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Poste Italiane SpA Spedizione in abb.to postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB Cagliari

SETTIMANALE DIOCESANO

A N N O X I N .41

Attualità

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Giovani

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DI

CAGLIARI

Diocesi

DOMENICA

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9

NOVEMBRE

€ 1.00

2014

Tradizioni

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Una speranza per la realtà dei precari

La Pg diocesana al servizio di tutti i giovani

Due nuovi diaconi in cammino verso il sacerdozio

I nostri paesi ricordano i Santi e i defunti

al 24 al 26 ottobre si è svolto D a Salerno il Convegno

resentato il programma degli P appuntamenti per

l giorno di S. Saturnino Mons. IMiglio ha ordinato Luigi

diversi centri rivivono antiche usanze de I“Isnleanimeddas” e

della Cei

le parrocchie

Castangia e Paolo Ena

“Is panixeddas”

EDITORIALE

Economia. I dati del rapporto sul Mezzogiorno

Le persone prima di tutto di Roberto Piredda a Leopolda e Piazza San Giovanni, Firenze, dove si sono riuniti i renziani, e Roma, che ha ospitato la manifestazione della Cgil, non sono forse mai state così distanti. Da prospettive contrapposte hanno cercato di raccontare un possibile futuro per l’Italia. Per i sostenitori del progetto di Matteo Renzi, a Firenze è andata in scena l’Italia migliore, finalmente libera dalle ideologie, che ne hanno paralizzato la vita e le possibilità di sviluppo. Da San Giovanni invece la kermesse fiorentina appariva come una vetrina di semplice propaganda per il premier e i suoi seguaci, niente di più distante dalla base, dalla gente vera, quella appunto della piazza riempita dalla Cgil. La Leopolda e San Giovanni di fatto non si parlano, se non indirettamente. In gioco, dopo gli scontri delle ultime settimane, rimane però la questione cruciale del lavoro. Senza la pretesa di dire tutto, si possono tentare delle considerazioni di carattere generale. La prima è di natura squisitamente politica. Renzi - le analisi sui flussi elettorali lo confermano – sa che la Cgil non è l’azionista di riferimento del suo Pd. Non ha più la forza di mettere dei veti né nella direzione del partito e né tanto meno nel Paese. Il premier sa poi che se vuole mantenere il Pd a “vocazione maggioritaria”, deve scrollarsi di dosso quelle che considera le ipoteche ideologiche del passato. In questo momento poi il fronte sindacale è profondamente diviso; basta vedere il comportamento di Cisl e Uil sul Jobs act rispetto alla Cgil. A Camusso e Landini, che non sono la stessa cosa, non resta che cercare - le manifestazioni di piazza ne sono un esempio di puntare sullo zoccolo duro identitario. C’è futuro su questa linea? Probabilmente no e forse lo sanno anche loro. Un secondo punto è che il mercato del lavoro può e deve essere riformato. L’Italia non è più quella del 1970. Altri paesi europei, per esempio la Germania, con coraggio sono riusciti a rendere funzionale alla realtà odierna il loro assetto normativo e ne ricavano dei benefici evidenti. In Italia una contrapposizione ideologica feroce non ha mai consentito una riflessione serena su questo campo. Non si possono dimenticare figure di illustri studiosi come Tarantelli, D’Antona e Biagi, che hanno pagato con la vita il solo tentativo di dare un apporto tecnico ai progetti di riforma. Il Governo sostiene di voler guardare all’esempio tedesco della riforma Hartz del 2003. I pilastri di quel progetto - che ha contribuito alla rinascita dell’economia tedesca negli ultimi anni - sono noti: sussidi di disoccupazione universali (se non si accettano le proposte di lavoro le indennità vengono progressivamente decurtate); mini-jobs, reddito di cittadinanza; forte flessibilità nel gestire i contratti a livello locale. Urlare sempre di no a tutto non porta molto lontano. I nostri giovani l’hanno già capito sulla loro pelle e la loro “riforma” del lavoro l’hanno già fatta: ormai guardano all’estero per i loro studi e per la ricerca di un’occupazione. Si può e si deve avere il coraggio di riformare, toccando privilegi e rendite di posizione. Questo riguarda il tema del lavoro sia nel pubblico che nel privato. Che piaccia o no, questo è compito della politica.

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Il futuro dei giovani inizia ora

I dati del rapporto Svimez relativi al 2013 e al primo trimestre del 2014 mostrano come l’80 per cento delle perdite di posti di lavoro in Italia si è concentrata al sud. In Sardegna ne sono stati persi 43 mila e la disoccupazione degli under 24 è arrivata al 54 per cento. Aumenta anche la percentuale di famiglie povere che è giunta al 24,8 per cento. Nell’Isola si registra anche il crollo della natalità: solo 7,2 nascite per 1.000 abitanti. è urgente intervenire con decisione sull’occupazione giovanile. 2

Quartu S. E. 6 Cagliari L’incontro cittadino dei cresimandi

Caritas Il Report su povertà ed esclusione

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L’impegno per la libertà di educazione

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L’ingresso nelle comunità dei nuovi parroci


Attualità

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domenica 9 novembre 2014

La Sardegna e il sud in crisi di futuro I dati del rapporto Svimez mostrano come nel Mezzogiorno crolla la produzione industriale e calano i consumi. Nella nostra Isola la disoccupazione under 24 è giunta al 54% Cosa pensare di un luogo nel quale manca il lavoro, i giovani emigrano e quelli che restano rinunciano a fare figli? Probabilmente che si tratta uno scenario senza futuro, senza speranza, segnato da un avvenire di triste declino. Purtroppo tale è il quadro che l’ultimo rapporto Svimez dipinge delle regioni del meridione d’Italia, tra le quali anche la Sardegna. L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez) è un centro di ricerche specializzato nell’economia del meridione e da anni ci ha abituato a studi in grado di restituire un’istantanea plausibile della situazione, per questo i dati che emergono dal rapporto presentato il 28 ottobre scorso a Roma appaiono particolarmente preoccupanti. Pur trattandosi di un rapporto focalizzato sull’andamento del 2013 lo studio prende in considerazione l’intero arco della crisi dal 2008 al 2013, evidenziando come i consumi delle famiglie meridionali continuino rapidamente a scendere: la loro caduta in questi anni ha sfiorato i 13 punti percentuali, due volte quella registrata nel Centro Nord. Occorre sottolineare che non sono solo i beni voluttuari ad essersi ridotti: il consumo dei beni alimentari è calato del 14,6%, la spesa per vestiario ha registrato un -23,7% e i servizi (tra i quali spese per istruzione e cura della persona) -16,2%, una percentuale tre volte maggiore rispetto al Centro Nord. è lo scenario che conosciamo bene: quello dei negozi che chiudono, delle famiglie che non riescono a fare un pasto con carne o pesce almeno due volte alla settimana, dei giovani che non possono più permettersi di

frequentare l’Università. Gli effetti di questa crisi paiono paragonabili a quelli della Grande Depressione del ’29. Le parole dello Svimez sono durissime, il Sud è a rischio desertificazione umana e industriale, dal 2008 al 2013 il comparto manifatturiero meridionale ha perso più del 20% degli occupati, pari a circa 166mila posti di lavoro, il 27% del proprio prodotto e ha più che dimezzato gli investimenti (-53%). Il rischio di desertificazione evidenziato dal rapporto non è però solo industriale, ma anche e soprattutto umano: per il secondo anno consecutivo i morti sono stati più dei nati, solo nel 1867 (alla fine della III guerra di Indipendenza) e nel 1918 (alla fine della I Guerra Mondiale) si era registrato un fenomeno di questo tipo; nel 2013 il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico, 177mila, il valore più basso mai registrato dal 1861. Questo ci dice che le parole che utilizziamo per descrivere il periodo che stiamo vivendo: crisi economica, recessione, non bastano più! Quando gli effetti sulla vita delle persone sono quelli di una guerra allora occorre trovare nuovi modi per descrivere la situazione, ma soprattutto uno sguardo nuovo per affrontarla. L’altro grande tema del rapporto, e, drammaticamente, della vita di migliaia di persone, è quello della disoccupazione. Tra il secondo trimestre del 2013 e il secondo trimestre del 2014 l’80% delle perdite di posti di lavoro in Italia si è concentrata al Sud. Ai disoccupati “ufficiali” sono da aggiungere quanti, negli ultimi sei mesi, non hanno cercato attivamente lavoro, in questo

modo la percentuale di disoccupazione al Sud passerebbe dal 19,7%, dei dati ufficiali, alla cifra ben più realistica di un 31,5%. Entrando più nel merito spaventa il fatto (già noto, ma qui molto ben focalizzato) che sia in calo soprattutto l’occupazione degli under 34, che ha segnato un -12%, contro il -6,9% del Centro Nord. Le donne ricoprono posizioni lavorative poco qualificate e spesso hanno contratti a breve termine, mentre la carenza di servizi all’infanzia scoraggia contemporaneamente il lavoro femminile e la natalità. Negli anni della crisi le famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà sono più che raddoppiate: da 443mila a 1 milione 14mila e questo ci dice che ormai la famiglia non ha più la forza di rappresentare l’ammortizzatore sociale che da sempre conosciamo, ma è oggi essa stessa luogo di sofferenza e nuove povertà. In Sardegna nel 2013 sono andati perduti 43mila posti di lavoro e la disoccupazione degli under 24 è arrivata al 54%, la percentuale di famiglie povere sul totale delle famiglie è del 24,8%. In un contesto del genere appare evidente come anche l’andamento demografico appaia drammatico: solo 7,2 nascite per 1000 abitanti; famiglie che magari vorrebbero più di un figlio sentono che questa eventualità potrebbe rappresentare un ulteriore elemento di indebolimento della propria condizione socio-economica. Si potrà obiettare che esistono ragioni di tipo culturale, e anche spirituale, per la costante riduzione delle nascite, ma è plausibile pensare

che, in una congiuntura differente, i numeri sarebbero ben diversi perché, oltre alla pesante condizione economica presente, a pesare è un diffuso pessimismo rispetto al futuro. Lo Svimez individua, fortunatamente, anche quattro elementi attorno ai quali costruire dei possibili percorsi di sviluppo: 1 Rigenerazione urbana, ovvero rafforzare le politiche per le città del mezzogiorno. 2 Rilancio delle aree interne, in particolare promuovendo la green economy. 3 Creazione di una rete logistica in ottica mediterranea, con l’obiettivo dell’esportazione, soprattutto via mare, di produzioni di eccellenza. 4 Valorizzazione del patrimonio

culturale, vera chiave dello sviluppo del territorio a patto di creare un’adeguata offerta di strutture per l’accoglienza a sostegno dei musei e beni culturali. Il rapporto offre dunque molti elementi di riflessione, sia nella sua analisi che nelle proposte, e vanno considerati superando lo sconforto che i dati potrebbero generare, per cercare anche in questa situazione drammatica uno sguardo da credenti che consenta di agire, ciascuno nello spazio della propria responsabilità, e di offrire speranza ai nostri contemporanei e conterranei più scoraggiati. Paola Lazzarini

erra, casa e lavoro sono tra i temi più rilevanti del discorso proposto da Papa Francesco durante l’udienza in Vaticano con i partecipanti all’incontro mondiale dei Movimenti popolari dello scorso 28 ottobre. Il Santo Padre ha insistito in primo luogo sulla categoria chiave di “solidarietà”: «è pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. è anche lottare

contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi […] La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia ed è questo che fanno i movimenti popolari». Un rischio da superare è quello, ha spiegato il Papa, dell’ideologia: «Questo nostro incontro non risponde a un’ideologia. Voi non lavorate con idee, lavorate con realtà come quelle che ho menzionato e molte altre che mi avete raccontato. Avete i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta!». Nel proseguo della sua riflessione il Pontefice ha poi insistito sui concetti di “terra, “casa” e “lavoro”. «All’inizio della creazione – ha spiegato - Dio creò l’uomo custode della sua opera, affidandogli l’incarico di coltivarla e di proteggerla […]L’accaparramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i

tutto, si crede Dio, si crede il Re […] è un sistema, anche, di vita che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, si scartano i giovani senza lavoro. Questa devastazione ha fatto questa cultura dello scarto. Si scartano popoli». Il grido di chi è ai margini della società, perché non è tutelato da nessuno, non può essere ignorato: «Sembra che questa gente, questi

bambini affamati, ammalati, sembra che non contino, che siano di un’altra specie, non siano umani. E questa moltitudine è davanti a Dio e chiede: Per favore, salvezza! Per favore, pace! Per favore, pane! Per favore, lavoro! Per favore, figli e nonni! Per favore, giovani con la dignità di poter lavorare!». Da quei volti dimenticati si deve ripartire nelle scelte di governo. Bisogna farlo bene e subito.

pesticidi inadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale. Questa dolorosa separazione non è solo fisica ma anche esistenziale e spirituale, perché esiste una relazione con la terra che sta mettendo la comunità rurale e il suo peculiare stile di vita in palese decadenza e addirittura a rischio di estinzione». Il tema della terra si lega poi a quello della fame che è «criminale». L’alimentazione è infatti «un diritto inalienabile». Papa Francesco ha poi esortato tutti a sostenere il diritto alla casa: «Continuiamo a lavorare affinché tutte le famiglie abbiano una casa e affinché tutti i quartieri abbiano un’infrastruttura adeguata, l’accesso alla salute, all’educazione e alla sicurezza della proprietà». La promozione della dignità dell’uomo nella riflessione del Santo Padre si lega all’impegno per garantire il diritto al lavoro: «Non esiste peggiore povertà materiale — mi preme sottolinearlo — di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro. La disoccupazione giovanile, l’informalità e la mancanza di diritti lavorativi non sono inevitabili, sono il risultato di una previa opzione sociale, di un sistema economico che mette i benefici al di sopra dell’uomo, se il beneficio è economico, al di sopra dell’umanità o al di sopra dell’uomo, sono effetti di una cultura dello scarto che considera l’essere umano di per sé come un bene di consumo, che si può usare e poi buttare». I.P.

La parola solidarietà non piace al primo mondo Papa Francesco ha ricevuto i partecipanti all’incontro dei Movimenti Popolari “Terra”, “casa” e “lavoro” i punti chiave del suo intervento

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n DALLA PRIMA Una buona amministrazione ascolta le parti, verifica, ma ha l’obbligo di decidere. Di rinvii si muore. C’è il tempo della piazza, quello dei tavoli di discussione, ma anche, ed è ineludibile, quello del Parlamento che fa le leggi. Nel gioco delle parti tra Leopolda e San Giovanni deve rimanere chiaro

che al primo posto non c’è un’angusta gabbia ideologica, ma la realtà. Questo significa che al centro c’è la persona. Al suo primato devono guardare Governo e Parlamento, andando ad intervenire sul tema del lavoro e più in generale con le scelte in materia economica. La via che mette al centro la persona concreta l’ha tracciata con chiarezza Papa Francesco nell’omelia del 1 novembre: «L’uomo si impadronisce di


domenica 9 novembre 2014

Educare alla speranza in mezzo alla precarietà Dal 24 al 26 ottobre si è svolto a Salerno il Convegno organizzato dalla Cei I lavori si sono aperti con la lettura del Messaggio di Papa Francesco “Nella precarietà, la speranza. Educare alla speranza in un tempo di precarietà, le giovani generazioni nella ricerca del lavoro e nel progettare la loro famiglia”. è questo il tema del Convegno nazionale, organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana e svoltosi dal 24 al 26 ottobre, a Salerno, con lo scopo di far conoscere le molteplici azioni che le diocesi italiane, attraverso la loro azione pastorale, offrono come segni di speranza, superando la sfida che la precarietà porta con sé. I lavori, ai quali hanno preso parte circa quattrocento delegati diocesani, sono stati aperti con la lettura del messaggio inviato da Papa Francesco ai partecipanti al convegno. «Nelle visite compiute in Italia, così come negli incontri con le persone, - scrive il Pontefice - ho potuto toccare con mano la situazione di tanti giovani disoccupati, in cassa-integrazione o precari». E aggiunge che «dove non c’è lavoro, manca la dignità». E purtroppo, annota il Papa, «in Italia sono tantissimi i giovani senza lavoro». Davvero, prosegue

n CONVEGNO NAZIONALE DELLA CEI. La “Lettera ai precari”

Vicini a chi attende un lavoro Al termine del Convegno “Nella precarietà la speranza” è stato diffuso il messaggio rivolto a tutti i precari La Chiesa è partecipe delle vostre sofferenze e delle vostre attese. è presente e cammina con voi. In questi giorni a Salerno, città del Sud, la mano del Signore ci ha raccolti attorno al dramma della precarietà, davanti ad un lavoro che sembra non arrivare mai e ad un progetto di famiglia che non riusciamo a realizzare, se non troppo tardi. Abbiamo, infatti, dedicato un Convegno a livello nazionale a questo problema, che ormai riguarda tutti gli ambiti della nostra società: la famiglia, i giovani, le imprese, le relazioni sociali, il laicato e la Politica stessa. Ci ha illuminato l’intervento sempre accorato del nostro Papa Francesco e le preziose indicazioni del Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente Cei. Capiamo che è necessario, oggi, superare anzitutto la scissione che in questi anni ha portato a separare la fede dalla vita. Per questo, come Chiesa, abbiamo cercato un tempo per farci interrogare dal vostro dolore che spesso rimane inascoltato, come un grido lancinante che sembra non trovare ascolto né accoglienza presso le coscienze. Tra le tante testimonianze, però, sentiamo ancora più vivo il richiamo ad una speranza concreta quanto comune. Per questo ci sembra di essere come quel giovane che, su invito del profeta Elia, va a scrutare un cielo chiuso, che non stilla la pioggia fecondante da molto tempo. Per sette volte la sua ricerca rimane vana, vuota. Solo la settima volta diviene decisiva, dopo tanta perseveranza: subito il cielo si

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Attualità

oscurò per le nubi e il vento; la pioggia cadde a dirotto (1Re 18, 4146). La precarietà non è aridità, ma attesa. Arido è stato semmai quel sistema che ha sciupato inutilmente tante risorse, rubando la speranza che in voi va soltanto ridestata e rilanciata. è importante in questo momento non rassegnarsi. E per fare questo sono necessarie mani intrecciate e solidali. Infatti, dal grigiore del labirinto si esce soltanto accompagnando e facendosi accompagnare. Tirate perciò fuori le vostre paure e il vostro bisogno. Perché non siete soli. Non smetteremo di ricordarvi poi che accanto a voi cammina Gesù stesso, che resta ultimo con gli ultimi della storia umana, avendo Egli sperimentato cos'è la precarietà: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9, 58). La fiducia in Lui vi aiuti ad affrontare questo tempo di prova a fronte alta, per non vagare, per non fuggire, per non disperare. Chiediamo alle parrocchie, al sindacato, al mondo educativo, alle banche e soprattutto alle Istituzioni di ripulire l’orizzonte futuro, in modo da poter guardare avanti senza più rabbie, né senso di sconfitta, né ostacoli che fino ad oggi hanno reso il nostro Paese incapace di sciogliere questo terribile nodo. è importante sostenere il Progetto Policoro, ormai maturo, che unisce Nord e Sud, capace di resistere con dignità, anche in questi anni di crisi. Come Chiesa, inoltre, nel gesto di accompagnare, esprimiamo oltre che una vicinanza, un monito ben preciso, anche raccogliendo le testimonianze delle Associazioni laicali di ispirazione cattolica. Fondamentale

sarà la modernizzazione di un piano industriale più organico da parte di una Politica responsabile e capace di difendere le nostre piccole e medie aziende, ossatura del mondo produttivo. Superiamo allora la facile tentazione della delocalizzazione, per favorire possibili posti di lavoro per tutti. Perché la Precarietà si vince insieme e mirando a creare un patto di fiducia tra le parti, superando ogni logica di scarto e di esclusione. La famiglia resti al centro di tutti i prossimi provvedimenti sociali ed economici per continuare ad essere il primo soggetto permanente produttivo. Perché, nonostante la precarietà, nella società italiana resta, infatti, vivo il bisogno di famiglia. Quanto essa più sarà unita, tanto più darà certezza e coraggio ai figli. Senza mai stancarci di credere che c’è vita, c’è domani, dove c’è l’amore per l’altro, in particolare per i poveri, gli immigrati e chiunque è toccato, senza difesa, dalla precarietà. Il mantello, infatti, va restituito prima della notte perché diventi coperta e cioè restituzione di dignità per tutti i precari, soprattutto per i giovani. Custodiamo questi propositi e questa speranza, orientandoci già da domani all’appuntamento che la Chiesa vi invita a vivere il prossimo anno, a Firenze, col Convegno Nazionale su Cristo e il Nuovo Umanesimo. L’umanesimo più pieno è, infatti, l’uomo che lavora e la coppia che ci dona figli.

Francesco, «si ha la sensazione che il momento che stiamo vivendo rappresenti “la passione dei giovani”. è forte la “cultura dello scarto”: tutto ciò che non serve al profitto viene scartato». E ammonisce che scartando i giovani si scarta «il futuro di un popolo». Proseguendo, dopo aver detto che «dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”, il Papa aggiunge: «Ma poi c’è l’altra parola: speranza. Nella precarietà, la speranza». E alla domanda: «Come fare a non farsi rubare la speranza nelle “sabbie mobili” della precarietà?», Francesco risponde: «Con la forza del Vangelo. Il Vangelo è sorgente di speranza, perché viene da Dio, perché viene da Gesù Cristo che si è fatto solidale con ogni nostra precarietà». Nella conclusione del messaggio, l’esortazione del Papa: «Voi siete giovani che appartenete alla Chiesa e perciò avete il dono e la responsabilità di mettere la forza del Vangelo in questa situazione sociale e culturale. E che cosa fa il Vangelo? Il Vangelo genera attenzione all’altro, cultura dell’incontro, solidarietà. Così con la forza del Vangelo sarete testimoni di speranza nella precarietà». Per la diocesi di Cagliari hanno partecipato al convegno il diacono Ignazio Boi, che ha rappresentato l’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro, e Angela Murru, del Progetto Policoro. «Il convegno è stato qualificato, partecipato e stimolante, ricco di spunti per favorire una crescita della coscienza critica da parte delle comunità cristiane sulla crisi in atto. Come testimoni del Risorto, siamo chiamati a rigettare la

rassegnazione e a “dare ragione della speranza che è in noi”, sapendo coniugare energia e coraggio per mettere in campo una forza rinnovatrice e rigenerante», afferma Ignazio Boi. «Non sono mancati momenti di confronto deciso tra le parti intervenute, grazie alla massiccia presenza di giovani, impegnati soprattutto nel Progetto Policoro. Una felice abbinata, giovani insieme a parroci, sacerdoti, diaconi e laici impegnati nelle comunità locali e negli uffici pastorali, che ha permesso di vivere un week-end intenso e incalzante, mai scaduto nei luoghi comuni o nella retorica», prosegue Boi. Che riferendosi poi alle finalità del convegno, dice: «Un patrimonio da non disperdere e da incarnare in diocesi, avviando quanto prima un’azione decisa per la sensibilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti coinvolti a diverso titolo nella salvaguardia del lavoro, della famiglia, della scuola e delle realtà giovanili». Al termine dei lavori è stata diffusa una “Lettera ai precari” Franco Camba

n IL FATTO

Termina l’operazione “Mare nostrum” rimane aperta la questione degli sbarchi

hi salva una vita, salva il mondo intero”, recita il Talmud, uno dei testi fondamentali dell’Ebraismo. L’operazione “Mare Nostrum” ha salvato almeno 100 mila persone. È il dato più eclatante, accanto purtroppo ai più di 3.000 morti registrati, nello stesso periodo, dall’operazione portata avanti dall’Italia che, suo malgrado, si è trovata sola nel gestire l’imponente afflusso di migranti dalle sponde meridionali del Mediterraneo. Conclusa lo scorso 1 novembre l’operazione era iniziata il 18 ottobre 2013, per fronteggiare l’emergenza umanitaria nello Stretto di Sicilia. C’è chi ha criticato la validità dell’operazione per aspetti puramente economici, chi per non bene precisate idee politiche, chi per manifesta volontà razzista. Gli uomini e le donne della Marina e della Guardia Costiera italiana hanno invece dato prova sapere fare bene il loro mestiere. I vertici della Marina lo hanno più volte ribadito: la legge del mare parla chiaro, per cui chi si trova in difficoltà va aiutato sempre e comunque, prima di ogni altra considerazione. I paladini del rispetto delle regole sull’arrivo dei migranti in Italia, dovrebbero prima di tutto iniziare a rispettare il lavoro di militari e/o i marinai imbarcati su un mercantile, la cui unica “colpa” è quella di aver rispettato le leggi, codificate nel diritto internazionale. Nell’arco di questi 12 mesi c’è chi ha aizzato i propri sostenitori contro le organizzazioni non profit (Migrantes e Caritas comprese) ree, a loro dire, di essersi messe al servizio di uomini, donne e bambini fuggiti dagli orrori delle guerre in Medio Oriente e dell’Africa,. Papa Francesco nel suo primo viaggio a Lampedusa aveva denunciato la “crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo”, riferendosi alle morti dei migranti. In quella occasione però il Santo Padre aveva coniato un’espressione chiarificatrice. “In questo mondo della globalizzazione – aveva detto il Papa - siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza”. È questo il vero dramma. Le morti in mare e la filosofia della mancata accoglienza o dei respingimenti, sono conseguenza dell’indifferenza con la quale si guarda l’altro, specie se diverso, povero, malato o migrante. All’Unione Europea non importa nulla delle tragedie dei migranti: i partner dell’Unione hanno chiuso il discorso. Gli uomini di mare che ogni giorno si trovano nel Mediterraneo continuano il loro lavoro, insieme ai tanti volontari che sulle coste italiane prestano soccorso a chi chiede loro aiuto. Loro salvano il mondo, gli indifferenti lo rendono un luogo triste. Roberto Comparetti

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Chiesa

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domenica 9 novembre 2014

LE PIETRE

Le parole del Santo Padre per Tutti i Santi e in ricordo dei defunti ll’Angelus di domenica il Santo Padre ha approfondito il significato della ricorrenza della Commemorazione dei fedeli defunti, mostrandone il legame con la Solennità di Tutti i Santi: «Tra ieri e oggi tanti fanno una visita al cimitero, che, come dice questa stessa parola, è il “luogo del riposo”, in attesa del risveglio finale. è bello pensare che sarà Gesù stesso a risvegliarci. Gesù stesso ha rivelato che la morte del corpo è come un sonno dal quale Lui ci risveglia. Con questa fede sostiamo – anche spiritualmente – presso le tombe dei nostri cari, di quanti ci hanno voluto bene e ci hanno fatto del bene. Ma oggi siamo chiamati a ricordare tutti, anche quelli che nessuno ricorda». Nelle parole che hanno introdotto la preghiera dell’Angelus del 1 novembre Papa Francesco si è soffermato sul valore della comunione dei santi: «è la comunione che nasce dalla fede e unisce tutti coloro che appartengono a Cristo in forza del Battesimo. Si tratta di una unione spirituale - tutti siamo uniti! - che non viene spezzata dalla morte, ma prosegue nell’altra vita. In effetti sussiste un legame indistruttibile tra noi viventi in questo mondo e quanti hanno varcato la soglia della morte. Noi quaggiù sulla terra, insieme a coloro che sono entrati nell’eternità, formiamo una sola e grande famiglia. Si mantiene questa familiarità». Nell’omelia della S. Messa celebrata al Cimitero del Verano a Roma il Pontefice ha insistito sull’atteggiamento essenziale per il cristiano che si ritrova nella via delle Beatitudini: «Soltanto quel cammino ci porterà all’incontro con Dio.

n IRAQ

Il cammino delle beatitudini

700 famiglie cristiane rifugiate a Baghdad

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Nell’incontro con l’Accademia delle Scienze un pensiero per Benedetto XVI: “Un grande Papa. Grande per la forza e la sua intelligenza, grande per il suo amore alla Chiesa e agli esseri umani” Soltanto quel cammino ci salverà dalla distruzione, dalla devastazione della Terra, del Creato, della morale, della Storia, della famiglia, di tutto […] Questo popolo va avanti con le Beatitudini, con la speranza di trovare Dio, di trovare a quattr’occhi il Signore, con la speranza di diventare santi, in quel momento dell’incontro definitivo con Lui». In settimana Papa Francesco ha inaugurato un busto bronzeo in onore di Benedetto XVI nella sede della Pontificia Accademia delle Scienze. La circostanza ha fornito l’occasione al Santo Padre di ricordare il suo predecessore sul soglio di Pietro: «Il busto rievoca anche il suo spirito: quello dei suoi insegnamenti, dei suoi esempi, delle sue opere, della sua devozione alla Chiesa, della sua attuale vita “monastica”. Questo spirito, lungi dallo sgretolarsi con l’andare del tempo, apparirà di generazione in

generazione sempre più grande e potente. Benedetto XVI: un grande Papa. Grande per la forza e penetrazione della sua intelligenza, grande per il suo rilevante contributo alla teologia, grande per il suo amore nei confronti della Chiesa e degli esseri umani, grande per la sua virtù e la sua religiosità. Come voi ben sapete, il suo amore per la verità non si limita alla teologia e alla filosofia, ma si apre alle scienze». Nel discorso all’Accademia delle Scienze il Pontefice ha poi ricordato il legame tra creazione ed evoluzione: « L’inizio del mondo non è opera del caos che deve a un altro la sua origine, ma deriva direttamente da un Principio supremo che crea per amore. Il Big-Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige. L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione

di Creazione, perché l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono». All’Udienza Generale Papa Francesco ha approfondito il tema del legame tra la realtà spirituale e quella visibile della Chiesa: «Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede». Roberto Piredda

Gesù va incontro ad ogni uomo San Paolo, invitando i cristiani a comportarsi come figli della luce e non come figli delle tenebre, fa una catechesi sulla parola. Ci sono quattro parole per capire se siamo figli delle tenebre: è parola ipocrita? Un po’ di qua, un po’ di là, per stare bene con tutti? è una parola vacua, senza sostanza, piena di vacuità? è una parola volgare, triviale, cioè mondana? Una parola sporca, oscena? Queste quattro parole non sono dei figli della luce, non vengono dallo Spirito Santo, non vengono da Gesù, non sono parole evangeliche … questo modo di parlare, sempre parlare di cose sporche o di mondanità o di vacuità o parlare ipocritamente. C’è un gruppo di cristiani che non sono né luminosi né bui. Sono i cristiani del grigio. E questi cristiani del grigio una volta stanno da questa parte, un’altra da quella. La gente di questi dice: ‘Ma questa persona sta bene con Dio o col diavolo?’ Eh? Sempre nel grigio. Sono i tiepidi. Non sono né luminosi né oscuri. E questi Dio non li ama. Nell’Apocalisse, il Signore, a questi cristiani del grigio, dice: ‘Ma no, tu non sei né caldo né freddo. Magari fossi caldo o freddo. Ma perché sei tiepido – così del grigio

– sto per vomitarti dalla mia bocca’. Il Signore è forte con i cristiani del grigio. ‘Ma io sono cristiano, ma senza esagerare!’ dicono, e fanno tanto male, perché la loro testimonianza cristiana è una testimonianza che alla fine semina confusione, semina una testimonianza negativa. 27 ottobre 2014 Stare dentro la Chiesa Gesù ci vuole dentro la Chiesa non come ospiti o stranieri, ma con il diritto di un cittadino. Nella Chiesa non siamo di passaggio, siamo radicati lì. La nostra vita è lì. Noi siamo cittadini, concittadini di questa Chiesa. Se noi non entriamo in questo tempio e facciamo parte di questa costruzione affinché lo Spirito Santo abiti in noi, noi non siamo nella Chiesa. Noi siamo alla porta e guardiamo: ‘Ma, che bello… sì, questo è bello…’. Cristiani che non vanno più avanti della reception della Chiesa: sono lì, alla porta… ‘Ma sì, sono cattolico, sì, ma troppo no… così… 28 ottobre 2014

ci dà Gesù è gratuita, ma siamo chiamati a difenderla: Da che devo difendermi? Cosa devo fare? ‘Indossare l’armatura di Dio’, ci dice Paolo, cioè quello che è di Dio ci difende, per resistere alle insidie del diavolo. è chiaro? Chiaro. Non si può pensare ad una vita spirituale, ad una vita cristiana, diciamo ad una vita cristiana, senza resistere alle tentazioni, senza lottare contro il diavolo, senza indossare questa armatura di Dio, che ci dà forza e ci difende. Ma a questa generazione – a tante altre – hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste e noi dobbiamo lottare contro di lui. Lo dice Paolo, non lo dico io! La Parola di Dio lo dice. Ma noi non siamo tanto convinti. E poi Paolo dice com’è questa armatura di Dio, quali sono le diverse armature, che fanno questa grande armatura di Dio. E lui dice: ‘State saldi, dunque, state saldi, attorno ai fianchi la verità’. Questa è un’armatura di Dio: la verità 30 ottobre 2014

I nemici della vita cristiana La chiusura dei farisei Sono tre i nemici della vita cristiana: il demonio, il mondo e la carne, ovvero le nostre passioni, che sono le ferite del peccato originale. La salvezza che

n GIORDANIA

Una nuova chiesa sul Giordano Una nuova chiesa armena di San Garabed è stata consacrata in Giordania, sulla riva del fiume Giordano. Il terreno su cui sorge la chiesa, non lontano dal luogo tradizionalmente indicato come il sito del Battesimo di Gesù è stato donato dal Re Abdallah II di Giordania, come era già accaduto per altre chiese costruite sulla riva del Giordano. Nei giorni scorsi sono state benedette le opere pittoriche della chiesa – costruita seguendo i tipici canoni architettonici dei luoghi di culto armeni – ed è stato consacrato il fonte battesimale. Il Patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian, ha presieduto la celebrazione liturgica di consacrazione, a cui sono erano presenti Re Abdallah e altri membri della famiglia reale.

n REP.DEM. DEL CONGO

n LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA

I cristiani del “grigio”

Sono già almeno settecento le famiglie cristiane provenienti da Mosul e dalla Piana di Ninive che vivono come rifugiati in alloggi e sistemazioni di fortuna a Baghdad, dopo essere stati costretti a lasciare le proprie case davanti all'offensiva dei jihadisti dello Stato Islamico (IS). Il numero di rifugiati cristiani pervenuti nella capitale continua ad aumentare di giorno in giorno, e gli scarsi fondi governativi a disposizione dell'Ufficio sono in via di esaurimento. Le condizioni di sopravvivenza dei profughi – alloggiati anche presso scuole, chiese e sedi di associazioni cristiane – sono destinate a peggiorare con l'arrivo dell'inverno. Secondo fonti del Ministero delle migrazioni e dei rifugiati, le famiglie di profughi del nord iracheno che hanno trovato riparo a Baghdad sono complessivamente più di 19mila.

Questa strada di vivere attaccati alla legge, allontanava i farisei dall’amore e dalla giustizia. Curavano la legge,

trascuravano la giustizia. Curavano la legge, trascuravano l’amore. Erano modelli: erano i modelli. E Gesù per questa gente soltanto trova una parola: ipocriti. Da una parte, vai in tutto il mondo cercando proseliti: voi cercate. E poi? Chiudete la porta. Uomini di chiusura, uomini tanto attaccati alla legge, alla lettera della legge, non alla legge, ché la legge è amore; ma alla lettera della legge, che sempre chiudevano le porte della speranza, dell’amore, della salvezza … Uomini che soltanto sapevano chiudere. Gesù si avvicina: la vicinanza è proprio la prova che noi andiamo sulla vera strada. Perché è proprio la strada che ha scelto Dio per salvarci: la vicinanza. Si avvicinò a noi, si è fatto uomo. La carne: la carne di Dio è il segno; la carne di Dio è il segno della vera giustizia. Dio che si è fatto uomo come uno di noi, e noi che dobbiamo farci come gli altri, come i bisognosi, come quelli che hanno bisogno del nostro aiuto. 31 ottobre 2014

Sacerdote scomparso da tre settimane Da tre settimane non si hanno notizie di don Jean-Berchomans Nguna, un sacerdote della diocesi di Bunia, nel Distretto di Ituri, nella Provincia Orientale, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Lo ha annunciato il Vescovo del luogo, Mons. Dieudonné Uringi Uuci, nel corso di una conferenza stampa. Secondo Mons. Uringi, don Nguna si trovava in convalescenza presso la parrocchia di Badia, 40 km a sud di Bunia. “Da quando è scomparso, nessuno ne ha trovato traccia. Tutti i tentatavi effettuati dal clero e dai fedeli per trovarlo non hanno dato risultati” ha affermato il Vescovo.

n INDIA

310 cristiani "riconvertiti" Nel Uttar Pradesh 310 cristiani sono stati "riconvertiti" all'induismo. A denunciare l'accaduto è il Global Council of Indian Christians (Gcic), che parla di "tendenza allarmante, da fermare al più presto". Questo "ritorno a casa" - come lo chiamano i radicali indù che organizzano queste riconversioni è il terzo accaduto in meno di due mesi, e sempre in Uttar Pradesh. I riconvertiti appartengono a 30 famiglie diverse: negli ultimi quattro anni, i vari membri hanno abbracciato il cristianesimo di loro spontanea volontà, abiurando l'induismo.


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Giovani

Pastorale Giovanile. Le iniziative promosse dall’Ufficio diocesano per l’anno in corso

Chiamati a fare rete per servire i giovani O gni anno è necessario porsi degli obiettivi, decidere quali strumenti utilizzare ed infine riuscire a calendarizzare il tutto. Ecco, questo è ciò che anche quest’anno ha fatto l’Ufficio di Pastorale Giovanile della nostra diocesi, che dopo la lunga estate ed il primo appuntamento del 12 ottobre con don Angel, si prepara ad affrontare il nuovo anno con tante proposte rivolte a tutti gli oratori e le parrocchie della nostra diocesi. Il tema che la PG svilupperà è stato introdotto con la giornata ospitata dai salesiani per il bicentenario di San Giovanni Bosco, ed ha lo scopo di guidare i giovani ed i giovanissimi attraverso un percorso che si snoderà in particolar modo nelle tre giornate diocesane distribuite durante l’anno. L’obiettivo sarà quello di riscoprire le intuizioni pedagogiche di Don Bosco utilizzando le quattro parole cardine della pedagogia salesiana: cortile, scuola, casa e chiesa. Il percorso che intende proporre la squadra PG, è studiato in modo tale che da un luogo dove non esiste alcun tipo di formalità ma solo la voglia di stare insieme, come il cortile, e passando poi per il luogo d’accoglienza per antonomasia come la casa, si arrivi al cuore del messaggio cristiano, la chiesa. Ogni incontro diocesano sarà quindi improntato su una di questi luoghi, e attraverso delle attività verrà affrontato il tema dedicato. Il primo appuntamento è fissato per domenica 7 dicembre e la parola chiave sarà cortile, luogo per incontrarsi; la seconda giornata diocesana è fissata per domenica 8 marzo 2015 ed il tema sarà quello della casa, luogo dedicato all’accoglienza; infine la terza ed ultima giornata diocesana conclusiva di questo percorso squisitamente salesiano, sarà domenica 17 maggio 2015,

U

n CEDAC Al via la stagione di Prosa Sarà lo spettacolo “Beatles Submarine”, scritto e diretto da Giorgio Gallione, messo in scena

dal Teatro dell'Archivolto, con Neri Marcorè e la Banda Osiris, ad inaugurare la Grande Prosa al Teatro Massimo dal titolo “Giù la Maschera”, organizzata dal Cedac. Primo appuntamento mercoledì 19 alle 20.30 al Teatro Massimo.

n DAL 13 NOVEMBRE Il 46° TLC Spirituale a Solanas dedicata alla chiesa, luogo di evangelizzazione. In tutto questo percorso progettato dalla PG, sarà molto ampio lo spazio dedicato ai ragazzi cresimandi e post cresima, veri protagonisti di queste giornate diocesane, per far si che comprendano e maturino consapevolezza rispetto all’importanza del sacramento della cresima non come cartellino da obliterare perché è una tradizione, ma piuttosto come dono da far fruttare nella comunità, attraverso il servizio in oratorio. La progettazione dell’Ufficio PG, per far fronte ad i vari appuntamenti e le diverse iniziative da sviluppare nel corso dei prossimi mesi, quest’anno ha adottato un’organizzazione interna volta ad ottimizzare il servizio che la diocesi vuole offrire alle parrocchie ed

Il “Coffaro”: una storia di sport e amicizia n’idea cullata durante l’adolescenza e finalmente attuata, tra esami universitari e allenamenti su campi sterrati, poco più di due anni fa. Una sfida, un sogno difficilmente realizzabile senza tenacia, passione per il calcio e amicizia. La storia della FC Asd Coffaro 2012 si può riassumere così, come spiega Valerio Luca Floris, presidente e fondatore della giovane associazione sportiva cagliaritana, giunta alla terza stagione di attività. «Siamo “nati” il 10 luglio 2012, ma possiamo dire di avere una lunga "preistoria”. Avevamo quest’idea – racconta Valerio, 30 anni – fin da ragazzi, quando con alcuni amici si usava il nome Coffaro (il cui stemma è un cammello gialloblù a tre gobbe, ndr) per partecipare ad alcuni tornei di calcetto, ma si è concretizzata due anni fa, unendo valori ed ideali che ci animavano e su cui si basa la nostra attività». Un modo diverso di intendere lo sport, fondato «sul rispetto, sull'impegno e sulla certezza che il calcio, se proposto e vissuto in un certo modo, sia un efficace mezzo per educare i giovani,

BREVI

trasmettendo valori autentici». Una piccola rivoluzione da attuare a partire dalla squadra di calcio che per il terzo anno partecipa al campionato di Terza Categoria. Una rosa giovane (solo due “over 30”) ma esperta, formata quasi per metà da universitari provenienti dal Nuorese. «Dopo il piazzamento a mezza classifica della scorsa stagione – spiega ancora il presidente – quest’anno culliamo qualche ambizione in più. Dopo la vittoria all'esordio, domenica abbiamo chiesto il rinvio della gara per un grave lutto che ha colpito un nostro giocatore. L'aspetto umano per noi è fondamentale, come la solidarietà e, dati i valori che accomunano la dirigenza, la vicinanza cristiana. Inoltre, da quest'anno siamo attivi anche con una squadra “Amatori” che parteciperà a un campionato di calcio a 7». Quello agonistico è solo uno dei tanti aspetti del mondo Coffaro, il più visibile. Parallelamente, però, ve n’è uno forse ancor più importante: il volontariato sportivo nei quartieri storici di Stampace e Marina. «Alcuni dirigenti e atleti sono impegnati da

oratori. Dal mese di settembre il team delle felpe gialle si è riorganizzata al suo interno suddividendosi in tre settori, ciascuno dedicato ad un determinato progetto: PG tour, Giornate Diocesane e Campi di Formazione. Settimanalmente questi sottogruppi si incontrano per lavorare ed organizzare gli eventi relativi al settore di competenza, e mensilmente l’intera squadra si riunisce per confrontarsi, fare verifica e interfacciarsi con il direttore dell’Ufficio PG, don Alberto Pistolesi, e la coordinatrice, Barbara Morittu. Al fine di lavorare in maniera ordinata e produttiva, tutti questi sottogruppi hanno un responsabile referente, che si occupa di tenere i tempi durante il lavoro, suddividere gli incarichi dei

anni in attività correlate al delicato tessuto sociale di queste due zone. Il tutto ruota attorno alla struttura dei Gesuiti in Via Ospedale: accogliamo bambini e ragazzi di età, nazionalità, religioni ed estrazione sociale molto diverse. Oltre a ciò organizziamo periodicamente tornei: vorremmo organizzarne uno, rivolto a tutta la cittadinanza, in concomitanza con la Festa di Sant'Efisio, da cui potrebbe anche prendere nome (al 2° Trofeo estivo “San Michele” di calcio a 5 hanno preso parte 225 giocatori, divisi in 25 squadre di quattro diverse categorie, ndr)». Un panorama variegato, anche se gli obiettivi a medio termine sono chiari. «Fin dalla fondazione – continua Valerio – vogliamo attivare la Scuola Calcio, cercando di distinguerci da tutte le altre per stile e valori da trasmettere. Il calcio è un gioco e come tale va trattato: il divertimento non deve rubare spazio allo studio e ad altre attività formative. Vorremmo creare un ambiente sereno di confronto e crescita, dove bambini e ragazzi siano trattati come persone e non come "numeri" da statistica». La difficoltà principale, in conclusione, è però l’assenza di una struttura di proprietà (o in gestione) dove avviare l’attività. «Non abbiamo tante risorse come altre realtà, ma non mancano entusiasmo, determinazione e la fiducia di poter essere utili alla città. Per questo siamo aperti a suggerimenti, proposte e iniziative, partnership e anche l'immissione di nuovi soci». Francesco Aresu

collaboratori ed essere un ponte tra i vari settori, di modo che la collaborazione e la comunicazione anche all’interno della squadra sia continua ed efficiente. Il fatto che dei ragazzi tra i 18 e i 27 anni, spendano il loro tempo in modo del tutto gratuito per costruire un posto per i giovani all’interno della diocesi, non è un qualcosa di scontato, così come non è scontata la risposta delle comunità e degli oratori, che invece durante lo scorso anno, hanno dimostrato con entusiasmo, quanto sia necessario ed urgente un lavoro di questo tipo per il territorio diocesano. Le responsabilità sono tante, e le felpe gialle della PG devono far fronte a tante e diverse esigenze eterogenee, come il vasto territorio che costituisce la nostra diocesi. Federica Bande

Inizia giovedì 13 novembre, per concludersi domenica 16 novembre, la 46esima edizione del TLC Spirituale, organizzata quest'anno a Solanas nella casa San Domenico Savio dei Salesiani. L’appuntamento è destinato a giovani che desiderano vivere un’esperienza di condivisione in grado di far avvicinare i giovani alla Chiesa.

n A PULA

Iniziativa “Educare alla felicità” Sabato a Pula alle 19.30 nel salone parrocchiale, è prevista l'iniziativa “Educare alla felicità”. Intervengono sul tema i coniugi Antonello Caria, direttore dell'Istituto Acli per la ricerca e lo sviluppo in Sardegna, e Roberta Murru, educatrice professionale.


Giovani

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domenica 9 novembre 2014

Per tanti cresimandi di Quartu “il meglio deve ancora venire” La scorsa domenica si è svolta nella Parrocchia di San Luca la Giornata dei Cresimandi della Forania di Quartu S.E.

il 1° Novembre, tutti i ragazzi che nei prossimi mesi riceveranno il sacramento della Confermazione si sono raccolti, presso la parrocchia di San Luca in Quartu Sant’Elena, per vivere il primo incontro di quest’anno, dal titolo “Il meglio deve ancora venire”. Organizzato dalla Consulta cittadina dei giovani, hanno partecipato a questa proposta circa 250 ragazzi, provenienti da tutte le parrocchie e dalle associazioni presenti in città. La mattinata ha avuto inizio: i cresimandi si sono subito lasciati coinvolgere dai giovani animatori e da Don Davide Collu che, tra un grido per scaldare il pubblico e una piccola scenetta in apertura, hanno dato il via ai lavori. Suddivisi in gruppi, hanno potuto riflettere su alcune parole (tra queste Amicizia, Divertimento, Collaborazione, Scelta, Valori, Regole etc.), collegate al concetto di gruppo: c’è

è

stata l’occasione per dire la propria opinione sull’argomento, per confrontarsi, per pensare a quale sia l’idea di gruppo che si ha e si vive nella propria realtà. Altra tappa fondamentale della mattinata è stata la Santa Messa, in cui i ragazzi hanno ricevuto l’esortazione ad essere cristiani che danno il loro meglio, cristiani che vogliono fare sempre meglio nella Chiesa, cristiani che lavorano per dare vita al Meglio in ogni ambiente che vivono, sull’esempio dei Santi. I lavori di gruppo sono poi ripresi subito dopo la messa, con la realizzazione da parte di ciascun gruppo di un video – spot pubblicitario che spiegasse, attraverso immagini e suoni, l’idea emersa dall’analisi della parola. Nonostante la timidezza iniziale, i ragazzi si sono impegnati nell’ideazione dei video: in tanti hanno prestato il loro volto o la loro voce per esprimere il lavoro di gruppo, divenendo tutti protagonisti. Al pomeriggio, i cresimandi sono stati poi coinvolti in un grande gioco a stand, in cui ogni prova metteva in luce una caratteristica ideale del gruppo; sfidandosi tra di loro, le squadre hanno mostrato tanta voglia di giocare,di divertirsi e di collaborare per raggiungere un obiettivo in comune: la vittoria del gruppo, che nel frattempo si è formato e consolidato nel corso della giornata. è stata tanta la gioia nello stare insieme, visibile nel volto di ragazzi e ragazze, ma anche in quello dei catechisti e degli educatori che hanno accompagnato i nostri giovani nel corso della giornata. è stata significativa poi, nella

realizzazione della giornata, la collaborazione instauratasi tra animatori della Consulta, animatori degli oratori della città e gli scout presenti: per tutti è stata un’occasione per conoscersi meglio, lavorare e mettersi in gioco insieme, nel servizio verso i più piccoli, senza distinzione di parrocchia o associazione. Dopo la consegna dei premi alle squadre vincitrici, la Consulta cittadina dei giovani ha donato infine a ciascuna parrocchia il

testimone, simbolo di partecipazione all’incontro, ma anche invito ai prossimi eventi dedicati ai cresimandi. Sono stati infatti pensati per gli adolescenti un torneo di calcetto a 5 per i maschi e un torneo di pallavolo per le femmine, con la possibilità di partecipare a livello parrocchiale con una o più squadre. La conclusione della giornata è stata segnata anche da canti e balli, che hanno aumentato il clima di festa. L’entusiasmo, la gioia e la voglia di

realizzare qualcosa nelle proprie parrocchie era ben visibile nei volti dei tanti ragazzi che hanno preso parte a questo primo appuntamento. E se ad alcuni il titolo “Il Meglio deve ancora venire” ricorderà soltanto la celebre canzone di Ligabue, ai cresimandi ha lasciato anche un messaggio: la Cresima non segna la fine di questa esperienza di Chiesa, anzi è solo l’inizio … perché il Meglio deve ancora venire! Annacarla Angius (Consulta giovani cittadina)


domenica 9 novembre 2014

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Cagliari

Il grande valore della libertà di educazione Eugenio Lao, rappresentante delle “Famiglie numerose”, pone l’accento sui rischi della diffusione dell’ideologia “gender” nelle scuole

questi progetti. Benché aconfessionali, vediamo nel matrimonio, nella famiglia e nella generazione della vita i capisaldi della nostra cultura e della nostra società. Abbandonare tutto questo significa recidere le nostre radici e precipitare in modelli di individualismo sfrenato e di svalutazione della vita”. Un consiglio per i genitori che non vogliono che i figli seguano questi corsi? “Devono innanzitutto informarsi adeguatamente su cosa accade nelle scuole, anche pretendendolo dai Rappresentanti di Classe. E devono anche assicurarsi che questi progetti passino al vaglio dei Consigli di Istituto e non contrastino con il POF. Se questi corsi vengono attivati, devono chiedere – è loro diritto – di essere informati sui loro contenuti e, se non condividono quelle linee educative, che i propri figli siano esonerati dal seguirli. Se poi le famiglie hanno bisogno di consiglio o aiuto, noi Famiglie Numerose, ma anche altre associazioni come Giuristi per la Vita, Rivoluzione Morale, Movimento per la Vita e il consultorio diocesano siamo a disposizione”. è bene chiarire, per non dare adito a polemiche, che siamo un settimanale cattolico e vogliamo essere, seguendo quanto auspicava per Il Portico Mons. Miglio quasi un anno fa, “come il granello di senape di cui parla il Vangelo, un seme piccolo ma capace di sviluppare spazi di dialogo sereno e costruttivo”. Gian Mario Aresu

ugenio Lao ha cinquantadue anni e fa l’avvocato per un Comune in provincia di Cagliari. Sua moglie Gabriella, quarantanove, fa l’insegnante di musica in una Scuola Media. Hanno cinque figli e sono coordinatori regionali dell’Associazione Famiglie Numerose. Denunciano che a Cagliari è stato riproposto un progetto didattico volto alla diffusione dell’ideologia del gender che era stato fermato l’anno scorso da tanti genitori. Eugenio racconta ad Il Portico che la vicenda “è nata all'inizio di quest’anno: mi fu segnalato che sul sito del Comune di Cagliari era stata data notizia dell’aggiudicazione a una cooperativa di un progetto col fine di abbattere gli stereotipi di genere e di educare alle differenze per bambini di quarta e quinta elementare di alcune scuole cittadine. La terminologia utilizzata riecheggiava le direttive dell’UNAR, l’ufficio antidiscriminazione razziale del dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio, che avevano destato grandi proteste da parte delle associazioni dei genitori. Scoprimmo – continua – che le nostre paure erano fondate. Ci

attivammo immediatamente, sia come singoli che come associazioni familiari e movimenti ecclesiastici, ed inviammo lettere al Comune e, soprattutto, alle scuole dove avrebbe dovuto svolgersi il progetto per diffidare gli organi dirigenti dall’intraprendere qualsiasi iniziativa senza il coinvolgimento dei genitori: il corso non era compreso nel Piano dell’Offerta Formativa (POF), che è lo strumento attraverso il quale i genitori prendono conoscenza dei programmi scolastici e decidono dove iscrivere i propri figli”. Il progetto “non ottenne l'approvazione e, sostanzialmente, non se ne fece più niente”. Ma “ora giunge notizia che ci stanno riprovando in altre scuole: il nuovo corso si presenta più edulcorato, ma in realtà nasconde i contenuti di quello precedente”. E gli obiettivi? Quelli “sono esplicitamente i medesimi” del vecchio progetto: “Contrastare gli stereotipi di genere che producono segregazione e limitano la piena espressione e realizzazione della persona; far riflettere i bambini sulla propria identità di genere e sulle proprie aspirazioni e desideri; far emergere come ogni bambino ha percezione di sé in base alla propria identità di genere; sensibilizzare per far riconoscere e comprendere i concetti di diversità, pregiudizio, stereotipo nella vita quotidiana e nella cultura diffusa; far riflettere sulle discriminazioni e sulla positività della differenza”. Come Associazione Famiglie Numerose, “ci sentiamo particolarmente toccati da

n 12 NOVEMBRE

n TEATRO LIRICO

nTEATRO S.EULALIA

n SAN CARLO

n ZTL

Mercoledì 12 novembre alle 19 nella Basilica N. S. di Bonaria, mons. Piergiuliano Tiddia, Arcivescovo emerito di Oristano, presiederà la Messa per i tabarkini non residenti sull’isola di San Pietro, in vista della festa della Madonna dello Schiavo, che si celebra a Carloforte il 15 novembre. Sarà presente una delegazione tabarkina, guidata dal parroco, don Francesco Pau.

“La Traviata” di Giuseppe Verdi, è in scena al Teatro Lirico di Cagliari. Il melodramma in tre atti va in scena per la Stagione lirica e di balletto 2014. Il ruolo di Violetta sarà interpretato da Valéry Irina Lungu e da Jessica Nuccio, quello di Alfredo Germont da Francesco Demuro e Danilo Formaggia. La regia è di Karl-Ernst e Ursel Herrmann.

Lo spazio ritrovato, il Sant' Eulalia, il teatro cuore e motore del quartiere Marina, ospita con una nuova veste la storica rassegna del teatro contemporaneo “Famiglie d'Arte” organizzata per il ventesimo anno dall'Associazione figli d'arte Medas. Venerdì 14 Novembre Gianluca Medas rileggerà Dracula di Bram Stoker con le musiche originali di Hellequin.

Lunedì 10 novembre a partire dalle 20.30 nei locali della parrocchia San Carlo Borromeo si rinnova la “Scuola id preghiera per giovani”, guidati dal parroco don Luca Venturelli. L’iniziativa è destinata ai ragazzi e alle ragazze che desiderano vivere un momento di condivisione con altri giovani. Per informazioni www.parrocchiasancarlo.it.

Da lunedì scorso, 3 novembre, sono iniziate per i cittadini interessati le operazioni di rinnovo dei pass di circolazione per le ZTL in scadenza il prossimo 31 dicembre. L'ufficio dedicato alle Zone a Traffico Limitato, al 6° piano del Palazzo Civico di Piazza De Gasperi, è aperto lunedì, mercoledì e venerdì, dalle ore 9.30 alle 11.30.

l’isola. L’iniziativa che il Comune vuole portare avanti è quindi quella di recupero e riutilizzo della struttura cimiteriale, e a tale proposito il vice sindaco Luisa Anna Marras ha confermato l’evidente stato di degrado soprattutto di alcune parti del complesso che dovranno essere recuperate con interventi di un dispendio economico pari a 1 milione e mezzo di euro per i colombari dell’Orto delle palme sul lato est e poco più di 1 milione per l’intero Orto delle palme col reintrego di alcune sepolture attualmente spostate. Uno dei principali obiettivi inoltre è quello di ricominciare a seppellire anche a Bonaria: nel cimitero infatti non si seppellisce più dal 1968, e il progetto prevede l’unione tra il cimitero di San Michele, quello di Pirri e quello di Bonaria per far sì che anche quest’ultimo torni ad essere funzionale e di conseguenza frequentato e meglio conservato, generando nei fedeli un sentimento d’appartenenza nei confronti della grande ricchezza monumentale che il cimitero di Bonaria offre. Il progetto, per quanto riguarda le nuove sepolture però, prevede soltanto incinerazioni e anzi il Presidente della Commissione Consiliare Filippo Petrucci spiega che incentivarle sarebbe piuttosto vantaggioso in quanto a costi, rispetto alle inumazioni, sia per i cittadini e sia per l’amministrazione comunale che deve provvedere alla realizzazione e al mantenimento delle sepolture; l’idea sarebbe quella di realizzare vere e proprie cappelle cinerarie di famiglia per abbattere i costi e soprattutto ottimizzare gli

spazi a disposizione. Il presidente Petrucci poi ha posto l’attenzione sul grave e urgente problema delle cappelle che versano in cattive condizioni e necessitano al più presto di restauro, entro i limiti che consentono di non stravolgere i beni architettonici del complesso monumentale. L’assessore agli Affari Generali Anna Paola Loi ha annunciato l’iniziativa che in concomitanza con il centenario della I Guerra Mondiale coinvolgerà in primo piano il cimitero, il quale ospita oltre alle tombe anche i cenotafi ovvero lapidi commemorative in ricordo dei tanti uomini caduti durante il conflitto. Il comune di Cagliari in collaborazione con la scuola media “Vittorio Alfieri” ha organizzato l’evento dal titolo “ I ragazzi raccontano la storia. I cagliaritani nella Grande Guerra “ che si terrà il 4 novembre presso l’Aula Consiliare del Palazzo civico e durante il quale gli studenti esporranno i risultati di un’indagine condotta grazie anche all’Archivio di Stato di Cagliari relativa all’identità dei defunti commemorati nel Viale degli Eroi e consultabile anche sul sistema tecnologico di NFC (Near Field Communication). La Loi ha inoltre ribadito l’importanza di un cimitero come quello di Bonaria mostrando un’inedita fotografia dell’illustre scultore di fama nazionale Giuseppe Sartorio all’opera nel suo atelier cagliaritano nel 1895, circondato da molte opere che di lì a poco sarebbero state collocate proprio nel luogo consacrato di Bonaria. Chiara Lonis

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Messa per i tabarkini

In scena “La Traviata” di Verdi

“Famiglia d’arte”

Lavori in programma al Cimitero di Bonaria Il Sindaco Massimo Zedda ha presentato il piano di interventi previsti per valorizzare da un punto di vista storico e culturale lo spazio del Monumentale Il sindaco di Cagliari Massimo Zedda ha esposto l’intensa gamma di interventi che riguarderanno il cimitero monumentale di Bonaria. Durante la presentazione il sindaco ha ribadito più volte l’importanza di questo cimitero sia in quanto tale, per la sua funzione di ricordo dei propri cari, sia per la sua caratteristica monumentalità e valenza culturale, in quanto impiantato sulle pendici del colle omonimo e a poca distanza dal mare ma soprattutto per la presenza della basilica sulla sommità del colle e degli insediamenti archeologici preesistenti; l’area infatti è stata in precedenza una notevole necropoli punica, poi romana ed infine paleocristiana, i cui reperti sono conservati presso il museo di Bonaria. Da questi presupposti parte dunque l’idea che il cimitero possa anche essere oggetto di attrazione culturale e turistica come accade in tante altre città dell’Europa e non, grazie alla ricchezza artistica e alla presenza delle tombe di personaggi quali artisti e politici di spicco per

Scuola di preghiera

Rinnovo dei pass


Parola di Dio

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domenica 9 novembre 2014

Dedicazione della Basilica Lateranense di Michele Antonio Corona

a liturgia della Parola della 32a domenica del tempo ordinario cede il passo alle letture della solennità della dedicazione della Basilica Lateranense, solennemente ricordata il 9 novembre. La basilica costruita sul colle Laterano, dove la tradizione ubicava il palazzo imperiale di Costantino, è la cattedrale del vescovo di Roma. Essa rappresenta un segno visibile dell’unità della Chiesa cattolica nel luogo in cui si trova la cattedra del vescovo capitolino. Le letture proposte sono intessute dal filo rosso del tempio, della sua centralità, della congiunzione tra luogo di culto e vita, tra esteriorità edilizia e interiorità esistenziale. Paolo cristallizza questo rapporto con la perentoria affermazione: ‘voi siete edificio di Dio’ (seconda lettura). Mentre Ezechiele ci conduce all’interno di una visione in cui il tempio irrora e feconda tutto ciò che vi si trova intorno. Il culto, per il profeta, non ad esclusivo appannaggio del tempio, ma si sparge e si effonde nella vita fino al punto che ‘dove giungerà il torrente tutto rivivrà’ (prima lettura). In questo trittico di immagini e suggestioni, occupa un posto di assoluto rilievo la pagina evangelica. Ci viene proposta la famosa narrazione della ‘cacciata dal tempio’ di venditori e cambiavalute, secondo la versione di Giovanni. Il quarto evangelista, a differenza dei sinottici, pone questo episodio all’inizio del ministero di Gesù, di seguito al primo segno nelle nozze di Cana. Il rabbi galileo sale nella città santa in occasione della pasqua e si trova davanti ad una trasformazione del luogo più sacro del giudaismo: ‘la casa del Padre è stata mutata in casa di mercato’. Il luogo della familiarità, dell’intimità, della relazione filiale col Padre ha subìto il peggiore dei travisamenti divenendo scenario commerciale, di baratto. La funzione iniziale dei cambiavalute era utile per evitare che le monete romane – con l’effige idolatrica del Cesare – potessero invadere in modo sacrilego il Tempio. Inoltre, la moneta del tempio era l’unica adatta agli scambi e all’acquisto degli animali per i sacrifici. Tuttavia, questa opportunità offerta ai pellegrini divenne gradualmente l’occasione per fare affari e moltiplicare le truffe. Già i profeti dell’AT avevano frequentemente denunciato la commercializzazione dei sacrifici, il mercanteggiamento del culto, la palese indole affaristica di sacerdoti e leviti. Nella pericope evangelica Gesù si mostra in piena continuità con la denuncia profetica di abusi, traviamenti e ufficializzazione di meschinità travestite da pratiche religiose. Geremia accusò i suoi contemporanei di fiducia superstiziosa e aberrante nei confronti del tempio, ritenuto simbolo dell’eterna presenza di Dio tra il suo popolo. Per il profeta di Anatot la garanzia di vita e di relazione con Dio è una condotta integra, la pratica della giustizia, l’attenzione verso le categorie più deboli. Gesù non si limita a denunciare, ma compie una sorta di purificazione e di capovolgimento dei valori imperanti. Caccia commercianti e fa uscire gli animali, ad evidenziare che il culto del sacrificio è terminato, poiché divenuto pura esteriorità formale. I giudei interrogano il rabbi chiedendo un segno, che mostri la sua autorità. La prima parte del

L

Scacciò tutti fuori del tempio...

vangelo di Giovanni è intessuta di segni, che vengono continuamente equivocati dagli interlocutori del Maestro. L’evangelista annota per due volte (vv. 17 e 21-22) che i discepoli compresero le parole di Gesù solo alla luce della risurrezione. L’incomprensione dei segni e dell’annuncio ha coinvolto anche la cerchia dei più vicini. Il doppio livello di comprensione è una caratteristica propria del quarto vangelo: i giudei credono parli del tempio di pietre, mentre Gesù aveva spostato l’attenzione sul suo corpo. All’inizio della pagina evangelica Gesù entra nel tempio (ieron), cioè nella parte più esteriore del recinto sacro, all’interno del quale anche i pagani potevano accedere. Il termine greco è legato ad uno spazio che non ha ancora un grado di sacralità elevato, ma rappresenta una sorta di anticamera delle stanze divine. Mentre, nel citare il corpo usa il termine specifico del sacello (naos) noto come ‘il santo dei santi’. Esso era il luogo più interno del complesso del tempio, in cui solo il sommo sacerdote poteva entrare una volta all’anno per presentare a Dio le colpe del popolo ed ottenerne il perdono. Gesù presenta la persona come nuovo sacello di intimità e relazione col Padre. Il culto del sacrificio meritorio cede il passo alla santità del tempio di Dio, fino a dire ‘santo è il tempio di Dio, che siete voi’ (seconda lettura).

Dal

Vangelo secondo

Giovanni

Gv 2,13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.


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Vita cristiana

La bontà dell’opera di Dio nel piano della creazione Con la guida delle catechesi sull’amore umano di San Giovanni Paolo II approfondiamo la realtà del disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia ella narrazione della creazione dell’uomo come maschio e femmina, alla quale si riferisce Gesù nella sua risposta secondo Matteo 19, è inserita nel ritmo dei sette giorni della creazione del mondo, le si potrebbe attribuire soprattutto un carattere cosmologico; l’uomo viene creato sulla terra e insieme al mondo visibile. Ma nello stesso tempo il Creatore gli ordina di soggiogare e dominare la terra (cf. Gen 1,28): egli è quindi posto al di sopra del mondo. Sebbene l’uomo sia così strettamente legato al mondo visibile, tuttavia la narrazione biblica non parla della sua somiglianza col resto delle creature, ma solamente con Dio (“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò...” (Gen 1,27). Nel ciclo dei sette giorni della creazione è evidente una precisa gradualità (Parlando della materia non vivificata, l’autore biblico adopera differenti predicati, come “separò”, “chiamò”, “fece”, “pose”. Parlando invece degli esseri dotati di vita usa i termini “creò” e “benedisse”. Dio

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ordina loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi”. Questo ordine si riferisce sia agli animali, sia all’uomo, indicando che la corporalità è comune a loro [cf. Gen 1,27-28]. Tuttavia la creazione dell’uomo si distingue essenzialmente, nella descrizione biblica, dalle precedenti opere di Dio. Non soltanto è preceduta da una solenne introduzione, come se si trattasse di una deliberazione di Dio prima di questo atto importante, ma soprattutto l’eccezionale dignità dell’uomo viene messa in rilievo dalla “somiglianza” con Dio di cui è l’immagine. Creando la materia non vivificata Dio “separava”, agli animali ordina di essere fecondi e di moltiplicarsi, ma la differenza del sesso è sottolineata soltanto nei confronti dell’uomo [“maschio e femmina li creò”] benedicendo nello stesso tempo la loro fecondità, cioè il vincolo delle persone [Gen 1,27-28]; l’uomo invece non viene creato secondo una naturale successione, ma il Creatore sembra arrestarsi prima di chiamarlo all’esistenza, come se rientrasse in se

RISCRITTURE

Diventare sempre più “romani” La liturgia ci fa celebrare la Dedicazione della Basilica Lateranense, chiamata "madre e capo di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe". In effetti, questa Basilica fu la prima ad essere costruita dopo l’editto dell’imperatore Costantino che, nel 313, concesse ai cristiani la libertà di praticare la loro religione. La dedicazione della Basilica fu celebrata dal Papa Silvestro verso il 324 e il tempio fu intitolato al Santissimo Salvatore; solo dopo il VI secolo vennero aggiunti i titoli dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, da cui la comune denominazione. Questa ricorrenza interessò dapprima la sola città di Roma; poi, a partire dal 1565, si estese a tutte le Chiese di rito romano. In tal modo, onorando l’edificio sacro, si intende esprimere amore e venerazione per la Chiesa romana che, come afferma sant’Ignazio di Antiochia, "presiede alla carità" dell’intera comunione cattolica (Ai Romani, 1, 1). La Parola di Dio in questa solennità richiama una verità essenziale: il tempio di mattoni è simbolo della Chiesa viva, la comunità cristiana, che già gli Apostoli Pietro e Paolo, nelle loro lettere, intendevano come "edificio spirituale", costruito da Dio con le "pietre vive" che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, paragonato a sua volta alla "pietra angolare" (cfr 1 Cor 3,9-11.16-17; 1 Pt 2,4-8; Ef 2,20-22). "Fratelli, voi siete edificio di Dio", scrive san Paolo e aggiunge: "santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,9c.17). La bellezza e l’armonia delle chiese, destinate a rendere lode a Dio, invita anche noi esseri umani, limitati e peccatori, a convertirci per formare un "cosmo", una costruzione bene ordinata, in stretta comunione con Gesù, che è il vero Santo dei Santi. Ciò avviene in modo culminante nella liturgia eucaristica, in cui l’"ecclesìa", cioè la comunità dei battezzati, si ritrova unita per ascoltare la Parola di Dio e per nutrirsi del Corpo e Sangue di Cristo. Intorno a questa duplice mensa la Chiesa di pietre vive si edifica nella verità e nella carità e viene interiormente plasmata dallo Spirito Santo trasformandosi in ciò che riceve, conformandosi sempre più al suo Signore Gesù Cristo. Essa stessa, se vive nell’unità sincera e fraterna, diventa così sacrificio spirituale gradito a Dio. Benedetto XVI, Angelus 9 novembre 2008 Il Vescovo di Roma siede sulla sua Cattedra per dare testimonianza di Cristo. Così la Cattedra è il simbolo della potestas docendi, quella potestà di insegnamento che è parte essenziale del mandato di legare e di sciogliere conferito dal Signore a Pietro e, dopo di lui, ai Dodici...Occorre un mandato più grande, che non può scaturire dalle sole capacità umane...Occorre la voce della Chiesa viva, di quella Chiesa affidata a Pietro e al collegio degli apostoli fino alla fine dei tempi. Questa potestà di insegnamento spaventa tanti uomini dentro e fuori della Chiesa. Si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero. Non è così. Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. Benedetto XVI - omelia della S. Messa d’insediamento sulla “Cathedra Romana” - 7 maggio 2005

stesso per prendere una decisione: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...” (Gen 1,26). 4. Il livello di quel primo racconto della creazione dell’uomo, anche se cronologicamente posteriore, è soprattutto di carattere teologico. Ne è indice soprattutto la definizione dell’uomo sulla base del suo rapporto con Dio (“a immagine di Dio lo creò”), il che racchiude contemporaneamente l’affermazione dell’assoluta impossibilità di ridurre l’uomo al “mondo”. Già alla luce delle prime frasi della Bibbia, l’uomo non può essere né compreso né spiegato fino in fondo con le categorie desunte dal “mondo”, cioè dal complesso visibile dei corpi. Nonostante ciò anche l’uomo è corpo. Genesi 1,27 constata che questa verità essenziale circa l’uomo si riferisce tanto al maschio che alla femmina: “Dio creò l’uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò”, a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschi e femmina li creò” [Gen 1,27]. 5. Il primo racconto della creazione dell’uomo, che, come abbiamo constatato, è di indole teologica, nasconde in sé una potente carica metafisica. Non si dimentichi che proprio questo testo del Libro della Genesi è diventato la sorgente delle più profonde ispirazioni per i pensatori che hanno cercato di comprendere l’“essere” e l’“esistere” […] Nonostante alcune espressioni particolareggiate e plastiche del brano, l’uomo vi è definito prima di tutto nelle dimensioni dell’essere e dell’esistere (“esse”). è definito in modo più metafisico che fisico. Al mistero della sua creazione (“a immagine di Dio lo creò”) corrisponde la prospettiva della

procreazione (“siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”), di quel divenire nel mondo e nel tempo, di quel “fieri” che è necessariamente legato alla situazione metafisica della creazione: dell’essere contingente (“contingens”). Proprio in tale contesto metafisico della descrizione di Genesi 1, bisogna intendere l’entità del bene, cioè l’aspetto del valore. Infatti, questo aspetto torna nel ritmo di quasi tutti i giorni della creazione e raggiunge il culmine dopo la creazione dell’uomo:

“Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). Per cui si può dire con certezza che il primo capitolo della Genesi ha formato un punto inoppugnabile di riferimento e la solida base per una metafisica ed anche per un’antropologia e un’etica, secondo la quale “ens et bonum convertuntur”. Senz’altro, tutto ciò ha un suo significato anche per la teologia e soprattutto per la teologia del corpo. (12 settembre 1979)

PORTICO DELLA FEDE

La gioia di vivere la fede nel dialogo Continuando la disamina dell’Evangelii Gaudium ci imbattiamo in un’altra affermazione magistrale di Papa Francesco: «Il tutto è superiore alla parte», vale a dire che i cristiani pur non perdendo di vista la propria identità locale sanno aprirsi all’universale non in senso astratto, ma valorizzando ogni aspetto della quotidianità che sa guardare le cose dall’alto; la ricchezza di chi vive il Vangelo è quella di saper unire piccoli e grandi in una fraternità dove la gioia per la festa e la lotta per la giustizia operano insieme. “Il Vangelo è lievito che fermenta tutta la massa e città che brilla sull’alto del monte illuminando tutti i popoli” (237). Per questo è importante trovare un punto di congiunzione tra locale e globale ricercando nella brevità dell’oggi quella tensione più ampia che ci fa guardare alle realtà che ogni giorno accadono nelle esperienze personali di ciascuno e in cui, talvolta, si celano veri e propri eventi che solo alla luce del tempo trovano senso e nuovo significato. Dunque l’evangelizzazione esige sempre una capacità di dialogo. Dialogo con gli Stati, con la società, con tutte le culture, con le scienze, con coloro che affermano di non credere, con tutti coloro che non fanno parte della Chiesa cattolica, perché, afferma l’Esortazione, la bellezza della fede che la Chiesa offre è ricca di duemila anni di storia.

Infatti, “la Chiesa parla a partire da quella luce che le offre la fede, apporta la sua esperienza di duemila anni e conserva sempre nella memoria le vite e le sofferenze degli esseri umani” (238). I cristiani proprio attraverso l’evangelizzazione devono mostrare la loro capacità di dialogo, devono saper parlare con tutti in maniera da incidere nelle scelte delle varie forze sociali al fine di promuovere quei valori fondamentali che hanno come punto di partenza in comune con tutti gli altri, la dignità della persona e dunque, il valore dell’esistenza umana. Allo stesso modo è fondamentale che l’annuncio del vangelo favorisca la pace in tutti gli ambiti, così anche tra la fede e la ragione e tra la fede e le scienze, perché, afferma Papa Francesco : “La fede non ha paura della ragione, al contrario, la cerca e ha fiducia in essa, perché la luce della ragione e quella della fede provengono ambedue da Dio” (242). In questo passaggio l’Esortazione ricalca gli insegnamenti di Giovanni Paolo II, con la sua enciclica Fides et ratio, con la quale, per l’appunto si affrontava la necessità di trovare vie di comunicazione e di sintesi tra la fede e la ragione.

Coloro che si occupano di evangelizzazione in forma organica e sistematica, dunque i pastori, i presbiteri e i catechisti, non possono trascurare di aggiornare le loro conoscenze relativamente ai progressi delle scienze per poterle illuminare e comprendere alla luce della fede e alla luce della legge naturale, in modo da non disattendere di affermare sempre il valore supremo della persona umana e allo stesso tempo ampliare l’azione di armonia e pacificazione tra i due modi di intendere la realtà. Perché, afferma l’esortazione “Tutta la società può venire arricchita grazie a questo dialogo che apre nuovi orizzonti…” (242) In questi paragrafi, Papa Francesco, cerca in tutti i modi di far superare l’antica dicotomia tra fede e ragione e anzi insegna che la Chiesa non intende assolutamente fermare il “mirabile progresso delle scienze”, anzi è ben contenta di dare luce e senso a quell’ “enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana”, dunque pone in luce come l’intelligenza dell’umanità è realmente e concretamente manifestazione della luce di Dio sul mondo. Maria Grazia Pau


Idee

10 n LETTERE AL PORTICO che qualcuno venga in chiesa Cconapita e dica al parroco: “Desidero parlare lei”.. “Vuoi confessarti?..” No, voglio cambiare vita, voglio diventare cristiano”. “Sei battezzato?” Sì. “Hai fatto la prima comunione, hai ricevuto la cresima?” “Sì, ma la veste bianca del battesimo, un poco per volta l’ho sentita stretta, l’ho strappata e buttata via. Ora voglio diventare cristiano”.. Il prete entra in crisi: “Come faccio? In parrocchia non ho una struttura che possa accompagnare questo giovane a fare un cammino di fede. Il parroco ha un lampo di genio: “Lo mando dai Neocatecumenali, oppure al Cursillo o anche ai gruppi del Rinnovamento nello Spirito”. Il parroco, allora sperimenta una falla nella struttura parrocchiale: manca forse una pastorale efficace per gli adulti. L’approccio di fede che noi parroci promettiamo e attuiamo, in genere, è adatto ai bambini. Facciamo la

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Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.

preparazione ai sacramenti. Abbiamo i catechisti per i bambini e per i ragazzi; in qualche parrocchia l’equipe per la preparazione al matrimonio, il corso per i giovani che intendono ricevere la Cresima, un incontro con i genitori dei bambini da battezzare, dove ancora nascono bambini…. Eppure dopo tanta fatica, con qualche gradita eccezione, il battesimo, la cresima dei ragazzi e degli adulti, il matrimonio, sono “la festa” di un giorno. Dopo tutti i “Sì’” più o meno gridati durante il rito, non solo constatiamo la fuga dalla comunità parrocchiale, ma le idee che guideranno la loro vita non saranno quelle inculcate negli otto anni di catechismo…. Il Kérigma, il primo annuncio e il cammino di fede lo abbiamo demandato ai movimenti: Cursillos, Rinnovamento nello Spirito, Cammino Neocatecumenale… Le parrocchie, quasi inconsciamente, si sono ridotte a gestire il sacro. Sono

spesso segreterie burocratiche. Si va in chiesa per un certificato, per far celebrare le Messe, per scrivere il figlio al catechismo, la prima comunione, la cresima, per fissare la data del battesimo, del matrimonio, del funerale…Infatti le nostre assemblee liturgiche sono composte in gran parte da bambini e da anziani. Cominciamo a perdere anche i ragazzi delle elementari e l’età degli anziani si sposta sempre più in là: 60. 70 e oltre. Non essendoci giovani e adulti, le nostre parrocchie non esprimono il discepolato. Non ci sono discepoli. Non essendoci discepoli, mancano anche gli apostoli, quelli che rafforzino e rendano operativa l'azione del parroco. Il secolarismo ha allontanato le masse dalla pratica religiosa.. Gli interessi sono altri. Anche chi frequenta la Chiesa, spesso non ha una buona spiritualità. Ho fatto un'esperienza che rappresenta il tipo diffuso di

religiosità. Partecipando ad un pellegrinaggio, ospite di una comunità religiosa, pregavo in cappella, quando entrò una persona del gruppo che, notato sopra il tabernacolo un simulacro della Madonna, esclamò: “Oh, la mia Madonnina!” Risposi: “La Madonnina? e Gesù che è presente vivo e vero? Quella è una statua di carta-pesta!” L'esempio rivela l'inconsapevolezza di ciò che è fondamentale (Cristo) e ciò che è pratica pia. C'è una fede senza base. Non c’è più l’educazione alla fede elementare che veniva impartita dalla famiglia, dalla scuola e in parrocchia. Eppure noi sacerdoti siamo capaci di cambiare delle situazioni gravi: in tutte le parrocchie c’è la Caritas che distribuisce viveri e aiuta le persone povere. (La Caritas fu istituita da Paolo VI per alimentare la cultura della carità nelle comunità ecclesiali. è l’organismo che rende autentici e

Prosegue la riflessione iniziata con il Convegno Ecclesiale Regionale sul tema della crisi. Le comunità cristiane possono sostenere la ricerca del lavoro C’è un imperativo categorico, un obbligo morale, per le chiese locali sarde, le parrocchie e i gruppi del cattolicesimo organizzato: evitare che il convegno ecclesiale regionale su “La comunità cristiana in Sardegna di fronte alla crisi” sia una nuova occasione sprecata. I laici cattolici non hanno più alibi, nemmeno – come spesso accade in questi grandi appuntamenti ecclesiali - quello dell’astrattezza. Il 25 ottobre, infatti, si è parlato di principi, di visione evangelica della vita, ma si è entrati anche pragmaticamente nel cuore dei problemi. Non dar seguito all’evento, organizzato a un anno dalla visita di papa Francesco in Sardegna, più che un lusso non consentito di questi tempi, sarebbe una perdita di credibilità micidiale per i cattolici, un autogol difficile da rimediare. A questo appuntamento in molti hanno creduto: i vescovi prima di tutto, che l’hanno voluto e incentivato, ma anche numerosi laici, sicuramente quelli più vicini alle problematiche del mondo del lavoro, a cominciare dai sindacalisti e dagli operatori nel sociale, nel non profit, nella cooperazione. Non è mancata l’attenzione del mondo politico: della Giunta regionale quasi al massimo livello, del sindaco del capoluogo. I lavori sono stati seguiti anche dai rappresentanti delle forze politiche. Questi interessati “spettatori” attendono proposte, eventualmente da convertire in leggi regionali, e stanno alla finestra per vedere gli sviluppi di un’assemblea regionale veramente quasi straordinaria a livello ecclesiale. Soprattutto aspettano gesti coerenti e iniziative concrete disoccupati, giovani, famiglie nel disagio e i poveri, convitati di pietra al convegno. è possibile passare ai fatti subito e, forse, non c’è neppure bisogno di un documento programmatico. La “magna charta” sulle problematiche sociali e del lavoro è già scritta: la lettera pastorale “Un cammino di speranza per la Sardegna”, pubblicata dall’episcopato sardo il 19 marzo scorso. Monsignor Arrigo Miglio e monsignor Giovanni Paolo Zedda nei loro interventi hanno fatto costantemente riferimento ad essa:

credibili l’annuncio e la liturgia. Quello che celebro e che annuncio, lo testimonio con il mio impegno di amore verso i fratelli). Un tempo, l’educazione era compito della famiglia della scuola e della parrocchia Era un’educazione più attenta, controllata e creava basi profonde di fede. Oggi i ragazzi sono molto distratti, bombardati dai messaggi dei cellulari, dagli SmartPhone che creano grande confusione, grande disagio. Forse anche vuoto interiore. Gli adulti sono anch'essi soggiogati dai mass-media. Tanti rientrando a casa, cenano e poi subito a navigare in Internet per ore e ore. Tanti genitori hanno rinunciato ad educare i figli ai valori della vita umana e cristiana, affidando alla parrocchia e all’ora di religione la responsabilità della formazione religiosa. Don Antonio Porcu (1. Continua)

In onda su Radio Kalaritana Frequenze in FM: 95,000 97,500 - 99,900 102,200 - 104,000

Promuovere cammini di speranza di Mariano Simoni

nell’ispirazione, nei percorsi attuativi, nella strategia e negli obiettivi da perseguire. L’arcivescovo Miglio ha quasi fatto da starter al diretto coinvolgimento delle chiese locali e delle parrocchie in iniziative promozionali del lavoro. Se parte la Chiesa cagliaritana, l’esempio contagioso si estenderà automaticamente alle altre diocesi. Bisogna ammirare questa discesa in campo della Chiesa - che ha sempre dichiarato la sua impossibilità a creare occupazione - nelle operazioni di “scouting” lavorativo. Miglio vorrebbe

ogni parrocchia e associazione trasformarsi in “motorini di avviamento” , impegnati nella ricerca e nella vigilanza di piccole e grandi opportunità di lavoro da rilanciare in tutti i contesti. L’arcivescovo di Cagliari auspica le parrocchie aggiungere ai loro compiti pastorali quello di “osservatori” delle possibilità di lavoro nei diversi settori dell’ambiente, del turismo, dell’agroalimentare. Ogni nuovo posto di lavoro è un’azione vincente di contrasto alla povertà e di sostegno alla famiglia.

L’arcivescovo cagliaritano si è spinto ancora più in là, sollecitando parrocchie e diocesi a promuovere direttamente nuova occupazione. La Chiesa sarda su questo fronte non è rimasta alla finestra a contemplare gli effetti della devastante tempesta del non lavoro. Ogni anno più di qualche centinaio di buste paghe portano il timbro di parrocchie, diocesi e ordini religiosi. Grazie ai fondi dell’otto per mille annualmente 3,5 milioni di euro potrebbero venire immessi nel mercato regionale. Infatti, ogni diocesi annualmente può accedere a un cofinanziamento pari a 350 mila euro, concesso dalla CEI esclusivamente in presenza di un’analoga somma messa sul tavolo dalla stessa diocesi, da un ente pubblico, dai parrocchiani. Solamente per la costruzione e l’adeguamento di complessi parrocchiali in questo momento si contano nell’isola 15 interventi in atto, per una spesa totale di circa 6,5 milioni di euro. Don Francesco Tamponi è il delegato regionale per i beni culturali. Un campo di lavoro immenso che ha pur sempre risvolti pastorali. “ I beni ecclesiastici – dice il sacerdote – quantitativamente equivalgono a circa l’86% di tutto il patrimonio culturale regionale”. Un tesoro di incalcolabile valore che ha bisogno di costante manutenzione. Dal 1996 a oggi la CEI ha finanziato in Sardegna restauri per quasi 10 milioni di euro. Soltanto nel settore dei restauri le diocesi sarde aprono in media due- tre cantieri all’anno in ogni territorio di pertinenza, cofinanziati dall’8x1000 alla Chiesa cattolica: dunque, circa 30 nell’intera regione. Vera manna nei centri più poveri. “Nei piccoli comuni – dice monsignor Antioco Piseddu, fino allo scorso aprile vescovo di Lanusei – gli unici operai in tuta e casco sono quelli addetti per alcuni mesi alle riparazioni delle chiese”. Pastorale e promozione del lavoro non sono più terreno esclusivo dei preti. La corresponsabilità dei laici, particolarmente auspicata in questi tempi dalla chiese sarde, diventa quasi doverosa. I vescovi nella loro crociata in favore del lavoro scommettono sui laici e per i laici. Che non possono mancare questo appuntamento.

Oggi parliamo di… arte e fede Le chiese di Furtei e Segariu (Terenzio Puddu) Domenica 9 novembre ore 18.10 Lunedì 10 novembre ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie-Claire Alain (a cura di Andrea Sarigu) Domenica 9 novembre ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione Fiducia e comunicazione A cura di Simone Bellisai Martedì 11 novembre ore 19.10 Mercoledì 12 novembre ore 8.30 L’ora di Nicodemo Bibbia e Liturgia La celebrazione dell’alleanza 1^ parte A cura di Sabino Chialà. Monaco di Bose Mercoledì 11 novembre 21.40 Oggi parliamo con… Roberto Bolognese Presidente Confesercenti Provincia di Cagliari Mercoledì 12 novembre 19.10 Giovedì 13 novembre ore 08.30 L’udienza La catechesi di Papa Francesco Il giovedì ore 21.40 circa Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal lunedì al venerdì 10.30 / 12.30 Lampada ai miei passi (10 - 16 novembre) Commento al Vangelo quotidiano a cura di don Carlo Rotondo Dal lunedì al venerdì 5.15 / 6.45 / 21.00 Sabato 5.15 / 6.45 / (21.00 vangelo domenicale) Domenica 5.15 / 6.45 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Al termine sarà possibile ascoltare le cantate Sacre di Bach. Ogni giorno alle 00.01 circa


domenica 9 novembre 2014

Cagliari ha celebrato la festa del suo Patrono San Saturnino n giovane che non ha avuto paura”: ecco come Mons. Miglio descrive, con poche ma significative parole, san Saturnino, il patrono della città di Cagliari, ucciso durante l’impero di Diocleziano quando, ancora ragazzo, si era rifiutato di offrire sacrifici agli dei pagani. E che è stato celebrato con una cerimonia solenne nella basilica a lui dedicata. Un giovane santo che “è morto per Gesù di Nazareth e che ci interpella a livello personale: lui ha avuto il coraggio di contestare usi pagani; e l’ha fatto per la sua e la nostra città di Cagliari. Anche oggi, abbiamo bisogno di essere interpellati, il paganesimo non è soltanto un modo di vivere la religione dei tempi antichi, il paganesimo è un virus sempre insorgente, tutto ciò che ci allontana dalla centralità di Dio e dalla centralità della persona umana”. L’arcivescovo chiede poi: “Quanto siamo cristiani? Quanto è importante per noi la persona di Gesù? Quanto viviamo in unione con lui? Per noi Lui è un vivente oppure è soltanto un personaggio del passato? Lancia poi un appello: “come non rinnovare l’auspicio che questa Basilica di san Saturnino possa essere sempre più fruibile, dal punto di vista religioso per le celebrazioni, dal punto di vista storico e artistico, per tutti coloro che non solo sono amanti dell’arte e della storia, ma che in questo luogo possono trovare qualche momento di silenzio, di riflessione, di cultura alta, che non appaga soltanto gli occhi, ma entra nella profondità dello spirito”. Il futuro, è un tema ricorrente nelle parole di Mons. Miglio: “una storia così lunga ci invita a guardare al futuro, se questo luogo, se il sangue di questo giovane martire ha alimentato, e ha fecondato una storia così lunga, tutto lascia pensare che sia ancora capace di

domenica 22 novembre 2014

Diocesi

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Il coraggio di un giovane martire Nelle parole di Mons. Miglio, nell’omelia per la festa di San Saturnino, emerge la forza di una testimonianza capace di andare controcorrente e costruire futuro

alimentare e di fecondare una storia almeno altrettanto lunga. I martiri sono profeti del futuro, li possiamo vedere proprio come coloro che ci incoraggiano a non aver paura; significa non lavorare per noi stessi. Dobbiamo lavorare per il Signore e cioè per coloro che il Signore farà sorgere dopo di noi”. Ricorda più volte come sia nostra responsabilità occuparci della nostra società e del suo futuro: “Ciò che non facciamo rimane non fatto; i giovani avranno diritto di chiederci conto, di sapere se siamo stati preveggenti, se abbiamo calcolato cosa era meglio per loro”. E se si parla di futuro, si parla anche di speranza: “Siamo chiamati a coltivare speranza, ci vuole speranza lunga. Bisogna fare scelte diverse e scelte nuove. Il futuro è la persona umana prescindendo da ogni caratteristica o status”. Il discorso si sposta poi sulla famiglia: “La famiglia è la prima cellula della società, lì si impara il patrimonio che permette di essere presenza utile nella società civile. La famiglia che si apre alla vita e che c’è nella costituzione ha una dimensione pubblica. Nella società del nostro tempo si creano altre situazioni, in cui ci sono diritti e doveri, anche se si parla solo dei diritti. Bisogna aiutare la famiglia ad essere più protagonista” Più protagonista anche nelle scelte educative: “C’è un certo monopolio statalista, negli altri paesi europei c’è più spazio per le scelte educative delle famiglie”. Allora c’è anche bisogno di “ripensare il welfare, il modo di aiutare le famiglie. Siamo inoltre chiamati a contribuire per dei progetti sociali e politici lungimiranti, che mettano le basi per un futuro di speranza”. Si sofferma anche sulla candidatura di Cagliari a capitale della cultura per il 2019: “Lavoriamo perché Cagliari sia capitale di una nuova cultura, una cultura rinnovata, che sia il frutto dell’incontro di tante culture; una cultura che sia nuova non solo cronologicamente, ma che sia nuova soprattutto nel suo DNA, capace di dare prospettive ai giovani, capace di mettere nell’aria quel clima di condivisione e solidarietà che garantisce a tutti di poter vivere oggi quel medesimo spirito e quella medesima generosità che hanno sostenuto il gesto coraggioso del martire Saturnino”. Marco Scano

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n 14- 15 NOVEMBRE Formazione sulla catechesi con i disabili

Il 14 e 15 novembre dalle 16 alle 19 nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile, primo incontro su “I disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia…)”, nell’ambito degli stage di formazione per catechisti sensibili all’integrazione dei disabili nella catechesi, per catechisti che hanno esperienza con le disabilità e anche per famiglie inserite, a riguardo, nella comunità parrocchiale. I due appuntamenti sono organizzati dall’Ufficio Catechistico Diocesano.

n RITIRO DEL CLERO Paolo Ripa di Meana guiderà l’incontro

Giovedì 13 novembre nei locali del seminario Arcivescovile è previsto in consueto ritiro del clero, guidato da don Paolo Ripa di Meana, salesiano piemontese. A partire dalle 9.30 è previsto l’ufficio liturgico, la relazione di don Paolo e a conclusione intorno alla 13 con il buffet.

n ISCRIZIONI APERTE

Rassegna diocesana dei cori giovanili Sono aperte le iscrizioni per la Rassegna Diocesana dei cori giovanili parrocchiali organizzata dal Coro Diocesano dei giovani. La rassegna si svolgerà il 30 Novembre nella Parrocchia Madonna della Strada a Cagliari. Il ritrovo è previsto alle 17:30 ritrovo, alle 18 la Messa animata alle 19 la rassegna con la proposta in canto dei cori. Per info e iscrizioni: dvdcll84@yahoo.it, Don Davide Collu 3401015708, Katia Serra 3296542398.

Il libro sulla Visita del Papa a Cagliari Il volume che celebra l’anniversario della visita di Papa Francesco a Cagliari Il libro, edito da Il Portico, contiene un ricco materiale fotografico e i principali discorsi del Santo Padre, unitamente ai saluti indirizzati al Papa dai Vescovi sardi più una selezionata rassegna stampa relativa all’evento. È possibile trovare il volume nelle librerie di Cagliari: PAOLINE di via Garibaldi, SALESIANA DON BOSCO di piazza Giovanni XXIII, SANT’EUSEBIO di corso Vittorio Emanuele II, OMNIA SACRA di via Eroi D’Italia a Pirri.


Diocesi

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n UFFICIO FAMIGLIA

Il 30 ottobre Solennità di San Saturnino Mons. Miglio ha presieduto nella Chiesa Cattedrale la celebrazione dell’Ordinazione di due nuovi diaconi incamminati verso il sacerdozio, Luigi Castangia, della Parrocchia di Sant’Elena e Paolo Ena, di N.S. delle Grazie a Decimoputzu

Weekend formativo in Seminario Sabato 15 e domenica 16 novembre, nei locali del Seminario Arcivescovile, a partire dalla 16 si terrà il secondo Convegno diocesano delle équipe di preparazione al matrimonio e alla famiglia.

Imitare Cristo nel servizio ai fratelli l 30 ottobre, nel giorno della solennità di San Saturnino Martire, la Chiesa di Cagliari si è arricchita di due nuovi diaconi. I seminaristi Luigi Castangia (proveniente dalla parrocchia di Sant’Elena Imperatrice in Quartu) e Paolo Ena ( della parrocchia di Nostra Signora delle Grazie in Decimoputzu) hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine del Diaconato in Cattedrale dalle mani di Monsignor Miglio, nel giorno della festa del patrono di Cagliari, quasi a sottolineare la similarità del sì dei novelli diaconi a quella del giovane santo. Al centro dell’omelia dell’Arcivescovo due grandi temi: la donazione e il servizio. La donazione che esige di essere piena e totale. “Oggi siamo invitati a riflettere su due parole che oggi non sembrano essere di moda e che fanno un po’ di paura: il “per sempre” e il “tutto” – ha esordito-. Lo sappiamo quando guardiamo l’esperienza di un uomo e di una donna che, se vogliono vivere il loro matrimonio alla luce di Vangelo, sanno che è un per sempre e una donazione totale l’uno all’altra.

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Questo ci aiuta a capire che cosa può significare una donazione totale e per sempre su un’altra strada, quella della vita consacrata. Se nel Matrimonio ci si dona al Signore attraverso un’altra persona, anche nella vita consacrata c’è di fronte a noi un corpo, che è il Corpo di Cristo, la comunità ecclesiale. La donazione nella consacrazione verginale e celibatale non è una scorciatoia, ma una via nella quale il Signore ci chiede di condividere tutta la fatica e la tribolazione che molte coppie oggi sperimentano. Siamo chiamati a camminare sulla stessa strada, seppur con modalità diverse. Due strade entusiasmanti perché entrambe piene di impegno radicale. C’è un martirio nell’accettare quel corpo che ci sta di fronte, nell’accettare l’alleanza del per sempre come quella di Dio con noi. Ma è un martirio pasquale, di risurrezione, di vittoria. Come quello del giovane Saturnino che da secoli illumina il cammino della comunità cristiana di Cagliari. Quest’ ordinazione ci coinvolge tutti quanti perché ci mette di fronte a

L’appuntamento rientra nel ciclo di incontri predisposto dall’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare, nel percorso formativo previsto per le equipe che preparano le coppie al matrimonio. quest’alleanza che il Signore ci chiede di vivere con Lui e per Lui ma attraverso l’incontro e il rapporto con le persone”. L’Arcivescovo si è poi soffermato sull’aspetto del servizio, proprio del Diaconato. “Gli Apostoli hanno inventato -sotto la guida dello Spirito Santo- i primi collaboratori, perché da soli non ce la facevano. Un aspetto che tocca la vita della Chiesa anche nei nostri giorni. Celebrare l’ordinazione diaconale significa essere messi di fronte all’organizzazione della vita della Chiesa che è fatta per un lavoro di gruppo. Non è stato facile neanche per i Dodici e per i loro collaboratori, ma questa è la strada. Due nuovi diaconi interpellano tutta la Chiesa diocesana sulla capacità di valorizzare i diversi carismi, di differenziare i compiti. Ricevere due nuovi diaconi –che si preparano al Sacerdozio- è dunque una grazia. Qualunque compito assumiamo nella

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Primo incontro per animatori biblici Sabato, alle 16.30, nei locali del Seminario Arcivescovile prende il

via il ciclo di incontri del percorso formativo per animatori biblici e catechisti, promosso dal “Settore apostolato biblico” dell’Ufficio catechistico diocesano. Primo relatore sarà Michele Antonio Corona, che presenterà la relazione sul tema “L’Animatore Biblico. Tanti libri in una mano sola. Il servizio dell’animatore Biblico. Presentazione generale della Bibbia”.

“Cagliari Avvenire mese” Come ogni terza del mese, domenica 16 è prevista la pubblicazione di quattro pagine sul quotidiano Avvenire. Congiuntamente a “Il Portico”, l’inserto contribuisce a riflettere sui temi che stanno maggiormente a cuore alla diocesi. Le modalità di ricezione sono disponibili sul sito www.chiesadicagliari.it

Una fotografia della crisi necessario rivedere le politiche sociali, puntando a un’azione di promozione umana, come ha sottolineato Luigi Minerba, assessore comunale alle Politiche sociali. Una crisi, in cui la parola d’ordine è il lavoro, come ha ricordato Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari e presidente della Conferenza Episcopale Sarda, auspicando la creazione di osservatori ‘locali’ , promossi dalle comunità locali, a iniziare da quelle cristiane, finalizzati a monitorare le possibilità di lavoro nei singoli territori; ancora, l’importanza di una formazione professionale mirata, che permetta ai giovani di trovare occasioni di lavoro; e ancora; un impegno sociale di ricerca, vigilanza, finalizzato a rimettere in moto la speranza, in modo da poter trovare delle soluzioni anche di fronte alle

n CATECHISTI

n IL 16 IN EDICOLA

Presentato il Report su povertà ed esclusione sociale realizzato dalla Caritas Sardegna

ono circa 176mila le famiglie sarde che vivono in una situazione di povertà relativa (rispetto alle 147mila del 2012); oltre 6mila persone transitate nei centri d’ascolto delle Caritas diocesane nel 2013, non più in modo preponderante donne; i quarantenni continuano ad essere i più fragili. Il Report su povertà ed esclusione sociale 2014 della Caritas Sardegna fotografa uno scenario regionale difficile. ‘La situazione di crisi continua a perdurare – ha sottolineato don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana di Cagliari e delegato regionale Caritas Sardegna -, e continua l’azione di rete messa in campo dalla Chiesa in un criterio di corresponsabilità con gli enti locali’. Dati drammatici, di fronte a cui è

Chiesa questo devo essere accolto da un cuore che ha assimilato la pagina del Vangelo di Giovanni dove Gesù, vestito da servo, lava i piedi agli Apostoli. I gesti e i compiti possono essere diversi, ma lo spirito deve essere sempre lo stesso, quello di Cristo servo che deve caratterizzare qualsiasi ministero nella Chiesa. Anche questa è una grazia da chiedere per i nuovi diaconi, per tutti coloro che sono già diaconi, per i sacerdoti e vescovi e per tutti i fedeli perché il rischio di trasformare le nostre comunità in un piccolo centro di potere e prestigio è sempre in agguato. Preghiamo perché ogni compito e ogni servizio nella Chiesa possa essere svolto con quello spirito di diaconia, di servizio di cui Gesù ci ha dato l’esempio più alto e che non può mai cancellarsi dai nostri occhi e non può mai essere dimenticato nelle nostre chiese”. Susanna Mocci

situazioni più difficili. Necessaria un’analisi che sappia stimolare corresponsabilità, coinvolgendo tutti i cittadini, come sottolineato da Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato della Conferenza Episcopale sarda per il Servizio della carità. I dati relativi al 2013 e al primo semestre del 2014 sono illustrati da Raffaele Callia, responsabile del Servizio studi e ricerche della Caritas regionale. Nel corso del 2013 sono transitate 6221 persone nei centri d’ascolto dei 26 comuni coinvolti dall’indagine; e nel primo semestre del 2014 ne sono già

transitate 4280; in controtendenza con i dati nazionali, ai centri d’ascolto delle Caritas sarde si sono rivolti soprattutto cittadini italiani (74,1%). Il disagio sociale non è più, in modo preponderante, al femminile: le donne ascoltate nel 2013 sono state 3094 (50,3%); nel primo semestre del 2014 sono state 2116 (cifra che, per la prima volta, fa scendere al di sotto della metà, la quota di genere femminile: 49,5%). Si ha un affacciarsi progressivo di uomini separati, che trovano accoglienza nei nuclei familiari di origine; la quota delle donne cresce là dove sono separate, sposate, vedove, a conferma che la donna è più vulnerabile quando si fa carico di situazioni che riguardano l’intero nucleo familiare. Maggiormente colpiti coloro che hanno un domicilio (94,2%), che sono disoccupati (59,4%); inoltre, si difende dalla crisi chi è meglio istruito. Per quanto riguarda i bisogni, si registrano soprattutto problemi economici (33,2%), seguiti da quelli relativi a occupazione/lavoro 24,9%); ugualmente importanti i problemi

familiari (13,5%), quelli abitativi (8,2%) e quelli di salute (5,6%). Per quanto riguarda le richieste, nel corso del 2013 sono state realizzate 33.656 registrazioni di richieste d’aiuto: al primo posto beni e servizi materiali (70,1%), seguiti da sussidi economici (12,4%) e richieste di coinvolgimento/orientamento (4,9%), il 90% delle quali riguarda TempioAmpurias, in particolare Olbia, dove l’alluvione del 2013, ha fatto emergere una serie di problematiche già esistenti. Nel 2013 sono state effettuate 34.441 registrazioni di intervento: al di là dell’ascolto, il tipo di intervento posto in essere più frequentemente dagli operatori riguarda la fornitura di beni e servizi materiali (74,3%), soprattutto distribuzione viveri (49,1% di tutti gli interventi effettuati dalle Caritas dell’Isola). Sulla linea di quanto si sta facendo a livello nazionale, la Caritas Sardegna ribadisce l’urgenza di un piano nazionale di contrasto alla povertà e dell’introduzione del REIS (Reddito di inclusione sociale). Maria Chiara Cugusi


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Nuovi parroci. Don Walter Onano ha iniziato il suo servizio nella comunità di S. Tarcisio

Aprirsi alle periferie per annunciare Gesù S

ono state diverse nelle ultime settimane le nomine predisposte dall’Arcivescovo Monsignor Arrigo Miglio relative al trasferimento di alcuni sacerdoti da una parrocchia a un’altra. Tra queste quella di don Walter Onano, che dopo cinque anni, ha lasciato la comunità di Sant’Isidoro in Sinnai facendo il suo ingresso lo scorso fine settimana in quella cittadina di San Tarcisio, nel quartiere Is Corrias – Barracca Manna. “Il trasferimento a nuova parrocchia è sempre un momento difficile da affrontare – spiega don Walter. Ognuno si tuffa intensamente e in modo diverso nella realtà che gli viene affidata. La vive pienamente coinvolgendo anche i parrocchiani che compongono quella comunità. Lasciare una parrocchia per affrontare una nuova esperienza diventa un momento di difficoltà personale dal punto di vista umano. Nello stesso tempo è una nuova sfida che ti porta a vivere l'esperienza del tuo sacerdozio rinnovandoti continuamente”. Don Walter, recentemente nominato anche Direttore redazionale dell’emittente radiofonica diocesana Radio Kalaritana, è stato ordinato nel 1996 da Monsignor Tarcisio Pillolla e durante questi anni sono state diverse le esperienze realizzate in altrettante comunità, sia come vicario parrocchiale prima che come parroco dopo. "La mia esperienza personale mi ha fatto vivere pochi momenti in ogni comunità dove sono stato – racconta

don Walter. Ogni parrocchia riserva un'esperienza particolare, speciale e unica, perché sono tante le attività che si possono portare avanti. è necessario prima capire il grado di preparazione che si trova all'interno di ogni comunità. Le esperienze dei sacerdoti che ti hanno preceduto alla guida della comunità, ti portano a compiere alcune valutazioni e a studiare la realtà sociale e della vita comunitaria stessa. In questo modo emerge un quadro generale dal quale poter partire”. In alcune parrocchie sono privilegiate le fasce giovanili in altre la componente adulta. “Un esame più accurato della comunità offre la possibilità di comprendere quali sono le esigenze prioritarie, quali prospettive si possono avere all'interno di una pastorale che deve necessariamente prevedere i vari settori della vita stessa di quella comunità - prosegue. è quindi necessario partire dal vissuto per poi lavorare su quello. Personalmente ritengo non si debba spazzare via il preesistente ma piuttosto bisogna migliorarlo”. Papa Francesco esorta e incentiva l’idea di una Chiesa “ missionaria tutta in uscita”, che sia sempre più vicino alla gente. “è chiaro

che questo è un discorso che porta anche ad affrontare delle difficoltà – spiega don Walter. Bisogna organizzarsi in modo tale che la presenza del sacerdote sia costante all’interno della comunità, la quale deve crescere a sua volta nella comprensione che il sacerdote ha tante responsabilità e deve arrivare da tutti. è importante anche che questi tutti rappresentino davvero la comunità parrocchiale in maniera capillare. Il sacerdote ha infatti il dovere di impegnarsi a fare in modo di raggiungere sia coloro che sono maggiormente integrati all’interno dell’esperienza ecclesiale sia coloro che invece l'esperienza non la vivono o che non si sentono portati a vivere un discorso comunitario. “Evangelizzare, in questo tempo di grandi trasformazioni sociali – ha detto il Santo Padre –

richiede una Chiesa capace di operare un discernimento per confrontarsi con le diverse culture e visioni dell’uomo. Per un mondo in trasformazione c’è bisogno di una Chiesa rinnovata e trasformata dalla contemplazione e dal contatto personale con Cristo, per la potenza dello Spirito”. “Così come Dio ha un sogno su ciascuno di noi, e tale sogno risponde alla nostra vocazione, oggi con voi ad occhi aperti sogno anch’io – ha detto don Walter nel suo discorso di saluto alla comunità di San Tarcisio. Sogno una comunità che sull’esempio del Cristo-servo abbia il coraggio di piegarsi servendo il fratello che è nel bisogno. Sogno una comunità che possa presto radunarsi numerosa per celebrare la gioia dell’incontro con Dio e con i fratelli”. Maria Luisa Secchi

con gli abitanti di Siliqua, dai quali mi sono sentito accolto, mi sono sentito amato e a mia volta li ho amati accogliendo tutti, senza preferenze. Ma questa è la vita del sacerdote. Bisogna continuamente rimetterci in discussione, per vedere se davvero stiamo camminando secondo il progetto d’amore che Dio ha per ognuno di noi, ripartendo sempre per non rimanere statici e perché ci sia un rinnovamento continuo a livello personale. Quando una comunità si rinnova, si prefigge nuovi obiettivi da raggiungere insieme. In merito alla nuova realtà di Settimo, quali sono le attese e le prospettive da realizzare? La prima cosa da fare sarà quella di osservare e ascoltare per poter capire quali sono le priorità della comunità parrocchiale. Anche se i punti fermi del mio ministero saranno dedicati alla realtà della famiglia. In una comunità se non si collabora con la famiglia, poco abbiamo da sperare. Lavorare con le famiglie ci permette di arrivare a tutti, genitori e figli, giovani, adulti e anziani perché la

famiglia è la base delle nostre comunità. L’attesa è che davvero si possa camminare assieme e ci possa essere un dialogo proficuo con tutti. Alla luce della sua esperienza, quali sono le problematiche urgenti di una comunità parrocchiale? Essere a fianco di tutti, soprattutto degli ultimi. La priorità sarà quella di farmi vicino a chi vive il problema della mancanza del lavoro, della povertà che nelle nostre città si tocca con mano oggi più che mai. Mettendomi a disposizione di tutti cercherò di condividere i problemi, andando verso chi spesso e volentieri si sente abbandonato dalla Chiesa stessa. Questa è una delle accuse che ci vengono rivolte più spesso. è quello che il Signore ci dice di fare, “Amare il prossimo come noi stessi”. Pur riconoscendo i miei limiti, mi auguro di poter essere in grado di entrare nella nuova realtà che vado a incontrare e a servire, non come “il salvatore”, ma per essere salvato insieme a ciascuno di loro, facendo insieme un cammino di fede. Fabio Figus

Il 31 ottobre Vigilia di Tutti i Santi don Giuseppe Orrù, dopo gli anni spesi al servizio della comunità di Siliqua, ha fatto il suo ingresso come parroco a Settimo San Pietro. Per tutti i fedeli si è trattato di un momento di festa per l’arrivo del nuovo pastore e di preghiera per il suo ministero

Aiutare tutti ad incontrare Dio che è Padre on l’ingresso ufficiale di venerdì scorso, accompagnato dall’arcivescovo monsignor Miglio, don Giuseppe Orrù ha iniziato un nuovo capitolo della sua vita sacerdotale insieme agli abitanti di Settimo San Pietro. Succede alla guida della comunità parrocchiale a don Elenio Abis, Don Giuseppe, dal settembre 2005 ad oggi era parroco di Siliqua. È sacerdote da quasi quattordici anni. Quali sentimenti ha provato nel lasciare la comunità nella quale ha operato per ben nove anni?

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Lasciare una comunità è sempre doloroso. Ma si porta con sé la continuità nel servizio mettendosi alla scuola del Vangelo per esserne testimoni in prima persona, non stravolgendo la realtà di una comunità parrocchiale, ma cercando di entrare nei ritmi della stessa, avendo ben presente che è la comunità dei figli di Dio, del popolo dei battezzati. Cosa comporta tutto questo nella vita di un sacerdote? Come dicevo prima, dispiace lasciare una parrocchia. Ho vissuto nove anni

n CADA DIE TEATRO Lettura e nuovi spazi pubblici teatrali Martedì 11 novembre la comunità di Senorbì è in festa per i 75 anni di consacrazione della chiesa parrocchiale. Per l’occasione il parroco, don Nicola Ruggeri, ha programmato una serie di appuntamenti per l’intero mese di novembre. In particolare martedì 11, alle 10.30 Santa Messa presieduta dal parroco, mentre nel pomeriggio alle 18 la processione con il simulacro di Santa Barbara per le vie del paese. Al termine la Messa solenne presieduta da monsignor Antioco Piseddu, vescovo emerito d’Ogliastra e dagli ex - parroci di Senorbì. La celebrazione sarà animata dal coro polifonico Santa Barbara di Senorbì diretto dal maestro Massimo Atzori.

n IN LIBRERIA Un nuovo volume su Paolo VI Paolo VI è vissuto in tempi di grandi rivolgimenti. Il travaglio del post-Concilio, a cui non era estraneo il Sessantotto, ha trasformato questo sacerdote e vescovo di origini lombarde nel traghettatore chiamato a guidare la Chiesa in tempi tormentati mantenendola unita. Montini, arcivescovo di Milano, creato cardinale e valorizzato da papa Roncalli, viene scelto dal Conclave del giugno 1963 proprio perché continui il Concilio e lo guidi con mano sicura. E portare a termine il Vaticano II, facendo sì che i suoi documenti fossero votati praticamente all’unanimità, fu il primo vero miracolo di Papa Montini, per certi versi ancora più eclatante della guarigione inspiegabile del bambino non nato che lo porta alla beatificazione, raccontata in questo libro direttamente dal postulatore della Causa, padre Antonio Marrazzo. Rivisitando le puntuali cronache sul campo di Domenico Agasso senior, gli autori ripercorrono i passi di questo grande Pontefice che, assumendo il nome dell’Apostolo delle Genti, lasciò più volte Roma per andare ad annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne del suo tempo, fino agli estremi confini della terra. “Paolo VI Il santo della modernità”, di Domenico jr Agasso e Andrea Tornielli.

n IL 15 NOVEMBRE In ricordo dell’affondamento di navi A 71 anni dall’affondamento del convoglio delle regie navi Loredan, Isonzo Entella, sabato 15 novembre a partire dalle 10 nello specchio d’acqua antistante la Torre del Finocchio, nei pressi di Torre delle Stelle, sulla litoranea per Villasimius, verranno ricordati i caduti di quel tragico evento, con la posa di una targa di bronzo, la deposizione di corone e la benedizione. Alle 16 al Palazzo regio di Cagliari è previsto un convegno in ricordo dell’evento.


Tradizioni

14 In tanti paesi si rinnovano le tradizioni di “is animeddas” e “is panixeddas” er i Santi si fa «su mortu-mortu». In questo nome si compendiano i dolciumi usati in tal giorno. Sono i «papassinos», dolci di uva passa, di mandorle, di noci e di nocciuole, riunite da una specie di poltiglia impastata con sapa o con acqua inzuccherata (...) il pane per la festa dei morti è finissimo, tutto intagliato e scolpito. (...) La sera di Tutti i Santi i sagrestani delle chiese di Nuoro si armano di un campanello e di bisacce, e picchiano quasi ad ogni porta, chiedendo il «mortu mortu». Vengon loro dati i «papassinos», il pane, frutta secche, mandorle e noci. Il frutto di questa bizzarra raccolta i sagrestani se lo spartiscono in santo amore, e lo divorano allegramente, durante la notte, mentre suonano i tristi rintocchi mortuari. Compagnie di ragazze allegre e di bimbi imitano il costume dei sagrestani, e vanno per le case chiedendo il «mortumortu»” (DELEDDA G., Tadizioni popolari di Nuoro, Il Maestrale, 1894, pp. 203-204). Questa tradizione popolare descritta da Grazia Deledda era molto viva in Sardegna e a seconda della zona assumeva nomi diversi: Is Animeddas, Su mortu mortu, Su Prugadoriu o Is Panixeddas. Ancora oggi in diversi paesi della Sardegna la tradizione è ancora presente o fatta rivivere anche in contrapposizione alla festa di Halloween. Vi sono certamente delle analogie con quest’ultima il cui termine deriva da All Hallows Eve, “Vigilia di Tutti i Santi”, cioè “Vigilia della festa di Tutti i Santi”. Tale festa ricorre, appunto, il 1º novembre, mentre la festa della tradizione sarda cade il 2 novembre per la Commemorazione dei defunti. Probabilmente l’origine di ambedue sta negli antichi riti dell’Europa precristiana che celebravano il passaggio dall’estate all’inverno. Con l’avvento e la diffusione del Cristianesimo, in particolare quando Gregorio VII spostò la festa di Tutti i Santi al 1° novembre, le due le due ricorrenze vennero integrate assumendo un significato diverso legato alle festività cristiane. In particolare le due feste, oltre i ricordare i Santi e i defunti, avevano la caratteristica della solidarietà sociale: i più agiati venivano incontro ai poveri con dei doni. Solo ai primi del novecento la festa di Halloween si trasformò nella “notte degli scherzi”

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Il ricordo dei Santi e dei nostri defunti

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Nonostante la pressione del consumismo che propaganda “Halloween” in Sardegna non si sono perse le consuetudini che coinvolgono piccoli e grandi, legate alle ricorrenze di Tutti i Santi e alla Commemorazione dei fedeli defunti. Si tratta di un modo concreto per inculturare la fede ed in certi ambienti nella “notte del diavolo”, per diventare dopo il secondo conflitto mondiale una festa dei bambini anche grazie alle industrie, che dedicarono a loro tutta una serie di costumi, dolci e oggettini, e trasformandola in un business legato al consumismo. In Sardegna Is Animeddas, Su mortu mortu, Su Prugadoriu o Is Panixeddas, non sono legate alla Festa di Tutti i Santi ma alla Commemorazione dei Defunti. In passato nella notte del primo novembre in ogni casa venivano accese delle lampade a olio “is lantias”, una per ogni defunto, e riposte nella stanza più importante della casa. Al termine della cena non si sparecchiava la tavola e venivano lasciate aperte le porte e le credenze perchè i defunti potessero servirsi del cibo. Al mattino successivo, dopo la messa in cimitero, i bambini si riversavano nelle strade e bussando di porta in porta chiedevano i doni con frasi tipiche che variavano da zona a zona: seus benius po is

animeddas, mi das fait po praxeri is animeddas?, su mortu mortu, carki cosa po sas ànimas, peti cocone, is panixeddas, su pane su binu, su biddiu longu, sos sonadores. Il contraccambio per i doni erano le preghiere per is animeddas, cioè per i defunti. I doni erano costituti da piccoli pani fatti in casa, fichi secchi, melegrane, mandorle, uva passa e dolci di vario genere. Non si trattava, però, solo di una festa per i bambini. In vari paesi della Sardegna era consuetudine che nelle famiglie benestanti, oltre ai piccoli doni per i bambini, si facesse il pane per i poveri e a questi venissero donate delle provviste come grano, fave, ceci, lenticchie, vino, olio. Questa tradizione viva sino a non molto tempo fa in quasi tutti i paesi della Sardegna è andata scemando con l’avvento dell’industrializzazione e del consumismo. Ultimamente è stata rivitalizzata sia dove non si era mai interrotta sia dove era scomparsa, ciò dovuto alla riscoperta delle

proprie tradizioni e della loro peculiarità e in parte anche in contrapposizione alla festa di Halloween per rivendicare una certa identità che non si fa globalizzare. In paesi come San Sperate, dove la tradizione non si è mai interrotta, ancora oggi il due novembre i bambini con la zaino svuotato dai libri scolastici, fanno il giro delle case e dei negozi in cerca di doni. Ricevono caramelle, dolcetti, pastine, frutta secca. Anche in altri paesi della Sardegna la tradizione vive ancora, nel Campidano, nel Sarrabus Gerrei, nel Nuorese, in Ogliastra. A Seui questa tradizione è diventata una sagra col nome de Su Prugadoriu, che si svolge nel centro storico del paese. I bambini vanno per le case chiedendo un’offerta per le anime del Purgatorio, al fine di alleviare le loro pene e la tradizione è riproposta con la rappresentazione delle espressioni proprie della cultura locale, legata al mondo agro-pastorale.

A Cagliari, nella nella parrocchia del Santissimo Nome di Maria a La Palma, quest’anno è stata riproposta questa tradizione coinvolgendo diversi bambini e famiglie del rione. Le tradizioni della nostra terra previste per i Santi e i defunti sono una delle tante forme di pietà popolare che ha come significato profondo la comunione con coloro che ci hanno preceduto in questa vita terrena e la solidarietà nei confronti di chi è meno fortunato. Ben vengano quindi tutti i tentativi di far rivivere la nostra tradizione. Occorre riscoprire queste tradizioni religiose tenendo conto che “nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione” (Evangelii Gaudium, n. 126). Maurizio Serra

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Catechisti DETTO TRA NOI

Le nostre comunità dedicano grandi energie per portare avanti la catechesi con le diverse fasce di età. A volte i risultati appaiono insufficienti rispetto agli sforzi fatti. Non bisogna mai cedere allo scoraggiamento e perseverare nell’impegno di annuncio del Vangelo

Andrea Boccelli e la fede

Gioie e fatiche nel servizio dell’annuncio on passano inosservati l’intenso lavoro ed l’impegno che molte delle nostre parrocchie dedicano alla catechesi ed in modo particolare a quella per il completamento dell’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e ragazzi. Energie, persone, tempi ed iniziative strutturate per accompagnare la comunità cristiana nel suo incontro vivo con il Signore Gesù e per continuare l’opera di evangelizzazione soprattutto tra i più piccoli. Allo stesso tempo non si può non fare i conti con un senso di scoraggiamento e di rassegnazione che talvolta assale sacerdoti e catechisti, soprattutto quando si avverte il vuoto attorno ad alcune proposte e si sperimenta la fatica nell’annuncio e nel coinvolgimento comunitario, senza parlare della delusione per gli abbandoni e i rifiuti, sempre preventivati quando si tratta di Vangelo e vita cristiana. Incontriamo Gesù sottolinea, al numero 14, la distanza tra l’impegno profuso nella catechesi e l’obiettivo di una comunità cristiana coinvolta e partecipe nel vivere, celebrare e testimoniare l’incontro con il Risorto. Certamente viviamo un momento culturale molto complesso e dispersivo

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catechistica e nella testimonianza offerta. Incide in questo senso la difficoltà ad attivare percorsi di catechesi con e per gli adulti. Altra criticità è legata alla metodologia catechistica, laddove ci si preoccupa troppo della confezione senza dedicarsi,principalmente, al contenuto. Infatti non sempre, nelle diverse attività proposte, si riesce a rintracciare e far emergere l’esperienza salvifica di Cristo; anche il ricorso alla metodologia scolastica, in senso stretto, non aiuta a dare alla catechesi quel contesto

che, anche sul versante educativo, si rivela fragile e impotente dinnanzi a nuove e repentine sfide. Sappiamo bene quanto l’annuncio del Vangelo sia una proposta rivolta alla libertà dell’uomo, nel misterioso intrecciarci di chiamata e risposta e nel non delegabile percorso di adesione consapevole e personale. Ci sono, comunque, alcune fatiche che permangono nell’attività catechetica delle nostre parrocchie e che segnano, talvolta in modo decisivo, la vita di fede di tanti ragazzi, adulti e giovani che trascorrono un po’ del tempo della loro vita dentro i nostri gruppi e le nostre comunità. Gli Orientamenti per la catechesi sintetizzano, in questo modo, le fatiche che la catechesi di oggi, e non solo, incontra e che possiamo enucleare in tre direttrici tematiche: anzitutto la mancanza di coraggio nell’attività di primo annuncio e nei percorsi per il risveglio della fede. Infatti l’intorpidimento missionario impedisce alla comunità cristiana di ri-generarsi continuamente e di vivere la gioia della fede: ripetitività, abitudine, chiusura, rassegnazione e anonimato determinano, negativamente, il clima nelle celebrazioni, nella proposta

comunitario di accoglienza ed esperienziale necessario quando si incontra la proposta del Vangelo. Il cuore del problema, sottolineano i Vescovi, è sicuramente la formazione dei catechisti e l’ immobilismo dell’intera comunità cristiana che, talvolta, fatica a prendersi cura della trasmissione del Vangelo e a coinvolgersi direttamente nell’educazione e nella catechesi per le nuove generazioni e per i percorsi di nuova evangelizzazione e di risveglio della fede. Emanuele Mameli

L’esperienza della vita in Cristo Nonostante l’impegno profuso, la distanza dalla meta rimane sempre ampia. Il motivo risiede certamente nella complessità dell’attuale momento culturale e in qualche modo è anche insito nella natura stessa della libera scelta delle persone. Dobbiamo, inoltre, ammettere il persistere di nostre fatiche già più volte denunciate: l’esigua proposta di percorsi di primo annuncio o di risveglio della fede; la difficoltà di attivare percorsi di vera catechesi con e per gli adulti; la tentazione di risolvere la catechesi dei piccoli prevalentemente attraverso incontri che utilizzano una metodologia ispirata a ad un modello scolastico antiquato (la catechesi è sì, anche scuola, ma nel senso più bello e più alto del termine!); l’annacquamento dell’esperienza catechistica in banali animazioni di gruppo, senza sapere così più rintracciare l’esperienza – la vita in Cristo – attraverso le esperienze; la conoscenza solo superficiale e talvolta strumentale, spesso anche negli stessi operatori pastorali, della Scrittura, della dottrina cattolica e della vita ecclesiale; l’assenza o comunque l’ampia distanza dei percorsi di catechesi dalla testimonianza di carità; la carenza di progetti catechistici locali e di cammini formativi per gli operatori della catechesi; soprattutto, la delega ai catechisti – e spesso solo a loro - di quella dimensione educativa che può operare solo una comunità educante nel suo insieme, CEI, Incontriamo Gesù, n. 14 che professa, celebra e vive la fede.

n STORIE DI SANTI

San Martino di Tours tratti biografici della vita di San Martino ci fanno ricordare come egli fu una buona guida per il suo popolo, fondando alcuni monasteri, curando l'istruzione del clero ed evangelizzando i poveri. è il primo santo non martire, ricordato nella liturgia. Martino di Tours nasce in un'antica regione compresa tra i fiumi Danubio e Sava, che comprendeva la parte occidentale dell'attuale Ungheria nell'anno 316 o 317 da famiglia pagana. Suo padre, che era un importante ufficiale dell'esercito dell'Impero Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Con la famiglia si spostò a Pavia, e quindicenne, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare egli stesso nell'esercito e venne, quindi, mandato in Gallia. Quando Martino era ancora un soldato ebbe la visione che diverrà l'episodio più narrato della sua vita. Si

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trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D'impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Questo mantello miracoloso venne conservato come reliquia, ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino che egli si fece battezzare il giorno seguente e divenne cristiano. Lasciato l'esercito, raggiunge a Poitiers il dotto e combattivo vescovo Ilario che lo ordina esorcista: un passo sulla via del sacerdozio. Per la sua posi-

Si è lasciato intervistare dalla rivista “il mio Papa” (nel numero di domenica 12 ottobre, da pag. 20 a pag. 23). Il noto cantante, cieco, alla domanda: “come è arrivato alla scelta della fede nella sua vita”, ha così risposto: “la fede non è una scelta ma un dono che si sceglie di accettare o rifiutare. Accogliere la fede significa però impegnarsi a difendere un bene prezioso che può andare smarrito ad ogni aut aut, ad ogni alternativa che la vita ci presenta. La fede -perdonate la banalità del discorso- rischia molto spesso di fare la fine di certi attrezzi da ginnastica che molti di noi accettano di ospitare in casa per irrobustirci e migliorare il proprio aspetto fisico, per poi venire presto abbandonato perchè troppo faticosi per la nostra povera volontà”. Alla seconda domanda: “lei riesce sempre a mettere Dio davanti al proprio io'”, risponde così: “all'origine di tutte le tragedie umane, nessuna esclusa, troviamo sempre l'orgoglio. I tre grandi tragediografi greci (Eschilo, Sofocle ed Euriclide) ci hanno fatto questa importante rivelazione già secoli prima della nascita di Cristo. L'orgoglio è l'ostacolo più grosso che l'uomo incontra nel suo cammino verso la verità. La vita di

zione di prima fila nella lotta all'arianesimo, che aveva il sostegno della Corte, il vescovo Ilario viene esiliato in Frigia (Asia Minore). Quanto a Martino si fatica a seguirne la mobilità e l'attivismo anche perché non tutte le notizie sono ben certe. Fa probabilmente un viaggio in Pannonia e verso il 356 passa anche per Milano. Più tardi si trova in solitudine alla Gallinaria, un isolotto roccioso davanti ad Albenga, già rifugio di cristiani al tempo delle persecuzioni. Di qui Martino torna poi in Gallia dove riceve il sacerdozio dal vescovo Ilario, rimpatriato nel 360 dal suo esilio. Martino si adoperò per la conversione alla cristianità della popolazione gallica, facendo molti viaggi per predicare nella Francia centrale e occidentale, soprattutto nelle aree rurali. Nel corso di quest’opera divenne estremamente popolare e, nel 371, fu consacrato vescovo di

Tours. Martino, però, si rifiutò di vivere nella città fondando, invece, un monastero, a 4 chilometri, che divenne la sua residenza. Quando muore a Candes, l'8 novembre 397, si disputano il corpo gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. Questi ultimi, di notte, lo portano poi nella loro città per via d'acqua, lungo i fiumi Vienne e Loire. Nella sua festa si celebra nell'anniversario della sepoltura avvenuta l'undici novembre e la cittadina di Candes si chiamerà CandesSaint-Martin. Migliaia di chiese in Europa e nel mondo sono dedicate a S. Martino. Andrea Agostino

ciascuno di noi è minata da falsi miti, da pericolose lusinghe, da ingannevoli canti di sirene... se è vero che la carne è debole, è anche vero che essa incatena l'essere umano da cui è davvero difficile fuggire. Ci sono lacci e insidie per tutti, noti o sconosciuti, ricchi o poveri, vecchi o giovani che siano. A questo tema ho dedicato, tempo fa, alcuni poveri versi: uomo! Come sei piccolo al cospetto di chi ti volle fatto per la luce. E per contro come sei grande rispetto alla miseria che in te si produce!!! tragicamente libero e sospeso tra l'infinito e il nulla, ti smarrisce la vanità del mondo, che svanisce, lasciandoti sconfitto e vilipeso. Ebbro di orgoglio e perso il tuo io, tuoni contro la sorte e i suoi decreti; arbitro in terra e di te Dio, insegui ciò che fa i tuoi giorni lieti. Così vivi e non spezzi le catene che fanno di te uno schiavo e fuggi il bene. Impressionato e vinto dalla luce, ti aggrappi a chi nel buio ti conduce. Ciò che ti perde e ti corrompe, ami; e tutto ciò che ti abbrutisce, brami! Se solo per un attimo potessi vedere oltre te stesso, oltre le mura del tuo penoso carcere e volessi fuggire la menzogna e la paura, allora si conosceresti il senso della tua vita e il tuo valore immenso”. Che riflessioni, amici! Non ci resta che riprendere ogni espressione meditandola profondamente. La fede è un dono che va testimoniato con amore e con gioia. Termina così la lunga intervista al cantante cieco fisicamente ma vedente con gli occhi dello spirito: “a volte credere può sembrare difficile, ma come scriveva il grande autore russo Tolstoj nel suo diario: come può essere difficile fuggire da una stanza in fiamme per l'unica porta spalancata?”. Nel 2011 ha voluto una fondazione per aiutare i più poveri prevalentemente ad Haiti e in Italia, accanto all'elemosiniere del Papa, con un progetto a sostegno dei senza tetto. Don Tore Ruggiu


Papa Francesco

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domenica 9 novembre 2014

La catechesi del Santo Padre all’Udienza generale

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Roberto Piredda Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari

nnanzitutto, quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai Vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: “Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…” – “Ma, dimmi, chi è la Chiesa?” – “Sono i preti, i vescovi, il Papa…” – La Chiesa siamo tutti, noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace. Tutti coloro che fanno ciò che il Signore ci ha comandato sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la

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Chiesa: realtà spirituale e visibile

“Come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale” realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli, per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Ma questo non si può misurare ed è tanto grande! Come si fa a conoscere tutte le meraviglie che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona? Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio. Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale

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essa viene generata, in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede (cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8). Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo

comprenderlo guardando a Cristo. Cristo è il modello della Chiesa, perché la Chiesa è il suo corpo. è il modello di tutti i cristiani, di tutti noi. Quando si guarda Cristo non si sbaglia. […] Come Cristo si è servito della sua umanità perché era anche uomo - per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza - perché era Dio -, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede, i sacramenti e la testimonianza di tutti noi cristiani, la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù. Cari fratelli e sorelle, spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti. Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori.

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Nessuno di tutti noi può dire: “Io non sono peccatore”. Ma se qualcuno di noi si sente che non è peccatore, alzi la mano. Tutti lo siamo. E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo. Quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: “Ma, quella persona di là, va sempre in Chiesa ma sparla di tutti…”. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un peccato. E così noi diamo un cattivo esempio: “E, insomma, se questo o questa è cristiano, io mi faccio ateo”. La nostra testimonianza è quella di far capire cosa significa essere cristiano. Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità. Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma possiamo anche diventare motivo di testimonianza, dicendo con la nostra vita quello che Gesù vuole da noi. (29 ottobre 2014)

Redazione: Francesco Aresu, Federica Bande, Maria Chiara Cugusi, Fabio Figus, Maria Luisa Secchi, Roberto Comparetti. Hanno collaborato a questo numero: Tore Ruggiu, Valeria Usala, Maria Grazia Pau, Michele Antonio Corona, Franco Camba, Marco Scano, Susanna Mocci, Emanuele Mameli, Gian Mario Aresu, Paola Lazzarini Orrù, Annacarla Angius, Chiara Lonis, Mariano Simoni, Maurizio Serra, Andrea Agostino Per l’invio di materiale scritto e fotografico e per qualsiasi comunicazione fare riferimento all’indirizzo e-mail: settimanaleilportico@gmail.com L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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