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TEMPI-DISPARI SUPPLEMENTO A NUOVAMETROPOLIS TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI NOVARA CON NUMERO Dec pre 15/2000 DIRETTORE RESPONSABILE: CARMINE RUBICCO CAPOREDATTORE ANTONELLA TOCCA CONTATTI WWW.TEMPI-DISPARI.COM
EDITORIALE
I mesi trascorrono veloci al ritmo di un blastbeat. Alla stessa velocità i servizi si susseguono sulle pagine di TD, quotidiano web e mensile cartaceo. Talmente in fretta che non ci siamo accorti di dover già preparare il prossimo numero. Prima di questo, una presentazione di quello attuale. Qualche nome ci ha lasciato per andare a collaborare in ambiti professionali differenti ma sempre collegati alla musica, quindi facciamo un enorme in bocca al lupo ad Alberto Carmine divenuto collaboratore di House of Ashes, rinomata booking Agency. Persone che vanno, persone che vengono. Diamo allo stesso modo il benvenuto a Ronnie Abeille, musicista e scrittore che su questo nuemero ci regala il diario dell’avventura sua e del suo gruppo in Inghilterra con Voglio fare il musicista a Londra. Ma non finisce qui. Moltissime sono le interviste presenti in queste pagine. Tra i reporter si è aggiunto, ampliando il proprio campo d’azione, anche Amedeo Ferrante che ha avuto il proprio battesimo con le domande poste ai Wonder Vincent. Ancora fumetti protagonisti oltre alla musica con Leo Ortolani, papà di Rat-Man e Giorgia Vecchini, per tutti Giorgia Cosplay che ci spiega come e cosa è il mondo dei cosplayers. Valeria Liberatore ha poi intervistato Gabriella Aleo, poliedrica artista, cantante lirica e attrice. Ad affiancare la Aleo per questo numero quasi tutto al femminile, ci sono Alteria e Meg. Poi Peter Tucker che racconta della vita dopo i Morbid Angel, ed i Museo Rosenbach a narrare del ritorno dopo diversi anni di pausa. Arriva poi il bill in via di completamento di Rock in Roma. Ma non solo mainstream. Con grande orgoglio TD da il bentrovata a ***sPakka***, amministratrice della pagina FaceBook Band Italiane Rock e Metal, che inaugura la nuova rubrica ReviewLution dedicata esclusivamente agli artisti emergenti e all’underground. Quindi spazio a Braindead e alle altre band. I Neverhush che “sfidano” Vasco sul vero rock italiano e i Der Noir che raccontano i primi due album. Tutto senza dimenticare l’inserto anglofono contenente anche articoli diversi. Che dire d’altro? Buona lettura e non smettete di seguirci per scoprire tutte le novità in arrivo. Stay Dispari. Carmine Rubicco
INDICE
Date concerti...............................................................................................................................pagina 4 Museo Rosenbach - Intervista..................................................................................................pagina 6 Meg - Intervista..........................................................................................................................pagina 8 Neverhush - Intervista...............................................................................................................pagina 9 Bumblefoot - Live Report.........................................................................................................pagina 10 Der Noir - Intervista..................................................................................................................pagina 11 G3 +1 Tribute - Live Report.....................................................................................................pagina 12 Antonio Righetti - Intervista....................................................................................................pagina 14 Steve Tucker - Intervista............................................................................................................pagina 15 Blitz Kids - Intervista.................................................................................................................pagina 16 ReviewLution - Underground...................................................................................................pagina 17 Heretic’s Dream- Intervista.......................................................................................................pagina 20 Fabiana Testa- Il Maestro Risponde.........................................................................................pagina 22 Prophilax - Live Report.............................................................................................................pagina 32 Zattera della Medusa - Intervista.............................................................................................pagina 33 Blastema - Intervista..................................................................................................................pagina 34 Wonder Vincent - Intervista.....................................................................................................pagina 35 Alteria - Intervista......................................................................................................................pagina 36 Giorgia Cosplay - Intervista......................................................................................................pagina 38 Leo Ortolani - Intervista............................................................................................................pagina 40 Gabriella Aleo - Intervista.........................................................................................................pagina 42 Cinema.........................................................................................................................................pagina 44 Voglio fare il musicsta a Londra...............................................................................................pagina 46 Album Review.............................................................................................................................pagina 50
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Per info sugli altri eventi: https://www.facebook.com/ magicsound.bullicante
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LUNEDI’ 20 GENNAIO Dream Theater 20/01/14 20,30 Assago (Mi) Mediolanum Forum MARTEDI’ 21 GENNAIO Dream Theater 21/01/14 20,30 Firenze OBIHall MERCOLEDI’ 22 GENNAIO Dream Theater 22/01/14 20,30 Roma Palalottomatica GIOVEDI’ 23 GENNAIO Dream Theater 23/01/14 20,30 Padova Gran Teatro Geox Iced Earth 23/01/14 20,00 Romagnano Sesia (NO) - Rock’n Roll Arena Neffa 23/01/14 21,30 Milano Alcatraz Protest the Hero + Tesseract 23/01/14 20,00 Assago (Mi) LiveForum SABATO 25 GENNAIO Cinematica 25/01/14 21,00 Roma Parco della Musica Neffa 25/01/14 22,00 Bologna Estragon The Virgins 25/01/14 21,30 Roma Atlantico Live LUNEDI’ 27 GENNAIO Michael Bublè 27/01/14 21,00 Assago (Mi) Mediolanum Forum Tolstoj - Anna Karenina 27/01/14 21,00 Roma Parco della Musica MARTEDI’ 28 GENNAIO A Day To Remember + guest 28/01/14 19,30 Milano Alcatraz Franco D’Andrea sextet 28/01/14 21,00 Roma Parco della Musica Violetta - il concerto 28/01/14 17,00 Padova Palafabris GIOVEDI’ 30 GENNAIO Guè Pequeno 30/01/14 21,30 Milano Alcatraz Radiodervish 30/01/14 21,00 Roma Parco della Musica VENERDI’ 31 GENNAIO La notte dell’etno - Jazz Rock 31/01/14 21,00 Roma Parco della Musica Megan Nicole 31/01/14 21,00 Milano La Salumeria della Musica Sergio Caputo 31/01/14 21,00 Firenze OBIHall Violetta - il concerto 31/01/14 20,30 Firenze Nelson Mandela Forum SABATO 1 FEBBRAIO Umberto Tozzi 01/02/14 21,00 Bergamo Creberg Teatro Bergamo Wim Mertens 01/02/14 21,00 Roma Parco della Musica DOMENICA 2 FEBBRAIO Violetta - il concerto 02/02/14 16,00 Torino Palaolimpico LUNEDI’ 10 FEBBRAIO One Republic 10/02/14 20,00 Trezzo sull’Adda Live Club Patty Pravo 10/02/14 21,00 Roma Parco della Musica MARTEDI’ 11 FEBBRAIO One Republic 11/02/14 21,30 Padova Gran Teatro Geox GIOVEDI’ 13 FEBBRAIO Bullet For My Valentine 13/02/14 19,00 Milano Alcatraz Cenerentola 13/02/14 21,00 Roma Auditorium Conciliazione Gino Paoli e Danilo Rea 13/02/14 21,00 Roma Parco della Musica VENERDI’ 14 FEBBRAIO Il Bolero 14/02/14 21,30 Padova Gran Teatro Geox SABATO 15 FEBBRAIO Mafalda Arnauth 15/02/14 21,00 Roma Parco della Musica Scooby-Doo! Il mistero della pir.. 15/02/14 15,30 Roma Granteatro (replica alle 19) DOMENICA 16 FEBBRAIO Scooby-Doo! Il mistero della pir.. 16/02/14 11,30 Roma Granteatro (replica alle 15,30) LUNEDI’ 17 FEBBRAIO
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EVENTI LIVE
Pmjo “Progetto su Ellington” 17/02/14 21,00 Roma Parco della Musica MARTEDI’ 18 FEBBRAIO Depeche Mode 18/02/14 20,30 Torino Palaolimpico GIOVEDI’ 20 FEBBRAIO Depeche Mode 20/02/14 20,30 Assago (Mi) Mediolanum Forum VENERDI’ 21 FEBBRAIO Anna Calvi 21/02/14 21,30 Torino Hiroshima Mon Amour SABATO 22 FEBBRAIO Anna Calvi 22/02/14 21,30 Bologna Estragon Depeche Mode 22/02/14 20,30 Casalecchio di R. Unipol Arena (ex Futurshow Station) Moderat 22/02/14 21,00 Milano Magazzini Generali Rugby 6 nazioni Italia vs Scozia 22/02/14 14,30 Roma Stadio Olimpico 150,00 - 120,00 Rugby 6 nazioni Italia vs Scozia 22/02/14 14,30 Roma Olimpico 120,00 - 96,00 LUNEDI’ 24 FEBBRAIO Anna Calvi 24/02/14 21,00 Roma Parco della Musica Zamjatin - Noi 24/02/14 21,00 Roma Parco della Musica MARTEDI’ 25 FEBBRAIO Simple Minds 25/02/14 21,00 Milano Alcatraz MERCOLEDI’ 26 FEBBRAIO John Mayall 26/02/14 21,00 Roma Atlantico Live The Wanted 26/02/14 21,00 Milano Alcatraz GIOVEDI’ 27 FEBBRAIO Babyshambles 27/02/14 21,00 Milano Alcatraz John Mayall 27/02/14 21,00 Torino Hiroshima Mon Amour VENERDI’ 28 FEBBRAIO Babyshambles 28/02/14 21,00 Roma Atlantico Live SABATO 1 MARZO PFM in concerto 01/03/14 21,00 Bergamo Creberg Teatro Bergamo DOMENICA 2 MARZO Claudio Baglioni “ConVoiTour” 02/03/14 21,00 Pescara Pala Giovanni Paolo II Transatlantic 02/03/14 20,30 Milano Alcatraz LUNEDI’ 3 MARZO Transatlantic 03/03/14 21,30 Ciampino-Roma Orion MARTEDI’ 4 MARZO Cenerentola-La fiesta escenica 04/03/14 20,30 Milano Barclays Teatro Nazionale Cenerentola-La fiesta escenica 04/03/14 Milano Barclays Teatro Nazionale Claudio Baglioni “ConVoiTour” 04/03/14 21,00 Castel Morrone Palamaggiò The 1975 04/03/14 22,00 Roma Black Out Rock Club MERCOLEDI’ 5 MARZO Steel Panther 05/03/14 20,00 Milano Alcatraz GIOVEDI’ 6 MARZO Alex Britti 06/03/14 21,00 Roma Auditorium Conciliazione SABATO 8 MARZO Elisa 08/03/14 21,30 Padova Palafabris Midlake 08/03/14 21,00 Milano Tunnel DOMENICA 9 MARZO Giorgio Faletti 09/03/14 21,00 Roma Parco della Musica LUNEDI’ 10 MARZO Elisa 10/03/14 21,00 Torino Palaolimpico Jason Derulo 10/03/14 21,00 Milano Alcatraz MARTEDI’ 11 MARZO Elisa 11/03/14 21,00 Genova 105 Stadium (ex Vaillant Palace) GIOVEDI’ 13 MARZO Elisa 13/03/14 21,00 Firenze Nelson Mandela Forum VENERDI’ 14 MARZO Electricity 14 e 15 marzo 14/03/14 21,00 Roma Auditorium Conciliazione SABATO 15 MARZO Elisa 15/03/14 21,00 Roma Palalottomatica Rugby 6 nazioni Italia vs Inghilterra 15/03/14 13,30 Roma Stadio Olimpico 180,00 - 150,00 Rugby 6 nazioni Italia vs Inghilterra 15/03/14 13,30 Roma Olimpico 180,00 - 120,00 LUNEDI’ 17 MARZO Disclosure 17/03/14 21,00 Milano Alcatraz Claudio Baglioni “ConVoiTour” 18/03/14 21,00 Roma Palalottomatica
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INTERVISTA
Museo Rosenbach
La band ligure torna con nuov
Intervista raccolta da Antonella Tocca Storica formazione del progressive italiano, i Museo Rosenbach tornano dopo diversi anni di silenzio con un nuovo disco, Barbarica, e un nuovo tour che li porterà a suonare anche in Messico al Baja Prog Fest. 1 - Dopo 40 anni di carriera, chi sono e cosa sono i MR? La carriera del MR non è durata 40 anni; in realtà il periodo di attività, sommando le varie fasi, arriva a malapena ad un decennio (dal 1970 al 1973 e dal 1996 al 2000, poi dal 2011 al 2013). Questa discontinuità si spiega con i diversi percorsi di vita dei componenti della band. Oggi, il MR è formato da tre generazioni di musicisti: ci sono gli “storici” Galifi, Golzi e Moreno e un loro coetaneo che negli anni ’70 militava in un altro gruppo: Sandro Libra; c’è la generazione dei “quarantenni”, Fabio Meggetto e Max Borelli, con un’esperienza musicale già collaudata; c’è infine la linfa giovane di Andy Senis che contribuisce al sound del Museo con la fresca vivacità del presente. 2 – Avete avuto la possibilità di stare da entrambi i lati della barricata, ossia come
musicisti e come fruitori di musica. Cosa avete ascoltato, cosa vi ha colpito di più e cosa ascoltate quando non suonate? Ciascuno di noi ha ovviamente gusti musicali personali che vanno dalla musica etnica a quella sinfonica. La prospettiva fondamentale che ci accomuna è però la tradizione rock, considerata in tutte le sue metamorfosi. Un musicista tende ad ascoltare di tutto e spesso la scelta di questo o quel genere dipende da particolari esperienze di vita. Il discorso è diverso quando si è esecutori all’interno di una band; i gusti di ciascuno confluiscono in un progetto che ha caratteristiche ben precise. La forza di un gruppo sta nell’equilibrio tra le diverse personalità e i differenti gusti musicali. 3 – Quale gruppo consigliereste? Domanda difficilissima…alcuni di noi direbbero i Muse, altri i Green day o i Coldplay. Certamente tutti consiglierebbero i Pink Floyd, i Rolling Stones, i Genesis, i Police ecc. ecc. 4 – Avreste mai pensato di tornare a “produrre” musica tutti assieme? Tutti assieme, nella formazione originaria, mai; Golzi e Moreno invece hanno sempre
accarezzato l’idea di incidere una nuovo capitolo del Museo ma soltanto un paio d’anni fa è tornata la voglia di concretizzare questo desiderio in un lavoro organico, articolato nella registrazione di materiale inedito e nella sua presentazione al pubblico “on stage”. 5 – Cosa vi ha spinto a non smettere/riprendere? Il rapporto con la musica che ciascuno di noi ritiene necessario al proprio benessere. Suonare è divertimento, creazione, sfogo; suonare in una band è la condivisione di tutto questo. Ci sono poi ragioni meno astratte: il successo internazionale di “Zarathustra”, le continue richieste di partecipare ad importanti manifestazioni di musica progressive, le opportunità manageriali di grande professionalità. 6 – Il Progressive ha subito diverse evoluzioni nel corso degli anni; evoluzione arricchente o depauperante? Per quale motivo? Delimitare un genere creando un’etichetta è un’impresa rischiosa che porta ad estenuanti dibattiti. Il prog esiste dai tardi anni ’70, prima era rock sinfonico \ rock psichedelico \ rock decadente. Nel progressive rientrano l’hard rock, il folk e il jazz; forse il prog si può definire proprio come una “ten-
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denza” all’amalgama dei generi; è un flusso che raccoglie contributi ricchi di sfumature. Non c’è stato un nucleo ben definito che si è evoluto; diversi affluenti hanno dato vita ad un fiume che risente delle stagioni. Non importa se ricco o povero d’acqua; l’importante è che scorra. 7 – Avete inciso per l’etichetta Aereostella di area Franz di Cioccio; cosa pensate del prog italiano oggi? Negli anni ’70 ha avuto molto da dire insegnare. Oggi, alla luce anche dei nuovi “fenomeni” stilistici, vive di rendita o ha ancora qualcosa da esprimere? Incidere per questa etichetta significa avere la garanzia di una grande professionalità, sensibile alle nostre esigenze e un rapporto con la struttura discografica segnato dall’amicizia. A proposito del prog italiano viene subito in mente il proverbio che “Nessuno è profeta in patria”; ciò significa che l’italian progressive sopravvive soprattutto grazie alla considerazione di cui gode all’estero, in paesi come il Giappone, la Corea del sud, il Messico e, più limitatamente, nel nord Europa. Tutti quelli che hanno un lontano percorso musicale di successo tendono a vivere di rendita; il pubblico e il mercato lo chiedono. La musica è co-
vo album e nuovo tour 2014
municazione. Nel nostro caso abbiamo sentito l’esigenza di riproporla così come il nostro target si aspettava ma di renderla più attuale nel sound; da qui l’arricchimento dell’organico che ha permesso performances più coinvolgenti. 8 – Negli anni ’70 avete avuto la possibilità di esibirvi di fronte a decine di migliaia di persone. Ad aprile prenderete parte al Baja Prog Fest in Messico; emozionati all’idea di tornare ad esibirvi di fronte a d un pubblico così folto o probabilmente più folto che in Italia? Emozionati e orgogliosi. La quantità del pubblico è importante ma non influisce nel momento del concerto. Senza dubbio fa piacere la dimensione internazionale che ci permette di confrontarci con i gruppi e personaggi di rilievo dell’ambiente prog. C’è però una differenza con gli anni ’70 che è giusto sottolineare: quando suonavamo nell’era di “Zarathustra” ogni concerto era una sfida perché la nostra proposta musicale cercava di farsi ascoltare. Oggi saliamo sul palco con una certa autorevolezza che il gradimento di numerosi fans ci ha dato nel corso di questi anni. 9 – Come, dal vostro punto di vista, è cambiata l’audien-
ce nostrana? In meglio, in peggio, è più accorta o meno esigente? Per quanto riguarda il prog non sembra sostanzialmente modificata. In questi ultimi anni si percepisce una curiosa attenzione che però non è quantificabile in termini di vendite a causa dell’abitudine di scaricare i dischi dalla Rete. Resta comunque un fenomeno di nicchia perchè presuppone un ascolto non facilmente omologabile. Attira un pubblico riflessivo intenzionato ad immaginare scenari svincolati dalle tematiche strettamente sentimentali; la mutevolezza delle strutture musicali “disorienta” i pigri. 10 – Che valore hanno i testi oggi? Per quanto ci riguarda il testo risente dell’intenzione del “concept”. In “Zarathustra” ha una funzione evocativa non descrittiva; spesso è criptico perché il messaggio dei profeti ha quasi sempre questa caratteristica. Il linguaggio sfiora temi filosofici. In “Barbarica”, solo “Il respiro del pianeta” ricorda questa impostazione. Negli altri brani abbiamo usato parole più descrittive, più realistiche perché abbiamo voluto parlare dell’attualità sottolineandone gli aspetti più crudi.
11 – Come mai non siete tornati con un cantato in inglese? In “Barbarica” abbiamo usato l’inglese solo nella parte introduttiva di “Abbandonati” per sottolineare l’internazionalità del messaggio. Non abbiamo mai pensato di cantare in inglese anche se, dal punto di vista compositivo, sarebbe molto comodo. Non riteniamo credibile la pronuncia. 12 – Andrete a suonare in Giapppone; l’oriente pare essere rimasto un mercato decisamente più ricettivo per generi non immediati come il prog. Perché, secondo voi? Siamo andati a Tokyo ed abbiamo verificato direttamente che il pubblico giapponese è più ricettivo nei confronti del prog. Questo fenomeno va inserito in una generale propensione per l’Italia; sul piano musicale coinvolge anche l’opera lirica e le canzoni. La cultura giapponese tende ad assimilare ciò che arriva dall’estero per adattarlo alla propria mentalità che è riflessiva, capace di tessere legami tra immagini apparentemente lontane tra loro come accade per esempio nelle composizioni “ haiku”. 13 – I suoni MR sono cambiati. Su Barbarica non sono certo “delicati”. Come vi definireste oggi? Prog rock, prog
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metal, prog classico o come, e per quale motivo? Accettando il gioco delle etichette il Museo ha suonato in “Zarathustra” un prog classico, in “Barbarica” un prog rock. Se vogliamo ricordare anche la seconda produzione ufficiale del gruppo, cioè “Exit”, l’etichetta appropriata sarebbe prog pop. Il rock di “Barbarica” è affidato principalmente ai riff di chitarra che, rabbiosamente, intaccano i tessuti classicheggianti delle tastiere. 14 – Il rock è morto? E il prog? Possono morire la volontà d’espressione e la sua continua ricerca di forme? 15 – La domanda che non vi hanno mai posto ma avreste sempre desiderato sentire? “ Exit” è un incidente di percorso o un momento della vostra ricerca musicale? Per chi è interessato alla risposta il Museo considera il suo secondo disco una fase importante del percorso; è un primo passo per uscire da “Zarathustra” e dal suo successo, un tentativo per non vivere di rendita. In questo lavoro ci sono versioni più soft di alcuni brani di “Barbarica”. Il progressive si esprime anche nelle diverse interpretazioni delle stesse idee musicali.
INTERVISTA
h, oltre Zarathustra
INTERVISTA
La poliedrica Meg
Passato e futuro dell’eclettica vocalist Intervista raccolta da Diego Cianfriglia Foto di Amedeo Ferrante
quando sono stata chiamata a rileggere insieme pezzi dei Beatles, è stata un’esperienza straordinaria. Katia è una maestra d’arte e umiltà. Nel 2004 esce il tuo primo disco da solista; un passo importante per ogni artista. Com’è nato? M: Da un bisogno e da un momento importantissimo di crescita. Era finita in un certo senso la mia fase adolescenziale e ne cominciava una più complessa, fatta non più di bianchi e di neri, ma di una realtà più multiforme. Mi sono sentita finalmente libera e a mio agio in un mondo sonoro completamente mio, completamente nuovo, senza ideologie stilistiche e di contenuto, che rischiavano da un po’ di tempo di farmi sentire in gabbia ed in contraddizione con me stessa. Un mondo non in contrasto con il mio vissuto precedente, ma a mio avviso, complementare. Sappiamo che sei autrice di tutti i tuoi testi. Di cosa parlano le tue canzoni? M: Tutto ciò che scrivo è in un certo senso autobiografico. Dagli scontri di Genova, a una storia d’amore, dall’importanza sociale che hanno le parole a una riflessione intima e privata sulla vita, dall’osservazione della crisi attuale alla passione istintiva per la musica, tutte le tematiche di cui scrivo devono passare attraverso le mie corde emozionali. Cosa consiglieresti ad un giovane artista che volesse intraprendere una carriera musicale? M: Che questo è il momento per rischiare tutto, fare il possibile per realizzare il proprio sogno e soprattutto puntare sul proprio talento, se si sente di averlo veramente. Non è più come una volta: una laurea in giurisprudenza non necessariamente ti farà trovare un lavoro sicuro, anzi. Quindi oggi ci si può sentire meno in colpa se si va alla ricerca di professioni più “alternative”. L’importante è essere creativi il più possibile e disciplinati come degli asceti rispetto al proprio talento. Lavorare tantissimo e studiare, studiare e aggiornarsi sempre. Ed analizzare come si muovono oggi i meccanismi del mercato musicale. Hai avuto anche un’esperienza come attrice teatrale nello spettacolo “Dentro la tempesta”. Cosa ha significato per te e hai trovato difficoltà a confrontarti con un mondo così diverso da quello della musica? M: Beh, è stato abbastanza facile per me perché dovevo interpretare il ruolo di Ariel, il personaggio che per Shakespeare incarnava la Musica, l’Arte in generale, quindi in scena dovevo cantare, recitando, sì, ma cantavo, quindi restavo nel mio habitat naturale. E’ stato divertentissimo ed illuminante per me musicare i testi che Shakespeare aveva scritto per Ariel, avevo dalla mia un autore niente male! Ti ringraziamo ancora per la disponibilità. Lascia un saluto, un messaggio ai nostri lettori. M: “Nothing is Going to change my world” è il mio mantra di questi giorni, mi sento di consigliarlo anche a voi. In questi giorni bui, fare il possibile per difendere il proprio diritto alla felicità è quanto di più rivoluzionario si possa fare.
Il sabato sera è arrivato portandosi dietro una serata elettrizzante. L’Afterlife Live Club di Perugia, il noto locale della scena Underground perugina, si presenta impeccabile: due sale per far godere appieno la serata, impianto audio e luci da far impallidire i grandi Live Club italiani. Tra poche ore sale sul palco Meg, ex voce dei 99 Posse, che da diversi anni si diletta in collaborazioni con artisti italiani, teatro e quant’altro. Stasera Meg presenta il suo nuovo progetto da solista e scambia due chiacchiere con Tempi-Dispari. Ciao Meg e grazie per averci concesso quest’intervista. Innanzitutto presentati brevemente ai lettori di Tempi Dispari. M: Mi chiamo Maria Di Donna, detta Meg. Sono ossessionata da due cose nella vita: la musica e la ricerca della felicità. Come nasce la tua passione per la musica? M: Ero piccolissima, i miei vennero da me a chiedermi se volevo imparare a suonare uno strumento, ed io risposi: “sì, il pianoforte”. Da lì iniziarono le mie lezioni di piano, su una pianola Bontempi. Ti sei ispirata, o ti ispiri tutt’ora a qualche artista in particolare? M: Laurie Anderson, Luigi Tenco, Michael Jackson, i Beastie Boys, Alfred Hitchcock, la Street Art , queste e molte altre ancora, sono tutte fonti d’ispirazione per me. Nel 94 c’è stato l’ingresso nei 99 Posse con i quali hai scritto un po’della storia della musica italiana di quegli anni. Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza? M: Il contesto storico è stato dirompente. Gli anni ‘90 sono stati anni di rivoluzione musicale e culturale incredibili. Si respirava un fermento innovativo pazzesco in tutta Europa, fermento ancora insuperato secondo me da nessun altro movimento ad oggi. Negli anni, poi, varie sono state le collaborazioni con artisti del calibro dei Subsonica, Tiromancino e molti altri. Tra tutte, ce n’è stata una che porti particolarmente nel cuore? M: Tutte sono state aperture verso amici musicisti che mi hanno insegnato qualcosa di unico. Per esempio, con Katia Labeque
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Neverhush vs Vasco Rossi PRIMO COMANDAMENTO: ROMPERE IL SILENZIO Intervista raccolta da Francesca di Ventura Raccontano delle loro paure, delle delusioni, di amore e dei momenti bui della vita. Coraggiosamente descrivono il loro mondo, con la speranza che chiunque vi si possa identificare e riconoscere. I Neverhush nascono a Roma 10 anni fa, dal desiderio di Guido Brunetti, chitarra e voce, e di Fabio Carnevali, basso, di mettere in musica le tappe della loro esistenza e condividere la magia di salire sul palco con musicisti stimati che potessero anche costituire una famiglia musicale. Risponde alle domande di Tempi Dispari Guido Brunetti, fondatore del combo romano, autore di testi e melodie. Perchè Neverhush? Sfruttando l’onomatopeicità del termine hush (portandosi l’indice sulle labbra chiuse), abbiamo creato il termine a significare “mai silenzio”. Di fatto, benchè scriviamo pezzi in italiano, la neo coniata parola inglese suonava bene e rendeva l’idea. Chi sono i vostri riferimenti? Su tutti citerei i Litfiba, i Timoria e gli Strana Officina. Il sound di queste band ha sicuramente avuto un forte impatto sul nostro modo di concepire musica. Quanto è difficile oggi il mercato musicale italiano per un genere come il vostro? Molto. Non è il genere più in voga in questo momento nel nostro Paese….Ma noi restiamo fedeli a noi stessi, e continuiamo nel filone musicale che sentiamo nelle nostre vene. Avete un disco autoprodotto, “Mai silenzio”, con cui vi siete classificati al 6° posto ad Emergenza Rock nel 2004, al 5° posto nel 2005 al Dream Wave, e con il quale avete meritato l’accesso alle semifinali di San Remo Rock… Eppure oggi di quel disco proponiamo 3-4 brani live….l’arrivo del nuovo batterista nel 2006, Gabriele Montemarà , ha portato nuova linfa creativa. Ugualmente l’arruolamento di Stefano Cascio nel 2008 alla seconda chitarra sta significando un sound più duro, meno pop. Siamo soddisfatti del lavoro compositivo che stiamo operando, e appena possibile entreremo in studio di registrazione. Anche voi quindi, come tante band, avete vissuto vari cambi di line-up. La perdita di musicisti è un trauma ma al tempo stesso una opportunità per esplorare nuove sonorità, crescere e arricchirsi musicalmente ed umanamente. L’entrata di Davide Colombi consente a Gabriele Montemarà di “trasferirsi” da dietro le pelli al basso, in momentanea sostituzione del bassista storico, Fabio Carnevali, attualmente all’estero per motivi lavorativi. Oggi respiriamo una sintonia forte e l’amalgama è quella giusta.
Com’è la situazione live a Roma? La priorità dei gestori spesso è quella di riempire i loro locali, ancor prima dell’attenzione alla qualità della musica proposta… Ad ogni modo la proposta dell’underground romano è mediamente di alto livello. Il nostro obiettivo è di offrire al pubblico uno spettacolo coinvolgente, pertanto cerchiamo situazioni live che consentano di esprimerci al meglio. Il vostro sogno musicale. Incontrare un produttore che creda in noi! Ma parlo di qualcuno che mantenga inalterata la nostra natura, senza assoggettamenti di ordine commerciale. Preferiamo l’autoproduzione a quel punto! Progetti futuri? Suonare il più possibile e contestualmente terminare la stesura dei nuovi brani. A chi fareste da supporto? A Vasco Rossi, per mostrargli il vero volto del rock Italiano. Il pezzo che ascoltandolo hai detto a te stesso “avrei voluto scriverlo io”… Comfortably Numb dei Pink Floyd. Capolavoro assoluto. I Neverhush sono: Guido Brunetti: chitarra e voce Stefano Cascio: chitarra Gabriele Montemarà : batteria Fabio Carnevali: basso
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INTERVISTA
“Ilverorockitaliano”
LIVE REPORT
Bumblefoot, magia a 6 corde Il chitarrista dei Guns’n Roses in concerto a Roma
Testo a cura di Valeria Liberatore – Foto di Andrea Stevoli Sorprende Bumblefoot, fin dal principio, fin da quando, ore 22.00, si appresta, in maniera discreta e quasi timida, a salire sul palco del Crossroads di Roma, in un freddo 15 dicembre. Un Chitarrista, che quanto a tecnica, non ha nulla da invidiare a nessuno, ma che, sicuramente, ha da essere invidiato. Virtuosismi, allegria e buon umore, sono gli indiscussi padroni, di un Ron Thal, questo il suo nome all’anagrafe, divertente e divertito, coinvolgente e coinvolto, che si vede accompagnato alla batteria da Dennis Leeflang e da due italiani, Simone Massimi e Nazzareno Zacconi, rispettivamente basso e chitarra. Sorriso che abbaglia, giacca di pelle, camicia aperta, ed una lunga barbetta, buffamente raccolta in una treccia abbellita da un nastro, e tanta, tantissima ironia. Pur essendo l’attuale chitarra solista dei Guns n’ Roses, o di quel che ne rimane, Bumblefoot è, innanzitutto, un bravissimo cantante e compositore, un quanto mai gagliardo showman. Dopo aver spiegato al pubblico che per lui è la regola dimenticare plettri e setlist, comincia con Abnormal, tratta dall’omonimo album, ed è da subito chiaro a tutti che si è di fronte a un asso della chitarra doppio manico, uno dei quali fretless. Brano dopo brano, ineluttabilmente, si riconferma la perizia tecnica, compositiva e canora, di questo artista dall’innata attitudine punk/rock. Serata di prime volte, la sua, poiché, per fortuna di chi è lì ad assistere, alcuni brani, mai suonati dal vivo prima d’ora, vengono eseguiti live in questa occasione. Real, Turn Around e Some Other Guy, continuano a stupire e deliziare il pubblico in sala, mentre le sonorità più melodiche e dolci di Simple Days, dimostrano quanto la sua voce si presti alle più svariate tonalità. Sulle note di Guitars Suck e Normal, si ribadisce quanto questo piccolo uomo (solo nell’altezza e nel peso) sia un fenomeno della sei corde, tecnica, padronanza e grande velocità di esecuzione, in virtuosismi che sono in grado di inebriarti di
suoni. Si prosegue con un Bumblefoot sempre più simpatico che racconta come il cibo, qui in Italia, è meglio del sesso, puntualizzando poi che, probabilmente, questo è almeno meglio del sesso con lui. Glad To Be Here e Rockstar For A Day inducono a pensare che a essere lieti di averlo in Italia, è il pubblico e che rockstar non lo è certo per un giorno. Ha voglia di esibirsi e lo dimostra perfino quando, scendendo dal palco, senza smettere di suonare per un solo istante, si fa fotografare, sorridente e compiaciuto, facendo gioire molti. E si arriva a lei, alla prima delle cover, The Pink Panther Theme, composizione strumentale datata 1963 di Henry Mancini, delizia e diletto. Run To The Hills degli Iron Maiden, Can’t Stand Losing You dei Police e More Than a Feeling dei Boston, appongono il sigillo definitivo, ribadendo ai presenti, quanto questa ugola sia portentosa. Immancabili quanto forse doverosi i pezzi dei Guns n’ Roses che, sulle note di Estranged, vedono al microfono un ragazzo del pubblico, giacché l’istrionico Bumblefoot, non ne ricorda le parole. Don’t Cry e Sweet Child Of Mine rimandano ai ricordi dei primi Guns, ma c’è spazio anche per due brani tratti dall’ultimo album (Chinese Democracy n.d.r), quello cui lo stesso chitarrista ha preso parte attivamente, Catcher In The Rye e There Was a Time. Sembra ormai una jam session con un pubblico che chiede e un Bumblefoot che esegue; accenni musicali che spaziano dagli Zeppelin ai Judas Priest, passando per White Snake e Kinks. Finisce così questa esibizione con un sen-
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tito grazie da chi era sopra e da chi era sotto il palco, con un musicista che si conferma anche una gran persona, genuina e spontanea, che firma autografi, si fa fotografare e parla scherzosamente con chiunque gli si avvicini. Setlist: Abnormal Real Turn Around Some Other Guy Simple Days Guitars Suck Normal Glad To Be Here Rockstar For A Day Objectify Last Time Guitar Still Suck Overloaded The Colour Of Justice Shadow Life Inside Your Ass The Pink Panther Theme Goodbye Yellow Brick Road Dash GNR Extras
INTERVISTA
Der Noir, soul black trip
Un viaggio interiore per trasformare il nero in luce Intervista raccolta da Antonella Tocca – Testo e foto di Carmine Rubicco Pur se nati da una comune passione per la dark wave, sancita dal primo disco già dal titolo inequivocabile Dead Summer, i Der Noir nell’ultimo lavoro, targato 2013, si sono distaccati dalle catacombe oscure dei Joy Division, Bauhaus and c. per aprirsi ad orizzonti più ariosi. Ne parlano Luciano Lamanna, sintetizzatori e drum machine, e Manuel Mazzenga, chitarra. Come nascono i Der Noir? “Che fai martedì? Perché non ci troviamo in studio e facciamo un disco? Più o meno così è nato il nostro primo disco – dice Lamanna –. Pur se tutti provenienti da esperienze differenti, la passione per la dark wave degli anni ’80 ci ha accomunati. Da li sono nati i Der Noir. Poche, per non dire nessuna, prova e registrazione diretta dei brani. Ci siamo visti praticamente tutti i giorni per un mese e abbiamo scritto tutto il materiale”. E il primo full length risente, per precisa scelta, delle influenze dark wave. “Abbiamo – prosegue Lamanna – voluto fare un tributo alla musica di quegli anni che tanto ci è piaciuta e ci piace” A proposito del nome, ha un significato preciso? Perché è stato scelto? “No – spiega Mazzenga – ci piaceva l’assonanza. Una parola francese e una tedesca. Tutto qui. Poi anche il significato: il nero. Insomma, una commistione di concetti”. Il secondo disco Numeri e figure, segna un cambio di direzione. Ci sono più influenze techno, elettroniche, electro dark. Come mai questa scelta? “Anche in questo caso – dice Mazzenga – è stata una scelta precisa e consapevole. Non volevamo e non potevamo fare un doppione di quello precedente. Non avrebbe avuto senso. Abbiamo mantenuto sempre un approccio dark, freddo, piuttosto scuro, ma siamo andati oltre. Abbiamo utilizzato – riprende Lamanna – anche strumenti contemporanei e ognuno ha portato un contributo maggiore alla composizione del disco. Ormai ci sia-
mo identificati nel sound dark, ma ciò non toglie la possibilità di contaminazione”. Pure il songwriting, oltre all’utilizzo di suoni differenti, appare più maturo nel secondo lavoro. Medesima cosa anche per i testi. “La stesura dei testi avviene come ultimo passaggio – sottolinea il chitarrista -. Di base c’è una decadenza di fondo dovuta anche alla situazione attuale. Sono spaccati di vita visti anche in un’ottica molto romantica. In quest’ultimo disco c’è però un passaggio oltre, ossia il trasformare le emozioni ‘negative’ in movimento positivo. Questo spiega in parte anche il titolo del disco. Crediamo che numeri e figure, carte e tarocchi, abbiano un gran potere nella nostra vita. Nulla è lasciato al caso”. Der Noir è un viaggio interiore, non solo nel freddo? “Der Noir è si ‘mal di vivere’ se si vuole, ma non solo – commenta il tastierista -. La nostro musica è un percorso introspettivo e in quanto tale nasce come necessità espressiva. Il nostro nichilismo nero è quello riconducibile al motto ‘una risata seppellirà tutto’ e non quello che inneggia al suicidio o cose del genere. Chiudiamo con la domanda TD: cosa chiedereste e a chi se foste voi ad intervistare. “Io – conclude Lamanna – chiederei a quelli che vengono a sentirci se siamo piaciuti e perché. Sono loro i nostri interlocutori ultimi. Poi chiedere a quelli più bravi di me, e ho avuto la fortuna di incontrarne tanti sulla mia strada, come riescono a fare certe cose. Devo ammettere che tempo addietro era più semplice. I più bravi per natura insegnavano ai più giovani o meno esperti. Oggi pare che tutti posseggano il segreto della vita eterna e non vogliano rivelarlo a nessuno”. “Per me – dice Mazzenga – è mio padre il personaggio di riferimento, anche se non ne ho uno in particolare tra gli artisti. Lui mi ha sempre appoggiato ed è sempre stato uno stimolo. A lui continuerò sempre a chiedere un parere e consigli. Per gli artisti ho appreso molto ascoltando i dischi. Probabilmente se avessi occasione farei delle domande tecniche più che altro”.
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LIVE REPORT
Crossroads G3+1
Spettacolo unico in Europa Testo e foto a cura di Andrea Stevoli
Venerdì 3 gennaio sono saliti sul palco di Stazione Birra i protagonisti del G3 Tribute, spettacolo live unico a livello europeo che propone un tributo al G3 (Guitar Three) nella sua versione 2005, anno in cui assieme a Joe Satriani, ideatore del progetto, si esibirono nello Zepp Tokyo, Steve Vai, che già affiancò “The Satch” nelle precedenti edizioni e John Petrucci, virtuoso e ipertecnico della sei corde, proveniente dal mondo della musica metal progressive, fondatore dapprima dei Dream Theater, poi del progetto Liquid Tension Experiment. Lo spettacolo è noto a tutti i cultori e amanti della chitarra elettrica, musicisti e non, per essere un vero e proprio circo itinerante, che da quasi un ventennio porta in giro per il mondo i migliori funamboli del vecchio e nuovo decorso chitarristico. Il G3 Tribute è uno spettacolo unico nel suo genere, non solo per l’unicità del progetto a livello europeo, quanto, piuttosto, in virtù dell’elevato livello tecnico che i rispettivi “guitar heroes” posseggono. Dunque un tributo assolutamente singolare, fedele allo spirito dello spettacolo originale, per tecnica e una serie di particolari, ma non fedele al 100% ad esso, poiché il repertorio proposto è in continua evoluzione e nel corso dei live le band eseguono anche brani composti a posteriori rispetto al concerto di riferimento di Tokyo, andando così ad arricchire delle scalette già complete dei maggiori successi o in questo caso dei brani maggiormente noti al pubblico per la loro complessità d’esecuzione e la forte scarica di emozioni che esercitano. C’è un novità: in occasione del live a Stazione Birra, il G3 si è arricchito della partecipazione di ospiti illustri, i Black Rock, tri-
buto a Joe Bonamassa che ripropone i brani più celebri del chitarrista e cantautore di New York. Quindi non solo G3 almeno per questa volta, ma un G3 + 1. Sono proprio i Black Rock a salire sul palco per primi: con Francesco Volpe e Giorgio Meletti, a coprire rispettivamente le parti vocali e di chitarra di Bonamassa, la band è completata da Gianni Campanella e Leo Cuomo che, rispettivamente al basso e alla batteria, costituiscono una sezione ritmica praticamente impeccabile nel corso del live, contribuendo così ad impreziosire un complesso senza sbavature. Aprono il concerto con Takin’ The Hit, in cui dopo un bell’inizio strumentale, irrompe la voce tanto calda quanto graffiante di Francesco Volpe, a riportare alla vera essenza e alla dimensione più intima del blues rock di Bonamassa. A seguire un lungo excursus che i Black Rock compiono attraverso la discografia del chitarrista, proseguendo con brani come Walk in My Shadows, Sick In Love e Dust Bowl. Ogni canzone è introdotta da Volpe con la spiegazione circa il significato del pezzo che si appresteranno ad eseguire, come per Lie 1, in cui ancora un volta spicca una impeccabile interpretazione da parte dello stesso singer, nonché la chitarra calda ed emozionante di Giorgio Meletti. Chiudono il loro live con A New Day Yesterday, brano a sua volta tributo di Bonamassa ai Jethro Tull. Ad avvicendarsi sul palco ai Black Rock, sono i Liquid Dream, tributo Petrucci. Diverse considerazioni e una menzione a parte merita la performance della band che vede Roberto Ferrara alla lead guitar notevolmente migliorata. Il chitarrista e fondatore degli Liquid Dream ha apportato negli ultimi anni dei cambiamenti nella lineup della band, i quali si sono tradotti in una mutazione radicale del sound proposto, divenuto più metal e meno progressive. Se, da un lato, la sostituzione di Luca Marrocchi alle tastiere con Davide Breccia alla chitarra ritmica ha portato alla inevitabile eliminazione di alcuni brani strumentali classici presenti nelle scalette come Freedom Of Speech o Biaxident, dall’altro ha conferito a Ferrara una sicurezza e una precisione nell’esecuzione dei pezzi mai vista durante le loro esibizioni. Mai fuori tempo e supportato da una sezione ritmica ineccepibile, completata da Gabriele Panariello alla batteria e dal bassista storico Giacomo Cipriani, Roberto Ferrara si destreggia egregiamente in riff aventi un livello di difficoltà assai elevato, come nel caso di Glassgow Kiss, vera bestia nera per qualsiasi amante della
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sei corde. Solo 4 pezzi in scaletta, vista la maggior durata dei brani scelti e una live certamente da ricordare. Arriva il momento dei Rubina’s Sky, band tributo a Joe Satriani fondata da Marco Gentilini, chitarrista completo sotto ogni aspetto. Gentilini, impegnato in diversi progetti che vanno a coprire molte aree del panorama musicale italiano e straniero, viste le sue naturali attitudini e inclinazioni verso un determinato tipo di sound, dà il meglio di sè quando si trova a interpretare i pezzi del maestro Joe Satriani. Egli, amante soprattuto del primo periodo della discografia di Satriani, non poteva non aprire in concerto con Surfing With Alien, brano veloce, che dà il titolo all’omonimo pluri premiato album di “Satch”, forse il più amato da Gentilini. Infatti buona parte della scaletta proposta è incentrata su questo lavoro. In un susseguirsi dei migliori pezzi del repertorio di Satriani, Gentilini entusiasma il pubblico con fraseggi, nei solo non pedissequi, degni del suo maestro, deliziando i presenti con la bella e struggente All Alone, passando per Satch Boogie e Flyng In a Blue Dream, immancabile nelle setlist dei Rubina’s Sky e andando a chiudere l’ottima performance con Up In Flames. Nonostante qualche problema tecnico al basso, impeccabile anche la prova di Light Palone, ritenuto nel suo ruolo uno dei musicisti di maggior talento in Italia e Alessandro Beccati che, col suo inserimento dietro le pelli, ha portato qualità e tecnica alla sezione ritmica. A mezzanotte chiudono la serata i Blue Power, tributo a Steve Vai. Dispiace notare ancora una volta la tendenza da parte del pubblico romano ad abbandonare i concerti a tale ora, apparentemente e inspiegabilmente ritenuta critica dai frequentatori dei live club, rischiando così di mortificare la performance di quelle band cui tocca l’ingrato compito di salire sul palco per ultime chiaramente non per ordine di bravura. Mortificare un artista facendolo suonare davanti a poco pubblico non vuol dire necessariamente ledere l’entusiasmo e l’impegno profuso in sede di live ed è questo il caso di Massimo Canfora. Meglio conosciuto con lo pseudonimo di RECKLESS FABLE, Canfora può essere ritenuto a tutti gli effetti tra i migliori emuli di Steve Vai, non solo per l’elevato livello tecnico delle sue esibizioni, ma anche per la fedele riproduzione del look dell’estroso ipertecnico chitarrista. Apre il concerto con Racing The World, estratto da The Story Of Light disco del 2012, per fare un poi un salto nel passato attraverso brani come I Would To ed Erotic Nightmares, pezzi entrambi estratti Passion And Warfare, unanimemente ricosciuto come il capolavoro di Vai. Ad avvalorare una già ottima riproduzione del repertorio di Vai, ogni brano è aperto con una intro registrata, che riproduce quella dei pezzi da studio di Vai, intro presenti in quasi tutti i brani di Passion And Warfare. Non mancano in scaletta Thender Surrender, da Alien Love Secrets, e The Crying Machine, vero pezzo di battaglia del repertorio di Reckless Fabble ed eseguita come sempre in maniera magistrale.
Line up Black Rocks: Francesco Volpe – Voce Giorgio Meletti . Chitarra Leo Cuomo – Basso Gianni Campanella – Batteria Line up Liquid Dream: Roberto Ferrara: Chitarra Davide Breccia: Chitarra ritmica Giacomo Cipriani – Basso Gabriele Panariello – Batteria Line up Rubina’s Sky: Marco Gentilini – Chitarra Light Palone – Basso Alessandro Beccati – Batteria Line up Blue Powder: Massimo Canfora – Chitarra Marco Vitantoni – Basso Gabriel Mangini – Batteria Scaletta Black Rock: Takin’ The Hit, Walk In My Shadows, Bridge To Better Days, Sick In Love, Cradle Rock, Dust Bowl, Lie 1, Just Got Paid, A New Day Yesterday, Pain And Sorow Scaletta Liquid Dream: Zero Tollerance, Glassgow Kiss, Tunnel Vision, Damage Control Scaletta Rubina’s Sky: Surfing With The Alien, Crushing Day, Ice 9, All Alone, Satch Boogie, Flying In A Blue Dream, Circles, Up In Flames, Always With Me Always With you, Summer Song Scaletta Blue Powder: Intro, Racing The World, I Would Love To, Building The Church, Tender Surrender, The Crying Machine, Erotic Nightmares, Die To Live, Juice, Jiboom, Answers
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LIVE REPORT
Nonostante l’assenza di Marco Maisano alla chitarra ritmica cui ha fatto seguito la scelta di non sostituirlo e le conseguenti difficoltà nel suonare con delle parti di chitarra registrate, i Blue Power hanno tenuto benissimo il palco, grazie anche all’ottimo lavoro di Marco Vitantoni al basso, da due anni con la band e Gabriel Mangini, storico collaboratore di Canfora alla batteria. Si chiude così a mezzanotte e mezza, dopo quasi 3 ore di musica, il grande spettacolo dei ragazzi del G3 Tribute, per l’occasione G3 + 1, che ringraziamo caldamente per avere dato ancora una volta saggio di tecnica e passione a tutti gli amanti della sei corde.
INTERVISTA
Antonio “Rigo” Righetti Blues
I suoni oltre Ligabue di un chitarrista curioso e desideroso di mettersi in gioco, sempre Intervista raccolta da Emanuele Meschini Probabilmente molti lo conoscono “solamente” come il bassista di Ligabue. Ma lui è molto di più: è Antonio “Rigo” Righetti, musicista, cantautore, bassista che dal 1986 fa musica: si perché questo è il punto Rigo fa musica, la vive, la respira è parte di lui. E lo racconta così. Comincerei da “molto” lontano: la scelta dello strumento. Come mai il basso? Per esclusione, dacché si è trattato di una di quelle scelte scellerate e poetiche fatte in cortile, lo stesso cortile ove venivo regolarmente relegato in porta ( per la scarsità nel controllo di palla e per la mia voluminosità) così, il giorno che abbiamo detto: “Domani mettiamo su un gruppo”, tutti si sono accaparrati le posizioni dominanti: chitarristi, cantanti, batteristi … alla fine l’ultimo posto vacante era quello e ci sono finito io. È stato amore a prima vista, uno strumento sconosciuto ai più. Sei entrato a far parte dei Rocking Chairs. Cosa ti ha dato questa esperienza? L’orgoglio di tentare di portare avanti dalla provincia un discorso rock allo stesso livello di band che amavo come i Del Fuegos, i Blasters e i Los Lobos, abbracciando uno stile che partiva dall’America per essere una via italiana a un rock che guardava all’estero … Poi la band di Ligabue, più popolare. Pregi e difetti, secondo te, di quel tipo di approccio alla musica. Pregi tutti quelli di poter esercitare il mestiere della musica dentro al circuito del mainstream, con il corollario di accettazione sociale che questo comporta, il direttore di banca che ti rispetta quando vai in rosso solo perché ti vede in televisione, il giorno dopo il concerto a Campovolo sei una specie di eroe
nazionale … ma alla fine, i pregi divengono un fardello notevole che ti allontana dalle motivazioni di fare musica su base quotidiana, io non posso fare musica solo se ci sono condizioni specifiche, devo fare musica tutti i giorni sennò appassisco. Ma tu sei un autore, un musicista, un cantastorie, giusto? Nasce da qui la voglia di essere solista? Sono stato un autore prima di saperlo, da quando la lettura ha rappresentato uno stimolo e un piacere fisico, da quando ho preso in mano la mia chitarra e ho cominciato ad accumulare giri armonici è stato naturale tentare di raccontare storie. Questo lo faccio in inglese ma anche con la musica strumentale, lo faccio anche usando i testi di Sara D che ha scritto la parte testuale di “Angeli e Demoni”. Ecco parliamo del tuo nuovo album “Angeli e Demoni”. La cosa che mi ha colpito subito è il titolo: richiama quello del romanzo di Dan Brown, c’è qualche analogia? Assolutamente no, non è esattamente nel mio canone di lettura, non l’ho mai letto e non ho neppure intenzione di farlo, il concept dell’album è uscito in modo naturale, parla infatti della dialettica tra parte maschile e parte femminile che esiste all’interno di ogni persona, tra parte egoistica e parte generosa, tra scelte per tutti e scelte che favoriscono solo noi. Questo è il nocciolo di “Angeli e Demoni” anche se, per me, gli angeli e i demoni sono anche quelli che mi hanno ispirato, musicisti come Johnny Cash e Bob Dylan, oppure Joe Strummer e Howlin’ Wolf, ma anche scrittori come Jack Kerouac e Alice Munro, quelli che dentro hanno la forza della verità e della poesia in convivenza e rapporto. In questo caso le parole sono state scritte da Sara Del Popolo, come mai questa scelta di inter-
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pretare? Avevo scritto un intero disco in italiano con testi miei ma ho deciso di non darlo alle stampe perché non ha superato il “controllo qualità”, la lingua italiana è molto più complicata dell’inglese, i testi di Sara, con la libertà che ho avuto di interpretarli, rappresentano uno stimolo che mi ha aperto a nuove capacità espressive. Cosa vuoi comunicare con queste nuove canzoni? Cioè qual è il significato ultimo per te? La gioia del fare musica, la libertà di registrarla, l’irrazionalità di credere che la gente abbia ancora voglia e necessità di musica nuova, la voglia di farlo a prescindere e la sorpresa di vedere confermate queste necessità anche negli altri. Sei stato anche tanto all’estero: perché? L’Italia è un buon posto per fare musica? Non mi è mai piaciuto limitarmi a fare musica per un solo mercato, ho sempre avuto la sana presunzione di fare musica che potesse parlare alla sensibilità di chiunque, ritengo naturale pensare al mondo e non solo all’Italia quando faccio musica, l’Italia è un paese che ti sfida continuamente, ti spinge spesso a lasciare perdere ma poi trova sempre uno squarcio di bellezza inequivocabile per ispirarti e farti andare avanti. Ora sei in giro in tour, cosa è per te il live? Cosa ti dà? Il live è il fine ultimo e vero del mio fare musica, l’unica malattia che sento di avere, quel continuo fare musica dal vivo a prescindere dalle condizioni è una sorta di virus. Il live mi stimola a migliorare o a tentare di farlo, come un fabbro che affila in continuazione i suoi strumenti. Da grande cosa vuoi diventare? Un musicista capace di emozionare.
Il talentuoso bassista torna al suo strumento originale con un nuovo progetto: Warfather
Intervista raccolta da Francesca di Ventura Per alcuni di noi, il passato non e’ mai archiviato del tutto, e resta latente come una appendice al presente per il resto della nostra vita. Questo accade quasi sempre ai musicisti che abbiamo militato per un lungo periodo in band blasonate e molto note, e che, malgrado i pregevoli progetti ad esso seguiti, non riescono a scrollarsi di dosso “quel che fu“. Steve Tucker e’ stato il frontman (bassista cantante) dei Morbid Angel per 6 anni (1997-2001, 2003-2004). I Morbid Angel: la band death metal terza per vendite negli Stati Uniti, e prima all’inizio dell’era Soundscan con l’albun Covenant (oltre 150.000 copie). Steve ha una nuova band ora, i Warfather, con un disco in uscita martedi 21 Gennaio in Nord e Sud America (il 24 febbraio in Europa). Orchestrating the Apocalypse, un titolo alquanto attraente ed evocativo della visione pessimistica di Steve della societa’ moderna. Ma Steve ha gli occhi vispi e sorridenti, e un cane che ogni tanto fa capolino davanti alla videocamera Skype. Steve e’
un talento musicale e un ragazzo intelligente: realizzata la impossibilita’ di scrollarsi dalle spalle il passato, ha imparato a farne un elemento di forza, a riconoscerne il valore artistico ed umano, e ad abbracciarlo come parte del suo percorso. Stai vivendo il tempo migliore della tua carriera? O c’e’ qualcosa che ti manca? Con i Morbid Angel ero sempre in tour, guadagnavo molti soldi. Oggi la mia vita e’ fare musica e divertirmi, e’ condivisione con gli amici (tutti rigorosamente metallari, a vari livelli), di denaro ne vedo decisamente di meno (almeno per ora!). Sono soddisfatto di quel che sto facendo. Quanto ritieni che il tuo passato nei Morbid Angel influenzi le tue scelte musicali? Da quelle di suono a quelle prettamente ‘business oriented’, tipo le relazioni con la stampa? L’esperienza con i Morbid Angel mi ha insegnato moltissimo, saro’ sempre riconoscente alla vita per tutto quel che quegli anni con loro mi hanno dato. La gente paragonera’ sempre quel che faccio con il materiale dei Morbid Angel. E’ qualcosa che comprendo benche’ ritenga la produzione dei Warfather valevole al di la’ di ogni paragone. Che rapporti hai con i tuoi ex compagni dei Morbid Angel? Sono molto amico di Pete (Sandoval, alle pelli dal 1998 al 2010, n.d.r.). Siamo come fratelli. Ci supportiamo a vicenda e sempre lo faremo. Hai spesso affermato che lo ritieni il miglior batterista metal vivente. Dico che nessuno suona come lui. E’ unico. Non sta a me giudicare se e’ il migliore ma di certo posso affermare che non
c’e’ nessun altro come lui. Come mai la scelta di passare dal basso alla chitarra? Suono la chitarra da quando avevo 5 anni. E’ stato sempre il mio strumento. Nei Morbid Angel cercavano un bassista e mi sono adeguato. Ma la chitarra e’ il mio mezzo naturale di espressione. Possiedo una ESP ma non sono mai riuscito ad innamorarmene. Ho 4 Schecter (che mostra con orgoglio dirigendo la camera Skype verso il muro dietro di lui) con cui ho registrato tutti i solo del disco. Ad ogni modo la mia intenzione e’ di fami costruire una baritona. In cosa risiede la tua soddisfazione maggiore riguardo i Warfather? Questo nuovo album, e’ davvero fantastico. Lo amo. Lo percepisco come una vera evoluzione. Del resto, con i Warfather abbiamo appena iniziato (sorride). Cannibal Corpse, Nile, Deicide, sono rimaste le uniche band propriamente death metal. Le altre hanno subito varie contaminazioni da altri generi. Cosa ne pensi? Per me il death metal puro sono i Vader. Alcune band che si definiscono death in realta’ sono passate attraverso l’heavy metal, lo speed metal e poi il death. E le ultime produzioni di alcune di esse, non saprei dire che roba sia. Perche’ vuoi “orchestrare l’Apocalisse?” Il mondo moderno e’ malato. Sono disgustato dalla politica, dall’egoismo e dal materialismo della gente. La maggior parte delle persone sono disgustose (sorride). Viene prima la musica o la melodia e i testi o viceversa? Non c’e’uno schema. A volte ho un riff in testa che poi sviluppo
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in un pezzo completo, a volte parto dal testo, altre volte mi sveglio e il pezzo e’ tutto nella mia mente: musica, melodia e parole. Ritieni che la musica sia ancora un efficace strumento di comunicazione, un modo per diffondere un messaggio? Assolutamente si. Lo e’ sempre stato e sempre lo sara’. Personalmente la musica e’ una necessita’, qualcosa che sento devo fare. Il mondo puo’ crollare ma la musica ci sara’ sempre. C’e’ un pezzo che canticchi sotto la doccia? Cosa ascolti per rilassarti? Ascolto i Katatonia. Magari non e’ proprio quel che suonerei ma la mia mente si svuota. Sotto la doccia probabilmente canticchio un pezzo dei Warfather. Che lavoro faresti in un mondo parallelo? Il vichingo. Dove si trova il palco dei tuoi sogni? In Russia. Mi piacerebbe da matti andare a suonare li’. Probabilmente mi sarebbe fatale ma lo farei comunque (ride) 14. Prevedete date in Italia per il vostro tour? Penso proprio di si! Milano e’ stata sempre accogliente con noi. Vorrei anche sperimentare quel che dicono di Venezia, ossia che oltre ad essere una citta’ meravigliosa sia anche un pubblico molto caloroso. Tempo di dedicarsi al suo bellissimo cane che ora pone le sue rimostranze per non essere stato il centro dell’attenzione durante tutto questo tempo. Tempo di salutarci. Steve saluta i lettori di Tempi Dispari:” Ascoltate i Warfather, 100% puro death metal, garantito!”
INTERVISTA
SteveTucker:MorbidAngeldentro
INTERVISTA
Blitz Kids e il nuovo disco
Joe James svela i retroscena e i segreti del secondo full lenght della band per RedBull
Intervista raccolta da Ilaria Degl’Innocenti Di prossima pubblicazione il secondo album ufficiale dei Blitz Kids, in uscita il 20 gennaio 2014 in seno alla Red Bull Records. Si tratta di una band formatasi nel corso del 2006, praticamente da un’idea di Joe James, Jono Yates, Nic Montgomery, Billy Evanson e Eddie Hawx. Erano originariamente chiamati Rig Up Explosive. Dal 2009 hanno preso il nome di Blitz Kids. Vengono da Nantwich, città nel Cheshire, Inghilterra. Hanno cambiato due membri del gruppo, ovvero Billy Evanson e Eddie Hawx che hanno lasciato la band per dedicarsi ad altri progetti solisti. Adesso al loro posto ci sono Nic Montgomery e Matt Freerer. Il loro album è stato preannunciato ampiamente, in tanti lo aspettavano già dall’8 novembre 2013, giorno in cui sono partiti i preordini direttamente dal sito ufficiale della band e dal 25 novembre 2013 è disponibile in prevendita su Amazon e iTunes. In esclusiva Joe James parla con Tempi Dispari rivelando dettagli sul mondo Blitz Kids. Grazie per questa breve intervista con Tempi Dispari. Un nuovo lavoro che si intitolerà The Good Youth, praticamente il vostro secondo album ufficiale. E’ un’evoluzione rispetto a Vagrants and Vagabonds. Joe James: <<Sì, quello che proporremo da gennaio è la nostra seconda uscita discografica ufficiale. Prima avevamo un altro album di dieci tracks intitolato Scavangers e due Ep, Never Die e Decisions. The Good Youth rappresenta un’evolu-
zione e un cammino in ascesa che per portarlo a termine ci sono voluti tre anni in totale. L’evoluzione nella musica sinceramente si è concretizzata in una diversa sonorità rispetto a quella che abbiamo creato nel nostro primo album, ma senza discostarci dal nostro genere, perché siamo cresciuti non solo come musicisti ma anche come individui. Abbiamo cambiato casa discografica, adesso non siamo più con la Hassle Records ma con la Red Bull Records>>. Quindi, un nuovo e lungo percorso nel mondo della musica anche da questo punto di vista. Joe James: <<Sì, assolutamente, per noi è un passo importante e un nuovo inizio>>. I testi sono interessanti, rappresentano un mondo ‘underground’. E per questo nuovo album, in che direzione vi siete mossi? Joe James: <<Dipende dalle situazioni. Per quanto riguarda questo album, per lo più, prima abbiamo composto i testi, delle strofe che mi venivano in mente, poi insieme a Jono, che si è occupato della parte musicale abbiamo cercato di trovare gli accordi giusti in base a quello che ci veniva in mente>>. Ci sono molte storie nelle canzoni, figure che compaiono e fanno parte di un interessante mosaico. Sono storie vere? Joe James: <<Sono per lo più tratte da storie vere, non di fantasia, perché provengono da esperienze che abbiamo vissuto come individui>>. Siamo ormai in un mondo globalizzato, in cui internet ha cambiato il modo di promuovere la musica. Per il vostro
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nuovo album avete sfruttato questo canale. Come vi muoverete da ora in avanti? Joe James: <<Beh, certo, la globalizzazione ha dato una svolta al modo di promuovere la musica, pensa che in migliaia condividono i video da youtube o da twitter e poi iniziano ad ascoltare la nostra musica. Il mondo del web ci ha quindi permesso di raggiungere centinaia di persone. L’era digitale, da questo punto di vista, è un punto a favore per la musica, perché è più facile la sua diffusione>>. Che cosa avete organizzato per la parte promozionale live di The Good Youth? Joe James:<<Faremo delle date in giro per l’Inghilterra per la presentazione di The Good Youth, poi inizierà il nostro tour in giro per il resto d’Europa. Speriamo di poter venire anche in Italia>>. Avete deciso le date europee? Joe James: <<No, non ancora. Siamo in fase di registrazione e stiamo preparando le date che riguardano la presentazione del nostro nuovo album. Penseremo successivamente a preparare il nostro prossimo tour per il resto d’Europa.>>. Un breve messaggio per i fans italiani? Joe James:<<Un saluto da parte di tutti noi. Continuate a seguirci sulla nostra pagina di facebook, in cui annunceremo le novità passo dopo passo la realizzazione del nuovo album The Good Youth. Vi troverete anche le nostre prossime date del tour! A presto!>>. http://www.blitzkidsofficial.com
Inizia da questo mese una nuova rubrica dedicata alle bands underground ed emergenti. La curerà ***sPakka***, amministratrice della pagina Band Italiane Rock e Metal. All’interno di queste pagine troverete interviste e anteprime per tutti i gruppi che stanno cercando visibilità o un modo per far sentire la propria musica. Un invito prima di lasciare spazio a chi davvero lo merita. L’invito è quello di contattare la redazione e inviare materiale per recensioni, link a video e quanto possa aitarvi a promuovervi.
L’industrial gothic metal dei Nexus The death of art in tour per il Regno Unito Genere: Industrial/Gothic Metal Membri: Vlad Voicu – lead vocals and guitars Tony Di Marzio – bass and backing vocals Il Diverso – synth/keyboards Ivan Lambardella – drums
***sPakka*** intervista i NEXUS de L’Aquila E’ un progetto nato a fine 2009 dall’incontro di varie influenze musicali, Industrial, Gothic Metal ed Elettronica, dei membri. Dopo diverse esibizioni live, sia locali che nazionali, e dopo aver cambiato il batterista, esce il loro primo EP “The Death of Art”, 2013. Segue un tour promozionale di diverse località del Regno Unito.
-Da dove arriva il nome della vostra band? Abbiamo scelto di chiamarci Nexus perchè il significato della parola, appunto “nesso”, rappresenta molto bene il nostro modo di fare musica dato che tendiamo a combinare tanti elementi ed influenze di generi e ascolti diversi di ognuno di noi, il che fa della nostra musica un punto d’incontro o nesso di tutta la musica che amiamo ascoltare dal metal alla musica elettronica, al gothic rock e al pop a volte. - Oltre ad un genere molto particolare, anche la voce del cantante ed il suo modo di cantare lo sono: a chi è ispirato? Beh, anche qui come nel caso del genere le influenze sono molte e anche abbastanza diverse tra di loro però per nominare qualcuno, Ville Valo, Ian Astbury, Till Lindemann, Andreas Bergh(alias Whiplasher Bernadotte) e il rimpianto Peter Steele. C’è un po’ di ognuno di loro, sopratutto per via della timbrica da baritono. - Com’è stata l’esperienza del tour nel Regno Unito?
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E’ stata una bellissima esperienza. Impegnativa e faticosa ma ci ha aiutati a crescere molto sia come band che come musicisti individuali, ma anche come persone. Viaggiare e confrontarsi con culture e realtà diverse come la scena musicale britannica ci ha insegnato molto e ci ha aiutato a mettere in prospettiva un po’ di più i nostri progetti. Sicuramente cercheremo di tornarci presto. - Tra i vostri impegni futuri c’è forse qualche nuovo brano? In realtà abbiamo già scritto un bel po’ di materiale nuovo su cui stiamo lavorando proprio in questi giorni, che cercheremo di far uscire quest’anno su un eventuale full length. Nei brani nuovi stiamo sperimentando con una direzione leggermente più melodica rispetto a quello che abbiamo fatto su “The Death of Art“. Nei prossimi mesi stiamo anche progettando di registrare e far uscire un nuovo EP che presenterà versioni alternative e riarrangiate dei brani del nostro primo EP con forse anche qualche inedito, perciò sì: aspettatevi nuovi brani a breve. -Un messaggio per i lettori di TEMPI DISPARI: Continuate a leggere Tempi Dispari perchè è una delle pochissime webzine che abbiamo visto al giorno d’oggi a parlare anche della realtà della scena musicale in Italia e che dà visibilità alle band emergenti con articoli decisamente interessanti, nonchè news su sviluppi riguardanti eventi più grandi e importanti.
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Flower Time ed echi floydiani Al cuor non si comanda e nemmeno all’ispirazione ***sPakka*** intervista i FLOWER TIME di Tocco da Casauria (Pe) La band nasce nel 2007 come passatempo tra alcuni amici e poi diventa una cover band dei Pink Floyd. Tra il 2009 e il 2010 si esibiscono in numerosi live, tra cui uno “storico” nel loro paese. Alcuni membri abbandonano la band, che rimane inattiva per un anno, ma poi con l’ingresso di altri e sistemata la lineup,ritornano a suonare. A fine 2011 esce un concept-album “A cosmic vibration”, con pezzi inediti,mentre nel 2013 “Amazing Human Suite”, entrambi registrati ed autoprodotti dalla band stessa. Formazione: Vincenzo Del Rosso – basso & voce Federico Del Rosso – Chitarra elettrica seconda voce Mario Valdeburgo – tastiere Massimo Ciancarelli – batteria Genere:”Spiritual/Space/Psychedelic rock” - Spiegate il significato del nome che avete scelto per la vostra band? Ciao, prima di tutto grazie infinite per averci concesso questa intervista. Noi ammiriamo tanto le persone che si impegnano ad aiutare se così possiamo dire le giovani band emergenti che oggi si trovano davanti ad un panorama che di certo non brilla di buona luce. Noi che abbiamo scelto di fare una musica che ormai per le masse è roba come dicono loro “morta e sepolta” abbiamo vita artistica ancora più difficile, però con umiltà e coraggio andiamo avanti. Il nome della band mi è venuto pensando a due cose distine. Avevo sicuramente in mente i Floyd quando ho avuto questa “illuminazione”. Flower Time in pratica è l’unione di due aspetti fondamentali nel mondo artistico e musicale. “Flower” in onore al “Power Flower” movimento rivoluzionario portato avanti dai famosi “figli dei fiori”. “Time” in onore ad uno dei primi dischi che ho ascoltato e uno dei più famosi della storia della musica a livello mondiale cioè “Dark Side of the moon”. Quindi già dal nome della band chiunque può pensare che stà per ascoltare un qualcosa che emana vibrazioni vintage. - Un grande concerto da voi organizzato nel vostro paese: Com’è andata? Ricordo quel concerto ancora benissimo, l’attesa, quel palco immenso, quelle luci, tutta quella gente… fù un concerto magico, un momento indimenticabile, e forse per la prima volta devo confessare che tutti noi abbiamo provato e scoperto veramente il significato della frase “essere orgogliosi di se stessi”, perchè quel concerto lo abbiamo creato, costruito, sceneggiato e suonato noi e nessun altro. Un concerto che per noi ha segnato una pagina fondamentale nella nostra carriera di musicisti ma anche nella nostra anima. La musica come qualsiasi forma d’arte se fatta con il cuore è in grado di regalarti emozioni indescrivibili. - Una band cominciata per gioco che poi sceglie di riportare in auge il rock psichedelico degli anni 70. Come nasce questo grande amore per i Pink Floyd e come intendete svilupparlo? Siamo una piccola band di ragazzini che ancora oggi suona perchè gli va di farlo. Non siamo i migliori, ci sono centinaia e cen-
tinaia di band migliori della nostra, però come è accaduto anche molti anni fa ai Floyd è successo che noi siamo riusciti a creare qualcosa che pochi sono riusciti a creare, ci sono band tecnicamente migliori di noi, eppure quando il pubblico e i critici ascolta i nostri lavori percepisce una profondità particolare… “Amazing Human Suite” è un brano che per forza lascia qualcosa dentro allo spettatore, e non deve essere per forza qualcosa di positivo, ma di sicuro è un brano “poco comune” al giorno d’oggi che infatti è balzato immediatamente all’attenzione di un pubblico più attento. Questo rafforza un pò le nostre convinzioni, mettere il cuore nella propria arte è molto probabilmente più importante di qualsiasi cosa… anche della tecnica. Noi cerchiamo la profondità, cerchiamo di far vivere una esperienza a chi ci ascolta, ci piace che la gente rimanga un pò spaesata. Nei nostri concerti, quando abbiamo l’oppurtunità di farli non non cerchiamo mai il chiasso, gli applausi, il caos, vogliamo che il nostro pubblico si sieda e ci ascolti. La nostra musica rientra un pò in quella che noi definiamo “arte del silenzio”. - Un messaggio ai lettori di Tempi-Dispari Chiunque fa quello che fate voi merita il massimo rispetto. Ma attenzione…il vostro è un lavoro di estrema responsabilità non dovete mai pensare che quello che fate sia inutile,anzi dovete lottare e continuare a fare ogni giorno di più…e il motivo di tutto questo è semplice…se un bel giorno voi e chi come voi smette di credere nelle band, non le aiuta più non le sosterrà più,quelle band e sopratutto quelle persone “artisticamente parlando” sprofonderanno nel buio, e saranno costrette quindi a continuare a fare quello che fanno solo ed esclusivamente per loro facendo così chiudere tutte le speranze al mondo dell’arte. Questo credo che faccia comprendere quanto voi potete essere importanti per una qualsiasi band emergente. Siamo noi band che quindi dovremmo farvi gli auguri per il vostro lavoro. Noi ve li facciamo.
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Braindead, rivive la Bay Area
Come indica il nome, “only old school thrash”
Intervista raccolta da ***sPakka*** amministratrice di BandItalianeRockEMetal Brain Dead Thrash metal old school band di ivrea (to) nata nel 2000, secondo gli esempi delle grandi band anni 80. Nel 2001 il loro primo demo “Rage of thrash“. Discrete recensioni e numerosi live. Nel 2003 esce “double face” e riscuote molto più successo del precedente cd. Partecipano al Titans of thrash a dicembre 2004, vincono il concorso “Demo italian gods of metal 2008“, registrano il loro primo album e poi firmano il contratto con la Punishement 18 records. Nel 2009 esce il primo album “In the deep of vortex“, che portano in tour attraverso l’Italia, con parecchie date e partecipazioni a rinomati festival. Dopo alcuni cambi tra i membri della band, ritornano a comporre nuovi brani e a dicembre 2013 esce il loro secondo album “Menace from the sickness“, che sta raccogliendo i favori positivi di pubblico e critica. Formazione: Felix Liuni – lead and backing vocals Daniele Vitello – lead and rhythm guitar Davide Ricca- lead and rhythm guitar Alberto Rossetti- bass Daniel Giovanetto – drums Ciao Felix e benvenuto sulle pagine di Tempi – Dispari. Vorresti spiegare la scelta del nome della tua band? Ciao a tutti e grazie infinite per lo spazio che ci state dedicando. Il nome Brain Dead viene scelto dopo aver formato la band nel 1999 prendendo il nome di una canzone degli Exodus, band storica del thrash metal americano. Nel loro album “Pleasure of the flesh” del
1987 è inclusa “Brain Dead” ed abbiamo deciso di usarlo come moniker perchè suonava bene per una band come la nostra. C’e’ anche da dire che gli Exodus sono da sempre nostra grande ispirazione musicale. Cosa ha rappresentato per voi, una band emergente italiana, riuscire a suonare con chi vi ha ispirato? Abbiamo partecipato all’edizione del Gods of metal 2008 a Bologna ed abbiamo condiviso il palco con quelle band che continuiamo ad adorare sin da quando eravamo ragazzini, come Slayer, Testament, Carcass ed At the gates ed è difficile esprimere l’enorme emozione che ci ha colpiti quel giorno. Sembrava un sogno che si stesse realizzando, ma comunque siamo riusciti a contenere al meglio l’emozione ed ad offrire una nostra buona prestazione live. Oltre queste band abbiamo condiviso il palco successivamente con altre leggende del thrash seppur minori come Heathen, Whiplash, Artillery, Paradox e conservo tantissimi bei ricordi di ogni singolo evento. Il nuovo album “Menace from the sickness” ? “Menace from te sickness” è uscito il 2 dicembre per l’etichetta italiana Punishment18 records e, a differenza del nostro debutto del 2009, presenta tanti punti di maturità in fase di songwriting e mostra un maggior impatto in termini di potenza e tecnica, senza tralasciare il nostro trademark. E’ un sincero album di thrash metal, che non può non essere apprezzato dai fan del genere, e speriamo di colpire anche pubblico che non segue necessariamente il thrash metal. Dalle prime impressioni dopo nemmeno un mese dall’uscita, c’è davvero un ottima risposta di apprezza-
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mento dall’estero, specie nel nord europa e dai paesi sud americani e le recensioni sono più che soddisfacenti. In italia si sa son tutti un po’ pignoli e restii a supportare una band nazionale per via di moltissimi motivi. Ma comunque ci sono stati anche qui degli ottimi responsi e speriamo che il disco possa venire apprezzato di più senza troppi paraocchi. Cosa c’è nel futuro dei Brain Dead? Nel nostro futuro immediato c’è la volontà di eseguire una serie di live per supportare il nuovo album anche se oggi a differenza di ben 13 anni fa, quando abbiamo iniziato, è davvero difficile trovare locali che ti diano la possibilità di poterti esibire live. In Italia un tempo era molto più semplice, ora è un terno al lotto. Ma comunque non ci scoraggiamo e i nostri prossimi 2 live saranno in terra piemontese esattamente sabato 4 gennaio al White lion’s di Leini, provincia di Torino, e l’11 gennaio al Good music live di Torino, e speriamo di vedere gente che ha acquistato o almeno ascoltato il nostro disco, interessata anche nel vederci proporre i nuovi pezzi dal vivo. Sempre continuando come futuro della band, c’è ovviamente la voglia di comporre nuovo materiale dove qualche idea è gia’ stata tirata fuori. Un messaggio per il lettori di Tempi – Dispari: Vi ringrazio ancora molto per lo spazio e ci tengo a precisare di supportare la scena metal italiana in quanto le band hanno bisogno di questo per poter andare avanti. All’estero c’è mentalità differente, viene dato spazio alle band underground e non solo ai grossi nomi. Qui c’è ancora molto da fare, ma non è troppo tardi per cambiare. Ovviamente vi aspettiamo ai nostri prossimi live, tenete d’occhio la nostra pagina facebook. Stay f*****n’ thrash!
INTERVISTA
Testa in Uk, cuore in Italia
Gli Heretic’s Dream proseguono la scalata nonostante il peso della duplice location
Testo a cura di Angela Panzarella Si tratta di una band “itinerante” a tutti gli effetti, che sta versando sangue, lacrime, soldi e sudore e sta iniziando ad avere riscontro. Non solo a livello italiano, grazie alla presentazione e la distribuzione di Walk The Time nei maggiori stores musicali. Ma anche a livello estero. In UK suonano molto spesso, in Repubblica Ceca sono ormai al terzo tour e si stanno aprendo persino le porte dell’America Latina. E’ stata una coraggiosissima azione quella iniziata da Francesca Di Ventura e Andrej Surace che, trasferitisi a Londra, hanno combattuto per mantenere concreto e vincente un progetto cui tenevano e su cui
hanno investito consapevolmente. Viaggiano spesso, da Londra a Roma per le prove e per i concerti che, ultimamente, fioccano. Dimostrano di volercela fare, nonostante tutto. Nonostante l’eresia. Cosa sia quest’eresia lo spiega Francesca Di Ventura. “E’ intanto l’eresia di non parlare di massimi sistemi, a livello di lyrics. Noi parliamo della vita di ogni giorno, con tutte le difficoltà che essa comporta, nelle piccole quotidianità”. Non interessa alla band concentrarsi su aspetti filosofici. Non si sentono latori di un messaggio più complesso perché vogliono parlare di quello che vedono concretamente e che possono dire con parole quanto più semplici possibili.
E’ una scelta sentita. Si passa poi al loro “viaggio tra diversi mondi. Spesso e volentieri si è un po’ troppo esterofili, per scelta, per gusti o, un po’ troppo spesso, anche per l’alibi di dire che l’erba del vicino è sempre più verde e che all’estero funzioni tutto meglio che in Italia. In parte, effettivamente funziona meglio. In parte, no. Le difficoltà sono tangibili, il lavoro manca anche a Londra e non è facile integrarsi. Tutto questo loro non lo nascondono, anzi. Lo mettono in musica. Trasmettono quello che vivono, senza ulteriori filosofie. “Non è stato un percorso facile ma è sicuramente stato un percorso familiare - continua Andrej Surace – perché la nostra casa in UK fungeva da
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vero e proprio quartiere generale. Si viveva e si componeva quello che la vita via via ci metteva davanti” . Le difficoltà di vivere all’estero e crescere un figlio al di fuori da un contesto coccolato. “Durante un live in Toscana, il riscontro di una ragazza che mi diceva di ritrovarsi appieno nelle lyrics dedicate a mio figlio è stato tra i più grandi apprezzamenti che potevo ricevere come artista. Perché vuol dire che il messaggio è arrivato direttamente al cuore. Non cerchiamo artifizi vari, siamo per il sentimento diretto, che arrivi e che parli al cuore del nostro pubblico” . “Noi ci facciamo vedere nella nostra completezza – continua Carlo Nicolucci - non ci nascondiamo dietro schemi, presentiamo la nostra vita. E la
INTERVISTA
vogliamo condividere. Condividiamo le nostre esperienze, sul palco e di vita“ . Il tema della condivisione di intenti è tra i protagonisti del “messaggio eretico”. Ecco appunto l’altra eresia. In un mondo, quello del metal, in cui ci sono troppi cliché e troppi incastonamenti, loro abbracciano più sentimenti. Il sogno eretico va oltre. Riesce ad inglobare una pluralità di intenti, nel nome dell’Arte e della Musica. La scena musicale italiana e straniera, le possibilità di suonare fuori così come in patria natìa, del supporto caloroso del pubblico londinese che però è più settoriale e del supporto del pubblico di casa che a volte però esce troppo poco per i live. “In UK si suona, per carità, anche ogni sera – afferma la Di Ventura - il problema è il ritorno economico. Che è ancora inferiore di quello italiano. Tu puoi suonare, perché ti mettono a disposizione gli spazi. Ma lo fai per l’arte!” . “Il pubblico inglese si fa sentire – aggiunge Surace – e ti sostiene. Ma solo se rientri in quel genere che
vanno a vedere e che vogliono ascoltare”. Il sentiero che percorrono gli Heretic’s Dream è un sentiero su cui, via via, si sono aggiunti più nomi, non solo facenti parte della famiglia eretica, ma anche da altre band E’ così che, proprio grazie ad Outcast, il videoclip ufficiale della band tratto dal nuovo lavoro, il riscontro non si fa attendere: da tutta Italia intervengono musicisti e artisti per contribuire alla messa in atto del videoclip. “E’ stata una bellissima esperienza – sottolinea ancora la musicista – vedere che si è potuta creare una stupenda atmosfera di collaborazione e il risultato lo dimostra!”. Il riscontro c’è. Immediato, intanto. I ragazzi sorridono, a metà tra il timido e il soddisfatto, nonostante la stanchezza che inizia a farsi sentire. Da Londra a Roma, da Roma a Milano, per tornare a Roma e quindi ripartire per Londra. Una band che non ha paura di trasferte all’ultimo minuto. Una band che viaggia tra UK, Italia e Repubblica Ceca e che
pian piano si sta conquistando il favore e la simpatia di sempre più gente. Pubblico formato da persone comuni, da manager d’impresa londinesi, da musicisti (italiani e stranieri), ma anche da tutti coloro che inizialmente avevano guardato con preoccupazione all’eresia di rischiare il tutto e per tutto per la musica. Perché siamo sempre nella bella Italia, dove per esser musicista devi esser professionale nella musica ma professionista in altro ambito. E nessuno di loro ha mai storto il naso al riguardo. Francesca Di Ventura, ad esempio, è un ingegnere. Quando ha iniziato lei, gli ingegneri donna nell’ambito delle TLC si contavano sulle dita di una mano. Un ingegnere che non ha avuto paura di darsi in toto alla Musica. C’è quindi un dualismo persistente, che si riflette anche nei suoi testi. Da un lato la razionalità, dall’altro l’istinto. Quell’eterno motore che permette di fare grandi cose. Anche di viaggiare in due giorni per due Nazioni e fermarsi in tre città. E poi addormentar-
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si col sorriso perché all’altro capo del telefono c’è un bambino che si addormenta al suono di una ninna nanna metal, cantata e suonata dalla mamma e dal papà. “Questa è la mia più grande vittoria!”, sorride la vocalist. Questa sicuramente è la più grande vittoria di Francesca Di Ventura come donna e come mamma. Ma tante altre vittorie sembrano preannunciarsi all’orizzonte di un sogno eretico, che, alla fine, eretico non è. E se lo è, lo è solo per chi non è in grado di leggere il sogno e percorrere sentieri tra sinestesie e sentimenti che puntano dritte al cuore. Un’altra alba saluta il sogno eretico. Un altro cammino tra i sentieri della passione. Passione che non può rimanere intrappolata ma deve essere liberata tra pentagrammi e sinestesie musicali, in una miscela esplosiva di generi e sinfonie e che accompagna il percorso di un gruppo di persone, di musicisti, di compagni di vita. Questi sono gli Heretic’s Dream.
Fabiana Testa
I consigli e le lezioni della Maestra di chitarra Come affrontare lo studio di nuovo materiale… Oggi parlerò di come affrontare lo studio di un brano, solo e/o frammento di qualsivoglia nuovo materiale musicale che ci capiti “a tiro”. L’apprendimento e la memorizzazione di un brano che ci è sconosciuto può essere complicato se non si affronta con metodo; quindi oggi vorrei darvi una sorta di “scaletta” da seguire per tutte le volte che vi ritroverete ad imparare nuova musica, specialmente per quelle volte in cui incapperete in fraseggi e passaggi più complessi. Ovviamente affronterò l’argomento da un punto di vista chitarristico, ma il procedimento può essere applicato anche da musicisti di altri strumenti. Una delle prime cose che cerco di far capire a tutti i miei studenti è che il processo di apprendimento sulla chitarra (e in tutti gli altri strumenti) passa attraverso 3 punti fondamentali: 1. Apprendimento: ossia classificare, in maniera precisa, il nuovo “pezzetto” d’informazione musicale che abbiamo sotto gli occhi. In altre parole, dobbiamo porci la domanda “Cosa sto suonando?” 2. Ripetizione: una volta capita la frase, o la sequenza di accordi, dobbiamo letteralmente allenarci per eseguirla al meglio delle nostre capacità tecniche (motorie). 3.
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plicazione: essere in grado di usare l’informazione (il fraseggio o il giro armonico) acquisita in altri contesti ed essere in grado di modificarla a seconda degli stessi. L’Apprendimento passa attraverso la visualizzazione senza strumento della frase stessa; ossia fare lo sforzo di esercitarsi soltanto mentalmente a “programmare” i movimenti delle mani che andranno ad eseguire il nuovo materiale. Ecco una breve lista di ulteriori passi da seguire: Mettete a fuoco la parte nuova da imparare; Cercate di scomporla mentalmente in piccole parti (es.: se la frase è di 4 misure, prendete i primi due quarti della prima misura e cominciate da lì); Datevi un “limite di tempo” per ragionare e pensare la nuova parte (30 secondi o di più, a seconda della lunghezza e della difficoltà della parte); Solo con la mano sinistra iniziate a
programmare il movimento che dovrà fare la stessa (esercitatevi nella diteggiatura senza suonare con la destra). Fate questo nella maniera più precisa possibile in modo da non commettere errori che poi vi portereste dietro nell’esecuzione vera e propria della parte. Idealmente la lunghezza della frase ed il “limite di tempo” per apprenderla mentalmente dovrebbero essere proporzionati. Dopodiché sarà l’esperienza a decidere di quanto tempo avrete bisogno per imparare nuove cose. Una volta che il limite di tempo si è esaurito e solo allora, suonate la parte lentamente ed in maniera perfetta col metronomo; Passate poi alla frase successiva usando lo stesso procedimento, aggiungendovi poi quella precedente e così via… Una volta imparato il nuovo materiale usando questo procedimento possiamo passare alla Ripetizione ed infine all’Applicazione. La fase di Apprendimento è ovviamente quella più importante, in quanto la comprensione a livello puramente mentale, prima ancora che meccanico, del nuovo materiale è il solo modo per sfruttare al meglio la fase di Ripetizione. Quest’ultima è soltanto il consolidamento dell’Apprendimento, mentre l’Applicazione è il saper sfruttare il nuovo materiale appreso in situazioni diverse (quante volte magari un lick può tornarvi utile solo modificandolo ritmicamente? E questo è solo un esempio…). In conclusione, il metodo di apprendimento non andrebbe mai sottovalutato né relegato alla sola memorizzazione meccanica; inoltre può essere applicato sia per brevi frasi che per intere sezioni di brani (favorendone una più veloce memorizzazione). Se avete dubbi o domande contattatemi qui o sulla mia pagina Facebook
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TEMPI-DISPARI TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI NOVARA CON NUMERO Dec pre 15/2000 DIRETTORE RESPONSABILE: CARMINE RUBICCO CAPOREDATTORE ANTONELLA TOCCA CONTATTI WWW.TEMPI-DISPARI.COM
EDITORIAL Dear English speaking friends, Months passing by in a blastbeat, and it’s four of them already. Articles are piling up fastly in TempiDispari, both web and monthly magazine. So fastly that it is time to write February issue, already, but let’s introduce this issue first: December/January. Some people left and some people arrived such as Alberto Carmine, former reporter with us and now working with the booking agency House of Ashes, or Ronnie Abeille, singer with Dancing Crap and successful diarist from London with Tempi-Dispari. Many interviews are here, and more are to come on Tempi-Dispari, and comics, and pics, but let’s not forget Peter Tucker talking about his former Morbid Angel Ife, and mainstream international artists and bands preparing their summer festival gigs in Italy and abroad. Again, a brand new section called ReviewLution is dedicated to reviewing and interviewing young bands, What else? Let’s read this issue and start waiting for the next. The best is yet to come with TempiDispari magazine. Have a nice up tempo with us. Carmine Rubicco
INDEX
Axel Rudy Pell - Interwiev.................................................................................................pagina 25 Steve Tucker.- Interwiev.........................................................................................................pagina 26 Blitz Kids - Interwiev.........................................................................................................pagina 27 The Socks............................................................................................................................pagina 28 Alterbeast............................................................................................................................pagina 29
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Axel Rudy Pell
The wizard of Bochum The wizard of Bochum “Into the storm” with Axel Rudi Pell “The German Guitar Wizard” is his nickname. Axel Rudi Pell has got a lively voice on the phone, proud of his past, impatient to start talking about his present, energetic and optimist about his future.
Can you remember the first time you held a guitar? I was 11. Watching the bigs in their music videos, like Ritchie Blackmore, crashing their guitars on stage during their live shows totally caught in the fire of music, I said to myself ‘these are my heroes, I want to be a rock star!’ Your debut with Steeler lasted 4 years and 4 albums. Why did you leave and start a new band with your name? Steeler were not my debut, but indeed the first professional band I was in. In 1988, after only 4 years, we were not able to define a common direction: everybody wanted to follow his own path, the harmony was fading. They went on playing for few months after I left, they they split. I just started a band where to be myself and play freely the music I had inside. Bobby Rondinelli is the new drummer. Why did you choose him and how is your current relationship with Mike Terrana? Mike is an awesome drummer but has got too many commitments. I was looking for someone available for touring too, not only for studio time. We talked and eventually realised it would have been better for both to part at this stage. But we still keep in touch with the usual mutual respect and esteem. With Bobby everything happened so fast: I already had the chance to appreciate him within Rainbow and Black Sabbath. He wanted to listen to our material, I sent it to him and he liked it a lot. It was love at first sight. The cover of your new album leads one to think about a tormented journey but with the glimmer of a lighting new world on the horizon. “Into the storm” is the continuation of the previews album (“Circle of the Oath”), and it tells the adventures of a young guy around the world, in a mystic key. Lyrics are mine. Why did you move from Marshall to Engl? I have been always using Marshall during my carreer till I met
bands with an amazing sound and they were not using Marshall. I moved to Peavy and finally to Engl, and I am now very proud of my sound, even though we always look for perfection which never comes. 12 albums with Axel Rudi Pell: how and when the light of composing switches on and which is the link with the past? I never stop composing, I write riffs anywhere and anytime, often I wake up with a riff that has been running through my mind all night, some of them wander inside my soul for years, to appear, disappear and emerge again. The link with the past is often the plot. How can idols be an inspiration without indulging into the temptation of imitating? Idols influence our sound but they must give way to our personality at a certain stage. In my case, Rainbow were my initial reference but I soon evolved into my personal music direction. Which kind of music do you listen to when you drive? Definitely the radio. I never listen to my own music, and if I enter a club where, after having recognised me, the dj puts one of my tracks on, I leave. I can’t bear listening to my music if I am not playing it (he laughs). Radio is a good source of inspiration and I like even some kind of pop. What has not been yet said in music? Nothing. Music has reached saturation. Besides, the notes are 12 unless somebody discovers new ones in the meantime (he laughs). The track listening to which you said to yourself “I wish I could write it” Stargate, by Rainbow. Is there a date you are most looking forward to within the 2014 tour? Why there is no date planned in Italy? Our manager always tries to get a date in Italy but he never manages to get a deal good enough. What a shame. Being on stage is always an extraordinary experience to me, always and anywhere. And with Axel it’s just a temporary goodbye with Tempi – Dispari, till the date in February at the Garage in London.
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The future? The Apocalypse! Steve Tucker: in perfect balance between past and present, and for the future? The Apocalypse! For some of us, past will never be archived, remaining as an appendix to present for the rest of our life. This happens to most of musicians who have been members for a long time of a very popular and much acclaimed band, and who, despite the valuable effort put in further projects, can’t shake off the shadow of the glorious past. Steve Tucker has been Morbid Angel frontman (bass and vocals) for 6 years (1997-2001, 2003-2004). Morbid Angel: the death metal band achieving the third place for sales in the United States, having released the best-selling album at the beginning of the Soundscan area (Covenant, more than 150,000 copies). Steve has a new band now, the Warfather, with a new album to be released on Tuesday 21st January in Nord and South America (24th February in Europe). Orchestrating the Apocalypse is quite a catchy title, and evocative of Steve’s pessimistic vision of modern society. But Steve has got very lively, sparkling eyes, and a dog showing from time to time in front of the Skype camera. Steve is a musical talent and a very smart guy: once realized the impossibility to get rid of the shining ghost of his past, he learned how to turn it into an element of strength, to recognize its value on both human and artistic level, and to embrace it as part of his path. Are you having the time of your life? Are
you missing something? With Morbid Angel I was always touring, earning a lot of money. Today my life is making music and having fun, it is sharing moments with friends (all metal guys, at various levels), and money is less than in the past (at least for now!). I am happy of what I am doing. How much do you think your past within Morbid Angel influences your musical choices? From sound choices to those more ‘business oriented’, like relationship with the press? The experience with Morbid Angel has taught me a lot, I will always be grateful to life for what all those years with them have given to me. People will always compare what I do with Morbid Angel. I understand it tough I value Warfather production beyond any comparison. What is your current relationship with Morbid Angel elements? Pete (Sandoval, Morbid Angel drummer from 1998 to 2010) is a great friend of mine. We are like brothers. We support each other and will always do. You often stated he is the best living drummer in your opinion. I just say nobody sounds like him. He is unique. It is not to me to judge if he is the best drummer, but certainly nobody sounds like him. How did the choice to go from bass to guitar come? I have been playing guitar since I was 5. Guitar has been always my instrument. Morbid Angel were looking for a bassi-
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st so I adapted. But guitar is the natural means of expression to me. I own an ESP but I have never been able to fall in love with it. I also own 4 Schecter guitars (that he proudly shows pointing the camera at the wall behind him) with which I recorded all solos of the album. However, my intention is to have a handmade baritone guitar. Which is your greatest satisfaction about Warfather? The new album, oh boy, it sounds so great! I love it. I really feel it is an evolution for me. Besides, with Warfather we just started (he smiles). Cannibal Corpse, Nile, Deicide, these are the only bands playing proper pure death metal nowadays, all the others being contaminated by other genres. Do you agree? Pure death metal to me is Vader. They are THE real death metal. Most bands started with heavy metal, turned into speed metal and eventually into death metal. Some latest productions, I really can’t understand what it is. Why do you wish to “orchestrate the Apocalypse”? The world is sick. I am so disgusted by politics, by selfishness and materialism. Majority of people in this world are disgusting (he smiles). Does music come before melody and lyrics or vice versa? There is no scheme. Sometimes a riff comes to my mind and a track starts from it, sometimes I start from the lyrics, someti-
mes I wake up and the all song is inside me. Do you think music is still an effective means of communication, a way to spread a message? Oh yes, definitely. It has always been and always will be. Music is a necessity to me, something I feel I need to do. The all world can fall down but music will always find a way to be. Is there a song you hum in the shower? What do you listen to when you want to chill out? I listen to Katatonia. Maybe not the music I would play but my mind disappears, all thoughts are gone. In the shower I would probably hum a Warfather song. Which would be your job in a parallel world? I would be a Viking.
Where is the stage of your dream? In Russia. I so would like to go playing there. It may be fatal to me at this stage but I would go anyway (he laughs). Are you planning any date in Italy for your tour? I totally think so! Milan has been always very kind to us. I also would like to check if what they say about Venice is true: that it’s an amazing town as well as a warm crowd. Time to dedicate to his beautiful dog that is showing remonstrations with Steve for not being the centre of his attention for all this time. Time to say good bye to Tempi Dispari readers:” Listen to Warfather, 100% pure death metal, guarantee!”
Blitz Kids, exclusive interview with Joe James about next album, The Good Youth
Word by Ilaria Degl’Innocenti Blitz Kids’ singer, Joe James reveals details about their second album, The Good Youth, next 20th of January 2014 with Red Bull Records. They were formed in 2006 by Joe James, Jono Yates, Nic Montgomery, Billy Evanson and Eddie Hawx. Their original name was Rig Up Explosive, only in 2009 they changed their name into Blitz Kids. The band was formed in Nantwich, Cheshire, England. They have been changed two members, Billy Evanson and Eddie Hawx who were forced to leave the band due to the beginning of their new personal career. They were replaced with Nic Montgomery (bass) and Matt Freerer (drums). Their album has been announced 8th of November 2013, when the pre-order started on their official website. From 25th November The Good Youth is available on Amazon and iTunes. In an exclusive interview Joe James speaks about Blitz Kids’ world and other details with Tempi Dispari . Thanks for your time with Tempi Dispari magazine. It’s a new project, called ”The Good Youth”. It represents an evolution from Vagrants and Vagabonds. Joe James:<<Yes, It’s our second album
and it represents our second official release. We had first an album called Scavangers and two Ep, Decisions and Never Die. Basically The Good Youth is an evolution in our music. We needed three years before this project came out. The evolution in your music has concerned by a different sound from the other album, because we made experiences during these last three years, as musicians and as individuals. We also changed Record Label. We’ll issue with Red Bull Records>>. So, it’s a new beginning into the music world, as well. Joe James:<<Yes, absolutely>>. Lyrics are an underground world, just from the beginning. What will your direction be, for your next album, The Good Youth? Joe James: << It depends. I do the lyrics. We tried a new approach to the seat of our work. This time, first, I write what I feel and then I give to Jono my words to compose the music, as well>>. There are many different stories. Are they all true? Joe James:<<Basically the lyrics are based on true stories, because they come from experiences and true life we’ve been living as individuals>>. We’re living now in a post globalization
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era. Internet has changed the way to promote music. You use internet to promote The Good Youth. Joe James:<<Yes. Internet has given us the opportunity to promote our music, because our fans share on facebook, twitter and youtube our music and our video. Web allows us to reach a lot of people and to promote our album in a best way. Internet helps music, because now it’s easier than before promoting it. This album will be distributed in every country in Europe>>. What could you tell us about next gigs and tour? Joe James:<<We’ll hold soon some gigs around England for a release tour of The Good Youth. We hope we’ll reach also Italy>>. Did you decide your european dates? Joe James:<<No, no,no. We’ve not decided it yet. We ‘ll just hold some gigs around England for the album release and then, hopefully some dates across europe>>. Could you leave a message for your italian fans? Joe James:<<Yeah. Keep on following us on our facebook page, where we’ll be annoncing soon all the news about our next album, The Good Youth. You’ll find also our tour dates! >>.
THE SOCKS
French Psychedelic Fuzz Rockers To Release Debut Full-Length Via Small Stone French psychedelic fuzz rockers, THE SOCKS, recently joined the Small Stone Recordings family for the release of their selftitled debut full-length! Slated to drop this Spring, The Socks was recorded and mixed by Raphaël Cartellier at Studio Cartellier, France, mastered by Christopher Goosman (Early Man, Sasquatch, Dixie Witch, Solace et al) at Baseline Studio in Ann Arbor, Michigan and features nine tracks of road-tripping goodness where thick, glassy-eyed, jams swell into kaleidoscopic riff torrents, gristly vocal serenades and magnetic grooves. Elaborates THE SOCKS in a collective statement, “The sound and identity of the band have been shaped through the years to become this psychedelic hard rock, meant to be played live. We’ve recorded all together in a room with analog tapes to focus on the energy and to make it sound real and raw. Now it’s time to take it with us on the road and share it with everyone!” The Socks will be released via Small Stone Recordings on March 18, 2014. Further info, including preorder links, to be unveiled in the coming weeks. In the meantime, check out THE SOCKS’ video for second track “Some Kind Of Sorcery” at THIS LOCATION . The Socks Track Listing: 1. Lords Of Illusion 2. Some Kind Of Sorcery 3. Next To The Light 4. New Kings 5. Holy Sons 6. Electric War 7. Gypsy Lady 8. We Live 9. The Last Dragon
Some bands simply sound like they were born to do it, and listening to the classic heavy rock groove of THE SOCKS, there can be no doubt it’s what they’re made for. They’re naturals. The duel-guitar French foursome formed in Lyon in 2009 and began surprising audiences almost immediately, eventually settling down to pump out their debut EP the following year. 2010’s Side A offered up five well concentrated songs from a band still finding themselves. Inspired by the teachings of Sabbath and Zeppelin, THE SOCKS supported the release by playing with an array of national and international acts, boasting intensely energetic gigs while continuing to develop their style. The next two years drove the band to write darker, heavier, songs that were more calculating and less frenetic. The resulting 2012 EP, Bedrock spouted a pseudo psychedelic, neogrunge moodiness that proved captivating upon first listen. The Soda Shop dubbed it “some pretty epic fucking stoner rock,” while Church Of The Riff opined, “The entire EP shows that THE SOCKS know how to write damn good songs. Everything sounds fleshed out and exciting, without ever getting repetitive or redundant...The riffs, vocal harmonies, tasteful solos and keyboard work show a band that knows exactly what they are doing.” The record eventually caught the ears of Small Stone Recordings. During the Fall of 2012, THE SOCKS completed their first European tour. Drawing on experience garnered from festivals and gigs alongside Karma To Burn, Red Fang, Truckfighters, Horisont, Mars Red Sky, Black Rainbows and many others with whom they share various elements while still maintaining a personality all their own, they were instant crowd pleasers. As the band continues to thrust themselves into Europe’s next generation of heavy rock ‘n’ roll beside acts like Abrahma, Deville, Asteroid, Isaak, Black Rainbows and Mother of God, Small Stone is pleased to bring their debut full-length to the masses this March.
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ALTERBEAST
Technical Death Metal Militia To Release Debut Full-Length Via Unique Leader This March Sacramento technical death metal militia, ALTERBEAST, is pleased to unleash their full-length debut via Unique Leader this Spring! Titled Immortal, the eight track monster offering was meticulously assembled in several locals throughout 2013. With guitars and bass recorded at Augmented Audio in Los Angeles with former The Black Dahlia Murder bassist Ryan “Bart” Williams, vocals arranged at Mayhemeness Studios in Sacramento by Bob Swanson (Rings Of Saturn, Plague Window et al) and drums tracked at Castle Ultimate Studios with Zack Ohren (Light This City, All Shall Perish, First Blood, Cattle Decapitation, Warbringer et al), who also mixed and mastered the release, Immortal promises to deliver some of the most dynamic, instrumentally adept and plainly crushing material of the year. Elaborates vocalist Cam Rogers of the outcome: “Immortal is what was spawned from hard work, dedication, and downright brutal musicianship. It has intricate solos, absolutely crushing interludes and brutal circle-pit anthems. ALTERBEAST sets the scene with grievous piano preceding the onset of ‘Flesh Bound Text’ which comes in with blistering drums and guitars effortlessly making their way around the fret board. Every piece truly has its own personality on this record, whether it’s the apocalyptic soundscapes of ‘Ancient’s Retribution,’ the devastating aggression of ‘Vile Remnants’ or the unmerciful grooves in ‘Throne of Maggots.’ This album has something for every listener and comes together seamlessly to form as a breathtaking whole. Immortal is exactly what we intended it to be: a gripping and intense death metal album.” Liquefy your brain with the sounds of opening track “Flesh Bound Text” at THIS LOCATION. Immortal Track Listing: 1. Flesh Bound Text 2. Of Decimus Divine 3. Vile Remnants
4. Ancient’s Retribution 5. Mutilated Marvel 6. Into Oblivion 7. Serpentspire 8. Throne of Maggots Formed in 2011 under the working title Gary Busey Amber Alert (GBAA), ALTERBEAST combines the teachings of The Black Dahlia Murder, Necrophagist and Spawn Of Possession with the classic death metal mastery of band’s like Dissection and Morbid Angel into an irate expulsion of sonic deviance. After a year of dedicated songcrafting, ALTERBEAST unleashed their first demo in 2012 and officially waged war on the populace with numerous shows opening for Deicide, Dying Fetus, Testament, Revocation, Exhumed, Severed Savior and many others. Their crushing live assaults combined with a DIY ethos quickly earned them a revered place within the local death metal community.
Immortal will rear its head upon the masses on March 18, 2014 via Unique Leader. Further intel, including preorder links, to be announced in the coming days. ALTERBEAST Personnel: Cam Rogers - Vocals Rusty Cornell - Guitar Andrew Lamb - Guitar Michael Zamora - Bass Gabe Seeber (The Kennedy Veil, Decrepit Birth, Abysmal Dawn et al) - Drums
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SKELETONWITCH
To Release Limited Edition Serpents Unleashed LP - Proceeds To Aid Animal Shelters In Band’s Home State; Tour With Amon Amarth Begins Friday SKELETONWITCH will release a hand-screened, 180gram limited vinyl edition of their acclaimed, Billboardcharting 2013 release, Serpents Unleashed, of which 100% of the proceeds will be donated to two animal shelters in the band’s home state of Ohio -The Athens County Humane Society and Columbus’ Pets Without Parents. The members of Ohio’s most-loved heavy metal group have always been proud pet owners and are excited to raise awareness and support for two no-kill organizations in their region. Limited to a one-time-only pressing of 100 copies, the black LP includes a hand-screened, hand-numbered jacket with exclusive artwork and a hand-screened dust sleeve. It comes with a color poster and a sticker showcasing the album’s original masterful artwork by John Baizley (Baroness, Kylesa, Kvelertak), as well as a download card. Mark your calendars, as the limited-edition LPs will go on sale on a first-come, first-serve basis exclusively via http://www.skeletonwitch.com on Monday, January 20th at 1:00pm EST. Praised for being their most potent album to date, Serpents Unleashed appeared on countless year-end “best-of ” lists (Decibel, Metal Injection, etc.) due to its “relentlessly intense, in-yourface brutality” (Metal Assault). After touring North America extensively in the fall with The Black Dahlia Murder in addition to performing a select number of shows alongside Ghost B.C., SKELETONWITCH will continue to support the release, joining Amon Amarth and Enslaved on a US run that starts this Friday in Las Vegas. Soon after, the group will make their way to Australia for the first time to tour alongside Toxic Holocaust. The band’s complete tour schedule can be found below. SKELETONWITCH w/ Amon Amarth, Enslaved 1/17/2014 House of Blues - Las Vegas, NV 1/18/2014 Club Red - Phoenix, AZ 1/20/2014 Backstage Live - San Antonio, TX 1/21/2014 House of Blues - Dallas, TX
1/22/2014 House of Blues - Houston, TX 1/23/2014 Siberia - New Orleans, LA * 1/24/2014 Center Stage - Atlanta, GA 1/25/2014 The Ritz - Tampa, FL 1/26/2014 Revolution - Ft. Lauderdale, FL 1/27/2014 Atticus Bar - Jacksonville, FL * 1/28/2014 The Jinx - Savannah, GA * 1/29/2014 The Fillmore - Charlotte, NC 1/30/2014 NorVA - Norfolk, VA 1/31/2014 The Fillmore - Silver Springs, MD 2/01/2014 House of Blues - Boston, MA 2/03/2014 TLA - Philadelphia, PA 2/04/2014 Irving Plaza - New York, NY 2/05/2014 The Paramount - Huntington, NY 2/07/2014 House of Blues - Chicago, IL 2/08/2014 Mill City Nights - Minneapolis, MN 2/09/2014 Grenada Theatre - Lawrence, KS 2/11/2014 Summit Theatre - Denver, CO 2/12/2014 Murray Theater - Salt Lake City, UT 2/14/2014 The Regency - San Francisco, CA 2/15/2014 Wiltern - Los Angeles, CA w/ Amon Amarth 2/16/2014 House of Blues - San Diego, CA w/ Toxic Holocaust 4/16/2014The Kings Arms - Auckland, NZ 4/17/2014 Bodega Bar - Wellington, NZ 4/18/2014 The Rosemont Hotel - Perth, AU 4/19/2014 Fowlers Live - Adelaide, AU 4/20/2014 Espy Gershwin Room - Melbourne, AU 4/21/2014 TBD - Byron Bay, AU 4/22/2014 The Basement - Canberra, AU 4/24/2014 The Hi Fi - Brisbane, AU 4/25/2014 Cambridge Hotel - Newcastle, AU 4/26/2014 The Hi Fi - Sydney, AU 4/27/2014 The Hi Fi - Melbourne, AU *SKELETONWITCH only
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LIVE REPORT
Prophilax, il Dante “ultras”
Per una notte l’Orion è diventato il girone dei blasfemi
Testo a cura di Antonella Tocca – Foto di Carmine Rubicco Atmosfera a metà tra girone dantesco e curva sud dell’olimpico durante il derby per la serata dei Prophilax all’Orion il 21 dicembre. Un nome una garanzia per il famoso gruppo romano che da decenni é simbolo di un genere sui generis. Ed una salva di turpiloquio a sfondo religioso orchestrato da una efficiente claque é infatti il saluto con cui il fan club accoglie il suo gruppo in un Orion strapieno e festante su cui galleggia di mano in mano una bambola gonfiabile. L’ingresso dei quattro alle 23 mantiene le promesse. Giacca animalier e panta in pelle da rockstar per Ludovico “Sbohr” Piccinini, chitarra, e look total black per Fabio “Ceppaflex” Pinci, il vocalist, e Giorgio “Zebuleb” Clementelli, basso. Dietro le pelli al suo esordio con la band il giovanissimo Dimitri Iraway, noto sulla scena romana anche per l’appartenenza ad uno straordinario gruppo emergente di cui é il ritmo in tempi dispari. I tempi stasera invece sono più che dritti, scheletro di un sound magistralmente arrangiato ed eseguito, festoso, ricco di assoli thrash melodici, in cui i testi ironici, veri, colmi di espressioni idioma-
tiche italiane e romanesche sono cantati a memoria dal pubblico e sono il fiore all’occhiello ed il motivo per cui la band é così apprezzata e seguita da decenni. E un finto Babbo Natale con una vera maschera da faccia di c…o, una finta prostituta, presentata come Madame Lonkù, che sale sul palco e canta con voce da soprano, una coppia di finti suora e prete che si picchiano, finti trans che compongono un circo spettacolare, motteggi e battute a botta e risposta col pubblico, ed il vero emerge nella risposta entusiasta e nel concreto affetto dell’audience che riempie l’Orion. I Prophilax continuano ad essere una garanzia di vero spettacolo e divertimento, con un prezzo più che equo per quel che sanno dare al loro pubblico. Ecco i pezzi eseguiti come trascritti fedelmente dalla scaletta on stage: Analitá, Mandami in radio + Silicoione, Pornografia, Traves, Raptus anale, Abbasta che respireno, Clerottura de…, Vivo col gay, Paghi due, Jingle cazz, Don mignotte, Hanno ucciso l’asinello, Ti ano, Big bamboo, Fateme pija a patente, Re Arcú, Atac di merda, Ceppa Secca, Marrazzo col trans, Dora in poi si chiaverá, Me prude er culo, Fotturion, Stamo ancora qua + Dora daccela ancora
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“Zattera della Medusa” salveranno la musica traghettandola oltre la banalità odierna? Intervista raccolta da Marisa Raucci Dopo aver ascoltato diverse volte il vostro EP dal titolo alquanto esotico “Profezie e Simboli” sono rimasta colpita dal vostro set strumentale davvero minimalista. In genere quando i gruppi entrano in studio tendono ad arricchire con sovraincisioni e strumentisti “in affitto”, voi soltanto in tre fate davvero un bel lavoro. Sarei curiosa di conoscere la dotazione strumentale di ognuno di voi. Ad esempio: come fa Dario ad ottenere quel buzz così marcato sulla chitarra acustica? La grancassa di Edoardo era parcheggiata in doppia fila e l’hanno rimossa? Marco ha contattato un medium per farsi dare lezioni di canto da Demetrio Stratos? Come prima cosa, vorrei ringraziarti, perché dalle tue domande è evidente che tu abbia percepito molti aspetti del nostro “fare musica”, e questo ci fa molto piacere. Sembrerebbe che ti abbia colpito lo scarno l’approccio di arrangiamenti sulla produzione dell’Ep, questa è stata per noi una scelta. Volevamo rendere l’idea di un live eseguito correttamente, questo per non illudere troppo l’ascoltatore e per far valorizzare le nostre vere performance, arricchite di notevoli sketch sul palco basati sulla nostra auto-ironia. Le chitarre di Dario Tortello sono le fondamenta sonore improntate ad accompagnare sempre i racconti di Marco, abbiamo cercato rendere sensazioni differenti sul missaggio a seconda del brano eseguito, Profezie e simboli doveva suonare sicuramente con un tono più “marcio e aggressivo” rispetto all’ EP “piùtrentasette”, e ti garantisco che è molto più semplice rendere aggressiva una chitarra elettrica che una acustica. Da questo lavoro abbiamo imparato molti aspetti dei nostri suoni e sicuramente è un punto di partenza sul lavoro per il nostro primo Album… Per le voci strane... Amiamo Demetrio, ma abbiamo imparato a fare solo la tecnica degli armonici. Sulla canzone “Il massone di Vietri” Marco aveva deciso di far cantare la parte finale a Dario che aveva la febbre a 37 con una voce da oltretomba, tutta spappolata…non poteva esserci di meglio per fare la voce di un defunto. Complimenti, l’effetto è davvero riuscito
e gradito soprattutto se si stanno svolgendo attività non intellettuali. Tipo camminare in strada. Infatti, avendo letto della vostra permanenza a Berlino mi verrebbe spontaneo chiedere: con lo stesso leggero bagaglio di strumenti avete mica collaudato il vostro sound suonando agli angoli delle strade? La strada è un elemento fondamentale per la nostra ispirazione artistica ma più percepita come elemento del Viaggio. Spesso si è invasi dalla voglia di fuggire oppressi dalla monotonia dei giorni che passano, dalle nostre storie si ha un chiaro invito a non lasciar morire questo desiderio, ma suggeriamo di sfruttarlo, insieme alle nuove conoscenze acquisite, per migliorare il proprio paese natio. Il nome scelto per la formazione: la Zattera della Medusa, oltre al fatto che sia un capolavoro del romantico francese Gericault cos’altro si può aggiungere? La Zattera della Medusa è uno dei nostri quadri preferiti sia per la storia che per la sua bellezza. Il quadro è un po’ il riassunto stesso di quello che facciamo, raccontiamo di viaggi ma anche di false speranze. I nostri testi sono frutto di riflessioni personali sulla vita degli uomini, testi di critica sociale, in fondo non è quello che ha voluto trasmettere Gericault? Fare scalpore con qualche cosa di mai visto e denunciare la politica Francese degli inizi del 1800? Lo stile che avete sviluppato potrebbe a mio avviso rifarsi al progressive italiano degli anni 70 con dei limiti espressivi dovuti alla “ristrettezza numerica” della band . Vi andrebbe di raccontarci le vostre influenze musicali? Hai centrato in piano il bersaglio, Area, Pink Floyd, Banco del mutuo soccorso, PFM ma anche molti gruppi metal. Siamo sempre stati ricondotti alla scena progressive pur non avendo le capacità tecniche per farlo, sicuramente quello che ci rende vicini a questo mondo è l’approccio, ponderato di quello che facciamo e testi ricercati. La complessità esecutiva e la stilistica sofisticata dei testi sono mica un’operazione di marketing per invogliare all’acquisto del cd e trovarli stampati? Ti diremo la verità, se volessimo fare questo avremmo dovuto tenere una dialet-
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tica più basica, non siamo dei dottori ne tanto meno dei laureandi, le parole usate non sono complesse, ma pare che non sia musica capibile a tutti, anche nella scena alternative le persone non hanno molta voglia di applicarsi. La canzone dovrebbe essere un veicolo per poi appartarsi a riflettere… perché no sotto le stelle Scherzavo, ovviamente, collaborate insieme per la stesura dei testi? Come nasce una vostra canzone: testo/musica o musica/testo? Spero che la vostra risposta renda giustizia alla banalità della mia domanda. Solitamente è Marco che ha più dimestichezza nella gestione della metrica e nel far uscire i concetti in parole, Dario è pignolo, e spesso corregge degli errori grammaticali o si lamenta del suono di alcune parole. Ho sentito cosa suonate ma non ho chiesto cosa leggete. Non leggiamo niente. Una ragazza una volta ci ha detto che se non si legge non si ha niente da dire, io penso che se non ci si ferma a riflettere si può leggere tutti i giornali e romanzi che ci pare. Non avendo letto ma conoscendo un po’ di letteratura puoi trovare la zattera in Siddhartha, The road, il gabbiano jonathan livingston, into the wild… Profezie e Simboli, parliamone. E’ un frammento preso dalle strofe del “Massone di Vietri” “tre soli e tre lune in una bara a pensare alle sua esistenza e alle loro parole, all’apertura profezie e simboli sarebbe riuscito a codificare”. Siamo fanatici della simbologia e dei messaggi subliminali nei quadri e nelle sculture. Concerti in programma? Abbiamo un mini tour in programmazione per i primi mesi del 2014, Controsenso (PO) – Fabbrica delle Ossa (PT) – Club sbando (PT) – Bachelite (MI) Sono curiosa di conoscere il vostro prossimo lavoro. Ne state già parlando? Stiamo già scrivendo nuove canzoni, abbiamo in mente di fare un lavoro molto più ricercato, che segua più un clichè di una produzione da grossa distribuzione, con più strumenti suonati e un mastering professionale, credo che sarà l’evoluzione del nostro stile senza perdere la retta via.
INTERVISTA
Le Profezie e i Simboli di oggi
INTERVISTA
Suonare? E’ una necessità!
“Tecnologia sta alla musica come pornografia al sesso” I Blastema a Peurugia raccontano a Diego Cianfriglia la un po’ della loro storia e i loro progetti . Grazie per la disponibilità. Domanda di rito: chi sono i Blastema? Presentatevi brevemente ai lettori di Tempi Dispari. B: Farlo brevemente è un po complesso; siamo una band che suona oramai da 15 anni, che ha iniziato sui banchi di scuola, che piano piano ha intrapreso un percorso che l’ha portato a raggiungere tanti obiettivi importanti e che, cosa principale, si diverte ancora a fare quello che faceva tanto tempo da: suonare e stare insieme. Siete un gruppo che è nato quando eravate tutti giovanissimi, nel lontano 1997. Negli anni ne avete fatte di cose: il MEI di Faenza, Sanremo, l’Italia Wave love festival, l’Heineken Jamming Festival, il concerto del Primo Maggio…per non dimenticare il tour italiano con gli Skunk Anansie. Ora siete una band più matura, più “navigata”. Cos’è cambiato in questi 16 anni? B: Sono cambiata tante cose. Sono cambiati gli individui che piano piano hanno intrapreso un percorso di vita che, quando sei giovane è confuso ma che mano mano si delinea; quindi siamo diventati sempre più noi stessi. Abbiamo capito chi siamo, abbiamo scremato tanti orpelli che probabilmente ci stavano addosso fino ad arrivare ad avere una nostra identità ben definita. Blastema. Come nasce questo nome? B: Eravamo alle superiori insieme e cercavamo un nome che fosse assonante, riferibile a nomi tipo Nirvana, Marlene; un nome che avesse questa componente femminile al proprio interno ma che desse anche un’idea di solidità perché a quel tempo eravamo un gruppo che “urlava”, bello incazzato diciamo. Blastema c’è saltato all’occhio sfogliando il vocabolario e poi quando abbiamo scoperto il significato, cioè germoglio, c’è piaciuto ancora di più perché Blastema sembrava una cosa oscura ed invece è un qualcosa di molto positivo. C’è stata o c’è tutt’ora una band a cui vi ispirate? O che vi ha ispirato? B: Centinaia di band a cui ci ispiriamo direi. Band che più che altro seguiamo, ascoltiamo. Poi è normale che se un prodotto è bello ti lascia qualcosa di buono, di positivo che si trasmette in ciò che fai. Ed arriviamo ad oggi, con il vostro ultimo lavoro: Lo stato in cui sono stato. Come nasce questo nome? B: Il nome nasce da un gioco di parole: lo “stato” che può essere associato ad uno stato fisico, naturale oppure come contenitore sociale o ancora come verbo essere al passato. Queste erano tutte figure che erano utili per descrivere la situazione che in quel momen-
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si vuol porre l’accento, l’attenzione; parlano degli stati d’animo che sono stati importanti. Tornando alla prima parte della domanda, i testi li scrivo io. (NdR. Nome Cantante) Parliamo dei vostri Live. Cosa deve aspettarsi di trovare chi partecipa ai vostri concerti? B: Di sicuro tanta carica e tanta energia. Per noi prima ancora della performance, della qualità dell’audio, la cosa più importante è stabilire col pubblico emotivo profondo. Nel momento che va in scena questo grande spettacolo che è composto da chi è sul palco e da chi è sotto al palco e queste due “entità” si scambiano emozioni allora si crea quel legame che è alla base di un grande spettacolo. Puoi essere anche il più grande musicista al mondo ma se non riesci a trasmettere qualcosa al pubblico, se non riesci ad instaurare un legame emotivo con chi ti ascolta allora è come se non avessi fatto nulla. In Italia abbiamo delle realtà musicali invidiabili. Tanti giovani si approcciano al mondo della musica carichi di sogni e con la voglia di spaccare. Cosa potete consigliare ad una giovane Band che vuole portare la propria musica all’orecchio di tutti e che, magari, vuole sfondare? B: Il primo consiglio è di cercare di non portare la propria musica all’orecchio di tutti ed il secondo di non pensare di sfondare.
Wonder Vincent
Assieme storia e parodia di una scelta di vita
Intervista raccolta da Amedeo Ferrante I Wonder Vincent, gruppo rock emergente umbro, ascoltati ed intervistati per Tempi Dispari. A: Tanto per iniziare, una piccola presentazione per i lettori di Tempi Dispari W: Siamo storia ed allo stesso tempo parodia di una scelta di vita. A: Da “ Lo sciopero degli Andrea” ai “Wonder Vincent”, cosa è cambiato? W: è una domanda che ci fanno spesso. O meglio: menzionano spesso Lo sciopero degli Andrea ma fondamentalmente è un progetto che non è mai esistito. Si potrebbe definire un “timido inizio”, uno svezzamento strano. Di quel gruppo siamo rimasti in due e il bassista ha suonato con i primi Wonder Vincent per qualche mese. Cosa è cambiato? Tutto eccetto i due Andrea e anche quei due sono cambiati e continueranno a cambiare. A: Il vostro album “The amazing story of Roller Kostner” parla di una storia di un reduce di guerra, pazzo d’amore e di vita; quanto è importante per i vostri testi l’amore? W: più che l’amore le sue conseguenze, tanto per citare il titolo di un gran film. A: Musica e social network i pro e i contro? W: Con i social network sono tutti dei fenomeni, tutti possono
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fare tutto. Noi ne facciamo un largo uso a dire il vero ma abbiamo iniziato a suonare molto prima e sfruttiamo “sobriamente” il tutto. Ci piace l’idea di poter testimoniare il nostro percorso in tempo reale ma preferiamo ancora di gran lunga girare in furgone incontrando persone reali e spesso surreali. A: Ormai da anni suonate in giro per l’Italia e l’Europa; in quale occasione vi siete sentiti più carichi nel suonare live? W: Quest’estate abbiamo girato molto e siamo stati sempre carichi e fomentati. In Svizzera e a Trontano, tuttavia, eravamo più “attizzati” del solito. A: Per voi la musica quanto è importante? W: Vitale, devi crearla. A: Dal secondo album cosa ci si può aspettare? W: Dopo la trasformazione in trio stiamo passando più tempo del solito in sala prove, e grazie all’esperienza di molti amici abbiamo cominciato a fare la prima pre produzione. Abbiamo tanto materiale su cui lavorare e ne avremo ancora di più a breve. Dopo la vittoria nelle selezioni umbre di Marte Live 2013 possiamo dedicare più tempo alla creazione del nuovo lavoro. Bisogna darci una regolata e scegliere le cose migliori. Sicuramente vi stupiremo e non aspettatevi un emule del primo assolutamente! A: Chi scrive i vostri testi? W: Li scriviamo insieme sghignazzando e spesso tutti in un giorno come è capitato col primo album. A: Un piccolo consiglio a chi vuole iniziare ad intraprendere la carriera da musicista. W: Pazienza, jam session più o meno lunghe, registrarsi sempre e non prendersi troppo sul serio. Ascoltare tanta tanta tanta roba! A: E per concludere un messaggio ai nostri lettori. W: RRRA!!!
INTERVISTA
to ci premeva descrivere cioè questa specie di risveglio dopo anni di torpore nel renderci conto di avere una nuova consapevolezza. Lo stato in cui sono stato è una fotografia di quel momento in cui si prende consapevolezza. Siete una band molto “tecnologica”. Con “Sole tu sei” avete dato via ad un esperimento azzardato: quello di dare la possibilità ai vostri fan di remixare un vostro pezzo a loro piacimento. Ma cosa ne pensate dei passi che tecnologia e musica stanno compiendo? Tutta questa libertà tecnologica giova alla musica o, in un qualche modo, può esserle dannosa? B: Diciamo che il paragone che si può fare è che la libertà tecnologica giova alla musica come la pornografia giova al Sesso. Nel senso che nel momento in cui diventa tutto più esplicito da una parte si abbattono tutti i tabù arrivando ad un mondo senza più convenzioni ma dall’altra si rischia di creare delle distorsioni che possono non essere adatte per l’individuo. Il mondo della musica è sempre andato avanti tecnologicamente; adesso sta cambiando tutto più velocemente ma non bisogna aver timore di questo cambiamento. Parliamo brevemente dei vostri pezzi. Chi è che scrive i testi e, soprattutto, di cosa parlano? B: I testi parlano di un po di tutto. Parlano di momenti sui quali
INTERVISTA
Alteria oggi... e domani?
La ex leader di Nomorespeech racconta progetti e sogni Testo a cura di Diego Cianfriglia Alteria è da tempo riconosciuta come una delle voci rock e front woman più apprezzate del panorama musicale italiano. Nota per la conduzione di programmi musicali (su Rock TV, su RAI4 e RAI5), come speaker sulla web-radio Rocknrollradio. it, deejay su tutto il territorio nazionale e per la collaborazione in pianta stabile, insieme ad altri famosi artisti italiani, al progetto “Rezophonic” (per il quale ha registrato anche un brano in duetto con L’Aura nell’ultimo disco “Rezophonic II”), i cui proventi vengono utilizzati per la realizzazione di pozzi d’acqua in Africa tramite AMREF. ALTERIA è ex leader dei NoMoreSpeech con cui nel 2012 pubblica l’omonimo album distribuito da SELF, e con cui parte per il tour italiano, aprendo, durante l’Heineken Jammin’ Festival Aerosmith nel 2010 e Red Hot Chili Peppers nel 2012. Nel 2013 affronta la prova solista accompagnata da alcuni dei musicisti che in questi anni hanno lavorato e girato in tour con lei (Roberto Fabiani alla batteria e Fernando de Luca al basso) e con i quali, dal 2007 a oggi, si è esibita in più di 250 concerti in giro per l’Italia. Qui racconta la nostro Diego Cianfriglia le novità del nuovo disco e altro ancora. Una breve presentazione per i lettori di Tempi Dispari. Grazie a Voi per avermi ospitata! Ciao…io sono Alteria cantante, vj a RockTv e dj su RocknRoll Radio ehhe…dai non è facile autopresentarsi!! L’uscita del tuo nuovo Album è alle porte, come hai intenzione di promuoverlo? EnCORE uscirà il 3 dicembre ! Sarà distribuito in tutta italia e per via digitale anche in tutto il mondo ! Ovviamente poi il miglior modo per promuovere il proprio lavoro è quello di poterlo portare in giro e quindi io e la mia band saremo in giro per l’Italia con un tour promozionale che è partito il 23 Novembre da Milano (Seregno per l’esatezza) e toccherà diverse città di Italia. Sempre più ragazze sono la voce della propria band, spaziando da generi musicali molto diversi tra loro. Cosa consiglieresti a queste giovani vocalist? Mi sento di consigliare di studiare sempre, di non smettere mai di imparare e di
conoscersi, conoscere il proprio corpo, le proprie corde vocali (da trattare bene hehe) e di mettersi in gioco sempre. La front woman di sicuro , specie nel rock, parte svantaggiata rispetto agli uomini, perché c’è molta prevenzione, ma bisogna salire sul palco e mangiarsi il pubblico! Bisogna non lasciarsi intimidire ma soprattutto credo sia fondamentale essere se stesse, non cercare di imitare qualcuno o fingere di essere ciò che non si è. La falsità di un artista, la non spontaneità credo sia la prima cosa che salta all’occhio di chi è giù da un palco. Il nuovo progetto, Rock Tv, Rezophonic e non dimentichiamoci che sei anche mamma! Sei impegnata in molti fronti, come riesci a conciliare tutto e a mantenere quella carica travolgente che ti caratterizza? Rischiando di sembrare scontata…io mi nutro di questo. Davvero. Spesso mi dico che sono stanca, a pezzi, vorrei non suonare o non lavorare per qualche giorno in modo da potermi rilassare… bene, dopo 24 ore già non resisto più a stare ferma. Adoro avere le giornate impegnate, mi fa sentire viva. Devo soffrire di qualche forma di iperattività. Comunque a parte gli scherzi, adoro vivere la musica non solo come cantante ma anche da altre prospettive: a RockTv intervisto artisti, mi incuriosice sapere come vivono il proprio percorso musicale, cosi come mi piace tener compagnia ogni mattina agli ascoltatori di RnR Radio , chiaccherando e selezionando la musica che preferisco. Ovviamente come hai detto tu sono anche mamma e mia figlia è il primo dei miei impegni e ovviamente il più importante ! Chi ti ha visto dal vivo ti considera il simbolo italiano del Rock al femminile. Come ti sei avvicinata alla musica? Ho iniziato a cantare con la mia prima band di oratorio a 14 anni, ricordo bene che la prima canzone che feci dal vivo fu “No Rain” dei Blind Melon. All’epoca ero veramente imbranata. Poi sono entrata verso i 17 anni nella prima band seria con
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la quale ho calcato un sacco di palchi, facendo si inediti ma anche tante cover. Al secondo live mi feci male alle corde vocale e li ho capito quanto importante fosse avere una buona tecnica: ho iniziato a studiare molto, non solo canto ma anche logopedia e continuo a farlo. E poi sono arrivati i NMS esperienza importante durata 5 anni, che mi ha portato alla realizzazione del mio primo album, mi ha dato la possibilità di suonare su palchi importanti come quello dell’Heineken Jammin Festival! E ora questo nuovo progetto, che prende il mio nome, che mi vede come solista, ma con alle spalle 3 musicisti fondamentali e integranti al progetto. L’avventura ha preso piede da un anno a questa parte e in cosi poco tempo ha già preso luce enCORE ! Sono davvero felice. C’è un artista o un gruppo a cui ti ispiri o che per te ha un significato particolare? Il mio idolo incontrastato rimarrà sempre Robert Plant. Anche se musicalmente mi muovo su tutt’altro tipo di rock, lui per me rimane La Voce del Rock. Lo adoro. Subi-
Giochi di ruolo
A Giocaperugia per conoscerli meglio e da vicino Stefano Giombini o “Phersu” come lo chiamano tutti. Un uomo alto e dall’aria allegra, indaffarato come una formica laboriosa tra tavoli, organizzazione e gestione dell’area gioco di GiocaPerugia. Giochi da Tavolo; Giochi di Ruolo. Per molte persone queste due parole si possono abbinare a ragazzetti e bambini. Eppure al giorno d’oggi sono sempre più adulti ad avvicinarsi a questi due mondi. Puoi spiegarcene i motivi? Uno dei luoghi comuni più duri da sfatare è quello di ritenere il mondo ludico legato alla sola sfera dell’infanzia e non v’è nulla di più errato. Al contrario il gioco da tavolo/di ruolo (parliamo genericamente di ambedue i mondi) ha un pubblico eterogeneo per estrazione ed età d’appartenenza, inoltre il target preferenziale viene considerato essere il pubblico dei teenager e quello adulto; accade spesso, infatti, di vedere ad un tavolo da gioco un adolescente ottenere la vittoria su una persona molto più anziana. Per quanto riguarda il sempre maggior numero di
persone che si avvicina a questo mondo posso confermare che è vero ciò che hai detto. Uno dei motivi è l’ambiente estremamente stimolante che si respira in cui, divertendosi (e tanto), si mettono in moto le nostre conoscenze e alla prova le nostre abilità. Non di rado poi i genitori che accompagnano, curiosi, i loro figli adolescenti rimangono presi nella rete e diventano tra i più “fanatici” e assidui frequentatori delle nostre serate ludiche (anche in assenza degli stessi figli). Com’è nata la tua passione? Sostanzialmente, sin da bambino, non ho mai smesso di giocare. I soldatini, la storia, sono da sempre state la mia passione per cui a partire dagli anni universitari ho incominciato a giocare con la storia, poi con il tridimensionale storico e fantasy ed infine con i giochi da tavolo…e devo ancora smettere! Questa è la terza edizione del Gioca Perugia; quest’anno con una Location di tutto rispetto: la Rocca Paolina. Una location così di prestigio ha
portato giovamento all’evento? Rispetto agli altri anni insomma, c’è stata più affluenza. La Rocca Paolina con le sue sale evocative e centralissime ha permesso un afflusso notevole di pubblico, soprattutto del pubblico dei “non addetti”. Se è vero, infatti, che nel corso degli anni la manifestazione perugina ha avuto sempre un buon successo col suo pubblico sempre e costantemente in crescita, è vero altresì che tale pubblico era formato in larghissima parte da appassionati. Che giochi avete presentato a questa edizione? Abbiamo avuto l’onore di presentare tre interessanti giochi di tre ditte italiane: il primo è “OF GODS AND MORTALS” (OGAM) di Andrea Sfiligoi. Eccellente regolamento mitologico della Ganesha Games, il gioco permette di far scontrare Dei, esseri leggendari e unità mortali della mitologia egizia, celtica, greca e norrena, pubblicato dalla prestigiosa casa editrice inglese Osprey Publication, leader nel settore;
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il secondo è SHEEP RACE, di Roberto Mancino ed edito dalla Ghenos Games. Regolamento adatto a tutte le età, in cui i giocatori hanno il compito di gestire le corse di simpaticissime pecore…vedere le miniature delle pecore per credere; il terzo è MEN OF HONOR di Roberto Reale. E’ un boardgame che strizza l’occhio al wargame in cui i giocatori fanno scontrare, nelle strade americane degli anni ’20 e ’30, bande di gangster in conflitti all’ultimo sangue. Anche qui la scatola è ricchissima di materiale: circa 3 kg di gioia da aprire! Cosa consiglieresti a quei lettori che volessero avvicinarsi a questo mondo? La mia opinione è quella di contattare la più vicina associazione ludica (a Perugia ci siamo noi della Hydra Games ad esempio); avranno così la possibilità di provare tanti giochi, tanto divertimento e conoscere persone disponibili in un ambiente sano e piacevole. In cambio si chiede solo che abbiano (e portino con sé) la voglia di divertirsi insieme.
INTERVISTA
tempo le discografiche sono rimaste spiazzate e non al passo con i tempi. Ovvio che per un artista , per una band, vendere il proprio cd è un traguardo importante e sicuramente le vendite sono crollate drasticamente, ma magari quelle stesse canzoni vengono ascoltate via youtube o facebook o downlodate. Il tutto potrebbe funzionare meglio con delle regolamentazzioni ma internet è davvero troppo free e inafferabile che sarà dura portare ordine. Cosa dovrebbe aspettarsi chi viene ad un tuo live? La dimensione live da sempre è la mia preferita. Tutta la passione, la rabbia, la gioia,l’adrenalina la tiro fuori sul palco. Quindi spero di regalare un live potente e allo stesso tempo curato nei suoni e nella esibizione. Un’ultima cosa che vorresti dire ai lettori di Tempi dispari? Intanto grazie mille per aver letto questo spazio dedicato a me! Continuate a supportare webzone come Tempi Dispari che per amore della musica vanno avanti contro mille avversità, cosi come spero continuate a supportare la musica indipendente ed autoprodotta come la mia! Lunga vita al RnR !
to dopo di lui viene David Coverdale degli Whitesnake, la sua voce ha un calore unico. Tornando al tuo nuovo progetto. Raccontaci com’è nato. E’ nato dopo essermi presa una pausa di 6 mesi dopo lo scioglimento del mio progetto precedente. Avevo davvero bisogno di fare un po’ di chiarezza. Poi ho deciso di provare a scavare un po’ a fondo, esternare alcune mie sensazioni,idee che mi affolavano la mente e il cuore con delle canzoni e grazie a Nando de Luca, bassista del progetto Alteria (ed ex componente dei NMS) hanno preso vita i brani. Lui si è occupato di tutte le musiche del disco, ha composto ogni brano mentre io mi sono occupata delle melodie vocali e dei testi. A questo punto avevo bisogno dei musicisti: oltre a Nando al basso, dall’esperienza precedente è rimasto con me anche Roberto Fabiani alla batteria e alla chitarra si è aggiunto Pietro Quilichini. Pensi che i download musicali alla portata di tutti influenzino negativamente il mondo dei live? Questa è una domanda dalle mille risposte: i pro e i contro sono talemente tanti che elencarli tutti è impossibile. Di certo internet ha permesso a molte realtà di uscire allo scoperto e allo stesso
APPROFONDIMENTO
Cosplay, non è un c
Giorgia Vecchini spiega il m Testo di Bendetta Lattanzi - Foto Pietro Cerquatti
testo a cura di Diego Cianfriglia Giorgia Cosplay (all’anagrafe Giorgia Vecchini) è la più famosa Cosplayer Italiana nel mondo. La prima a vincere un importante concorso legato al mondo dei Cosplay in Giappone, la patria del Cosplay. Ragazza poliedrica ha fatto della sua passione un vero e proprio lavoro che l’ha lanciata nel mondo dello spettacolo. Attrice, Modella, Cantante … Giorgia è in grado di stupire ricoprendo ruoli sempre nuovi. Noi di Tempi Dispari l’abbiamo incontrata nei panni della Gatta Nera, super eroina Marvel al Gioca Perugia. Cos’è il Cosplay? G: Cosplay è la contrazione di due termini inglesi, Costume e Player e si può tradurre in maniera approssimativa come recitare, giocare in costume. Il Cosplay quindi è quella passione praticata da ragazzi e ragazze di tutte le età ed intendo veramente tutte; andiamo infatti dai neonati agli ultra ottantenni che si realizzano possibilmente da soli i costumi di personaggi di anime, manga, fumetti giochi fantasy, film, telefilm…insomma non c’è limite alla fantasia. Vorrei sottolineare questo concetto perché molto spesso quando si parla di cosplay si pensa su-
bito ai manga o ai cartoni animati giapponesi mentre invece non è solo questo. Quindi il cosplayer non solo si veste come un personaggio preso da uno di questi generi ma ne interpreta anche le mosse, i movimenti, i modi di agire. Quest’ultima cosa è un po quella che ci differenzia dall’essere una “carnevalata fuori tempo”. Chi fa cosplay si “costruisce addosso” un personaggio non limitandosi al solo aspetto fisico. Potrei raccontarti, a riguardo, di uomini ragno che hanno passato anche due ore appese a testa in giù alle fiere perché quel giorno loro erano veramente l’uomo ragno! Questa cosa ci rende un po’ pazzi forse, ma è proprio questa l’anima del cosplay. Com’è nata questa tua passione per il mondo del cosplay? G: Io ho iniziato che ero una ragazzina, un po’ come tutti forse. Avevo 17/18 anni ed aro ad una grande Fiera, quella del Lucca Comics; vedevo ragazzi che si vestivano come personaggi dei Giochi di Ruolo, quindi Vampiri Live, Fantasy e quant’altro. Con i miei amici allora ci siano detti che se loro si vestivano in quel modo allora perché noi non potevamo realizzare i costumi dei cartoni animati che ci piacevano tanto? In quegli anni in-
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ternet non era diffuso tanto come adesso e noi non sapevano neanche che la nostra idea aveva un nome preciso: cosplay. Ho avuto da sempre la passione per i cartoni animati e per i costumi; figurati che da bambina, avrò avuto due anni, mi sono vestita da Heidi con tanto di caprette al seguito! Ma poi crescendo la passione è rimasta e visto che ho iniziato molto presto anche a recitare con il teatro per me non c’era niente di meglio che poter unire queste due cose che amavo tanto. E da semplice passione, come è diventata una professione? G: Tutto è iniziato a cambiare quando, nel 2005, ho avuto la possibilità di rappresentare l’Italia a Nagoya al Word Cosplay Summit e vincere il titolo mondiale. Da li tutto è stato diverso: un po’ perché ero la prima in assoluto dato che fino ad allora non era mai stata una competizione; l’evento esisteva già da qualche anno ma era solo un’occasione di incontro tra Cosplayer. La cosa ha avuto da subito un effetto mediatico molto importante, non solo in Giappone ma un po in tutto il mondo tanto che tornata a casa hanno iniziato ad arrivare interviste, giornali, chiamate. Insomma la cosa iniziava a diventare più seria; io stessa avendo
magico mondo dei cosplayers vinto avevo il piacere di portare il cosplay a livelli più alti per quanto mi era possibile, così ogni volta che mi invitavano a qualche manifestazione nazionale o internazionale cercavo di fare del mio meglio. Quindi maggiore impegno, migliori costumi ed infine maggiore popolarità. Dal Giappone mi hanno anche chiamata per fare delle collaborazioni con le loro case di videogiochi, ho inciso alcuni pezzi per loro per videogiochi del genere di Dance Dance Revolution; da li sono approdata in televisione con tutto quello che questo si è portato dietro. Il cosplay oggi è diventato un vero e proprio fenomeno; come spieghi questa costante crescita di cosplayer? G: Sicuramente un impulso notevole l’hanno dato queste gare che comunque spingono il Cosplayer a migliorarsi e a tirare fuori tutto quello di cui è capace. Internet è sicuramente un altro grosso impulso perché vedendo quello che fanno gli altri siamo stimolati a provarci anche noi cercando poi di fare sempre meglio; insomma c’è questa continuo stimolo a migliorare. Siti come Deviant Art, ad esempio, consentono di vedere i lavori di fotografi da tutto il mondo; anche la post produzione fotografica è uno stimolo in più perché sprona il cosplayer a cercare location sempre nuove che possano valorizzare i propri costumi ed il fotografo a cercare luoghi originali per i propri lavori a differenza di diversi anni fa quando c’era molto la tendenza a fare foto sempre in studio, con le giuste luci e senza un’ambientazione particolare. Domanda di rito: tra i vari cosplay che hai fatto, qual è il tuo preferito o comunque quello a cui sei più legata? G: Se posso ce n’è più di uno ed ognuno per una ragione diversa. Potrei dirti subito Silen di Davil Man perché è quella che mi ha consentito di vincere in Giappone e poi è un costume che ho fatto al 99% da sola. Poi potrei anche dirti il Barone Ashura di Mazinga Z [Ride] che era quell’essere tremendo con la faccia metà uomo e metà donna però da li ho avuto il piacere di conoscere Go Nagai, il papà di Mazinga, Goldrake, che mi ha stretto la mano e mi ha fatto i complimenti e queste sono cose che ti rimangono. Tre i costumi più “normali” ti direi sicuramente Sailor Pluto perché come tutte le mie coetanee io sono cresciuta con Sailor Moon e lei è sempre stata quella che preferivo con la faccenda misteriosa di essere la custode del tempo ed anche all’estero è quello che mi hanno richiesto di più perché era un po il mio cavallo di battaglia. Un’ultima domanda; ti abbiamo vista interpretare personaggi sempre diversi, ma dicci: chi è in realtà Giorgia? G: Ah, me lo chiedo spesso anch’io e da parecchi anni. Secondo me è l’Incantevole Creamy ma ancora non ve lo può dire! [Ride] Chiuderei quest’intervista ringraziandoti per la tua disponibilità e con un tuo saluto ai nostri lettori. G: Un saluto a tutti i lettori di Tempi Dispari e ringrazio per la possibilità che ho avuto oggi di parlare con voi di Cosplay, una cosa che mi fa sempre molto piacere. Ciao
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APPROFONDIMENTO
carnevale perenne
APPROFONDIMENTO
Leo Ortolani, nel “Fletto i muscoli e sono subito...” Testo a cura di Pietro Cerquatti
Testo a cura di Diego Cianfriglia Perugia ultimamente è ricca di eventi ed iniziative e proprio ad una di queste abbiamo fatto un incontro inaspettato ed entusiasmante: Leo Ortolani, fumettista papà per Rat Man, ospite in città del Progetto Young Guns. Lo abbiamo incontrato alla Star Shop, il principale negozio di fumetti perugino, mentre concedeva autografi e strette di mano. Innanzitutto Leo grazie per averci concesso questa breve intervista. Entriamo subito nel vivo: come nasce la tua passione per il disegno fumettistico? L: Nasce con me. Siamo gemelli! A 4 anni già disegnavo fumetti, per cui non ho ricordi di come sia arrivata, se non supporre questo parto gemellare. Read More A quali autori ti sei ispirato o ti ispiri tutt’ora? L: A tutti quelli che mi colpiscono, via, via che li incontro. Sia sceneggiatori, che disegnatori. Che autori completi, come Gipi, che sto scoprendo da poco, ma che trovo bravissimo. Bella scoperta, eh? Arrivo io, buon ultimo a dire bravo di uno che lo sanno tutti
che è bravo. Ma è così, come del resto ho scoperto quest’anno le meraviglie delle storie di DIABOLIK delle Giussani. E me ne sono innamorato al punto da omaggiarle con la “parodia” RATOLIK. Ora magari visto che sto leggendo Gipi, magari farò una parodia delle graphic novel! In pratica, assimilo, come i Borg. (NDR. I Borg sono una specie di cyborg dell’universo fantascientifico di Star Trek) C’è chi dice che è grazie ad autori come te che il mercato del fumetto made in Itlay sta subendo una decisiva spinta, si sta “svecchiando”. Con Rat Man hai portato il fumetto italiano ad altri livelli, spostando l’attenzione a qualcosa di più originale e meno consueto. Ti senti il precursore di qualcosa di importante nell’editoria italiana? Rat-man L: Spero di no, perché sennò devo sterzare alla prima a destra, per seminarli e tornare a fare solo fumetti. Non mi appioppate responsabilità. E poi, guarda là! Recchioni! E poi guarda là! Zerocalcare! E laggiù, guarda laggiù! Una folaga! Poi ti giri, non ci sono più. Una domanda che molti ti avranno già fatto: perché i tuoi personaggi hanno tutti un volto da scimmia?
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in Tempi-Dispari con Rat-Man L: Perché, come sto spiegando proprio adesso in un articolo che pubblicherò sulla ristampa RAT-MAN GIGANTE, in uscita nel marzo del 2014, quando avevo nove anni, non sapevo disegnare i volti umani, e ho ripiegato sul muso da scimmia. Adesso, dopo 37 anni, non so ancora disegnare i volti umani. In disegno sono un bluff. In Rat Man sono presenti molti elementi che fanno parte della tua vita: la geologia, la terra “inesistente” del Molise. Come ti è venuto in mente di combinare elementi così inusuali in una storia a fumetti? L: E’ il bello delle storie. Generano cortocircuiti mentali con le informazioni che si trovano dentro la tua testa, e dalle scintille nascono cose strane e a volte belle. L’enorme successo di Rat Man è oramai indiscusso. Addirittura ne hanno tratto una serie Tv. Cos’altro dobbiamo aspettarci dal Ratto? L: Che finisca. Ma ci sto lavorando alacremente. Rat man ci ha fatto rivivere, tramite le sue parodie, storie dei più disparati generi. Ce n’è una che porti particolarmente nel cuore? L: Nessuna, in particolare. Le amo molto tutte, mentre le realizzo, poi le lascio alla loro vita e ne cerco altre di cui innamorarmi. Adesso vorrei innamorarmi di una storia sugli zombi. O della parodia dello Hobbit. O del sospirato STAR RATS Episodio 2… Dicci Leo, chi è realmente Leo Ortolani? Svelaci la verità: sotto la maschera del ratto ci sei tu vero? L: Sarebbe troppo facile. In realtà sotto la maschera del Ratto c’è qualcuno che è nato sì, da me, ma che come ogni figlio è cresciuto, diventando qualcosa di diverso dal padre. Forse anche migliore. Oggi molti giovani sognano di poter diventare fumettisti. Cosa ti senti di voler consigliare loro? L: Di non scherzare. C’è bisogno di idraulici, di dottori, di fabbri e albergatori. Di geologi, pure, ma poi non li chiama nessuno, quindi lasciate perdere. In sostanza, darei il consiglio che mi diede mia mamma, pittrice, quando ero bambino: disegna, fai pure quello che ti piace, ma procurati anche un mestiere più concreto, che con l’arte è raro, portare a casa uno stipendio. Lascia un messaggio o un saluto ai lettori di Tempi Dispari. L: Cari lettori, vi saluto e vi auguro tante belle cose, prima che il 2013 finisca e arrivino i Tempi Pari. Voi dove andrete? Cosa farete? Un po’ mi fate stare in pensiero. Copriteli, se fa freddo, mi raccomando!
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APPROFONDIMENTO
lla tana del topo
TEATRO
L’arte di Gabriella A
Attrice, cantante lirica, artista. L Intervista raccolta da Valeria Liberatore Il suo repertorio è legato alla grande tradizione dei ruoli in cui figurano le donne eroine del 700 e dell’800, non abbandonando la vocalità romantica dell’800 e astratta del 900, privilegiando i ruoli drammatici, più adatti al suo timbro e al suo colore. Si tratta di Gabriella Aleo, “artista lirica a 360°” come ama definirsi che risponde alle domande di Tempi-Dispari. Ciao Gabriella! Iniziamo con la domanda di rito, presentati ai lettori di Tempi-Dispari per chi ancora non ti conosce. R. Ciao amici lettori di Tempi-Dispari! Mi presento a voi: sono Gabriella Aleo, artista lirica a 360°. Come ti sei avvicinata al genere dell’Opera Lirica? R. Anni luce fa durante uno spettacolo della scuola di danza che frequentavo stavano mettendo in scena il fantasma dell’opera e da li diciamo è scoccata la prima scintilla, ma la seconda che è quella più importante è stata durante una festa tra parenti. Un mio zio che ora non c’è più, zio Tony, era stato per anni scenografo per teatri importanti vivendo tante bellissime voci e nomi
importanti proprio per il suo lavoro. Incuriosito dalla mia voce che stavo esibendo così per gioco, mi invitò a studiare seriamente con l’approvazione anche dei miei nonni che mi hanno sempre sostenuto nella mia arte. Il tuo Artista preferito? R. Ce ne sono tanti e ognuno di diverso genere. Dire il nome di uno escluderebbe l’altro perchè sono tanti: da Mozart a Maria Callas a Michael Jackson e Aretha Franklin, e poi tantissimi del rock! Ti abbiamo vista impegnata al Flapper Cabaret, con “La Scatola”; quali saranno i tuoi prossimi impegni? R. Il mio imminente impegno è un concerto privato non a Roma, per un’associazione musicale. Sarà un omaggio a Giuseppe Verdi. “La Scatola”, cosa vuol significare questo titolo? R. La scatola è il contenitore dei propri sogni, delle proprie gioie, disperazioni, amori, fallimenti, cambiamenti. Ogni donna ha una scatola nella sua vita e li racchiude le sue speranze e le sue ambizioni, ma anche i suoi fallimenti e le sue frustrazioni. Voglio anzi cogliere questa occasione per ringraziare chi ha costruito con me questo viaggio: Paolo Saginario che mi ha supportato
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TEATRO
Aleo in una “scatola”
L’eclettica interprete si racconta musicalmente con la sua eleganza al pianoforte, Monica Angrisani che ha curato la regia dando davvero un qualcosa di speciale al tutto, Lorenzo Ferraiolo per le scene costruite tutte artigianalmente in maniera minimale e magistrale e Sandro Manicone che si è diviso in mille per il reportage video e fotografico e per la parte fonica. Un altro ringraziamento va a Marilyn Stal che ci ha permesso di realizzare il nostro debutto nel gioiellino Flapper, e ringrazio col cuore tutti coloro che hanno partecipato sostenendomi con la loro presenza. C’è un ruolo che ti piacerebbe interpretare in particolare? R. Abbiamo rappresentato molti pezzi di Kurt Weill durante lo spettacolo La Scatola. In questo momento della mia vita mi piacerebbe interpretare uno di questi personaggi decadenti e alternativi in un opera intera, senza però escludere quelli più tradizionali che sono nelle opere di Verdi, Puccini o Mozart. Più che altro cerco qualcuno che possa credere in me e nel personaggio che voglio indossare. Da cosa trai ispirazione? Che si tratti di Musica, Pittura o Danza? R. Hai citato 3 arti che fanno parte delle 7 arti importanti. Mi
ispiro a tutte e 3 perchè nella vita ho tracce di tutte e tre avendoli vissuti. Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole avvicinarsi al Mondo della Lirica? R. Consiglio di studiare tanto e di esprimersi tanto, di scegliere chi può seguirlo per sviluppare la dote non solo vocale ma espressiva poichè è molto importante e crea l’artista! Auguro invece tanta ma tanta fortuna senza perdite di tempo! Se potessi scegliere di collaborare con un’artista, anche di un lontano passato, chi sarebbe? R. Con tutti quelli migliori! Chissà loro se lo farebbero con me! Con questa terminiamo l’intervista, e ti ringraziamo per il tempo che ci hai concesso. Vorresti dire qualcosa ai lettori di Tempi-Dispari? R. Dite sempre a vostro modo quello che siete e come valete, non abbiate mai paura. Fate quello che più vi appaga ed esprimete anche quando avete sofferto. La vita va comunque scritta, fatelo pienamente. Un abbraccio
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CINEMA
Blood Sin di Domiziano Cristopharo L’incredibile e difficile fusione tra cuore e cervello Testo a cura di Alessio Bacchetta
Regia: Domiziano Cristopharo Cast: Elda Alvigni, Daniel Baldock, Lorenzo Balducci, Dallas Walker, Nancy De Lucia, Clio Evans, Roberta Gemma, Maria Rosaria Omaggio, Ruggero Deodato, Venantino Vanantini, Mauro Stroppa Anno: 2011 (presentato per la prima volta nei cinema a novembre 2013) Genere: glam horror Durata: 95’ Voto: 7 Trama: Anni ‘70: la redazione di Bizzarre, rivista dedicata agli uomini, si sta mettendo in moto per rilanciarsi raccogliendo le esigenze di una società maschile vogliosa di novità. La direttrice Miss Steele (Maria Rosaria Omaggio) incarica il suo staff di recarsi in un antico castello per trovare la giusta ambientazione e ispirazione e ritrarre a livello fotografico la splendida modella Barbara (RobertaGemma). Ma i ragazzi coinvolti (Balducci, Baldock, De Lucia, Evans) non immaginano minimamente il potere malefico dell’edificio, che nel corso dei secoli è rimasto teatro di svariati orrori che ancora non hanno terminato di vomitare male e dolore. Recensione: Il passare con disinvoltura fra realtà effettuale e immaginifica: questo il carattere distintivo dell’arte di Domiziano Cristopharo, cineasta romano per cui l’indipendenza non rappresenta solo l’etichetta con cui atteggisarsi, ma un
autentico vessillo attitudinale. Cristopharo sceglie al 100% di affrancarsi da qualsivoglia compromesso e dal primo capitolo della filmografia (“House of flesh mannequins”, 2009) si autofinanzia e autoproduce calibrando le cose a totale piacimento. Il che lo rende forse disturbante agli occhi di certuni, estremo e raccapricciante secondo il gusto generale, ma parecchio apprezzato dal suo pubblico e capace di far editare in America alcuni suoi lavori in dvd. La sua realtà è sempre adulterata, si mescola con quella soggettiva e, guardandosi dall’affibiare giudizi e preconcetti a chicchessìa, balza con piglio e disinvoltura fra varie prospettive infischiandosene di morale e stilemi già battuti. In tal senso l’originalità di questo “Bloody sin”, uscito nel 2011 ma presentato per la prima volta nei cinema nel mese di novembre 2013, è lampante tanto da aver fatto ipotizzare a certuni la creazione del primo caso di “glam horror” al mondo. Il regista sceglie la pluralità degli ingredienti per allestire una pietanza speziata e che non lascia indifferenti. Nazismo, erotismo, incesto, necrofilia e altre parafilie dell’umana natura (ebbene sì, anche il nazismo lo è!) si alimentano l’un l’altro con soluzione di continuità; il salto delle prospettive temporali qualche volta crea problemi alla legge di gravità dei tempi, ma Chistopharo non smarrisce mai il lume della ragione come sarebbe accaduto a più di un collega. Oscuro nocchiero di una biga lanciata all’impazzata verso il cinema di genere, imbeve di seNsualità i solchi della pellicola, il rosso sangue che scorre si fa rubiconda passione, le nudità ci fanno scordare che trattasi di un film, bellezza e pazzia copulano su un umido e marcescente fogliame. La location indovinatissima
si fa ulteriore protagonista aggiunto e lo spettatore si insinua defraudato del libero arbitrio nei corridoi sinistri del castello dove 500 anni prima stregoneria e inquisizione lasciarono una pietra tombale di sofferenza che ha fottuto la schiavitù del tempo. Cristopharo è un diavolo tentatore che fa di tutto per traghettare chi guarda provocandogli i sensi, brutalizzando e ottundendogli il cervello con sbiadite visioni, metafore, cambi di prospettiva. Sgombrino la mente coloro i quali stanno pensando a un intellettualismo di fondo: niente di più lontano per il regista, il cui intento alligna direttamente in quegli anni ‘70 che non solo fanno da sfondo temporale alle vicende, ma che paiono rappresentare e le sue origini artistiche. Mettendo in correlazione “Bloody sin” con gli altri film prodotti, non si può non reputare Cristopharo diretto discendente dell’illuminato stuolo di artigiani che il nostro cinema ebbe fra i ‘60 e i ‘70. Non per nulla Ruggero Deodato fa parte del cast, per il resto la sua carriera promana affetto e competenza di vari registri di genere che lo fanno rifuggire dagli algidi schematismi in cui oggi pare essersi arenato il cinema italiano mainstream. Altro elemento che sgorga a piene mani è l’approccio teatrale: che Cristopharo venga da quell’ambito se ne accorgerebbe anche un neofita della settima arte, ma anche in questo caso l’ossessione per il corpo e le sue potenzialità espressive sono messe al servizio della scena e non divengono mai autoreferenziali. Alcuni difetti si possono ritrovare in un plot non sempre coerente e in qualche momento di recitazione non proprio all’altezza; anche le varie componenti in gioco si avventurano l’una sull’altra in modo perentorio e gli stacchi talvol-
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ta non convincono. Ma ce ne fossero di registi provvisti di tanto coraggio e con la tale capacità di incidere un concetto sullo schermo in modo così icastico! I personaggi peraltro sono ben scolpiti: lo sguardo dritto all’obbiettivo della Omaggio, il portamento altero e misterioso di Walker, i segreti e l’aspetto sinistro della Alvigni, il ruolo centrale della De Lucia, la lasciva rigidità del servo Stroppa e Roberta Gemma. Quest’ultima, nota pornostar di professione, non è la prima volta che si presta al cinema non hard e lo fa con pregevoli risultati; pur non doppiata a dovere (la sua voce al naturale è molto interessante), denota spontaneità e utilizza con sapienza le sue forme procaci (il regista la mette a nudo in diverse occasioni a servizio del film e non solo per eccitare lo spettatore). Pregevole l’utilizzo delle musiche, che talvolta si fanno briose e divertite anche laddove sulla scena il sangue zampilla dopo una pugnalata o durante una situazione terribile. In questo senso i personaggi i personaggi del regista sono sempre freaks pieni intrisi di peccato, dediti alla degradazione e mai buoni né cattivi. Insomma in questo anno già ricchissimo di suoi progetti già usciti o in fase di preparazione, Cristopharo ha trovato il tempo di ri-presentare anche “Bloody sin”. Questo testata auspica che finalmente qualche produttore di peso si accorga del suo nome, che da anni colora il firmamento nazionale grazie a lavori di buon valore. Sarebbe interessante vedere dove il suo cinema potrebbe arrivare se depurato delle sue derive estreme e più incline a schiacciare l’occhio al grande pubblico. Noi per ora ci godiamo il Cristopharo che frustra i cavalli dritto come un missile verso quello che gli suggeriscono cuore e cervello.
CINEMA
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Voglio musicista Spesso è il sogno di molti. O magari più che sogno, è la speranza fomentata da leggende metropolitane, racconti mitologici narrati da amici che li hanno sentiti a loro volta da amici degli amici. Altre volte è la “semplice” voglia di cambiare, magari avere qualche aspettativa e speranza in più. Qualsiasi sia il motivo, spostarsi all’estero rappresenta tante volte un obiettivo agognato e desiderato. Agognato fino a quando poi non ci si accorge di quanto certi racconti fossero, appunto, semplici narrazioni passate di bocca in bocca fino a perdere attinenza con il reale o di come le cose, da quando quei racconti sono nati, siano cambiate. E’ il caso dei Dancing Crap, band romana trasferitasi a Londra che racconterà la propria avventura, ancora in corso, in terra di Albione. A farlo sarà Ronnie che ci guiderà “dal sogno alla realtà”. Con oggi inauguriamo una serie di reportage settimanali, che potranno essere coadiuvati anche da video ad hoc, sulla vita di una band italiana che ha deciso di trasferirsi a Londra con la speranza di avere maggiori possibilità e maggior riscontro perché “in Inghilterra è diverso”.
Una band italiana a Londra.
I Dancing Crap raccontano – Prima puntata Una tarda serata di circa un anno fa. Ronnie: “Pronto?” Bobby: “Oh Ro’?” Ronnie: “Ciao Bo’ dimmi…” Bobby: “Che stai impicciato?” Ronnie: “No no tranquillo stavo lavorando ad un riff dimmi…” Bobby: “Senti stiamo qua… con Leo… ubriachi… pensavamo… perchè non ci Trasferiamo a Londra?” Ronnie: “Eh… si, fico… appena potrò farlo lo faremo, lo faremo… si!” Un anno dopo, pochi mesi prima, alla visione ufficiale del video del brano Hey Ronnie. “Quindi quando lo prendiamo il biglietto? Ma con l’aspettativa tu come fai? Quanto riusciamo a metterci da parte? Tranquilli che appena arriviamo il lavoro lo troviamo subito!” 2 Ottobre ore 22:00, Ciampino. Si parte! Abbracci e qualche lacrima. Il pvc con il logo della band va piegato in quattro al check in, siamo in tre del gruppo: Ronnie, Bobby e Lion, Mike arriverà successivamente. Il video della canzone Hey Ronnie, girato qualche settimana prima e presente nel demo Commercial Crap, inizia ad essere visualizzato parecchie volte e si dimostra un simpatico ed efficace biglietto da visita. Il viaggio dura due ore circa. Prima di trovare l’ostello arrivano le prime avvisaglie di ciò che caratterizzerà i nostri spostamenti, allontanarsi dal punto d’arrivo quanto più possibile per poi rendersi conto di dover tornare indietro, a piedi ovviamente! La camera è ancora più piccola dei 33 mq dove abbiamo abitato per un anno. I primi giorni trascorro nell’impazienza di esordire live, cosa che accadrà l’8 ottobre all’alleycat Bar, una delle quattro date pianificate prima della partenza. Nel frattempo Starbucks diventa il centro operativo, l’ostello il fulcro della creatività e dell’esercizio musicale. L’Alleycat è un tranquillo pub dove prima di noi si esibiranno
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o fare il a a Londra artisti underground di generi diversi che svelano un conciso approccio al palco: poche chiacchiere, tanta musica. Quando è il nostro momento il pubblico non ha tempo di rendersi conto che il primo pezzo viene eseguito a strumenti scambiati che già urlano ed applaudono, colpiti dalla nostra voglia di divertirsi e far divertire! C’è chi ci filma, chi balla, chi ci si avvicina per fare due chiacchiere. Ma lo spettacolo va avanti tra una strofa dimenticata, un assolo svirgolato, le spie inesistenti, il sellino poco stabile del batterista! Ad ogni modo a fine show rimane tangibile la sensazione che i Dancing Crap non passino inosservati. La data successiva del 21 ottobre al The Finsbury è caratterizzata dalla mancanza del batterista, che costringerà noi tre ad esibirci in una inedita veste semi acustica che non farà comunque perdere l’impatto che ci caratterizza. Il locale è più grande di quello precedente e l’audience più massiccia, la serata scivola via piacevolmente tra un coro suggerito e simpatici scambi con gli astanti. Due giorni dopo è il momento di replicare in versione semi acustica al The Elephant’s Head (preceduta da una delirante esibizione dalla finestra della camera!). La data verrà caratterizzata dal modo in cui decideremo di arrivare al locale: il vero spettacolo questa volta sarà camminare con il pvc imbracato al corpo di chi vi sta parlando! Vi lascio immaginare la curiosità e le reazioni di chiunque incontreremo nel nostro cammino, sia all’andata che al ritorno. Pub piccolino e poca attenzione nei confronti di chi si esibisce, ma ciò nonostante un paio di persone hanno ballato o addirittura accennato un headbanging! Il tempo trascorso palesa però alcuni dati su cui iniziamo a riflettere: la vita qua a Londra è abbastanza cara, i soldi a disposizione diminuiscono sempre più rapidamente e trovare lavoro non sembra poi così semplice. Ciò contribuirà ad una gestione più oculata degli esborsi e contribuirà alla forzata perdita di peso di ognuno di noi. Il sostentamento si ridurrà a noodles, wurstel e birra e per mantenere tonici i muscoli esercizi fisici quasi tutte le mattine. A volte i nostri spostamenti sono accompagnati da situazioni al limite dell’assurdo. Una sera, mentre eravamo alla ricerca di un
locale dove poterci esibire, abbiamo chiesto all’autista dell’autobus l’indirizzo dove ci saremmo dovuti recare. Lui non ricordava con precisione e per poterci aiutare ha fermato l’autobus ed è sceso per controllare la piantina alla fermata! Dopo essere risalito ed aver ripreso la corsa ha mantenuto un’andatura da passeggio per leggere i nomi delle strade ed indirizzarci al meglio. Come dire… un autobus a nostra disposizione!!! Let’s back to the music! Per la data del primo novembre si torna in versione elettrica in un classico rock/ metal club come il Nambucca. La serata si prospetta interessante, visto il periodo della festa di Halloween e la presenza in cartello di band deathcore, stile molto distante dal nostro. Questa volta però il nostro pubblico sarà interamente costituito dalle band che avrebbero suonato! Poco male. C’è chi s’è divertito parecchio durante Another crazy in the world, Burned down city soul e paradossalmente ha generato un riscontro superiore su i vari profili web rispetto a tutte le precedenti esibizioni! 7 novembre Dancing Crap live at The Duke’s Head, interamente acustici this time. Il locale si sviluppa su due livelli. Quello su piano stradale è un banale pub abbastanza frequentato, il livello inferiore è più intimo ed è dedicato agli unplugged appunto. Sebbene anche questa volta il pubblico non sia quello delle arene riusciamo a guadagnarci le simpatie dei presenti ed a risultare sempre più convincenti e coesi, risultato scontato quando si suona ogni giorno. Quanto di buono acquisito in questi giorni inizia ad essere rielaborato lentamente, metabolizzato per poi manifestarsi il 9 novembre al Proud Camden, uno degli attuali punti nevralgici di Camden stessa. Siamo gli ultimi in cartello dopo alcune band piuttosto beatlesiane. Appena terminato il primo pezzo in scaletta (Fuck the bed) il nutrito pubblico esplode letteralmente, continuando a mantenere vivo l’interesse e la partecipazione sulle successive Kiss kiss kiss e Broken record player.
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Piccola riflessione: non hai gli amici che ti seguono, vieni da fuori, non hai management, non hai conoscenze. Hai solo la forza della tua musica, la stai suonando nella terra dove tutto è nato e te la stanno applaudendo. E’ molto soddisfacente. Non è un punto d’arrivo, ma una bella ed importante tappa intermedia! Due giorni dopo si bissa al The Finsbury, questa volta in chiave elettrica, mantenendo il tiro del concerto di due giorni prima, anche se con minore foga a causa di inconvenienti tecnici alla batteria, come ad esempio la mancanza di un seggiolino appropriato ed aste reggipiatto rotte che ci hanno costretto ad avere un sound meno aggressivo, ma di buona qualita’ in ogni caso. Anche questa volta il pubblico reagisce in modo istintivo, spiazzato e coinvolto alle varie Kiss kiss kiss, Fuck the bed, For the boys. Un paio di volte in cui sono avanzate tre sterline da investire in public relations abbiamo incontrato persone che ci hanno riconosciuto o si sono ricordate di aver assistito ad una nostra esibizione con conseguente incremento numerico delle bottiglie di birra, offerte per fortuna! L’amicizia con una delle band della data al Nambucca ci permette di trovare un’altra data a Colchester, occasione che sfumerà purtroppo a causa di problemi durante il viaggio per raggiungere il posto. La necessità di affrontare alcuni importanti temi o sciogliere diversi nodi si fa sempre più pressante. Non mancano incomprensioni e screzi tra di noi, ma per fortuna l’obbiettivo comune non viene mai perso di vista. Sarà necessario confrontarsi per appianare le divergenze e sviluppare nuovi metodi di approccio alla composizione, altre strade per diventare sempre più compatti ed incisivi. Per fortuna ci viene spedito un pacco di rifornimenti alimentari dall’italia che ci permette di tornare a mangiare in modo quasi normale! E’ il 21 novembre quando suoniamo nuovamente in versione acustica, il locale questa volta si chiama The Windmill ed il più singolare dei complimenti che riceviamo è “sexy e divertenti”. Ma è il giorno successivo la data più attesa, quella in apertura ad un gruppo locale tra i più seguiti, i Voodoo Vegas all’intrepid Fox. Riuscire a suonare in questo locale è stata l’impresa più ardua a dirla tutta, si, perché i tentativi di contatto con il manager
sono iniziati cinque mesi prima e sono rimasti sempre lettera morta fino a quando non ci siamo presentati di persona ed abbiamo chiesto di lui. Due tentativi a vuoto e poi finalmente l’ok. Il 22 novembre lo ricorderemo come un momento saliente credo. Le nostre aspettative erano forse troppo alte rispetto al responso della serata, in più aprire per un gruppo lanciato e rodato in una città straniera non ti mette nelle condizioni ideali, attenuanti ma non scuse dietro cui nascondersi… abbiamo suonato un pò rigidi senza essere leggeri e divertenti come al solito: d’altronde l’attuale formazione dei Dancing Crap si è esibita dal vivo la prima volta a luglio di quest’anno per non suonare più live fino all’esordio londinese… bisogna camminare ancora.
Voglio fare il musicista a Londra – 2a puntata
Un avventura “dickensian/psichedelica”. Il diario di Ronnie Abeille e dei Dancing Crap. 23-30/11/13. Dickensiano o psichedelico? Entrambe le cose. I nostri vivono con coraggio e spirito costruttivo le inevitabili difficoltà, mettendo a punto sempre meglio lo spettacolo, aiutati da personaggi di (quasi) fantasia mentre le date fioccano, i giorni volano ed é di nuovo ora di pagare l’affitto. Nei giorni che precedono la data del 30 Novembre ci confrontiamo circa la necessità di dover presentare sempre il nostro spettacolo. Eh si, perché una delle caratteristiche che crediamo ci contraddistingua é quella di rompere gli schemi ed essere trasversali a modo nostro. Siamo comunque (o stiamo lavorando per essere) una rock band, è chiaro, ma siamo soprattutto autoironici senza essere parodistici o forzati, tanto nei miei testi quanto in alcune soluzioni musicali ed in modo particolare sul palco. Ultimamente iniziamo i concerti a strumenti invertiti su Diesel band, io poi interrompo il pezzo urlando che dobbiamo tornare ognuno al proprio strumento di competenza perché in quel modo non funziona. Ogni volta che abbiamo iniziato così lo stupore degli spettatori e la nostra voglia di prenderci in giro si sono sempre incontrate. All’inizio di Fuck the bed interviene un pollo di plastica, in Hey Ronnie (come nel video) dovrei usare un ciuccio per bambini
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and so on. La ricerca di un lavoro che possa sostentarci si rivela poco proficua, il pacco di cibarie inviatoci qualche giorno prima si esaurisce rapidamente, ma chissà come mai, gli esercizi fisici riusciamo sempre ad eseguirli ogni mattina, accompagnati dalle canzoni dei Mötley Crue, Hanoi Rocks, Metallica! Qualcuno mi aveva messo in guardia circa le difficoltà che avremmo incontrato, é vero… ma la sconsiderata voglia di fare ha permesso che la musica rimanesse sempre in primo piano rispetto a tutto, rispetto a tutti. Nessuno escluso. A farci compagnia a volte, nei momenti più disparati, intervengono i personaggi che io e Bobby abbiamo creato, o meglio, le caricature esasperate di alcuni persone realmente esistenti, i cui nomi per ovvi motivi non possono essere rivelati. Vi basti sapere che uno in particolare appartiene alla scena musicale romana e nella nostra personale versione usa degli schermi con cui controlla tutto ciò che accade nelle vite altrui ed in caso di “pericolo” fa intervenire il suo fidato assistente che con una siringa di insulina (???) Risolve qualsiasi problema. Un altro è un simpatico fruitore di vodka che ama marcare il territorio urinando ovunque a più non posso per “vendetta”nei confronti della propria fidanzata che non gli si concede. C’è poi un ragazzo che abbiamo conosciuto in passato che ha una particolare passione a degustare inusuali tipologie di bevande e riesce a trattenerne copiose quantità nel collo..! O anche Jack Dei Futuri, personaggio identificato in un tipo che una volta ci ha fermato in un pub regalando consigli su come poterci inserire al meglio nel tessuto musicale londinese, consigli in parte disattesi. Ma i momenti più deliranti sono quelli in cui li facciamo incontrare e vivere avventure insieme, e che ci crediate o meno riescono ancora, dopo un anno e mezzo, a farci passare notti insonni a ridere come idioti! Per ora non siamo ancora riusciti a ricavare un penny dalle serate, ma non é quello l’obbiettivo… anche perché essere riconosciuti un paio di volte fuori dai contesti musicali é parecchio più soddisfacente… senza dischi all’attivo o pubblicità a Londra. Nelle prossime serate riusciremo a farci offrire almeno da bere grazie alle capacità di contrattazione del sottoscritto… non per niente il manager dell’intrepid Fox mi ha ribattezzato “the persi-
stent one” (quello tenace n.d.r). In ogni locale in cui abbiamo suonato in versione elettrica abbiamo sempre incontrato fonici molto preparati ed equipaggiati con gli ultimissimi strumenti che la moderna tecnologia mette loro a disposizione e di solito il backline é stato sempre di buon livello. E poi l’aria che respiri… è come fare le cose dove vale la pena farle. 30 Novembre, Plough & Harrow… la serata più assurda del lotto! Il backline del locale per ora appare il meno preparato a supportare una rock band ma si va avanti lo stesso! Il sottoscritto ha la febbre da due giorni (il freddo inizia a farsi sentire) ma passa in secondo piano… perché é la grancassa a farla da protagonista! Non essendo ben salda al palco necessita di più interventi “fisici” per essere bloccata… il più importante a cura di Andrej (Surace n.d.r.) Degli Heretic’s Dream, che insieme a Francesca Di Ventura si occuperà della successiva intervista nella toilette del locale!!! A causa di tutto ciò sul palco di movimento ce n’é stato parecchio… alcune volte per il consolidato coinvolgimento emotivo, altre per fermare la cassa, altre ancora per tentare di rimanere in piedi! Il pubblico presente ha impiegato 10 minuti a sciogliersi e quando l’ha fatto si é divertito. Questo palco non ci é passato indifferente, direi proprio di no! Siamo riusciti a cogliere nuovi insegnamenti utili al percorso che abbiamo intrapreso. Aiuto: ci stiamo domandando se i personaggi sopra descritti possano o meno identificarsi nella descrizione… no dai, no no é troppo volutamente vaga! No no no!!! Di solito mentre mi occupo della stesura del diario Leo strimpella la chitarra suonando arpeggi decisamente malinconici ed a volte non mi é cosí immediato descrivere le gesta di un gruppo che vuole essere allegro… ci vuole taaanta pazienza! Riflessione profonda: a volte non é importante che una pastiglia di Vivin C si spenga sciogliendosi nell’acqua, ma il motivo per cui la stai facendo sciogliere. Domanda fatale: riusciremo a pagare l’affitto almeno per suonare le altre date prese? Testo a cura di Ronnie Abeille
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Album Review Recensione a cura di Evangelos Voutos L’ultima band finlandese degna di nota del panorama pop rock sono stati i CMX Aura, sconosciuti in Italia, seppur all’altezza di band che hanno avuto miglior fortuna che cantavano nella propria lingua. A differenza degli Aura, i Danny Lips cantano in inglese e racchiudono in 11 bellissime tracce tutto il senso, le melodie e la storia del brit pop anglosassone e di quello che rimane di buono dell’indie rock statunitense. Danny Lips hanno tanto da raccontare, la personalità dei cinque è così forte, che le assonanze che si trovano con altre band inglesi e statunitensi passano in secondo piano. Si riesce a percepire un’anima pura e decisa al contempo, che non volendo, riesce ad incantare con le proprie melodie ed arrangiamenti svelandosi a band professionista che sta facendo sul serio. Arrivati al secondo disco, Balancing Birds, in attività dal 2006, Danny Lips uniscono due chitarre basso e batteria a tastiere e synth in maniera magistrale. La splendida voce di Vesa Himanen si libera coscientemente sulla musica stesa lì apposta per lei, d’ispirazione morrisoniana seppur con un proprio carattere non appare mai né esagerata né mai sufficiente. I ritornelli dolci ed amari al contempo, si spalmano su nuvole gelate che fanno sognare la loro Finlandia ghiacciata. Dalla prima
all’ultima traccia un viaggio nel tempo fra suoni che ricordano The Coral, Oasis, Editors ma anche i più sdolcinati Stereophonics. Come tutte le band del genere i Danny Lips sono debitori dell’eredità dei Beatles e delle voci che insieme alla musica viaggiano all’unisono. Danny Lips valgono la pena d’essere ascoltati e comprati proprio per il vestito elegantissimo che portano, nel mare malvagio della vita in cui navigano, nel mondo storto e pur sempre bello che attraversano descrivendolo nei testi. Suono pulito ed aggressivo nel momento giusto, una produzione valida, all’altezza delle migliori band indie rock del momento. Nessuna traccia rimane senza importanza di nota, una realtà che in Italia avrebbe il successo che merita e che consiglio vivamente.
“Per saperne di più”: http:// www.dannylips.com/ ; http:// www.recordshopx.com/artist/ danny_lips/balancing_birds/ https://www.facebook.com/#!/ dannylipsmusic?fref=ts Danny Lips sono: Ari Suhonen, basso e tastiere Otso Laatikainen, batteria Topi Tarkki, chitarra Vesa Himanen, voce e chitarra Aki Ekroos, tastiere TRACKLIST 1. 2. 3. 4. 5. 6. TER 7. 8. 9. 10. 11.
BIG BOYS CLOUDS HEAL ME BROTHERS HERO SWEDES DO IT BETBLACK BIRD WONDERBOY FIREBALL FUN, FUN, FUN SHAME ON ME
Tipo: Full-Length (CD) Brani: 1 – 8 Genere: Death/Thrash Metal Sottogenere: Progressive Data di rilascio: 23 Aprile 2012 Etichetta: ABWESEND Records Produttore: N/A Primo full lenght per i cremonesi Pulvis et Umbra. Si deve fare una distinzione per poter procedere. Da una parte la padronanza tecnica, che per i nostri non manca affatto. Dall’altra la produzione. Quest’ultima forse troppo “asciutta” caratteristica che rischia di indebolire il disco. Tolto questo il genere proposto dai lombardi è un thrash al confine esatto tra old e new school. Il rifing è genuinamnente retro, ma non per questo risulta “già” sentito” grazie ad inserti elettronici e alla voce in growl. L’andamento dei brani è thrash in tutto e per tutto. Cambi di tempo, di atmosfere, “triplettate” di doppia cassa e accelerazioni. Tutto da manuale. C’è anche lo spazio per una capatina ne dearh dei primordi. Più precisamente una capatina in Clandestine degli Entombed con l traccia numero 3, Kosmonaut. Ben suonata e d’impatto caratterizzata da break in controtempo di assoluto rilievo. Si passa poi a Portrait of my self, il brano più lungo del disco con i suoi 5,29 minuti. Qui i nostri si confrontano anche con aperture decisamente melodiche che vanno a creare un buon contrappunto alla durezza complessiva. Anche in questo caso buoni cambi di tempo e alternanza di melodia e poten-
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za. Unica pecca, la resa poco incisiv della produzione anche se resta il dubbio si tratti di una decisione consapevole. Ben riuscita l’apertura centrale sospesa tra ambient e death melodico a richiamare gli Opeth. Si prosegue con i mid tempo grazie a The price of trust dove si affacciano anche inserti in tempi dispari della batteria, strumento che merita certamente una menzione per’ottimo lavoro. Purtroppo è il brano in cui una miglior produzione avrebbe reso certo maggior giustizia alla proposta della band. Death tecnico la successiva Reaching the end. In questo caso la produzione migliora semplicemente grazie ad una più azzeccata equalizzazione. Ottimi riff e cambi di tempo. Soprattutto si può apprezzre in pieno l’ottimo lavoro della voce. Ancora tempi dispari per Hope in a Better Afterlife, brano che richiama ancora una volta gli Entombed ma con inserti acustici. Buone le idee sviluppate che per essere su un disco di esordio ben fanno sperare. Come il cambio di tempo prima del solo. Verso i 3/4 il brano si apre ancora ad inserti non distorti che ntroducono in ulteriore cambio di rotta per poi ritornare a correre. Dall’intro deciamente contemporanea invece Architects of war con un andamento che poco o null avrebbe sfigurato su Demonic dei Testament così come richiamano nel refrain centrale la cadenza presa dal death di oggi giorno da gruppi come In Flames. Nell’insieme davvero un buon debutto per questi Pulvis et Umbra. Peccato la produzione renda non la dovuta giustizia ad un primo disco che merita certo attenzione. La scelta della collocazione stilistica nulla toglie alla band che suona ciò che piace e lo suona molto bene senza preccuparsi di molto altro.
Stefano: Voce Damiano: Chitarra Vincenzo: Basso Cello: Batteria Tracklist: Lying to Yourself Wrath and Sorrow Kosmonaut Portrait of Myself The Price of Trust Reaching the End Hope in a Better Life Architects of War Discografia Qui Valet Hic Mundus, Quid Gloria, Quidve triumphus Post Miserum Fonus (Demo, 2006) Pure Longobard Noise (Demo, 2007) Reaching the End (FullLength, 2012)
Testo a cura di Gianmaria Consiglio Dettagli: Tipo: Full-Length (CD) Brani: 1 – 13 Genere musicale: Progressive Data di rilascio: 2013 Etichetta: Blackwidow Records Produttore: N/A Sembra parodassale, eppure i versi di William Blake, uno degli artisti più influenti degli ultimi duecentocinquant’anni, sono “il corpus poetico in lingua inglese meno letto”, per citare il critico letterario Northrop Frye. E infatti raramente gli sterminati riferimenti al suo mondo visionario sono stati appropriati, degenerando spesso nel kitsch e nel ridicolo. In questo campo minato si
muove e si distingue l’album Big Red Dragon di Sophya Baccini, il secondo senza i suoi Presence. Significativa, considerato il precedente Aradía del 2009, è la scelta della cantante napoletana di legare al suo nome quello di Aradia, un organico in gran parte femminile, e di coinvolgere ospiti prestigiosi come Christian Décamps degli Ange, Sonja Kristina dei Curved Air, Lino Vairetti degli Osanna e Steve Sylvester dei Death SS. Si tratta infatti di un’opera collettiva, concepita come un musical, o un melodramma rock, che per la prima volta si ispira non a un testo, ma ai quadri dipinti da Blake a commento dei suoi libri, della “Bibbia” e della “Divina Commedia”, che, associati ognuno ad un brano musicale, creano di fatto una trama. E la scelta del trillo e del rullo di tamburi di William pare annunciare infatti l’apertura di un sipario. Le influenze e i rimandi musicali di Bed Red Dragon sono composite ma sempre coerenti. Emergono ad esempio echi del “folk apocalittico” di Death in June e Current 93 nel dialogo tra Eva e il serpente (While he’s Sleeping), in Love of Hecate e nel memorabile La porta dell’Inferno. I Comus sono udibili in Satan, e le musiche dei film di Carpenter nell’intro di Just. Echi floydiani sono presenti un po’ ovunque, e l’impronta metal della chitarra di Chicco Accetta lascia ovunque il segno. Meriterebbe una rappresentazione teatrale Big Red Dragon, e basterebbe già da sola la prog/operà/chanson Au matín du premíer jour, scritta e interpretata con Christian Décamps degli Ange, se non fosse seguita da Beatrice, aria estatica e mozzafiato, e se in chiusura non ci aspettasse una celestiale rilettura di Jerusalem, inno musicato da Sir Hubert Parry su testo di Blake. È una perla Big Red Dragon, destinato a lasciare al segno, e una versione in Lp Deluxe contenuta in un vero e proprio quadro da appendere sarà una
ghiotta tentazione per i collezionisti e gli appassionati.
Sophya – Voce, keyboards, synth bass Chicco Accetta – guitars Francesca Colaps – drums Stella Manfredi – violino, Viola Marilena Striano – Piano Special guests: Christian Decamps (ANGE) Sonja Kristina (Curved Air) Elisa Montaldo (Il Tempio delle Clessidre) Steve Sylvester (DEATH SS), Lino Vairetti (Osanna ) Irwin Vairetti (Osanna), Enrico Iglio (presence), Roberto Tiranti (Mangala Vallis)
destinata al naufragio, immortalata da Géricault in una splendida tela pre-romantica. Simbolo della nostra contemporaneità fatta di angosce e appigli senza illusioni. E dentro tutti questi viaggi vi è un altro viaggio un EP dal titolo Profezie e Simboli, un viaggio che per sonorità e sperimentazione, porta indietro nel tempo: al progressive italiano anni 70 per esempio. Uno splendido lavoro che va ascoltato e vissuto da spirito libero, ma che insegna soprattutto che con pochi strumenti suonati bene e voci messe al posto giusto si possono ancora creare altri viaggi. Bravi!
Testo di Marisa Raucci
Mud’s Eye
Un viaggio…cos’è un viaggio? Forse si potrebbe definire o forse no. Fisicamente è lo spostamento da un luogo all’altro. Ma a chi interesserebbe scrivere di cose che tutti già sanno? Un viaggio, potrebbe rappresentare la consapevolezza che una volta aperta la propria finestra emotiva ci si può perdere in tutte le diverse tonalità delle proprie sensazioni. In quelle vie che danno una possibilità di desiderare e sperimentare. E le vie non sono strade: le strade portano a destinazione, le vie accompagnano il viaggio di vite diverse…così, può capitare che tre ragazzi toscani decidono un loro viaggio prendendo la via di Berlino nell’agosto 2010 ed una volta lì il viaggio continua tra emozioni, osservazioni, riflessioni come nomadi e come nomadi ritornano e fondano La Zattera della Medusa un trio acustico sperimentale che si tira dietro un altro viaggio, quello tragico della zattera
Giovanissimi e decisamene coraggiosi questi tre romani. Coraggiosi per diversi motivi. Il primo è l scelta di proporre un genere solo strumentale. Coraggiosi poi per la scelta del genere che non è il “solito” prog. Il mini di 6 pezzi prodotto non è immediatamente identificabile. Come coordinate stilistiche si potrebbe appunto dire prog rock. Nulla a che vedere però con il progressive di settantiana memoria o il prog metal. Si deve scavare più a fondo per trovare uno spaccato in cui poterli inserire. Essendo un primo prodotto, forti sono ancora le influenze, anche se di tutto rispetto quali Tool, Robert Fripp e Pain of Salvation. Ciò non inficia le indiscutibili capacità del trio che si dimostra a proprio agio su terreni scoscesi, pieni di tempi dispari, atmosfere “space” o psichedeliche dilatate dalla chitarra e supportate da un ottimo basso giustamente effettato.
Line-up / Musicians
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Componenti e ruoli
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