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Benito Ciarlo
Favola
Benito Ciarlo
MastrĂŹl Favola
1. LO SGABELLO
In un paesino sperduto tra i monti, un tempo, viveva un ciabattino di nome Mastril. Costui era un tipo arguto ed ironico e si divertiva a prendere in giro i paesani e soprattutto gli amici. La sua allegria metteva tutti di buon umore. La sua arguzia divertiva al punto che nessuno s'arrabbiava anche se il vecchio Mastril gli faceva fare la figura del fesso. I paesani ritenevano Mastril un furbone di tre cotte e per nessuna ragione al mondo avrebbero voluto essere nemici con lui. Ora accadde che, in un giorno di mercato, sulla piazza principale del paese,
arrivò una folta comitiva di viandanti. Erano tutti impolverati e, molti tra loro, avevano i calzari logori e rotti. Li guidava un giovane dal volto celestiale il cui nome era Gesù. Quando la gente seppe che tra loro c'era Gesù con i suoi discepoli accadde il finimondo. Tutti volevano toccarlo, parlargli, impetrare una grazia. San Pietro, che curava le pubbliche relazioni del gruppo, si recò dal ciabattino del paese per acquistare dei calzari nuovi. Mastril gli mostrò dei magnifici sandali dalla suola molto robusta ma morbidissima. San Pietro gli chiese il prezzo e Mastril rispose che "ci si poteva mettere d'accordo", pregustando già la lunga trattativa con quel tipo che sicuramente avrebbe voluto uno sconto. Certamente
avrebbe chiesto il giusto con un piccolo sovrapprezzo da scontare alla fine e far felice l'acquirente. San Pietro gli domandò quanto costavano sette paia di sandali come quelli e la riparazione di cinque paia calzari mal ridotti ma non ancora da buttare via. - Siete in dodici? - No, vecchio, siamo in tredici. Ma le scarpe di Gesù non si consumano mai. - Gesù? Mi pare di averlo già sentito nominare questo Gesù. Da dove venite? - Dalla Palestina, naturalmente. - Accimpiripicchio! E' lontano il vostro Paese. Però di questo Gesù se ne parla anche qui. - Certo! Egli può tutto. Guarisce i malati, rinsecchisce gli alberi, ridà la parola ai muti, la vista ai ciechi. - M'hanno detto che ha dato un fracco di botte a dei mercanti che facevano com-
mercio nel tempio. - Caro mio! dovevi esserci! delle botte che manco a Crotone si vedono quando Milone mette in palio il titolo. Li ha combinati tutti per le feste. - Sarà gigantesco. - Ma no. Gesù è un giovane filiforme e tutt'altro che violento. - Accimpirimpicchio! Meno male che non è violento. - Beh. Allora quanto dovremo spendere? Non essere esoso che sennò Giuda, il tesoriere ci fa andare scalzi. - Ma no, sta tranquillo. Anzi farei un baratto. Vi dò le calzature nuove e vi riparo le vecchie in cambio d'una grazia da parte di Gesù. - Bravo vecchio. Vuoi che il Maestro ti faccia la grazia di salvarti l'anima eh? Bravo! Te lo porto qui. - Troverai tutto fatto. - Grazie amico. il Signore te ne renderà
merito. - A me basta che mi faccia le grazia che gli chiederò. - Certo, la grazia d'aver salva l'anima, vero? - Vedremo. Arrivò Gesù e lodò il lavoro del bravo artigiano. - Signore, chiese Mastril, - puoi farmi una grazia? - Certamente. Dimmi cosa vuoi che faccia. San Pietro si fregava le mani. Che bravo quel vecchio, pensava. Gli chiederà il Paradiso. Come si sbagliava! - Vedi, Maestro: io sono sempre solo in questo paesino sperduto. Si, qualcuno
viene a trovarmi ma resta con me talmente poco che nemmeno m'accorgo d'aver avuto gente. Mi piacerebbe che questo sgabelletto di legno potesse trattenere gli ospiti. Mi spiego: vorrei che chiunque siederà su questo sgabello non possa più staccarsi fino a quando io non gliene darò il permesso. Vuoi accontentarmi? - E perché no? Ti sia concesso. Mastril ringraziò sorridendo. San Pietro era fuori di sé. Irato pensava "E all'anima? non ci pensi all'anima? Stupido vecchio, verrà il giorno in cui ti presenterai al Gran Portone di cui sarò il portinaio! Vedrai che ridere!"
2. LA BROCCA Il giorno seguente s'era radunata una grande folla nella piazza. Erano giunti da tutte le parti. Ciechi, storpi, indemoniati, lebbrosi. Erano tutti in attesa del miracolo. Gesù non deluse nessuno: nella sua infinita bontà guarì tutti i malati, scacciò i diavoli e ridiede speranza a tutti quei poveracci. Mastril stava avviandosi anche lui a rivedere il suo amico Gesù, quando s'imbatté nell'oste del paese che, trafelato stava cercando di raggiungere e farsi ascoltare dal Maestro. - Che t'affligge Pasquale? - S'è sbagliato! Devo chiedergli che si corregga o mi rovinerà l'esistenza! - Vuoi dire che Gesù ha sbagliato? Ma
sei matto? - Ma quale matto? Tu lo sai, io ho girato tutta la Calabria per trovare la mia Filomena. E quando l'ho trovata mi si è colmato il cuore di felicità e, come sai, l'ho subito sposata. - Certo che lo so, caro Pasquale. Sono o non sono stato il tuo compare d'anello ? - Pensa che disastro! - Ma cosa è successo, infine? - Beh! non ci crederai: Filomena parla! Era la più silenziosa delle donne! Era sordomuta ed io adoravo questa sua virtù. La sentissi ora! Mi ha già fatto venire un mal di testa furioso! Non sta zitta un secondo, grida, parla non la finisce più. Sono disperato!
- Effettivamente è un brutto guaio. Mentre Mastril consolava il suo compare, i due arrivarono nella piazza gremita di folla. Gesù li notò immediatamente e fece loro cenno di avvicinarsi. - Amico mio, disse rivolto a Mastril, perché sei così triste? - Per il mio compare Pasquale qui presente. - Quale male lo affligge? - Egli soffre a causa d'un tuo errore. E Mastril spiegò al Maestro i guai del suo amico. Lo fece in maniera così comica che mise di buon umore Gesù il
quale risolse la situazione brillantemente: fece diventare sordomuto Pasquale. Poi disse: - Così continuerà a non sentirla. Meno male, Mastril, per merito tuo ho rimediato ad un errore. Cosa posso fare per te personalmente? San Pietro s'avvicinò al ciabattino e gli suggerì in un orecchio di badare a chiedere la salvezza dell'anima. - Grazie, Maestro sei generoso con me. In effetti mi servirebbe un tuo miracoloso intervento. - Qualsiasi cosa. - A casa ho una vummula (una brocca) .
E San Pietro pensò "Oddio ci risiamo!" - Mi dà molto fastidio che la gente beva direttamente dalla brocca, proseguì Mastril - perciò mi piacerebbe che un mio antico desiderio fosse esaudito: vorrei che qualsiasi scostumato che, invece di versarsi l'acqua nel bicchiere, poggia le sue labbra sulla mia brocca vi resti appiccicato per tutto il tempo ch'io desidero. - Ti sia concesso, concluse Gesù. " Testa di rapa. Verrà il giorno che ti sbatterò la porta in faccia" pensò San Pietro. - Grazie infinite, Maestro. Spero che tornerai in questo paese.
3. IL FICO E LO ZAINO Sei mesi dopo, i viandanti, di ritorno dal nord, si fermarono ancora nel paese di Mastril. San Pietro si recò dal ciabattino per far scorta di calzari invernali. - Mastril, cosa mi combini. E all'anima non ci pensi? - Certo che ci penso. Aspettavo il vostro ritorno. Prima o poi chiederò quella grazia al Maestro... - Sarà meglio prima che poi! - Hai ragione, certamente. Mi puoi portare da Lui? - Verrà Lui stesso qui tra poco. Ho sentito che ne parlava a Filomena all'oste-
ria. A proposito. E' un diluvio quella donna! Non tace un attimo. Il povero Pasquale è l'unico che vive nel beato silenzio. Mamma mia! "Glielo avevamo detto che s'era sbagliato!" pensò Mastril. - Sta attento Mastril! Chiedi la grazia giusta. - D'accordo, quando sarà qui gli chiederò un altro miracolo. - Quello giusto, mi raccomando o quando giungerai davanti al Gran Portone di cui io sarò il custode ti scaraventerò all'inferno. - Sarà senz'altro quella giusta, vedrai. In quel mentre Gesù entrò nella bot-
teguccia del ciabattino e lo salutò con fraterna amicizia. Come sempre l'ometto lo metteva di buon umore. - Caro Mastril! Ho da chiederti un piacere. - Maestro, tu un piacere a me? chiese sbalordito Mastril. E proseguì: - ma chiedimi tutto quello che vuoi, ogni tuo desiderio è un comando. - Dài, non farla tanto lunga. Ho solo bisogno che mi risuoli i calzari. San Pietro si meravigliò della richiesta. Mastril non stette a pensarci su un attimo, consumate o non consumate quelle suole le avrebbe sostituite e sarebbe stata un'opera d'arte.
Come un fulmine Mastril tolse i calzari dai piedi del Maestro e con una perizia incredibile, in meno di un'ora li fece tornare nuovi di zecca. GesÚ ammirò il lavoro dell'artigiano e disse a Giuda di pagargli trenta talleri . - Ma nemmeno per sogno. Permettimi d'offrirti la mia modesta opera. Sei stato sempre cosÏ buono con me che non mi sembra vero di potere ricambiare. San Pietro, ammirato per la sagacia di Mastril, intervenne dicendo: - So che Mastril vorrebbe chiederti una grazia, Maestro. - Certamente amico mio. Ti farò una grazia. Anzi, visto che domani riprenderemo il mare alla volta di Gerusalemme voglio fartene due.
Mastril stette sovrappensiero per dieci minuti buoni. Poi esordÏ: - Vedi quell'albero di fichi? San Pietro uscÏ sbattendo l'uscio! - Ebbene, d'estate godo della sua ombra e mi ristoro con i suoi frutti. Spesso dei monellacci vengono e mi rubano tutti i frutti, " shc'attiddri e ficuprene " - Mastril, cosa vuoi che faccia? - Vorrei che chiunque salga sul mio fico non possa ridiscenderne se non gli avrò dato io stesso il permesso. - Ti sia concesso. San Pietro che, curioso com'era, anche
se indignato, aveva ascoltato tutto da dietro la porta, era perplesso. "Mastril è proprio pazzo" pensò. Rientrò e guardò severamente il calzolaio. Gli fece capire che questa era l'unica e l'ultima possibilità che gli restava. Gesù aveva fretta di ripartire. Non voleva passare la serata nell'osteria della petulante Filomena. - Su, amico, deciditi ad esprimere quest'ultimo desiderio. Il Calzolaio taceva. Guardò tutti i discepoli e, quando incrociò lo sguardi di San Pietro, lo rassicurò. - Signore, l'ultima cosa che voglio chiederti riguarda...
- L'anima, suggerÏ Pietro. - ... uno zaino che posseggo. San Pietro svenne dalla rabbia. - Questo enorme zaino è sempre vuoto. L'ho costruito con le mie mani. E' resistentissimo. Vorrei che Tu mi facessi la grazia di poter far finire al suo interno qualsiasi cosa solo che io dica: "In nome di Dio nello zaino mio" . San Pietro che aveva appena riaperto gli occhi, ascoltò la richiesta e il solito "Ti sia concesso" e, questa volta, mentre giurava che Mastril gliela avrebbe pagata, svenne definitivamente.
4. IL CONGRESSO DEI DIAVOLI All'inferno quella stessa sera, visto com'erano andate le cose sulla terra, fu convocata una riunione ristretta ch'ebbe per oggetto "Come portar giù l'anima di Mastril, mantenendo i costi al minimo". Il Diavolo Farfarello presiedeva il comitato. - Signori -, esordì, - è un boccone servito. Bisogna andar su e semplicemente fargli firmare il contratto di cessione dell'animaccia sua. E' anche vecchio, quindi la Morte andrà a trovarlo quanto prima e noi incrementeremo la nostra scorta di dannati!- Non è così facile come credete, interruppe Belzebù. - Quell'uomo è furbo,
vedrete sarà difficile fregarlo. -Sarebbe necessario che una strega scoprisse le sue effettive debolezze. - Costi al minimo, Signori, niente spese e quindi niente streghe. - Qui ci vuole una proposta -Io suggerirei di mandare in missione un aspirante diavolo ancora in contratto di formazione. Potrebbe rendersi utile e farsi un'esperienza come osservatore. - Mettiamo ai voti la proposta..... Proposta accettata". Il Comitato decise di affidare l'incarico all'aspirante diavolo di sesta classe Bircichè. Gli furono assegnati una biro, un block
notes un binocolo e diciotto gallette. Il giovane da questo capì d'avere solo tre giorni di tempo (in missione: sei gallette al giorno, per i diavoli di sesta classe) . Per l'intelligente Bircichè fu sufficiente una giornata per appurare che la debolezza più grande di Mastril era quella di giocare a carte. Preso dall'entusiasmo ritornò immediatamente a riferire a Farfarello, trascurando di appurare che Mastril non aveva mai perso una partita in vita sua e che, quindi, non avrebbe mai sopportato nemmeno l'idea di perderne una. Farfarello con un perentorio ordine di servizio convocò i migliori giocatori di scopa, briscola, tressette ed asso pigliatutto che c'erano tra i diavoli e li
spedì sulla terra a sfidare Mastril in modo da fargli scommettere l'anima. Partì una squadra di sei diavolacci, tra i quali spiccava nientemeno che Belzebù in persona, il più grande giocatore di briscola dell'universo.
5. CRONACA DI SEI TERRIFICANTI PARTITRE E DELLA FATICA DI DIECI GARZONI DI UN FABBRO FERRAIO Uno alla volta, i terribili diavoli si presentarono all'osteria di Pasquale per sfidare Mastril. Belzebù, per primo sfidò Mastril a briscola. La scommessa consisteva in cento talleri contro una firma. Mastril sbaragliò il grande giocatore che non seppe perdere e rifiutò di pagare i cento talleri. Con serafica calma il calzolaio pronunciò la formula "In nome di Dio nello zaino mio" e quel satanasso fu imprigionato nello zaino dalle corna alla coda. Si fece avanti allora il secondo diavolo, chiamato Ringhioacuto, che oltre ad es-
sere un grande giocatore era anche un ottimo baro. Sfidò Mastril a scopa. Aveva trovato un baro ancora più veloce e furbo. Perse, s'arrabbiò e rifiutò di pagare i talleri. In meno di quanto ci vuole per dirlo si trovò in compagnia dell'altro diavolo nello zaino. Presto altri tre finirono nello stesso modo. E, garantito, ci stavano molto stretti. Mentre l'ultimo dei diavoli si apprestava a sua volta a lanciare la sfida, Satanasso in persona lo sostituì. - Bando ai trucchi, Mastril! La tua anima contro un milione di talleri, parola di Satanasso.
- Mamma mia, quanto sei brutto! Perché sei così arrabbiato? Dài ci sto. A cosa vuoi giocare? - All'asso piglia tutto. Fecero dieci estenuanti partite e Mastril le vinse tutte con una fortuna incredibile. Satanasso furioso afferrò il collo di Mastril. Decisamente voleva strozzarlo. Ebbene, in men che non si dica, anche Satanasso finì nello zaino. - Filomena! - Che posso servirti? - Nulla. Manda il garzone da Mastro Ciccio. Gli dica che assoldi dieci dei più forti giovani del paese che dobbiamo temprare lo zaino.
- E da quanto in qua gli zaini devono essere temprati? -. Da stamattina, Filomena. Non fare tante domande. Manda il garzone dal fabbro. Gli dica che per mezzogiorno sarò lÏ. A mezzogiorno in punto Mastril depose lo zaino sull'incudine grande del fabbro ferraio. Dieci robusti giovanotti erano pronti a fare il loro dovere. - Bene, disse loro Mastril - vediamo di ammorbidire questa sacca. Picchiate sodo finchè non si sgonfia. Ma, vi raccomando: non aprite bocca, potreste avere delle sorprese. Cominciarono di buona lena ed in breve
ruppero tutte le ossa ai diavoli prigionieri. Il sacco sbuffava, ringhiava urlava imprecava. I giovani continuavano a battere la mazza ed alla fine uno di loro domandò ad alta voce: - Che c'è qua dentro? Diavoli? All'improvviso si sparse un acre odore di zolfo nell'officina e dal sacco si scaraventarono sottoterra i diavoli finalmente liberi. O, meglio, ciò che restava di loro.
6. DIALOGHI DI MASTRIL CON LA MORTE Quando Mastril ebbe compiuto i suoi settant'anni, vide scendere dalla collina di fronte a casa sua, la Morte che veniva a prenderlo. - Mastril! gli urlò - sono qui per te! - Ti vedo. Che fretta hai? Siediti accanto al fuoco e riscaldati quelle quattro ossa mentre io preparo lo zaino per seguirti. - Non ho tempo. Muoviti che ho da fare. Intanto il tepore che veniva dal caminetto era veramente piacevole. Si sedette sullo sgabello ed attese che il calzolaio finisse di sistemare le proprie
cose. - Sono pronto, andiamo! - Perbacco. E che succede? Non riesco ad alzarmi. - Anche a te è il sedere è diventato pesante, sorella mia. sei vecchia! - Ma fammi il piacere! Dammi una mano piuttosto! - Fossi scemo! - Che significa? - Significa che mi devi lasciar vivere un altro anno. - Sai che non è possibile.
- Hai ragione. Non è possibile. Dove si va? - Da nessuna parte se non mi liberi. - Ecco, appunto! Da nessuna parte. Tu puzzi un poco, ma se resti lÏ non mi dai fastidio. Intanto mise altra legna nel camino e per poco la Morte non finÏ arrosto. - Va bene. lasciami andare. Ci vedremo l'anno prossimo. - Parola d'onore? - Parola d'onore. La Morte partÏ senza Mastril. L'anno dopo, era di luglio, Mastril stava
prendendo il fresco in giardino. Sentì la voce della Morte che lo chiamava. Fece finta di dormire fino a che la nera ed ossuta signora lo sollevò per il bavero della camicia. - Mastril, andiamo. - Uh quanta fretta, vengo, vengo. Posso offrirti qualcosa? - Cos'è, un'altra delle tue diavolerie? - Macchè! Ti piacciono i fichi belli maturi? - Sicuro! E a chi non piacciono? - Mi lavo un momento la faccia e ti raggiungo. Intanto serviti, l'albero è piccolo, non farai fatica.
Mastril si fece la barba si mise in ordine preparò lo zaino per il viaggio e tornò in giardino. - Bene, sorella, vedo che ti stai abbuffando! Io sono pronto. Quando vuoi possiamo andare. - Uhm! Deliziosi questi fichi! Dolci come non ne ho mai mangiato. - Mangiane, mangiane pure a sazietà. Intanto se vuoi mi faccio un breve pisolino prima di partire. - Eh no! Il dovere è dovere. Andiamo. Ed invece di saltare a terra la nera signora si ritrovò in cima al fico. Riprovò a ridiscendere ottenendo lo stesso risultato. Vide il sorriso beffardo sul volto del
calzolaio e capÏ d'essere stata nuovamente ingannata. - Accidenti a te ed ai tuoi maledetti trucchi! - Benedetti, sorella mia. Benedetti. - Quanto tempo vuoi ancora? - Cinque anni. - Ma non è possibile, mi farai licenziare! - Se pensi che non sia possibile resta pure lÏ. I fichi te li sei divorati tutti. Mangerai nuovamente a luglio del prossimo anno. - Ti si possa spaccare il cuore, calzolaio maledetto!
- Eri venuta tu per farlo no? E allora? - Va bene, ti concedo altri cinque anni. E non un minuto di più. Ci vedremo tra un lustro esatto: il venti di luglio a mezzogiorno in punto. Non tarderò. Vedrai che bello scherzo ti farò a mia volta. - Parola d'onore? - Parola d'onore Passarono altri cinque anni e il venti di luglio di buonora Mastril si preparò a puntino. Alle undici era già sull'uscio ad attendere la signora vestita di nero con la falce a roncola. A mezzogiorno preciso, preceduto da
una folata di vento gelido, un urlo stridente fece venire i brividi fino all'erba secca del prato: - Mastril seguimi! - Certo, mia signora. I patti sono patti. Si avviarono senza dire una parola. La Morte, che temeva un altro trucco, se ne stava ad una certa distanza senza perdere di vista un istante il furbo calzolaio. Prima di arrivare al cimitero s'alzò il vento sollevando polvere e stoppie. Mastril si fermò e cavò dallo zaino una brocca d'acqua fresca. Ne trasse con gusto una rapida sorsata, sottolineando la sua soddisfazione. - eh! disse, asciugandosi le labbra col dorso della mano. - ci voleva proprio.
L'arsura e la polvere fecero il loro effetto anche sull'accompagnatrice. - Ne vuoi un po' La falciatrice tolse letteralmente di mano la brocca all'ometto, quasi avesse paura di toccarlo e cominciò a bere avidamente l'acqua freschissima e ristoratrice. Infine capì d'essere stata beffata per l'ennesima volta. non riusciva assolutamente a togliere le labbra dal becco dell'orciuolo. Capì e divenne furiosa. "mi ha giocato di nuovo", pensò, " ma questa volta non l'avrà vinta!" Si scaglio con quanta forza possibile contro il muretto del cimitero al fine di frantumare la vùmmula, ottenendo l'effetto di veder cadere due o tre delle sue ossa mentre la brocca era rimasta in-
tatta. "Al cimitero ci siamo" pesò ansimando. " Piuttosto che dargliela vinta di nuovo mi tengo questa proboscide". Mastril, sornione non parlava ed, anzi si mostrava impaziente di varcare la soglia del cimitero. S'affacciò il becchino e, vedendo la Morte così furiosa, cercò un coltello e facendo leva tra le labbra esangui ed il becco della brocca provò a staccarla senza risultato. - Signor Mastrillu, perché non provate voi? - Ummmmm! Ummmmmmmmmm! UUUUUUMMMMMMMMM! La Morte urlava di no! Agitando la testa.
Mastril si limitò a dire: - Guarda: se mi dai ancora dieci anni non avrai nessun problema. - Ummmmm! Ummmmmmmmmm! UUUUUUMMMMMMMMM! La Morte urlava di no! Agitando la testa. Grosse lacrime le rigavano le ossa calcinate degli zigomi. - Cosa vuoi che siano altri dieci anni di fronte all'eternità? La signora del tempo, infine, acconsentì. Dieci anni più tardi, Mastril non oppose resistenza alcuna e si lasciò accompagnare mogio mogio al cimitero.
Appena il becchino ebbe fatto il suo dovere, l'anima del ciabattino afferrò lo zaino e si diresse verso la luce. Si fermò a mezz'aria a guardare tutta la gente che piangeva vicino alla sua tomba. Strano, i più commossi erano proprio i monellacci che aveva fatto restare sul fico per un'intera settimana. Guarda: il notaio che fa un discorso. Filomena che, malgrado l'età agita la lingua come il primo giorno che riacquistò la favella. Parla di lui, naturalmente. " Addio, gente" pensò " Addio, casetta mia" e una lacrimuccia vaporizzò nella canicola dell'aria.
7. LA RESA DEI CONTI Giunse di fronte al più grande portone che avesse mai visto. Era tutto d'oro tempestato di rubini e cammei. Una fila interminabile di anime lo precedeva. Un vecchio dalla barba bianca e fluente leggeva su un libro e per una volta che permetteva ad un'anima di varcare la soglia, ne scaricava un centinaio nel vuoto nero verso l'inferno. Giunse il suo turno. San Pietro lo riconobbe subito. - Così ci si rivede eh! Buffone. - Così è la vita. - Così è la morte amico mio! T'avevo
detto cosa fare. Tu invece hai pensato a divertirti! La vummula, il fico, lo zaino, lo sgabello! E L'ANIMA? Ed ora? - Beh, però non ho mai fatto niente di male... - In primis, hai rinfacciato un errore a Nostro Signore che non sbaglia mai! - Ma non è mica l'unico sbaglio che ha commesso! - Come osi? - Per esempio: ha mai chiesto all'ippopotamo se è contento di come l'ha fatto? - COME OSI? Hai un bell'ardire! Comunque per aver sempre barato alle carte...
- Ma non ho mai portato via un soldo a nessuno. Era solo per divertirmi! - In terzis: per aver provocato un terribile esaurimento nervoso a sorella Morte, dal quale non si è ancora ripresa, io ti condanno... - A cosa? - Come a cosa? Sciagurato! Alle pene dell'inferno! E lo scaraventò nel baratro. GesÚ e la sua Mamma, dal balcon d'oro avevano osservato la scena e ridevano molto divertiti. Si avvicinarono a loro Cherubini e Serafini e molti Santi tra i piÚ importanti.
- Forza, venite sul balcone così vediamo come va a finire. Disse Gesù rivolto a loro, - E' meglio che stare a teatro. L'anima di Mastril fu catapultata verso il portone di pietra dell'inferno. La moltitudine enorme aspettava di esser traghettata dal vecchio dimonio dagli occhi di bragia. Mastril si frugò nelle tasche sperando di non aver dimenticato la monetina. Di là dal fiume sulla porta della città dolente all'improvviso tacquero le urla e lo stridor di denti. Belzebù e Satanasso, in missione nei piani alti, smistavano un pò di lavoro aiutando il Giudice Infernale a stabilire
le pene ed i gironi. Le loro voci glaciali e stridenti erano terribili: - Tu, che per tutta la vita ti sei succhiato il pollice, annegherai per cinque volte al giorno in un mare di nutella! - AAAAHHHHHGGGGG! - Tu che ti pulivi il naso sulla manica e non usavi la carta igienica, mangerai sapone! CosĂŹ impari! - NOOOOOOOOOOO! - Tu che tutte le notti fregavi la marmellata dal barattolo diventerai un'albicocca ed un vermetto ti divorerĂ ! - UUUUUHHHHH!
Intanto Caronte sbarcò le anime nuove. -Quante sono!- fece Lucifero soddisfatto. Cambia il tempo pensò toccandosi le fratture indolenzite. Poi scorse Mastril ed il suo zaino. Diede di gomito a Belzebù. Presi dal panico ricordando le botte ricevute ordinarono a Caronte di sbatter fuori l'intruso e, per maggior precauzione, ritornarono ai loro posti di lavoro, giù nel profondo, che non si sa mai! Mastril bussò nuovamente al Gran Portone. Al rivederlo, San Pietro gli sbattè la porta in faccia. Mastril da fuori urlò: - ACCIMPIRIPICCHIO! Mi vuoi dire vecchio testone dove devo andare?
- A morire ammazzato, come conviene agli stupidi! - E come faccio se sono già morto, intelligentone? - Non sono problemi miei! - Hai più che ragione. Però scusa, apri un pò la porta. Devo chiederti una cosa. Non ho più fiato, accidenti! NON TI RICORDI CHE SONO MORTO? S'aprì il portone: - E allora? - E' semplice, m'avete chiamato e non mi volete ne qui ne laggiù. Mentre decidete qualcosa al mio riguardo, io vago per lo spazio e sono stanco morto.
Va bene. Non merito il Paradiso. Avevi ragione tu. Ma, se l'inferno non mi vuole, perché devo stancarmi così? - Stancarti? - Certo! Questo zaino è pesante ed ingombrante. - E perché te lo sei portato dietro? - L'abitudine..... Ecco, vedi quel chiodo là dentro? perché non me lo lasci appendere lì? - Fa poco il furbo, te l'ho detto, in Paradiso tu non ci metterai mai piede! - E chi dice il contrario? Toh! Appendimelo tu, poi me lo spedirai dove mi manderete. Non è così enorme il piacere che ti chiedo in nome della vec-
chia amicizia, no? San Pietro appese lo zaino al chiodo e risolutamente allontanò Mastril sbattendogli un'altra volta la porta in faccia. Mastril, nel buio dello spazio gridò " In nome di Dio nello zaino mio" e si ritrovò appeso ad un chiodo ma in Paradiso. San Pietro, accortosi della beffa, stava per intervenire ma fu fermato dalla Madonna da Gesù e dai Santi che, ridendo a crepapelle, redarguirono il custode del cielo. - Non puoi dirgli niente! Ha ragione lui! Non ha messo piede in Paradiso, non vedi? E' sospeso rispetto al pavimento. - Eh sì! Concluse Mastril, - quello ch'è giusto è giusto! E restò lì per sempre.
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