Seconda lezione 17 ottobre 2018 Corso Divina Commedia a Cura di Benito Ciarlo
Unitrè Arquata Grondona Anno Accademico 2018/19
Divina Commedia
Purgatorio Canto Secondo
PURGATORIO CANTO II SINTESI Il secondo canto del Purgatorio comincia con una descrizione dell’alba: Dante unisce precisi elementi astronomici, dati espressivi, metaforici e mitologici e riferimenti zodiacali tipici della cultura medievale.
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PURGATORIO CANTO II SINTESI Il poeta e Virgilio, ancora fermi sulla spiaggia ai piedi del Purgatorio, vedono venire verso di loro un punto luminoso che inizialmente sembra piccolo e confuso come Marte visto dalla terra nella foschia del mattino; man mano che quella luce si avvicina e diviene più grande, il poeta riesce a distinguere tre macchie bianche ai due lati e sotto di essa. Subito dopo Dante comprende che si tratta di ali: appartengono all’angelo nocchiero che guida e sospinge l’imbarcazione con la sua forza miracolosa, tale da non richiedere strumenti umani come vele o remi. Anche la nave mostra i segni di navigazione soprannaturale perché tocca a malapena l’acqua.Virgilio invita il suo protetto ad inginocchiarsi e a congiungere le mani in segno di rispetto.
PURGATORIO CANTO II SINTESI
PURGATORIO CANTO II SINTESI L’angelo sta traghettando le anime destinate alla salvezza, che si raccolgono sempre presso la foce del Tevere, fino alla spiaggia del Purgatorio. La luce emanata dal viso dell’angelo diventa sempre più forte, fino a quando Dante è costretto a distogliere lo sguardo. Le anime sulla barca intonano, il Salmo 113 In exitu Istrael de Aegypto, che tratta della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana: così le anime esprimono in modo allegorico anche la gratitudine per essere finalmente libere dalle catene del corpo mortale.
PURGATORIO CANTO II SINTESI L’angelo, una volta accostata l’imbarcazione alla spiaggia, benedice le anime e il loro percorso facendo il segno della croce; poi, senza dire una parola, le lascia scendere e riparte alla volta della foce del Tevere. Le anime si trovano così sperse, a osservare quel luogo che vedono per la prima volta e in cui non sanno come muoversi. Chiedono quindi indicazioni a Dante e Virgilio, pensando che si trovino lì da più tempo; il poeta latino le informa però che anche loro sono giunti da poco e che non conoscono affatto quel luogo.
PURGATORIO CANTO II SINTESI Intanto le anime si accorgono che Dante respira e che dunque è ancora in possesso del suo corpo mortale; piene di meraviglia gli si accalcano intorno fissandolo, proprio come accade con i messaggeri che portano novità. Una delle anime si avvicina maggiormente a Dante, facendo per abbracciarlo con atteggiamento tanto affettuoso, che Dante è pronto a ricambiare. Stupito, non riesce stringere l’anima:è nfatti inconsistente e priva di realtà corporea.
PURGATORIO CANTO II SINTESI Dante chiede come mai sia appena arrivato alla spiaggia del Purgatorio nonostante sia passato un po’ di tempo; Casella gli risponde che l’angelo, che decide secondo l’inconoscibile volontà divina chi può salire sulla sua barca, fino ad allora non lo aveva accolto, lasciandolo ad aspettare. Da tre mesi comunque - ossia da quando Bonifacio VIII (1230ca. - 1303)aveva promulgato il Giubileo e la possibilità di ottenere indulgenze - l’angelo ha concesso a chiunque lo volesse di salire senza opporsi.
PURGATORIO CANTO II SINTESI Dante, ancora turbato da ciò che ha visto nell’Inferno, chiede a Casella di intonare per lui un ultimo canto, come quando era vivo. Il musico sceglie una canzone dello stesso Dante, tratta dal Convivio, ovvero Amor che ne la mente mi ragiona. Tutte le anime, compresi Dante e Virgilio, si fermano ad ascoltarlo, ma vengono interrotti da Catone, il custode del Purgatorio, che disperde le anime, ricordando loro il lungo cammino di espiazione che le attende. Il rimprovero sembra rivolto anche ai due poeti che quindi, come gli altri, si affrettano e si allontanano.
1 -9 LE GUANCE GIALLO/ARANCIO DELL’AURORA Il sole tocca l’orizzonte astronomico di Gerusalemme e la notte sorge dal Gance. Sulla spiaggia del Purgatorio sono le sei del mattino.
Già era 'l sole a l'orizzonte giunto lo cui meridïan cerchio coverchia Ierusalèm col suo più alto punto; 3 Il sole aveva già toccato l'orizzonte il cui cerchio meridiano sovrasta col suo punto più alto Gerusalemme;
e la notte, che opposita a lui cerchia, uscia di Gange fuor con le Bilance, che le caggion di man quando soverchia; 6 e la notte, che ruota intorno alla terra agli antipodi del sole, sorgeva dal Gange, nella costellazione della Libra (con le Bilance: durante l'equinozio di primavera, quando il sole è nella costellazione dell'Ariete), che le cade di mano quando (dopo l'equinozio d'autunno: il sole entra allora nella Libra) supera la durata del giorno (entrando nella costellazione dello Scorpione);
sÏ che le bianche e le vermiglie guance, là dov’i’ era, de la bella Aurora per troppa etate divenivan rance. 9 in modo che la dove mi trovavo io, nel purgatorio, le gote, prima bianche, poi rosse, della leggiadra Aurora col passare del tempo divenivano gialle.
10-36 UNA BARCHETTA ABBAGLIANTE Un lume alato viene rapido sul mare da oriente.Virgilio fa inginocchiare Dante: non remi ma ali spingono l’Angelo di Dio
Noi eravam lunghesso mare ancora, come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. 12 Ci trovavamo ancora lungo la riva del mare, come coloro che meditano sul cammino da percorrere, i quali con l'animo camminano e col corpo stanno fermi.
Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giù nel ponente sovra ’l suol marino, 15 Ed ecco, allo stesso modo in cui mentre si abbassa, tramontando, sulla superficie del mare, il pianeta Marte colora di rosso all'avvicinarsi del mattino, a causa dei densi vapori che lo avvolgono,
cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir sì ratto, che ’l muover suo nessun volar pareggia. si palesó ai miei occhi, e tale possa io vederla, nuovamente (allorché, morto, mi troverò ancora una volta sul lido del purgatorio), una luce (il volto dell'angelo nocchiero) avanzante sul mare con tanta celerità, che nessun volo uguaglia il suo movimento.
Dal qual com’io un poco ebbi ritratto l’occhio per domandar lo duca mio, rividil più lucente e maggior fatto. 21 Dopo avere per poco distolto lo sguardo da essa per chiedere spiegazioni a Virgilio, la rividi divenuta più luminosa e più grande.
Poi d’ogne lato ad esso m’appario un non sapeva che bianco, e di sotto a poco a poco un altro a lui uscìo. 24 Poi mi apparve ai due lati di essa un bianco di cui non riuscivo a precisare la forma, e sotto, questo bianco (sono le ali dell'angelo) un altro bianco si rese gradatamente manifesto (è la veste dell'angelo).
Lo mio maestro ancor non facea motto, mentre che i primi bianchi apparver ali; allor che ben conobbe il galeotto, 27 Virgilio si trattenne dal parlare, finché i bianchi apparsi ai lati della luce rosseggiante apparvero essere ali: ma nel momento in cui fu certo di riconoscere il nocchiero,
gridò: "Fa, fa che le ginocchia cali. Ecco l’angel di Dio: piega le mani; omai vedrai di sì fatti officiali. 30 gridò: « Fa in modo di inginocchiarti. Ecco l'angelo di Dio: congiungi le mani: da ora in poi vedrai simili ministri di Dio.
Vedi che sdegna li argomenti umani, sì che remo non vuol, né altro velo che l’ali sue, tra liti sì lontani. 33 Vedi che non si serve di strumenti umani, in modo da rifiutare i remi e le vele che non siano le sue ali per percorrere il tragitto tra spiagge così lontane (dalla foce del Tevere, come sarà spiegato nei versi 100-105, al lido del purgatorio).
Vedi come l’ ha dritte verso ’l cielo, trattando l’aere con l’etterne penne, che non si mutan come mortal pelo". 36 Vedi come le tiene alte verso il cielo, penetrando nell'aria con le penne eterne, le quali non sono sottoposte al cambiamento che il pelo (o le penne) degli esseri destinati a morire subisce ».
37-48 L’APPRODO La navicella approda col suo carico di anime che intonano il Salmo 113 +“In exitu Israel de Aegypto” e la polisemia delle scritture (sovrasensi del Salmo) Il salmo in questione inneggia alla liberazione degli Ebrei dalla schiavitù del Faraone d’Egitto. Per Dante e per i cattolici del suo tempo, ha anche tre sovrasensi allegorici 1) La liberazione dal peccato del genere umano operata da Cristo 2) conversione dell’anima di ogni uomo dal peccato alla Grazia 3) l’esodo dell’anima dalla servitù della corruzione alla gloria eterna
Vv. 37 – 48 L’APPRODO Poi, come più e più verso noi venne l’uccel divino, più chiaro appariva: per che l’occhio da presso nol sostenne, 39 Poi, nell'avvicinarsi a noi, il santo uccello appariva sempre più luminoso, per cui, da vicino, lo sguardo non ne sostenne lo splendore,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva con un vasello snelletto e leggero, tanto che l’acqua nulla ne ’nghiottiva. 42 ma fui costretto ad abbassarlo; e quello approdò con una navicella rapida e priva di peso, tanto che di essa l'acqua non sommergeva alcuna parte.
Da poppa stava il celestial nocchiero, tal che faria beato pur descripto; e più di cento spirti entro sediero. 45 Il celeste nocchiero stava a poppa, tale che sembrava portare scritta in tutto il suo aspetto la beatitudine; e più di cento anime sedevano nella navicella.
’In exitu Isräel de Aegypto’ cantavan tutti insieme ad una voce con quanto di quel salmo è poscia scripto. 48 Tutti insieme, concordi, cantavano «Quando uscì Israele dall'Egitto » (è l'inizio del Salrno CXIII) con quello che, in quel salmo, segue.
49-57 LA TURBA DISORIENTATA
Sbarcate le anime, l’angelo parte e il sole caccia il Capricorno dal mezzo del cielo
Poi fece il segno lor di santa croce; ond’ei si gittar tutti in su la piaggia: ed el sen gì, come venne, veloce. 51 Poi fece, rivolto a loro, il segno della santa croce; essi allora si precipitarono tutti sul lido: ed egli se ne andò con la stessa velocità con la quale era venuto.
La turba che rimase lì, selvaggia parea del loco, rimirando intorno come colui che nove cose assaggia. 54 La moltitudine rimasta sulla riva sembrava ignara del luogo, e guardava intorno come colui che sperimenta cose nuove.
Da tutte parti saettava il giorno lo sol, ch’avea con le saette conte di mezzo ’l ciel cacciato Capricorno, 57 Il sole, che aveva messo in fuga con le sue frecce precise (saette conte: presso gli antichi, Apollo, dio dei sole, era arciere infallibile) dal punto piÚ alto del cielo la costellazione dei Capricorno (che, distando 90 gradi da quella dell'Ariete, si trovava allo zenit del meridiano mentre il sole stava sorgendo), scagliava la sua luce in tutte le direzioni,
58 -75: LA TURBA SBALORDITA
Le anime chiedono la strada a Dante, si accorgono ch’è vivo egli si accalcano intorno. quando la nova gente alzò la fronte ver’ noi, dicendo a noi: "Se voi sapete, mostratene la via di gire al monte". 60 allorché la gente allora arrivata sollevò lo sguardo verso di noi, dicendoci: « Se la conoscete, indicateci la via per raggiungere il monte (del purgatorio) ». E Virgilio rispuose: "Voi credete forse che siamo esperti d’esto loco; ma noi siam peregrin come voi siete. 63 E Virgilio rispose: «Voi immaginate forse che conosciamo questo luogo; ma noi siamo forestieri al pari dì voi.
Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco, per altra via, che fu sì aspra e forte, che lo salire omai ne parrà gioco". 66 Siamo giunti poco prima di voi, attraverso un altro cammino, il quale fu così arduo da percorrere e duro, che la ascesa del monte ci sembrerà da ora innanzi cosa piacevole».
L’anime, che si fuor di me accorte, per lo spirare, ch’i’ era ancor vivo, maravigliando diventaro smorte. 69 Le anime che 'si resero conto, per il fatto che respiravo, che ero ancora in vita, impallidirono per lo stupore.
E come a messagger che porta ulivo tragge la gente per udir novelle, e di calcar nessun si mostra schivo, 72 E come la gente accorre verso un messaggero apportatore di liete notizie per esserne messa a conoscenza, e nessuno rifugge dal far ressa intorno a lui, così al viso mio s’affisar quelle anime fortunate tutte quante, quasi oblïando d’ire a farsi belle. 75 così tutte quante quelle anime fortunate fissarono il loro sguardo su di me, quasi dimenticando di andare a purificarsi dei loro peccati.
76-93: L’IMPALPABILITA’ DELL’AMICIZIA Triplice vano abbraccio all’ombra di Casella, l’amico ritrovato. Io vidi una di lor trarresi avante per abbracciarmi, con sì grande affetto, che mosse me a far lo somigliante. 78 Io vidi una di esse uscire dalla schiera per abbracciarmi, con affetto così grande, che mi indusse a fare altrettanto. Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto! tre volte dietro a lei le mani avvinsi, e tante mi tornai con esse al petto. 81 O ombre inconsistenti, tranne che nell'apparenza! Tre volte congiunsi le mani circondandola, e altrettante volte tornai con esse al mio petto.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi; per che l’ombra sorrise e si ritrasse, e io, seguendo lei, oltre mi pinsi. 84 Nel mio aspetto, credo, si manifestò lo stupore; per questo l'anima sorrise e si trasse indietro, ed io, seguendola, mi spinsi avanti.
Soavemente disse ch’io posasse; allor conobbi chi era, e pregai che, per parlarmi, un poco s’arrestasse. 87 Con dolcezza mi esortò a fermarmi: riconobbi allora chi era, e la pregai di fermarsi un poco per parlare con me.
Rispuosemi: "Così com’io t’amai nel mortal corpo, così t’amo sciolta: però m’arresto; ma tu perché vai?". 90 Mi rispose: « Così come ti volli bene mentre era chiusa nel corpo destinato a morire, così ti voglio bene ora che dal corpo sono libera: perciò mi fermo; ma tu perché percorri (essendo vivo) questo cammino ? »
"Casella mio, per tornar altra volta là dov’io son, fo io questo vïaggio", diss’io; "ma a te com’è tanta ora tolta?". 93 « Casella mio, percorro questo itinerario per essere degno di tornare un'altra volta (dopo la morte) nel punto in cui adesso mi trovo» dissi; «ma perché tanto tempo è stato sottratto alla tua espiazione (perché, essendo morto da tempo, giungi soltanto adesso alla spiaggia del purgatorio) ? »
94-105: RINVIO GIUDIZIARIO E PROROGA DI COSCIENZA Casella, che è morto da assai prima, risponde alla domanda di Dante sul ritardo dell’approdo, verificatasi solo adesso con la grazia del Giubileo.
Ed elli a me: "Nessun m’è fatto oltraggio, se quei che leva quando e cui li piace, più volte m’ ha negato esto passaggio; 96 Ed egli: « Non mi viene fatto nessun torto, se
colui (l'angelo nocchiero) che imbarca le anime che ritiene giusto imbarcare,
ché di giusto voler lo suo si face: veramente da tre mesi elli ha tolto chi ha voluto intrar, con tutta pace. 99 e lo fa nel momento da lui ritenuto giusto, mi ha più volte negato questo tragitto, poiché la sua volontà procede da una volontà giusta (quella di Dio): tuttavia da tre mesi a questa parte (cioè dalla promulgazione del giubileo ad opera di Bonifacio VIII, avvenuta nel Natale 1299, alla cui indulgenza poterono partecipare anche le anime in attesa di essere traghettate nell'isola del purgatorio) egli ha imbarcato chiunque ha voluto entrare (nella navicella), senza fare opposizione.
Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto dove l’acqua di Tevero s’insala, benignamente fu’ da lui ricolto. 102 Perciò io, che allora volgevo lo sguardo al mare nel quale l'acqua del Tevere (che in esso sfocia) diventa salina, fui da lui benevolmente accolto (nella navicella). A quella foce ha elli or dritta l’ala, però che sempre quivi si ricoglie qual verso Acheronte non si cala". 105 Ora egli ha alzato le ali verso quella foce, poiché là si raccolgono sempre tutte le anime non destinate all'inferno».
106 – 114 “AMOR CHE NE LA MENTE MI RAGIONA” Su ruchiesta di Dante, Casella intona la canzone stilnovista commentata nel terzo trattato del Convivio. Musica dolcissima anche al solo ricordo.
E io: "Se nuova legge non ti toglie memoria o uso a l’amoroso canto che mi solea quetar tutte mie doglie, 108 Ed io: « Se una prescrizione propria del purgatorio non ti priva del ricordo dei canti d'amore che solevano placare tutte le mie inquietudini, di ciò ti piaccia consolare alquanto l’anima mia, che, con la sua persona venendo qui, è affannata tanto!". 111 o della facoltà di intonarli, voglia tu in tal modo confortare un poco la mia anima, la quale, insieme al mio corpo, è tanto stanca per il cammino sin qui percorso (attraverso l'inferno)! »
’Amor che ne la mente mi ragiona’ cominciò elli allor sì dolcemente, che la dolcezza ancor dentro mi suona. 114
« Amor che ne la mente mi ragiona » cominciò egli allora a cantare così dolcemente, che la dolcezza di questo canto echeggia ancora nel mio animo.
115-133:Scompiglio delle anime-piccione Catone interrompe Casella, esortando le anime ad una maggiore sollecitudine.
Lo mio maestro e io e quella gente ch’eran con lui parevan sÏ contenti, come a nessun toccasse altro la mente. 117 Virgilio e io e le anime che erano insieme con lui apparivamo cosÏ felici, come se a nessuno di noi un altro pensiero occupasse la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti a le sue note; ed ecco il veglio onesto gridando: "Che è ciò, spiriti lenti? 120 Noi tenevamo tutti lo sguardo fisso su di lui e la nostra attenzione era interamente rivolta al suo canto; ed ecco apparire il venerando vecchio (Catone), il quale gridò: « Cosa significa questo, anime pigre ? qual negligenza, quale stare è questo? Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch’esser non lascia a voi Dio manifesto". 123 Che senso ha questa negligenza, questo indugio? Affrettatevi verso il monte per liberarvi della scorza peccaminosa che non consente che Dio vi appaia ».
Come quando, cogliendo biado o loglio, li colombi adunati a la pastura, queti, sanza mostrar l’usato orgoglio, 126 Con la stessa rapidità con la quale i piccioni, adunati per il pasto, tranquilli, senza ostentare la solita baldanza (a causa della quale, impettiti, gonfiano il collo),
se cosa appare ond’elli abbian paura, subitamente lasciano star l’esca, perch’assaliti son da maggior cura; 129 mentre sono intenti a beccare la biada o il loglio, se appare alcunché di cui abbiano timore, all'improvviso si distolgono dal cibo, perché sono sotto l'assillo di una preoccupazione più grande,
così vid’io quella masnada fresca lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa, com’om che va, né sa dove rïesca; 132 né la nostra partita fu men tosta. vidi quella schiera da poco arrivata distogliere l'attenzione dal canto (di Casella), ed avviarsi verso il pendio (del monte), come chi si avvia senza sapere dove vada a finire né la nostra partenza fu meno veloce.