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Poste Italiane SpA Spedizione in abb.to postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 comma 1 - DCB Cagliari

SETTIMANALE DIOCESANO

A N N O X I I N .2

Politica

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Economia

3

DI

CAGLIARI

Famiglia

DOMENICA

6

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GENNAIO

Papa Francesco

Napolitano annuncia le dimissioni

Il Jobs Act per far ripartire l’Italia

I giovani e la pastorale familiare

In cammino sull’esempio dei Magi

el Messaggio di fine anno anche l’invito N a proseguire con

l Governo ha emanato i Decreti Delegati Isullaprimi riforma del mercato

na delegazione della diocesi ha U partecipato al Corso

e parole del Santo Padre nell’omelia L per la Solennità

coraggio le riforme

del lavoro

Nazionale della CEI

dell’Epifania

EDITORIALE

€ 1.00

2015

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Chiesa. Mons. De Magistris prossimo Cardinale

Una grande gioia di + Arrigo Miglio orpresa e gioia in tutti, nell’intera diocesi di Cagliari e nella Sardegna, hanno caratterizzato la giornata di domenica 4 gennaio quando all’Angelus abbiamo ascoltato dalla voce di Papa Francesco l’elenco dei nuovi Cardinali, tra cui il nome di S.E. Mons. Luigi De Magistris. Sorpresa perché la nomina è giunta assolutamente inattesa, e grande gioia per l’affetto che lo circonda. Ormai da vari anni Mons. De Magistris risiede a Cagliari ed è fedelissimo a svolgere il suo ministero, soprattutto attraverso il Sacramento della Riconciliazione, nella Cattedrale. In realtà la sorpresa è relativa: della stima di Papa Francesco per Mons. De Magistris ci eravamo già accorti lo scorso anno durante il pellegrinaggio a N. S. di Bonaria. Vedendo Mons. De Magistris Papa Francesco aveva voluto salutarlo personalmente con grande calore e affetto e, da alcune sue battute, si era compreso che stimava e apprezzava molto l’attività che aveva svolto in seno alla Curia Romana e in particolare nella Penitenzieria Apostolica, dove aveva ricoperto gli uffici di Reggente e ProPenitenziere Maggiore. Questa stima del Papa è stata espressa ancora in seguito. Anche di recente il Papa si interessava alla salute e alla persona di De Magistris. Adesso dovremo chiamarlo “Eminenza”, ma lui ha già detto che sarà sempre per tutti “don Luigi”. Questa nomina a Cardinale viene a riconoscere i grandi meriti di un prete fedele che ha iniziato il suo ministero a Cagliari e poi lo ha continuato a Roma a servizio di vari uffici della Curia Romana fino a giungere al vertice del delicatissimo dicastero della Penitenzieria Apostolica, che è l’organismo che si occupa dei casi di coscienza, riservati e segreti, che vengono sottoposti al Santo Padre. Una vita di fedeltà assoluta alla Chiesa, di dedizione, in povertà, in semplicità e, aggiungerei, di grande schiettezza. Quando si parla di “uomo di curia” si rischia di pensare sempre e soltanto agli yes-man, quelli che dicono sempre di sì. Mons. De Magistris è invece un uomo molto schietto, che sa dire si, e sa dire no, che esprime con chiarezza e sincerità il suo giudizio. Un’altra osservazione ci propone questa nomina a Cardinale di Mons. De Magistris. Certamente è un uomo legato alla vera Tradizione della Chiesa. Ed è interessante che Papa Francesco, che alcuni vorrebbero presentare come colui che non si cura della Tradizione della Chiesa, abbia voluto invece inserire nel Collegio Cardinalizio proprio una persona così fedele come De Magistris. La lezione allora è questa: con Mons. De Magistris vediamo un amore alla vera Tradizione della Chiesa, quella essenziale. Anche il Papa allora ama questa Tradizione e riconosce quelli che sono i veri servitori di tale Tradizione con la “T” maiuscola, che è preoccupata di custodire il Deposito della Fede ricevuto dagli Apostoli, ma anche di aprirsi continuamente alle nuove esigenze pastorali. Il cardinalato di De Magistris sarà “pastorale”. Come già sta facendo ormai da alcuni anni, da quando si è stabilito a Cagliari. Continua a pagina 2

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Fedele a Dio e alla Chiesa Papa Francesco all’Angelus del 4 gennaio ha annunciato i nomi dei Cardinali che saranno creati nel prossimo Concistoro del 14 febbraio, tra questi spicca il nome di Mons. De Magistris, del clero dell’Arcidiocesi di Cagliari, inserito tra coloro che che “si sono distinti per la loro carità pastorale nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa”. “Essi, ha detto il Papa, rappresentano tanti Vescovi che, con la stessa sollecitudine di pastori, hanno dato testimonianza di amore a Cristo e al Popolo di Dio sia nelle Chiese particolari, sia nella Curia Romana, sia nel Servizio Diplomatico della Santa Sede” 14

Sardegna

3 Scuola

La Giunta presenta la riforma degli Enti locali

Diocesi

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Le attività dei Salesiani a Cagliari

11 Media

La riflessione L’Ucsi celebra di Mons. Miglio il Te Deum per la fine dell’anno dei giornalisti

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Attualità

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domenica 11 gennaio 2015

Napolitano fino all’ultimo spinge sulle riforme Nel Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica l’auspicio per un’intesa serena sul nome del suo successore e l’incoraggiamento ad andare avanti sulla strada del rinnovamento imissioni. Utilizzando con chiarezza questo termine, fin dalle prime battute del suo Messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non ha lasciato dubbi sulla fine imminente del suo incarico. Si tratta, ha spiegato il Capo dello Stato, di aver toccato con mano «come l'età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell'esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché del ruolo di rappresentanza internazionale». A suo avviso quindi non vanno sottovalutati « i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono». Una considerazione facilmente comprensibile per un uomo che si avvia verso i novant’anni. Napolitano auspica che «Parlamento e forze politiche si preparino serenamente alla prova dell'elezione del nuovo Capo dello Stato. Sarà quella una prova di maturità e responsabilità nell'interesse del paese, anche in quanto è destinata a chiudere la parentesi di un'eccezionalità costituzionale». Il Presidente della Repubblica nel suo Messaggio di fine anno ha poi ripreso diversi temi sui quali ripetutamente ha insistito in varie occasioni e non solo nell’ultimo periodo. Il primo è quello della necessità

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delle riforme per ridare slancio alla vita del Paese: «Un anno fa, nel messaggio del 31 dicembre, avevo detto : "Spero di poter vedere nel 2014 almeno iniziata un'incisiva riforma delle istituzioni repubblicane". Ebbene, è innegabile che quell'auspicio si sia realizzato. E il percorso va, senza battute d'arresto, portato a piena conclusione. Non occorre che io ripeta - l'ho fatto ancora di recente in altra pubblica occasione - le ragioni dell'importanza della riforma del Parlamento, e innanzitutto del superamento del bicameralismo paritario, nonché della revisione del rapporto tra Stato e Regioni. Ma sul necessario più vasto programma di riforme - istituzionali e socio-economiche - messo in cantiere dal governo, sulle difficoltà politiche che ne insidiano l'attuazione, sulle possibilità di dialogo e chiarimento con forze esterne alla maggioranza di governo - anche, s'intende, e in via prioritaria, per il varo di una nuova legge elettorale». L’appoggio di Napolitano al tentativo riformista portato avanti dal Governo presieduto da Matteo Renzi, dalla sua maggioranza e di parte delle opposizioni, è chiaro e non a caso nel Messaggio ha fatto riferimento alle parole assai esplicite da lui pronunciate a questo proposito durante l’incontro di fine anno con i

Nelle parole di Papa Francesco per il Te Deum e la Giornata della Pace l’invito a vivere il presente con responsabilità

Non c’è futuro senza la pace «Com’è il nostro modo di vivere? Viviamo da figli o viviamo da schiavi?». Questa è la domanda decisiva posta da Papa Francesco nella sua omelia per il Te Deum di fine 2014 a San Pietro. Si tratta di una questione che deve essere rilanciata in questo inizio 2015, perché ciascuno possa trovare le vie concrete per servire Dio e i fratelli dentro la propria esperienza quotidiana. Riprendere alcuni spunti dagli interventi del Santo Padre tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 può essere di grande aiuto in questa ricerca. Innanzitutto occorre partire da una constatazione fondamentale: «Il significato del tempo, la temporalità, è l'atmosfera dell'epifania di Dio, ossia della manifestazione del mistero di Dio e del Suo amore concreto» (Omelia, 31 dicembre). «Il tempo è messaggero di Dio», affermava San Pietro Favre, ripreso da Papa Francesco. Nel tempo che ci viene donato dal Padre siamo chiamati a prendere una

posizione. I giorni che attraversiamo chiamano in causa la nostra libertà, che il Figlio di Dio ci ha conquistata con il dono della sua vita: «Dio ha mandato suo Figlio a riscattarci a prezzo del Suo sangue. E se c'è un riscatto, è perché c'è una schiavitù. Noi eravamo figli, ma siamo diventati schiavi, seguendo la voce del Maligno. Nessun altro ci riscatta da quella schiavitù sostanziale se non Gesù, che ha assunto la nostra carne dalla Vergine Maria ed è morto sulla croce per liberarci, liberarci dalla schiavitù del peccato e restituirci la perduta condizione filiale» (ibidem). Siamo stati resi liberi da Cristo. Però, fa notare il Papa, «esiste sempre nel nostro cammino esistenziale una tendenza a resistere alla liberazione; abbiamo paura della libertà e, paradossalmente, preferiamo più o meno inconsapevolmente la schiavitù.

rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile. Le riforme in campo istituzionale ed economico sono necessarie specialmente a causa della situazione complessa che attraversa l’Italia, come evidenziato dal Capo dello Stato: «Credo sia diffuso e dominante l'assillo per le condizioni della nostra economia, per l'arretramento dell'attività produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l'emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto questione chiave - per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita di posti di lavoro». Nonostante le difficoltà, per Napolitano non deve vincere la tentazione dell’isolamento e dell’antieuropeismo: «Nulla di più velleitario e pericoloso può invece esservi di certi appelli al ritorno alle monete nazionali attraverso la disintegrazione dell'Euro e di ogni comune politica anti-crisi». Tra i nodi da sciogliere c’è quello della criminalità organizzata e di una corruzione «capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto». È necessario infatti «bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società». L’Italia è poi chiamata, afferma il

La libertà ci spaventa perché ci pone davanti al tempo e di fronte alla nostra responsabilità di viverlo bene» (ibidem). La schiavitù riduce invece il tempo a “momento”, senza un legame con passato e futuro, dà l’illusione di una libertà slegata dalla responsabilità: «Come ci piace essere ingabbiati da tanti fuochi d'artificio, apparentemente belli, ma che in realtà durano solo pochi istanti! E questo è il regno, questo è il fascino del momento!» (ibidem). Vivere la propria libertà altro non è che realizzare qui e ora la propria personale vocazione, investendo i talenti ricevuti. Da questo «dipende anche, per noi cristiani, la qualità del nostro operare, del nostro vivere, della nostra presenza nella città, del nostro servizio al bene comune, della nostra partecipazione alle istituzioni pubbliche ed ecclesiali» (ibidem). Papa Francesco nei suoi interventi tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 ha proposto due priorità, che chiamano in causa la responsabilità di ciascuno nella costruzione del regno di Dio : i poveri e la pace. Le vicende di “Mafia Capitale” hanno spinto il Santo Padre ad affermare con

Capo dello Stato, a recuperare le sue energie migliori per superare le difficoltà del momento presente: «Un recupero di ragionata fiducia in noi stessi, una lucida percezione del valore dell'unità nazionale, sono le condizioni essenziali per far rinascere la politica nella sua accezione più alta, per rendere vincente quell'impegno molteplice e di lunga lena che i cambiamenti necessari all'Italia chiaramente richiedono». L’Italia può riuscire a contrastare le sue difficoltà e a risollevarsi perché non le mancano «valori morali, valori di cultura e di solidarietà». Lo spazio dell’attenzione pubblica, ha affermato Napolitano, non va lasciato «solo a italiani indegni» ma è necessario guardare agli «italiani esemplari». Dalla qualità «del nostro capitale umano può venire e diffondersi un'accresciuta consapevolezza della nostra identità e della nostra missione

nazionale». Nel Messaggio nel Presidente della Repubblica non sono mancati poi i riferimenti agli insegnamenti di Papa Francesco, in particolare al Messaggio per la Giornata della Pace, “Non più schiavi, ma fratelli” e ai suoi appelli contro «l’indifferenza globale» che colpisce i poveri e i più deboli. L’invito conclusivo di Napolitano è stato poi quello, rivolto in particolare ai giovani, a unire le forze per far avanzare l’intera Nazione, questo perché «il cammino del nostro paese in Europa, lo stesso cammino della politica in Italia lo determineremo tutti noi, e quindi ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, le sue prese di coscienza, le sue scelte». Da qui il suo accorato invito conclusivo: «Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio». I.P.

forza che «è necessario un grande e quotidiano atteggiamento di libertà cristiana per avere il coraggio di proclamare, nella nostra Città, che occorre difendere i poveri, e non difendersi dai poveri, che occorre servire i deboli e non servirsi dei deboli!». Una società che «perseguita e criminalizza» i poveri, «si impoverisce fino alla miseria, perde la libertà e preferisce "l'aglio e le cipolle" della schiavitù, della schiavitù del suo egoismo, della schiavitù della sua pusillanimità e quella società cessa di essere cristiana» (ibidem). Il 1 gennaio, Giornata Mondiale della Pace, il Papa ha ricordato come «tutti siamo chiamati a combattere ogni forma di schiavitù e a costruire fraternità. Tutti, ciascuno secondo la propria responsabilità» (Angelus). Tanti media si fermano semplicemente, ed è già qualcosa, a riproporre le esortazioni del Papa, dimenticando però che nella sua parola non si trova semplicemente l’indicazione di una via da percorrere, ma anche dove andare a cercare la forza necessaria per arrivare alla meta. La vera “rivoluzione”può partire solo dalla grazia che nasce dall'incontrare Cristo nel proprio cammino e che trasforma in primo luogo proprio la persona e ovviamente il suo agire: «La nostra fede non è una dottrina astratta o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo, il Figlio unigenito

di Dio fattosi uomo, morto e risorto per salvarci e vivo in mezzo a noi. Dove lo possiamo incontrare? Lo incontriamo nella Chiesa, nella nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica. È la Chiesa che dice oggi: “Ecco l’agnello di Dio”; è la Chiesa che lo annuncia; è nella Chiesa che Gesù continua a compiere i suoi gesti di grazia che sono i Sacramenti» (Omelia, 1 gennaio). A partire dall’incontro vitale con il Signore Gesù si può “uscire” per andare incontro ai poveri, senza servirsi di essi, e diventa possibile costruire fraternità anche in un mondo lacerato da divisioni e sopraffazioni, perché «alla radice della pace sempre c’è la preghiera» (Angelus, 1 gennaio). Le parole del Papa, così vere e decisive, purtroppo rimarranno senza esito, se ci limiteremo solo ad applaudirle o ad apprezzarle a “distanza di sicurezza”. Vanno prese per un esame personale, per aiutarci a comprendere in che modo possiamo rinnovare il nostro concreto agire quotidiano. Il Santo Padre non smette di far risuonare la forza del Vangelo nella nostra società, è solo da lì che si può partire per dare speranza ad un tempo a volte incerto ma carico di possibilità di bene. Roberto Piredda

Non credo di svelare segreti nel dire che ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ha accettato in spirito di obbedienza, di fedeltà al Papa, come ha sempre fatto. Accoglie un nuovo impegno che si caratterizza sempre di più nelle scelte di Papa Francesco, anche guardando ai nomi degli altri Cardinali, come un servizio alla

Chiesa, togliendo, per quanto possibile, tutto ciò che sa di esteriorità e di riconoscimento onorifico. All’ormai prossimo Cardinale De Magistris vanno la nostra orazione, i nostri auguri, le nostre congratulazioni, sicuri di essere accompagnati da lui nella sua preghiera quotidiana.

n DALLA PRIMA Non fa il pensionato, è a servizio della Chiesa Cattedrale, in particolare con la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, attraverso il quale incontra tanti penitenti che si avvicinano al suo confessionale. Un modo umile, ma concreto, vero, sicuramente non mondano, di vivere il cardinalato

come servizio e non semplicemente come riconoscimento onorifico. Da parte nostra vogliamo assicurare a Mons. De Magistris la nostra vicinanza fraterna e la preghiera. Questo riconoscimento, per lui è anche in certo modo un sacrificio. Sente la responsabilità, il peso degli anni.


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Attualità

Con il Jobs Act cambiano le regole sul lavoro Il Consiglio dei Ministri ha approvato i primi decreti delegati della riforma del lavoro La novità più rilevante è il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti due settimane esatte dall’entrata in vigore della legge con la quale il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare i provvedimenti sulla riforma degli ammortizzatori sociali, delle politiche attive del lavoro e sul riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, alla vigilia di Natale, il Consiglio dei Ministri ha approvato i primi due decreti attuativi. Che ora, come vuole la prassi, saranno sottoposti al vaglio delle Commissioni di Camera e Senato, competenti sulla materia. Soltanto dopo l’acquisizione dei loro pareri e di eventuali osservazioni da parte del Governo, la nuova disciplina sarà applicata ai nuovi contratti stipulati dopo la data di entrata in vigore dei decreti legislativi. Dei due decreti, quello che ha focalizzato maggiormente le attenzioni delle forze politiche e dei sindacati, e che a detta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, costituisce “una rivoluzione copernicana”, è quello che riguarda il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Infatti, dopo quarantaquattro anni, il

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decreto segna l’annunciato addio all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, cioè alla possibilità del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento per motivi economici e in buona parte dei licenziamenti disciplinari: in sostituzione ci sarà un indennizzo monetario. Per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, si esclude nei casi di licenziamenti economici la possibilità del reintegro del lavoratore, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio. Si limita poi il diritto al reintegro ai licenziamenti discriminatori, nulli e intimati in forma orale, nonché ai licenziamenti disciplinari ingiustificati in cui sia dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. Non solo, la riassunzione scatta anche quando il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivi legati all’inidoneità fisica o psichica del lavoratore. In tutti i casi di indennizzo, quindi per i licenziamenti ingiustificati di tipo

economico e per parte di quelli disciplinari, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, pari a due mensilità dell’ultima retribuzione per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro. Invece per le imprese fino a quindici dipendenti l’indennizzo è dimezzato e non può in ogni caso superare il tetto delle sei mensilità. Per i licenziamenti che vengono intimati in forma orale è previsto il reintegro, come del resto per quelli individuali. Invece per i licenziamenti collettivi che presentano un vizio di procedura o di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da mettere in uscita scatta l’indennizzo sulla base di due mensilità per anno, con un minimo di quattro mensilità. L’ultima novità introdotta dal decreto riguarda l’istituzione all’Inps di un Fondo per ricollocare i lavoratori in disoccupazione. Il lavoratore licenziato illegittimamente riceverà così da un Centro per l’impiego un voucher da presentare a un’agenzia

Novità per gli enti locali Stop alle quattro nuove Province; istituzione della città metropolitana di Cagliari e della Provincia del sud Sardegna; benestare pro tempore alle storiche città capoluogo Oristano, Nuoro e Sassari: sono questi i principali ingredienti della legge di Riforma agli Enti Locali presentata dall’assessore regionale degli Enti Locali Cristiano Erriu e approvata a fine dicembre dall’Esecutivo. «I Comuni sono i veri protagonisti del cambiamento – ha dichiarato l’assessore Erriu - i livelli amministrativi e di governo diventano essenzialmente due: la Regione e i Comuni. Prevediamo un rafforzamento dell’associazionismo comunale attraverso l’Unione di Comuni a cui è obbligatorio aderire. I Comuni, in forma singola o associata, svolgono dunque i compiti di indirizzo, programmazione, controllo e funzioni amministrative». Le associazioni degli EELL e il Consiglio delle Autonomie Locali hanno presentato di recente una propria proposta generale. Sono diversi i punti di condivisione con la Giunta. Tra questi il potenziamento del ruolo dei Comuni e l’associazionismo volontario; l’assunzione delle “Regioni Storiche” come asse prioritario del riordino territoriale; il superamento delle Province e l’individuazione delle Associazioni delle Unioni dei Comuni, in sostituzione delle Province, per la gestione delle funzioni oggi provinciali, da

ricondurre al governo dei Comuni. A creare invece una netta linea di demarcazione è la normativa relativa alle Unioni dei Comuni. « La parte della proposta della Giunta relativa alle Unioni dei Comuni va secondo noi ridiscussa interamente - sostengono i presidenti di Anci Sardegna e CAL (CONSIGLIO delle AUTONOMIE LOCALI), rispettivamente Pier Sandro Scano e Giuseppe Casti». L’Unione di Comuni nasce con l’idea di migliorare l’offerta del servizio. Sono chiamate Unioni di comuni anche le comunità montane. «Siamo in netto dissenso con la Giunta in relazione ai limiti demografici per la gestione delle funzioni (10000 abitanti); al numero minimo dei Comuni per le associazioni intercomunali e all’assenza delle convenzioni che per noi sono uno strumento essenziale – insistono Scano e Casti». L’Associazione di Comuni consentirà una maggiore qualità dei servizi, più economia di scala e di raggio d’azione, maggiore specializzazione del personale e semplificazione amministrativa. Gli organi dell’Unione sono l’assemblea dei sindaci, il Presidente e il Consiglio di amministrazione: le cariche saranno ricoperte gratuitamente. « Si tratta di una delle disposizioni fondamentali della riforma – sottolinea l’esponente della Giunta Pigliaru l’Associazione si costituisce con l’istituto della convenzione, che definisce l’esercizio delle funzioni di area vasta in maniera coordinata, attribuite o delegate con legge regionale, comprese quelle già svolte dalle Province o conferite dalle Unioni che fanno parte

Renzi. Da parte loro, i sindacati sul Jobs Act si presentano ancora in ordine sparso. Il via libera del Governo ai primi due decreti attuativi della delega del Parlamento non ha avvicinato Cgil, Cisl e Uil ancora ferme su posizioni diverse. Da una parte ci sono le dure reazioni dei leader Cgil e Uil, Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo, che insieme al numero uno della Fiom, Maurizio Landini, bocciano il “compromesso” Renzi. Dall’altra parte c’è la Cisl, per la quale “il testo del Governo sul Jobs Act è ancora migliorabile, in particolare per quanto riguarda le norme sui licenziamenti collettivi”. “Noi – ha detto il segretario confederale Gigi Petteni – insisteremo anche che nei prossimi decreti si riducano le tipologie contrattuali che in questi anni hanno generato le maggiori precarietà del lavoro”. Franco Camba

n IL FATTO

n SARDEGNA.Presentata la Riforma regionale

La Giunta ha dato il via libera al riassetto di Comuni e Province. Per l’Assessore Erriu si tratta di rinforzare i livelli regionale e comunale

per il lavoro: con questo buono avrà diritto a un’assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, che non potrà rifiutare. “C’è un clima politico molto suscettibile e sensibile, anche con un pensiero ideologizzato attento alle virgole, ma noi ci siamo assunti la responsabilità di decidere”, ha detto Renzi, con un chiaro riferimento sia alle componenti politiche di sinistra, che alla destra e in particolare a Ncd, al centro di uno scontro che aveva tenuto alta la tensione fino all’ultimo: da un lato chi, da destra, voleva l’opting out, cioè la possibilità di escludere il reintegro per i licenziamenti ingiustificati, dall’altro chi, da sinistra, reclamava più tutele. “Abbiamo fatto delle scelte sul testo e siamo anche aperti alle proposte di cambiamento che saranno fatte in Commissione e pronti, eventualmente, anche a rivedere i nostri convincimenti”, ha aggiunto

dell’Associazione». Il disegno di legge si sofferma particolarmente sulle politiche regionali per i territori svantaggiati e prevede azioni specifiche e misure di sostegno, incentivi per le iniziative che tutelino la valorizzazione delle vocazioni produttive dei territori, il radicamento dei produttori agricoli, e soprattutto dei giovani imprenditori. «Il modello della città metropolitana di Cagliari non è coincidente con il territorio della Provincia. «Obbiettivo della città metropolitana – precisa l’assessore Erriu- è il rilancio del sistema economico e produttivo del territorio che possa riflettersi positivamente sull’intera Regione». L’Osservatorio regionale infine, al quale parteciperanno Comuni e Province, servirà per proporre e garantire il trasferimento delle funzioni dalle Province ai Comuni e Unioni di Comuni. Sarà questo il secondo passaggio della complessiva riforma del sistema delle autonomie locali, definito dall’assessore Erriu «indispensabile per ottimizzare il processo di riforma in atto a livello regionale e per la condivisione della riforma a livello nazionale». Maria Luisa Secchi

Tra “permessi” e “malattie” trionfa la furbizia dei super tutelati ’è voluta la clamorosa assenza dal lavoro dei vigili urbani di Roma e degli operatori ecologici di Napoli per far esplodere la polemica sul pubblico impiego. I fatti sono noti: la sera del 31 dicembre scorso la stragrande maggioranza dei vigili romani e dei netturbini napoletani, che aveva dato disponibilità volontaria per lavorare la notte di Capodanno, ha marcato visita, provocando di fatto una carenza nei servizi essenziali (sicurezza e igiene pubblica) delle due grandi città. Le organizzazioni di categoria hanno subito messo le mani avanti parlando di vigili urbani contrattualizzati come impiegati e dunque non soggetti ad alcun obbligo contrattuale di lavoro la notte del 31 dicembre; altri invece hanno bocciato la gogna mediatica che si è scatenata dopo la notizia, parlando di una percentuale ben più bassa di lavoratori assenti. I sindaci delle due città così come il governo hanno invece dichiarato guerra ai furbi. Sulla vicenda però alcuni dubbi dovrebbero essere chiariti. Se è vero che i vigli urbani della capitale hanno un contratto da impiegati, perché usare il Capodanno come arma di ricatto per rivendicare maggiori tutele? Si può marcare visita dopo aver dato disponibilità volontaria fin dal 23 dicembre? E se si è marcato visita quali le responsabilità del medico che ha certificato la presunta patologia? Non tutti gli impiegati pubblici sono dei fannulloni, come invece riferisce anche la stampa locale, ma è certo che i diritti di chi lavora nel pubblico impiego di fatto si sono trasformati in privilegi, agli occhi di chi lavora nel settore privato. La CGIA di Mestre ha pubblicato un rapporto dal quale risulterebbe che nel pubblico impiego i giorni nei quali i lavoratori si assentano sarebbero inferiori a quelli di chi è addetto nel settore privato e quindi, secondo il rapporto, i più assenteisti non sarebbero gli impiegati pubblici. La Sardegna è al secondo posto con 18,8 giorni di malattia all’anno pro capite, dietro la Calabria e prima di Abruzzo, Basilicata e Sicilia. Al di là delle cifre, che pure sono importanti, restano aperti alcuni quesiti. In caso di abusi nella fruizione di questi diritti perché si difende coloro che di fatto hanno barato? Se in un’azienda privata è accertata una violazione delle regole, il licenziamento è dietro l’angolo. Nel pubblico impiego occorre invece una lunga trafila giudiziaria prima di vedere un impiegato pagare per aver di fatto “preso in giro” chi quotidianamente lavora sodo per portare a casa il pane (stiamo parlando soprattutto, ma non solo, di artigiani, di piccoli imprenditori e di commercianti, categorie troppo spesso tartassate da fisco e burocrazia, e non di certo tutelate come il pubblico impiego). C’è un elemento che però colpisce: è il silenzio assordante dei vertici sindacali nazionali, che fino a qualche settimana fa, in piena diatriba sul “Jobs Act”, pontificavano sui diritti dei lavoratori. Dopo i fatti di Roma e di Napoli non una parola è stata detta sui doveri di chi ha un contratto e deve rispettarlo. Il lavoro implica certo dei diritti, che vanno tutelati, ma questi vanno di pari passo ai doveri: i primi non possono andare a discapito dei secondi, altrimenti la bilancia non sta in equilibrio. Chissà chi e quando proverà a leggere la cronaca da questo punto di vista. I. P.

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Chiesa

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domenica 11 gennaio 2015

LE PIETRE

Le parole del Santo Padre negli interventi del tempo di Natale All’Angelus della II Domenica di Natale il Santo Padre ha preso spunto dal Vangelo domenicale, che presentava il Prologo di Giovanni (Gv 1,1-28) per approfondire il tema della pace: « Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (1,45.9). Gli uomini parlano tanto della luce, ma spesso preferiscono la tranquillità ingannatrice del buio. Noi parliamo tanto della pace, ma spesso ricorriamo alla guerra o scegliamo il silenzio complice, oppure non facciamo nulla di concreto per costruire la pace». L’auspicio di Papa Francesco è che «si superi lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Questo sfruttamento è una piaga sociale che mortifica i rapporti interpersonali e impedisce una vita di comunione improntata a rispetto, giustizia e carità. Ogni uomo e ogni popolo hanno fame e sete di pace; pertanto è necessario e urgente costruire la pace!». Il Pontefice fa notare i vari conflitti «che insanguinano ancora troppe regioni del Pianeta, alle tensioni nelle famiglie e nelle comunità - ma in quante famiglie, in quante comunità, anche parrocchiali, c’è la guerra! come pure ai contrasti accesi nelle nostre città e nei nostri paesi tra gruppi di diversa estrazione culturale, etnica e religiosa». Nonostante questo non si deve perdere la speranza nella possibilità di costruire la pace: «Dobbiamo convincerci, nonostante ogni contraria apparenza, che la concordia è sempre possibile, ad ogni livello e in ogni situazione. Non c’è futuro senza propositi e progetti di pace! Non c’è futuro senza pace!». Quando si parla di pace non si tratta di una realtà astratta o sentimentale ma di qualcosa che impegna ciascuno nel

Non più schiavi ma fratelli

“Gli uomini parlano tanto della luce, ma spesso preferiscono la tranquillità ingannatrice del buio. Noi parliamo tanto della pace, ma spesso ricorriamo alla guerra o scegliamo il silenzio complice” concreto della sua esistenza: «Tutti noi siamo chiamati a riaccendere nel cuore un impulso di speranza, che deve tradursi in concrete opere di pace. "Tu non vai bene con questa persona? Fa’ la pace!"; "A casa tua? Fa’ la pace!"; "Nella tua comunità? Fa’ la pace!"; "Nel tuo lavoro? Fa’ la pace!". Opere di pace, di riconciliazione e di fraternità. Ognuno di noi deve compiere gesti di fraternità nei confronti del prossimo, specialmente di coloro che sono provati da tensioni familiari o da dissidi di vario genere. Questi piccoli gesti hanno tanto valore: possono essere semi che danno speranza, possono aprire strade e prospettive di pace». Nell’omelia della Messa del 1 Gennaio, Solennità di Maria SS. Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco ha mostrato in primo luogo il legame inscindibile tra Cristo e Maria: «Cristo e la sua Madre sono

inseparabili: tra loro esiste un rapporto strettissimo, come tra ogni figlio e la sua madre. La carne di Cristo – che è cardine della nostra salvezza (Tertulliano) – è stata intessuta nel grembo di Maria (cfr Sal 139,13). Tale inseparabilità è significata anche dal fatto che Maria, prescelta per essere Madre del Redentore, ne ha condiviso intimamente tutta la missione rimanendo accanto al Figlio fino alla fine sul calvario. Maria è così unita a Gesù perché ha avuto di Lui la conoscenza del cuore, la conoscenza della fede, nutrita dall’esperienza materna e dal legame intimo con il suo Figlio». Allo stesso tempo il Santo Padre ha fatto notare il rapporto essenziale che unisce Cristo e la Chiesa: «Non si può capire la salvezza operata da Gesù senza considerare la maternità della Chiesa. Separare Gesù dalla Chiesa sarebbe voler introdurre una “dicotomia assurda”, come scrisse il beato Paolo VI (cfr Esort. ap.

Evangelii nuntiandi, 16). Non è possibile «amare il Cristo, ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo, ma non la Chiesa, appartenere al Cristo, ma al di fuori della Chiesa» (Ibid.) Infatti è proprio la Chiesa, la grande famiglia di Dio, che ci porta Cristo […] essa è come una madre che custodisce Gesù con tenerezza e lo dona a tutti con gioia e generosità. Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza storica del Corpo di Cristo. Senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a un’idea, a una morale, a un sentimento. Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori». Sempre nell’omelia di inizio anno, il Papa ha ricordato l’impegno per la pace: «Quest’anno, in particolare, il messaggio per la Giornata della Pace è: “Non più schiavi, ma fratelli”. Tutti siamo chiamati a essere liberi, tutti a essere figli e ciascuno secondo le proprie responsabilità, a lottare contro le moderne forme di schiavitù». Roberto Piredda

n L’ANNUNCIO DEL PROSSIMO CONCISTORO

Come è stato già annunciato, il prossimo 14 febbraio avrò la gioia di tenere un Concistoro, durante il quale nominerò 15 nuovi Cardinali, che, provenienti da 14 Nazioni di ogni Continente, manifestano l’inscindibile legame fra la Chiesa di Roma e le Chiese particolari presenti nel mondo. Domenica 15 febbraio presiederò una solenne concelebrazione con i nuovi Cardinali, mentre il 12 e il 13 febbraio terrò un Concistoro con tutti i Cardinali per riflettere sugli orientamenti e le proposte per la riforma della Curia Romana. I nuovi Cardinali sono: 1 – Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo titolare di Sagona, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. 2 – Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo). 3 – Mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, C.M., Arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia). 4 – Mons. John Atcherley Dew, Arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda). 5 – Mons. Edoardo Menichelli,

Due diverse comunità cristiane in India hanno passato il Natale in prigione. È accaduto negli Stati dell'Orissa e del Madhya Pradesh, dove gruppi di fondamentalisti indù hanno interrotto i servizi di preghiera organizzati per celebrare la nascita di Cristo, picchiando i fedeli cristiani e facendoli arrestare dalla polizia per false accuse di conversioni forzate. Il primo caso è avvenuto nel villaggio di Balisuda dove la polizia ha arrestato tre pastori protestanti e sei loro fedeli, interrompendo le celebrazioni natalizie. Gli agenti hanno agito in base a una denuncia presentata da circa 35 radicali indù della zona. Questi estremisti hanno accusato i cristiani di aver praticato conversioni forzate sulle famiglie tribali dell'area. I convertiti - 15 famiglie in totale - sostengono invece di aver abbracciato il cristianesimo in piena libertà. Un caso analogo è avvenuto nel villaggio di Deogarh dove il giorno scorso quattro persone hanno iniziato a fotografare i fedeli della Friends Missionary Prayer Band (Fmpb). I cristiani hanno chiesto agli sconosciuti di andarsene, ma circa 15 minuti dopo una folla di circa 100 radicali indù ha fatto irruzione nella sede della Fmpb. Armati di bastoni, i fondamentalisti hanno insultato Cristo e minacciato di uccidere i presenti. Circa 25 fedeli, insieme al pastore e alla sua famiglia, sono scappati, cercando di nascondersi nella vicina giungla. Il giorno dopo però sono stati trovati e picchiati. I radicali non hanno risparmiato né le donne, né le figlie del reverendo. I cristiani sono stati consegnati alla polizia, con l'accusa di praticare conversioni forzate, e messi in prigione.

Più di 400 croci distrutte

Arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia). 6 – Mons. Pierre Nguyên Van Nhon, Arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam). 7 – Mons. Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di Morelia (Messico). 8 – Mons. Charles Maung Bo, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (Myanmar). 9 – Mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia). 10 – Mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento (Italia). 11 – Mons. Daniel Fernando Sturla Berhouet, S.D.B., Arcivescovo di Montevideo (Uruguay). 12 – Mons. Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna). 13 – Mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, O.A.R., Vescovo di David (Panamá). 14 – Mons. Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di Capo Verde). 15 – Mons. Soane Patita Paini Mafi, Vescovo di Tonga (Isole di Tonga). Unirò, inoltre, ai Membri del Collegio Cardinalizio 5 Arcivescovi e Vescovi Emeriti che si sono distinti per la loro carità pastorale nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa. Essi rappresentano tanti Vescovi che, con la stessa sollecitudine di pastori, hanno dato testimonianza di amore a Cristo e al Popolo di Dio sia nelle Chiese particolari, sia nella Curia Romana, sia nel Servizio Diplomatico della Santa Sede.

Violenze sui cristiani a Natale

n CINA

I nuovi Cardinali Nel corso dell’Angelus del 4 gennaio, il Santo Padre Francesco ha annunciato i nomi dei nuovi Cardinali che nominerà nel Concistoro del 14 febbraio prossimo:

n INDIA

Essi sono: 1 – Mons. José de Jesús Pimiento Rodríguez, Arcivescovo emerito di Manizales. 2 – Mons. Luigi De Magistris, Arcivescovo titolare di Nova, ProPenitenziere Maggiore emerito. 3 – Mons. Karl-Joseph Rauber, Arcivescovo titolare di Giubalziana, Nunzio Apostolico. 4 – Mons. Luis Héctor Villalba,

Arcivescovo emerito di Tucumán. 5 – Mons. Júlio Duarte Langa, Vescovo emerito di Xai-Xai. Preghiamo per i nuovi Cardinali, affinché, rinnovando il loro amore a Cristo, siano testimoni del suo Vangelo nella Città di Roma e nel mondo e con la loro esperienza pastorale mi sostengano più intensamente nel mio servizio apostolico.

La campagna per eliminare le croci dalle chiese prosegue nel Zhejiang e si diffonde anche in altre regioni della Cina. Nel solo Zhejiang sono già state distrutte 426 croci. Il numero si riferisce alle sole chiese protestanti. A queste vanno aggiunte le distruzioni per le chiese cattoliche e un'altra croce distrutta a Dingqiao. Più di 100 persone, fra membri dell'Ufficio affari religiosi e operai si sono scontrati con i fedeli della chiesa di Dingqiao nel tentativo inutile di fermare la distruzione. Alcuni di loro sono rimasti feriti e sono ricoverati in ospedale. I fedeli sospettano che il vero motivo è quello di ridurre l'impatto e l'influenza delle comunità cristiane, ufficiali e sotterranee, nella società cinese, che assiste a un incremento vertiginoso di conversioni. Un altro motivo è che dal 2013, si è varato il piano per rendere il Zhejiang un'area di grande sviluppo economico entro il 2020. A causa di ciò, il governo provinciale sta attuando una campagna per "abbellire" la regione eliminando le strutture illegali. Il governo provinciale assicura che le demolizioni riguardano tutte le comunità ma di fatto prende di mira soprattutto i luoghi cristiani.


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Giovani BREVI

Salesiani. Diffusa la “Strenna” del Rettor Maggiore per il 2015

Andare incontro ai giovani del nostro tempo Come da tradizione nel mondo salesiano, per accompagnare il Natale e l’inizio del nuovo anno, don Angel Fernandez Artime, decimo successore di don Giovanni Bosco, ha regalato a tutta la comunità la Strenna. La Strenna è un dono, un regalo che don Bosco era solito fare ai suoi ragazzi dell’oratorio, e consisteva in alcuni messaggi sia personali che comunitari, che avevano lo scopo di indicare un nuovo modo per vivere il nuovo anno. Questo dono non voleva essere un programma schematico da seguire, ma piuttosto un messaggio e augurio familiare, che concretizzato poi, avrebbe portato un clima di comunione ed incontro. La parola ha un ruolo fondamentale in questo; sebbene San Giovanni Bosco fosse un uomo piuttosto pratico e concreto che attraverso i gesti e le azioni testimoniava direttamente il Vangelo, lasciava spazio anche alle parole donando questi messaggi, che contenevano un qualcosa con cui ripartire di anno in anno con entusiasmo e fede. Questo gesto di don Bosco è paterno, amichevole e familiare e mostra tutta la tenerezza con cui riusciva a guardare e prendersi cura dei ragazzi di Valdocco. Don Angel quest’anno scrive la sua prima Strenna, che cade proprio nel bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, e il decimo successore scrive e ricorda alla comunità salesiana quanto sia importante prendersi cura dei giovani, l’essere delle guide adulte e coraggiose, riuscire a entrare nelle periferie delle nostre città come anche Papa Francesco ci ha ricordato, e soprattutto andare incontro ai giovani poveri. In queste parole don Artime ribadisce e riassume tutta l’essenza del carisma salesiano e abbraccia tutti i fratelli e sorelle impegnate negli oratori, nelle scuole e nelle comunità salesiane sparse in tutto il mondo.

La potenza e la semplicità delle parole di don Angel arrivano dritte al cuore di chi le legge, e smuovono diversi interrogativi, preoccupazioni ma anche propositi negli educatori che vivono e affiancano i giovani. Non resta allora che approfondire personalmente alcuni passi di questa Strenna per portare nel cuore e negli oratori l’ardore e l’entusiasmo della proposta cristiana unita al forte carisma salesiano. “…Il mondo dei giovani è un mondo di possibilità. Per poter essere fermento in questo mondo, dobbiamo conoscere e valutare positivamente e criticamente ciò che i giovani valorizzano e amano. La sfida della nostra missione in mezzo ai giovani passa attraverso la nostra capacità profetica di leggere i segni dei tempi, come precedentemente dicevamo di Don Bosco; cioè, che cosa ci sta dicendo e chiedendo Dio attraverso questi giovani con i quali ci incontriamo. Questa sfida comincia con avere la capacità di ascoltare, e con avere il coraggio e l’audacia di intavolare un dialogo “orizzontale”, senza posizioni statiche, senza aggiudicarci previamente il possesso della verità. Adottiamo l’atteggiamento dell’«apprendista» ed apprenderemo molto di loro e della immagine di Chiesa che noi incarniamo per loro. I giovani, con la loro parola, la loro presenza o la loro ‘indifferenza’, con le loro risposte e le loro assenze, stanno reclamando qualcosa da noi. E anche lo Spirito in essi, e attraverso di essi, ci sta parlando. Dall’incontro con loro mai si esce indenni, bensì reciprocamente arricchiti e stimolati. Ogni volta si fa sempre più evidente

I ragazzi alla scuola di Don Bosco a da poco festeggiato i cento anni di vita. L’Istituto salesiano di viale Sant’Ignazio a Cagliari si apre alla città e al territorio negli “Open Day”, giornate nelle quali chi vuole può conoscere di più su questa prestigiosa scuola. L’Istituto,ha formato generazioni di sardi compresi personaggi che hanno fatto la storia della Sardegna. A guidarla oggi è don Sergio Nuccitelli, che crede in questa apertura verso il mondo, al di là del cancello che si affaccia al giardino botanico del capoluogo. “Secondo quanto detto dal sindaco di Cagliari - nel corso della cerimonia di consegna della cittadinanza al rettore maggiore dei salesiani afferma don Sergio - sarebbero circa 100mila i giovani formatisi in questa scuola. Un numero consistente? Certamente ma oggi con la crisi economica i numeri si sono ridotti e per questo dobbiamo far capire che

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noi ci siamo, che continuiamo il nostro percorso formativo. Perciò abbiamo pensato agli “Open Day”, dopo quello di dicembre sabato 10 si può nuovamente visitare la scuola, con personale in grado di aiutare genitori e ragazzi nel percorso previsto. L’invito l’abbiamo rivolto in maniera particolare a chi frequenta la terza media ma vorremmo che quanti più ragazzi potessero visitare l’Istituto e rendersi conto di persona di come ci si può formare qui da noi. Abbiamo già avuto delle pre – iscrizioni un’ottantina per la scuola media e una quarantina per le superiori. Una conferma di come il vostro Istituto sia un riferimento? Certo. Questo è dovuto ai salesiani che in questi cento anni si sono susseguiti nella formazione ed educazione dei giovani. La presenza dei salesiani ha dato uno sviluppo formativo ed educativo importante a Cagliari e alla Sardegna,

che il nostro servizio ai giovani passa anche, e in grande misura, attraverso modelli di riferimento credenti e adulti. I giovani cercano e desiderano incontrarsi con cristiani valorosi ma “normali”, che possano non solo ammirare, ma anche imitare. I nostri giovani, così come in altre dimensioni della loro persona “in costruzione”, hanno bisogno di specchiarsi in altri, desiderano riconoscersi in se stessi e imparare a vivere la propria fede, ma per contagio (per testimonianza di vita) piuttosto che per indottrinamento. È per questo che la nostra azione pastorale non potrà essere un compito uniforme e lineare, dato che le situazioni degli adolescenti e dei giovani sono tanto differenziate. Questo implicherà, soprattutto in noi educatrici ed educatori, degli atteggiamenti profondi, come l’essere disposti a ‘perdere la propria vita’ per darla per il Regno, accettare la povertà, l’austerità, la sobrietà come scelta di libertà pastorale personale e comunitaria, mettendo sempre al primo posto le persone, l’incontro con esse e il servizio alle

medesime. Sull’esempio di Don Bosco, abbiamo una grande necessità di educatrici ed educatori aperti alla novità, agili a innovare, provare, rischiare ed essere personalmente testimoni genuini nella vita dei giovani. Ci è richiesto l’avvicinamento personale nell’incontro spontaneo, l’interesse per “le loro cose” senza pretendere di invadere la loro intimità. Un accompagnamento preferibilmente centrato su una considerazione positiva e affettuosa dell’altro, e che deve materializzarsi nei compiti di “facilitare” , “valorizzare” e “orientare”. Quando parliamo di intraprendere degli “itinerari di educazione alla fede”, questo non consiste tanto nel portare qualcosa dall’esteriore all’interiore dei giovani, ma nell’aiutarli a mettere in luce la loro intimità più radicale abitata da Dio, a sviluppare le potenzialità e capacità che portano dentro loro stessi. Si tratta di accompagnare le loro vite, di aiutarli a scoprire la loro identità più intima e il loro progetto di vita.” Federica Bande

soprattutto perché l’innovazione portata dal messaggio di don Bosco è stata capace di includere nella formazione i linguaggi dello sport, del teatro della musica. È stato possibile formare alla luce del messaggio evangelico persone che hanno anche avuto ruoli di responsabilità pubblica e che nella loro attività hanno portato i lavori trasmessi loro dai salesiani. Mi riferisco a sindaci, presidenti di Regione, primari stimati, anche parlamentari: tutti formatisi qui nella nostra scuola. Naturalmente ci sono stati anche coloro i quali hanno ricevuto l’istruzione di base per poi avviare un’attività lavorativa manuale, ma che hanno comunque ricevuto quel tipo di formazione completa, alla luce dei valori forti e che continuano a vivere nella vita quotidiana. In passato però i giovani vivevano con i salesiani? In effetti prima era così. Questo era un collegio, con giovani e salesiani che condividevano la vita di tutti i giorni. Si generava così un senso di appartenenza molto forte, ciò che invece oggi non abbiamo più, perché i ragazzi frequentano la scuola con gli orari di un qualsiasi altro istituto. Resta solo un piccolo gruppo di ragazzi che si dedica all’animazione, con attività teatrali o sportive, di sostegno ai più piccoli. Il senso di appartenenza resta ma ridotto ad una settantina di ragazzi, su 240 di presenze. Resta comunque fondamentale una formazione completa? E’ fondamentale formare i giovani,

non solo dal punto di vista culturale ma direi in maniera integrale, completa, che va dalla trasmissione di valori culturali, di nozioni a quello che è un impegno nel sociale, con sport e teatro. Si devono evidenzaire tutte quelle possibilità che i ragazzi hanno dentro e magari non riescono ad esprimere. Abbiamo esperienza di ragazzi che hanno iniziato qui da noi col teatro per poi continuare a

n 24 - 25 GENNAIO

Corso per genitori impegnati in oratorio In diverse realtà parrocchiali i genitori collaborano con i sacerdoti e i giovani nell’organizzazione dell’oratorio, nell’accoglienza dei ragazzi e nelle diverse attività di animazione. In collaborazione con l’Ufficio di Pastorale Familiare della diocesi la PG di Cagliari vuole offrire un momento d’incontro e formazione che possa aiutare, sostenere e qualificare la presenza degli adulti in oratorio. Il corso si terrà a Solanas dal 24 al 25 gennaio nella casa per ferie “La scogliera” delle suore Giuseppine. Potranno partecipare coppie di genitori. L’ufficio accoglierà anche l’iscrizione dei figli che verranno poi coinvolti nell’animazione e nelle tematiche del week-end. Per le iscrizioni rivolgersi all’Ufficio di Pastorale Giovanile: Don Alberto Pistolesi – apisto@tiscali.it – giovani@diocesidicagliari.it.

n 16- 17 GENNAIO Catechesi con i disabili Il 16 e il 17 gennaio è previsto nei locali del Seminario Arcivescovile il secondo ed ultimo stage di formazione per catechisti sensibili all’integrazione dei disabili nella catechesi, per catechisti che hanno esperienza con le disabilità e anche per famiglie inserite, a riguardo, nella comunità parrocchiale. Sotto la guida di esperti si attiverà un confronto sulle opportunità comunicative e sulle attenzioni metodologiche per coinvolgere i disabili nella proposta e accoglienza dell’annuncio, e nella catechesi. Per info 07052843216; cell. 3661504634; www.ufficiocatechisticocagliari.it.

recitare anche dopo il termine degli studi. Per don Bosco era fondamentale mettere insieme i valori e i talenti di ciascuno per far sviluppare la persona in maniera completa. Non solo nozioni ma anche passioni e capacità che devono emergere nei ragazzi durante il corso di studi. I. P.


Giovani

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domenica 11 gennaio 2015

I giovani al servizio della famiglia Un gruppo della diocesi di Cagliari ha preso parte al Corso “AnimaTema di Famiglia” organizzato dagli Uffici di Pastorale Familiare e Giovanile nazionali i è tenuto di recente ad Assisi il corso di formazione di “Animatema di Famiglia”, esperienza a cui siamo stati chiamati a partecipare come giovani animatori della nostra diocesi. La proposta è giunta da parte della Pastorale Familiare e della Pastorale Giovanile, che insieme collaborano alla formazione di figure adeguate per l’animazione dei bambini e ragazzi che partecipano ai Convegni Diocesani. Cos’è Animatema di Famiglia? È un itinerario educativo che coinvolge tutta la famiglia, in particolare i bambini ed i ragazzi (dagli 1 ai 17 anni). La centralità della Parola è elemento imprescindibile di qualsiasi azione pastorale: punto focale diventa, dunque, esplorare insieme la bellezza della Sacra Scrittura e la condivisione di un percorso comune. Il nome stesso del progetto racchiude in sé l’obiettivo ultimo: “Anima” come metodo di animazione, “Tema” come approfondimento dello stesso tema che i genitori studiano, “di Famiglia” come coinvolgimento totale di tutti i membri della stessa. L’intero corso ha visto coinvolti circa un’ottantina di ragazzi proveniente da tutta Italia e da diverse realtà parrocchiali o diocesane (Azione Cattolica, Associazione Famiglie Numerose, Pastorale Giovanile). Seguendo le orme di San Francesco e visitando i suoi luoghi, abbiamo potuto vivere momenti di forte spiritualità, fondamentali nella vita di un

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giovane che si mette a servizio per gli altri, tendendo a volte a non dedicare tempo al proprio rapporto con Dio. Esperienza significativa sia dal lato personale che dal lato “animatoriale”. L’approfondimento della Sacra Scrittura non dovrebbe riguardare solo un punto di partenza per animare, ma una profonda maturazione spirituale personale. Sicuramente rimane l’esperienza pratica di animazione che ha portato i nuovi partecipanti a creare in prima persona, coadiuvati dai ragazzi che già fanno parte del progetto da anni, un facsimile di giornate da passare con bambini o ragazzi, immaginando di dover avere a breve un convegno con un tema assegnato. Abbiamo scoperto che nell’ideare le attività da proporre ai bambini e ai ragazzi,soprattutto ai più piccoli, è necessario dare rilevanza a sei aspetti, quali l’accoglienza, il gioco, la narrazione,il liberare, la preghiera e il custodire. Ogni tema, infatti, può essere analizzato secondo questi aspetti (sei proprio come le facce di un dado, simbolo scelto per rappresentare il metodo) a cui bisogna dare la stessa importanza, non perdendo di vista il messaggio che ci si è prefissi di trasmettere agli “animati”. I commenti degli animatori della nostra diocesi che hanno partecipato possono aiutarci a capire meglio come l’esperienza sia stata vissuta: “Mi ha aperto nuovi orizzonti,

rendendomi entusiasta, pronta a portare quanto appreso nel mio piccolo, cioè nella mia parrocchia, e nella diocesi al servizio della Pastorale Familiare, sempre seguendo il metodo imparato.” (Giulia, Parrocchia di Santa Lucia, Cagliari) “È stata un’ esperienza incredibile e molto interessante, che mi ha permesso di aggiungere nuovi strumenti al mio bagaglio da animatrice, per portarli a frutto nel mio oratorio e anche nella mia diocesi.” (Cristiana, Parrocchia SS. Crocifisso, Cagliari) “Una frase cardine del nostro oratorio è : impara l’arte e mettila da parte! Penso che nessuna frase possa essere meglio spesa, se non in questo contesto. L’Animatema mi ha insegnato una nuova tecnica di animazione e tanti piccoli segreti, assolutamente degni di nota! È stata un’esperienza indescrivibile e ringrazio tutti quelli che ne hanno fatto parte.” (Manuela, Parrocchia SS. Crocifisso, Cagliari) “Si è rivelata un’esperienza fuori dal comune, per tanti motivi. Il primo è sicuramente il fatto che abbia potuto conoscere, prima di tutto, i ragazzi della mia diocesi con cui sono partita: proveniamo tutti da esperienze diverse, con un bagaglio formativo differente, ma siamo pronti a metterci in gioco in questa nuova avventura di animazione. Il secondo motivo è rappresentato dalla possibilità di confronto avuta con ragazzi provenienti da tutta Italia, soprattutto con i più esperti, che ci

hanno regalato tanti suggerimenti da adottare, in particolare con i bambini della fascia 3-5 anni, con cui in oratorio non si ha spesso l’occasione di lavorare. Spero che ci siano tante occasioni per portare avanti il metodo Animatema!” (Annacarla, Parrocchia Sacro Cuore, Quartu Sant’Elena) Non è un corso che forma

totalmente l’animatore: le esperienze già vissute in parrocchia (o nella diocesi stessa) aiutano ad affrontare al meglio questo nuovo modo di operare. È altresì vero il contrario: questa nuova esperienza aiuterà il servizio che già svolgono gli animatori all’interno dei propri spazi in diocesi. Matteo Fanzecco

n L’AGENZIA FIDES HA DIFFUSO IL LUNGO ELENCO DEGLI OPERATORI PASTORALI UCCISI NEL 2014

I tanti martiri dei nostri giorni econdo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, nell’anno 2014 sono stati uccisi nel mondo 26 operatori pastorali, 3 in più rispetto al precedente anno 2013. Per il sesto anno consecutivo, il numero più elevato di operatori pastorali uccisi si registra in America. Negli ultimi dieci anni (2004-2013) sono stati uccisi nel mondo 230 operatori pastorali, di cui 3 Vescovi. Nel 2014 sono morti in modo violento 17 sacerdoti, 1 religioso, 6 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Secondo la ripartizione continentale, in America sono stati uccisi 14 operatori pastorali (12 sacerdoti, 1 religioso, 1 seminarista); in Africa sono stati uccisi 7 operatori pastorali (2 sacerdoti, 5 religiose); in Asia sono stati uccisi 2 operatori pastorali (1 sacerdote, 1 religiosa); in Oceania sono stati uccisi 2 operatori pastorali (1 sacerdote, 1 laico); in Europa è stato ucciso 1 sacerdote. Non possiamo tralasciare di ricordare poi quanti sono stati uccisi non dalla mano di un malvivente ma dal virus ebola, che sta mietendo migliaia di vittime in Africa occidentale, dove le strutture cattoliche, e non solo sanitarie, si sono mobilitate fin dal primo insorgere dell’epidemia. La Famiglia religiosa dei Fatebenefratelli (Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio) ha perso in Liberia e Sierra Leone quattro

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confratelli, una religiosa e tredici collaboratori degli ospedali di Monrovia e Lunsar, per aver contratto il virus nel loro generoso impegno di assistenza ai malati. “I nostri Confratelli hanno donato la loro vita per gli altri, come Cristo, fino al punto di morire contagiati da questa epidemia” ha scritto Fra Jesús Etayo, Priore Generale. Analoga sorte toccò alle sei missionarie italiane delle Suore delle Poverelle di Bergamo, morte in Congo nel 1995 per aver contratto il virus ebola pur di non lasciare la popolazione priva di assistenza sanitaria. Per loro nel 2013 è stato aperto il processo di beatificazione. Come avviene ormai da tempo, l’elenco di Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutti gli operatori pastorali morti in modo violento. Non viene usato di proposito il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro, e anche per la scarsità di notizie che si riescono a raccogliere sulla loro vita e sulle circostanze della morte. Ancora una volta la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2014 ha trovato la morte in seguito a tentativi di rapina o di furto, aggrediti anche con efferatezza e ferocia, segno del clima di degrado

morale, di povertà economica e culturale, di intolleranza in cui vivevano. In questi contesti, simili a tutte le latitudini, la violenza e la mancanza del minimo rispetto per la vita umana, diventano regola di vita. Nessuno di loro ha compiuto azioni o gesti eclatanti, ma ha vissuto con perseveranza e umiltà l’impegno quotidiano di testimoniare Cristo e il suo Vangelo in tali complesse situazioni. Qualcuno è stato ucciso dalle stesse persone che aiutava, altri hanno aperto la porta a chi chiedeva soccorso e sono stati aggredito, altri ancora hanno perso la vita durante una rapina, mentre rimane incerto il movente per tante altre aggressioni e rapimenti conclusisi tragicamente, di cui forse non si conosceranno mai le vere cause. Nel 2014 sono stati condannati i mandanti dell’omicidio del Vescovo di La Rioja (Argentina), Mons. Enrique Angelelli, 38 anni dopo l’assassinio del Presule, che fu camuffato da incidente stradale; sono stati anche condannati i mandanti e gli esecutori dell’assassinio di Mons. Luigi Locati, Vicario apostolico di Isiolo (Kenya), assassinato nel 2005; arrestati anche i responsabili della morte del Rettore del Seminario di Bangalore (India), p.Thomas, ucciso nel 2013. Desta ancora preoccupazione la sorte di altri operatori pastorali

sequestrati o scomparsi, di cui non si hanno più notizie, come i tre sacerdoti congolesi Agostiniani dell’Assunzione, sequestati nel nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo nell’ottobre 2012; del gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria nel 2013; o di p. Alexis Prem Kumar, rapito il 2 giugno scorso ad Herat, in Afghanistan. Il 24 maggio sono stati beatificati il missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) padre Mario Vergara, ed il catechista laico Isidoro Ngei Ko Lat, uccisi in odio alla fede in Birmania, nel 1950. “La loro eroica

fedeltà a Cristo possa essere di incoraggiamento e di esempio ai missionari e specialmente ai catechisti che nelle terre di missione svolgono una preziosa e insostituibile opera apostolica” ha detto Papa Francesco. Agli elenchi provvisori stilati annualmente dall’Agenzia Fides, deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Gesù Cristo.


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Cagliari

Il vero Natale è stare vicino ai più deboli Quest’anno le diverse celebrazioni natalizie nei centri Aias sono state animate dal coro “Una nuova scommessa” n occasione delle festività natalizie le Messe dei centri Aias (Associazione Italiana Assistenza Spastici) della Sardegna sono state animate da un piccolo coro d’eccezione chiamato “Una nuova scommessa” a cui hanno partecipato alcuni ragazzi del diurno socio riabilitativo di Cagliari. “Questa esperienza è nata all’interno dell’attività del nuovo laboratorio ‘Canto e Drammatizzazione’, ha spiegato Silvia Betzu pedagogista del gruppo, all’interno del quale si svolge un’attività di canto corale e animazione”. Forti dei risultati positivi dell’attività che caratterizza il lavoro del servizio diurno socio riabilitativo in unione alla grande motivazione e all’affiatamento del gruppo educatori che lavorano a diretto contatto con i ragazzi è nata questa nuova esperienza. “Attraverso il ballo di gruppo, ha proseguito Betzu, si favorisce l’acquisizione di abilità sociali, di coordinazione, di rispetto di ritmi, di potenziamento di abilità mnesiche - attentive ed un accrescimento del livello motivazionale sia dei ragazzi che degli operatori. Nella sua totalità un sistema di scambio

reciproco che si autoalimenta. I ragazzi che costituiscono il coro sono stati selezionati in base alle loro inclinazioni e risorse e sottoposti a delle vere e proprie prove corali in preparazione alle Messe dei centri Aias dell’isola; è un gruppetto itinerante”. Il solista del gruppo è Stefano. Il coro non anima soltanto le Messe ma anche le festicciole del centro con canti e balli di gruppo. “Un’occasione, spiega Stefano, per regalare un po’ di allegria e far vedere ai nostri cari quanto siamo speciali. Alcuni non possono ballare ma ognuno dà il suo contributo al divertimento cantando, suonando le percussioni, battendo le mani e stando in compagnia”. “Si tratta di giovani adulti, continua Betzu, che stanno qui tutto il giorno dalle 9.30 fino alle 15.30 - 16. Gli insegniamo ad essere autonomi, ad adattarsi e ad imparare un lavoro come pitturare, scartavetrare e così via, in situazione di lavoro protetto. Se rispettano la puntualità e si comportano bene scattano i premi. Tanti sono i laboratori in cui si cimentano quello di falegnameria, balli di gruppo dove in maniera dinamica sviluppano logopedia, stimolazione sensoriale e fisioterapia”. L’obiettivo alla base dell’associazione Aias e di tutte le sue attività è l’integrazione all’handicap in modo da ridurre le distanze tra normalità e disabilità. “Qui in Sardegna siamo indietro perché purtroppo dalle istituzioni alle famiglie c’è un atteggiamento protettivo nei confronti di queste persone

n FACOLTÀ TEOLOGICA

n TEATRO LA VETRERIA

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Pubblicato l’Annuario

La Pontifica Facoltà Teologica della Sardegna ha dato alle stampe il nuovo Annuario 2014/2015. La pubblicazione contiene i dati relativi alla prestigiosa istituzione formativa, che da 87 anni è riferimento importante nella preparazione dei futuri sarcerdoti, insegnanti di religione e ministri istituiti.

Al via “Capitani Coraggiosi” Prende il via domenica 11 al Teatro La Vetreria di Pirri la rassegna “Capitani Coraggiosi”, organizzata da Cada die Teatro. In scena il Teatro Telaio di Brescia con “Storia di un pinguino e di un bambino”, una storia per parlare di mondi sconosciuti che si incontrano, della difficoltà di comunicare e di comprendere,

diversamente abili. Noi li educhiamo ad essere responsabili e li trattiamo con normalità bandendo il “poverino”. Serve tempo perché ci sia un cambio di mentalità sociale”. Non tutti sanno che l’Aias è l’associazione per l’assistenza agli spastici costituita nel 1954 a Roma da alcuni genitori di bambini celebrolesi dopo aver constatato la grave carenza di strutture. Nel perseguimento delle sue finalità si dirama in strutture organizzative periferiche chiamate sezioni. Attualmente si contano, oltre alla sede nazionale, 110 sezioni. L’Aias Cagliari è stata fondata nel 1967 da Bruno Randazzo, scomparso due anni fa, come associazione di amici e genitori di bambini celebrolesi. In principio ha rivolto la sua attenzione dapprima alla cura dei problemi legati agli esiti della paralisi celebrale infantili in seguito ha progressivamente esteso i suoi interventi offrendo assistenza medicopsico-sociale ad anziani e sofferenti mentali autosufficienti e non. E arrivata così ad individuare la necessità di servizio nel territorio e ad offrirlo con grande capillarità in 49 centri sparsi in tutta la Sardegna. Complessivamente l’Aias di Cagliari assiste circa 3.500 persone di cui 1.300 anziani avvalendosi della professionalità di circa 1.240 dipendenti tra medici, terapisti della riabilitazione, educatori, assistenti sociali, infermieri, ausiliari, autisti e personale amministrativo, con una media di 2.250 prestazioni giornaliere. Alessia Corbu

nIL 18 GENNAIO

“Cagliari Avvenire Mese” Come ogni terza del mese, domenica 18 gennaio è prevista la pubblicazione di quattro pagine sul quotidiano Avvenire. Congiuntamente a “Il Portico”, l’inserto contribuisce a riflettere sui temi che stanno maggiormente a cuore ai lettori. Le modalità di ricezione sono disponibili sul sito www.chiesadicagliari. L’iniziativa consente di diffondere a livello regionale le notizie della Diocesi.

La difficile scommessa di mister Zola Tra i punti deboli sui quali dovrà intervenire da subito il nuovo tecnico ci sono la difesa e la mancanza di continuità nel rendimento. La società dovrà rinforzare l’organico tornato quando meno ce lo aspettavamo, Gianfranco Zola; fin dal suo addio al calcio, nel 2005, si sono susseguite voci di un suo possibile ritorno nel capoluogo come allenatore. E adesso, proprio ora che i rossoblù sono nel momento di maggior difficoltà, ecco che viene richiamato dalla sua terra, più che mai bisognosa di un sardo doc al timone: “Non è stata una cosa semplice venire al Cagliari, anche perché Zeman è uno dei miei esempi. E’ stato difficile anche lasciare Londra, dove vive la mia famiglia. Quando una squadra cambia allenatore si presume una situazione un po’ alterata, bisogna riportare i giocatori alla normalità. Attacchiamo bene, ma si rimane troppo spesso squilibrati. Bisogna essere bravi a passare velocemente dall’attacco alla difesa. Il compito che mi aspetta non è semplice, ma penso di avere le conoscenze e le competenze giuste. Penso che il Cagliari abbia una filosofia di gioco simile alla mia, il mio compito sarà riequilibrare i reparti. Sarei un folle se pensassi di stravolgere la squadra,

È

n SAN CARLO

Scuola di preghiera Lunedì 12 gennaio a partire dalle 20.30 nei locali della parrocchia San Carlo Borromeo si rinnova la “Scuola id preghiera per giovani”, guidati dal parroco don Luca Venturelli. L’iniziativa è destinata ai ragazzi e alle ragazze che desiderano vivere un momento di condivisione con altri giovani. Per informazioni www.parrocchiasancarlo.it.

la chiave di volta sarà l’equilibrio. Non posso trasformare in così pochi giorni la squadra e renderla una macchina difensiva. Non cambierò in termini di modulo, cercherò di renderla più omogenea. Parto da alcune certezze: se Daniele (Conti, ndr) gioca da Daniele, è uno dei migliori in Italia. Cossu si è dimostrato capace di sacrificarsi, ha esperienza e maturità, inizierà nella posizione in cui sta giocando adesso. Bisogna lottare di squadra e lavorare tutti assieme, ed essere tenaci e aggressivi. Anche se è una squadra giovane, è già stata in questa situazione, diversi giocatori sanno cosa fare. Penso sia chiaro a tutti che c’è da lavorare e portare la squadra in una condizione migliore, ed è quello su cui stiamo lavorando. C’è tanta voglia, tanta passione, non sono venuto ad allenare una squadra qualunque. Mi piacciono le sfide. Spero di cominciare a fare punti, Zeman ha fatto un buon lavoro, io devo giusto eliminare qualche difetto”. Insomma il tecnico di Oliena sa cosa deve fare, sa anche che non sarà facile, perché i punti da mettere in cascina sono tanti. Ma sa anche di avere dalla sua un ambiente che lo ama incondizionatamente, una squadra con una sua spina dorsale, nella quale i giovani devono trovare la collocazione giusta. Bisogna certamente agire nel mercato di riparazione, ma sarà fondamentale recuperare quei giocatori che con il boemo non hanno trovato grande spazio, Samuele Longo su tutti. Il centravanti di scuola Inter ha dimostrato, a sprazzi, di avere delle qualità importanti, ma vista la

n COMUNITÀ DIACONALE Incontro in Seminario

Giovedì 15 gennaio, dalle 18.30 alle 20.30, nei locali del Seminario Arcivescovile, è in programma l’incontro di formazione permanente per la comunità diaconale. L’appuntamento anticipa la giornata di ritiro della stessa comunità prevista per domenica 15 febbraio nella casa di esercizi spirituali delle “Ancelle della Sacra Famiglia” a Vallermosa.

giovane età difetta nella continuità di rendimento. Altro aspetto su cui Zola dovrà concentrarsi; fortunatamente per lui non sarà solo in questa avventura: ad affiancarlo ci sarà l’esperto Gigi Casiraghi, tra le altre cose ex ct dell’Under 21 azzurra. Lavorerà come vice di Zola, e potrà quindi aiutare l’allenatore a comprendere meglio gli schemi e l’impostazione tattica di Zeman, essendo stato allenato da lui ai tempi della Lazio. Sono state importanti, nella conferenza di presentazione, anche le parole del presidente rossoblù, Tommaso Giulini: “Abbiamo avuto le idee anche fin troppo chiare nella gestione di questa situazione. Zenga io non l’ho mai sentito al telefono. Chiedo ai tifosi fiducia nella società e nell’allenatore. Bisogna tirare fuori le motivazioni, ci vuole professionalità in tutti gli allenamenti e in tutte le gare. Spero di pormi il problema di trattenerlo tra sei mesi. Mister Zeman si è sempre dimostrato un professionista, già da venerdì sapeva di essere esonerato, eppure ha fatto quattro allenamenti. Zeman è una persona seria, vera e pulita, non posso parlarne male. Noi abbiamo ritenuto che era il momento giusto di cambiare perché Zola era libero, altrimenti non sarebbe stato il momento giusto”. Parole e musica per il neotecnico rossoblù insomma, che è stato in cima alla lista dei desideri della dirigenza dall’inizio alla fine, quando finalmente ha deciso di accettarne la corte, e tornare finalmente a casa. A fare il tifo per lui, d’altronde, c’è non solo una città, ma un’intera isola: Bentornato, Magic Box! Marco Scano


Parola di Dio

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Battesimo del Signore (Anno B) di Michele Antonio Corona

ello spirito liturgico dell’anno B ci viene proposta la versione di Marco del Battesimo di Gesù. Come al solito, la sua narrazione è molto stringata e parca di particolari. Marco riflette uno stile di racconto iniziale degli eventi di Gesù, in cui non si da troppo spazio né alle parole profetiche di Giovanni, né al dialogo tra il Battista e Gesù. Ci dobbiamo abituare alla velocità e concisione del secondo Vangelo, dal momento che ci accompagnerà durante questo prossimo anno liturgico. La narrazione del battesimo del Signore è notevolmente breve e decritta con tratti assolutamente vaporosi. Non si tratta di un racconto dozzinale nel concetto, ma stringato nelle forme. La pericope si apre con la parola solenne di Giovanni (primo personaggio a cui è data voce!), il quale staglia il proprio annuncio come una fiaccola ardente nel buio. Il primo grido riguarda il Messia (Gesù) che viene descritto come uno ‘forte’. Il bello della parola evangelica è che non lascia nessuno fuori dalla morsa di vita: anche Giovanni dovrà rivedere la sua profezia ed imparare da Gesù da dove viene la sua forza. La buona notizia non permette a nessuno di sentirsi immune dal messaggio di responsabilità alla chiamata di Dio. Giovanni è inserito in una storia che lo coinvolge, lo immette, lo accerchia, lo riveste, lo innerva, lo costituisce, lo abbraccia. Colui che battezza con acqua le folle che accorrono è, prima degli altri, avvolto da un mistero di salvezza. “Io vi battezzo con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Sembra quasi un’opposizione tra due azioni simili; invece Marco sta coinvolgendo il lettore/credente per stimolarlo alla lettura della buona notizia. Se Giovanni, essendo un uomo di Dio e credibile, non può ‘legare i lacci dei sandali’, cosa dovrà fare colui che si accosta al Signore? Il parallelo tra Giovanni ed il lettore diviene stringente e stimolante. L’acqua è simbolo di lavacro, di purificazione, di cambiamento, mentre lo Spirito modifica in profondità, cambia nell’intimo, corrobora nell’interno. Forse questa frase di Giovanni svela uno degli aspetti più profondi della teologia di Marco. Giovanni si sente non pronto a comprendere il Messia nella sua forza e pienezza, perciò apre il mistero con una dichiarazione enigmatica. Legare i legacci dei sandali potrebbe essere segno da schiavo, eppure Gesù non vuole schiavi, non vuole servitori, non richiede dipendenti. Giovanni sembra conoscere il Maestro: egli non richiede ‘servi, ma amici’, ‘schiavi, ma liberi’, proni, ma ritti. Ogni pagina evangelica non può che convocare il credente in una dinamica di amore da e verso il Maestro. Gesù scende dalla Galilea fino al Giordano percorrendo il cammino dei pellegrini cultuali verso il tempio di Gerusalemme. Tuttavia, fama e carisma del Battista avevano invaso il territorio di Giudea fino a esondare nelle regioni vicine. E Gesù stesso si reca al Giordano, nella zona più depressa della Terra del Santo, per potere vivere con gli altri uomini e donne del

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Fu battezzato nel Giordano

tempo il primo passo del cammino di risalita. Giovanni non era l’unico profeta che battezzava nel fiume. Molti uomini, cinti di poche vesti, predicavano la conversione. Essi centravano il loro messaggio in un domani grigio e nefasto, senza alcuna speranza. Giovanni, di contro, intravede una luce, un soffio, un anelito e grida la gioia dell’atteso. Chi ha imparato l’attesa dell’amore, della felicità, della speranza, riesce a gustare quanto sia dolce questo attendere. Aspettare significa avere il cuore colmo e lasciarselo riempire, sentire lo spasimo del pieno e desiderare il colmo, traboccare di speranza e sentirsi invadere da un fulgore di densità. La voce del Padre che spalanca i cieli e dirada ogni nube evidenzia chi è Gesù: “Tu sei il mio Figlio, l’amato: in te mi sono compiaciuto”. Dio non si limita a porre il sigillo su Gesù, ma lo qualifica come Figlio amato. Quella voce del Padre si apre coi cieli su ogni uomo e donna che, ad imitazione del Figlio amato, diviene prediletto, amato, ben voluto. Poche volte la voce del Padre si fa presente con solennità nella narrazione evangelica. Eppure, ogni volta essa diviene gemito di amore, forza di speranza, monito di salvezza per il mondo.

Dal

Vangelo secondo

Marco

Mc 1, 7-11

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».


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Vita cristiana

Un legame unico e indissolubile Nel testo di San Giovanni Paolo II troviamo una riflessione approfondita sulla realtà della famiglia alla luce della Scrittura e della Tradizione della Chiesa Una comunione indissolubile 20. La comunione coniugale si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità» («Gaudium et Spes», 48). E’ dovere fondamentale della Chiesa riaffermare con forza - come hanno fatto i Padri del Sinodo - la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l’indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l’impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto annuncio della definitività di quell’amore coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza (cfr. Ef 5,25). Radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta

dal bene dei figli, l’indissolubilità del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua Rivelazione. Egli vuole e dona l’indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell’amore assolutamente fedele che Dio ha per l’uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa. Cristo rinnova il primitivo disegno che il Creatore ha iscritto nel cuore dell’uomo e della donna, e nella celebrazione del sacramento del matrimonio offre un «cuore nuovo»: così i coniugi non solo possono superare la «durezza del cuore» (Mt 19,8), ma anche e soprattutto possono condividere l’amore pieno e definitivo di Cristo, nuova ed eterna Alleanza fatta carne. Come il Signore Gesù è il «testimone fedele» (Ap 3,14), è il «sì» delle promesse di Dio (cfr. 2Cor 1,20) e quindi la realizzazione suprema dell’incondizionata fedeltà con cui Dio ama il suo popolo, così i coniugi cristiani sono chiamati a partecipare realmente all’indissolubilità irrevocabile, che lega Cristo alla

RISCRITTURE

Il Battesimo di Gesù Cristo nel Battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria. Giovanni dà il battesimo, Gesù si accosta a lui, forse per santificare colui dal quale viene battezzato nell'acqua, ma anche di certo per seppellire totalmente nelle acque il vecchio uomo. Santifica il Giordano prima di santificare noi e lo santifica per noi. E poiché era spirito e carne santifica nello Spirito e nell'acqua. Il Battista non accetta la richiesta, ma Gesù insiste. «Sono io che devo ricevere da te il battesimo» (Mt 3, 14), così dice la lucerna al sole, la voce alla Parola, l'amico allo Sposo, colui che è il più grande tra i nati di donna a colui che è il primogenito di ogni creatura, colui che nel ventre della madre sussultò di gioia a colui che, ancora nascosto nel grembo materno, ricevette la sua adorazione, colui che precorreva e che avrebbe ancora precorso, a colui che era già apparso e sarebbe nuovamente apparso a suo tempo. «Io devo ricevere il battesimo da te» e, aggiungi pure, «in nome tuo». Sapeva infatti che avrebbe ricevuto il battesimo del martirio o che, come Pietro, sarebbe stato lavato non solo ai piedi. Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso lo era per la spada fiammeggiante. E lo Spirito testimonia la divinità del Cristo: si presenta simbolicamente sopra Colui che gli è del tutto uguale. Una voce proviene dalle profondità dei cieli, da quelle stesse profondità dalle quali proveniva Chi in quel momento riceveva la testimonianza. Lo Spirito appare visibilmente come colomba e, in questo modo, onora anche il corpo divinizzato e quindi Dio. Non va dimenticato che molto tempo prima era stata pure una colomba quella che aveva annunziato la fine del diluvio. Onoriamo dunque in questo giorno il battesimo di Cristo, e celebriamo come è giusto questa festa. Purificatevi totalmente e progredite in questa purezza. Dio di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell'uomo. Per l'uomo, infatti, sono state pronunziate tutte le parole divine e per lui sono stati compiuti i misteri della rivelazione. Tutto è stato fatto perché voi diveniate come altrettanti soli cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella luce immensa. Sarete inondati del suo splendore soprannaturale. Giungerà a voi, limpidissima e diretta, la luce della Trinità, della quale finora non avete ricevuto che un solo raggio, proveniente dal Dio unico, attraverso Cristo Gesù nostro Signore, al quale vadano gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen. Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo (Disc. 39 per il Battesimo del Signore, 14-16. 20; PG 36, 350-351. 354. 358-359)

Chiesa sua sposa, da Lui amata sino alla fine (cfr. Gc 13,1). Il dono del sacramento è nello stesso tempo vocazione e comandamento per gli sposi cristiani, perché rimangano tra loro fedeli per sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà del Signore: «Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,6). Testimoniare l’inestimabile valore dell’indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno dei doveri più preziosi e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo. Per questo, insieme con tutti i confratelli che hanno preso parte al Sinodo dei Vescovi [il riferimento è a quello del 1980 n.d.r.], lodo e incoraggio tutte quelle numerose coppie che, pur incontrando non lievi difficoltà, conservano e sviluppano il bene dell’indissolubilità: assolvono così, in modo umile e coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo un «segno» - un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione, ma sempre rinnovato - dell’instancabile fedeltà con cui Dio e Gesù Cristo amano tutti gli uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche riconoscere il valore della testimonianza di quei coniugi che, pur essendo stati abbandonati dal partner, con la forza della fede e della speranza cristiana non sono passati ad una nuova unione: anche questi coniugi danno un’autentica testimonianza di fedeltà, di cui il mondo oggi ha grande bisogno. Per tale motivo devono essere incoraggiati e aiutati dai pastori e dai fedeli della Chiesa.

La più ampia comunione della famiglia 21a. La comunione coniugale costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la più ampia comunione della famiglia, dei genitori e dei figli, dei fratelli e delle sorelle tra loro, dei parenti e di altri familiari. Tale comunione si radica nei legami naturali della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il suo perfezionamento propriamente umano nell’instaurarsi e nel maturare dei legami ancora più profondi e ricchi dello spirito: l’amore, che anima i rapporti interpersonali dei diversi membri della famiglia, costituisce la forza interiore che plasma e vivifica la comunione e la comunità familiare. La famiglia cristiana è poi chiamata a fare l’esperienza di una nuova e originale comunione, che conferma

e perfeziona quella naturale e umana. In realtà, la grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), è per sua natura e interiore dinamismo una «grazia di fraternità», come la chiama san Tommaso d’Aquino («Summa Theologiae», II· II··, 14, 2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e l’alimento inesauribile della soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra loro nell’unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa domestica» («Lumen Gentium», 11; cfr. «Apostolicam Actuositatem», 11). Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, 1981 nn. 20-21a

PORTICO DELLA FEDE

Comprendere i segni dei tempi Dopo aver delineato, secondo la Traccia, le quattro forme di umanesimo quello che è in ascolto; quello concreto; plurale e integrale; quello d’interiorità e trascendenza ci accingiamo a vedere lo “scenario dell’annuncio del Vangelo”. La Traccia tenta un’analisi del contesto italiano nel quale l’annuncio del Vangelo deve affrontare nuove sfide, pertanto in ascolto delle esperienze delle Diocesi appaiono chiare le contraddizioni del nostro tempo, in cui però il messaggio evangelico permane come una sorta di lievito capace, comunque, di far germogliare luci di speranza a contrastare le antinomie e facendo emergere ancora di più la inalienabile dignità dell’essere uomini e donne che agiscono alla ricerca della verità. La Traccia elenca diversi mali del nostro tempo ponendo in evidenza come i cristiani devono avvertire forte l’appello evangelico e sono chiamati a contrastare i poteri forti del capitalismo, la debolezza della politica, il riemergere dei scenari di guerra che si combattono qui e là, e soprattutto l’uso strumentale della religione invocata per segnare sempre

più solchi di divisione e di fratture fra gli uomini. Ancora si fa menzione come molti cristiani, sono costretti a subire forme di odio e di violenza nei loro confronti solo a causa dell’essere battezzati. Ma da queste realtà dolorose e sofferte i cristiani sanno trarre testimonianza di amore fecondo e “La loro fede semplice e limpida brilla come luce di speranza perché proprio dove l’umano sembra distrutto, la forza della risurrezione lo volge in vita e la morte non ha l’ultima parola”. La Traccia non tace la complessità della situazione italiana al pari di quelle europee, dove la crisi economica, la diminuzione dei posti di lavoro, la presenza sempre più massiccia di migranti proveniente da tutte le parti del mondo martoriato dalle guerre civili e da forme di genocidio hanno completamente, e in poco tempo, sconvolto lo scenario culturale e sociale, creando inquietudini e paure che solo con il discernimento illuminato dal Vangelo possono essere affrontati aprendo spiragli di speranza per guardare il futuro.

Certamente su tutto questo orizzonte si aggiungono i profondi cambiamenti geopolitici non solo in Europa ma anche tra i paesi che si affacciano al Mediterraneo: le persone che da quei luoghi, giungono in Italia, comunemente chiamati “migranti” inserendosi nella società, con le loro culture, i loro valori i lori diversi riferimenti religiosi cambiano il volto dei vari contesti italiani creando talvolta disorientamento. Siamo chiamati in quanto italiani, e in quanto battezzati all’accoglienza e alla condivisione per la comune causa di costruire un paese civile e democratico, dove giustizia e pace possano convivere alimentati dai germi evangelici forti e radicati da una esperienza bimillenaria di coloro che ci hanno preceduto in questa storia. La Traccia a questo punto cita l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco «responsabilità grave» di «tutte le comunità ad avere – come aveva affermato Paolo VI (Ecclesiam suam 19) – una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi» (n. 51). I segni, possiamo dire, dell’avvento di Cristo e quindi anche dell’Anticristo e, di conseguenza, i segni del possibile umanesimo e del possibile antiumanesimo. Comprendere i segni dei tempi significa anche collocare in un contesto sempre più complesso e globale le esperienze di umanesimo di cui è ricca la nostra Chiesa”. Maria Grazia Pau


Idee

10 La Caritas parrocchiale di San Luca a Quartu Sant’Elena ha organizzato una manifestazione di solidarietà

Uno speciale pranzo di Natale atale è periodo di festa e di gioia. Natale è anche ritrovarsi tutti insieme davanti ad una tavola imbandita per passare dei momenti di pace e fraternità. Peccato che l’attuale crisi abbia tagliato questa prospettiva e questo momento a molte famiglie e persone, costrette a fare dei sacrifici per vivere in maniera degna questo tempo. Per queste ragioni, la Caritas San Luca di Quartu Sant’Elena, ha deciso di riproporre, visto il successo dell’anno precedente, una giornata particolare chiamata “Pranzo di Natale Speciale”. Abbiamo avuto modo di parlare di questa iniziativa con il responsabile e organizzatore dell’evento, Flaminio “Mimmo” Mainas, che ci ha inoltre illustrato alcune delle iniziative previste per l’anno prossimo da parte della

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Caritas San Luca. Come è nata questa iniziativa e qual era l’obiettivo principale? “L’iniziativa è praticamente identica a quella che abbiamo organizzato l’anno scorso (chiamata invece “pranzo di Natale solidale”). Quest’anno abbiamo voluto chiamarla con il nome di “pranzo di Natale Speciale”, per il semplice motivo che si sono aggiunti gli amici della polisportiva Olimpia Onlus. Chi segue i ragazzi della polisportiva Olimpia chiama i ragazzi speciali. Per questo abbiamo scelto tale denominazione. In realtà il motivo è sempre lo stesso, cercare di aiutare persone che difficilmente riescono a trascorrere il Natale in degna maniera”. Come è andata la giornata? “Noi abbiamo apparecchiato per 170

persone, ma essendosi sparsa la voce, si sono aggiunte altre persone. Abbiamo inventato una sorta di prevendita del costo di 10 euro. Coloro che avevano le prevendita potevano fare entrare un’altra persona a titolo gratuito. Naturalmente chiunque era il benvenuto, il motivo era recuperare delle somme e la Provvidenza non ci ha tradito. Gli angeli del soccorso ci hanno dato una mano

domenica 11 gennaio 2015

nell’organizzazione. Tanti sono i volontari che a titolo gratuito hanno sostenuto l’iniziativa, mettendo a disposizione le proprie competenze. È stata una giornata fantastica iniziata alle 9 del mattino e conclusasi per le 19”. Quali sono le iniziative previste per il 2015? “Noi stiamo sempre gestendo dentro Quartu un piccolo audit sociale dove ci sono sempre 9 persone. Nel prossimo futuro dobbiamo iniziare con le altre associazioni di volontariato, noi siamo i capofila, la gestione del taxi solidale. Manderemo avanti un progetto, chiamato la Melagrana. Praticamente con un mezzo in comodato d’uso gratuito andremo a recuperare, sempre in ambito Quartese, tutto quello che è invenduto nelle attività prettamente commerciali e alimentari, da consegnare poi ad un elenco di beneficiari. Quello che stiamo facendo è drammatico, perché è sintomo di un malessere generale. Non avremmo mai voluto mettere in piedi progetti di questo tipo. Evidentemente c’è qualcosa che non

La popolare serie Tv americana trae origine da un film di Ron Howard e propone al telespettatore un ricco intreccio di vicende familiari i sono adulti simpatici e altri più severi, pranzi interminabili e altri talmente corti da sembrare pause caffè, discussioni fatte di urla e pianti, e altre silenziose ma non per questo meno profonde; ci sono successi condivisi e insperati, e poi delusioni amorose e lavorative difficili da superare. C’è tutto questo e molto altro in qualunque famiglia che si rispetti. E anche se in alcune famiglie non c’è tutto ma almeno una delle mille situazioni descritte, Parenthood le mette insieme tutte e conquista chiunque abbia voglia di tornare ‘a casa’ per 40 minuti. La serie americana che dal 2010 impegna il canale statunitense della NBC, ideata da Jason Katims e basata sull’omonimo film del 1989 diretto da Ron Howard (il Richie Cunningham di Happy Days per intenderci) arriva quest’anno alla sesta stagione, conclusiva della serie, senza perdere nemmeno una fetta di pubblico ma, al contrario, guadagnandone fino alla fine. Il successo è diviso a metà tra i personaggi e le loro storie, diversissime vere ed appassionate, e le numerose sotto trame, tutte trattate come figlie legittime dell’unico grande tema che ha dato vita alla maggior parte delle soap nella storia della tv: la famiglia. Basterebbe questo per muovere situazioni interessanti, dal punto di vista puramente filmico ancora prima che umano, ma la serie le prende per smontarle, rifletterci e tirarne fuori prodotti nuovi se non rinnovati con una scioltezza disarmante e tutto sommato insperata. La famiglia Braverman, i cui capostipiti Zeek e Camille vivono da sempre in una piccola villetta a Berkeley, vengono raggiunti dalla figlia Sarah con i due figli adolescenti, Amber e Drew, sperando che il ricongiungimento con il resto della parentela riesca a dargli quella stabilità che non hanno mai avuto. Nella stessa città abitano da sempre anche Adam, il maggiore, con la moglie Christina e i figli Haddie e Max, Julia con il marito Joel e la piccola Sydney, e Crosby, tra i quattro il più piccolo oltre che il più confuso sul proprio futuro. Sono solo nomi, ed è solo l’incipit di

va. Noi come Caritas San Luca agiamo senza danari. Molte delle 400 persone che si rivolgono al centro d’ascolto ci chiedono dei contributi di natura economica, che noi non forniamo perché non gestiamo denari. Il discorso è di tipo pedagogico, perché la Caritas fondata nel 1971 nasce con un obiettivo di tipo pedagogico e pastorale, non assistenziale. Noi ci facciamo forti di questo motivo.” Sono tante le persone che mettono a disposizione il loro tempo e anche le loro risorse a volte economiche. All’interno della Caritas, nella programmazione delle varie iniziative gravitano mediamente 35 persone. Un aspetto importante e fantastico è capire la tipologia di persone che girano nella Caritas. Mettono a disposizione il loro tempo professionisti di livello (avvocati, psicologi, laureati), persone che hanno perso tutto oppure che hanno vissuto un fallimento personale, ma anche tanti giovani, che mettono a disposizione tempo e competenze professionali”. Matteo Piano

In onda su Radio Kalaritana Frequenze in FM: 95,000 97,500 - 99,900 102,200 - 104,000

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Parenthood e la famiglia di Valeria Usala una storia che dura da più di 90 puntate, ma che potrebbe continuare all’infinito. La cosa più intelligente che hanno deciso i produttori della serie invece è stata proprio questa, decretarne una fine, che sta per arrivare. E dopo così tanto tempo passato con i Braverman non può non venire un senso di leggera angoscia nel sapere che la loro storia vera come la finzione finirà; ma il bello probabilmente è tutto qui, nel seguirli per un periodo di tempo limitato e lasciare poi che ci sia il tempo per ogni famiglia che guarda di vedersi e viversi in modo più sano e forse più consapevole. Ma non ci può essere una bella storia senza un bel modo di raccontarla, e anche qui le idee originali abbondano: dall’insistenza della telecamera sulle

mani e i gesti che queste compiono, quasi a voler trarne di volta in volta una riconoscibilità caratteriale dei personaggi, fino alla gestione ‘teatrale’ delle vicende: il termine è tra virgolette perché il teatro in questo caso è un perfetto esempio di messa in scena realistica, con le voci che si sovrappongono durante i litigi, i tempi verbali e non che non seguono nessun canone preciso e gli sguardi, che spesso la dicono molto più lunga della battute. Certo, il set è la casa dei nonni come ritrovo generale, dove figli nipoti e fidanzati più o meno occasionali vanno e vengono, non si spazia con la fantasia perché la realtà familiare è già abbastanza ‘fantastica’. Certo, le vicende sono tante tutte insieme, le situazioni scivolano spesso in qualche cliché sull’educazione

adolescenziale problematica con annesse risoluzioni fin troppo pacifiche, e in più l’unione di fondo dei personaggi, testimoniata da un fortunatissimo e rarissimo legame anche fuori dal set tra tutti gli attori, che sono davvero diventati una famiglia (come ogni buon set che si rispetti), può sembrare un po’ forzata, con numerosi happy ending che sanno di scappatoia facile. Ma pensandoci bene, tutto il merito di una serie come questa sta proprio nel mostrare che si può restare uniti, nonostante tutto, e soprattutto lo mostra in modo credibile, possibile ed invidiabile. Di mezzo ci sono tradimenti, fallimenti, malattie, disgrazie e dolori, ma anche tanti successi, gioie e momenti semplici ma proprio per questo preziosi: siamo noi, anche se abbiamo paura di guardarci allo specchio. E in tempi come questi, dove è più facile slegare che tenere unito, mollare invece che resistere, ignorare invece che conoscere, la famiglia Braverman dà un’idea di come tutto sommato ognuno di noi può essere e diventare pian piano membro vero della propria famiglia, può sentirsi parte di qualcosa che dura nel tempo, può crescere nelle relazioni e non sentirsi mai solo, ma soprattutto può vivere felice sapendo che la gioia non è legata ad istanti separati e concessi solo ai più fortunati, ma è fatta di un lento faticoso e progressivo lavoro su se stessi e sul costante tentativo di migliorarsi; percorso bello proprio perché condiviso. Può sembrare infantile, semplicistico e anche fin troppo sdolcinato, ed in effetti un po’ lo è, ma chi dice che sia così brutto vedere il bicchiere mezzo pieno per una volta? E per i più critici, quelli affezionati ai personaggi in tv che sembrano eroi, talmente distanti da diventare dei miti, questa è l’occasione per entrare a contatto con persone idee fatti e problemi di tutti i giorni, che ci riguardano da vicino e che se anche non finiscono bene come nella serie, almeno ci si può tentare, che male non farà. Nell’atmosfera natalizia di questi giorni, costellata di cenoni, pranzi e visite ai parenti, nel mese della famiglia per eccellenza, guardarsi nello specchio nero dello schermo tv non sembra un’idea così brutta, dopotutto.

Oggi parliamo di… arte e fede Le chiese di Ussana (Terenzio Puddu) Domenica 11 gennaio ore 18.10 Lunedì 12 gennaio ore 8.30 Cantantibus organis Ascolto guidato alle interpretazioni organistiche bachiane di Marie-Claire Alain (a cura di Andrea Sarigu) Domenica 11 gennaio ore 21.30 Oggi parliamo di… comunicazione I media digitali e l’educazione A cura di Simone Bellisai Martedì 13 gennaio ore 19.10 Mercoledì 14 gennaio ore 8.30 L’ora di Nicodemo Bibbia e Liturgia A cura di Goffredo Boselli. Monaco di Bose Mercoledì 14 gennaio 21.40 L’udienza La catechesi di Papa Francesco Giovedì 21.40 circa. Oggi parliamo con… Andrea Mura Documentarista Mercoledì 14 gennaio 19.10 Giovedì 15 gennaio ore 08.30 Radiogiornale regionale Dal lunedì al sabato 10.30 e 12.30 Kalaritana ecclesia Informazione ecclesiale diocesana Dal lunedì al sabato 9.30 e 16.30 Zoom Sardegna La notizia nel particolare Dal lunedì al venerdì 11.30 / 17.30 RK notizie - Cultura e Spettacolo Sabato alle 11.30 e 17.30 Lampada ai miei passi Commento al Vangelo quotidiano (12 - 18 gennaio) a cura di suor Rita Lai Dal lunedì al venerdì 5.15 / 6.45 / 21.00 Sabato 5.15 / 6.45 / (21.00 vangelo domenicale) Domenica 5.15 / 6.45 / 21.00


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Diocesi

Imparare a rendere grazie al Signore per i suoi doni Nelle parole di Mons. Miglio, nel corso della celebrazione del “Te Deum” di fine anno, l’invito a leggere la vita con la fede Al termine di ogni anno solare tutta la Chiesa si ferma per ringraziare. Questo il significato della celebrazione dello scorso 31 dicembre. Anche a Cagliari, in Cattedrale, l’arcivescovo Arrigo Miglio ha presieduto la Messa, alla presenza di un nutrito numero di fedeli convenuti per dire il proprio grazie al Signore per quanto vissuto nell’anno ormai concluso e affidargli quello alle porte. Monsignor Miglio durante la sua omelia ha condotto i fedeli in un percorso di riflessione partendo proprio dalla Parola di Dio. “San Paolo nella seconda lettura ci ha parlato della pienezza dei tempi. C’è un momento culminante nella storia dell’umanità ed è quello in cui il Verbo di Dio diventa carne, quando Gesù entra nel mondo e nella storia, ha spiegato l’Arcivescovo. Maria e i pastori, sanno vedere il piano di Dio. I pastori vedono nel segno del bambino la realizzazione dell’annuncio che hanno ricevuto e la divulgano. Maria medita nel suo cuore. Sia i pastori che Maria, si trovano di fronte al progetto di Dio”. Poi la riflessione dell’arcivescovo è stata incentrata tutta sul mistero del tempo che scorre. “Dobbiamo stare attenti quando parliamo genericamente del tempo a non cadere in una visione non cristiana, ha detto Miglio. Esso non è il destino inesorabile, non è il circolo che ritorna continuamente su se stesso in modo indefinito. Il tempo è un cammino con un’origine e una sua pienezza. In maniera più precisa dovremmo dire che esistono i tempi. Il tempo di ciascuno di noi è il progetto che Dio ci fa vivere e ha pensato per noi. Affidato in parte

alle nostre mani, siamo chiamati a portarlo, con la sua grazia, alla pienezza e al completamento”. In particolare Mons. Miglio ha approfondito due visioni del tempo. La prima quella legata alla nascita di ognuno di noi. “Il primo momento è quello in cui abbiamo cominciato ad esistere. Siamo nati da un atto creativo di Dio, da un pensiero di amore, non siamo frutto del caso, né di un “big bang”, ma ognuno di noi è nato dal cuore di Dio. Non dobbiamo dimenticarcelo mai. Il primo grande atto d’amore che il Signore ha manifestato a ciascuno di noi è quello di chiamarci all’esistenza. Siamo qui a rendere grazie del dono della vita, ma anche per pregare per coloro che sono tentati di maledire il giorno della loro nascita, coloro che non riescono a ringraziare il Signore di essere nati, di essere vivi”. In riferimento a questo, l’Arcivescovo ha spronato tutti sulle tentazioni della disperazione sempre in agguato, non tenendo per sé il pensiero di gratitudine al Signore per l’esistenza, ma chiedere a Lui di saperlo condividere, aiutando ogni persona a scoprire che è amata ed è frutto di un amore infinito di Dio. Il secondo punto della sua riflessione, è sulla conclusione del cammino terreno: “Ci pare un po’ meno ovvio, ha detto l’Arcivescovo, che anche il momento conclusivo del nostro cammino terreno, sia un atto d’amore del Signore. Ma è così: stiamo camminando verso la piena esperienza del suo amore, la piena conoscenza del suo volto, del suo cuore. Anche per quel momento cominciamo a rendere grazie fin

d’ora, di tutto l’arco di vita che il Signore ci concede, non importa quanto lungo, importa quanto sia stato un’esperienza dell’amore di Dio per ciascuno”. Dunque la celebrazione di fine anno deve essere vista da ogni cristiano non come un rendere grazie al Signore in modo generico per i trecentosessantacinque giorni, ma una richiesta d’aiuto a non perdere mai di vista la prospettiva di fede cristiana del tempo come un cammino iniziato dall’amore di Dio, che culmina con la pienezza nell’amore di Dio. Monsignor Miglio ha fatto anche riferimento alle croci che si possono incontrare durante la vita terrena. “Nella pienezza dei tempi, riprende l’Arcivescovo, Dio ha mandato il suo Figlio a fare anche l’esperienza della croce, perché noi possiamo appoggiarci a lui, e in quei momenti ringraziamo, perché ci è data la grazia di viverli uniti a Cristo, l’unico in grado di trasformare la sofferenza in un momento di dono e di ancora

più profonda esperienza di Dio”. Durante la sua omelia inoltre l’Arcivescovo, ha fatto anche riferimento alla pace, alla quale è dedicato il 1° gennaio di ogni anno. “Preghiamo per la pace, perché è il nome più adeguato per indicare il progetto di Dio sul mondo e sull’umanità. Per tutti coloro che la osteggiano, promuovendo la guerra, la violenza e le divisioni. Per tutti coloro che non si preoccupano di pregare per la pace, gruppo del quale talvolta rischiamo di far parte anche noi. Chiediamo al Signore che converta i nostri cuori e che la pace sia sempre meno una questione delle cancellerie internazionali o delle diplomazie o di alcuni gruppi più sensibili, sia sempre di più invece oggetto della nostra preghiera quotidiana. E come dice San Paolo, Gesù è la nostra pace. Pace nome misterioso ma vero, concreto e profondo del Verbo di Dio fatto carne”. Fabio Figus

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n APPUNTAMENTI Formazione liturgica per le parrocchie

L’Ufficio Liturgico Diocesano organizza tre giorni di formazione liturgica per i collaboratori parrocchiali (catechisti, lettori, accoliti, ministranti adulti, coristi e strumentisti, animatori liturgici, membri dei consigli pastorali, religiosi e religiose, altri collaboratori parrocchiali, gruppi e associazioni) e per chiunque desideri parteciparvi. Per facilitare la partecipazione dalle diverse zone della Diocesi, gli incontri si svolgeranno a Cagliari nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile in due turni e presso la parrocchia di Senorbì. Tema del percorso formativo sarà “L’Eucaristia: celebrazione, spiritualità, animazione.” Il calendario per Senorbi prevede gli appuntamenti per mercoledì 21, giovedì 22, venerdì 23 gennaio 2015 nella parrocchia di S. Barbara, in sessione unica dalle 17.30 alle 19.30. Per Cagliari il calendario prevede gli appuntamenti martedì 27, mercoledì 28, giovedì 29 gennaio 2015 nell’aula magna del Seminario arcivescovile. Si può scegliere tra due sessioni: quella pomeridiana dalle 16 alle18, oppure quella serale dalle 19 alle 21. Per le iscrizioni occorre compilare la scheda di iscrizione e spedirla entro il 16 gennaio 2015 all’indirizzo mail liturgia@diocesidicagliari.it o tramite posta ordinaria. L’iscrizione potrà essere presentata dal parroco o rettore della chiesa o un delegato, oppure direttamente da chi desidera partecipare previo accordo col parroco/rettore. Per ciascun partecipante è necessario indicare il nominativo, recapito telefonico ed eventuale email, la parrocchia o chiesa di appartenenza, la sede e la sessione prescelta.


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Ucsi, stare da credenti al servizio del mondo della comunicazione Il 30 dicembre nella casa dei Saveriani a Cagliari si è svolto il consueto appuntamento del “Te Deum” promosso dai giornalisti cattolici. Nella riflessione di Mons. Miglio l’invito a servire con libertà e responsabilità il bene comune o scorso 30 dicembre si è svolto il tradizionale Te Deum dei giornalisti cattolici, promosso dall’Unione Cattolica Stampa Italiana. La celebrazione, presieduta da Monsignor Arrigo Miglio, si è tenuta nell’Istituto Saveriano di Cagliari, in occasione del cinquantenario della casa di via Sulcis e della riapertura della stessa. Come ha spiegato Padre Pinuccio Ibba “la casa di Cagliari risponde meglio alle esigenze della presenza dei Saveriani in Sardegna”. La Congregazione, fondata nel 1895 da San Guido Maria Conforti, ha scelto di preferire la casa di Cagliari a quella di Macomer (fino ad ora centro operativo per la Sardegna) e cedere quest’ultima alla diocesi di BosaAlghero, in modo da mantenerne la destinazione per la quale era stata pensata dai tanti benefattori. “La comunicazione è fondamentale anche nella vita della Chiesa come nella vita di tutta la società – ha esordito l’Arcivescovo nella sua omelia- La fine dell’anno impone uno sguardo all’anno appena trascorso per capire le cose che sono successe. Vivere questo momento nel tempo del Natale significa non dimenticare che Natale significa che Dio è voluto entrare nella nostra storia, con la nascita di Gesù. È il Verbo di Dio che entra nella storia dell’uomo per viverla e condividerne tutta la condizione, eccetto il peccato, portandone le conseguenze per liberarci dalle schiavitù profonde entro le quali l’umanità si è cacciata e si caccia continuamente. E Lui lo può fare perché è venuto per dirci che è il Signore della storia, il regista della storia. Vorremmo capire qual è la direzione verso cui stiamo andando attraverso una visione sapienziale,

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cioè capire quali sono le direzioni di marcia. Come la profetessa Anna che ha saputo vedere con profondità gli avvenimenti del suo tempo: in quel bambino portato al tempio di Gerusalemme -sicuramente passato inosservato agli occhi della gente che era lì- lei ha avuto la sapienza di saper vedere il segno della presenza di Dio nel mondo, attraverso Colui che era stato promesso nei secoli. Il vescovo ha continuato con il ricordo commosso di Padre Giuseppe Pittau, morto a Tokyo lo scorso 26 dicembre. “La storia è fatta innanzitutto di persone, come il vescovo padre Giuseppe Pittau. Ripensando al posto che lui ha saputo occupare in Giappone, poi a Roma nell’Università Gregoriana, nella Compagnia di Gesù e nella curia romana quello che colpisce di più è l’ultima parte della sua vita: lui, Arcivescovo ormai settantacinquenne, lascia l’incarico che aveva in curia e torna in Giappone a fare il missionario. Gli ultimi dieci anni della sua vita sono i meno appariscenti ma, a pensarci bene, sono la lezione più grande e più profonda che ci ha lasciato. Come uomo di Dio ma anche come uomo di cultura, nato e cresciuto in Sardegna, ha saputo fare tesoro delle sue esperienze e investire il suo servizio nell’estremo oriente, come il suo illustre precedente San Francesco Saverio. Possiamo affermare che è stata una delle figure sarde di maggiore spicco di questi ultimi decenni”. Poi ha concluso: “Quali prospettive sapienziali possiamo vedere negli avvenimenti di questi ultimi anni? Ci sono alcune parole che sono sempre attuali e feconde. Sant’Ippolito che spiega che il Verbo di Dio si è fatto carne per aiutarci a capire che Dio con noi non vuole

comportarsi da padrone, obbligandoci, ma vuole aiutarci a capire perché arriviamo con libertà e responsabilità a capire qual è la strada da seguire. Le parole di Sant’Ippolito riguardano tutti, credenti e non, perché se si tratta di ragionare con libertà e responsabilità allora possiamo capire che la parola Amore ha un senso se riempita con la parola Dono. Con libertà e responsabilità possiamo capire sempre meglio che la parola Bene Comune ha senso se la ricerca del bene comune parte dai più piccoli e dai più poveri, se evitiamo la cultura dello scarto. Possiamo capire che la parola Futuro ha significato e prospettiva se c’è Vita e Famiglia. La parola Polis, da cui deriva Politica, ha un significato positivo se

consustanziata di servizio, se è davvero occasione di servizio al bene comune. Possiamo capire che la parola Speranza non è una parola vuota ma concreta se ci educhiamo sempre di più alla tenacia, se ci educhiamo sempre di più a non aver paura della parola Croce. Possiamo capire la parola Sviluppo, Crescita, se il lavoro diventa la prima preoccupazione per sbloccare le situazioni in cui molte volte ci troviamo imprigionati. Mi sembrano alcune parole che ci danno il criterio per vedere in profondità la storia e per orientarci verso un cammino che non sia l’autodistruzione ma un cammino che coltivi una cultura della speranza”. Susanna Mocci

LETTURE

n IN LIBRERIA Storie controcorrente

“Il prezzo di due mani pulite Un giovane contro la corruzione nella Repubblica Democratica del Congo”, racconta la storia di un giovane di appena 26 anni che non si è piegato alla corruzione e ne ha pagato il prezzo con la vita. Il testo esordisce con una dettagliata panoramica storica e culturale della Repubblica Democratica del Congo, a cominciare dalla sottomissione coloniale di fine Ottocento al Belgio, che sfruttò con metodi schiavistici le risorse del Paese. In un clima particolarmente conflittuale si svolge la vicenda di Floribert Bwana, un giovane di spiccata intelligenza. Le condizioni piuttosto agiate della famiglia gli consentono gli studi universitari. Di carattere estroverso e ottimista, è colpito dal disagio della sua gente e si adopera con varie iniziative, specialmente per salvare i ragazzi di strada. Conosce la comunità di Sant’Egidio ed è affascinato dal lavoro di promozione umana che la comunità svolge in Congo. Entra in politica e sogna una società multiculturale, capace di vivere insieme. Intanto lavora all’OCC, un’Organizzazione che vigila sulle merci in entrata e uscita dal Paese. Compito di Floribert è controllare che la merce alimentare non sia andata a male. Gli offrono 3000 dollari perché faccia passare un’enorme partita di riso avariato e un lotto di zucchero misto a vetro. Lui rifiuta e per questo viene assassinato. Ha scritto di lui mons. Faustin Ngabi, vescovo emerito di Goma, RDC: “Si dice: Tanto lo fanno tutti. Ma in Floribert vedo qualcuno che ha saputo conservare la sua libertà in un contesto estremamente difficile. Quel che ha vissuto è stato un modo forte di vivere la vita cristiana. Ha vissuto da forte”.


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Csi-Caritas. L’iniziativa benefica “Babbi Natale in corsa 2014”

A Cagliari una grande festa della solidarietà a sera del 23 dicembre si è svolta a Cagliari una marcia solidale a scopo benefico per la Mensa della Caritas: “Babbi Natale in Corsa 2014”. Organizzata dal Comitato Provinciale di Cagliari del Centro Sportivo Italiano, l'iniziativa ha conseguito un'importate e duplice successo: centinaia di Babbi Natale in movimento con indosso i tradizionali abiti rossi, barba bianca e capellini luminosi e quasi 1.000 euro di fondi raccolti. Circa 300 partecipanti che, lungo un percorso urbano di 8 km hanno dato vita a una colorata scia rossa destando la curiosità dei passanti e la gioia dei bambini che assistevano al loro passaggio allegro e natalizio. Partendo dalla Scalinata di Bonaria, la marcia ha attraversato le vie dello shopping, del Centro Storico, dei Giardini Pubblici giungendo alla meta prestabilita per la donazione, la Caritas Diocesana di Cagliari. Qui i Babbi Natale accolti da Andrea Nicolotti, Referente Servizio Mensa, dall’Assessore alle Politiche Sociali e Salute del Comune di Cagliari Luigi Minerba e dal Presidente del CSI di Cagliari Maurizio Siddi, hanno poi compiuto il gesto solidale della donazione. “ Il nostro è forse un contributo piccolo in confronto all'impegno dei 200 volontari che ogni giorno, dalle 9 alle 21 e per 365 giorni l'anno, preparano e distribuiscono ben 800 pasti caldi. Ma è comunque contributo importante perché dà l'esempio e perché fa sì che non ci si dimentichi di chi ha bisogno.” Queste le parole del presidente CSI alle quali si sono aggiunte quelle dell'assessore che, nell’evidenziare l'utilità del bellissimo gesto, ha aggiunto: “Grazie a tutti voi di questo meraviglioso spettacolo, di questo straordinario gesto di solidarietà. Sport e solidarietà è un binomio fortissimo ed è attraverso lo sport e la solidarietà che credo

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che la città possa dimostrare quanto è forte e quanto è coesa”. Parole condivise anche dal referente Caritas che, riportando i saluti di Don Marco Lai impegnato in altre attività istituzionali, ha colto l'occasione per evidenziare la funzione sociale del Sistema della Caritas Diocesana di Cagliari. “In realtà questa non è solo la sede della Mensa della Caritas. Qui ha sede il Centro Comunale della Solidarietà che potremmo definire come una sorta di Cittadella della Solidarietà nella quale la Caritas è ospite e gestisce una serie di servizi. Ogni giorno transitano qui non meno di un migliaio di persone che, a vario titolo, ricevono un sostegno. Non solo la mensa ma anche tanti altri servizi: l'ambulatorio, le accoglienze nelle quali dormono un centinaio di persone ogni notte, un ufficio dei servizi sociali comunale. Un sito molto importante per chi, a Cagliari, si trova in una situazione di difficoltà. E il vostro contributo è importantissimo. Noi non misuriamo mai la Provvidenza perché comunque molta o poca è sempre Provvidenza, ed è sempre straordinaria”. Dal 2005, infatti, grazie al Comune di Cagliari, la Caritas Diocesana ha costituito la propria sede operativa in Via Sant’Ignazio 88. Qui vi gestisce la Mensa e la cucina, il Centro di prima accoglienza ed emergenza cittadina, ma anche servizi specialistici erogati da

professionisti, dipendenti e volontari, quali il centro d’ascolto diocesano, il centro d’ascolto detenuti, ambulatori medici, uno spor-tello di consulenza legale e uno per l'anti-usura e gestione del microcredito. Ecco perché queste iniziative benefiche sono fondamentali. Ed ecco anche perché i Babbi Natale, terminate le donazioni, da veri protagonisti della serata assieme allo Staff CSI di Cagliari e i volontari di Sardegna Sorriso e Gli Angeli di Sardegna, sono stati da tutti calorosamente ringraziati. Infine, il corteo natalizio ha proseguito il suo percorso verso Porta Cristina, il Bastione, Piazza San Sepolcro sino all'arrivo presso la Scalinata di Bonaria. I Babbi

Natale così, stanchi ma soddisfatti, hanno poi posato per la bellissima e indimenticabile foto di gruppo che ha completato la fotogallery dell’evento pubblicata poi sulla FanPage Centro Sportivo Italiano Cagliari. Babbi Natale in corsa 2014, lo ricordiamo, è la prima edizione di una lunga serie. Organizzatori, beneficiari ma soprattutto partecipanti, hanno infatti espresso l'auspicio di ripetere presto questo genere di iniziative che, lo anticipiamo, si prevedono realizzabili già nel prossimo futuro. Sul sito istituzionale www.csicagliari.it saranno pubblicate notizie e aggiornamenti in merito. Elisabetta Settembrini

n FAMIGLIA Incontro per genitori separati

Sabato 10 Gennaio 2015 con inizio alle ore 10, nella sala Search al sottopiano del Palazzo Civico Bacaredda in via Roma a Cagliari, si svolgerà il secondo incontro del seminario di approfondimento “Separarsi non è una guerra – Le soluzioni possibili” organizzato dall’associazione Genitori separati insieme per i figli Onlus (Ge.s.i.f.) con l’obbiettivo di accrescere la cultura della bigenitorialità e della separazione non conflittuale. Il percorso, patrocinato dal Comune di Cagliari (assessorato Politiche Sociali) e dall’Ordine degli Psicologi, affronterà i temi della separazione sotto il profilo legale e psicologico. Aprirà i lavori l’intervento dell’avv.Silvio Albanese (presidente nazionale Gesif) su “Crisi della coppia, affidamento e diritto dei figli a risiedere nell’abitazione familiare”. A seguire il medico psicoanalista Massimo Migoni su Psicoanalisi e dipendenze affettive; l’avv.Valentina Cherchi su Gli aspetti processuali dell’affido, procedure giudiziarie e soluzioni consensuali. Mediazione e negoziazione assistita. Chiuderà i lavori lo psicoanalista Paolo Follesa su Contributo della Psicoanalisi nello sviluppo della personalità.

n COMUNE Nuovi punti Wi - fi

Sale a 44 il numero degli accesspoint che consentono di connettersi alla rete civica in WiFi del Comune di Cagliari. Sarà possibile ora connettersi gratuitamente al web anche da Piazza Costituzione, Piazza del Carmine, Piazzetta Savoia, Piazza San Michele e Piazza Italia (Pirri).


Diocesi

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De Magistris: una vita al servizio della Chiesa

La vita del prossimo Cardinale è stata segnata in modo speciale dal suo servizio nella Curia Romana. Profondamente legato all’obbedenza al Papa, fedelissimo al ministero di confessore, il Prelato non ha mai nascosto inoltre il suo grande amore per Cagliari

e parole di papa Francesco, con cui domenica 4 gennaio ha annunziato la creazione di nuovi cardinali, ben aiutano a comprendere quale onore il Signore ha concesso alla nostra Chiesa diocesana: “Unirò ai Membri del Collegio Cardinalizio cinque Arcivescovi e Vescovi Emeriti che si sono distinti per la loro carità pastorale nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa. Essi rappresentano tanti Vescovi che, con la stessa sollecitudine di pastori, hanno dato testimonianza di amore a Cristo e al Popolo di Dio sia nelle Chiese particolari, sia nella Curia Romana, sia nel Servizio Diplomatico della Santa Sede”. Il Pontefice ha ben delineato la personalità del nostro con-diocesano e neo-cardinale Luigi De Magistris: un servitore fedele, umile e generoso di Dio, della Chiesa Romana

giorno in cui conseguì la Laurea in Lettere presso l’Università di Cagliari comunicò ai familiari il desiderio di diventare sacerdote: nessuna sorpresa, tutti i suoi cari avevano ben compreso che quel giovane, che non temeva di cantare il “Credo III” mentre passeggiava per le vie della sua amata Cagliari, non poteva che consacrarsi a Dio. L’Arcivescovo Piovella, di cui il Cardinale serba in cuore un caro e grato ricordo, lo inviò a Roma, presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore. La formazione ricevuta nel Seminario del Papa ha forgiato l’animo sacerdotale del neo-cardinale, poi ordinato sacerdote nella Cattedrale di Cagliari il 12 aprile 1952. Era Sabato Santo e mons. Botto, rivolgendosi al novello levita, gli disse: “Sei sacerdote per annunciare al mondo che il sepolcro è vuoto!”. Queste parole sono rimaste scolpite nel cuore dell’allora don De Magistris. Il giorno dopo celebrò la prima Messa nella Chiesa della Purissima in Castello e tenne l’omelia il can. Plinio Piu, assistente della FUCI. Il primo anno di sacerdozio lo trascorse nel Seminario Romano, dove coronò la sua carriera accademica con la laurea in Teologia. Fresco di studi, esercitò il suo ministero a Cagliari: dapprima vicario parrocchiale di San Lucifero, accanto al venerato can. Mosé Farci, poi rettore di Santa Croce. Un sacerdote di così rara intelligenza non poteva, però, passare inosservato alle gerarchie vaticane. Nel 1958, dopo insistenti richieste, mons. Botto acconsentì a lasciarlo tornare a Roma, dove divenne segretario del Pontificio Ateneo Lateranense. Nel 1959 fu assunto dal Sant’Offizio e nel 1969 dalla Segreteria di Stato quale Minutante. Nel 1979 il papa Giovanni Paolo II lo nominò Reggente della Penitenzieria Apostolica, il Tribunale della Chiesa competente sul sacramento della Penitenza e le Indulgenze. Il 6 marzo 1996 è stato eletto Vescovo titolare di Nova e consacrato il 28 aprile successivo nella Chiesa Collegiata di Sant’Anna in Cagliari dal card. Giovanni Canestri, coadiuvato dall’Arcivescovo Alberti, l’Ausiliare Pillolla e tutto l’episcopato sardo, tra cui l’allora vescovo d’Iglesias mons. Miglio. Nel 2001 il papa Giovanni Paolo II, anziché accogliere le dimissioni del Reggente della Penitenzieria, ormai

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e del Papato. Il novello Cardinale ha accolto la decisione di Francesco, con quello spirito di filiale obbedienza al Vicario di Cristo che gli è sempre stato proprio, nella nostra Chiesa Cattedrale, la sua amata parrocchia, dove nel segreto del confessionale continua a servire Dio e le anime. Nato a Cagliari il 23 febbraio 1926, De Magistris è figlio dell’indimenticato “medico dei poveri” Edmondo e fratello di uno dei sindaci più amati dai cagliaritani, il compianto don Paolo. Fin da bambino ha respirato tra le mura domestiche un’aria profondamente cattolica, cresciuto all’ombra della Cattedrale, militò tra le fila della gioventù maschile dell’Azione Cattolica, della Congregazione Mariana, della Fuci e dell’Arciconfraternita di Sant’Efisio. Il

Un sacerdote fedele al suo ministero ons. De Magistris da qualche anno vive ritirato a Cagliari, nel quartiere di Castello, del quale è originario, e svolge il suo ministero nella Chiesa Cattedrale. Il Portico ha chiesto al parroco del Duomo, don Alberto Pala, una testimonianza sul futuro Cardinale. Il termine più appropriato per descrivere Mons. De Magistris secondo don Alberto è “fedeltà”: «Si tratta di un uomo fedelissimo al Successore di Pietro, al cui diretto servizio ha trascorso gran parte del suo ministero sacerdotale nella Curia Romana, e alla Chiesa. Ha sempre sostenuto gli insegnamenti del Papa e della Chiesa con uno spirito di obbedienza e di servizio esemplare. Mons. De Magistris è stato poi fedelissimo al suo sacerdozio, sempre attento alla cura della vita spirituale, in modo speciale attraverso la recita della Liturgia delle Ore, del S. Rosario, la meditazione e la preghiera personale. Fedelissimo, il prossimo Cardinale, è alla S. Messa, anche in questi ultimi anni che lo hanno condizionato per i problemi di salute ed è stato costretto a celebrare spesso in casa. Il Sacrificio Eucaristico è sempre il centro della sua giornata. Un campo dove la sua fedeltà raggiunge l’eroismo è poi quello della Confessione. Cerca tuttora di seguire il consiglio datogli dal suo antico direttore spirituale del Seminario Romano, Mons. Pericle Felici, che raccomandava di non rifiutare mai una richiesta di confessione. Da sempre, e anche negli ultimi anni, ha dedicato tutto il tempo a sua disposizione per essere disponibile ad amministrare il Sacramento della Penitenza». Un ulteriore aspetto della vita di Mons. De Magistris, che viene fatto notare da don Alberto, è quello della sua umiltà: «Sono sempre rimasto edificato dalla sua semplice disponibilità. Ogni volta si mette a disposizione della parrocchia, in modo particolare per le confessioni, come un prete qualsiasi, senza nessuna pretesa particolare, pur essendo Arcivescovo e con un lungo e prestigioso servizio nella Curia Romana. Tutto ciò mostra il grande valore della sua carità pastorale».

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dimissionario per raggiunti limiti di età, non solo confermò la sua fiducia al Prelato ma lo nominò Pro-Penitenziere Maggiore elevandolo alla dignità di Arcivescovo, incarico che ha mantenuto fino al 7 ottobre 2003. Questo sintetico curriculum, in realtà, non rende giustizia al servizio impareggiabile, umile e silenzioso che Mons. De Magistris ha reso alla Santa Sede: dietro innumerevoli interventi, discorsi e documenti dei Papi sovente è possibile riconoscere la sua mente geniale, il suo amore per Dio, la sua passione per la Chiesa, il suo impegno gratuito per la salvezza delle anime. A fondamento del suo servizio vi è stata sempre una costante e intima comunione con Dio, alimentata dalla celebrazione quotidiana della Messa, per anni officiata sull’altare della Crocifissione di san Pietro nella Basilica Vaticana (un altare che nel parlare comune dei chierichetti della Basilica è divenuto appunto “l’altare di mons. De Magistris”), la fedeltà al Breviario e all’orazione, una filiale devozione per Maria, invocata Madonna di Bonaria e della Fiducia, un profondo legame con la sua famiglia e la sua patria. Il rapporto con Cagliari e la Sardegna non è mai venuto meno nel corso del tempo. Natale, Pasqua e il mese di settembre li ha sempre trascorsi nella sua città, fino al suo

rientro definitivo qualche anno fa. Una volta, mentre da una finestra della Cattedrale scrutava la città, chi scrive lo sentì esclamare: “Cagliari! La città più bella del mondo!”. Il suo sangue cagliaritano non gli ha impedito di custodire in cuore uno spirito profondamente romano: l’amore e l’obbedienza al Romano Pontefice hanno impregnato il suo sacerdozio, sempre vissuto “col Papa, per il Papa, in profonda unione con lui”. Per questo suo figlio, umile e grande al tempo stesso, Sacerdote, Vescovo e oggi Principe della Chiesa, la Chiesa di Cagliari non può che rendere grazie al Signore e al papa Francesco per cotanta predilezione. Il 14 febbraio prossimo il Vicario di Cristo, nel consegnare a De Magistris le insegne della dignità cardinalizia intimerà al neo-porporato il grave ammonimento: “ricevi questa berretta rossa; essa significa che fino all’effusione del sangue ti devi mostrare intrepido per l'esaltazione della fede, la pace e la prosperità del popolo cristiano, la conservazione e l'accrescimento della S. Chiesa". Un comando e un programma che l’ormai prossimo Cardinale De Magistris ha vissuto con lealtà e fedeltà ancor prima di porgere il capo alla porpora. Ad multos annos Eminenza! Cristiano Piseddu


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Catechisti DETTO TRA NOI

Negli Orientamenti per la Catechesi della Cei troviamo l’insistenza sul legame da realizzare tra il cammino dell’iniziazione cristiana e la pastorale giovanile. Un ruolo decisivo va dato poi alle attività degli oratori

Roberto Benigni e i 10 comandamenti

Evangelizzare le nuove generazioni e a livello di catechesi per e con gli adulti le nostre comunità cristiane registrano una certa fatica e una labile progettazione, ancor più episodica e, in qualche realtà, del tutto assente è l’attenzione ai giovani: una costatazione che riguarda, soprattutto, la proposta di percorsi catechistici capaci di accompagnare nella fede i diversi passaggi di maturazione e di assunzione di responsabilità che introducono all’età adulta. Nella nostra Diocesi, da qualche anno, è decisamente cresciuta l’attenzione verso i preadolescenti, con importanti scelte pastorali e formative capaci di riqualificare, in modo evidente, l’esperienza dell’Oratorio. Anche i giovani, coordinati dalla Pastorale Giovanile, in diverse comunità parrocchiali intraprendono percorsi di formazione e, soprattutto, di disponibilità nel servizio educativo in Oratorio e non solo. Non mancano gli itinerari proposti da diverse congregazioni religiose che, attingendo dalla Parola e dalla specifica spiritualità, possono contrassegnarsi come vere e proprie esperienze di primo annuncio ed evangelizzazione. Si fa fatica, però, a ritrovare, nei calendari parrocchiali, per-

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corsi strutturati, continuativi, e perché no, innovativi, di catechesi per e con i giovani. Incontriamo Gesù, al numero 25, precisa chiaramente: “L’ascolto, l’accoglienza, la proposta e l’aiuto nei confronti delle fasce giovanili sono un banco di prova anche della sensibilità missionaria delle comunità.” Cioè, la pastorale giovanile, proprio perché chiamata a confrontarsi con età e storie di passaggio, fortemente condizionate da dubbi, resistenze e dalla pressione di nuovi impegni e rinnovate priorità, è la cartina di tornasole della tensione missionaria di una parrocchia. Un puntuale investimento nella formazione e nella catechesi dei giovani, dentro esperienze concrete quali l’Oratorio, il servizio e il volontariato, la missione ad gentes, l’impegno a favore della comunità e della società, diventa aggancio e traino per tutta l’Iniziazione Cristiana nell’età della fanciullezza e dell’adolescenza. I giovani, infatti, responsabili diretti e della propria vita di fede e aiutati nel gruppo e nel confronto a leggere alla luce della Parola e della Tradizione la propria storia, inseriti nella comunità cristiana, possono diventare riferimento per i più

piccoli e, senza inutili contrapposizioni, incoraggiamento, sostegno e proposta di novità per gli adulti. Come papa Francesco ha suggerito nella Giornata Mondiale di Rio de Janeiro, l’evangelizzazione tra i giovani conosce, principalmente, un importantissimo canale: l’incontro e la testimonianza tra coetanei. Incontriamo Gesù, inoltre, auspicando una sostanziale revisione dei catechismi dedicati alla mistagogia, invita le comunità parrocchiali e le diocesi a pensare percorsi strutturati e significativi per gli adolescenti, valorizzando, in tal senso, tutta la ricchezza di iniziative pastorali ed

educative proposte dalla Pastorale Giovanile e favorendo l’integrazione con i cammini formativi dei gruppi, dei movimenti e delle associazioni ecclesiali. Da questa opportuna e necessaria condivisione, ne trae beneficio anche la formazione di educatori, animatori e catechisti accompagnatori che, affiancandosi ai giovani, continuano a costituire un valido punto di riferimento nella decisiva sfida che attende i giovani nei contesti quotidiani: da credenti e testimoni, saper portare la novità del Vangelo nelle scelte della propria vita e nelle relazioni con i coetanei. Emanuele Mameli

La catechesi “per” e “con” i giovani Occorre pertanto riqualificare la cura pastorale del periodo adolescenziale sia nella sua fase iniziale (12-14 anni), che nella sua fase centrale (15-18 anni), recuperando il prezioso lavoro svolto con il Catechismo dei giovani/1. Appare urgente che le comunità, anche in stretta connessione con le associazioni e con i movimenti impegnati direttamente con queste fasce di età, pensino a percorsi significativi e strutturati per gli adolescenti, caratterizzati da alcuni elementi propri in ordine ai contenuti, ai linguaggi, ai metodi e ai segni. Sarà opportuno avviare nelle Diocesi momenti di confronto organico a ogni livello tra le strutture pastorali a servizio della catechesi e della pastorale giovanile, valorizzando i catechismi e promuovendo nuovi sussidi e itinerari. Accanto alla preoccupazione di un cammino formativo, sarà necessario riflettere sulle forme di incontro e di primo annuncio con le nuove generazioni, favorendo l’assunzione di una mentalità missionaria delle comunità in questo ambito. Entrare nel vissuto dei giovani e proporre luoghi e attività di loro interesse è la via privilegiata per un percorso che coniughi insieme le diverse dimensioni della vita cristiana: fede, relazioni, affettività e cultura. A questo processo concorrono diverse dimensioni: liturgia e preghiera, vita comunitaria, servizio di carità, testimonianza, attività, formazione, riflessione culturale sul territorio, volontariato, impegno civile e di promozione umana, impegno nella missio ad gentes. Tale percorso richiede e coinvolge diverse figure con un ruolo di accompagnatori-testimoni: sacerdoti, genitori, catechisti, insegnanti, evangelizzatori di strada, animatori di gruppo, operatori della carità. L’Oratorio rimane una proposta valida, con tutte le innovazioni pastorali, umane e sociali che presuppone Cei, Incontriamo Gesù, n. 25

n PERSONAGGI DELLA BIBBIA

Il funzionario Asfenaz I libri biblici di genere apocalittico sono tra i più ricchi di immagini e i più difficili da interpretare. Forse è sufficiente il primo criterio di questo genere letterario per comprendere meglio il loro messaggio: essi non sono legati al passato o al futuro, ma al presente. Ciò che si scrive nei libri apocalittici deve servire al lettore per capire il suo tempo, per affrontare le sfide della vita quotidiana, per stanare le paure dell’oggi. In questa dinamica vanno lette anche le vicende del libro ‘più apocalittico’ dell’Antico Testamento, il libro del profeta Daniele. Il primo capitolo, su cui ci soffermiamo, rappresenta il grande portale per entrare in questa opera. Nabucondonosor, re di Babilonia, dopo la conquista di Gerusalemme, il saccheggio del tempio e la sua distruzione, la deportazione dei rampolli nobiliari della

città nella capitale tra i due grandi fiumi, ordina che si trovino giovani di bell’aspetto e già acculturati a cui impartire un’istruzione babilonese. Nell’antichità essere istruiti significava anche adeguarsi a tutte le norme delle civiltà dominante. Daniele e i suoi tre compagni vennero notati dal capo dei funzionari del re, quali giovani robusti, saggi e ben disposti per apprendere la cultura regale. Tuttavia quei quattro giovani – nella mentalità purista dello scrittore – rappresentarono immediatamente la novità per il regno e furono visti come il segno premonitore di una rinascita. Storicamente, durante l’esilio babilonese il popolo isreaelitico trovò presto il beneplacito del governo e dei residenti, al punto che le scoperte archeologiche hanno dato alla luce una serie di cilindri che testimoniano la

presenza di banche ebraiche (Murashu) in territorio di Babilonia. Daniele e i suoi compagni chiedono di esser mantenuti integri nel mangiare. Le differenze alimentari, allora come oggi nei paesi orientali, sono il vero segno distintivo. Vedere che cosa l’altro mangia, rivela di che religione è, le sue convenzioni, le sue credenze e, quindi, la sua identità. Basti pensare le attenzioni che hanno oggi molti musulmani nei nostri supermercati quando si tratta di accertare l’origine di certi affettati. Daniele e i suoi compagni affascinano il capo dei funzionari, preposto alla tutela ed educazione dei prigionieri, attraverso la richiesta di essere dispensati dai cibi grassi e impuri. Chiedono di essere allevati attraverso legumi, per evitare ogni cibo che non sia secondo i dettami legali della legge

ebraica. È evidente che il racconto va avanti per stereotipi. I quattro giovani rifiutano cibi sostanziosi, eppure il loro copro non ne soffre. L’atteggiamento del capo dei funzionari, così assecondante e disponibile, disturba il lettore e lo induce a pensare che sia una forzatura di colui che racconta. Ma ogni storia è narrata secondo un’ottica precisa e molto personale. Perciò, Asfenaz, il capo dei funzionari, rappresenta in modo emblematico lo straniero che si lascia affascinare dalla religiosità e fede ebraica, fino al punto da respingere – pur celatamente – le proprie abitudini e divenire strumento nelle mani di Dio. Michele Antonio Corona

Il 15 e 16 dicembre scorsi, in prima serata, abbiamo assistito alla spiegazione dei 10 comandamenti da parte di Roberto Benigni, comico famoso, ma anche noto per la sua carriera di attore con “la vita è bella”, “la favola di pinocchio”, e altri famosi film. Ma non solo. Non possiamo dimenticare le sue performance di divulgatore con le quali ci ha fatto scoprire la bellezza e l’attualità della divina commedia, ci ha presentato l’alto senso civico e morale della Costituzione italiana e ci ha spiegato l’inno di Mameli. Ora si è cimentato con i 10 comandamenti (certo, a modo suo). Non si pretendeva da Benigni una conferenza biblica, anche se lui stesso ha dichiarato che, oltre ad essersi preparato documentandosi, ha consultato anche esperti in studi biblici. Ma al di là della preparazione, pur importante, ciò che ha colpito il telespettatore è stata la sua capacità di “rompere” lo schermo televisivo e raggiungere direttamente il cuore della gente, tanto da fargli capire quanto nutrimento può avere dalla Parola di Dio. In una intervista concessa al settimanale “a Sua Immagine”, nel numero di mercoledì 10 dicembre, ha fatto una serie di dichiarazioni molto interessanti, tra le quali: “i 10 comandamenti fanno impressione per la loro bellezza, bisognerebbe essere ciechi per non vedere questo abisso di luce. Le parole di Dio sono un nutrimento come una medicina che fa bene alla salute…è la più bella storia del mondo, una storia che crediamo di conoscere ma poi si rivela sempre nuova…questo appuntamento è forse quello più emozionante di tutti. È impressionante anche perché queste leggi hanno guidato la vita di chiunque le conosce. Sono anche le parole più famose della Bibbia, che è il libro più conosciuto al mondo. Quindi queste sono le frasi più importanti dell’universo. Sono parole che hanno segnato per sempre la vita del mondo intero! Sono parole vive cha ballano dinnanzi agli occhi, contengono morale ed etica. Hanno fatto entrare il trascendente nella vita quotidiana….credo non ci sia storia più bella! I comandamenti sono stati scritti da Dio con il Suo dito. Secondo me farà bene alla gente ascoltare queste parole. La loro grandezza risiede nel fatto che diventano legge e sentimenti come l’amore e la fedeltà. A me gli atei sembrano così noiosi, perché alla fine parlano sempre di Dio. Certamente dopo avere studiato i 10 comandamenti, ho sentito queste parole entrare nella mia anima e oggi mi sento una persona diversa…leggere la Bibbia mezz’ora al giorno fa bene, come una passeggiata di mezz’ora al fisico…Dio è spettacolare, perché ogni cosa che dice è uno spettacolo”. Possiamo dire che questa lunga intervista è un catechismo in briciole, un a serie di affermazioni su cui fermarsi a riflettere. Ovvio che il successo era assicurato. La RAI ha davvero regalato al suo pubblico due serate di profonda emozione in preparazione al Santo Natale e ha fatto un bel servizio all’uomo, ad ogni uomo, comunque sempre assettato di Dio, come direbbe Sant’Agostino: “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Don Tore Ruggiu


Papa Francesco

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Andare incontro al vero Dio

curiosità SETTIMANALE DIOCESANO DI CAGLIARI Registrazione Tribunale Cagliari n. 13 del 13 aprile 2004

Direttore responsabile Roberto Piredda

Il testo dell’omelia di Papa Francesco per la Solennità dell’Epifania del Signore uel Bambino, nato a Betlemme dalla Vergine Maria, è venuto non soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata oggi dai Magi, provenienti dall’Oriente. Ed è proprio sui Magi e sul loro cammino alla ricerca del Messia che la Chiesa ci invita oggi a meditare e pregare. Questi Magi venuti dall’Oriente sono i primi di quella grande processione di cui ci ha parlato il profeta Isaia nella prima Lettura (cfr 60,1-6): una processione che da allora non si interrompe più, e che attraverso tutte le epoche riconosce il messaggio della stella e trova il Bambino che ci indica la tenerezza di Dio. Ci sono sempre nuove persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono fino a Lui. I Magi, secondo la tradizione, erano uomini sapienti: studiosi degli astri, scrutatori del cielo, in un contesto culturale e di credenze che attribuiva alle stelle significati e influssi sulle vicende umane. I Magi rappresentano gli uomini e le donne in ricerca di Dio nelle religioni e nelle filosofie del mondo intero: una ricerca che non ha mai fine. Uomini e donne in ricerca. I Magi ci indicano la strada sulla quale camminare nella nostra vita. Essi cercavano la vera Luce: «Lumen requirunt lumine», dice un inno liturgico dell’Epifania, riferendosi proprio all’esperienza dei Magi; «Lumen requirunt lumine». Seguendo una luce essi ricercano la luce. Andavano alla ricerca di Dio. Visto il segno della stella, lo hanno interpretato e si sono messi in cammino, hanno fatto un lungo viaggio. È lo Spirito Santo che li ha chiamati e li ha spinti a mettersi in cammino; e in questo cammino avverrà anche il loro personale incontro con il vero Dio.

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Nel loro cammino i Magi incontrano tante difficoltà. Quando arrivano a Gerusalemme loro vanno al palazzo del re, perché considerano ovvio che il nuovo re sarebbe nato nel palazzo reale. Là perdono la vista della stella. Quante volte si perde la vista della stella! E incontrano una tentazione, messa lì dal diavolo: è l’inganno di Erode. Il re Erode si mostra interessato al bambino, ma non per adorarlo, bensì per eliminarlo. Erode è l’uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale. E in fondo egli considera anche Dio come un rivale, anzi come il rivale più pericoloso. Nel palazzo i Magi attraversano un momento di oscurità, di desolazione, che riescono a superare grazie ai suggerimenti dello Spirito Santo, che parla mediante le profezie della Sacra Scrittura. Queste indicano che il Messia nascerà a Betlemme, la città di Davide. A quel punto riprendono il cammino e rivedono la stella: l’evangelista annota che provarono «una gioia grandissima» (Mt 2,10), una vera consolazione. Giunti a Betlemme, trovarono «il bambino con Maria sua madre» (Mt 2,11). Dopo quella di Gerusalemme, questa per loro fu la seconda, grande tentazione: rifiutare questa piccolezza. E invece: «si prostrarono e lo adorarono», offrendogli i loro doni preziosi e simbolici. È sempre la grazia dello Spirito Santo che li aiuta: quella grazia che, mediante la stella, li aveva chiamati e guidati lungo il cammino, ora li fa entrare nel mistero. Quella stella che ha accompagnato il camino li fa entrare nel mistero. Guidati dallo Spirito, arrivano a riconoscere che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore. L’amore di Dio è grande, sì.

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Editore Associazione culturale “Il Portico” via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Segreteria e Ufficio abbonamenti Natalina Abis- Tel. 070/5511462 Segreteria telefonica attiva 24h- su 24h e-mail: segreteriailportico@libero.it Fotografie Archivio Il Portico, Furio Casini Amministrazione via Mons. Cogoni, 9 Cagliari Tel.-fax 070/523844 e-mail: settimanaleilportico@libero.it (Lun. - Mar. 10.00-11.30) Pubblicità: inserzioni.ilportico@gmail.com Stampa Grafiche Ghiani - Monastir (CA) Redazione: Francesco Aresu, Federica Bande, Maria Chiara Cugusi, Fabio Figus, Maria Luisa Secchi, Roberto Comparetti.

L’amore di Dio è potente, sì. Ma l’amore di Dio è umile, tanto umile! I Magi sono così modelli di conversione alla vera fede perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere. E allora ci possiamo chiedere: qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di persone… In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù (cfr Mt 25,40.45). Il presepe ci prospetta una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana: è la strada dell’abbassamento di Dio, quell’umiltà dell’amore di Dio si abbassa, si annienta, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul calvario, nel fratello e nella sorella che soffre. I Magi sono entrati nel mistero. Sono passati dai calcoli umani al mistero: e questa è stata la loro

conversione. E la nostra? Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando – in mezzo agli inganni mondani – l’abbiamo persa di vista. Che impariamo a conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio, che non ci scandalizziamo del “segno”, dell’indicazione, quel segno detto dagli Angeli: «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12), e che abbiamo l’umiltà di chiedere alla Madre, alla nostra Madre, che ce lo mostri. Che troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre “luci”, e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo entrare nel mistero. 6 gennaio 2015

Hanno collaborato a questo numero: Tore Ruggiu, Maria Grazia Pau, Michele Antonio Corona, Marco Scano, Susanna Mocci, Emanuele Mameli, Franco Camba, Matteo Fanzecco, Alessia Corbu, Matteo Piano, Valera Usala, Elisabetta Settembrini, Cristiano Piseddu, . Per l’invio di materiale scritto e fotografico e per qualsiasi comunicazione fare riferimento all’indirizzo e-mail: settimanaleilportico@gmail.com L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Associazione culturale Il Portico, via mons. Cogoni, 9 09121 Cagliari. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata (L. 193/03).

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