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DOMENICA 3 AGOSTO 2014 A N N O X I N . 31
SETTIMANALE DIOCESANO
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CAGLIARI
Siamo tutti “nazareni” ROBERTO PIREDDA
S
iamo tutti nazareni”. Questo messaggio che giunge nel cuore dell’estate, viene a disturbarci e metterci in crisi. Nel bel mezzo di un mondo occidentale chiuso in se stesso - perciò in piena crisi, non solo economica, ma, in primo luogo, di senso - ci porta in una terra non troppo lontana dalla nostra, dove si rischia la vita per il solo fatto di essere cristiani. Proprio nei giorni in cui si registra la positiva soluzione del caso di Meriam, incarcerata in Sudan perché si rifiutava di rinnegare la sua fede cristiana, ci arrivano le notizie provenienti dall’Iraq. Una terra dove i cristiani sono presenti da quasi duemila anni (perciò prima dell'Islam) e dalla quale oggi devono scappare, dopo aver ricevuto il marchio della “N” che sta ad indicare “nazarat”, “nazareno”, seguace di Cristo. Questo marchio viene segnato nelle case dei cristiani di Mossul in modo tale da renderle immediatamente riconoscibili. Cosa accade in Iraq? I miliziani jihaidisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) hanno proclamato il Califfato islamico e da quando controllano Mossul, che è la seconda città dello stato iracheno, hanno messo i cristiani con le spalle al muro: per poter rimanere nelle loro case si devono convertire all’Islam oppure pagare la jizya, che è la tassa di protezione, altissima e quindi praticamente impossibile da versare. Le case abbandonate dai cristiani vengono requisite dai sunniti che appoggiano la linea del Califfato islamico. Le
chiese e i monasteri, un patrimonio di fede e cultura preziosissimo, vengono distrutti. Il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako in una lettera aperta diffusa nei giorni scorsi, ha affermato che quanto sta accadendo «offende la coesistenza con diverse religioni e diversi popoli, d'Oriente e d'Occidente, vissuta nel rispetto reciproco del credo religioso e in fraternità». È una vergogna - ricorda sempre Sako – «che ora i cristiani vengano rigettati, espulsi e limitati nella loro vita. È ovvio che questo fenomeno avrà conseguenze disastrose nel concetto stesso di coesistenza fra la maggioranza e le minoranze, e persino fra gli stessi musulmani, nel breve e nel lungo periodo. L'Iraq è sull'orlo di un disastro umanitario, culturale e storico». Il Patriarca si è rivolto poi direttamente al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Kimoon. Il Consiglio di sicurezza «non può rimanere fermo ed essere un semplice osservatore delle continue atrocità commesse contro i cristiani»; è più che mai urgente «fare pressione su tutti affinché vengano rispettati i diritti umani». Il nuovo governo, una volta insediato, «dovrebbe impegnarsi nella protezione delle minoranze e nella lotta all'estremismo». L’Occidente, spesso troppo preoccupato a oscurare qualsiasi segno e messaggio cristiano, perché giudicato “oppressivo”, dovrebbe saper guardare in faccia la realtà delle cose e ricordarsi anche dei tanti cristiani perseguitati in varie parti del mondo. Un segnale di speranza è dato negli ultimi giorni dall’elezione a presidente della Repub-
blica di Fuad Massum. Il nuovo Capo dello stato è considerato in buoni rapporti sia con gli sciiti che i sunniti: questo potrebbe creare le premesse per la formazione di un nuovo governo che dia maggiore stabilità al Paese. La Croce di Cristo continua a rappresentare ancora un segno di contraddizione e la testimonianza pacifica e fraterna delle piccole comunità cristiane sparse in terra araba non cessa d’incontrare opposizione e rifiuto. Mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei Caldei a Baghdad , raccontando gli avvenimenti di questi giorni, collega con forza il disagio di quel popolo a Cristo che, proprio dalla Croce, salva l’uomo: «Siamo tutti in ansia e cerchiamo di attaccarci alla speranza. Ogni giorno fronteggiamo qualcosa di impensabile il giorno prima, ma questo è il momento presente. Non sappiamo se sarà mai possibile sedersi a un tavolo e se avremo una risposta e se saranno soddisfatti di questo perché questi estremisti hanno le loro convinzioni. Ma il Signore ci aiuta. Noi urliamo sempre: Dio nostro, Dio nostro non ci abbandonare». In questo passaggio doloroso della storia possono tornare di aiuto le parole di Benedetto XVI, capaci di rendere tutta la forza del paradosso cristiano: «Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori» (24 aprile 2005). La nuova fraternità che si radica sul mistero di amore della Croce di Cristo ci spinge a essere vicini ai fratelli iracheni, perché davvero “siamo tutti nazareni”.
Il Portico va in vacanza. Le pubblicazioni riprenderanno domenica 7 settembre. Il Direttore e tutti i collaboratori augurano ad abbonati e lettori BUONE VACANZE.
SOMMARIO ECONOMIA
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Il Rapporto della Caritas sulle politiche contro la povertà in Italia GIOVANI
6
Un gruppo di ragazzi partono in Africa per un viaggio missionario CAGLIARI
7
Un progetto del Comune per la riqualificazione della spiaggia del Poetto PAPA FRANCESCO
10
Il dialogo del Santo Padre con i sacerdoti durante la visita a Caserta LITURGIA
In Cattedrale si rinnova la festa dell’Assunta
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