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PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI! Dicembre 2013 n. 44

Scintilla Organo di espressione di Piattaforma Comunista teoriaeprassi@yahoo.it

www.piattaformacomunista.com

1 euro

Estendere e unificare le mobilitazioni per far pagare crisi e debito a chi li ha causati La situazione economica e politica impone ai comunisti, ai rivoluzionari, la massima unità e la massima audacia. Dobbiamo avanzare più rapidamente. Per farlo è necessario sviluppare le politiche di fronte unico e di fronte popolare, indispensabili per passare al contrattacco contro l’offensiva del capitale. Dobbiamo assumere decisamente, nella teoria e nella pratica, la questione dell’unità politica, programmatica e di azione della classe operaia e delle masse popolari interessate all’abbattimento della dittatura dei monopoli capitalistici. Senza lo sviluppo di queste politiche, la borghesia avrà sempre facile gioco, a causa dell’assenza di una reale opposizione politica e sociale e della funzione di sostegno al capitale finanziario svolta dai riformisti e dagli opportunisti. La fine degli sbandamenti, la costruzione di un valido argine alle continue rapine antipopolari, il passaggio su nuove e più avanzate posizioni, dipendono dalla realizzazione di una svolta unitaria e di massa, diretta dalla classe operaia, che è il fattore determinante della situazione. E’ dentro questo lavoro che avanzerà la lotta per la formazione di un forte e agguerrito Partito comunista, facendo progredire l’unità dei comunisti e degli elementi più combattivi del proletariato. Senza Partito rivoluzionario e indipendente del proletariato non vi potrà essere un potente movimento rivoluzionario delle masse; senza la lotta delle masse non esisterà un vero Partito comunista: questa è la dialettica della lotta di classe.

“Quello che vogliamo di più è un governo in tuta blu!”

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Sbarrare la strada a fascismo e populismo con l’unità operaia e popolare

Come e a quali condizioni uscire dall’UE e dall’euro? Un dibattito aperto

Risoluzione del XIX Plenum della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti


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Via il governo della miseria e delle svendite! La crisi economica continua a mordere, la disoccupazione aumenta, il degrado e la povertà (che oggi colpisce 9,2 milioni di persone) si estendono. A ottobre la produzione industriale è scesa per la 25^ volta di seguito. Proseguono le chiusure delle fabbriche e i licenziamenti per i profitti di “lor signori”. Per chi rimane in produzione la situazione è critica, fra aumenti dei carichi di lavoro, degli orari e degli infortuni, riduzioni salariali sotto la minaccia di “esuberi” e delocalizzazioni. Ormai è chiaro che neanche il 2014 vedrà una crescita economica, nonostante le chiacchiere di Letta e soci sulla “ripresa a portata di mano". La decomposizione del sistema politico-istituzionale italiano va avanti su questa base, manifestandosi con le faide interne ai maggiori partiti borghesi e nel progetto neocentrista che avanza sotto l’egida di Napolitano e Bagnasco. La rissa si riflette all’interno di un governo di “larghe intese” (adesso più strette) illegittimo perchè mai votato dal popolo italiano, debole ma pericoloso, che procede nella linea dell’austerità e delle controriforme. La Legge di stabilità è solo l’ultimo episodio del saccheggio sociale imposto da una classe dominante di corrotti, cialtroni e ladri. Più tasse per lavoratori e pensionati (il prossimo anno si pagheranno 1,1 mld. di nuove imposte), più tagli ai servizi pubblici, altre privatizzazioni, nuovi regali a monopoli finanziari, manager famelici, ricchi evasori fiscali e criminali esportatori di capitali. Ma per l’UE questo non è ancora sufficiente e perciò

impone il rispetto ferreo del Patto di stabilità, un caposaldo dell’oligarchia finanziaria che ci sta strangolando. Dietro la demagogia della “riduzione del debito” la politica del governo è quella di aggravare la recessione, smantellare l’apparato industriale e svendere ill patrimonio pubblico, per consentire alle multinazionali di fare spesa a prezzi di saldo nell’outlet italiano. Un altro esempio della linea antioperaia è la riduzione degli ammortizzatori sociali, delle tutele e dei diritti dei lavoratori, della spesa sociale. Si punta a accelerare la transizione ai nuovi ammortizzatori, nei quali la discrezionalità è minore, limitando progressivamente il numero di mesi per i quali gli operai possono ricevere l’assegno. Non a caso nei bilanci governativi la missione di guerra in Afghanistan costa più dei cassintegrati! Mentre il paese frana e la Sardegna affonda per precise responsabilità, la cricca installata a Palazzo Chigi da Napolitano e UE, non prende nessuna misura per alleviare le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori e dei disoccupati, ma difende gli esclusivi interessi dei gruppi dominanti dell’imperialismo italiano come Fiat, Eni, Telecom, protegge i privilegi dei parassiti (è in arrivo un altro “scudo fiscale”). Lo fa dietro inganni colossali come le detrazioni, la diminuzione del debito, l’assunzione dei precari. Balle! Una volta risolto il rebus della decadenza del delinquente Berlusconi, il governo cercherà di procedere verso quelle “riforme strutturali” (liquidazione CCNL,

restrizione spesa pubblica per ricapitalizzare le banche, altre privatizzazioni…) richieste da UE-BCE-FMI. Allo stesso tempo, Letta-Alfano e i suoi sostenitori vanno avanti con la manomissione della Costituzione, la riduzione dei ricorsi amministrativi, il varo di una nuova legge elettorale per dare l’aspirina a un sistema agonizzante. Sono vergognose le responsabilità del PD, degli opportunisti e dei vertici sindacali che in nome della “stabilità” e della “coesione sociale” servono gli interessi e gli appetiti capitalistici, frenano le lotte o danno vita a scioperetti inutili che servono a dimostrare che i lavoratori non hanno voglia di lottare, isolano i settori operai e popolari più combattivi, spostandosi con Renzi sempre più a destra. Ma hanno fatto male i loro conti. Si moltiplicano le proteste e le mobilitazioni di massa su diversi terreni: lavoro, salario, casa, ambiente, lotta alle privatizzazioni. Da Genova a Napoli, dalla Val Susa alI’Indesit, dagli operai, dai tranvieri, dalle donne, dai giovani, vengono gli esempi di come si deve dare battaglia! All’interno di queste lotte registriamo un più netto rifiuto delle logiche istituzionali e parlamentari, un’attitudine più unitaria e solidale, contro la politica di divisione, demonizzazione e repressione della protesta sociale portata avanti dal governo e dai suoi supporter politici e sindacali. La momentanea paralisi è stata infranta e si è aperta una nuova fase di mobilitazione.

Ora occorre lavorare per superare i limiti del movimento di resistenza alle politiche borghesi: la sua dispersione, la scarsa continuità, l’economicismo, la mancata unificazione su contenuti anticapitalisti, l’assenza di una prospettiva politica di rottura rivoluzionaria. La questione di fondo è che l’attacco borghese va avanti perché ancora non c’è una vera, forte e unita opposizione di classe e sociale, a causa della politica dei riformisti e degli opportunisti, che apre spazi al populismo e alle destre. Di qui la necessità di lavorare per sviluppare e unire i numerosi torrenti di lotta contro il governo reazionario LettaAlfano, chiamando a manifestare in ogni occasione, fino a provocarne la caduta nelle piazze e nelle fabbriche. Va dato impulso dal basso a una maggiore partecipazione unitaria alle lotte, agli scioperi, soprattutto rafforzando il protagonismo e l’organizzazione delle masse, con la formazione di organismi di fronte unico proletario (Consigli, commissioni, comitati, coordinamenti, assemblee di delegati) e di fronte popolare, sulla base della difesa intransigente degli interessi e delle aspirazioni della classe operaia. Tutta questa attività dev’essere vista in legame indissolubile con la questione fondamentale del potere politico: contro i governi dei capitalisti, per il Governo degli operai e di tutti gli sfruttati (quel “governo in tuta blu” rivendicato dai giovani operai nei cortei), il solo che può salvarci dalla rovina.


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Nessuna modifica all’art. 138 Battere nelle piazze il piano reazionario! Nel mese di dicembre la Camera voterà, in terza e ultima lettura, le modifiche dell’art. 138 della Costituzione democratico-borghese, una norma di garanzia che pone dei limiti alle revisioni costituzionali. L’obiettivo delle forze politiche favorevoli al Ddl del governo Letta-Alfano, che agiscono nel silenzio dei principali mezzi di comunicazione, è quello di manomettere l’art. 138, istituire un “Comitato di saggi” controriformatori, per poi procedere alla modifica di numerosi articoli della Costituzione. In tal modo si punta a cambiare la forma dello Stato e del governo, passando a una Repubblica presidenziale di tipo autoritario, antidemocratica, che affosserà definitivamente la Resistenza, le sue conquiste, i suoi ideali. L’intento del governo LettaAlfano, dei suoi sostenitori (PD, centristi, destre) e della Lega Nord, è raggiungere una maggioranza parlamentare che superi i 2/3, impedendo al popolo italiano di esprimere la propria voce con un

referendum, portando così avanti l’operazione nei tempi dettati da Napolitano. Questo è il losco disegno che va a continuare il piano eversivo di Gelli e di Berlusconi. Un disegno portato avanti da un governo che ha nel suo Dna l’involuzione autoritaria, poiché nato fuori e contro la volontà popolare, imposto dall’oligarchia finanziaria. La svolta reazionaria risponde all’esigenza del grande capitale di massimizzare i profitti, di accrescere il suo dominio sull’intera società controllando completamente l’apparato statale. E’ una svolta che ha le sue premesse nell’offensiva padronale volta a scaricare tutte le conseguenze della crisi sulle spalle dei lavoratori, nella politica di austerità che cancella i diritti sociali, nei diktat UEBCE-FMI, nella politica di guerra della NATO, nelle continue ingerenze vaticane, nelle “larghe intese” antioperaie. Ruberie, lusso e privilegi inauditi per i parassiti, sfruttamento a sangue e oppressione per la classe

operaia e le masse popolari: ecco cosa sono oggi il liberalismo e il riformismo borghese! L’ANPI ha lanciato una lettera aperta ai cittadini e promosso manifestazioni locali il 24 novembre contro le modifiche dell’art. 138. E’ un passo, che giunge dopo la manifestazione del 12 ottobre svolta sugli stessi temi, da compiere. Assieme alla chiarezza e alla denuncia politica dei responsabili della trasformazione reazionaria dello Stato e della società, serve la più decisa mobilitazione di classe e di massa. Tutti in piazza il 24 nov. e nelle giornate di dicembre in cui è previsto il voto definitivo alla Camera per smascherare e far fallire il disegno dei golpisti in guanti bianchi. Difendiamo le conquiste, i diritti e le libertà democratiche conquistate dalla classe operaia, che la borghesia getta nella polvere per far sopravvivere il suo sistema agonizzante. Rafforziamo l’opposizione di classe e di massa al governo Letta-Alfano, rilanciamo la necessità di formare un ampio

Partigiani a Milano, aprile 1945

Fronte popolare, per sconfiggere l’offensiva reazionaria e aprire la strada alla trasformazione qualitativa della società, ad una vera democrazia dei lavoratori, che si potrà realizzare solo con una Repubblica socialista!

Per l’autofinanziamento della stampa comunista Cari compagni, cari lettori, ci rivolgiamo ancora una volta a voi, per chiedervi di sostenere la nostra stampa e la nostra propaganda, a partire dall’abbonamento ordinario a Scintilla e Teoria e Prassi - che siamo costretti a portare a 20 euro annui - sul conto corrente postale n. 001004989958 intestato a Scintilla Onlus. Come potete immaginare, incontriamo difficoltà ed ostacoli di ogni tipo, a partire dalle disponibilità finanziarie. Ma non intendiamo mollare, perché siamo convinti della funzione insostituibile della pubblicistica comunista. Il principio fondamentale grazie al quale appare e si diffonde la nostra stampa è l’autofinanziamento. Ci basiamo sulle nostre forze e sull’apporto dei compagni che aspirano e lottano per un

mondo migliore e diverso, per il socialismo e il comunismo. In questi anni, nonostante mille ostacoli e difficoltà, siamo riusciti a proseguire e consolidare il nostro lavoro, a sviluppare le posizioni politiche e ideologiche, ad essere presenti nelle più importanti manifestazioni di massa, divenendo un piccolo ma importante punto di riferimento ed orientamento per tanti compagni. Stiamo compiendo uno sforzo – anche economico – per dare impulso all’unità dei marxistileninisti per la costruzione di un forte Partito comunista, così come per mantenere e sviluppare un solido legame con il Movimento comunista internazionale. Per pubblicare il giornale, i volantini, i manifesti, per proseguire e sviluppare

ulteriormente il nostro lavoro rivoluzionario, per rilanciare la politica dei comunisti e mettere in atto iniziative concrete, è indispensabile il vostro contributo. Vi chiediamo dunque una precisa assunzione di responsabilità: abbonatevi, sottoscrivete, donate nella misura delle vostre possibilità, affinché i nostri strumenti di propaganda e di iniziativa politica siano sempre più adeguati ai compiti che oggi spettano ai comunisti. Versate il vostro contributo, anche piccolo, sul c.c.p. 001004989958 intestato a Scintilla Onlus, indicando la causale! Sottoscrivere per il rafforzamento della stampa comunista, sostenerla contro le menzogne della stampa borghese, è un dovere per i

comunisti e gli operai avanzati, per tutti coloro che lottano per i diritti, gli interessi e la libertà dei lavoratori e dei popoli. Con il vostro aiuto porteremo avanti la lotta per il Partito comunista!

Scintilla

organo di Piattaforma Comunista Mensile. Editrice Scintilla Onlus Dir. resp. E. Massimino Iscrizione ROC n. 21964 del 1.3.2012 Redaz: Via di Casal Bruciato 15, Roma Chiuso il 23.11.2013 - stampinprop.

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Dopo Lampedusa: si indurisce la politica razzista contro i migranti Dopo l’evitabile tragedia di Lampedusa numerose organizzazioni hanno alzato la loro voce esigendo dal governo Letta-Alfano interventi immediati: abolizione della legge Bossi-Fini e dei CIE, permesso di soggiorno e documenti di viaggio per i migranti, asilo politico per tutte le vittime delle guerre e delle persecuzioni, legalizzazione e parità dei salari e dei diritti per i lavoratori migranti, strutture adeguate per l’accoglienza. Ma quale è stata la risposta? Asciugate le lacrime di coccodrillo, non si parla più di modificare le norme per l'immigrazione e l'asilo, né quelle sulla gestione dei permessi di soggiorno. Dal trattato di Schengen, a Mare Nostrum a Frontex la “nuova politica” sull’immigrazione targata UE è fatta di una più serrata chiusura delle frontiere, di maggiore controllo e militarizzazione per respingere i flussi, di introudzione del reato di clandestinità, di estensione dei luoghi di detenzione lager, di negazione del diritto alla salute, di populismo e xenofobia. Il tutto coperto da una viscida demagogia umanitaria sui soccorsi, quando in realtà i controlli più rigidi non faranno altro che modificare, allungandole e rendendole più pericolose, le rotte migratorie. Nessun problema: Eurosur, il nuovo sistema di sorveglianza, permetterà di vedere in diretta dal satellite come affondano le barche piene di profughi…. La contestazione subita da Alfano a Lampedusa si giustifica p i e n a m e n t e : “Assassini...assassini, basta con la Bossi-Fini!”. Per i governi borghesi i migranti sono bravi e buoni finché affogano o stanno zitti a subire sfruttamento e negazione di diritti.

Ma si trasformano in pericolosi sovversivi quando si organizzano e lottano contro lo stato di cose esistente. In Italia sono migliaia le denunce e gli episodi di repressione, le espulsioni contro i migranti che si ribellano e si organizzano contro razzismo, minacce, soprusi e prigionia. I migranti servono - eccome! – a tenere in piedi il sistema di sfruttamento capitalistico, specie nei settori non delocalizzabili. Ma solo se mantengono determinate caratteristiche: devono essere ricattabili col permesso di soggiorno, espellibili in qualsiasi momento, disponibili a sopportare qualsiasi condizione di lavoro, invisibili sul piano sindacale e politico. Devono stare in silenzio quando i padroni non li pagano, quando impongono orari illegali, quando li minacciano. Contro questa realtà si impone la lotta e l’organizzazione in comune fra i lavoratori nativi e migranti, spezzando quella divisione che fa tanto comodo alla borghesia e prendendo piena coscienza delle cause del problema migratorio: l’imperialismo e le sanguinarie cricche locali ad esso legate, che generano oppressione, spoliazione, miseria, guerre di aggressione e di rapina, distruzione delle economie locali, persecuzioni, violenze, costringendo milioni di essere umani a fuggire dai loro paesi. Esigiamo l’abolizione della Bossi-Fini e delle altre leggi razzziali! Chiusura immediata dei CIE! Stop alle espulsioni! Permesso di soggiorno e documenti di viaggio per i migranti! Basta lavoro nero! Asilo politico per tutte le vittime delle guerre e delle persecuzioni! Regolarizzazione, legalizzazione e parità di salari e diritti per i migranti, per rafforzare la lotta dell’intero proletariato!

Il rapporto di Dimitrov al VII Congresso dell’Internazionale comunista E’ in distribuzione l’opuscolo con la versione integrale del rapporto tenuto il 2.8.1935 da G. Dimitrov al VII Congresso dell’Internazionale comunista. Il testo è preceduto da una prefazione a cura della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti. Invitiamo tutti i compagni a richiedere copie dell’opuscolo (in distribuzione al prezzo di 3 euro + spese di spedizione) scrivendo a: teoriaeprassi@yahoo.it Dalla Prefazione: “I risultati politici della attuale crisi economica capitalista dipenderanno dell’azione delle forze politiche e dalla loro capacità di trarre vantaggio dalla situazione. Da una crisi economica e da una guerra mondiale scaturì la prima Rivoluzione socialista, quella dell’Ottobre 1917 in Russia; ma da un’altra grande crisi economica sorse il fascismo tedesco, capeggiato da Adolf Hitler. Questo significa che la crisi può contribuire alla rivoluzione, se c'è una forza politica con influenza nelle masse e capacità di sviluppare i

movimenti tattici che permettono di rovesciare i governi borghesi e proimperialisti. La questione del Partito Comunista, come categoria storica e forza dirigente, assieme al Fronte Popolare, che unisce e mobilita in un solo senso le riserve rivoluzionarie e patriottiche, per farla finita col dominio imperialista ed i suoi governi lacchè, è un compito in cui dobbiamo persistere dandovi urgente soluzione“.


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L'imperialismo italiano e i suoi strumenti operativi Mentre in Parlamento infuria lo scontro (in parte vero, in parte fittizio) fra i vari partiti borghesi sulla Legge di stabilità, con la relativa «guerra degli emendamenti», c'è un'istituzione della Repubblica che si occupa dei veri scenari di guerra (nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, in Africa, dovunque il capitale industriale e finanziario italiano ha degli interessi da difendere). E' il Consiglio Supremo di Difesa, previsto dall'art. 87 della Costituzione, presieduto dal Presidente della Repubblica e disciplinato da alcune leggi speciali. Oltre al Capo dello Stato, ne fanno parte il Presidente del Consiglio, i Ministri degli Esteri, dell'Interno, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze, e il Capo di Stato maggiore della Difesa. Alle sue riunioni possono essere convocati anche i Capi di Stato Maggiore delle quattro Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei Carabinieri), il presidente del Consiglio di Stato e vari esperti in campo economico, industriale e militare. Esso si è sempre caratterizzato come l'organo meno conosciuto della Repubblica, con competenze mai ben definite,

con poteri istruttorii e consultivi, ma anche partecipe dell'indirizzo politico, in grado di determinare le più importanti questioni della sicurezza nazionale sul piano interno e internazionale, cercando talvolta di imporle al governo con direttive politiche vincolanti. Lo si è visto molto bene nella penultima riunione del CSD, nella quale esso ha posto come assolutamente necessario ed indilazionabile l'acquisto e l'impiego degli F35. Il Consiglio Supremo di Difesa è stato riconvocato da Giorgio Napolitano il 6 novembre scorso (con la partecipazione di Letta, Bonino, Alfano, Mauro, Zanonato, e dell'ammiraglio Mantelli, capo di Stato Maggiore della Difesa), mentre da molte settimane erano in corso proteste e lotte operaie e popolari contro la povertà e la disoccupazione generate dalla

crisi, con scontri - anche duri fra manifestanti e forze di polizia. Il CSD ha esaminato i «principali scenari di crisi», il quadro internazionale e gli impegni derivanti dalle varie missioni militari e «umanitarie» dell'Italia all'estero, segnatamente in Afghanistan, anche in vista del decreto attuativo per il 2014. Nella nota diffusa al termine della riunione si legge che il Consiglio ha «confermato la necessità e l'urgenza di procedere con il massimo impegno nel processo di razionalizzazione dello strumento militare». Dunque, nuove spese militari a carico del bilancio dello Stato per rafforzare la presenza dell'imperialismo italiano – incardinato nella NATO e nella UE - nelle varie aree «sensibili» dove esso è impegnato, mentre

la crisi economica morde e i proletari non riescono più a soddisfare le loro più elementari esigenze di vita e di lavoro. Chiaramente, la “salvaguardia dell’ordine e della sicurezza” imperialista non si riferisce solo alle missioni all’estero. Nella Direttiva ministeriale 2013 del Ministero della Difesa viene posta grande attenzione alla gestione della crisi economica e al rispetto degli impegni e ai vincoli assunti in sede UE. Pertanto, “le Forze Armate devono tenersi pronte ad assicurare quel supporto tecnico e organizzativo che risulta decisivo in caso di particolari emergenze nazionali”. Nella Val di Susa hanno già capito di cosa si tratta. Proletari, lavoratori, giovani, sveglia, il nemico è in casa nostra, si chiama borghesia. No alle spese militari dell'imperialismo italiano, stanziamenti immediati per i disoccupati, per le opere idrogeologiche! Ritiro di tutte le truppe dislocate all’estero e in Italia! Chiusura di tutte le basi USA e NATO sul nostro territorio! Fuori l'Italia dalla NATO e dall'Unione Europea, per una politica di pace e di sostegno alle lotte antimperialiste.

CGIL: il sindacato di classe è un’altra cosa Dopo i gravi cedimenti compiuti dai vertici sindacali CGILCISL e UIL sulla controriforma Fornero delle pensioni, sull’art. 18, sulle regole di rappresentatività, sui contratti di categoria e aziendali, numerosi operai e sindacalisti combattivi hanno espresso l’esigenza di una inversione di rotta, di una piattaforma sindacale di classe su cui riorganizzarsi e lottare. Ora, in vista del 17° Congresso CGIL, è stato presentato dai dirigenti della Rete 28 Aprile.un documento alternativo a quello delle “larghe intese” di Camusso, Landini, Nicolosi, etc. La scelta è condivisibile, ma non possiamo sottacere i limiti e gli errori di impostazione propri di questa area, che purtroppo ritroviamo nel documento. Salta agli occhi la mancanza di un chiaro riferimento alla classe

operaia come forza dirigente. Di qui l’assenza della prospettiva della ricostruzione di un sindacato di classe, che organizzi la lotta dei lavoratori e dei disoccupati contro il capitalismo, per una società senza sfruttamento. Il documento è privo di una seria analisi della crisi capitalistica. Le scelte di fondo, come quelle sull’appartenenza alla UE e alla NATO, sono confuse, deboli. Non si parla chiaro, dicendo che bisogna uscire da queste gabbie imperialiste. Vi sono delle rivendicazioni immediate condivisibili. Ma dal punto di vista strategico tutto ruota attorno al vecchio programma socialdemocratico e keynesiano dell’intervento pubblico. Sul piano della solidarietà

internazionale non si va oltre la “certezza del diritto internazionale” borghese. Il difetto principale del documento alternativo sta nel fatto che non mira a costruire una vera opposizione di classe organizzata alla base del sindacato, che si unisca alle altre opposizioni che esistono fuori dalla CGIL per prendere iniziative e sviluppare le lotte. Non si profila nessuna caratteristica organizzativa, come strumento per una più ampia unità su basi classiste. Perciò, nonostante i buoni propositi, tutto si riduce alla lotta nell’apparato, dove prospera la burocrazia sindacale. Il risultato di questa linea lo abbiamo visto nelle ricorrenti crisi della “sinistra sindacale”, che spesso si è venduta o è rifluita nell’apparato. Su queste

fallimentari esperienze, però non c’è traccia di bilancio critico. Ancora una volta si cade nella illusione di riformare o correggere la linea dei vertici sindacali, di controbilanciare la deriva autoritaria nel sindacato. Ma il tempo degli equilibrismi è finito. La verità è che nel Congresso CGIL non vi sono le condizioni minime per un confronto democratico. Il problema dunque non sono i numeri, ma i contenuti di classe. Se la questione di fondo è il tipo, il modello di sindacato, bisogna avere il coraggio di dire che ci vuole una struttura sindacale di classe, contro tutte le forme di opportunismo. E’ su questi temi che bisogna discutere nelle assemblee dei lavoratori, andando ben oltre il Congesso!


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Sbarrare la strada a fascismo e populismo con l’unità operaia e popolare Oggi nell’UE c’è una crisi profonda, con milioni di disoccupati. Le misure che la Troika (UE-BCE-FMI) applicano contro i lavoratori e i popoli sono brutali. Quando diciamo che ci vogliono far tornare un secolo indietro è la pura verità. In questa situazione la lotta non si ferma, ma tende a svilupparsi e a moltiplicarsi. Ci sono mobilitazioni quotidiane in tutti i settori sociali. La domanda che si pone è: quale forza riuscirà a capitalizzare politicamente questa situazione? E’ possibile che siano i comunisti, i rivoluzionari, le forze della sinistra di classe. Un partito marxista-leninista forte, con una buona capacità di intervento politico fra le masse, può volgere decisamente a suo favore questa situazione. Ma la verità è che ancora non c’è questa forza e questa capacità. Certo, non stiamo certo con le mani in mano. Portiamo avanti la nostra politica nella classe operaia, nei sindacati, in tra i giovani, nei settori colpiti dalla crisi, dando impulso alla nostra linea, favorendo la formazione di organismi di massa, l’unità dei comunisti. Però siamo ancora deboli e scontiamo gravi ritardi e limiti soggettivi, di carattere storico. Se non saranno i comunisti ad approfittare della situazione, chi lo farà? Molto probabilmente l’estrema destra. L’evoluzione politica nell’UE dimostra l’avanzata di partiti e movimenti neofascisti e populisti aggressivi che si rivolgono direttamente alle masse popolari, presentandosi come forze “antisistema e antiglobalizzazione”. Questi partiti non solo vedono aprirsi spazi grazie alla crisi dei partiti tradizionali, sia della sinistra sia della destra borghese, ma fanno proprie posizioni della socialdemocrazia per intercettare il malcontento e la delusione delle masse, il loro bisogno di “sicurezza” e di “certezze” profondamente scosso dalla crisi, promettendo demagogicamente lavoro e avvenire ai giovani.

Gli esempi di Marine Le Pen in Francia, di Alba Dorata in Grecia, del movimento Jobbik in Ungheria, di Diritto e Giustizia in Polonia, del Partito della Grande Romania, del Freiheitspartei in Austria, del Partito del Progresso in Norvegia, dei Veri finlandesi, dei Democratici Svedesi e per alcuni aspetti del grillismo in Italia, sono sotto gli occhi di tutti. Si tratta di una questione molto seria, che non va sottovalutata e che ha conseguenze profonde non solo in Europa (basta vedere il caso del Tea Party negli USA). E’ sbagliato vedere la crescita di queste forze (che hanno come tratto unificante l’anticomunismo) scollegata dai disegni del capitale monopolistico, che punta a scaricare tutto il peso della crisi sulla classe operaia, a risolvere i problemi dei “mercati” a spese dei popoli oppressi, a preparare nuove guerre di rapina. In particolare, il grande capitale ha per obiettivo quello di distruggere qualsiasi livello di organizzazione indipendente del proletariato, di disarticolare e indebolire il movimento operaio e sindacale, di piegarlo completamente ai propri interessi e di reprimere i settori più combattivi che resistono, per applicare una aggressiva politica salariale, di smantellamento delle conquiste e dei diritti dei lavoratori, di rafforzamento del suo dominio. A tal fine si utilizzano molteplici armi ideologiche e politiche, tra le quali lo sciovinismo, la xenofobia, l’odio verso i migranti, l’europeismo alla Breivik, che sono parte integrante dell’offensiva capitalistica. Dunque, se in generale la borghesia non fa nulla contro i movimenti populisti e fascisti, i suoi settori più reazionari, i banditi dell’alta finanza, li appoggiano, li finanziano, li aiutano. Questo aiuto viene anche dai governi borghesi che attuano misure sempre più antipopolari e autoritarie, proseguono la politica di guerra, smantellano le libertà democratiche.

Quanto ai capi della socialdemocrazia e dell’opportunismo, vediamo bene la loro funzione: sostenere i piani del grande capitale, nascondere alle masse il carattere di classe del populismo e del fascismo, impedire la loro risposta contro le crescenti misure reazionarie della borghesia, disarmare politicamente e ideologicamente la classe operaia, criminalizzare la protesta sociale, perfino spiegare ai lavoratori che non tutti i mali vengono dal populismo, dal fascismo, dal razzismo! L’ascesa di questi fenomeni, la loro aggressività , pongono il problema dell’unità politica della classe operaia, del lavoro di fronte unico e di fronte popolare, dell’antifascismo militante, come necessità ineludibili. Guardiamo al caso italiano. Nel nostro paese vi sono centinaia di organizzazioni che si definiscono antifasciste, di sinistra e perfino comuniste. La necessità dell’unità per lottare contro il capitalismo e i suoi governi, contro il fascismo, il populismo, il razzismo è diffusa. Però quando si pone concretamente la questione sorgono i problemi. Tutti vogliono l’unità, ma poi tutti dicono “l’unità sono io”. Un secondo problema è il cambiare continuamente le carte in tavola da parte degli opportunisti, spesso per mire di tipo esclusivamente elettoraliste, che contribuiscono

alla dispersione e alla disorganizzazione politica. Un terzo problema, che riguarda anche le forze più conseguenti, è il criterio del “tutto o niente” e la visione statica degli accordi. Non si comprende che a volte è necessario collaborare e stringere accordi, giungere all’unità di azione anche solo su questioni parziali, anche solo con alcune forze, per sviluppare il lavoro unitario e permettere alleanze più vaste. Occorre comprendere che il fronte non si costruisce in un solo momento, in solo atto; il fronte deve essere il prodotto di un processo di unificazione delle classi interessate nella rivoluzione, dell’insieme delle organizzazione popolari. La battaglia è solo all’inizio. Il pericolo di destra, il fascismo e il populismo possono essere battuti a condizione che la classe operaia riprenda la via della lotta, unisca le sue forze contro l'offensiva del capitale e del fascismo, non si isoli dai suoi alleati. Ma per fare questo è necessaria la guida di un combattivo Partito rivoluzionario, che abbia una giusta linea politica e sappia adattare i metodi di lavoro alla situazione concreta. La politica di alleanza, di fronte, pone la questione della direzione delle forze della rivoluzione da parte del partito del proletariato, presuppone dunque l’esistenza e indipendenza del partito, che non deve mai rinunciare ai suoi principi e ai suoi obiettivi rivoluzionari.


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Come e a quali condizioni uscire dalla UE e dall’euro? Un dibattito aperto Mentre aumentano le divisioni economiche e politiche fra gli strati membri dell’UE, si pone sempre più all’ordine del giorno, all’interno del dibattito politico e delle lotte operaie e popolari, la questione dell’uscita dalla asfissiante gabbia costruita dal capitale monopolistico finanziario. E’ il carattere stesso della UE imperialista (impossibile o reazionaria), la sua irriformabilità e insostenibilità, le sue insanabili contraddizioni interne, le dure ripercussioni della sua politica nella classe operaia e nei popoli, il suo carattere profondamente antidemocratico, a far sì che crescenti settori del movimento operaio, sindacale, sociale, giovanile, si rendono conto che ì così non si può andare avanti. Quali sono oggi le ipotesi di uscita da Ue e euro che si affacciano nel dibattito sul tappeto? Quali le diverse opzioni su come “gestire” la rottura? Dal punto di vista borghese e piccolo borghese due sono le ipotesi principali. La prima è quella dell’uscita volontaria gestita dai governi borghesi. Fa appello all’art. 50 trattato di Lisbona, secondo cui ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione. Si aprirebbe così un negoziato volto a definire le modalità del recesso che verrebbe poi concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo. Questa ipotesi varrebbe sia nel caso di recesso volontario di paesi più forti per costituire il super-euro, sia nel caso di sganciamento (o espulsione per infrazione o per default) di quelli più deboli, come conseguenza dell’ insostenibilità economica dell’euro (o della creazione di un area più ristretta nord-europea, attorno alla Germania). Il Trattato di Lisbona non dice nulla, invece, sulla possibilità di abbandonare soltanto l'Eurozona; dunque per uscire dall’euro bisogna uscire dalla UE (anche se la Merkel dice di no). La seconda ipotesi è quella dell’uscita coordinata degli stati periferici (PIIGS) che si

alleerebbero con altri paesi mediterranei, creando una nuova moneta comune con valori di cambio “più adeguati alle proprie possibilità” e un’area economica di libero scambio e cooperazione (simile all’Alba). Ciò includerebbe la nazionalizzazione delle banche centrali e di alcuni settori, come l’energetico, i trasporti, le Tlc. Da osservare che i promotori di questa ipotesi parlano più di uscita dall’Unione monetaria (euro), che dalla UE. Ad es. il movimento Drachm greco (simile al M5S) punta alla promozione dell’alleanza dei paesi dell’Europa meridionale, con l’obiettivo dell’uscita dalla moneta unica per Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Cipro, della creazione di una zona di libero scambio nel sud, stabilendo politiche comuni in diversi ambiti. Questa seconda ipotesi – che viene avanzata con diverse varianti - è di carattere socialdemocratico, ed esprime interessi di settori di piccola borghesia radicale e di settori di borghesia di Stato che non vogliono essere subalterni a Germania e Francia.

Ma quali sarebbero le conseguenze reali di queste ipotesi? Per un paese imperialista debole come l’Italia sarebbero: deprezzamento immediato della valuta con forte svalutazione, inflazione (più o meno alta), attacchi speculativi, abbassamento salari, blocco sistemi di pagamento, dazi protettivi, costi energetici, default debito pubblico, impossibilità finanziamenti, etc. A guadagnarci sarebbero settori di industriali votati all’export, ma le conseguenze sociali per la classe operaia e le masse popolari sarebbero drammatiche. In tali condizioni la borghesia

non potrebbe conservare nella stessa forma il suo dominio di classe. Essendosi cacciata in un vicolo cieco, l’alternativa per mantenersi al potere sarebbe il fascismo. Per cui il vero problema da porsi è il seguente: a quali condizioni il proletariato rivoluzionario può dare il suo consenso all’uscita della UE? Diciamo subito la nostra: a condizione che vi sia il passaggio del potere al proletariato e agli strati più poveri delle masse lavoratrici che si schierano dalla sua parte e la rottura completa ed

effettiva con tutti gli interessi del capitale. Infatti, se la questione dell’uscita dalle istituzioni e dalle alleanze imperialiste come l’UE venisse diretta da settori di borghesia e/o piccola borghesia non vi sarebbe alcun miglioramento della situazione della classe operaia. Al contrario, si scaricherebbero sulle spalle e degli altri lavoratori sfruttati tutte le conseguenze della crisi che ne deriverebbe. La questione della uscita dalla UE per un paese imperialista come l’Italia, non può che essere legata allo sviluppo della lotta di classe, al processo rivoluzionario. E deve essere

diretta dalla classe operaia, la classe più rivoluzionaria della società, per produrre risultati positivi. Solo un Governo operaio e degli altri sfruttati può far uscire l’Italia dalla UE facendone pagare il prezzo alla borghesia. Solo un Governo di questo tipo, che nasca dal movimento rivoluzionario delle masse sfruttate e oppresse, può adottare misure energiche, come il controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti, le nazionalizzazioni, il ripudio del debito, la confisca di proprietà immobiliari e terre, una forte tassazione per i ricchi, etc. al fine di neutralizzare la speculazione finanziaria. Solo questo Governo può soddisfare con misure rivoluzionarie i bisogni vitali dei proletari e di tutti gli sfruttati. Questo significa forse rinviare il problema alle calende greche? Significa che per porre la questione dell’uscita dalla UE dobbiamo aspettare la rivoluzione e il socialismo? Nemmeno per sogno! Noi comunisti, da sempre contrari alla costruzione imperialista dell’UE, combattiamo le posizioni revisioniste che negano il sacrosanto diritto all’autodeterminazione dei popoli, che non vedono che oggi si pone in modo acuto la questione della sovranità popolare e nazionale, e nemmeno comprendono la necessità un alleggerimento delle condizioni economiche dei lavoratori e dei popoli, rinviando tutto al socialismo realizzato. continua a pag. 8


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Dichiarazione del Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista

La Rivoluzione Socialista d’Ottobre indica al proletariato ed alle masse popolari l’unica via per la propria salvezza

Il 7 novembre i comunisti, i rivoluzionari, la classe operaia di tutto il mondo ricordano e festeggiano l’anniversario della immortale Rivoluzione Socialista d’Ottobre. La borghesia e i loro portaborse revisionisti e socialdemocratici faranno, come al solito, di tutto per oscurare e infangare tale data, o cercheranno di alterarne contenuto e lezioni, magari dedicandole qualche insignificante articolo o convegno di tipo storico in cui la falsificazione e la denigrazione sono l’aspetto principale. In quanto marxisti-leninisti, riteniamo all’opposto la rivoluzione bolscevica un evento profondamente attuale e colmo di preziosi insegnamenti per la lotta odierna delle classi sfruttate ed oppresse. Nell’epoca dell’imperialismo in cui viviamo, con la continuazione e l’approfondimento della crisi economica, le contraddizioni fondamentali e i mali incurabili del capitalismo si sono aggravati, a tal punto che esso pone oggi materialmente in pericolo la stessa sopravvivenza fisica delle masse proletarie. Sfruttamento, disoccupazione, precarietà dei rapporti di lavoro, fame, miseria, guerre imperialiste, reazione politica, devastazione ambientale: questi sono i soli regali che

l’imperialismo può offrire alle masse lavoratrici del pianeta. In queste condizioni, le forze rivoluzionarie della classe operaia e dei popoli sono oggettivamente cresciute su scala internazionale. Stiamo assistendo ad un importante risveglio delle lotte e della mobilitazione della classe operaia e di vasti strati sociali su scala internazionale e nel nostro paese. I popoli oppressi si confrontano sempre più duramente con l’imperialismo. Tutto il sistema è maturo per la rivoluzione sociale del proletariato, la cui idea oggi torna di nuovo all’ordine del giorno. Non solo: la rivoluzione proletaria ha dimostrato e si dimostra ancora oggi, al proletariato ed alle masse popolari, la sola via d’uscita dalla crisi generale del capitalismo. “Terze vie” e progetti riformistici assortiti hanno dimostrato soltanto la loro fallacia e complicità con gli sfruttatori. La rivoluzione socialista, pur se oggi non di immediata fattibilità nel nostro paese, costituisce l’unica prospettiva concreta, cui dobbiamo prepararci. Questo è il compito che devono assumere con piena responsabilità le avanguardie del proletariato per farla finita col dominio del capitalismo e sulle sue rovine edificare un nuovo mondo,

libero dallo sfruttamento e dall’oppressione capitalista. La rivoluzione delle classi sfruttate non si costruisce però dal nulla. La Rivoluzione Socialista d’Ottobre ha altresì dimostrato il ruolo determinante del partito comunista, anche se inizialmente di piccole dimensioni, purché armato della teoria marxista-leninista e ben radicato nella classe operaia. Senza un forte partito d’avanguardia del proletariato, fondato sui principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario, la rivoluzione sociale e la costruzione della società socialista sono impossibili. Nel nostro paese, in particolare, è però fortemente arretrato, a fronte delle condizioni oggettive, proprio il fattore soggettivo della rivoluzione. Dobbiamo dunque risolvere, in primo luogo, la questione urgente ed improrogabile dell’unità dei comunisti e della costruzione di un grande partito. Occorre dunque sviluppare il lavoro su questo fronte fondamentale. La costituzione del Comitato Nazionale di Unità MarxistaLeninista, oggi ai primi passi, è un importante passaggio di questo percorso. Il CONUML può dare impulso al superamento della frammentazione esistente fra le vere forze comuniste italiane e a

raggiungere un superiore livello di unità organica dei comunisti volto alla formazione del partito rivoluzionario della classe operaia, basato sui principi del comunismo e dell’internazionalismo proletario. Esso si pone oggi come uno strumento cui tutte le realtà autenticamente comuniste, i migliori elementi del proletariato, i giovani rivoluzionari devono fare proprio e rafforzare, se vogliono veramente offrire il loro apporto alla costruzione di un grande Partito comunista. Oggi vi sono condizioni importanti per avanzare con questo proposito, perciò dobbiamo avanzare nell’unità e nell’organizzazione. Questo è senza dubbio il miglior modo di ricordare e festeggiare l’anniversario della Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Novembre 2013 COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTALENINISTA Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista Piattaforma Comunista Per contatti e informazioni: info@pciml.org teoriaeprassi@yahoo.it

- segue da pag. 7 - Come e a quali condizioni uscire dalla UE e dall’euro? Noi sosteniamo l’inalienabile diritto dei popoli a uscire subito dall’UE, dall’euro e dalla NATO, con una duplice consapevolezza: a) rimanere ancora dentro queste gabbie sarebbe ancora più devastante; b) per non finire dissanguati il processo di uscita non può e non deve essere diretto dalla borghesia. Perciò diciamo che l’uscita dalle istituzioni sovranazionali del capitale finanziario, deve essere

collegato – anche se non in modo meccanico all’uscita rivoluzionaria dalla crisi capitalista, alla formazione di un Governo degli operai e degli altri lavoratori sfruttati (o di un governo di fronte unico), sorto sulla base dei Consigli e dei Comitati operai e popolari. Questa è la prospettiva rivoluzionaria che agitiamo per favorire lo sviluppo degli elementi di una crisi politica

rivoluzionaria, accelerare il suo processo di maturazione, all’interno della quale il blocco antagonista degli operai e dei loro alleati, diretto dal proletariato e dalla sua avanguardia, possa giocare un ruolo decisivo nella lotta per il potere. Un momento di sviluppo di questa politica rivoluzionaria saranno le prossime elezioni europee, che vanno trasformate

in un referendum contro UE e euro, Fiscal compact e patto di stabilità, politica di austerità e di competitività. Dobbiamo saper approfittare dell’euro-farsa elettorale per sviluppare una campagna contro la UE dei monopoli capitalistici ed avanzare nella politica di fronte con tutte le forze che sostengono una netta posizione di rottura con questa istituzione imperialista.


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Dal Congresso del PCIML esce rafforzata la linea di classe e rivoluzionaria Si è svolto con successo il 16 e 17 novembre, nell’isola di Ischia, il III Congresso del Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista. La prima giornata è iniziata con l’insediamento della presidenza. E’ poi seguito il rapporto politico del segretario ed il dibattito, con alternanza degli interventi dei delegati del partito e dei saluti delle altre realtà comuniste nazionali e internazionali. Il giorno seguente si è svolta la seconda sessione del Congresso, riservata a delegati e iscritti, con la votazione sulla relazione politica, le tesi congressuali, la nomina delle cariche dirigenti del partito. etc. L’ampia relazione svolta dal compagno Savio, che al termine del Congresso è stato riconfermato segretario nazionale del PCIML, ha esaminato, alla luce del marxismo-leninismo, la situazione economica e politica nazionale ed internazionale, denunciando le sue drammatiche conseguenze per le masse lavoratrici e i popoli del mondo, e tracciando la linea e il programma politico del PCIML. Il compagno ha sviluppato una

approfondita analisi della attuale crisi del capitalismo, delle condizioni disumane e delle contraddizioni che inevitabilmente lo condurranno alla morte per mano della rivoluzione socialista, che porterà alla costruzione di nuova società, libera dallo sfruttamento e dalla oppressione capitalistica. Una parte importante della relazione ha riguardato la questione dell’organizzazione del PCIML, del suo insediamento territoriale e della costituzione delle cellule. Egli si è inoltre intrattenuto sulla lotta senza tregua da combattere contro il revisionismo e tutte le altre forme di deviazione dalla teoria e dalla pratica rivoluzionaria del comunismo elaborata da Marx, Engels, Lenin e Stalin. Dura è stata la condanna dei falsi comunisti, degli opportunisti, che pretendono di bloccare l’avanzata dei processi rivoluzionari in tutto il mondo. Per quanto riguarda la questione dell’unità dei comunisti, il compagno Savio ha fatto espresso riferimento al Comitato Nazionale di Unità Marxista-Leninista (CONUML), al suo sviluppo,

presentandolo come un passaggio molto importante del processo di unità dei comunisti. Allo stesso tempo ha anche ribadito che il lavoro per l’unione di tutte le realtà marxiste-leniniste per la costruzione di un solo, forte Partito comunista va sviluppato, in questa fase, mantenendo la reciproca autonomia. Una concezione, quest’ultima, che merita di essere precisata e approfondita in tutti i suoi aspetti, avendo come meta finale l’unità organica dei comunisti. Il Congresso si è concluso con una cena sociale e un brindisi alla rivoluzione proletaria, Di una cosa siamo certi: da questo Congresso, che si è svolto in un clima cordiale e

fraterno, è uscita rafforzata la linea di classe e rivoluzionaria, marxista-leninista, del proletariato del nostro paese e con essa la collaborazione e l’unità dei sinceri comunisti. Sul nostro sito sono presenti il saluto di Piattaforma Comunista e quello della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizazioni MarxistiLeninisti, che hanno entrambi riscosso l’interesse e il plauso dei delegati presenti. Invitiamo tutte le organizzazioni comuniste e i singoli compagni a leggere i suddetti saluti e a rafforzare il processo, in corso, di unità di tutti i sinceri comunisti, aderendo con convinzione e volontà operativa al CONUML.

Social network o organizzazione politica? Parliamo dall’atteggiamento che caratterizza alcuni compagni che, pur seguendo il nostro lavoro con stima e rispetto, o che addirittura condividono i nostri principi politico-ideologici e la nostra linea politica, ancora non si decidono a compiere i passi necessari per aderire alla nostra organizzazione. Chiaramente, ci rivolgiamo, con la massima franchezza, ai sinceri comunisti, ai proletari avanzati, ai giovani rivoluzionari, e non agli appartenenti alle varie tendenze borghesi e piccolo borghesi. Ci sono dei compagni, soprattutto fra i più giovani, che concepiscono il loro essere comunisti sviluppando analisi storiche e interminabili, ma soprattutto sterili confronti, sui social network e i forum. Passano il tempo a scambiarsi

notizie, documenti, magari accusandosi reciprocamente delle più svariate nefandezze ideologiche (“revisionista!”, “infiltrato!” “trotkista!”, ecc). E poi … il vuoto, l’assenza di scelte, di militanza. Questi compagni sembrano ritenere che l’essere comunisti si limiti ad esprimere idee ed opinioni, in qualche “circolo di discussione”, alle più acerrime dispute accademiche, senza prendere parte all’azione politica collettiva, tipica dell’organizzazione. Ancora non comprendono che la pratica rivoluzionaria, unita alla teoria scientifica, è il fattore che distingue i comunisti e forgia la loro unità. Insomma, siamo di fronte ad una delle tante “tipologie di compagni”, che purtroppo finiscono per fare la gioia della borghesia, sempre

accondiscente a sani scambi di idee, purchè non si trasformino in attività pratica che metta in discussione il suo dominio sulla società. Questi compagni non riescono ad andare fuori dalla loro “dimensione individuale”, eternamente critica verso tutto e verso tutti. Possono avere mille motivazioni e scusanti. Ma quali che siano, una sola è la conseguenza politica del loro comportamento: la rinuncia all’attività politica dentro un’organizzazione che pure essi dichiarano di apprezzare, e di conseguenza il non contribuire al suo rafforzamento e radicamento dentro il movimento operaio e popolare. Ciò è inaccettabile per ogni realtà comunista, che si distingue dai seguaci delle varie correnti borghesi perché si

assume sempre le proprie responsabilità e fa sempre seguire alle parole i fatti. La realtà impone oggi a tutti i sinceri comunisti di superare questa fase infantile, di diventare protagonisti attivi della lotta di classe. Per questo, all’operaio, alla donna proletaria, al giovane rivoluzionario, all’intellettuale comunista, che non hanno divergente ideologiche e politiche di principio nei nostri riguardi, che concordano con le nostre posizioni fondamentali e vogliono lottare veramente per il Partito, la rivoluzione proletaria e il socialismo, diciamo poche, chiare parole: rompete con gli indugi, prendete contatto e aderite alla nostra Organizzazione per rafforzare la lotta volta alla formazione del Partito comunista del proletariato!


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Risoluzione del XIX Plenum della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti Nella Metà del Mondo, in un ambiente di solidarietà fra compagni e di internazionalismo, i membri della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxista-Leninisti (CIPOML), si sono riuniti per dibattere e condividere analisi ed esperienze. Siamo arrivati a conclusioni che contribuiranno al compimento del ruolo storico dei marxisti-leninisti, dei rivoluzionari, dei combattenti antimperialisti e antifascisti, della classe operaia, dei popoli oppressi e della gioventù.

Sulla situazione internazionale Si acutizzano le c o n t r a d d i z i o n i fondamentali della nostra epoca La crisi economica internazionale che si manifesta in alcuni paesi, particolarmente in Europa Occidentale, e il rallentamento economico in altri paesi, mettono chiaramente in luce l’acutizzazione delle contraddizioni fondamentali: quella fra il capitale e lavoro, tra imperialismo ed i paesi e nazioni oppresse, tra potenze e monopoli imperialisti. È una crisi ciclica che si sviluppa sul terreno dall'aggravamento della crisi generale del capitalismo, iniziata un secolo fa. In questo contesto si approfondisce anche la lotta ideologica e politica tra i rivoluzionari proletari che combattono per il socialismo, e la reazione, il liberalismo e l'opportunismo che difendono il capitalismo e l'imperialismo. I paesi imperialisti capeggiano la frenata dell'economia, in primo luogo gli Stati Uniti, che

hanno una crescita industriale vicina a zero. In Giappone si produce un nuovo calo produttivo. Diversi paesi dell'Unione Europea affrontano una recessione che colpisce maggiormente Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, Irlanda e minaccia Francia, Belgio ed altri paesi. Gli stessi economisti borghesi affermano che in tali paesi ci vorranno molti anni per tornare ai livelli precedenti il 2008 ed iniziare il processo di ripresa. Le cosidette “locomotive” del capitalismo, Cina, India, Russia, si trovano in un processo di decelerazione economica; tale situazione si aggrava in Brasile che rallenta in maniera marcata. I paesi dipendenti dell'America Latina, dell’Africa e dell’Asia soffrono l'impatto della crisi in modo più lieve, a causa degli alti prezzi di materie prime, risorse naturali e prodotti agricoli, e registrano una crescita con marcati dislivelli. I gruppi monopolisti, i paesi imperialisti e le borghesie nazionali, i loro governi, scaricano il peso della crisi sulle masse lavoratrici, i popoli e la gioventù. In tutti i paesi del mondo vediamo l'intensificazione dello sfruttamento della classe operaia col pretesto dell'aumento della competitività. In Europa proseguono i licenziamenti di massa dei lavoratori, la riduzione dei salari attraverso i ricatti, l'aumento della precarietà occupazionale e della flessibilità lavorativa sotto differenti forme, ma sempre in nome del massimo profitto monopolista. I migranti di tutto il mondo sono vittime di questa politica, e

inoltre devono affrontare la discriminazione, la xenofobia, il razzismo; sono additati come nemici dei lavoratori nativi e colpevolizzati per l’aumento della disoccupazione; sono forza-lavoro a prezzi stracciati che viene utilizzata dai capitalisti per una maggiore accumulazione. Nelle campagne peggiorano le condizioni di vita e di lavoro come conseguenza della politica di prezzi e dei trattati di libero commercio, che vanno favore dei monopoli dell'industria agroalimentare. Gli affari nell'agricoltura vanno di pari passo con la crescente monopolizzazione della terra, degli allevamenti e della intermediazione che si reggono sul super-sfruttamento dei lavoratori della terra e sulla dipendenza imperialista imposta alla maggioranza dei paesi. La gioventù è colpita dalla restrizione dell'educazione pubblica, dalla trasformazione delle scuole in produttrici di forza-lavoro a basso costo al servizio del capitale; masse enormi di giovani, tra cui quelli con elevati livelli di istruzione, vanno ad ingrossare le file di eserciti di milioni di disoccupati. Mentre i grandi monopoli finanziari ed industriali continuano ad essere sovvenzionati dai fondi pubblici, diminuiscono e si tagliano drasticamente le spese sociali, specie quelle destinate alla salute pubblica, all’educazione, alla casa, alla

previdenza sociale, etc.; si aumenta l’età pensionabile e in alcuni paesi si è giunti alla decisione di diminuire i salari ed allungare la giornata lavorativa. La crisi è di tale portata che l'imperialismo e i suoi governi attuano politiche sempre più brutali, aggressive, sfruttatrici e repressive contro le masse lavoratrici e popolari. Le politiche del capitale divengono più autoritarie e repressive Parallelamente alla crisi economica procede la crisi politica della borghesia, che si esprime all’interno delle istituzioni e nella delegittimazione della politica in generale, della democrazia borghese e dei partiti politici in particolare. Una manifestazione di questa realtà è l'elevata astensione che si registra nelle elezioni in molti paesi, la perdita di fiducia nei tradizionali partiti politici della borghesia, compresi quelli riformisti e socialdemocratici. Questa situazione si manifesta in vari paesi nella delusione e nel dissenso delle masse, nella ricerca di soluzioni di ricambio spesso gestite da opzioni borghesi in nome della sinistra, del "socialismo democratico", del "socialismo del XXI secolo". Si da anche spazio a nuove forze reazionarie, in alcuni casi fasciste, fondamentaliste e populiste che continua a pag. 11


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segue da pag. 10 con la loro demagogia si presentano come alternativa di cambiamento per i popoli. Alla perdita di credibilità delle istituzioni borghesi nazionali, si aggiunge il discredito degli organismi internazionali del capitalismo e della globalizzazione, come il FMI, la OMC, la NATO, l'UE, l’ONU, etc. Le ampie masse non riescono ancora a distinguere pienamente i partiti che rappresentano i loro interessi reali. Ciò si deve, principalmente, all'influenza delle idee reazionarie, all'offensiva ideologica dell'imperialismo e della borghesia affinché esse perdano interesse nella lotta per il potere e facciano proprio l'antipartitismo, attraverso il quale i gruppi dominanti continuano nella manipolazione delle masse e del potere; ma anche alla presenza e all'attività delle differenti manifestazioni dell'opportunismo e del revisionismo, e purtroppo, alla debolezza e ai limiti della sinistra rivoluzionaria. Altra manifestazione di tale tendenza è l’involuzione dei governi cosiddetti progressisti, specie in America Latina, i quali hanno espresso i loro limiti ideologici e politici e nella condizione di amministratori della crisi adottano misure che colpiscono i popoli, criminalizzando la protesta sociale. In alcuni casi utilizzano il nome della sinistra, della rivoluzione, del socialismo, per portare avanti il loro progetto di modernizzazione capitalista. In generale, assistiamo ad un processo di crescente autoritarismo, allo sviluppo del terrorismo di Stato nell'esercizio del potere

11 borghese, alla negazione della sovranità nazionale e del diritto di autodeterminazione dei popoli, alla restrizione delle libertà pubbliche e democratiche, alla criminalizzazione della lotta sociale e popolare, alla soppressione graduale dei diritti e delle libertà dei popoli conquistate con decenni di lotte. Si fa più acuta la contesa per una nuova ripartizione del mondo L'incapacità dell'imperialismo di risolvere la sua crisi, nonostante gli enormi sacrifici imposti alle masse lavoratrici e dei popoli, lo costringono a trovare altre forme di soluzione. Una di queste è la preparazione di nuove guerre imperialiste, l'aumento significativo dei bilanci per le spese militari, l’invio di truppe di occupazione in paesi ricchi di risorse naturali e posizionati in zone geostrategiche, quali Afghanistan, Iraq, Libano, Congo, Mali, etc., che soffrono nuove aggressioni militari. Tale situazione si manifesta particolarmente in Africa, un continente con grandi risorse naturali ed agricole, che l'imperialismo utilizza per il perfezionamento della tecnologia e per cercare una via di uscita dalla sua crisi, e nel Medio Oriente, per il controllo e sfruttamento delle risorse energetiche. In queste regioni del mondo sono evidenti le contraddizioni e le rivalità tra potenze e monopoli imperialisti. Si va esprimendo la tendenza ad una maggiore polarizzazione tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea da un lato e la Cina dall’altro; la Russia si inserisce nella contesa per i propri

interessi, mentre si lanciano i BRICS come un nuovo blocco per il dominio planetario. In Siria si sviluppa un conflitto politico militare che coinvolge l’intera popolazione, sfociato in una guerra civile reazionaria che è il pretesto per l'intervento imperialista e sionista. Il peso dell'opinione pubblica internazionale, gli interessi di vari paesi imperialisti, la denuncia di settori democratici e anche di alcuni governi e personalità, tra l’altro, hanno momentaneamente fermato l’intervento. Gli USA sono riusciti ad aggregare solo Francia, Israele, Arabia Saudita e Turchia in questa guerra di aggressione. Da rilevare che in tale conflitto l'imperialismo inglese non ha appoggiato quello statunitense, sebbene sia da decenni un suo alleato incondizionato. Allo stesso tempo, si è dimostrato un ruolo più attivo a livello diplomatico e militare della Russia, che nei fatti è divenuta, assieme agli USA, arbitro del conflitto siriano, relegando in un angolo i popoli e i lavoratori che dovranno sottomettersi ai disegni delle potenze straniere. Il principio di autodeterminazione dei popoli è così, una volta di più, irriso e calpestato dai paesi imperialisti. La crisi economica, il supersfruttamento delle masse lavoratrici, così come la politica di guerra e di saccheggio imperialista, accrescono la forzata e massiccia emigrazione di milioni di esseri umani che fuggono dai loro paesi per sfuggire alla guerra, alla violenza, alla miseria, cercando un futuro migliore. In questo tentativo si trovano davanti a frontiere chiuse, e in migliaia muoiono nelle traversate; quando riescono ad arrivare alla loro meta divengono oggetto

dell’oppressione e dello sfruttamento più crudeli, sono perseguitati e maltrattati da quelle stesse potenze imperialiste che sono la causa della rovina dei loro paesi. Gli avvenimenti in Siria e altri eventi in Africa, in Asia e nel Medio Oriente, nonché l'espansione dell'economia cinese, stanno acutizzando le contraddizioni interimperialiste. La Cina sta guadagnando terreno con un'aggressiva politica di esportazione di capitali, con investimenti importanti nei paesi dipendenti, con il possesso dei titoli del tesoro statunitense, e si è trasformata nel principale creditore degli USA; inoltre, sta lavorando per potenziare il suo apparato militare. Non è casuale che gli Stati Uniti hanno dato priorità alla regione asiatica quale area strategica nella quale concentrare la forza militare per mantenere la loro posizione di supremazia. La risposta dei lavoratori, dei popoli e della gioventù cresce in maniera significativa In tutti i paesi, imperialisti e dipendenti, l’imperialismo e la borghesia scaricano il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori, dei popoli, dei giovani, Ma essi non si mantengono passivi, stanno sviluppando la loro lotta e la loro organizzazione. In questo senso spiccano i continui ed importanti movimenti di lotta della classe operaia e della gioventù in Turchia, Brasile, Egitto, Tunisia, Cina, Bangladesh, Colombia, Cile, Portogallo, Grecia, Italia e Spagna, tra gli altri. Vanno inoltre incluse espressioni antisistema di ampi continua a pag. 12


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Viva la Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti! segue da pag. 11

borghesia e la reazione? chi deve dirigere le grandi e piccole ondate di lotta? quale è la società di cui i lavoratori hanno bisogno per sostituire questo sistema agonizzante? Per offrire una risposta a questi interrogativi è imprescindibile consolidare, sviluppare e costruire il Partito comunista come partito di avanguardia della classe operaia, che si inserisca profondamente e permanentemente nel crogiolo della lotta delle masse, in tutti i casi, siano esse lotte organizzate o spontanee; dobbiamo lavorare per unificarle e dirigerle verso la rivoluzione sociale. Ci proponiamo di rafforzare la mobilitazione e l'organizzazione delle masse sfruttate ed oppresse in ogni terreno, utilizzando tutte le forme di lotta e di organizzazione che corrispondono alle situazioni concrete. È di fondamentale importanza dare impulso all'unità della classe operaia e dei contadini poveri, di tutti i settori oppressi dal capitalismo e da altre forme pre-capitaliste di sfruttamento, sotto la direzione della classe operaia e del suo Partito. Sottolineiamo la necessità di compiere ogni sforzo per chiarire la questione del Fronte popolare, così come per portare avanti il lavoro per la sua costruzione nelle condizioni

settori della gioventù e degli strati intermedi, a diverse latitudini, che si sommano alla lotta dei lavoratori, battaglie che spesso sono andate oltre le rivendicazioni economiche. Si tratta di gigantesche ondate delle masse che negli ultimi mesi si sono accelerate e che si esprimono contro l’establishment, e che, malgrado non abbiano sempre un indirizzo rivoluzionario, aprono la prospettiva di una nuova situazione, incoraggiando le forze progressiste e rivoluzionarie. In definitiva, in tutti i paesi i popoli manifestano il malcontento, protestano e cercano una strada che li conduca alla soluzione dei loro gravi problemi. Un’importante lotta dei lavoratori, dei popoli e della gioventù contro le dittature e la tirannia si manifesta nel Nord Africa e nel Medio Oriente; in Tunisia e in Egitto la lotta di resistenza contro l'imperialismo e la reazione si sviluppa nonostante tutti i mezzi che vengono utilizzati per cercare di reprimere queste lotte e deviarle dalla loro rotta rivoluzionaria. Espressioni di questo processo reazionario sono l'utilizzo dei fondamentalisti islamici, così come i colpi di Stato e gli interventi militari diretti. La CIPOML è parte integrante dei lavoratori e dei popoli che lottano per i propri diritti, per la loro liberazione sociale e nazionale. Compiamo il nostro dovere di stare laddove si sviluppano queste battaglie e le appoggiamo affinché si incamminino verso il loro obiettivo finale. In modo particolare sosteniamo la lotta che sta portando avanti il popolo di Tunisia, il nostro Partito fratello e il Fronte Popolare per conquistare gli obiettivi della rivoluzione ed il reali. potere popolare. Va posta un’attenzione speciale I compiti dei comunisti al lavoro tra la gioventù che irrompe vigorosamente nella nella situazione attuale lotta sociale e politica, al fine di un indirizzo Nelle acque agitate della lotta di assicurarle classe spetta a noi realizzare rivoluzionario; e a quello tra le politiche e compiti che diano donne lavoratrici e degli strati risposta alle seguenti domande: popolari, che costituiscono più quale è la forza sociale in grado della metà del genere umano e effetti dei di sconfiggere l'imperialismo, la soffrono gli

licenziamenti, della precarietà, etc., mostrando grandi potenzialità rivoluzionarie. Nel dibattito svolto sul lavoro tra le donne lavoratrici e dei settori popolari si è evidenziata la necessità di costruire un ampio movimento di donne, democratico, antimperialista, rivoluzionario, con propri obiettivi. In questo momento i nostri sforzi sono diretti a organizzare e rafforzare Fronti popolari come strumento necessario per unire e mobilitare le ampie masse contro i piani dell'imperialismo e della reazione. Fronti e coalizioni che si plasmano su un'unità programmatica basata sulla difesa degli interessi della classe operaia, dei lavoratori e dei popoli. Le lezioni del marxismoleninismo, la pratica dei nostri Partiti insegnano che bisogna condurre una lotta senza quartiere contro tutte manifestazioni di settarismo, di deviazioni di destra o di sinistra, mantenendo la fermezza nei principi e la flessibilità nella tattica. Per portarte a termine questi compiti è imprescindibile la lotta ideologica e politica contro l'imperialismo, contro la borghesia, così come contro le posizioni e le pratiche collaborazioniste, conciliatrici, che colpiscono i lavoratori e i popoli, tipiche del revisionismo, dell'opportunismo, del riformismo e di altre correnti che confondono e deviano l'obiettivo della rivoluzione sociale e delle rivoluzioni

democratico popolari. Dobbiamo organizzare una grande offensiva sul significato della sinistra, della rivoluzione sociale, del socialismo e del comunismo; dobbiamo diffondere nel modo più ampio le proposte che lanciamo come comunisti nelle differenti realtà, mettendole a confronto con ciò che il capitalismo ed i suoi rappresentanti riservano per i lavoratori, specialmente oggi che pretendono di annullare un secolo di conquiste sociali e democratiche. Nel 2014 la CIPOML compirà 20 anni da quando ha lanciato la sua dichiarazione al mondo, assumendo l’impegno di forgiare l'unità del Movimento comunista internazionale, di contribuire decisamente a far sì che il marxismo-leninismo si trasformi nella forza materiale dei lavoratori e dei popoli per sconfiggere l'imperialismo, il capitalismo ed instaurare il socialismo ed il comunismo come una società di completa libertà e benessere per i lavoratori e i popoli. La CIPOML sta compiendo il suo ruolo in modo determinato, con importanti risultati, che tuttavia sono ancora insufficienti. Oggi riaffermiamo la nostra responsabilità rivoluzionaria impegnandoci a consolidarla e ed ampliarla, per assicurare una direzione internazionalista e rivoluzionaria alle lotte della classe operaia, delle masse popolari e dei popoli oppressi del mondo. Ecuador, ottobre 2013


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