Poste Italiane SpA Spedizione in abb.to postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB Cagliari
SETTIMANALE DIOCESANO
A N N O X I N .43
Chiesa
2
Regione
3
DI
CAGLIARI
Famiglia
DOMENICA
11
23
NOVEMBRE
2014
Cultura
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Una riflessione sulla vita dei presbiteri
La riforma della sanità in Sardegna
Il servizio del Tribunale Ecclesiastico
Il Convegno sul “gender” in Facoltà Teologica
’Assemblea Generale della CEI ha lavorato L sulla realtà della
l Consiglio Regionale ha approvato la Ilegge che modifica il
’intervista a don Mario Bucciero, L Vicario Giudiziale, sui
ristide Fumagalli ha approfondito A il tema della
formazione permanente
sistema sanitario
casi di nullità
differenza di genere
EDITORIALE
€ 1.00
Diritto alla vita. Le parole del Papa ai Medici Cattolici
La Chiesa per la scuola di Roberto Piredda on bisogna smettere di lavorare per “La buona scuola”. Il 15 novembre è terminato il periodo di consultazione sulle linee guida del Governo italiano in materia d’istruzione. Pur nella normale dialettica tra le diverse posizioni intorno alle proposte governative, c’è sicuramente da notare un fatto positivo: si parla di scuola e si cerca di discutere su qualcosa di concreto. Non è poco. Il mondo cattolico non è rimasto estraneo al dibattito sulla scuola e questo grazie alle riflessioni, portate avanti sulla stampa e nella rete, e anche ai contributi specifici sul testo de “La Buona scuola”, che sono stati realizzati da varie realtà associative di insegnanti e studenti. Un campo significativo dove si realizza il contributo della comunità ecclesiale all’istruzione è senza dubbio quello dell’Insegnamento della Religione Cattolica (Irc), che rappresenta una risorsa preziosa dentro il sistema della scuola pubblica italiana, sia statale che paritaria. Mentre l’attenzione della gran parte dei media si concentra soltanto su “scandali” inventati come quello dell’insegnante di Moncalieri o della lettera circolare dell’Ufficio Irc della diocesi di Milano, si tace su ciò che avviene ogni giorno nelle scuole italiane. Nove studenti su dieci, statistiche ufficiali alla mano, scelgono di avvalersi ogni anno dell’Irc. Nella diocesi di Cagliari, per esempio, la percentuale supera il 94%. Si tratta di una scelta libera e consapevole, che fa emergere il riconoscimento evidente dell’importanza dell’ora di religione da parte delle famiglie e degli studenti. Nell’Accordo di revisione del Concordato del 1984 leggiamo che «la Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado» (Art. 9. 2). Comprendiamo quindi - ed è cosa da sottolineare che l’Irc non è una forma di “catechesi dentro la scuola”, ma una materia scolastica curricolare che viene impartita nel «quadro delle finalità della scuola». La realtà dell’Irc è di carattere concordatario, deriva cioè da un particolare accordo tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, che ha reso possibile il suo inserimento nel quadro delle finalità della scuola. La normativa concordataria ha poi sempre riconosciuto il diritto dell’Ordinario (il vescovo diocesano) di concedere l’idoneità all’insegnamento ai docenti e decidere, attraverso l’Intesa con l’Autorità scolastica, sulla loro destinazione nelle scuole. L’Irc costituisce una realtà “atipica”, ma questa è proprio la sua ricchezza: è istituzionalmente inserito nel quadro delle finalità della scuola e, al contempo, mantiene un riferimento decisivo con la comunità ecclesiale, che garantisce la formazione iniziale e permanente dei docenti, li sceglie e li invia nelle scuole come espressione della sua missione educativa. Perché l’Irc sia sempre più efficace è necessario che i docenti, preti e laici, coltivino questa sana “atipicità”, data soprattutto dalla capacità di offrire il valore aggiunto di chi sente la chiamata ad essere educatore, sta attento alle necessità dei ragazzi espresse in diverse forme-, e li aiuta ad essere delle persone libere e responsabili, operando da cristiani nella scuola. Continua a pagina 2
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Fedeli al Vangelo della vita Il Santo Padre ha ricordato il vero significato del prendersi cura di ogni persona e ha messo in guardia contro una falsa idea di compassione: “Alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre ‘di qualità’. Il pensiero dominante propone a volte una ‘falsa compassione’: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio, considerato come un diritto, invece di accoglierlo come dono” 16
n VEGLIA
D’AVVENTO
Lavoro
3 Giovani
I Vescovi sardi vicini ai dipendenti di Meridiana
Cagliari Un’indagine sul quartiere di Is Mirrionis
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Un percorso di fede per i cresimandi del Poetto
7 Spettacolo 10 Il grande successo della Traviata al Teatro Lirico
Sabato 29 novembre alle ore 20, si terrà a Cagliari, nella chiesa Cattedrale, la Veglia di preghiera per l’inizio dell’Avvento, “Vieni e illumina la nostra casa”, presieduta dall’Arcivescovo. Sono invitati tutti i fedeli della Diocesi: in particolare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i diaconi, i catechisti, i membri dei consigli pastorali, i laici delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, i tanti collaboratori nelle attività pastorali, diocesane e parrocchiali.
Attualità
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domenica 23 novembre 2014
Il sacerdozio è un dono da ravvivare di continuo Dal 10 al 13 novembre si è svolta ad Assisi l’Assemblea Generale della Cei Al centro dei lavori il tema della formazione permanente dei presbiteri Pubblichiamo alcuni passaggi del Messaggio che Papa Francesco ha rivolto all’Episcopato Italiano in occasione dell’Assemblea Generale e della Lettera che i Vescovi hanno indirizzato ai presbiteri italiani. Cari fratelli nell’Episcopato, tra le principali responsabilità che il ministero episcopale vi affida c’è quella di confermare, sostenere e consolidare questi vostri primi collaboratori, attraverso i quali la maternità della Chiesa raggiunge l’intero popolo di Dio. Quanti ne abbiamo conosciuti! Quanti con la loro testimonianza hanno contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione! Da quanti di loro abbiamo imparato e siamo stati plasmati! Nella memoria riconoscente ciascuno di noi ne conserva i nomi e i volti. Li abbiamo visti spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri, nella consapevolezza che “separarsi per non sporcarsi con gli altri è la sporcizia più grande” (L. Tolstoj). Liberi dalle cose e da sé stessi, rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta. I sacerdoti santi sono peccatori perdonati e strumenti di perdono. La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di essere nelle mani di Uno che non viene meno alle promesse e la cui Provvidenza fa sì
che nulla possa mai separarli da tale appartenenza. Questa consapevolezza cresce con la carità pastorale con cui circondano di attenzione e di tenerezza le persone loro affidate, fino a conoscerle ad una aduna. Sì, è ancora tempo di presbiteri di questo spessore, “ponti” per l’incontro tra Dio e il mondo, sentinelle capaci di lasciar intuire una ricchezza altrimenti perduta. Preti così non si improvvisano: li forgia il prezioso lavoro formativo del Seminario e l’Ordinazione li consacra per sempre uomini di Dio e servitori del suo popolo. Ma può accadere che il tempo intiepidisca la generosa dedizione degli inizi, e allora è vano cucire toppe nuove su un vestito vecchio: l’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo. La formazione di cui parliamo è un’esperienza di discepolato permanente, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Perciò essa non ha un termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo. Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona e il suo ministero. La formazione iniziale e quella permanente sono due momenti di una sola realtà: il cammino del discepolo presbitero, innamorato del suo Signore e costantemente alla sua sequela (cfr Discorso alla Plenaria della Congregazione per il Clero, 3 ottobre 2014). Del resto, fratelli, voi sapete che non
servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione. Solo chi tiene fisso lo sguardo su ciò che è davvero essenziale può rinnovare il proprio sì al dono ricevuto e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono di sé; solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni. Papa Francesco Carissimi presbiteri delle Chiese d’Italia, in questo tempo la missione della Chiesa e la vita delle comunità cristiane devono affrontare delle sfide che per molti aspetti ricadono sui preti, ne rendono particolarmente gravoso il ministero: quanta ammirazione e gratitudine vi dobbiamo per quello che fate! Ma insieme dobbiamo prenderci cura del ministero del prete perché le fatiche e le prove non spengano la gioia, non stanchino lo slancio missionario, non offuschino la lucidità del discernimento, non impediscano l’intensità della preghiera e la disponibilità a quell’incontro con le persone che arricchisce tutti, consola, rende sapienti, se è vissuto secondo lo Spirito di Dio. Insieme! La formazione dei ministri ordinati e la riforma della loro vita sono il compito di tutta la comunità cristiana, sono responsabilità del vescovo e di tutto il
presbiterio. Insieme! Il cammino che ci aspetta non può che essere compiuto insieme, in un presbiterio che diventa luogo di paternità e fraternità, di discernimento e di accompagnamento. Siamo infatti persuasi che il fattore determinante del rinnovamento della vita del clero è l’assunzione dell’appartenenza al presbiterio come determinazione essenziale della nostra identità sacerdotale. Insieme, in quella comunione che il sacramento costituisce tra noi, vogliamo intravedere e percorrere i sentieri che lo Spirito di Dio ci suggerisce per essere pastori secondo il cuore di Cristo. L’amore di Cristo per noi e di noi per il Signore e la sua Chiesa, è il principio
della nostra vocazione e ci riempie di trepidazione nel nostro ministero: noi, vescovi e preti, portiamo volentieri il peso del nostro servizio, ma sentiamo anche il timore di diventare un peso per le nostre comunità a motivo delle nostre inadeguatezze e dei nostri peccati. L’amore, cioè il desiderio di servire sempre meglio il Signore che ci ha chiamati e le persone che amiamo, ci convince ad essere umili, attenti e disponibili per la conversione. Nessuna proposta formativa e nessuna forma di accompagnamento possono produrre un qualche frutto se non cresce in noi la persuasione di aver bisogno di essere aiutati, corretti, istruiti, formati. I Vescovi italiani
orrei chiedere ai Capi di Stato e di Governo del G20 di non dimenticare che dietro le discussioni politiche e tecniche sono in gioco molte vite e che sarebbe davvero increscioso se tali discussioni dovessero rimanere puramente al livello di dichiarazioni di principio. Nel mondo, incluso all’interno degli stessi Paesi appartenenti al G20, ci sono troppe donne e uomini che soffrono a causa di grave malnutrizione, per la crescita del numero dei disoccupati,
per la percentuale estremamente alta di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale che può portare a favorire l’attività criminale e perfino il reclutamento di terroristi. Oltre a ciò, si riscontra una costante aggressione all’ambiente naturale, risultato di uno sfrenato consumismo e tutto questo produrrà serie conseguenze per l’economia mondiale […] Il mondo intero si attende dal G20 un accordo sempre più ampio che possa portare, nel quadro dell’ordinamento delle Nazioni Unite, a un definitivo arresto nel Medio Oriente dell’ingiusta aggressione rivolta contro differenti gruppi, religiosi ed etnici, incluse le minoranze. Dovrebbe inoltre condurre ad eliminare le cause profonde del terrorismo, che ha raggiunto proporzioni finora inimmaginabili; tali cause includono la povertà, il sottosviluppo e l’esclusione. È diventato sempre più evidente che la soluzione a questo grave problema non può essere esclusivamente di
nostre scuole, ci parla di ragazzi - di ogni orientamento culturale o religioso- che hanno la straordinaria opportunità di confrontare il loro vissuto con la proposta di senso del cristianesimo, di riflettere su fatti che accadono nella nostra società, di accostarsi al patrimonio
culturale cattolico, e anche di incontrare nei docenti di Irc degli adulti disponibili ad ascoltarli e ad incoraggiarli nel loro cammino. Quel qualcosa “di più” e di “speciale”, che comunemente si chiede all’Irc, non è una difficoltà da superare; anzi, è indice del fatto che c’è in questo campo il bisogno, l’attesa di un tesoro educativo che può fare davvero del bene alla scuola italiana.
natura militare, ma che si deve anche concentrare su coloro che in un modo o nell’altro incoraggiano gruppi terroristici con l’appoggio politico, il commercio illegale di petrolio o la fornitura di armi e tecnologia. Vi è inoltre la necessità di uno sforzo educativo e di una consapevolezza più chiara che la religione non può essere sfruttata come via per giustificare la violenza […] La situazione nel Medio Oriente ha riproposto il dibattito sulla responsabilità della comunità internazionale di proteggere gli individui e i popoli da attacchi estremi ai diritti umani e contro il totale disprezzo del diritto umanitario. La comunità internazionale, e in particolare gli Stati Membri del G20 dovrebbero anche preoccuparsi della necessità di proteggere i cittadini di ogni Paese da forme di aggressione, che sono meno evidenti, ma ugualmente reali e gravi. Mi riferisco specificamente agli abusi nel sistema finanziario, come quelle transazioni che hanno portato alla crisi del 2008 e più in generale alla speculazione sciolta da vincoli politici o giuridici e alla mentalità che vede nella massimizzazione dei profitti il criterio finale di ogni attività economica. Una mentalità nella quale le persone sono in ultima analisi scartate non raggiungerà mai la pace e la giustizia. Tanto a livello nazionale come a livello internazionale, la responsabilità per i poveri e gli emarginati deve perciò essere elemento essenziale di ogni decisione politica.
I poveri e gli esclusi non vanno ancora dimenticati Alcuni passaggi della Lettera di Papa Francesco in occasione del vertice del G20 che si è tenuto la scorsa settimana a Brisbane in Australia
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n DALLA PRIMA Un insegnamento che, come talvolta si sente proporre, fosse ridotto ad una mera “storia delle religioni” oppure ad una sorta di “ora di etica”, con dei docenti separati dal rapporto di comunione e fiducia con la comunità ecclesiale, sarebbe semplicemente un’arida e probabilmente assai noiosa teoria,
che riduce il cristianesimo ad un fenomeno religioso del passato o ad un insieme di precetti etici, incapace di mostrare quella che Luigi Giussani chiamava «la pertinenza della fede alle esigenze della vita» (Il rischio educativo). Quanto avviene ogni giorno nelle aule e nei corridoi delle
domenica 23 novembre 2014
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Attualità
Come cambia la sanità nella nostra Isola Il Consiglio Regionale ha dato il via libera alla riforma del settore sanitario Per Pigliaru si abbatteranno sprechi e inefficienze. Critiche dall’opposizione l Consiglio regionale della Sardegna, la settimana scorsa, ha approvato la legge che permetterà di avviare il processo di riforma del Sistema sanitario regionale. Di conseguenza, entro l’anno, contestualmente al riordino degli enti locali e alla ridefinizione territoriale delle province, che si chiameranno distretti, tra l’altro potrebbe esserci il taglio delle Aziende sanitarie locali in Gallura, in Ogliastra, nel Medio Campidano e nel Sulcis. Così, dalle undici attuali si dovrebbe scendere a otto, comprese le Aziende ospedaliere di Cagliari e Sassari e quella del Brotzu. Con il via libera alla legge, approvata con i soli voti del centrosinistra, nascono in Sardegna l’Agenzia regionale per l’emergenza-urgenza (Areus), gli ospedali di comunità, che sostituiranno i piccoli presìdi territoriali, i distretti sanitari e le case della salute, che ingloberanno i poliambulatori, i medici di famiglia e i pediatri. La legge sancisce anche l’accorpamento dell’ospedale Santissima
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Annunziata di Sassari nell’Azienda ospedaliero universitaria del nord Sardegna e l’incorporazione del Microcitemico e dell’Oncologico nell’Azienda Brotzu di Cagliari. Viene inoltre introdotto nei Pronto soccorso il codice rosa per le vittime di violenza, che troveranno un’équipe multidisciplinare a disposizione. La legge di riforma prevede anche la cancellazione dell’Agenzia regionale della sanità e la previsione dell’accentramento degli acquisti che si perfezionerà con la nascita della Centrale unica per tutti gli acquisti della Regione, degli Enti locali e delle Aziende sanitarie. Un ulteriore cambiamento riguarderà il nome dell’assessorato competente, destinato a diventare “della Salute”. Nel presentare il provvedimento di riforma nel corso di una conferenza stampa, il Presidente della Giunta regionale Francesco Pigliaru ha affermato: «Con questa riforma si inizia a parlare in modo sistematico di sanità nel territorio. Gli ospedali devono avere eccellenze, ma ci sarà anche la presenza della sanità nel
territorio in modo uniforme nei servizi erogati». Da parte sua, l’assessore regionale alla sanità Luigi Arru ha sottolineato: «Vogliamo dare nuova motivazione ai cittadini e ai professionisti e creare circolarità dei servizi nel territorio della Sardegna. Inizieremo a misurare la qualità dei servizi e parleremo per la prima volta con autorevolezza di governo clinico. Con le case della salute e gli ospedali del territorio creiamo un sistema che parte dal territorio anche per cercare di eliminare l’inappropriatezza dei servizi a partire dai tanti codici bianchi nei pronto soccorso». Sull’accorpamento degli ospedali Brotzu, Microcitemico e Oncologico, l’assessore sostiene che si tratta di un provvedimento per «aumentare la qualità», mentre l’Areus «darà risposte a quelle parti della Sardegna che hanno tempi di accesso ai servizi di emergenza oltre i 60 minuti, andando verso l’istituzione del numero unico europeo di emergenza». Le opposizioni di centrodestra,
n FAMIGLIA. La sentenza della Cassazione interviene sulla “maternità surrogata”
Un figlio è sempre un dono
sostanzialmente contrarie al provvedimento, ne contestano l’approvazione riferendosi fondamentalmente alla presunta violazione di norme procedurali. Infatti, al momento di approvare una rettifica sul testo della norma che apre la strada ai commissariamenti delle Aziende sanitarie, hanno abbandonato l’Aula in segno di protesta, e si sono dette pronte a ricorrere al Governo e alla Magistratura per chiedere se esistano i presupposti per una violazione della legge sulla procedura che ha “salvato” il commissariamento di tutte le aziende sanitarie. «L’urgenza era arrivare al commissariamento delle Asl, ma il fatto gravissimo che non rimarrà senza conseguenze è che non può rientrare dalla finestra ciò che invece il Consiglio aveva già votato», ha protestato il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis. Un affondo sul merito della riforma
è arrivato dal capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni. «Si tratta di un norma – ha spiegato – che non è una riforma perché non dice neppure quale sarà il ruolo agli ospedali. Ci sono invece anime della maggioranza che vogliono aggredire i posti di potere». Riguardo alla sostituzione dei manager delle Asl attualmente in carica, il governatore Pigliaru ha detto di sentire «tutta la responsabilità» delle scelte dei Commissari, che presumibilmente saranno nominati entro la prima quindicina di dicembre». «Le aziende devono essere governate da persone competenti, perché – ha spiegato – in questi cinque anni la sanità è stata lasciata in condizioni che non vanno bene. Oggi il centrodestra protesta ma sono loro che nella sanità hanno fatto disastri. Comunque siamo pronti ad ascoltare». Franco Camba
n IL FATTO
La Chiesa sarda è fortemente vicina al disagio dei lavoratori di Meridiana
Il caso riguarda una coppia italiana che ha ottenuto un figlio da una donna ucraina. Per la nostra legge la madre è soltanto la donna che partorisce na coppia di Ricengo (Cremona) non riesce ad avere figli e decide di ricorrere al sistema della maternità surrogata in Ucraina: un uomo esterno alla coppia fornisce lo spermatozoo, un'altra donna l'ovocita ed il frutto della fecondazione viene impiantato nell'utero di un'altra donna ancora. Il bambino nasce nel 2011 e viene registrato all'anagrafe ucraina come figlio della coppia. Ma i due presunti genitori - li chiamiamo, da qui in poi, Tizio e Caia - tornano a Ricengo, dove è necessario procedere ad una nuova registrazione. "Ma una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale", canterebbe De Andrè: l'ufficiale di stato civile decide di non registrare come figlio dei due un bambino fatto nascere ricorrendo ad un metodo non riconosciuto in Italia e segnala il caso alla Procura. La competenza è del Tribunale dei Minorenni, che si esprime a favore dell'adozione del minore: quel bambino ragionano i Giudici - non è figlio della coppia (oltre che biologicamente, anche legalmente) perché nel nostro ordinamento non si può ricorrere al metodo dell'utero in affitto. Allo stesso risultato giungono la Corte d'Appello e, poco più di dieci giorni fa, la Corte di Cassazione, che si esprime chiaramente: in base alla legge 40/2004, sotto questo profilo non dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, in Italia non è
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possibile ricorrere allo strumento della maternità surrogata. Il certificato di nascita estero del bambino è, in questo caso, irriconoscibile nel nostro ordinamento, Tizio e Caia sono soltanto genitori apparenti ed il bambino va considerato in stato d'abbandono. Ma, a voler essere precisi, anche per la legge ucraina non si tratta di un caso riconosciuto - in quello Stato per stipulare un contratto di surrogazione è necessario, a pena di nullità, che almeno il cinquanta percento del patrimonio genetico sia di un individuo della coppia committente, vale a dire che lo spermatozoo o l'ovocita siano del genitore legale e neppure la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha mai sancito in generale il diritto del nato con surrogazione ad essere riconosciuto dalla coppia che ha richiesto il bambino. Nel nostro ordinamento, inoltre, l'art. 269, 3º comma, del Codice Civile recita: "La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre". Insomma, se non si partorisce, per la legge italiana non si è madri. Nella sentenza si legge, in particolare, che è stato violato un divieto - quello "di pratiche di surrogazione di maternità" - che "è certamente di ordine pubblico" (presidiato anche da una sanzione penale), dal momento che bisogna considerare "la dignità umana costituzionalmente tutelata - della gestante e l'istituto dell'adozione": con quest'ultimo, la surrogazione di maternità "si pone oggettivamente in conflitto",
perché soltanto con l'adozione si possono realizzare "progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato". Mentre Tizio e Caia saranno parte di un procedimento penale per alterazione di stato di minore, il bambino dovrà essere adottato: potrà farlo chi dimostrerà di avere i requisiti richiesti dalla legge. Questo caso fa riflettere: un figlio non si può avere ad ogni costo. C'è una legge naturale che nessuno può cambiare. Non si tratta di essere credenti o non credenti, cattolici o fedeli di un'altra religione. Si tratta della necessità, che tutti gli uomini dovrebbero sentire, di seguire un criterio puramente umano, un criterio che si dovrebbe apprendere sin da bambini: non tutto si può fare. Certo, come insegnava il Venerabile Fulton Sheen, l'intransigenza si applica ai princìpi e non alle persone. Verso Tizio e Caia bisogna avere un atteggiamento delicato, ma ciò che soprattutto scotta è la condizione del bambino: è la vera parte debole di questa triste storia, è una vittima del pensiero per cui tutto è permesso. Gian Mario Aresu
La Chiesa sarda è vicina ai lavoratori che soffrono per la crisi. È il senso della celebrazione Eucaristica di lunedì scorso nella cappella dell’aeroporto di Olbia, alla presenza di tutti i vescovi sardi. Il rito presieduto dall’Arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio e concelebrato dalla quasi totalità dell’episcopato isolano, ha visto una folta partecipazione dei lavoratori Meridiana che stanno conducendo una battaglia per scongiurare il licenziamento di 1.634 addetti. Una celebrazione semplice, nel corso della quale i presuli isolani hanno fatto proprio il monito lanciato nelle scorse settimane dal Santo Padre quando aveva ricevuto in piazza San Pietro i lavoratori Meridiana in lotta “Nessuna famiglia sia senza lavoro” – aveva detto il Papa. Lunedì scorso lo hanno ripetuto i vescovi a Olbia “In tutte le vertenze aperte – è stato detto - venga messo in campo ogni sforzo perché il tavolo delle trattative veda la comune volontà di individuare soluzioni che garantiscano dignità e sicurezza dei lavoratori”. Monsignor Sebastiano Sanguinetti, vescovo di Tempio Ampurias, ha sottolineato come l’impegno della Chiesa non può che essere pastorale: “Non può che essere ispirato a quel principio di carità e di giustizia, pilastro della nostra fede. Dove c’è disagio e sofferenza la Chiesa non può non essere in prima fila per dire che una società che spesso lascia indietro gli ultimi ha bisogno di un’economia e di una finanza solidale, con il contributo di tutti, istituzioni comprese. Il nostro è un invito a chi ha il compito di risolvere i problemi di cercare nei tavoli di trattative la visione del bene comune e non gli interessi di parte”. I dipendenti Meridiana hanno poi donato un cappello, un foulard e una spilla a forma di aquilotto, simboli del loro lavoro. Per monsignor Arrigo Miglio “quella di Meridiana è di certo una vertenza importante, perché tocca uno degli elementi più importanti per la Sardegna, il trasporto aereo. Dietro a questa vertenza, ma anche a quelle che toccano tantissime realtà produttive isolane, c’è però un aspetto che resta prioritario ed è quello della dignità. Lo stesso Papa Francesco parlò della necessità di rendere prioritario il lavoro non solo per aspetti puramente economici ma anche perché il lavoro rende dignità all’uomo. Attraverso il lavoro è possibile tirare fuori i talenti e le capacità che ciascun uomo possiede, per metterle al servizio degli altri. L’assenza di lavoro, la precarietà non permettono non permettono che ciò accada”. Un pensiero i vescovi lo hanno poi rivolto alle vittime dell’alluvione dello scorso anno, auspicando un’accelerazione dei tempi per i lavori di ripristino e nel sostegno alle famiglie e alle aziende danneggiate. I.P.
Chiesa
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domenica 23 novembre 2014
LE PIETRE
n IRAQ
All’Udienza Generale la riflessione sulle virtù dei sacerdoti ll’Angelus il Santo Padre si è soffermato in particolare sul Vangelo domenicale che presentava la parabola dei talenti. «L’uomo della parabola – ha spiegato Papa Francesco - rappresenta Gesù, i servitori siamo noi e i talenti sono il patrimonio che il Signore affida a noi. Qual è il patrimonio? La sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono… insomma, tante cose, i suoi beni più preziosi. Questo è il patrimonio che Lui ci affida. Non solo da custodire, ma da far crescere!». I doni di Dio sono posti nelle nostre mani perché li facciamo fruttare: «La buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» (v. 26) indica la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore. Perché la paura dei rischi dell’amore ci blocca. Gesù non ci chiede di conservare la sua grazia in cassaforte! Non ci chiede questo Gesù, ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri, e così crescono. È come se ci dicesse: Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono». Davanti al testo della parabola, come ha spiegato il Papa, ognuno può interrogarsi su come condivide i doni di Dio con gli altri, tutte le circostanze possono essere occasione per realizzare questo: «Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti. Non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana. La testimonianza che Gesù ci chiede non è chiusa, è aperta, dipende da noi. Questa parabola ci sprona a non nascondere la nostra fede e la nostra appartenenza a Cristo, a non
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In vendita i beni dei cristiani
Far fruttare i talenti nella vita quotidiana “Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti. Non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla testimonianza cristiana” seppellire la Parola del Vangelo, ma a farla circolare nella nostra vita, nelle relazioni, nelle situazioni concrete, come forza che mette in crisi, che purifica, che rinnova». Al termine dell’Angelus il Pontefice è intervento su fatti che hanno agitato il quartiere romano di Tor Sapienza nelle ultime settimane: «Invito le Istituzioni, di tutti i livelli, ad assumere come priorità quella che ormai costituisce un’emergenza sociale e che, se non affrontata al più presto e in modo adeguato, rischia di degenerare sempre di più. La comunità cristiana si impegna in modo concreto perché non ci sia scontro, ma incontro. Cittadini e immigrati, con i rappresentanti delle istituzioni, possono incontrarsi, anche in una sala della parrocchia, e parlare insieme della situazione. L’importante è non cedere alla tentazione dello scontro, respingere ogni violenza. E’ possibile dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e in questo modo
superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sempre più sicura, pacifica ed inclusiva». In settimana, all’Udienza generale il Santo Padre, proseguendo il ciclo di catechesi dedicate alla Chiesa, ha proposto una riflessione sulle qualità e le virtù necessarie al ministero pastorale. «Deve essere sempre viva –ha ricordato Papa Francesco - la consapevolezza che non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo. Questa consapevolezza è davvero importante e costituisce una grazia da chiedere ogni giorno! Infatti, un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo
regno personale». Il ministro sacro deve avere «la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri. Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede (cfr1 Tm 6,20), egli si metterà in ascolto della gente». Concludendo l’Udienza Generale il Papa ha rivolto un appello per i cristiani perseguitati in varie parti del mondo: «Sento il bisogno di esprimere la mia profonda vicinanza spirituale alle comunità cristiane duramente colpite da un’assurda violenza che non accenna a fermarsi, mentre incoraggio i Pastori e i fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza. Ancora una volta, rivolgo un accorato appello a quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale, come pure a tutte le persone di buona volontà, affinché si intraprenda una vasta mobilitazione di coscienze in favore dei cristiani perseguitati. Essi hanno il diritto di ritrovare nei propri Paesi sicurezza e serenità, professando liberamente la nostra fede». Roberto Piredda
n LE OMELIE DEL PAPA A SANTA MARTA
Essere servi umili e fedeli Il dono della fede
No a pigrizia ed egoismo
Quando un cristiano o una cristiana, che va in chiesa, che va in parrocchia, non vive così, scandalizza. Ma quante volte abbiamo sentito: ‘Ma io non vado in Chiesa – uomini o donne – perché è meglio essere onesto a casa e non andare come quello o quella che vanno in Chiesa e poi fanno questo, questo, questo…’. Lo scandalo distrugge, distrugge la fede! E per questo Gesù è tanto forte: ‘State attenti! State attenti!’. E questo ci farà bene ripeterlo oggi: ‘State attenti a voi stessi!’. Tutti noi siamo capaci di scandalizzare.
La pigrizia ci allontana dal servizio e ci porta alla comodità, all’egoismo. Tanti cristiani così … sono buoni, vanno a Messa, ma il servizio fino a qua… Ma quando dico servizio, dico tutto: servizio a Dio nell’adorazione, nella preghiera, nelle lodi; servizio al prossimo, quando devo farlo; servizio fino alla fine, perché Gesù in questo è forte: ‘Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, adesso dite siamo servi inutili’. Servizio gratuito, senza chiedere niente. 11 novembre 2014
Senza la fede non si può vivere senza scandalizzare e sempre perdonando. Soltanto la luce della fede, di quella fede che noi abbiamo ricevuto: della fede di un Padre misericordioso, di un Figlio che ha dato la vita per noi, di uno Spirito che è dentro di noi e ci aiuta a crescere, della fede nella Chiesa, della fede nel popolo di Dio, battezzato, santo. E questo è un dono, la fede è un regalo. Nessuno con i libri, andando a conferenze, può avere la fede. La fede è un regalo di Dio che ti viene e per questo gli apostoli chiesero a Gesù: ‘Accresci in noi la fede!’. 10 novembre 2014
Il Regno è vicino Il Regno di Dio è silenzioso, cresce dentro. Lo fa crescere lo Spirito Santo con la nostra disponibilità, nella nostra terra, che noi dobbiamo preparare”. Il giorno che farà rumore, lo farà come la folgore, guizzando, che brilla da un capo all’altro del cielo. Così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno, il giorno che farà rumore. E quando uno pensa alla perseveranza di tanti cristiani, che portano avanti la famiglia – uomini, donne - che curano i figli, curano i nonni e arrivano alla fine del mese con mezzo euro soltanto,
ma pregano, è lì il Regno di Dio, nascosto, in quella santità della vita quotidiana, quella santità di tutti i giorni. Perché il Regno di Dio non è lontano da noi, è vicino! Questa è una delle sue caratteristiche: vicinanza di tutti i giorni.
n INDONESIA
Estremisti impediscono di celebrare Messa Dopo aver attaccato la comunità protestante, gruppi estremisti islamici hanno colpito i cattolici, bloccando le funzioni del fine settimana e impedendo ai fedeli di riunirsi e celebrare messa. A lanciare l'allarme una serie di sms che hanno iniziato a circolare nei giorni scorsi e confermati poi da padre Saptono, sacerdote della parrocchia di santa Odilia a Cinunuk, nella provincia di West Java. Teatro del raid il complesso di san Carlo Borromeo, circondato da dozzine di estremisti che lanciando slogan ingiuriosi e messaggi in stile mafioso - hanno impedito di celebrare i riti della domenica. Gli estremisti hanno minacciato di incendiare la struttura se, in futuro, verranno celebrate altre messe o funzioni cristiane. Per scongiurare danni peggiori, il sacerdote - mentre era impegnato in una discussione con alcuni rappresentati dei gruppi estremisti - ha chiesto ai fedeli di rimuovere gli oggetti sacri e i simboli della fede.
n SIRIA
Protezione per i cristiani a Ninive
Il Regno di Dio è umile, come il seme: umile ma viene grande, per la forza dello Spirito Santo. A noi tocca lasciarlo crescere in noi, senza vantarci: lasciare che lo Spirito venga, ci cambi l’anima e ci porti avanti nel silenzio, nella pace, nella quiete, nella vicinanza a Dio, agli altri, nell’adorazione a Dio, senza spettacoli. 13 novembre 2014 Trasmettere il Vangelo Ma al nostro futuro cosa lasciamo? Insegniamo quello che abbiamo sentito nella Prima lettura: camminare nell’amore e nella verità? O lo insegniamo con le parole, ma la nostra vita va da un’altra parte? Ma per noi guardare i ragazzi è una responsabilità! Un cristiano deve prendersi cura dei ragazzi, dei bambini e trasmettere la fede, trasmettere quello che vive, che è nel suo cuore. Noi non possiamo ignorare le piantine che crescono!
Nei mercati di Mosul intere aree sono adesso occupate dagli arredi e dagli utensili razziati nelle case abbandonate dai cristiani. Le merci saccheggiate vengono messe in vendita a prezzi stracciati. Lo rivelano gli abitanti stessi della città occupata lo scorso giugno dai jihadisti dello Stato Islamico, che hanno fatto pervenire al sito www.ankawa.com informazioni interessanti sull'accoglienza riservata dalla popolazione locale a tale commercio. I miliziani jihadisti hanno espropriato fin dal loro arrivo buona parte delle abitazioni dei cristiani fuggiti, marchiandole con scritte che le indicavano come “proprietà” dello Stato Islamico. Adesso i mobili e gli elettrodomestici trovati in quelle case vengono venduti nei mercati del centro, sulla riva destra e su quella sinistra del Tigri, il fiume che divide la città. Ma a fare buoni affari, comprando sottocosto televisioni e frigoriferi rubati ai cristiani sono soprattutto acquirenti provenienti da fuori città. Gli abitanti rimasti a Mosul si tengono solitamente lontani dai banchi che vendono oggetti appartenuti ai loro concittadini cristiani.
Tutti noi abbiamo una responsabilità di dare il meglio che noi abbiamo e il meglio che noi abbiamo è la fede: darla a loro, ma darla con l’esempio! Con le parole non serve, con le parole… Oggi, le parole non servono! In questo mondo dell’immagine, tutti questi hanno il telefonino e le parole non servono… Esempio! Esempio! Cosa do loro? 14 novembre 2014
La comunità internazionale deve farsi carico del ritorno e della protezione dei cristiani nella Piana di Ninive, l'area del nord dell'Iraq, dove numerose città a maggioranza cristiana hanno subito la pulizia etnico-religiosa operata dai jihadisti dello Stato Islamico. È la richiesta proveniente dai Vescovi della Chiesa siroortodossa, riunitisi in assemblea sinodale in Libano. Nel corso del loro incontro, svoltosi presso il monastero di Mar Gabriel a Ajaltoun, 24 km a nord di Beirut, i Vescovi siro-ortodossi hanno valutato anche la possibilità di creare una Commissione ad hoc di laici e ecclesiastici, incaricata di raccogliere informazioni concrete sulla sorte dei due Vescovi di Aleppo – il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi – sequestrati nell'aprile 2013, nella speranza di poter giungere alla loro liberazione.
domenica 23 novembre 2014
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Giovani
Parrocchia Vergine della Salute. La proposta di un percorso di fede per i ragazzi
La Cresima diventa un punto di partenza R
iecheggiano ancora le parole di Papa Francesco durante la sua visita a Cagliari lo scorso 22 settembre 2013. In particolare l’invito fatto ai ragazzi di “non perdere la speranza, perché un giovane senza speranza è invecchiato troppo presto”. Per questo motivo continua l’esperienza già partita cinque anni fa organizzata della parrocchia Vergine della Salute di Cagliari dedicata ai ragazzi che ricevono il sacramento della Confermazione. Padre Enrico Spano dell’ordine dei Figli di Maria Immacolata è il parroco. Come nasce l’idea di questa iniziativa dedicata ai ragazzi? Tutto nasce dall’aver preso coscienza della loro difficoltà, una volta terminato il cammino di iniziazione cristiana, nel vivere il sacramento della Cresima pensando che il loro percorso all’interno della Chiesa sia terminato. Nella nostra parrocchia erano già attive delle iniziative dedicate agli adulti. Abbiamo quindi pensato di proporre loro un cammino per consolidare la consapevolezza del rapporto con Gesù Cristo, che non si interrompe mai. Come si articola questo cammino? Abbiamo raccolto l’esperienza già maturata in diverse nazioni, legata al cammino neo-catecumenale, ma indipendente da esso nelle modalità di svolgimento. Un cammino formativo fondato sui comandamenti, sulle virtù e i vizi. Un percorso fondato sul rapporto tra gli educatori, chiamati “Padrini”, che non coincidono con i padrini scelti dai ragazzi il giorno della Cresima, ma in qualità di educatori li seguono nella crescita nella fede. I padrini sono delle coppie giovani che accolgono nella propria casa un gruppo di ragazzi da un minimo di otto a un massimo di dieci ragazzi. Perché gruppi così ristretti? I piccoli gruppi, i ragazzi hanno la
possibilità di confrontarsi. Guidati da una coppia, marito e moglie, che li seguono e li accolgono nella propria casa, hanno la possibilità di esprimersi condividendo tutti quegli elementi dell’età dell’adolescenza che vanno assumendo con la crescita. Gli incontri sono settimanali, organizzati in cicli mensili di riflessioni sulle tematiche fondamentali dell’adolescenza, sulle dinamiche morali del rapporto dell’uomo. Nei ragazzi matura il rapporto con Cristo non legato alla legge, ma alla conoscenza della propria coscienza e in un’esperienza forte di Chiesa che li aiuta ad uscire dal giudizio nei confronti di sé stessi, e a non sentire il rapporto di fede come solitario, ma ecclesiale. Chi sono questi “padrini” e come viene valutata la loro idoneità a questo compito? Quest’anno hanno iniziato questo percorso cinque coppie. Per poter prestare la loro opera come padrini hanno alle spalle un solido cammino di fede con un percorso ben strutturato nel cammino neocatecumenale e che durante la loro formazione hanno sentito la chiamata del Signore a questo servizio con un discernimento profondo. La loro idoneità è stata provata dal parroco. Quando è partita questa iniziativa a Cagliari? Il primo contatto con il centro dei Martiri Canadesi con sede a Roma, che proponeva questa iniziativa, è avvenuto sei anni fa, ma l’iniziativa in città ha preso piede l’anno successivo. Quanto tempo dura il cammino? Il primo gruppo che ha iniziato
Evangelizzare per le strade della città scolta la tua sete ( Nessuno si disseta ingoiando saliva)”. Con queste parole, nei giorni tra venerdì 7 e domenica 9 novembre, nel convento dei frati minori San Mauro di Cagliari, circa cinquanta tra frati, suore e ragazzi hanno dato avvio ad un weekend di evangelizzazione di strada, per essere, come dice Papa Francesco, “Chiesa in uscita”. Come si legge nella pagina facebook del convento “ci muove il desiderio di far giungere a tutti la luce e la gioia dell’incontro con Gesù che ha illuminato le tenebre del nostro cuore e ha reso più belle le nostre vite”. Il weekend è iniziato il venerdì pomeriggio con delle catechesi. La sera adorazione eucaristica e consegna del Mandato (“Va’ e annuncia il Vangelo che ti ha salvato”). L’adorazione è continuata anche nella notte, quando i ragazzi sono usciti ad evangelizzare nelle strade del centro, divisi in quattro gruppi, ognuno capitanato da una suora o da un frate.
A
Nel pomeriggio di sabato, alle 17 e alle 18 sono stati fatti due flash mob per “portare gioia ed entusiasmo a tutti e per far passare un messaggio importante: siamo qui per ognuno di voi, per dire che Gesù è vivo e ci ha dato una gioia che non possiamo tenere dentro ma dobbiamo necessariamente portare a tutti”. Dopo i flash mob venivano distribuiti dei volantini con le iniziative dei frati per i giovani. Nella notte è stata aperta la chiesa di Sant’Antonio Abate in via Manno con l’adorazione eucaristica; nel frattempo i ragazzi sono andati per strada ad annunciare il Vangelo permettendo, a chi avesse voluto, di entrare in chiesa per un momento di preghiera personale. Domenica la conclusione con una Messa di ringraziamento. Daniele, uno dei tanti ragazzi impegnati nell’iniziativa, ci racconta: “Abbiamo avuto ogni tipo di incontro: siamo stati sia incoraggiati ed accolti che presi in giro e criticati. Non tutti
questa esperienza, formato da una quarantina di ragazzi, ha terminato proprio quest’estate il percorso. Ora infatti inizia una nuova fase della loro vita, quella che noi chiamiamo “Stabilitas”, ossia la scelta da parte del singolo di proseguire il cammino di fede. I ragazzi sanno che alla fine di questo percorso sono chiamati ad entrare a far parte di qualunque realtà della Chiesa, come nei Catecumeni o nel Rinnovamento, all’interno delle diverse realtà diocesane, gruppi di animazione vari e tanti altri, e sono chiamati al servizio in prospettiva di una scelta vocazionale di tipo sacramentale o di tipo missionario. Nel campo estivo dell’ultimo anno del percorso sono chiamati a vivere questa dichiarazione e il cammino si conclude con un pellegrinaggio alla tomba di Pietro. Ci può fare qualche esempio? Alcuni ragazzi si sono impegnati nella recita quotidiana del Rosario
condividevano il nostro modo di portare il Vangelo nelle piazze. Oltre che una forte esperienza di fede, è stata un’occasione di crescita non indifferente. I giovani con cui ho parlato mi hanno fatto andar via diverso da come sono arrivato. Sono stati loro che con le loro domande e le loro obiezioni mi hanno fatto prendere ancora più consapevolezza di quanto sono amato, di quanto sono stato perdonato e salvato e di quanto loro siano continuamente cercati da colui che li ama alla follia. È stato bellissimo vedere i loro occhi quando parlavamo di una felicità che non potrà finire nemmeno con il dolore, di una Persona viva -non di un ideale- che si chiama Gesù Cristo” Roberta aggiunge: “A dispetto del timore iniziale, ogni incontro è stato un grande dono. Molti ragazzi hanno aperto il loro cuore e ci hanno resi partecipi di alcuni momenti importanti della loro vita, belli o dolorosi, nonostante io non mi sentissi minimamente degna di ricevere tanto da loro. Non so quanto sia rimasto loro di ciò che ci siamo detti, ma so per certo che Gesù ha benedetto le loro vite così come ha fatto con la mia”. Prossimi appuntamenti presso il Convento San Mauro in via San Giovanni, 283: ogni domenica alle 20,30 catechesi su i Dieci Comandamenti- Parole di vita; il lunedì alle 20,30 catechesi CredoRagioni per vivere, ragioni per credere. Susanna Mocci
davanti all’Eucarestia negli orari più comodi per loro, dedicando la loro preghiera al sostentamento delle diverse famiglie che abbiamo in missione. In ogni caso, si tratta di un impegno non necessariamente gravoso, anche se qualcuno ha voluto anche fare scelte un po’ più profonde in cui sono accompagnati e sostenuti spiritualmente da parte di un sacerdote. Una bella iniziativa è stata quella di un ragazzo. Ha scritto a Papa Francesco raccontandogli la sua esperienza, riprendendo le parole pronunciate ai giovani a Cagliari e testimoniandogli che la Chiesa non l’ha abbandonato dopo la Cresima, grazie all’accompagnamento nell’incontro personale con Cristo aiutato dai suoi educatori. Lo stesso Papa Francesco gli ha risposto ringraziandolo della sua lettera, a ulteriore dimostrazione che la realtà ecclesiale è vera, si vive e si tocca con mano. Fabio Figus
BREVI
n PASTORALE GIOVANILE
Il 7 dicembre il primo incontro a Cagliari Domenica 7 dicembre è previsto il primo incontro diocesano di pastorale giovanile. Nel corso di questo nuovo anno la Pastorale Giovanile coinvolgerà ancora una volta i giovani e i giovanissimi che popolano gli oratori della nostra diocesi. Attraverso un percorso che cercherà di riscoprire la figura di Don Bosco come padre, amico e maestro dei giovani e le quattro parole più importanti della sua idea di oratorio: cortile, casa, scuola e chiesa. L’incontro si svolgerà nella Parrocchia San Paolo di Cagliari, nella struttura dell’oratorio salesiano a partire delle ore 15.30. Per partecipare alla giornata sarà necessario iscrivere i gruppi dei partecipanti con il modulo scaricabile dal sito www.chiesadicagliari.it. Le iscrizioni dovranno pervenire entro e non oltre sabato 29 Novembre.
Per informazioni e/o potrete rivolgervi all’ufficio di pastorale giovanile attraverso l’indirizzo mail: giovani@diocesidicagliari.it. Il programma prevede alle 15.30 l’arrivo dei gruppi presso l’oratorio e accoglienza; alle 16.00 la suddivisione dei gruppi tra III media/I superiore e ragazzi delle scuole superiori. Alle 16.30 l’inizio dell’attività. Alle 18 la merenda offerta dalla comunità e giochi a stand ed infine alle 19.30 le prove di canto e la celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, monsignor Arrigo Miglio.
I VALORI DEL DARE ono ancora pochi coloro che conoscono l’esistenza e il perché delle Offerte destinate al sostentamento dei sacerdoti. Perciò ogni anno si celebra una Giornata Nazionale la domenica di Cristo Re, per far scoprire a tanti fedeli un modo ulteriore di essere affidati gli uni agli altri, ripetendo il gesto con cui si provvedeva agli “uomini di Dio” nelle comunità cristiane delle origini. Una giornata speciale che potrà contribuire a far crescere la sensibilità verso il ruolo e l’opera dei sacerdoti, così come il vincolo di comunione tra fedeli e presbiteri nella nostra Chiesa.
S
Non ce lo nascondiamo: è il dare meno facile nella comunità ecclesiale italiana. E’ il dare a chi non abbiamo sotto gli occhi, a chi è lontano e non conosciamo. È il dare ai 36 mila preti diocesani attraverso le Offerte deducibili intestate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero. Eppure un dare del genere rappresenta un gesto moderno che dimostra concretamente corresponsabilità, solidarietà, condivisione e ampio senso di appartenenza ecclesiale. E’ un comportamento che allarga la visuale. È una sorta di grandangolo ecclesiale. Fa vedere che non c’è soltanto il “mio” prete, il prete della mia comunità verso il quale non manco di generosità. Ma ci sono anche gli altri preti di cui, assieme ad altri fedeli, mi prendo cura. Compresi quelli ormai anziani o malati o ancora forti nel corpo che, coerenti con il Vangelo, combattono le mafie e difendono il creato e le sue creature. Pensare a tutti i sacerdoti, e donare anche un solo euro, è quindi una manifestazione concreta di tanti valori che spingono ad un forte, vero, sano sentimento di comunione fraterna. E non è importante il “quanto” si dona ma il “come” si dona. Con il cuore, cioè con gioia. Ecco allora che questa Offerta, che non a caso si chiama Insieme ai sacerdoti, è quel dare che unisce e che costruisce la Chiesa comunione, annullando distanze e gelosie. È quel dare che rende possibile la perequazione: non ci sono preti ricchi accanto a preti poveri e a tutti è garantita una base comune. È un dare dal formidabile valore educativo per i fedeli e che, allo stesso tempo, impegna ogni sacerdote a vivere e testimoniare a tempo pieno, con coerenza e credibilità, il Vangelo. (MARIA GRAZIA BAMBINO)
SCOPRI LE OFFERTE. FAI CRESCERE LA COMUNIONE. !"#$!%&'$&%(%$)#$%**#+,#$-#+$.$&'!#+/%,.0 Sono Offerte diverse da tutte le altre, perché sono espressamente destinate al sostentamento dei nostri preti diocesani. Dal più lontano al tuo parroco. CHI PUÒ DONARE L’OFFERTA PER I SACERDOTI? Ognuno di noi. Per sé, per la famiglia o il gruppo parrocchiale. Importante è che il donatore corrisponda ad una persona fisica (ad esempio: Mario Bianchi, e non “famiglia Bianchi” né “parrocchiani S. Giorgio”). COME POSSO DONARE? - con conto corrente postale n. 57803009 intestato a “Istituto Centrale Sostentamento Clero - Erogazioni liberali”, Via Aurelia 796 - 00165 Roma - con uno dei conti correnti bancari dedicati alle Offerte, indicati sul sito www.insiemeaisacerdoti.it nella sezione “Come donare-Bonifico bancario” - con un contributo diretto all’Istituto sostentamento clero della tua diocesi. La lista degli IDSC è su www.insiemeaisacerdoti.it nella sezione “Come donare-Versamento diretto” - con carta di credito CartaSì chiamando il numero verde CartaSì 800 825 000 o donando online su www.insiemeaisacerdoti.it. DOVE VANNO LE OFFERTE DONATE? All’Istituto Centrale Sostentamento Clero che le distri-
buisce equamente tra i circa 36 mila preti diocesani. Assicura così una remunerazione mensile tra 860 euro al mese per un sacerdote appena ordinato, e 1.338 euro per un vescovo ai limiti della pensione. Le Offerte sostengono anche circa 3 mila preti ormai anziani o malati e 600 missionari nel Terzo mondo. PERCHÉ OGNI PARROCCHIA NON PUÒ PROVVEDERE DA SOLA AL SUO PRETE? L’Offerta è nata come strumento di comunione tra sacerdoti e fedeli e per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della “Chiesa comunione” delineata dal Concilio Vaticano II. !"#$/.**#+#(1'$!23$,+'$%**#+,#$ -#+$.$&'!#+/%,.$#$)2%4%)%$+'!!%),% /5+'(,#$)'$6#&&'0 E’ diversa la destinazione. Ogni parrocchia infatti dà il suo contributo al parroco che può trattenere dalla cassa parrocchiale per il suo sostentamento 7 centesimi al mese per abitante (quota capitaria). Ma nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le Offerte e l’8xmille vengono allora in aiuto alla quota capitaria. PERCHÉ DONARE L’OFFERTA SE C’È GIÀ L’8XMILLE? Offerte e 8xmille sono nati insieme nel 1984, con
l’applicazione degli accordi di revisione del Concordato. L’8xmille oggi è uno strumento ben noto, e non costa nulla in più ai fedeli. Le Offerte invece sono un passo ulteriore verso la corresponsabilità: comportano un piccolo esborso ma indicano una scelta di vita ecclesiale. Tuttora le Offerte coprono circa il 2% del fabbisogno, e dunque per remunerare i nostri sacerdoti bisogna ancora far riferimento all’8xmille. PERCHÉ SI CHIAMANO ANCHE “OFFERTE DEDUCIBILI”? Perché si possono dedurre dal reddito imponibile nella dichiarazione dei redditi fino a un massimo di 1.032,91 euro l’anno.
domenica 23 novembre 2014
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Cagliari
Is Mirrionis, un quartiere in attesa di rilancio Un viaggio nel popolare rione cagliaritano. Negli ultimi anni sono in aumento i problemi legati alla povertà e al disagio sociale
nei quartieri storicamente più poveri, in cui da sempre c’è l’abitudine al combattere tutti i giorni. Magari in altre zone dove il tenore di vita era alto ci sono più difficoltà. Se il tessuto commerciale di via Is Mirrionis è da decenni sempre lo stesso vorrà pur dire qualcosa». Altra questione sotto la lente d’ingrandimento è la droga. Rispetto a qualche anno fa, secondo don Giuseppe Cadoni “la droga sta rientrando in forme anche pesanti. Vengono anche nel porticato della chiesa a fumare e a smerciare. Non mi ritengo competente né nelle forme di recupero né nelle forme di contrasto, ma se con le nostre attività ci appropriassimo fisicamente degli spazi scoraggeremmo questo tipo di fenomeno”. Per Maurizio Fanzecco non si deve esagerare con l’allarmismo: «Certo ci sono posti densamente abitati, come via Cinquini, che sono frequentati dai tossicodipendenti. Ma non sono mille che prendono possesso della zona». Il quartiere attende anche il rilancio definitivo dal punto di vista urbanistico: dopo essere stato ricucito alla città negli anni passati, Is Mirrionis cerca il ricamo che trasformi gli angoli di degrado per troppo tempo trascurati. Matteo Mazzuzzi
n un libro del 1861, il canonico Giovanni Spano si esprime così parlando dei dintorni di Cagliari: “In vicinanza al termine della passeggiata (di viale Buoncammino, N.d.R.) si può vedere uno dei due grossi monoliti detti Mirrionis che prima vi stavano, residui delle antiche cave di pietra […] si chiamarono Mirrionis da mirai (guardare) perché sono posto in sito che sembrano fare uffizio di vedette”. A distanza di oltre 150 anni, quella zona non è più un dintorno di Cagliari ma un quartiere, Is Mirrionis appunto, che dall’alto dei suoi quasi 13mila abitanti è il rione più popolato del capoluogo (12.779 abitanti, dato 2013). Una città nella città, al centro perfino di una mostra fotografica (“This Is Mirrionis”) che ha attirato l’attenzione del quotidiano New York Times, e in cui convivono edilizia pubblica e privata, in cui il radicato tessuto commerciale si integra col mercato civico di via Quirra, e in cui hanno sede un ospedale, il seminario diocesano e
diversi istituti scolastici. Tali caratteristiche non sono però sufficienti a fare di Is Mirrionis un’isola felice. All’ormai effettiva centralità del quartiere fanno da contraltare i problemi tipici delle periferie: «Negli ultimi tempi sono aumentate la povertà e le domande di aiuto a tutti i livelli - racconta don Giuseppe Cadoni, parroco della chiesa di Sant’Eusebio nel cuore del quartiere - a partire dall’oratorio sino alla Caritas cerchiamo di dare una mano con un coinvolgimento sempre maggiori dei laici». Le richieste di sostegno sono varie: c’è l’anziano in difficoltà tra affitto e bollette, c’è la famiglia del giovane che ha perso il lavoro, c’è il genitore che riaccoglie in casa il figlio che si era fatto una famiglia. Un impoverimento che tuttavia non spezza l’animo degli abitanti che trovano una mano di conforto anche nel circolo Acli “A.Lattuca” presieduto da Maurizio Fanzecco: «Offriamo gratuitamente diversi servizi: avvocato, pedagogista, psicologa, a cui va aggiunto il sostegno allo studio (spesso gratis) - spiega Fanzecco - tutto questo senza usufruire di agevolazioni. Fatichiamo a resistere ma riusciamo comunque a offrire momenti di svago e approfondimento come corsi di ballo e seminari. La povertà non è certamente un problema solo di Is Mirrionis, sta colpendo tutti e paradossalmente può sentirsi meno
n DOMENICANI
n MUSEO DEL DUOMO
nMUSICA
n SAN CARLO
n MOSTRA ITINERANTE
Nella chiesa di San Lorenzo in Buoncammino, nei pressi dell’omonimo carcere cagliaritano, tutti i venerdì di novembre dalle 19.15 alle 20.30 monsignor Mario Ledda, guida gli incontri incentrati sulla Sacra Scrittura, in particolare sulla Lettera agli Ebrei. L’iniziativa è del Capitolo Metropolitano della Cattedrale di Cagliari.
Martedì 25 novembre alle 17.30 nel Museo del Duomo viene presentato il libro di Paolo Bullitta “Il canonico Giovanni Spano”. Previsti gli interventi di mons. Arrigo Miglio, del direttore del Museo, Maria Lucia Baire, del rettore del Pontificio Seminario Regionale sardo, don Gianfranco Saba e di Marinella Ferrai Cocco Ortu, già direttore dell’Archivio di Stato di Cagliari.
L'associazione Amici della Musica di Cagliari bandisce il XXIII Concorso Internazionale di Pianoforte “Ennio Porrino”, rivolto agli interpreti di qualsiasi provenienza geografica e senza limiti d'età. La competizione si svolge a Cagliari dal 19 al 24 novembre, tra il Conservatorio “G. Pierluigi da Palestrina” e il Teatro Lirico.
Lunedì 24 novembre a partire dalle 20.30 nei locali della parrocchia San Carlo Borromeo si rinnova la “Scuola id preghiera per giovani”, guidati dal parroco don Luca Venturelli. L’iniziativa è destinata ai ragazzi e alle ragazze che desiderano vivere un momento di condivisione con altri giovani. Per informazioni www.parrocchiasancarlo.it.
Dopo le tappe di Cagliari e Terramala la mostra itinerante dal titolo “Nata per Te” dedicata a Santa Teresa di Gesù, realizzata per celebrare il V Centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù è visitabile fino al 25 novembre nella parrocchia di San Giovanni Battista a Pula. Dal 26 novembre la mostra si sposterà ad Oristano.
destinato a interventi sociali e spazi di aggregazione: «Parliamo di un importo di quasi 5 milioni di euro con finanziamenti regionali - spiega il vicesindaco e assessore ai lavori pubblici Luisa Anna Marras - siamo nella fase delle verifiche ma contiamo di iniziare i lavori massimo entro la primavera». Meno definito il futuro dei residenti su cui «i servizi sociali stanno studiando la soluzione più opportuna». Gli abitanti della scuola attendono la decisione: «Più volte sono venuti qui a controllare, senza dirci esplicitamente di andarcene ma ci hanno fatto capire che questo spazio serve per costruire i palazzi. Ma noi non possiamo muoverci sino a che non sappiamo dove andare». Di vecchia data è anche la questione legata a quello che sino a 30 anni fa era l’asilo di via Is Mirrionis, di proprietà di AREA (Agenzia Regionale per l’Edilizia Abitativa). Negli anni il suo utilizzo fu modificato (utilizzato anche come centro culturale) fino alla chiusura e all’occupazione da parte di alcuni abusivi. Ora è un rudere con porte e finestre murate e il tetto sfondato. «Da dieci anni stiamo portando avanti una battaglia per il recupero della struttura - evidenzia Maurizio Fanzecco - l’ideale per noi sarebbe l’apertura di un asilo, di un centro sociale polivalente o di una caserma dei carabinieri, ma si potrebbe anche demolire lo stabile per creare un’unica piazza con quella di fronte, anch’essa di proprietà di AREA. Di certo non vogliamo una nuova palazzina: tra Is Mirrionis e San Michele abbiamo più del 70%
dell’edilizia popolare della città». In questo caso la soluzione non sembra prospettarsi in tempi brevi ma, riferisce l’assessore Marras, «il comune sta cercando di lavorare in sinergia con AREA e la speranza è quella di poter ricavare delle case attrezzate destinate ad accogliere persone in condizione di temporanea disabilità». Oltre a questi casi limite però, vaste zone del quartiere denunciano la mancanza d’interventi: molte sono le case di vecchia edilizia popolare e pochi gli spazi di aggregazione, se si eccettuano gli oratori: «In tanti sono venuti qui in periodo elettorale a prendere voti e poi ci hanno abbandonato per 5 anni di fila, non ci sono neanche più ripassati» denuncia Fanzecco. Il Comune sta tuttavia valutando un piano di rivalutazione complessiva del rione che consenta l’accesso ai nuovi finanziamenti europei 20142020: «Stiamo costruendo una condivisione con la Regione con l’idea di intervenire proprio su Is Mirrionis - conclude l’assessore Marras - gli interventi non si limitano all’edilizia ma potranno arrivare sino al portierato sociale, alla riqualificazione e all’efficientamento energetico». Matteo Mazzuzzi
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Catechesi di mons. Ledda
Un libro sul Canonico Spano
XXIII Concorso E. Porrino
Occorrono interventi concreti e rapidi Gli abitanti di Is Mirrionis attendono delle azioni urgenti di riqualificazione urbana L’Assessore Marras assicura che diversi lavori sono pronti a partire iversi sono gli spazi del quartiere Is Mirrionis che attendono un intervento risolutivo. Tra questi c’è l’ex scuola di via Flumentepido. La situazione è nota: lo stabile, abbandonato da molti anni è occupato da circa 10 nuclei familiari che vi hanno fissato la residenza. Gente normale che cerca di andare avanti nonostante le difficoltà: «L’edificio è occupato da 15 anni e col tempo le aule sono diventate le nostre case - racconta uno dei residenti - facciamo qualche lavoro di manutenzione ma la scuola non è in buono stato. Nelle nostre condizioni sei sempre sul chi va là. Qualche settimana fa ci hanno staccato l’acqua e la protezione civile ha portato un’autobotte per poterci almeno lavare. Cerchiamo di darci una mano e nel quartiere ci conoscono tutti». Dal punto di vista strutturale la situazione sembra essersi sbloccata. L’anno scorso il Comune ha messo in gara i lavori per l’abbattimento dell’edificio scolastico e la realizzazione di un complesso di 36 appartamenti di varia metratura con il piano terra
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Scuola di preghiera
Fino al 25 novembre a Pula
Parola di Dio
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domenica 23 novembre 2014
Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo di Michele Antonio Corona
a titolatura dell’ultima domenica dell’anno liturgico ‘solennità di Cristo, re dell’universo’ ha una certa fastosità, quasi inadeguata alla sensibilità contemporanea. Nei secoli scorsi in cui erano presenti molti stati monarchici ed il re rappresentava il vincolo di unità del regno e del popolo, si percepiva immediatamente l’analogia oppositiva con Cristo e il suo particolare Regno. Mentre il re cercava di assommare potere, accumulare ricchezze, rafforzare i propri confini e saldare patti con i parigrado, il Figlio di Dio ha incarnato la debolezza umana, la sua fragilità, la precarietà dell’esistenza per arricchirla di grazia e di amore. Pertanto, sebbene la titolatura regale possa apparire ‘fuori moda’ (le famiglie regali hanno mostrato di essere spesso dei ‘contro modelli’), è necessario intravvedere il modo nuovo di essere re nel Regno dei cieli. Il brano evangelico di Matteo presenta il Figlio dell’uomo che ritorna – tema richiamato spesso nelle precedenti domeniche – e si siede sul trono. L’evangelista predilige presentare Gesù seduto, a volte come Maestro, a volte come commensale, a volte come revisore finale. Nella pericope odierna il trono non è un maestoso scranno o una solenne poltrona, ma è il centro della gloria, cioè il luogo in cui si acclara la missione salvifica del Messia. L’oracolo di Ezechiele (I lettura) presentava Dio come pastore che passa in rassegna il suo gregge e lo raduna da tutti i luoghi della dispersione, per portarlo al pascolo e farlo riposare. Non è forse questo il ruolo di qualsiasi pastore? Le pecore sono la sua croce e la sua delizia; la sua insonnia ed il suo profitto. Il Figlio dell’uomo, pur seduto nel trono glorioso, si comporta come un pastore che separa i capi del proprio gregge. Ognuno di essi è conosciuto dal pastore e spesso ha un nome proprio, che lo differenzia e caratterizza rispetto agli altri. Il gesto del separare ha due reminiscenze importanti nell’Antico Testamento: la creazione ed il codice di santità. Innanzitutto, la creazione (Gn 1) è realizzata da Dio attraverso ripetute separazioni tra luce e tenebre, acque superiori ed inferiori, il giorno e la notte … Saper differenziare, dare dei nomi, riconoscere le realtà per ciò che sono è segno di sapienza. Per mezzo della sapienza ‘regnano i re e i principi promulgano giusti decreti; i capi comandano e i grandi governano con giustizia’ (Pr 8,15-16). Il Figlio dell’uomo, essendo egli stesso questa ‘sapienza giusta’, può separare pecore e capre senza temere confusione ed evitando qualsiasi ingiustizia. In seconda battuta, il tema del separare è l’asse portante del famoso ‘codice di santità’ (Lv 17-26), in cui è definito ciò che è santo/puro da ciò che non lo è. ‘Essere santo’ significa ‘essere separato’ o riservato alla divinità. ‘Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separato dagli altri popoli, perché siate miei’ (20,26). Nelle parole di Gesù a pecore e capre quale è ora il criterio di santità? Forse essere solamente separati? Giovanni nel suo vangelo sancisce: ‘Da questo tutti sapranno che siete mie discepoli: se avete amore gli uni per gli altri’ (13,35). Nella pagina di Matteo questo amore viene declinato in gesti emblematici del calore fraterno, dell’attenzione,
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Il Figlio dell’uomo verrà nella gloria della cura: sfamare, dissetare, accogliere, vestire, curare, visitare. Sono le azioni che nel Pentateuco Dio rivolge continuamente all’uomo fin dai primissimi capitoli di Genesi e durante l’intero pellegrinaggio nel deserto dopo la liberazione. Il pastore chiede conto alle sue pecore e capre se sono state veramente sante, come il Padre è santo. La domanda che entrambe le categorie rivolgono a Gesù serve per rafforzare il legame profondo tra amore fraterno e riconoscimento del Cristo, della sua profonda vicinanza con l’umano, soprattutto nelle situazioni ‘idealmente meno regali’. Servire il re, accogliere un nobile, prestare soccorso ad una persona facoltosa sono gesti che possiedono intrinsecamente una ricompensa, una soddisfazione, un tornaconto immediato o futuro. Rivolgere le stesse attenzioni a chi non ha “da dare in contraccambio” o amare con lo stile del ‘vuoto a perdere’ evidenzia la conformità a Dio Padre che ci ha donato il suo Figlio e offerto la salvezza quando, essendo ancora peccatori, non potevamo rendergli nulla come contropartita (Rom 5,6-11). Una pagina evangelica che non chiude la speranza ai lettori (credenti e non solo!), ma che aiuta a fissare lo sguardo sul Padre e su Gesù, che per primi hanno amato con gratuità e abbondanza.
Dal
Vangelo secondo
Matteo
Mt 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna»
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Vita cristiana
L’unità originaria dell’uomo e della donna Nelle catechesi di San Giovanni Paolo II sull’amore umano, tenute nel 1979, emerge il grande disegno di Dio sulla natura della persona umana e parole del libro della Genesi, “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18), sono quasi un preludio al racconto della creazione della donna. Insieme a questo racconto, il senso della solitudine originaria entra a far parte del significato dell’originaria unità, il cui punto chiave sembrano essere proprio le parole di Genesi 2,24, alle quali si richiama Cristo nel suo colloquio con i farisei: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola” (Mt 19,5). Se Cristo, riferendosi al “principio”, cita queste parole, ci conviene precisare il significato di quella originaria unità, che affonda le radici nel fatto della creazione dell’uomo come maschio e femmina. Il racconto del capitolo primo della Genesi non conosce il problema della solitudine originaria dell’uomo: l’uomo infatti sin dall’inizio è “maschio e femmina”. Così dunque Dio-Jahvè dice: “Non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio dare un aiuto che gli sia simile” (Gen 2,18). E nello stesso tempo
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l’uomo conferma la propria solitudine (Gen 2,20). In seguito leggiamo: “Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolta all’uomo una donna” (Gen 2,21-22). In ogni caso alla luce del contesto di Genesi 2,18-20 non vi è alcun dubbio che l’uomo cada in quel “torpore” col desiderio di trovare un essere simile a sé. Se possiamo, per analogia col sonno, parlare qui anche di sogno, dobbiamo dire che quel biblico archetipo ci consente di ammettere come contenuto di quel sogno un “secondo io”, anch’esso personale e ugualmente rapportato alla situazione di solitudine originaria, cioè a tutto quel processo di stabilizzazione dell’identità umana in relazione all’insieme degli esseri viventi (“animalia”), in quanto è processo di “differenziazione” dell’uomo da tale ambiente. In questo modo, il cerchio della solitudine dell’uomopersona si rompe, perché il primo
RISCRITTURE
Riconoscere Dio nei poveri Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in lui abita. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell’affermazione: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno» (Mt 6, 9-10). Ricordiamo che il regno di Dio non può accordarsi con il regno del peccato, come non vi è rapporto tra la giustizia e l’iniquità né unione tra la luce e le tenebre né intesa tra Cristo e Beliar (cfr. 2 Cor 6, 14-15). Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre « membra che appartengono alla terra» ( Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi solo Dio Padre col suo Cristo. Sia in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «ultima nemica sarà distrutta la morte» (1 Cor 25, 26). Allora Cristo potrà dire dentro di noi: «Dov’è , o morte, il tuo pungiglione? Dov’è , o morte, la tua vittoria? » ( Os 13, 14; 1 Cor 15, 55). Fin d’ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di « incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell’immortalità» del Padre (1 Cor 15, 54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione. Dall’opuscolo La preghiera di Origene, sacerdote (Cap. 25; PG 11, 495-499) Avevamo una libera intelligenza per capire che in ogni povero era Cristo affamato che veniva nutrito, o dissetato quando ardeva dalla sete, o ricoverato quand’era forestiero, o vestito allorché era nudo, o visitato mentre era malato, o consolato con la nostra parola quand’era in carcere. Ma le parole che seguono: “Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40), non mi sembra siano rivolte genericamente a tutti i poveri, ma a coloro che sono poveri in spirito, a coloro ai quali, indicandoli con la mano, ha detto: “Ecco, mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio” (Mc 3,34-35 Lc 8,21). Girolamo, In Matth. IV, 22, 40
“uomo” si risveglia dal suo sonno come “maschio e femmina”. La donna è plasmata “con la costola” che Dio-Jahvè aveva tolto all’uomo. Considerando il modo arcaico, metaforico e immaginoso di esprimere il pensiero, possiamo stabilire che si tratta qui di omogeneità di tutto l’essere di entrambi; tale omogeneità riguarda soprattutto il corpo, la struttura somatica, ed è confermata anche dalle prime parole dell’uomo alla donna creata: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” (Gen 2,23). Quanto poi al racconto jahvista, secondo una certa interpretazione di Genesi 2,21, Dio piuttosto ricopre la costola di carne [invece di rinchiudere la carne al suo posto] e in questo modo “forma” la donna, che trae origine dalla “carne e dalle ossa” del primo uomo [maschio]. Nel linguaggio biblico questa è una definizione di consanguineità o appartenenza alla stessa discendenza [ad es. cf. Gen 29,14]: la donna appartiene alla stessa specie dell’uomo, distinguendosi dagli altri esseri viventi prima creati. Nell’antropologia biblica le “ossa” esprimono una componente importantissima del corpo; dato che per gli Ebrei non vi era una precisa distinzione tra “corpo” e “anima” [il corpo veniva considerato come manifestazione esteriore della personalità], le “ossa” significavano semplicemente, per sineddoche, l’“essere” umano [cf. ad es. Sal 139,15: “Non ti erano nascoste le mie ossa”]. Si può quindi intendere “osso dalle ossa”, in senso relazionale, come l’“essere dall’essere”; “carne dalla carne”
significa che, pur avendo diverse caratteristiche fisiche, la donna possiede la stessa personalità che possiede l’uomo. L’omogeneità somatica, nonostante la diversità della costituzione legata alla differenza sessuale, è così evidente che l’uomo (maschio), svegliatosi dal sonno genetico, la esprime subito, quando dice: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è
stata tolta” (Gen 2,23). In questo modo l’uomo (maschio) manifesta per la prima volta gioia e perfino esaltazione, di cui prima non aveva motivo, a causa della mancanza di un essere simile a lui. La gioia per l’altro essere umano, per il secondo “io”, domina nelle parole dell’uomo (maschio) pronunziate alla vista della donna (femmina). Tutto ciò aiuta a stabilire il pieno significato dell’originaria unità. 7 Novembre 1979
PORTICO DELLA FEDE
La gioia di annunciare Gesù “In questo capitolo non offrirò una sintesi della spiritualità cristiana, né svilupperò grandi temi ….”(260), ma, dice Papa Francesco intende soffermarsi a farci comprendere il significato di una evangelizzazione che sia mossa dalla forza dello Spirito Santo. L’evangelizzazione, infatti, non si configura come un obbligo che semplicemente si tollera, ma è quell’azione gioiosa, generosa, audace piena di amore che spinta dalla forza dello Spirito Santo spinge la Chiesa a uscire da sé per evangelizzare tutti i popoli (261). Si devono trovare nuove motivazione perché l’evangelizzazione nel mondo contemporaneo superi la stanchezza e non spenga il fervore di andare verso tutti. Perché questo avvenga, suggerisce l’Evangelii Gaudium è necessario nutrirsi di preghiera di lettura orante della Parola di Dio, di adorazioni perpetue dinanzi all’Eucaristia, ma è ovvio che bisogna respingere ogni forma intimistica o individualistica che rischia di farci cadere in una falsa spiritualità… Come di solito fa, Papa Francesco radica il suo insegnamento nella storia della Chiesa, perciò ci mette subito a contatto con l’esperienza “dei primi cristiani che furono pieni di gioia, ricolmi di coraggio e instancabili nell’annuncio e capaci di una grande resistenza attiva”, considerando le difficoltà
dell’annuncio durante l’impero romano; i cristiani non si sottrassero a lottare per la giustizia e per la difesa della dignità umana, perciò possiamo trarre da quell’esperienza di chi ci ha preceduto, forza e coraggio per annunciare Cristo nella nostra epoca e dunque imitare quei cristiani e quei santi anche nei nostri giorni (263). Perché questa motivazione ci spinga sempre più ad una evangelizzazione operosa dobbiamo lasciarci guidare dall’amore di Gesù, riflettendo sul dono che abbiamo ricevuto: di averlo potuto conoscere perché i suoi occhi si sono posati su di noi, così come si posarono su Natanaele che pensava sotto l’albero di fico e che poi scoprì che Gesù osservandolo ne convertì il cuore, per una vita nuova (264). Contemplando il Crocifisso o in ginocchio dinanzi al Santissimo si può fare esperienza dello sguardo di Gesù su ciascuno di noi e scoprire che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova (264). Nella memoria di questo sguardo che irrompe nella nostra vita, possiamo trarre entusiasmo per meglio trasmettere l’amore di Gesù agli altri, farlo conoscere meglio: raccontare del
suo modo di trattare i poveri, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, la sua dedizione totale di amore verso tutti….Così che ogni volta che riflettiamo su ciò che dobbiamo raccontare, che dobbiamo annunciare ritroviamo quella verità che non passa di moda e cura la nostra tristezza e la nostra fiacchezza… È dunque, la memoria dell’amore di Gesù che ci dà quella forza che proviene dall’energia dell’azione dello Spirito per poter camminare spediti, ascoltare e comprendere la sua Parola, contemplare, adorare e riposare in Lui, ci danno le coordinate della strada da percorrere, perché, insegna papa Francesco, il vero missionario non dimentica di essere a sua volta discepolo di Gesù e lo sente vicino nel proprio impegno di evangelizzazione e perciò non perde l’entusiasmo; un cristiano non convinto, non entusiasta, non sicuro, non innamorato di Cristo, non convince nessuno! In sintesi l’evangelizzazione consiste nell’annunciare ciò che Gesù ha annunciato, cioè l’amore di Dio Padre misericordioso e il suo regno di pace, di giustizia e di amore… “a lode e splendore della sua grazia” (267) Maria Grazia Pau
Idee
10 n DALLA FISC
Un mio carissimo amico mi ha detto che la gente non comprende le proteste dei settimanali cattolici e della Fisc che li rappresenta. Molti pensano che noi stiamo difendendo i privilegi di una casta. Le nostre sarebbero posizioni di rendita da smantellare. Un sistema finito. L’informazione, quindi anche noi che diamo voce al territorio (e sono tantissimi come noi), deve essere in grado di stare in piedi con le proprie gambe. Il mercato, da solo, regola domanda e offerta. Chi non regge… deve chiudere bottega. Se fosse così semplice, se il bene di cui stiamo parlando fosse una qualsiasi merce, allora si potrebbe ragionare in questi termini. A parte che non avviene così neppure quando ci si confronta sui tondini di ferro, e giustamente aggiungo io, con tutto il rispetto per chi opera in questo settore, ma quando si discute di un bene essenziale come l’informazione la
domenica 23 novembre 2014
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
questione diviene assai più delicata e complessa. Torno all’attualità. Solo pochi giorni fa si è appreso che il governo Renzi non sarebbe in grado di quantificare l’ammontare del Fondo per l’editoria da cui attingere per i contributi 2013, da distribuire tra poco più di un mese. Non è possibile che a fine anno l’esecutivo dica ai diretti interessati: sapete, non sappiamo se avremo fondi per voi. Dopo lo choc occorre rimboccarsi le maniche. Inutile aggiungere che si sta facendo tutto il possibile per cercare di trovare una soluzione praticabile. Molti si dicono dispiaciuti e disposti a dare una mano, ma al momento i risultati sono nulli. Il pluralismo informativo è qualcosa che vale oppure no? Se non siamo in grado di fornire una risposta a questo basilare quesito per una democrazia compiuta, risulta inutile qualsiasi altra argomentazione. Torniamo alla casta. Noi saremmo la
categoria dei privilegiati, quelli tanto invisi all’opinione pubblica. Ma per piacere… Chi ha il coraggio di certe affermazioni venga qua a confrontarsi con chi ogni giorno fatica non poco per mettere insieme un settimanale presente da oltre cent’anni, oggi anche online con aggiornamenti sette giorni su sette. Voce autonoma e critica sul territorio, con uno sguardo attento, e sempre liberissimo, sull’Italia e sul mondo. Qualcosa dovrà accadere, ne sono certo. Non voglio disperare, nella maniera più assoluta. Vorrei tentare il confronto sereno. Ne va di noi cittadini, della nostra libertà di informarci, di apprendere le notizie, di trovare il compagno di strada di cui fidarsi. Ne va di mezzo un pezzo di democrazia. Questa è la posta in gioco, altissima. Un vero peccato non prenderne coscienza. Francesco Zanotti Presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici
Il pubblico cagliaritano ha accolto con entusiasmo l’opera diretta da Donato Renzetti
Consunta dalla tisi nel giorno di Carnevale, pentita del passato lascivo, avvinghiata alla speranza di un ritorno dell’amore che ancora le dà vita, muore fra le braccia paterne di colui che ha voluto allontanarle la felicità e il riscatto, e la morte è vita («Cessarono gli spasimi del dolore … m’agita insolito vigor!... Ma torno a viver!...»): La Traviata commuove il pubblico di Cagliari e fa registrare il tutto esaurito con un cast d’eccezionale bravura ed una scenografia scandalosamente affascinante. Calcano il palcoscenico del capoluogo ben sei artisti sardi: Francesco Demuro, che da Porto Torres è passato attraverso i più prestigiosi teatri del mondo (Parma, Hong Kong, Pechino, Dresda, Amburgo, Detroit, Vienna, fin’anche Londra e Parigi), nel ruolo di Alfredo Germont; Vittoria Lai (Annina); Nicola Ebau (il barone Douphol); il nuorese Gianluca Lentini (il dottor Grenvil); Mauro Secci (Giuseppe), a Cagliari qualche tempo fa come Principe di Persia nella Turandot di Puccini; e Francesco Leone (domestico di Flora e commissionario), giovane studente del Conservatorio di Cagliari che ha calcato le scene il mese scorso nella Tosca pucciniana (carceriere). Accanto a loro si muovono Anastasia Boldyreva (Flora Bervoix), Vittorio Vitelli (Giorgio Germont), Gustavo De Gennaro (Gastone) e Claudio Levantino (il marchese d’Obigny), sotto la sapiente direzione del maestro concertatore Donato Renzetti, attivo nel panorama internazionale in collaborazioni di prestigio (Bruxelles, Berlino, London Philarmonic, Orchestre RAI varie, Accademia Santa Cecilia; Opéra di Parigi, Covent Garden di Londra, Lyric Opera di Chicago e, fra l’altro, il Metropolitan e la Carnegie Hall di New York). Il primo, stupefacente colpo d’occhio è nella scenografia che, insieme alle luci e alla regia, è firmata dai coniugi Karl-Ernst e Ursel Herrmann, che insieme hanno curato la produzione di svariate opere presso i principali teatri
In onda su Radio Kalaritana Frequenze in FM: 95,000 97,500 - 99,900 102,200 - 104,000
Successo al Lirico per la Traviata di Verdi di Alessio Faedda
europei, fra cui Bruxelles, Berlino, Praga. Questa volta, con la collaborazione del belga Joël Lauwers, presentano l’allestimento realizzato a Düsseldorf e riproposto al Teatro Regio di Parma. A guidarli è la didascalia dell’opera, di Francesco Maria Piave, che seguono con precisione. Nasce così un’ambientazione filologica (siamo a Parigi, verso il 1850) fatta di strutture eccezionalmente vere: nel primo atto domina il salone ovale viola della Valéry, il cui grande tavolo centrale ingombra con «la
ricchezza e la prodigalità» della donna; nel secondo atto, la casa di campagna in stile liberty si dota di una parete di fondo in vetro, dietro alla quale alberi spogli e candida neve mostrano i rigori dell’inverno; nel terzo, infine, torna di nuovo la sala viola con la stessa forma ovale, ma stavolta il centro è dominato dal letto della «traviata». Se il clima di festa e lascivia è comunicato già dalle scene, ancor più emblematica è la coreografia di Wolfgang Enck, accompagnata dalle luci di Robert Brasseur. L’opera, fin
dall’inizio, trova Violetta seduta sul tavolo in atteggiamento sensuale; né la sfrenatezza della libidine abbandona lei e i suoi invitati nel corso della rappresentazione. La regina della serata, tuttavia, è proprio lei: Violetta Valéry, abilmente interpretata da Irina Lungu che, esperta specialista verdiana pluripremiata (peraltro vincitrice del Montserrat Caballé di Andorra e dell’Operalia di Los Angeles), ha eseguito la Traviata fra l’altro a Vienna, Wiesbaden, Berlino, Napoli, Torino. S’immedesima nel personaggio con sorprendente maestria: lasciva, sfrenata, divertita e divertente, non canta con perfezione il primo atto, forse vinta dall’emozione (ha qualche problema di tempo nel Brindisi), ma si riprende abilmente nei quadri successivi, raggiungendo l’apice della passione e del sentimento nelle celeberrime arie Amami, Alfredo e Addio del passato bei sogni ridenti. Demuro incanta tanto quanto l’amata: il suo è un Alfredo caldo, passionale, coinvolgente, con un timbro limpido e pulito e un’agilità inusitata che raggiunge la pienezza espressiva sia da solo che in duetto con Violetta. Non così il padre (Vitelli) che, nonostante la piattezza monotona dell’interpretazione, riscuote tuttavia un caloroso applauso in sala. Rimarchevoli anche gli altri interpreti ed il Coro che, con i suoi timbri potenti, nonostante qualche problema per le zingarelle, appaga i sensi del pubblico, che risponde con dieci minuti di applausi scroscianti.
Oggi parliamo di… arte e fede Le chiese Sanluri (Terenzio Puddu) Domenica 23 novembre ore 18.10 Lunedì 24 novembre ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie-Claire Alain (a cura di Andrea Sarigu) Domenica 23 novembre ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione Sempre connessi A cura di Simone Bellisai Martedì 25 novembre ore 19.10 Mercoledì 26 novembre ore 8.30 L’ora di Nicodemo Bibbia e Liturgia Liturgia ed etica Il rito delle presentazione dei doni A cura di Sabino Chialà. Monaco di Bose Mercoledì 26 novembre 21.40 Oggi parliamo con… Avv. Carlo Pilia La mediazion giudiziaria Mercoledì 26 novembre 19.10 Giovedì 27 novembre ore 08.30 L’udienza La catechesi di Papa Francesco Il giovedì ore 21.40 circa Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal lunedì al venerdì 10.30 / 12.30 Lampada ai miei passi (24 - 30 novembre) Commento al Vangelo quotidiano a cura di don Giuseppe Tilocca Dal lunedì al venerdì 5.15 / 6.45 / 21.00 Sabato 5.15 / 6.45 / (21.00 vangelo domenicale) Domenica 5.15 / 6.45 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Al termine sarà possibile ascoltare le cantate Sacre di Bach. Ogni giorno alle 00.01 circa
domenica 23 novembre 2014
L’intervista a don Mauro Bucciero del Tribunale Ecclesiastico a Madre Chiesa ha tanta generosità per poter fare giustizia gratuitamente, come gratuitamente siamo stati giustificati da Gesù Cristo” - ha detto Papa Francesco nel discorso ai corsisti del tribunale ecclesiastico. “La dichiarazione del Papa sulla gratuità della giustizia nella Chiesa – sottolinea don Mauro Bucciero, vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Sardo - è certamente di rilievo”. Si tratta una dichiarazione forte. La posta in gioco è alta in quanto si parla del diritto della persona a conoscere la verità sul proprio matrimonio; le disponibilità economiche potrebbero essere in teoria, e forse lo sono anche in pratica, una limitazione nell’esercizio di un tale diritto, essenziale in quanto connesso all’intimità stessa della persona. La chiesa italiana dai primi anni 2000 ha dato una risposta, a mio avviso concreta quanto saggia ed efficace a tale problema, assumendosi l’onere economico, circa 2.000.000 euro l'anno, delle spese di tutti i tribunali ecclesiastici italiani, garantendo così ai fedeli italiani l’accesso alla giustizia ecclesiastica con un semplice contributo alle spese di 525 euro comprensivi, nella maggior parte dei casi, anche delle spese dell’avvocato. Ritengo che l’affermazione del Santo Padre possa essere letta in tal senso, ovvero che nei prossimi anni la Santa Sede si farà carico integrale, o parziale, delle spese del tribunale apostolico della Rota, e degli avvocati senza esigere ai fedeli niente o di meno rispetto al presente. Non posso non essere contento di una tale scelta. Devo precisare però, per amore alla verità, che sempre, ripeto sempre, sia i tribunali ecclesiastici italiani sia il tribunale apostolico della Rota si sono fatti carico delle richieste da parte delle persone più povere senza esigere loro niente, esentando, dietro presentazione di adeguata documentazione, dalle spese processuali e facendosi carico delle spese dell’avvocato attraverso l’assegnazione di patrono ex officio, gratuito. Per questo mai ad alcuna persona indigente è stato negato il diritto e la possibilità di adire i tribunali
domenica 23 novembre 2014
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La Chiesa al servizio della giustizia I tribunali ecclesiastici e la Rota romana si sono sempre fatti carico delle richieste provenienti da persone prive di mezzi, provvedendo alle spese dei processi matrimoniali. Attraverso la sentenza di nullità la Chiesa dichiara autorevolmente che il primo “matrimonio” non era valido, ecco perchè dopo sono possibili le vere e uniche nozze
ecclesiastici, Rota Romana compresa. Quali sono i costi che occorrono in media per portare avanti le cause matrimoniali. Il nostro tribunale in media per ogni causa ha dei costi quantificabili intorno ai 2500 euro. Si chiede quindi al richiedente di contribuire alle spese processuali per circa un quinto. Come già detto nel caso di persone con disponibilità economiche limitate può essere chiesto l’esonero da tali spese. Quest’anno su 70 richieste in ben 25 casi abbiamo riconosciuto l’esonero totale dal contributo in altri invece è stata data la possibilità di rateizzare l’importo. Per quanto riguarda le spese di difesa è contemplata la possibilità di usufruire del patrono stabile (pagato dal tribunale) nel caso in cui si versi in condizioni economiche sfavorevoli. Negli altri casi ci si rivolge generalmente ad un patrono di fiducia che si attiene alle tariffe suggerite dalla CEI per le quali non può esigere dalla parte più di 3000 euro. La maggioranza delle cause decise dalla Rota riguardano la dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio. Quali le sostanziali differenze tra la nullità e il divorzio? Il divorzio è un istituto giuridico dell’ordinamento giuridico italiano, che determina la cessazione degli effetti giuridici del matrimonio celebrato. La Chiesa non riconosce alle sentenze di divorzio alcun effetto sul matrimonio religioso, per cui anche dopo il divorzio le due persone rimangono unite nel vincolo del matrimonio e per questo possono risposarsi in chiesa. Attraverso la sentenza di nullità del invece, la Chiesa in modo autorevole dichiara che quel matrimonio non era valido: ecco perché ci si può “risposare”: in realtà il nuovo matrimonio è l’unico matrimonio di quella persona. Quale il ruolo del tribunale della Rota Romana? Il Tribunale della Rota è innanzitutto il tribunale del Papa. Ad esso egli affida le cause che eventualmente ritiene più importanti. Per sua natura è il tribunale di terzo ed ulteriore grado per la Chiesa universale. In alcuni frangenti funge da secondo grado solo per volontà di una delle parti. Viene infatti riconosciuto a tutti il diritto di appellare al tribunale del Papa contro una sentenza ritenuta ingiusta emessa dagli altri tribunali. Per questo motivo la stragrande maggioranza delle cause italiane, non meno del 95%, viene decisa dai tribunali ecclesiastici italiani e mai perviene al tribunale Apostolico della Rota. Maria Luisa Secchi
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n CISM/USMI
Due appuntamenti per religiosi e religiose Sabato 29 novembre alle 10 nella Basilica di N. S. di Bonaria mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari presiede l’Eucaristia con la quale viene aperto in Diocesi l’Anno della Vita Consacrata. Domenica 30 novembre dalle 9 alle 17 nella casa delle Figlie Eucaristiche di Cristo Re è in programma il corso formativo per giovani consacrate e consacrati, sul tema “ La Vigilanza”. Relatore sarà don Giuseppe Tilocca, Docente presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna. Entrambi gli appuntamenti sono organizzati da Cism e Usmi.
n ADORATRICI PERPETUE
In festa per la Beata Maria Maddalena Nel Monastero Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento a Cagliari, sabato 29 novembre si festeggia la beata Maria Maddalena dell’Incarnazione, fondatrice dell’Ordine delle Adoratrici
Perpetue del Santissimo Sacramento. In preparazione alla festa di sabato sono previsti alcuni appuntamenti. Martedì 25 novembre alle 18 l’adorazione eucaristica, guidata da don Albino Lilliu, parroco di san Luca a Quartu. Dal 26 al 28 novembre tutte le sere alle 18 triduo in preparazione alla festa, predicato da padre Fabrizio Congiu, ofm capp. Sabato 29 novembre alle 07:30 la solenne celebrazione eucaristica, presieduta da monsignor Arrigo Miglio Arcivescovo di Cagliari.
n COMUNITÀ DIACONALE Domenica ritiro a Vallermosa Domenica 23 novembre è in programma nella casa delle Ancelle della Sacra Famiglia di Vallermosa la giornata di ritiro della comunità per il diaconato permanente.
Il ricordo grato del Meic per il Beato Paolo VI Il gruppo di Cagliari ha organizzato due conferenze per approfondire la figura di Papa Montini lla cerimonia di beatificazione di Paolo VI, lo scorso 19 ottobre, eravamo presenti anche noi; i circa duecento componenti dell’Assemblea Nazionale che si era svolta a Fiuggi nei due giorni precedenti per procedere al rinnovo della dirigenza nazionale del MEIC. Avevamo bisogno di esprimere tutto il nostro affetto al grande Papa la cui figura era stata sottovalutata e discussa, e che solo recentemente ha colto un ampio consenso di riconoscimenti. Ma per noi era stato non solo uno dei Padri fondatori del Movimento, ma il maestro attento e affettuoso di tanti anni.
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Il Gruppo MEIC di Cagliari nell’ottobre scorso ha ricordato Paolo VI in due incontri molto seguiti nella Chiesa di S. Antonio Abate. Il 14 ottobre, il Prof. Salvatore Mancuso ha svolto il tema ”Attualità e validità del messaggio dell’”Humanae Vitae” con la competenza che gli viene da esser Presidente del Comitato Etico del Policlinico A. Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Il secondo giorno, il 15 ottobre, Mons. Mario Ledda, Assistente ecclesiastico del Gruppo MEIC, ha guidato l’incontro di preghiera sul tema ”Paolo VI, il Papa della Parola”. Gianfranco Del Rio
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Il grande dono di Don Bosco per i giovani del nostro tempo L’intervista a don Paolo Ripa di Meana, salesiano, che ha guidato l’ultimo ritiro del clero Il messaggio del Santo torinese ha una perenne attualità per la vita dei preti e dei giovani on Paolo Ripa di Meana, sacerdote salesiano, è vicario Episcopale per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica dell’Arcidiocesi di Torino. A Cagliari, per il ritiro del clero, don Paolo ha raccontato dei decenni di servizio a favore dei consacrati ma anche della sua vita iniziata nella famiglia salesiana. “In realtà – dice – in principio ero attratto dai frati francescani. La mia guida spirituale, che era un francescano, mi fece capire che forse sarei stato meglio in un'altra realtà come quella dei salesiani”. Il messaggio di don Bosco a due secoli dalla sua nascita è ancora attuale? Oggi, come allora, i giovani hanno bisogno di guida e sostegno. Allora il valore dei ragazzi era pressoché nullo, non contavano molto, specie quelli abbandonati o difficili. Oggi molti genitori però si stanno deresponsabilizzando e delegano ad altri l’educazione dei figli. L’educazione necessita di persone capaci di tira fuori ciò che di buono c’è in un ragazzo e questo non è un compito facile ma occorre impegno. Il Signore ha posto in ognuno dei doni: compito dell’educatore è tirare fuori questi doni per far crescere il ragazzo. Bisogna rendere protagonisti i giovani, dando loro motivazioni valide per vivere per far comprendere loro come la vita vada spesa per qualcosa di importante: questo ha detto e fatto don Bosco. Qui a Cagliari c’è una riscoperta dell’oratorio e la pastorale giovanile lavora con le realtà attive in Diocesi. Una buona sinergia? È di fondamentale importanza oggi. Le forze sono quelle che sono, per cui bisogna unirle, specie quando si tratta di lavorare con e per i giovani, i frutti non tardano ad arrivare. Anche a Torino
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il lavoro viene fatto in sinergia tra le diverse realtà, e c’è proprio un procedere in comune per realizzare insieme le iniziative dedicate ai giovani. La nostra è una terra con notevoli problematiche legate al lavoro. Tra le peculiarità di don Bosco anche quella di dare risposte a questi bisogni. Certamente. Oltre alla formazione, che resta fondamentale, don Bosco cercava anche un collocamento dei ragazzi. Oggi però ancor più grave appare la mancanza di senso della vita: i giovani spesso non sanno come, dove e perché vivono. Per questo il lavoro educativo deve aiutare a dare senso alla vita dei ragazzi, ma ancor di più l’impegno deve essere profuso alla miglior preparazione e nell’indirizzare all’avvio di attività lavorative, magari in forma collaborativa, senza però perdere di vista la necessità di dare senso alla vita. Per 30 anni lei si è occupato di vita consacrata. Quanto bisogno c’è di religiosi e religiose in tempi come quelli che viviamo? In un mondo secolarizzato la presenza di consacrati è di fondamentale importanza, per evitare l’aridità che si cela dietro al secolarismo. Quando ho iniziato il mio servizio le religiose in Diocesi a Torino era circa 7.000 mentre i religiosi erano 1.700, numeri importanti. Era perciò necessario che ci fosse qualcuno che facesse da ponte tra la Diocesi e tutte queste persone consacrate. Un servizio bello e impegnativo, che mi ha arricchito molto, ma che, in un certo senso, mi ha un po’ tagliato fuori dal mondo giovanile in senso stretto, anche dagli scout, dei quali ero assistente da molti anni. Ringrazio però per quanto ho ricevuto lavorando con e per i consacrati della Diocesi torinese. Roberto Comparetti
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n IN LIBRERIA Un nuovo libro di Paolo Curtaz Il nuovo libro di Paolo Curtaz “Gesù impara”, edito dalla Paoline, affronta un tema che ribalta il comune punto di vista su Gesù. Gesù impara dagli altri, dalla vita, dalle esperienze e dalle ferite. Proprio come ciascuno di noi, il Maestro di Nazaret è anche discepolo, ascoltatore, uomo che cerca con pazienza la risposta alle sue domande. Un Gesù più umano, più vicino a ciascuno di noi come afferma la lettera agli Ebrei.
n CATECHESI
Percorso formativo per animatori biblici Prendi e leggi. La Parola di Dio per la nostra vita» è il titolo del percorso formativo per animatori biblici e catechisti promosso dal “Settore apostolato biblico” dell’Ufficio catechistico diocesano. Dopo il primo appuntamento dello
scorso 8 novembre, sabato 22 è previsto il secondo incontro sul tema “Un popolo, il suo Dio. Israele e la sua storia, verso l’evento di Cristo”, e avrà per relatore Mons. Mario Ledda. L’inizio dell’incontro è previsto per le 16.30.
Famiglia e vita consacrata vocazioni a confronto Il Sinodo sulla famiglia ha ispirato i lavori dell’assemblea annuale dell’Usmi Mons. Mauro Morfino e don Renzo Bonetti hanno guidato la riflessione l 18 ottobre u.s. si è tenuta a Tramatza (OR) la consueta e annuale assemblea regionale dell’USMI. Quest’anno, sull’onda del Sinodo straordinario dei Vescovi avente come tema Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, l’Assemblea si è soffermata sulle problematiche familiari e sui loro rapporti con la vita religiosa. Il tema di quest’anno era infatti il seguente: Famiglia e vita consacrata: quale possibile dialogo? Due vocazioni a confronto”. Ha guidato il Convegno uno dei più appassionati esperti di famiglia e di problematiche inerenti ad essa: mons. Renzo Bonetti, fondatore e Presidente della fondazione “Famiglia Dono grande”, dal 1995 al 2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI. Ha accettato con gioia l’invito che la Presidente USMI, Madre Aurora Cambilargiu pse, gli ha rivolto, a nome di tutte le suore sarde: le sorelle sono convenute da tutte le parti dell’Isola e insieme ad esse erano presenti alla giornata ben sei famiglie. Don Renzo ha tenuto due relazioni, la
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prima delle quali, dal titolo “Riscoprire, come vergini consacrate, il dono per tutta la Chiesa del sacramento delle nozze, per condividere con gli sposi la comune chiamata alla santità” e la seconda dal titolo “Conoscere, come vergini consacrate, la specifica missione degli sposi per condividere con loro l’edificazione della comunità”. Dopo aver iniziato con un fermo “Credo nel sacramento del matrimonio”, egli, con la sua solita coinvolgente passione, ha insistito sui seguenti punti: Il dono deriva dal sacramento del matrimonio, che è in sé una risorsa preziosa, segno di grazia e del rinnovo dell’alleanza. È sacramento di Gesù risorto; La missione degli sposi, e non solo la loro, è radicata nella fede e solo in essa si coglie e si comprende; Anche il matrimonio è segno della presenza di Dio e, insieme al celibato per il Regno, costruisce armonia e edifica il Popolo di Dio. Occorre oggi molto realismo sulla nostra vita religiosa che richiede una serenità di sguardo e non può prescindere dalla collaborazione e dal camminare insieme con le famiglie. È necessario inoltre “creare” momenti di aggregazione con le famiglie: momenti comuni, di preghiera, di confronto, di formazione. Affiancare le famiglie senza “proporsi” ma camminando insieme per conoscersi reciprocamente e crescere insieme… Tra la prima e la seconda relazione l’assemblea ha potuto ascoltare la testimonianza-riflessione di Cesare e Paola Ancis, una coppia proveniente da Cagliari.Alla fine della mattinata, poi, si è data voce alle Segreterie diocesane che hanno illustrato il lavoro e la riflessione compiuti sul tema nel corso dell’intero anno.
Dopo la seconda relazione di don Renzo si è dato spazio ad una sorta di dibattito-risonanze, sentitamente partecipato, in cui alcune religiose presenti hanno comunicato la loro esperienza di lavoro e di vita con le famiglie, e le famiglie presenti hanno fatto lo stesso con la loro testimonianza. Ne è risultato un dialogo che di fatto è già attivo a livello concreto, ma che meriterebbe una maggiore riflessione e una maggiore programmazione a livello Istituti religiosi singoli o anche consociati, per esempio, in questo tipo di attività pastorale. Durante l’intera giornata è stato presente il Vescovo delegato per la vita consacrata, Mauro M. Morfino, Vescovo di Alghero Bosa, che ha presieduto l’Eucaristia e nell’omelia ha richiamato l’armonia tra le due vocazioni e come essere parabola vivente dell’amore di Dio, sia nel celibato per il Regno sia nel matrimonio. Inoltre, commentando il vangelo del giorno, Lc 10, 1-9, il Vescovo sottolinea l’impellenza di annunziare il vangelo e la sobrietà per il Regno: occorre assestarci come vita consacrata – afferma con forza il Vescovo - dove la nostra presenza dice il desiderio di prossimità con gli ultimi, la gratuità di una presenza che non cerca contraccambio. Il saluto cordiale e fraterno della Madre Presidente, che ha auspicato una continuità nel lavoro e nella riflessione sulla famiglia anche per il prossimo anno, in comunione con la CISM regionale, di cui era presente il Presidente P. Salvatore Sanna, ha concluso l’assemblea. Rita Lai asf
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Formazione. In Facoltà teologica un seminario sul “Gender” con Aristide Fumagalli
Fare chiarezza sulla differenza di genere L a questione “gender” non è un argomento del quale si possa parlare al bar; non lo si può affrontare come se si parlasse di una partita di calcio. Il tema è piuttosto delicato, e richiede una certa preparazione e volontà di applicarsi nella comprensione: “la questione del gender. Rivendicazioni e implicazioni dell’attuale cultura sessuale”. Preparazione che certo non manca al prof. Aristide Fumagalli, docente di teologia morale alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Milano), che con semplicità e chiarezza accompagna l’uditorio cagliaritano in un percorso a ostacoli; l’ostacolo più grande è l’interpretazione delle parole: queste non hanno lo stesso significato per tutti. Entrando nel merito, il docente ambrosiano afferma che “la situazione degli uomini sotto la Torre di Babele, riassume la confusione semantica attorno alla parola gender”. Gender infatti non coincide con “genere”, ma assomma in sé più questioni: il sesso biologico, la personale identità di genere, nonché il comportamento e l’orientamento sessuale; in poche parole, cosa ti senti e cosa ti attrae. Ha naturalmente una fondamentale importanza ciò che si apprende nei primissimi anni di vita, quindi la socializzazione primaria, con i propri genitori, e quella secondaria, con i primi rapporti sociali. Si arriva quindi ad una domanda molto importante: i generi sono semplicemente due? Le differenze anatomiche sono sufficienti a palesare le differenze di sesso? O esistono forse più generi, slegati dall’evidenza fisica? Hanno contribuito ad affermare queste tesi il movimento femminista, da sempre impegnato ad affermare la parità dei sessi e l’emancipazione della donna; emancipazione che passa anche per la critica dell’istituto matrimoniale, visto
come la rigidità per antonomasia. Questi movimenti cercano anche l’acquisizione da parte delle donne di un sempre maggiore controllo del proprio corpo, anche quando si tratta di eventi che non coinvolgono esclusivamente la donna (aborto, contraccezione). Si arriva dunque a vedere il Gender come sopravanzante sul “semplice” sesso, che diventa una categoria ritenuta troppo ristretta e non rispecchiante le varie realtà esistenti. La dissociazione del gender dal sesso, porta a considerare almeno quattro categorie di orientamenti sessuali: eterosessuali, omosessuali, bisessuali e transessuali; il massimo della dinamicità è stato però raggiunto in America, dove è possibile scegliere, tra le identità di genere da impostare su Facebook, addirittura 56 possibili varianti. Quindi non si moltiplicano solo i generi, ma anche i sessi: la categoria di sesso entra in discussione, e si arriva a considerare anche l’ermafroditismo, che di per sé rientra nelle anomalie della differenziazione sessuale, in un sesso. D’altronde bisogna assegnare più libertà all’individuo, e dargli modo di esprimere ciò che sente in assoluta libertà, senza l’uso di tanto vetusti quanto inutili preconcetti. Una volta capito che l’argomento piace alle folle, viene chiaramente strumentalizzato da qualche politicante: che l’eccezione non rimanga eccezione! Diventi legge per tutti, si facciano battaglie
ideologiche e non, manifestazioni, fiaccolate per difendere qualsiasi tipo di minoranza, e si arrivi finalmente ad un nuovo concetto di unione e di famiglia. Il fiume emotivo infatti porta a far considerare famiglia tutto, anche due padri, due madri, o anche una madre o un padre solo; l’importante è che voglia bene al figlio: per bene non si intende quello evidenziato dai fatti, ma quello espresso a parole, più facile e veloce. L’individualismo libertario e l’emotivismo fanno da padroni, la razionalità è invece bandita. Vengono quindi introdotte nel sistema giuridico nuove figure, che devono essere il più generico e flessibile possibile: non più padre e madre, ma genitore uno e genitore
due, cosi non si offende nessuno. Se poi tra qualche tempo i genitori potranno essere anche più di due, non è dato saperlo; neanche se i genitori dovranno necessariamente appartenere al genere umano, d’altronde la natura non va limitata. La contestazione di qualsiasi norma infatti, avviene perché si ritiene che la norma e la normalità, semplicemente, non esistano. Esistono solo le eccezioni, e vanno tutte regolamentate e incoraggiate. In questo modo la realtà viene travisata in nome dell’ideologia e si pretende di insegnare una tale visione delle cose anche ai bambini. I genitori sono chiamati a difendere la loro libertà di educazione. Marco Scano
San Nicola da Longobardi un umile servo del Signore Il religioso dell’Ordine dei Frati Minimi fondati da San Francesco di Paola, presenti anche a Cagliari nella Chiesa di via Roma, verrà canonizzato dal Papa il 26 novembre n 59 anni ha vissuto a pieno il carisma di San Francesco di Paola. Il beato Nicola Saggio da Longobardi, domenica, nella solennità di Cristo Re, viene proclamato santo in San Pietro. Il religioso della famiglia dei Frati Minimi, trova il riconoscimento del cammino di fede percorso con la dignità degli altari. Fra Nicola nasce in Calabria nel 1650, in una regione che già allora viveva una situazione economica tutt’altro che florida. Figlio di contadini dai genitori ereditò l’amore per gli ultimi e per la terra. “Il messaggio e la testimonianza di fra Nicola - dicono i confratelli della chiesa di San Francesco di Paola a Cagliari - sono quanto mai attuali. Seguendo la via dell’umiltà e non disdegnando gli incarichi e i servizi più umili e nascosti, ci ha ricordato come chi si fa piccolo sarà considerato grande nel regno dei cieli”. “Tanta sarà la nostra virtù e perfezione quanta sarà la vostra umiltà”, solveva dire san Francesco di Paola ai suoi frati minimi. Mentre ne contempliamo
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già la bella testimonianza ed eleviamo a Dio il ringraziamento per il dono della sua santità scrivono ancora i frati di Cagliari ne invochiamo la sua fraterna intercessione perché la nostra comunità sia fucina di santita”. Scorrendo la biografia del futuro santo si scopre la sua grande facilità di adattamento agli spostamenti da una realtà all’altra dei Frati Minimi, segno di vero servizio alla congregazione, ma anche una spiccata disponibilità al servizio verso gli ultimi con le visite agli infermi, l’assistenza ai poveri e la visita notturna alle sette chiese. All’inizio del XVIII secolo, durante il pontificato di Clemente XI, con la minaccia di un nuovo sacco su Roma, fra Nicola si offre come vittima, pur di non vedere la città spogliata come nella precedente occasione, nel 1527 ad opera delle truppe dei lanzichenecchi al soldo dell'Imperatore Carlo V d'Asburgo. I confratelli avevano sempre visto in lui una figura di riferimento, un esempio di servizio per chiunque
gli si presentasse davanti. Nel 1709, il 3 febbraio muore in fama di santità, tanto che già nel 1786 Pio VI lo proclama beato, e dopo quasi due secoli e mezzo domenica mattina papa Francesco lo iscrive nel libro dei santi. La Chiesa indica nuovamente come esempio un frate umile, un uomo che si è reso disponibile nell’andare incontro al fratello che gli passava accanto, proprio come chiede oggi Papa Francesco. I.P.
Chi sono i Frati Minimi L'Ordine dei Minimi è un istituto religioso maschile di diritto pontificio, sorto nel XV secolo ad opera di Francesco di Paola, e si caratterizza per la spiritualità penitenziale vissuta attraverso l'osservanza di un quarto voto di vita, quaresimale; i frati minimi si dedicano particolarmente alla predicazione e al ministero della riconciliazione. Il fondatore, vissuto in povertà e in eremitaggio, volle che i suoi frati fossero detti "minimi", termine inferiore rispetto a quello dei frati di Francesco d'Assisi chiamati "minori" e con questo nome furono approvati da papa Giulio. I frati minimi sono presenti in Europa e nelle Americhe. L'ordine conta circa 180 membri, dei quali 112 sacerdoti, ripartiti in 45 case.
n FIGLIE EUCARISTICHE In festa per la solennità di Cristo Re Domenica si chiude l’anno liturgico del “Tempo ordinario” con la solennità della festa di Cristo Re. In diocesi la ricorrenza viene celebrata dall’Arcivescovo, Mons. Miglio, con la Santa Messa alle 11 nella Chiesa di Cristo Re, in via Scano a Cagliari. La festa, istituita da Papa XI l’11 dicembre 1925, a conclusione del Giubileo che si celebrava in quell’anno, è per le Figlie Eucaristiche di Cristo Re un gioioso momento di condivisione di un’attività di preghiera, contemplazione e assistenza a servizio della città da oltre mezzo secolo. La congregazione delle suore vestite di bianco, con nel petto il monogramma JHS ricamato in rosso, dal 1963 opera nella chiesa ai piedi del colle di Monte Urpinu, consacrata al sacro Cuore di Gesù Cristo Re secondo il carisma di contemplazione lasciato dalla fondatrice Madre Bruna Maxia, morta il 4 aprile del 2000. Il 1° gennaio 1950 con la posa della prima pietra, iniziò la costruzione della casa convento delle suore, progettata dall’Ingegner Bruno Maxia; il 21 settembre del 1963, monsignor Paolo Botto consacrò la chiesa e
l’altare dedicati al Sacro Cuore di Gesù Cristo Re. Secondo la volontà della fondatrice, le suore di Cristo Re continuano la missione, affidata dall’allora Arcivescovo Monsignor Piovella, che le chiedeva di alternare la preghiera e la contemplazione all’assistenza dei bisognosi del quartiere. Dallo scorso mese di gennaio la nuova Superiore Generale delle Figlie Eucaristiche di Cristo Re è Suor Francesca Diana, cagliaritana. E’ stata eletta nella Casa Generalizia di Via Scano a Cagliari, al termine del 3° Capitolo, moderato da Sr. Viviana Ballarin, e succede a Madre Giuseppina Dessì, scomparsa nel mese di marzo. Grazie alla disponibilità e all’accoglienza delle suore Figlie di Cristo Re, la chiesa di via Scano è diventata per la città un luogo privilegiato per l’adorazione eucaristica e l’ascolto della Parola. Oltre alla cura delle celebrazioni eucaristiche, da oltre dice anni, ogni primo lunedì del mese da novembre a maggio alle 19,45, viene offerta la possibilità di partecipare agli incontri biblici. La chiesa è una cappellania della parrocchia Santi Giorgio e Caterina dove alcune suore offrono la disponibilità per il catechismo; i cappellani sono i padri gesuiti della vicina comunità in Facoltà Teologica. Con la prima domenica di Avvento avrà poi inizio l’anno che Papa Francesco ha voluto dedicare alla vita consacrata. Il prossimo anno vuole essere un "tempo di grazia" per la vita consacrata e per la Chiesa, un'occasione per riconoscere "luci e ombre" della scelta religiosa. Alessandro Porcheddu
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Domenica 9 novembre si è tenuto in Seminario l’incontro sul Catecumenato organizzato dall’Ufficio Catechistico.
n questi ultimi 15 anni, nella maggior parte delle diocesi italiane è stato proposto “Il servizio diocesano per il catecumenato”. E’ in questa nuova mentalità che si riscontra la domanda degli adulti che chiedono di essere battezzati, di diventare cristiani: appartenenti a famiglie non credenti, provenienti da altre esperienze religiose, immigrati…. È dentro questa cornice di riferimento che si è svolto l’incontro per accompagnatori dei catecumeni, organizzato dall’Ufficio Catechistico Diocesano, Settore Catecumenato e che domenica, 9 novembre, nell’aula magna del Seminario, ha potuto far tesoro della presenza di don Paolo Sartor, nuovo direttore nazionale dell’Ufficio catechistico e responsabile, da anni, del settore Catecumenato a livello italiano. “La presenza di chi chiede il Battesimo in età adulta, è un dono anzitutto per le comunità: mettendosi in cammino con i cercatori di Dio, accompagnando i catecumeni, esse sono provocate a confermare e approfondire la radicalità della scelta di fede che condividono con loro. Inoltre in una società secolarizzata, i catecumeni adulti sono un segno di speranza significativo che dice, come la chiamata del Signore, continui a coinvolgere uomini e donne che si lasciano attirare dalla Buona Notizia e dalla bellezza della vita cristiana”. Accoglienza, chiamata al cammino, rottura con la vita passata, scoperta della bellezza di Cristo e della sequela, inserimento nella comunità. Dentro gli spunti di riflessione di don Sartor, la viva testimonianza di Paolo, converto tosi a quarant’anni grazie ad alcuni incontri speciali: con un amico, il
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Ha guidato il lavori don Paolo Sartor direttore dell’Ufficio Cei per la catechesi. Un impegno concreto deve essere dato al tempo del primo annuncio e del pre-catecumenato
Offrire a tutti il dono del Vangelo parroco e l’arcivescovo di Cagliari e la scoperta di Gesù. Paolo espone con gioiosa sicurezza la sua esperienza, fino a descrivere il momento in cui riceve i sacramenti, in una atmosfera solenne e piena di fascino in cui, la liturgia che scandisce le diverse fasi, fa da
sfondo a questa rinascita spirituale. “Il tempo è volato e mi sono trovato immerso nell’amore di Dio- dice Paolo- non più ai margini, ma cristiano che con umiltà, fede e onestà non perde più di vista Gesù, che invece ci guarda sempre con uno sguardo d’amore.
Alla testimonianza di Paolo segue quella di Luigi, il diacono che ha accompagnato due catecumeni africani: “Abbiamo cercato di rispondere all’esigenza di condurre i catecumeni a una piena e consapevole sequela di Cristo, favorendone l’inserimento
nell’esperienza viva di una parrocchia, per garantire una cammino comunitario di conversione, creando un po’ alla volta, una mentalità di accoglienza ed evangelizzazione, con la disponibilità a condividere la vita alla luce di Cristo. Abbiamo cercato di rispettare i loro tempi, adattandoci alla loro cultura e convinzioni, curando le motivazioni che spingono un adulto ad aderire a Cristo, incoraggiando con delicatezza, senza imposizioni: occorre tempo perché maturi il tempo della conversione e questo tempo non sta a noi stabilirlo, e questo soprattutto quando i catecumeni sono stranieri.” Don Paolo Sartor ha inoltre illustrato il percorso proposto dal Rito per l’iniziazione cristiana degli adulti, sottolineando l’importanza che deve essere data alla prima evangelizzazione e al precatecumenato, caratterizzato dal dialogo e dal contatto con la comunità cristiana. Pensare e realizzare una pastorale di prima evangelizzazione: in questo senso l’intervento conclusivo di Mons. Arrigo Miglio che, a partire dalla sua personale esperienza, ha inoltre affrontato il tema del completamento dell’Iniziazione Cristiana degli adulti e degli altri percorsi di discepolato, compreso quello dei ragazzi e fanciulli 7-14 anni. Il direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano, don Emanuele Mameli, ha poi tracciato l’orizzonte delle prossime indicazioni diocesane sui temi del catecumenato, di prossima pubblicazione. Oggi più che mai, ecco la conclusione, la fede non deve essere presupposta, ma proposta. Luigi Mossa
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Catechisti DETTO TRA NOI
Nani che si credono dei giganti
Il contesto pastorale italiano è in rapido mutamento e diventa sempre più necessario creare iniziative di primo annuncio della fede cristiana. Il primo passo è quello di mettersi in dialogo con tutte le persone che portano nel proprio animo il desiderio di trovare un senso per la propria esistenza
Il primo annuncio della fede questo punto del cammino, dopo aver evidenziato anche le fatiche e le lacune sperimentate nelle comunità cristiane a quarant’anni dalle nuove prospettive del Documento Base, è necessario soffermarsi, a livello di definizione, sulle “parole quotidiane” nell’impegno e nella missione dell’annuncio del Vangelo. Il termine evangelizzazione, così come sottolineato da Incontriamo Gesù al n. 19, non solo descrive l’orizzonte e il dinamismo missionario della Chiesa, dedita ad “uscire” per suscitare vite cristiane capaci di assumere la fede come orizzonte di senso. Evangelizzazione è, in quanto processo, l’annuncio di Cristo a tutti coloro che lo ignorano e il dinamismo di dialogo, annuncio e catechesi per favorire in ogni persona l’incontro con il Vangelo di Gesù. Un dialogo leale, caratterizzato da ascolto e accoglienza ospitale che è essenzialmente dono scambievole di persone che non solo e non tanto si comunicano verità, ma la verità della loro vita, illuminata dal Vangelo o in
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ricerca, segnata dal dubbio o dalla delusione dell’esperienza. Dentro il dialogo è insita la possibilità feconda del Primo annuncio, inteso come l’annuncio del vangelo in vista di portare una persona all’incontro con Gesù nella comunità ecclesiale e a intraprendere un cammino di conversione. Nel 2005 la Nota pastorale della CEI sul primo annuncio del Vangelo, Questa è la nostra fede, precisava come anche l’Italia, come in generale tutta l’Europa, poteva collocarsi tra quei luoghi tradizionalmente cristiani nei quali, oltre a una nuova evangelizzazione, in certi casi si impone una prima evangelizzazione. In un contesto obiettivamente missionario, come il nostro, occorre, dunque, riportare al centro di ogni chiesa diocesana e di tutte e singole le comunità parrocchiali, il primo annuncio della fede. C’è bisogno, ed è proprio questa la quotidiana esperienza vissuta come sacerdoti, catechisti e animatori ecclesiali, di un rinnovato primo annuncio della fede. Un compito della Chiesa in quanto tale, ma che ricade
su ogni cristiano, discepolo e quindi testimone di Cristo e affidato in modo particolare alle parrocchie, inserite in un concreto territorio pastorale. La catechesi, in questa cornice di riferimento, è “momento essenziale” nel processo di evangelizzazione e ha il compito di far maturare la conversione iniziale in ordine a una vita cristiana adulta. “La catechesi è un pilastro per l’educazione della fede. Educare nella fede, perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad
amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa!”: così Papa Francesco al Congresso Internazionale sulla Catechesi. L’interrogativo con cui si conclude il n.21 di Incontriamo Gesù, ci aiuta a precisare che proprio l’incontro con Cristo è la sorgente, l’itinerario e il traguardo della catechesi: “Se non si è incontrato Cristo e il suo amore, come si può sentire il desiderio di un’intelligenza della vita secondo il suo Vangelo?”. Emanuele Mameli
Il dinamismo della missione Pur consapevoli della difficoltà di offrire una sintesi degli elementi che compongono la ricca e poliedrica dinamica dell’evangelizzazione, dobbiamo indicare alcuni punti fondamentali per situare le azioni pastorali dell’annuncio e della catechesi. Anzitutto, va riconosciuto come il termine evangelizzazione abbracci un’ampia dimensione: «L’evangelizzazione è la proclamazione, da parte della Chiesa, del messaggio della salvezza con la parola di Dio, con la celebrazione liturgica, con la testimonianza della vita». Si tratta di un concetto complesso che presenta due sfumature: l’evangelizzazione in quanto orizzonte dell’azione della Chiesa e l’evangelizzazione in quanto processo. In quanto orizzonte, essa è, in sintesi, il dinamismo missionario dell’agire ecclesiale, quel necessario «uscire - fare esodo» che porta la Chiesa a incontrare il volto di ogni uomo: non una comunità in ansia per il numero dei partecipanti, ma una comunità impegnata a suscitare vite cristiane, uomini e donne capaci di assumere le fede come unico orizzonte di senso. In quanto processo «si può definire l’evangelizzazione in termini di annuncio del Cristo a coloro che lo ignorano, di predicazione, di catechesi, di Battesimo e di altri Sacramenti da conferire». Tre, in particolare, sono i momenti fondamentali di tale dinamismo: il dialogo, l’annuncio e la catechesi. È compito dell’evangelizzazione favorire in ogni persona l’incontro con Cristo, lasciando che il Vangelo impregni la propria vita, nei suoi passaggi e nelle sue sfide, nelle proprie relazioni ed esperienze. Cei, Incontriamo Gesù, n. 19
n STORIE DI SANTI
Beato Giacomo Alberione aolo VI lo definì «una meraviglia del nostro secolo». A soli trent’anni, quando era direttore spirituale del seminario di Alba, fondò la sua prima congregazione religiosa e alla sua morte ne lasciò cinque, più quattro istituti aggregati all’Unione Cooperatori Paolini. Il Beato Giacomo Alberione, è nato il 4 aprile 1884 a San Lorenzo di Fossano (Cuneo) da una famiglia di contadini. Entrò dodicenne nel seminario di Bra e poi, dopo aver superato una crisi che lo aveva visto tornare in famiglia, in quello di Alba dove completò gli studi di filosofia e teologia, ricevendo l’ordinazione sacerdotale il 28 giugno 1907. Conseguita la laurea in teologia a Genova, dopo aver svolto il suo ministero per otto mesi come vice curato nella parrocchia di San Bernardo a Narzole, fu nominato dal suo vescovo Mons. Re direttore spirituale del seminario dio-
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cesano, svolgendo tale incarico fino al 1920, quando ottenne di potersi dedicare completamente all’Istituto da lui iniziato nel 1914 per l’apostolato della buona stampa, la Pia Società San Paolo. Il suo progetto era maturato dopo una speciale “illuminazione” dall’alto nella notte del 31 dicembre 1900 a cavallo tra il XIX e il XX secolo: per quella circostanza era stata programmata per tutta la Chiesa un’ora di adorazione da farsi dopo la Messa della mezzanotte, pregando secondo le intenzioni di papa Leone XIII. Il seminarista, appena diciassettenne, non si limitò a un’ora, ma rimase in ginocchio nel duomo di Alba per quattro ore. Un pensiero lo assillò da quel momento: fare qualcosa per il Signore e gli uomini del nuovo secolo con cui sarebbe vissuto. L’Alberione pensava ad una «organizzazione di scrittori, tecnici, librai, rivenditori cat-
Ovviamente non ci riferiamo a chi è basso di statura, ma ad un numero imprecisato di uomini e donne di una mediocrità macroscopica, ma che nei confronti degli altri si atteggiano a superuomini (e superdonne). Si può dire che il mondo è pieno di “nani” in questo senso. Un mio professore del liceo ricordava a noi alunni che l'altezza che conta, è quella del cervello e, indicando le tempie, diceva: “contano questa quattro dita”, perché alto è anche il campanile o i pali della luce elettrica. In realtà aveva ragione. Ci sono anche proverbi significativi: “botte piccola, vino buono”, ma nel caso che stiamo esaminando, è più appropriato il detto: “un nano è piccolo anche sul campanile”. La similitudine della statura fisica è solo funzionale rispetto a quella culturale, morale ed esistenziale in genere. Forse con qualche esempio ci comprendiamo meglio. Prendiamo in considerazione i “tuttologi”. Sono coloro che, convinti di sapere tutto, intervengono nei dibattiti televisivi (o in qualunque posto si trovino), e di qualunque argomento si tratti, parlano con una supponenza che non fa altro che evidenziare la loro ignoranza in materia. Magari sono
tolici» (così racconterà nel 1953), in cui era necessario il contributo dei laici. Nel 1913 mons. Re lo chiamò a dirigere il settimanale diocesano “Gazzetta d’Alba”, poi il Beato ne acquistò la proprietà e mise in piedi la Scuola Tipografica Piccoli Operai, primo nucleo di quella che sarebbe stata la Pia Società San Paolo, a cui nel frattempo si erano aggiunte le prime Figlie di San Paolo. A proposito dell’apostolato della stampa, don Alberione amava dire: «Le macchine (tipografiche) sono pulpiti, le sale come chiese, gli operatori i predicatori». I libri stampati dai “Piccoli Operai” venivano poi diffusi dalle Figlie mediante la cosiddetta “Propaganda della “Buona Stampa”, che sarà il loro distintivo. Dopo il 1936 accanto alle Figlie di San Paolo nasceranno le Pie Discepole del Divin Maestro, le Suore di Gesù Buon Pastore (Pastorelle), e nel 1957 le Suo-
re Apostoline per la promozione vocazionale e gli istituti “aggregati” (Gesù Sacerdote, San Gabriele Arcangelo, Maria Santissima Annunziata e Santa Famiglia, oltre all’Associazione dei Cooperatori Paolini).Paolo VI disse di lui: «Ha dato alla Chiesa nuovi mezzi per dare vigore ed ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno». Don Alberione morì a Roma il 26 novembre 1971 ed è stato beatificato da S.Giovanni Paolo II il 27 aprile 2003. Andrea Agostino
anche plurilaureati, ma di certi argomenti ne capiscono meno delle capre. Un piccolo esempio pratico: di recente in televisione un luminare in campo scientifico, poiché l'argomento in questione era l'amore di Dio per l'uomo, con candida sicurezza ha professato la sua ignoranza senza neppure rendersene conto: “in realtà l'amore di Dio lo troviamo anche nella Bibbia, come per esempio la parabola del figlio prodigo, anche se è nel vecchio testamento”. “Ignorante, capra, vai a studiare”, gli avrebbe detto Vittorio Sgarbi se avesse detto una simile idiozia in campo artistico. Naturalmente , né i conduttori della trasmissione hanno osato correggere Sua ignoranza crassa e supina! E neppure il pubblico presente, vuoi perché si trattava di un personaggio importante, vuoi perché nessuno era in grado di correggerlo oppure per una sorta di servilismo che condiziona la gente di fronte e a personaggi di una certa fama. Eppure sarebbe stata sufficiente la presenza in studio di un bambino o una bambina di prima elementare, per rettificare: la parabola del figlio prodigo è raccontata da Gesù, quindi la troviamo nel Nuovo Testamento e, precisamente, nel capitolo XV di S. Luca. Ahinoi, quante bestialità siamo costretti a sentire e subire in questi dibattiti televisivi! Adesso, con la ripresa di tutte le attività, questi baldi conduttori inviteranno ogni genere di personaggi e ne sentiremo delle belle. Prepariamoci, magari anche con un buon vaccino perché di nani che si credono giganti, è piena la terra! E, tra l'altro, sono pericolosissimi perché sfruttano la loro competenza in un piccolo settore, per appropriarsi della autorità di poter quaraquaquare su qualsiasi argomento. Insomma, il vero gigante è umile e non pretende di pontificare su tutto. A differenza del nano che è presuntuoso e pensa di sapere tutto. Don Tore Ruggiu
Papa Francesco
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domenica 23 novembre 2014
curiosità
Le parole di Papa Francesco nell’udienza con i Medici Cattolici i nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa […] Voi medici cattolici vi impegnate a vivere la vostra professione come una missione umana e spirituale, come un vero e proprio apostolato laicale. L’attenzione alla vita umana, particolarmente a quella maggiormente in difficoltà, cioè all’ammalato, all’anziano, al bambino, coinvolge profondamente la missione della Chiesa. Essa si sente chiamata anche a partecipare al dibattito che ha per oggetto la vita umana, presentando la propria proposta fondata sul Vangelo. Da
SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
Direttore responsabile Roberto Piredda Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it
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Fotografie Archivio Il Portico, Ivan Pedretti
Il medico è apostolo in mezzo a chi soffre
Il Santo Padre ha esortato i medici a vivere la loro professione come un vero e proprio apostolato laicale, ponendosi come fine il “prendersi cura” di ogni persona, testimoniando con coraggio il Vangelo della vita in un contesto culturale che considera come da scartare ciò che è segnato dalla malattia molte parti, la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al “benessere”, alla bellezza e al godimento della vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza. In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre “di qualità”. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra! Come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori. Questo è ciò che voi, medici cattolici, cercate di affermare, prima di tutto con il vostro stile professionale. La vostra opera vuole testimoniare con la parola e con l’esempio che la vita umana è sempre sacra, valida ed inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata. Questa vostra
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professionalità, arricchita con lo spirito di fede, è un motivo in più per collaborare con quanti – anche a partire da differenti prospettive religiose o di pensiero – riconoscono la dignità della persona umana quale criterio della loro attività. Infatti, se il giuramento di Ippocrate vi impegna ad essere sempre servitori della vita, il Vangelo vi spinge oltre: ad amarla sempre e comunque, soprattutto quando necessita di particolari attenzioni e cure. Così hanno fatto i componenti della vostra Associazione nel corso di settant’anni di benemerita attività. Vi esorto a proseguire con umiltà e fiducia su questa strada, sforzandovi di perseguire le vostre finalità statutarie che recepiscono l’insegnamento del Magistero della Chiesa nel campo medico-morale. Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna
favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto (cfr Lc 10,33). La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come “buoni samaritani”, avendo cura in modo particolare degli anziani, degli infermi e dei disabili. La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza. E a tante
Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Redazione: Francesco Aresu, Federica Bande, Maria Chiara Cugusi, Fabio Figus, Maria Luisa Secchi, Roberto Comparetti.
conseguenze sociali che tale fedeltà comporta. Noi stiamo vivendo un tempo di sperimentazioni con la vita. Ma uno sperimentare male. Fare figli invece di accoglierli come dono, come ho detto. Giocare con la vita. Siate attenti, perché questo è un peccato contro il Creatore: contro Dio Creatore, che ha creato le cose così. Quando tante volte nella mia vita di sacerdote ho sentito obiezioni. “Ma, dimmi, perché la Chiesa si oppone all’aborto, per esempio? E’ un problema religioso?” – “No, no. Non è un problema religioso” – “E’ un problema filosofico?” – “No, non è un problema filosofico”. E’ un problema scientifico, perché lì c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. “Ma no, il pensiero moderno…” – “Ma, senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno, la parola uccidere significa lo stesso!”. Lo stesso vale per l’eutanasia: tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa questa eutanasia nascosta. Ma, anche c’è l’altra. E questo è dire a Dio: “No, la fine della vita la faccio io, come io voglio”. Peccato contro Dio Creatore. Pensate bene a questo. 15 novembre 2014
Hanno collaborato a questo numero: Tore Ruggiu, Maria Grazia Pau, Michele Antonio Corona, Franco Camba, Marco Scano, Susanna Mocci, Emanuele Mameli, Gian Mario Aresu, Alessandro Porcheddu, Matteo Mazzuzzi, Alessio Faedda, Gianfranco Del Rio, Rita Lai, Luigi Mossa, Andrea Agostino. Per l’invio di materiale scritto e fotografico e per qualsiasi comunicazione fare riferimento all’indirizzo e-mail: settimanaleilportico@gmail.com L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).
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