N. 3 24 marzo 2016
il giornale
www.syndicom.ch Il sindacato dei media e della comunicazione
AZB 3001 Berna Cambi di indirizzo sono da inviare a: syndicom, Adressverwaltung, Monbijoustrasse 33, casella postale, 3001 Berna editoriale
RSI, costruire il futuro Avanti tutta. Il consiglio di amministrazione della SSR ha approvato la realizzazione del nuovo Campus radiotelevisivo e multimediale, che sorgerà a Comano, con un investimento di 62 milioni di franchi. Il nuovo edificio permetterà di integrare la produzione delle redazioni dello Sport e dell’Informazione, consentendo così il trasferimento a Comano di Rete Uno dall’attuale sede di Besso. In questo modo, al termine dei lavori (previsto per il 2020), sarà possibile sfruttare le sinergie tra l’informazione radiofonica, televisiva e online. Nel 2024, anche Rete Due e Tre si trasferiranno a Comano. La SSR, insomma, si muove. La notizia potrebbe stupire il cittadino comune: ma come, la RSI licenzia i suoi dipendenti e investe per una nuova struttura? “È sbagliato mettere in contrapposizione fra loro le risorse umane e i progetti futuri”, ha però ricordato Luigi Pedrazzini, presidente della CORSI (l’organo di vigilanza e di rappresentanza degli utenti), in un’intervista al Corriere del Ticino. “La capacità di finanziare progetti per il futuro è la condizione necessaria per mantenere un alto livello di occupazione. La riduzione dei collaboratori è conseguenza di una decisione del Tribunale Federale che ha tolto alla SSR una quarantina di milioni l’anno”. Proprio come i 62 milioni del Campus, anche i 40 milioni di tagli sono poca cosa rispetto ai proventi milionari della SSR. Se si trovano per i progetti futuri, potrebbero essere cercati altrove (soppressione dei privilegi salariali per i quadri superiori, vendite di immobili, razionalizzazione) anche per salvaguardare gli attuali posti di lavoro. Avanti tutta, anche con i licenziamenti. Dopo i primi, “clamorosi” per la forma e la totale mancanza di rispetto dei lavoratori, il sindacato svizzero dei massmedia (SSM) ha rivendicato Continua a pag. 16
rivoluzione digitale
industria grafica
Eliminare i libri di carta dalle biblioteche! Una provocazione accende il dibattito › Pagine 2-3
Lanciata una petizione affinché Tamedia firmi il Contratto Collettivo
intervista
› Pag. 7
Il presidente uscente Alain Carrupt ricorda trent’anni di battaglie sindacali › Pag. 10
comunicazione visiva
Gianluca Grossi reporter e fotografo Bellinzona
Maki Shimizu illustratrice Berlino
Sabato 16 aprile 2016
Conferenza 14.00 – 18.30 Aperitivo 18.30 – 20.00
Studio Mut graphic designers Bolzano
Communico 2016 Aula Magna SUPSI Trevano
Organizzatori
Giornata del design e della comunicazione visiva Sponsor
La giornata del design e della comunicazione visiva organizzata da syndicom si pone l’obiettivo di mettere in contatto studenti e professionisti del settore. L’evento è aperto a tutti, gratuito per gli associati. Pagine 8 e 9
nuova ricerca sui call center in svizzera
Un settore in rapida trasformazione
Il settore dei call center dipende sempre più da lavoratori qualificati. Allo stesso tempo, però, le condizioni di lavoro sono poco attrattive per i dipendenti, soggetti a una pressione lavorativa molto alta. Una recente ricerca illustra cinque tendenze e cinque problemi di questo ramo, nonché alcune proposte concrete di soluzione. Patrick Probst Sotto la direzione di Ueli Mäder, noto docente basilese di sociologia, i ricercatori Riccardo Pardini e Bianca Fritz hanno analizzato la situazione lavorativa nei call center. Nell’odierno mondo del lavoro, il termine call center è stato largamente sostituito da altre definizioni. All’interno del settore si parla soprattutto di contact-center o di
service-center. L’utilizzo di diversi termini dimostra già quanto eterogeneo sia questo ramo. L’elemento che accomuna queste aziende è l’attività lavorativa che collega efficientemente il lavoro di gestione e di comunicazione con i mezzi tecnologici. E siccome questo tipo di attività è scaturita dai call center, qui di seguito si utilizza
indifferentemente questo termine. Nella loro ricerca, Pardini e Fritz hanno condotto interviste con esperti, interrogato con cura 45 dirigenti e dipendenti di 12 diversi call center ed eseguito un’ampia analisi dei media. «I risultati sono sconvolgenti», commenta il professor Mäder. Continua alle pagine 4 e 5
La prima ricerca di questo tipo La ricerca “Lavorare nel call center” è stata commissionata dal sindacato syndicom e dalla Fondazione sovis Swisscom. Da parte di syndicom, la sezione di Berna ha fornito un contributo finanziario per realizzarla. E questa è la prima ricerca in assoluto che analizza la situazione lavorativa nei call center svizzeri. In Svizzera ci sono circa 900 call center. In essi sono impiegate ben 30’000 persone.
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RSI, costruire il futuro Avanti tutta. Il consiglio di amministrazione della SSR ha approvato la realizzazione del nuovo Campus radiotelevisivo e multimediale, che sorgerà a Comano, con un investimento di 62 milioni di franchi. Il nuovo edificio permetterà di integrare la produzione delle redazioni dello Sport e dell’Informazione, consentendo così il trasferimento a Comano di Rete Uno dall’attuale sede di Besso. In questo modo, al termine dei lavori (previsto per il 2020), sarà possibile sfruttare le sinergie tra l’informazione radiofonica, televisiva e online. Nel 2024, anche Rete Due e Tre si trasferiranno a Comano. La SSR, insomma, si muove. La notizia potrebbe stupire il cittadino comune: ma come, la RSI licenzia i suoi dipendenti e investe per una nuova struttura? “È sbagliato mettere in contrapposizione fra loro le risorse umane e i progetti futuri”, ha però ricordato Luigi Pedrazzini, presidente della CORSI (l’organo di vigilanza e di rappresentanza degli utenti), in un’intervista al Corriere del Ticino. “La capacità di finanziare progetti per il futuro è la condizione necessaria per mantenere un alto livello di occupazione. La riduzione dei collaboratori è conseguenza di una decisione del Tribunale Federale che ha tolto alla SSR una quarantina di milioni l’anno”. Proprio come i 62 milioni del Campus, anche i 40 milioni di tagli sono poca cosa rispetto ai proventi milionari della SSR. Se si trovano per i progetti futuri, potrebbero essere cercati altrove (soppressione dei privilegi salariali per i quadri superiori, vendite di immobili, razionalizzazione) anche per salvaguardare gli attuali posti di lavoro. Avanti tutta, anche con i licenziamenti. Dopo i primi, “clamorosi” per la forma e la totale mancanza di rispetto dei lavoratori, il sindacato svizzero dei massmedia (SSM) ha rivendicato Continua a pag. 16
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Gianluca Grossi reporter e fotografo Bellinzona
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Sabato 16 aprile 2016
Conferenza 14.00 – 18.30 Aperitivo 18.30 – 20.00
Studio Mut graphic designers Bolzano
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nuova ricerca sui call center in svizzera
Un settore in rapida trasformazione
Il settore dei call center dipende sempre più da lavoratori qualificati. Allo stesso tempo, però, le condizioni di lavoro sono poco attrattive per i dipendenti, soggetti a una pressione lavorativa molto alta. Una recente ricerca illustra cinque tendenze e cinque problemi di questo ramo, nonché alcune proposte concrete di soluzione. Patrick Probst Sotto la direzione di Ueli Mäder, noto docente basilese di sociologia, i ricercatori Riccardo Pardini e Bianca Fritz hanno analizzato la situazione lavorativa nei call center. Nell’odierno mondo del lavoro, il termine call center è stato largamente sostituito da altre definizioni. All’interno del settore si parla soprattutto di contact-center o di
service-center. L’utilizzo di diversi termini dimostra già quanto eterogeneo sia questo ramo. L’elemento che accomuna queste aziende è l’attività lavorativa che collega efficientemente il lavoro di gestione e di comunicazione con i mezzi tecnologici. E siccome questo tipo di attività è scaturita dai call center, qui di seguito si utilizza
indifferentemente questo termine. Nella loro ricerca, Pardini e Fritz hanno condotto interviste con esperti, interrogato con cura 45 dirigenti e dipendenti di 12 diversi call center ed eseguito un’ampia analisi dei media. «I risultati sono sconvolgenti», commenta il professor Mäder. Continua alle pagine 4 e 5
la prima ricerca di questo tipo La ricerca “Lavorare nel call center” è stata commissionata dal sindacato syndicom e dalla Fondazione sovis Swisscom. Da parte di syndicom, la sezione di Berna ha fornito un contributo finanziario per realizzarla. E questa è la prima ricerca in assoluto che analizza la situazione lavorativa nei call center svizzeri. In Svizzera ci sono circa 900 call center. In essi sono impiegate ben 30’000 persone.
2 | Dossier
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
rivoluzione digitale
Il valore della carta
Un’intervista sulla “NZZ am Sonntag” a inizio febbraio ha fatto vibrare il mondo della cultura elvetica. Il nuovo direttore della biblioteca del Politecnico di Zurigo ha affermato che i libri di carta non servono più. Una provocazione che ha però riportato l’attenzione sull’importanza del libro e delle biblioteche. Suleika Baumgartner* Quando siete stati in una biblioteca l’ultima volta? Settimana scorsa? Ottimo, allora sapete di cosa stiamo parlando! O invece è un po’ che non frequentate le biblioteche o addirittura non ci siete mai stati? Beh, non dovete avere la coscienza sporca, ma posso assicurare che vi siete persi qualcosa. Forse avete ancora in mente un’immagine superata, come per esempio il luogo comune degli scaffali impolverati, dello sguardo severo della bibliotecaria, della difficoltosa ricerca del codice giusto. Le biblioteche sono ancora un luogo del sapere, ma la maggioranza di esse ha subito un forte cambiamento. Ed è proprio quello che non vuo-
le capire un signore che invece ne dovrebbe sapere di più: Raffael Ball, nuovo direttore della biblioteca del Politecnico federale di Zurigo. Con le sue affermazioni alla NZZ am Sonntag del 7 febbraio ha fatto infuriare lavoratori e utenti delle biblioteche.
But tiamo via tut ti i libri! Iniziamo a riassumere le affermazioni tanto discusse: questo signore ha detto che le biblioteche pubbliche sono sopravvalutate e nel frattempo anche superate, ormai sono più un luogo dei libri che non della conoscenza. Infatti, grazie alla digitalizzazione, le informazioni importanti si trovano comodamente
su internet, dunque la maggior parte dei libri può essere smaltita serenamente e molte biblioteche, soprattutto quelle più piccole, chiuse. Una settimana dopo, Susanna Bliggenstorfer, direttrice della biblioteca centrale di Zurigo ha commentato in una lettera alla NZZaS: «Il nostro collega della biblioteca ETH (...) ama provocare. Da tempo si sa che, oggi, le biblioteche devono servire due mondi: quello digitale e quello analogico. Ed è anche risaputo che questa doppia funzione richieda tante risorse. Ma per questo voler abolire l’intero mondo delle biblioteche mi sembra un’enorme esagerazione».
Oggi spesso si tratta di orientarsi velocemente in un mare di dati. Susanna Bliggenstorfer ha spiegato anche questo: «Per l’acquisizione della conoscenza attraverso lo studio intenso, successiva all’orientamento, è di nuovo molto richiesto il libro, capace di fornire un insuperabile quadro d’insieme». Proprio per questo motivo si ristampano molti testi disponibili solo in forma elettronica. La Bliggenstorfer continua presentando cifre in aumento sia degli utenti che dei prestiti e con ciò conferma un trend sorprendente per le biblioteche scientifiche. Tuttavia nelle biblioteche cittadine e comunali i prestiti sono in calo dal 2011. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UFS) però, il numero dei prestiti nel 2014 era ancora più alto di quello del 2007. Queste cifre sono da ricondurre soprattutto al calo della domanda di Cd e Dvd. A questo proposito è interessante la tesi citata nella Neue Zürcher Zeitung dal bibliotecario della città di Sciaffusa Oliver Thiele, secondo cui il prestito dei media ai tempi della “sharing-economy” rappresenta addirittura una nuova tendenza.
Caffè narrativo ed eventi per bambini In che modo sono cambiate le biblioteche pubbliche? Quando ho svolto la mia formazione come bibliotecaria diplomata negli anni Ottanta, sognavo un bar all’interno della biblioteca. Dopo molti anni di giornalismo, sono tornata in biblioteca e ho constatato con gioia che
Una lettrice in una biblioteca pubblica
erano cambiate diverse cose! Per fare un esempio: non appena la biblioteca regionale di Wetzikon si è trasferita nella sua nuova sede, gli studenti hanno scoperto le postazioni luminose alle finestre. E questo senza che le avessimo pubblicizzate. Va promosso un po’ di più il caffè narrativo che abbiamo lanciato un anno fa. Invece vanno a gonfie vele gli eventi per i bambini, e qui diamo un importante contributo all’incentivazione della lettura. Diciamolo: le biblioteche cittadine e comunali moderne sono un luogo d’incontro e di comunicazione. E da non dimenticare: fanno parte delle poche istituzioni dove non esiste l’obbligo di consumare qualcosa o di pagare l’ingresso.
COMMENTO
Homo sapiens o zappiens?
Il direttore del Sistema bibliotecario ticinese afferma che il libro cartaceo presenta innegabili vantaggi cognitivi e sociali rispetto al libro elettronico. Però, che lo si voglia o no, stiamo evolvendo verso una forma di comunicazione non più basata sulla stampa. Volenti o nolenti siamo entrati in una nuova dimensione di “cyberspazio” che comporta forse un ulteriore passaggio (o mutazione) da Homo sapiens a Homo digitalis o “zappiens” dei cosiddetti nativi digitali, in un mondo dai contenuti digitali che ha ormai raggiunto una dimensione impressionante: i dati pubblicati dall’OCSE parlano di una
cifra che si avvicina al triliardo di byte (1 zettabyte), una cifra che supera ampiamente i contenuti di tutti i libri finora scritti. In quindici anni le persone con accesso alla rete sono passate da 400 milioni a 3,2 miliardi, soprattutto dopo l’invenzione degli smartphone. In America l’uso del digitale è molto affer-
mato: circa due terzi dei ragazzi fino a 13 anni leggono libri digitali e il 92% di questi legge su e-Reader almeno una volta a settimana, come si evince da uno studio sul rapporto tra bambini e lettura digitale, condotto negli Stati Uniti da PlayScience. I Tablet sono il supporto digitale preferito per la lettura.
Dossier | 3
© HEIDI BÜHLER
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
Funzioni sociali versus fede nella tecnologia A Wetzikon, nella biblioteca dove lavoro, l’accesso a internet è gratuito per tutti i visitatori. Recentemente, uno studente, la cui lingua madre non era il tedesco, ha scritto la sua domanda per una borsa di studio, una migrante ha stampato la sua candidatura per un posto di lavoro e così una signora avanti con l’età ha trovato un nuovo appartamento. Un articolo nella NZZ ha riferito che una biblioteca di Thun emette tessere bibliotecarie gratuite per i rifugiati, reagendo così al cambiamento della società. Le affermazioni di Raffael Ball non sono solo arroganti, ma
«Il nostro collega della biblioteca ETH (...) ama provocare. Da tempo si sa che, oggi, le biblioteche devono servire due mondi: quello digitale e quello analogico» anche poco lungimiranti: l’idea che Internet possa sostituire le biblioteche potrebbe essere cavalcata da politici costretti al risparmio.
Ancora in buona salute Bene, ma in tutto questo dibattito qual è la salute del libro in generale? Se si dà credito a Michael Hagner, si potreb-
In Europa l’utilizzo del digitale non raggiunge simili livelli, anche se i dati sembrano indicare una repentina crescita: in Francia nel 2014 i lettori di e-book sono triplicati e rappresentano oggi il 15% dei francesi; in Italia essi arrivano mediamente al 5% e i titoli disponibili in e-book sono raddoppiati in meno di un semestre (oggi sono 60’598 corrispondenti all’8,3% dei titoli in commercio). Ormai i grandi colossi si spartiscono quotidianamente il mercato, che risulta suddiviso per settori: Amazon per la vendita, Apple per la connessione, Google per la ricerca,
Ambienti civilizzati da preservare
be dire «chi non muore si rivede». Hagner è professore al Politecnico ETH di Zurigo, insegna Ricerca scientifica e nel 2015 ha pubblicato un grosso contributo su “Zur Sache des Buches”. In una replica dettagliata al Signor Ball, Hagner nella NZZ del 12 febbraio ha affermato che: «Il libro stampato sta sorprendentemente bene, e questo sarà così per
Facebook e Whatsapp per la comunicazione. Diversi studiosi hanno approfondito la questione del libro elettronico mettendo in evidenza le differenze funzionali e strutturali rispetto al libro cartaceo e alle conseguenti modalità di lettura. L’autorevole studioso americano recentemente scomparso, Wilfrid Lancaster, era dell’opinione che la potenza delle nuove tecnologie potesse condurre rapidamente al declino del libro a stampa: “Piaccia o no, stiamo evolvendo da una società in cui per secoli la comunicazione formale si è basata sulla stampa, ad una in cui la comunicazione formale è ampia-
molto tempo ancora. Perché esistono numerosi lettori e numerose lettrici che preferiscono portare a casa un libro stampato anziché acquisire una licenza per un E-Book che può essere loro ritirata in ogni momento; e a parte questo, nella lettura non amano essere fornitori di dati per le grosse aziende del capitalismo informatico». Sul signor Ball punta letteralmente i cannoni: «Un bibliotecario che invita ad assecondare la richiesta di superare finalmente le remore riguardo ai libri elettronici, dichiarando le biblioteche zone off-limits per libri, non solo ha completamente sbagliato mestiere, ma s’immischia in pratiche di ricerca che non lo riguardano affatto». Hagner entra ancora più profondamente in merito alla discussione in atto sulla durata a lungo termine della digitalizzazione. Dice che è una cosa meravigliosa che le opere antiche di importanti biblioteche siano visualizzabili per via digitale, ma si domanda se questi dati saranno ancora leggibili tra duecento anni. «È possibilissimo infatti che tra duecento anni nessuno possa più indagare con esattezza su cosa hanno combinato informatici e fisici delle particelle nell’anno 2016».
Hagner osserva un altro aspetto ancora, che finora non era stato considerato dai molti commentatori: costruire un insieme di libri digitali, un’imitazione di libri, per simulare una biblioteca, non è soltanto espressione di un dadaismo con cento anni di ritardo – dunque inesistente – ma peggio ancora: «L’istituzione stessa della formazione viene ridotta a una ridicola estetica, e le persone, che ci tengono alla formazione, al sapere e alla cultura del libro vengono ritenute talmente stupide da pensare che si accontentino». Questo d’altronde fa il gioco dei poteri poli-
mente paperless (cioè elettronica, senza carta)”. Dobbiamo temere la scomparsa per la seconda volta dell’icona della biblioteca cartacea, la biblioteca di Alessandria? Allo stato attuale delle cose è difficile sciogliere la questione se l’uso delle moderne tecnologie rappresenti un reale vantaggio o un possibile danno per l’uomo. Mi limito a registrare che il libro cartaceo presenta innegabilmente dei vantaggi cognitivi e sociali rispetto al libro elettronico, in considerazione della sua linearità nel presentare le informazioni e del suo forma-
tici che rinunciano ben volentieri alla formazione, a un’attenta valutazione, ad argomentazioni pazienti e alla conoscenza, per sostituire tutto questo con risposte semplici, per suonare invece le corde delle emozioni. Michael Hagner definisce le biblioteche «ambienti civilizzati» e siccome non ce ne sono tanti, «dovremmo disfarcene soltanto in veri casi di emergenza».
Il libro va promosso E infine diamo uno sguardo ai numeri. Per l’anno 2013, in una rilevazione peraltro incompleta, l’UFS ha contato 775 biblioteche con 1,4 milioni di utenti. Il fatto che il settore svizzero dei libri negli ultimi anni abbia registrato sempre meno utili (nel 2015 erano il 5,7 per cento in meno rispetto all’anno precedente), essenzialmente è da ricondurre all’abolizione del prezzo fisso dei libri nel 2008. Questo lo ha riferito il Tages-Anzeiger del 18 febbraio. Osservazione pungente: il numero dei libri venduti è rimasto pressoché invariato. Dunque syndicom, purtroppo, ha avuto ragione ancora una volta quando ha espresso i suoi timori in occasione delle votazioni. Voglio concludere con una frase dell’autore del Tagi Martin Ebel: «Le misure di promozione della Confederazione, che saranno avviate nel 2016, sono necessarie e urgenti».
* Suleika Baumgartner è giornalista freelance e vice-direttrice della biblioteca regionale di Wetzikon (ZH) dove è anche responsabile per le pubbliche relazioni. Le affermazioni espresse in questo articolo rappresentano la sua opinione personale.
Fonti: NZZaS del 7 febbraio 2016 NZZ del 12 febbraio 2016 NZZaS del 14 febbraio 2016 NZZ del 16 febbraio 2016 Tages-Anzeiger del 18 febbraio 2016
to: esso consiste in una-pagina-alla-volta, non è soggetto alle restrizioni DRM (controllo sulla distribuzione, licenze di accesso limitato nel tempo), non fornisce dati a terzi sulle nostre abitudini di lettura e richiede attenzione, memorizzazione e approfondimento. Per il resto sono soltanto speculazioni.
Gerardo Rigozzi, direttore del Sistema bibliotecario ticinese e delle Biblioteche cantonali di Lugano e Mendrisio
4 | Dalle professioni
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nuova ricerca sui call center in svizzera
Un settore in rapida trasformazione
Le cinque maggiori tendenze del set tore Il ramo dei call center subisce forti cambiamenti a causa di cinque tendenze:
1. Soppressione dei compiti facili Le mansioni facili dei call center vengono sempre più automatizzate o trasferite all’estero. Ci sono sempre meno posti di lavoro per forze lavoro poco qualificate. Commento del management: «Un dipendente che va in ferie per quattro o cinque settimane torna e passerà mezza giornata o una giornata intera a capire le nuove procedure, le modifiche dei prodotti, i cambiamenti di programmi; la velocità di questi cambiamenti è davvero estrema». 2. Call Center come competenza chiave Per rimanere a galla nella lotta concorrenziale globale, i call center svizzeri devono focalizzarsi maggiormente su servizi qualitatiNel mondo del lavoro, il concetto di call center ha cambiato molte volte denominazione. Nel ramo si parla essenzialmente di contact center o service center. L’uso di termini differenti rispecchia l’eterogeneità del settore. Il denominatore comune di questo tipo di aziende risiede nelle loro attività, ovvero la comunicazione unita all’elaborazione di dati tramite processi tecnologici efficaci. Siccome questa attività ha origine nei call center, verrà mantenuto questo termine. (ppr)
vamente più alti e più costosi. Il contatto con la clientela deve avvenire in maniera sempre più professionale. Secondo il Service Excellence Cockpit Report, il dialogo con il cliente - e con esso il lavoro nel call center - si sta trasformando in una competenza sempre più importante per un’azienda, che non può nemmeno essere trasferita tanto semplicemente all’estero. Commento del management: «Per noi la collocazione in Svizzera riveste un altissimo significato. (…) Ci sono state fasi di movimento near- e offshore. (…) Ma la tendenza del ritorno in Svizzera, fare meno “calls” ma in compenso di alta qualità, questo rappresenta un dato di fatto». 3. Orientamento al cliente ancora più importante L’interazione sociale è sempre più fondamentale nel contatto con il cliente. Assumono un’importanza sempre maggiore le capacità comunicative degli operatori e delle operatrici, sia nella comunicazione verbale che scritta. Commento di un esperto: «E come operatore o operatrice si deve far capire al cliente che lo si prende sul serio e che si farà di tutto per risolvergli il problema. In teoria, il dipendente deve guidare il dialogo ma dare al cliente la sensazione che sia lui a farlo». 4. Forme lavorative orientate al processo La forma produttiva dei call center sta passando da un modo di lavorare basato molto
I cinque maggiori problemi nel mondo del lavoro
sulla divisione del lavoro a nuove forme di lavoro orientate al processo. Queste ultime richiedono maggiori competenze agli operatori e alle operatrici e allargano il campo di lavoro. Comento del management: «Sono molto richieste le lingue e, detto in due parole, anche la capacità non solo di telefonare ma anche di avere un certo intuito. Per il lavoro scritto, come per esempio scrivere la bozza di un contratto, gestire un reclamo ecc. servono maggiori competenze oltre a quelle relative all’uso degli strumenti».
La struttura cambia più velocemente della cultura, questa è una scoperta sociologica sulla trasformazione sociale. Dunque non sorprende che la cultura lavorativa nella maggior parte dei call center non riesca a tenere il passo con il cambio strutturale. Ma l’enorme lontananza che divide le due dimensioni, struttura e cultura, dovrebbe dare da pensare, innanzitutto alle aziende stesse. Dal punto di vista dei lavoratori, le seguenti problematiche si stanno allargando sempre di più:
5. Trasformazione tecnologica
1. I perfezionamenti professionali non sono abbastanza attrattivi
I nuovi media della comunicazione inoltre fanno aumentare anche le esigenze. Aumenta sempre di più il numero dei canali di comunicazione che gli agenti devono saper usare nel contatto con il cliente, e con ciò anche l’impegnativo multitasking con vari canali. «Non devo più informarmi su certe caratteristiche di guida. Ora è più un “affiancamento digitale”, dunque non sono solo un supporter, ma un accompagnatore».
Essi avvengono quasi soltanto nei reparti operativi e sono legati a tematiche inerenti a un prodotto specifico. A un cambio dei prodotti sfuma anche il valore di questi aggiornamenti ai fini della carriera degli operatori. Commento di un dipendente: «Magari parlare di perfezionamento è un po’ esagerato. Ma ci sono continuamente “software releases”, adeguamenti procedurali; questo succede quattro volte l’anno».
Riassumendo, si può osservare che sono in atto contemporaneamente diversi sviluppi paralleli che fanno avanzare – rendendolo più intenso – il cambiamento strutturale da un settore con esigenze piuttosto basse di qualifica a un settore con alte esigenze di qualifica.
2. La formazione professionale non adempie alle sue finalità
© JENS FRIEDRICH
«Essi evidenziano che la maggior parte dei call center in Svizzera difficilmente saranno in grado di superare le sfide future del settore se le loro condizioni di lavoro rimarranno poco accattivanti per il personale sempre più qualificato di cui hanno bisogno».
Continua da pag.1
Da sinistra verso destra: il professore di sociologia Ueli Mäder, Riccardo Pardini, insieme con Daniel Münger e Daniel Hügli di syndicom.
La formazione professionale “specialista nel dialogo con il cliente” finora ha contribuito ben poco a valorizzare il settore. In confronto a un apprendistato commerciale, viene considerata meno buona e dunque percepita come un vicolo cieco da chi la assolve. Oppure come trampolino di lancio verso il settore delle comunicazioni. Commento di un lavoratore: «Quello che mi domando, dal momento che mancano le possibilità di svilupparsi (…) se davvero hai delle chance per andare oltre (…) Penso che sicuramente è d’aiuto, ma comunque io farei più un (…) apprendistato commerciale (…)». 3. Il settore non offre pressoché possibilità di fare carriera La crescita è limitata dal passaggio a forma di collo di bottiglia verso il management inferiore.
RETE POSTALE E VENDITA
Due nuovi profili allo sportello della Posta
Nell’ambito di un nuovo progetto di sviluppo, il settore della Rete postale e vendita (PV) della Posta vorrebbe attuare una separazione tra consulenza e vendita allo sportello. Nei prossimi incontri previsti con il comitato direttore, syndicom vigilerà sulla tutela dei salari. Roland Lamprecht* Nei progetti sull’ulteriore sviluppo della Rete postale e vendita (WPV), c’è l’ambizione di avere un’informazione trasparente e uno scambio con i sindacati. Dall’aprile del 2015, sotto forma di un gruppo di accompagnamento, ci sono stati incontri fra i rappresentanti di syndicom e Transfair, il comitato direttore del ramo PV e i responsabili del progetto. Il 2 marzo scorso si è tenuto un nuovo incontro sul progetto chiamato “Ulteriore sviluppo Rete postale e vendita”. PV ha informato i sindacati che dal primo gennaio 2017 verranno separate le operazioni di vendita e di consulenza allo sportello. A quei lavoratori che non offriranno più servizi di consulenza, verrà leva-
ta la pressione alla vendita. Essi continueranno a offrire soltanto le classiche prestazioni postali. I clienti della Posta dovranno però scegliere a quale sportello andare a seconda del servizio desiderato. A questo riguardo è stata presentata una proposta alla direzione del gruppo e al consiglio di amministrazione. La proposta sarà analizzata entro fine maggio. Se i due organi approveranno queste intenzioni, a inizio estate PV informerà i collaboratori sui prossimi passi, garantendo sempre il dialogo.
Profili professionali, inquadramento e salari Il comitato direttore PV ha già approvato le descrizioni dell’impiego per il profilo della vendi-
ta e per quello della consulenza. L’inserimento dei due profili viene definito all’interno della sistematica salariale della Posta e verrà presentato, insieme al concetto di realizzazione, ad aprile (e rispettivamente, maggio) di quest’anno alla direzione del gruppo e al consiglio d’amministrazione. Dopo la decisione del consiglio d’amministrazione, la Posta avvierà i colloqui con i sindacati e in seguito informerà riguardo alle assunzioni. La Posta vuole comunicare nello stesso momento i livelli di funzione e tutte le condizioni generali di un’eventuale attuazione. A inizio estate poi sono programmati degli incontri informativi nelle aree relative agli uffici postali.
Gli stipendi at tuali rimarranno invariati Il sindacato syndicom osserverà con occhio critico eventuali inserimenti a livelli più bassi dei salari attuali e avvierà delle misure adeguate. syndicom ricorderà alla direttrice del gruppo Susanne Ruoff che quest’ultima ha assicurato di riprendere i salari attuali nel nuovo CCL. Inoltre syndicom controllerà e valuterà i profili professionali. Il prossimo incontro del gruppo d’accompagnamento WPV avrà luogo il 30 marzo.
Per eventuali domande rivolgersi al Segretariato centrale o a roland.lamprecht@syndicom.ch * Roland Lamprecht è segretario centrale logistica.
La direttrice ruoff manterrà la parola? ∙ I salari attuali
Dalle professioni | 5
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
1. CCL come piattaforma d’innovazione per il settore
© KEYS TONE
Nell’autunno 2015 è entrato in vigore il CCL negoziato tra syndicom e l’associazione dei datori di lavoro contactswiss – il primo della storia per questo settore. Ora bisogna sfruttare questo strumento, per continuare a sviluppare le condizioni di lavoro, soprattutto a livello salariale, e per elaborare prestazioni di compensazione per il carico di lavoro sempre più pesante.
lavoro impegnativo ∙ Il lavoro nei call center deve finalmente essere regolamentato.
Commento del management: «(…) indubbiamente non è facilissimo uscire completamente dal “customer care” per approdare in altri reparti. Sono casi singoli, per esempio prendiamo molto volentieri operatrici call center per uno stage come assistente delle Risorse Umane». 4. Aumenta il carico lavorativo Gli operatori sono esposti a continui processi di razionalizzazione. Aleggia sempre la minaccia di un’automazione o di un’esternalizzazione di processi lavorativi, il che conduce a carichi sempre maggiori. Il volume per ora è in continuo aumento, e con esso anche l’intensificazione del lavoro. I tempi in cui bisogna reagire si accorciano sempre di più, le conversazioni con i clienti sono sempre più tirate. I cosiddetti processi di ottimizzazione e standardizzazione accelerano il ritmo lavorativo. Commento di un operatore: «Ogni progetto porta con sé un obiettivo. Ma a seconda dell’apparecchiatura e del tipo di cliente non sempre è possibile arrivare a una soluzione entro i termini stabiliti. E allora uno prova
i saranno ripresi anche nel nuovo CCL.
ad aumentare l’efficienza o a fare comunque l’impossibile». 5. L’immagine del ramo è negativa I mezzi di comunicazione di massa solo raramente si discostano nell’opinione sul settore dei call center. La maggior parte degli articoli apparsi nel lasso di tempo analizzato dalla ricerca mettevano in evidenza soltanto aspetti negativi del ramo. Commento di un lavoratore: «Non è che qua siamo in galera. Spesso i media trasmettono quest’immagine. Ma fino a un certo punto è una falsa rappresentazione della realtà». Riassumendo si può dire: la cattiva immagine del settore non è campata in aria, ma è in stretta relazione con le effettive situazioni lavorative e con la mancanza di prospettive professionali del settore.
Cinque soluzioni per uscire dal dilemma In considerazione della discrepanza in aumento tra esigenze e realtà nel
5. Coordinare la pianificazione del personale con i partner sociali Le nuove tecnologie pongono sempre nuove sfide ai dipendenti. Il numero dei canali di comunicazione che gli operatori e le operatrici devono essere in grado di gestire nel contatto con il cliente aumenta di continuo: dal telefono alla chat fino ai social media. Per superare la trasformazione con il personale esistente, è raccomandabile attuare insieme ai partner sociali una pianificazione lungimirante delle risorse. Un modo di procedere che, per esempio, ha dato ottima prova presso Swisscom. commento
2. Obbligatorietà generale del CCL Finora solo una parte dei call center svizzeri è assoggettata al CCL del ramo. Contactswiss e syndicom ambiscono a raggiungere la dichiarazione di obbligatorietà generale da parte del Consiglio federale, affinché la guerra della concorrenza in futuro non venga più svolta a spese del personale ma sulla qualità dei servizi. Solo così si riuscirà a risollevare l’immagine di questo ramo. 3. Valorizzare la formazione La formazione neo-introdotta di “operatore/ operatrice per la comunicazione con la clientela” è un primo passo nella direzione della professionalizzazione del settore. Tuttavia l’apprendistato ha ancora molte difficoltà iniziali. Riuscirà nel suo obiettivo di formare forze lavoro altamente qualificate soltanto se si focalizzerà maggiormente su un efficace management dei rapporti con la clientela, che in futuro saranno sempre più importanti. 4. Garantire la formazione e il perfezionamento Il settore riuscirà a gestire bene le sfide del futuro soltanto se concederà ai lavoratori il diritto alla formazione e all’aggiornamento. La regolamentazione contenuta nell’attuale CCL va in questa direzione.
© PATRICK GUTENBERG
mondo del lavoro dei call center, la necessità di agire è grande. Dal punto di vista del sindacato syndicom, al fine di risolvere questo dilemma urgono soprattutto i seguenti provvedimenti:
Gli iscritti contribuiscono a dare forma al settore
I lavoratori dei call center forniscono servizi di alta qualità, attraverso più canali e in lingue diverse. Questa alta qualità rende il lavoro più impegnativo. Ed è esattamente questo che mantiene l’attrattiva della Svizzera come ubicazione dei call center. Per far sì che questo vantaggio permanga anche in futuro, il settore deve investire sui dipendenti: nelle loro condizioni di lavoro, nella loro formazione e aggiornamento e nella partecipazione aziendale. Il contratto collettivo di lavoro per il settore dei call center è la base per poter garantire molti miglioramenti. Ora si tratta di estendere il contratto collettivo di lavoro esistente all’associazione CallNet.ch e di fargli conferire l’obbligatorietà generale dal Consiglio federale. E nello sviluppare soluzioni per il settore, i membri ricoprono un ruolo particolarmente importante: infatti alla conferenza syndicom degli operatori call center del 10 giugno essi avranno l’opportunità di dare forma al futuro di questo ramo. Daniel Hügli, segretario centrale Telecom/IT
POSTA: BILANCIO 2015
Ricavi buoni, ma ne approfittano solo i quadri
© KEYS TONE
Dal punto di vista dei lavoratori, il messaggio della direzione del gruppo Posta sul bilancio 2015 è a doppio senso. Da una parte, la Posta riesce a imporsi su un mercato difficile – anche grazie all’impegno del suo personale – e dall’altra annuncia di voler rinnovare le sue prestazioni e punti d’accesso. syndicom esige che lo sviluppo della Posta e delle sue filiali non avvenga a scapito dei dipendenti e delle loro condizioni di lavoro. Inoltre il buon andamento non deve favorire soltanto i quadri ma l’insieme del personale. Con un utile consolidato di 645 milioni di franchi (7 milioni in più rispetto al precedente esercizio) la Posta dimostra di essere un’azienda in salute che può guardare al futuro con serenità. Nonostante ricavi più bassi, il profitto è aumentato. Sono soprattutto i 54’420 impiegati della Posta in Svizzera che hanno contribuito a questo buon risultato in un contesto economico difficile. L’annuncio della Posta di voler “sviluppare i suoi punti d’accesso e le sue prestazioni con coerenza” ha provocato un certo
disagio tra il personale. L’anno scorso sono stati cancellati 550 impieghi a tempo pieno.
all’outsourcing dei conducenti di Autopostale.
Si allarga la forbice Riconoscere il personale Lo sviluppo non deve dunque andare di pari passo con altri tagli al personale e con una maggiore pressione sulle condizioni di lavoro. Converrebbe il contrario invece, ovvero testimoniare una riconoscenza verso il personale per il suo lavoro quotidiano in un ambito difficile caratterizzato dalle esternalizzazioni. Ricordiamoci la disputa attorno
La retribuzione media dei quadri superiori è aumentata del 24%, mentre i salari bassi ristagnano. Per syndicom il crescente scarto salariale rappresenta un pericolo della digitalizzazione sempre maggiore del mondo del lavoro.
Datore di lavoro sociale La Posta deve assumersi la sua responsabilità di datore di lavoro sociale ed equo nei confronti
dei lavoratori. Sopprimere degli impieghi “nell’ambito di una sostenibilità sociale” in questo senso non basta. La Posta deve offrire prospettive per il futuro ai dipendenti che sosterranno l’azienda nei prossimi decenni attraverso il loro lavoro. A breve termine questo significa realizzare investimenti sul personale e farlo partecipare equamente al profitto generato. In occasione delle prossime trattative salariali e CCL la Posta potrà mostrare se è pronta ad assumersi questa sua responsabilità sociale. (syndicom)
6 | Dalle professioni SWISSCOM
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 seminario sul reclutamento di nuovi membri
Un compromesso sostenibile
Una vera spinta motivazionale per i comitati aziendali
A beneficiare dell’aumento salariale dello 0,6% a partire dal 1° aprile 2017 saranno molti più lavoratori Swisscom rispetto a quest’anno. Oltre all’intesa sugli accordi salariali, la conferenza aziendale di Swisscom Group ha affidato a syndicom numerosi compiti. In questo modo, l’attuale accordo dovrebbe essere rimpiazzato da un sistema che favorisce davvero la crescita professionale dei dipendenti. «My performance altro non è che uno strumento di dominio che ora è stato finalmente soppresso», è stata la dichiarazione di un collega presente alla conferenza aziendale, commento che gli è valso un fragoroso applauso. A essere valutato deve essere anche l’andamento della retribuzione media (ovvero, il salario mediano) in Swisscom. Giorgio Pardini, responsabile del settore ICT presso syndicom, ha espresso il timore che il manca-
to adeguamento al rincaro e la distribuzione degli aumenti salariali degli ultimi anni potrebbero aver causato una riduzione del salario mediano. «Così non va, è ovvio. Il salario mediano deve crescere costantemente e di pari passo con la produttività del lavoro», afferma con enfasi Pardini. La conferenza aziendale ha inoltre conferito a syndicom l’incarico di discutere con Swisscom su come motivare i lavoratori che da molti anni non ottengono un aumento di salario nonostante le buone prestazioni lavorative. Una soluzione potrebbe essere la fruizione di ulteriori giorni liberi, un tema che, in tempi di crescente disoccupazione, dovrebbe comunque figurare nell’agenda delle parti sociali.
* Franz Schori è s egretario specializzato settore Telecom/IT.
© S YNDICOM
Aumento dei salari dello 0,4% nel 2016 e dello 0,6% nel 2017: l’accordo salariale con Swisscom è stato siglato d’intesa con la conferenza aziendale di Swisscom Group. La prima impressione è che si tratti di un accordo piuttosto ordinario, ma a uno sguardo più attento ha il merito di essere sostenibile. Franz Schori*
Hugo Meier (localsearch.ch), Daniel Hügli (syndicom), Mark Herbst (responsabile del corso), Claudio Nicolazzo (Sunrise), Max Stoop (upc cablecom), Peter Siegrist (upc cablecom), Henner Knorr (Capita/avocis), Cornelia Ziehler (Sunrise), Jacques Rufer (upc cablecom), Giuseppe Morabito (Sunrise), Valentina Smajli (syndicom), Beat Isler (upc cablecom), Luigi Marchiondi (Sunrise), Urs Zbinden (syndicom), Fabrizio D’Orazio (syndicom), Heidi Pulfer (syndicom). Sulla foto manca Margit Wesche (Capita/avocis).
Un corso su come reclutare con successo nuovi membri, organizzato dal settore Telecom/IT a metà febbraio, ha soddisfatto contemporaneamente due obiettivi: uno, quello di riunire per due giorni i membri dei vari comitati aziendali, e l’altro di dar loro nuovi impulsi per l’acquisizione di nuovi membri. Questo ha dato loro la possibilità di imparare nuove strategie che vanno oltre la materia insegnata dallo specialista della comunicazione Mark Herbst. Un dato fondamentale uscito da questo incontro è che nell’argomentare gira tutto attorno al contratto collettivo di lavoro. «Parlando tra di noi abbiamo scoperto che ci assillano gli stessi argomenti, come per esempio la pressione
sui tempi di lavoro e la mancanza di personale», ha commentato la presidentessa del comitato aziendale Sunrise Cornelia Ziehler dopo il seminario. Henner Knorr, da poco eletto presidente del comitato aziendale presso il contact- e call center Capita/avocis, ha vissuto il corso in maniera simile: «Abbiamo constatato che è ovunque difficile entrare in contatto con i colleghi di lavoro perché troppo stressati. Invece se procediamo con concetti sviluppati insieme potremo approcciarli con più successo». Per Hugo Meier, presidente del comitato aziendale presso localsearch.ch, le tecniche di reclutamento illustrate sono state molto istruttive. Infatti dopo questo corso si
sente più motivato e più energico nell’affrontare l’acquisizione di nuovi membri. Per Beat Isler del comitato aziendale upc cablecom nonché membro del comitato della sezione Berna di syndicom, il corso ha dato degli ottimi input per intensificare la collaborazione della sua sezione con i/le segretari/e regionali e fiduciari nell’ambito di azioni di propaganda interne alle aziende. Ma questa nuova voglia di fare è stata percepita soprattutto dai membri del comitato aziendale Sunrise: pochi giorni dopo il seminario essi infatti hanno cominciato ad elaborare una moderna presentazione per fare nuovi reclutamenti presso Sunrise. Scommettiamo che avranno successo? (SFC)
le. Infine, in particolare chiedono alla Direzione maggiore rigore nei controlli delle condizioni d’impiego e dello stato dei veicoli delle ditte subappaltatrici di autopostale. I partecipanti all’assemblea hanno deciso di dare mandato a syndicom per promuovere un sondaggio tra i conducenti della regia e degli Imprenditori Autopostali al fine
di ottenere un quadro più chiaro riguardo alle conseguenze dell’attuale pianificazione per il personale in termini di salute e sicurezza. Una volta concluso il sondaggio, i conducenti si incontreranno nuovamente per definire, in base ai risultati emersi, quali rivendicazioni portare avanti e quali azioni intraprendere. (syndicom)
CONDUCENTI AUTOPOSTALE
Un sondaggio per capire lo stato delle cose Durante l’assemblea dei conducenti di Autopostale e Imprenditori Autopostali è emerso un malcontento generale a causa dei turni e degli orari di lavoro sempre più faticosi. Si richiede maggiore rigore nei controlli delle condizioni di impiego e dello stato dei veicoli delle ditte subappaltatrici. Il sindacato syndicom ha ricevuto mandato da parte dei conducenti di promuovere un sondaggio che permetta di avere un quadro più completo della situazione. teggiamento di Autopostale Ticino che negli ultimi tempi si è mostrata più attenta alla riduzione dei costi piuttosto che a trovare soluzioni per migliorare le attuali condizioni di lavoro. I conducenti hanno manifestato inoltre la propria preoccupazione in quanto Autopostale ricorre a ditte esterne “partner di trasporto” che impiegano personale con condizioni di lavoro ben peggiori
rispetto a quelle di Autopostale e Imprenditori Autopostali.
Maggiore rigore I conducenti rivendicano il coinvolgimento del personale e della sua rappresentanza nella pianificazione dei turni di servizio come previsto dalla LDL, maggiore attenzione da parte di Autopostale Ticino nei confronti delle condizioni di lavoro e dello stato di salute del persona-
© DANIEL A RAGGI
Il 14 marzo scorso, i conducenti di Autopostale e degli Imprenditori Autopostali del Ticino e Moesano si sono riuniti in assemblea, organizzata da syndicom, per discutere delle loro condizioni di lavoro. La partecipazione è stata alta, anche perché nel settore c’è malcontento per la pianificazione dei turni e degli orari di lavoro, sempre più duri e stressanti. I conducenti criticano inoltre l’at-
Dalle professioni | 7
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 INDUSTRIA GRAFICA
Firme per ottenere fatti, non promesse Dal primo gennaio scorso, Tamedia non è più membro dell’associazione padronale viscom, con la quale syndicom e Syna hanno negoziato il nuovo CCL per l’industria grafica. Ma il nuovo contratto deve essere rispettato. Per questo, è stata lanciata una petizione e sono in programma altre iniziative di protesta.
Contratto collettivo di lavoro per l’industria grafica
viscom syndicom Syna
Angelo Zanetti, segretario centrale Andreas Schaffner, responsabile dei tre centri per la stampa di giornali di Tamedia a Zurigo, Berna e Bussigny, ha dichiarato personalmente che il rispetto del CCL non viene rimesso in questione, almeno nel 2016. La sua affermazione è stata ripetuta anche ai sindacati nell’incontro tenutosi lo scorso gennaio. Questa promessa verbale non è però sufficiente: le commissioni del personale di Tamedia e i sindacati syndicom e Syna hanno preteso, già in gennaio, una conferma scritta con la quale Tamedia
2016–2018
s’impegni a rispettare il CCL senza riserva alcuna, oggi e in futuro. Ma a tutt’oggi nessuna risposta è ancora pervenuta. È inaccettabile che Tamedia, il più importante gruppo per la stampa di giornali del nostro paese, dotato di potenti mezzi finanziari, si disinteressi dei propri dipendenti e si ritiri dal partenariato sociale e dalla comunità contrattuale. syndicom esige da Tamedia il ritorno al partenariato sociale e l’applicazione del CCL in maniera giuridicamente incontestabile. Due possibilità
ccl industria grafica
gli vengono offerte: ritornare a far parte dell’associazione padronale viscom, oppure sottoscrivere il CCL attraverso l’ufficio professionale dell’industria grafica. Una terza via non esiste.
Una petizione per ot tenere garanzie Tamedia deve rispettare l’attuale CCL, poiché i partner sociali lo hanno sottoscritto il 14 dicembre 2015, momento in cui Tamedia faceva ancora parte di viscom. Il CCL verrà inoltre dichiarato di obbligatorietà generale il prossi-
mo 1° gennaio 2017. Fino al 2018 Tamedia non può aggirare il CCL. E questo vale per supplementi per il lavoro notturno, l’orario di lavoro e tutte le prestazioni e le obbligazioni contenute nel CCL. Tamedia deve trattenere i contributi per il perfezionamento professionale che permette al personale di seguire gratuitamente i relativi corsi. Tamedia deve partecipare al finanziamento per l’applicazione del CCL e trattenere il relativo contributo ai dipendenti non sindacalizzati. Per tutto questo, syndicom ha
PRESS E MEDIA ELETTRONICI
STAMPA
La Seco ha ricevuto la nostra domanda Insieme per il rafforzamento Anche se con ritardo rispetto a quanto auspicato, abbiamo inviato alla Seco la domanda per decretare d’obbligatorietà dei professionisti dei media in Svizzera generale il CCL dell’industria grafica. L’entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio del prossimo anno e durerà fino alla scadenza del CCL, ovvero il 31 dicembre 2018. D’altro canto, non può essere altrimenti in quanto il decreto sussiste solo se esiste (o è in vigore) un CCL. Il dossier passa ora nelle mani della Segreteria di Stato che darà avvio alla procedura con la pubblicazione della nostra richiesta sul Foglio federale. Il compito del nostro sindacato è adesso quello di informare quei dipendenti che oggi lavorano sprovvisti di un CCL su questa importante novità. E dal punto di vista burocratico, si dovrà preparare, in seno all’Ufficio professionale dell’industria grafica, il programma di controlli sull’applicazione dello stesso CCL. Infatti, l’obiettivo principale di un decreto è proprio quello di controllare l’applicazione di salari, vacanze, orari ecc. Si procederà perciò a dei controlli cosiddetti “normali”, che seguiranno un programma prestabilito, come pure ci sarà la possibilità di fare dei controlli su denuncia, inoltrata sia dai sindacati sia dalla o dal dipendente stesso. Per la prima volta in questo settore, tutti potranno quindi usufruire delle stesse condizioni di lavoro. Fatto questo certamente importante per un’industria grafica costantemente sotto pressione. (AZA)
lanciato una petizione che chiede che Tamedia legittimi e firmi il CCL 2016-18. Firmate la petizione! syndicom continuerà a battersi, prendendo le iniziative del caso affinché Tamedia rispetti il CCL oggi e in futuro! Se Tamedia non ci darà una garanzia, manifesteremo il prossimo 8 aprile davanti alla loro assemblea generale.
Syndicom, SSM, SFJ, impressum si sono incontrate a fine febbraio per discutere del futuro dei professionisti dei media in Svizzera, concordando sul fatto che le 4 associazioni professionali sono chiamate ad affrontare le medesime sfide. Si è deciso di costituire un gruppo di lavoro con i rappresentanti dei diversi sindacati e associazioni per immaginare e testare scenari futuri che prevedano una più stretta ed efficiente collaborazione. Un modo per sostenere e rappresentare con più forza gli interessi della categoria professionale dei media in Svizzera. Il gruppo di lavoro si consulterà regolarmente con i rispettivi gremii, che poi avranno facoltà di decidere sugli eventuali passi da intraprendere. Secondo Stephanie Vonarburg, l’incontro delle quattro organizzazioni ha permesso di focalizzarsi soprattutto sulle sfide che necessitano risposte comuni: il peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori dei media dipendenti e freelance, il taglio di personale nei media, la pressione della commercializzazione delle notizie e gli attacchi politici al servizio pubblico. Nel gruppo di lavoro congiunto, syndicom è rappresentato da Sina Bühler, presidentessa della divisione Stampa e media elettronici, e da Stephanie Vonarburg. (syndicom)
CCL in agenda
Ci troviamo nella anno XIII dell’era del vuoto contrattuale. In Elvezia tutto il settore degli editori della stampa cartacea e online non ne vuole sapere di un contratto collettivo di lavoro (CCL) dei media. Proprio tutto il settore? No! Da quando Asterix, Obelix, Beniamina, Falbalà e i loro associati si sono più o meno accordati nella dura critica verso le condizioni delle galere mediatiche, il CCL della stampa è finalmente tornato sull’agenda. E così è successo che anche Hanspeter “Cesare” Lebrument e il suo Sacro romano impero editoriale nel settembre dell’anno MMXVI ha deciso di abbattere i suoi limiti mentali: le aziende mediatiche si sono poste l’obiettivo annuale di elaborare un contratto collettivo di lavoro per la stampa. Ma senza pozione magica sarà estremamente difficile condurre, e tanto meno vincere, la battaglia per il CCL. Di conseguenza, cari giornalisti, fotografi, produttori, freelance, volontari & Co.: visitate il nostro sito www.mediengav.ch e partecipate al sondaggio CCL per farci capire i vostri desideri riguardo ai contenuti del futuro CCL. E guardate i 23 Galli irriducibili testimonial CCL che dicono perché finalmente rivogliono un CCL per la stampa cartacea nella Svizzera tedesca e in Ticino. Anche se la faccenda è molto seria, ci sono testimonial che parlano di poliziotti e neonati. Il sito web www.mediengav.ch raccoglie informazioni sulla comune campagna CCL di syndicom e impressum e informerà su azioni ed eventi – e a tempo debito sull’avanzamento delle trattative. Gli abitanti del villaggio gallico globale sono invitati a seguirci su Twitter e Facebook! (SV)
TAMEDIA
Dividendi milionari per gli azionisti, soltanto briciole per i dipendenti
massimizzare il profit to Il settore Digital di Tamedia continua a crescere e contribuisce con il 22 e il 31% (Ebit ed Ebitda) al risultato del gruppo. Comunque syndicom ricorda che gli investimenti nel digitale sono stati finanziati con i profitti del settore Print (prodotti stampati). E gran parte dell’utile con-
tinua a essere fatto nel settore stampa. syndicom è preoccupato per l’atteggiamento di Tamedia, che massimizza il profitto a scapito delle condizioni di lavoro e limitando sempre più gli investimenti nel settore giornalistico: senza un impegno chiaro a favore della qualità giornalistica, in futuro Tamedia rischia di sacrificare la sua vocazione di base trasformandosi in un’impresa puramente commerciale che ha a cuore soltanto i suoi azionisti! A causa del difficile mercato pubblicitario, il fatturato della stampa cartacea si è ridotto del 7%. Ciò nonostante, il margine Ebitda del settore stampa regionale e nazionale si situa al livel-
lo comunque molto elevato del 15,7% e del 19,3%. Per i 7 membri della Direzione generale, le retribuzioni sono aumentate di oltre il 74%, per un totale di 15,4 milioni di franchi! Il dividendo per gli azionisti aumenta a circa 48 milioni. Ai 3’366 dipendenti toccano le briciole di questa festa, con soltanto 14,9 milioni di franchi di “partecipazione agli utili”. Quota meritata, perché sono loro gli artefici di questi guadagni, ma questi 14,9 milioni sono poca cosa rispetto ai guadagni della direzione e degli azionisti. E, invece di un aumento duraturo dei salari, si tratta di un bonus eccezionale per i dipendenti.
un chiaro Sì a favore dei ccl Con questi risultati economici e considerando la posizione dominante del gruppo nella stampa dei giornali e come editore, è davvero scandaloso che Tamedia abbia abbandonato il partenariato sociale per il contratto collettivo di lavoro (CCL) dell’in-
dustria grafica. syndicom esige che Tamedia reintegri immediatamente il CCL dell’industria grafica e si impegni chiaramente e inequivocabilmente per negoziare un equo CCL per i giornalisti in Svizzera tedesca e in Ticino. (syndicom)
© TAMEDIA ZÜRICH
Le cifre rese note da Tamedia sull’esercizio 2015 sono ancora una volta molto buone. Nessun’altra azienda mediatica ha raggiunto un risultato di 334 milioni di franchi e un margine di utile del 22,9% prima degli ammortamenti (margine Ebitda) e del 12,3% dopo gli ammortamenti (margine Ebit).
8 | Communico 2016
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
MAKI SHIMIZU
STUDIO MUT
Un segno tra Oriente e Occidente
La vitalità dell’ibrido
Viene da lontano l’illustratrice Maki Shimizu. Non soltanto dalla Germania, dove si è formata e dove lavora, ma porta con sé il Giappone natale, con la sua cultura e l’interesse per il segno (presente anche nella scrittura nipponica). Il tratto delle sue illustrazioni racchiude il felice incontro fra Oriente e Occidente.
Da Bolzano, enclave germanofona in terra italiana, i graphic designer dello Studio Mut hanno saputo sintetizzare il meglio delle due culture. Il risultato sono soluzioni comunicative semplici ed efficaci, per cogliere l’identità delle aziende per cui lavorano.
rie che si celano dietro ai luoghi e agli individui che incontra. Decide così di trasferirsi definitivamente in Germania e dopo la laurea in Graphic Design a Bielefeld, nel 2006 si sposta a Berlino in una comunità di designer indipendenti.
Che cosa ci racconta un tratto nero su un foglio bianco? Forse una cavalcata sulla giostra sotto la Tour Eiffel? Una ricerca scientifica sulla Luna? Oppure il volo notturno di un Piper con le ali gialle? Forse. Basta un segno deciso ed ecco che ci possiamo immergere in qualcosa di nuovo. La chiave per potere proiettarsi ovunque. Questo “ovunque” Maki Shimizu lo rappresenta con una formula molto particolare. Nata a Tokyo, si forma ben presto con il tratto gentile e sicuro che la cultura nipponica imprime nella vita di tutti i giorni. La sete d’arte e una frase specifica di Picasso (“l’arte è una bugia che ci permette di riconoscere la verità”) la portano fino in Europa e più precisamente in Germania. Si spinge a viaggiare attraverso la terra di Goethe scoprendo città, paesi e persone che le fanno nascere un amore profondo per le sto-
Una miscela poetica Questo crogiolo di culture e di creatività dà origine a una miscela poetica che combina Oriente e Occidente. Maki sfrutta questo miscuglio di esperienze e riversa tutta la sua qualità espressiva nel disegno. Ad esempio, i suoi ritratti eseguiti con un tratto pulito colgono l’essenza della persona e i colori intensi donano una vita propria all’immagine. Anche le illustrazioni per bambini si riempiono di un’improvvisa allegria, come mostrano le immagini presenti sul suo sito www.makishimizu.com. Il suo felice tratto diventa l’elemento descrittivo di un parco giochi, di un albero che sorregge un gattino o di un quartiere parigino. Il gruppo Visual Project è davvero felice di poter ospitare Maki Shimizu alla giornata del design e della comunicazione visiva Communico 2016. È l’occasione ideale per potersi immergere completamente nel suo mondo multicolore e multietnico. Micha Dalcol, membro Visual Project
Lo studio Mut agisce in una realtà ibrida, mescolata e frammentata. È la realtà di Bolzano, terra di attraversamenti, enclave di cultura germanica in Italia, dove la minoranza italiana subisce talvolta il dominio della maggioranza germanofona e dove il confronto tra le varie culture è fonte di criticità e di fecondità. La natura del contesto culturale nel quale lo Studio Mut opera si ritrova, con una certa buffa bizzarria, nel modo in cui i due soci, Thomas Kronbichler e Martin Kerschbaumer, costruiscono la qualità del proprio lavoro. Con una formazione all’università di Bolzano alla facoltà di Design e Arti, hanno attraversato esperienze formative e professionali in vari luoghi europei, dove si sono sentiti particolarmente italiani: «In Germania abbiamo trovato una concentrazione molto maggiore sul mestiere di grafico, su come usa-
re l’attrezzatura, su come funziona una stampa. Noi eravamo più colti, più astratti, aperti, con un pensiero differente, carenti sulle conoscenze del mercato e del mestiere». Lungo il corso della propria esperienza, i due soci hanno acquisito il gusto per la concretezza del rapporto con la produzione industriale e commerciale: «È bello lavorare per ditte che hanno un prodotto perché tu sei e puoi essere la voce di una cosa e ciò è molto democratico. Se fai una pubblicità per una caramella è una cosa democratica, anche se sembra strano: parli a tutti». Pur essendo attivi soprattutto nel mondo della produzione culturale (università, convegni e riviste soprattutto di architettura; musei; festival) i soci dello Studio Mut sono fortemente attratti dal mondo commerciale (qualche esempio interessante del loro lavoro riguarda i produttori di vino). Architet ti della grafica Lungo il corso della loro esperienza hanno anche corroborato e consolidato il proprio metodo, convincendosi di quanto il lavoro grafico debba essere il frutto di una progettualità autonoma dalla cultura architettonica: «Il graphic design è un concetto che preferiamo a quello di grafica e di comunicazione, definisce l’attività di qualcuno che è un architetto della grafica, un progettista». In questo aspetto, per confermare la natura ibrida della loro anima, si sentono un po’ meno italiani: «In Italia il design lo fanno gli architetti, la grafica la fanno
gli architetti, anche il design del prodotto lo fanno gli architetti e per fortuna ci sono esperienze che dalla Svizzera, dall’Olanda, dalla Germania riescono a scalfire questo dominio che caratterizza la Penisola». Italiani all’estero, un po’ stranieri in patria: è il destino delle persone in transito. Dar voce all’anima Colpisce, poi, come un gruppo di lavoro connotato dalla natura ibrida possa rivendicare, nella presentazione della propria attività, la capacità di promuovere l’identità dei propri clienti. Chiedo a Thomas Kronbichler cosa intende per identità e la sua risposta è molto interessante: «In molti casi l’azienda parte con una identità propria: uno inventa una cosa e vuole fare soldi con questa cosa; dieci anni dopo ha cinquanta dipendenti e l’identità si smarrisce, svanisce; a quel punto noi interveniamo e facciamo domande illecite: perché volete vendere questa cosa, pensate di essere più bravi degli altri, vi interessa solo il risultato commerciale? È in quel momento che scopri quanto sia importante l’obiettivo di cambiare il mondo, un piccolo aspetto del mondo, producendo un foglio più bianco degli altri o una sedia più bella e così individui l’anima dell’azienda e lavori a comunicare questa anima; vale anche per un evento, un festival, una mostra e il nostro compito è di dare voce all’anima individuata traducendola in una lingua democratica». Ecco così per esempio che il lavoro prodotto per i fioristi Schullian, per festeggiare il compleanno del fondatore Franz, si colora della vita del racconto e non solo della gioia effimera di comunicare l’importanza di un commerciante di fiori in una città mitteleuropea, crogiolo di culture e di velleità identitarie contrastanti. Vito Calabretta, critico d’arte e giornalista freelance
concorso manifesto
Un nuovo font per un eve
Communico 2016 Giornata del design e della comunicazione visiva Sabato 16 aprile 2016 Aula Magna SUPSI, Trevano 14.00 – 18.30 Conferenza di Gianluca Grossi (reporter e fotografo, Bellinzona), Maki Shimuzu (illustratrice, Berlino) e Studio Mut (graphic designers, Bolzano) 18.30 – 20.00 Aperitivo
Tariffe Prezzo pieno 45.Studenti e apprendisti 25.Soci syndicom gratuito Iscrizione: www.communico.info Informazioni: nicola.morellato@syndicom.ch tel. 058 817 19 64
Gianluca Grossi reporter e fotografo Bellinzona
Maki Shimizu illustratrice Berlino
Sabato 16 aprile 2016
Conferenza 14.00 – 18.30 Aperitivo 18.30 – 20.00
Organizzatori
Communico 2016 Aula Magna SUPSI Trevano
Studio Mut graphic designers Bolzano
Giornata del design e della comunicazione visiva Sponsor
La diciannovenne Elisa Perler, di Comano, ha realizzato il manifesto di Communico 2016. Il suo progetto grafico è stato scelto tra le proposte elaborate dagli studenti della Sezione grafica CSIA e della Comunicazione visiva della SUPSI che hanno partecipato al concorso proposto da syndicom. «Nella ricerca – spiega Elisa – ho trovato che communico è una parola latina che significa accomunare, mettere in comune, condividere. Quindi ho deciso di sovrapporre i cerchi in trasparenza accomunandoli. Inoltre tra di loro condividono lo spazio, creando queste trasparenze e nuovi colori in comune. Anche osservando l’immagine di syndicom ho notato che erano presenti questi ovali. Così ho cercato di creare un font tenendo questa linea e i colori. Il font che ho creato si basa su cerchi e linee che formano i vuoti delle lettere. Con queste ho scritto il nome dell’e-
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syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
INTERVISTA a gianluca grossi
Il giornalismo è avventura e dissidenza Il reporter ticinese Gianluca Grossi si racconta a tutto tondo. E rivela le origini della sua passione, il passaggio dalla televisione al giornalismo freelance: libero, impegnato e coraggioso, a seguire le vie della migrazione o le ragioni del terrorismo.
La seconda Intifada ce l’ha raccontata da Gerusalemme, fra bombe quotidiane e attentati suicidi, perché c’era quando è scoppiata. La guerra del 2006 in Libano l’ha filmata giorno dopo giorno. E così le guerre di Gaza, ad esempio. O l’invasione dell’Iraq. Dell’Afghanistan. La guerra in Siria. Altre, ancora. Un giornalista da terreno lo era già quando lavorava per il Telegiornale (RSI) e aveva avuto la possibilità di documentare il grande terremoto del 1999 in Turchia, oppure, l’anno successivo, la tragedia della funicolare a Kaprun, in Austria: non chiedeva altro che partire. È ancora il suo occhio, oggi, a seguire i passi dei migranti che attraversano l’Europa, in fuga dalla Siria e da altri paesi. Andrà avanti così finché ci saranno storie da raccontare e la forza per farlo. Perché tutti abbiamo bisogno di storie, ci spiega, e perché il mondo non si racconta mai abbastanza. Nella nostra chiacchierata – che definisce una dichiarazione d’amore nei confronti della sua professione – parliamo di coraggio, di volontà e della forza delle immagini.
Come mai è diventato reporter? Ho sempre voluto fare questo mestiere. Mio padre, che era un grande narratore di storie, mi portava nelle tipografie. Usavano ancora il piombo. Mi ricordo ancora molto bene quegli ambienti, l’odore dell’inchiostro, il momento in cui il mio nome usciva su un pezzo di piombo composto da una linotype. Da ragazzo giravo per Bellinzona in bicicletta, a caccia di piccole notizie, poi su una vecchia Olivetti scrivevo quello che avevo visto. Cose che evidentemente restavano sul mio tavolo e nessuno leggeva. Il 28 aprile 1976 (avevo nove anni) ci fu la tragedia di Sant’Antonino: un pulmino venne travolto da un treno a un passaggio a livello incustodito. Morirono sette bambini e l’autista. Mio papà, che avrebbe scritto un articolo su questo tragico evento, mi portò con sé. Non c’erano più i corpi, ma ovunque c’erano, sparpagliati lungo i binari, scarpine, cartelle, matite, fogli, indumenti colorati. Quella scena mi segnò per sempre. L’ho ritrovata nelle guerre che ho documentato. Dopo l’esplosione di una bomba, mi è capitato di rivedere gli stessi oggetti sparpagliati tutt’attorno. Resti di giovani vite. Dopo gli studi ho lavorato due anni a Zurigo per un’agenzia pubblicitaria, poi ho partecipato a un concorso per il Telegiornale e sono rientrato in Ticino. Mi mandavano sempre in giro, anche perché non chiedevo altro. Dopo un paio d’anni, mi sono accorto che si viaggiava sempre meno e si utilizzava, invece, sempre più materiale realizzato da altri, dalle agenzie internazionali. Non mi
ento che accomuna vento ‘‘Communico’’. L’unica eccezione è la ‘‘i’’ che, per coerenza e non togliere l’equilibrio, l’ho inserita dentro un cerchio». Per l’elaborazione del progetto, gli studenti della CSIA hanno lavorato da soli, a casa, con i consigli di alcuni docenti. «Dopo aver creato il font – racconta Elisa – ho scoperto che somiglia a un lavoro di Josef Müller-Brockmann, uno dei maestri della grafica svizzera, con alcuni bolli sovrapposti e con le trasparenze». Elisa ha sempre avuto una passione per il disegno e la grafica. «Forse viene da mio padre, che come operatore pubblicitario mi ha portato spesso con lui, a vedere i suoi lavori e ad aiutarlo. In futuro mi piacerebbe restare nel campo della grafica. L’anno prossimo andrò in Germania per uno stage, poi mi piacerebbe studiare all’ECAL, anche per capire dove va la grafica nell’epoca del web». (GV)
piaceva. Non potevo raccontare il mondo senza averlo prima visto con i miei occhi. Non mi sembrava onesto nei confronti del pubblico. E così, sono diventato un freelance. Non dev’essere stato facile, lasciare un lavoro che le piaceva, e che era sicuro, per qualcosa che non conosceva. Ricordo perfettamente quando lo dissi a mio padre. Dentro di me avevo deciso, ma la sua reazione mi procurò una grande serenità: mi disse che, se avesse avuto la mia età, avrebbe fatto lo stesso. Sarebbe partito. Papà ci aveva sempre raccontato un’infinità di storie. Così, ad esempio, riusciva a farci fare scarpinate impensabili in montagna, fin da piccoli. Usava i racconti per darci forza. Noi lo seguivamo. Credo che i racconti diano forza. Anche agli adulti. Tutti vogliamo sentirci raccontare delle storie. Ci interessa quello che succede agli altri per poterlo misurare con la nostra vita. Di fronte alla finzione, ci lasciamo andare, ci immedesimiamo. Quando, invece, la storia che ci viene raccontata è vera, tendiamo a prenderne le distanze. È inevitabile: lo facciamo per conservarci, per proteggerci. Senza questo filtro, di fronte al racconto della morte di un bambino su una spiaggia turca lasceremmo tutto quello che stiamo facendo, cambieremmo forse addirittura la nostra vita per impedire che succeda di nuovo. E invece non lo facciamo. La verità è osservabile soltanto attraverso un filtro. Ha scelto di filmare e fotografare lei stesso quello che raccontava... Ho sempre osservato tanto. Tutti noi lo facciamo, ma per alcuni diventa un mestiere. Osservavo e mi chiedevo come avrei potuto mostrare agli altri ciò che avevo visto. Volevo che fosse il mio occhio a raccontare. Credo fortemente nella soggettività: è la sola garanzia di onestà per le storie che racconto. Ecco perché ho fondato una casa di produzione e mi sono trasferito a Gerusalemme. Mi sono attrezzato, ho comprato un computer, una videocamera e ho cominciato a montare i miei pezzi. La prima volta ci sono volute otto ore per confezionare un minuto e mezzo, e forse non era nemmeno un granché. Poi
si impara: si fatica, si sbaglia e si impara. Credo molto nella forza e nell’energia delle immagini, quelle che raccontano la realtà. Andrebbero lasciate libere di urlare, e invece vengono soffocate dalle parole. Peccato. Come promuovere la qualità nell’informazione attuale? Mi guardo attorno, in Svizzera, in Europa e altrove e concludo che l’informazione (in particolare quella televisiva, che mi è familiare) deve tornare a rivendicare la propria autorevolezza nei confronti dei poteri, al plurale, si badi. La politica è soltanto uno fra i tanti. Secondo problema: c’è stato un golpe dei contabili. La loro azione è così pervasiva che sono in grado, indirettamente, decidendo dove vanno (e dove non vanno) i soldi, di dettare i contenuti, di scegliere ciò di cui si parla e ciò che, invece, va trascurato. Nelle redazioni non circola adrenalina. Direi, piuttosto, cloroformio. Il massimo dell’avventura? Una conferenza stampa. Lo sguardo sul mondo? Quello fornito dalle grandi agenzie (multinazionali dell’informazione) che producono immagini. Sono loro a decidere di che cosa parlare e come parlarne. Chi ci garantisce che raccontano la verità? Eppure, prendiamo tutto per buono. C’è un problema. Di libertà. Di verità. Il mondo non si può osservarlo restando seduti davanti allo schermo di un computer. Per chi vuole raccontarlo e spiegarlo è indispensabile uscire dalle redazioni, camminare, viaggiare, incontrare persone e parlare con loro, mettersi alla ricerca dei collegamenti sotterranei fra un evento e l’altro. Tutto si tiene: le guerre, i flussi migratori, la povertà, la violenza, il terrorismo, ciò che accade vicino a noi e ciò che accade lontano. Raccontare significa mostrare la tela delle relazioni che legano un fatto con un altro. Quello del giornalista è un mestiere semplice, ma è diverso da tutti gli altri. Se scegli di farlo è perché davvero non potresti vivere senza. Non potresti immaginarti di farne un altro. E soprattutto non potresti mai accettare di farlo da seduto. Il giornalismo è avventura e dissidenza. Intervista di Priscilla De Lima
Gianluca Grossi Nato il 1° marzo 1967, è giornalista indipendente. Ha raccontato i principali conflitti in Medio Oriente e in altre zone del mondo. Ha studiato all’Università di Francoforte e Zurigo, dove ha conseguito il Dottorato in Letterature comparate. Reporter, cameraman e fotografo, ha fondato e dirige l’agenzia Weast Productions, attiva nella produzione giornalistica in Svizzera e all’estero. Nel 2008 presenta, alla Galleria Job, Scatti di guerra, fotogrammi dai conflitti e con Una giornata a Nablus vince il Premio Corner Bank per il miglior reportage televisivo. Nel 2009 viene premiato come “Giornalista svizzero dell’anno per la Svizzera di lingua italiana”. Nel 2010 propone i suoi filmati inediti nell’esposizione Guerre. Dieci anni di immagini al Castello di Sasso Corbaro a Bellinzona. Nell’autunno 2012 presenta Il resto della vita, un’esposizione fotografica dedicata alle vittime delle guerre. È curatore di SpazioReale, una struttura espositiva dedicata alla fotografia giornalistica e documentaristica presso l’Antico Monastero delle Agostiniane a Monte Carasso. Nel settembre 2014 cura il volume Evidence (Salvioni Edizioni) e l’omonima esposizione dedicati al fotografo Andy Rocchelli, ucciso in Ucraina dell’Est da un mortaio nel maggio dello stesso anno. In aprile uscirà il suo nuovo libro.
Iscrizione: www.communico.info Informazioni: nicola.morellato@syndicom.ch tel. 058 817 19 64
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syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
Alain Carrupt lascia la scena
«È un privilegio poter fare della propria passione un lavoro» A fine febbraio Alain Carrupt ha abbandonato il suo incarico di presidente di syndicom. È stato impegnato nei sindacati per oltre 30 anni, prima come volontario e dal 1994 come professionista. Ora si sta lentamente ritirando: ha ridotto le sue ore lavorative per motivi di salute e ha assunto altre mansioni. Nell’intervista, parla della sua “natura” sindacale, dei suoi ricordi, della divisione delle PTT e del futuro di syndicom. Intervista di Bruno Schmucki «I miei genitori, oggi pensionati, erano buralisti postali», ricorda Alain Carrupt. «Anche mio fratello ha lavorato alle Poste. Il sindacalismo è sempre stato una solida tradizione nella nostra famiglia. Mio padre ha presieduto una sezione del Sindacato dei buralisti postali (SBP) e mio fratello una sezione dei funzionari postali (SSFP). Quando hanno saputo che sarei andato a lavorare alla Direzione delle Telecomunicazioni di Sion, i due mi hanno parlato molto chiaro. E io ho capito bene il loro messaggio, tant’è che mi sono iscritto subito all’Associazione svizzera dei funzionari dei telefoni e dei telegrafi (ASFTT)».
menti ai nostri membri. A ogni assemblea si congratulavano calorosamente con noi. Dopo, la situazione si è terribilmente inasprita. Dalla metà degli anni Novanta abbiamo dovuto (troppo) spesso batterci per difendere diritti già acquisiti o per attenuare le conseguenze di ristrutturazioni che
Bruno Schmucki: Hai lavorato per le PTT per 17 anni. Più tardi hai vissuto dal vivo e accompagnato da vicino la suddivisione in Swisscom e Posta da sindacalista. Come è stato per te gestire questo fatto? Quali sono stati i momenti culminanti in questo processo? Alian Carrupt: All’epoca era difficile prevedere le conseguenze di questa evoluzione. Mi ricordo gli intensi dibattiti in seno all’Unione PTT sulla questione dell’indizione del referendum contro le leggi che regolavano contemporaneamente questa separazione e l’apertura dei mercati delle telecomunicazioni della Posta. La tensione era alle stelle. Dopotutto una maggioranza si era disimpegnata per rinunciare a questi referendum. Le ragioni erano molteplici, la principale era la mancanza di sostegno politico. Ma anche l’introduzione delle “clausole sociali” nelle relative leggi. Di fatto un referendum fu poi indetto dall’estrema sinistra e sostenuto da diverse sezioni dell’Unione PTT. Ma senza successo visto che non erano state raccolte le firme sufficienti. Comunque rimane difficile dire, nonostante il regresso, se le decisioni prese ai quei tempi fossero giuste o meno. Per fortuna, nonostante le fortissime divergenze sulla questione, l’unità sindacale è rimasta intatta. Una delle conseguenze della separazione delle PTT e di queste aperture del mercato è stata un rapido avvicinamento delle forze sindacali all’interno delle PTT e l’adeguamento dei nostri Statuti alla nuova realtà. Statuti che furono modificati per permettere il passaggio da un sindacato aziendale a un sindacato di settore. Questa fu la base della creazione del Sindacato della comunicazione.
Il sindacato, il “tuo” sindacato, si è trasformato fortemente negli ultimi 28 anni in cui hai lavorato per e nel sindacato. La strada dalla ASFTT all’Unione PTT e poi al Sindacato della comunicazione per finire a syndicom è stata lunga. Cosa è cambiato, e cosa invece è rimasto uguale? Nei miei primi anni d’impegno a livello nazionale avevamo il grande piacere, ogni anno, di presentare la lista dei migliora-
si sono succedute a un ritmo sostenuto. Inoltre siamo passati da partner sociali di un’azienda, le PTT, a partner sociali di una decina di imprese, senza avere sempre le risorse sufficienti per adempiere appieno a questo nuovo ruolo. Questa trasformazione, oltre ad avvicinare le forze sindacali, ha avuto come conseguenza un altro cambiamento radicale. Da sindacato che “rivendicava” siamo diventati un sindacato che “lottava”. Da sindacato piuttosto corporativista siamo diventati un sindacato multisettoriale. Quello che è rimasto identico è l’impegno tuttora molto importante dei nostri militanti. Pochi sindacati possono fare affidamento su così tanti fiduciari impegnati, sia a livello di sezione (a dei gradi diversi in base alle sezioni) che a livello degli organi centrali e di divisione. Senza dimenticare l’intenso lavoro, sempre al di là del dovuto, dei dipendenti e delle dipendenti (a tutti i livelli) del sindacato. I nostri lavoratori e le nostre lavoratrici svolgono un super lavoro con tanta dedizione.
A quali momenti ti piace ripensare? Quali sono stati difficili invece? Il mestiere del sindacalista è molto duro. Si ricevono molti colpi e si vivono momenti terribili. Ma è anche un arricchimento permanente dal punto di vista umano. Mi
« I più bei momenti rimarranno i migliaia di incontri vissuti, di scambi, di emozioni condivise e soprattutto la solidarietà sentita durante le lotte sindacali, specialmente durante gli scioperi» sono sempre sentito privilegiato di poter fare del mio impegno anche il mio mestiere. Nei momenti più difficili mi sono sempre ricordato di questa fortuna. I più bei momenti rimarranno i migliaia di incontri vissuti, di scambi, di emozioni condivise e soprattutto la solidarietà sentita durante le lotte sindacali, specialmente durante gli scioperi. Il colpo più grande è stato l’annuncio nel 1998 della soppressione di seimila impieghi da parte di Swisscom con l’inevitabile pronunciamento di licenziamenti. Io l’ho saputo il giorno stesso in cui si teneva un’assemblea dei delegati e me lo ricordo ancora come fosse ieri. Quando ho fatto l’annuncio ai delegati, ero in totale stato di shock. Generalmente i momenti più duri sono stati sempre strettamente legati ai “danni”, troppo spesso sottovalutati, provocati alle persone dai licenziamenti e dalle ristrutturazioni.
Con quali strategie e quali idee syndicom saprà gestire il futuro? Quali sono le maggiori sfide? syndicom è ben armato per il futuro. Le priorità fissate fino al congresso sono ragionevoli e dovranno essere messe in atto con determinazione. Il rafforzamento della presenza sindacale nelle aziende, il maggior sostegno verso i fiduciari e la continuazione di una politica molto attiva in materia di CCL saranno gli elementi chiave per affrontare le sfide rappresentate da un inasprimento delle condizioni di lavoro, dall’individualismo crescente e soprattutto dall’avanzamento del progresso della digitalizzazione e della “disumanizzazione” drammatica che tutto questo causa. Io sono fiducioso riguardo al futuro di syndicom e dei sindacati in generale. Ma bisogna che tutte e tutti, a ogni livello (dipendenti dei sindacati, militanti attivi, membri e non membri) abbiano sempre bene in mente che soltanto la solidarietà e l’azione collettiva portano dei frutti e permettono ai lavoratori e alle lavoratrici di difendersi efficacemente e di migliorare la loro situazione e che l’individualismo invece è un vicolo cieco. E oso concludere con un appello: se ognuno dei nostri iscritti reclutasse un/a collega di lavoro convincendolo/a della necessità della solidarietà e del sindacato, il futuro delle persone che difendiamo si presenterebbe sotto prospettive assai migliori…
Donne | 11
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 legge federale
WORK & CARE
Donne, eliminare le Chiesta una flessibilizzazione differenze salariali senza perdite salariali
L’effettiva realizzazione della parità salariale non è stata ancora raggiunta. La differenza salariale nell’economia privata attualmente ammonta al 15,1 per cento (UFS, Rilevazione struttura dei salari RSS 2014). Il progetto riguardo al “dialogo sulla parità salariale”, che si basava su verifiche salariali volontarie, è fallito: con soltanto 51 aziende partecipanti, l’obiettivo delle 100 non è stato nemmeno lontanamente raggiunto. Tra l’altro, quasi la metà di queste aziende sono statali o parastatali. Per realizzare il mandato costituzionale, vecchio ormai di ben 35 anni, di un salario uguale per un lavoro di uguale valore, urgono misure statali vincolanti. Ecco perché syndicom considera fondamentale eseguire analisi salariali regolari, almeno ogni tre anni. Fino al 2020 questo provvedimento dovrà essere messo in pratica per la prima volta presso tutte le aziende. Nel farlo, la responsabili-
Il work & care rientra tra i temi principali della Posta anche perché ne è interessato più di un quarto dei lavoratori. In caso di malattia di un familiare, la Posta offre modelli di orari di lavoro flessibili, consulenza di sostegno e una settimana di assenza non retribuita. Rita Torcasso* La Posta occupa circa 45mila lavoratori. Il contratto collettivo di lavoro (CCL) prevede che in caso di malattia del coniuge, di un genitore o di un figlio, si abbia diritto a una settimana di congedo retribuito per l’organizzazione familiare. «Nel 2015 sono state 3’464 le persone che si sono avvalse di questo congedo», afferma Verena Jolk del dipartimento Comunicazione personale. Il CCL regola anche il supporto ai lavoratori con funzione di assistenza familiare: «Il datore di lavoro sostiene questi ultimi nell’espletamento dell’obbligo di assistenza. Il sostegno può avvenire, tra l’altro, pianificando gli incarichi di lavoro, adeguando la situazione occupazionale e/o concedendo congedi non retribuiti». Il saldo dell’orario di lavoro annuale consente inoltre una certa flessibilità: nella compensazione annua è possibile trasferire all’anno successivo un surplus di 100 ore e un ammanco di 50 ore. È anche possibile accumulare un conto di risparmio in tempo più a lungo termine; il tempo risparmiato deve essere percepito entro cinque anni. «Non sappiamo a che scopo vengano utilizzati tali crediti di tempo», afferma Verena Jolk.
tà per i controlli regolari non deve essere delegata soltanto alle aziende e agli organi esterni di controllo. Anche lo Stato deve diventare attivo e verificare i controlli salariali interni alle aziende attraverso controlli a campione. Inoltre, nel caso di una non ottemperanza alla legge – ovvero nel caso che questi controlli non vengano effettuati, o se non vengono pubblicati i risultati e nel caso di una rinuncia a correggere una discriminazione salariale evidenziata – devono seguire sanzioni statali. Per syndicom è importante che nei controlli delle aziende i sindacati vengano obbligatoriamente coinvolti e possano essere rappresentati in una commissione tripartita federale. Soltanto così verrà garantita la trasparenza nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
* Patrizia Mordini è responsabile delle pari opportunità syndicom.
© ERIC ROSET
consulenza e rete interna
8 marzo 2016 Manifestazione ∙ Donne e lavoro, finché morte non vi separi
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MOVE, la rete interna della Posta, si occupa del tema della conciliabilità tra lavoro e famiglia. Essa comprende esplicitamente anche il tema del “work & care”. Secondo un sondaggio condotto nel 2012 a Postfinance, ne è interessato attualmente o nel prossimo futuro il 27 per cento dei dipendenti. Le persone oggetto di assi-
© KEYS TONE
Nel suo progetto relativo alla modifica della legge federale sull’uguaglianza tra uomo e donna (Legge sulla parità dei sessi LPar), il Consiglio federale ha illustrato le misure statali programmate. Per syndicom, il progetto di legge è troppo annacquato e per questo chiede ulteriori misure. Inoltre, nella lotta alla discriminazione salariale la Confederazione deve assumersi una maggiore responsabilità. Patrizia Mordini*
I dirit ti dei dipendenti La legge prevede che i dipendenti con obblighi familiari non debbano svolgere ore straordinarie. L’articolo 324 del Codice delle obbligazioni stabilisce fino a tre giorni di congedo per potersi organizzare, ma non regola chiaramente il pagamento continuato della retribuzione. Diritto in altri paesi. Assenze retribuite: 10 giorni (Germania, Slovacchia, Canada), 1-2 anni in caso di grave malattia (Belgio e Spagna), 100 giorni l’anno (Francia), 3 giorni/mese (Italia). Legge in materia di cure: in Germania si ha diritto a sei mesi di congedo per assistenza con tutela contro il licenziamento. Un fondo per il risarcimento delle cure concede prestiti a interessi zero.
stenza sono costituite dal 13 per cento di coniugi, 58 per cento (genitori) e 29 per cento altri familiari quali nonni, sorelle e fratelli. Ogni mese, si ricorre in media a 24 ore per la cura dei familiari. Verena Jolk illustra le principali esigenze dei lavoratori che prestano assistenza: «Chi presta delle cure apprezza una determinata flessibilità del lavoro, una comunicazione aperta e rispettosa e la comprensione della loro situazione; tali persone richiedono in particolare delle possibilità di flessibilizzazione senza perdite salariali». La Posta offre loro
supporto gratuito attraverso la consulenza sociale interna. «Essa opera in rete anche con punti di riferimento regionali e informa in merito a diritti garantiti dalla legge». Nel 2015, 140 dipendenti si sono avvalsi di questa consulenza nell’ambito della conciliabilità tra lavoro e famiglia. Verena Jolk sottolinea: «Il work & care svolge pertanto un ruolo importante alla Posta poiché il 40% dei lavoratori ha un’età superiore a 50 anni».
* Rita Torcasso è giornalista freelance.
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Ritratto Diritto | 13
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 POSTA
Una donna determinata
Eveline Bader è una grande donna che non ha peli sulla lingua. Nel 2010 ha perso il suo impiego a tempo parziale alla Posta dove lavorava da quattro anni come postina. Non si è trattato, come il suo superiore le ha ripetuto incessantemente, di un licenziamento bensì del mancato rinnovo del suo contratto. Ma per lei non cambia molto. Katrin Bärtschi
Un altro paese, un’altra vita Nonostante sia passato del tempo, Eveline continua a non capire i motivi del mancato rinnovo del suo contratto con La Posta: «Mi è stata versata un’indennità di uscita, pertanto le loro ragioni
non erano irreprensibili», afferma. E aggiunge: «Oggi non ci penso più. Preferisco investire altrove le mie energie!». In particolare per la creazione del suo studio di ricostruzione unghie. Dopo una formazione di un anno, Eveline ha conseguito recentemente un diploma di ricostruzione unghie. «La creatività occupa nuovamente un posto importante nella mia vita. È davvero importante per me creare qualcosa che mi appartenga». Tra qualche anno Eveline desidererebbe ritornare a vivere con suo marito in Tunisia, il suo paese d’origine.
©MARGARETA SOMMER
«Ora devo arrangiarmi con diversi lavori», esordisce Eveline Bader. Era approdata alla Posta tramite un contratto di fornitura di personale a prestito, quando il Gigante giallo era ricorso al personale ausiliario attraverso la sua filiale Presto per garantire il recapito della posta. Oltre al suo lavoro nel recapito mattutino per Presto, Eveline ha lavorato inizialmente come postina per due ore, poi da sei a sette ore al giorno, un incarico che le piaceva molto: «Per avere il pomeriggio libero mi alzo volentieri all’alba. E il lavoro di recapito è molto vario». Da quando ha perso il suo impiego alla Posta, la vita di Eveline è diventata più difficile. «Oltre alla distribuzione di giornali al mattino presto, ho anche accettato un incarico importante per una ditta di pulizie. Inoltre, sono impiegata presso un grande distributore che effettua inventari regolari e quest’anno lavorerò per la quarta stagione estiva consecutiva al chiosco del Marzili, un lavoro che mi piace molto».
Vivere in base ai propri ritmi «Laggiù potrei decorare le mani delle spose. Probabilmente manterremo un appartamento con due locali qui in Svizzera che potrebbe essere utilizzato anche dai nostri parenti tunisini che vivono nel resto dell’Europa. E se non riusciremo a stabilirci in Tunisia, potremmo ritornare qui, anche se talvolta faccio fatica ad adattarmi allo stile di vita svizzero. Soprattutto al ritorno dalle vacanze in Nord Africa. La Svizzera mi appare allora particolarmente “tesa”. Per non parlare dello stress costante! Stress dovuto alla puntualità e al denaro. Qui nulla è gratuito. In Tunisia, invece, si può vivere molto più in base
ai propri ritmi. Qui non è possibile, c’è sempre un superiore che guarda l’orologio. Dopo aver terminato il lavoro, ci si riposa su un’amaca senza pensare alle mille cose che restano da fare. Amo questo stile rilassato e il poter disporre di tempo, per ore. La vita in Tunisia presenta anche degli svantaggi, ma non contano molto per me. L’igiene non corrisponde assolutamente ai nostri standard e il paese è caratterizzato da un clima d’incertezza politica. Dalla caduta del dittatore Ben Ali, si vedono per strada sempre più gruppi di donne comple-
tamente velate. Questo mi mette a disagio e mi fa anche un po’ paura. Il fazzoletto per la testa non è mai stato un problema per me, ma non vedere più gli occhi e neppure le espressioni del viso mi disturba e mi inquieta più della presenza dei carri armati e dei militari».
Il ruolo del sindacato «È molto difficile trovare un impiego qui in Svizzera», ammette Eveline, che ha da poco compiuto 47 anni. «La mia età costituisce di per sé un ostacolo nel mercato del lavoro. Oppure risul-
to iperqualificata, pur accontentandomi di un salario modesto. Se trovassi un impiego al 50% o al 60%, non avrei più bisogno di fare diversi lavori e neppure di organizzare incessantemente i miei spostamenti da un posto all’altro. Ben inteso, è fondamentale che il lavoro mi piaccia. Altrimenti sono aperta a tutto ciò che mi permetta di garantire la mia esistenza parallelamente al mio studio per la ricostruzione unghie». Da poco, Eveline ha nuovamente un posto di lavoro a un tasso di occupazione ridotto nel servizio interno della Posta. «Se solo ne venisse fuori qualcosa di più, sarebbe magnifico!». Da quando ha svolto il suo apprendistato come impiegata d’albergo, Eveline Bader è anche membro dell’Unione Hotel&Gastro. In qualità di postina ha anche aderito a syndicom. «Apprezzo l’ottimo lavoro svolto dai sindacati. Ad esempio la negoziazione di contratti collettivi di lavoro e il supporto che offrono ai loro iscritti. Quando abbiamo ottenuto da Presto dei nuovi contratti, un collaboratore di syndicom mi ha spiegato tutto quello che c’era da sapere. Il sindacato mi ha anche aiutato nella mia lotta, che non era una lotta contro la Posta, bensì una lotta per il mantenimento del mio impiego. È importante che esistano i sindacati!».
punto e dirit to
Da circa tre anni lavoro in un call center. Nel contratto di lavoro si legge che i miei impieghi professionali dipendono dal volume di lavoro presente e che hanno luogo su chiamata. Inoltre viene stabilito che non sussiste alcun diritto a un carico di lavoro minimo. A fine febbraio 2016, ho lavorato in modo continuativo per 80-100 ore circa al mese per questo datore di lavoro. Pochi giorni fa ho ricevuto il piano di impiego per il mese di marzo, dove mi sono state assegnate solamente 40 ore. Per via di questa riduzione del volume di lavoro e quindi dello stipendio, non posso far fronte alle mie necessità finanziarie. Dopo che ho presentato una richiesta in tal senso, la mia capa mi ha comunicato che, in futuro, potrò fare i conti soltanto con un carico di lavoro di quest’ordine, non essendo buona la situazione delle commesse. Devo accettare questa situazione?» Il rapporto di lavoro che esiste tra te e il tuo datore di lavoro è definito lavoro su chiamata. Si contraddistingue per via del fatto che la prestazione professionale da erogare non è definita più in dettaglio a livello di ambito e posizione. Inoltre questi parametri vengono stabiliti dal datore di lavoro a seconda delle necessità. Il volume di lavoro può variare in modo consistente di mese in mese. Ma, nel tuo caso, risulti impiegato in modo relativamente costante da circa tre anni e, per questo
motivo, hai confidato che tale carico di lavoro proseguisse con la stessa intensità. Ora si pone la domanda se tu, nell’ambito di questa situazione di partenza e contro quanto riportato nel contratto di lavoro (che nega il diritto a un carico di lavoro minimo), abbia potuto fare affidamento sull’assegnazione del volume di lavoro consueto. I tribunali hanno risposto a questa domanda già diverse volte, affermando che i lavoratori, in caso di una frequenza delle chiamate ormai consolidata e piutto-
sto costante, possono fare affidamento sul carico di lavoro usuale. Da un numero di ore mensili costante, o rispettivamente da un orario di lavoro giornaliero regolare, i dipendenti possono desumere che, nel caso di rapporti di lavoro su chiamata, il lavoro a chiamata si sia trasformato in un rapporto di lavoro con un grado occupazionale fisso, e che quindi sussista un diritto all’assegnazione di impieghi professionali secondo l’ambito consueto finché dura il rapporto di lavoro. Tuttavia, affinché tu possa far
rivalere, se necessario, questo diritto anche a livello giudiziario, occorre che tu comunichi al tuo datore di lavoro che non sei d’accordo con la riduzione del carico di lavoro e che continui a offrire il tuo lavoro come di consueto. Laddove il datore di lavoro non dovesse accondiscendere alla tua richiesta, ripresenta quest’ultima offerta di lavoro anche a mezzo di una lettera raccomandata. Qualora il datore di lavoro risentisse effettivamente di una situazione degli ordinativi negativa e non potesse proseguire il rappor-
© S YNDICOM
Lavoro su chiamata: da utilizzare a piacimento?
Martin Scheidegger lic. iur., collaboratore servizio giuridico
to di lavoro nell’ambito consueto, presumibilmente verrai licenziato. Almeno, però, durante il preavviso di licenziamento avrai diritto al salario percepito fino a quel momento. Ti consigliamo di rivolgerti immediatamente al segretariato regionale competente. Lì riceverai la consulenza di un esperto e ti verrà in particolare indicato che, per relazioni di lavoro a chiamata, occorre tenere conto di alcune particolarità per quanto attiene all’iscrizione presso la cassa di disoccupazione.
14 | Ticino Cultura
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
LA VIA DELLA STAMPA
Il custode dei segreti del libro antico A Tivoli, in provincia di Roma, un giovane esperto del libro antico ha l’obiettivo di tramandare alle nuove generazioni la passione per la scrittura antica e le conoscenze per la conservazione di beni dal valore inestimabile. Andrea Ventola ci e sugli studi effettuati sulla presunta biblioteca di Villa Adriana. Si tratta, come nell’antichità, di un luogo d’incontro, non quindi di una semplice biblioteca. L’elemento centrale sarà costituito dalla didattica. In più abbiamo acquistato dei macchinari innovativi per l’analisi dei documenti.
Come nasce questo progetto? Mi è sembrato di capire che sia una passione di famiglia, la vostra…
Villa Adriana è situata sopra i Monti Tiburtini, a una trentina di chilometri da Roma. Ci arriviamo in mattinata e subito, appena varchiamo il portone d’entrata, ci rendiamo conto di essere di fronte alla rappresentazione architettonica imperiale per eccellenza. Costruita tra il 118 e il 138 d.C. dall’imperatore Adriano, la Villa si distribuisce su un’area di almeno 120 ettari: oltre agli edifici residenziali, le terme, i ninfei, e i giardini immensi, la Villa comprendeva anche la biblioteca, fatta costruire dal colto Adriano per sé e la sua cerchia di amici. All’interno di quella che oggi è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco, incontriamo Alessandro Basile, giovane papirologo che gestisce il centro di ricerca ospitato presso la Villa. «Quello che vedete – spiega Alessandro – è il nuovo centro di ricerca. È tutto in fase di installazione e montaggio perché stiamo facendo da soli. Il finanziamento che il comune ci doveva è arrivato dopo cinque anni. In una fase politica dove le giunte cambiano due volte l’anno potete immaginare la tempistica di approvazione del progetto. Ci salviamo sempre per il rotto della cuffia».
Di che cosa vi occupate presso il centro di Archeologia libraria e bibliotecaria? Il Centro propone ai visitatori una vasta collezione di ricostruzioni tecnico-scientifiche di supporti scrittori e documenti
librari antichi con particolare riferimento all’epoca adrianea. È un laboratorio di attività sia scientifiche che didattiche. Per il pubblico proponiamo 9 percorsi tematici nei quali vengono ricostruite tutte le fasi salienti del libro antico, dalla riproduzione al restauro dei vari supporti di scrittura (come il papiro, le tavole cerate o le pergamene), allo studio delle varie scritture fino alla produzione dei pigmenti. Una prima visita guidata ai pezzi esposti è seguita da un laboratorio pratico di produzione del papiro. Viene poi sperimentata la scrittura con il calamo e gli inchiostri naturali sui vari supporti, imparando anche come vengono estratti i pigmenti. A livello scientifico, invece, ci occupiamo di analizzare i documenti antichi e di ricostruire le ricette dei pigmenti al fine di riprodurre i colori nel modo più fedele possibile in vista del restauro. Identifichiamo eventuali malattie del supporto e datiamo i manoscritti in base ai risultati. Il laboratorio collabora con i Laboratori di Ricerca Scientifica dei Musei Vaticani, dell’Academy of Sciences di Washington, della Smithsonian Institution e altri importanti istituti, e si occupa del restauro di documenti librari ritrovati fra gli scavi o conservati nelle librerie e collezioni private del territorio.
Quali saranno le modifiche all’impianto grazie al finanziamento ottenuto? Verrà istituita una biblioteca di epoca classica, in scala, basata sui documenti stori-
Sì, la famiglia di mio padre si è sempre occupata di coltivare e lavorare il papiro in provincia di Siracusa. Prima per diletto, poi studiosi ed esperti hanno iniziato a commissionarci opere su richiesta ed è diventato un lavoro. Così negli anni Settanta mio padre si è trasferito a Roma e ha iniziato a diffondere la sua conoscenza attraverso laboratori didattici e attività integrative per le scuole. Nel 1979 ci hanno concesso un locale a Villa d’Este, che poi è diventato il Museo del Libro Antico. Mio zio lavora tuttora al Cairo come restauratore. Dal 2004 io e mio padre ci occupiamo anche di questo laboratorio didattico di Archeologia Sperimentale qui a Villa Adriana: è nostra premura far conoscere alle persone questo mondo fantastico, soprattutto attraverso la didattica e la sperimentazione diretta: i più piccoli sono i più entusiasti.
Andrea Ventola Classe 1984, svolge dal 2009 l’attività di giornalista freelance e copywriter. Collabora con diverse testate, tra cui la Rivista di Lugano, per la quale cura una rubrica per bambini. Laureato in Scienze Giuridiche nel 2011, sta conseguendo il master in Lingua, letteratura e civiltà italiana all’USI di Lugano. È sposato e papà di un bambino di due anni. Elena Ventola Turienzo Classe 1982, svolge la professione di grafica pubblicitaria dal 2001. La sua passione, oltre ai viaggi, è la calligrafia. Insieme al marito Andrea Ventola ha vagabondato per 20 mesi in tutto il continente asiatico e in parte di quello oceanico, al termine dei quali è diventata mamma del piccolo Enea. Attualmente si occupa di marketing e stampa 3D in un’azienda a Lugano.
Avete partecipanti di tutte le età? Sì, per le università organizziamo un percorso di tre giorni (di mezza giornata ciascuno) nel quale si scopre come venivano realizzati i colori, come scrivevano gli antichi (quindi si scopre l’utilizzo della gomma arabica), i più piccoli posso invece partecipare ai laboratori e sperimentare per qualche ora le tecniche utilizzate un tempo.
In questo progetto avete investito tante energie e anche soldi vostri, avete un ritorno positivo? I laboratori sono gratuiti, ci sono molte scuole che si iscrivono e per noi è importante vedere che le attività pratiche che proponiamo stimolano l’interesse e la curiosità dei ragazzi. Alcuni di loro intravedono anche nuove possibilità di studio che non
avevano neppure preso in considerazione perché le ignoravano. Fra Villa d’Este, Villa Adriana e il nuovo centro Biblos a Tarquinia (dedicato alle scritture etrusche) prevediamo un giro di circa un milione e duecentomila visitatori. Il periodo tuttavia non è positivo. Il flusso dei visitatori è in calo e l’amministrazione taglia. Abbiamo due grandi complessi architettonici qui a Tivoli. Villa Adriana e Villa d’Este. Pensa che a Villa d’Este fino a poco fa ci allevavano i pesci. C’è un menefreghismo totale dello Stato italiano. Informazioni su: www.fannius.it
Fotografie: Elena Ventola Turienzo
Cultura Ticino | 15
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 cineoltre
Voltapagina
Alla ricerca della verità
Ombre sulla sabbia
Due film recenti, Il caso Spotlight e Truth, raccontano l’evoluzione e la deriva del giornalismo investigativo, sulla carta stampata e in televisione. Sottomessi alla legge dell’audience, con i mezzi sacrificati sull’altare del budget, i reporter vecchio stile sono alla fine di un’era? The Truth, ovvero la verità. Quanti hanno deciso di diventare giornalisti proprio per raccontare (o almeno per inseguire) la verità? Il cinema ci ha regalato spesso modelli quasi eroici di giornalisti, che rischiano tutto, a volte anche la loro stessa vita, per cercare la verità. L’ultimo film che ne parla s’intitola proprio The Truth e racconta la storia vera del famoso giornalista americano Dan Rather, impegnato a svelare i (presunti) favoritismi ricevuti da George W. Bush per evitare il servizio militare in Vietnam. Nel 2004, a due mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi, Rather presenta al pubblico americano le prove, documenti di servizio e testimonianze della Guardia Nazionale, raccolte da un team di giornalisti ed esperti militari agli ordini della produttrice televisiva Mary Mapes. Pochi giorni dopo l’inchiesta del programma della CBS “60 minutes”, le prove vengono denunciate come false. Sotto accusa non c’è più il presidente Bush, ma la stessa emittente televisiva e il giornalismo in generale. Il film The Truth racconta proprio come sia sempre più difficile inseguire la verità, in un mondo in cui le inchieste giornalistiche si scontrano con la legge dell’audience e il pubblico preferisce ascoltare le interviste ai protagonisti di “Survivors” piuttosto che ai sopravvissuti di una vera tragedia. Ispirato al libro Truth and Duty: The Press, the President and the Privilege of Power scritto dalla stessa Mary Mapes, il film si avvale dell’interpretazione di Cate Blanchett e di un Robert Redford che si confronta con un ruolo simile a quello di Tutti gli uomini del presidente, per dimostrarci che oggi, al tempo di internet, sarebbe difficile far scoppiare un altro caso Watergate. (GV)
Tra i compiti più ardui di un libraio c’è quello di riuscire a scovare dei libri da consigliare agli adolescenti. Le numerose, troppe, proposte dei diversi editori vanno valutate sempre attentamente perché cariche d’insidie riguardanti gli argomenti trattati, il linguaggio, e anche la pochezza dei contenuti. Infatti, le diverse proposte per la fascia di ragazzi più grandi definita “young adults” e altro, per dei motivi puramente commerciali rischiano di catapultare l’adolescente in un mondo adulto travisato e inadatto, o comunque privo di quegli spunti di riflessione e di quelle emozioni autenticamente vissute, proprio perché ancora acerbe, quali amori, amicizia, paura, gelosia, che contribuiscono a pacificamente armare chi dovrà affrontare il mondo. Fortunatamente l’editore Rizzoli ci regala, nella magnifica traduzione di Beatrice Masini, il primo libro, pubblicato in Inghilterra nel 1968, di Aidan Chambers, tra i più importanti scrittori al mondo per ragazzi, oggi ottantenne impegnato anche a fare in modo che i ragazzi leggano e a fare in modo che noi adulti non spegniamo quella scintilla di piacere, pubblicando saggi e contributi sul tema dei giovani e la lettura. La storia è ambientata all’inizio degli anni Sessanta in un piccolo villaggio costiero inglese che sta soffrendo lo spopolamento. Il protagonista, Kevin, diciasettenne, aiuta il papà e il nonno nel mandare avanti il piccolo cantiere nautico noleggiando imbarcazioni ai numerosi turisti che durante l’estate giungono dalla grande città. Sarà proprio nella grande città che l’affezionata amica d’infanzia, con la quale Kevin trascorre le giornate e per la quale prova un appena abbozzato sentimento d’amore, deciderà di trasferirsi convinta di trovarci la vita vera e di lasciarsi alle spalle una vita piatta e poco interessante. Kevin dapprima non capisce e non approva la decisione della ragazza, ma poi per una serie di motivi decide pure lui di lasciare la famiglia e di partire da solo verso le luci sfavillanti e ricche di promesse della città… Durante questo viaggio, che possiamo definire di “iniziazione”, Kevin capirà cosa lui desidera veramente dalla vita e capirà quali sono i capisaldi della vita vera. Magnifico romanzo, breve ma intenso, dove le emozioni quali l’amicizia e l’amore, i valori quali le radici, l’identità, il senso di appartenenza a una comunità, sono accarezzati lievemente e consegnati con grande maestria ai futuri giovani adulti. Dai tredici anni. Aidan Chambers, Ombre sulla sabbia, Rizzoli 2016 A cura della libreria Voltapagina di Lugano – libreria@voltapagina.ch
concorso
I primi due lettori di syndicom interessati a vedere The Truth (nelle sale della Svizzera italiana dal 17 marzo) possono ricevere un biglietto gratuito scrivendo una mail a redazione@syndicom.ch. impressum
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redazioni syndicom, die zeitung caporedattrice Nina Scheu svizzera italiana syndicom, il giornale Giovanni Valerio, Via Genzana 2, 6900 Massagno, Tel. 058 817 19 63 redazione@syndicom.ch Grafica e impaginazione Daniela Raggi (i) Correttrice Petra Demarchi (i) Traduzioni Barbara Iori Alleva-Translations Notifica cambi di indirizzo syndicom, Adressverwaltung Monbijoustrasse 33, Casella postale 3001 Bern inserzioni e pubblicità Priska Zürcher, Monbijoustrasse 33,
Casella postale 3001 Berna Tel. 058 817 18 19 Fax 058 817 18 17 stab@syndicom.ch Stampa Ringier Print Adligenswil AG, Casella postale 3739, 6002 Lucerna ISSN 1664-8978 Editore syndicom – sindacato dei media e della comunicazione Monbijoustrasse 33, Casella postale, 3001 Berna, Tel. 058 817 18 18 Fax 058 817 18 17 Il prossimo numero uscirà il 29 aprile 2016. La chiusura di redazione è fissata a lunedì 11 aprile.
16 | In chiusura Perfezionamento: www.helias.ch
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 ASSEMBLEA GENERALE
EDITORIALE
Privatizzazioni sotto la lente
Corsi professionali: 11 aprile Adobe Bridge e l’interazione con Photoshop, InDesign e Illustrator Animatore: Diego Uccellani Obiettivi del corso: una panoramica sull’interfaccia, Bridge e la gestione colore Interazioni con Photoshop, InDesign e Illustrator Presentazione: Bridge non è solo un modo diverso da Finder per navigare nei nostri documenti. È un potente strumento che aiuta a organizzare e gestire un intero archivio di documenti, immagini, vettoriali ecc. È utile per organizzare ma anche per velocizzare molte delle ricerche che eseguiamo tutti i giorni, oltre a mettere in contatto direttamente gli applicativi delle Creative Suite e della Creative Cloud. 18 e 20 aprile Tecniche di ripresa video con fotocamere digitali Animatore: Mario Uboldi Obiettivi del corso: mettere in pratica le tecniche base di ripresa video utilizzando la propria fotocamera digitale. Presentazione: il corso vuole dare ai partecipanti le basi per migliorare le tecniche di ripresa amatoriale. I partecipanti devono possedere una fotocamera digitale con possibilità di riprese video. concorso iscrit ti Con l’invio delle tessere syndicom 2016, la nostra amministrazione ha sollecitato tutti i nostri iscritti a ricontrollare i propri dati nel nostro database. La reazione a questo invito è stata esorbitante. Sono pervenute oltre tremila domande di cambiamenti, che hanno fatto sì che la banca dati di syndicom sia di nuovo aggiornata. Grazie mille a tutti coloro che hanno partecipato a queste pulizie di primavera. Nel frattempo Nejla Grbo, che ha fatto un grosso sforzo supplementare insieme alle sue colleghe dell’amministrazione soci, ha potuto procedere all’estrazione dei vincitori di questo concorso.
Hanno vinto una Hotelcard: Beatrice Ferraro, 6616 Losone Sandra Maria Burch-Blättler, 6010 Kriens Matteo Langenegger, 3032 Hinterkappelen Lucia Faretra, 8134 Adliswil Jean-Charles Guerry, 1304 Cossonay-Ville Monika Meyer, 3422 Kirchberg Anton Wuethrich, 3652 Hilterfingen Verena Gschwind-Zumstein, 8800 Thalwil Verena Stalder, 4127 Birsfelden Gérald Joly, 1272 Genolier
Hanno vinto una borsa blu syndicom: Erika Limacher, 9245 Oberbüren Adem Memedi, 3185 Schmitten Daniela Chassot, 3084 Wabern Cynthia Hänni, 3004 Bern Martina Paita-Herren, 1670 Ursy Simone Luchetta, 8005 Zürich Max Koch, 4414 Füllinsdorf Gabriele Margot Kellenberger, 9523 Züberwangen Kurt Lauper, 8047 Zürich Maurizio Foletti, 6932 Breganzona
“Una politica nefasta, che sta facendo regredire la società”. Graziano Pestoni non ha mezze parole quando parla di privatizzazioni. Al tema ha dedicato un libro, che verrà presentato nel corso dell’assemblea generale di syndicom, il prossimo 2 aprile al ristorante albergo “I Grappoli” di Sessa, a partire dalle 18. Laureato in Scienze Economiche all’Università di Losanna, Graziano Pestoni è stato responsabile per il Canton Ticino del Sindacato svizzero dei servizi pubblici (VPOD) dal 1978 al 2006. Redattore del periodico sindacale “I diritti del lavoro”, è stato in Gran Consiglio dal 1999 al 2011 ed è segretario dell’associazione per la difesa del servizio pubblico sin dalla sua fondazione, nel 2000. Il lavoro sindacale per quasi trent’anni emerge nel volume intitolato semplicemente Privatizzazioni, pubblicato nel 2013 da VPOD in collaborazione con la Fondazione Pellegrini-Canevascini. “Questo lavoro – scrive Pestoni nella prefazione – è in gran parte il risultato della mia esperienza professionale nell’ambito del Sindacato svizzero dei servizi pubblici (VPOD), in Ticino, in Svizzera e
in Europa. Esso vorrebbe essere un contributo alla comprensione di quanto successo e di quanto sta succedendo e uno strumento per coloro che desiderano una società non più dominata dalle avide oligarchie finanziarie”. Queste ultime sono definite “rapaci” nel capitolo dedicato alla privatizzazione delle PTT (Poste Telefoni Telegrafi), che descrive il progressivo smantellamento dell’azienda pubblica di proprietà della Confederazione, dal passaggio a società anonima fino al tentato referendum per “una posta più forte”. Di questo, Graziano Pestoni parlerà nel suo intervento all’assemblea generale ordinaria di syndicom.
L’assemblea generale ordinaria della Sezione Ticino e Moesano si terrà SABATO 2 APRILE 2016, DALLE ORE 15.00 Presso il Ristorante Albergo “I Grappoli”, Sessa Ore 18.00 conferenza “Le privatizzazioni” con Graziano Pestoni, presidente USS Ticino Ore 18.30 aperitivo, a seguire cena. Prenotazioni e informazioni: tel. 058 817 19 61, mail ticino@syndicom.ch
rapporti bilaterali svizzera-ue
Multe più care per chi pratica il dumping
Nell’ambito delle misure di accompagnamento, il Consiglio nazionale ha deciso a maggioranza di inasprire le multe in caso di dumping salariale. Ora il progetto passa al Consiglio degli Stati. Al fine di aumentare l’efficacia delle misure di accompagnamento, il Consiglio nazionale vuole aumentare il limite massimo delle multe per chi infrange le condizioni salariali e lavorative da 5’000 a 30’000 franchi. Sicuramente con ciò si aumenterebbe l’effetto deterrente delle multe. Nel mirino di questo inasprimento ci sono sia datori di lavoro stranieri che violano le condizioni svizzere di salario e lavoro, ma anche datori di lavoro svizzeri che non rispettano i salari minimi obbligatori. Soltanto l’UDC con a capo il presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri Jean François Rime ha combattuto attivamente contro l’aumento di queste multe. Con ciò l’UDC ancora una volta ha agito contro gli interessi di tutti i lavoratori in Svizzera. La chiara maggioranza in seno al Consiglio nazionale (103 voti contro 77) invece ha dato credito all’ar-
gomentazione che un aumento del limite massimo rafforza l’effetto deterrente per tutti i datori di lavoro e che dunque i lavoratori sarebbero tutelati più efficacemente contro il dumping salariale. Ma ne approfitterebbero anche i datori di lavoro onesti che rispettano le regole in vigore. Essi infatti sarebbero più protetti contro la concorrenza sleale. Ora è il Consiglio degli Stati a doversi occupare del progetto. Dal punto di vista sindacale la speranza è che il progetto venga approvato anche dalla Camera alta. Anche se con il solo aumento delle multe non si risolve il problema del dumping salariale, comunque si farebbe un importante passo nella giusta direzione.
Christian Capacoel, responsabile comunicazione syndicom
il sudoku di syndicom In palio un buono benzina offerto da Eni. La soluzione (la cifra composta dai tre numeri derivanti dalle caselle segnate di blu indicate nell’ordine da sinistra a destra) sarà pubblicata sul prossimo numero insieme con il nome del/della vincitore/vincitrice. Non è previsto alcuno scambio di corrispondenza sul concorso. Sono escluse le vie legali. Inviare la soluzione indicando il nome e l’indirizzo, entro l’11 aprile 2016, a: syndicom - il giornale, via Genzana 2, 6900 Massagno. Il vincitore del cruciverba pubblicato su syndicom - il giornale N. 2 è Anna Maria De Marco-Maccagno di Bellinzona.
RSI, costruire il futuro Continua da pag.1 il ricorso a un mediatore indipendente per aiutare a ristabilire la cultura del dialogo. Così (finora) non è stato: la direzione RSI non vede quale utilità possa avere un simile ruolo. In un’assemblea straordinaria all’inizio di marzo, SSM si è detta indignata del rifiuto della direzione RSI di incontrare il responsabile delle Risorse Umane Piero Cereghetti e il presidente nazionale SSM Ruedi Bruderer, che si erano offerti di sentire le parti. La situazione è di stallo, mentre cresce il malcontento dei lavoratori RSI, dopo la “consultazione-farsa” sulle misure di risparmio. La mancata trasparenza e la chiusura al dialogo da parte della direzione RSI ha portato il sindacato SSM a sfiduciare la Direzione. Questo fatto molto grave preoccupa syndicom, che conferma il suo sostegno a SSM e si augura che non venga compromessa in modo definitivo la pace sociale che dovrebbe essere invece tutelata e garantita. A essere colpiti, oltre ai licenziamenti che hanno fatto scalpore, sono i collaboratori esterni. A qualcuno di loro sono già state ridotte le giornate di collaborazione. Nel frattempo, come ha denunciato un’inchiesta del giornale Area, il personale a prestito (per lo più, cameraman e fonici) e quello assunto dai “service” esterni all’azienda, ha già subito una riduzione dei compensi. La loro situazione di precariato era già stata denunciata dall’inchiesta sulle condizioni di lavoro dei giornalisti nella Svizzera italiana del 2014, commissionata da SSM, ATG/impressum e syndicom.
Giovanni Valerio condoglianze Marco Lunini, Mairengo, deceduto in data 1.2.2016 all’età di 69 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1976. Andrea Pacciarelli, Lumino, deceduto in data 3.11.2015 all’età di 73 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1966. Umberto Sala, Agarone, deceduto in data 19.12.2015 all’età di 73 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1973.
Indirizzi Segretariato Centrale Monbijoustrasse 33, 3001 Berna Tel. 058 817 18 18 • Fax 058 817 18 17 mail@syndicom.ch Segretariato regionale Massagno Via Genzana 2, 6900 Massagno Tel. 058 817 19 61 • Fax 058 817 19 66 ticino@syndicom.ch Orari: lu e gio 8.00 - 12.00 | ma-me-ve 13.30 - 17.30 Segretariato regionale Bellinzona Piazza Giuseppe Buffi 6A , cp 1270, 6501 Bellinzona | Tel. 058 817 19 67 • Fax 058 817 19 69 ticino@syndicom.ch Cassa disoccupazione Bellinzona Piazza Giuseppe Buffi 6A casella postale 1270, 6501 Bellinzona Tel. 091 826 48 83 • Fax 091 826 48 84 Orari: lu 9.00 - 11.30 | ma 9.00 - 11.30 e 14.00 – 16.30 | me 14.00 – 16.30 |gio 9.00 11.30 e 14.00 – 16.30 | Ve 9.00 - 11.30 Gruppo pensionati http://www.syndicom.ch/it/gi/pensionati/ gruppo-regionale E-mail: ernesto.fenner@bluewin.ch, castori.gabriele50@gmail.com
2 | Dossier
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
rivoluzione digitale
Il valore della carta
Un’intervista sulla “NZZ am Sonntag” a inizio febbraio ha fatto vibrare il mondo della cultura elvetica. Il nuovo direttore della biblioteca del Politecnico di Zurigo ha affermato che i libri di carta non servono più. Una provocazione che ha però riportato l’attenzione sull’importanza del libro e delle biblioteche. Suleika Baumgartner* Quando siete stati in una biblioteca l’ultima volta? Settimana scorsa? Ottimo, allora sapete di cosa stiamo parlando! O invece è un po’ che non frequentate le biblioteche o addirittura non ci siete mai stati? Beh, non dovete avere la coscienza sporca, ma posso assicurare che vi siete persi qualcosa. Forse avete ancora in mente un’immagine superata, come per esempio il luogo comune degli scaffali impolverati, dello sguardo severo della bibliotecaria, della difficoltosa ricerca del codice giusto. Le biblioteche sono ancora un luogo del sapere, ma la maggioranza di esse ha subito un forte cambiamento. Ed è proprio quello che non vuo-
le capire un signore che invece ne dovrebbe sapere di più: Raffael Ball, nuovo direttore della biblioteca del Politecnico federale di Zurigo. Con le sue affermazioni alla NZZ am Sonntag del 7 febbraio ha fatto infuriare lavoratori e utenti delle biblioteche.
but tiamo via tut ti i libri! Iniziamo a riassumere le affermazioni tanto discusse: questo signore ha detto che le biblioteche pubbliche sono sopravvalutate e nel frattempo anche superate, ormai sono più un luogo dei libri che non della conoscenza. Infatti, grazie alla digitalizzazione, le informazioni importanti si trovano comodamente
su internet, dunque la maggior parte dei libri può essere smaltita serenamente e molte biblioteche, soprattutto quelle più piccole, chiuse. Una settimana dopo, Susanna Bliggenstorfer, direttrice della biblioteca centrale di Zurigo ha commentato in una lettera alla NZZaS: «Il nostro collega della biblioteca ETH (...) ama provocare. Da tempo si sa che, oggi, le biblioteche devono servire due mondi: quello digitale e quello analogico. Ed è anche risaputo che questa doppia funzione richieda tante risorse. Ma per questo voler abolire l’intero mondo delle biblioteche mi sembra un’enorme esagerazione».
Oggi spesso si tratta di orientarsi velocemente in un mare di dati. Susanna Bliggenstorfer ha spiegato anche questo: «Per l’acquisizione della conoscenza attraverso lo studio intenso, successiva all’orientamento, è di nuovo molto richiesto il libro, capace di fornire un insuperabile quadro d’insieme». Proprio per questo motivo si ristampano molti testi disponibili solo in forma elettronica. La Bliggenstorfer continua presentando cifre in aumento sia degli utenti che dei prestiti e con ciò conferma un trend sorprendente per le biblioteche scientifiche. Tuttavia nelle biblioteche cittadine e comunali i prestiti sono in calo dal 2011. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica (UFS) però, il numero dei prestiti nel 2014 era ancora più alto di quello del 2007. Queste cifre sono da ricondurre soprattutto al calo della domanda di Cd e Dvd. A questo proposito è interessante la tesi citata nella Neue Zürcher Zeitung dal bibliotecario della città di Sciaffusa Oliver Thiele, secondo cui il prestito dei media ai tempi della “sharing-economy” rappresenta addirittura una nuova tendenza.
caffè narrativo ed eventi per bambini In che modo sono cambiate le biblioteche pubbliche? Quando ho svolto la mia formazione come bibliotecaria diplomata negli anni Ottanta, sognavo un bar all’interno della biblioteca. Dopo molti anni di giornalismo, sono tornata in biblioteca e ho constatato con gioia che
Una lettrice in una biblioteca pubblica
erano cambiate diverse cose! Per fare un esempio: non appena la biblioteca regionale di Wetzikon si è trasferita nella sua nuova sede, gli studenti hanno scoperto le postazioni luminose alle finestre. E questo senza che le avessimo pubblicizzate. Va promosso un po’ di più il caffè narrativo che abbiamo lanciato un anno fa. Invece vanno a gonfie vele gli eventi per i bambini, e qui diamo un importante contributo all’incentivazione della lettura. Diciamolo: le biblioteche cittadine e comunali moderne sono un luogo d’incontro e di comunicazione. E da non dimenticare: fanno parte delle poche istituzioni dove non esiste l’obbligo di consumare qualcosa o di pagare l’ingresso.
commento
Homo sapiens o zappiens?
Il direttore del Sistema bibliotecario ticinese afferma che il libro cartaceo presenta innegabili vantaggi cognitivi e sociali rispetto al libro elettronico. Però, che lo si voglia o no, stiamo evolvendo verso una forma di comunicazione non più basata sulla stampa. Volenti o nolenti siamo entrati in una nuova dimensione di “cyberspazio” che comporta forse un ulteriore passaggio (o mutazione) da Homo sapiens a Homo digitalis o “zappiens” dei cosiddetti nativi digitali, in un mondo dai contenuti digitali che ha ormai raggiunto una dimensione impressionante: i dati pubblicati dall’OCSE parlano di una
cifra che si avvicina al triliardo di byte (1 zettabyte), una cifra che supera ampiamente i contenuti di tutti i libri finora scritti. In quindici anni le persone con accesso alla rete sono passate da 400 milioni a 3,2 miliardi, soprattutto dopo l’invenzione degli smartphone. In America l’uso del digitale è molto affer-
mato: circa due terzi dei ragazzi fino a 13 anni leggono libri digitali e il 92% di questi legge su e-Reader almeno una volta a settimana, come si evince da uno studio sul rapporto tra bambini e lettura digitale, condotto negli Stati Uniti da PlayScience. I Tablet sono il supporto digitale preferito per la lettura.
Dossier | 3
© HEIDI BÜHLER
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
funzioni sociali versus fede nella tecnologia A Wetzikon, nella biblioteca dove lavoro, l’accesso a internet è gratuito per tutti i visitatori. Recentemente, uno studente, la cui lingua madre non era il tedesco, ha scritto la sua domanda per una borsa di studio, una migrante ha stampato la sua candidatura per un posto di lavoro e così una signora avanti con l’età ha trovato un nuovo appartamento. Un articolo nella NZZ ha riferito che una biblioteca di Thun emette tessere bibliotecarie gratuite per i rifugiati, reagendo così al cambiamento della società. Le affermazioni di Raffael Ball non sono solo arroganti, ma
«Il nostro collega della biblioteca ETH (...) ama provocare. Da tempo si sa che, oggi, le biblioteche devono servire due mondi: quello digitale e quello analogico» anche poco lungimiranti: l’idea che Internet possa sostituire le biblioteche potrebbe essere cavalcata da politici costretti al risparmio.
ancora in buona salute Bene, ma in tutto questo dibattito qual è la salute del libro in generale? Se si dà credito a Michael Hagner, si potreb-
In Europa l’utilizzo del digitale non raggiunge simili livelli, anche se i dati sembrano indicare una repentina crescita: in Francia nel 2014 i lettori di e-book sono triplicati e rappresentano oggi il 15% dei francesi; in Italia essi arrivano mediamente al 5% e i titoli disponibili in e-book sono raddoppiati in meno di un semestre (oggi sono 60’598 corrispondenti all’8,3% dei titoli in commercio). Ormai i grandi colossi si spartiscono quotidianamente il mercato, che risulta suddiviso per settori: Amazon per la vendita, Apple per la connessione, Google per la ricerca,
ambienti civilizzati da preservare
be dire «chi non muore si rivede». Hagner è professore al Politecnico ETH di Zurigo, insegna Ricerca scientifica e nel 2015 ha pubblicato un grosso contributo su “Zur Sache des Buches”. In una replica dettagliata al Signor Ball, Hagner nella NZZ del 12 febbraio ha affermato che: «Il libro stampato sta sorprendentemente bene, e questo sarà così per
Facebook e Whatsapp per la comunicazione. Diversi studiosi hanno approfondito la questione del libro elettronico mettendo in evidenza le differenze funzionali e strutturali rispetto al libro cartaceo e alle conseguenti modalità di lettura. L’autorevole studioso americano recentemente scomparso, Wilfrid Lancaster, era dell’opinione che la potenza delle nuove tecnologie potesse condurre rapidamente al declino del libro a stampa: “Piaccia o no, stiamo evolvendo da una società in cui per secoli la comunicazione formale si è basata sulla stampa, ad una in cui la comunicazione formale è ampia-
molto tempo ancora. Perché esistono numerosi lettori e numerose lettrici che preferiscono portare a casa un libro stampato anziché acquisire una licenza per un E-Book che può essere loro ritirata in ogni momento; e a parte questo, nella lettura non amano essere fornitori di dati per le grosse aziende del capitalismo informatico». Sul signor Ball punta letteralmente i cannoni: «Un bibliotecario che invita ad assecondare la richiesta di superare finalmente le remore riguardo ai libri elettronici, dichiarando le biblioteche zone off-limits per libri, non solo ha completamente sbagliato mestiere, ma s’immischia in pratiche di ricerca che non lo riguardano affatto». Hagner entra ancora più profondamente in merito alla discussione in atto sulla durata a lungo termine della digitalizzazione. Dice che è una cosa meravigliosa che le opere antiche di importanti biblioteche siano visualizzabili per via digitale, ma si domanda se questi dati saranno ancora leggibili tra duecento anni. «È possibilissimo infatti che tra duecento anni nessuno possa più indagare con esattezza su cosa hanno combinato informatici e fisici delle particelle nell’anno 2016».
Hagner osserva un altro aspetto ancora, che finora non era stato considerato dai molti commentatori: costruire un insieme di libri digitali, un’imitazione di libri, per simulare una biblioteca, non è soltanto espressione di un dadaismo con cento anni di ritardo – dunque inesistente – ma peggio ancora: «L’istituzione stessa della formazione viene ridotta a una ridicola estetica, e le persone, che ci tengono alla formazione, al sapere e alla cultura del libro vengono ritenute talmente stupide da pensare che si accontentino». Questo d’altronde fa il gioco dei poteri poli-
mente paperless (cioè elettronica, senza carta)”. Dobbiamo temere la scomparsa per la seconda volta dell’icona della biblioteca cartacea, la biblioteca di Alessandria? Allo stato attuale delle cose è difficile sciogliere la questione se l’uso delle moderne tecnologie rappresenti un reale vantaggio o un possibile danno per l’uomo. Mi limito a registrare che il libro cartaceo presenta innegabilmente dei vantaggi cognitivi e sociali rispetto al libro elettronico, in considerazione della sua linearità nel presentare le informazioni e del suo forma-
tici che rinunciano ben volentieri alla formazione, a un’attenta valutazione, ad argomentazioni pazienti e alla conoscenza, per sostituire tutto questo con risposte semplici, per suonare invece le corde delle emozioni. Michael Hagner definisce le biblioteche «ambienti civilizzati» e siccome non ce ne sono tanti, «dovremmo disfarcene soltanto in veri casi di emergenza».
il libro va promosso E infine diamo uno sguardo ai numeri. Per l’anno 2013, in una rilevazione peraltro incompleta, l’UFS ha contato 775 biblioteche con 1,4 milioni di utenti. Il fatto che il settore svizzero dei libri negli ultimi anni abbia registrato sempre meno utili (nel 2015 erano il 5,7 per cento in meno rispetto all’anno precedente), essenzialmente è da ricondurre all’abolizione del prezzo fisso dei libri nel 2008. Questo lo ha riferito il Tages-Anzeiger del 18 febbraio. Osservazione pungente: il numero dei libri venduti è rimasto pressoché invariato. Dunque syndicom, purtroppo, ha avuto ragione ancora una volta quando ha espresso i suoi timori in occasione delle votazioni. Voglio concludere con una frase dell’autore del Tagi Martin Ebel: «Le misure di promozione della Confederazione, che saranno avviate nel 2016, sono necessarie e urgenti».
* Suleika Baumgartner è giornalista freelance e vice-direttrice della biblioteca regionale di Wetzikon (ZH) dove è anche responsabile per le pubbliche relazioni. Le affermazioni espresse in questo articolo rappresentano la sua opinione personale.
Fonti: NZZaS del 7 febbraio 2016 NZZ del 12 febbraio 2016 NZZaS del 14 febbraio 2016 NZZ del 16 febbraio 2016 Tages-Anzeiger del 18 febbraio 2016
to: esso consiste in una-pagina-alla-volta, non è soggetto alle restrizioni DRM (controllo sulla distribuzione, licenze di accesso limitato nel tempo), non fornisce dati a terzi sulle nostre abitudini di lettura e richiede attenzione, memorizzazione e approfondimento. Per il resto sono soltanto speculazioni.
Gerardo Rigozzi, direttore del Sistema bibliotecario ticinese e delle Biblioteche cantonali di Lugano e Mendrisio
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syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
nuova ricerca sui call center in svizzera
Un settore in rapida trasformazione
le cinque maggiori tendenze del set tore Il ramo dei call center subisce forti cambiamenti a causa di cinque tendenze:
1. soppressione dei compiti facili Le mansioni facili dei call center vengono sempre più automatizzate o trasferite all’estero. Ci sono sempre meno posti di lavoro per forze lavoro poco qualificate. Commento del management: «Un dipendente che va in ferie per quattro o cinque settimane torna e passerà mezza giornata o una giornata intera a capire le nuove procedure, le modifiche dei prodotti, i cambiamenti di programmi; la velocità di questi cambiamenti è davvero estrema». 2. call center come competenza chiave Per rimanere a galla nella lotta concorrenziale globale, i call center svizzeri devono focalizzarsi maggiormente su servizi qualitatiNel mondo del lavoro, il concetto di call center ha cambiato molte volte denominazione. Nel ramo si parla essenzialmente di contact center o service center. L’uso di termini differenti rispecchia l’eterogeneità del settore. Il denominatore comune di questo tipo di aziende risiede nelle loro attività, ovvero la comunicazione unita all’elaborazione di dati tramite processi tecnologici efficaci. Siccome questa attività ha origine nei call center, verrà mantenuto questo termine. (ppr)
vamente più alti e più costosi. Il contatto con la clientela deve avvenire in maniera sempre più professionale. Secondo il Service Excellence Cockpit Report, il dialogo con il cliente - e con esso il lavoro nel call center - si sta trasformando in una competenza sempre più importante per un’azienda, che non può nemmeno essere trasferita tanto semplicemente all’estero. Commento del management: «Per noi la collocazione in Svizzera riveste un altissimo significato. (…) Ci sono state fasi di movimento near- e offshore. (…) Ma la tendenza del ritorno in Svizzera, fare meno “calls” ma in compenso di alta qualità, questo rappresenta un dato di fatto». 3. orientamento al cliente ancora più importante L’interazione sociale è sempre più fondamentale nel contatto con il cliente. Assumono un’importanza sempre maggiore le capacità comunicative degli operatori e delle operatrici, sia nella comunicazione verbale che scritta. Commento di un esperto: «E come operatore o operatrice si deve far capire al cliente che lo si prende sul serio e che si farà di tutto per risolvergli il problema. In teoria, il dipendente deve guidare il dialogo ma dare al cliente la sensazione che sia lui a farlo». 4. forme lavorative orientate al processo La forma produttiva dei call center sta passando da un modo di lavorare basato molto
i cinque maggiori problemi nel mondo del lavoro
sulla divisione del lavoro a nuove forme di lavoro orientate al processo. Queste ultime richiedono maggiori competenze agli operatori e alle operatrici e allargano il campo di lavoro. Comento del management: «Sono molto richieste le lingue e, detto in due parole, anche la capacità non solo di telefonare ma anche di avere un certo intuito. Per il lavoro scritto, come per esempio scrivere la bozza di un contratto, gestire un reclamo ecc. servono maggiori competenze oltre a quelle relative all’uso degli strumenti».
La struttura cambia più velocemente della cultura, questa è una scoperta sociologica sulla trasformazione sociale. Dunque non sorprende che la cultura lavorativa nella maggior parte dei call center non riesca a tenere il passo con il cambio strutturale. Ma l’enorme lontananza che divide le due dimensioni, struttura e cultura, dovrebbe dare da pensare, innanzitutto alle aziende stesse. Dal punto di vista dei lavoratori, le seguenti problematiche si stanno allargando sempre di più:
5. trasformazione tecnologica
1. i perfezionamenti professionali non sono abbastanza attrattivi
I nuovi media della comunicazione inoltre fanno aumentare anche le esigenze. Aumenta sempre di più il numero dei canali di comunicazione che gli agenti devono saper usare nel contatto con il cliente, e con ciò anche l’impegnativo multitasking con vari canali. «Non devo più informarmi su certe caratteristiche di guida. Ora è più un “affiancamento digitale”, dunque non sono solo un supporter, ma un accompagnatore».
Essi avvengono quasi soltanto nei reparti operativi e sono legati a tematiche inerenti a un prodotto specifico. A un cambio dei prodotti sfuma anche il valore di questi aggiornamenti ai fini della carriera degli operatori. Commento di un dipendente: «Magari parlare di perfezionamento è un po’ esagerato. Ma ci sono continuamente “software releases”, adeguamenti procedurali; questo succede quattro volte l’anno».
Riassumendo, si può osservare che sono in atto contemporaneamente diversi sviluppi paralleli che fanno avanzare – rendendolo più intenso – il cambiamento strutturale da un settore con esigenze piuttosto basse di qualifica a un settore con alte esigenze di qualifica.
2. la formazione professionale non adempie alle sue finalità
© JENS FRIEDRICH
«Essi evidenziano che la maggior parte dei call center in Svizzera difficilmente saranno in grado di superare le sfide future del settore se le loro condizioni di lavoro rimarranno poco accattivanti per il personale sempre più qualificato di cui hanno bisogno».
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da sinistra verso destra: il professore di sociologia Ueli Mäder, Riccardo Pardini, insieme con Daniel Münger e Daniel Hügli di syndicom.
La formazione professionale “specialista nel dialogo con il cliente” finora ha contribuito ben poco a valorizzare il settore. In confronto a un apprendistato commerciale, viene considerata meno buona e dunque percepita come un vicolo cieco da chi la assolve. Oppure come trampolino di lancio verso il settore delle comunicazioni. Commento di un lavoratore: «Quello che mi domando, dal momento che mancano le possibilità di svilupparsi (…) se davvero hai delle chance per andare oltre (…) Penso che sicuramente è d’aiuto, ma comunque io farei più un (…) apprendistato commerciale (…)». 3. il settore non offre pressoché possibilità di fare carriera La crescita è limitata dal passaggio a forma di collo di bottiglia verso il management inferiore.
rete postale e vendita
Due nuovi profili allo sportello della Posta
Nell’ambito di un nuovo progetto di sviluppo, il settore della Rete postale e vendita (PV) della Posta vorrebbe attuare una separazione tra consulenza e vendita allo sportello. Nei prossimi incontri previsti con il comitato direttore, syndicom vigilerà sulla tutela dei salari. Roland Lamprecht* Nei progetti sull’ulteriore sviluppo della Rete postale e vendita (WPV), c’è l’ambizione di avere un’informazione trasparente e uno scambio con i sindacati. Dall’aprile del 2015, sotto forma di un gruppo di accompagnamento, ci sono stati incontri fra i rappresentanti di syndicom e Transfair, il comitato direttore del ramo PV e i responsabili del progetto. Il 2 marzo scorso si è tenuto un nuovo incontro sul progetto chiamato “Ulteriore sviluppo Rete postale e vendita”. PV ha informato i sindacati che dal primo gennaio 2017 verranno separate le operazioni di vendita e di consulenza allo sportello. A quei lavoratori che non offriranno più servizi di consulenza, verrà leva-
ta la pressione alla vendita. Essi continueranno a offrire soltanto le classiche prestazioni postali. I clienti della Posta dovranno però scegliere a quale sportello andare a seconda del servizio desiderato. A questo riguardo è stata presentata una proposta alla direzione del gruppo e al consiglio di amministrazione. La proposta sarà analizzata entro fine maggio. Se i due organi approveranno queste intenzioni, a inizio estate PV informerà i collaboratori sui prossimi passi, garantendo sempre il dialogo.
profili professionali, inquadramento e salari Il comitato direttore PV ha già approvato le descrizioni dell’impiego per il profilo della vendi-
ta e per quello della consulenza. L’inserimento dei due profili viene definito all’interno della sistematica salariale della Posta e verrà presentato, insieme al concetto di realizzazione, ad aprile (e rispettivamente, maggio) di quest’anno alla direzione del gruppo e al consiglio d’amministrazione. Dopo la decisione del consiglio d’amministrazione, la Posta avvierà i colloqui con i sindacati e in seguito informerà riguardo alle assunzioni. La Posta vuole comunicare nello stesso momento i livelli di funzione e tutte le condizioni generali di un’eventuale attuazione. A inizio estate poi sono programmati degli incontri informativi nelle aree relative agli uffici postali.
gli stipendi at tuali rimarranno invariati Il sindacato syndicom osserverà con occhio critico eventuali inserimenti a livelli più bassi dei salari attuali e avvierà delle misure adeguate. syndicom ricorderà alla direttrice del gruppo Susanne Ruoff che quest’ultima ha assicurato di riprendere i salari attuali nel nuovo CCL. Inoltre syndicom controllerà e valuterà i profili professionali. Il prossimo incontro del gruppo d’accompagnamento WPV avrà luogo il 30 marzo.
Per eventuali domande rivolgersi al Segretariato centrale o a roland.lamprecht@syndicom.ch * Roland Lamprecht è segretario centrale logistica.
la direttrice ruoff manterrà la parola? ∙ I salari attuali
Dalle professioni | 5
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
1. ccl come piattaforma d’innovazione per il settore
© KEYS TONE
Nell’autunno 2015 è entrato in vigore il CCL negoziato tra syndicom e l’associazione dei datori di lavoro contactswiss – il primo della storia per questo settore. Ora bisogna sfruttare questo strumento, per continuare a sviluppare le condizioni di lavoro, soprattutto a livello salariale, e per elaborare prestazioni di compensazione per il carico di lavoro sempre più pesante.
lavoro impegnativo ∙ Il lavoro nei call center deve finalmente essere regolamentato.
Commento del management: «(…) indubbiamente non è facilissimo uscire completamente dal “customer care” per approdare in altri reparti. Sono casi singoli, per esempio prendiamo molto volentieri operatrici call center per uno stage come assistente delle Risorse Umane». 4. aumenta il carico lavorativo Gli operatori sono esposti a continui processi di razionalizzazione. Aleggia sempre la minaccia di un’automazione o di un’esternalizzazione di processi lavorativi, il che conduce a carichi sempre maggiori. Il volume per ora è in continuo aumento, e con esso anche l’intensificazione del lavoro. I tempi in cui bisogna reagire si accorciano sempre di più, le conversazioni con i clienti sono sempre più tirate. I cosiddetti processi di ottimizzazione e standardizzazione accelerano il ritmo lavorativo. Commento di un operatore: «Ogni progetto porta con sé un obiettivo. Ma a seconda dell’apparecchiatura e del tipo di cliente non sempre è possibile arrivare a una soluzione entro i termini stabiliti. E allora uno prova
i saranno ripresi anche nel nuovo CCL.
ad aumentare l’efficienza o a fare comunque l’impossibile». 5. l’immagine del ramo è negativa I mezzi di comunicazione di massa solo raramente si discostano nell’opinione sul settore dei call center. La maggior parte degli articoli apparsi nel lasso di tempo analizzato dalla ricerca mettevano in evidenza soltanto aspetti negativi del ramo. Commento di un lavoratore: «Non è che qua siamo in galera. Spesso i media trasmettono quest’immagine. Ma fino a un certo punto è una falsa rappresentazione della realtà». Riassumendo si può dire: la cattiva immagine del settore non è campata in aria, ma è in stretta relazione con le effettive situazioni lavorative e con la mancanza di prospettive professionali del settore.
cinque soluzioni per uscire dal dilemma In considerazione della discrepanza in aumento tra esigenze e realtà nel
5. coordinare la pianificazione del personale con i partner sociali Le nuove tecnologie pongono sempre nuove sfide ai dipendenti. Il numero dei canali di comunicazione che gli operatori e le operatrici devono essere in grado di gestire nel contatto con il cliente aumenta di continuo: dal telefono alla chat fino ai social media. Per superare la trasformazione con il personale esistente, è raccomandabile attuare insieme ai partner sociali una pianificazione lungimirante delle risorse. Un modo di procedere che, per esempio, ha dato ottima prova presso Swisscom. commento
2. obbligatorietà generale del ccl Finora solo una parte dei call center svizzeri è assoggettata al CCL del ramo. Contactswiss e syndicom ambiscono a raggiungere la dichiarazione di obbligatorietà generale da parte del Consiglio federale, affinché la guerra della concorrenza in futuro non venga più svolta a spese del personale ma sulla qualità dei servizi. Solo così si riuscirà a risollevare l’immagine di questo ramo. 3. valorizzare la formazione La formazione neo-introdotta di “operatore/ operatrice per la comunicazione con la clientela” è un primo passo nella direzione della professionalizzazione del settore. Tuttavia l’apprendistato ha ancora molte difficoltà iniziali. Riuscirà nel suo obiettivo di formare forze lavoro altamente qualificate soltanto se si focalizzerà maggiormente su un efficace management dei rapporti con la clientela, che in futuro saranno sempre più importanti. 4. garantire la formazione e il perfezionamento Il settore riuscirà a gestire bene le sfide del futuro soltanto se concederà ai lavoratori il diritto alla formazione e all’aggiornamento. La regolamentazione contenuta nell’attuale CCL va in questa direzione.
© PATRICK GUTENBERG
mondo del lavoro dei call center, la necessità di agire è grande. Dal punto di vista del sindacato syndicom, al fine di risolvere questo dilemma urgono soprattutto i seguenti provvedimenti:
Gli iscritti contribuiscono a dare forma al settore
I lavoratori dei call center forniscono servizi di alta qualità, attraverso più canali e in lingue diverse. Questa alta qualità rende il lavoro più impegnativo. Ed è esattamente questo che mantiene l’attrattiva della Svizzera come ubicazione dei call center. Per far sì che questo vantaggio permanga anche in futuro, il settore deve investire sui dipendenti: nelle loro condizioni di lavoro, nella loro formazione e aggiornamento e nella partecipazione aziendale. Il contratto collettivo di lavoro per il settore dei call center è la base per poter garantire molti miglioramenti. Ora si tratta di estendere il contratto collettivo di lavoro esistente all’associazione CallNet.ch e di fargli conferire l’obbligatorietà generale dal Consiglio federale. E nello sviluppare soluzioni per il settore, i membri ricoprono un ruolo particolarmente importante: infatti alla conferenza syndicom degli operatori call center del 10 giugno essi avranno l’opportunità di dare forma al futuro di questo ramo. Daniel Hügli, segretario centrale Telecom/IT
posta: bilancio 2015
Ricavi buoni, ma ne approfittano solo i quadri
© KEYS TONE
Dal punto di vista dei lavoratori, il messaggio della direzione del gruppo Posta sul bilancio 2015 è a doppio senso. Da una parte, la Posta riesce a imporsi su un mercato difficile – anche grazie all’impegno del suo personale – e dall’altra annuncia di voler rinnovare le sue prestazioni e punti d’accesso. syndicom esige che lo sviluppo della Posta e delle sue filiali non avvenga a scapito dei dipendenti e delle loro condizioni di lavoro. Inoltre il buon andamento non deve favorire soltanto i quadri ma l’insieme del personale. Con un utile consolidato di 645 milioni di franchi (7 milioni in più rispetto al precedente esercizio) la Posta dimostra di essere un’azienda in salute che può guardare al futuro con serenità. Nonostante ricavi più bassi, il profitto è aumentato. Sono soprattutto i 54’420 impiegati della Posta in Svizzera che hanno contribuito a questo buon risultato in un contesto economico difficile. L’annuncio della Posta di voler “sviluppare i suoi punti d’accesso e le sue prestazioni con coerenza” ha provocato un certo
disagio tra il personale. L’anno scorso sono stati cancellati 550 impieghi a tempo pieno.
all’outsourcing dei conducenti di Autopostale.
si allarga la forbice riconoscere il personale Lo sviluppo non deve dunque andare di pari passo con altri tagli al personale e con una maggiore pressione sulle condizioni di lavoro. Converrebbe il contrario invece, ovvero testimoniare una riconoscenza verso il personale per il suo lavoro quotidiano in un ambito difficile caratterizzato dalle esternalizzazioni. Ricordiamoci la disputa attorno
La retribuzione media dei quadri superiori è aumentata del 24%, mentre i salari bassi ristagnano. Per syndicom il crescente scarto salariale rappresenta un pericolo della digitalizzazione sempre maggiore del mondo del lavoro.
datore di lavoro sociale La Posta deve assumersi la sua responsabilità di datore di lavoro sociale ed equo nei confronti
dei lavoratori. Sopprimere degli impieghi “nell’ambito di una sostenibilità sociale” in questo senso non basta. La Posta deve offrire prospettive per il futuro ai dipendenti che sosterranno l’azienda nei prossimi decenni attraverso il loro lavoro. A breve termine questo significa realizzare investimenti sul personale e farlo partecipare equamente al profitto generato. In occasione delle prossime trattative salariali e CCL la Posta potrà mostrare se è pronta ad assumersi questa sua responsabilità sociale. (syndicom)
6 | Dalle professioni swisscom
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 seminario sul reclutamento di nuovi membri
Un compromesso sostenibile
Una vera spinta motivazionale per i comitati aziendali
A beneficiare dell’aumento salariale dello 0,6% a partire dal 1° aprile 2017 saranno molti più lavoratori Swisscom rispetto a quest’anno. Oltre all’intesa sugli accordi salariali, la conferenza aziendale di Swisscom Group ha affidato a syndicom numerosi compiti. In questo modo, l’attuale accordo dovrebbe essere rimpiazzato da un sistema che favorisce davvero la crescita professionale dei dipendenti. «My performance altro non è che uno strumento di dominio che ora è stato finalmente soppresso», è stata la dichiarazione di un collega presente alla conferenza aziendale, commento che gli è valso un fragoroso applauso. A essere valutato deve essere anche l’andamento della retribuzione media (ovvero, il salario mediano) in Swisscom. Giorgio Pardini, responsabile del settore ICT presso syndicom, ha espresso il timore che il manca-
to adeguamento al rincaro e la distribuzione degli aumenti salariali degli ultimi anni potrebbero aver causato una riduzione del salario mediano. «Così non va, è ovvio. Il salario mediano deve crescere costantemente e di pari passo con la produttività del lavoro», afferma con enfasi Pardini. La conferenza aziendale ha inoltre conferito a syndicom l’incarico di discutere con Swisscom su come motivare i lavoratori che da molti anni non ottengono un aumento di salario nonostante le buone prestazioni lavorative. Una soluzione potrebbe essere la fruizione di ulteriori giorni liberi, un tema che, in tempi di crescente disoccupazione, dovrebbe comunque figurare nell’agenda delle parti sociali.
* Franz Schori è s egretario specializzato settore Telecom/IT.
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Aumento dei salari dello 0,4% nel 2016 e dello 0,6% nel 2017: l’accordo salariale con Swisscom è stato siglato d’intesa con la conferenza aziendale di Swisscom Group. La prima impressione è che si tratti di un accordo piuttosto ordinario, ma a uno sguardo più attento ha il merito di essere sostenibile. Franz Schori*
Hugo Meier (localsearch.ch), Daniel Hügli (syndicom), Mark Herbst (responsabile del corso), Claudio Nicolazzo (Sunrise), Max Stoop (upc cablecom), Peter Siegrist (upc cablecom), Henner Knorr (Capita/avocis), Cornelia Ziehler (Sunrise), Jacques Rufer (upc cablecom), Giuseppe Morabito (Sunrise), Valentina Smajli (syndicom), Beat Isler (upc cablecom), Luigi Marchiondi (Sunrise), Urs Zbinden (syndicom), Fabrizio D’Orazio (syndicom), Heidi Pulfer (syndicom). Sulla foto manca Margit Wesche (Capita/avocis).
Un corso su come reclutare con successo nuovi membri, organizzato dal settore Telecom/IT a metà febbraio, ha soddisfatto contemporaneamente due obiettivi: uno, quello di riunire per due giorni i membri dei vari comitati aziendali, e l’altro di dar loro nuovi impulsi per l’acquisizione di nuovi membri. Questo ha dato loro la possibilità di imparare nuove strategie che vanno oltre la materia insegnata dallo specialista della comunicazione Mark Herbst. Un dato fondamentale uscito da questo incontro è che nell’argomentare gira tutto attorno al contratto collettivo di lavoro. «Parlando tra di noi abbiamo scoperto che ci assillano gli stessi argomenti, come per esempio la pressione
sui tempi di lavoro e la mancanza di personale», ha commentato la presidentessa del comitato aziendale Sunrise Cornelia Ziehler dopo il seminario. Henner Knorr, da poco eletto presidente del comitato aziendale presso il contact- e call center Capita/avocis, ha vissuto il corso in maniera simile: «Abbiamo constatato che è ovunque difficile entrare in contatto con i colleghi di lavoro perché troppo stressati. Invece se procediamo con concetti sviluppati insieme potremo approcciarli con più successo». Per Hugo Meier, presidente del comitato aziendale presso localsearch.ch, le tecniche di reclutamento illustrate sono state molto istruttive. Infatti dopo questo corso si
sente più motivato e più energico nell’affrontare l’acquisizione di nuovi membri. Per Beat Isler del comitato aziendale upc cablecom nonché membro del comitato della sezione Berna di syndicom, il corso ha dato degli ottimi input per intensificare la collaborazione della sua sezione con i/le segretari/e regionali e fiduciari nell’ambito di azioni di propaganda interne alle aziende. Ma questa nuova voglia di fare è stata percepita soprattutto dai membri del comitato aziendale Sunrise: pochi giorni dopo il seminario essi infatti hanno cominciato ad elaborare una moderna presentazione per fare nuovi reclutamenti presso Sunrise. Scommettiamo che avranno successo? (SFC)
le. Infine, in particolare chiedono alla Direzione maggiore rigore nei controlli delle condizioni d’impiego e dello stato dei veicoli delle ditte subappaltatrici di autopostale. I partecipanti all’assemblea hanno deciso di dare mandato a syndicom per promuovere un sondaggio tra i conducenti della regia e degli Imprenditori Autopostali al fine
di ottenere un quadro più chiaro riguardo alle conseguenze dell’attuale pianificazione per il personale in termini di salute e sicurezza. Una volta concluso il sondaggio, i conducenti si incontreranno nuovamente per definire, in base ai risultati emersi, quali rivendicazioni portare avanti e quali azioni intraprendere. (syndicom)
conducenti autopostale
Un sondaggio per capire lo stato delle cose Durante l’assemblea dei conducenti di Autopostale e Imprenditori Autopostali è emerso un malcontento generale a causa dei turni e degli orari di lavoro sempre più faticosi. Si richiede maggiore rigore nei controlli delle condizioni di impiego e dello stato dei veicoli delle ditte subappaltatrici. Il sindacato syndicom ha ricevuto mandato da parte dei conducenti di promuovere un sondaggio che permetta di avere un quadro più completo della situazione. teggiamento di Autopostale Ticino che negli ultimi tempi si è mostrata più attenta alla riduzione dei costi piuttosto che a trovare soluzioni per migliorare le attuali condizioni di lavoro. I conducenti hanno manifestato inoltre la propria preoccupazione in quanto Autopostale ricorre a ditte esterne “partner di trasporto” che impiegano personale con condizioni di lavoro ben peggiori
rispetto a quelle di Autopostale e Imprenditori Autopostali.
maggiore rigore I conducenti rivendicano il coinvolgimento del personale e della sua rappresentanza nella pianificazione dei turni di servizio come previsto dalla LDL, maggiore attenzione da parte di Autopostale Ticino nei confronti delle condizioni di lavoro e dello stato di salute del persona-
© DANIEL A RAGGI
Il 14 marzo scorso, i conducenti di Autopostale e degli Imprenditori Autopostali del Ticino e Moesano si sono riuniti in assemblea, organizzata da syndicom, per discutere delle loro condizioni di lavoro. La partecipazione è stata alta, anche perché nel settore c’è malcontento per la pianificazione dei turni e degli orari di lavoro, sempre più duri e stressanti. I conducenti criticano inoltre l’at-
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syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 industria grafica
Firme per ottenere fatti, non promesse Dal primo gennaio scorso, Tamedia non è più membro dell’associazione padronale viscom, con la quale syndicom e Syna hanno negoziato il nuovo CCL per l’industria grafica. Ma il nuovo contratto deve essere rispettato. Per questo, è stata lanciata una petizione e sono in programma altre iniziative di protesta.
Contratto collettivo di lavoro per l’industria grafica
viscom syndicom Syna
Angelo Zanetti, segretario centrale Andreas Schaffner, responsabile dei tre centri per la stampa di giornali di Tamedia a Zurigo, Berna e Bussigny, ha dichiarato personalmente che il rispetto del CCL non viene rimesso in questione, almeno nel 2016. La sua affermazione è stata ripetuta anche ai sindacati nell’incontro tenutosi lo scorso gennaio. Questa promessa verbale non è però sufficiente: le commissioni del personale di Tamedia e i sindacati syndicom e Syna hanno preteso, già in gennaio, una conferma scritta con la quale Tamedia
2016–2018
s’impegni a rispettare il CCL senza riserva alcuna, oggi e in futuro. Ma a tutt’oggi nessuna risposta è ancora pervenuta. È inaccettabile che Tamedia, il più importante gruppo per la stampa di giornali del nostro paese, dotato di potenti mezzi finanziari, si disinteressi dei propri dipendenti e si ritiri dal partenariato sociale e dalla comunità contrattuale. syndicom esige da Tamedia il ritorno al partenariato sociale e l’applicazione del CCL in maniera giuridicamente incontestabile. Due possibilità
ccl industria grafica
gli vengono offerte: ritornare a far parte dell’associazione padronale viscom, oppure sottoscrivere il CCL attraverso l’ufficio professionale dell’industria grafica. Una terza via non esiste.
una petizione per ot tenere garanzie Tamedia deve rispettare l’attuale CCL, poiché i partner sociali lo hanno sottoscritto il 14 dicembre 2015, momento in cui Tamedia faceva ancora parte di viscom. Il CCL verrà inoltre dichiarato di obbligatorietà generale il prossi-
mo 1° gennaio 2017. Fino al 2018 Tamedia non può aggirare il CCL. E questo vale per supplementi per il lavoro notturno, l’orario di lavoro e tutte le prestazioni e le obbligazioni contenute nel CCL. Tamedia deve trattenere i contributi per il perfezionamento professionale che permette al personale di seguire gratuitamente i relativi corsi. Tamedia deve partecipare al finanziamento per l’applicazione del CCL e trattenere il relativo contributo ai dipendenti non sindacalizzati. Per tutto questo, syndicom ha
press e media elet tronici
stampa
La Seco ha ricevuto la nostra domanda Insieme per il rafforzamento Anche se con ritardo rispetto a quanto auspicato, abbiamo inviato alla Seco la domanda per decretare d’obbligatorietà dei professionisti dei media in Svizzera generale il CCL dell’industria grafica. L’entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio del prossimo anno e durerà fino alla scadenza del CCL, ovvero il 31 dicembre 2018. D’altro canto, non può essere altrimenti in quanto il decreto sussiste solo se esiste (o è in vigore) un CCL. Il dossier passa ora nelle mani della Segreteria di Stato che darà avvio alla procedura con la pubblicazione della nostra richiesta sul Foglio federale. Il compito del nostro sindacato è adesso quello di informare quei dipendenti che oggi lavorano sprovvisti di un CCL su questa importante novità. E dal punto di vista burocratico, si dovrà preparare, in seno all’Ufficio professionale dell’industria grafica, il programma di controlli sull’applicazione dello stesso CCL. Infatti, l’obiettivo principale di un decreto è proprio quello di controllare l’applicazione di salari, vacanze, orari ecc. Si procederà perciò a dei controlli cosiddetti “normali”, che seguiranno un programma prestabilito, come pure ci sarà la possibilità di fare dei controlli su denuncia, inoltrata sia dai sindacati sia dalla o dal dipendente stesso. Per la prima volta in questo settore, tutti potranno quindi usufruire delle stesse condizioni di lavoro. Fatto questo certamente importante per un’industria grafica costantemente sotto pressione. (AZA)
lanciato una petizione che chiede che Tamedia legittimi e firmi il CCL 2016-18. Firmate la petizione! syndicom continuerà a battersi, prendendo le iniziative del caso affinché Tamedia rispetti il CCL oggi e in futuro! Se Tamedia non ci darà una garanzia, manifesteremo il prossimo 8 aprile davanti alla loro assemblea generale.
Syndicom, SSM, SFJ, impressum si sono incontrate a fine febbraio per discutere del futuro dei professionisti dei media in Svizzera, concordando sul fatto che le 4 associazioni professionali sono chiamate ad affrontare le medesime sfide. Si è deciso di costituire un gruppo di lavoro con i rappresentanti dei diversi sindacati e associazioni per immaginare e testare scenari futuri che prevedano una più stretta ed efficiente collaborazione. Un modo per sostenere e rappresentare con più forza gli interessi della categoria professionale dei media in Svizzera. Il gruppo di lavoro si consulterà regolarmente con i rispettivi gremii, che poi avranno facoltà di decidere sugli eventuali passi da intraprendere. Secondo Stephanie Vonarburg, l’incontro delle quattro organizzazioni ha permesso di focalizzarsi soprattutto sulle sfide che necessitano risposte comuni: il peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori dei media dipendenti e freelance, il taglio di personale nei media, la pressione della commercializzazione delle notizie e gli attacchi politici al servizio pubblico. Nel gruppo di lavoro congiunto, syndicom è rappresentato da Sina Bühler, presidentessa della divisione Stampa e media elettronici, e da Stephanie Vonarburg. (syndicom)
CCL in agenda
Ci troviamo nella anno XIII dell’era del vuoto contrattuale. In Elvezia tutto il settore degli editori della stampa cartacea e online non ne vuole sapere di un contratto collettivo di lavoro (CCL) dei media. Proprio tutto il settore? No! Da quando Asterix, Obelix, Beniamina, Falbalà e i loro associati si sono più o meno accordati nella dura critica verso le condizioni delle galere mediatiche, il CCL della stampa è finalmente tornato sull’agenda. E così è successo che anche Hanspeter “Cesare” Lebrument e il suo Sacro romano impero editoriale nel settembre dell’anno MMXVI ha deciso di abbattere i suoi limiti mentali: le aziende mediatiche si sono poste l’obiettivo annuale di elaborare un contratto collettivo di lavoro per la stampa. Ma senza pozione magica sarà estremamente difficile condurre, e tanto meno vincere, la battaglia per il CCL. Di conseguenza, cari giornalisti, fotografi, produttori, freelance, volontari & Co.: visitate il nostro sito www.mediengav.ch e partecipate al sondaggio CCL per farci capire i vostri desideri riguardo ai contenuti del futuro CCL. E guardate i 23 Galli irriducibili testimonial CCL che dicono perché finalmente rivogliono un CCL per la stampa cartacea nella Svizzera tedesca e in Ticino. Anche se la faccenda è molto seria, ci sono testimonial che parlano di poliziotti e neonati. Il sito web www.mediengav.ch raccoglie informazioni sulla comune campagna CCL di syndicom e impressum e informerà su azioni ed eventi – e a tempo debito sull’avanzamento delle trattative. Gli abitanti del villaggio gallico globale sono invitati a seguirci su Twitter e Facebook! (SV)
tamedia
Dividendi milionari per gli azionisti, soltanto briciole per i dipendenti
massimizzare il profit to Il settore Digital di Tamedia continua a crescere e contribuisce con il 22 e il 31% (Ebit ed Ebitda) al risultato del gruppo. Comunque syndicom ricorda che gli investimenti nel digitale sono stati finanziati con i profitti del settore Print (prodotti stampati). E gran parte dell’utile con-
tinua a essere fatto nel settore stampa. syndicom è preoccupato per l’atteggiamento di Tamedia, che massimizza il profitto a scapito delle condizioni di lavoro e limitando sempre più gli investimenti nel settore giornalistico: senza un impegno chiaro a favore della qualità giornalistica, in futuro Tamedia rischia di sacrificare la sua vocazione di base trasformandosi in un’impresa puramente commerciale che ha a cuore soltanto i suoi azionisti! A causa del difficile mercato pubblicitario, il fatturato della stampa cartacea si è ridotto del 7%. Ciò nonostante, il margine Ebitda del settore stampa regionale e nazionale si situa al livel-
lo comunque molto elevato del 15,7% e del 19,3%. Per i 7 membri della Direzione generale, le retribuzioni sono aumentate di oltre il 74%, per un totale di 15,4 milioni di franchi! Il dividendo per gli azionisti aumenta a circa 48 milioni. Ai 3’366 dipendenti toccano le briciole di questa festa, con soltanto 14,9 milioni di franchi di “partecipazione agli utili”. Quota meritata, perché sono loro gli artefici di questi guadagni, ma questi 14,9 milioni sono poca cosa rispetto ai guadagni della direzione e degli azionisti. E, invece di un aumento duraturo dei salari, si tratta di un bonus eccezionale per i dipendenti.
un chiaro sì a favore dei ccl Con questi risultati economici e considerando la posizione dominante del gruppo nella stampa dei giornali e come editore, è davvero scandaloso che Tamedia abbia abbandonato il partenariato sociale per il contratto collettivo di lavoro (CCL) dell’in-
dustria grafica. syndicom esige che Tamedia reintegri immediatamente il CCL dell’industria grafica e si impegni chiaramente e inequivocabilmente per negoziare un equo CCL per i giornalisti in Svizzera tedesca e in Ticino. (syndicom)
© TAMEDIA ZÜRICH
Le cifre rese note da Tamedia sull’esercizio 2015 sono ancora una volta molto buone. Nessun’altra azienda mediatica ha raggiunto un risultato di 334 milioni di franchi e un margine di utile del 22,9% prima degli ammortamenti (margine Ebitda) e del 12,3% dopo gli ammortamenti (margine Ebit).
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maki shimizu
studio mut
Un segno tra Oriente e Occidente
La vitalità dell’ibrido
Viene da lontano l’illustratrice Maki Shimizu. Non soltanto dalla Germania, dove si è formata e dove lavora, ma porta con sé il Giappone natale, con la sua cultura e l’interesse per il segno (presente anche nella scrittura nipponica). Il tratto delle sue illustrazioni racchiude il felice incontro fra Oriente e Occidente.
Da Bolzano, enclave germanofona in terra italiana, i graphic designer dello Studio Mut hanno saputo sintetizzare il meglio delle due culture. Il risultato sono soluzioni comunicative semplici ed efficaci, per cogliere l’identità delle aziende per cui lavorano.
rie che si celano dietro ai luoghi e agli individui che incontra. Decide così di trasferirsi definitivamente in Germania e dopo la laurea in Graphic Design a Bielefeld, nel 2006 si sposta a Berlino in una comunità di designer indipendenti.
Che cosa ci racconta un tratto nero su un foglio bianco? Forse una cavalcata sulla giostra sotto la Tour Eiffel? Una ricerca scientifica sulla Luna? Oppure il volo notturno di un Piper con le ali gialle? Forse. Basta un segno deciso ed ecco che ci possiamo immergere in qualcosa di nuovo. La chiave per potere proiettarsi ovunque. Questo “ovunque” Maki Shimizu lo rappresenta con una formula molto particolare. Nata a Tokyo, si forma ben presto con il tratto gentile e sicuro che la cultura nipponica imprime nella vita di tutti i giorni. La sete d’arte e una frase specifica di Picasso (“l’arte è una bugia che ci permette di riconoscere la verità”) la portano fino in Europa e più precisamente in Germania. Si spinge a viaggiare attraverso la terra di Goethe scoprendo città, paesi e persone che le fanno nascere un amore profondo per le sto-
una miscela poetica Questo crogiolo di culture e di creatività dà origine a una miscela poetica che combina Oriente e Occidente. Maki sfrutta questo miscuglio di esperienze e riversa tutta la sua qualità espressiva nel disegno. Ad esempio, i suoi ritratti eseguiti con un tratto pulito colgono l’essenza della persona e i colori intensi donano una vita propria all’immagine. Anche le illustrazioni per bambini si riempiono di un’improvvisa allegria, come mostrano le immagini presenti sul suo sito www.makishimizu.com. Il suo felice tratto diventa l’elemento descrittivo di un parco giochi, di un albero che sorregge un gattino o di un quartiere parigino. Il gruppo Visual Project è davvero felice di poter ospitare Maki Shimizu alla giornata del design e della comunicazione visiva Communico 2016. È l’occasione ideale per potersi immergere completamente nel suo mondo multicolore e multietnico. Micha Dalcol, membro Visual Project
Lo studio Mut agisce in una realtà ibrida, mescolata e frammentata. È la realtà di Bolzano, terra di attraversamenti, enclave di cultura germanica in Italia, dove la minoranza italiana subisce talvolta il dominio della maggioranza germanofona e dove il confronto tra le varie culture è fonte di criticità e di fecondità. La natura del contesto culturale nel quale lo Studio Mut opera si ritrova, con una certa buffa bizzarria, nel modo in cui i due soci, Thomas Kronbichler e Martin Kerschbaumer, costruiscono la qualità del proprio lavoro. Con una formazione all’università di Bolzano alla facoltà di Design e Arti, hanno attraversato esperienze formative e professionali in vari luoghi europei, dove si sono sentiti particolarmente italiani: «In Germania abbiamo trovato una concentrazione molto maggiore sul mestiere di grafico, su come usa-
re l’attrezzatura, su come funziona una stampa. Noi eravamo più colti, più astratti, aperti, con un pensiero differente, carenti sulle conoscenze del mercato e del mestiere». Lungo il corso della propria esperienza, i due soci hanno acquisito il gusto per la concretezza del rapporto con la produzione industriale e commerciale: «È bello lavorare per ditte che hanno un prodotto perché tu sei e puoi essere la voce di una cosa e ciò è molto democratico. Se fai una pubblicità per una caramella è una cosa democratica, anche se sembra strano: parli a tutti». Pur essendo attivi soprattutto nel mondo della produzione culturale (università, convegni e riviste soprattutto di architettura; musei; festival) i soci dello Studio Mut sono fortemente attratti dal mondo commerciale (qualche esempio interessante del loro lavoro riguarda i produttori di vino). architet ti della grafica Lungo il corso della loro esperienza hanno anche corroborato e consolidato il proprio metodo, convincendosi di quanto il lavoro grafico debba essere il frutto di una progettualità autonoma dalla cultura architettonica: «Il graphic design è un concetto che preferiamo a quello di grafica e di comunicazione, definisce l’attività di qualcuno che è un architetto della grafica, un progettista». In questo aspetto, per confermare la natura ibrida della loro anima, si sentono un po’ meno italiani: «In Italia il design lo fanno gli architetti, la grafica la fanno
gli architetti, anche il design del prodotto lo fanno gli architetti e per fortuna ci sono esperienze che dalla Svizzera, dall’Olanda, dalla Germania riescono a scalfire questo dominio che caratterizza la Penisola». Italiani all’estero, un po’ stranieri in patria: è il destino delle persone in transito. dar voce all’anima Colpisce, poi, come un gruppo di lavoro connotato dalla natura ibrida possa rivendicare, nella presentazione della propria attività, la capacità di promuovere l’identità dei propri clienti. Chiedo a Thomas Kronbichler cosa intende per identità e la sua risposta è molto interessante: «In molti casi l’azienda parte con una identità propria: uno inventa una cosa e vuole fare soldi con questa cosa; dieci anni dopo ha cinquanta dipendenti e l’identità si smarrisce, svanisce; a quel punto noi interveniamo e facciamo domande illecite: perché volete vendere questa cosa, pensate di essere più bravi degli altri, vi interessa solo il risultato commerciale? È in quel momento che scopri quanto sia importante l’obiettivo di cambiare il mondo, un piccolo aspetto del mondo, producendo un foglio più bianco degli altri o una sedia più bella e così individui l’anima dell’azienda e lavori a comunicare questa anima; vale anche per un evento, un festival, una mostra e il nostro compito è di dare voce all’anima individuata traducendola in una lingua democratica». Ecco così per esempio che il lavoro prodotto per i fioristi Schullian, per festeggiare il compleanno del fondatore Franz, si colora della vita del racconto e non solo della gioia effimera di comunicare l’importanza di un commerciante di fiori in una città mitteleuropea, crogiolo di culture e di velleità identitarie contrastanti. Vito Calabretta, critico d’arte e giornalista freelance
concorso manifesto
Un nuovo font per un eve
Communico 2016 Giornata del design e della comunicazione visiva Sabato 16 aprile 2016 Aula Magna SUPSI, Trevano 14.00 – 18.30 Conferenza di Gianluca Grossi (reporter e fotografo, Bellinzona), Maki Shimuzu (illustratrice, Berlino) e Studio Mut (graphic designers, Bolzano) 18.30 – 20.00 Aperitivo
Tariffe Prezzo pieno 45.Studenti e apprendisti 25.Soci syndicom gratuito Iscrizione: www.communico.info Informazioni: nicola.morellato@syndicom.ch tel. 058 817 19 64
Gianluca Grossi reporter e fotografo Bellinzona
Maki Shimizu illustratrice Berlino
Sabato 16 aprile 2016
Conferenza 14.00 – 18.30 Aperitivo 18.30 – 20.00
Organizzatori
Communico 2016 Aula Magna SUPSI Trevano
Studio Mut graphic designers Bolzano
Giornata del design e della comunicazione visiva Sponsor
La diciannovenne Elisa Perler, di Comano, ha realizzato il manifesto di Communico 2016. Il suo progetto grafico è stato scelto tra le proposte elaborate dagli studenti della Sezione grafica CSIA e della Comunicazione visiva della SUPSI che hanno partecipato al concorso proposto da syndicom. «Nella ricerca – spiega Elisa – ho trovato che communico è una parola latina che significa accomunare, mettere in comune, condividere. Quindi ho deciso di sovrapporre i cerchi in trasparenza accomunandoli. Inoltre tra di loro condividono lo spazio, creando queste trasparenze e nuovi colori in comune. Anche osservando l’immagine di syndicom ho notato che erano presenti questi ovali. Così ho cercato di creare un font tenendo questa linea e i colori. Il font che ho creato si basa su cerchi e linee che formano i vuoti delle lettere. Con queste ho scritto il nome dell’e-
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intervista a gianluca grossi
Il giornalismo è avventura e dissidenza Il reporter ticinese Gianluca Grossi si racconta a tutto tondo. E rivela le origini della sua passione, il passaggio dalla televisione al giornalismo freelance: libero, impegnato e coraggioso, a seguire le vie della migrazione o le ragioni del terrorismo.
La seconda Intifada ce l’ha raccontata da Gerusalemme, fra bombe quotidiane e attentati suicidi, perché c’era quando è scoppiata. La guerra del 2006 in Libano l’ha filmata giorno dopo giorno. E così le guerre di Gaza, ad esempio. O l’invasione dell’Iraq. Dell’Afghanistan. La guerra in Siria. Altre, ancora. Un giornalista da terreno lo era già quando lavorava per il Telegiornale (RSI) e aveva avuto la possibilità di documentare il grande terremoto del 1999 in Turchia, oppure, l’anno successivo, la tragedia della funicolare a Kaprun, in Austria: non chiedeva altro che partire. È ancora il suo occhio, oggi, a seguire i passi dei migranti che attraversano l’Europa, in fuga dalla Siria e da altri paesi. Andrà avanti così finché ci saranno storie da raccontare e la forza per farlo. Perché tutti abbiamo bisogno di storie, ci spiega, e perché il mondo non si racconta mai abbastanza. Nella nostra chiacchierata – che definisce una dichiarazione d’amore nei confronti della sua professione – parliamo di coraggio, di volontà e della forza delle immagini.
Come mai è diventato reporter? Ho sempre voluto fare questo mestiere. Mio padre, che era un grande narratore di storie, mi portava nelle tipografie. Usavano ancora il piombo. Mi ricordo ancora molto bene quegli ambienti, l’odore dell’inchiostro, il momento in cui il mio nome usciva su un pezzo di piombo composto da una linotype. Da ragazzo giravo per Bellinzona in bicicletta, a caccia di piccole notizie, poi su una vecchia Olivetti scrivevo quello che avevo visto. Cose che evidentemente restavano sul mio tavolo e nessuno leggeva. Il 28 aprile 1976 (avevo nove anni) ci fu la tragedia di Sant’Antonino: un pulmino venne travolto da un treno a un passaggio a livello incustodito. Morirono sette bambini e l’autista. Mio papà, che avrebbe scritto un articolo su questo tragico evento, mi portò con sé. Non c’erano più i corpi, ma ovunque c’erano, sparpagliati lungo i binari, scarpine, cartelle, matite, fogli, indumenti colorati. Quella scena mi segnò per sempre. L’ho ritrovata nelle guerre che ho documentato. Dopo l’esplosione di una bomba, mi è capitato di rivedere gli stessi oggetti sparpagliati tutt’attorno. Resti di giovani vite. Dopo gli studi ho lavorato due anni a Zurigo per un’agenzia pubblicitaria, poi ho partecipato a un concorso per il Telegiornale e sono rientrato in Ticino. Mi mandavano sempre in giro, anche perché non chiedevo altro. Dopo un paio d’anni, mi sono accorto che si viaggiava sempre meno e si utilizzava, invece, sempre più materiale realizzato da altri, dalle agenzie internazionali. Non mi
ento che accomuna vento ‘‘Communico’’. L’unica eccezione è la ‘‘i’’ che, per coerenza e non togliere l’equilibrio, l’ho inserita dentro un cerchio». Per l’elaborazione del progetto, gli studenti della CSIA hanno lavorato da soli, a casa, con i consigli di alcuni docenti. «Dopo aver creato il font – racconta Elisa – ho scoperto che somiglia a un lavoro di Josef Müller-Brockmann, uno dei maestri della grafica svizzera, con alcuni bolli sovrapposti e con le trasparenze». Elisa ha sempre avuto una passione per il disegno e la grafica. «Forse viene da mio padre, che come operatore pubblicitario mi ha portato spesso con lui, a vedere i suoi lavori e ad aiutarlo. In futuro mi piacerebbe restare nel campo della grafica. L’anno prossimo andrò in Germania per uno stage, poi mi piacerebbe studiare all’ECAL, anche per capire dove va la grafica nell’epoca del web». (GV)
piaceva. Non potevo raccontare il mondo senza averlo prima visto con i miei occhi. Non mi sembrava onesto nei confronti del pubblico. E così, sono diventato un freelance. Non dev’essere stato facile, lasciare un lavoro che le piaceva, e che era sicuro, per qualcosa che non conosceva. Ricordo perfettamente quando lo dissi a mio padre. Dentro di me avevo deciso, ma la sua reazione mi procurò una grande serenità: mi disse che, se avesse avuto la mia età, avrebbe fatto lo stesso. Sarebbe partito. Papà ci aveva sempre raccontato un’infinità di storie. Così, ad esempio, riusciva a farci fare scarpinate impensabili in montagna, fin da piccoli. Usava i racconti per darci forza. Noi lo seguivamo. Credo che i racconti diano forza. Anche agli adulti. Tutti vogliamo sentirci raccontare delle storie. Ci interessa quello che succede agli altri per poterlo misurare con la nostra vita. Di fronte alla finzione, ci lasciamo andare, ci immedesimiamo. Quando, invece, la storia che ci viene raccontata è vera, tendiamo a prenderne le distanze. È inevitabile: lo facciamo per conservarci, per proteggerci. Senza questo filtro, di fronte al racconto della morte di un bambino su una spiaggia turca lasceremmo tutto quello che stiamo facendo, cambieremmo forse addirittura la nostra vita per impedire che succeda di nuovo. E invece non lo facciamo. La verità è osservabile soltanto attraverso un filtro. Ha scelto di filmare e fotografare lei stesso quello che raccontava... Ho sempre osservato tanto. Tutti noi lo facciamo, ma per alcuni diventa un mestiere. Osservavo e mi chiedevo come avrei potuto mostrare agli altri ciò che avevo visto. Volevo che fosse il mio occhio a raccontare. Credo fortemente nella soggettività: è la sola garanzia di onestà per le storie che racconto. Ecco perché ho fondato una casa di produzione e mi sono trasferito a Gerusalemme. Mi sono attrezzato, ho comprato un computer, una videocamera e ho cominciato a montare i miei pezzi. La prima volta ci sono volute otto ore per confezionare un minuto e mezzo, e forse non era nemmeno un granché. Poi
si impara: si fatica, si sbaglia e si impara. Credo molto nella forza e nell’energia delle immagini, quelle che raccontano la realtà. Andrebbero lasciate libere di urlare, e invece vengono soffocate dalle parole. Peccato. Come promuovere la qualità nell’informazione attuale? Mi guardo attorno, in Svizzera, in Europa e altrove e concludo che l’informazione (in particolare quella televisiva, che mi è familiare) deve tornare a rivendicare la propria autorevolezza nei confronti dei poteri, al plurale, si badi. La politica è soltanto uno fra i tanti. Secondo problema: c’è stato un golpe dei contabili. La loro azione è così pervasiva che sono in grado, indirettamente, decidendo dove vanno (e dove non vanno) i soldi, di dettare i contenuti, di scegliere ciò di cui si parla e ciò che, invece, va trascurato. Nelle redazioni non circola adrenalina. Direi, piuttosto, cloroformio. Il massimo dell’avventura? Una conferenza stampa. Lo sguardo sul mondo? Quello fornito dalle grandi agenzie (multinazionali dell’informazione) che producono immagini. Sono loro a decidere di che cosa parlare e come parlarne. Chi ci garantisce che raccontano la verità? Eppure, prendiamo tutto per buono. C’è un problema. Di libertà. Di verità. Il mondo non si può osservarlo restando seduti davanti allo schermo di un computer. Per chi vuole raccontarlo e spiegarlo è indispensabile uscire dalle redazioni, camminare, viaggiare, incontrare persone e parlare con loro, mettersi alla ricerca dei collegamenti sotterranei fra un evento e l’altro. Tutto si tiene: le guerre, i flussi migratori, la povertà, la violenza, il terrorismo, ciò che accade vicino a noi e ciò che accade lontano. Raccontare significa mostrare la tela delle relazioni che legano un fatto con un altro. Quello del giornalista è un mestiere semplice, ma è diverso da tutti gli altri. Se scegli di farlo è perché davvero non potresti vivere senza. Non potresti immaginarti di farne un altro. E soprattutto non potresti mai accettare di farlo da seduto. Il giornalismo è avventura e dissidenza. Intervista di Priscilla De Lima
gianluca grossi Nato il 1° marzo 1967, è giornalista indipendente. Ha raccontato i principali conflitti in Medio Oriente e in altre zone del mondo. Ha studiato all’Università di Francoforte e Zurigo, dove ha conseguito il Dottorato in Letterature comparate. Reporter, cameraman e fotografo, ha fondato e dirige l’agenzia Weast Productions, attiva nella produzione giornalistica in Svizzera e all’estero. Nel 2008 presenta, alla Galleria Job, Scatti di guerra, fotogrammi dai conflitti e con Una giornata a Nablus vince il Premio Corner Bank per il miglior reportage televisivo. Nel 2009 viene premiato come “Giornalista svizzero dell’anno per la Svizzera di lingua italiana”. Nel 2010 propone i suoi filmati inediti nell’esposizione Guerre. Dieci anni di immagini al Castello di Sasso Corbaro a Bellinzona. Nell’autunno 2012 presenta Il resto della vita, un’esposizione fotografica dedicata alle vittime delle guerre. È curatore di SpazioReale, una struttura espositiva dedicata alla fotografia giornalistica e documentaristica presso l’Antico Monastero delle Agostiniane a Monte Carasso. Nel settembre 2014 cura il volume Evidence (Salvioni Edizioni) e l’omonima esposizione dedicati al fotografo Andy Rocchelli, ucciso in Ucraina dell’Est da un mortaio nel maggio dello stesso anno. In aprile uscirà il suo nuovo libro.
Iscrizione: www.communico.info Informazioni: nicola.morellato@syndicom.ch tel. 058 817 19 64
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alain carrupt lascia la scena
«È un privilegio poter fare della propria passione un lavoro» A fine febbraio Alain Carrupt ha abbandonato il suo incarico di presidente di syndicom. È stato impegnato nei sindacati per oltre 30 anni, prima come volontario e dal 1994 come professionista. Ora si sta lentamente ritirando: ha ridotto le sue ore lavorative per motivi di salute e ha assunto altre mansioni. Nell’intervista, parla della sua “natura” sindacale, dei suoi ricordi, della divisione delle PTT e del futuro di syndicom. Intervista di Bruno Schmucki «I miei genitori, oggi pensionati, erano buralisti postali», ricorda Alain Carrupt. «Anche mio fratello ha lavorato alle Poste. Il sindacalismo è sempre stato una solida tradizione nella nostra famiglia. Mio padre ha presieduto una sezione del Sindacato dei buralisti postali (SBP) e mio fratello una sezione dei funzionari postali (SSFP). Quando hanno saputo che sarei andato a lavorare alla Direzione delle Telecomunicazioni di Sion, i due mi hanno parlato molto chiaro. E io ho capito bene il loro messaggio, tant’è che mi sono iscritto subito all’Associazione svizzera dei funzionari dei telefoni e dei telegrafi (ASFTT)».
menti ai nostri membri. A ogni assemblea si congratulavano calorosamente con noi. Dopo, la situazione si è terribilmente inasprita. Dalla metà degli anni Novanta abbiamo dovuto (troppo) spesso batterci per difendere diritti già acquisiti o per attenuare le conseguenze di ristrutturazioni che
Bruno Schmucki: Hai lavorato per le PTT per 17 anni. Più tardi hai vissuto dal vivo e accompagnato da vicino la suddivisione in Swisscom e Posta da sindacalista. Come è stato per te gestire questo fatto? Quali sono stati i momenti culminanti in questo processo? Alian Carrupt: All’epoca era difficile prevedere le conseguenze di questa evoluzione. Mi ricordo gli intensi dibattiti in seno all’Unione PTT sulla questione dell’indizione del referendum contro le leggi che regolavano contemporaneamente questa separazione e l’apertura dei mercati delle telecomunicazioni della Posta. La tensione era alle stelle. Dopotutto una maggioranza si era disimpegnata per rinunciare a questi referendum. Le ragioni erano molteplici, la principale era la mancanza di sostegno politico. Ma anche l’introduzione delle “clausole sociali” nelle relative leggi. Di fatto un referendum fu poi indetto dall’estrema sinistra e sostenuto da diverse sezioni dell’Unione PTT. Ma senza successo visto che non erano state raccolte le firme sufficienti. Comunque rimane difficile dire, nonostante il regresso, se le decisioni prese ai quei tempi fossero giuste o meno. Per fortuna, nonostante le fortissime divergenze sulla questione, l’unità sindacale è rimasta intatta. Una delle conseguenze della separazione delle PTT e di queste aperture del mercato è stata un rapido avvicinamento delle forze sindacali all’interno delle PTT e l’adeguamento dei nostri Statuti alla nuova realtà. Statuti che furono modificati per permettere il passaggio da un sindacato aziendale a un sindacato di settore. Questa fu la base della creazione del Sindacato della comunicazione.
Il sindacato, il “tuo” sindacato, si è trasformato fortemente negli ultimi 28 anni in cui hai lavorato per e nel sindacato. La strada dalla ASFTT all’Unione PTT e poi al Sindacato della comunicazione per finire a syndicom è stata lunga. Cosa è cambiato, e cosa invece è rimasto uguale? Nei miei primi anni d’impegno a livello nazionale avevamo il grande piacere, ogni anno, di presentare la lista dei migliora-
si sono succedute a un ritmo sostenuto. Inoltre siamo passati da partner sociali di un’azienda, le PTT, a partner sociali di una decina di imprese, senza avere sempre le risorse sufficienti per adempiere appieno a questo nuovo ruolo. Questa trasformazione, oltre ad avvicinare le forze sindacali, ha avuto come conseguenza un altro cambiamento radicale. Da sindacato che “rivendicava” siamo diventati un sindacato che “lottava”. Da sindacato piuttosto corporativista siamo diventati un sindacato multisettoriale. Quello che è rimasto identico è l’impegno tuttora molto importante dei nostri militanti. Pochi sindacati possono fare affidamento su così tanti fiduciari impegnati, sia a livello di sezione (a dei gradi diversi in base alle sezioni) che a livello degli organi centrali e di divisione. Senza dimenticare l’intenso lavoro, sempre al di là del dovuto, dei dipendenti e delle dipendenti (a tutti i livelli) del sindacato. I nostri lavoratori e le nostre lavoratrici svolgono un super lavoro con tanta dedizione.
A quali momenti ti piace ripensare? Quali sono stati difficili invece? Il mestiere del sindacalista è molto duro. Si ricevono molti colpi e si vivono momenti terribili. Ma è anche un arricchimento permanente dal punto di vista umano. Mi
« I più bei momenti rimarranno i migliaia di incontri vissuti, di scambi, di emozioni condivise e soprattutto la solidarietà sentita durante le lotte sindacali, specialmente durante gli scioperi» sono sempre sentito privilegiato di poter fare del mio impegno anche il mio mestiere. Nei momenti più difficili mi sono sempre ricordato di questa fortuna. I più bei momenti rimarranno i migliaia di incontri vissuti, di scambi, di emozioni condivise e soprattutto la solidarietà sentita durante le lotte sindacali, specialmente durante gli scioperi. Il colpo più grande è stato l’annuncio nel 1998 della soppressione di seimila impieghi da parte di Swisscom con l’inevitabile pronunciamento di licenziamenti. Io l’ho saputo il giorno stesso in cui si teneva un’assemblea dei delegati e me lo ricordo ancora come fosse ieri. Quando ho fatto l’annuncio ai delegati, ero in totale stato di shock. Generalmente i momenti più duri sono stati sempre strettamente legati ai “danni”, troppo spesso sottovalutati, provocati alle persone dai licenziamenti e dalle ristrutturazioni.
Con quali strategie e quali idee syndicom saprà gestire il futuro? Quali sono le maggiori sfide? syndicom è ben armato per il futuro. Le priorità fissate fino al congresso sono ragionevoli e dovranno essere messe in atto con determinazione. Il rafforzamento della presenza sindacale nelle aziende, il maggior sostegno verso i fiduciari e la continuazione di una politica molto attiva in materia di CCL saranno gli elementi chiave per affrontare le sfide rappresentate da un inasprimento delle condizioni di lavoro, dall’individualismo crescente e soprattutto dall’avanzamento del progresso della digitalizzazione e della “disumanizzazione” drammatica che tutto questo causa. Io sono fiducioso riguardo al futuro di syndicom e dei sindacati in generale. Ma bisogna che tutte e tutti, a ogni livello (dipendenti dei sindacati, militanti attivi, membri e non membri) abbiano sempre bene in mente che soltanto la solidarietà e l’azione collettiva portano dei frutti e permettono ai lavoratori e alle lavoratrici di difendersi efficacemente e di migliorare la loro situazione e che l’individualismo invece è un vicolo cieco. E oso concludere con un appello: se ognuno dei nostri iscritti reclutasse un/a collega di lavoro convincendolo/a della necessità della solidarietà e del sindacato, il futuro delle persone che difendiamo si presenterebbe sotto prospettive assai migliori…
Donne | 11
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work & care
Donne, eliminare le Chiesta una flessibilizzazione differenze salariali senza perdite salariali
L’effettiva realizzazione della parità salariale non è stata ancora raggiunta. La differenza salariale nell’economia privata attualmente ammonta al 15,1 per cento (UFS, Rilevazione struttura dei salari RSS 2014). Il progetto riguardo al “dialogo sulla parità salariale”, che si basava su verifiche salariali volontarie, è fallito: con soltanto 51 aziende partecipanti, l’obiettivo delle 100 non è stato nemmeno lontanamente raggiunto. Tra l’altro, quasi la metà di queste aziende sono statali o parastatali. Per realizzare il mandato costituzionale, vecchio ormai di ben 35 anni, di un salario uguale per un lavoro di uguale valore, urgono misure statali vincolanti. Ecco perché syndicom considera fondamentale eseguire analisi salariali regolari, almeno ogni tre anni. Fino al 2020 questo provvedimento dovrà essere messo in pratica per la prima volta presso tutte le aziende. Nel farlo, la responsabili-
Il work & care rientra tra i temi principali della Posta anche perché ne è interessato più di un quarto dei lavoratori. In caso di malattia di un familiare, la Posta offre modelli di orari di lavoro flessibili, consulenza di sostegno e una settimana di assenza non retribuita. Rita Torcasso* La Posta occupa circa 45mila lavoratori. Il contratto collettivo di lavoro (CCL) prevede che in caso di malattia del coniuge, di un genitore o di un figlio, si abbia diritto a una settimana di congedo retribuito per l’organizzazione familiare. «Nel 2015 sono state 3’464 le persone che si sono avvalse di questo congedo», afferma Verena Jolk del dipartimento Comunicazione personale. Il CCL regola anche il supporto ai lavoratori con funzione di assistenza familiare: «Il datore di lavoro sostiene questi ultimi nell’espletamento dell’obbligo di assistenza. Il sostegno può avvenire, tra l’altro, pianificando gli incarichi di lavoro, adeguando la situazione occupazionale e/o concedendo congedi non retribuiti». Il saldo dell’orario di lavoro annuale consente inoltre una certa flessibilità: nella compensazione annua è possibile trasferire all’anno successivo un surplus di 100 ore e un ammanco di 50 ore. È anche possibile accumulare un conto di risparmio in tempo più a lungo termine; il tempo risparmiato deve essere percepito entro cinque anni. «Non sappiamo a che scopo vengano utilizzati tali crediti di tempo», afferma Verena Jolk.
tà per i controlli regolari non deve essere delegata soltanto alle aziende e agli organi esterni di controllo. Anche lo Stato deve diventare attivo e verificare i controlli salariali interni alle aziende attraverso controlli a campione. Inoltre, nel caso di una non ottemperanza alla legge – ovvero nel caso che questi controlli non vengano effettuati, o se non vengono pubblicati i risultati e nel caso di una rinuncia a correggere una discriminazione salariale evidenziata – devono seguire sanzioni statali. Per syndicom è importante che nei controlli delle aziende i sindacati vengano obbligatoriamente coinvolti e possano essere rappresentati in una commissione tripartita federale. Soltanto così verrà garantita la trasparenza nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
* Patrizia Mordini è responsabile delle pari opportunità syndicom.
© ERIC ROSET
consulenza e rete interna
8 marzo 2016 manifestazione ∙ Donne e lavoro, finché morte non vi separi
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MOVE, la rete interna della Posta, si occupa del tema della conciliabilità tra lavoro e famiglia. Essa comprende esplicitamente anche il tema del “work & care”. Secondo un sondaggio condotto nel 2012 a Postfinance, ne è interessato attualmente o nel prossimo futuro il 27 per cento dei dipendenti. Le persone oggetto di assi-
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Nel suo progetto relativo alla modifica della legge federale sull’uguaglianza tra uomo e donna (Legge sulla parità dei sessi LPar), il Consiglio federale ha illustrato le misure statali programmate. Per syndicom, il progetto di legge è troppo annacquato e per questo chiede ulteriori misure. Inoltre, nella lotta alla discriminazione salariale la Confederazione deve assumersi una maggiore responsabilità. Patrizia Mordini*
i dirit ti dei dipendenti La legge prevede che i dipendenti con obblighi familiari non debbano svolgere ore straordinarie. L’articolo 324 del Codice delle obbligazioni stabilisce fino a tre giorni di congedo per potersi organizzare, ma non regola chiaramente il pagamento continuato della retribuzione. Diritto in altri paesi. Assenze retribuite: 10 giorni (Germania, Slovacchia, Canada), 1-2 anni in caso di grave malattia (Belgio e Spagna), 100 giorni l’anno (Francia), 3 giorni/mese (Italia). Legge in materia di cure: in Germania si ha diritto a sei mesi di congedo per assistenza con tutela contro il licenziamento. Un fondo per il risarcimento delle cure concede prestiti a interessi zero.
stenza sono costituite dal 13 per cento di coniugi, 58 per cento (genitori) e 29 per cento altri familiari quali nonni, sorelle e fratelli. Ogni mese, si ricorre in media a 24 ore per la cura dei familiari. Verena Jolk illustra le principali esigenze dei lavoratori che prestano assistenza: «Chi presta delle cure apprezza una determinata flessibilità del lavoro, una comunicazione aperta e rispettosa e la comprensione della loro situazione; tali persone richiedono in particolare delle possibilità di flessibilizzazione senza perdite salariali». La Posta offre loro
supporto gratuito attraverso la consulenza sociale interna. «Essa opera in rete anche con punti di riferimento regionali e informa in merito a diritti garantiti dalla legge». Nel 2015, 140 dipendenti si sono avvalsi di questa consulenza nell’ambito della conciliabilità tra lavoro e famiglia. Verena Jolk sottolinea: «Il work & care svolge pertanto un ruolo importante alla Posta poiché il 40% dei lavoratori ha un’età superiore a 50 anni».
* Rita Torcasso è giornalista freelance.
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15.09.2015 11:23:47
Ritratto Diritto | 13
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 posta
Una donna determinata
Eveline Bader è una grande donna che non ha peli sulla lingua. Nel 2010 ha perso il suo impiego a tempo parziale alla Posta dove lavorava da quattro anni come postina. Non si è trattato, come il suo superiore le ha ripetuto incessantemente, di un licenziamento bensì del mancato rinnovo del suo contratto. Ma per lei non cambia molto. Katrin Bärtschi
un altro paese, un’altra vita Nonostante sia passato del tempo, Eveline continua a non capire i motivi del mancato rinnovo del suo contratto con La Posta: «Mi è stata versata un’indennità di uscita, pertanto le loro ragioni
non erano irreprensibili», afferma. E aggiunge: «Oggi non ci penso più. Preferisco investire altrove le mie energie!». In particolare per la creazione del suo studio di ricostruzione unghie. Dopo una formazione di un anno, Eveline ha conseguito recentemente un diploma di ricostruzione unghie. «La creatività occupa nuovamente un posto importante nella mia vita. È davvero importante per me creare qualcosa che mi appartenga». Tra qualche anno Eveline desidererebbe ritornare a vivere con suo marito in Tunisia, il suo paese d’origine.
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«Ora devo arrangiarmi con diversi lavori», esordisce Eveline Bader. Era approdata alla Posta tramite un contratto di fornitura di personale a prestito, quando il Gigante giallo era ricorso al personale ausiliario attraverso la sua filiale Presto per garantire il recapito della posta. Oltre al suo lavoro nel recapito mattutino per Presto, Eveline ha lavorato inizialmente come postina per due ore, poi da sei a sette ore al giorno, un incarico che le piaceva molto: «Per avere il pomeriggio libero mi alzo volentieri all’alba. E il lavoro di recapito è molto vario». Da quando ha perso il suo impiego alla Posta, la vita di Eveline è diventata più difficile. «Oltre alla distribuzione di giornali al mattino presto, ho anche accettato un incarico importante per una ditta di pulizie. Inoltre, sono impiegata presso un grande distributore che effettua inventari regolari e quest’anno lavorerò per la quarta stagione estiva consecutiva al chiosco del Marzili, un lavoro che mi piace molto».
vivere in base ai propri ritmi «Laggiù potrei decorare le mani delle spose. Probabilmente manterremo un appartamento con due locali qui in Svizzera che potrebbe essere utilizzato anche dai nostri parenti tunisini che vivono nel resto dell’Europa. E se non riusciremo a stabilirci in Tunisia, potremmo ritornare qui, anche se talvolta faccio fatica ad adattarmi allo stile di vita svizzero. Soprattutto al ritorno dalle vacanze in Nord Africa. La Svizzera mi appare allora particolarmente “tesa”. Per non parlare dello stress costante! Stress dovuto alla puntualità e al denaro. Qui nulla è gratuito. In Tunisia, invece, si può vivere molto più in base
ai propri ritmi. Qui non è possibile, c’è sempre un superiore che guarda l’orologio. Dopo aver terminato il lavoro, ci si riposa su un’amaca senza pensare alle mille cose che restano da fare. Amo questo stile rilassato e il poter disporre di tempo, per ore. La vita in Tunisia presenta anche degli svantaggi, ma non contano molto per me. L’igiene non corrisponde assolutamente ai nostri standard e il paese è caratterizzato da un clima d’incertezza politica. Dalla caduta del dittatore Ben Ali, si vedono per strada sempre più gruppi di donne comple-
tamente velate. Questo mi mette a disagio e mi fa anche un po’ paura. Il fazzoletto per la testa non è mai stato un problema per me, ma non vedere più gli occhi e neppure le espressioni del viso mi disturba e mi inquieta più della presenza dei carri armati e dei militari».
il ruolo del sindacato «È molto difficile trovare un impiego qui in Svizzera», ammette Eveline, che ha da poco compiuto 47 anni. «La mia età costituisce di per sé un ostacolo nel mercato del lavoro. Oppure risul-
to iperqualificata, pur accontentandomi di un salario modesto. Se trovassi un impiego al 50% o al 60%, non avrei più bisogno di fare diversi lavori e neppure di organizzare incessantemente i miei spostamenti da un posto all’altro. Ben inteso, è fondamentale che il lavoro mi piaccia. Altrimenti sono aperta a tutto ciò che mi permetta di garantire la mia esistenza parallelamente al mio studio per la ricostruzione unghie». Da poco, Eveline ha nuovamente un posto di lavoro a un tasso di occupazione ridotto nel servizio interno della Posta. «Se solo ne venisse fuori qualcosa di più, sarebbe magnifico!». Da quando ha svolto il suo apprendistato come impiegata d’albergo, Eveline Bader è anche membro dell’Unione Hotel&Gastro. In qualità di postina ha anche aderito a syndicom. «Apprezzo l’ottimo lavoro svolto dai sindacati. Ad esempio la negoziazione di contratti collettivi di lavoro e il supporto che offrono ai loro iscritti. Quando abbiamo ottenuto da Presto dei nuovi contratti, un collaboratore di syndicom mi ha spiegato tutto quello che c’era da sapere. Il sindacato mi ha anche aiutato nella mia lotta, che non era una lotta contro la Posta, bensì una lotta per il mantenimento del mio impiego. È importante che esistano i sindacati!».
punto e dirit to
Da circa tre anni lavoro in un call center. Nel contratto di lavoro si legge che i miei impieghi professionali dipendono dal volume di lavoro presente e che hanno luogo su chiamata. Inoltre viene stabilito che non sussiste alcun diritto a un carico di lavoro minimo. A fine febbraio 2016, ho lavorato in modo continuativo per 80-100 ore circa al mese per questo datore di lavoro. Pochi giorni fa ho ricevuto il piano di impiego per il mese di marzo, dove mi sono state assegnate solamente 40 ore. Per via di questa riduzione del volume di lavoro e quindi dello stipendio, non posso far fronte alle mie necessità finanziarie. Dopo che ho presentato una richiesta in tal senso, la mia capa mi ha comunicato che, in futuro, potrò fare i conti soltanto con un carico di lavoro di quest’ordine, non essendo buona la situazione delle commesse. Devo accettare questa situazione?» Il rapporto di lavoro che esiste tra te e il tuo datore di lavoro è definito lavoro su chiamata. Si contraddistingue per via del fatto che la prestazione professionale da erogare non è definita più in dettaglio a livello di ambito e posizione. Inoltre questi parametri vengono stabiliti dal datore di lavoro a seconda delle necessità. Il volume di lavoro può variare in modo consistente di mese in mese. Ma, nel tuo caso, risulti impiegato in modo relativamente costante da circa tre anni e, per questo
motivo, hai confidato che tale carico di lavoro proseguisse con la stessa intensità. Ora si pone la domanda se tu, nell’ambito di questa situazione di partenza e contro quanto riportato nel contratto di lavoro (che nega il diritto a un carico di lavoro minimo), abbia potuto fare affidamento sull’assegnazione del volume di lavoro consueto. I tribunali hanno risposto a questa domanda già diverse volte, affermando che i lavoratori, in caso di una frequenza delle chiamate ormai consolidata e piutto-
sto costante, possono fare affidamento sul carico di lavoro usuale. Da un numero di ore mensili costante, o rispettivamente da un orario di lavoro giornaliero regolare, i dipendenti possono desumere che, nel caso di rapporti di lavoro su chiamata, il lavoro a chiamata si sia trasformato in un rapporto di lavoro con un grado occupazionale fisso, e che quindi sussista un diritto all’assegnazione di impieghi professionali secondo l’ambito consueto finché dura il rapporto di lavoro. Tuttavia, affinché tu possa far
rivalere, se necessario, questo diritto anche a livello giudiziario, occorre che tu comunichi al tuo datore di lavoro che non sei d’accordo con la riduzione del carico di lavoro e che continui a offrire il tuo lavoro come di consueto. Laddove il datore di lavoro non dovesse accondiscendere alla tua richiesta, ripresenta quest’ultima offerta di lavoro anche a mezzo di una lettera raccomandata. Qualora il datore di lavoro risentisse effettivamente di una situazione degli ordinativi negativa e non potesse proseguire il rappor-
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Lavoro su chiamata: da utilizzare a piacimento?
Martin Scheidegger lic. iur., collaboratore servizio giuridico
to di lavoro nell’ambito consueto, presumibilmente verrai licenziato. Almeno, però, durante il preavviso di licenziamento avrai diritto al salario percepito fino a quel momento. Ti consigliamo di rivolgerti immediatamente al segretariato regionale competente. Lì riceverai la consulenza di un esperto e ti verrà in particolare indicato che, per relazioni di lavoro a chiamata, occorre tenere conto di alcune particolarità per quanto attiene all’iscrizione presso la cassa di disoccupazione.
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syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016
la via della stampa
Il custode dei segreti del libro antico A Tivoli, in provincia di Roma, un giovane esperto del libro antico ha l’obiettivo di tramandare alle nuove generazioni la passione per la scrittura antica e le conoscenze per la conservazione di beni dal valore inestimabile. Andrea Ventola ci e sugli studi effettuati sulla presunta biblioteca di Villa Adriana. Si tratta, come nell’antichità, di un luogo d’incontro, non quindi di una semplice biblioteca. L’elemento centrale sarà costituito dalla didattica. In più abbiamo acquistato dei macchinari innovativi per l’analisi dei documenti.
Come nasce questo progetto? Mi è sembrato di capire che sia una passione di famiglia, la vostra…
Villa Adriana è situata sopra i Monti Tiburtini, a una trentina di chilometri da Roma. Ci arriviamo in mattinata e subito, appena varchiamo il portone d’entrata, ci rendiamo conto di essere di fronte alla rappresentazione architettonica imperiale per eccellenza. Costruita tra il 118 e il 138 d.C. dall’imperatore Adriano, la Villa si distribuisce su un’area di almeno 120 ettari: oltre agli edifici residenziali, le terme, i ninfei, e i giardini immensi, la Villa comprendeva anche la biblioteca, fatta costruire dal colto Adriano per sé e la sua cerchia di amici. All’interno di quella che oggi è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco, incontriamo Alessandro Basile, giovane papirologo che gestisce il centro di ricerca ospitato presso la Villa. «Quello che vedete – spiega Alessandro – è il nuovo centro di ricerca. È tutto in fase di installazione e montaggio perché stiamo facendo da soli. Il finanziamento che il comune ci doveva è arrivato dopo cinque anni. In una fase politica dove le giunte cambiano due volte l’anno potete immaginare la tempistica di approvazione del progetto. Ci salviamo sempre per il rotto della cuffia».
Di che cosa vi occupate presso il centro di Archeologia libraria e bibliotecaria? Il Centro propone ai visitatori una vasta collezione di ricostruzioni tecnico-scientifiche di supporti scrittori e documenti
librari antichi con particolare riferimento all’epoca adrianea. È un laboratorio di attività sia scientifiche che didattiche. Per il pubblico proponiamo 9 percorsi tematici nei quali vengono ricostruite tutte le fasi salienti del libro antico, dalla riproduzione al restauro dei vari supporti di scrittura (come il papiro, le tavole cerate o le pergamene), allo studio delle varie scritture fino alla produzione dei pigmenti. Una prima visita guidata ai pezzi esposti è seguita da un laboratorio pratico di produzione del papiro. Viene poi sperimentata la scrittura con il calamo e gli inchiostri naturali sui vari supporti, imparando anche come vengono estratti i pigmenti. A livello scientifico, invece, ci occupiamo di analizzare i documenti antichi e di ricostruire le ricette dei pigmenti al fine di riprodurre i colori nel modo più fedele possibile in vista del restauro. Identifichiamo eventuali malattie del supporto e datiamo i manoscritti in base ai risultati. Il laboratorio collabora con i Laboratori di Ricerca Scientifica dei Musei Vaticani, dell’Academy of Sciences di Washington, della Smithsonian Institution e altri importanti istituti, e si occupa del restauro di documenti librari ritrovati fra gli scavi o conservati nelle librerie e collezioni private del territorio.
Quali saranno le modifiche all’impianto grazie al finanziamento ottenuto? Verrà istituita una biblioteca di epoca classica, in scala, basata sui documenti stori-
Sì, la famiglia di mio padre si è sempre occupata di coltivare e lavorare il papiro in provincia di Siracusa. Prima per diletto, poi studiosi ed esperti hanno iniziato a commissionarci opere su richiesta ed è diventato un lavoro. Così negli anni Settanta mio padre si è trasferito a Roma e ha iniziato a diffondere la sua conoscenza attraverso laboratori didattici e attività integrative per le scuole. Nel 1979 ci hanno concesso un locale a Villa d’Este, che poi è diventato il Museo del Libro Antico. Mio zio lavora tuttora al Cairo come restauratore. Dal 2004 io e mio padre ci occupiamo anche di questo laboratorio didattico di Archeologia Sperimentale qui a Villa Adriana: è nostra premura far conoscere alle persone questo mondo fantastico, soprattutto attraverso la didattica e la sperimentazione diretta: i più piccoli sono i più entusiasti.
andrea ventola Classe 1984, svolge dal 2009 l’attività di giornalista freelance e copywriter. Collabora con diverse testate, tra cui la Rivista di Lugano, per la quale cura una rubrica per bambini. Laureato in Scienze Giuridiche nel 2011, sta conseguendo il master in Lingua, letteratura e civiltà italiana all’USI di Lugano. È sposato e papà di un bambino di due anni. elena ventola turienzo Classe 1982, svolge la professione di grafica pubblicitaria dal 2001. La sua passione, oltre ai viaggi, è la calligrafia. Insieme al marito Andrea Ventola ha vagabondato per 20 mesi in tutto il continente asiatico e in parte di quello oceanico, al termine dei quali è diventata mamma del piccolo Enea. Attualmente si occupa di marketing e stampa 3D in un’azienda a Lugano.
Avete partecipanti di tutte le età? Sì, per le università organizziamo un percorso di tre giorni (di mezza giornata ciascuno) nel quale si scopre come venivano realizzati i colori, come scrivevano gli antichi (quindi si scopre l’utilizzo della gomma arabica), i più piccoli posso invece partecipare ai laboratori e sperimentare per qualche ora le tecniche utilizzate un tempo.
In questo progetto avete investito tante energie e anche soldi vostri, avete un ritorno positivo? I laboratori sono gratuiti, ci sono molte scuole che si iscrivono e per noi è importante vedere che le attività pratiche che proponiamo stimolano l’interesse e la curiosità dei ragazzi. Alcuni di loro intravedono anche nuove possibilità di studio che non
avevano neppure preso in considerazione perché le ignoravano. Fra Villa d’Este, Villa Adriana e il nuovo centro Biblos a Tarquinia (dedicato alle scritture etrusche) prevediamo un giro di circa un milione e duecentomila visitatori. Il periodo tuttavia non è positivo. Il flusso dei visitatori è in calo e l’amministrazione taglia. Abbiamo due grandi complessi architettonici qui a Tivoli. Villa Adriana e Villa d’Este. Pensa che a Villa d’Este fino a poco fa ci allevavano i pesci. C’è un menefreghismo totale dello Stato italiano. Informazioni su: www.fannius.it
Fotografie: Elena Ventola Turienzo
Cultura Ticino | 15
syndicom | N. 3 | 24 marzo 2016 cineoltre
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Alla ricerca della verità
Ombre sulla sabbia
Due film recenti, Il caso Spotlight e Truth, raccontano l’evoluzione e la deriva del giornalismo investigativo, sulla carta stampata e in televisione. Sottomessi alla legge dell’audience, con i mezzi sacrificati sull’altare del budget, i reporter vecchio stile sono alla fine di un’era? The Truth, ovvero la verità. Quanti hanno deciso di diventare giornalisti proprio per raccontare (o almeno per inseguire) la verità? Il cinema ci ha regalato spesso modelli quasi eroici di giornalisti, che rischiano tutto, a volte anche la loro stessa vita, per cercare la verità. L’ultimo film che ne parla s’intitola proprio The Truth e racconta la storia vera del famoso giornalista americano Dan Rather, impegnato a svelare i (presunti) favoritismi ricevuti da George W. Bush per evitare il servizio militare in Vietnam. Nel 2004, a due mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi, Rather presenta al pubblico americano le prove, documenti di servizio e testimonianze della Guardia Nazionale, raccolte da un team di giornalisti ed esperti militari agli ordini della produttrice televisiva Mary Mapes. Pochi giorni dopo l’inchiesta del programma della CBS “60 minutes”, le prove vengono denunciate come false. Sotto accusa non c’è più il presidente Bush, ma la stessa emittente televisiva e il giornalismo in generale. Il film The Truth racconta proprio come sia sempre più difficile inseguire la verità, in un mondo in cui le inchieste giornalistiche si scontrano con la legge dell’audience e il pubblico preferisce ascoltare le interviste ai protagonisti di “Survivors” piuttosto che ai sopravvissuti di una vera tragedia. Ispirato al libro Truth and Duty: The Press, the President and the Privilege of Power scritto dalla stessa Mary Mapes, il film si avvale dell’interpretazione di Cate Blanchett e di un Robert Redford che si confronta con un ruolo simile a quello di Tutti gli uomini del presidente, per dimostrarci che oggi, al tempo di internet, sarebbe difficile far scoppiare un altro caso Watergate. (GV)
Tra i compiti più ardui di un libraio c’è quello di riuscire a scovare dei libri da consigliare agli adolescenti. Le numerose, troppe, proposte dei diversi editori vanno valutate sempre attentamente perché cariche d’insidie riguardanti gli argomenti trattati, il linguaggio, e anche la pochezza dei contenuti. Infatti, le diverse proposte per la fascia di ragazzi più grandi definita “young adults” e altro, per dei motivi puramente commerciali rischiano di catapultare l’adolescente in un mondo adulto travisato e inadatto, o comunque privo di quegli spunti di riflessione e di quelle emozioni autenticamente vissute, proprio perché ancora acerbe, quali amori, amicizia, paura, gelosia, che contribuiscono a pacificamente armare chi dovrà affrontare il mondo. Fortunatamente l’editore Rizzoli ci regala, nella magnifica traduzione di Beatrice Masini, il primo libro, pubblicato in Inghilterra nel 1968, di Aidan Chambers, tra i più importanti scrittori al mondo per ragazzi, oggi ottantenne impegnato anche a fare in modo che i ragazzi leggano e a fare in modo che noi adulti non spegniamo quella scintilla di piacere, pubblicando saggi e contributi sul tema dei giovani e la lettura. La storia è ambientata all’inizio degli anni Sessanta in un piccolo villaggio costiero inglese che sta soffrendo lo spopolamento. Il protagonista, Kevin, diciasettenne, aiuta il papà e il nonno nel mandare avanti il piccolo cantiere nautico noleggiando imbarcazioni ai numerosi turisti che durante l’estate giungono dalla grande città. Sarà proprio nella grande città che l’affezionata amica d’infanzia, con la quale Kevin trascorre le giornate e per la quale prova un appena abbozzato sentimento d’amore, deciderà di trasferirsi convinta di trovarci la vita vera e di lasciarsi alle spalle una vita piatta e poco interessante. Kevin dapprima non capisce e non approva la decisione della ragazza, ma poi per una serie di motivi decide pure lui di lasciare la famiglia e di partire da solo verso le luci sfavillanti e ricche di promesse della città… Durante questo viaggio, che possiamo definire di “iniziazione”, Kevin capirà cosa lui desidera veramente dalla vita e capirà quali sono i capisaldi della vita vera. Magnifico romanzo, breve ma intenso, dove le emozioni quali l’amicizia e l’amore, i valori quali le radici, l’identità, il senso di appartenenza a una comunità, sono accarezzati lievemente e consegnati con grande maestria ai futuri giovani adulti. Dai tredici anni. Aidan Chambers, Ombre sulla sabbia, Rizzoli 2016 A cura della libreria Voltapagina di Lugano – libreria@voltapagina.ch
concorso
I primi due lettori di syndicom interessati a vedere The Truth (nelle sale della Svizzera italiana dal 17 marzo) possono ricevere un biglietto gratuito scrivendo una mail a redazione@syndicom.ch. impressum
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redazioni syndicom, die zeitung caporedattrice Nina Scheu svizzera italiana syndicom, il giornale Giovanni Valerio, Via Genzana 2, 6900 Massagno, Tel. 058 817 19 63 redazione@syndicom.ch grafica e impaginazione Daniela Raggi (i) correttrice Petra Demarchi (i) traduzioni Barbara Iori Alleva-Translations notifica cambi di indirizzo syndicom, Adressverwaltung Monbijoustrasse 33, Casella postale 3001 Bern inserzioni e pubblicità Priska Zürcher, Monbijoustrasse 33,
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16 | In chiusura perfezionamento: www.helias.ch
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editoriale
Privatizzazioni sotto la lente
Corsi professionali: 11 aprile adobe bridge e l’interazione con photoshop, indesign e illustrator Animatore: Diego Uccellani Obiettivi del corso: una panoramica sull’interfaccia, Bridge e la gestione colore Interazioni con Photoshop, InDesign e Illustrator Presentazione: Bridge non è solo un modo diverso da Finder per navigare nei nostri documenti. È un potente strumento che aiuta a organizzare e gestire un intero archivio di documenti, immagini, vettoriali ecc. È utile per organizzare ma anche per velocizzare molte delle ricerche che eseguiamo tutti i giorni, oltre a mettere in contatto direttamente gli applicativi delle Creative Suite e della Creative Cloud. 18 e 20 aprile tecniche di ripresa video con fotocamere digitali Animatore: Mario Uboldi Obiettivi del corso: mettere in pratica le tecniche base di ripresa video utilizzando la propria fotocamera digitale. Presentazione: il corso vuole dare ai partecipanti le basi per migliorare le tecniche di ripresa amatoriale. I partecipanti devono possedere una fotocamera digitale con possibilità di riprese video. concorso iscrit ti Con l’invio delle tessere syndicom 2016, la nostra amministrazione ha sollecitato tutti i nostri iscritti a ricontrollare i propri dati nel nostro database. La reazione a questo invito è stata esorbitante. Sono pervenute oltre tremila domande di cambiamenti, che hanno fatto sì che la banca dati di syndicom sia di nuovo aggiornata. Grazie mille a tutti coloro che hanno partecipato a queste pulizie di primavera. Nel frattempo Nejla Grbo, che ha fatto un grosso sforzo supplementare insieme alle sue colleghe dell’amministrazione soci, ha potuto procedere all’estrazione dei vincitori di questo concorso.
hanno vinto una hotelcard: Beatrice Ferraro, 6616 Losone Sandra Maria Burch-Blättler, 6010 Kriens Matteo Langenegger, 3032 Hinterkappelen Lucia Faretra, 8134 Adliswil Jean-Charles Guerry, 1304 Cossonay-Ville Monika Meyer, 3422 Kirchberg Anton Wuethrich, 3652 Hilterfingen Verena Gschwind-Zumstein, 8800 Thalwil Verena Stalder, 4127 Birsfelden Gérald Joly, 1272 Genolier
hanno vinto una borsa blu syndicom: Erika Limacher, 9245 Oberbüren Adem Memedi, 3185 Schmitten Daniela Chassot, 3084 Wabern Cynthia Hänni, 3004 Bern Martina Paita-Herren, 1670 Ursy Simone Luchetta, 8005 Zürich Max Koch, 4414 Füllinsdorf Gabriele Margot Kellenberger, 9523 Züberwangen Kurt Lauper, 8047 Zürich Maurizio Foletti, 6932 Breganzona
“Una politica nefasta, che sta facendo regredire la società”. Graziano Pestoni non ha mezze parole quando parla di privatizzazioni. Al tema ha dedicato un libro, che verrà presentato nel corso dell’assemblea generale di syndicom, il prossimo 2 aprile al ristorante albergo “I Grappoli” di Sessa, a partire dalle 18. Laureato in Scienze Economiche all’Università di Losanna, Graziano Pestoni è stato responsabile per il Canton Ticino del Sindacato svizzero dei servizi pubblici (VPOD) dal 1978 al 2006. Redattore del periodico sindacale “I diritti del lavoro”, è stato in Gran Consiglio dal 1999 al 2011 ed è segretario dell’associazione per la difesa del servizio pubblico sin dalla sua fondazione, nel 2000. Il lavoro sindacale per quasi trent’anni emerge nel volume intitolato semplicemente Privatizzazioni, pubblicato nel 2013 da VPOD in collaborazione con la Fondazione Pellegrini-Canevascini. “Questo lavoro – scrive Pestoni nella prefazione – è in gran parte il risultato della mia esperienza professionale nell’ambito del Sindacato svizzero dei servizi pubblici (VPOD), in Ticino, in Svizzera e
in Europa. Esso vorrebbe essere un contributo alla comprensione di quanto successo e di quanto sta succedendo e uno strumento per coloro che desiderano una società non più dominata dalle avide oligarchie finanziarie”. Queste ultime sono definite “rapaci” nel capitolo dedicato alla privatizzazione delle PTT (Poste Telefoni Telegrafi), che descrive il progressivo smantellamento dell’azienda pubblica di proprietà della Confederazione, dal passaggio a società anonima fino al tentato referendum per “una posta più forte”. Di questo, Graziano Pestoni parlerà nel suo intervento all’assemblea generale ordinaria di syndicom.
L’assemblea generale ordinaria della Sezione Ticino e Moesano si terrà sabato 2 aprile 2016, dalle ore 15.00 Presso il Ristorante Albergo “I Grappoli”, Sessa Ore 18.00 conferenza “Le privatizzazioni” con Graziano Pestoni, presidente USS Ticino Ore 18.30 aperitivo, a seguire cena. Prenotazioni e informazioni: tel. 058 817 19 61, mail ticino@syndicom.ch
rapporti bilaterali svizzera-ue
Multe più care per chi pratica il dumping
Nell’ambito delle misure di accompagnamento, il Consiglio nazionale ha deciso a maggioranza di inasprire le multe in caso di dumping salariale. Ora il progetto passa al Consiglio degli Stati. Al fine di aumentare l’efficacia delle misure di accompagnamento, il Consiglio nazionale vuole aumentare il limite massimo delle multe per chi infrange le condizioni salariali e lavorative da 5’000 a 30’000 franchi. Sicuramente con ciò si aumenterebbe l’effetto deterrente delle multe. Nel mirino di questo inasprimento ci sono sia datori di lavoro stranieri che violano le condizioni svizzere di salario e lavoro, ma anche datori di lavoro svizzeri che non rispettano i salari minimi obbligatori. Soltanto l’UDC con a capo il presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri Jean François Rime ha combattuto attivamente contro l’aumento di queste multe. Con ciò l’UDC ancora una volta ha agito contro gli interessi di tutti i lavoratori in Svizzera. La chiara maggioranza in seno al Consiglio nazionale (103 voti contro 77) invece ha dato credito all’ar-
gomentazione che un aumento del limite massimo rafforza l’effetto deterrente per tutti i datori di lavoro e che dunque i lavoratori sarebbero tutelati più efficacemente contro il dumping salariale. Ma ne approfitterebbero anche i datori di lavoro onesti che rispettano le regole in vigore. Essi infatti sarebbero più protetti contro la concorrenza sleale. Ora è il Consiglio degli Stati a doversi occupare del progetto. Dal punto di vista sindacale la speranza è che il progetto venga approvato anche dalla Camera alta. Anche se con il solo aumento delle multe non si risolve il problema del dumping salariale, comunque si farebbe un importante passo nella giusta direzione.
Christian Capacoel, responsabile comunicazione syndicom
il sudoku di syndicom In palio un buono benzina offerto da Eni. La soluzione (la cifra composta dai tre numeri derivanti dalle caselle segnate di blu indicate nell’ordine da sinistra a destra) sarà pubblicata sul prossimo numero insieme con il nome del/della vincitore/vincitrice. Non è previsto alcuno scambio di corrispondenza sul concorso. Sono escluse le vie legali. Inviare la soluzione indicando il nome e l’indirizzo, entro l’11 aprile 2016, a: syndicom - il giornale, via Genzana 2, 6900 Massagno. Il vincitore del cruciverba pubblicato su syndicom - il giornale N. 2 è Anna Maria De Marco-Maccagno di Bellinzona.
RSI, costruire il futuro Continua da pag.1 il ricorso a un mediatore indipendente per aiutare a ristabilire la cultura del dialogo. Così (finora) non è stato: la direzione RSI non vede quale utilità possa avere un simile ruolo. In un’assemblea straordinaria all’inizio di marzo, SSM si è detta indignata del rifiuto della direzione RSI di incontrare il responsabile delle Risorse Umane Piero Cereghetti e il presidente nazionale SSM Ruedi Bruderer, che si erano offerti di sentire le parti. La situazione è di stallo, mentre cresce il malcontento dei lavoratori RSI, dopo la “consultazione-farsa” sulle misure di risparmio. La mancata trasparenza e la chiusura al dialogo da parte della direzione RSI ha portato il sindacato SSM a sfiduciare la Direzione. Questo fatto molto grave preoccupa syndicom, che conferma il suo sostegno a SSM e si augura che non venga compromessa in modo definitivo la pace sociale che dovrebbe essere invece tutelata e garantita. A essere colpiti, oltre ai licenziamenti che hanno fatto scalpore, sono i collaboratori esterni. A qualcuno di loro sono già state ridotte le giornate di collaborazione. Nel frattempo, come ha denunciato un’inchiesta del giornale Area, il personale a prestito (per lo più, cameraman e fonici) e quello assunto dai “service” esterni all’azienda, ha già subito una riduzione dei compensi. La loro situazione di precariato era già stata denunciata dall’inchiesta sulle condizioni di lavoro dei giornalisti nella Svizzera italiana del 2014, commissionata da SSM, ATG/impressum e syndicom.
Giovanni Valerio condoglianze Marco Lunini, Mairengo, deceduto in data 1.2.2016 all’età di 69 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1976. Andrea Pacciarelli, Lumino, deceduto in data 3.11.2015 all’età di 73 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1966. Umberto Sala, Agarone, deceduto in data 19.12.2015 all’età di 73 anni. Membro della sezione Ticino e Moesano dal 1973.
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