Poste Italiane SpA Spedizione in abb.to postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB Cagliari
SETTIMANALE DIOCESANO
A N N O X I N .45
Viaggi apostolici
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L’Arcivescovo
4
DI
CAGLIARI
DOMENICA
Giovani
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7
DICEMBRE
Sestu
14
Dalla Turchia un messaggio di pace
Una nota sulla Comunione Eucaristica
Il 7 dicembre a San Paolo il primo Incontro
I 35 anni della Scuola per catechisti
l Santo Padre ha affrontato i temi Idell’ecumenismo e
engono richiamate le preziose indicazioni V dell’Istruzione della Cei
utti i ragazzi delle parrocchie sono Tinvitati a partecipare
del nuovo anno sono dedicati Iallalavori conoscenza della
della riconciliazione
del 1989
all’appuntamento
Parola di Dio
EDITORIALE
€ 1.00
2014
Papa Francesco. La visita al Parlamento Europeo
Un invito alle famiglie di + Arrigo Miglio bbiamo iniziato in Cattedrale il tempo sacro dell'Avvento con una veglia di preghiera, dedicata in modo particolare alla missione della famiglia nella chiesa e nella società del nostro tempo. Papa Francesco ha invitato tutta la chiesa a pregare e a riflettere sul "vangelo della famiglia"specialmente in questo anno che va dall'autunno 2014 all'autunno 2015, partendo dal testo lasciatoci dal sinodo appena concluso come traccia di lavoro in preparazione al prossimo sinodo previsto per ottobre 2015. L'Avvento è tempo privilegiato per contemplare il mistero di grazia racchiuso nella famiglia così come il Creatore l'ha progettata e come Gesù l'ha consacrata. In primo luogo però il Figlio di Dio fatto carne la famiglia l'ha vissuta, e le poche pagine contenute nei Vangeli dell'Infanzia del Signore sono sufficienti per farci comprendere che la Santa Famiglia di Nazaret non appartiene al mondo delle favole ma è una famiglia che ha conosciuto e attraversato le prove più difficili. L'Avvento quindi è un tempo particolarmente dedicato alla famiglia: vuole essere un forte invito a tutte le famiglie perché riprendano coraggio, perché non abbiano timore di fare spazio nella loro casa alla Famiglia di Nazaret, che in questi giorni è particolarmente desiderosa di trovare spazio là dove si trovano una mamma ed un papà, con i loro figli e tutti i problemi, spesso drammatici, che segnano oggi in modo particolare la vita delle nostre famiglie. Ecco allora un invito rivolto ad ogni famiglia. Prima ancora di cominciare a costruire il Presepio, accendere ogni sera una candela di fronte all'immagine della Sacra Famiglia o anche solo all'immagine di Maria presente in ogni casa: sarà un piccolo segno di speranza che farà sentire la Famiglia di Nazaret solidale con ciascuna delle nostre famiglie. Sarà questo anche un modo per camminare insieme verso la festa della Sacra Famiglia che celebreremo la domenica dopo Natale, il prossimo 28 dicembre. Un modo semplice per ricordarci vicendevolmente la grande ricchezza costituita dalla presenza di un papà e di una mamma con i loro figli: è la ricchezza della vita, di ogni vita, in ogni momento della sua esistenza. Questa ricchezza oggi viene troppo spesso ignorata o umiliata, accettando passivamente una cultura che distrugge non solo la famiglia ma il futuro del nostro Paese. Solo una deriva culturale come questa, ad esempio può far considerare i figli e le famiglie numerose come un peso o un problema, piuttosto che una risorsa anche sociale. Rischiamo di perdere il senso della vita come dono ricevuto! Nessuno di noi ha potuto darselo da solo, tutti lo abbiamo ricevuto da altri, e nessuno di noi può considerarsi padrone assoluto di una vita, la propria o quella degli altri. Certo, ne siamo responsabili, siamo chiamati a gestirla, a valorizzarla, a preservarla il più possibile dalla sofferenza (l'accanimento terapeutico non è cristiano ed è cosa ben diversa dall'eutanasia), ma di qui a considerarsene padroni assoluti la differenza è radicale. C'è di mezzo la questione di Dio. ma c'è di mezzo anche la solidarietà e la condivisione reciproca che siamo chiamati a vivere ogni giorno, perché nessuno resti schiacciato dalla sofferenza. Il Verbo si è fatto carne proprio per questo, per condividere la nostra vita con tutta la sua dose di sofferenza e per risollevarci ogni giorno fino a raggiungerlo nella vita piena e senza fine.
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L’Europa si apra al futuro Per il Santo Padre è necessario “tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell'Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell'uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell'uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente”. 2
Giovani L’esperienza spirituale del Tlc
5 Cagliari L’importanza della donazione del midollo osseo
Solidarietà 11 Diocesi L’Aquilone compie 25 anni
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In Cattedrale la Veglia d’Avvento
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Attualità
domenica 7 dicembre 2014
I parlamentari europei sono chiamati a farsi custodi della fragilità delle persone. Gli ambiti privilegiati di azione sono quelli della famiglia, dei giovani, e delle migrazioni
Alcuni passaggi del Discorso di Papa Francesco al Parlamento Europeo dello scorso 25 novembre. La politica dell’Unione deve rimettere al centro la persona umana e la sua dignità trascendente I Padri fondatori dell'Unione europea desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell'uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell'uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente. Mi preme anzitutto sottolineare lo stretto legame che esiste fra queste due parole: "dignità" e "trascendente". La “dignità” è una parola-chiave che ha caratterizzato la ripresa del secondo dopo guerra. La nostra storia recente si contraddistingue per l'indubbia centralità della promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni, che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli. La percezione dell'importanza dei diritti umani nasce proprio come esito di un lungo cammino, fatto anche di molteplici sofferenze e sacrifici, che ha contribuito a formare la coscienza della preziosità, unicità e irripetibilità di ogni singola persona umana. Tale consapevolezza culturale trova fondamento non solo negli avvenimenti della storia, ma soprattutto nel pensiero europeo, contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti lontane provengono «dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal cristianesimo che li ha plasmati profondamente», dando luogo proprio al concetto di “persona”. Oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell'impegno dell'Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi. Si tratta di un impegno importante e ammirevole, poiché persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi. Effettivamente quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità? Promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici. Occorre però prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali - sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade”, sempre più insensibile alle
Un’Europa sempre più vicina alle persone altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa. Ritengo perciò che sia quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noitutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale [3]. Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze. Parlare della dignità trascendente dell'uomo, significa dunque fare appello alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella “bussola” inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato [4]; soprattutto significa guardare all'uomo non come a un assoluto, ma come a un essere relazionale. Una delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di chi è privo di legami […] Tale solitudine è stata poi acuita dalla crisi economica, i cui effetti perdurano ancora con conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale. Si può poi constatare che, nel corso degli ultimi anni, accanto al processo di allargamento dell'Unione Europea, è andata crescendo la sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di istituzioni ritenute distanti, impegnate a stabilire regole percepite come
lontane dalla sensibilità dei singoli popoli, se non addirittura dannose. Da più parti si ricava un'impressione generale di stanchezza, d'invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l'Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni. A ciò si associano alcuni stili di vita un po' egoisti, caratterizzati da un'opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti del mondo circostante, soprattutto dei più poveri. Si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico. L'essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare, così che - lo notiamo purtroppo spesso - quando la vita non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore, come nel caso dei malati, dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, o dei bambini uccisi prima di nascere. Al contrario, affermare la dignità della persona significa riconoscere la preziosità della vita umana, che ci è donata gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio o di smercio. Voi, nella vostra vocazione di parlamentari, siete chiamati anche a una missione grande benché possa sembrare inutile: prendervi cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone di ungerlo di dignità. Come dunque ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia per perseguire il grande ideale di un'Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e
consapevole dei propri doveri? Per rispondere a questa domanda, permettetemi di ricorrere a un'immagine. Uno dei più celebri affreschi di Raffaello che si trovano in Vaticano raffigura la cosiddetta Scuola di Atene. Al suo centro vi sono Platone e Aristotele. Il primo con il dito che punta verso l'alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta. Mi pare un'immagine che ben descrive l'Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l'apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l'uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi. Il futuro dell'Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due elementi. Un'Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un'Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello "spirito umanistico" che pure ama e difende. Proprio a partire dalla necessità di un'apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l'indipendenza delle istituzioni dell'Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l'hanno formata fin dal principio, quali la
pace, la sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona […] Dare speranza all'Europa non significa solo riconoscere la centralità della persona umana, ma implica anche favorirne le doti. Si tratta perciò di investire su di essa e sugli ambiti in cui i suoi talenti si formano e portano frutto. Il primo ambito è sicuramente quello dell'educazione, a partire dalla famiglia, cellula fondamentale ed elemento prezioso di ogni società. La famiglia unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al futuro. Senza tale solidità si finisce per costruire sulla sabbia, con gravi conseguenze sociali […] Accanto alla famiglia vi sono le istituzioni educative: scuole e università. L'educazione non può limitarsi a fornire un insieme di conoscenze tecniche, bensì deve favorire il più complesso processo di crescita della persona umana nella sua totalità. I giovani di oggi chiedono di poter avere una formazione adeguata e completa per guardare al futuro con speranza, piuttosto che con disillusione […] L’Europa è sempre stata in prima linea in un lodevole impegno a favore dell’ecologia. Questa nostra terra ha infatti bisogno di continue cure e attenzioni e ciascuno ha una personale responsabilità nel custodire il creato, prezioso dono che Dio ha messo nelle mani degli uomini […] Accanto ad un’ecologia ambientale, serve perciò quell’ecologia umana, fatta del rispetto della persona. Il secondo ambito in cui fioriscono i talenti della persona umana è il lavoro. E’ tempo di favorire le politiche di occupazione, ma soprattutto è necessario ridare dignità al lavoro, garantendo anche adeguate condizioni per il suo svolgimento. Ciò implica, da un lato, reperire nuovi modi per coniugare la flessibilità del mercato con le necessità di stabilità e certezza delle prospettive lavorative, indispensabili per lo sviluppo umano dei lavoratori; d'altra parte, significa favorire un adeguato contesto sociale, che non punti allo sfruttamento delle persone, ma a garantire, attraverso il lavoro, la possibilità di costruire una famiglia e di educare i figli. Parimenti, è necessario affrontare insieme la questione migratoria. Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero! Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto. L'assenza di un sostegno reciproco all'interno dell'Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati, favorendo il lavoro schiavo e continue tensioni sociali. L'Europa sarà in grado di far fronte alle problematiche connesse all'immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale e mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l'accoglienza dei migranti; se saprà adottare politiche corrette, coraggiose e concrete che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni – causa principale di tale fenomeno – invece delle politiche di interesse che aumentano e alimentano tali conflitti. È necessario agire sulle cause e non solo sugli effetti.
domenica 7 dicembre 2014
Dal dialogo tra le religioni la spinta verso la pace Nelle parole di Papa Francesco in Turchia risaltano i temi dell’ecumenismo e il ruolo che le diverse fedi possono giocare nella costruzione della pace e della giustizia l Viaggio Apostolico in Turchia di Papa Francesco ha avuto tre aspetti principali: l’incontro con la comunità cattolica locale; il dialogo ecumenico e interreligioso; l’impegno per la pace e la giustizia sociale. Il Santo Padre in modo particolare ha esortato la Chiesa che è in Turchia ad avere il coraggio della missione che nasce da dono dello Spirito Santo: «Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa. Egli dà la vita, suscita i differenti carismi che arricchiscono il popolo di Dio e, soprattutto, crea l’unità tra i credenti: di molti fa un corpo solo, il corpo di Cristo. Tutta la vita e la missione della Chiesa dipendono dallo Spirito Santo; Lui realizza ogni cosa […] La Chiesa, scaturita dalla Pentecoste, riceve in consegna il fuoco dello Spirito Santo, che non riempie tanto la mente di idee, ma incendia il cuore; è investita dal vento dello Spirito che non trasmette un potere, ma abilita ad un servizio di amore, un linguaggio che ciascuno è in grado di comprendere» (Omelia della S. Messa nella Cattedrale di Istanbul,
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n POLITICA NAZIONALE.Una panoramica della situazione dopo il turno delle regionali
In attesa di Napolitano Il Pd guidato da Renzi ha assunto un ruolo centrale Nel centro destra cresce solo la Lega di Salvini Il M5S pare avviato ad un progressivo declino a recente tornata elettorale in Emilia Romagna e Calabria, pur essendo un appuntamento locale, offre senza dubbio degli spunti importanti per riflettere sulla situazione politica nazionale. Alcuni elementi sono abbastanza chiari in questa fase: il Pd si conferma il primo partito, con una maggioranza importante; la Lega avanza al nord e si candida ad avere un ruolo guida nell’opposizione a Renzi; la crisi del Movimento Cinque Stelle; la frammentazione del centrodestra “tradizionale” guidato da Forza Italia. Un dato poi emerge su tutti: la vera maggioranza è costituita da chi si astiene dal voto, sintomo chiaro della distanza tra la politica e i cittadini. A dispetto delle critiche della minoranza interna, il Pd a guida Renzi continua a portare avanti i dati elettorali valgono più delle battute nei talk show – la cosiddetta “vocazione maggioritaria”: appare cioè in grado di raccogliere voti un po’ tra tutte le categorie sociali e di vincere le elezioni senza bisogno di allearsi di volta in volta con formazioni di “centro” o di “sinistra”. La via portata avanti da Renzi è quella che si potrebbe definire di un “pragmatismo (si spera) virtuoso”: superata l’ideologia, si guarda semplicemente alle persone e ai problemi concreti. Non a caso il tentativo, non facile, di Renzi in materia di riforma elettorale ha come obiettivo quello di arrivare ad una sorta di “sindaco
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Attualità
d’Italia”: si vota, c’è un chiaro vincitore con una maggioranza certa e così risulta evidente chi ha la responsabilità di governare. Una tale prospettiva spiazza certamente i custodi della vecchia ortodossia del centro-sinistra (grosso modo gli stessi dei quali Nanni Moretti nel lontano 2002 disse: “Noi con questi leader non vinceremo mai”), che parlano ancora di legame con il “nostro elettorato” senza comprendere la necessità di parlare all’intera società e non a solo a settori scelti di essa. La sfida di Renzi ha dei meriti evidenti nel cercare di arrivare ad un reale bipolarismo e nel porre al centro della politica delle questioni cruciali per il futuro del Paese, ma tutto si giocherà sulla sua capacità di non rimanere prigioniero della “palude” che tanto avversa (quella fatta di rinvii e “giochetti” parlamentari). I passaggi cruciali del Jobs act e della legge di stabilità e i risultati che porteranno, potranno dire molto sul futuro del tentativo renziano di “sbloccare” concretamente il Paese. Fino alle Europee di maggio sembrava che il tentativo “messianico” di Grillo fosse destinato prima o poi a travolgere tutto. Ora non è più così. La strategia massimalista di rifiutare qualsiasi tipo di accordo con altre formazioni e le continue espulsioni delle voci critiche non hanno giovato ai grillini. I risultati elettorali post febbraio 2013 parlano sempre di un calo dei consensi e della loro incapacità di farsi portavoce di quello scontento presente dentro la società, che trova ormai sbocco soprattutto nell’astensione. Grillo ormai si dice
“stanchino” e ha nominato un direttorio di fedelissimi per coordinare il movimento; e si parla di possibile scissione da parte di un gruppo di parlamentari. Il marketing di Casaleggio e soci e il rifiuto di far crescere un dibattito interno con figure autonome all’interno dei 5 stelle rischiano di condannare questa realtà all’irrilevanza. Il panorama di quello che fu il centro destra guidato da Berlusconi si è frantumato. L’età e i guai giudiziari ormai hanno irrimediabilmente segnato il dinamismo politico del Cavaliere. Si è rovesciato sul centro destra il problema politico che ha segnato per anni la sinistra: coalizzarsi unicamente in funzione “anti qualcuno”. Per la sinistra un tempo era Berlusconi; oggi, a parte invertite, si parla di Renzi. Cresce il consenso intorno a Matteo Salvini e alla Lega, che pare capace di raccogliere il malcontento di molti elettori. Tre limiti seri però possono segnare la sua leadership nel centro destra: non si sa quanto veramente Berlusconi sia d’accordo - e questo conta ancora parecchio - ; il radicamento della Lega è comunque sempre solo al nord del Paese; la sua proposta fa leva su posizioni estreme che possono mietere certamente dei consensi significativi, ma che mai nell’Italia repubblicana sono state maggioritarie. In questo quadro assai fluido c’è poi da considerare il fattore Quirinale. Le elezioni per la massima carica dello Stato non sono quasi mai serene, e le possibili dimissioni di Napolitano costringerebbero i vari schieramenti a trovare accordi non facili. Non a caso Renzi spera che l’attuale inquilino del Colle possa durare il più possibile, garantendo così una certa stabilità al quadro politico. Stiamo a vedere cosa succede. Roberto Piredda
29 novembre). La terra turca rappresenta un crocevia religioso dove la Chiesa Cattolica si incontra con gli ortodossi e la realtà predominante dell’Islam. Papa Francesco durante il suo viaggio ha incontrato a più riprese il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, con il quale ha approfondito l’importanza del dialogo tra cattolici e ortodossi e firmato una Dichiarazione Congiunta sui temi dell’ecumenismo e della pace. Per giungere all’unità, ha affermato il Pontefice, «la Chiesa Cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e della esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze: l’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse. Tale comunione sarà sempre frutto dell’amore “che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5), amore fraterno che dà espressione al legame spirituale e trascendente che ci unisce in quanto discepoli del Signore» (Divina Liturgia nella Chiesa di San Giorgio, Istanbul, 30 novembre). Una grande sfida per il nostro tempo è poi quella della convivenza pacifica tra cristiani, ebrei e musulmani: «È fondamentale che i
cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione –, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace» (Incontro con le autorità, 28 novembre). Sarà proprio un modo autentico di vivere la propria religiosità a contribuire alla costruzione della pace e alla promozione della giustizia: « Occorre contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale. Di questo hanno bisogno, con speciale urgenza, i popoli e gli Stati del Medio Oriente, per poter finalmente “invertire la tendenza” e portare avanti con esito positivo un processo di pacificazione, mediante il ripudio della guerra e della violenza e il perseguimento del dialogo, del diritto, della giustizia». (ibidem). I.P.
n IL FATTO
L’agonia dell’industria in Sardegna ha delle chiare responsabilità
’è un rischio assuefazione. Il numero sempre più elevato di proteste per la mancanza di lavoro porta, a volte, a non tenere nella dovuta considerazione le istanze di chi oggi è senza occupazione. La clamorosa protesta messa in atto dalla moglie degli ex - minatori Igea che nei giorni scorsi hanno occupato una galleria a Monteponi, è la spia di una situazione che sta scivolando sempre più verso il basso. Se ora anche le mogli dei lavoratori attuano azioni estreme per richiamare l’attenzione su una vertenza, significa che la voce dei lavoratori è diventata molto debole. Quella degli addetti ex Igea, è una delle tante vertenze che da troppo tempo vanno avanti senza soluzione. Bene ha fatto il vescovo di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda, a richiamare alle proprie responsabilità i gestori della cosa pubblica, affinché non dimentichino quei lavoratori, dietro ai quali ci sono le rispettive famiglie. Nella stessa zona, sempre nei giorni scorsi, sono state recapitate le lettere di licenziamento agli operai Alcoa. Erano attese ma l’arrivo della missiva ha sancito la perdita del posto di lavoro per gli addetti diretti, mentre quelli delle aziende dell’indotto da un anno non ricevono più alcun sussidio, stretti tra le beghe di Governo e Regione. A pochi chilometri di distanza, nel Medio Campidano, ci si lecca le ferite per il fallimento della Keller, decretato dal tribunale di Cagliari. Altra mazzata per una zona dell’Isola nella quale gli indici di spopolamento sono in crescita mentre diminuisce la natalità, insomma il futuro è tutt’altro che roseo. Nel nord dell’Isola invece a tenere banco è la vicenda Meridiana, con l’ultima sortita dei lavoratori che in autobus hanno raggiunto la residenza parigina del principe Aga Khan Karim, azionista di maggioranza della compagnia aerea, per chiedere di rivedere la politica di smantellamento dell’azienda, ed i 1.300 licenziamenti. Insomma le cronache registrano una situazione di tensioni sociali pronte a esplodere. Parlando al telefono con un operaio Alcoa mi veniva confermato come ancora il buon senso abbia trattenuto operai e lavoratori dal far trascendere la protesta. Non è detto che poi si arrivi a tanto. Sarebbe però interessante capire se e come i rappresentanti politici di quei territori abbiano o meno lavorato per evitare il collasso del sistema industriale isolano. Ad oggi nessuno ha chiesto loro conto: forse sarebbe ora che famiglie e lavoratori lo facessero. Roberto Comparetti
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Chiesa
domenica 7 dicembre 2014
LE PIETRE
n INDIA
All’Udienza la riflessione sulla Chiesa pellegrina verso il Regno La settimana del Santo Padre è stata particolarmente segnata dalla visita al Parlamento Europeo e dal viaggio apostolico in Turchia a cui Il Portico dedica spazio nelle prime pagine di questo numero. Nel resto della settimana, tra i vari impegni, Papa Francesco ha proseguito il ciclo di catechesi dedicato alla Chiesa, approfondendo in particolare il suo essere “pellegrina verso il Regno”. Il Pontefice ha sottolineato come «è bello percepire come ci sia una continuità e una comunione di fondo tra la Chiesa che è nel Cielo e quella ancora in cammino sulla terra. Coloro che già vivono al cospetto di Dio possono infatti sostenerci e intercedere per noi, pregare per noi. D’altro canto, anche noi siamo sempre invitati ad offrire opere buone, preghiere e la stessa Eucaristia per alleviare la tribolazione delle anime che sono ancora in attesa della beatitudine senza fine. Sì, perché nella prospettiva cristiana la distinzione non è più tra chi è già morto e chi non lo è ancora, ma tra chi è in Cristo e chi non lo è! Questo è l’elemento determinante, veramente decisivo per la nostra salvezza e per la nostra felicità». Ricevendo in udienza i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Papa Francesco ha insistito sull’impegno di rinnovamento spirituale che deve caratterizzare l’esistenza dei religiosi e delle religiose: «Non dobbiamo avere paura di lasciare gli "otri vecchi": di rinnovare cioè quelle abitudini e quelle strutture che, nella vita della Chiesa e dunque anche nella vita consacrata, riconosciamo come non più rispondenti a quanto Dio ci chiede oggi per far avanzare il suo Regno nel mondo: le strutture che ci danno falsa protezione e che condizionano il dinamismo della carità; le abitudini che ci allontanano dal gregge a cui siamo inviati e ci impediscono di ascoltare il grido di quanti attendono la Buona Notizia di Gesù Cristo». In questa prospettiva d’impegno spirituale, due elementi essenziali sono la povertà e la preghiera: «Sant’Ignazio diceva che la povertà
Non padri missionari ma “signori”
Chiamati a non avere paura di lasciare gli “otri vecchi” In settimana gli incontri con la Congregazione per la vita consacrata, i partecipanti al Congresso sulla pastorale nelle Grandi Città e con la Famiglia Paolina per il suo centenario è la madre e anche il muro della vita consacrata. È madre la povertà, perché dà vita, e il muro protegge dalla mondanità […] fra i mezzi a disposizione per avanzare nel cammino della vostra santità personale e comunitaria il più importante è la preghiera, anche la preghiera gratuita, la preghiera di lode e di adorazione. Noi consacrati siamo consacrati per servire il Signore e servire gli altri con la Parola del Signore, no? Dite ai nuovi membri, per favore, dite che pregare non è perdere tempo, adorare Dio non è perdere tempo, lodare Dio non è perdere tempo. Se noi consacrati non ci fermiamo ogni giorno davanti a Dio nella gratuità della preghiera, il vino sarà aceto!». Nell’incontro con i partecipanti al Congresso Internazionale della Pastorale delle Grandi Città, il Santo Padre ha insistito sull’urgenza di passare ad una pastorale realmente “in uscita”, capace di dialogare con la cultura del nostro tempo valorizzando la tradizione cristiana: «Occorre avere il coraggio di fare una pastorale evangelizzatrice audace e senza timori, perché l’uomo, la donna, le famiglie e i vari gruppi che abitano la città aspettano da noi, e ne hanno bisogno per la loro vita, la Buona Notizia che è Gesù e il suo Vangelo. Tante volte sento dire che si prova vergogna ad esporsi. Dobbiamo lavorare per non avere vergogna o
ritrosia nell’annunciare Gesù Cristo; cercare il come… Questo è un lavoro-chiave […] le grandi città sono multipolari e multiculturali. E dobbiamo dialogare con questa realtà, senza paura. Si tratta allora di acquisire un dialogo pastorale senza relativismi, che non negozia la propria identità cristiana, ma che vuole raggiungere il cuore dell’altro, degli altri diversi da noi, e lì seminare il Vangelo […] Dio abita nella città. Bisogna andare a cercarlo e fermarsi là dove Lui sta operando. So che non è la stessa cosa nei diversi Continenti, ma dobbiamo scoprire, nella religiosità dei nostri popoli, l’autentico substrato religioso, che in molti casi è cristiano e cattolico». Nell’Udienza con la Famiglia Paolina giunta a Roma in pellegrinaggio in occasione dell’Anno centenario della fondazione, Papa Francesco ha esortato tutti a «rinnovare l’impegno nel vivere la fede e comunicarla, in particolare mediante gli strumenti editoriali e multimediali». L’apostolato con i mezzi di comunicazione deve sostenere l’unità della Chiesa: «Tutto il vostro lavoro, lo zelo apostolico, dev’essere pieno di questo amore per l’unità. Mai favorire i conflitti, mai scimmiottare quei media di comunicazione che cercano solo lo spettacolo dei conflitti e provocano
n UNA NOTA DI MONS. MIGLIO SULLA COMUNIONE EUCARISTICA
Ricevere Gesù nell’Eucaristia Venticinque anni fa, la prima domenica di Avvento del 1989, entrava in vigore la disposizione adottata dalla CEI che dava la possibilità di ricevere la S. Comunione non solo sulla lingua ma anche sulla mano. La delibera della CEI uscì accompagnata da una puntuale e sempre attuale Istruzione sulla Comunione Eucaristica, che faremmo bene ogni tanto a rileggere. Non mancarono allora le discussioni e le polemiche, così come avviene anche oggi, con il rischio di dare più attenzione alla forma esteriore con cui si riceve la S. Comunione rispetto alle disposizioni interiori. Altro rischio è quello di trasformare il Sacramento dell'unità in occasione di fratture e divisioni. Richiamo pertanto all'osservanza della norma stabilita per il nostro Paese dalla CEI, norma tuttora in vigore, che lascia
ai fedeli la libertà di scegliere il modo che ritengono più opportuno per loro di ricevere la S. Comunione, senza imporre nulla più di quanto stabilito. Si abbia cura tuttavia di spiegare praticamente come servirsi delle due modalità previste: permettere al ministro di deporre sulla lingua la sacra particola (piuttosto che addentarla o tentare di succhiarla con le labbra) oppure riceverla sulle mani e portarla subito alla bocca. Altro richiamo importante è quello di favorire un tempo di preghiera e di silenzio mentre viene distribuita la S. Comunione e nei minuti successivi: purtroppo il ringraziamento dopo la S. Comunione è quasi scomparso ed è necessario l'impegno di tutti per ritrovare il clima giusto per un momento così importante nel dialogo con il Signore.
lo scandalo nelle anime. Favorire sempre l’unità della Chiesa, l’unità che Gesù ha chiesto al Padre come dono per la sua sposa». L’esempio del Beato Alberione, ha mostrato il Pontefice, è sempre attuale nell’indicare nuovi orizzonti di testimonianza e apostolato: «Il beato Giacomo Alberione scorgeva nell’annuncio di Cristo e del Vangelo alle masse popolari la carità più autentica e più necessaria che si potesse offrire agli uomini e alle donne assetati di verità e di giustizia. Seguendo le orme di Gesù e ad imitazione dell’Apostolo delle genti, ha saputo vedere le folle come pecore sbandate e bisognose di orientamenti sicuri nel cammino della vita. Pertanto, ha speso l’intera esistenza a spezzare loro il pane della Parola con linguaggi adeguati ai tempi. Così anche voi siete chiamati a spendervi al servizio della gente di oggi a cui lo Spirito vi manda, con creatività e fedeltà dinamica al vostro carisma, individuando le forme più idonee affinché Gesù sia annunciato. I vasti orizzonti dell’evangelizzazione e l’urgente necessità di testimoniare il messaggio evangelico. Non solo dirlo. Testimoniarlo con la propria vita. E questa testimonianza a tutti costituisce il campo del vostro apostolato. Tanti attendono ancora di conoscere Gesù Cristo. La fantasia della carità non conosce limiti e sa aprire strade sempre nuove per portare il soffio del Vangelo nelle culture e nei più diversi ambiti sociali». Sempre in settimana è stata diffusa la Lettera del Santo Padre a tutti i consacrati in occasione dello speciale Anno della Vita Consacrata. Roberto Piredda
I missionari delle scuole cattoliche dello stato indiano di Chhattisgarh che sono impegnati nell’insegnamento, come presidi o docenti, non dovranno più essere chiamati “padre” ma solo “signore”. È l’imposizione dei gruppi estremisti indù alle 22 scuole cattoliche del distretto di Bastar, frequentate per larga maggioranza da studenti non cristiani. Dopo un incontro con i rappresentanti dei gruppi indù e delle autorità civili, i rappresentanti delle scuole cattoliche, per evitare tensioni e conflitti, hanno convenuto sull’uso dell’appellativo “signore”, usato in tutte le altre scuole private. I missionari cattolici del distretto hanno concordato nell’esporre nelle scuole fotografie di grandi personalità, di tutte le religioni, che hanno lavorato per l'interesse nazionale nel campo dell’educazione.
n SIRIA
Esplosivo contro un convento I miliziani jihadisti dello Stato Islamico che controllano la città di Mosul sono ricorsi a cariche esplosive per danneggiare gravemente il convento delle suore caldee del Sacro Cuore, in precedenza da loro occupato e usato come alloggio e base logistica. I media legati alla comunità caldea riferiscono che la distruzione tramite esplosivo sarebbe avvenuta in due fasi. Un primo tentativo non ha avuto esito, ma poi i jihadisti sono ricorsi a cariche più potenti di esplosivo, provocando danni gravi soprattutto alla chiesa, con l'intento di eliminare la croce che svetta su luogo di culto. Prima di mettere in atto la loro opera devastatrice, i miliziani dello Stato Islamico hanno avvertito gli abitanti della zona, suggerendo loro di tenere aperte le finestre per evitare che i vetri fossero infranti dallo spostamento d'aria.
n PAKISTAN Cristiana incinta costretta a sfilare nuda Una donna cristiana di 28 anni, incinta, è stata costretta dal proprio datore di lavoro a camminare nuda in pubblico, perché non avrebbe adempiuto al proprio dovere in modo corretto e secondo le aspettative. La vittima - che ha perduto il bambino nella violenza - è una residente nella provincia del Punjab. La donna lavorava come domestica e, secondo quanto riferisce, è stata costretta a camminare priva di vestiti perché non avrebbe soddisfatto le richieste del proprio datore di lavoro. Uno dei figli dell'uomo, in compagnia di quattro amici, ha trascinato la 28enne, incinta, all'esterno dell'abitazione e le ha strappato via gli abiti; il gruppo l'ha quindi abbandonata, nuda, all'angolo di una strada, dove una donna anziana le ha dato alcuni vestiti per coprirsi. I parenti l'hanno quindi accompagnata in ospedale, per accertamenti sul suo stato di salute e del nascituro; i medici hanno riscontrato il principio di aborto e purtroppo non è stato possibile salvare il bambino che la donna aveva in grembo.
domenica 7 dicembre 2014
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Giovani
Pastorale giovanile. Il primo Incontro Diocesano nella parrocchia di S. Paolo a Cagliari
In cammino sulle orme di San Giovanni Bosco I
l periodo di Avvento è ormai iniziato, e l'Ufficio di Pastorale Giovanile della nostra diocesi ha programmato per la seconda domenica di Avvento 7 dicembre, il primo Incontro Diocesano rivolto a tutti i ragazzi delle superiori e della terza media. Il primo incontro proposto dalla PG verrà ospitato dalla parrocchia di San Paolo a Cagliari, che per l'occasione si prepara ad accogliere diverse centinaia di giovani. Qualche settimana fa la segreteria dell'Ufficio PG ha contattato tutte le parrocchie della diocesi, preoccupandosi di avvertire i referenti degli oratori e inviando loro il modulo di iscrizione all'evento. Questa è quindi la terza settimana disponibile per iscriversi e la PG inizia a fare i conti per capire quante presenze si conteranno domenica 7. Per preparare l'organizzazione dell'incontro al meglio, le felpe gialle hanno incontrato nei giorni passati gli animatori della parrocchia di San Paolo, in modo da poter iniziare a lavorare insieme sin da subito, e farsi guidare dai padroni di casa. Tale collaborazione sarà funzionale da diversi punti di vista, da cose elementari come il pensare alla corretta gestione del numero di persone previsto per l'evento, fino a ciò che più importa: a rafforzare i rapporti tra i diversi animatori. La giornata del 7 dicembre si svolgerà con l'accettazione e la registrazione dei gruppi delle diverse parrocchie, e nel corso della serata ci saranno varie attività e proposte, alcune rivolte ai ragazzi delle scuole medie e altre rivolte ai ragazzi delle scuole superiori. Sono state quindi programmate diverse attività legate alla diversa età e percorso dei partecipanti, che chiaramente avranno modo di vivere comunque dei momenti insieme. Il tema che farà da sfondo a tutto
questo sarà la figura di San Giovanni Bosco, infatti in occasione del bicentenario, l'Ufficio di PG ha voluto dedicare il tema degli incontri diocesani alla pedagogia salesiana, incardinata su quattro punti fondamentali: cortile, casa chiesa e scuola. L'appuntamento proposto dalla PG sarà dedicato al tema del cortile in chiave salesiana, e cioè quel luogo dove poter vivere l'amicizia e l'allegria. Non si può infatti immaginare Don Bosco senza associarlo all'immagine del cortile, in cui i giovani hanno libertà di esprimersi attraverso il gioco. Anche lo sport, la musica ed il teatro sono mezzi validissimi per questo scopo e bisogna fare attenzione a non scindere queste realtà da un discorso educativo e formativo che deve invece esserne la base. Secondo l'ottica di don Bosco, nel cortile di ogni oratorio è possibile vivere lo spirito di famiglia e familiarità, che conduce poi all'affetto che si trasforma in confidenza. Un educatore deve riuscire ad innescare questo meccanismo, e il cortile svolge un ruolo fondamentale perchè è il primo luogo di incontro con e per i ragazzi, dove possono esprimere se stessi attraverso il gioco e stringere nuove amicizie. Don Bosco tra i giovani è quindi don Bosco nel
Tlc, aprirsi all’ascolto dello Spirito Con uno stentoreo canto di Alleluja è rientrato, domenica 16 Novembre presso la parrocchia Sant’Ambrogio di Monserrato, il quarantaseiesimo TLC. L’entusiasmo coinvolgente dei ragazzi travolge la piccola chiesetta che accoglie il rientro. Come spesso accade quando le emozioni sono molto forti e vive è difficile raccontare cosa sia stato il corso. Sessantotto ragazzi, più o meno giovani, hanno scelto per tre giorni di parlare di Dio. Hanno scelto di lasciare fuori il mondo, i propri problemi, le paure, le difficoltà, per dedicarsi interamente al corso. In una società dove, senza falsa retorica, i giovani sono spesso catalogati come vuoti, i ragazzi della diocesi di Cagliari hanno dimostrato con la loro gioia di essere molto di più e di volere molto di più. Una responsabilità consegnata ai parroci delle parrocchie di provenienza dei ragazzi. Infatti, il metodo TLC mira a formare giovani leader cristiani che rientrino nelle loro parrocchie e che si mettano a lavorare al loro interno, l’acronimo significa proprio
questo: “treinamento de liderança Crista”, ossia “Addestramento per diventare Leader Cristiano”. A dimostrazione del fatto che la realtà del TLC si sta inserendo a pieno titolo come strumento di Pastorale Giovanile per l’intera Diocesi, questo anno i partecipanti provenivano da numerose parrocchie: dalle realtà cittadine a quelle delle zone limitrofe, fino ad arrivare a Senorbi e Villaspeciosa. Il TLC ha come obiettivo quello di far creare comunità di Giovani responsabili e attivi. Invita i ragazzi a chiedere a gran voce alle proprie parrocchie la creazione di gruppi giovanili, non solo di oratori funzionanti, ma proprio gruppi dove possano crescere, formarsi e diventare strumenti. Questa forte esigenza è dimostrata anche dal forte exploit che stanno avendo realtà non diocesane. Cio che spesso viene rimproverato a chi organizza il TLC è che non trapela mai nulla sulla struttura del corso. In effetti l’anticipazione dei temi trattati non permette di vivere pienamente l’emozione e la
cortile. Ricordiamo che il secolo in cui opera don Bosco è un tempo difficile, e nonostante questo in quegli anni il santo riesce a rompere gli schemi e va incontro ai ragazzi, conoscendo ed invitando i giovani di persona. Don Bosco non attirava a se queste persone con false promesse, semplicemente si limitava ad incontrarli ed invitarli a seguirlo senza impegno alcuno. Daltronde questa è l'essenza pura e vibrante della proposta cristiana, che altro non è se non un incontro che ciascuno fa all'interno del proprio cammino di vita. Il tutto si gioca nella risposta a questo appello: se si aderisce alla proposta cristiana la vita cambia di significato e si riveste di una luce nuova, capace di illuminare i rapporti e le relazioni. Don Bosco
evidentemente emanava questa luce, e quei ragazzi saranno stati abbagliati dalla bellezza di una vita finalmente carica di positività e significato. Nel cortile di don Bosco i più grandi imparavano a prendersi cura dei più piccoli, accogliendoli, educandoli e correggendoli; tutti ingredienti che un educatore dovrebbe saper utilizzare con dimestichezza. Domenica 7 dicembre nel cortile salesiano della parrocchia di San Paolo accadrà un pò tutto questo. Dobbiamo ripartire da ciò che è essenziale nell'educazione cioè l'incontrarsi, non dimenticando che alla luce dell'esempio di San Giovanni Bosco, è necessario proprio riconquistare, scendere ed animare i cortili dei nostri oratori. Federica Bande
sorpresa continua. E se si supera la normale curiosità umana poi si vive il corso come un dono continuo. La scelta del Direttore Spirituale di questo corso, don Davide Collu, attuale vice parroco della Basilica di Sant’Elena a Quartu, è stata quella di coinvolgere un gran numero di sacerdoti giovani con cammini di fede differenti. Questo ha permesso ai corsisti di conoscere varie realtà presenti in diocesi. Ecco alcune testimonianze dei ragazzi: “Il TLC mi ha fato vedere che non sono mai solo, ma che c è sempre qualcuno che mi ama!” (Francesco) “Il TLC inizia con tanti dubbi e domande. Difficile da credere che pochi giorni riescano a farti vivere un’esperienza spirituale così intensa. Ora dopo ora quei dubbi svaniscono e quelle domande ricevono risposta, capisci che non sei solo e che nonostante le difficoltà della vita, con i tuoi pregi e i tuoi difetti sei amato per la tua unicità. Questo amore ti riempie il cuore e a quel punto non puoi che volerlo condividere e voler essere strumento del Signore per amare il prossimo con semplicità. Questa per me è la gioia del TLC.” (Rossella). “Il tlc é un’ esperienza che ti cambia la vita. Ti rendi conto che Dio ti ama molto più di quanto tu pensi e riesci quindi ad amare cercando di imitare l’amore che Lui ti da. Un’esperienza forte che consiglierei a tutti quelli che si
sentono soli emarginati e non amati. Quindi se andate, capirete. Fidatevi!” (Demetria). “Il Tlc è un’esperienza che ti permette di tornare a sperare, che ti fa capire che la tua malattia, la tua situazione economica, il tuo dolore non sono una fine, ma l’inizio della riscoperta della fede in colui che ci ha amati fin dal principio e che non ci lascia mai soli.” (Roberto). “È stata una grande gioia vedere la presenza di Dio in ogni volto, in ogni sguardo, in ogni gesto, in ogni condivisione-meditazione.... toccare con emozione l’opera meravigliosa di Lui nella vita di ognuno... poter constatare come basta lasciarLo fare, aprigli il cuore per riscoprire chi siamo
BREVI
n SOLIDARIETÀ
Fino al 6 dicembre Banco Editoriale La casa editrice Paoline organizza l’iniziativa “Banco Editoriale”, che si svolge in tutte le Librerie Paoline del territorio nazionale fino a sabato 6 dicembre. Si tratta di un’iniziativa di solidarietà che si ispira al più famoso “Banco Alimentare” e che consiste nell’acquisto di libri che vengono poi donati ad associazioni di volontariato o a sostegno di realtà disagiate. Entrando nelle librerie Paoline in questi giorni, si potranno acquistare libri da lasciare in libreria, che saranno consegnati alla Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncoematologia Pediatrica (FIAGOP), e quindi a tutte le associazioni a lei federate. La casa editrice s’impegna a donare direttamente alla FIAGOP, in più, un numero di libri pari a quelli già raccolti attraverso l’acquisto dei singoli utenti (utenti che godranno, inoltre, di uno sconto del 10 per cento).
n SAN PIO X Una mostra sui Miracoli Eucaristici L’Associazione “Carlo Acutis”, servo di Dio, ha organizzato una mostra sui Miracoli Eucaristici. Carlo Acutis era un ragazzo, morto all’età di 15 anni, che coltivava un grande amore per l’Eucaristia. La mostra è visitabile fino al 21 dicembre nei locali del salone parrocchiale di San Pio X, a Cagliari, in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte. Si tratta di un centinaio di pannelli che illustrano alcuni Miracoli Eucaristici riconosciuti dalla Chiesa verificatisi in diverse parti del mondo.
veramente figli e figlie amate da un Dio che è Padre di tutti. Il mio povero, piccolo cuore adesso è più ricco, si è “allagato” perché contiene tutti voi, per sempre, al di là delle distanze fisiche. Grazie a tutti coloro che hanno pregato e permesso tutto ciò. A tutta l’equipe per aver regalato ai ragazzi la possibilità di incontrare Dio Padre e di fargli sentire quanto sempre sono e saranno belli e preziosi ai Suoi occhi” (Suor Vincenza) “Il Tlc é un esperienza unica che ti riempie di domande ma allo stesso tempo capisci quanto é bello l amore che Dio ti offre ogni santo giorno, esperienza da provare” (Fabrizio). Ilaria Sanna
Giovani
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domenica 7 dicembre 2014
Annunciare il Signore attraverso la musica Domenica 30 novembre nella Parrocchia Madonna della Strada si è svolta la Rassegna dei Cori giovanili attivi nelle parrocchie e nelle varie realtà associative desso è tempo di portare per le strade del mondo l’Amore”. Con queste parole, che invitano ad annunciare e a testimoniare Dio, il Coro Diocesano Giovanile ha iniziato gioiosamente la Rassegna dei Cori “Voi siete miei amici”, svoltasi Domenica 30 Novembre 2014 nella Parrocchia della Madonna della Strada di Cagliari. L’evento, organizzato dal Coro diocesano dei Giovani, ha visto la partecipazione di 10 cori giovanili, provenienti da ogni parte della diocesi, espressione delle diverse realtà presenti nel nostro territorio (oratori, gruppi giovanili, movimenti), che insieme hanno dato vita ad una serata all’insegna della preghiera e del canto. Un primo momento vissuto tutti insieme è stata la celebrazione eucaristica, presieduta da Don Giulio Madeddu e animata dal Coro Diocesano: in questa prima Domenica di Avvento abbiamo ricevuto l’esortazione ad attendere il Signore con gioia e attenzione verso il prossimo, gioia che tutti i presenti hanno testimoniato con i loro visi, strumenti musicali e canti festosi. A seguire, il momento centrale di questo incontro: i cori erano pronti e impazienti di esprimere la loro fede, la gioia nell’annunciare Dio e l’amore verso di Lui attraverso i due canti da loro scelti. Fondamentale per i tanti giovani presenti, impegnati nell’animazione liturgica nelle loro realtà, è stato il discorso di Don Fabio Trudu, direttore dell’Ufficio Liturgico diocesano, che tramite le parole di Sant’Agostino
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ha sottolineato quanto la forza della musica nella preghiera possa coinvolgere i fratelli e le sorelle che partecipano alle celebrazioni, quanto il servizio che prestiamo nelle parrocchie non è fine a sé stesso o rivolto solo al coro, ma ha come fine ultimo la gloria di Dio. Nel corso delle due ore, si sono susseguiti i diversi cori con i diversi stili e generi di animazione: il coro Ave Verum della Basilica di Sant’Elena Imperatrice, i Pueri Cantores di Capoterra, i Giovani per un Mondo Unito del Movimento dei Focolari, il coro di Santa Vittoria di Sinnai, il coro della parrocchia di San Pietro in Assemini, il coro della parrocchia di Santa Maria Maddalena di Ballao, il coro parrocchiale della Ss. Vergine Assunta di Selargius, il San Luigi Gospel Choir, il coro della parrocchia del Ss. Nome di Maria,il
coro della parrocchia di Nuraminis ed il coro del Movimento del TLC. Alla conclusione delle numerose esecuzioni, tutti insieme con il Coro Diocesano abbiamo eseguito il nuovo inno per l’anno pastorale 2014/2015 “Voi siete miei amici”, che ci accompagnerà nelle attività previste dalla Pastorale Giovanile. Sicuramente il poter condividere questa esperienza ci ha arricchito e mostrato quanti siano i giovani che dedicano il proprio tempo all’animazione liturgica. È stato bello e commovente vedere tanti cori di giovani che in una Domenica pomeriggio hanno deciso di ritrovarsi tutti insieme per cantare, tutti accomunati dallo stesso Amore che è Dio. Ancora più bella è stata la partecipazione del “pubblico”, che non applaudiva i ragazzi solo per la bravura nell’esecuzione o per il coinvolgimento che provocavano con il loro ritmo, ma soprattutto per tutto quello che trasmettevano con i loro visi e le loro voci all’unisono. Era palpabile nell’atmosfera creatasi quella Gioia cantata, che si è manifestata nei sorrisi, negli sguardi di incoraggiamento, negli applausi. Amore, fede, gioia e canto: queste sono state le tre parole chiave per la prima rassegna dei Cori giovanili, parole che ci accompagneranno perché le parole cantate diventino gesti e azioni. E come scrisse Sant’Agostino: “Cantate con le voci, cantate con i cuori, cantate con le labbra, cantate con i costumi. Cantate al Signore un cantico nuovo!” Annacarla Angius
n UN AMORE COSÌ GRANDE
La “battaglia” dell’amore uando un amore inizia ha la forza propulsiva di un uragano, come diceva una saggia amica “quando ci si innamora non è difficile amare, è difficile lavorare!” cioè fare le cose che dobbiamo fare, perché vorremmo passare tutto il giorno a pensare a lui/lei e a bearci della sua presenza. Eppure, dopo un certo tempo, le cose smettono di essere così semplici e spontanee, inizia la fatica dell’amore vero e questo, come canta Rita Pavone in “Questo nostro amore” (tornata di moda grazie ad una fiction della Rai), ci richiede una decisione forte, che diventa un giuramento: “saprò difenderlo e saprò proteggerlo questo grande amor”. Proteggerlo da cosa? Innanzitutto, direi, da noi stessi, dalla nostra naturale tendenza a rincorrere le novità, i fuochi d’artificio, l’ultima roboante emozione. Ma anche dalla nostra pigrizia, dal considerarlo ormai acquisito e scontato. E l’amore va protetto dai messaggi esterni che tendono a contrastarlo, quando non a sovrastarlo, non parlo solo dall’idea distorta di amore che i media spesso portano con sé, ma dalla mentalità prestazionale che ci pervade, quella secondo la quale dovremmo lavorare 24h su 24, essere sempre connessi, disponibili e a portata di telefono, perché questa mentalità è proprio contraria ai
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tempi dell’amore che sono fatti di attese, silenzi, abbracci. Un grande maestro d’amore come Roland Barthes nel suo Frammenti di un discorso amoroso dice: “sono innamorato? Si, perché sto aspettando” solo chi ama sa aspettare, solo chi ama resta fermo (se necessario) pur di poter finalmente gustare il momento del ritrovarsi. Gli innamorati che vivono in città diverse sanno bene di cosa parlo: l’attesa di rivedersi è il colore stesso dei giorni, non c’è altro che questo. Quando il desiderio di stare insieme perde la disponibilità ad attendere significa che l’amore è sotto attacco, è il momento in cui occorre correre ai ripari, per difenderlo e proteggerlo appunto. Se non ci accorgiamo più che il nostro amato è lontano e che lo stiamo aspettando, se dimentichiamo gli appuntamenti ecco, forse, è ora di chinarsi sul rapporto che stiamo vivendo e assicurarci che quella delicata pianticella (sempre delicata anche dopo vent’anni di matrimonio) abbia tutto il nutrimento che le serve. I silenzi di una coppia che si ama sono un concerto, se ti avvicini puoi quasi sentirne la melodia, e sono così meravigliosi perché non coprono nulla. Una coppia che si ama ha già comunicato tutto quello che occorre dire con le parole, l’ha
fatto subito, appena possibile, perché condividere al più presto ciò che accade o ciò che si pensa le è costitutivo e il tempo che rimane può riempirsi di un silenzio gioioso. Quando il silenzio diventa nondetto, invece,si fa assordante, imbarazzato, le domande nascono e muoiono prima di essere pronunciate… è il segnale: occorre alzare le barricate e prepararsi a combattere per questo amore. Gli abbracci sono il gesto dell’abbandono senza riserve, della resa incondizionata all’altro, il gesto di chi non si deve difendere, perché sa di essere al sicuro. “Nell’amorosa quiete delle tue braccia” diceva sempre Roland Barthes ed è proprio così! Quando gli abbracci cominciano a scarseggiare, quando questi gesti gratuiti di accoglienza reciproca diventano faticosi e vengono evitati allora qualche cosa non va, il cuore dell’altro forse non è più il luogo del mio riposo, perché? Cos’è successo? Quel che mi colpisce leggendo qua e là rubriche sull’amore è che ogni volta che emergono segnali come quelli che ho elencato (anche se più spesso si parla di altri, comunque preoccupanti) la frase conseguente è “l’amore è finito”, come se fosse una realtà che esiste indipendentemente da chi lo vive, una realtà che ha un proprio ciclo di nascita-crescita-
morte estrinseco alle persone. Invece è chiaro che non è così: l’amore nasce in noi in maniera inaspettata, forse, ma per crescere ha bisogno del nostro lavoro e per sopravvivere alle avversità ha bisogno della nostra lotta! Amare non è una passeggiata nei boschi, è una scalata sulla roccia e proprio quando si fa più impegnativa è allora che non dobbiamo lasciarci andare, ma stringere i denti e dare di più, darci di più. E noi cristiani siamo fortunati perché abbiamo armi efficacissime per
difendere l’amore: la preghiera nostra e quella di chi ci ama e dei Santi, la Comunità cristiana che – pur con i suoi limiti – ci sta vicina e ci accompagna, ci offre occasioni per confrontarci e formarci, ma soprattutto la grazia del Sacramento del Matrimonio che non viene mai meno. Insomma gli strumenti della battaglia ci sono, tutto sta a volerli usare e a non arrendersi! Paola Lazzarini Orrù
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Cagliari
Aiutare chi soffre con il dono del midollo osseo Si è svolto in Città l’incontro promosso dall’Inner Wheel distretto Club Cagliari sul tema dell’uso terapeutico delle cellule staminali a donazione. L’uso terapeutico delle cellule staminali ematopoietiche”: è questo il tema al centro del’incontro promosso dall’Inner Wheel distretto Club Cagliari Sud che si è tenuto la scorsa settimana presso la Biblioteca Regionale di Cagliari. Sono intervenuti il Professor Licinio Contu, Ricercatore Scienziato e attuale Presidente A.D.M.O Regione Sardegna; il Professor Ugo Carcassi, Ricercatore Scienziato e Docente Emerito della facoltà di Medicina e Padre Giuseppe Carrucciu, Delegato per la Pastorale della salute della Diocesi di Cagliari. L’introduzione ai lavori è stata affidata a Rosaria Floris, Presidente dell’Associazione. “E’ stato il primo servizio svolto da quando sono diventata Presidente – racconta Rosaria. Direi che il bilancio della serata è assolutamente positivo. Abbiamo avuto un parterre variegato e numeroso. La principale finalità dell’iniziativa era quella di informare sulla donazione del midollo osseo. Abbiamo ritenuto fosse un’ottima occasione per sensibilizzare le nostre coscienze. Il compito dei relatori era
infatti quello di spiegare quali sono stati nel corso degli anni i principali progressi svolti nell’ambito della ricerca focalizzando particolare attenzione sul modus operandi odierno”. Più che di trapianto di midollo oggi è corretto parlare di trapianto di cellule staminali emopoietiche. L'operazione consiste nel trasferimento di cellule staminali emopoietiche nel paziente ricevente. Le nuove cellule, differenziandosi, potranno rigenerare le cellule del sangue del paziente malato. Presso il Centro Regionale Trapianti della Sardegna esiste il registro dei volontari donatori di midollo. Si tratta del primo in Italia per numero di donatori in rapporto agli abitanti. I Centri per la donazione sono invece dislocati presso i servizi immunoematologici e trasfusionali degli ospedali di Cagliari, Sassari e Nuoro. “E’ stata molto interessante l’apertura svolta dal Professor Carcassi – racconta Rosaria - che ha condiviso con i presenti le proprie esperienze sul campo. Subito dopo abbiamo avuto l’intervento del Professor Licinio Contu che, a corredo della sua esposizione, ha anche proiettato delle slide molto emozionanti. Io ho invece avuto il piacere di recitare alcuni versi scritti da una ragazza trapiantata”. Il 28 giugno 1977 le mogli dei rotariani cagliaritani fondavano il secondo Club Inner Wheel (dentro la ruota) italiano. Primo presidente fu eletta Gianna Peretti. “Tra le attività più
n DOMENICA
n 11 DICEMBRE
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Incontro per i catecumeni Domenica alle 16 nei locali della Curia è previsto l'incontro tra l'Arcivescovo e i catecumeni che nella Veglia Pasquale riceveranno i Sacramenti dell'Iniziazione Cristiana. All'incontro partecipano anche i catechisti accompagnatori dei catecumeni e sono invitati anche gli adulti e i giovani che hanno intrappreso il percorso catecumenale.
Incontro comunità diaconale Giovedì 11 dicembre, dalle 18.30 alle 20.30, nei locali del Seminario Arcivescovile, in via monsignor Cogoni 9 a Cagliari, è in programma il periodico incontro di formazione permanente per la comunità diaconale. Un momento oltre che formativo ma per risaldare i legami tra gli appartenenti alla comunità diocesana dei diaconi.
significative del nostro Club – prosegue - in ambito sanitario internazionale le azioni di appoggio alle campagne condotte dal Rotary; in ambito cittadino l’acquisto di apparecchiature per l’Ospedale Microcitemico, l’ammodernamento degli impianti igienico-sanitari della Casa di Riposo, una serie di interventi a favore dei giovani. Di spicco l’istituzione del Premio "Eleonora d’Arborea", assegnato periodicamente a una donna sarda fattasi apprezzare per il suo impegno in Italia o all’estero”. L’International Inner Wheel è tra le maggiori organizzazioni femminili di service al mondo. Essa conta circa 100.000 socie appartenenti a 3901 Clubs sparsi in 103 Nazioni e Territori. L’Associazione è presente in Europa, Africa, India, Filippine, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, e Canada. L’Inner Wheel nasce ufficialmente il 10 Gennaio 1924, quando Margarette Golding fu eletta Presidente di un Club in Manchester costituito dalle mogli dei Rotariani. Tuttavia le radici da cui è poi sorta l’attuale International Inner Wheel furono gettate nel 1934 quando fu fondata l’Associazione dei Club Inner Wheel in Gran Bretagna ed Irlanda. “La nostra attenzione è intanto già proiettata al futuro. Pensiamo di organizzare altri incontri informativi dedicati alla salute e alla ricerca già il prossimo gennaio conclude”. Maria Luisa Secchi
nIL 21 DICEMBRE
“Cagliari Avvenire Mese” Come ogni terza del mese, domenica 21 dicembre è prevista la pubblicazione di quattro pagine sul quotidiano Avvenire. Congiuntamente a “Il Portico”, l’inserto contribuisce a riflettere sui temi che stanno maggiormente a cuore ai lettori. Le modalità di ricezione sono disponibili sul sito www.chiesadicagliari. L’iniziativa consente di diffondere a livello regionale le notizie della Diocesi.
Licinio Contu, una vita a servizio dei malati Lo scienziato sardo, già ordinario di Genetica e Bioinformatica all’Università di Cagliari, attualmente guida l’Associazione Donatori Midollo Osseo in Sardegna l trapianto di cellule staminali emopoietiche consiste nel trasferimento di cellule staminali emopoietiche nel paziente ricevente. Le nuove cellule differenziandosi potranno rigenerare le cellule del sangue del paziente malato. Licinio Contu, Professore universitario, ordinario di Genetica e di Bioinformatica e di Genetica Medica presso l'Università di Cagliari, ha svolto un'intensa attività di ricerca nei campi dell'ematologia, dell'immunogenetica e della genetica medica. Dal 1983 al 1986 è stato professore associato di Ematologia presso la VII Università di Parigi dove ha svolto attività di ricerca presso il Laboratorio di Immunogenetica del prof. Jean Dausset (premio Nobel per la Medicina nel 1980) e presso l'Hospital Saint Louis. Ha diretto il Centro Regionale per i trapianti d'organo della Regione Sardegna. Già Presidente della sezione regionale sarda di Scienza e Vita è attualmente il numero uno dell'A.D.M.O. Sardegna. Quando nasce in Sardegna il Registro dei donatori di midollo osseo. E’ passato tanto tempo dal 1987, anno
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n IL 13 DICEMBRE
n 13-14 DICEMBRE
Sabato 13 dicembre alle 20.30 alla Vetreria di Pirri sarà messo in scena la prima dello spettacolo “Il vino più buono”, scritto, interpretato e diretto da Renato Pierpaoli e Lucia Mallus. Le luci sono affidate a Giovanni Schirru, all’attore Giuliano Pornasio invece è stata affidata la collaborazione alla regia.
Torna la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi della Fondazione Telethon, da oltre vent’anni impegnata a finanziare e sviluppare la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Sabato e domenica 13 e 14 dicembre, grazie a centinaia di volontari Telethon, sarà possibile sostenere la ricerca Telethon. Per trovare la piazza più vicina visita il sito www.telethon.it/piazze.
in cui è nato il Registro sardo. Per riuscire a mantenere il primato dobbiamo continuare a investire in tecnologie. Con 150-180mila euro si può acquistare un macchinario che permette di fare 40mila tipizzazioni in un mese, abbassando i costi a 30 euro per ognuna. I centri trapianto di cellule staminali emopoietiche quando hanno un paziente che non possiede un donatore in famiglia attivano una richiesta sul Registro nazionale e sui quelli esteri. Era il primo Registro d’Italia. A questo ha fatto seguito due anni dopo la costituzione del Registro Italiano dei Donatori di Midollo Osseo. Quali erano le principali finalità? L’obbiettivo era ed è quello di andare incontro ai pazienti privi di un donatore familiare. I donatori volontari di midollo osseo sono disposti a donare il midollo a qualunque malato, in modo gratuito, anonimo e senza alcuna discriminazione. Per realizzare in tempi ragionevolmente rapidi un Registro regionale era necessaria in realtà un’organizzazione integrata costituita da diverse componenti. Una tecnicosanitaria, rappresentata dal laboratorio di Tipizzazione Tissutale della Cattedra di Genetica Medica dell’Università di Cagliari, che in realtà era già esistente e funzionante fin dal 1984. Si era reso tuttavia necessario attivare altri laboratori. Quali erano le altre componenti? Una componente informatica, che aveva il compito di inserire nel Registro tutti i dati. Un coordinamento dei Centri di Tipizzazione Tissutale della Regione partecipanti all’attività di iscrizione dei donatori nel Registro.
Una componente promozionale finalizzata all’informazione e la promozione relativa alla donazione e al trapianto di midollo osseo, al Registro e alle sue finalità; il reclutamento di donatori da iscrivere nel Registro. E’ nata così nel Novembre 1987 l’Associazione Donatori di Midollo Osseo (A.D.M.O.). È autore di oltre 500 lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali riguardanti in gran parte studi di genetica medica e umana ed ematologia. Perché dedicare la vita alla Ricerca? Dedicare la vita alla Ricerca rappresenta l’opportunità di alimentare la nostra curiosità innata. La ricerca scientifica nel campo della Genetica, dell’Ematologia e della Genetica medica è venuta successivamente alla conclusione dei miei studi all’Università. Nello svolgere la mia professione mi sono ritrovato davanti a determinati problemi che attendevano delle risposte. È nato così il desiderio di trovare tali risposte. All’inizio della mia carriera ad esempio uno dei quesiti è stato quello legato al favismo. Da qui la nostra ricerca ha portato alle risposte che oggi sono note. Cosa rappresenta per Lei la Ricerca Scientifica Intanto significa la capacità di fare lavoro di squadra. Ogni piccolo passo viene considerato insieme ad altri migliaia di piccoli passi fatti da altri ricercatori. Oggi nessuno compie la grande scoperta scientifica senza essere stato preceduto da altri ricercatori che avevano creato le premesse per poterla fare. M.L.S.
A Pirri “Il Vino più buono”
In piazza torna Telethon
Parola di Dio
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II domenica di Avvento (Anno B) di Michele Antonio Corona
a seconda d’avvento è caratterizzata – nei tre cicli liturgici – dalla figura di Giovanni Battista. Ognuno dei sinottici ne presenta un profilo particolare accentuandone alcuni aspetti in relazione ai destinatari del proprio vangelo e al messaggio interno di ognuno. In questo anno guidato da Marco, ci troviamo davanti alla grande ouverture della sua opera. La mancanza di un predicato verbale nel primo versetto conferisce a quei sei vocaboli (più un articolo) lo stile di un vero e proprio titolo. Si presenta il primo vangelo scritto con una sobria, ma incisiva, intestazione: ‘Fondamento del vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio’. La prima parola (arché) è certamente usata in modo polisemico (ricco e sfaccettato!), non indicando solamente un inizio temporale o d’annuncio, ma ciò che in sardo intendiamo con ‘su cabudu’. Quando si raggomitola una matassa è fondamentale trovare il ‘capo’ di essa, poiché tutto sia ordinato e trovi senso. Possiamo pensare a Gesù come il ‘bandolo della matassa’, della storia della salvezza e dell’uomo. Per Marco, Gesù è il ganglio fondamentale della catena di profezie e il nucleo dell’attesa del Messia. L’unto (Messia = Cristo) è stato rivelato, ha un volto, è annunciato ed ha operato ciò che era solo sperato dai profeti. La profezia riportata nei vv. 2-3, ed attribuita al solo Isaia, è invece una rievocazione di testi diversi, riconducibili anche a Mal 3,1 ed Es 23,20. Nel primo testo si faceva cenno ad Elia e al suo ritorno finale, mentre in Esodo si richiamava la promessa dell’angelo a protezione del popolo d’Israele nel cammino verso Canaan. Marco e la comunità cristiana interpretano i testi in senso propriamente cristologico, vedendo in Gesù il compimento di tutte le profezie. Gesù è il Cristo, poiché in lui si è riversata tutta la grazia e si è ‘compiuto il tempo della salvezza’. Questo annuncio iniziale abbraccia l’intera narrazione che Marco fa dell’identità di Gesù. Il vangelo non è la cronaca di fatti o la presentazione biografica di Gesù, ma l’annuncio salvifico di una fede che ha invaso chi scrive e che si offre ai destinatari dello scritto. Il lettore, anche attuale, non può rimanere impassibile davanti alla ‘buona notizia’. Troppo spesso abbiamo sulle labbra l’espressione ‘ vangelo’ come semplice indicazione di racconti scritti su Gesù; mentre dovremmo ricordarci che individua soprattutto quella notizia positiva e nuova dell’amore concreto del Padre per il mondo ‘attraverso e a partire’ dal Figlio. La figura profetica di Giovanni è garanzia di una continuità col passato e, al contempo, di un profonda innovazione. Mentre i profeti parlavano di un ritorno futuro di un Messia vicino ma non imminente, di una figura redentrice prossima, Giovanni – che raccoglie e sintetizza ogni parola profetica giudaica – raffigura l’imminenza del Regno, la contiguità con l’evento salvifico, il riannodamento di ogni speranza. In un periodo come quello attuale in cui attese, speranze, desideri, bisogni pullulano e si moltiplicano a dismisura, abbiamo necessità di ascoltare di nuovo il nucleo fondamentale dell’annuncio evangelico: Gesù Cristo. La menzione ‘nel deserto’ è attualizzata da Marco, rispetto a come era intesa da Isaia. Se nel profeta si sosteneva che la via
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Preparate la via del Signore doveva essere preparata ‘nel deserto’, la figura di Giovanni ha fatto comprendere che la definitiva esortazione alla via di conversione si sia effettuata ‘ nel deserto’ attraverso la voce rude e diretta del figlio di Zaccaria. La comunità cristiana ha attualizzato la parola profetica, leggendo in Gesù il compimento definitivo delle promesse. Nel vangelo non si attua un’interpretazione freddamente scientifica delle Scrittura, ma una lettura incarnata della personalità del Maestro. La descrizione vivida dell’abbigliamento e della ‘dieta’ di Giovanni riporta, da una parte, all’essenzialità di Elia e, dall’altra, all’imminenza dei tempi definitivi. Pare non ci sia più tempo per dedicarsi a preparativi coreografici nel cammino di salvezza; ormai il ‘tempo è compiuto ed il Regno di Dio è vicino’; pertanto, ci si occupa solo del cuore del rapporto con Dio. Il silenzio sordo dell’attesa lascia spazio all’impetuosa voce dell’annuncio; le mansioni servili si mutano in sguardo che contempla; l’acqua purificatrice lascia spazio allo Spirito che vivifica; la richiesta di perdono delle colpe è surclassata dalla gratuità dell’amore. ‘Giovanni sii precursore, ancora oggi, nei sentieri tempestosi del nostro quotidiano, in cui la paura della relazione profonda ci fa desistere dal vero deserto e ci ghettizza in una vita autocentrata e arida’.
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Dal
Vangelo secondo
Marco
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Mc 1, 1-8
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Vita cristiana
Gesù sposo della Chiesa e il matrimonio cristiano Nella riflessione di San Giovanni Paolo II troviamo l’approfondimento del legame tra Cristo e la Chiesa, e il valore speciale del disegno di Dio sul Sacramento del Matrimonio La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati.
L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce. In una pagina meritatamente famosa, Tertulliano ha ben espresso la grandezza di questa vita coniugale in Cristo e la sua bellezza: «Come sarò capace di esporre la felicità di quel matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e il Padre ratifica?... Quale giogo quello di due fedeli uniti in un'unica speranza, in un'unica osservanza, in un'unica servitù! Sono tutt'e due fratelli e tutt'e due servono insieme; non vi è nessuna divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente due in una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito» (Tertulliano «Ad uxorem», II; VIII, 6-8: CCL I, 393). Accogliendo e meditando fedelmente la Parola di Dio, la
RISCRITTURE
Le due venute di Cristo oi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi. Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti. Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria. Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9). Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: «Tu hai agito così, io non ho aperto bocca» (cfr. Sal 38, 10). Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale. Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo. Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra del Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine. Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo. Dalle “Catechesi” di San Cirillo di Gerusalemme, vescovo (Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)
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Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio dei battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova Alleanza (cfr. Conc. Ecum. Trident., Sessio XXIV, can. 1: I. D. Mansi, «Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima Collectio», 33, 149s). Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore (cfr. «Gaudium et Spes», 48), viene elevata ed assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice. In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno all'altra nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa […] Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale dell'evento della salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che l'effetto primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell'Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza.
E il contenuto della partecipazione alla vita del Cristo è anch'esso specifico: l'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira ad una unità profondamente
personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un'anima sola: esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9). Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, 1981, n. 19
PORTICO DELLA FEDE
La gioia di annunciare il Risorto ncora una volta Papa Francesco esorta il popolo di Dio a non cadere nel pessimismo, nel fatalismo e nella sfiducia: il vero evangelizzatore trova forza di evangelizzare con gioia riconoscendo l’azione dello Spirito nella propria vita, e fonda la propria speranza in Cristo Risorto. Infatti il vero missionario, deve essere certo di quello che annuncia: la risurrezione di Cristo, “non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo: dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della Risurrezione” (276). Non bisogna disperare, afferma l’esortazione, anche quando si crede che la cattiveria, le ingiustizie e l’indifferenza sembrano prevalere, il bene tende sempre a ritornare, a sbocciare e a diffondersi, così che con questa forza l’evangelizzatore può ancora impegnarsi con gioia è riconoscersi strumento di un tale dinamismo. Dunque, anche le esperienze di fallimento e attorno anche le meschinità umane non possono togliere la gioia della certezza della risurrezione di Cristo. Il popolo di Dio è un popolo animato dallo Spirito, guidato e sorretto dall’azione dei carismi che lo Spirito spande ovunque, pertanto potrà sempre trovare forza nella certezza che misteriosamente quello Spirito trarrà bene anche dal male.
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“Crediamo al Vangelo che dice che il regno di Dio è già presente nel mondo e si sta sviluppando qui e là, in diversi modi: come il piccolo seme che può arrivare a trasformarsi in una grande pianta, come una manciata di lievito, che fermenta una grande massa e come il buon seme che cresce in mezzo alla zizzania e ci può sempre sorprendere in modo gradito. È presente, viene di nuovo, combatte per fiorire nuovamente. La risurrezione di Cristo produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo” (278). Gli stessi evangelizzatori che confidano in tutto questo, sono a loro volta generatori di nuovi germi di risurrezione… perché “Gesù non è risuscitato invano!” Il Papa mette in guardia, comunque, gli evangelizzatori dal cadere nella tranquillità e nelle comodità, e allo stesso tempo, nello scoraggiamento che lascia senza volontà di camminare, di uscire, di andare verso le persone per accoglierle e amarle, scoprendo ogni giorno che “abbiamo un tesoro in vasi di creta” e che Dio ci viene incontro grazie alla sua fedeltà e tutto ciò che facciamo nel suo nome, sarà in
qualunque modo fecondo, seppure questa fecondità rimane avvolta nel mistero, e non potrà mai essere direttamente contabilizzata o immediatamente visibile. Perché, afferma Papa Francesco, l’azione evangelizzatrice “non è un affare o un progetto aziendale, non è neppure un’organizzazione umanitaria…neanche una propaganda…” (279), bensì è qualcosa che non ha misura, è di una inaudita profondità che solo il Signore conosce e può riversare benedizioni su benedizioni in tanti luoghi, anche e mediante il nostro piccolo e misero impegno, che sia però, creativo e generoso, qui, in questo momento, che nelle mani di Dio assume la trama del grande progetto di amore che si riversa ogni giorno nei confronti dell’umanità. Perché, sempre Egli “viene in aiuto alla nostra debolezza” e rende fecondi anche i pur minimi sforzi: ciò che è fondamentale è alimentarsi alla Parola di Dio, attingere forza e fiducia, non stancarci di invocare la sua benevolenza, lasciarsi portare dallo Spirito. Maria Grazia Pau
Idee
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Si è tenuta il 22 novembre, nell’aula magna del Seminario Arcivescovile la seconda tappa del percorso formativo per animatori biblici e catechisti “Prendi e Leggi”. Oltre cento i convenuti, ci eravamo dati appuntamento a sabato 22/novembre già pregustando un’altra ghiotta occasione per continuare il nostro cammino lungo i sentieri della Parola, con un cicerone d’eccezione, Mons. Mario Ledda. E le aspettative non sono certo andate deluse, da abile conduttore Don Mario ci ha guidati all’incontro con Mosè, col suo bastone, insieme agli anziani, ed al popolo fino ai piedi del Sinai. Da posizione privilegiata abbiamo vissuto Esodo 11, il momento del dono dell’acqua agli assetati israeliti che chiedevano “ma Dio dov’è se moriamo di sete”. Abbiamo fatto una capatina al
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Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzare l’indirizzo settimanaleilportico@gmail.com, specificando nome e cognome, ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
periodo dei re mentre ci parlava del profetismo, della necessità di preservare l’identità sociale e religiosa di Israele, nel tempo della deportazione, ed Isaia che ci ha annunciato il Messia, preannunciando il tempo d’avvento, d’attesa del Signore che viene. Una esposizione vivace, spumeggiante con il contrappunto di vernacolare che ha reso godibile e comprensibilissima la differenza tra Scrittura Sacra e Parola ascoltata. Nessuna palpebra è calata, segno che l’attenzione è stata ben desta per le due ore dell’incontro che sono volate in un soffio. Un caloroso applauso ha sottolineato il grazie di Raffaele (a nome di tutti i convenuti) a Mons. Ledda. L’annuncio con un arrivederci a Sabato 29, dell’intervento del Prof. Fabrizio De Melas che ci parlerà
delle tradizioni, lingue e culture dell’Antico e del Nuovo Testamento, ha concluso l’incontro. Raffaele Altieri
Ho sempre sentito parlare di Esercizi Spirituali, ma non sapevo bene in cosa consistessero finché mi è giunto l’invito per partecipare al corso organizzato dalle “Familiari del Clero”. Inizialmente sono stata un po’ titubante, ma poi ho accettato, pensando che forse Gesù aveva qualcosa da dirmi. Così, sono partita per quattro giorni al Centro di Spiritualità a Donigala. Il programma è stato intenso, ma prezioso per il nostro cammino Spirituale. L’elemento fondamentale per la
nostra conversione è quello di tenere lo sguardo rivolto a Dio e non a noi stessi; per far questo è molto importante l’umiltà. Solo così possiamo incontrare Cristo Risorto, il quale, se rispondiamo alla Sua chiamata, affida a ognuno di noi una missione e ci incoraggia a Evangelizzare portando il Suo Amore agli altri, attraverso il nostro vissuto e la nostra testimonianza. Sono davvero contenta di aver fatto questa esperienza: è stata bella, illuminante! Un grazie speciale va a tutte le mie “compagne di viaggio” per l’affetto che mi hanno trasmesso attraverso i loro sorrisi, le loro strette di mano e le loro parole premurose che rimarranno per sempre nei miei ricordi, e un grazie anche ai Sacerdoti che ci hanno accompagnato e per l’esempio che ci
In scena al Teatro Lirico di Cagliari “Lo Schiaccianoci” di Cajkovskij. Grande apprezzamento da parte del pubblico che ha riempito la sala n classico sempreverde che diverte grandi e piccini e ci introduce nel clima del Natale ormai imminente. “Lo Schiaccianoci” di Čajkovskij fa il pieno di pubblico al Teatro Lirico di Cagliari, in questa incredibile Stagione Lirica e di Balletto del quale rappresenta l’unico appuntamento dedicato alla danza classica. Un pubblico di ogni età (sono infatti tantissimi i bambini presenti alla messinscena), che è apparso entusiasta dello spettacolo portato sul palco dal Balletto del Teatro Stanislavskij di Mosca, accompagnato magistralmente dall’orchestra del Teatro diretta da Evgenii Perunov e dal Coro di Voci Bianche del Conservatorio di Cagliari. Appena si apre il sipario l’orchestra attacca con la musica: le melodie di Čajkovskij sono celebri e radicate nella collettività, grazie alla grande capacità del compositore russo di evocare nella mente di chi ascolta ogni genere di emozione, dalla gioia alla paura fino ad arrivare alla tenerezza. Dovendo per forza trovare un minimo difetto da parte della sempre perfetta Orchestra del Teatro, si rimprovera un leggero rallentamento nell’esecuzione, che forse un orecchio “laico” non può cogliere anche perché è distratto dal complesso della messinscena. La scenografia fa il suo dovere, rappresentando in pieno la dimensione onirica del balletto, coadiuvata da un reparto luci egregio. La compagnia prende subito possesso dell’attenzione del pubblico: i protagonisti danzano con leggerezza ed energia, portando sul palco un’esibizione di alta scuola, come da sempre vuole la tradizione russa che ha dato origine ai capolavori assoluti del genere, tutti composti da Čajkovskij, e soprattutto ha dato vita ai più grandi professionisti della tecnica del balletto classico, da Agrippina Vaganova a Nureyev. Anche un occhio profano sa notare la severa disciplina che contraddistingue questi artisti, come se fosse un pesante addestramento, ma che permette loro poi di esprimere sul palco tutto quello che è necessario per incantare la vista degli spettatori. Col susseguirsi dei pezzi
hanno dato. Grazie anche alle Suore del Centro di Spiritualità per la loro ospitalità e dolcezza. Ora, nella vita quotidiana, bisognerà mettere in pratica ciò che Gesù ha voluto dirci, seguendo anche i preziosi consigli che il nostro Predicatore, padre Michele, ha voluto darci: “il momento più importante nel cammino Spirituale è quando ci rialziamo da una caduta. Dietro la capacità di rialzarci c’è un pezzo del Vangelo. Chiediamo a Dio la capacità di andare avanti.” Grazie di cuore a padre Michele per le sue meditazioni sul Vangelo davvero chiare, semplici e profonde, consolanti e illuminanti, incoraggianti. E il grazie più grande, naturalmente, va a Lui: Gesù. Francesca
In onda su Radio Kalaritana Frequenze in FM: 95,000 97,500 - 99,900 102,200 - 104,000
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Cajkovskijincanta il pubblico del Lirico di Michele Antonio Bussu coreutici si giunge al momento del “Valzer dei Fiocchi di Neve” del primo atto, eseguito dal cast delle bambine della compagnia, che ottengono un grande apprezzamento da parte del pubblico. Col secondo atto si entra nel vivo dell’azione, in particolare grazie alle “Danze Nazionali”, vero e proprio marchio di fabbrica di Čajkovskij (sono infatti presenti in differenti versioni anche ne “Il Lago dei Cigni”): un plauso particolare agli esecutori della “Danza Cinese” e della celeberrima “Danza Russa”,
solisti di ottima qualità, e al gruppo che ha eseguito un altro dei pezzi forti della composizione, il “Valzer dei Fiori”, che ha portato il pubblico in sala indietro di secoli, all’epoca dei balli di corte dell’alta società. Arriviamo infine ai due protagonisti. Ivan Mihalev, interprete del Principe Schiaccianoci, dimostra grande prestanza fisica e ottima partecipazione, ma in particolare di presta ad uno dei ruoli di fondamentale importanza dell’uomo nella danza classica, ovvero il “porteur”, il partner della ballerina
nei “Pas de Deux”, momento clou del balletto. È infatti a questo punto che la ballerina Oksana Kardaš, interprete di Masha e della Principessa, conquista il cuore del pubblico. I movimenti di questa giovane ballerina sono dotati di un sentimento e di una grazia tali da incantare lo sguardo di ogni persona presente all’interno della sala. Un fatto sottolineato da molte persone presenti in sala è l’espressione della protagonista, sempre sorridente, quasi a voler trasmettere al pubblico la gioia del suo personaggio, trasportato in una dimensione da sogno, che arriva al culmine con l’ultimo dei pezzi celebri e popolari della composizione, la “Danza della Fata Confetto”. A lei e al suo straordinario talento il pubblico tributo una lunga ovazione, con anche qualche temerario spettatore che “osa” concederle una standing ovation, questo perché purtroppo la maggior parte del pubblico considera sempre eccessivo apprezzare in questo modo il talento egregio della maggior parte degli artisti che calcano il palco del Teatro Lirico Comunale. Un ultimo accenno va al pubblico. Come dimostrano le ultime statistiche, il Teatro Lirico di Cagliari ha avuto, in questa stagione in particolare, un incremento notevole di numero di abbonamenti e di spettatori. Questo ha un preciso significato: l’impegno che il Teatro infonde per la cultura della città ha un importante riscontro nel calore del pubblico, che in quasi tutte le serate di questa straordinaria annata ha fatto registrare il sold out. Soprattutto sono moltissimi i giovani che si accostano, chi per passione e chi per curiosità, al mondo della lirica e del balletto, contro chi considera questo ambiente come un “mondo ingessato per anziani”. Per cui un ringraziamento va al Teatro che offre al pubblico questo straordinario spettacolo, e uno va al pubblico che apprezza questa grande opera partecipando numeroso e attento. Gran finale di stagione il mese prossimo, a partire dal 19 Dicembre, con l’opera comica “Gli Stivaletti” , sempre di Čajkovskij.
Oggi parliamo di… arte e fede Le chiese Samassi (Terenzio Puddu) Domenica 7 dicembre ore 18.10 Lunedì 8 dicembre ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie-Claire Alain (a cura di Andrea Sarigu) Domenica 7 dicembre ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione Alla ricerca degli amici su Facebook A cura di Simone Bellisai Martedì 9 dicembre ore 19.10 Mercoledì 10 dicembre ore 8.30 L’ora di Nicodemo Bibbia e Liturgia Gesù e il culto A cura di Sabino Chialà. Monaco di Bose Mercoledì 10 dicembre 21.40 Oggi parliamo con… Carlo Macrì Banda Osiris Mercoledì 10 dicembre 19.10 Giovedì 11 dicembre ore 08.30 L’udienza La catechesi di Papa Francesco Il giovedì ore 21.40 circa Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Radiogiornale regionale Dal lunedì al venerdì 10.30 / 12.30 Lampada ai miei passi (08 - 14 novembre) Commento al Vangelo quotidiano a cura di Mariano Matzeu Dal lunedì al venerdì 5.15 / 6.45 / 21.00 Sabato 5.15 / 6.45 / (21.00 vangelo domenicale) Domenica 5.15 / 6.45 / 21.00 Oggi è già domani Nel cuore della notte con lo sguardo verso il nuovo giorno (A cura di don Giulio Madeddu) Al termine sarà possibile ascoltare le cantate Sacre di Bach. Ogni giorno alle 00.01 circa
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Idee BREVI
La campagna “Cibo per tutti” promossa dalla Caritas e dalla Focsiv ue giornate di sensibilizzazione sul diritto al cibo, organizzate dal GREM (Gruppo di educazione alla mondialità) della Caritas Sardegna in tutta l’Isola, incentrate sulla campagna 'Una sola famiglia umana, Cibo per tutti: è compito nostro', promossa dalla Caritas Italiana, dalla Focsiv e da altri organismi, associazioni e movimenti cattolici italiani per rispondere all’appello di Papa Francesco. Tra le diverse iniziative, quelle organizzate dalla Caritas diocesana di Cagliari: sensibilizzazione e formazione nelle scuole superiori sui temi del diritto al cibo, della pace, della mondialità e solidarietà; circa 500 firme di adesione all’appello lanciato dalla Caritas regionale raccolte sabato mattina nei quattro punti allestiti in città, a cui si aggiungeranno quelle raccolte dalle Parrocchie e dalle numerose associazioni che hanno collaborato alla mobilitazione. Le firme raccolte verranno poi consegnate alla Caritas nazionale, in vista dell’Expo 2015. La giornata ha visto una grande partecipazione del mondo dell’associazionismo, delle scuole, dei giovani; all’ora di pranzo, il sit-in con una riflessione sulla campagna guidata dal direttore della Caritas diocesana don Marco Lai, e con un momento di preghiera condiviso. E domenica, la lettura dell’appello e della preghiera dei fedeli durante le celebrazioni eucaristiche. Un’ulteriore tappa nel quadro della campagna lanciata lo scorso maggio nell’Isola, versione italiana dell’omonima mobilitazione “One Human Family. Food for All” promossa da Caritas Internationalis
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Tutti uniti nella lotta alla fame L’iniziativa risponde all’appello di Papa Francesco per il diritto al cibo. Raccolte le firme in piazza e nelle parrocchie
il 10 dicembre 2013. Tre i filoni tematici in cui si articola l’iniziativa: cibo giusto per tutti, una finanza al servizio dell’uomo, relazioni di pace, che sono tradotti in impegno sociale e politico nel territorio regionale. Tre gli strumenti: un documento base per affrontare la tematica centrale del diritto al cibo in una prospettiva più ampia, attraverso i diversi elementi che la legano ai temi della buona finanza e della costruzione di un mondo di pace; un “Toolkit di formazione” per attivare la riflessione nei territori indirizzandosi proprio verso il mondo ecclesiale, il mondo degli imprenditori ed il mondo giovanile e della scuola. Infine, un Sito comune (www.cibopertutti.it) per diffondere i contenuti della campagna e dare visibilità alle diverse iniziative. La Campagna si inserisce nell’impegno più ampio della Caritas diocesana e regionale per contrastare l’emergenza alimentare, un fenomeno sempre più preoccupante. I dati parlano da sé: ogni anno vengono serviti mediamente oltre 580.000 pasti dalle mense e dai servizi di ispirazione ecclesiale, mentre nel corso del 2013 ben il 43,8% delle richieste effettuate dalle persone transitate nei Centri di ascolto delle Caritas della Sardegna ha riguardato la specifica voce “viveri”. Per far fronte a questa emergenza, si sono moltiplicate le iniziative portate avanti dalla Caritas diocesana, con l’attività del Sistema Mensa, con l’iniziativa Abbattiamolafame e con il Progetto Alimentis, e dalla Caritas regionale, con l’attivazione delle convenzioni con alcune importanti aziende dell’Isola, nell’ambito del Progetto ‘Tutti con Caritas’, portato avanti in collaborazione con Mediatris, che guarda ora a un orizzonte nazionale. Un’attenzione che si inserisce nel più ampio contesto europeo, per sconfiggere la fame entro il 2025, cominciando dall’approvazione di leggi che in ogni paese, Italia compresa, riconoscano e garantiscano il diritto al cibo, partendo dall’occasione offerta dall’Expo milanese, in cui la stessa Campagna troverà spazio. Maria Chiara Cugusi
n VALLERMOSA Il sacerdote coinvolto in un’indagine Di recente su diversi mezzi di comunicazione è stata data notizia delle indagini su un episodio di cronaca che ha visto coinvolto don Massimiliano Pusceddu, amministratore parrocchiale di Vallermosa, sacerdote noto e seguito nella sua attività pastorale da un considerevole numero di persone. A detta dell’uomo che lo accusa e lo ha denunciato, don Massimiliano lo avrebbe aggredito colpendolo con il calcio di una pistola. Il sacerdote a sua volta ha precisato che non c’è stata nessuna violenza, dichiarando che si è trattato di un incontro finalizzato ad avere un dialogo con l’uomo allo scopo di richiamarlo a cambiare la propria condotta. Della questione ora si occupa la magistratura che ha avviato un’indagine. L’auspicio, per la serenità di tutte le persone coinvolte, è che tutto si possa chiarire al più presto e soprattutto che le parti ritrovino un dialogo sereno e costruttivo.
n 8 DICEMBRE Mini maratona nel quartiere “Marina” Nel quartiere Marina, lunedì 8 dicembre dalle 15 alle 17.30 è in programma la Mini-maratona a staffetta. L’iniziativa è promossa e supportata dal Comitato Provinciale di Cagliari del Centro Sportivo Italiano, dalla Pastorale Giovani della Diocesi di Cagliari, dall’Associazione “Suor Giuseppina Nicoli” e dall’Associazione “Centro Commerciale Naturale Consorzio Cagliari Centro Storico”, in ricordo della Beata Suor Giuseppina Nicoli. La partecipazione è gratuita ed è rivolta ai gruppi familiari e/o di amici. Il circuito è di 750 metri e suddiviso in due percorsi in base alla fascia d’età.
L’Aquilone, da 25 anni al servizio di chi soffre La comunità di recupero, guidata da don Carlo Follesa, assiste i tossicodipendenti in un percorso che coinvolge anche le famiglie e ha di mira il loro reinserimento nella società Poche parole molti fatti, la carità cristiana alla luce del non sappia la destra quello che fa la sinistra è stato per 25 anni il motivo dominante che ha fatto del “Centro sardo di solidarietà l'Aquilone” una realtà che si fa poca pubblicità, e i cui risultati sono nei numeri, anzi nelle persone che sono riusciti ad uscire dalla dipendenza di droga, alcool, gioco ed altro solo con l'aiuto di un programma che oramai in italia ha superato i 25 anni. A Cagliari fu voluta fortemente da monsignor Alberti che con un gruppo di genitori fece nascere “L'Aquilone” l' 8 dicembre del 1989. All'inizio una struttura a Flumini di Quartu, poi Assemini, poi pian piano con le forze disponibili volontari soprattutto e con una amministrazione oculata diretta da don Carlo Follesa, ad oggi la comunità di ricupero può contare su sette strutture fisse in locali di proprietà, sei centri di ascolto, due case famiglia per il reinserimento dei ragazzi. In concreto più di mille persone all'anno ruotano nella comunità, il
75% completano il programma e di questi il 90% si reinseriscono nella società come elementi positivi. In Italia sono 54 comunità federate nel “progetto uomo “della FICT federazione italiana comunità terapeutiche che fu lanciata da don Picchi che adatto alla realtà italiana un programma nato in America. Non esistono segreti particolari, serve la scelta di volontà della persona che capisce di avere un problema e di conseguenza si lavora sul fatto che il ragazzo capisca che deve conoscere se stesso fino in fondo e scoprire che lasciare non è difficile il vero problema è non ricadere. Questa è la difficoltà vera, per questo è necessario un processo di cambiamento completo. “cambiare sistema di valori, cambiare la gestione dei sentimenti, cambiare il fare” con queste parole don Carlo Follesa ha sintetizzato il cammino indispensabile per diventare una persona nuova veramente libera. Per questo l'Aquilone non agisce solo sui ragazzi ma coinvolge nel programma l'intera famiglia padri,
madri fratelli, sorelle mogli, fidanzate, figli. Tutta la realtà che circonda il ragazzo deve capire che l'auto-mutuo aiuto è indispensabile e per questo un incontro settimanale sotto la guida dell'agevolatore (la figura guida specializzata) serve ad approfondire la conoscenza di se. Superficialmente si crede che il lavoro sia la chiave del ricupero, invece il lavoro è solo una componente della vita, la chiave di volta è capire che non esiste un rifugio dove possiamo nasconderci da noi stessi. “Fino a quando una persona non confronta se stessa negli occhi e nel cuore degli altri, scappa. Fino a quando non permette loro di condividere i suoi segreti, non ha scampo da questi. Sino a quando uno avrà timore di essere conosciuto non potrà conoscere se stesso né gli altri e quindi sarà solo. Ogni persona ha la necessità di manifestarsi a se stessa con chiarezza, non come il gigante dei suoi sogni né il nano delle sue paure, ma come un uomo parte di
un tutto con il suo contributo da offrire.” La filosofia della comunità ruota sulla persona e sulla certezza che da soli non si va da nessuna parte. Un investimento in stile cristiano non sulle cose ma sulla persona, questa è la vera chiave vincente di tanti anni di successi silenziosi, della gioia di chi vede tornare sereni e felici tanti ragazzi che sono diventati uomini e donne che sono riusciti a riprendere in mano la propria vita. Padri e madri che dopo anni arrivano pieni di gioia agli incontri ai quali l’Aquilone invita, soprattutto per ringraziare l’Immacolata nel giorno della sua festa, fra tanti che sono ancora alla ricerca di se stessi. Quest’anno sono 33 le persone che usciti dalla comunità dopo aver positivamente concluso il programma dopo 12 mesi di
reinserimento nella realtà comune, non protetta della società ricevono l’OK definitivo. Non un risulto positivo della comunità ma dei ragazzi che possono dire: anche io c’è l’ho fatta. L’Aquilone si sforza di creare anche opportunità di lavoro non astratto ma reale per questo 6 ragazzi partecipano ad un corso per allevatori di pernici e 10 per coltivatori di biologico. Ha fatto nascere Aquila 1 una società agricola autogestito dai ragazzi con un supervisore. La cooperativa sociale “qui e ora” Il Collaborazione col comune di Cagliari gestisce il camper che sostiene i barboni con cibo, vestiario e coperte. Ed ha creato in viale Fra Ignazio un centro di accoglienza per barboni e sta allestendo a Quartu un centro simile per donne. Andrea Porcu
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Essere vigilanti per servire Gesù dentro la nostra vita quotidiana Mons. Miglio ha presieduto nella Chiesa Cattedrale la Veglia diocesana per l’inizio dell’Avvento I temi del vegliare, della manifestazione di Gesù e dell’esempio di Maria al centro della sua riflessione ella sera di sabato 29 novembre, nella chiesa Cattedrale di Cagliari, si è tenuta la Veglia diocesana di preghiera per l’inizio dell’Avvento, “Vieni e illumina la nostra casa”, presieduta dall’Arcivescovo. Tre i temi approfonditi da Monsignor Miglio durante l’omelia: il primo è la Veglia. “Dobbiamo chiedere al Signore che ci aiuti a capire il motivo che ci porta a vivere questo tempo di veglia. Uno dei motivi importanti è che siamo chiamati ad essere non solo cristiani vigilanti e attenti, capaci di attendere la venuta del Signore, ma siamo chiamati ad essere Chiesa, che è molto diverso, è molto di più, è casa. Ogni comunità ecclesiale lo è ma in modo particolare la Chiesa Cattedrale è la casa dove la Chiesa è chiamata a vegliare ed attendere, a scoprirsi sempre di più un popolo che sa attendere la manifestazione del Signore”. Il secondo tema è quello della manifestazione. “Siamo un popolo in attesa della venuta del Signore Gesù, ma anche della sua manifestazione perché se non c’è la manifestazione non ci accorgiamo della Sua presenza. A volte è Lui che ha i suoi tempi per manifestarsi, a volte siamo noi che non ci accorgiamo della Sua manifestazione. Siamo qui per chiedere al Signore che ci aiuti a crescere come Chiesa capace di
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vegliare radunati in ascolto della Parola, vigilanti, capaci di vegliare, in attesa intorno alla Parola che si fa carne. Questa sera la nostra preghiera e il nostro vanno alle famiglie: tutte le famiglie che noi conosciamo, tutte le altre quelle che forse attendono un gesto da parte nostra, tutte quelle invece che non pensano minimamente all’Avvento né alla veglia della comunità cristiana. In tutte vogliamo portare la Parola che ha bisogno di trovare famiglia e casa”. Terzo punto Maria, “icona perfetta di questa Chiesa che veglia, in preghiera, che impara ad attendere la Parola. Chiediamo al Signore che nelle famiglie si risvegli questo desiderio di accogliere il Signore che viene, di prepararsi alla sua manifestazione. Chiediamo che in tante famiglie ci sia uno spazio e un tempo per la Parola. Lo spazio per Maria è semplice. In ogni casa almeno un’immagine mariana è presente. Ci affidiamo a lei, capace di risvegliare il desiderio della manifestazione del Signore; lei capace di aiutare le famiglie a riscoprire la ricchezza che possono trovare nell’ascolto della Parola. A nessuno è preclusa la possibilità di desiderare e di attendere la manifestazione del Signore né quella di accogliere la Parola, di aprirla, di scrutarla; da nessuna parte Maria di sente a disagio, qualunque sia la situazione che si vive in quella casa. Proviamo
a formulare un invito da far circolare in tutte le famiglie, invitandole a riscoprire e vivere l’attesa. Un segno concreto e molto antico è accendere una luce la sera, durante l’Avvento, in casa. Qualcosa che richiami la luce di Cristo che rompe il buio della notte, il buio che è in tante famiglie, per esempio per i problemi del lavoro. Lanciamo un invito alle famiglie a rileggere la Parola Dio, a rimettere l’immagine di Maria al centro. Sentiamo la responsabilità di annunciare questo tempo che siamo qui per tutti tutte le comunità
diocesane, siamo qui per pregare per loro, siamo qui a chiedere al Signore di poter essere strumento per poter diffondere questo senso della veglia, dell’attesa, della gioia, della Parola che è la vera presenza del Verbo fatto carne nei presepi delle nostre case”. L’Arcivescovo ha infine invitato tutte le famiglie a iniziare da subito la preparazione del presepe in casa perché “questa tradizione antica può essere il punto di partenza o di ripartenza per metterci tutti in attesa della manifestazione del Signore”. Susanna Mocci
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n SANITÀ Comunicazione tra medici e pazienti
Se c’è un elemento dal quale il sistema di cure non può prescindere è quello della comunicazione. Tra paziente e medico il dialogo deve essere franco e costruttivo, tanto che lo stesso Ministero della Salute ha di recente emanato un documento nel quale si evidenzia la priorità del dialogo e della comunicazione, quello che viene definito fattore K, come comunicazione appunto.
Di questo si è parlato all’ospedale Oncologico Businco nel corso di una tavola rotonda organizzata da Sardegna Medicina e Gruppo Abbracciamo un sogno che da tempo operano nel nosocomio cagliaritano. Professionisti della sanità, medici, operatori sanitari, associazioni, parenti, caregivers e pazienti del gruppo si sono ritrovati per ribadire l’importanza del supporto piscologico, nel periodo della malattia, specie quando si tratta di cure antitumorali, come quelle chemioterapiche. Insieme per superare un momento difficile della vita, con chi tutti i giorni si trova faccia a faccia col cancro. Al termine è stata ribadita la necessità di unire i soggetti interessati per dare risposte ai malati e alle loro famiglie.
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Visita pastorale. Mons. Miglio presente nella parrocchia dedicata a N.S. di Bonaria
Una comunità in cammino insieme a Maria on è facile essere parroci della Basilica più importante della Sardegna e trovare ugualmente il tempo per un giovane cronista; padre Giovannino Tolu, che nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria è una delle colonne portanti, lo trova e molto cordialmente ci racconta dell’ultima visita pastorale di mons. Miglio e delle attività che quotidianamente si svolgono nella sua parrocchia. “Abbiamo avuto la gioia di avere l’Arcivescovo in visita pastorale, che ha avuto il suo momento principale nella celebrazione in Basilica. È stato molto bello perché si è trattato della celebrazione per i bambini, le famiglie, il coro; la Basilica era piena, terminata la Santa Messa, alcuni rappresentanti di diversi gruppi ci siamo riuniti nel teatro dove ogni esponente ha presentato se stesso, il gruppo, l’attività. La sera poi ho accompagnato l’arcivescovo a visitare alcuni malati, ed è stata una cosa molto bella, e lì mi sono ricordato di quello che si legge nella Scrittura: “I poveri vi evangelizzeranno”, ed è stato così, perché per prima cosa abbiamo visitato un pensionato, ce ne sono due nell’ambito della parrocchia, però uno in via Milano, dove i vecchietti hanno preparato quasi una festa, un’accoglienza, perché hanno chiamato delle persone che hanno suonato la chitarra, l’organo a bocca, hanno cantato, poi hanno portato dolcetti: insomma una cosa simpatica. Poi sono andato a trovare un’altra persona malata, da vent’anni, a mons. Miglio dicevo: “Guardi la serenità di questa donna” e lei: “Io ammarolla lo devo fare, ma le dirò di più: se sapessi che mio marito muore, o che io devo morire il giorno dopo che muore lui, lo avrei fatto ugualmente con tanto piacere”. Poi in un altro incontro, sempre con i malati, una persona con una malattia degenerativa, diceva che all’inizio della malattia se la
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prendeva con il Padreterno, con tutti, poi adesso ha incominciato a ringraziare il Signore, e diceva questa finezza: “Grazie alla malattia voi siete qua oggi. Quando mai il Vescovo sarebbe potuto venire a casa mia, io sarei potuta andare da lui, ma non lui da me. Ed è grazie alla malattia che voi siete venuti stasera”. E ugualmente un’altra persona, che mi ha stupito e rallegrato, la moglie di un paziente che ha fatto venire anche il figlio con la moglie e una nipotina per festeggiare e accogliere degnamente il Vescovo, ed è una cosa molto bella. Il Vescovo ha detto: “C’è molta attività, sono contento”, le attività sono essenzialmente queste: la catechesi, ci sono dei gruppi di neocatecumeni, il “volontariato San Vincenzo”, un centro di accoglienza, l’oratorio che impegna molto, anche un piccolo gruppo del Rinnovamento dello Spirito, i gruppi giovanili, insomma queste sono le varie attività. Riguardo la polemica degli ultimi giorni, qui almeno non mi pare che abbiamo delle tariffe, noi orientiamo le persone che vogliono fare delle offerte, non puoi lasciarle in difficoltà, potrebbero anche rimanerci male, allora le si orienta. Non mi pare che ci sia questo scandalo; forse da qualche parte ci possono essere stati degli errori a questo proposito, ma certamente non vuol dire che la cosa è generalizzata, né all’estero ma neanche in Italia”. Una testimonianza forte, autentica, quella di padre Giovannino; le sue parole sanno di sincerità, di vita
A lavoro per Firenze 2015 Nella riunione del Consiglio Pastorale Diocesano si è approfondito il tema del Convegno Ecclesiale l Consiglio Pastorale Diocesano riunitosi nei giorni scorsi ha provveduto all'elezione della segreteria, così come indicato nello Statuto che stabilisce l'elezione di 5 membri che sostengano il presidente nei lavori del Consiglio; sono stati eletti al ruolo Don Alberto Peddis, Sr. Maria Dina, Andrea Nicolotti e Andreina Pintor. Il Vescovo aveva già nominato la signora Rita Boi quale segretaria del Consiglio. I lavori hanno proseguito sull’analisi e le proposte per il programma del prossimo triennio pastorale; tra i principali temi trattati ci sono la condivisione degli Orientamenti Pastorali 201415 e sul come portarli a maggiore conoscenza di tutti. Il dialogo ha continuato sul come sostenere le comunità parrocchiali perché tutti trovino un loro spazio all'interno delle chiese locali e sul come cercare di coinvolgere maggiormente i giovani per contrastare l'esodo del dopo cresima. La seconda parte dei lavori ha avuto per tema la preparazione al
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Convegno ecclesiale nazionale del 2015, dove le diocesi italiane sono chiamate a confronto sul tema del piano decennale quanto a “Educare alla vita buona del Vangelo”. La traccia di lavoro, che sarà oggetto di studio in preparazione al Convegno, è appena pubblicata con il titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Interessanti i primi interrogativi che propone: Le comunità cristiane stanno rivedendo la propria forma per essere comunità di annuncio del vangelo? Sono capaci di motivare in modo argomentato le proprie scelte di vita e i propri valori? Sono in grado di generare un desiderio di professare in modo pubblico la propria fede, senza falsi pudori? Sanno accendere nel credente la ricerca attiva di momenti di comunione vissuta nella preghiera e nello scambio fraterno? Sanno infondere una predilezione naturale per i poveri e gli esclusi e una passione per le nuove generazione e per la loro educazione? Come possono le comunità radicarsi in uno stile che esprima il nuovo umanesimo? I.P.
IN EVIDENZA
n CURIA Nomine nel Clero
L’Arcivescovo rende note le nomine effettuate nei mesi di ottobre-novembre 2014:
vissuta, di parole dette ma soprattutto ascoltate. Fanno capire come si possa imparare anche dalle persone più umili, o quelle che vivono un dolore, fisico o morale; perché come spesso si sentono grandi storie, storie di eroi e santi, a volte capita di sentire anche storie più “normali”: e forse sono quelle che ci insegnano di più, storie di ordinaria santità; accettare, pur con molta sofferenza, una malattia, è santità; non disperarsi di fronte alla povertà, ma aiutare invece chi sta peggio di noi, è santità. La vita ci mette ogni giorno di fronte a nuove sfide, e sta a noi, e all’aiuto che chiediamo al Signore, affrontarle serenamente; ricordando che quando arriva un peso arriva sempre anche la forza per sopportarlo. Il Signore non ci lascia mai soli, possiamo sentire la sua presenza, toccarla con mano. Lui d’altronde non si stanca mai di aiutarci, al contrario noi molto, troppo facilmente ci stanchiamo di cercarLo. Non è niente di alieno a noi, è una
cosa assolutamente naturale che i figli cerchino il proprio Padre, sarebbe invece strano non farlo. A maggior ragione se come Padre si ha qualcuno che non smette mai di cercarci, per venirci in aiuto e infine abbracciarci, noi dovremmo avere Lui come unico fulcro della nostra vita; delle nostre giornate, del nostro lavoro, delle faccende più quotidiane. A volte dimentichiamo che anche i santi vivevano giorno dopo giorno, quasi come se non fossero stati umani anche loro; e invece si, hanno avuto i nostri stessi problemi, inquietudini, dubbi. Anche a loro sarà capitato di arrabbiarsi per una sciocchezza, o di scoraggiarsi: ma poi, quando la prova si faceva più dura, hanno saputo a Chi rivolgere il loro sguardo, si sono ricordati che in fondo, quando si rimane soli con se stessi, è solo Uno che ti può aiutare e confortare. L’importante è non distogliere lo sguardo, così come Lui, guarda instancabilmente, con Amore e Tenerezza, noi. Marco Scano
Mons. Ottavio Utzeri Direttore del periodico “Notiziario Diocesano” Don Nicola Ruggeri Vicario della Forania di Senorbì Don Sergio Manunza Vicario della Forania del Campidano Don Davide Cannella Parroco della Parrocchia San Giorgio Martire in Siliqua Don Angelo Cardia Parroco San Giacomo Apostolo in Soleminis Mons. Giovanni Sanna Amministratore parrocchiale della Parrocchia Madonna della Fiducia in Solanas di Sinnai Padre Beniamino Gallistru Amministratore parrocchiale Parrocchia Medaglia Miracolosa in Cagliari Don Samuele Aru Amministratore parrocchiale della Parrocchia San Raffaele Arcangelo in Villasimius Padre Gabriele Iriti Amministratore parrocchiale della Parrocchia San Giuliano Martire in Villanovatulo Don Sergio Pisano Amministratore parrocchiale della Parrocchia San Basilio Magno in Serri Don Danilo Sbressa Vicario parrocchiale Parrocchia Sant’Elia in Cagliari Padre Simone Farci Vicario parrocchiale della Parrocchia Sant’ Antonio in Quartu S. Elena Don Raimondo Mameli Vicario parrocchiale della Parrocchia Santo Stefano in Quartu S. Elena Don Michele Saddi Vicario parrocchiale della Parrocchia Santa Barbara in Sinnai.
Il libro sulla
Visita del Papa a Cagliari Il volume che celebra l’anniversario della visita di Papa Francesco a Cagliari Il libro, edito da Il Portico, contiene un ricco materiale fotografico e i principali discorsi del Santo Padre, unitamente ai saluti indirizzati al Papa dai Vescovi sardi più una selezionata rassegna stampa relativa all’evento. È possibile trovare il volume nelle librerie di Cagliari: PAOLINE di via Garibaldi, SALESIANA DON BOSCO di piazza Giovanni XXIII, SANT’EUSEBIO di corso Vittorio Emanuele II, OMNIA SACRA di via Eroi D’Italia a Pirri.
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APPUNTAMENTI
n QUARTU S.E.
L’Avvento nella parrocchia San Giovanni Evangelista Con una serie d’iniziative, la comunità parrocchiale di San Giovanni Evangelista in Quartu Sant’Elena, intraprende il cammino dell’Avvento in preparazione al rivivere la nascita del nostro Signore Gesù Salvatore. Il 29 novembre è iniziato alle ore 19 il canto della Novena per l’Immacolata Concezione. L’8 dicembre alla messa delle famiglie delle 9.30 i bambini faranno il loro omaggio floreale all’Immacolata Concezione. Sabato 6 dicembre, al termine del canto della Novena, inaugurazione della IX mostra dei “Presepi da tutto il mondo”: in esposizione più di trecento rappresentazioni della natività provenienti da diverse parti del mondo cortesemente prestate da collezionisti e raccolte da Gianfranco Tintis, presidente della sezione cittadina dell’ADMO, e da Mariella Melani, della conferenza Vincenziana parrocchiale, che hanno allestito l’esposizione. La mostra sarà visitabile sino al 12 gennaio 2015. Per sensibilizzare i bambini del catechismo a fare il tradizionale presepe in casa, l’ufficio catechistico parrocchiale ha indetto il XIX Concorso “Tutti insieme verso il Bambino”. I presepi dei partecipanti al concorso saranno fotografati e gli scatti messi in mostra. Dal 16 dicembre inizia il canto della Novena al Santo Natale: una novena per i bambini verrà cantata alle 17, mentre alle 19 sarà la volta de “Sa novena de Paschixedda” in lingua sarda campidanese, animata dal gruppo di animazione liturgica parrocchiale guidato da Luisa Matta e con la partecipazione di diversi artisti interpreti del folklore sardo. Il 16 dicembre alle ore 9 i bambini delle scuole elementari di Pitz’e Serra, renderanno il loro omaggio cantato al Bambinello. Tonio Marongiu Quartu S. E.
L’iniziativa destinata ai catechisti, portata avanti a Sestu, è giunta al 35° anno . In maniera ciclica nei diversi anni si lavora sui vari ambiti che compongono la formazione degli operatori della catechesi. Quest’anno verrà sviluppato il tema della Parola di Dio
La Parola di Dio al centro della formazione Da 35 anni rappresenta un punto di riferimento nella formazione alla luce della Parola di Dio. La scuola per catechisti di Sestu ha raggiunto un traguardo importante con l’avvio, nei giorni scorsi, del nuovo anno. Al centro degli incontri settimanali il tema “Lampada ai miei passi è la tua parola”. “Una chiara indicazione - dice il diacono Franco Usai, della parrocchia San Giorgio - di come resti centrale nella formazione dei catechisti la Parola di Dio e quindi la Bibbia”. A presiedere la celebrazione di avvio del nuovo anno il Vicario Foraneo, monsignor Ferdinando Caschili, parroco di Uta, che guiderà anche gli incontri. Come ogni avvio d’anno in contemporanea sono stati consegnati gli attestati di frequenza e quelli di fine corso. Un momento atteso da chi ha completato il percorso formativo. Lo stesso Direttore dell’Ufficio catechistico Diocesano, don Emanuele Mameli, ha consegnato gli
attestati a giovani e meno giovani che dopo il biennio hanno completato l’iter formativo. Ogni anno diverse decine di persone provenienti da parrocchie della Forania prendono parte agli incontri, segno di una rinnovata volontà di conoscere per trasmettere meglio il messaggio ai giovani e bambini loro affidati. “Non si può fare catechesi e formazione senza adeguati strumenti - dice il parroco di San Giorgio, monsignor Onofrio Serra per questo riteniamo importante la scuola di catechisti. È una bella realtà della nostra parrocchia, riconosciuta come tale anche dalle comunità vicine, che inviano i loro catechisti per la formazione. Accanto ad altre realtà la scuola per catechisti è un’iniziativa seguita dai fedeli e per noi rappresenta un’importante attività, in un tempo nel quale l’aspetto formativo è fondamentale per le sfide che ogni credente deve affrontare se vuol testimoniare la propria fede”. La media annuale di chi frequenta la
scuola viaggia intorno ai 60-70 partecipanti, segno di come l’iniziativa sia particolarmente seguita. “Negli ultimi tempi però - evidenzia ancora Franco Usai - la fatica di mantenere in piedi la scuola si fa sentire, anche se il lavoro che svolgiamo è fondamentale. I parroci delle comunità vicine sono ben felici di inviare loro collaboratori per la formazione, perché sanno quanto questa sia importante. Di certo in questo periodo la necessità di avere catechisti preparati, motivati e che siano testimoni è imprescindibile, perché le sollecitazioni che arrivano dal mondo mettono di fronte a problematiche di non poco conto. Per questo un’adeguata preparazione, assieme ad una convinzione di ciò che si sta facendo, può, unitamente
all’autenticità nella vita di fede, essere spesa per formare adeguatamente alla luce del Vangelo le generazioni future”. La metodologia della scuola è oramai collaudata: individuato il tema, il relatore lo propone ai frequentanti in forma anche di analisi e riflessione personale. La Bibbia e l’introduzione alla conoscenza del testo, quest’anno al centro delle lezioni, diventano il pretesto ai partecipanti per una verifica personale, dopo le sollecitazioni offerte dal Libro. Da un lato quindi formazione per la catechesi dall’altro gli incontri della Scuola rappresentano anche un momento di crescita personale. In questo forse sta il segreto della frequenza continua alla scuola in questi 35 anni. I.P.
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Catechisti DETTO TRA NOI
Nel processo dell’evangelizzazione è decisiva l’azione integrata tra i diversi momenti del primo annuncio, della catechesi, e dell’iniziazione cristiana. La comunità cristiana è chiamata a farsi “compagna di strada” di chi percorre il cammino della fede
Quel che del Papa non si dice
La catechesi e l’iniziazione cristiana el ribadire, ancora una volta che la catechesi è momento essenziale nel processo di evangelizzazione, con il compito di far maturare la conversione iniziale in ordine a una vita cristiana adulta, Incontriamo Gesù dedica, al numero 23, un importante riflessione sulla catechesi a servizio dell’Iniziazione Cristiana. Effettivamente, per dirla con il Direttorio Generale della Catechesi, la catechesi costituisce “l’anello necessario tra l’azione missionaria che chiama alla fede e l’azione pastorale che alimenta continuamente la comunità cristiana” (DGC, 64). Ne consegue che, nell’evangelizzazione, è di decisiva importanza l’azione integrata e organica tra primo annuncio, catechesi e Iniziazione Cristiana: un dinamismo vissuto dentro la concreta comunità cristiana che non solo esprime il suo impegno missionario, ma sempre più assume la faticosa ed imprescindibile sfida di farsi “compagna di strada”, accompagnando tappe e passaggi esistenziali dei suoi figli e illuminandoli con la luce della fede.
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In tal senso, già da tempo, la chiesa italiana ha dato un nuovo impulso missionario alla catechesi a servizio dei cammini di scoperta e di risveglio della fede, oltre che a quelli tradizionali di accompagnamento nel completamento dell’inserimento nella comunità cristiana: “L’Iniziazione Cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana” (VMPCC, Introduzione). Con l’Iniziazione Cristiana, infatti, la Chiesa esprime il suo volto missionario verso chi chiede la fede e verso le nuove generazioni, valorizzando, sicuramente, l’aspetto dell’iniziale accoglienza, del dialogo e del graduale inserimento, e prestando attenzione e dedizione alla dimensione “mistagogica”, cioè il momento in cui il cristiano iniziato è istruito ai misteri ricevuti e alla loro azione nella vita cristiana (IC, 23).
Per questo motivo la catechesi non solo si caratterizza nell’ottica dell’insegnamento, ma soprattutto nella dimensione dell’apprendimento di tutta la vita cristiana, dell’assumere, cioè, nella totalità della propria vita la novità e il dono del Vangelo. La catechesi, in questo orizzonte, offre al cristiano i punti di riferimento di base, accompagnandolo nella scoperta dei nuclei essenziali della fede. In tal senso il carattere biblico, liturgico, caritativo e spirituale della
formazione nella catechesi, senza dimenticare lo sguardo rivolto all’impegno nel contesto sociale, permette un completo, graduale e omogeneo inserimento nella vita cristiana e nella condivisione comunitaria: un inserimento dato una volta per tutte ma che necessita un permanente, continuo e solido processo di rinnovamento, di accompagnamento e di fresca acquisizione del dono della fede e nell’impegno della testimonianza. Emanuele Mameli
Apprendere la vita di fede La catechesi a servizio dell’iniziazione cristiana è «l’anello necessario tra l’azione missionaria che chiama alla fede e l’azione pastorale che alimenta continuamente la comunità cristiana»; si tratta pertanto di un’azione «basilare e fondamentale». Ne fa parte la dimensione mistagogica, cioè il momento in cui il cristiano iniziato è istruito ai misteri ricevuti e alla loro azione nella vita cristiana. Tale catechesi si caratterizza come formazione organica e sistematica della fede non solo nell’ottica dell’insegnamento, ma anche e soprattutto nella dimensione dell’apprendimento di tutta la vita cristiana, con una formazione di base essenziale che introduca al suo nucleo, alle certezze fondamentali della fede, ai valori evangelici basilari L’educazione – o formazione – permanente della fede ha carattere biblico, liturgico, caritativo, spirituale. Coltiva l’approfondimento della dottrina sociale della Chiesa. Suppone sempre la catechesi di iniziazione. Cei, Incontriamo Gesù, n. 23
n STORIE DI SANTI
San Francesco Saverio rancesco Saverio, al secolo Francisco de Javier y Jaso, ultimo di sei figli, nasce a Javier il 7 aprile 1506 in una famiglia nobile di Xavier (in Navarra) i cui beni erano stati confiscati da Ferdinando il Cattolico dopo la vittoria sugli autonomisti navarrini filo francesi. Per sfuggire alla sconfitta e alla miseria, Francesco si rifugiò quindi in Francia: andò a studiare teologia alla Sorbona di Parigi dove, dopo il primo triennio, divenne "Magister artium".Il titolo abilitava a dare lezioni agli studenti del collegio, e gli consentiva di sostentarsi. Nel suo stesso collegio di S. Barbara arrivò Ignazio di Loyola che, dice l'agiografia, ne riconobbe immediatamente il temperamento combattivo ed ardente e decise di conquistarlo alla propria causa; ivi studiava anche Pierre Favre (1506-1546), futuro teo-
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logo gesuita (beatificato nel 1872, da Papa Pio IX).Con Javier e Favre, Ignazio di Loyola fece i primi voti, da cui sarebbe poi nata la “Compagnia di Gesù”,nella chiesa di Saint Pierre di Montmartre, il 15 agosto 1534. I voti erano: povertà, castità, e pellegrinaggio in Terrasanta; se non fossero riusciti a partire sarebbero andati a Roma per mettersi a disposizione del Papa. Non riuscendo a partire da Venezia, i nuovi gesuiti cominciarono con l'adempiere l'ultima parte dell'impegno, e Pp Paolo III finanziò il loro viaggio. Qui Francesco Saverio fu ordinato prete nel 1537, e qui i primi gesuiti aggiunsero ai tre voti tradizionali di povertà castità e obbedienza, il quarto e distintivo: l'obbedienza al Papa. Nel 1540, Giovanni III del Portogallo, chiese a Papa Paolo III di inviare missionari ad evangelizzare i
popoli delle nuove colonie nelle Indie orientali. Francesco Saverio, indicato da Ignazio, partì nel marzo del 1541. Per le Indie si partiva da Lisbona, e il viaggio del nuovo missionario durò più di un anno: arrivò a Goa ( India) nel maggio dell'anno successivo, spingendosi poi fino a Taiwan. La tradizione vuole che egli abbia portato la propria attività missionaria fino alle Filippine, ma di questo viaggio mancano tracce documentali. Nel 1545 partì per Malacca, in Malaysia, dove incontrò dei giapponesi che gli diedero l'idea di estendere l'evangelizzazione al Giappone (agosto 1549). Ammalatosi durante il viaggio da Malacca all’isola di Sancian, morì all’alba del 3 dicembre 1552,all’età di 46 anni. Francesco Saverio fu sepolto nella chiesa dei Gesuiti di Goa, ma il suo braccio destro fu inviato a
Roma, dove si conserva, dal 1614, in un reliquiario della Chiesa del Gesù, chiesa madre dell'ordine. Altre parti del corpo del santo sono state asportate nel corso del tempo ad opera di fedeli interessati al possesso delle reliquie. Fu beatificato il 21 ottobre 1619 da Papa Paolo V e canonizzato, insieme con Ignazio di Loyola, da Papa Gregorio XV, il 12 marzo 1622. Francesco Saverio, pioniere delle missioni, è Patrono: dell’Oriente cristiano dal 1748, dell'Opera della Propagazione della Fede dal 1904, di tutte le missioni, con S. Teresa di Gesù Bambino, dal 1927. Andrea Agostino
La maggior parte delle testate giornalistiche, riferiscono dei discorsi del Papa solo quello che può far presa sulla gente, tacendo quasi del tutto o non dando il giusto risalto alle questioni considerate “problemi sensibili non negoziabili” (aborto, divorzio, eutanasia, manipolazioni genetiche etc). Il 15 novembre Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano 7.000 medici cattolici esortandoli: “noi stiamo vivendo un tema di sperimentazioni con la vita. Ma è uno sperimentare male: fare i figli invece di accoglierli come dono. Il rischio che si corre è giocare con la vita: siate attenti perché è un peccato contro Dio creatore”. Tre giorni dopo, intervenendo la simposio sul matrimonio, promosso dalla Congregazione per la Dottrina della fede, ha ribadito il diritto di un bambino ad avere un padre e una madre e l'importanza per i coniugi di fare una scelta definitiva impegnandosi nel matrimonio, nonostante la “cultura del provvisorio”, aggiungendo: “attenzione alle trappole ideologiche, perché le categorie che dividono le posizioni su altri temi non si applicano sulla famiglia”. Quindi Papa Francesco non si è sottratto dall'affrontare il tema dell'aborto con un intervento chiaro, che non lascia spazio ad altre interpretazioni: “il pensiero dominante propone a volte una falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l'aborto; un atto di dignità procurare l'eutanasia; una conquista scientifica produrre un figlio considerato come un diritto, invece di accoglierlo come dono; usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. Invece la compassione evangelica è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del buon samaritano. Tante volte, nella mia vita di sacerdote, ho sentito chiedere: perché la Chiesa si oppone all'aborto? È un problema filosofico? Ho risposto: no, non è un problema né religioso né filosofico. È un problema scientifico, perché lì c'è la vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. E non c'entra il pensiero moderno: nel pensiero antico e nel pensiero moderno la parola “uccidere” ha lo stesso significato”. Il Papa ha infine esortato i medici: “la fedeltà al vangelo della vita e il rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e contro corrente che, in particolari circostanze possono giungere alla obiezione di coscienza. Le leggi la prevedono per l'aborto, ma anche per l'eutanasia”. Bene: ecco chiaro il pensiero di Papa Francesco sui temi sensibili, in continuità con l'insegnamento tradizionale dei suoi predecessori. Avete letto queste cose così chiare, ripetute ed evidenziate come avviene in altri casi in qualche giornale, eccetto “Avvenire” e la rivista “A sua immagine”? Non mi pare! I giornali hanno riportato il discorso, nella migliore delle ipotesi, a titolo di semplice cronaca. Ecco un esempio di manipolazione dell'informazione. Dispiace che si voglia dare del Papa un'immagine distorta, quasi di un rivoluzionario che vorrebbe stravolgere la dottrina e la morale della Chiesa. No, non è così ed è nostro dovere dimostrarlo, come abbiano cercato di fare con questo modesto articolo. Don Tore Ruggiu
Papa Francesco
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domenica 7 dicembre 2014
Cambiare mentalità per annunciare Cristo oggi
curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004
Direttore responsabile Roberto Piredda
Alcuni passaggi del discorso ai partecipanti al Convegno sulla pastorale delle Grandi Città Un testo importante per comprendere come il Papa intende la missione odierna della Chiesa ella Evangelii gaudium ho voluto richiamare l’attenzione sulla pastorale urbana, ma senza opposizione con la pastorale rurale. Questa è un’ottima occasione per approfondire sfide e possibili orizzonti di una pastorale urbana. Sfide, cioè luoghi in cui Dio ci sta chiamando; orizzonti, cioè aspetti ai quali credo che dovremmo prestare speciale attenzione. Ne riporto solo quattro, ma voi ne scoprirete altri, di sicuro! 1. Prima, forse la più difficile: attuare un cambiamento nella nostra mentalità pastorale. Si deve cambiare! Nella città abbiamo bisogno di altre "mappe", altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti. Non possiamo rimanere disorientati, perché tale sconcerto ci porta a sbagliare strada, anzitutto noi stessi, ma poi confonde il popolo di Dio e quello che cercano con cuore sincero la Vita, la Verità e il Senso. Veniamo da una pratica pastorale secolare, in cui la Chiesa era l’unico referente della cultura. E’ vero, è la nostra eredità. Come autentica Maestra, essa ha sentito la responsabilità di delineare e di imporre, non solo le forme culturali, ma anche i valori, e più profondamente di tracciare l’immaginario personale e collettivo, vale a dire le storie, i cardini a cui le persone si appoggiano per trovare i significati ultimi e le risposte alle loro domande vitali. Ma non siamo più in quell’epoca. E’ passata. Non siamo nella cristianità, non più. Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, ma non di una "pastorale relativista" – no, questo no -che per voler esser presente nella "cucina culturale" perde l’orizzonte evangelico, lasciando l’uomo affidato a sé stesso ed emancipato dalla mano di Dio. No, questo no. Questa è la strada relativista, la più comoda.
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Questo non si potrebbe chiamare pastorale! Chi fa così non ha vero interesse per l’uomo, ma lo lascia in balìa di due pericoli ugualmente gravi: gli nascondono Gesù e la verità sull’uomo stesso. E nascondere Gesù e la verità sull’uomo sono pericoli gravi! Strada che porta l’uomo alla solitudine della morte (cfr Evangelii gaudium, 93-97). Occorre avere il coraggio di fare una pastorale evangelizzatrice audace e senza timori, perché l’uomo, la donna, le famiglie e i vari gruppi che abitano la città aspettano da noi, e ne hanno bisogno per la loro vita, la Buona Notizia che è Gesù e il suo Vangelo. Tante volte sento dire che si prova vergogna ad esporsi. Dobbiamo lavorare per non avere vergogna o ritrosia nell’annunciare Gesù Cristo; cercare il come… Questo è un lavorochiave. 2. Il dialogo con la multiculturalità. Si tratta di acquisire un dialogo pastorale senza relativismi, che non negozia la propria identità cristiana, ma che vuole raggiungere il cuore dell’altro, degli altri diversi da noi, e lì seminare il Vangelo […] Abbiamo bisogno di un atteggiamento contemplativo, che senza rifiutare l’apporto delle diverse scienze per conoscere il fenomeno urbano – questi apporti sono importanti – cerca di scoprire il fondamento delle culture, che nel loro nucleo più profondo sono sempre aperte e assetate di Dio. 3. Il terzo aspetto è la religiosità del popolo. Dio abita nella città. Bisogna andare a cercarlo e fermarsi là dove Lui sta operando. So che non è la stessa cosa nei diversi Continenti, ma dobbiamo scoprire, nella religiosità dei nostri popoli, l’autentico substrato religioso, che in molti casi è cristiano e cattolico. Non in tutti: ci sono religiosità non cristiane. Ma occorre andare lì, al nucleo. Non possiamo misconoscere né disprezzare tale esperienza di Dio che, pur essendo a volte dispersa o mescolata, chiede di essere scoperta e non costruita. Lì ci sono i semina
Verbi seminati dallo Spirito del Signore. Non è bene fare valutazioni affrettate e generiche del tipo: "Questa è solo un’espressione di religiosità naturale". No, questo non si può dire! Da lì possiamo cominciare il dialogo evangelizzatore, come fece Gesù con la Samaritana e sicuramente con molti altri al di là della Galilea. E per il dialogo evangelizzatore è necessaria la coscienza della propria identità cristiana e anche l’empatia con l’altra persona. 4. Quarto - continuando -: poveri urbani. La città, insieme con la molteplicità di offerte preziose per la vita, ha un risvolto che non si può nascondere e che in molte città è sempre più evidente: i poveri, gli esclusi, gli scartati. Oggi possiamo parlare di scartati. La Chiesa non può ignorare il loro grido, né entrare nel gioco dei sistemi ingiusti, meschini e interessati che cercano di renderli invisibili. Tanti poveri, vittime di antiche e nuove povertà. Ci sono le nuove povertà! Povertà strutturali e endemiche che stanno escludendo generazioni di famiglie. Povertà economiche, sociali, morali e spirituali. Povertà che emarginano e scartano persone, figli di Dio. Nella città, il futuro dei poveri è più povertà. Andare lì! Alcune proposte Vi propongo due nuclei pastorali, che sono azioni ma non solo. Penso che la pastorale è più che azione, è anche presenza, contenuti, atteggiamenti, gesti. Una prima cosa: Uscire e facilitare Si tratta di una vera trasformazione ecclesiale. Tutto pensato in chiave di missione. Un cambiamento di mentalità: dal ricevere all’uscire, dall’aspettare che vengano all’andare a cercarli. E per me questo è chiave! Uscire per incontrare Dio che abita nella città e nei poveri. Uscire per incontrarsi, per ascoltare, per benedire, per camminare con la gente. E facilitare l’incontro con il Signore. Rendere accessibile il sacramento del Battesimo. Chiese
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aperte. Segreterie con orari per le persone che lavorano. Catechesi adatte nei contenuti e negli orari della città. Seconda proposta: la Chiesa samaritana. Esserci. Si tratta di un cambiamento nel senso della testimonianza. Nella pastorale urbana, la qualità sarà data dalla capacità di testimonianza della Chiesa e di ogni cristiano. Papa Benedetto, quando ha detto che la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione, parlava di questo. La testimonianza che attrae, che fa incuriosire la gente. Qui sta la chiave. Con la testimonianza possiamo incidere nei nuclei più profondi, là dove nasce la cultura. Attraverso la testimonianza la Chiesa semina il granello di senape, ma lo fa nel cuore stesso delle culture che si stanno generando nelle città. La testimonianza concreta di misericordia e tenerezza che cerca di essere presente nelle periferie esistenziali e povere, agisce direttamente sugli immaginari sociali, generando orientamento e senso per la vita della città. Così come cristiani contribuiamo a costruire una città nella giustizia, nella solidarietà e nella pace. 27 novembre 2014
Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Redazione: Francesco Aresu, Federica Bande, Maria Chiara Cugusi, Fabio Figus, Maria Luisa Secchi, Roberto Comparetti. Hanno collaborato a questo numero: Tore Ruggiu, Maria Grazia Pau, Michele Antonio Corona, Marco Scano, Susanna Mocci, Ilaria Sanna, Annacarla Angius, Paola Lazzarini Orrù, Michele Antonio Bussu, Andrea Porcu, Emanuele Mameli, Andrea Agostino. Per l’invio di materiale scritto e fotografico e per qualsiasi comunicazione fare riferimento all’indirizzo e-mail: settimanaleilportico@gmail.com L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).
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