diventa più giovane quando è capace di generare più figli; diventa più giovane quanto più diventa madre. Questa è la nostra madre, la Chiesa; e il nostro amore di figli. Essere nella Chiesa è essere a casa, con mamma; a casa di mamma. Questa è la grandezza della rivelazione. L’individualismo ci porta alla fuga dalla vita comunitaria, e questo fa invecchiare la Chiesa. Andiamo a visitare un’istituzione che non è più madre, ci dà una certa identità, come la squadra di calcio: "Sono di questa squadra, sono tifoso della cattolica!". E questo avviene quando c’è la fuga dalla vita comunitaria, la fuga dalla famiglia. Dobbiamo recuperare la memoria, la memoria della Chie-

INDUSTRIA GRAFICA

sa che è popolo di Dio. A noi oggi manca il senso della storia. Abbiamo paura del tempo: niente tempo, niente percorsi, niente, niente! Tutto adesso! Siamo nel regno del presente, della situazione. Soltanto questo spazio, questo spazio, questo spazio, e niente tempo. Anche nella comunicazione: luci, il momento, telefonino, il messaggio… Il linguaggio più abbreviato, più ridotto. Tutto si fa di fretta, perché siamo schiavi della situazione. Recuperare la memoria nella pazienza di Dio, che non ha avuto fretta nella sua storia di salvezza, che ci ha accompagnato lungo la storia, che ha preferito la storia lunga per noi, di tanti anni, camminando con noi […] Dobbiamo avere il cuore di Gesù, il quale «vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Vedendo le folle, ne sentì compassione. A me piace sognare una Chiesa che viva la compassione

LOURDES

di Gesù. Compassione è "patire con", sentire quello che sentono gli altri, accompagnare nei sentimenti. E’ la Chiesa madre, come una madre che carezza i suoi figli con la compassione. Una Chiesa che abbia un cuore senza confini, ma non solo il cuore: anche lo sguardo, la dolcezza dello sguardo di Gesù, che spesso è molto più eloquente di tante parole. Le persone si aspettano di trovare in noi lo sguardo di Gesù, a volte senza nemmeno saperlo, quello sguardo sereno, felice che entra nel cuore. Ma — come hanno detto i vostri rappresentanti – deve essere tutta la parrocchia ad essere una comunità accogliente, non solo i sacerdoti e i catechisti. Tutta la parrocchia! Accogliere… Dobbiamo ripensare quanto le nostre parrocchie sono accoglienti, se gli orari delle attività favoriscono la partecipazione dei giovani, se siamo capaci di parlare i loro linguaggi, di cogliere anche negli altri ambienti (come ad esempio nello sport, nelle nuove tecnologie) le possibilità per annunciare il Vangelo. Diventiamo audaci nell’esplorare nuove modalità con cui le nostre comunità siano delle case dove la porta è sempre aperta. La porta aperta! Ma è importante che all’accoglienza segua una chiara proposta di fede; una proposta di fede tante volte non esplicita, ma con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si chiama Chiesa, in questa istituzione che si chiama parrocchia si respira un’aria di fede, perché si crede nel Signore Gesù. 16 giugno 2014

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